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APPARATO RESPIRATORIO L’apparato respiratorio serve per ossigenare il sangue ed eliminare i prodotti di scarto quali anidride carbonica, acetone, molecole vegetali volatili come aglio e cipolla. È una via di escrezione di sostanze di scarto anche se non è la sua funzione principale. Le funzioni non respiratorie delle vie aeree sono: la funzione escretoria, il riscaldamento e l’umidificazione dell’aria inspirata, la purificazione dell’aria inspirata, la produzione e secrezione del surfactante, la difesa e la protezione dell’organismo da particolato e microrganismi contenuti nell’aria inalata. L’apparato respiratorio è formato da una parte di conduzione e da un’area di scambio. La funzione principale: trasportare aria con elevata concentrazione di ossigeno dall’esterno fino all’alveolo durante l’inspirazione e espellere l’anidride carbonica e altri prodotti di scarto insieme all’aria espirata. I due ambienti in cui si verificano gli scambi tra i gas sono il sangue dei capillari polmonari e l’aria alveolare. La conduzione avviene nelle vie aeree superiori e inferiori. Le vie aeree superiori hanno soprattutto lo scopo di filtrare le polveri e di scaldare l’aria affinché assuma la temperatura del nostro organismo e infatti viene scaldata fino a 33° per poi arrivare alla temperatura di 37° nelle vie aeree distali perché la muscolatura bronchiale è sensibile agli sbalzi di temperatura (asma da forzo: non dipende dalla presenza di un allergene che stimola la muscolatura bronchiale e causa contrazione ma l’aria fredda inspirata causa un broncospasmo). Le cavità nasali sono veramente deputate al riscaldamento dell’aria che passa lentamente, se l’aria arriva velocemente ai bronchi piccoli perché inspirata sotto sforzo dalla bocca non è riscaldata.

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APPARATO RESPIRATORIO

L’apparato respiratorio serve per ossigenare il sangue ed eliminare i prodotti di scarto quali anidride carbonica, acetone, molecole vegetali volatili come aglio e cipolla. È una via di escrezione di sostanze di scarto anche se non è la sua funzione principale. Le funzioni non respiratorie delle vie aeree sono: la funzione escretoria, il riscaldamento e l’umidificazione dell’aria inspirata, la purificazione dell’aria inspirata, la produzione e secrezione del surfactante, la difesa e la protezione dell’organismo da particolato e microrganismi contenuti nell’aria inalata.

L’apparato respiratorio è formato da una parte di conduzione e da un’area di scambio. La funzione principale: trasportare aria con elevata concentrazione di ossigeno dall’esterno fino all’alveolo durante l’inspirazione e espellere l’anidride carbonica e altri prodotti di scarto insieme all’aria espirata. I due ambienti in cui si verificano gli scambi tra i gas sono il sangue dei capillari polmonari e l’aria alveolare.

La conduzione avviene nelle vie aeree superiori e inferiori. Le vie aeree superiori hanno soprattutto lo scopo di filtrare le polveri e di scaldare l’aria affinché assuma la temperatura del nostro organismo e infatti viene scaldata fino a 33° per poi arrivare alla temperatura di 37° nelle vie aeree distali perché la muscolatura bronchiale è sensibile agli sbalzi di temperatura (asma da forzo: non dipende dalla presenza di un allergene che stimola la muscolatura bronchiale e causa contrazione ma l’aria fredda inspirata causa un broncospasmo). Le cavità nasali sono veramente deputate al riscaldamento dell’aria che passa lentamente, se l’aria arriva velocemente ai bronchi piccoli perché inspirata sotto sforzo dalla bocca non è riscaldata.

Le vie aeree di conduzione sono formate da: cavità buccale e nasale, nasofaringe, laringe, trachea. Bronchi, bronchioli principali, lobari e segmentali, fino ai bronchioli terminali.

La zona di scambio è formata da: bronchioli respiratori, dotti e sacchi alveolari formati da più alveoli.

Umidificazione: l’aria nella zona di scambio è satura di vapore acqueo quindi umidità del 100% cioè 100% della massima quantità di vapore che l’aria può caricare senza che si condensi e precipiti in forma liquida, se supero questo valore l’acqua condensa. 47mmHg su 760mmHg (1 atm a livello mare) è massima quantità di

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vapore che aria può caricare e contenere senza che essa precipiti in forma liquida. Un velo di acqua bagna perennemente la superficie interna degli alveoli.

Le vie aeree superiori riscaldano, umidificano e filtrano l’aria.

Le vie aeree superiori sono soggette a: rinite, (infiammazione seni paranasali) sinusite, faringite virale o batterica.

Laringe è confine e punto dove vie aeree si separano dalle vie digestive.

Vie aeree inferiori da laringe in giù quindi iniziano dalla laringe, hanno puramente funzione di trasporto e conduzione dell’aria. Ricoperte da mucosa, cellule ciliate (epiteliali colonnari) con fitte ciglia in movimento per trasportare verso l’alto il muco alla velocità di 1cm/min e cellule mucipare caliciformi che sono inframmezzate a quelle ciliate, producono il muco che ha il compito che catturare il particolato inalato.

PM10 formato da polveri con granulometria inferiore ai 10nanomentri, polveri che si formano con combustione degli idrocarburi, sono troppo leggere e catturate solo parzialmente dallo strato di muco ma arrivano fino agli alveoli trascinate dalla colonna d’aria. Polveri ad effetto irritante sulle mucose e generano processi infiammatori che richiamano le cellule infiammatorie ecc. Come si misurano PM10 e PM1: pompa che filtra l’aria, viene pesato. Muco prodotto da cellule mucipare e portato lentamente verso alto da movimento ciliare. Più le particelle sono sottili, meno vengono filtrate e maggiormente possono arrivare nella profondità delle vie aeree. Se stimoli irritanti o nocivi o infiammatori: la mucosa respiratoria reagisce aumentando la produzione di muco perché aumentano le cellule mucipare togliendo spazio alle cellule ciliate che si riducono. Tosse cronica del fumatore perché aumentano le cellule mucipare e si riducono le cellule ciliate.

Il movimento ciliare spinge il muco che è in grado di intrappolare detriti cellulari e microrganismi patogeni e particolato inalato verso la faringe dove vengono eliminati con la tosse o deglutiti ed esposti agli acidi dello stomaco. Questo movimento ciliare deterge e protegge continuamente le superfici respiratorie. Il flusso del muco è spesso indicato come scala mobile del muco. Durante il tragitto dell’aria verso la superficie di scambio respiratorio, le particelle più grandi di circa 5 µm vengono catturate e rimosse. La mucosa respiratoria riveste le vie aeree di conduzione: le cavità nasali, la faringe, la trachea, i bronchi e i bronchioli di maggior diametro. È formata da epitelio colonnare stratificato ciliato in cui alle cellule cigliate si alternano le cellule caliciformi mucipare. La lamina propria si trova sottostante alle mucose respiratorie e partendo dalle vie aeree fino ai bronchi contiene le ghiandole mucose che rilasciano le loro secrezioni in superficie.

Inferiormente alla laringe si trova la trachea che è un tubo parzialmente rafforzato da anelli cartilaginei incompleti nella parte alta del mediastino fino a dividersi in due bronchi principali o primari per entrare nel polmone di competenza attraverso l’ilo polmonare. La cartilagine è presente dalla faringe in poi e previene il collassamento delle vie aeree di conduzione. Nei polmoni i bronchi si ramificano in bronchi sempre più piccoli a seconda della suddivisione del parenchima polmonare.

23 livelli nelle vie aeree. Primi 16 livelli sono formati da vie di conduzione pura dal primario a segmentale fino al bronchiolo terminale. Trachea è livello 0 quindi sono 17 le vie aeree di conduzione quindi nelle prime 17 non avviene lo scambio di gas con il sangue. Dal 17esimo livelli inizia l’area di scambio. Fino al sacco alveolare. Bronchi lobari sono 5 perché 5 i lobi, 3dx e 2sx. In ogni lobo si riconoscono dei segmenti, ognuno dei quali viene servito da un bronco segmentale. Polmoni divisi in lobi: divisione in lobi è frutto della selezione naturale in senso protettivo. I lobi hanno il compito di confinare un’eventuale infezione.

Respirazione superficiale o tranquilla e respirazione forzata o profonda. La maggior parte dell’aria che viene introdotta è respirata secondo la maniera superficiale. Inspirando, introduco una certa quantità di aria.

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Le polmoniti batteriche senza antibiotici colpivano persone già debilitate per cause economiche, l’infezione batterica si diffondeva da un alveolo all’altro ma rimaneva confinata in un lobo solo quindi veniva chiamata polmonite lobare. Se l’infezione si espandeva a più lobi: bi tri tetra fino alla pentalobare dove tutti e 5 i lobi interessati dall’infezione. Ora frequenti le polmoniti virali.

Gli ultimi livelli dell’albero bronchiale. Sacco alveolare è un grappolo di alveoli che sono strutture acinose sferoidali ammassate e attaccate a un bronchiolo centrale. Alveoli e sacchi alveolari sono la zona pura di scambio. Dotto alveolare è via aerea più profonda che mette in comunicazione gli alveoli. Bronchiolo respiratorio ha attaccato qualche alveolo e porta l’aria al dotto alveolare. L’inspirazione introduce aria.

L’aria introdotta con la respirazione superficiale è chiamata volume corrente o tidal volume. Il volume corrente è la quantità di aria inspirata e espirata durante un atto respiratorio superficiale, circa 500mL o mezzo litro 0,5L di aria. Del mezzo litro di aria introdotta non tutto finisce nell’area di scambio. Una parte di questo mezzo litro rimane nelle vie di conduzione ed è stato chiamato spazio morto ed è di circa 150mL, questa quantità non partecipa allo scambio di gas a cui quindi partecipano solo i 350mL che vanno ad interagire con il sangue.

Esistono due spazi morti: lo spazio morto anatomico e lo spazio morto fisiologico o funzionale. Il volume corrente si distribuisce allo spazio morto anatomico e funzionale che non partecipa agli scambi gassosi e al volume alveolare dove avvengono gli scambi gassosi.

Lo spazio morto anatomico è rappresentato dalle vie aeree di conduzione fino al 16esimo livello quindi dalla trachea ai bronchioli terminali. Nell’adulto è pari a 150mL di aria che non partecipa agli scambi gassosi. Mediante l’epitelio ciliato svolge la funzione di riscaldare, umidificare e depurare l’aria tramite il suo epitelio ciliato. Inspirando, il volume di aria inspirata va a riempire prima lo spazio morto anatomico e poi il volume di aria in eccesso va a riempire lo spazio alveolare e a partecipare agli scambi respiratori.

Lo spazio fisiologico o funzionale è quella percentuale di alveoli che non scambiano gas con il sangue perché se respiro superficialmente non vengono usati tutti gli alveoli presenti nei polmoni in cui sempre una porzione di alveoli, quella che va a costruire lo spazio morto fisiologico appunto, che normalmente non sono ventilati o sono ventilati ma non perfusi. Meccanismi che adattano la quantità di aria che circola negli alveoli e il sangue circolante nei capillari perialveolari.

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VC= Vd (volume dello spazio morto) + Va (volume alveolare)

Misurazione dello spazio morto con la formula di Bohr.

BPCO è broncopneumopatia cronica ostruttiva.

