riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO....

231
DIOCESI DI TEANO-CALVI ESERCIZI SPIRITUALI IL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA 1

Transcript of riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO....

Page 1: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

DIOCESI DI TEANO-CALVI

ESERCIZI SPIRITUALI

IL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA

CASA DIVIN MAESTRO

ARICCIA, 13-16 APRILE 2016

1

Page 2: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

2

Page 3: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

3

Page 4: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

Benvenuto/a o Bentornato/a nella Casa Divin Maestro,ci accogliamo reciprocamente aiutandoci con il silenzio e

il raccoglimento ad entrare negli Esercizi Spirituali che ci preparano alla Grande Settimana e al Triduo Pasquale 2016.

Accogliamo la grazia che Dio ha preparato per noi in questa casa, in questi tre giorni dove la Parola di Dio sarà al centro, nella stanza che occupi, nella Cappella Maggiore, nel parco, nel lago che ci farà da specchio ancora una volta. Dio non si stanca di noi e mette in programma tempi e luoghi di grazia per la nostra conversione.

In questi ambienti in cui appena la settimana scorsa si aggirava il Papa Francesco con i suoi più stretti collaboratori, ora si situa la nostra carovana di naufraghi: nel silenzio ascoltiamo il profumo del Papa, i battiti del suo cuore, le sue preoccupazioni per la Chiesa e per il mondo, viviamo in comunione con lui, preghiamo per il suo difficile ministero.

Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari, dei movimenti, dei pensieri, del cuore per entrare in contatto con Dio che vuole incontrarti e ti chiede questo digiuno delle parole per far emergere in tutta la sua grandezza la Parola. Pregherò per te, tu prega per me perché mi faccia umile servo della Parola che ci salva.

Ti benedicoArturo Aiello

4

Page 5: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

5

Page 6: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

+ La risurrezione di Lazzaro secondo Giovanni

Era allora malato un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella. Maria era quella che aveva cosparso d'olio profumato il Signore e gli aveva asciugato i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, il tuo amico è malato». All'udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro. Quand'ebbe dunque sentito che era malato, si trattenne due giorni nel luogo dove si trovava. Poi, disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbi, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se invece uno cammina di notte, inciampa, perché gli manca la luce». Così parlò e poi soggiunse loro: «Il nostro amico Lazzaro s'è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se s'è addormentato, guarirà». Gesù parlava della morte di lui, essi invece pensarono che si riferisse al riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, perché voi crediate. Orsù, andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse ai condiscepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».

Venne dunque Gesù e trovò Lazzaro che era già da quattro giorni nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di due miglia e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle per il loro fratello. Marta dunque, come seppe che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque

6

Page 7: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

cosa chiederai a Dio, egli te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risusciterà». Gli rispose Marta: «So che risusciterà nell'ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo». Dopo queste parole se ne andò a chiamare di nascosto Maria, sua sorella, dicendo: «Il Maestro è qui e ti chiama». Quella, udito ciò, si alzò in fretta e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei che erano in casa con lei a consolarla, quando videro Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono pensando: «Va al sepolcro per piangere là».

Maria, dunque, quando giunse dov'era Gesù, vistolo si gettò ai suoi piedi dicendo: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbò e disse: «Dove l'avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Vedi come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse?». Intanto Gesù, ancora profondamente commosso, si recò al sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, già manda cattivo odore, poiché e di quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». E, detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti in bende, e il volto coperto da un sudario. Gesù

7

Page 8: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

disse loro: «Scioglietelo e lasciatelo andare».

8

Page 9: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

Introduzione

Innanzitutto benvenuti, bentornati per alcuni - molti - e -benvenuti per quelli che, per la prima volta, entrano in questa casa che ci sta diventando cara di anno in anno, perché vi abbiamo scritto delle pagine.

Vi ricordo alcune cose che già sapete, ma che è importante ridirci prima di iniziare quest’esperienza: noi vivremo un momento intenso, breve; in fondo sono due giorni e tre notti, breve ma intenso, e questa intensità richiede che, immediatamente, per quanto ci è possibile, ci immettiamo, cioè entriamo dentro. L’esperienza che ho accumulato in questi anni mi dice che si fa una gran fatica a entrare in Esercizi, anche per esercizi lunghi, a volte ci vogliono due giorni per entrare, e quindi è il lavoro più ingrato, perché veniamo dalla vita (non che questa sia morte, non che questa non sia vita) che lascia i suoi strascichi, i graffi, le sue preoccupazioni, e invece dobbiamo disporci pienamente all’incontro con Dio, ma anche a una sorta di ritrovamento di noi stessi. Gli Esercizi hanno sempre questa duplice valenza: ritrovare Dio e ritrovare se stessi, perché noi ci disperdiamo in mille cose, mille rigagnoli, mille impegni, mille tensioni e, a volte, passano anni prima che abbiamo la possibilità di guardarci allo specchio.

In questi giorni, come gli altri anni, lo specchio è il lago di Albano che è qui come un grande dono ed è ciò che impreziosisce di più questa casa quasi perfetta, per quanto sia possibile nei termini umani. E quindi guardiamo il lago, come ho detto gli altri anni, per guardare il nostro cuore, per guardare la nostra anima: se c’è una brezza, se è limpido, se riflette il cielo, se c’è un gabbiano che plana … Guardiamo il lago e in qualche maniera ci rispecchiamo in esso. Ovviamente lo specchio di questi giorni sarà la Parola di Dio (manco a dirlo), ma mi piace ricordarvi che veniamo qui per il lago, veniamo

9

Page 10: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

qui per questa apertura di orizzonte, che si ottiene per chi per la prima volta scenda per il parco e vede allargarsi lo sguardo, fino ad abbracciare questo specchio d’acqua.

Le indicazioni sono quelle di sempre, cioè silenzio assoluto. Per chi abbia già fatto l’esperienza, nulla di più dolce; per chi la faccia per la prima volta, forse sa un po’ di esagerazione!… Un silenzio di parole, un silenzio anche di rumori, quindi riduciamo al minimo i passi, i rumori nell’entrare nella stanza, nel muoverci da un posto all’altro; per chi per la prima volta sia qui, all’inizio è naturale un po’ di disorientamento, per dire: dove sono, dove bisogna andare; non c’è una segnaletica “help me!”. Ma anche silenzio sul piano dei cellulari, vi chiederei questo se possibile, lo dico per voi, non verrò a verificarlo, figuratevi: siete tutti sufficientemente grandi! Non ci devono arrivare messaggi, non dobbiamo ricevere telefonate, a meno che qualcuno di voi per motivi professionali non debba rispondere a un SOS, e tutto questo appena a fino mercoledì mattina, quindi state tranquilli, non casca il mondo!

Siamo quasi al completo, mancano i due palermitani il cui aereo è atterrato alle quattro, ma poi da Fiumicino per arrivare qui ci vuole un po’ di tempo. Don Fabrizio e Peppino arriveranno a momenti, dovremmo essere novantaquattro; questa la nostra carovana, come sempre con due anime: l’anima teanese che cresce per fortuna di anno in anno, quella carottese che diminuisce, come è giusto che sia!

Iniziamo con un’invocazione allo Spirito Santo; gli orari sono questi: facciamo una piccolissima introduzione, poi una mezz’ora in cui ci riprendiamo e possiamo stare qui o andare fuori, quindi il vespro e la cena alle otto. Poi ci rivediamo dopo cena per un momento di preghiera.

Quindi orari molto tranquilli, rilassatevi … Spero nessuno di voi sia in tensione, qui l’unico che dovrebbe essere in tensione sono io, perché pensavo venendo qui alle sensazioni

10

Page 11: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

fisiche che accompagnano la vigilia degli Esercizi: penso allo stomaco, all’intestino (qui ci sono i nostri bravi medici!), penso alla mente che è come un alveare a maggio! Cioè, arrivano api da tutti i lati con sollecitazioni, con “potresti seguire questa traccia, quell’altra” … cinquemila strade che si dipanano! Dico questo non per fare la vittima, ma per chiedervi una preghiera: sono in questi giorni, umilmente, lo strumento che il Signore vi offre per questa navigazione, o per questo volo di linea. Stiamo per decollare, agganciate la cintura, mettete lo schienale in maniera retta, chiudete il tavolino che è davanti a voi (dicono le hostess prima che l’aereo decolli, e così dico anche a voi). Siamo grati, io almeno nonostante tutte le tensioni lo sono, che il Signore ci prepara questa oasi, che piova o faccia bel tempo (le previsioni non sono ottime ma probabilmente la vostra preghiera le cambierà) e quindi si creerà un piccolo cerchio di buon tempo, di tempo buono intorno al lago, intorno a questa casa, ma quello che più conta è intorno al vostro cuore, perché uno dei motivi che mi fa gettonare questa casa è il fatto che anche se piova ci sono tanti spazi interni, così larghi, così che è facile anche non incontrarsi, benché si sia in cento persone.

Un attimo perché ciascuno di voi prenda in mano se stesso e iniziamo con un “Vieni vieni, Spirito d’Amore”, invocando lo Spirito Santo, grande protagonista e maestro degli Esercizi.

Canto

Ho pensato di muoverci da questi versi di Tagore che dovreste già conoscere, qualche volta li abbiamo utilizzati in passato:Lascia che io mi sieda per un momento al tuo fianco,finirò più tardi il lavoro che mi attende.Lontano dal tuo sguardo, io subito mi stanco.Il mio lavoro è pena e mi sento perduto.Con te trovo la vita, i suoi sussurri e sospiri.Ho mille menestrelli alla corte del tuo amore.

11

Page 12: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

Lascia che io mi sieda faccia a faccia,voglio cantare la gioia d’appartenere a te.

In questi versi di Tagore, benché provenienti da una tradizione non cristiana ma come sappiamo così vicina alla nostra, c’è il desiderio di fermarsi rispetto ad un lavoro estenuante, un lavoro che stanca. Ci sono lavori che stancano e ci sono lavori che placano; ci sono giorni in cui lo stesso lavoro ci esalta ed altri in cui ci appesantisce, ci prostra, e giungiamo a sera estenuati … Come mai? Cosa cambia? Voi starete pensando: l’umore. No! Cambia lo sguardo che abbiamo sul nostro lavoro, sulla nostra vita, sulle faccende con le quali siamo continuamente a contatto. E per questo il poeta mistico sente il bisogno di sedersi a fianco a Dio. La titolazione di questa poesia “Il mio Signore”, non so se sia stata aggiunta su internet o sia il titolo originale, certamente è riferito a Dio: lascia che io mi sieda per un momento al tuo fianco.

Ecco, ci sediamo in riva al lago, ci sediamo davanti al crocifisso, ci sediamo davanti alla Parola che snoccioleremo punto per punto, virgola per virgola, ben oltre quello che faremo insieme ciascuno personalmente.

Mi siedo a fianco della Vita dal momento che vengo dalla morte, finirò più tardi il lavoro che mi attende. Questo verso è importante per noi, per quelli fra noi che sono venuti con una sorta di rammarico: ma dovevo stare vicino a mio marito malato, ma dovevo stare vicino alla mia bambina, ma dovevo stare in classe, ma dovevo stare al liceo scientifico di Sorrento, ma dovevo stare con la mia ditta … Il lavoro lo finirò più tardi, e attenti che questo “più tardi” significa non un lavoro rimandato, ma un lavoro che finiremo meglio più tardi, e magari più velocemente, dopo questa pausa, perché questa è la grazia degli Esercizi: farci ritornare nella vita grintosi, pieni di energia, mentre siamo entrati negli Esercizi piuttosto stanchi, flaccidi, in fase pre-depressiva …

12

Page 13: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

Lontano dal tuo sguardo io subito mi stanco. Quando Dio non è più nel nostro orizzonte, quando noi non siamo più nel suo sguardo: la vita spirituale è uno sguardo. Adesso io sono passato a distribuirvi questo primo foglietto e vi ho guardati, e guardandovi vi ho salutati, vi ho riconosciuti … E questa è la fenomenologia dello sguardo umano, che ci fa capire lo sguardo di Dio che mi riconosce e mi dice: bravo, brava che sei venuta, brava che hai superato le difficoltà, brava che hai saputo dire “no”, che hai saputo lasciare gli altri a seppellire i loro morti: lascia che i morti seppelliscano i loro morti, dice Gesù a uno che vuole seguirlo, ma tu vieni e seguimi. Lontano dallo sguardo di Dio c’è sono la stanchezza, c’è astio … nel suo sguardo c’è pace.

Il mio lavoro è in pena e io mi sento perduto. Eppure il nostro lavoro dovrebbe appassionarci, è quello per cui abbiamo studiato, è quello che abbiamo sognato di fare (sperando che ciascuno di voi stia facendo la cosa che aveva in cuore di fare da giovane, da ragazzo), eppure questa cosa così desiderata oggi mi strema.

Con te trovo la vita, i suoi sussurri e sospiri, ho mille menestrelli alla corte del tuo amore: e qui sono gli uccelli che ci faranno compagnia in questi giorni, i colori del tramonto, Felice alla tastiera. Sono i menestrelli, cioè questi musicisti, musicanti che fanno parte della corte e tengono la sala del trono sempre colma di musica. Ho mille menestrelli alla corte del tuo amore.

Lascia che io mi sieda faccia a faccia, voglio cantare la gioia d’appartenere a te. Attenti che c’è un cambio di prospettiva tra l’inizio e la fine: prima si vuole sedere al suo fianco, forse perché ha paura di guardarlo, come quando ci si incontra dopo tanto tempo e si ha paura dello sguardo nudo, allora ci si siede a fianco, con una sorta di complicità, di fraternità, e quando ci si è allenati alla presenza dell’altro, anche di Dio, allora ci si può anche sedere di fronte, faccia a

13

Page 14: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

faccia, dice il poeta.Ecco, cominciamo così la nostra avventura, ciascuno di voi

senta questo bisogno, lo faccia proprio. Lo so che è già vostro, e che ciascuno di voi ha superato mille montagne, ha scalato per arrivare qui e per essere qui, ma adesso che ci siamo, facciamo in modo d’esserci veramente, totalmente.

Canto

Adesso passate un attimo, anche se dovete rientrare subito, e vi consegno il libretto che ci farà compagnia in questi giorni, c’è anche il testo che farà da “lago” perché possiamo specchiarci, e tra mezz’ora alle sette celebriamo il Vespro con un primo piccolo passo.

14

Page 15: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

SECONDI VESPRI

Cominciamo a fraternizzare con questo brano che ci accompagnerà, tra l’altro è il brano della quinta domenica del ciclo A della Quaresima, quindi la lettura che ogni tre anni ricorre in questa domenica.

Il titolo dei nostri Esercizi che vedete sulla copertina è: “Il Maestro è qui e ti chiama”, che è la parola che Marta rivolge a Maria, “il Maestro è qui e ti chiama”. Questa parola sentitela vera, magari anche questa parola da sola potrebbe tenerci insieme questi tre giorni, perché dice di una presenza ma non semplice contiguità. Ci sono persone che sono accanto, sono vicine ma non accanto, e quindi non è un essere vicini fisicamente al Signore, ma anche insieme, perché Egli ci chiama: il Maestro è qui, è qui ad Ariccia, è qui in questa casa, è qui in questo tempo e ti chiama, ha qualcosa da dirti, chiama proprio te.

Pensate anche, e ringrazio da lontano Carmen che si è sobbarcata tutto questo, perché la geografia dei nostri posti è andata variando di giorno in giorno, perché chi si ammalava, chi l’influenza, chi non riusciva a uscire dall’ospedale, problemi … E adesso siamo noi, e se siamo noi è perché dovevamo essere noi! Penso anche a don Fabrizio che ha fatto una scelta last minute per questi Esercizi, cioè abbiate (io ce l’ho chiara) questa percezione che quando si compone una carovana, sembra una composizione legata a caso, perché ci sono io e non ci sta un altro, perché è venuta Dolores, è venuto Antonio all’ultimo momento, marito e moglie si sono dati il cambio … E perché il Maestro chiama te, ed è qui per te, e basta questa percezione, questo annuncio che adesso io vi sto sottolineando per dire: allora vale la pena di starci! Allora ho un appuntamento! Ha un appuntamento! Non sono un passante, non sono capitato per caso in questa foto, non è capitato per caso per me questo vangelo in preparazione alla Pasqua 2016

15

Page 16: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

Credo che adesso siamo proprio al completo, Angela e Anna e Fabrizio, accomodatevi!

L’esperienza degli Esercizi è un’esperienza di vicinanza, cioè la Parola (e lo abbiamo scoperto anche gli altri anni, ma poi la vita, poi gli impegni, poi le delusioni, poi i lutti ce ne hanno distolti) aderente alla mia vita. Perché questa Parola? Perché un mese fa mi è balenata nella mente, mi ha intrigato (come si dice) e mi son detto: quest’anno facciamo Lazzaro, ci fermiamo su questa grande composizione. Come sapete Giovanni nel suo vangelo non ha tanti miracoli, ma ha alcuni temi, alcuni soggetti ma ben architettati: poche cose ma dette in una maniera sinfonica, come è il nostro vangelo.

E allora vi ci addentriamo come si entra in una città, perché questa è una città: ci sono dei personaggi, ci sono dei sentimenti, c’è Gesù, ci sono i discepoli, ci sono due regioni, la Galilea e la Giudea, Lazzaro è ammalato in Giudea, Gesù è in Galilea a motivo di temere della Sua incolumità, ci siamo noi con le nostre storie, con i nostri lutti, alcuni di voi anche con lutti recenti, e questa Parola è una Parola di vita. Tutto il Vangelo è Parola di vita, ma è una Parola sulla vita ed è una Parola di vita, come poi, passo passo, scopriremo.

Questa è la campana della cena che invece è stata rimandata di mezz’ora, state tranquilli, però la campana ci fa sempre bene! Dicevo stamattina nell’omelia in una parrocchia che il punto in cui la storia dell’Innominato diventa da momento suicida a momento di salvezza è legato al suono di una campana! Nel buio, mentre quest’uomo sta per accostare la canna del suo fucile alla tempia per farla finita, ecco che nella notte, dopo questa notte di tormento, si sente il suono di una campana … Che sarà? E poi, come ricorderete, un movimento di persone, una folla che si va componendo e che va verso un luogo – non si sa bene quale – e si scopre che il Cardinal Federigo è in visita pastorale, e io ero in visita pastorale e dicevo: speriamo che qualche volta mi succeda di incontrare un

16

Page 17: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

innominato, che al suono di una campana un innominato, un camorrista (l’Innominato era questo nei Promessi Sposi) possa sentire un richiamo anche lui, come noi adesso. Il Maestro è qui e ti chiama.

Entriamo in questo brano per la porta, e la porta sono le prime parole: era allora malato un certo Lazzaro di Betania. È come se l’Evangelista ci aiutasse ad entrare in questa scena, per dire: non devi conoscere Lazzaro, non devi conoscere Marta e Maria, non devi conoscere dove si trova Betania nella geografia della Palestina, ma c’è una notizia che ti raggiunge che un certo Lazzaro di Betania era malato, era allora malato. Dice la traduzione precedente: era infermo. “Infirmus” viene da “uno che non sta in piedi”, “uno che fa fatica a stare in piedi”, e poi finisce col mettersi a letto, e poi col morire.

Questo Lazzaro, “un certo” … e poi si fa menzione di un villaggio, Betania, e poi di una famiglia, composta di tre elementi: ci sono due sorelle, con le quali avremo molta familiarità in questi giorni, Maria e Marta.

E dunque mi interessa, cominciando a masticare lentamente questa Parola, il termine “malato”, “infermo”, che è una difficoltà legata alla vita, dentro la vita: la vita è ammalata, è ammalata fin dall’origine, fin dall’inizio, perché il nostro cuore che batte, che è un miracolo (ci sono novantacinque cuori che stanno battendo in questa sala e nessuno ci fa caso, sono novantacinque miracoli!), ma dal primo battito del nostro cuore, dei vostri cuori nei grembi, nelle culle di carne delle nostre mamme, era già un primo passo verso il fermarsi di questo muscolo. È come una stella che brilli e che per noi è meravigliosa, ma sappiamo che si sta consumando, e che prima o poi si spegnerà, forse è già spenta e a noi giunge l’eco di una cosa avvenuta cento anni fa! A noi giunge l’eco di un fatto avvenuto duemila anni fa, dove c’era un certo Lazzaro. Qui questo “certo” dice: uno che potresti non conoscere, ma mi dà la possibilità di dire che al posto di Lazzaro posso mettere altri

17

Page 18: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

nomi, il mio per esempio! Ma su questo faremo una preghiera a Compieta …

Il villaggio di Maria e di Marta, sua sorella, come se questa famiglia desse lustro a questo piccolo borgo che è Betania, a pochi passi da Gerusalemme. Ovviamente questo lustro, attenti, non è dato perché è una famiglia nobiliare, ma perché è una famiglia amica, dunque è ammalato un amico! Perché se è ammalato un certo Lazzaro, la cosa mi lascia piuttosto indifferente, certamente mi dispiaccio, anche un fiore che appassisce può intristirmi, la notizia della malattia di una persona appena sfiorata può avere un certo spazio, ma se questa persona è un amico; per voi di Piano, siete arrivati qui e Giuseppe è morto, dopo il suo calvario (Russo, gioielleria). Allora capite che poi è diverso quando conosco la persona! E se con questa persona ho un legame, questa notizia rimbomba in una maniera fortissima nel mio cuore. Ovviamente questo vale per Gesù, ma poi scopriremo che come Lazzaro anch’io gli sto a cuore.

Spero che facciate (e vi auguro che facciate) questa esperienza di sentirvi a cuore, nel cuore di Cristo.

E poi Giovanni aggiunge (e non è molto comprensibile questo inciso): Maria era quella che aveva cosparso d’olio profumato il Signore e gli aveva asciugato i piedi con i suoi capelli. Suo fratello Lazzaro era malato, ma noi di questa cosa nel vangelo di Giovanni non sappiamo nulla, è una notizia che viene dal vangelo di Luca (vi dico solo questo per dirvi che i vangeli sono collegati), evidentemente l’Evangelista ha in mente l’episodio della donna della casa del lebbroso e cita; diranno i preti: ma anche nel vangelo di Giovanni; ma ancora deve succedere, succederà lunedì santo, succederà dopo l’ingresso in Gerusalemme che Gesù si ritirerà in Betania e farà un pranzo per festeggiare quella resurrezione!

Ma chi è malato? Lazzaro? Marta? Maria? Betania? E mi fermo con questa ultima riflessione: apparentemente

18

Page 19: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

qui si dice che il malato è Lazzaro, ma ognuno di noi sa che se s’ammala uno di casa, si ammala la famiglia, se c’è un malato in casa è la famiglia intera che gira intorno al letto del malato, che cerca di lenire le sue sofferenze, cerca una soluzione, e in qualche maniera s’ammala, noi ci siamo ammalati dei mali dei nostri familiari e dei nostri amici, e siamo morti delle loro morti!

Questo, vedete, non è tanto una sorta di contagio, perché è una cosa bella quando il dolore dell’amico diventa il mio. Noi non siamo fragili solo per noi, ma siamo fragili anche per le relazioni che intratteniamo; la nostra fragilità non è solo soggettiva, non è solo di me che ho questo problema, ho mal di stomaco, la digestione lenta, ecc., non vi presento la mia cartella clinica, altrimenti dite: meglio che lo mandiamo in ospedale questo predicatore! Ma la mia fragilità è anche accentuata mille e mille volte da quella degli altri che io amo, che io incontro, per cui già semplicemente fermandoci a questo primo versetto, questi primi accenni del vangelo che intratterremo, ci rendiamo conto che è malato Lazzaro? È malata Marta? È malata Maria? È malata questa famiglia, è malata Betania! Perché a Betania non si fa che parlare di questo, e non, sapete, per il gusto e il pettegolezzo: vediamo di chi è il turno, perché poi alla fine – sembrerò un tantino drammatico, com’è mio solito, ma – io dico: chissà, quando sarà il mio turno? Quando mio fratello mi telefonò … io telefonai, mi trovavo sulle Alpi e mi disse: istologico positivo. La prima cosa, forse anche dura, che sentii di dirgli: ma noi non siamo indenni, non siamo diversi dagli altri, a dire “è il nostro turno”, e non so se capita anche a voi, mi guardo allo specchio, è successo anche stamattina, mentre mi rasavo, e dicevo: pare che non ho un male particolare stamattina, ma potrei già avere un cancro! Voi dite: te lo stai chiamando! No, è per dirvi che questa malattia non è di uno, non è di una famiglia, è di Betania, è malata Betania! È malata Vairano

19

Page 20: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

Patenora! È malata Teano! È malata Pignataro! È malata Palermo! È malata Salerno!

Certo, capisco che magari penserete: ma è l’inizio di una tragedia greca! No, state tranquilli … ma ci aiuta cominciare ad assaporare queste parole: era allora malato un certo Lazzaro di Betania. Ma questo Lazzaro non è sposato, ma ha delle sorelle che sono preoccupate, e che (ma lo vedremo stasera) mandano un messaggio al Signore: Signore, ecco, il tuo amico è malato. Non era possibile mandare un sms, non era possibile mandare un telegramma, allora si manda un messaggero che deve camminare a lungo per giorni, e andare in Galilea per portare a Gesù questo annuncio: il tuo amico è malato. Solo lui? Anche noi, anche i nostri vicini di casa, anche il parroco, anche il mondo.

Non so cosa pensino i medici presenti di questo incipit, ma probabilmente, se c’è un effetto oltre quello spirituale che ho in mente, è di affrontare, di accogliere l’esame istologico: ma siamo tutti malati! Che non è togliere dramma, ma è entrare in una comunione (se volete) che è la comunione degli esseri umani: noi nasciamo e moriamo. Ovviamente questo vangelo è pieno di speranza, apparentemente le mie parole, prese così da sole, sembrerebbero farneticamenti di un pessimista cosmico, invece entriamo così in questo brano: che c’è un malato, ci sono delle sorelle, c’è un paese, e questa malattia si propaga e prende tutti, in particolare quelli che con Lazzaro - e dunque anche Gesù - hanno con lui un legame affettivo, perché (e concludo veramente) il fatto che ci vogliamo bene, che è una grandissima cosa, che è quello che ci fa vivere, è anche ciò che ci apre ad una sofferenza maggiore. Cioè, noi non soffriremmo se non fossimo collegati, se non fossimo marito e moglie, genitori e figli, fratelli e sorelle, amici, che anche semplicemente si incontrano una volta l’anno ma alla fine hanno finito col conoscersi, e se giunge una notizia da Pignataro, da Teano, da Piano di Sorrento, da Sparanise, e

20

Page 21: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

questa cosa ci colpisce. Quindi oltre una fragilità radicale, che è la nostra

limitazione radicale (noi siamo limitati, anche se normalmente non ce lo ricordiamo), non siamo “padreterni”, non siamo eterni, abbiamo questa manciata di giorni e vogliamo impiegarla al meglio, per il bene, ma in questa manciata di giorni, in questo giardino fiorito intratteniamo delle relazioni: questa è la nostra grandezza, questo ci fa vivere, questo ci fa soffrire.

21

Page 22: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

COMPIETA

Dimora all’ombra dell’Onnipotente, troverai rifugio dalle insidie del male.

Preghiamo il Salmo 90 che è pervaso di una grande pace che speriamo ci contagi, dove colui che è nello sguardo al riparo dell’Altissimo è messo al sicuro da ogni pericolo; qui se ne enunciano alcuni: la freccia che vola di giorno, la peste che vaga nelle tenebre, lo sterminio che devasta a mezzogiorno; e rimane in piedi quando gli altri vacillano. Chiediamo questa grazia che nasce dalla fiducia.

Ci siamo lasciati nella prima parte introduttiva (è introduttivo anche questo momento) con questa immagine di una malattia contagiosa che da uno passa all’altro, che ci chiude come in un cerchio di sofferenza. Lazzaro, la sua famiglia, il suo paese, il mondo.

Due piccole riflessioni aggiungo, la prima a mo’ di avvertimento, di ammonimento, o se volete di esame di coscienza: ma perché dobbiamo accorgerci della vita quando comincia a mancarci? Della salute, della giovinezza, della tranquillità familiare, della possibilità di stare tutti intorno alla mensa nessuno sembra godere, c’è bisogno purtroppo di una limitazione per farci comprendere l’importanza del dono che abbiamo avuto per tanto tempo. Pensate semplicemente al piano fisico: nessuno di noi si dà cura di un piede fino a che non comincia a far male! Nitta, che ha un problema col ginocchio e che va incontro a un intervento, finché ha camminato per tanti anni, non avrà mai detto: Signore, ti ringrazio perché la mia rotula, il mio ginocchio funziona. Adesso l’ho espresso come preghiera, ma potrebbe anche essere semplicemente una constatazione, un motivo di gioia: guarda un po’, mi funziona il ginocchio, guarda un po’, cammino, ci vedo, non ho bisogno degli occhiali! Basta che

22

Page 23: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

venga un malanno per sottolineare che abbiamo un braccio, un organo, e questo che accade sul piano fisico poi è emblema del nostro rapporto con la vita, cioè noi non sappiamo godere, non sappiamo godere della vita! E solo all’atto in cui qualcuno ci manda un avviso di garanzia, dice: devi fare quest’analisi perché potrebbe darsi che … ecco, in quel momento, noi abbiamo nostalgia di una realtà, di un benessere che in realtà non abbiamo mai sottolineato, e forse mai gustato. Paradossalmente, vedete, dopo la riflessione apparentemente in tonalità minore che ho svolto (magari qualcuno avrà detto: ma dove ci vuole condurre, tutti malati, Betania è un lazzaretto!), magari anche a correggere, se volete, a bilanciarla certamente, viene questo invito a renderci conto della vita finché ce l’abbiamo, renderci conto (e goderne) della salute finché possiamo averla, dell’autonomia finché possiamo goderne, della convivialità finché ci è dato di imbandire una mensa e di vedere i nostri figli (come dice il Salmo 127) intorno alla mensa come polloni d’ulivo … Poi il figlio parte, poi il figlio si sposa, poi il figlio se ne va; ah, ecco, se n’è andato mio figlio, sono sola. Ma non abbiamo mai detto come dicevano i nostri nonni, i nostri genitori: Signore, ti ringrazio, perché oggi, domenica, siamo stati a pranzo tutta la famiglia riunita, non ci sono stati grandi screzi, abbiamo goduto della presenza l’uno dell’altro.