Tecnica dell’aumento dello spazio morto per far fare ginnastica respiratoria ai pazienti. Tubi semplici o contenenti palline di peso da tenere in sospensione per pazienti che devono subire operazione e hanno problemi respiratori cronici come BPCO per allenare l’apparato respiratorio e tollerare la presenza della ventilazione automatica. Propofol per via venosa è uno steroide per indurre l’anestesia e poi intubare, palloncino gonfio troppo manda in necrosi la trachea e se troppo poco perde e il paziente non respira. Paralizzare il paziente per facilitare la funzione della macchina ventilatrice.

La fibrosi cistica o CF è una malattia ereditaria autosomica recessiva con una frequenza di 1 su 2500 nascite. Il muco viene prodotto in modo anomalo ed è molto denso e viscoso andando ad ostruire sia le vie respiratorie sia il tratto digerente. Infezioni potenzialmente letali che vengono provocate dal ristagno di muco contenente batteri come lo psudomonas. La morte viene generalmente causata da insufficienza cardiaca con massiccia infezione batterica cronica presso i polmoni.

L’albero bronchiale è lo schema di ramificazione di bronchi e bronchioli. Ciascun bronco terziario convoglia l’aria verso un singolo segmento broncopolmonare. All’interno di un segmento broncopolmonare i bronchioli ramificano ripetutamente, formando circa 6500 bronchioli terminali. Ciascun bronchiolo terminale va a servire un lobulo polmonare. Un bronchiolo respiratorio si forma dalla ramificazione di un bronchiolo terminale all’interno di un lobulo polmonare e qui inizia la porzione respiratoria del tratto respiratorio. Le pareti dei bronchioli respiratori presentano gli alveoli. Gli scambi gassosi avvengono attraverso le pareti degli alveoli. I bronchioli respiratori si aprono in regioni chiamate dotti alveolari. Un dotto alveolare è un passaggio comune connesso a più alveoli. Ciascun dotto alveolare termina in un sacco alveolare, uno spazio comune connesso a più alveoli.

Gli alveoli sono cavità sferoidali tappezzate di pneumociti. I pneumociti di tipo I presentano una parete sottilissima e nucleo sporgente. Nello spazio interstiziale tra gli alveoli ci sono capillari con cellule endoteliali. Nello spazio interstiziale è presente poco liquido e i macrofagi si trovano sia nello spazio interstiziale sia sulla superficie alveolare interna per fagocitare polveri o corpi estranei o batteri. Solo presso gli alveoli possono avvenire gli scambi gassosi tra aria e sangue. Un singolo bronchiolo respiratorio alimenta l’alveolo polmonare. Gli alveoli sono la porzione terminale dell’albero bronchiale e conferiscono un aspetto spugnoso al parenchima polmonare, ogni polmone ne contiene circa 150milioni. Gli alveoli comunicano tra

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loro ed esercitano una trazione gli uni sugli altri. Gli alveoli sono circondati da una rete capillare e da una rete di fibre elastiche che con il loro ritorno elastico durante l’espirazione favoriscono l’espulsione dell’aria dagli alveoli. Le pareti alveolari sono formate da epitelio pavimentoso semplice. Per indirizzare e ottimizzare l’ossigenazione: i capillari perialveolari si dilatano quando è alta la concentrazione alveolare di ossigeno e invece si vasocostringono quando la quota di ossigeno diminuisce al fine di indirizzare il flusso sanguigno verso la maggiore quota di O2.

Insieme di pneumociti I, cellule endoteliali della parete capillare e liquido interstiziale formano la membrana respiratoria. Il liquido interstiziale che va a formare la membrana respiratoria può venire colpito da polmoniti virali e da interstiziopatie. La membrana respiratoria deve essere spessa 0,5micron o meno e deve essere sottile per essere di minimo ostacolo al passaggio dei gas respiratori. In caso di inspessimento della membrana respiratoria i gas respiratori incontrerebbero difficoltà ad attraversarla.

Se la membrana respiratoria diventa più spessa: interstiziopatie cioè forme di polmoniti virali in cui i virus colonizzano questi spazi interstiziali creando uno stimolo infiammatorio che causa il processo dell’infiammazione: edema, aumento della permeabilità capillare, fuoriuscita di liquido interstiziale rendendo difficili gli scambi gassosi. Con i virus o si è vaccinati o non si può fare nulla, poco effetto degli antivirali. Unica alternativa terapeutica è somministrare O2 a pressione maggiore di quella atmosferica così ossigeno ha la forza della spinta per superare la membrana inspessita. Affinché gli scambi possano avvenire l’ossigeno deve superare la membrana respiratoria. I concentratori dell’ossigeno: togliendo l’azoto dall’aria contenuta nelle bombole l’ossigeno si trova a essere maggiormente concentrato e tubicino per pazienti con BPCO i quali presentano poche superfici funzionanti per gli scambi alveolari.

Negli alveoli i pneumociti di II tipo sono grandi e sporgenti all’interno dell’alveolo. Non vanno a comporre la barriera respiratoria ma producono il surfactant che è un tensioattivo polmonare di composizione fosfolipoproteica quindi è una sostanza anfipatica con una componente idrofila e una componente idrofoba. Un tensioattivo è una sostanza che riduce la tensione superficiale presente all’interfaccia aria-acqua. Il surfactant va allo stesso tempo a impedire il collasso degli alveoli più piccoli e a impedire l’eccessiva espansione di quelli più grandi. La tensione superficiale è la tendenza naturale delle molecole omogenee di rimanere attaccate le une alle altre. Nel nostro corpo esistono due tensioattivi: uno è il surfactant e l’altro è la bile che con gli acidi biliari emulsiona i grassi provenienti dalla dieta. Il surfactant è quindi una sostanza grassa simile al sapone che riduce la tensione superficiale dell’acqua che si trova come un velo a bagnare gli alveoli. Il surfactant si distribuisce su tutta la superficie interna degli alveoli. L’aria caricata di umidità dalle vie aeree superiori quando arriva agli alveoli è satura di vapore acqueo che va a bagnare la superficie alveolare interna. Quando l’alveolo è sgonfio: l’alveolo si sgonfia parzialmente dopo l’espirazione e alcuni alveoli addirittura collassano, per rigonfiarsi nell’inspirazione dove le molecole di acqua sono vicine, devo riuscire a vincere la forza che rende difficoltoso espandere gli alveoli. Durante l’inspirazione la differenza di pressione tra polmoni e aria atmosferica esterna è 1mmHg: questo gradiente, anche se basso, deve essere sufficiente per espandere l’alveolo sgonfio in opposizione all’attaccamento

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delle molecole d’acqua tra loro la cui forza di attrazione si oppone all’espansione alveolare ma è allo stesso tempo ridotta dal surfactant per favorire l’espansione alveolare in inspirazione. Funzione del surfactant: aumentare la compliance polmonare, prevenire il collasso alveolare e polmonare alla fine dell’espirazione, facilitare il reclutamento delle vie aeree collassate. Gli alveoli come delle molecole di gas in sospensione in acqua perché contengono uno spazio centrale ripieno di aria.

La legge di Laplace esprime la condizione di equilibrio tra tensione superficiale e differenza di pressione esterno-interno di una bolla o di un alveolo polmonare: è la pressione che mantiene espanso un oggetto sferico pieno di gas come un alveolo.

P=2T/R dove P è la pressione, T è la tensione elastica, R è il raggio dell’alveolo (o della sfera).

Dato un punto p, le forze di tensione elastica hanno una componente diretta verso il centro della sfera essendo la componente orizzontale nulla. Questa forza deve andarsi ad equilibrare con la forza data dalla differenza di pressione tra interno ed esterno della sfera.

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Gli alveoli non hanno tutti le stesse dimensioni, ci sono alveoli grandi ed alveoli piccoli. Utilità del surfactant. La tensione della parete alveolare è abbastanza uniforme in mancanza di tensioattivo polmonare ma cambia il raggio dell’alveolo. Gli alveoli con raggio minore hanno pressione più alta. Se non fosse presente un tensioattivo: durante l’espirazione gli alveoli piccoli si svuoterebbero in quelli grandi invece che nelle vie di conduzione per espellere l’aria e le pressioni tra alveoli di raggio diverso sarebbero molto diverse tra loro. Gli alveoli grandi ricevendo durante l’espirazione l’aria dagli alveoli più piccoli si espanderebbero sempre di più. Se non ci fosse il surfactant ci sarebbero pressioni alveolari diverse a seconda delle dimensioni dei raggi alveolari.

La presenza di surfactant come tensioattivo polmonare e miscela di fosfolipidi e lipoproteine fa in modo che la tensione della parete alveolare venga proporzionata al raggio dell’alveolo così le pressioni di alveoli grandi e piccoli si possono considerare uguali e avere la stessa pressione interna così durante l’espirazione l’aria non si riversa da un alveolo all’altro ma esce dalle vie aeree. L’azione del surfactant cambia a seconda del raggio alveolare essendo più sottile nell’alveolo più grande e più spessa nell’alveolo più piccolo: a quantità uguale di tensioattivo, se l’alveolo si espande il surfactant riduce spessore e potenza distribuendosi su una superficie maggiore, se l’alveolo collassa quindi la tensione si esplica su una superficie minore il surfactant aumenta la sua potenza. Cambia lo spessore del tensioattivo e di conseguenza la potenza della sua pressione. La funzione del surfactant è quella di facilitare l’espansione alveolare dilatante inspiratoria ed equilibrare le pressioni alveolari negli alveoli indipendentemente dal loro diametro.

Neonati pretermine possono andare incontro a sindrome del distress respiratorio del neonato.

Due sacchi che avvolgono ciascun polmone sono le pleure o sacco pleurico. Aderiscono perfettamente al polmone fino all’ilo polmonare. La pleura viscerale presso l’ilo polmonare si piega per continuare esternamente aderendo alla cavità toracica come pleura parietale. L’interno del sacco pleurico è cavità pleurica che contiene liquido vischioso che serve come lubrificante per scivolamento dei due foglietti pleurici. Nella cavità pleurica una pressione negativa (non negativa come < 0mmHg ma come < 760mmHg) cioè inferiore a quella atmosferica ed è il segreto dell’importanza del sacco pleurico che con la sua pressione negativa è il fattore che incolla polmone e parete toracica, lasciandoli liberi di scorrere uno sull’altro.

Leggi dei gas: sono 3.

Legge di Boyle. Relazione tra pressione e volume. A parità della quantità di gas, se aumento il volume del contenitore la pressione scende, se riduco il volume del contenitore la pressione sale. La pressione corrisponde all’urto delle molecole sulla superficie, gli urti diminuiscono se aumento il volume.

Legge di Dalton delle pressioni parziali. L’aria è una miscela di gas che, a livello del mare, si trova alla pressione di 1atm. In una miscela di gas la pressione totale è data dalla somma delle pressioni parziali dei singoli gas componenti. L’aria mediamente secca a pressione di una atmosfera a livello del mare: pN2 è 600mmHg, pO2 è 160mmHg, pCO2 è 0,3mmHg, pH2O è 3,7mmHg. Nell’aria secca la pressione parziale dell’acqua quindi pH2O è bassa ma nell’aria umida la pH2O aumenta andando a togliere spazio agli altri gas che si riducono in maniera proporzionale e si riduce quindi l’ossigeno disponibile perché il 100% rimane comunque 760mmHg.