Per chi sia stato a “In punta di piedi” l’ultima volta in Episcopio abbiamo letto quel brano di Erri de Luca, dove questa mensa era come un altare, dove alla fine l’autore amaramente conclude che poi mangia la pastiera perché ricorda “il sapore di quando non mancava nessuno” (questa era la chiusa del brano). Ma forse quando tutti c’erano, lui stesso, Erri, non si è reso conto d’essere fatto oggetto di un bene, di una grazia: è un dato di fatto questo, sul piano economico, sul piano della salute, in ogni aspetto noi percepiamo la bontà di una cosa, di una persona, di una relazione; all’atto in cui

23

Page 24: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

s’incrina, s’ammala, muore. Per cui in margine a questo incipit del nostro vangelo, dove “era ammalato un certo Lazzaro”, ci chiediamo se Lazzaro abbia goduto delle volte in cui andava in campagna, quando faceva la vendemmia - un vino che beveva anche Gesù, suo amico, e gli altri -, questa casa è una continua convivialità (come forse vi leggerò in seguito con un brano di Luigi Santucci).

Allora basterebbe questo esercizio (perché è un esercizio: gli Esercizi Spirituali è fare degli esercizi!), adesso l’esercizio è: godere di quello che in questo momento mi è dato, per esempio del lago. Verrà un giorno in cui diremo: ma com’era bello quel lago!, ma non ce l’abbiamo più! Quando stavamo ad Ariccia, in quel silenzio che inizialmente sembrava imbarazzante ma poi diventava pieno di senso … Quando potevamo pregare a lungo, senza distrazioni … Dunque, un esercizio che ci porta dentro la vita, la nostra vita: abbiamo ancora tanti doni, abbiamo ancora degli aspetti di noi non ammalati, delle relazioni non ammalate. Attenti che come s’ammala il corpo, s’ammala una relazione, a volte s’ammala una parrocchia: ci sono delle parrocchie ammalate, a causa del parroco, dei parrocchiani o delle diocesi ammalate, a causa del vescovo, a causa del presbiterio. Si ammalano tante cose, non ci si ammala solo fisicamente! Abbiamo visto degli amori sorgere, li abbiamo benedetti, magari diranno i presbiteri presenti: “sembrava la coppia perfetta”, e lo era! Ma poi qualcosa ha cominciato a cedere, è entrato un virus, un silenzio, un segreto, una distanza; non ci si ammala mai tutto d’un tratto, ci si ammala gradatamente (questo è vero anche sul piano morale, Cencini parla del “piano inclinato”, cioè ovviamente su un piano inclinato una pallina, una penna, finisce con lo scorrere verso il basso). Bisognerebbe essere così attenti da percepire il passaggio di un virus in un’amicizia, in un matrimonio come in “Scene da un matrimonio” di Bergman, la mia filmografia ovviamente è molto datata! Quel regista

24

Page 25: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

nordeuropeo aveva questa mania di mettere sullo schermo queste malattie delle relazioni, per lo più coniugali.

Quindi l’esercizio che vi invito a fare prima d’addormentarvi è di benedizione al Signore per quello che va bene, per quello che c’è, per quello che ho, per quello che sono riuscito a realizzare, per le cose, ma ancor più le persone che fanno parte della mia vita, e che mi rimandano bene.

Questo ci aiuta ad una sorta di “ecologia del cuore”, perché lo purifica, è una ventata di ossigeno questo esercizio. Lo trovate nel Salterio, nel Salmo 135 che è continuamente intercalato da un ritornello: Eterna è la sua misericordia, ha ucciso i nostri avversari, eterna è la sua misericordia, ed è un Salmo aperto (come d’altra parte tutti i Salmi), perché tu possa dire quello che hai ,quello che Dio ha fatto per te, in modo da goderne, perché all’atto in cui lanciamo la lode noi stessi siamo beneficiati, perché diciamo: allora la mia vita non è una serie di privazioni, ho anche dei doni che mi vengono da Dio e di cui voglio rendere grazie (questa è la prima riflessione).

L’altra è più breve, perché è un invito alla preghiera. Mi ha sempre colpito, fino alla commozione, questo bigliettino (probabilmente neanche scritto), questo messaggio “mandato a dire”, la “ballatetta”, direbbero quelli del Dolce Stil Novo, mandate una ballata, una notizia, una “Palomma” (dice la tradizione partenopea), mandano un messaggio che è brevissimo ma colmo d’apprensione.

Signore, ecco. Se devo dire la verità mi ha sempre colpito questo “ecco”. Che significa? Non bastava “Signore, il tuo amico è malato”? Invece “ecco”, cioè “è successo, è accaduto, quello che non ci aspettavamo”. Questo “ecco” è il precipitare di uno stato di salute, il precipitare di una grazia che diventa disgrazia. “Signore, ecco”, ecco, ci è successo questo, abbiamo da manifestarti questa preoccupazione. È anche bello che Marta e Maria dicano: vieni, guariscilo. È tutto sottinteso, cioè: te lo presentiamo, poi vedi tu. Dovrebbe essere anche

25

Page 26: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

questa lo stato perfetto della nostra preghiera, cioè presentare le situazioni: Signore ecco, è così, è così la mia famiglia, è così la mia coppia, è così la mia vedovanza, è così questo lutto, è così questa malattia, è così questa storia, ecco, Signore, ecco. Non so se esagero, ma in questo “ecco” c’è anche una sorta di urgenza, viene iscritta una chiamata d’urgenza: ecco, il tuo amico. Non dice il messaggio “Lazzaro”, Lazzaro è Lazzaro per noi, cioè un signore, un certo Lazzaro, ma per Gesù è l’amico. Il vangelo di Giovanni è il vangelo dell’amico, “il discepolo che Gesù amava”, dall’inizio alla fine. Il tuo amico è malato, non è malato un uomo, non siamo malate noi (e poi scopriremo che è così, sono malate anche loro), non è malata Betania, è malato il tuo amico, colui che tu ami. Un’altra traduzione esplicita così: Signore, ecco, colui che tu ami è malato. E questo (e concludo, spero non impiegate tutta la notte, cercate di dormire, particolarmente stanotte in modo tale da essere tonici domattina) è l’incipit di una preghiera che potrebbe contenere una litania di nomi, di persone che sappiamo trovarsi in difficoltà … voi dite: ma non sono amici del Signore, ma ogni persona è “colui che tu ami”, anche se non frequentano, anche se sono lontani. E quindi alcuni di voi hanno i figli malati, ma non perché stiano in ospedale, non perché siano attaccati da un virus, da una malattia. Oggi la gioventù sembra più malata delle altre generazioni, di un figlio malato, lo vedo vagare in casa, scopro scorrendo certi messaggi che mia figlia è malata.

Avete mai guardato, origliato (a volte lo si fa per amore, anche se non è giusto, ma nei messaggi, nelle frasi che i nostri giovani si scambiano, a volte anche dodicenni, senza andare molto avanti) scoprite che sono malati. Quindi presento a Gesù queste persone che mi stanno a cuore e che, sono certo, stanno a cuore anche a Lui. Il fatto che noi li amiamo, sapete, di per sé non è risolutivo: vorremmo guarirli, vorremmo che fossero al meglio, vorremmo che splendessero nella loro giovinezza, in

26

Page 27: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

salute, in età e grazia, ma non è in nostro potere. Ma il fatto che Lui li ami è il punto di forza della nostra preghiera.

E quindi siamo qui, come vedete, con un cuore affollato, mentre da un lato abbiamo preso le distanze dal marito, dalla moglie, dai figli, dall’altra ci tornano a valanga nel cuore, come vi capiterà più volte (anche inconsapevolmente) in questi giorni, diventando però oggetto di preghiera, e non solo di preoccupazioni … e non è la stessa cosa. Certo, Marta e Maria sono preoccupate, ma hanno fiducia che questo amico si faccia vivo, si faccia presente, intervenga anche da lontano, come ha fatto altre volte per altri miracolati, che possa mandare loro un messaggio di rassicurazione, che possa dire loro: non ti preoccupare. Questa frase che noi utilizziamo tante volte, sappiamo anche quanto sia lenitiva, per quanto non abbiamo nessun potere, però diciamo: stai tranquillo, non ti preoccupare … ma se questo ce lo dice Gesù, è un tantino diverso.

Ecco, quindi da un lato (se non ci riuscite stasera, potete recuperare domattina) “eterna è la tua misericordia”, grazie, grazie, grazie, anche questo: grazie, mi sento come un bambino ricolmato di doni. E dall’altra cominciare questa litania che ci accompagnerà in tutti e due i giorni: Signore, ecco, eccoci qui, è arrivata, ci è piombata addosso. E nella preghiera dite nomi, situazioni, invochiamo soluzioni che sembrano non alla nostra portata, ma che questo nostro Amico potente può sciogliere con una parola: di’ soltanto una parola.

Ci fermiamo qualche istante, poi concludiamo.

Fino alle 22.30 è aperta la porta su, questo già per i padri qui è una grande rivoluzione, loro chiuderebbero alle 21.30! Se qualcuno vuole restare fuori anche oltre, utilizzi questo ingresso che è appena all’uscita della nostra sala, quindi fino alle 22.30 è possibile utilizzare la porta in alto.

L’appuntamento è domattina alle 8.30 per le Lodi in cappella, chi lo volesse alle 7.30 recitiamo l’Ufficio delle

27

Page 28: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

Letture. Se il tempo è buono, al solito posto, e cioè davanti al lago. Se malauguratamente dovesse piovere, ci vediamo nella cappella dell’adorazione che è nel piano sotto alla hall.

Quindi per tutti l’appuntamento è alle 8. Buonanotte, andate nelle vostre celle con la tranquillità dei monaci.

28

Page 29: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

LODI

Iniziamo con gioia questa prima giornata intera, ne avremo due.

Cerchiamo di centellinare il tempo, ma non nel senso del risparmio e dell’avidità, ma nel senso della grazia che ci viene data in abbondanza.

L’inno della Quaresima delle Lodi indica due luoghi per la lode: nella santa assemblea o nel segreto dell’anima, cioè questa grazia viene celebrata insieme, ma anche ha delle scansioni, dei momenti e delle liturgie segrete; sono quelle liturgie di cui ci diceva il vangelo il Mercoledì delle Ceneri: quando preghi entra nella tua stanza e chiudi la porta. Noi in questi tre giorni chiudiamo la porta sulle correnti, sugli impegni, sulle preoccupazioni, per entrare nel segreto del nostro cuore, dove Dio ci attende. Come dice Agostino nelle Confessioni, noi cerchiamo spesso Dio fuori, ma Egli è in attesa del nostro ritorno; come il ritorno del prodigo che rientra in se stesso, Dio ti attende nel tuo cuore.

Nel primo Salmo: al mattino ascolta la mia voce, fin dal mattino t’invoco e sto in attesa. Questa giornata è come un grande paniere, un grande cesto di vimini, dove aspettiamo che Dio venga a deporre un pane, dei fiori, delle rose, una parola, una gioia, questo (come dicevo all’Ufficio delle Letture) raggio di sole insperato, questo azzurro che le previsioni non ci facevano sperare, e quindi “sto in attesa”, come (l’immagine potrà essere un po’ violenta) il cacciatore che si pone in attesa e si ferma, e ferma anche il respiro, perché l’uccello, la quaglia, non abbia a impaurirsi. O come il pescatore che lancia la rete o l’amo in mare e attende che si muova.

A un corso di Esercizi nel mese di gennaio a Marina di Massa Carrara ai preti della FACI dissi: questa casa è in riva al mare, ogni tanto c’erano questi pescatori che anche di mattina presto venivano, gettavano l’amo in mare e attendevano

29

Page 30: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

pazientemente che qualcosa si muovesse. E così anche nella preghiera, e così anche in questi giorni. Mettiamoci in ascolto, perché il Signore ci guida, è contento di vederci qui stamattina, è contento. Spero siate stati contenti di svegliarvi in questo paradiso terrestre, dove (Salmo 28) il Signore fa prodigi, scuote il deserto, spoglia le foreste, ma anche fa partorire le cerve (si dice altrove). Quindi fa partorire anche una pietra (qualcuno di voi penserà che sia così il suo cuore), una pietra dura, arida … da questa pietra come Mosè nel deserto è possibile far scorrere acqua.

Veniamo al nostro testo, solo per qualche aggiunta ci avviamo poi nella prima meditazione del mattino.

Eravamo rimasti, e forse anche durante la notte per chi si sia svegliato, come è accaduto a me, ma senza dramma, per qualche istante nel cuore della notte: Signore, ecco, il tuo amico è malato. Ci siamo lasciati con questa preghiera che ci accompagnerà durante tutto il cammino.

All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato».

Parole molto misteriose: questa malattia non è per la morte. E perché Gesù dice questo? Perché, vedete, la malattia ci fa paura non tanto in se stessa, ma per quello cui prelude. A volte anche un raffreddore, un’influenza, un mal di denti, un mal di testa, per dire le cose più quotidiane, piccoli attentati alla nostra salute, alla nostra integrità, ci preoccupano perché ci rendiamo conto (in una maniera ovviamente incosciente, non proprio tematizzata, almeno per gran parte di noi) che la malattia sembra essere una sorta di richiamo al limite e al limite radicale che è la morte. Noi continuamente in questi giorni, così come il vangelo di Giovanni ci invita a fare, faremo il pendolo tra morte e vita, vita e morte. Adesso che è arrivato il messaggio, e quindi Gesù dovrebbe immediatamente fare le valigie, smontare le tende e dirigersi verso Betania, ma non

30

Page 31: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

sembra averne intenzione per ora (ma su questo rifletteremo in seguito), dice: questa malattia non è per la morte, perché ci sono malattie che vanno verso la morte e malattie che vanno verso la vita. Attenti, che non parlo della guarigione, altrimenti poi siamo fuori strada, perché anche le malattie da cui noi guariamo (tante, a partire dalla nostra infanzia) la nostra vita è un susseguirsi di malattie, di incidenti di percorso piccoli, grandi, rilevanti, che lasciano una traccia, ma che noi addirittura dimentichiamo. Anche quando guariamo, anche quando torniamo alla vita consueta, anche quando finisce il tempo della convalescenza, è come se noi restassimo in questo atteggiamento di morte, e invece questa malattia, quella di Lazzaro — speriamo anche la nostra — le malattie di cui siamo malati o le malattie di cui vogliamo ammalarci (questa mattina recitando l’Ufficio con il venticello che veniva dal lago, potremmo anche ammalarci ma magari — mi son detto — magari ci ammalassimo di questa malattia), perché ci sono malattie mortali, ci sono malattie invece che diventano “epifanie” della gloria di Dio.

Allora vi faccio una domanda – che poi è l’orizzonte del nostro breve ma intenso cammino – e la domanda è questa, la ripeterò più volte in questi giorni: tu per quale vita ti preoccupi? E poi: tu per quale morte piangi?

Cosa significa “gloria di Dio”? È un termine altissimo: la manifestazione di Dio, il trionfo di Dio, la venuta di Dio nella nostra Dio, l’irrompere di Dio, la gloria di Dio in questi giorni la vediamo squadernarsi davanti a noi nella bellezza del lago, stamattina presto sul lago c’era una nuvoletta tonda come un palloncino, appena depositata sull’acqua, una cosa meravigliosa; sono queste piccole cose, l’azalea che è fiorita qui nel viale scendendo, la forsythia che sta per ingiallire, indorarsi, in fondo al viale davanti al lago, ma basta uno sprazzo d’azzurro, un raggio di sole … La gloria di Dio è qui, siamo qui per ammirare la gloria di Dio, che ha due piani, ha

31

Page 32: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

due modalità per rivelarsi a noi: innanzitutto quella naturale, e quindi il fatto che viviamo, il fatto che il cuore batte, il fatto che ci siamo svegliati, il fatto che gli uccelli cantino … Quindi la gloria di Dio si manifesta nel creato, ma poi la seconda modalità, più forte ma meno evidente, la gloria di Dio si manifesta nella vita di Gesù di Nazareth: nelle parole, nelle opere, nei silenzi, nel pianto (come mediteremo ancora una volta), nel dolore, nell’amicizia che lega Gesù a Lazzaro, a Marta e a Maria. Questa malattia non è per la morte, allora mi chiedo: ma io sono ammalato di una malattia per la morte o per la gloria di Dio? E sto vivendo una vita per la morte (vi sembreranno ancora un po’ astratte queste domande, almeno sulle prime), perché comunque i miei giorni hanno un estuario di morte (l’uomo essere per la morte, diceva Hidegger) o sto vivendo una vita per la gloria di Dio? Tu vivi la tua professione, tu intrattieni delle relazioni affettive, tu vivi il tempo libero, tu ti impegni, tu sei medico, tu sei psicoterapeuta, tu sei suora, tu sei prete per la morte o per la gloria di Dio? Ve lo chiedo, lo chiedo a me innanzitutto, perché qualche volta noi corriamo il rischio di vivere per la nostra gloria, cioè quando viviamo per la nostra gloria si realizza un cortocircuito: stiamo male noi, stanno male gli altri, entrano delle pastoie che non ci fanno bene, non fanno bene al mondo, non fanno bene alla Chiesa. Quando invece quello che facciamo è per la gloria di Dio abbiamo un circuito largo che ci viene dall’Alto, passa attraverso di noi e torna a Dio. Quindi questo corso di Esercizi l’hai organizzato per te o per la gloria di Dio? E tu sei venuto per te o per la gloria di Dio? E quello che fai, quello che pensi, quello che progetti, la tua vita di giovane, di adulto, di sposato, di consacrato, di prete: per chi è? Per chi vivi? Per chi lavori?

Vi raccontavo, credo altre volte, di questo rabbi che passeggia meditando la Parola, e incontra un guardiano, un soldato, che fa il guardiano della villa, il guardiano del faro. Ma tu, dice il rabbi al soldato, per chi lavori, da chi sei stato

32

Page 33: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

assoldato? E lui dice: il signore tot, faccio la guardia a questa villa, faccio la guardia alla villa del papa a Castelgandolfo che stamattina ancora una volta era indorata, baciata dal sole. E il soldato poi si rivolge al rabbi, al maestro della Legge, e dice: e tu per chi lavori? E io per chi lavoro?

C’era una vecchia canzone di Giosy Cento, in cui il prete cantautore dice: faccio il mestiere di Dio, cioè lavoro per Lui, lavoro per la Sua “ditta”.

Ti sembra che quello che stai facendo … e concludo, poi questa domanda fatela risuonare dentro di voi durante la colazione, mentre sarete intenti a mungere quelle macchinette terribili che opprimono con tutto il loro rumore … ma non tutto può essere perfetto in una casa, questa è già al 90% della perfezione, poi in paradiso faremo assoluto silenzio e piena contemplazione!

Ma io per chi sto vivendo? Nessuno di noi vive per se stesso e nessuno di noi muore per se stesso. Dice san Paolo: sia che viviamo, sia che moriamo noi siamo del Signore, cioè viviamo per la Sua gloria. Stai dando gloria a Dio con i talenti, con l’intelligenza, con gli affetti, con la sensibilità, con l’arte, con la medicina, con il tuo diaconato permanente, con il tuo ministero, con la tua famiglia? Vedete, è un interrogativo fondamentale, questa malattia non è per la morte, non vi affliggete!

Attenti, non la leggete “e tanto Lazzaro risorge, noi invece …” … non è detto! È una malattia che si presenta negativamente ma ha dentro un dono, è una difficoltà, è un dolore, è una crisi che mi fa male, ma è un parto. Questa è la gloria di Dio, cioè un’azione singola o perpetuata, dove lascio spazio a Dio e mi metto in questo circuito grande che evita i corticircuiti, dove poi mi intristisco perché non ho una grande assemblea, perché quello sta distratto, perché il telefonino di quello ha squillato: ma per chi lo fai? Per chi vivi? E quindi ripeto l’interrogativo fondamentale di questi giorni: per quale

33

Page 34: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

vita ti dai da fare? Marta, per quale dolore, per quale morte stai piangendo? Maria? E quindi di chi vita vogliamo vivere e di che morte vogliamo morire?

C’è bisogno di una rete che trattenga, c’è bisogno di fissare questi doni: questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio. Che sarà mai questa gloria di Dio?

34

Page 35: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

MEDITAZIONE

Ecco, cominciamo più speditamente ad addentrarci in questo dedalo di strade, in questo gomitolo di strade, direbbe Ungaretti, che è questa città del brano che stiamo meditando, che ci è donato, che segnerà questi giorni, il ricordo di questo luogo, una sorta di plusvalore che diamo al lago e a questa casa già tante volte da noi santificata. Vi dicevo nell’introduzione scritta sul libretto, appena otto giorni fa nella nostra stessa cappella c’era il papa, nelle nostre stanze i Prefetti delle Congregazioni, i collaboratori più diretti del papa Francesco, e se appena annusiamo forse ne sentiremo anche il profumo di santità.

Prima (cerco di essere schematico) riflessione o prima pista: il tardare di Gesù. Gesù voleva molto bene a Marta e a sua sorella e a Lazzaro, e quantunque ebbe sentito che era ammalato, si trattenne due giorni nel luogo dove si trovava. Questa cosa umanamente ci indispettisce: perché non si dà da fare? Perché non si appresta al letto dell’amico malato? Perché non va a Betania? Tra l’altro, “Betania” significa “casa del povero”, o anche “casa dell’oppresso”, quindi i nomi della geografia del Vangelo e della Bibbia in genere non sono mai nomi “flatus vocis”, non sono solo indicazioni con un puntino più o meno grande sulla carta geografica del Touring Club della Palestina, ma sono essi stessi luoghi teologici, quindi è la casa della povertà, la casa dell’infermità, lo dicevamo tra le righe già ieri, introducendoci forse violentemente con le dinamiche di questo capitolo 11. Tenete anche presente il vangelo di Giovanni che viene prima: il capitolo 10 è il capitolo del Buon Pastore; le cose sono collegate, perché quando Gesù dice: Lazzaro vieni fuori, è il Pastore che chiama le pecore, e le chiama ciascuna per nome, e le pecore vanno dietro al Bel Pastore, come Lazzaro ubbidiente alla parola dell’Amico che lo chiama alla vita; e attenti, non a questa vita,

35

Page 36: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

dove comunque trionferà la morte, ma a una vita più ampia, ad una vita piena, ad una vita per la gloria di Dio.

Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, meditavamo stamattina a Lodi, e mi sembra di poter aggiungere che la gloria di Dio è la presenza di Gesù nella nostra vita, e quindi Raffaele e Mirella che stanno per sposarsi e sono qui, diciamo a una sorta di “corso prematrimoniale spirituale” (che vale molto più di corsi prematrimoniali che si fanno nelle nostre parrocchie) stanno facendo entrare Gesù nel loro amore, allora questo amore sarà epifania di Dio, gloria di Dio: dovunque entra Gesù, trasforma un evento di morte o di vita, gioioso o doloroso, feriale o festivo, in un evento di gloria. Ma noi ci aspetteremmo che questo amore, più volte professato già nelle prime battute di questo brano, portasse Gesù a Betania, e invece gironzola ancora per due giorni, indugia, e non farà cose importanti, non ci saranno miracoli da compiere o messaggi da dare, quindi è una sorta di apparentemente “bighellonare”, mentre ci sono due donne in apprensione, mentre c’è un amico che va sbiancando sul letto di morte. Perché Gesù non interviene? Io non darò una risposta, ma semplicemente voglio evocare momenti nei quali anche noi abbiamo invocato la Sua venuta, la Sua presenza, e c’è parso che Lui tardasse.

Ognuno di noi ha memoria di queste “delusioni”, di questa “intempestività” di Gesù rispetto alle nostre richieste, rispetto a tanti che hanno pregato, ma sembra che Lui si sia trattenuto lontano …

Ovviamente, nei termini della fede questa lontananza non è lontananza, come certe vicinanze da noi invocate non sono vicinanze, non sono risoluzione.

Abbiamo iniziato con “Padre mio”, opera di don Angelo Castellano che doveva essere qui ma — manco a dirlo — (ma può darsi anche che compaia) (mi riferisco all’aspetto musicale, perché il testo è di Charles de Focauld, come ognuno

36

Page 37: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

di voi sa), dove diciamo “sono pronto a tutto, accetto tutto”, che significa anche “mi rimetto ai Tuoi tempi, mi rimetto alle Tue modalità”, e spesso la modalità di Dio è perdere anziché vincere, e noi vorremmo vincere sulla malattia e sulla morte, e invece con Lui siamo invitati e chiamati in modo pressante a perdere, che è un perdere più luminoso del vincere. Magari perdessimo con Gesù, magari fossimo sconfitti con Lui, e invece noi normalmente vinciamo senza di Lui, ma una vittoria senza di Lui è una sconfitta, e una sconfitta con Lui è una vittoria: questo è il paradosso della vita cristiana! Ci sono dei fallimenti nella nostra vita che rifulgono della gloria di Dio, e ci sono delle notti da Oscar nella nostra vita che sembrano gloriose e in realtà sono ignominiose. Si trattenne due giorni nel luogo dove si trovava: che fa? Perché? Dio vuole educarci ai Suoi tempi e ai Suoi movimenti, non siamo noi a includerLo nei nostri desideri, ma è Lui che vuole che allarghiamo i nostri desideri alla caratura dei Suoi. Quindi vi guardo e penso anche a tanti fallimenti che abbiamo condiviso con molti di voi, soprattutto nei termini della malattia e della morte, che ci fanno nuovamente soffrire le preghiere inascoltate. Primo filone di preghiera, poi ciascuno di voi sceglierà quello che preferisce, quindi l’esercizio è: quando ho pregato e non sono stato esaudito, quando mi sembrava di chiedere una cosa bella, logica, luminosa, e Gesù si è trattenuto a lungo altrove, è sembrato indifferente … perché c’è una sorta di indifferenza (almeno a leggere umanamente queste righe) da parte di Gesù rispetto a questa notizia che invece dovrebbe sconvolgerLo, come tante notizie lacerano settimane e vite intere.

Seconda riflessione: poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea».

Dopo due giorni finalmente, come nell’Esodo, dà ordine di smontare la tenda e di programmare un viaggio in Giudea. E qui intervengono i discepoli – e quindi il dialogo è tra Gesù e i discepoli – Gesù vuole andare in Giudea e i discepoli vogliono

37

Page 38: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

trattenerLo. Prima Marta e Maria volevano che Gesù andasse in Giudea, e Gesù si trattiene, adesso Gesù decide di andare in Giudea (e quindi a Gerusalemme), nel villaggio di Betania poco distante da Gerusalemme e i discepoli intervengono dicendo: ma questa cosa è contro l’ordine pubblico! Questo viaggio è un suicidio, perché – come attestano i capitoli precedenti – l’ultima volta che Gesù è stato a Gerusalemme ha dovuto allontanarsene perché l’atmosfera si era fatta incandescente, e attenti: questo è l’ultimo viaggio di Gesù secondo il vangelo di Giovanni a Gerusalemme, in Giudea, è l’ultima volta che sale, è l’ultima volta in cui dice: “esultai quando mi dissero: andremo alla casa del Signore”, è l’ultimo viaggio: è il viaggio della salvezza di Lazzaro o è il viaggio della perdizione di Gesù? È il viaggio della risurrezione di Lazzaro ed è il viaggio della morte del Maestro, e per questo i discepoli hanno motivi umani e di diplomazia, avranno avuto anche le loro “spie”, il loro servizio di spionaggio, per dire: Rabbi, i Giudei poco fa cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo? È contro ogni logica questo viaggio! Gesù risponde in una maniera misteriosa, che ci sono ore e ore per camminare, non sono forse dodici le ore del giorno, quindi le ore della luce? Se uno cammina di giorno non inciampa, perché vede la luce di questo mondo, ma se uno cammina di notte inciampa, perché gli manca la luce. Sono molti i significati di questo detto misterioso: il primo è che Gesù è ancora per se stesso in un tempo di luce e deve compiere il Suo cammino, deve portare a compimento la Sua vocazione, perché poi viene la notte.

La seconda interpretazione è rivolta ai discepoli, e quindi un invito per essi a camminare nella luce prima che venga la notte, e qui la luce è Gesù stesso: io sono la via, la verità e la vita, io sono la luce del mondo. Nei capitoli precedenti, Gesù ha aperto gli occhi al cieco nato, è un altro grande capitolo del vangelo di Giovanni, un’altra grande sinfonia, e quindi

38

Page 39: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

camminate nella luce finché siete in tempo, perché poi viene la notte. E che la presenza di Gesù sia la presenza discrimine tra giorno e notte lo si dice sempre nel vangelo di Giovanni di Giuda dal cenacolo, nell’Ultima Cena, dove il discepolo va via, e l’Evangelista annota: ed era notte. È notte fuori nel cenacolo, è notte laddove Gesù non entra, laddove non ci lasciamo più illuminare da Lui.

E quindi la domanda per questa seconda pista è: sto camminando nella luce? Nelle tenebre si inciampa, nelle tenebre ci sono i fantasmi, nelle tenebre ci sono i pericoli, i demoni che si svegliano. Lo penso (scusate questa parentesi, magari non vi riguarda direttamente) anche per certe frequentazioni e certe chat notturne. Dopo una certa ora (ma io suggerirei di non farlo mai) è a dir poco rischioso mettersi a chattare. Una persona mi confidava giorni fa: sono tornato molto tardi, erano le due, mi sono messo a chattare, ecc. ecc.