Legge di Henry. Per le solubilità dei gas nei liquidi e quindi principalmente nel sangue. La quantità di gas che scioglie in un liquido è proporzionale alla solubilità del gas stesso che dipende dalle caratteristiche chimicofisiche degli atomi che compongono le molecole e non dalla grandezza delle molecole: ad esempio la molecola di CO2 è più grande ma è allo stesso tempo più solubile dell’ossigeno quindi la CO2 si scioglie meglio nel sangue. Se voglio sciogliere maggiormente un gas, dato che non possono cambiarne le caratteristiche molecolari, devo aumentare la pressione a cui esso si trova. Il vantaggio della maggior solubilità della CO2: nel passaggio del sangue attraverso i capillari alveolari, lo scambio di anidride

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carbonica dal sangue all’alveolo avviene più velocemente rispetto allo stesso passaggio in senso opposto dell’ossigeno e per questo motivo l’anidride carbonica necessita di una minor spinta e quindi di un minor gradiente pressorio per spostarsi tra i compartimenti.

Quando l’aria entra nell’apparato respiratorio e si avvia verso la sua porzione distale e quindi verso gli alveoli essa cambia la sua composizione. Negli alveoli l’aria presenta la seguente composizione: pH2O è 47mmHg a 37° (aria già saturata di vapore acqueo nel passaggio nelle prime vie aeree), pN2 è 573mmHG (< rispetto all’aria inalata), pO2 è 100mmHg (< rispetto all’aria inalata), pCO2 è 40mmHg (> rispetto all’aria inalata). pO2 e pCO2 sono così diverse nell’aria alveolare rispetto all’aria contenuta nelle vie aeree prossimali a causa degli scambi gassosi con il sangue che avvengono solo negli alveoli. Negli alveoli: pO2 a 100mmHg e pCO2 a 40mmHg quindi il gradiente è di 60mmHg.

La pressione parziale dell’acqua o pH2O o tensione di vapore. Differenza della tensione di vapore in base alla temperatura quindi pH2O cambia in base alla temperatura (se la temperatura aumenta allora la pressione parziale dell’acqua aumenta) e il suo valore è un valore medio teorico. La massima quantità di vapore che l’aria può caricare prima di arrivare alla condensa. A 37° cioè la temperatura presso gli alveoli la pH2O cioè la pressione dell’acqua è a 47mmHg. A temperature più basse viene caricato meno vapore quindi la pressione di vapore è più bassa. In montagna l’aria è secca. Se il calore aumenta l’aria trattiene in forma gassosa più calore. Se fa caldo si respira meno bene perché secondo la legge di Dalton “più vapore c’è, meno spazio è disponibile per gli altri gas tra cui l’ossigeno”. Entrando nell’apparato respiratorio verso gli alveoli l’aria cambia la sua composizione.

Gli alveoli catturano l’ossigeno mentre scorre nei capillari perialveolari. L’anidride carbonica viene liberata dal sangue e va a ristagnare negli alveoli in attesa di essere espirata. 100mmHg come pO2 e 40mmHg come pCO2 sono i due valori fissi presenti nell’aria alveolare.

In uscita dal naso posso misurare la composizione della miscela aria che forma l’aria espirata. L’azoto è un gas inerte quindi riempie semplicemente lo spazio lasciato vuoto dagli altri gas. pO2 è 116mmHg quindi ossigeno ad alta concentrazione ma comunque concentrazione inferiore rispetto a quella nell’aria atmosferica, pCO2 è 28mmHg quindi più alta dell’aria atmosferica ma più bassa di quella degli alveoli polmonari. L’aria espirata contiene: l’aria dagli alveoli e l’aria degli spazi morti anatomico e funzionale. Negli spazi morti l’aria è come quella atmosferica. Si mescola l’aria atmosferica negli spazi morti e l’aria alveolare arrivando a una pCO2 di 28mmHg. In trachea e bronchi aria non alveolare dove pCO2 è di 0,3mmHg come la pCO2 dell’aria atmosferica. L’aria che staziona nelle vie di conduzione ha uguale

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composizione all’aria atmosferica esterna quando inspiro mentre quando espiro si mescola all’aria alveolare.

Nella gabbia toracica: cartilagini costali, muscoli respiratori striati volontari, componente ossea formata da coste-sterno-colonna vertebrale. Il polmone è privo di muscolatura nel parenchima polmonare quindi non sviluppa una motilità spontanea ma possiede una muscolatura liscia bronchiale che serve per variare il calibro bronchiale. La gabbia toracica invece possiede una motilità propria. I muscoli respiratori sono scheletrici striati a controllo sia volontario che involontario ma il controllo involontario predomina. I muscoli respiratori si dividono in inspiratori ed espiratori.

I muscoli inspiratori si dividono in inspiratori principali ed inspiratori accessori. Tra gli inspiratori principali si trovano il diaframma e gli intercostali esterni.

La contrazione del diaframma porta a un abbassamento del diaframma con appiattimento della cupola. Durante la contrazione dei muscoli inspiratori aumenta il volume toracico favorendo l’ingresso dell’aria verso i polmoni. La parte contrattile del diaframma è quella esterna perché centralmente si trova il centro frenico che è fibroso e tendineo, la parte contrattile del diaframma è di 350m2 e nella respirazione superficiale si sposta di 1,5cm, con questo piccolo spostamento del diaframma il volume toracico aumenta di 150-500cm3 quindi il solo diaframma è sufficiente per la respirazione superficiale, il volume della cavità toracica aumenta di 350-500cm3 solo per lo spostamento del diaframma. Il volume corrente è di 500mL quindi 500cm3 o 500mL. 1 dm3 equivale a 1L. 1cm3 equivale a 1mL.

I muscoli intercostali esterni hanno l’azione di sollevare verso l’alto le coste, che sono disposte obliquamente, aumentando il diametro anteroposteriore toracico e il volume toracico. I movimenti della gabbia toracica verso l’alto aumentano il volume della cavità toracica diminuendo alla stesso tempo la pressione all’interno della gabba toracica. La loro contrazione fornisce il 25% del volume d’aria ai polmoni a riposo.

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In condizioni superficiali o di riposo inspiro contraendo solo i muscoli inspiratori principali che sono il diaframma e gli intercostali esterni. Per espirare superficialmente è sufficiente rilassare i muscoli inspiratori principali e non necessito della contrazione dei muscoli espiratori. Nell’inspirazione superficiale: abbassamento del diaframma e innalzamento delle coste da parte dei muscoli inspiratori principali ossia diaframma e muscoli intercostali esterni.

Nella respirazione forzata come ad esempio durante l’esercizio fisico in cui devo effettuare atti respiratori più profondi, devo aumentare l’escursione della gabbia toracica quindi per muovere maggiormente la gabbia toracica devo muovere i muscoli inspiratori accessori che aiutano i muscoli intercostali esterni ad innalzare le coste verso l’alto e sono lo sternocleidomastoideo, gli scaleni, il piccolo pettorale, il dentato anteriore. I muscoli inspiratori accessori nella respirazione forzata aumentano velocità e ampiezza dei movimenti della gabbia toracica se i muscoli inspiratori principali non sono in grado di fornire un sufficiente apporto di ossigeno a soddisfarne il consumo tissutale. Devo evitare nei pazienti che devono essere intubati la fatica muscolare dei gruppi respiratori. I muscoli espiratori accessori tirano la gabbia toracica verso il basso e vengono usati sono nell’espirazione forzata che è un movimento attivo. I muscoli espiratori accessori sono gli intercostali interni, il trasverso del torace, il retto addominale, gli obliqui interni ed esterni. Tutti i muscoli addominali sono espiratori perché la loro brusca contrazione aumenta la pressione addominale e solleva energicamente il diaframma. I muscoli espiratori accessori abbassano le coste e favoriscono l’innalzamento del diaframma, riducendo il volume della cavità toracica.

Il polmone non ha capacità motorie ma si trova incollato alla gabbia toracica grazie alla pressione intrapleurica negativa. In condizioni di riposo è presente un equilibrio tra polmone e torace. L’equilibrio è fornito dalla naturale tendenza del torace ad espandersi che è contrapposta alla naturale tendenza polmonare a rilassarsi. Polmone centripeto, torace centrifugo. Effetto ventosa della cavità pleurica porta all’equilibrio. Se l’aria entra nel sacco pleurico si annulla la pressione intrapleurica che a riposo è negativa e di circa -5mmHg dalla 760mmHg. Con la rottura del sacco pleurico il polmone collassa e il torace si espande in uno pneumotorace o PNX. Ogni polmone ha una sua pleura indipendente perciò se il trauma è unilaterale l’altro polmone funziona. Se PNX: aumenta la frequenza respiratoria del soggetto, un emitorace è fermo e più espanso rispetto all’altra metà, suturo la lesione e la depressione riespande il polmone. In natura la pressione intrapleurica negativa nasce perché i foglietti pleurici parietale e viscerale sono aderenti sia al torace sia al polmone. Atelettasia polmonare: condizione patologica della mancata distensione degli alveoli per assenza totale o riduzione del flusso d’aria in una parte del parenchima polmonare, gli alveoli perciò non si espandono ma collassano su sé stessi venendo così a mancare la corretta funzionalità polmonare. L’atelettasia polmonare fetale, soprattutto nei neonati pretermine, per una non corretta espansione polmonare durante i primi atti respiratori alla nascita o per l’aspirazione di mecomio (le feci del neonato stesso che egli ingerisce) durante la gestazione che si va a depositare in un ramo bronchiale.

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I gas nella cavità pleurica appena il bimbo nasce e compie il primo atto respiratorio, il polmone si espande e il gas rimasto nella cavità pleurica viene assorbito dalle cellule dei foglietti pleurici, la pressione è mantenuta dalla forza collassante del polmone e dalla forza centrifuga della parete toracica.

Il segreto sta nell’oscillazione delle pressioni creando delle differenze pressoriche. Nella respirazione superficiale, l’oscillazione delle pressioni all’interno del polmone è di 1mmHg quindi è poca ma sufficiente. L’espansione con aumento di volume della gabbia toracica fanno sì che i polmoni aumentino di volume, diminuendo allo stesso tempo la pressione, perché essi seguono l’escursione della gabbia toracica. L’espansione della cavità toracica porta a una diminuzione della pressione intrapolmonare di 1mmHg grazie alla legge di Boyle (P e V inversamente proporzionali). La diminuzione della pressione polmonare favorisce l’entrata di aria nei polmoni come 500m volume corrente VC. Il rilassamento dei muscoli inspiratori principali causa un aumento della pressione intrapolmonare di 1mmHg, con riduzione del volume della gabbia toracica, che è sufficiente per far uscire l’aria durante l’espirazione.

Nel diagramma pressione/volume polmonare. In fase inspiratoria la pressione intrapleurica, che oscilla di 2-3mmHg tra inspirazione ed espirazione (curva blu) è più negativa di quando a riposo. Durante l’espirazione poi la pressione intrapleurica risale fino a tornare a -5mmHg mentre era arrivata a -7mmHg al termine dell’inspirazione. La pressione intrapolmonare ha un delta di 1mmHg. I valori sono negativi ma non rispetto allo zero assoluto ma rispetto alla pressione atmosferica di 760mmHg. La pressione intrapleurica oscilla in un range più ampio di quello di oscillazione della pressione intrapolmonare pur mantenendosi sempre negativa. Linea blu della respirazione superficiale e linea rossa della respirazione forzata. Tra superficiale e forzata cambiano i volumi e la forma del diagramma. Il volume aumenta nell’inspirazione. La pressione pleurica diminuisce nell’inspirazione. Non viene seguita una linea ma un ciclo, una curva. Nella respirazione forzata il diagramma rosso è più grande e tondo perché entrano in gioco le resistenze viscose nella cavità pleurica che agiscono rallentando il movimento del sistema polmone-pleure-torace. Nell’inspirazione forzata la pressione intrapleurica si trova a valori più alti (fino a -11mmHg) di quando in respirazione superficiale. Variazione molto rapida all’inizio e poi si attenua. La variazione del volume polmonare: il

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volume aumenta nell’inspirazione e diminuisce con l’espirazione. La variazione della pressione pleurica: la pressione diminuisce nell’inspirazione ed aumenta nell’espirazione.