Se uno cammina di notte, inciampa. In certe ore bisogna spegnere tutto, anche se uno pensa d’essere un padreterno, anche se pensa d’essere inossidabile, perché alle ore notturne, o sono ore di preghiera, di riposo, o sono altro. Ma questa è un’applicazione terra terra, che assolutamente non vi riguarda, ma forse può riguardarvi come educatori di figli, o di ragazzi, di giovani. Alcuni di voi sono impegnati nelle parrocchie, su questo campo, e poi vi rendete conto che di notte viene il “confessore notturno”. Ho riparlato di questo “confessore notturno” (o’cunfessor e’nott) a un’assise di provenienza internazionale, all’università della Santa Croce, Opus Dei, mi hanno invitato per un intervento in un corso internazionale per formatori, e io ho detto: vedete (c’erano anche rettori del Cile, America Latina, ovviamente che intendevano l’italiano, che è l’unica lingua che balbetto, oltre il napoletano), voi fate tutte queste opere, ma state tranquilli, che basta un confessore di notte! E quindi ho trasmesso loro questa nostra sapienza napoletana, meridionale: basta che il vostro seminarista si

39

Page 40: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

connetta con il sito xy e tutta la nostra opera educativa è completamente annullata! Non volevo scoraggiarli, ma dire: attenzione, che insieme con le nostre deboli voci poi ci sono voci forti, che hanno credito, che hanno presa!

A un’altra persona consacrata dicevo: renditi conto del momento in cui il grado di tossicità in te (come in me, come negli altri) supera una certa soglia, e renditi introvabile, che è un ottimo (a mio parere) consiglio. Ci sono dei momenti di tossicità, dove se pure parliamo con padre Pio siamo capaci di “contagiarlo”, quindi è il caso: facciamo un’epochè, creiamo una parentesi, ci nascondiamo in qualche antro. È questo luce e tenebre: essere luminosi, propositivi, oppure essere appesantiti al punto che anche il nostro ministero – per quanto riguarda noi preti – finisce con l’essere aggravato, e l’incontro, anziché essere un incontro di vita, rischia di diventare un incontro di morte, perché anziché alleviare l’altro io lo aggravo della mia negatività. Ma chiudiamo la parentesi molto prosaica, Gesù parla molto più in alto di queste mie applicazioni.

Camminare nella luce significa camminare con Lui, in Lui. Quindi quello che tu fai in Lui per la gloria di Dio. Camminare nella notte significa quello che tu fai per te, per la tua gloria, che finisce ‘dov’è silenzio e tenebra, la gloria che passò’. (Manzoni)

Terza riflessione: così parlò e poi soggiunse loro:«Il nostro amico Lazzaro s’è addormentato, ma io vado a svegliarlo».

Vedete, c’è una progressione, che è anche bella a considerarla nei termini della delicatezza con cui Gesù centellina questa notizia della morte di Lazzaro a questa comunità, saranno stati anche loro commensali e quindi in qualche maniera affezionati a Lazzaro, a Marta, a Maria, e quindi vanno gradualmente introdotti nella verità della sua morte. Prima è malato, poi s’è addormentato, e poi Lazzaro è morto (che è la pedagogia che dovremmo avere quando si tratta di trasmettere cattive notizie, e purtroppo ci capita spesso

40

Page 41: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

d’essere in questi frangenti, mai dire subito! Non s’è sentito bene, ha avuto un malore, vediamo …).

Il nostro amico Lazzaro s’è addormentato, ma io vado a svegliarlo.

Ovviamente Lazzaro è già morto, i discepoli non lo sanno, noi tentiamo di ignorarlo, e comprendiamo l’obiezione dei discepoli: se si è addormentato guarirà, perché il sonno diventa un elemento di speranza per chi sia stato nel travaglio della malattia. Se si è assopito, se dorme con il respiro regolare, è buon segno … Ma Gesù parlava della morte di lui, essi invece pensavano che si riferisse al riposo del sonno. Ma allora la morte è un sonno? Allora i cimiteri sono dormitori (la parola “cimitero” significa questo: dormitorio)? Allora ci si addormenta nella morte? Ed è diverso da “si precipita nella morte”. Allora i nostri defunti sono addormentati (nel senso bello del termine, cioè della serenità, e non certamente dell’inefficacia o dell’indifferenza nei nostri confronti)? I nostri defunti non sono indifferenti a quello che noi viventi viviamo, a quello che noi superstiti affrontiamo, anche se come Gesù ci sembrano lontani e a bighellonare su qualche nuvola, a giocare con gli angeli, invece sono molto vicini a noi, più di quanto noi non immaginiamo. Ma certamente si sono addormentati rispetto al travaglio della vita, la notte e il sonno vengono qui come elementi distensivi di una giornata di combattimento. In passato nelle guerre la notte era sempre un tempo di stasi, non c’erano i riflettori, non c’erano gli aerei per bombardare una città di notte, e quindi il calar della sera diventa anche una sospensione delle azioni belliche, per questo motivo Giosuè (Antico Testamento), per portare a compimento la sua vittoria, chiede che sia prolungata la giornata e si fermi il sole e la luna che sta sorgendo sulla valle.

Qual è la mia percezione della morte? Perché la morte ci sarà compagna in questi giorni, dolce nel racconto della risurrezione di Lazzaro. Sento in esilio i miei defunti, o li sento

41

Page 42: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

accanto? Ci sono altre persone che sono state qui con noi altri anni, e che sono nella gloria di Dio. Venire qui (penso ad Angelo per esempio) è la possibilità di rincontrare. Perché noi informiamo (ma di questo forse dirò meglio nella riflessione-aperitivo del pranzo) i luoghi che viviamo, a meno che non divengano non-luoghi, a meno che non siano deturpati.

L’uomo ha questa possibilità di maggiorare il valore di un luogo, di dargli forma, di conferire ordine agli spazi, di aggiungere valore a valore, per cui andare in certi luoghi è come visitare (e non mi riferisco al cimitero), rincontrare, riprendere un dialogo interrotto con alcune persone. Si tratta di case, si tratta di vie, si tratta di chiese, si tratta di luoghi dell’anima, come questa nostra geografia, nella quale senz’altro è inserita anche Ariccia, anche questa casa di Gesù Maestro.

Allora Gesù disse loro apertamente (visto che non hanno capito “è inutile che andiamo se sta dormendo, lo disturbiamo, sono sospese le visite, non è ora”): Lazzaro è morto. Arriviamo all’annuncio piuttosto duro, ma poi allentato, addolcito, «e io sono contento per voi di non essere stato là». Anche questo ci indispone: è morto, e io non ci sono stato, e sono contento per voi, perché adesso sono i discepoli che devono imparare, e poi Marta e Maria, e poi queste comunità. Qualcuno dice che questa piccola famiglia – Marta, Maria, Lazzaro – potevano essere anche nomi di una piccola comunità cristiana che l’evangelista Giovanni, che è l’ultimo a scrivere il vangelo, incontra o ha incontrato a Betania. Quindi comunque dietro ci sono i discepoli, ma dietro i discepoli poi ci sono delle comunità reali, per le quali gli evangelisti scrivono, come noi scriveremmo per la nostra parrocchia, per la nostra diocesi, per il nostro gruppo adulti o adolescenti che seguiamo.

«Orsù, andiamo da lui».Beh, se è morto … non ti sei mosso quando era vivo,

quando potevi fare qualcosa, quando potevi interpellare un

42

Page 43: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

primario, quando potevi procurargli una TAC in più breve tempo possibile superando tutte le pastoie burocratiche. Adesso cosa andiamo a fare? Andiamo da lui, e da lui morto? O da lui, cioè nella vita nella quale Lazzaro è entrato, e da cui sarà sottratto (forse con grande difficoltà da parte del morto a doversi riaffacciare sulle mille beghe di questo mondo) allorché Gesù lo richiamerà alla vita (temporaneamente … non dimentichiamo)? Perché qui non è in lizza la resurrezione di Lazzaro, qui il tema è la risurrezione di Gesù, questo è un tema pasquale: Lazzaro è una controfigura, Lazzaro è un’immagine. Nella vita di Lazzaro Gesù vuole dire ai discepoli quello che accadrà a Lui.

Allora Tommaso, chiamato Didimo, disse ai condiscepoli: andiamo anche noi a morire con lui!

E mi fermo con questa terza (se tengo bene in conto) annotazione, che è l’espressione di Tommaso, che ho sempre letto come: beh, visto che Gesù è incontenibile, visto che non possiamo fermarlo, visto che si è deciso ad andare in Giudea dove ci sono dei seri pericoli per Lui, andiamo a morire con Lui!

Quindi il gesto bello (dice Michel Quoist) per l’amico schernito, è la stazione del Cireneo. Lui va dall’amico, andiamoci anche noi e andiamo a morire con Gesù, perché questo viaggio sarà l’ultimo.

Ma ultimamente ho scoperto che c’è un’altra modalità di lettura di questa espressione, che io ho sempre letto in una maniera di entusiasmo: andiamo con il Maestro! Viviamo con Lui quello che Egli ha da vivere (cosa che poi non accadrà concretamente, come sappiamo dai racconti della Passione, che noi stessi in questa sede abbiamo guardato, la Passione secondo Marco, la Passione secondo Giovanni, abbiamo fatto vari itinerari prepasquali sui racconti della Passione). E in questa seconda interpretazione, il “lui” non sarebbe riferito a Gesù, ma a Lazzaro, cioè: andiamo a morire con Lazzaro, Lazzaro è

43

Page 44: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

morto, moriremo tutti! E qui tutto l’entusiasmo della prima interpretazione si svuota, si sgonfia rispetto ad una sorta di parola detta “eh, va beh”, quasi con rassegnazione: è morto Lazzaro, moriremo tutti, perché Gesù va lì ma Lazzaro è morto, morirà Lui, moriremo noi, moriremo tutti. Implichiamoci (ma non nel senso bello, ma quasi a mo’ di protesta) in questa morte generale.

Ecco, allora sono tre piste, ripeto per chi fra voi si fosse disconnesso.

Prima pista: il ritardo di Dio, quindi memoria di una ingiustizia che c’è parso d’aver subito (a me è successo tante volte, immagino anche a voi) da parte di Dio, dove per quello che avevamo fatto, per l’amore che ci sembrava che Egli avesse per noi, ci saremmo aspettati un intervento salvifico che non è venuto, o almeno non è venuto nei termini con cui ci aspettavamo. Prima pista.

Seconda pista: camminare nella luce, camminare nelle tenebre. Come sto camminando? Come si svolge la mia vita? Attenti, che qui luce e tenebre non riguardano la difficoltà o la vita facile che immagino nessuno di noi abbia, tutte le nostre vite sono difficili, alcuni di noi sono in fase pre-depressiva, alcuni di noi sono ammalati, alcuni di noi sono delusi, alcuni di noi s’aspettavano che arrivasse il nuovo parroco, il nuovo vescovo, il nuovo marito, la nuova moglie, ma … poi le cose sono andate …

Quindi luce e tenebre non è legato a difficoltà (sto in difficoltà, quindi sto nelle tenebre … no!), ma queste tenebre sono visitate da Dio? Gesù cammina con me in questa malattia, in questa solitudine, in questa tensione …? Se cammina con me, sono nella luce! Come viceversa se mi trovo in un momento di trionfo perché (penso a Sergio) mi sono laureato in tempo record … però posso essere nelle tenebre!

Terza pista: andiamo anche noi a morire con Lui. Sia che vogliate sposare la prima lettura – quella su cui mi sono

44

Page 45: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

allenato per tanti anni e che ritengo valida – sia che sentiate più congeniale questa seconda più di protesta – andiamo a morire con Lui! … in questa seconda linea mi viene in mente, forse è Cloridano e Medoro, ma non ne sono sicuro, qui ci sono molte insegnanti di lettere che saranno più precise nelle citazioni, non so se sono loro che vanno a prendere il re Dardinello che è stato ucciso, e poi prendono nottetempo il cadavere, perché sono affezionati, perché vogliono seppellirlo, perché non resti insepolto – grande vituperio per il passato – ma poi sono inseguiti, e quindi uno dei due dice: ma lasciamolo a terra, non è il caso perdere due vivi per salvare un morto. Quindi è un po’ in questo senso: ma che senso ha che ci andiamo, che qui è tutta una morte? Invece nella prima lettura “andiamo a morire con Lui” è questo giovane che permane spero in tanti di noi, quell’adolescente entusiasta che avrebbe fatto qualsiasi cosa per Gesù. Penso a voi preti, incontrati diversi di voi nei tempi del seminario, allora: andiamo a morire con Lui, avanti tutta! Gettiamoci contro il nemico a petto nudo, a mani nude, senza armi, ad arma bianca! Poi la vita purtroppo ci ha riportato altro, ci ha fatto fare altro, e quindi è come se risorgesse in noi questo adolescente insanabile, immortale, a dire: ma sì, andiamo con Gesù, qualsiasi cosa succeda, perché morire con Lui è vivere, e vivere senza di Lui è morire. E questa dinamica è molto presente in questo brano, dove ci sono dei vivi che sono morti e dei morti che sono vivi. Ci sono delle persone vive e vegete che camminano, che fanno footing, che vanno in palestra, che partecipano alle feste, che seguono la moda, che sembrano vive … sono morte! E altre che abbiamo accompagnato al cimitero, al grande “dormitorio” che sembrano morte ma sono vive.

Sono un vivo già morto? Sono un morto che vive (e non è il “morto che parla” della smorfia, è diverso!)?

Come mi sento?Sono le 10.34 dice il mio orologio, ci incontriamo tra

un’ora, alle 11.40 qui, per un passo ulteriore.

45

Page 46: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

Non vorrei che sottoponeste Massimo, che è il nostro segretario (mi riferisco all’ala teanese, che è quella preponderante) a uno stillicidio, a stare in quello sgabuzzino senz’aria, quindi se qualcuno ha da versare una piccola quota lo faccia con la libertà ( vi do questa libertà), se qualcuno di voi ritiene che è in uno stato di difficoltà, senza presentarsi non versi la sua quota. È bella questa libertà, magari qualcuno di voi dice: faccio un assegno da un milione! La libertà di sapere (come ho detto tante volte in questi anni) che questa esperienza è così preziosa che non ha prezzo, e dunque … oppure che ha un prezzo esorbitante!

46

Page 47: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

MEDITAZIONE-APERITIVO

Vi faccio fare un esercizio che vi sembrerà un po’ strano, forse stupido, apparentemente non in connessione con quello che stiamo dicendo, ma dal mio punto di vista fortemente connesso, dentro a questo brano, e lo metto come intermezzo in questo viaggio che dura qualche giorno, tra queste incertezze, questo bighellonare di Gesù in Galilea, e poi questa decisione: è morto, andiamo a morire con lui! E vorrei rispondere (ma è una grande presunzione mi rendo conto) a questa domanda: ma questi luoghi, Galilea, Giudea, Betania, Gerusalemme, Sorrento, Teano, Pignataro, Salerno, Palermo, che posto hanno? Come si pongono nella nostra vita? Come entrano nella nostra memoria? Quanto la memoria sia una potenza spirituale enorme, così forte da trasformare i luoghi, allargandoli o restringendoli, e i tempi, condensandoli o estendendoli in una insignificanza, in una piattezza?

Mi avvicino pian piano, in nostro aiuto ho chiesto a Felice Luna Caprese, che forse farà da sollecitazione in questo “ipertesto”, come si dice sul piano scolastico da un po’ di anni, e ci fa abbandonare apparentemente per un tratto questo episodio di Lazzaro, perché mentre Gesù cammina dalla Galilea a Gerusalemme in fondo è questo il vangelo, il vangelo è Galilea – Giudea, e poi paradossalmente il Risorto dirà attraverso l’angelo ai discepoli di tornare in Galilea, «là mi vedranno». E quindi la vita cristiana (e direi la vita umana anche, per quelli che non credono e che non sanno nulla di Gesù, o l’hanno rimosso, o ritengono che sia un fenomeno “post”) la vita spirituale, la vita umana è un pellegrinaggio dalla Galilea a Gerusalemme, dalla Giudea alla Galilea, in una apparentemente circolarità, che non è di eterno ritorno ma è di approfondimento.

Vedete, in questa geografia evangelica noi dobbiamo inserire la nostra geografia personale. Cioè, tu dov’eri quando

47

Page 48: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

eri bambino?Ho incrociato gli occhi di Sergio, e Sergio dirà: Salina.

Perché Salina è l’isola delle Eolie dove la sua famiglia tiene una casa. E com’è Salina? E Salina è quella della guida o è la Salina di Sergio, che si sarà specchiato in quelle acque, avrà fatto il bagno tante volte? Mi ha meravigliato, chiamandolo prima della laurea, che fosse andato lì a concentrarsi (credo che era maggio forse) prima di sostenere l’esame di laurea!

Ripeto, per qualcuno di voi inizialmente sembrerà una cosa strana quello che sto per dire, ma è stato un movimento che da un po’ di tempo mi interessa, mi riguarda, nel tentativo di rileggere la mia vita e di aiutare le persone (a questo tende il ministero) a rileggere la propria vita alla luce di una geografia dell’anima, “luoghi dello spirito” dice la piccola rivista che s’accompagna qualche volta ad Avvenire. Ci sono luoghi dello spirito, ci sono luoghi che abbiamo idealizzato e che ci accompagnano, e che nessuna memoria digitale riuscirà mai a condensare, a ricordare, a rimandarci più di quanto non sappia fare meravigliosamente la nostra memoria; ... perché un luogo può nascere e un luogo può morire, come le piante, come gli animali, come gli uomini.

Se avete un po’ di pazienza, vi leggo un brano di La Capria. Raffaele La Capria è ritenuto l’autore più grande del meridione nell’ultima parte del ‘900, ancora vivo, ultranovantenne. Una prosa asciutta (ma non asciutta come quella di Erri de Luca) che contiene una sua spiritualità, una sua correttezza stilistica, e vi leggo un capitoletto di questo libro che vi invito a leggere (non è un invito rivolto solo ai sorrentini), si intitola “Capri e non più Capri” e raccoglie alcuni articoli apparsi negli anni ’90 sul Corriere della Sera, più inediti, dove La Capria è come se inseguisse dei ricordi legati a Capri, dove egli ha (non so se riesce più a salire, perché è fatta di centinaia di scalini) una casa sul monte Solaro, molto povera, molto lontana dalla mondanità della piazzetta, e dove

48

Page 49: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

era solito trascorrere le vacanze. E poi ci torna dopo trent’anni di assenza, e allora viene fuori il dramma di un luogo che era bello, attenti: oggettivamente? Era bello, ma adesso sembra morire, moribondo o già morto. Sedetevi bene sulla sedia, in modo tale da ascoltare questa prosa bellissima, ma tutto il testo: me ne sono innamorato, da un mese a questa parte lo sto sfogliando come una sorta di breviario.

«Ognuno ha, o meglio aveva, un suo luogo, un paesaggio che si porta dentro come un’immagine impressa in una memoria più profonda di quella dei ricordi. E lì, in questo luogo, quando ha bisogno di una tregua, sogna di tornare. Questo luogo è preciso, come una fotografia, e ogni particolare anche insignificante vi assume un valore e un senso inconfondibile. Una certa ondulazione della collina, un albero sopra un dirupo, un gruppo di case coi bianchi riflessi sulla marina, uno scoglio o una roccia a picco sul mare, un prato o un’insenatura. A questi e altri particolari ci aggrappiamo con insistenza, ci pare che quella collina, quelle case, quell’albero, quello scoglio siano un punto di riferimento sicuro, il centro del mondo, e li immaginiamo immutabili, sempre lì che ci aspettano.

Ma che accade? Cosa è accaduto in così pochi anni? La collina è stata livellata, l’albero abbattuto, il gruppo di case è cresciuto senza grazia, lo scoglio s’è insabbiato, sulla roccia c’è un’antenna, l’insenatura è snaturata da un albergo, i cari luoghi che parevano immutabili sono stati sconvolti, sconquassati, stravolti o del tutto cancellati dalla faccia della terra. La loro immutabilità non è più una garanzia della nostra identità, nessun conforto può più venirci da loro. Questi pensieri rimuginavo un giorno, percorrendo in macchina faticosamente, lentamente, la tortuosa fantastica strada della Costiera Amalfitana. Conoscevo bene tutta la costa da Amalfi a Positano a Nerano, insenatura per insenatura, e tutta l’avevo esplorata, sopra e sott’acqua. Sì, le linee del paesaggio erano

49

Page 50: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

quelle, e quelle le balze, i picchi, le rocce inabissate nell’azzurro, sì era tutto là davanti a me, il colore del mare visto dall’alto era sempre d’un blu ceramica, duro, compatto e luccicante, e dalle curve della strada si godeva sempre lo stesso vertiginoso colpo di scena.

E però dov’era l’incanto? Era come se quel paesaggio si fosse ammalato, come se una peste lo avesse assalito e deturpato, era un disfacimento diffuso e capillare, ostinato, che feriva di continuo l’occhio e l’anima a provocare il disincanto, era come se un esercito di parassiti avesse preso possesso di una bella pianta frondosa e ne avesse divorato le radici, svuotato il tronco, i rami, lasciando solo l’involucro di fuori … Niente era stato rispettato, nessun ricordo rimaneva intatto. E mi parve che non solo i luoghi fossero stati devastati, ma io stesso fossi stato devastato nell’intimo, e mutilato di una parte essenziale di me: ero un estraneo, e ripercorrevo adesso i cari luoghi, ma io non appartenevo a loro, e loro non erano più parte di me, non mi parlavano più, mi venivano incontro disanimati e diversi, privi di ogni potere incantatorio.

Come in uno squallido gioco delle tre carte, l’imprenditore dal mignolo con l’unghia dura e allungata, il mediocre geometra servile, e Calimano, il nuovo intervenuto committente, levarono intorno al bel paese alte e orrende mura, senza riguardo, senza pudore né pietà. Ma quando fabbricavano, come fui così assente! Non ho sentito mai né voci né rumori, m’hanno escluso dal mondo inavvertitamente. E cos’altro è accaduto in questi pochi anni? Non ci siamo fatti escludere tutti dal nostro mondo, dai nostri cari luoghi, inavvertitamente?

Quando andavo a Capri da ragazzo, non avevo neppure i soldi per pagarmi l’albergo, perché in famiglia non si ammetteva di passarmi le spese per questo tipo di divertimento, così dovevo arrangiarmi e andavo con due, tre amici in una stanza della Pensione Maresca alla Marina Grande, rinomata

50

Page 51: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

per la sua economicità. La sera ci mascheravamo da viveur, camicia colorata e foulard, ma non potevamo neppure sederci a uno dei caffè della piazza, dove scorreva come un fiume scintillante lo spettacolo della vita caprese, seduti sugli scalini della chiesa il nostro solo divertimento era guardare: eravamo le comparse, viveur trasformati in voyeur. Al centro della scena c’erano Dado Ruspoli e Rudi Crespi, con i loro clan esclusivi e la loro corte: che raffinatezza, che stravaganza, quali eleganze! I loro movimenti verso questa o quella meta venivano spiati sul nostro loggione, supposti o commentati: cosa avranno stasera escogitato i divini per divertirsi più di ieri sera? Chi farà parte dei felici pochi? Dove li porteranno gli svelti piedi nei lievi sandali dorati? Dove andranno a cenare, a chiacchierare, a ballare, a fiutare, a mondanare? Si affollavano intorno ai due giovin signori le allegre brigate, i cosmopoliti, qualche celebrità fugace, le signore col valletto in lamé, le tenebrose con le palpebre nere e le bocche da film muto, il miliardario di turno, la cover girl col latin lover, e così via.

Come uno dei sette nani, l’ex ballerino, ormai vecchio ma sempre in cappuccetto rosso, pantaloni gonfi all’orientale e cascate di collane balinesi al collo, sorvegliava con la pipetta in bocca la piazzetta per accertarsi che tutto continuava malgrado tutto.

Erano gli ultimi anni dell’impero, alla fine della decadenza.

Rudi e Dado erano bellissimi, e anche nelle loro voci si sentiva il tintinnio del denaro, ma Dado faceva più colpo, non tanto per il corvo sulla spalla, ma per la sua grazia naturale, la sua estrema nonchalance. Come gli invidiavo quella naturalezza da beniamino della vita cui tutto era permesso, perché poteva permetterselo, io ero ancora così goffo, perfino negli sguardi e nella mimica facciale. E come era spregiudicato Dado nel vestire oltre che nel vivere, senza aver mai l’aria del dandy, ogni sera ne inventava una: una sera veniva coi calzoni

51

Page 52: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

a guaina e la scarpa incorporata come una figura del Pisanello, e un’altra sera vestito come un torero col gilet d’oro. Uno lo vedeva e pensava allo splendore della giovinezza, che sì fugge tuttavia, alla parlantina di Mercuzio e i compagni di stravizio, a chi vuol esser lieto sia … Rudi invece splendeva meglio quando alla sua si aggiungeva la bellezza perfetta e un po’ seria di Consuelo, la giovane moglie americana, graziosa come la bambolina di una torta nuziale. Quando apparivano insieme nella piazzetta, sorridenti, con tutto il mondo ai loro piedi, diventavano i “belli e dannati”, anzi i belli e ben nati, personaggi di Fitzgerald mio romanzo cult del momento. Non ricordo di quel tempo che immagini abbaglianti, stilizzate e mitizzate dalla fantasia. Dopotutto ero un giovane inesperto e alle prime armi (come si dice) e poi ricordo una mia vita caprese parallela, fatta di penuria e di privazioni, che avvertivo appena, senza darvi peso, occupato com’ero a meravigliarmi di quel che mi accadeva intorno. E se incontravo per caso una ragazza che ci stava quasi sempre non avevo nemmeno la possibilità di invitarla a cena dovevo evitarla nelle ore in cui si va al ristorante e darle appuntamento al mare.

L’unica consolazione, l’unica amante vera, che si concedeva gratis e con abbandono, era allora la natura di quest’isola: le sue bianche spiaggette sassose, raggiunte in sandolino, i suoi scogli assolati e le sue acque incantate dalle trasparenza. Lì nel suo grembo bruciante, in qualche grotta, antro, o anfratto si consumavano gli amori dell’estate.

Oggi quella Capri non c’è più, ma non me ne importa poi tanto di quella Capri lì, tutto ciò che evoca il mito di Capri, la vita di Capri, i personaggi di Capri e le loro follie, il nome stesso di Capri pronunciato con l’enfasi del caso dai cultori di Capri provocano in me ormai solo una specie di fastidio. I rappresentanti più illustri di quella vita caprese, col loro sogno di sole mediterraneo e la loro smania di felicità terrestre, tutti quei tipi che, come ha scritto Celio, “non fecero niente di

52

Page 53: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

straordinario ma certamente niente di ordinario”, quella famosa “bella gente” tanto spesso decantata, quegli scapestrati, quegli estetomani, quei mitomani, quegli svitati che vissero qui frastornati dalla falsa immagine di sé e si credettero al centro del mondo solo perché si trovavano in quest’isola, oggi visti a distanza sono, a dir la verità, un po’ patetici e non meno folcloristici del pescatore Spadaro o della tarantella. Persino Lenin, nella foto che gioca carte con *** mi fa lo stesso effetto. L’acqua sporca che certi giorni arriva dal Golfo ad offuscare le trasparenze di questo mare porta un messaggio funesto, dice che le forze del mare che hanno travolto la mia bellissima città (si riferisce a Napoli) e l’hanno sfigurata per sempre, irrimediabilmente stanno avanzando a file serrate verso quest’isola per stringerla d’assedio e farla cadere nello stesso avvilimento … in verità non solo l’acqua sporca porta questo messaggio, basta andare in una domenica d’agosto nella piazzetta ad osservare le facce della gente che è appena sbarcata dai traghetti si siede sui Caffè. Come si può non disperare guardandole, certi “ceffi” coperti da “ciaffi”? Tristi figuri, facce patibolari, facce postribolari, facce piene di voglie e vuote di significato, perduto ogni costume, perduto ogni ritegno.

Questa piazzetta da parecchi anni ormai non è più un centro di mondanità cosmopolita, ma un punto di osservazione dove è possibile analizzare in uno spazio piccolissimo, come sopra un vetrino da laboratorio, la degenerazione della società meridionale nella sua rapida inesorabile trasformazione da società civile in società criminale. Vincenzo, il cameriere del bar Tiberio, mi dice: lei lo conosce il famoso pittore inglese? Come no, quello che dipinge le facce come pezzi di macelleria? Sì, proprio quello, è venuto tante volte a sedersi qui”. Vincenzo gli ha chiesto anche l’autografo … ah sì, sarà venuto per ispirarsi. Dove le trova facce come queste? Facce di iena, facce di murena, facce di leone, facce di lemure, di

53

Page 54: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

iguana, di gorilla, di faina … passano e spassano tranquillamente come se nulla fosse, passano e spassano come quelle che si vedono nel film “Guerre Stellari”. Si ha la sensazione alle volte che l’enorme ondata di casamenti, che ha sommerso Portici, Torre Annunziata e Castellammare, come la lava del Vesuvio già fece con Pompei ed Ercolano, avanzi senza soluzione di continuità fino a Sorrento e stia arrivando all’immensa metropoli degradata per abbattersi con tutta la sua violenza su quest’isola e travolgerla.

Nota bene: la corruzione edilizia e ambientale va sempre di pari passo con la corruzione sociale.

Quale san Gennaro fermerà questa lava?»Se vi leggete tutto il libro, ha l’altezza stilistica di quello

che poveramente ho cercato di farvi ascoltare. C’è la Capri di Tiberio, c’è la Capri di Douglas … Insomma, tutti coloro, soprattutto provenienti dal nord Europa - in fondo Capri è stata scoperta e lanciata alla ribalta da quelli che venivano dal grande freddo, dalla grande notte, e hanno rimandato a noi il nostro paradiso mediterraneo (dico questo di tutto il meridione, quindi abbracciamo anche Palermo con i lidi di Mondello, Salerno, speriamo balneabile) -, venuti dal nord che hanno creato in qualche maniera questo “mito”, e noi ci siamo accorti d’abitare in un paradiso terrestre. Ma questo testo in tutti i suoi saggi è attraversato come da una nostalgia, come dalla nostalgia di un paradiso perduto, perché ciò che era bello (e lo dice molto bene nella introduzione del brano che vi ho letto) appare senza incanto:«Ognuno ha, o meglio aveva, un suo luogo, un paesaggio che si porta dentro come un’immagine impressa in una memoria più profonda di quella dei ricordi. E lì, in questo luogo, quando ha bisogno di una tregua, sogna di tornare».