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La misurazione dell’aria che entra ed esce dal sistema respiratorio è la spirometria.

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Lo spirometro è formato da un cilindro inferiore con un’intercapedine piena di H2O (che funziona come un isolante in cui l’aria non esce ma allo stesso tempo non impedisce i movimenti) e da un cilindro superiore chiuso a formare una campana le cui pareti scorrono nelle intercapedini del cilindro inferiore. La campana dello spirometro segue quindi i movimenti respiratori. Con lo spirometro si misurano i volumi.

VC cioè volume corrente o tidal volume è la quantità di aria che espiro ed inspiro in una respirazione superficiale o tranquilla. Il volume corrente si va a distribuire in due spazi funzionalmente differenti: lo spazio morto anatomico e funzionale Vd, che non partecipa agli scambi gassosi con il sangue, e il volume alveolare Va, dove avvengono gli scambi gassosi. VC= volume corrente= Vd + Va.

Se dopo un’inspirazione superficiale continuo ad inspirare fino al massimo della capacità inspiratoria (ossia fino alla massima capacità di introdurre aria) arrivo al VRI cioè volume di resistenza inspiratoria di 2,5L che è la massima quantità di aria introdotta con una inspirazione forzata.

Se dopo un’espirazione superficiale continuo a espirare fino alla massima capacità espiratoria riesco ad espirare 1,5L di aria che corrispondono alla VRE.

VRI+-VRE è la quantità di aria usata nella respirazione forzata.

Il polmone non è mai svuotato completamente di aria perché anche dopo una espirazione massima rimane comunque il VR o volume residuo pari a 1,5L. Il polmone si svuota veramente dell’aria durante uno pneumotorace quando il polmone stesso collassa. In un organismo sano uno solo momento in cui il polmone è completamente vuoto di aria: dopo la nascita ma prima del 1° atto respiratorio. Controllo se bambino nato morto o morto appena dopo la nascita, controllo se persona morta affogata o già morta quando finita in acqua: prova della docimasia idrostatica (pezzetto del parenchima polmonare nell’acqua). Misuro con lo spirometro: VC VRI VRE. Il volume residuo VR è difficile da misurare.

La polmonite può andare incontro ad epatizzazione: il polmone è pieno di granulazioni e di tessuto infiammatorio, epatizzazione rossa acuta o bianca cronica (dal colore della cicatrizzazione). In questa situazione i polmoni non scambiano gas quindi sono afunzionali, sono compatti quindi non si espandono e gli alveoli sono pieni.

Sommando dei volumi ottengo delle capacità che sono quindi dei parametri respiratori dati da somme di volumi respiratori.

Capacità vitale CV: VRI + VRE + VC. Corrisponde alla massima quantità di aria che i polmoni possono movimentare dalla massima inspirazione alla massima espirazione. Circa 4,5L.

Capacità inspiratoria: VRI + VC. Circa 3L.

Capacità funzionale residua: VR + VRE.

Capacità polmonare totale: intera quantità di aria che un polmone può contenere.

(Nel sesso femminile i volumi e le capacità sono sempre leggermente inferiori)

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VEMS o FEV1 (forced expiratory volume at 1st second): volume espiratorio massimale al 1° secondo. Dopo un secondo dall’inizio dell’espirazione un apparato respiratorio normale deve aver già espirato l’80% della capacità vitale (quindi 80% di 4,5L).

Il volume respiratorio al minuto è un valore respiratorio equivalente alla gittata cardiaca. È il volume di aria movimentato ogni minuto dall’apparato respiratorio di una persona. Si calcola come volume corrente x frequenza respiratoria cioè 500x12= 6000mL/min. La frequenza respiratoria corrisponde a circa 12-14 atti respiratori al minuto. In un bambino la frequenza respiratoria è maggiore di quella di un adulto.

Uso la ventilazione alveolare per quantificare gli scambi di gas con il sangue. Corrisponde alla quantità di aria che raggiunge gli alveoli ogni minuto. Si calcola come: volume respiratorio – aria dello spazio morto cioè come frequenza respiratoria per (volume corrente meno spazio morto anatomico). La ventilazione alveolare corrisponde a circa 4200mL/min cioè a 4,2L/min. Il volume respiratorio corrisponde a 6L/min. il volume dello spazio morto funzionale è molto difficile da calcolare e in più non è un valore così importante.

Se aumenta la frequenza respiratoria ma gli atti respiratori sono più superficiali, il volume corrente diminuisce e la ventilazione alveolare diminuisce perché aumenta la quantità di aria che rimane nello spazio morto. Se la frequenza respiratoria aumenta ed è seguita da una diminuzione del volume corrente allora la ventilazione alveolare diminuisce, stati come l’irritazione nervosa o i respiri patologici che sono tipici di condizioni neurologiche o del come diabetico. Il volume residuo (aumenta con l’età perché si perde l’elasticità polmonare) e la capacità vitale (ha un plateau sulla pubertà e poi non è più costante) variano con l’età.

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Spirometro per misurare i volumi. Le capacità sono somme di volumi. I volumi polmonari possono essere statici o dinamici. Tra i volumi dinamici la capacità vitale forzata o FVC e il volume respiratorio forzato o FEV1 o VEMS.

La VEMS si misura per valutare la resistenza delle vie aeree e riflette il diametro delle vie aeree centrali che possiedono un diametro intermedio (no trachea e bronchi principali). Per misurare bene la FEV1 devo istruire il soggetto che esegue il test a compiere correttamente gli atti respiratori. Se eseguito correttamente il test può essere un parametro riproducibile e paragonato con lo stesso paziente in diversi momenti o con pazienti diversi.

Indice di Tiffenau è FEV1/FVC. Un suo valore è fisiologico se maggiore dell’80%. Viene usato per distinguere una patologia ostruttiva da una restrittiva.

PEF è il picco del flusso espiratorio. Corrisponde al massimo flusso espirato in dipendenza da uno sforzo respiratorio. Riflette il diametro delle vie aeree centrali.

FEF misurato al 75% della FVC.

FEF 25-75 è il flusso espiratorio forzato tra il 25 e il 75% della FVC. È un indice della resistenza delle vie aeree periferiche.

I valori ottimali cambiano interindividualmente.

Se FEV1 normale e Tiffenau ridotto: ostruzione iniziale.

Se FEV1 ridotta guardo Tiffenau.

Se FEV1 ridotta e Tiffenau normale: sindrome ostruttiva come BPCO da esposizione prolungata ad agenti irritanti.

Se FEV1 ridotta e TIffenau ridotto guardo la FVC.

Se FEV1 ridotta, Tiffenau ridotto e FVC normale: sindrome ostruttiva pura.

Se FEV1 ridotta, Tiffenau ridotto e FVC ridotta: sindrome mista sia ostruttiva che restrittiva.

Un deficit restrittivo viene causato dalla perdita di elasticità del polmone. Presenta una proporzionale diminuzione di volumi e capacità polmonari mentre Tiffenau è normale perché essendoci una riduzione proporzionale di tutti i volumi i rapporti rimangono costanti.

Un deficit ostruttivo viene causato dalla riduzione del calibro delle vie aeree per aumento della resistenza. Diminuzione di FEV1 e dei flussi con riduzione di Tiffenau.

Grafico volumi e tempi: in 4s si esaurisce l’atto respiratorio. In BPCO (COPD in inglese) il tempo di svuotamento dei polmoni è allungato. Attività respiratoria misurata con spirometro viene rappresentata. Quando espiro curva a destra in alto e quando inspiro curva a sinistra in basso. Sulle x il volume di aria che esce. Inizio l’espirazione e l’aria esce con velocità crescente, quando l’energia dell’espirazione scende il flusso d’aria scende e l’uscita rallenta, fine dell’espirazione, inizio dell’inspirazione fino alla massima inspirazione. Aria inizia a uscire velocemente ma poi ostruzione. Se entra aria fredda: broncocostrizione e asma da sforzo. Infiammazione è alla base delle patologie respiratorie, la mucosa si restringe e si irrigidisce. Il cortisone indebolisce il connettivo rendendo la pelle rigida e fragile.

Il volume residuo VR aumenta progressivamente. La capacità vitale cresce nel bambino. Nell’invecchiamento si perde elasticità di pelle, muscolatura e tessuto respiratorio; il polmone rimane più gonfio e il volume residuo aumenta. Se perdo elasticità ma nel senso patologico si ha BPCO. Se volume

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residuo alto per perdita di elasticità si ha enfisema che è una patologia polmonare in cui il volume residuo aumenta per perdita elastica.

Per misurare il volume residuo: diluizione con un gas estraneo cioè non residente. L’elio He è un gas perfetto perché nell’aria è pochissimo. Se introduco He nello spirometro la concentrazione di He che misuro è solo quello introdotto. Oppure diluizione con un altro gas non residente che è inerte e che non viene scambiato con il sangue è l’azoto. La concentrazione di He nello spirometro scende perché si mischia con l’aria del volume residuo.

Pletismografia richiede una cabina con chiusura ermetica e misuro la pressione delle vie aeree e la pressione della cabina.

La cellula endoteliale forma la membrana respiratoria ed è molto sottile a formare la parete capillare. Spessore di mezzo micron. I capillari alveolari circondano a rete gli alveoli. I globuli rossi passano uno per volta nei capillari e mentre passano i gas si scambiano spinti dalla pressione parziale. Pressione parziale di ossigeno e anidride carbonica tra aria alveolare e sangue. I gradienti pressori sono differenze pressorie. Nei capillari alveolari il sangue entra venoso ed esce arterioso, direttamente dai capillari sistemici periferici.

Gradiente pressorio perché pO2 dell’alveolo è di 100mmHg. 100mmHg di pressione parziale di ossigeno e 40mmHg nel sangue venoso. 60mmHg è il gradiente pressorio cioè la forza che spinge l’ossigeno dall’alveolo al sangue, è necessario un gradiente pressorio alto perché secondo Henry l’ossigeno è poco solubile e necessita una forte spinta. L’ossigeno è poco solubile nell’acqua perché per far passare l’ossigeno dall’aria alveolare al sangue necessita un gradiente pressorio alto di 60mmHg (100mmHg è la pO2 nell’aria alveolare e 40mmHg è la pO2 nel sangue venoso). La pO2 del sangue va in equilibrio con la pO2 alveolare a ¾ della lunghezza dei capillari alveolari.

Se disturbi della diffusione come riduzione del numero di capillari (enfisema dove diminuisce il numero di capillari alveolari e circola meno sangue) oppure aumenta la gittata cardiaca e aumenta la velocità di scorrimento del sangue il sangue circola più velocemente e diminuisce il tempo di permanenza dei capillari che non ossigenano correttamente, diminuisce l’arterializzazione del sangue e diminuisce il contatto tra sangue e globuli rossi e aria alveolare.

0,75s è il tempo a riposo di percorrenza del sangue nei capillari. 0,30s è il tempo durante l’esercizio fisico di percorrenza del sangue nei capillari quindi nell’esercizio fisico il sangue scorre più rapidamente nei capillari ma si satura comunque in maniera corretta.

Se diminuisce l’arterializzazione del sangue dove il sangue esce dal circolo polmonare ma non completamente saturo di ossigeno se diminuisce il numero di capillari o ci sono alterazioni della diffusione.

Emoglobina o Hb. È un tetramero dove atomo di ferro bivalente quindi Fe2+ ridotto. La metaemoglobina con il ferro Fe3+ è di color ruggine con ferro ossidato. 4 subunità dove ogni subunità ha un eme contenente un Fe2+. Ogni O2 lega Fe2+ e quando si lega le cariche elettromagnetiche dell’ossigeno disturba la struttura dell’emoglobina che si deforma.

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L’ossigeno sulla Terra da batterio ancestrale più evoluto che sa usare ossigeno, da questi batteri derivano i mitocondri.

Nel sangue l’ossigeno viene trasportato in 2 modi: del totale di O2 nel sangue l’1,5% viene trasportato disciolto nel plasma mentre il 98,5% di O2 è trasportato dal sangue legato all’emoglobina.

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Il processo della saturazione dell’emoglobina con l’ossigeno è descritto dalla curva di saturazione come una S italica. 3 diverse fasi: 1 in bassa pendenza, 2 in alta pendenza, 3 dove la pendenza torna bassa a plateau. La pendenza esprime l’affinità dell’emoglobina all’ossigeno e la pendenza dipende dalla forma assunta dall’emoglobina.

Se Hb arriva ai capillari perialveolari desaturata e deossigenata è chiusa con i 4 Fe2+ nascosti all’interno e l’ossigeno fatica a entrare nell’emoglobina e a legarsi al sito di legame ma con la spinta data dalla pO2 e dall’alta concentrazione di O2 l’ossigeno penetra nell’emoglobina e il primo O2 che penetra causa una deformazione della molecola che si apre ed espone meglio gli altri 3 Fe che contiene. Con la molecola di emoglobina un po’ più aperta il 2° e il 3° ossigeno si legano perché aumenta l’affinità e aumenta la pendenza della curva che poi scende di nuovo. Nel grafico le due estremità tra cui in condizioni di riposo la pO2 oscilla è 40mmHg e 100mmHg. 100mmHg nel sangue arterioso e 40mmHg nel sangue venoso. 100mmHg di pO2 nell’aria alveolare e 40mmHg di pO2 nelle cellule dei tessuti periferici. A 100mmHg di pO2 abbiamo saturazione del 98% dell’emoglobina ma la percentuale del 98% dipende da dove misuro la saturazione.

Se misuro la saturazione in uscita dai capillari alveolari trovo il 100% perché in condizioni normali tutte le molecole di Hb sono sature di O2 ma se misuro la saturazione nel circolo periferico in un dito o nel lobo dell’orecchio con il saturimetro che misura con la colorazione del sangue o nell’atrio sinistro AS trovo 98% o 96% di saturazione perché misuro il sangue bronchiale. Il sangue va nell’arteria polmonare e inizia a percorrere il piccolo circolo dove la maggioranza del sangue va nei capillari alveolari e si satura mentre una piccola parte va a nutrire i bronchi e le vie aeree di conduzione. Questo sangue de circolo bronchiale è come il sangue di qualunque tessuto, cede O2 prendendo CO2 e scambia le sostanza nutritive e di scarto, il sangue bronchiale prima di arrivare ai polmoni si mischia con il sangue dei capillari alveolari facendo diminuire la saturazione. Una piccola quantità di sangue venoso che si mischia al sangue arterializzato dei capillari polmonari. A 100mmHg la pO2 è quasi al 100% della saturazione. A 40mmHg la pO2 contiene 75% di Hb saturata. Nel circolo capillare periferico (nei capillari avvengono gli scambi di gas) solo il 25% di Hb cede O2 dal sangue arterioso mentre il 75% tiene l’ossigeno perché in condizioni di riposo in cui non serve un’enorme quantità di ossigeno mentre il resto è di riserva che viene usata durante l’esercizio fisico.

Come l’emoglobina cede più ossigeno: maggior consumo di ossigeno con attività cellulare intensa come nel muscolo. La pO2 dei capillari alveolari scende fino a 20mmHg con 35% di Hb saturata. Aumentando il consumo energetico le cellule dei tessuti muscolari fanno in modo che l’emoglobina ceda più ossigeno ai

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tessuti. Abbassando la pO2 a 20mmHg che è il valore sotto sforzo in cui il 65% di Hb cede l’ossigeno alle cellule dei tessuti.

Per estrarre ancora più ossigeno devo spostare o shiftare la curva di saturazione a destra o sinistra.

Se la curva va a sinistra: l’affinità dell’emoglobina aumenta quindi cede l’ossigeno con più difficoltà e cede anche meno ossigeno.

Se la curva va a destra: l’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno scende e quindi l’emoglobina cede l’ossigeno più facilmente. Ci sono 4 modi per spostare la curva a destra. Andando verso destra l’affinità emoglobina-ossigeno diminuisce.

3 modi istantanei mentre la 4° modalità ha una latenza più lunga.

1. Acidità. Diminuisce il pH e diminuisce l’affinità tra ossigeno ed emoglobina in quanto la forma della proteina dipende dal pH dell’ambiente in cui si trova immersa. L’emoglobina lavora correttamente a pH 7,4 e se il pH diminuisce la proteina si apre, diminuisce l’affinità per l’ossigeno che si stacca più facilmente. Delta di 0,02. L’effetto Bohr sulla deformazione minima è l’influenza del pH sull’affinità di Hb. (se il pH aumenta allora aumenta l’affinità ossigeno-emoglobina e O2 è più difficile da staccare).

2. Temperatura. Se T aumenta, diminuisce l’affinità tra ossigeno ed emoglobina e la curva si sposta a destra.

3. pCO2. Se la pressione parziale dell’anidride carbonica, che nel sangue arterioso è di 40mmHg, aumenta allora la curva va a destra. Se le cellule lavorano intensamente, consumano più ossigeno e producono più anidride carbonica che è il segnale dell’intenso lavoro cellulare. Consegue che l’emoglobina rilascia il suo ossigeno più facilmente. La pCO2 è legata al pH: la CO2 genera acidosi, se pCO2 alta il pH è acido e basso.

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Sono 3 meccanismi locali. Posso avere le 3 differenze anche solo nei capillari di quei muscoli se contraggo solo un bronco. pH, temperatura e pCO2. Loro 3 variazioni se esercizio fisico e contrazione muscolare che aumenta l’attrito tra actina e miosina sviluppando calore e aumentando la temperatura. La contrazione dei muscoli provoca un aumento del consumo di ossigeno e diminuisce la pO2 sotto ai 40mmHg di conseguenza aumenta pCO2 e si genera acidosi diminuendo il pH. Se poco ossigeno muscolare si genera acido lattico in cui il glucosio viene diviso in due strutture da 3C l’uno cioè acido piruvico che viene trasformato in acido lattico che ristagna nel muscolo e se non viene drenato in un certo tempo provoca dolore e rigidità muscolare, riducendo la funzionalità contrattile e il pH. Se l’ossigeno è presente si attua il ciclo di Krebs.

Il 4° meccanismo è quello del 2,3-bisfosfoglicerato. Questa molecola entra nell’emoglobina e ne cambia la forma, aprendola. Il 2,3-bisfosfoglicerato viene prodotto in alta quota ed è uno dei meccanismi di adattamento fisiologico ad alta quota dove c’è poco ossigeno e nei pazienti affetti da BPCO.

Nel muscolo è presente un altro trasportatore di ossigeno che è la mioglobina. È un monomero con affinità superiore per l’ossigeno rispetto a Hb. Rappresentata nella curva verde. La maggior affinità della mioglobina è responsabile della capacità della mioglobina di estrarre l’ossigeno dall’emoglobina e di assorbirlo.

Nel circolo fetale: sangue materno e fetale non in contatto diretto durante la gravidanza ma sono molto vicini nella placenta e non si mescolano nella gravidanza ma durante il parto si mescolano quando rottura di capillari. Emoglobina materna ed emoglobina fetale viaggiano vicini. L’emoglobina fetale è un tetramero ma dalla composizione diversa da quella adulta, ha affinità maggiore per l’ossigeno e infatti cattura l’ossigeno dall’emoglobina materna.

Trasporto CO2:

L’anidride carbonica viene trasportata dal sangue in 3 modi.

Quota del 7% disciolta fisicamente nel plasma. (O2 disciolto a 1,5% perché CO2 ha maggior solubilità, si scioglie più facilmente e velocemente). Il sangue capillare è dove avvengono gli scambi di gas: mentre il sangue scorre avvengono scambi gassosi perché spinti da gradienti pressori. Il gradiente pressorio dell’O2 è 60mmHg a riposo mentre quello della CO2 è 6mmHg quindi un decimo ma diffonde più velocemente per la maggiore solubilità intrinseca, 6mmH è poco ma comunque sono sufficienti a spostare la CO2. PCO2 in sangue venoso è 46mmHg mentre nel sangue arterioso è 40mmHg. 40mmH di pCO2 in aria alveolare, 46mmHg nei tessuti periferici.

Quota del 93% di tutta la CO2 trasportata entra nei GR. Dentro ai globuli rossi la CO2 in parte viene assorbita da Hb con cui si combina a formare carbaminoemoglobina perché CO2 non si lega al Fe come l’ossigeno ma ai gruppi amminici della parte proteica dell’emoglobina. Il 23% del totale di CO2 viene trasportato come carbaminoemoglobina. Il 70% di tutta la CO2 trasportata dal sangue nel globulo rosso viene convertita in bicarbonato. Enzima anidrasi carbonica che è solo nel GR e non nel plasma. Nel rene anche l’anidrasi carbonica. L’enzima anidrasi carbonica prende la CO2 e la converte in acido carbonico combinandola con una molecola di acqua. La reazione di combinazione H2O e CO2 avviene spontaneamente ma molto lentamente, anche senza enzima ma non avviene nel nostro corpo perché non è presente abbastanza PCO2. E’un enzima bidirezionale. Viene prodotto acido carbonico che è acido debole e non sta in soluzione intero quindi ionizza istantaneamente. Quindi 70% di CO2 nel sangue convertita in bicarbonato in GR e lì si accumula creando un gradiente di concentrazione che lo fa uscire e andare nel plasma dove è sistema tampone che mantiene il pH del sangue a 7,4. Ione H+ non può accumularsi in GR perché ne altererebbe pH. pH in GR e nelle cellule è 7,0. pH di una soluzione cambia solo se H+ libero. Hb assorbe ioni H+ e ne tampona acidità. Il bicarbonato uscente è anione quindi carica elettrica e il potenziale di membrana va verso l’annullamento. Cellule non eccitabili hanno pochi milliVolt di potenziale membrana. Esce bicarbonato ed entra cloro nel GR per mantenere il bilancio elettrico del GR costante, shift del cloruro.