Ma quando tu torni (e non mi riferisco al ritorno del viaggiatore, ma al ritorno della nostalgia, al ritorno del ricordo), questi luoghi li trovi ancora? Noi siamo cresciuti con

54

Page 55: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

la tristezza del “ragazzo della via Gluck” (ve la ricordate tutti?) che Celentano ci ricordava, e non riusciamo a capire come questo ragazzo piangesse, e lo diceva mentre piangeva”, cantava Celentano quando eravamo ragazzi, perché lui sarebbe andato a vivere in città, mentre chi lo guardava lo invidiava “perché avrai tante cose”, ma poi torna e per comprare la casa della sua infanzia (tutti noi abbiamo dentro questo sogno che è molto più della realtà) e non la trova … Solo case su case, catrame e cemento, e dov’è questo prato verde? E che ne è?

Questo ritorno che si slarga in un dolore, questo (e tutta la poesia e tutta la canzone, la melodia, la storia della canzone napoletana in fondo è attraversata da questo presentimento che il luogo verso cui tu torni non è più il luogo che hai lasciato … “Partene e’bastimient pe’terre assaje luntan, cantan a buord, ‘ so’napulitan”). Ma quando tornano, troveranno ancora Napoli? “Munaster e santa Chiara, tengo o cor scur scur, pecchè ogne sera penz a Napule comm’era, penz a Napule comm’è”.

Penso anche al “Torna a Surriento”, che non so se questo mare ispira ancora, “spira tantu sentimento” … tra l’altro poi la critica testuale ci ha messo davanti delle realtà così orripilanti, anche all’atto in cui veniva composta, se è vero (così come pare) che non sia una canzone d’amore, ma ahimè, scritta per il Ministro delle Poste, perché torni a Sorrento a lasciare munifiche mance … Allora capite che, all’atto in cui scopre una cosa del genere, dice: ma io in che cosa ho creduto? Se anche questo mare pieno di tesori è in fondo un miraggio, ho sentito la stessa delusione qualche mese fa (sarà stata anche vostra) quando il figlio di Quasimodo ha messo all’asta il diploma e la medaglia del Nobel del padre. L’avete seguita questa storia? Terribile! E alcuni, pensando che il figlio fosse in difficoltà economica gli hanno detto: ti aiutiamo! E invece no, se ne voleva disfare! Perché all’atto in cui Quasimodo andò a ritirare il premio Nobel non ci andò con sua moglie e suo figlio, ma ci andò con l’amante. Allora questo volersi liberare

55

Page 56: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

non era per motivi venali, ma era una sorta di resettare una storia (ma sarà impossibile ovviamente) di violenze, di silenzi, per il cultore della parola che noi ammiriamo, e che ammiriamo ancora, non è che la mia stima di Quasimodo sia caduta) però mi sono sentito ferito all’atto in cui ho letto questa notizia, ho detto ma “ed è subito sera”, ma è lui o non è lui? O la trasfigurazione di lui?

Ma questa non vuol essere una riflessione triste, perché l’approdo è invece dolcissimo, adesso abbiamo visto in questi brani, in queste evocazioni, una sorta di disincanto dove l’autore, dove il luogo, il prato verde, dove giocavamo a calcio, la casa dell’infanzia, la città, il meridione, il lido di Mondello … il Charleston per voi palermitani, che era una sorta di mito, questo albergo sulle palafitte, questa “protesi” della costa!, lì nel mare cobalto di Mondello …

Ecco, ci sono delle cose che ci appartengono, ci sono delle cose, degli snodi, dei paesaggi … Io per questo torno qui, e un bel giorno non ci verrò più, e non perché magari avranno costruito dei grattacieli anche sul litorale del lago di Albano, ma potrei non tornarci più all’atto in cui l’albero che “a cui tendevi la pargoletta mano”, che hanno tagliato violentemente, sotto il quale stavamo in attesa di questi boccioli rosa, non ci tornerò più all’atto in cui mi renderò conto che il sito oggettivo non corrisponde più alla mia geografia dell’anima, e me ne starò lontano per non essere sverginato, snaturato, per conservare questa memoria - che è dell’anima – che è Betania, che è Gerusalemme, che è Betlemme, che è il Giordano, che è la riva della moltiplicazione dei pani, per chi fra noi sia stato in Terrasanta, che è Sorrento, che è Palermo, che è Salerno, che sono le colline verdi di Teano All’atto in cui percepirò che non c’è più incanto … Voi direte: ma l’incanto ce l’hai messo tu! È vero, ma è come se il tornare mi rincantasse, è come se il fare questo pellegrinaggio mi riportasse un suono, un sapore, uno stupore … In questo credo che ci sia una chiara dimostrazione

56

Page 57: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

(ma non è questo che voglio dirvi) della immortalità dell’anima e di qualcosa in ogni uomo che va ben al di là di lui: se noi abbiamo la possibilità di trasformare i luoghi (e mi chiedo un giorno, se dovrete venire, o qualcuno di voi verrà, pungerà vaghezza di venire a cercarmi, dove bisognerà andare? In basilica di san Michele? Nella cattedrale di Teano? Nel giardino dell’Episcopio (direi oggi)? Nel salone dove facciamo “In punta di piedi”? Alla cattedra? Al centro parrocchiale? Nella mia casa d’infanzia?

Com’è bello questo, cioè com’è bello che noi lasciamo qualcosa di noi nei luoghi.

Allora, Angela, tu sei venuta qui certo per incontrare Gesù, la cosa bella è che da un po’ di mesi io sto vedendo fiorire nuovamente sul suo volto il sorriso, perché sfido tutti voi a perdere marito e figlia nel giro di un anno e mezzo e far fronte … Bene, Angela, tu sei venuta qui certo per incontrare Gesù, ma per incontrare Peppe, perché qui Peppe ha poetato, qui alcuni anni fa Peppe ha scritto delle cose bellissime. Forse qualche giorno faremo gli Esercizi sui versi che Peppe ha scritto qui guardando il lago, guardando la città.

E voi dite: ma dove vuoi arrivare? Niente.Dirvi questo movimento che La Capria mi ha suscitato (ci

sarebbero anche altri testi da riprendere), dove da un lato c’è questa onda barbarica che rischia di invadere, lui dice: Ma quale san Gennaro frenerà adesso questa lava, non più del Vesuvio ma della barbarie? Ma certamente Capri resta il sogno. Tra l’altro, La Capria dice: questo vale per ogni luogo, non si può visitare Capri che dopo averla sognata. Com’è bella questa cosa! Non si può visitare Capri senza prima averla sognata. Lungo il viaggio (ho fatto il viaggio con Sergio), e in qualche maniera tentavo di far sorgere in lui un’attesa, e poi ho aperto la finestra e ho detto: eccolo, te lo presento, è lui! Ma certe cose non si possono conoscere se non senza prima averle vegliate. Ma si può vegliare una cosa che non si conosce?

57

Page 58: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

Attraverso il sogno. E quindi questo è il sogno di Capri, non è Capri: c’è un

sogno di Sorrento, c’è un sogno di Teano, c’è un sogno di Roccamonfina, c’è un sogno del castello di Riardo in restauro, c’è un sogno … e c’è un sogno di Ariccia, c’è un sogno di una stagione, c’è un sogno che ci ha presi, un incanto …

Ecco, l’esercizio è a guardarla, a visitarla questa geografia dell’anima”, quindi partite dalla casa dell’infanzia. Nella mia, come quella di mia sorella (dove siamo nati), si sentiva la risacca da lontano. Nel 2006 in febbraio, quando i seminaristi non avevano peccati da confessare (perché durante gli esami non si commettono peccati e i seminaristi disertano i padri spirituali), avendo del tempo, non vedendo arrivare nessuno dico: adesso mi faccio a piedi tutto il cammino della mia infanzia, e ho fatto questo pellegrinaggio, senza sapere che di lì a poco avrei abbandonato tutto – c’era forse una Provvidenza anche in questo – e mi ha stupito (forse ve lo dicevo anche qualche altra volta) avvertire che in quel grande silenzio, perché non passano le auto, perché è un posto dove forse al massimo c’è qualche motorino, in strade piccolissime e strettissime, si sentiva il mare, si sentiva la risacca … E questa cosa, ancora oggi a distanza di dieci anni, mi consola. E se voi ci andate e dite: ma voglio andare a vedere se si sente la risacca, magari non la sentite! Era vero? E quindi per voi luogo dove ci siamo sposati, luogo dove siamo andati in viaggio di nozze, il luogo della nascita del nostro primo figlio, il luogo di una vacanza serena, il luogo in cui eravamo tutti! Paesaggi dell’anima …

E Gesù, mentre dalla Galilea sale a Gerusalemme per l’ultima volta, imprime nelle sue pupille, nel suo cuore … e questi ricordi sono in paradiso adesso, sono nel seno del Padre, sono in Dio – l’ultima visione del lago, in tanta arsura, quando si apre il lago di Galilea davanti agli occhi ne rimane incantato, anche dopo duemila anni! E questi ricordi Gesù li porta con Sé

58

Page 59: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

a Gerusalemme, lo aiuteranno in tempi di penuria, in tempi di barbarie, in tempi di disincanto, sapere di sé, perché all’atto in cui ci sverginano un luogo (dice La Capria molto bene, qui) è come se uccidessero una parte di noi, come se venisse a mancare un anello della teoria che ci ha condotti fin qui.

E tra l’altro (e chiudo veramente) siamo qui anche per tessere un altro anello, cioè ciascuno di noi in questo corso d’esercizi è protagonista davanti a questo lago; stamattina spero non si siano offese Patrizia e gli altri che si sono seduti sul muretto, ho detto: per carità, è come se metteste le spalle al Santissimo! Sono le mie manie … però è così, certi affronti fatti alla natura è come se fossero dei sacrilegi!

Mi chiedo (ma di questo non mi occuperò, perché “curva minore” dice il poeta “del vivere m’avanza”) cosa ricorderanno i bambini di oggi, cosa ricorderanno i giovani di oggi, quali paesaggi dell’anima avranno, così entusiasti d’avere il mondo nel palmo di una mano, nel palmare dove c’è tutto: tutto Dante, ci sono i Promessi Sposi. E non c’è niente … e non c’è niente, perché non hanno il vestito, sono cose nude! Perché la memoria è quello che rimane dentro di te oltre il ricordo, la memoria è qualcosa di più profondo del ricordo.

Ecco, andremo a pranzo così, masticando memorie, visitando luoghi, muovendoci da una parte all’altra del globo, accompagnando Gesù in questo pellegrinaggio che sembra di morte, ma in realtà è di vita, dicendo con Neruda: confesso che ho vissuto.

Questo cumulo di ricordi, questi luoghi dell’anima sono la mia vita … piccolissima, e tutto si riassume in poche scene, non bisogna ricordare tutto, bisogna ricordare alcune cose, altre è bene dimenticarle! Bisogna ricordare il bene, il bello!

Qual è la tua geografia del cuore?Adesso andiamo a pranzo, 12:30, ci rivediamo alle quattro,

quindi avete tanto tempo. Evitiamo i crocchi (non i crochi, che sarebbe bello vedere sul prato!) e diamoci a questa ricerca.

59

Page 60: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

“C’è una luna caprese che fa innamorare gli innamorati”, dice la canzone. Mi rincanto della mia vita e dei luoghi che ho visitato col cuore.

Buon appetito!

60

Page 61: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

MEDITAZIONE

Dedichiamo questo pomeriggio, come avevo già annunziato questa mattina, alle due sorelle: due possibili reazioni alla morte e alla vita. Ci siamo lasciati con quella traccia di riflessione (è in fondo una traccia, ma magari molti di voi avranno potuto o potranno approfondirla ben oltre le mie suggestioni) sui luoghi dell’anima.

Poi pensavo a pranzo che (perché poi le cose continuano, immagino sia così anche per voi che fate lezione, dite delle cose … oppure per voi che predicate, poi dopo la messa o durante la preghiera eucaristica intanto continua un turbinio, un macerarsi di parole, di possibili ulteriori approfondimenti) negli ultimi tempi sia stata coniata un’espressione apparentemente paradossale ma molto indicata, per parlare di luoghi profanati. Prima dicevamo: c’è il luogo, poi c’è il luogo dell’anima, quindi luogo incantato, e all’atto in cui si disincanta diventa nuovamente un luogo. Invece da un po’ di tempo si è coniata questa espressione: non-luogo, un non-luogo. Com’è possibile un non-luogo? Credo che come espressione sia felice, perché dice tutta la drammaticità del muoversi da parte di tante persone, soprattutto giovani direi, tra luoghi senza nome.

Penso anche alle scuole, non so, le vostre, ma normalmente (spero che le insegnanti presenti non si strappino le vesti!) intese, percepite come non-luoghi, poi le piazze, poi penso a voi di Sparanise che state per inaugurare il centro parrocchiale, inizialmente è tutto bello, ma poi se non viene coltivato, se non c’è cura, tra dieci anni, tra vent’anni, se si fanno delle scritte sulle mura, se dei vandali entrano, questo luogo speciale, questo luogo cuore insieme con la Chiesa parrocchiale, della vita della comunità può diventare un non-luogo.

Immaginate l’infelicità di chi si muova in un mondo

61

Page 62: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

anonimo dove non ci siano luoghi in cui tornare: non c’è una famiglia, non c’è una persona, non c’è un maestro, non c’è un affetto, non c’è un incanto.

Quindi questa terra si va facendo piena di non-luoghi, (una discarica non è un luogo, non è un luogo contaminato, un luogo graffiato, ma è un non-luogo), e a volte diventano non-luoghi anche luoghi particolarmente significativi della vita sociale, o anche della vita religiosa e della vita di fede, ma questo lo lasciamo nel caso che abbiate ancora tempo, per continuare questo pellegrinaggio nei luoghi dove abbiamo lasciato qualcosa di noi, dove in qualche maniera abbiamo spalmato i nostri giorni, o esperienze particolarmente significative.

Pensavo per te, Angela, che prima o poi dovrò portarti ad Avezzano perché tu visiti questo luogo di Elisabetta.

Quindi tutto questo doveva accompagnare il pellegrinaggio di Gesù dalla Galilea alla Giudea, questo pellegrinaggio temuto, questo ultimo pellegrinaggio. Quindi Gesù arriva dopo quattro giorni, quindi presumiamo che ne abbia impiegati almeno due, dopo la celebrazione esequiale, quindi già è stata posta la pietra, già è in corso nella casa di Betania l’andirivieni proprio delle occasioni luttuose: persone che vanno, che rinnovellano il dolore, che si sentono raccontare per l’ennesima volta la stessa storia e quindi lacrime, e quindi parole di conforto, semmai sia possibile pronunciarne …

Molti Giudei, dice il testo, erano venuti da Marta e Maria per consolarle per il loro fratello, quindi è in corso questo affollamento della casa, questa casa aperta. È emblematico che la casa del dolore sia aperta, perché non c’è più nulla da rubare, perché hanno già portato via tutto, e quindi non temiamo i ladri … perché quello che c’era da portar via di prezioso ci è già stato sottratto.

Quindi abbiamo queste due “paladine” (per la verità paladina la prima, Marta,) che in due momenti diversi e con due atteggiamenti diversi si rivolgono a Gesù rimembrando con

62

Page 63: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

Lui l’amicizia, l’affetto che legava il Maestro al defunto. Marta, dunque, come seppe che veniva Gesù gli andò incontro, Maria invece stava seduta in casa. Maria è inchiodata al dolore, Marta è la paladina di quella categoria di persone che di fronte a un lutto entrano in un atteggiamento iperattivo; alcuni sono spaesati, attoniti, senza più riferimenti, si lasciano condurre, sono pienamente nella morte, e questa è la reazione di Maria (poi ci chiederemo a fine serata noi da che parte ci troviamo, sono entrambi ovviamente due reazioni negative); Marta, invece, è quella che davanti alla morte subito sa cosa bisogna fare. Ci sono sempre (ognuno di noi ha esperienza, i preti ne hanno a iosa, trovandosi nei frangenti della morte) quelli che sembrano “zombie”, stralunati, ripiegati su di sé, impossibilitati a staccarsi dal cadavere, che pure bisogna vestire, che pure bisogna preparare, e poi una categoria di persone che subito prendono in mano la situazione, diventano le paladine (spesso sono delle donne, dobbiamo dire), e quindi bisogna prima lavarlo, bisogna chiamare le pompe funebri, e tirano fuori anche il numero … mio Dio! Erano preparate! C’è una premeditazione! Come fanno ad avere sul telefonino … non so se voi avete sul telefonino il numero delle pompe funebri … i preti certamente, gli altri non credo! Ebbene, queste persone rappresentate da Marta dicono: bisogna fare questo, bisogna fare quello, bisogna telefonare, quello non lo sa sui manifesti cosa scrivere, come lo vestiamo, cosa ha detto … una iperattività che vediamo anche in questo scattare di Marta appena sa che Gesù sta venendo, Gesù non è alla soglia della casa, ma è alla soglia del paese, alla soglia di Betania! Maria resta seduta in casa, non si è neanche resa conto che la sorella si sia assentata, ma Marta va incontro a Gesù con il piglio di chi appunto ha fatto tante cose, perché queste persone dicono: beh, bisogna continuare a vivere! Ma come (ci chiediamo)? Bisogna continuare a vivere, e quindi qualcuno che prepari il pranzo, e scegliamo questa o quella bara … sembra la cosa più

63

Page 64: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

(per chi stia nel dolore) sciocca, eppure alcune persone magari trascorrono sfogliando il catalogo delle pompe funebri per dire: questa, legno chiaro, legno scuro, le borchie…

«Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto», questo è il modo con cui in una maniera un po’ aggressiva Marta abborda Gesù. Non possiamo non sentire una punta d’astio, una sorta di rimprovero implicito in questa espressione: ti abbiamo mandato a chiamare, non sei venuto, sei arrivato tardi, adesso già è morto e sepolto. Se tu fossi stato qui …

«Ma ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, Egli te la concederà». Marta conserva un margine di speranza anche adesso che tutto è stato compiuto. Ovviamente, nella sua mente, al centro c’è il fratello defunto, che può essere richiamato, risucchiato dalla vita. Gesù ha compiuto altri prodigi - il figlio della vedova di Naim, per esempio –, ma Gesù con dolcezza, ma anche con determinazione, cerca non senza difficoltà di modulare il discorso non sul fratello, ma su di lei: non è sulla vita di Lazzaro che dobbiamo discutere, Marta, ma sulla tua vita, sulla vita che tu in una maniera iperattiva stai portando avanti, facendo il più e il meno, occupandoti, facendo gli onori di casa, mettendo il quaderno fuori la porta perché noi si possa verificare chi è venuto, chi non è venuto … I preti lo sanno (anche noi abbiamo tanta consuetudine con queste cose) come in certi dolori sorgano delle preoccupazioni così banali: mi raccomando, accendete tutte le luci … ma se stiamo al buio pesto!

Qui è in forse non la vita di Lazzaro, ma la vita di Marta, che, come leggeremo a messa (perché ho pensato di restare dentro questo brano e con i brani dove queste sorelle compaiono), si agita e si preoccupa per molte cose.

Mi raccomando, parroco, fate una bella predica!Un prete della nostra diocesi è stato interrotto durante

un’omelia funebre perché aveva sbagliato una vocale del nome.

64

Page 65: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

Ma la persona non ha detto: quello si chiama così, ma ha detto: no, perché Lavinio (non so come si chiamava) era preciso! Per carità! Non a dire: hai sbagliato nome, guarda non è così, ma no, perché lui era preciso! Adesso noi sorridiamo di queste cose, ma sono tragiche!

Gesù le disse: tuo fratello risusciterà. Che cosa abbia in mente Gesù in questo momento, dicendo questa espressione, non lo sappiamo, non sappiamo se Gesù (parlo del Gesù uomo) sapesse a che cosa va incontro, avesse già in mente (ed è bellissimo questo quadro, avete una carrellata di opere d’arte, da Giotto a Van Gogh sulla risurrezione). Qui c’è come il grido, lo sentiamo! C’è un grido, e poi c’è anche questo gesto della sinistra poggiata sulle spalle di una delle sorelle, e poi questo grido che deve perforare le montagne!

Tuo fratello risusciterà.Cioè tuo fratello risorge, ma tu risorgi? Ma tu prendi

contatto con la vita uscendo da questa sindrome che bisogna fare, andiamo al cimitero, chiamiamo il marmista, subito perché poi non si dica che il giorno dopo non sia già tutto pronto!

E Marta che conosce il catechismo: so che risusciterà nell’ultimo giorno, parlando di una risurrezione da venire. Ma Gesù le disse: io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me anche se muore vivrà. Chiunque vive e crede in me non morrà in eterno. Credi tu questo? Cioè, per quale vita (ricordate la domanda che avevamo messo come frontespizio) tu ti dai da fare, ti agiti? E poi a Maria: per quale morte tu piangi? Di quale vita sei paladina? E anche noi adesso: a quale vita vorremmo tornare dopodomani? Qui l’attenzione è a Marta, nella relazione con Gesù, perché questa risurrezione (non quella di Lazzaro) avviene nella relazione con Lui. Se Marta, oltre il suo attivismo, avrà tempo d’ascoltare la voce del Maestro, perché c’è una risurrezione adesso, qui, per te, prima che per Lazzaro! Perché dentro questa morte c’è una vita, mentre dentro la tua

65

Page 66: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

vita c’è la morte! In tutto questo apparato, c’è una gigantesca operazione di

camuffare la morte, dandoci da fare. Ma perché? Quindi come vedete siamo rimessi al centro. Gesù non

parla del futuro, ma parla di adesso, e di un criterio interpretativo del presente, anche di questo presente così tragico, anche di questo presente segnato dall’assenza, anche di questo presente dove ancora una volta, dove tante volte ci capiterà nella vita prima di offrire agli altri, attraverso la nostra morte, questa possibilità, di segnare il passo. Perché la morte ci fa segnare il passo, c’è un muro.

Se tu credi adesso, in questo nostro presente, è disponibile un germe di vita.

Credi tu questo?Ricordo d’averlo scandito tante volte nelle omelie delle

celebrazioni funebri: credi tu questo? Lo credi tu, moglie, marito, padre, figlio, fratello, sorella? Credi? Ma non per lui, per te!

E Marta esce in questa professione di fede: sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo.

Siamo in quei momenti clou, dove emerge la fede della Chiesa, la fede di una comunità. Pensate a Cesarea di Filippo per Simon Pietro, ad altri momenti in cui – anche la confessione di Tommaso davanti al Risorto: mio Signore e mio Dio – la persona, la comunità di cui la persona fa parte, la parrocchia, la Chiesa diocesana, la Chiesa universale, la Chiesa familiare, ha la possibilità di esprimere una fede. Credi tu questo? Lo credi? Lo credi ancora? Lo credi possibile? Credi che in questa morte ci sia una vita, per evitare che nella tua vita ci sia una morte? Credi in questa vita camuffata da morte, perché tu non abbia a vivere una morte camuffata da vita?

Sì, o Signore, io credo.E qui finisce la prima parte, che riguarda Marta.

66

Page 67: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

E veniamo alla seconda parte di questo dittico, dove entra in scena Maria.

Dopo queste parole - forse anche un po’ imbarazzata dalla piega che il discorso ha preso, perché si sente interpellata, perché Gesù indirettamente, dolcemente, ma anche decisamente, la mette a fronte della sua reazione di padrona di casa - lascia Gesù e va a chiamare sua sorella, come la samaritana nello stesso vangelo, a un certo punto quando il discorso si fa piuttosto caldo, incandescente (va’ a chiamare tuo marito), dopo aver glissato sui problemi teologici, dove bisogna adorare Dio, se ne torna in città lasciando il Signore e l’anfora con cui era andata ad attingere, lei che non voleva darGli da bere, Gli lascia l’anfora colma, non ne ha più bisogno!

Anche qui Marta va a chiamare sua sorella, adesso se ne ricorda, si ricorda che ha una sorella, e che questa sorella è rimasta relegata in mezzo ai pianti, ai lamenti dei “professionisti del dolore”! Si ricorda, come nelle scene familiari, che bisogna chiedere anche a un’altra persona, che Lazzaro il defunto ha avuto vincoli di affetto anche per un’altra, ed è Maria.

L’andò a chiamare di nascosto. Perché di nascosto? Perché questo incontro è un incontro di famiglia, perché a casa di Lazzaro si sono riuniti anche esponenti dell’opposizione a Gesù, e quindi le sussurra all’orecchio: il Maestro è qui e ti chiama, che abbiamo eletto a titolo del nostro cammino.

Il Maestro è qui e ti chiama, ha chiesto di te. Forse perché Gesù stesso ha chiesto: e Maria? Ah! C’è anche Maria!

Questa parola “il Maestro è qui e ti chiama” ha la potenza di schiodare Maria dal suo dolore, dalla sua sedia, dal suo letto. Si alzò in fretta.

In fretta andranno anche le donne al sepolcro.In fretta, nel vangelo di Giovanni, andrà anche Maria di

Magdala.

67

Page 68: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

In fretta, nel vangelo di Luca, si muove Maria, la Madre, verso la casa di Elisabetta.

Quando c’è Gesù, non ci sono indugi. Quando Lui vuole qualcosa, c’è sempre qualcuno che Gli

risponde, dice de Gregori in una sua canzone.Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là

dove Marta gli era andata incontro. Quindi Gesù diventa adesso un luogo di pellegrinaggio, una sorta di santuario della speranza, per queste due naufraghe, che, davanti al naufragio della loro vita, una continua a battere i piedi, a mantenersi, a tronconi di alberi maestri, e l’altra invece che si lascia andare in una sorta di remissione e di dimissione dalla vita. Ed ecco che appena i Giudei vedono che Maria s’è alzata, subito le vanno dietro, come una corte, perché si dissero: non può che andare al sepolcro per piangere Lazzaro, ma Maria non va al sepolcro: va là dove Gesù la chiama.

Anche qui “il Maestro è qui e ti chiama” c’è un riferimento al capitolo precedente del Buon Pastore che chiama le pecore, e le pecore ascoltano la sua voce.

Maria dunque, quando giunse dov’era Gesù, vistolo si gettò ai suoi piedi. Vedete, già c’è un atteggiamento diverso, non lo guarda indispettita, come Marta in piedi davanti a Lui, a fronteggiarLo, ma si getta ai suoi piedi. Il Risorto dirà: non mi toccare, Maria di Magdala.

Gesù accetta questo gesto di afflizione, e anche di fiducia: si gettò ai Suoi piedi, dicendo “Signore, se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto”. Attenti, sembra che sia la stessa espressione, qui nella nostra traduzione, e invece nel testo originale greco c’è un’aggiunta, che dovrebbe essere tradotta così: «Signore, se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto per me». Adesso immediatamente vi sembra che questo non aggiunga nulla, in realtà è morto, per Marta come per Maria. E invece c’è in questa caratterizzazione di Marta e della sua reazione al dolore alla difficoltà dove non è morto

68

Page 69: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

solo Lazzaro: mio fratello non sarebbe morto per me, e io non sarei morta per lui e con lui, e il mondo non sarebbe morto, non avrebbe perso sapore, non mi aggirerei come un automa nelle stanze dove abbiamo abitato insieme. Se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto per me, con me. Perché il dolore per Maria è questo buco nero, nel quale sta precipitando lei, la sua giovinezza, la sua maturità, il suo mondo. Maria è morta con Lazzaro, e piange.

Questo lo sappiamo dalla notazione dell’evangelista che dice: “Gesù allora, quando la vide piangere”, adesso esplode di nuovo, sembrava d’aver esaurito tutte le lacrime, ma adesso che Gesù è qui e lei Lo stringe, Gli stringe i piedi, Gli bagna i piedi con le lacrime, e insieme con lei piange anche il seguito.

Allora, dice il testo, Gesù si commosse profondamente, si turbò, e disse: dove l’avete posto?

Allora vedete che qui Gesù reagisce diversamente, a seconda della patologia che rispetto alla perdita le due sorelle manifestano. Marta è venuta armata, e bisogna farle fronte con le argomentazioni: tuo fratello risorgerà. So che risorgerà. Io sono la risurrezione e la vita, chiunque crede in me non morirà in eterno. Credi tu questo? Ma adesso capite che per Maria tutto questo discorso è inutile, non lo ascolterebbe, non è in grado, sta precipitando!

Allora c’è una sola via per intercettare Maria (e non vi sembri macchinoso), ed è la commozione del Maestro. Se Maria piange, se piangono tutti i Giudei che sono venuti con lei, se Gesù si trova in questa comunità di persone che affondano, non può non commuoversi anche Lui, non può non scendere (se volete) negli inferi, dove Maria sta precipitando per riportarla su. Ma per riportarla su si deve mettere al suo livello, nella sua condizione, nella sua destrutturazione. Non tutti vanno accompagnati nel dolore alla stessa maniera, perché diverse sono le reazioni, però quelli con i quali si discute per ore e quelli con i quali (lo sanno bene i preti) è il caso di non

69

Page 70: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

dire niente, perché se tu sei presente e non sei indifferente, questo basta.

È detto due volte, con una sorta di ridondanza: si commosse profondamente, cioè nelle viscere. E Gesù … sulle lacrime parleremo domani, anche se sul pianto di Gerusalemme abbiamo già evocato in questa sede questa pietra bagnata di lacrime e di luce, questa pietra di Lazzaro.

E poi si turbò.E perché si turba? E perché si commuove? Per Maria? Per

il suo dolore? Per il suo sprofondare? Perché deve scendere come un palombaro a prenderla da questo abisso del dolore? Ma anche perché è morto l’amico, e sta morendo anche Maria con lui. È una famiglia che si sta disgregando.

Voi sapete che in un dolore in una famiglia, in particolare la morte di un figlio, tanto può unire, tanto può dividere per sempre la coppia. C’è questa ambivalenza.