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Nei tessuti periferici cellule producono CO2 che viene raccolta dal sangue per portarla agli alveoli. La reazione nei tessuti periferici funziona da sx verso dx ma è reversibile perché l’anidrasi è bidirezionale. La reazione si inverte quando il sangue arriva in capillari polmonari: la reazione di liberazione di H+da Hb viene favorita da ossigenazione di Hb dove O2 lega Fe e Hb rilascia idrogeno assorbito perifericamente che si combina con il bicarbonato che rimane in GR e riforma acido carbonico spontaneamente senza enzimi. L’anidrasi carbonica scinde l’acido carbonico in CO2 che aumenta la pCO2 nei GR così la CO2 esce e va verso alveolo partendo dal capillare sanguigno. Consumando bicarbonato inverte il gradiente così passa dal plasma a GR. Nei capillari da destra a sinistra. Anche in capillari alveolari c’è shift dei cloruri con cloro in uscita. La reazione può avvenire nei 2 sensi e il senso di marcia di reazione reversibile è stabilito da quantità prodotti e reagenti: in periferia parte da sx per abbondanza CO2, in capillari alveolari c’è scarsità di CO2 perché appena formata va in alveolo e la reazione parte da dx.

Curva di saturazione della CO2: linea verde rettilinea è la CO2 fisicamente disciolta nel sangue, linea retta perché dipende dalla pressione parziale e non dalla solubilità intrinseca. Saturazione di Hb con CO2 è proporzionale alla pressione parziale e non aspetto sigmoideo come curva della saturazione dell’ossigeno. Sangue arterioso si satura con minor capacità di saturazione rispetto al sangue venoso. deossiHb lega più facilmente CO2. Il distacco di O2 da Fe quando Hb cede O2 a tessuti aumenta l’affinità di Hbper CO2. Cedere ossigeno a tessuti aumenta affinità a CO2 di Hb che viene assorbita e va verso alveoli venendo così rimossa dai tessuti a formare carbaminoemoglobina. Effetto Bohr è aumento PCO2 sangue correlata ad aumento ci acidità che facilita rilascio di O2. Liberazione di O2 facilita assorbimento di CO2. Effetto Hamburger per lo shift cloruro/bicarbonato.

Curve associazione dissociazione saturazione.

Nel sangue venoso misto la pressione totale di tutti i gas < della pressione atmosferica. Non vale la legge di Dalton. Nel sangue arterioso la pressione totale dei gas è uguale alla pressione atmosferica ma nel sangue venoso è inferiore perché PO2 cala da 100 a 40 e la PCO2 aumenta di 6mmHg che è troppo poco per riuscire a mantenere l’equilibrio di Dalton. L’unico vantaggio è che se lesione del sacco pleurico ed emotorace, dopo aver suturato e ristabilito integrità del sacco i gas in eccesso nel sacco pleurico vengono spontaneamente riassorbiti dal sangue (sangue assorbe gas in eccesso e ristabilisce pressione intrapleurca fisiologica ma comunque chirurgo aspira).

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Trasporto dei gas separatamente ma questi avvengono in contemporanea. Meccanismi di trasporto O2 e CO2 avvengono contemporaneamente in direzioni opposte e in equilibrio. Contemporaneo il passaggio di O2 e CO2 sia in alveolo che nei tessuti periferici, sistema in equilibrio quindi ogni O2 che entra in periferia è bilanciato da una di O2 assorbita negli alveoli. Se i tessuti in fase di grande attività consuma tanto O2 e tanto passa da alveoli a GR.

Il circolo polmonare è a bassa pressione e perché è un circolo che si svolge quasi interamente sopra al cuore quindi la gravità ha sua importanza nella perfusione del polmone. Circolo polmonare contiene capillari polmonari che risentono della pressione sanguigna idrostatica come tutti capillari periferici ma il loro calibro risente anche della pressione alveolare degli alveoli circostanti. La pressione del VS tra 0mmHg quando dilata per riempirsi e picco di 120mmHg quando espelle. Tra 120 e 80 oscillante in grandi arterie. Verso arterie più piccole la pressione smette di oscillare e si assesta a un valore intermedio di 100mmHg poi caduta della pressione sanguigna che si porta a 30mmHg in circolo capillare dove la pressione bassa necessaria per le pareti sottili dei capillari.

Esistono nel corpo dei capillari che reggono anzi necessitano di alta pressione per funzionare correttamente: questi si trovano nei reni e sono capillari glomerulari, nel glomerulo renale i capillari sono puramente arteriosi in cui scorre sangue a pressione elevata perché la pressione elevata serve per avere la filtrazione glomerulare, serve pressione qui. Se pressione crolla si ha shock, reni smettono di funzionare. Dallo stato di shock dare subito flebo. Se rene per pulire sangue perché entra sangue arterioso che è pulito dal punto di vista gassoso ma non metabolico, sangue arterioso è ad alta pressione a 120 su 80 perché serve la spinta.

Sangue in capillari entra a 30mmHg ed esce a 10mmHg dove viene raccolto dalle vene e coinvogliato verso AD in cui arriva a pressione bassissima infatti problema del ritorno venoso. Dal VD sangue pompato al massimo a 25mmHg verso polmoni, all’inizio oscilla tra 25mmHg e 8mmHg poi stabile a 15mmHg. In capillari alveolari oscilla tra 12mmHg e 8mmHg. Per tornare al cuore la gravità aiuta verso le 4 vene polmonari a AS. Nei capillari alveolari pressione ancora più bassa di capillari sistemici quindi difficile tenerli dilatati per permettere giusto scorrimento del sangue e inoltre sono circondati da alveoli pieni d’aria che li schiacciano. Il circolo polmonare a bassa pressione esercita notevole resistenza al passaggio di sangue, resistenza polmonare viene regolata passivamene. Fattori che influenzano la resistenza polmonare e condizionano il passaggio di sangue sono distensione e reclutamento. Distensione di vasi nel tessuto polmonare che varia se tessuto polmonare vuoto o pieno d’aria. Il reclutamento cioè non tutti i capillari polmonari sono funzionanti a riposo perché non necessario grande flusso polmonare mentre in sforzo serve più ossigeno ai muscoli e si reclutano più capillari aprendoli e aumentando il flusso ematico. Il reclutamento viene operato da pressione sanguigna idrostatica mentre la distensione è un fattore esterno e dipende dal tessuto polmonare. Reclutamento è un fattore interno.

3 curve. In blu è resistenza totale dei vasi polmonari che ha un punto centrale dove è più bassa e sale agli estremi. In nero è il confine fra volume corrente e volume riserva espiratoria. Resistenza totale del circolo polmonare ottimale in equilibrio polmonare nella respirazione superficiale. Resistenza dei vasi polmonari aumenta con aumento del volume polmonare. Alveoli gonfi d’aria aumentano la resistenza dei vasi alveolari. Aumento volume polmonare e aumenta resistenza dei vasi alveolari. Vasi extralveolari funzionano al contrario di quelli alveolari e contribuiscono alla resistenza. Più il polmone è gonfio più bassa è la resistenza. Se inspiro c’è depressione intratoracica che aiuta il sangue a tornare in alto e che espande vasi mediastinici polmonari. Resistenza totale del circolo polmonare proviene dalla combinazione delle due resistenze.

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Il modello di West divide il polmone in 3 zone di divisione funzionale. Zona 1: apice polmonare, zona 2: intermedia, zona 3: base polmonare. In condizioni normali e in posizione ortostatica: i capillari della zona 1 e quindi della zona apicale sono quasi collassati perché al loro interno la pressione idrostatica è minima e vengono schiacciati dagli alveoli circostanti, risentendo della loro pressione. Nella diastole, quindi nel rilasciamento dalla contrazione cardiaca, quando manca la spinta del VD la circolazione del sangue capillare può arrivare a zero. Nella zona 3 la perfusione è indipendente dalla pressione alveolare quindi alta pressione intracapillare e i capillari sono pervi e perfusi indipendentemente da quanto sono gonfi i polmoni rendendo la zona 3 indipendente dall’ attività respiratoria. A riposo il sangue viene ossigenato prevalentemente con le basi polmonari, quindi con la zona 3, che si devono muovere bene. Atto della percussione per sentire come il torace suona: in inspirazione il torace suona pieno perché le basi polmonari e il diaframma si alzano, il torace suona vuoto in espirazione perché le basi polmonari si abbassano. Nella zona 3 la pressione è maggiore nell’arteria polmonare rispetto che alla vena polmonare quindi capillari pervi e perfusi. La zona 2 è una regione intermedia e la sua perfusione dipende dal tipo di ventilazione polmonare, a seconda dell’escursione respiratoria. Durante l’esercizio fisico, gittata cardiaca e pressione arteriosa aumentano: la perfusione ed il passaggio di aria nei vasi capillari della zona 1 e 2 migliora quindi vengono reclutati più capillari, il sangue viene ossigenato meglio e più rapidamente.

Accoppiamento ventilazione/perfusione: cercare di adattare nel miglior modo la quantità d’aria che arriva nel polmone e la quantità di sangue che circola nella zona. Inutile perfondere con tanto sangue una zona poco ventilata perché catarro o ostruzione e viceversa inutile ventilare apici polmonari a riposo poco perfusi.

Effetto dell’ossigeno e effetto dell’anidride.

Se ostruzione come il ristagno di muco nella tosse dei fumatori perché il polmone di notte viene mosso poco e le secrezioni ristagnano nelle basi polmonari e nei paziente troppo allettati perché le basi polmonari non si muovono e le secrezioni ristagnano quindi infezioni come polmonite o broncopolmonite è una delle principali cause di morti in pazienti ospitalizzati. Nella medicina di adesso provo a mobilizzare il pz il prima possibile.

Il muco ostruisce quindi riduce il flusso di aria. Riduzione di pO2 vasocostringe non i capillari che sono passivi e seguono alveoli circostanti e la pressione idrostatica ma le arteriole del circolo polmonare: vasocostringono perché la parete muscolare ha grande capacità di dilatazione o costrizione. pO2 e pCO2 decidono se dilatare o costringere. Un’ostruzione riduce il flusso di aria e la pO2 vasocostringendo il settore di polmone che viene meno perfuso. Se aumenta il flusso d’aria, aumenta la pO2 e ho vasodilatazione delle

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arteriole del distretto polmonare. Effetto ossigeno sulle arteriole polmonari è quello di vasocostringere o vasodilatare. Il flusso sanguigno si adatta alla ventilazione.

Effetto dell’anidride sulla muscolatura bronchiale. Un’ostruzione di un bronco causa la riduzione del flusso dell’aria, aumentando la pCO2 e la broncodilatazione. Il bronco cerca di far passare più aria per adattare l’aria alla quantità di flusso sanguigno. La ventilazione viene adattata al flusso sanguigno.

La respirazione avviene attraverso l’attività muscolare. Si distinguono muscoli inspiratori ed espiratori.

I muscoli respiratori sono striati ma non sono completamente volontari. Il loro controllo è prevalentemente involontario. La contrazione volontaria dei muscoli respiratori è possibile ma viene sempre subordinata al controllo involontario. I muscoli respiratori sono una via di mezzo tra la muscolatura liscia completamente involontaria e la muscolatura scheletrica completamente volontaria.

I centri di controllo della respirazione si trovano nel tronco encefalico, in particolare nel bulbo (o midollo allungato). Il bulbo costituisce la parte più caudale del tronco encefalico e contiene la maggior parte dei centri di controllo involontari che sono nuclei autonomi del SN vegetativo.

Centro inspiratorio è leggermente più dorsale ed è detto gruppo respiratorio dorsale. Invia assoni e innerva i muscoli inspiratori principali cioè diaframma e intercostali esterni.