Qualcuno ha scritto che il dolore del figlio è così innaturale (perché deve partire prima il padre, la madre) che non c’è un termine per definire chi resta: orfano, vedovo … i vocabolari parlano anche di questo disagio, cioè chi rimane è il vedovo di, è orfano … E come si dice di un padre, di una madre che abbiano perso un figlio? Non si dice, non si sa dire, non si può dire!

Come vedete, per questo abbiamo iniziato, e poi concludiamo anche con “Io domando”. Qui ci sono tante domande che sorgono, che insorgono, che rischiano d’entrare in rotta di collisione, le domande di Gesù: credi tu questo? Le domande sottintese: tu Marta, che ti agiti, per quale vita ti stai agitando? In che maniera stai camuffando il tuo disagio, attraverso questo fare (una sorta di distrazione dal dolore, dalla perdita, dall’assenza, dal silenzio …)? La domanda “dove l’avete posto?”, una domanda banale o profondissima: “dove l’avete posto?” Dove si mette uno che sia morto cinque giorni fa? È sepolto … Che non è, sapete, sapere l’ubicazione, tumulo

70

Page 71: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

n°366, primo viale a destra del cimitero … Dov’è finito il mio amico Lazzaro? Dove è finita la mia amica Marta? E dove sta sprofondando la mia amica Maria? E che ne è di questa che era una famiglia felice e che adesso è smembrata?

Come vedete, una serie di domande pressanti.Adesso che ci penso, “dove l’avete posto?” è anche “sì,

l’avete sepolto, ma … dov’è? Dov’è nel vostro cuore? Dov’è nel vostro ricordo? In quale atteggiamento l’avete fotografato, per consegnarlo a quella memoria, che dicevamo questa mattina essere più profonda dei ricordi? Dove sono i nostri defunti? Dove li abbiamo posti? Come li andiamo a incontrare? Come li andiamo a visitare? Com’è possibile continuare questa comunione “d’amorosi sensi”? Vedete come si gonfia questo interrogativo? Interrogativo che ne genera altri, e poi altri … una sorta di proliferazione di domande …

Tante morti, anche quotidiane, che noi abbiamo vissuto e viviamo continuamente, per tanti morti e per tanti risucchiati da una esperienza di morte, da cui non sono più usciti, e ne abbiamo credo nelle nostre conoscenze o nella nostra parrocchia, tanti che non si sono più riavuti.

Sono rimasti impigliati nella morte, non hanno saputo cogliere il frutto della vita dentro la morte, e allora inseguono una vita che è un’ombra, diventano le ombre di se stesse.

Ecco, vi lascio con questi interrogativi molto profondi, ci faranno male ma nella caratterizzazione che spero d’avervi facilitato ci fanno dire: ma io come reagisco? Io sono Marta? Io sono Maria? io sono rimasta lì in quel giorno, in quale momento? Io mi sono dato da fare come se niente fosse? Io esco? Io ho incominciato a viaggiare, a …?

E di mezzo a queste due patologie - sono entrambe patologie, la prima ci sembra meno dolorosa, ma si corre talmente per non fermarsi e suicidarsi - c’è di mezzo Gesù, che è l’elemento risolutivo dell’una e dell’altra patologia. Gesù incontra Marta, dicendo: guarda che qui non si tratta di

71

Page 72: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

Lazzaro, si tratta di te. Quante volte, anche nel dialogo pastorale, una madre viene e dice: mio figlio, mio marito, mia moglie … Guarda che qui il problema non tuo figlio, non è tuo marito … sei tu.

Ci vediamo alle 18.20, quindi tra un’ora e venti.Intanto facciamo confidenza, non bisticciamo con queste

due sorelle, cercando di capire dove siamo, come abbiamo reagito a un dolore, dove ci siamo rifugiati: nell’attivismo, nell’abbandono, nella caduta libera …

Alle 18.20 celebriamo vespro qui, vi do la possibilità se volete, liberamente, per un quarto d’ora, di intervenire (ci sono i microfoni) per dirci qualcosa. Già siamo oltre la metà del brano, alle porte del miracolo, ma in realtà il miracolo è già accaduto nelle due sorelle, ed è quello che ci interessa di più, è quello che sta più a cuore a Gesù. Lazzaro risusciterà, ma poi morirà di nuovo, invece qui si tratta di una risurrezione permanente. E quindi se volete preparate anche un piccolo intervento, una piccola possibilità di ascoltarci per raccontarci qualcosa di questo nostro combattimento con il capitolo 11 di Giovanni.

72

Page 73: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

VESPRI

Prima di darvi la parola, guardiamo questa realizzazione, questo quadro di un autore tedesco dell’800, che ha cercato, come si era soliti in quell’epoca, di contestualizzare il racconto evangelico al suo tempo.

Abbiamo qui un cimitero tedesco, con le sue tombe, le corone ancora fresche messe sulla tomba di Lazzaro, e questo gruppo di persone, non sono i Giudei ma sono i contemporanei del pittore, e, a fare da ponte tra la morte e la vita, c’è la figura di Gesù ieratica.

Come se questo quadro fosse diviso in due: solo pochi, due, si danno da fare per aiutare Lazzaro che esce dal sepolcro, lo vedete è un sepolcro dei nostri cimiteri, dei cimiteri tedeschi, non è la pietra che invece abbiamo visto nel quadro di stamattina. Ci sono dei curiosi, ci sono i parenti, c’è un bambino che è impaurito e si aggrappa al grembiule del padre, se vedo bene.

La figura meglio riuscita in questo quadro è Maria, perché è stata fotografata dal pittore, rappresentata all’atto in cui passa dalle lacrime del dolore alle lacrime della gioia, sottolineata questa figura dalla carezza che Gesù sta per darle sul capo, quasi un po’ a preferire tra le due sorelle – Marta è quella immediatamente dopo – il dolore di Maria, e c’è una predilezione, come vedremo nel vangelo di stasera, per Maria rispetto a Marta, che pure Gesù ama.

L’indice rivolto verso l’alto è a ricordare da dove viene questo miracolo: Ti ringrazio, o Padre (ma questo lo vedremo domani) perché sempre mi ascolti.

E c’è un morto che non è ancora vivo pienamente, scheletrito dalle sofferenze che hanno preceduto la morte, e che è intontito in questo tornare alla luce.

Sullo sfondo c’è una vegetazione con un accenno di tramonto, come il tramonto che abbiamo ammirato prima

73

Page 74: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

d’entrare qui a Vespro, che ci fa sperare bene per la giornata di domani. C’è un rosso appena accennato, che dice di un giorno che si attende sereno.

Il giovane che vedete ai piedi di Gesù, che era intento prima a slegare il defunto risuscitato, adesso guarda Gesù, quasi a dire: è lui il risorto? Io aggiungerei: è lui il morto di cui stiamo parlando?, con un fare interrogativo, un po’ sospettoso. E Maria tende la mano verso Gesù, verso la tomba del fratello, verso il fratello che sta tornando alla vita, verso la fede.

C’è da dire, e qualche volta vorrei scrivere qualcosa su questi autori che nell’800 hanno contestualizzato le scene del vangelo, c’è Gesù con i bambini, ricorderete almeno alcuni di voi, questo quadro commentato in un Natale di tanti anni fa; dello stesso autore ho trovato ultimamente un Gesù a mensa che visita una famiglia, e che sta con i bambini, con i genitori e con i nonni. Mi sembra interessante questo tentativo da parte dei pittori di inserire le vicende del vangelo al loro tempo, perché Gesù è di ogni tempo. Questa carezza sul capo di Maria adesso avvertiamola tutti sul nostro capo, in particolare quelli fra noi, fra voi, che sono più dentro a questo vangelo che stiamo meditando.

Vi do la parola, ci siamo messi al buio sia per vedere il quadro, sia per mettere un ulteriore velo di silenzio su quello che ascolteremo.

Basterà pigiare il tasto e parlare con il microfono diretto.Possiamo dire che cosa ci ha, in queste ventiquattro ore

(siamo già a ventiquattro ore, ci sembra già di aver percorso tanta strada), cosa ci ha colpito, che cosa ci ha fatto soffrire o gioire, o, stando all’ultima meditazione di questo pomeriggio, se la mia modalità di reagire al dolore è quella di Marta, è quella di Maria, di iperattività o sprofondare …

Possiamo intervenire, ovviamente in una maniera breve, e riteniamo questo momento importante perché gli Esercizi ovviamente sono fatti singolarmente e sono guidati da una

74

Page 75: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

persona, che si affanna a parlare; a voi sembra erroneamente con un piacere di parlare, ma siamo anche affidati gli uni agli altri, e come è accaduto altre volte, sia pure sinteticamente, ci diciamo qualcosa di intimo, ovviamente. Questa penombra è anche segno di pudore, di quando anche noi siamo incorsi nel dolore e abbiamo sofferto del ritardo di Gesù. Di questo e di altro possiamo brevemente raccontarci.

Se volete c’è ancora spazio per qualche piccolo intervento, magari in forma di preghiera.

Più guardo questa immagine più mi risalta quello che ho già detto, e cioè che l’attenzione per il defunto è quasi nulla, è invece tutto rivolto a Gesù. «Io sono la Risurrezione e la Vita, credi tu questo?». Ed è anche bello il gesto di Lazzaro che si porta la mano alla tempia per ricordare dov’era, che è successo, come chi rinviene dopo un malessere, e fa fatica a coordinarsi col tempo, con lo spazio. Dove sono? Che è successo?

Inutile dire che ovviamente questa ambientazione cimiteriale è particolarmente cara al Romanticismo e agli autori inclini a sentimenti di tristezza da un lato, e inclini a riunioni cimiteriali. Quindi ovviamente il quadro va anche contestualizzato nel tempo da cui proviene.

Alle 19.30 è servita la cena, alle 21 ci troviamo nella Cappella grande per la celebrazione eucaristica con cui concludiamo questa giornata.

75

Page 76: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

S. MESSA OMELIA

La quinta settimana è sempre l’appuntamento con Susanna e la sua storia travagliata. Non poteva che essere un avvocato a leggere questa storia di una giustizia corrotta, che per merito di Daniele e dello Spirito che il Signore suscita in lui, trova una conclusione gioiosa, mentre tutto sembrava essersi messo contro la donna innocente.

Noi, invece, ci fermiamo su questo vangelo per restare nella casa di Betania, abbiamo chiesto a Luca l’evangelista di narrarci questo episodio delle due sorelle. Antonio le ha un po’ scambiate nella penombra.

La padrona è Marta: “entrò nella casa di una donna di nome Marta”. Evidentemente doveva essere la maggiore, qui non c’è nessun riferimento a Lazzaro, è una questione meramente femminile. Gesù entra e viene ospitato.

Abbiamo innanzitutto due modalità di accoglienza. Abbiamo l’accoglienza della casa, della cucina, diciamo degli spazi, che è una prima dimensione dell’accoglienza, vedete quanta fatica facciamo ad accogliere nelle nostre zone chi viene a bussare provenendo da lontano, ci sembra che ci rubino gli spazi. E una prima dimensione dell’ospitalità è aprire le porte, è dire: sii il benvenuto in casa mia, lo spazio della casa è a tua disposizione, entra, siediti a mensa.

L’accoglienza degli spazi chiede che questi spazi siano arredati, non siano vuoti, non siano casermoni, ma siano case, siano famiglia, e una famiglia si ritrova intorno a mensa, e una mensa non si improvvisa, bisogna accendere i fuochi. Di questo è padrona e patrona Marta, santa Marta.

“Ma aveva anche una sorella di nome Maria”, doveva essere una sorella più piccola, che invece rappresenta una seconda e più profonda forma di ospitalità, di condivisione, che è l’ospitalità del tempo. Queste sono le due caratteristiche della vita umana, si vivono degli spazi e dei tempi, si condividono

76

Page 77: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

degli spazi , si condividono dei tempi.È più facile la condivisione degli spazi rispetto a quella del

tempo, perché il tempo è più prezioso, perché il tempo sembra sfuggirci di mano, perché non abbiamo tempo. Oggi anche i genitori non hanno tanto tempo, spesso non ne hanno per nulla, da dedicare ai figli, e quindi ci sono grandi case, ma dove c’è poco tempo condiviso, molti spazi, magari tante stanze con bagno, come se si trattasse di un albergo, ma poi non ci si incontra.

Maria, dice l’evangelista Luca, era seduta ai piedi di Gesù, ed era presa nell’ascoltare. Tutte e due sono prese. Marta era presa dai molti servizi.

L’ospitalità delle mani sembra avere il sopravvento nell’economia domestica di Marta. E quindi stasera chiediamo innanzitutto, invocando queste due donne che sono sante, di intercedere per noi perché abbiamo spazio, perché abbiamo tempo per i nostri figli, per i nostri amici, per le persone che amiamo.

A un certo punto queste due ospitalità vengono in rotta di collisione a causa di una scenata perché Marta, presa dai fuochi, esasperata dalle cose da fare, dall’esigenza di fare bella figura, esce e rimprovera Gesù. Il rimprovero dovrebbe essere per Maria, ma in realtà è Gesù che è al centro, e dovrebbe fare da arbitro tra queste due donne, tra la donna dello spazio e la donna del tempo. Non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti, non fare il pietoso.

E Gesù, per addolcire questa donna inviperita, amareggiata, la chiama due volte: Marta, Marta, tu ti agiti e ti preoccupi, ti preoccupi e ti agiti per molte cose. E sono anche cose buone! Assaggerò il tuo ragù, sarò contento di quello che hai preparato, ma tutto questo deve avvenire senza tensione, e senza mettere da parte l’ospite perché abbiamo da preparargli il pranzo! Ti agiti e ti preoccupi, ti preoccupi e ti agiti …

C’è innanzitutto una preoccupazione che non permette di

77

Page 78: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

ospitare, perché la mente è intasata, perché il cuore è saturo, e questa preoccupazione, questa occupazione anticipata, questa occupazione che non dà respiro all’ospite, sia esso Gesù o qualsiasi altro ospite, genera anche un’agitazione. Agitazione in cucina, rumori di pentole, di stoviglie, andirivieni tra cucina e la sala da pranzo, sguardi torvi nei confronti di questa sorella mistica, di questa donna innamorata di Gesù, del modo in cui parla, tanto da accoccolarsi ai Suoi piedi, e bere le Sue parole.

Maria si è scelta la parte migliore che non sarà tolta, ma Gesù inizialmente sembra voler dirimere nella pace questa quaestio, ma poi fa la sua scelta dicendo che fa bene, tra poco ci siederemo a tavola e mangeremo, ma Maria si è scelta la parte migliore che non le sarà tolta. La parte migliore è l’ospitalità del tempo.

Possiamo anche da un altro versante guardare queste due donne come “la donna del fare” e “la donna dell’ascoltare”, la donna che si fa in quattro per preparare un buon pranzo a Gesù (che non veniva mai da solo, ma era accompagnato dalla Sua corte, i Dodici, che morivano di fame), e la donna dell’ascoltare, perché si ama facendo, si ama mettendosi al servizio degli altri concretamente, ma si ama anche ascoltando l’altro, il suo dolore (l’abbiamo fatto insieme a vespro), le sue difficoltà, la sua storia …

Chiudiamo questa sera questa duplice grazia: questa apertura delle mani, certo, ma anche del cuore: apertura delle mani è l’affaccendarsi, l’apertura del cuore è l’ascoltare. In questi giorni vi è capitata una buona sorte, perché voi che fate (mi riferisco alle donne) sempre Marta, in questi giorni fate Maria: nessuno di voi deve cucinare, nessuno di voi deve apparecchiare la tavola … siete servite, coccolate, per riprendere in mano dopo questa dimensione dell’ascolto, senza la quale il servire diventa una inutile agitazione. Diceva il papa Francesco, dopo la prima omelia ai cardinali a conclusione del Conclave, che la Chiesa senza quest’anima corre il rischio di

78

Page 79: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

diventare una “società per azioni”, una società di servizio, anche nelle nostre parrocchie. Se manca l’ascolto, se manca l’attenzione alla Parola, se manca la centralità di Gesù si fanno anche tante cose buone, ma a detrimento dell’anima, ci si sfianca in mille attività, anche caritative, che però mancano di un’anima, e l’anima è l’ascolto, e l’ascolto è una dimensione perenne, il servizio è una dimensione temporanea, che non le sarà tolta questa parte migliore. Perché non le sarà tolta? Perché in cielo saremo presi, compresi, innamorati di Dio, come gli angeli pronti al suono della sua voce, attenti alla Sua Parola, al Suo sguardo. Quindi l’ascolto è in qualche maniera anticipo di eternità, la storia è all’insegna del fare, l’eternità è all’insegna dell’ascoltare.

Quindi in questi giorni — concludiamo la prima giornata campale ed è sempre così difficile poi a portare in porto certe esperienze — ringraziamo perché oggi c’è stato ridonato l’ascolto come intenzione fondamentale e perenne della nostra vita, nel tempo e nell’eternità.

79

Page 80: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

LODI

Ringraziamo il Signore che ci fa nuovamente svegliare in un castello incantato, in un tempo incantato, in un tempo d’incanto. Anche questo passaggio delle nuvole, che rendono il lago ora sorridente, ora pensieroso, ora lieto, ora triste, fanno parte di una regia per un tempo e un luogo che (ve lo dicevo già nelle prime battute, nel titolo della nostra esperienza) Dio ha disposto per noi nella Sua Provvidenza.

Vorrei applicare quanto ho detto ieri sera a messa a questa espressione del Vangelo che ci sta intrigando questi giorni: il Maestro è qui e ti chiama. Ieri sera nel brano di Marta e Maria nel vangelo di Luca abbiamo guardato questa ospitalità che noi dobbiamo agli altri, che noi possiamo imbandire per gli altri. Non bastano mai le attenzioni che abbiamo nei confronti degli altri, perché possano riposarsi a casa nostra …

E adesso quelle categorie spazio-temporali applicarle a Dio che ha spazio e tempo per noi. Questa espressione non si riferisce solo a questi giorni (sono ovviamente preziosissimi nell’economia del tutto), ma ad ogni giorno, e anche all’intera storia della Redenzione, dove Dio scende a colloquiare con l’uomo nel giardino. Adesso il giardino non è solo il giardino di Eden, sono i giorni della Redenzione, questo giardino è la Terra Santa, è ogni terra …

A volte ci chiediamo: ma io ho uno spazio nella mente, nel cuore di questa persona a cui voglio bene? E non sempre ci poniamo questo interrogativo per Dio: ho spazio nella mente di Dio? Dio ha spazio e tempo per me? Certo, Dio è fuori dello spazio e fuori del tempo, ma ha scelto d’avere un tempo e uno spazio per noi, e questa è una cosa bellissima perché dovrebbe farci gongolare di gioia, dovrebbe fugare ogni tenebra, ogni tristezza, consolare ogni dolore, perché vorremmo essere qualcosa per Lui (nel linguaggio dell’amore si è soliti chiedere: ma io per te cosa valgo? Che spazio ho nel tuo cuore, nella tua

80

Page 81: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

vita?). Pensate, noi abbiamo spazio nel cuore di Dio, tu sei un pensiero dominante nel Cuore di Dio, e ciascuno di noi lo può dire di sé in una maniera preferenziale. E dovremmo trovare del tempo per celebrare questa disponibilità di Dio, perché Lui ha spazio, ci chiama: il maestro è qui e ti chiama, ma tu ci sei? Ma tu ci vai? Ma tu rispondi? Ma tu pensi che questo sia possibile? E come questo si inserisce nell’economia della tua vita?

Mi è giunta dal marito di una di voi questo testo che vi invito a leggere, a cui velocemente sto dando una scorsa in questi giorni, nei piccoli spazi che riesco a riservarmi, è di Gabriele Romagnoli: “Solo bagaglio a mano”, della Feltrinelli. Come dice il titolo, vuole essere una sorta di “vademecum laico”, però da certi testi laici ci vengono tanti insegnamenti: è inutile che ti porti dietro tante cose, il grande viaggiatore riesce a ridurre la sua valigia in un bagaglio a mano, quindi senza attese prima e dopo l’imbarco, senza dover attendere … Quindi pensate a una scena d’aeroporto, dove le persone si trascinano tante cose, tante valigie, poi vedete le stesse hostess, gli stessi steward, tirano questa valigetta, e magari fanno un viaggio transoceanico! Sembrano così agili! Dovremmo avere (dice Romagnoli) la sapienza di essenzializzarci. L’autore (giornalista) fa riferimento a una esperienza bella che in Corea si porta avanti da parte di alcune agenzie per evitare i suicidi, perché pare che in Corea ci siano trentatré suicidi al giorno (un tasso altissimo), allora molte agenzie, molte industrie fanno fare ai propri dipendenti – proprio per evitare il suicidio, questa scelta – un’esperienza di morte. Ho sorriso leggendola, perché poi mi sono ricordato che tante volte negli Esercizi, nei campi-scuola, ho fatto fare di questi esperimenti anche ad adolescenti: è finita, scrivi il testamento perché è l’ultimo giorno … si scoprono tante cose, quando si fa un esercizio del genere. Quindi organizzano un’esequie in vita: pensate a che cosa s’arriva, però è interessante! Quindi questa agenzia

81

Page 82: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

specializzata non è un’agenzia funebre, ma è come se lo fosse. La persona si presenta e dice: io voglio fare questa esperienza. Quindi gli fanno togliere gli abiti, mettere la tunica funebre … vi sembra molto macabro, ma è bello, e poi lo fanno stendere (dopo che ha scritto il testamento, ha disposto le sue cose) nella bara e chiudono la bara, e per tot ore questa persona è come se fosse morto. Qual è l’obiettivo pedagogico? Far scoprire la gioia della vita, la bellezza della vita! Mi ha colpito perché in uno di questi passaggi l’autore dice: sulla lavagna passa un lucido. Hanno intervistato cento uomini vissuti fino all’età di ottant’anni, in media così hanno speso la propria esistenza: ventitre anni a dormire, venti a lavorare, sei a mangiare, cinque a bere e a fumare, altri cinque aspettando un appuntamento, quattro a pensare, duecentoventotto giorni a lavarsi la faccia e i denti, ventisei giorni giocando con i figli, diciotto a farsi il nodo della cravatta, e da ultimo quarantasei ore di felicità. Ottant’anni e più … quarantasei ore di felicità! Vedete che sono dati “scientifici”, una ricerca sul campo. Cioè di questi ottant’anni quanto tempo sei stato felice? Quarantasei ore! Proporzioni, quanto tempo si è impiegato a …

Pensate che noi siamo qui (spero sia chiaro per tutti), non noi qui adesso, noi qui al mondo, per incontrare Dio, non c’è un altro motivo più grande, più importante. L’uomo è creato (dice sant’Ignazio all’inizio degli esercizi, nei Principi e fondamenti) per lodare, servire e riverire Dio in questo mondo e salvare la propria anima. Non dice: sei qui per sposarti, sei qui per fare il prete, il vescovo, sei qui per diventare mamma, sei qui per educare i figli … queste sono tutte cose secondarie, cosa concretamente poi faremo, tutti questi giorni a farci il nodo della cravatta (non so se mi spiego!), che sarà una cosa importante, ma nell’economia del tutto mi sembra un tantino esagerato! E quanto tempo hai impiegato per incontrar il tuo Dio? Quanto tempo hai impiegato per la tua anima? Quanto tempo quantitativo (e direi qualitativo) hai speso per rimettere

82

Page 83: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

la tua vita sul binario giusto? Ovviamente è una ricerca laica non dice “ho impiegato un anno per pregare”, forse è troppo fino a ottant’anni! Un mese … Quarantasei ore di felicità! Certo, per quarantasei ore di felicità mi chiedo se vale la pena vivere ottant’anni, ma nella divisione del tempo alcune voci (titolo “Bagaglio a mano”) non possano essere defalcate o almeno abbassate rispetto ad alcuni bisogni pure impellenti, ma che hanno bisogno di una attenzione speciale da parte nostra.

E torno: il Maestro è qui e ti chiama, ma questo non vale solo per noi, vale per tutti! Eppure non abbiamo tempo per Dio, mentre Lui ne ha per noi! Non abbiamo spazio per Dio, mentre Lui ne ha per noi! E penso anche se volete alla maniacalità (io mi faccio l’autocritica senza difficoltà) con cui io penso questa esperienza, che ad uno sguardo esterno saranno eccessive tutte queste attenzioni, ma è il caso la mattina di ordinare novanta cornetti, croccanti che arrivano dalla pasticceria (li troverete giù, cercateli chi lo voglia alla marmellata, chi alla crema …), non possiamo fare questa esperienza in una casa più economica? È una serie di interrogativi che io stesso mi pongo, ma decido sempre (e più vado avanti più divento maniacale) a esperienze (permettetemi questo termine) “elitarie” perché qui ne va di mezzo la felicità! Allora non è una vacanza, allora possiamo farla anche in una maniera più sobria … perché questi soldi sono ben spesi anche se ci dovessero fare causa … con tutti questi bisogni adesso tu stai lì agli Esercizi, e magari un giorno chiamerò un’orchestra a fare una sinfonia perché? Perché ne va di mezzo la felicità, e non solo qui … quella eterna. Perché se il Maestro è qui e mi chiama, non mi chiama in un luogo squallido, non mi chiama in una grotta, mi chiama a corte, mi chiama in un castello! Prima o poi organizzerò un corso di Esercizi a Villa Crawford, questo castello sul mare, mia patria spirituale. O come dicevo altri anni: prendiamo un aereo e andiamo in un castello in Baviera a fare un corso di Esercizi … ma non le sembra eccessivo? Non è un dispendio?

83

Page 84: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

E intanto impieghi tante ore a farti il nodo alla cravatta! Diciotto anni a farsi il nodo alla cravatta! Mi chiedo se un corso di Esercizi non valga di più! Mi chiedo (lo dico anche ai preti per le loro comunità) quanto rendiamo appetibile (questa è la grande sfida) anche da un punto di vista formale le nostre proposte, al punto da renderle allettanti, avvincenti … non posso non esserci, posso mangiare pane e olio per un mese intero ma vado a fare questa esperienza elitaria, il Maestro è qui e mi chiama, perché questo tempo è un tempo ristretto, certo, ma qualitativamente rilevante, ma è un tempo “sale” per la mia vita, per tutto il tempo insipido, è un tempo “lievito”, che poi rende il mio insegnamento più luminoso, più affascinante …

Allora senza dover parlare (immagino che un’esperienza del genere di morte e di organizzazione della propria morte, partecipare al proprio funerale), già Iannacci ce lo diceva nei tempi: vorrei invitarti al mio funerale, no tu no. Se il mondo fa cose (questa magari è anche intelligente, perché per evitare il suicidio, per dire: guarda che ci sono persone che ti vogliono bene, fai testamento e ti rendi conto che questi pochi giorni di felicità, quarantasei, valgono ottant’anni di vita), ma se poi scopri di essere amato, perché Colui che ti chiama ha spazio per te, ha tempo per te … Vi ricordo che in questi giorni avete avuto non “il” vescovo, ma “un” vescovo completamente al vostro servizio, che vi ha fatto da balia! Tutto questo è segno d’amore, tutto questo è un messaggio in codice che tu devi capire e che ti deve riempire il cuore di gioia perché, sì, vengono anche tutti i dolori, tutti i lutti, tutte le incomprensioni possibili, ma intanto il Maestro è qui e mi chiama, ed io sono invitato a corte, stare davanti a Lui, anche se mi sembra d’essere Cenerentola con il volto fuligginoso, con i calli alle mani a causa della violenza che mi usano le sorellastre, adesso io sono invitato a corte, c’è una carrozza che mi attende fuori di questa cucina, fuori di questa schiavitù … Ed io sono portato

84

Page 85: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

a corte, ed io sto a corte. Ne stai godendo? È il caso in quest’ultimo giorno (è appena il secondo), però questa esperienza è volutamente breve per essere resa possibile.

Godiamoci questo momento, il Signore ha attenzione solo per te, Gesù e te, ti ha chiamato, e tu ci sei: godi di questa mensa. Il Salmo 22 che abbiamo pregato a messa ieri sera diceva: davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici. Impiegate anche ventitré anni a farvi il nodo della cravatta (ventitré giorni, non ricordo), ma non dimenticate d’essere felici!

85

Page 86: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

MEDITAZIONE

Ora ci intratteniamo con Lacrime napulitane…le parole ricordiamo: una canzone sulle lacrime.

Un commentatore riassume così queste due modalità su cui ci siamo fermati abbondantemente ieri pomeriggio, questi due possibili approcci a Marta e a Maria davanti al dolore, e in una maniera lapidaria afferma che con Marta Gesù dice il “che”, e con Maria dice il “come” della Redenzione.

Il “che”, cioè il contenuto, siamo ancora se volete su un piano catechistico di cose da sapere: credi tu questo? Io credo che Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente che deve venire in questo mondo … ma, come sapete, queste verità da sole, anche imparate, ripetute, spesso non hanno effetto, lo sanno bene i presbiteri presenti e quelli fra voi che hanno una lunga esperienza di catechesi. Quante cose dette, quanti contenuti trasmessi rischiano di lasciare il tempo che trovano, non cambiano, non raccontano veramente.

Invece il “come”, con il rischio che questa modalità comporti, difficilmente viene resettato. E qui è il “come” delle lacrime, questa nostra mattina per lo più andrà a incunearsi dentro questo inciso: Gesù scoppiò in pianto, tra due punti, una frase lapidaria, laconica, senza troppi aggettivi (anzi non ce ne sono), fatta di un verbo che inclina alle lacrime.

Su che cosa piange Gesù? È questo l’interrogativo, e ci chiediamo. Qualche giorno fa, ieri credo, ho detto: ma tu per quale vita ti preoccupi? Ma tu per quale morte piangi? E adesso ci chiediamo: Gesù davanti a questa pietra, questa pietra così fredda, così sorda, così refrattaria, così inanimata, su chi piange e quanto questo pianto sia la Redenzione?

Comincio in una sorta di analisi di testi con un brano di Erri de Luca, dallo stesso libro “Il più e il meno”, l’ultimo

86

Page 87: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

edito. Anche questo testo sembra non avere immediata attinenza con quanto ci tiene insieme, si intitola: “Ignoro il suo nome”.

«Non so a che specie appartenesse, conosco e riconosco vari nomi di alberi e di piante, non di quella. Per vivere e morire non hanno bisogno di nomi, che servono invece alla nostra quieta mania di compilare elenchi. Quella pianta resta unica nel ricordo, non ne ho incontrata una seconda. Stava nel vaso dentro l’ultima stanza di mio padre, a forma di alberello, aveva un tronco chiaro e una chioma di foglie lunghe, lanceolate, verde cupo di fondale marino. Aveva traslocato da vari appartamenti: da una vetrata di un quarto piano affacciata sul golfo di Napoli, da un appartamento di Roma al primo piano, infine si era avvicinata al suolo al piano terra della casa di campagna. La luce entrava presto dalla finestra a oriente nella stanza dei libri, dove avevamo sistemato il letto di mio padre. Stentava a vivere e a morire. La morfina non bastava a coprire tutte le ore. In quei mesi la pianta cominciò a salire: già da due metri arrivò al soffitto, si allargò di rami. Mi stupivo, mio padre no, era quasi cieco e non la distingueva tra gli scaffali dei libri. La sua ultima stanza fu la libreria, molta di quella carta veniva dalla camera in cui sono cresciuto io. Sedevo accanto alla pianta nelle notti di veglia, cresceva a contrappeso dell’uomo che finiva, un po’ l’amavo per consolazione e un po’ no, perché si nutriva di agonia. Le davo acqua, come a mio padre cambiando le bottiglie delle flebo, le piaghe da decubito non le sentiva più verso il contatto con la metà del corpo, asciugavo le ferite, pulivo le foglie, parlavamo non di cose tristi, cercavamo i ricordi di risate, ne venivano fuori di nuove. Nel buio la pianta assorbiva l’anidride carbonica del dolore, e rilasciava ossigeno, o erano le nostre voci a farlo.

Morì di novembre, alle cinque del giorno ancora da sorgere, ero con lui nel buio, disse qualche ultima sillaba solo

87

Page 88: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

di vocali, misi uno specchio davanti alla sua bocca per vedere se si appannava. Invece mi si appannarono gli occhi. La pianta era al massimo del suo splendore curva sotto il soffitto, la camera senza il letto, gli arnesi di assistenza, ritornò libreria.

Nei mesi seguenti la pianta cominciò a perdere foglie: al mattino le trovavo sparse, non ingiallite ma indebolite all’attaccatura, per mancanza di presa. Le aggiunsi concime, insieme ai fondi del caffè. Arrivò primavera: di giorno la portavo all’aperto. In meno di un anno, fu un arbusto secco. In inverno arse nel camino, la cenere portata ai piedi di altre piante. Ancora oggi ignoro il suo nome, non ci penso da un sacco di tempo.

Di recente ho voluto spiegarmi una ragione della sua fine: mio padre, l’insonnia, l’odore delle piaghe, un figlio che chiacchierava fitto a bassa voce erano le sue sostanze nutritive più di quelle prese dal vaso, senza di lui si trovò nella carestia di voci, lamenti, sorrisi. A stare in mezzo ai libri, era diventata un arbusto letterario, a stare insieme a noi si era fatta persona. Non le potevo bastare, me lo spiego adesso, è andata così con lei, coi miei, e con le rare creature frequentate nelle stanze che portano il segno della loro ombra.»

Abbiamo qui il racconto di lacrime, di lacrime vegetali, sunt lacrimae rerum (avrebbe detto il poeta dell’antichità Lucrezio, intento a scoprire, a discettare sulle cose della natura).

Erri de Luca ci consegna questo quadro, come sempre pieno di spiritualità, quasi una sorta di equilibrio, di microsistema, che si era creata nella stanza del dolore di suo padre, nell’ultima stanza abitata da suo padre. Anche noi, e anche tra voi ho visto questi traslochi all’interno dello stesso appartamento, quando si trasporta il letto di un ammalato terminale in un luogo più accessibile, dove sia possibile portare un letto reclinabile, dove … E quindi è come se cambiasse la

88

Page 89: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

geografia della casa. Finché abbiamo potuto, l’abbiamo curato nella sua stanza, nella nostra stanza (nel caso che si sia trattato di un coniuge o di una moglie), qui invece abbiamo bisogno di più spazio, allora si cambia l’ordine della stanza più importante, che è la stanza da pranzo, o da salotto si trasforma in stanza di dolore. E a distanza di anni Erri de Luca ripensa a questa pianta, di cui non ha mai saputo il nome, e che adesso, guardata a distanza, gli appare come una sorta di compagna nel dolore, una sorta di relazione a tre, un triangolo di dolore: quello di suo padre, quello del figlio e quello della pianta che cresceva a misura che il padre tramontava.

A un certo punto, come avete ascoltato, si chiede: ma forse si nutriva di lamenti, del nostro parlare, e quando il padre muore in novembre questa pianta è al massimo del suo fulgore, verdissima come i fondali marini … E poi c’è questo declino lento e inesorabile: è morto il padre, è morta anche la pianta innominata. Ed è come se l’autore avesse avvertito una relazione.

Ho preso questo testo da mettere accanto a questo inciso su cui ci fermiamo stamattina: Gesù in pianto, e non un pianto qualsiasi, un pianto a dirotto. Già ieri abbiamo commentato su “si commosse profondamente”, “si turbò”. Questa seconda modalità, che è la modalità del come, cioè come Dio si è fatto accanto all’uomo, l’anno scorso qui in aprile, in un corso straordinario (sostituivo di quello quaresimale), abbiamo meditato sui discepoli di Emmaus, dove l’evangelista Luca ci pone dinnanzi Gesù silenzioso, che segue, insegue, che s’accompagna ai passi dei due pellegrini.

L’Incarnazione è questo, è “come”, cioè Dio sceglie d’essere come noi, d’essere alla nostra misura, e la nostra è sempre una misura di dolore, a volte una misura di pianto.

E dunque questo Gesù in lacrime è Gesù in lacrime non davanti alla tomba di Lazzaro, ma in lacrime davanti ad ogni tomba. Potremmo dire: ma perché piange, dal momento che sa

89

Page 90: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

tra un istante griderà e Lazzaro uscirà, “Lazzaro vieni fuori”? Piange perché questa pietra è ogni pietra sepolcrale, perché questa tomba è ogni tomba, perché (dietro la pietra c’è l’amico) è la compassione di Gesù per ogni tomba, per ogni morte. Egli è venuto per essere l’amico di tutti, anche di coloro che non lo sanno.

E quindi queste lacrime sono le lacrime di Dio. Pensate quante reliquie, penso all’attenzione forse anche esorbitante che si riserva alla Sindone, penso a quella reliquia che si custodiva fino a un certo punto, della Veronica, ma queste lacrime … fosse stata anche una sola, lava il mondo intero. Come dice una sequenza, l’Adoro Te devote, che i più esperti conosceranno, dice questa sequenza:

Adoro Te devote, latens Deitas (Divinità nascosta), dice: una sola stilla del tuo sangue può salvare il mondo intero. Adesso qui non è una stilla di sangue, non è una goccia di sangue, ma è una goccia di lacrima.

Gesù ha pianto perché è un uomo, perché gli uomini piangono, perché gli uomini quando sono bambini piangono più facilmente, e poi rischiano di perdere questa consuetudine con le lacrime. Il paese delle lacrime: “Il paese delle lacrime è così misterioso” (A. de Saint-Exupéry).

Ho chiesto a chi mi ha fatto questa ricerca iconografica per gli Esercizi sulla risurrezione di Lazzaro (c’erano molte più realizzazioni nella storia dell’arte) di trovarmi un Gesù in lacrime, e mi ha detto: Eccellenza, ho cercato in lungo e in largo, ma questa è l’unica che sono riuscito a individuare. Forse c’è un imbarazzo, ci sarà stato imbarazzo a rappresentare Gesù piangente, e le lacrime che vedete qui sul foglietto che vi è stato consegnato sono una aggiunta del sottoscritto, perché l’originale non presenta lacrime, è un Gesù che porta la croce in una maniera molto regale, e la lacrima ce la feci mettere io qualche anno fa.

E perché questa ritrosia a descrivere, a ritrarre, a

90

Page 91: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

rappresentare Gesù in lacrime? Troppo umano! Una sorta di evento scandaloso, da rimuovere. Perché a noi piace un Gesù vincente, un Gesù che alza la voce, che spacca le pietre, che vince i demoni, che li fa prostrare ai suoi piedi … e invece questa estrema debolezza di Gesù davanti alla tomba di Lazzaro più di altre immagini ci riporta l’Incarnazione, che è il primo mistero della fede. Dio che prende la nostra carne, e la nostra è una carne dolente, che comincia a piangere fin dal primo istante, come ci ricorda Leopardi, sia pure nella sua visione di pessimismo, dove il bambino nasce piangendo e i genitori si danno da fare per consolarlo della nascita.

Quante cose importanti avvengono tra le lacrime, quanti passaggi, quanti momenti di verità sono lucidi di lacrime, sono illuminati dalle lacrime, e dovremmo tornare ad avere quest’arte. D’altra parte quelli fra noi più anziani che adesso tornano un po’ più bambini riprendono questa consuetudine, gli adulti dicono “ha la lacrima facile, piange facilmente, si emoziona per niente” … una sorta di disprezzo per una debolezza che invece non bisogna manifestare.

Come vi ricordavo anni fa leggendo uno dei racconti della Passione, dove ci siamo già imbattuti in questo mistero, direi in questo sacramento dell’amore di Dio in Gesù, che sono le Sue lacrime, eravamo nella scena del pianto di Gesù davanti a Gerusalemme. Sono i due momenti in cui esplicitamente si parla di lacrime, poi penso ai tanti momenti di commozione: «Ti benedico Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti», si commosse profondamente davanti al cadavere del figlio della vedova di Naim … Spesso Gesù dagli Evangelisti è presentato con questo moto di commozione. Ma in questi due brani invece esplicitamente si parla di pianto.

Chiediamo la grazia, questa mattina, d’entrare nel mistero del pianto di Dio. Se avete letto la fiaba che vi ho consegnato ieri sera, se avete avuto il tempo e non avete ritenuto che fosse

91

Page 92: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

un elemento spurio al nostro cammino, vi siete imbattuti nelle lacrime del padre che è impotente dinnanzi alla ribellione del figlio, ma poi anche alle lacrime del figlio perduto, o alle lacrime indispettite del fratello maggiore. Tutti i momenti solenni sono segnati dalle lacrime: ho ancora nel cuore le lacrime di Raffaele e Marco lo scorso febbraio, durante l’ordinazione presbiterale. È bello vedere che si partecipa così a questo mistero che ci stravolge la vita, dell’ordinazione presbiterale.

Gesù piange su Lazzaro, piange sulle nostre tombe, queste lacrime riscalderanno le nostre tombe, le nostre bare, le Sue più di quelle dei nostri cari che ci accompagneranno all’ultima dimora … che ultima non è! Ma ancora di più, e questo lo diremo nel prosieguo del nostro cammino, Gesù piange davanti alla Sua morte, a tante morti disperate, a tante morti solitarie, e tutte le morti sono solitarie, e tutte le morti sono senza conforti, inutilmente teniamo la mano delle persone che stanno per partire …

Qui il pianto di Gesù è davanti alla Sua morte, perché Lazzaro è solo una controfigura, Lazzaro è un passaggio all’interno di questo Vangelo che è pienamente e propriamente pasquale. Tra l’altro, come scopriremo, è proprio la risurrezione di Lazzaro il punto di non ritorno per la vita di Gesù, perché questo fatto ha fatto troppo scalpore, perché alcuni Giudei si sono avvicinati e quindi bisogna mettere fine a questa impostura! Quindi come vedete, mentre sta per risorgere l’amico, l’Amico che piange sta per morire, e va a morire per lui, e va a morire per me, e va a morire per noi, e in queste lacrime ci sono le lacrime di tutti gli uomini, di tutti i tempi. E quindi lacrime che si uniscono a quelle del Signore, a quelle della natura. Ci sono lacrime del cielo, ci sono piogge … ho visto che qualcuno di voi si fermava a guardare l’innesto, che è qui appena fuori la sala, un innesto fatto da poco. Ai nostri tempi c’era la pece, adesso hanno trovato più sbrigativo

92

Page 93: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

mettere un po’ di scotch (un po’ impoetico, rispetto alle immagini della nostra infanzia, del nostro mondo contadino!). All’atto in cui è stato spezzato il ramo (gli innesti si fanno a primavera, si fanno quando la pianta è nel pieno del vigore, non si fanno in inverno, non si fanno in vecchiaia … si fanno nella giovinezza), l’aver reciso quel ramo, magari mentre fioriva, è costato lacrime, è venuto fuori l’umore della pianta … i contadini dicevano “sono le lacrime della natura”, sono le lacrime delle cose, anche le cose piangono … non solo i ricchi!

Vengo a questo testo, che alcuni di voi già conoscono, di due poesie di Salinas, dal poema “La voce a te dovuta”. Invertiamo i numeri, facciamo prima la numero 2 e poi la numero 1, sono due testi vicini.

TU NON LE PUOI VEDERE.Pedro Salinas

Tu non le puoi vedere;io, si.

Terse, rotonde, tiepide.Lentamente

vanno al loro destino;lentamente, per indugiare

più a lungo sulla tua carne.Vanno verso il nulla; non sono

che questo, il loro scorrere.E una traccia, verticale,che si cancella subito.

Astri ?Tu

non le puoi baciare.Le bacio io per te.

Sanno; hanno il saporedei succhi del mondo.

Che gusto nero e denso

93

Page 94: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

di terra, di sole, di mare!Restano un istantenel bacio, indecise

fra la tua carne freddae le mie labbra; infineio le prendo. E non so

se erano davvero per me.Perché io non so nulla.

Sono stelle, o segni,sono condanne o aurore?

Ne’ guardando ne’ coi baciho imparato che cos’erano.

Ciò che vogliono restalà indietro, tutto ignoto.E così pure il loro nome.(Se le chiamassi lacrimenessuno mi capirebbe).

 Adesso, lei credo che risponde a lui:

Se tu sapessi che questoenorme singhiozzo che stringi

fra le braccia, che questalacrima che asciughi

baciandola,vengono da te, sono te,

dolore tuo mutato in lacrimemie, singhiozzi miei!

Alloranon chiederesti piúai cieli, al passato,

alla fronte, alle carte,perché soffro, che ho.

E tutta silenziosa,con quel grande silenzio,

94

Page 95: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

della luce e del sapere,mi baceresti ancora,

e desolatamente.Con la desolazionedi chi non ha vicino

un altro essere, un dolorealtrui; di chi è solo

ormai con la sua pena.E vuole consolare

in un chimerico altroil gran dolore ch’è suo.

Tutte le poesie (molti di voi conoscono questo poeta) de “La voce a te dovuta”, tutte senza titolo, stringatamente indicate con un numero romano, contengono sfaccettature di un amore, che si dice infelice. E qui sono di scena le lacrime. Ovviamente sono due poesie d’amore, ma noi le applichiamo a Gesù, perché guardiamo le sue lacrime, come per i bambini, come per i violini accordati, come per gli strumenti a corda perfettamente in sintonia, vibrare la corda di uno strumento fa vibrare anche l’altra – si dice – per “simpatia”. “Sympatheia” è il termine “compassione” utilizzato dagli Evangelisti quando parlano di Gesù e delle Sue viscere di misericordia, perché “simpatia” che nel linguaggio comune indica un accordo gioioso, un’intesa tra due persone, ha nella lingua greca la radice “pathos”, che è anche la radice del soffrire. Quindi guardare Gesù che piange fa piangere anche il credente, piangon per tenerezza i duri sassi ancor.

La prima poesia di Salinas parla delle lacrime nella loro fenomenologia: “Tu non le puoi vedere, io sì. Terse, rotonde, tiepide, lentamente vanno al loro destino”; il senso delle lacrime è lo scorrere, è dolore raggrumato che si scioglie, è possibilità di vita, è occhi lavati per vederci meglio, è occhi che diventano specchio del dolore del mondo e del dolore

95

Page 96: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

dell’altro, e queste lacrime che scorrono – dice Salinas – possono essere raccolte dall’altro, che le può baciare, e dunque berle, così come stiamo bevendo il lago in questi giorni, e hanno il sapore dei succhi del mondo. Queste lacrime salate c’è una identità, c’è una storia … quante lacrime! E dall’altra poi Gesù risponde – la mia versione spirituale di queste due poesie è: guarda che sto piangendo te, sto piangendo per te, non per me, sto stringendo un dolore tuo per ridartelo, per rimandartelo, per riconsegnartelo, per farti dono di ciò che tu sei e non sai d’essere. Credo che sia il lavoro che Raffaele, come musicoterapeuta, continuamente vive, quello di rimandare, riconsegnare (magari in una maniera semplicemente più ordinata) una vita che sembra inutile, e invece è degna di Dio, è degna di salvezza, è degna di essere vissuta.

E quindi nella seconda poesia Gesù dice: è inutile che chiedi perché soffro, sto soffrendo perché ti guardo, sto soffrendo perché conosco il male che ti stai facendo, sto soffrendo perché tu ti stai perdendo, ed io con le mie lacrime ti attiro, le mie lacrime sono àncora di salvezza per te. Vedete, vi dicevo quando abbiamo commentato il racconto della passione, noi potremmo anche fermarci sul brano di Gesù che piange su Gerusalemme, o qui stamattina sul pianto di Gesù sulla tomba di Lazzaro, perché queste lacrime sono redentive, queste lacrime non sono inutili, tutte le lacrime non sono inutili: ogni lacrima ha una storia, ogni lacrima ha un passato, ogni lacrima ha un sogno, ogni lacrima è umana, ma se a piangere è Dio stesso in Gesù, allora veramente siamo salvi, allora veramente siamo lavati nel Suo sangue, nelle Sue lacrime, nell’umore della Sua vita, che sta per essere dilapidata, attraverso tante piaghe da cui ci raggiunge la salvezza.

Concludo con l’immagine altre volte evocata di Filomena Marturano nella commedia-tragedia di Eduardo (c’è sempre un che di tragico nelle descrizioni di Eduardo de Filippo, nella condizione delle persone della Napoli che egli porta alla

96

Page 97: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

ribalta). Filomena Marturano si vanta d’essere stata una donna dura: “Je song Filomena Marturano e n’aggiu maje chiagnut”. È una storta di scansione all’interno dei primi atti, dove questa donna appare come una leonessa pronta a difendere i suoi piccoli, come ogni madre che genera e custodisce ciò che ha generato, senza la custodia la vita, pur bella, non ha futuro. E poi finalmente questa storia così intricata, questo ricco che è andata a cercarla nel luogo della prostituzione e che ha dei figli da lei, adesso lo scopre – come sapete, è l’ordito di una commedia-tragedia – e questo matrimonio che finalmente si fa dopo tanto tempo, lui imbelle, come tutti i personaggi maschili di Eduardo, e lei forte come tutti i personaggi femminili di Eduardo, e lui che finalmente acconsente perché non dice chi dei due è suo figlio, perché “i figlie so’figlie”, aveva detto l’edicola della Madonna in quel momento tragico in cui doveva decidere se abortire o meno: “i figlie so’figlie” … a’Maronna re’rose. E dunque ora che finalmente sono reduci dalle nozze e Filomena Marturano è moglie, ma quello che più le interessa è madre che può sapere che c’è futuro per i suoi figli, di cui il suo ex amante ora marito si occuperà, adesso, proprio adesso, può togliendosi le scarpe (quelle coi tacchi che ho visto, alcuni di voi portano agli Esercizi … il prossimo corso di Esercizi senza tacchi, fanno un po’ chiasso! Questo per fare una battuta in un momento drammatico!) lei che non era abituata ai sandali, ai tacchi, ma è stata una giornata solenne e, quindi, anche Filomena doveva fare la signora come aveva sognato tante volte. Quindi si toglie le scarpe, i piedi le fanno male, il marito parla tra sé e sé, quei mugugni monologhi propri di Eduardo, dove si dice e non si dice … e lei non risponde. Il marito le va vicino per capire come così vigorosa, così aggressiva, adesso sia silenziosa … è stanca? È addolorata … e contenta. Sta piangendo. E l’ultima battuta, che conosciamo tutti, è: “comm è bell chiagnere”, che è il vero approdo dell’umanità, cioè è bella la debolezza non l’arroganza, è bello

97

Page 98: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

questo tornare bambini indifesi, è bello sentirsi impari rispetto alla vita, e quindi lasciarsi andare in un pianto liberatorio che ha aspettato troppo tempo.

Come vedete siamo partiti da lacrime napulitane, un po’ patetica ma pure esprime il dramma di tanti nostri connazionali (per dirla con il Regno delle Due Sicilie), che all’inizio del secolo andavano negli Stati Uniti alla ricerca del Dollaro, alla ricerca dell’oro, della civiltà dell’oro … Tra l’altro gli stessi che sono partiti nei figli e nei nipoti non sanno accogliere altri che vengono a bussare.

Siamo passati attraverso Erri de Luca nella descrizione meravigliosa di una pianta che si lascia morire … noi queste storie le conosciamo più legate agli animali: un cagnolino, un canarino che si lascia morire all’atto in cui muore il padrone, una pianta di cui non sa il nome ma che sente come nel suo albero genealogico Erri de Luca. Ovviamente il quadro è questo: Gesù è in pianto. E poi siamo passati attraverso le due poesie di Salinas per giungere a Filomena Marturano, e vi lascio con una domanda, che è quella di sempre: ma il tuo Dio chi è il tuo Dio? Il tuo è un Dio vincente, un Dio forte, un Dio che risolve i problemi? È il Dio del “che” o è il Dio del “come” (per dirla con un’espressione che vi ho riferito all’inizio di questa meditazione-suggestione)? E se il “come” è il Cristo che piange – e il Cristo che piange va consolato – allora se va consolato devo mettere da parte anche le mie lacrime per asciugare le Sue, e dunque non è vincente? No, è perdente, e ci salva così, ci salva nell’ignominia, ci salva nella debolezza, ci salva piangendo davanti alla Sua tomba, più che alla tomba di Lazzaro. È bellissimo, sapete, pensare che nella morte da quel giorno, nel pianto di Gesù che precede di poco poi la Sua passione e morte, nessun uomo potrà più essere solo nella morte, la nostra sarà una morte accompagnata, sarà una morte insieme, avremo un Compagno di morte, per questo Gesù ha voluto morire e per questo adesso piange, perché le tue lacrime

98

Page 99: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

possano unirsi alle Sue ed entrare in questo torrente di grazie, lacrime di gioia, lacrime per lo più di dolore, di incomprensione, di lacerazione, di solitudine, di senso d’abbandono … tutte sono state piante da Dio.

“D’un pianto di stelle lo inondi lo stato opaco del male”(Pascoli).

Ecco, vi invito a continuare quello che ho appena abbozzato, anche se ci ha portato via un’ora, anche se ce l’ha regalata.

Concludiamo con nella memoria di questa Passione, “Uomo della croce” a pagina 55.

Alle 11.30, solo ai preti, ci vediamo mezz’ora nella cappella dell’adorazione, tutti ci vediamo qui alle 12. Ai preti semplicemente ricordo che anche per il loro ministero più che il “che” vale il “come”, soprattutto nel nostro continuo contatto col dolore, con la morte, dovremo spiegare, dovremo dire delle cose, e forse semplicemente dobbiamo stare. Tutte le impalcature teologiche cadono davanti alla lacrima di un bambino.

99

Page 100: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

RIFLESSIONE-APERITIVO

Trascorriamo questa riflessione-aperitivo riascoltando un brano all’interno di un libro, forse quello in assoluto che avrò regalato di più, Luigi Santucci, una “Vita di Cristo” con il capitolo “L’amico dietro la pietra”, che riguarda il nostro brano. Santucci è l’autore (defunto da non molto) il cui stile è vicino alla scuola milanese, è più nitido, quasi manzoniano, d’altra parte le radici sono quelle.

“L’amico dietro la pietra”.«Gesù voleva bene a Maria, alla sorella di lei Marta e a

Lazzaro, e a quella casa, a quel porticciolo di vecchie pareti benestanti tra il torrente Cedron e la collina di Getsemani, dove sbarca ogni volta che può, quando il Suo viaggiare lo porta qui da Betania. Qui una tavola e un letto lo aspettano sempre, una lampada sta accesa giorno e notte per la Sua stanchezza e per la Sua paura, visibile fin dai confini avventurosi e infidi della Fenicia.

Come si conobbero? Perché ha scelto loro? Marta, Maria e Lazzaro sono fratelli e orfani, in quella casa non ci sono né un padre né una madre, a turbare col divario dell’età la confidenza che corre tra coetanei. All’Ospite stanco piacciono l’attenzione di Maria seduta ai suoi piedi, quando Lui si mette a parlare, la sua bella riga dritta fra i capelli, piacciono ugualmente lo sfaccendare di Marta dietro ai mestieri di casa, il suo piccolo broncio di ragazza assennata, quando entra a prendere un oggetto e strapazza senza soffermarsi la sorella imbambolata con l’Ospite mentre di là c’è tanto da fare, i rumori di lei invisibile in cucina, dove la cena si prepara sui fuochi. Ed è bello per Lui anche quando, raramente, entrambe Lo lasciano solo, e allora Egli sgranchisce i piedi indolenziti, riposa gli occhi sui mobili intorno, guarda dalla finestra Gerusalemme rossa di tramonto, che vista da questa pace pare un bel sogno.

100

Page 101: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

Lazzaro sta per tornare. Qualcuno dice che Lazzaro fosse anche suo discepolo, sbaglia. Un giorno invero Lazzaro incontrerà il martirio, come tantissimi, per questa buona novella. Quando rientra dai campi, Lazzaro gli tocca una spalla, siede e si mette a parlare del raccolto, delle ulive, degli agnelli nati di fresco nelle stalle o sui pascoli. Marta appoggia fra loro una brocca di idromele con due boccali, pane e quel c’è in dispensa per cena, dopo sul tavolo correranno i dadi. Egli non lo chiama “Maestro”, “rabbì”, “Signore”, semplicemente “Gesù”, e semplicemente Gesù si sente l’Ospite fra queste pareti, e la sua parte umana - la fame, il sonno, la gaiezza – si dilata allora in un abbandono ristoratore, bere il vino più dolce che nasce sulle vigne della terra: l’amicizia.

Non passa la Sua divinità da quell’uscio, non la conterrebbe questa piccola stanza quadrata, è come se la lasciasse fuori, sulla soglia, corona troppo abbagliante, ed entra umana ombra nella casa di Betania. Qui non racconterà le parabole, non farà miracoli. I tre fratelli sanno la Sua grandezza, atto per atto, conoscono tutto quello che ha compiuto dall’ultima volta che mangiò al loro tavolo, ma non gli chiedono mai quando Egli senza bussare spinge la porta e dice solo: pace a voi, sono qui. Gesù vistala piangere dirottamente, con lei piangere anche i Giudei che l’accompagnavano, ebbe un fremito e si turbò, poi chiese: dove l’avete posto? Gli risposero: Signore, vieni e vedi. Gesù pianse, per cui i Giudei dissero: vedete quanto lo amava!

C’è un lungo preambolo a questo miracolo di Lazzaro risorto che fa pensare, da quando gli giunge la notizia che Lazzaro è moribondo: Signore, colui che Tu ami è ammalato, al primo passo di Gesù verso Betania trascorrono alcuni giorni. Non risulta che abbia compiuto niente di memorabile, niente di particolarmente necessario in quei tre giorni di indugio nella Transgiordania, mentre Lazzaro agonizza, e Marta e Maria lo sollecitano disperata. La Sua calma è un enigma: chi gli è

101

Page 102: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

vicino non sa se attribuirla alla paura dei Giudei che hanno promesso di lapidarlo quando tornerà, o all’apatia di un cuore inspiegabilmente inaridito: sentimenti entrambi inverosimili. Interrogato risponde parole astratte, evasive, assurde. Un bel momento dice: Lazzaro è morto, e io mi rallegro di non essere stato là. Tre giorni sono lunghi a passare.

Il sole gira lento nel cielo e il Giordano spinge tant’acqua sotto i ponti in tre giorni per chi lo guardi ozioso dai suoi canneti, e abbia un appuntamento con la morte. Cosa passava nella mente di Cristo mentre il fiume correva sotto i Suoi occhi? Forse nel libro del Padre questo miracolo non era scritto, Egli non era stato mandato sulla terra per gli amici, i malati che guarisce, i morti che risuscita sono estranei, gente mai vista o quasi, lebbrosi dal volto irriconoscibile, salme ignote entro bare già coperte, ai Suoi non può regalare molto, al più un paio d’idre di vino, il carico di due barche da pesca, a se stesso nulla può regalare, forse per questo è bello pensare che Egli abbia indugiato quei giorni sul Giordano.

“Io sono anche un uomo, padre, e Lazzaro mi è più caro d’ogni altra cosa perché Egli è mio amico, la poca dolcezza di questo viaggio amaro che Tu hai voluto. Se io corro a Betania, Tu, lo so, darai potenza alle mie mani e lui sorgerà dal sepolcro, ma quel miracolo io lo farei per me solo, per queste poche giornate mi rimangono, la morte è troppo fredda senza un fuoco presso cui aspettarla. Scrivi quest’altro miracolo nel Tuo libro, ma fa che a Te, non a me, io lo doni. Quell’uomo che io amo rendimelo sconosciuto, cancella dalla mia memoria le dolci sere, fallo uguale a tutti questi altri di cui non so il nome, che non mi sono amici, ma solamente fratelli”. Il Padre ha risposto di sì, perché Lui e il Padre sono una cosa sola. Dunque Lazzaro risorgerà, c’è solo questa remora di scostare la pietra, qualche istante appena e poi Marta e Maria risusciteranno anche loro alla gioia, quando quel fantoccio stecchito tornerà ad essere il fratello e le sue braccia appena

102

Page 103: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

slegate dalle bende stringeranno contro il petto le loro teste indolenzite di pianto.