Centro espiratorio è il centro respiratorio ventrale e contiene neuroni che innervano soprattutto i muscoli espiratori che sono accessori ma innervano anche gli inspiratori accessori.

I centri inspiratori ed espiratori sono due nuclei molto vicini e non esiste tra loro un confine netto.

Durante la respirazione superficiale lavora solo il gruppo respiratorio dorsale in cui i neuroni scaricano a treni: il treno di impulsi è una scarica ad alta frequenza periodica della durata di 1 o 2 s e poi è seguita da un periodo di 2 o 3 s di pausa e poi ancora un gruppo di scariche di potenziali d’azione ad alta frequenza.

I neuroni del gruppo respiratorio ventrale intervengono solo nella respirazione forzata. Questo centro interviene se gli arrivano impulsi dai centri superiori. Viene inibito nella respirazione superficiale e scarica impulsi solo quando viene attivata la respirazione forzata.

Somewhere si trova una specie di pacemaker. Ogni volta che c’è una scarica ritmica c’è un pacemaker. Nel sistema nervoso trovare il pacemaker è quasi impossibile perché ogni nucleo e ogni area sono controllati da qualcos’altro. Esiste un pacemaker respiratorio ma non si sa di preciso dove sia.

Nel bulbo, più caudalmente ai due nuclei respiratori, si trova il complesso di pre Botzinger. Si trova davanti al nucleo di Botzinger. Scarica in tutte le fasi della respirazione. Potrebbe essere il pacemaker respiratorio.

Nel bulbo si trovano 3 nuclei: gruppo respiratorio ventrale espiratorio ed inspiratorio forzato, gruppo respiratorio inspiratorio superficiale, complesso pre Botzinger.

Fibre da MS si dirigono verso l’alto in corteccia. Nel MS c’è un grado di distinzione dove i corpi cellulari al centro del MS si presentano come sostanza grigia. Nel tronco encefalico si perde questa netta distinzione tra sostanza bianca e grigia. I nuclei piccoli o sparsi vengono classificati come formazione reticolare. Sempre di più verso il riconoscere gruppi di neuroni come nuclei a sè stanti cioè come zone contenenti neuroni dalle stesse caratteristiche citoarchitettoniche e funzionali. Nucleo del tratto solitario (NST) ha forma di Y e ha tante funzioni diverse ma corrisponde a un unico nucleo. Il ruolo principale della formazione reticolare è quello di attivare la corteccia cerebrale. Formazione reticolare attivante è formata da una serie di neuroni che bombarda la corteccia nello stato di veglia per tenerci svegli.

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I centri pontini della respirazione vengono individuati da una sezione del tronco encefalico. Sezionando sopra al bulbo la respirazione viene mantenuta ma si presenta difficoltà nel passaggio tra fase inspiratoria e fase espiratoria e viceversa quindi sopra esiste qualcosa che controlla l’attività dei nuclei bulbari.

Le due aree di controllo sono il centro pneumotassico e il centro apneustico.

Il centro apneustico stimola il gruppo respiratorio dorsale e promuove l’inspirazione, aumenta la sua attività durante la respirazione forzata.

Centri pneumotassici hanno azione inibitoria dei centri apneustici quindi sono responsabili della espirazione. Se la frequenza di scarica dei centri pneumotassici accelera, la respirazione accelera. Diminuendo la frequenza respiratoria aumenta automaticamente la profondità del respiro.

Centri bulbari mandano motoneuroni a muscolatura respiratoria. Il ritmo viene controllato dal complesso di pre Botzinger. Inibizione reciproca: se neuroni inspiratori scaricano, gli espiratori sono inibiti e viceversa. Infatti i due atti respiratori non possono avvenire in contemporanea.

Nel bulbo viene effettuato il controllo principale. Il controllo accessorio avviene nel ponte per regolarizzare la frequenza respiratoria e per assicurare un passaggio graduale tra inspirazione ed espirazione.

Centri superiori. Il controllo nervoso respiratorio ha anche una componente volontaria presso la corteccia cerebrale e il sistema limbico. Prevalente è la componente involontaria. L’ipotalamo necessario per il controllo involontario della regolazione della frequenza respiratoria. Le emozioni e i ricordi variano l’attività respiratoria. L’attività fisica varia la frequenza respiratoria perché ancora prima di iniziare l’esercizio aumentano sia la frequenza respiratoria sia la profondità del respiro.

A riposo le durate delle fasi della respirazione: inspirazione dura 2s, espirazione dura 3s.

Diaframma e muscoli intercostali si contraggono nella inspirazione. Contemporaneamente i neuroni del gruppo respiratorio ventrale vengono inibiti. Pausa con neuroni inattivi che non scaricano. Diaframma e muscoli intercostali si rilasciano così parte espirazione passiva.

La espirazione forzata è la espirazione è attiva cioè la parte espiratoria del gruppo di neuroni ventrali scarica impulsi, aumenta la frequenza scarica del gruppo respiratorio dorsale (adibito alla inspirazione superficiale) che stimola la parte inspiratoria del nucleo respiratorio ventrale che è prevalentemente espiratorio ma anche la parte inspiratoria per muscoli inspiratori accessori (inspirazione forzata). Espirazione attiva quindi scaricano anche muscoli espiratori ventrali. Questo appena descritto è il controllo nervoso della espirazione.

Controllo chimico della respirazione.

Il controllo chimico della espirazione è necessario perché l’apparato respiratorio deve adattare la propria attività alle esigenze dell’organismo. Senza controllo chimico si avrebbe sempre la stessa frequenza e la stessa ampiezza della respirazione. Esigenze di O2 o smaltimento di CO2 aumentano in esercizio fisico quindi aumentare frequenza respiratoria o ampiezza degli atti respiratori. I sensori vengono collocati in punti strategici critici sensibili a pO2 e a pCO2 e sono chemocettori.

I chemocettori sono cellule specializzate che sono racchiuse in involucri delimitate da glomi. I glomi si trovano dove sono anche situati i barocettori arteriosi: i barocettori principali si trovano presso il seno carotideo e l’arco aortico, zona ottimale per misurare sia livello di gas nel sangue sia livello di pressione arteriosa. Dall’arco aortico parte il flusso sanguigno che deve perfondere l’intero organismo e nel seno carotideo passa il sangue per andare all’encefalo che deve essere sempre perfuso e ben ossigenato. I seni carotidei si trovano alla biforcazione della carotide comune. I chemocettori sono gruppi di cellule racchiusi in un involucro delimitato da cellule appiattite simili a cellule endoteliali dei capillari e a stretto contatto con

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capillari. I barocettori sono inseriti nella parete dell’arteria perché misurano il livello di distensione della parete mentre i chemocettori si trovano presso i capillari da cui escono O2 e CO2 per poter essere misurati. Le cellule dei chemocettori sono collegate a dei nervi sensitivi come neuroni pseudounipolari che sono neuroni afferenti ed entrano a far parte di due nervi cranici: il X nervo vago per barocettori e chemocettori dell’arco aortico, i recettori del seno carotideo nel IXnc o glossofaringeo.

I chemocettori possiedono diversi livelli di sensibilità a pO2 e pCO2 e pH.

La pO2 coinvolge il mitocondrio che è il principale utilizzatore di O2. pCO2 e ph influenzano l’acidità intracellulare.

Chemocettori aortici e carotidei sono molto più sensibili a pCO2 e pH ma pH consegue a pCO2 quindi vero stimolo che attiva questi 2 chemocettori è l’aumento della pCO2. La riduzione della pO2 è uno stimolo ma comincia a diventare efficace solo per livelli molto bassi di pO2 quindi già in condizioni di emergenza. Nella maggior parte della nostra esistenza il vero principale stimolo per i chemocettori aortici e carotidei è l’innalzamento di pCO2: queste cellule chemocettoriali hanno delle vescicole simili a quelle sinaptiche contenenti dopamina, il meccanismo di rilascio del NT è simile a quello neuronale quindi necessita ioni calcio. Gli stimoli chimici: aumento pCO2, riduzione ph e riduzione pO2. A questi stimoli consegue una variazione del potenziale membrana dei chemocettori che conclude con l’apertura di canali del calcio e il calcio entra come nella terminazione sinaptica dove le vescicole sono intrappolate da reti di filamenti proteici simili ad actina. Quando calcio arriva la rete proteica si disintegra e le vescicole si muovono, i meccanismi che attirano la vescicola verso la membrana sinaptica dove si trovano i punti di aggancio dove la vescicola si apre e svuota all’esterno il suo contenuto. Rottura della maglia di filamenti proteici che intrappola le vescicole grazie agli ioni calcio. Chemocettori periferici sono gli aortici e carotidei.

I chemocettori centrali sono situati nel bulbo quindi si trovano molto vicini ai gruppi respiratori, si trovano nel pavimento del IV ventricolo. Il IV ventricolo è la cavità delimitata ventralmente dal tronco encefalico, dorsalmente da cervelletto. Il IV ventricolo termina in basso nel hobex che è il punto di ingresso dell’acquedotto del Silvio. 6 peduncoli cerebellari. I chemocettori si trovano sul pavimento del IV ventricolo

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vicini al gruppo respiratorio dorsale. Sono sensibili principalmente alla pCO2. La pO2 a livello periferico è efficace solo se delta importante e non è uno stimolo valido a livello centrale. I chemocettori sono sensibili a delta pCO2.

Esempio: pCO2 aumenta e pH scende nel sangue, stimola chemocettori periferici e centrali che mandano impulsi a centri bulbari e li attivano. Aumenta la frequenza respiratoria e la profondità degli atti respiratori. Finché l’equilibrio è mantenuto e la pCO2 è normale mantengo ritmo di 12-14 atti al minuto. Se alterazione come riduzione di CO2 se iperventilo anche involontariamente. Tensione nervosa provoca iperventilazione che causa aumento dell’eliminazione di CO2 (quindi riduzione della pCO2) e aumento del pH (caso di riduzione della pCO2). pCO2 diffonde nel liquor arriva al IV ventricolo dove i chemocettori centrali e viene attivato il riflesso chemocettore: aumentano sia la frequenza respiratoria sia la profondità degli atti respiratori per ristabilire l’equilibrio.

Centri pontini regolano: se aumenta la frequenza respiratoria diminuisce la profondità respiratoria e viceversa ma il riflesso chemocettore attiva la respirazione forzata come se il paziente fosse in esercizio fisico e aumentano sia la profondità sia la frequenza respiratoria.

Iperventilazione volontaria nei subacquei: per aumentare tempo di permanenza in acqua iperventilo: se pCO2 troppo bassa perdo la coscienza della quantità di ossigeno che comunque viene consumato dalle cellule ma non viene attivato il riflesso chemocettore. Questo fenomeno si chiama “Blackout da acqua bassa”. Problema di snorkeling.

I barocettori sono recettori che controllano la pressione arteriosa e la respirazione. Quando la pressione arteriosa scende i barocettori ristabiliscono la pressione arteriosa normale e stimolano l’aumento della attività respiratoria. Se la pressione arteriosa scende, il volume respiratorio al minuto sale. Connessione indiretta tramite NTS (nucleo del tratto solitario) tra barocettori e neuroni dei centri respiratori bulbari: abbassa pressione quindi sangue meglio ossigenato. Se pressione aumenta il volume respiratorio al minuto diminuisce. Il riflesso dei barocettori è un riflesso cardiovascolare e ha influenza sull’attività respiratoria.

Altri riflessi sono quelli di riempimento e di svuotamento. Sono riflessi meccanici con recettori simili a meccanocettori che misurano la distensione della parete polmonare. Sono riflessi protettivi.