Perché piange, allora? Signore, noi siamo felici, Lazzaro già respira sotto il

sudario, era vero come tu dicevi: egli era solo assopito. …Ma Gesù singhiozza, il suo volto è una maschera di lacrime. Uno uscirà dalle sbarre, ma dietro le grate della morte moltitudini di occhi si affacciano. Piange per tutti i morti che non risorgeranno, per le pietre che non gli è dato scoperchiare nello sconfinato cimitero del mondo, per quelli che nessuno attenderebbe se tornassero, e dormono solitari, senza fiori, su questo fiume senza ponti, che taglia i vivi dai morti, che le sue parabole e i Suoi miracoli non hanno potuto asciugare.

“Levate via la pietra”. Lazzaro, quale pietra? Fra voi e me non c’è pietra. Lo spessore che ci divide non è questo sasso, non è lo spazio sterminato delle galassie, né il folle galoppo dei millenni, tu mi disturbi! Io non conosco te, non conosco quella folla, né quelle due donne che mi chiamano piangendo, non conosco questo corpo irrigidito da quattro giorni nel buio della grotta, io non mi chiamo Lazzaro, non ho nostalgie. Dove io sono c’è il Padre, non l’ho visto, Egli è trasparente come un mare, e noi immersi in Lui come conchiglie. Ma incontarLo è la fine della nostra guerra, abbagliante è stata la nostra riconciliazione, non io ho chiesto perdono a Lui delle colpe, né Lui a me ha chiesto perdono della vita. Mistero che non potete sondare, Egli ci ama anche dentro il male che abbiamo fatto, e noi Lo amiamo anche per il castigo di vivere, e Gli portiamo gratitudine anche dei giorni trascorsi sulla terra. Ma se questo è necessario, giacché Tu lo vuoi, io torno. Se per te l’insensato pianto di queste donne vale più della mia libertà fra i morti, ributtami pure fra i vivi. Sì, levate via la pietra. Marta, Maria, rieccovi. Voi non sapete dove siete, io vi ho vedute. Ancora mi sforzerò di amarvi, carezzerò i vostri capelli, ragionerò con voi paziente mie buone sorelle pazze, … come se foste savie.

103

Page 104: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

Perché là dove ero io vi ho vedute vere, ho toccato le vostre mani, ho sentito le vostre voci. Gesù, mio caro amico, entra nella mia casa. Io torno per riaprirti la porta, per Te sono ridisceso in questo paese straniero, dove ti inchioderanno a una croce, entra per queste ultime sere: io ricordo ancora in quale anfora è avanzato il vino che preferisci. Sono pronto. Tutto sarà recitato splendidamente. Io riderò e piangerò di gioia. Appena la pietra sarà levata, il brulicare del sole, le maschere degli uomini, il sapore della luce, dell’aria, rifaranno in me, d’un morto che non voleva rivivere un vivo che non vuole morire. La vita mi riprenderà nelle sue braccia, nei miei polmoni l’odore del cedro e del sandalo irromperà pieno di ricordi, la giostra del sangue trascinerà nelle mie vene ghiacce le vecchie passioni, avrò fame e sete; avrò ancora paura di morire, perché Tu, che sei il mio amico, cancellerai da Lazzaro il suo segreto, se vuoi che cammini dritto fra questi poveri morti. Sono pronto: levatemi le bende.”

Ovviamente questo non è un brano teologico, è una drammatizzazione, ma ci sono in questo brano – come in tutto il libro che ho scorso per anni tante volte – delle intuizioni meravigliose. Per esempio in quest’ultima di Lazzaro che non vuole tornare, di Lazzaro che si piega a questa vita che va verso la morte, mentre egli è nella vita vera, ma quello che mi interessa in questo momento dirvi, e su cui vorrei che spendeste un po’ di tempo, un po’ di preghiera, è questa frase: Egli non lo chiama “Maestro”, “rabbì”, “Signore”, semplicemente “Gesù”, e semplicemente Gesù si sente l’Ospite fra queste pareti, e la sua parte umana - la fame, il sonno, la gaiezza – si dilata allora in un abbandono ristoratore, bere il vino più dolce che nasce sulle vigne della terra: l’amicizia”.

Se questo è il brano dell’amico risorto dentro il Vangelo dell’amico, l’amico che Gesù amava, comincia con: Maestro dove abiti? Venite e vedete, comincia con il convenire dei discepoli con il maestro per restare con Lui tutta la notte, fino

104

Page 105: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

alla notte in cui Giovanni poggia il suo capo sul petto dell’Amato, come aveva già annunciato il Cantico, se questo è il vangelo dell’amico noi non possiamo non dedicare un tempo a dire: ma io ce li ho degli amici? Ho delle persone che in questo momento sanno qualcosa di me? In “Gente di mare”, che è un po’ un idolo di tutti quelli che si affacciano sul mare (Salerno, Palermo, Sorrento, ecc.) dice: qualcuno al di là del mare non sa nulla di me, tu vuoi saperlo? Quindi devo stabilire dei ponti.

C’è qualcuno che sa di te? Io so che alcuni di voi rischiano di liquidare questa mia domanda come romantica o forse hai sbagliato file e hai preso il file “Campo-scuola adolescenti”, campo-scuola dove i nostri figli o nipoti (a seconda dell’età) stravedono per un amico, s’innamorano di un amico, degli amici … Questa stagione dell’adolescenza, della giovinezza, è una stagione dove il confine tra l’amicizia e l’amore è un passaggio senza frontiere, ma poi la vita ci prende e noi diciamo quella vera, quella seria, il lavoro, gli affetti, prima fidanzata, poi la moglie, prima il fidanzato, poi il marito, i figli, ecc. … e vediamo questa giostra ripetersi nella vita dei figli o dei nipoti (per la terza generazione) e a noi ci sembra che questo canto non sia più adatto alla nostra età attempata, è questa la nostra condanna, sapete … è questa la nostra condanna: pensare che mi basti il marito, che mi basti la moglie, che mi bastino i figli (che poi se ne vanno), che mi bastino quelli di casa … ma quelli di casa non ci bastano, per un motivo che adesso detto così farà male ma è vero, e cioè quelli che sono troppo vicini non ci conoscono.

Allora mi chiedo in margine a queste nostre variazioni sul tema del capitolo XI di Giovanni, se questa risurrezione dell’amico non possa ottenerci la grazia di una risurrezione dell’amicizia. Ce l’hai degli amici? Pensate, chiamate a raccolta i vostri amici, ovviamente gli amici quelli veri, quelli stretti, non possono essere tanti. C’è un luogo, abbiamo parlato

105

Page 106: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

di un non-luogo, ma ci sono poi i luoghi dove ci sentiamo a casa, dei luoghi dove possiamo distenderci, dove sappiamo che l’altro, anche se noi non diciamo nulla, ci capirà, dei luoghi dove possiamo ricaricarci, possiamo celebrare la vita e il gusto della vita.

Il mondo degli adulti è pieno di presenze strumentali, l’amicizia ha un suo “marchio D.O.C.” ed è la gratuità, cioè l’amicizia è senza motivo, è senza “perché”, l’amicizia è e basta, non è legata alle prestazioni professionali, non è legata ai vincoli del sangue, è un convenire intorno alla mensa della vita, è un guardarsi, è un riconoscersi, è un rimandarsi …

«La vita è il fragile specchio di uno sguardo», dice Barsacchi nella poesia che tante volte vi ho citato. Allora a fronte di tanta solitudine, di tanto isolamento, di tanta agilità, di tanta freddezza, per cui in questa conta alcuni di voi, alcuni di noi potrebbero non trovare nessuno, chiediamo di rigettare ponti; per i più giovani (pochi quest’anno) è più facile, siete ancora nel tempo in cui si vendemmia nel campo dell’amicizia, si portano covoni (come dice il Salmo 125), ma com’è difficile giocarsi, perché tante volte ci siamo fermati, e molti si ritraggono in margine a delusioni, mentre questo vino, se l’ha bevuto Gesù, il discepolo che Gesù amava, il discepolo amico, Lazzaro l’amico – colui che Tu ami è malato – chi siamo noi per vivere questo digiuno che sa un po’ di bestemmia? E questo che dico a tutti, poi ha un suo capitolo per i preti: quanti confratelli e quanti amici? Quanti “colleghi”, don Marco, uno dei due appena ordinati, un mese fa, nel suo ringraziamento alla fine della prima messa ho saputo che ha detto ai preti presenti: spero che non siate “colleghi”, che non siamo “colleghi”, perché questa è la tragedia, che siamo colleghi! Quindi come gli insegnanti fanno il corpo docenti noi facciamo il consiglio presbiterale, il corpo presbiterale … sappiamo che teologicamente è molto di più!

Allora anche sulle nostre tavole a volte manca questo vino

106

Page 107: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

dolce, che ci aiuta a vivere, che ci aiuta a portare i mesi.Ovviamente (e concludo) ci sono i tempi, ci sono i luoghi,

ci sono i rituali di un’amicizia, come ci ha insegnato da tanti anni il Piccolo Principe, e la volpe, per la verità, che fa la maestra e dice: possiamo incontrarci in qualsiasi ora, l’importante è che ci addomestichiamo. Nei nostri presbiteri, ma anche nelle nostre parrocchie, c’è tanto bisogno di passare da animali feroci ad animali domestici, addomesticare è fare entrare nella domus, dal fuori recinto a dentro il recinto.

Concludiamo ripetendo solo le prime battute, quelle più umane che forse passate al vaglio della umanità di Santucci sembra un Vangelo troppo terra-terra, ma è il Vangelo:

«E a quella casa, a quel porticciolo di vecchie pareti benestanti tra il torrente Cedron e la collina di Getsemani, dove sbarca ogni volta che può, quando il Suo viaggiare lo porta qui da Betania. Qui una tavola e un letto lo aspettano sempre, una lampada sta accesa giorno e notte per la Sua stanchezza e per la Sua paura, visibile fin dai confini avventurosi e infidi della Fenicia.

Come si conobbero? Perché ha scelto loro? Marta, Maria e Lazzaro sono fratelli e orfani, in quella casa non ci sono né un padre né una madre, a turbare col divario dell’età la confidenza che corre tra coetanei. All’Ospite stanco piacciono l’attenzione di Maria seduta ai suoi piedi, quando Lui si mette a parlare, la sua bella riga dritta fra i capelli, piacciono ugualmente lo sfaccendare di Marta dietro ai mestieri di casa, il suo piccolo broncio di ragazza assennata, quando entra a prendere un oggetto e strapazza senza soffermarsi la sorella imbambolata con l’Ospite mentre di là c’è tanto da fare, i rumori di lei invisibile in cucina, dove la cena si prepara sui fuochi. Ed è bello per Lui anche quando, raramente, entrambe Lo lasciano solo, e allora Egli sgranchisce i piedi indolenziti, riposa gli

107

Page 108: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

occhi sui mobili intorno, guarda dalla finestra Gerusalemme rossa di tramonto, che vista da questa pace pare un bel sogno.

Lazzaro sta per tornare. Qualcuno dice che Lazzaro fosse anche suo discepolo. Sbaglia. Un giorno invero Lazzaro incontrerà il martirio come tantissimi per questa buona novella. Quando rientra dai campi, Lazzaro gli tocca una spalla, siede e si mette a parlare del raccolto, delle ulive, degli agnelli nati di fresco nelle stalle o sui pascoli. Marta appoggia fra loro una brocca di idromele con due boccali, pane e quel c’è in dispensa per cena. Dopo sul tavolo correranno i dadi. Egli non lo chiama “Maestro”, “rabbì”, “Signore”, semplicemente “Gesù”, e semplicemente Gesù si sente l’Ospite fra queste pareti, e la sua parte umana - la fame, il sonno, la gaiezza – si dilata allora in un abbandono ristoratore, bere il vino più dolce che nasce sulle vigne della terra: l’amicizia.

Non passa la Sua divinità da quell’uscio, non la conterrebbe questa piccola stanza quadrata, è come se la lasciasse fuori, sulla soglia, corona troppo abbagliante, ed entra umana ombra nella casa di Betania. Qui non racconterà le parabole, non farà miracoli. I tre fratelli sanno la Sua grandezza, atto per atto, conoscono tutto quello che ha compiuto dall’ultima volta che mangiò al loro tavolo. Ma non gli chiedono mai quando Egli senza bussare spinge la porta e dice solo “pace a voi, sono qui”.

Andiamo a tavola con questa immagine che questa lampada che arde giorno e notte è come un faro, visibile a distanza, a miglia e miglia di distanza, a illuminare un cammino, a dare speranza, a evitare un fragile … Quanti amici ho? E non solo i “mi piace” di Facebook!

108

Page 109: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

MEDITAZIONE

Iniziamo la meditazione di questo pomeriggio, diciamo ultima vera e propria, con le parole “Per la morte di un amico”. Ci siamo lasciati con questo canto alla vita e all’amicizia che questo brano contiene, e “Preghiera in gennaio” di De Andrè, è la preghiera di un amico per un amico morto suicida, e si tratta ancora di Luigi Tenco.

De Andrè affermava d’aver scritto questa canzone di ritorno da Sanremo, dove si era precipitato in seguito alla notizia della morte drammatica dell’amico compositore, e che tornato a Genova da Sanremo cercava un modo per farsi vicino. De Andrè ha sempre affermato di non essere credente anche lui, siamo sempre alla scuola di non credenti, per dirla con il Cardinale Martini, ma c’è nel testo di questa canzone tanta speranza in un momento di disperazione: chi si toglie la vita se la toglie e chiude con questo mondo in un momento di disperazione, ma in questa disperazione fiorisce questa canzone che è anche una poesia, conosciamo lo stile, le rime di De Andrè, dove l’amico è pensato mentre attraversa l’ultimo ponte, e porta con sé davanti a Dio tanti che come lui hanno troncato la propria vita in un momento di disperazione. Quando attraverserà l’ultimo vecchio ponte ai suoi figli dirà, baciandoli alla fronte: venite in paradiso, là dove vado anch’io.

Questa cosa potrebbe destare qualche perplessità: fate che giunga a voi, Signore (il titolo è “Preghiera in gennaio”, che era ed è il mese del festival di Sanremo). Pensando allo scandalo che questa preghiera possa provocare, dice: “Signori benpensanti, spero non vi dispiaccia se in cielo, in mezzo ai santi, Dio fra le Sue braccia soffocherà il singhiozzo di quelle labbra smorte che all’odio e all’ignoranza preferirono la morte.” Spesso il successo di uno diventa l’occasione della morte di tanti, se non della morte drammatica, come in questo caso di Tenco. Certamente altre forme di morte per uno che

109

Page 110: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

vince perdono in tanti. Essere stato escluso dal festival per Tenco fu una notizia troppo pesante, per un cuore probabilmente già indebolito, per una psiche già ammalata.

“Meglio di Lui nessuno mai ti potrà indicare gli errori di noi tutti che vuoi e puoi salvare.”

E quindi Tenco diventa nell’immaginazione, nella fede di De Andrè colui che può parlare degli altri, può parlare dell’umanità, avendone vissuto gli aspetti più drammatici. Il testo che ci interessa questo pomeriggio riguarda gli ultimi versetti, o i penultimi. Ci siamo lasciati sul testo con il pianto di Gesù, Gesù scoppiò in pianto», poi la meraviglia dei Giudei: lo amava, e allora perché Lui che ha aperto gli occhi al cieco (capitolo precedente) … Ha aperto gli occhi al cieco perché potessero vedere la nuova luce della Risurrezione. In questo quadro di Van Gogh è espressa questa luce dal sole giallo limone. Inizialmente imbattermi in questo quadro mi ha fatto pensare ad un suo contemporaneo, e invece era Van Gogh. Tra l’altro, vedete, Gesù è assente, non c’è, c’è Lazzaro e ci sono le due sorelle, e c’è questo sole che esprime la risurrezione, la gioia, o la presenza di Gesù il Risorto, e Colui che ha fatto risorgere.

Comincia, dopo questo pianto un pianto che abbiamo immaginato davanti alla pietra, un pianto che lava di luce la pietra, ma che in realtà è un pianto prima di questo corteo. Lo dico per Peppe, priore di una confraternita, che è qui nonostante in questi giorni la febbre nelle confraternite della penisola sorrentina sale fino all’eccesso, in preparazione alle processioni della Settimana Santa. Perché qui c’è una processione, intanto Gesù ancora profondamente commosso si recò al sepolcro. Quindi dal luogo dell’incontro, dal luogo del dialogo con Marta e Maria adesso andiamo verso il sepolcro, che è sempre un po’ fuori dell’abitato.

Dice il testo: era una grotta, e contro vi era posta una pietra. Ci fermiamo un po’ a contemplare questa scena: era una

110

Page 111: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

grotta e contro vi era posta una pietra.Grotta ci fa pensare a un grembo, un grembo materno, il

grembo della terra, dalla stalla di Betlemme, il cammino della fede è dall’Incarnazione alla Redenzione, e quindi dalla grotta di Betlem alla grotta del Sepolcro. E c’è un’altra grotta famosa per gli Ebrei, ed era la grotta di Macpela, che alcuni di voi dovrebbero conoscere per frequentazioni passate, è la grotta che Abramo comprò a caro prezzo e che fu l’unico fazzolettino di Terra Promessa che Abramo vide, e non solo lui, ma anche Isacco, ma anche Giacobbe. E questa grotta, che è l’unico possedimento nella Terra Promessa per questo popolo che ancora deve nascere – nascerà con Abramo – è la grotta che Abramo comprò dagli Ittiti per seppellire sua moglie, lo pagò a carissimo prezzo, ma nessun prezzo è tanto alto quando si tratti della speranza, perché non è solo un fatto affettivo “devo seppellire mia moglie”, ma è un sacramento della promessa che Dio ha fatto ad Abramo, e poi a Isacco, e poi a Giacobbe, e poi c’è il pellegrinaggio in Egitto e poi c’è il grande ritorno. Quindi alla fine, per tanti anni, per molte generazioni l’unico possedimento è stato questa grotta.

Allora che fosse una grotta ci richiama tutto questo, e qui c’è una pietra, e c’è una pietra che adesso bisogna togliere. Gesù dice: “Togliete la pietra”. E Marta con la concretezza che le abbiamo riconosciuto fino a stamattina protesta dicendo: “Ma non è il caso! Non è igienico!”.

C’è sempre una pietra che ostruisce.Nel Credo noi diciamo che: «Discese agli inferi, il terzo

giorno risuscitò da morte. Su questo aspetto, i Padri antichi erano più attenti, noi riteniamo Gesù fisso, fermo nel sepolcro in attesa della risurrezione, in attesa c’è questa discesa agli inferi, non certamente con il corpo, dove il Risorto, come recita nell’Ufficio delle Letture la lettura patristica “Da un’omelia di un autore ignoto” che leggiamo il Sabato Santo, Gesù scende negli inferi per chiamare Adamo, per chiamare i Patriarchi, i

111

Page 112: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

Profeti, tutti coloro che erano morti prima che sorgesse il sole, e dice loro: venite, uscite! E quindi bisogna togliere questa pietra, e come ostruire qualcosa per rendere possibile una liberazione. E qui (è stato un insight di dieci minuti fa, prima che scendessi) mi si è aperto un file in mente che riguarda Umberto Saba, in “Preghiera alla madre”, che probabilmente è un ricordo di questi tempi, quando cantano i merli.

Preghiera alla madre  Madre che ho fattosoffrire(cantava un merlo alla finestra, il giornoabbassava, sì acuta era la penache morte a entrambi io m’invocavo) madreieri in tomba obliata, oggi rinatapresenza,che dal fondo dilaga quasi venad’acqua, cui dura forza reprimeva,e una mano le toglie abile o incautal’impedimento;presaga gioia io sentoil tuo ritorno, madre mia che ho fatto,come un buon figlio amoroso, soffrire. Pacificata in me ripeti antichimoniti vani. E il tuo soggiorno un verdegiardino io penso, ove con te riprenderepuò a conversare l’anima fanciulla,inebbriarsi del tuo mesto viso,

112

Page 113: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

sì che l’ali vi perda come al lumeuna farfalla. E’ un sogno,un mesto sogno; ed io lo so. Ma giungerevorrei dove sei giunta, entrare dovetu sei entrata - ho tantagioia e tanta stanchezza!- farmi, o madre,come una macchia dalla terra nata,che in sé la terra riassorbe ed annulla.  Una preghiera alla madre che nasce probabilmente dal

canto di un merlo, che richiama probabilmente al poeta una scena in cui ci sarà stata tensione tra lui e sua madre. È bello questo incipit “madre che ho fatto soffrire”, perché tutti noi abbiamo fatto soffrire nostra madre. Dice al centro “come ogni buon figlio amoroso”: ogni buon figlio amoroso fa soffrire sua madre, quindi non si tratta di un figlio ribelle, di un figlio prodigo … è la sofferenza che ognuno di noi ha recato a sua madre. E quindi il merlo che canta nella stagione degli amori, dei nidi come una di voi mi ha scritto, il giorno abbassava (siamo al tramonto), e c’era una tensione, una pena che mi faceva invocare per me e per te la morte. E poi da allora è passato tanto tempo, e la madre è morta, e il poeta non se n’è dato dolore più di tanto, ma adesso è come Pasqua, perché se ne ricorda (forse è il canto del merlo che gli evoca tutto questo), ed è (e questo è il collegamento con la pietra) “oggi rinata presenza, che dal fondo dilaga, quasi vena d’acqua, cui dura forza reprimeva. E una mano le toglie abile o incauta

113

Page 114: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

l’impedimento”. C’è un corso d’acqua, c’è una vena d’acqua che non scorre a causa di un tappo (per dirla con una parola poco poetica). Tutta questa onda di ricordi è stata in qualche maniera repressa, fermata, ghiacciata, ibernata, e adesso forse il canto del merlo, forse il tramonto, forse la mia stanchezza e la mia gioia (come queste due cose possano coniugarsi, tanta gioia, tanta stanchezza), sta di fatto che qualcosa rimuove questa zolla che faceva da diga e dilaga questa vena d’acqua, e dilaga il ricordo di te, per cui sei rinata adesso, “oggi rinata presenza”. E quindi stai tornando, e quindi il ricordo di te (adesso io aggiungerei: la preghiera per te), essere qui ad Ariccia in questo brano di morte e di risurrezione ti sta facendo tornare, e quindi io sento una gioia, ho il presagio di una gioia che sta per venire, che è la gioia del tuo ritorno, finalmente insieme, finalmente ci capiamo, finalmente ti chiedo perdono, perché ti ho fatto soffrire come ogni buon figlio amoroso.

Adesso i ricordi: pacificata (finalmente non c’è più tensione) in me ripeti antichi moniti vani. Tutto quello che mi dicevi quando ero piccolo, tutti gli avvertimenti “mettiti la maglietta …”, quindi la madre sembra non aver avvertito il tempo che è passato, anzi lei stessa è ringiovanita e ripete al figlio, che è avanti negli anni, Saba, le cose che gli diceva quando era piccolo: amorosi moniti vani, vani perché il figlio non ascolta, perché i figli non ascoltano. Il tuo soggiorno un verde giardino io penso: cioè non ti penso nella morte, non ti penso nella tomba, non ti penso ridotta in polvere o dietro una fredda …, ma ti penso in un giardino. La parola “paradiso” significa “giardino”, ove con te riprendere tu a conversare l’anima fanciulla. Questa nostalgia del giardino è la nostalgia del giardino di Eden, e della consuetudine uomo-Dio, Dio-uomo, madre-figlio (nel caso).

“Ove con te riprendere può a conversare l’anima fanciulla, 114

Page 115: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

inebriarsi del tuo mesto viso ‘sì (bella questa immagine, desiderio di annullarsi) che l’ali vi perda come al lume una farfalla”, cioè questa esperienza voglio morire anch’io. In questo nostro incontro così gioioso: voglio unirmi a te, contagiami della tua morte, così come una farfalla che giri intorno alla fiamma, e finisca con l’essere bruciata, diventando luce essa stessa. E poi si riprende, dice: è un sogno, un mesto sogno, ed io lo so, ma (è un desiderio) giungere vorrei dove sei giunta, entrare dove sei entrata. E poi detto tra sé: ho tanta gioia e tanta stanchezza. Si può essere contenti e stanchi, c’è la gioia d’averla ritrovata la madre, c’è la stanchezza della vita, degli anni, delle prove che il poeta ha sopportato, e adesso inteso anche per l’ultimo verso: ma giungere vorrei, ma vorrei farmi, o madre, come una macchia dalla terra nata che in sé la terra riassorbe ed annulla, e qui ovviamente è una macchia verde, cioè è un arbusto, un alberello, un fiore, qualcosa che sia nato dalla terra e che ritorni alla terra, come il figlio che è nato dalla madre e ritorna alla madre.

Divagazioni letterarie … credo che siano di più, almeno così le sento per me, perché in questi giorni, dove c’è un sepolcro noi siamo stati, siamo e staremo fino a domani (e speriamo anche a casa) in compagnia dei nostri defunti a cui chiedere perdono, da tirar fuori dopo un deserto di oblio, di dimenticanza, a tirar fuori dalla tomba, dall’oblio, come Gesù nel vangelo: togliete la pietra. E questo “togliete la pietra” mi ha fatto pensare a questa pietra che non faceva scorrere l’acqua della memoria.

C’è qualcosa che ostruisce ancora la mia vita, la tua gioia, la tua serenità, la nostra pace, e quindi chiediamo che queste ore servano a ripulire … c’era una poesia, mi viene in mente in questo momento di Luzi, che parla di questa donna che pulisce la terra per farla respirare, in modo tale che nuovi germogli possano nascere senza difficoltà, che libera dalle foglie morte la terra nei vasi, forse si intitola “Augurio”, ma posso

115

Page 116: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

sbagliarmi.

Marta pensa che questa memoria sia decomposta, Marta ha paura di ricordare, e torna il suo carattere iperattivo: ma pensiamo a vivere, ma lasciamo i morti al cimitero, non togliete la pietra!, come se dicesse Marta, che pure ha rimproverato Gesù (se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!): è in decomposizione, è morto già da quattro giorni! Ma non ti ho detto che se credi verrai la gloria di Dio? Ed è quello che adesso cantiamo, ed è detto a noi, perché se tu credi, la gloria di Dio la vedrai. Attenti, è nello stesso atto del credere, la gloria di Dio.

Dicevo ad alcuni giovani preti come sia miracoloso da parte di tanti ammalati credere, come sia miracolosa la fede nella vita delle famiglie di questi ammalati, e poi di questi defunti, come sia miracoloso il credere e quindi gloria di Dio, nel senso che ti apre uno sguardo oltre la pietra, oltre la dimenticanza, oltre la decomposizione della memoria, oltre l’oblio.

Cantiamo con fede: io ti dico che se tu credi vedrai la gloria di Dio.

Ireneo di Lione dice che la gloria di Dio è l’uomo che vive, l’uomo vivente, cioè nell’atto del vivere, più che nell’atto del morire, la vita è di suo già epifania della gloria di Dio. E l’ultima annotazione la facciamo intorno a questo imperativo affidato a Lazzaro, finalmente dopo aver dialogato a lungo con Marta, con Maria, aver pianto, aver pellegrinato, essersi fermato davanti a questa pietra che ostruisce la comunicazione (“madre che ho fatto soffrire”), Gesù dice: Lazzaro, vieni fuori! Questa è una parola molto potente, forse è la parola più forte per noi, e ne possiamo percepire la forza proprio in grazia di questo itinerario che abbiamo compiuto insieme: Lazzaro, vieni fuori! Non basta togliere la pietra, se il malato, il defunto non

116

Page 117: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

vuole vivere – nell’immaginazione di Santucci vi ho letto prima di pranzo addirittura una sorta di ritrosia o di avversione da parte di Lazzaro a tornare in quella che a lui sembrava vita, ma che adesso, sub specie aeternitatis, non è più vita, non è la vita che vuole.

Vieni fuori! Adesso ciascuno di noi deve capire da che cosa deve venire fuori: vieni fuori. Vieni fuori dalla morte, perché alcuni di noi, o tanti di noi, vivono (come ci siamo già detti in questi giorni) ma sono morti, sono cadaveri ambulanti, fanno le cose ma senza partecipare al banchetto della vita.

Quindi vieni fuori dalla tomba dove ti sei sepolto da te. Tanti gesti che facciamo, tanti tagli che operiamo ci riducono in una regressione sempre più profonda, fino a ucciderci. Quindi dalla tomba deve uscire Lazzaro, dalla tomba devi uscire tu. Esci da questo loculo, esci da questa prigione nella quale, paradossalmente tu stessa, tu stesso, io stesso ci siamo posti, oppure: esci dal dolore, Lazzaro vieni fuori dal dolore! Ed è ancora più difficile, pensate a riti di morte che ancora facciamo intorno ai nostri defunti che nulla hanno di cristiano, che non sono visitati dal sole giallo di Van Gogh, qui nel quadro alle mie spalle. Quindi esci fuori da questa dimensione di lutto permanente. Penso ai nostri genitori, ai nostri nonni in quei lutti che non finivano mai, e quando poi uno stava per terminare ne cominciava un altro, e quindi sempre vestiti di nero. Anch’io, immagino anche voi, abbiamo subito questo dramma umano. Fosse anche solo un bottone, come si usava una volta, una fascia, erano tutti segni di morte, le persone stavano per generazioni sotto quella coltre …

Oppure: vieni fuori dal risentimento, anche il risentimento è una tomba. E quindi quella persona mi ha detto una cosa, ma è ancora … In una confessione fatta in una parrocchia in questi giorni in una liturgia penitenziale: ce l’ho con quelle persone che non sono venute alle esequie di mia madre … Ma per carità! Vanno alle esequie degli altri, non sono venute e quindi

117

Page 118: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

non li perdono! Noi sorridiamo, ma sono dei drammi! Non è il fatto che tu non hai perdonato, è il fatto che tu ti infeliciti ogni qual volta li vedi, o a ogni esequie a cui vai e li vedi … Esci dal risentimento, perché il risentimento è tuo, esci fuori da questa tomba, respira un po’ di aria di lago, ci sono altre cose a cui pensare più belle, più importanti, più vitali, di chiudersi in questo rancore per una cosa non avuta, per un’azione subita … Immagino Raffaele impegnato come terapeuta anche in questo scavo dei morti: anziché stare in fondo alla caverna, come gli uomini di Platone, venite fuori, venite a vedere, queste sono ombre, fuori c’è il sole!

Il peccato è un’offesa a Dio, ma anche a noi, alla nostra vita. Le potenzialità che sono iscritte nella nostra esistenza.

Esci fuori dalla tristezza: c’è una tristezza buona e c’è una tristezza negativa, che è spesso anche palude dove allinea più facilmente la tentazione; per questo san Filippo Neri viveva questa ascesi della gioia, non perché fosse un burlone, un buffone, ma perché nella tristezza facilmente si insinua il demonio, con pensieri, anche semplicemente oscuri, tetri, poi il romanticismo un po’ ci ha ammalati di questo, un qualche aspetto del romanticismo scorre nelle nostre vene.

Esci dalla depressione: e lo so, e voi direte: e come si fa? A volte l’ammalato si compiace della sua malattia, l’ammalato vuole essere malato, malato fisico (qui ci sono i medici), malato psichico (qui c’è Raffaele che è psicoterapeuta, la psicologa) … cioè esci fuori da questa malattia. Ma tu vuoi vivere? O vuoi morire?

Esci fuori dalla mediocrità: quindi una vita blanda, superficiale, fondamentalmente egoistica, dove gli altri hanno poca cittadinanza.

Esci fuori dalla paura: questa è una cosa che attanaglia la vita di tutti noi. Paura, quante paure, da quando eravamo bambini.

Quindi come vedete questo grido è per noi: togliete la

118

Page 119: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

pietra, e quindi togliamo questo impedimento che ci rimette in contatto con i defunti, con la nostra storia, con il nostro passato, con i nostri ricordi, ne ho evocati tantissimi in questi giorni. E poi: esci fuori, adesso vieni alla luce, sei troppo bianco, pallido! Hai bisogno d’un po’ di sole! Non so adesso, ma la pioggia, le lacrime del cielo, hanno riportato l’azzurro e rischiarato il lago.

Esci oltre questa linea d’ombra. Se leggerete, di Oscar Mondadori, quel testo di La Capria tra l’altro troverete questa scena bellissima di questa casa sulle falde del Solaro (una montagna che si trova a Capri, in una piccola isola), e lui racconta che c’è questa linea d’ombra perché il sole alle tre sta dietro al monte Solaro, e quindi mi trovo come uno spettatore in platea, al buio, e quindi guardo i Faraglioni, guardo la vita, e (una memoria serena e bella della morte) dice: perché noi siamo continuamente chiamati a varcare questa linea d’ombra.

Esci dalla paura, dalla paura delle malattie, dalla paura del giudizio degli altri, dalla paura di dover essere “superman”, dalla paura dei tuoi limiti …

Quindi come vedete, ho fatto questo elenco, l’ho scritto volutamente: esci dalla tomba, esci dal dolore, esci dal risentimento, esci dal peccato, esci dalla tristezza, esci dalla depressione, vieni fuori dalla mediocrità, vieni fuori dalla paura … E questo se lo dice Gesù significa che lo posso fare, che Lui mi abilita, e quindi qualcuno di voi può guarire (e non perché adesso abbia preso anche la patente di guaritore, tranquilli!), può guarire in grazia di questa parola che è una parola di speranza, è una parola di vita: questo è un vangelo di vita! L’amicizia, le lacrime, Marta, Maria, i vincoli, i ricordi, la pietra, la grotta … Questa grotta può partorire; credo che abbia colpito anche voi quello che ha detto Angelo nella condivisione, se sono morti in due allora questo dolore sarà un parto gemellare. È una visione che non è naturale, è una visione di fede, cioè che il dolore, mi ricorda un verso, che è

119

Page 120: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

anche il titolo di un libro di Peppe: “Porta luce il dolore”. Il dolore è un dolore di morte o un dolore di vita? Scegli tu! Stai partorendo o stai morendo? Sono due cose diverse, ma la fenomenologia è la stessa, cioè tutti e due stiamo soffrendo: uno sta soffrendo per niente, perché precipita nel vuoto, e l’altro sta soffrendo per dare la vita a un altro, e quindi darla anche a sé, divenendo padre e madre.

Ecco, se queste piste (nel riassunto di questa puntata), un pellegrinaggio alla grotta, andiamo alla grotta cantando “Tu scendi dalle stelle”, o cantando “Che gioia ci ha dato, Signore del cielo”, cioè il canto di Natale e il canto di Pasqua, che è il grembo materno. Poi togliete la pietra, quindi questo sforzo, che forse è coinciso con il nostro cammino, di liberare il cuore, la mente, la vita, il corpo da ciò che ostruiva.

Se tu credi, se tu speri, se tu ami, se tu vivi, vedrai la gloria di Dio. Quindi esci e guardala la gloria di Dio, che è qui in questo palchetto d’onore davanti al lago, palchetto reale al Teatro San Carlo!

Poi: vieni fuori. Concludo ripetendovi “Preghiera in gennaio” di De Andrè e questa “Preghiera alla madre”. Solo adesso mi accorgo che hanno lo stesso incipit di titolo: “Preghiera in gennaio” e “Preghiera alla madre”. Appartengono questi testi, vedete, alla nostra cultura, alla “passione ribelle”, direbbe la Mastrocola nell’ultimo libro sulla cultura e sulla fatica di studiare, che i nostri alunni non sembrano avere, anche perché i genitori non li stimolano abbastanza.

“Preghiera in gennaio”, De Andrè

“Preghiera alla madre”, Saba

«Madre che ho fatto soffrire, cantava un merlo alla finestra, il giorno abbassava, ‘sì acuta era la pena che morti entrambi io m’invocavo. Madre, ieri in tomba obliata, oggi

120

Page 121: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

rinata presenza, che dal fondo dilaga, quasi vena d’acqua cui dura forza reprimeva, e una mano le toglie abile o incauta ogni impedimento. Presaga gioia io sento il tuo ritorno, madre mia, che ho fatto come un buon figlio amoroso soffrire. Pacificata in me, ripeti antichi moniti vani, e il tuo soggiorno un verde giardino io penso, ove con te riprendere può a conversare l’anima fanciulla, inebriarsi del tuo mesto viso ‘sì che l’ali vi perda come al lume una farfalla. È un sogno, un mesto sogno, e io lo so, ma giungere vorrei dove sei giunta, entrare dove tu sei entrata con tanta gioia e tanta stanchezza, farmi, o madre, come una macchia dalla terra nata che in sé la terra riassorbe ed annulla».

Tra un’ora e venti celebriamo l’Eucaristia nella cappella grande, impieghiamo bene questo tempo.

121

Page 122: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

S. MESSA – OMELIA

Questa scena del vangelo di Giovanni è il naturale epilogo di quanto abbiamo meditato nel capitolo 11. È appena il capitolo successivo, ed è il sabato precedente l’ingresso di Gesù in Gerusalemme, infatti dalla tradizione bizantina viene indicato come il “Sabato di Lazzaro”. E qui, sei giorni prima della Pasqua (siamo ormai nell’imminenza anche per noi della Pasqua, ne è segno la luna che si sta ingravidando di giorno in giorno, di sera in sera per giungere alla luna piena della Pasqua) si organizza questa festa per il Signore ma anche per Lazzaro, è una festa di vita. Lazzaro era uno dei commensali – dice l’Evangelista Giovanni – e Marta serviva, e anche qui i tre fratelli sono in sinergia: Lazzaro come ogni buon maschio siede a mensa con Gesù e i discepoli, Marta è la serva e a Maria è riservato questo gesto di venerazione, portare un profumo esorbitante per quantità e per costo, e compiere nei confronti del Signore, senza che ella lo sappia, un gesto profetico … un gesto d’amore, nella sua mente, un gesto di dolore nell’interpretazione che ne dà Gesù quando dice che ella ha compiuto questo gesto per la Sua sepoltura, non potendosi fare tutto quanto prescritto per l’imminenza della Pasqua, per la Parasceve, perché i corpi non rimanessero sul patibolo quel giorno, era infatti un Sabato solenne, e quindi c’è una certa fretta che non permette di svolgere tutte le unzioni profumate che il rituale prevede, per questo motivo le donne la mattina di Pasqua vanno con misture di olio per recuperare quanto la fretta del venerdì sera non ha permesso loro.

Ma ecco che Maria torna, Marta è alle prese del servizio della mensa, Lazzaro è commensale e Maria ha questa trovata geniale di compiere un gesto di venerazione, un gesto d’amore, un gesto femminile, ci sono i capelli, c’è il profumo, c’è questo stare ai piedi del Maestro, come ce l’ha presentata Luca nel vangelo di ieri sera.

122

Page 123: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

Quello che in questo momento mi interessa di più trasmettervi è che c’è una continuità tra ciò che ha fatto Maria nei giorni del dolore con questo gesto. L’olio profumato sono le lacrime che ella ha versato fino allo sfinimento, nel procinto, prima e dopo la morte del fratello, quelle lacrime, le sue, che hanno provocato per simpatia le lacrime del Maestro. E quelle lacrime, come ci ricordava questa mattina Pedro Salinas, unite alle lacrime di Gesù hanno creato questa mistura profumata, che è un annuncio di Pasqua. Per cui portiamo nell’Eucaristia questo augurio: che il tuo dolore possa profumarsi, le tue lacrime diventare mirra, diventare balsamo di buon odore, balsamo profumato. E quand’è che un dolore diventa bello? Quand’è che delle lacrime di dolore diventano profumo, nardo purissimo? Quando sono il dolore, le lacrime accostate al dolore e alle lacrime di Gesù. E quindi questa sera vogliamo mettere a contatto le nostre e le Sue lacrime, il nostro e il Suo dolore, per vedere realizzato nuovamente questo prodigio di lacrime che diventano nardo di ottima fattura.

La Pasqua è questo, la Pasqua sono le piaghe che diventano gloriose, le piaghe che da dolorose diventano luminose, e questo nel nostro piccolo è possibile già adesso, già qui, già in questa Pasqua, non siamo invitati a rimuovere il dolore, le sofferenze, le difficoltà, i disagi, i limiti di cui è piena la nostra vita, ma siamo chiamati ad assumerli, a chiamarli per nome, a catalogarli se volete, ma non per una auto-lamentazione, ma per un’offerta. Maria è contenta adesso di versare sui piedi del Maestro questo nardo abbondante e profumatissimo, ha offerto delle lacrime che sono diventati diamanti alla luce della Pasqua, Pasqua è questo. Vi auguro che accada con voi, adesso, in questa Eucaristia che è Pasqua, nella Pasqua che ci apprestiamo a celebrare.

123

Page 124: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

ADORAZIONE EUCARISTICA

Ripercorreremo in questa ora di Adorazione insieme le tappe del cammino che abbiamo fatto.

Innanzitutto “il Signore è qui e vi chiama”, che è una Parola valida per tutte le ore di questa nostra esperienza, ma che adesso ha una caratura particolare, perché Gesù è qui, quindi facciamo innanzitutto un atto di fede nella Sua presenza, nella promessa che Egli ha fatto di essere con noi sino alla fine dei tempi, in questo roveto ardente che è l’Eucaristia, spesso misconosciuta, abbandonata nella Sua presenza costante, e dunque adesso il Maestro è qui e ti chiama, e ha ancora qualcosa da dirti, parla al Tuo cuore.

Ho intravisto che alcuni di voi hanno vissuto un’esperienza di pace, di gioia, altri di tormento, in vario modo il Signore ci chiama, a volte ci stimola con un pungolo, a volte ci chiama con una carezza, l’importante è che sia Lui alla base, alla radice, il regista di questi richiami, sa Lui cosa è bene per noi, cosa è bene per la nostra anima.

E quindi la prima parola con cui in silenzio meditiamo “Il Maestro è qui e ti chiama”, detto a Maria, detto a ciascuno di voi, è qui, e perché tu non abbia a perdere tutta la grazia di questi giorni, l’Eucaristia ha questo potere fissativo della grazia che ci ha raggiunti in tante maniere.

E quindi chiediamo a Gesù di confermarci, Lui è qui e ci chiama, e noi siamo qui e Gli rispondiamo “Eccomi”, ci sono, ti faccio compagnia, non mi addormento in questo breve tempo, come Pietro, Giacomo e Giovanni nell’Orto, come andiamo a contemplare nei racconti della Passione.

Ecco, il Maestro è qui e ti chiama, e ciascuno di voi gli risponda: sì, amen, eccomi, ci sono, Ti ascolto, parla Signore, che il Tuo servo Ti ascolta.

124

Page 125: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

Il Maestro è qui e ti chiama, e se mi chiama mi ama, se mi chiama si ricorda il mio nome, se mi chiama sa di che cosa ho bisogno, se mi chiama ha qualcosa da dirmi, un messaggio, una missione da affidarmi …

La seconda parola che riassume questi nostri giorni è “Colui che ami è malato”.

Maestro, ecco, colui che ami è malato.Adesso dedichiamo un piccolo momento all’intercessione

per coloro che conosciamo, di cui portiamo le pene in vario modo, da un punto di vista fisico, psichico, spirituale, affettivo, si trovano attanagliati da una malattia. Penso innanzitutto a Giampiero, che si era iscritto a questo corso di Esercizi, appena dieci giorni fa ha avuto un ictus, Giampiero è il diacono extralarge di Vico Equense, che altre volte ha partecipato con noi, è stato in pericolo di vita, adesso un po’ si riprende ma lentamente, con tutte le difficoltà del caso.

Affidiamo a Gesù tutte le persone che portiamo nel cuore, ieri abbiamo posto nel Suo Cuore Andrea, il papà *** in pericolo di vita, Lello mi ricordava di ricordare a voi l’intercessione per una giovane ammalata di cancro, in metastasi, a Vairano Patenora … Ecco, basterà dire i nomi, Gesù sa bene di quale patologia queste persone soffrono, e il nostro modo per affacciarci, non siamo mai stati isolati, anzi in questi giorni siamo stati più dentro la vita della Chiesa, la vita del mondo.

E quindi: Signore, ecco, il Tuo amico è malato.Allora diciamo pian piano, come una litania, questi nomi,

persone per cui chiediamo uno sguardo speciale da parte di Gesù.

Per queste persone, per queste situazioni, per noi stessi chiediamo il dono della pace, con l’antifona “Dona la pace,

125

Page 126: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

Signore, a chi confida in Te”.

“Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio”.

Questa Parola consolante raccogliamo questa sera, l’abbiamo incontrata in questi giorni, ciò che ci angoscia, ciò che ci preoccupa, ciò di cui non vediamo soluzione può essere per la gloria di Dio, nel senso che in quel dolore, in quella difficoltà Dio può risplendere. Lo invochiamo, certamente, lo chiediamo che sia per il bene, che sia per un salto di qualità, e anche il nostro soffrire in questi giorni è stato per la gloria di Dio, per una maturazione, per un parto.

“Io sono la risurrezione e la vita, chiunque vive e crede in me non morrà in eterno. Credi tu questo?”

Gesù il risorto, presente nell’Eucaristia, ci viene incontro con le mani piagate e gloriose, dicendoci: Pace a voi, come noi stessi abbiamo chiesto: Dona la pace, Signore, a chi confida in Te, e ci dice: Io sono la risurrezione e la vita.

In questa stessa cappella l’anno scorso in aprile, dopo Pasqua, c’è stato consegnato il verbo “Era necessario”, “oportebat”, era necessario che il Cristo soffrisse queste persecuzioni per entrare nella gloria. Adesso ci viene detto: Io sono la risurrezione e la vita, chiunque vive e crede in me non morrà in eterno, ed è il motivo per cui vogliamo che la fede si espanda, si estenda, e questo è il motivo dell’azione pastorale della Chiesa, fare in modo che molti credano in Lui, risurrezione e vita, credere in Lui è vivere, sperare in Lui è trovare una via d’accesso, una via di fuga anche nei momenti più terribili. Credi tu questo? Lo credi tu? Meglio, lo credi tu, Maria? Lo credi tu, Angela? …

E allora diamo qualche minutino per dire: sì, Signore, io credo. O come qualcuno di voi ha detto: Io credo, ma Tu aiutami nella mia incredulità.

126

Page 127: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

Troviamo un modo sintetico di esprimere la nostra fede, di dire: sì, credo, come dice Marta, Io credo che tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente, che deve venire in questo mondo.

Credi tu questo?

Concludiamo questa prima parte, poi liberamente possiamo rimanere o andar via, per questa seconda ora di preghiera silenziosa, dove non è importante dire, è importante stare, stare davanti a Gesù dicendoGli: guardami, chiamami, risollevami, dammi ali. Come dice il Salmo 54 “Chi mi darà ali come di colomba per volare?”. Pensavo, a proposito di “Credi tu questo?” all’atto di fede, che è una delle tante formule scomparse, dove alla fine ci faceva dire il testo: Conforme a questa fede voglio sempre vivere e morire, conforme a questa fede, cioè alla fede in Te, che sei la Risurrezione e la Vita, che sei la Via, la Verità, conforme a questa fede che vede in Te il Redentore, il Salvatore del mondo, il centro della storia, in conformità a questa fede.

Forse dobbiamo tornare, almeno nella parte nobile delle nostre parrocchie, a far sentire il gusto della fede e l’importanza che questa fede conformi. L’atto diceva: conforme a questa fede, cioè senza distaccarmi, a questa fede a cui siamo conformi, conforma la nostra vita, cioè la plasma, le dà un volto, una storia, un avvenire, una speranza … Ma non solo voglio vivere conforme a questa fede, ma anche voglio morire, cioè desidero morire in questa fede, non in un’altra. Oggi la percezione della gente della fede è molto labile, molto nebulosa, e invece c’è bisogno di fare questa adesione forte: Sì, Gesù, io credo in Te, e se Tu non ci fossi io precipiterei nella disperazione, sei Tu l’anima dei miei giorni, sei Tu il filo che connette tante azioni, tante vicende liete o tristi della mia esistenza.

Ecco, vi affido questa formula da ripetere, magari un po’

127

Page 128: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

in maniera litanica: Conforme a questa fede voglio vivere e morire, non permettere che io mi allontani da Te, vieni a cercarmi, non permettere che io viva, soprattutto muoia credendo ad altro, appoggiandomi ad altri che a Te.

Concludiamo, ripetiamo il canto che avete fatto a fine messa: Ho lottato tanto, perché questi giorni sono stati anche di lotta, ma al tempo stesso pensiamo a quelli che hanno lottato, che hanno sofferto nelle nostre parrocchie, nelle nostre case, e quindi chiediamo la pace di chi si addormenta, l’anima di questo canto era “In pace mi corico e subito mi addormento, tu solo Signore al sicuro mi fai riposare”, è uno dei pochi (come memoria storica, perché c’è una memoria storica anche nei canti in Italia) attraverso cui si è esplicitata la fede. Qui siamo negli anni ’70, ed è uno dei pochi canti dei 150 Salmi fatti che Giombini, un autore che allora andava per la maggiore, siamo nel post-riforma liturgica, che lavorava per la Pro Civitate di Assisi, mise su pensando a un Salterio con parole più aderenti. Di quei 150 forse due hanno ancora una qualche frequentazione nelle nostre comunità. Facciamo anche attenzione a quello che cantiamo, perché non sempre quello che cantiamo aiuta, esprime al meglio la nostra fede.

L’anima di questa preghiera della sera era il versetto del Salmo: In pace mi corico e subito mi addormento. Sono due momenti delicati della giornata: il momento in cui ci svegliamo e il momento in cui ci addormentiamo, sono i due momenti più delicati dove c’è bisogno di stare in pace, tranquilli, fare dei rituali della sera, fare dei rituali del risveglio, perché ci trovano piuttosto spaesati, impauriti nell’affrontare la giornata o nel lasciarci cadere nel sonno.

Questo canto, ma ancora più il Salmo, ci aiuta ad addormentarci tra le Sue braccia ogni sera, anche nella sera della vita.

128

Page 129: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

S. MESSA – OMELIA

Saluto iniziale

Dalle Sue piaghe siamo salvati, abbiamo cantato, eco della parola del Profeta: dalle Sue piaghe siamo guariti.

Possono guarire delle piaghe? È questo il paradosso della vita cristiana, può una morte salvare dalla morte? Ci immergiamo per l’ultima volta qui nei Santi Misteri con riconoscenza per tutto quanto abbiamo visto e udito, e ricevuto in questi giorni, con gratitudine ci congediamo da questo luogo dell’anima, lo facciamo nella maniera più santa che è celebrare i Santi Misteri.

Ci riconosciamo peccatori, bisognosi di misericordia, fatti oggetto di un amore ben al di là delle nostre attese.

Omelia

Solo qualche parola che ci aiuti al congedo.“Conforme a questa fede voglio sempre vivere”, ed io ho

aggiunto “e morire”. Così ci siamo lasciati ieri sera e spero che questa invocazione abbia lavorato in voi durante la notte. Non vogliamo vivere e morire in altra fede, amiamo e vogliamo radicarci in questa fede che abbiamo ricevuto dai nostri genitori, dai nostri preti, dai nostri educatori, in quella fede che il capitolo 11, che ora farà parte del nostro vangelo personale, ha narrato, ci ha rappresentato. L’espressione della Sequenza di Pasqua, che leggeremo, pregheremo in tutta l’Ottava di Pasqua, penso che riassuma bene tutta la dinamica di questa pagina del vangelo di Giovanni: “Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello, il Signore della vita era morto, ora vivo trionfa”.

Come ho detto più volte, il protagonista di questa storia non è Lazzaro e non sono Marta e Maria, è Gesù che va verso

129

Page 130: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

la Sua morte, l’unica morte solitaria. Non esistono altre morti solitarie o più solitarie di quella di Gesù: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, perché da allora ogni morte è accompagnata, ogni morte è meno morte. “Non esser mai più nulla da meno morte che non esser più”, e questo è Pascoli.

È meno morte, perché è una morte accolta, è una morte luogo dove il Cristo ci viene incontro. Godiamo di questa visione pensando ai nostri defunti, ma anche pensando alla nostra morte. Smettiamo di percepire la vita come un cammino verso la morte, e sposiamo la visione del Vangelo che è un cammino della morte verso la vita. Questo non solo nella sua fase finale, terminale, ma anche nell’oggi.

“Lontano dal Tuo sguardo io mi stanco”, abbiamo cominciato così la nostra avventura, la nostra “carovana spirituale”, e adesso che torniamo al lavoro, “al lavoro usato”, sospeso per un momento dopo la tempesta, adesso possiamo tornare al nostro lavoro rinfrancati, siamo venuti qui per questo e non partiamo senza grazia, anche quelli fra noi che pensano d’aver raccolto poco.

Sperimenteremo … chi non l’abbia sperimentato qui, ho detto ad alcuni di voi, lo sperimenterà in seguito, cioè vedrà questa grazia fiorire, sorreggerlo in ciò che ci attende. In particolare per quelli fra noi che hanno un lavoro a contatto con il limite: medici, psicoterapeuti, preti … noi abbiamo bisogno di avere uno sguardo non stanco, proprio perché siamo a contatto con il limite delle persone che rischia di farci precipitare, invece dobbiamo educarli a uscire dai loro sepolcri: Lazzaro, vieni fuori!

E l’ultima parola che vi affido, e che non ho commentato, ma lo farò telegraficamente (è bello che in questa ultima Eucaristia sia la Parola di Dio e la parola della liturgia ad avere la meglio sulle parole umane): “Slegatelo, dice Gesù, e lasciatelo andare”. Di questa azione non ci sarà bisogno per Lui, perché le bende e il sudario saranno piegati con cura

130

Page 131: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

dentro il sepolcro, come chi sia uscito con tutto comodo, come chi sia uscito da trionfatore, ma non così per noi, che anche quando siamo risorti (risorti in vita, speriamo, prima che in morte) usciamo dalla nostra angoscia, dalla nostra paura, dal nostro peccato, dalla nostra mediocrità, dalla nostra morte, legati.

Ovviamente chi esca legato dal sepolcro, con il volto coperto dal sudario, non può vivere ancora, ha bisogno di altri che lo sleghino. C’è questa dimensione un po’ da mummia, che in particolare il quadro di Giotto rappresenta molto bene, tra quelli che avete sul libretto, che non permette al morto risorto d’essere pienamente libero. Chi lo deve fare questo? Questo non lo possiamo fare noi, lo devono fare gli altri, e quindi vi rimando alla Chiesa. È come se Gesù non volesse portare a termine Lui in prima persona quest’opera, ma la affidasse alla Chiesa, e quindi alla tua parrocchia, al tuo parroco, alla tua diocesi, al tuo vescovo, alle persone con cui condividi la fede, che hanno questo compito di srotolare le bende che altrimenti tengono prigioniera anche una grazia, la grazia della vita, la grazia della Pasqua, la grazia della risurrezione.

Ho timore che tante grazie pasquali siano rimaste come sottovuoto, come ancora avvolte nelle bende e nei sudari. Allora ciascuno di noi chieda all’altro: Toglimi le bende, sollevami il sudario, perché io possa vedere.

Per questo (e concludo) “presaga gioia io sento”, questo verso di Umberto Saba della poesia di ieri, mi sembra più di altri espressivo di quello che abbiamo sperimentato e della Pasqua liturgica verso la quale andiamo. “Presaga gioia io sento”, cioè “sento il presagio di una gioia”, non dice “sento una gioia”, sento una gioia in arrivo, come (scusate l’espressione, tra l’altro per me lontana dell’esperienza) quando sento che arriva un messaggio, quando sento che arriva l’e-mail, ma non so ancora chi l’ha mandata e cosa ci sia scritto. “Ma come, dice il Cardinal Federigo all’Innominato, avete

131

Page 132: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

buone nuove e me le fate attendere?”, c’è questa percezione che ci sia qualcosa che sta avvenendo, qualcosa di bello, ma di cui abbiamo solo come un anticipo, come una caparra, direbbe Paolo, come un presagio.

Allora, la fede e la grazia della Pasqua è tutta qui, in una gioia presaga, nel presagio di una gioia, che verrà, che avverrà, che esploderà, ma di cui adesso vediamo solo l’alba. Stamattina un’ora intera sono stato ad aspettare un raggio di sole su Castelgandolfo, è arrivato alle 7.30, dopo un’ora di preghiera … non che io vada in cerca di segni, ma a volte i segni della natura mi consolano più di certi miracoli. È questo raggio di sole che arriverà nella tua vita, che riscalderà il tuo cuore, che rilancerà la tua vita

anche perché la morte ci tallona. I quattro presbiteri palermitani sono stati raggiunti dalla notizia della morte del papà del loro nuovo arcivescovo Corrado, e quindi portiamo la loro Chiesa, il loro vescovo e questo dolore nella Eucaristia che stiamo celebrando, a dire che la morte ci rincorre, quasi per dirci: ci sono, ci sono ancora! … No, non è così, “tomba che chiudi in seno il mio Signor già morto affinché non sia risorto, non partirò da te. All’aspettata morte allor dirò con gioia: Dov’è la tua vittoria? Il tuo poter dov’è?”. Questo è Metastasio nella XIV Stazione.

Quindi coraggio, c’è una gioia presaga, c’è un annuncio, c’è una gioia mattinale. E noi ci immergiamo, ci laviamo, torniamo dopo aver guardato, esserci lavati, aver pianto le lacrime del lago, torniamo a casa dicendo: sono l’amico di Gesù, Gesù è mio amico, Gesù ha versato lacrime per me, di più: ha versato il Suo sangue, dunque non mi perderò. “Presaga gioia io sento”.

“Dio grande e misericordioso”, così comincia il discorso della risposta al miracolo del Cardinal Federigo dell’incontro con l’Innominato, alzò le braccia e disse: Dio grande e

132

Page 133: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

misericordioso! E così comincia anche l’Orazione del post-communio in questo giorno, e anche noi alziamo le braccia ringraziando il Signore per quello che Lui ha fatto, questo lo ha fatto il Signore, rallegriamoci ed esultiamo.

Alla tua corte mille menestrelli, li abbiamo sentiti cantare tutti, ringraziamo Felice che ha fatto il menestrello numero 1 nei nostri Esercizi, mettendo a nostra disposizione la sua ampia competenza musicale, a tutte le piccole viole che sono fiorite nel giardino, alla mimosa che ha tardato a fiorire, da noi sono sfiorite da tempo e invece qui un po’ s’è fermato il tempo perché noi potessimo goderne, come per altri mille menestrelli che abbiamo sentito suonare e cantare alla corte del Signore. Grazie a tutti voi, grazie ai preti che più di altri poi sopportano, per loro certe cose sono un po’ pane quotidiano, quindi sentirsele ridire diventa più pesante che non per voi laici.

Grazie a don Francesco, un prete giovane della mia diocesi, che partendo mi ha dato un piccolo mazzettino di fresie che ho messo sulla scrivania come fonte d’ispirazione … E potrei continuare a lungo in questo catalogo, ma voglio chiudere per dare possibilità ai quattro di Palermo, che devono partire alle 9, almeno di prendere un caffè a colazione, dove andiamo in stretto silenzio fino alla partenza, come sempre. Basta guardarci, basta che ci incoraggiamo con lo sguardo.

Uscendo troverete, già è successo l’anno scorso, questo souvenir materiale, perché se avete letto la parabola del figliol prodigo abbiamo ucciso un maiale per festeggiare questo evento, e ne abbiamo ricavato porchetta di Ariccia, e quindi riceverete questo souvenir molto materiale, per dire che la fede ha dei riscontri anche nella mensa, anche nella dimensione più fisica. Portatelo a casa, è l’eco sulle nostre mense di quello che abbiamo celebrato, il resto ce lo dirà il Signore passo passo.

*** Il testo, tratto direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.

133

Page 134: riflessioniaa.files.wordpress.com  · Web viewIL MAESTRO È QUI E TI CHIAMA. CASA DIVIN MAESTRO. ARICCIA, ... Ti raccomando vivamente di custodire il silenzio della voce, dei cellulari,

Stampato nel mese di marzo 2017presso la legatoria "La pergamena"

e-mail: [email protected]

134