Nella respirazione forzata quando il volume corrente VC è > 1000mL (quindi più del doppio del normale) i meccanocettori presso la parete polmonare vengono attivati e inibiscono l’attività respiratoria. Riflesso di riempimento impedisce l’eccessiva espansione dei polmoni che potrebbe rompere le sottili pareti alveolari formando grosse cavità come atelectasia.

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Il riflesso di svuotamento stimola i centri respiratori quando i polmoni sono vuoti. Riflesso di svuotamento serve per transizione ottimale tra fase di espirazione e fase di inspirazione durante la respirazione forzata, per velocizzare il passaggio tra inspirazione ed espirazione ad esempio nell’esercizio fisico intenso. Riflesso di riempimento ha anche ruolo protettivo. I riflessi di svuotamento e riempimento sono necessari per velocizzare le transizioni inspirazione-espirazione.

I respiri particolari sono riflessi protettivi come tosse, starnuto e sbadiglio. Starnuto e tosse sono causati da una violenta contrazione dei muscoli respiratori, corrispondente prima a una energica inspirazione e poi espirazione.

Lo starnuto è un riflesso innescato dall’irritazione delle pareti della cavità nasale. Corrisponde a una violenta emissione d’aria nei polmoni per un’energica contrazione dei muscoli espiratori. Viene solitamente associato allo stato di infiammazione virale presente nel raffreddore. La funzione del meccanismo dello starnuto è quella di eliminare, tramite le vie aeree superiori, gli agenti patogeni. È possibile anche starnutire a seguito di una reazione allergica verso particolari allergeni oppure per la semplice irritazione delle mucose nasali da parte di polveri o sostanze irritanti. Determina un periodo di apnea. Lo scopo è quello di liberare le vie aeree superiori.

La tosse è un riflesso innescato dall’irritazione di laringe o trachea o bronchi. Corrisponde a un’energica contrazione dei muscoli inspiratori a cui segue una rapida espirazione con chiusura della rima della glottide a cui segue la riapertura della rima della glottide con la genesi di una vibrazione sonora e l’innalzamento del palato molle che va ad occludere la nasofaringe. La tosse si verifica per liberare le vie aeree profonde da un accumulo di muco o dalla presenza di bolo alimentare che non si dirige verso l’esofago ma va ad occludere le vie aeree o dalla presenza di sostanze irritanti per la mucosa di laringe o trachea. Determina un periodo di apnea. Lo scopo è quello di liberare le vie aeree profonde.

Lo sbadiglio è un comportamento ancora oggi poco chiaro. È un riflesso di profonda inspirazione seguita da una profonda espirazione e viene accompagnato da insieme di contrazioni muscolari dette pandiculazione. Questo riflesso si presenta anche in molti animali. Viene associato a noia, stanchezza. Lo sbadiglio è un’inspirazione molto lenta quindi poco utile per aumentare pO2 e infatti l’atto stesso dello sbadiglio immette nei polmoni una quantità di ossigeno minore a quella introdotta in una normale inspirazione.

L’apnea, che viene determinata anche dai rilessi di tosse e starnuto, è un periodo in cui il respiro è forzato quindi corrisponde alla temporanea cessazione dei movimenti respiratori e viene accompagnata da una violenta espirazione forzata. L’aria che lascia la laringe tramite questa respirazione può trasportare muco e particelle irritanti per liberare da essi le vie respiratorie. L’apnea può essere volontaria o riflessa.

Alterazioni del respiro.

Dispnea è respiro difficoltoso accompagnato da una forte componente emotiva ed affettiva fino alla fame di aria nelle crisi asmatiche profonde di broncospasmo.

L’apnea può essere volontaria o riflessa. Respiro di Kussmaul viene associato all’acidosi del pz diabetico: coma diabetico, acidosi, respiro come una prolungata inspirazione, breve pausa di apnea, lunga e gemente espirazione.

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Ipossia: diminuzione del contenuto di ossigeno nei tessuti. Le sue conseguenze dipendono dalla sua severità, dalla zona in cui essa si sviluppa, dalla rapidità con cui si sviluppa, dal tempo di esposizione dei tessuti, dalla suscettibilità del tessuto colpito.

Ipossia ipossica: diminuzione di pO2 nel sangue arterioso riflettuta da diminuzione di pO2 alveolare. Le sue cause possono essere: ad alta quota l’ipossia ipossica è un adattamento fisiologico, ipoventilazione alveolare quindi riduzione della ventilazione alveolare Va che comporta l’aumento di pCO2 (esempio di ipoventilazione è l’apnea volontaria oppure ipoventilazione patologica per un’ostruzione delle vie aeree oppure alterazione delle caratteristiche meccaniche di espansione di polmoni o gabbia toracica), alterazione del rapporto ventilazione/perfusione come ad esempio il maggior contributo di una zona polmonare rispetto ad un’altra in caso di perfusione polmonare ridotta, riduzione della capacità di diffusione polmonare per aumento dello spessore della parete alveolare (in caso di edema o fibrosi interstiziale), esaurimento della muscolatura respiratoria, shunt tra circolo sistemico e circolo polmonare come nella tetralogia di Fallot con la comunicazione interventricolare. pO2 ridotta.

Ipossia anemica: riduzione della quantità di O2 legato a Hb. Le sue cause possono essere: riduzione della concentrazione di Hb per anemia o emorragie, alterazione della struttura della Hb con conseguente riduzione della sua capacità di legare l’ossigeno, forme di avvelenamento come quella da monossido di carbonio (CO) che nell’emoglobina occupa i siti di legame per l’ossigeno, originando la carbossiemoglobina, ma il CO ha un’affinità per l’Hb di 300x rispetto a quella che ha l’ossigeno. A riposo il soggetto non se ne accorge perché pO2 è sufficiente da non far stimolare i chemocettori periferici. A riposo viene estratto dall’emoglobina solo il 25% dell’ossigeno che essa trasporta.

Ipossia istotossica: incapacità delle cellule di usare l’ossigeno che ricevono a causa dell’avvelenamento delle strutture cellulari che maggiormente ne fanno uso, un esempio è l’avvelenamento da cianuro dove questa sostanza blocca la citocromo ossidasi mitocondriale bloccando di conseguenza la catena respiratoria. pO2 normale.

Ipossia ischemica: causata dalla riduzione o interruzione del flusso di sangue, quindi della perfusione, ai tessuti. In base alle zone che colpisce si differenzia in ipossia ischemica generale come nello scompenso cardiaco, ipossia ischemica periferica come nello shock, ipossia ischemica su singolo organo come nella trombosi coronarica o nell’ostruzione di un vaso o nell’edema che aumenta la distanza che l’ossigeno deve percorrere. pO2 normale.

Ipercapnia: aumento di pCO2 nel sangue arterioso fino a pCO2 > 50mmHg.

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La diffusione dei gas. La legge di Fick descrive la diffusibilità di un gas e le modalità con cui un gas va da una parte all’altra di un ambiente. La legge tiene conto che i due ambienti siano separati da una membrana.

23 marzo 2017

Negli alveoli l’aria è satura di vapore acqueo. La pressione di saturazione varia a seconda della temperatura, esiste un valore di pH2O a cui l’aria satura e oltre a questo valore il vapore acqueo condensa precipitando in forma liquida. Per 37° la pH2O è di 47mmHg. Legge di Dalton delle pressioni parziali. La tensione superficiale negli alveoli viene generata dal velo di acqua che bagna gli alveoli perché qui l’aria è satura di vapore. La tensione superficiale ostacola l’espansione alveolare inspiratoria ma il surfactant diminuisce il gradiente pressorio necessario per espandere gli alveoli che in condizioni normali è 1mmHg. Gli alveoli più piccoli quindi con un raggio minore si trovano a pressione maggiore quindi durante l’ espirazione invece che in vie di conduzione verso uscita l’aria viene riversata negli alveoli più grandi che si uniscono a formare cavità distorte e più grosse. Il surfactant si adatta al raggio dell’alveolo e viene spalmato sulla superficie degli alveoli. L’azione del tensioattivo viene adattata ad ogni possibile raggio alveolare. Legge che spiega questo fenomeno dell’adattamento è legge di Laplace: tensione della parete di un alveolo in proporzione al raggio. Òtgggghff_

Curva che compare compliance di polmone riempito di aria e compliance di polmone riempito di fisologica. Slle ordinate da 0 a 200 volume in mL, sulle ascisse da 0 a 20 pressione in centimetri d’acqua. Fase ascendente in bianco e discendente in alto colorata. Una curva in cui le sue due linee si ripercorrono. Curva più ampia è polmone che si riempie e svuota di aria. Curva stretta si riempie e svuota di fisiologica. È la curva di compliance. Confronto riempimento con aria che si comprime e riempimento con fisiologica. Delta V su delta . delta V è 0,5L in condizioni normali. Soggetto respira in modo tranquillo. Valori negativi prima e dopo inspirazione quindi misurati nella pleura. Misurare pressione intrapleurica senza mettergli ago in sacco pleurico è possibile: manometro in esofago perché pressione endoesofagea segue i valori della pressione intrapleurica, la pressione endoesofagea simile alla pressione mediastinica che nella respirazione

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varia come le variazioni di pressione intrapleuriche. Delta P da -5 a -10 cm di acqua quindi delta P è 5 di acqua. 0,5 diviso 5 fa 0,1L/cm acqua è la variazione di volume in rapporto alla variazione di pressione.

Tracciato spirometrico di tipo statico contiene i volumi. Misure della spirometria statiche o dinamiche. Soggetto respira nello spirometro e la curva misura dei volumi. Somme dei volumi sono capacità. Volume è una misurazione diretta. Curve piccole sono volume corrente o tidal volume, a riposo è di 500mL o 0.5L. spazio morto anatomico non scambia gas con il sangue. Spazio morto funzionale è la parte di alveoli che non vengono usati per scambiare gas, in condizioni di respirazione superficiale si trovano nelle porzioni apicali. Nelle basi polmonari i vasi aperti e alveoli ben perfusi e i gas vengono scambiati. Spazio morto funzionale dove non avvengono gli scambi di gas perché non giusto accoppiamento ventilazione/perfusione. Negli alveoli apicali che sono ventilati ma capillari hanno pressione idrostatica bassa e gli alveoli gonfi schiacciano i capillari non permettendo gli scambi. In condizioni di riposo e in posizione verticale scambi gassosi nelle basi polmonari. Pressione alveolare, pressione arteria polmonare, pressione vena polmonare. Nella zona 3 dove le basi: pressione arteria è maggiore della pressione della vena che è maggiore della pressione alveolare. Picco nel grafico in alto è VRI, picco in basso è VRE. VR non si misura con lo spirometro ma con pletismografia o wash out di elio. Persona respira in circuito chiuso che aggiunge ad ogni atto respiratorio un po’ di ossigeno, quantità nota di elio nel sistema e guardo come equilibrio. Concentrazione di elio che entra ed esce negli atti respiratori. Quando persona respira ossigeno al 100% aggiunge al circuito l’elio che era presente nello spazio morto. Capacità da espirazione tranquilla fino a massimo inspirazione è capacità inspiratoria. Da fine inspirazione tranquilla fino a tutto volume residuo è capacità funzionale residua. Ostruzione o restrizione.

Indice di Tiffenau: FEV1/CVF. In condizioni normali > 80%. Se ridotto aria esce con difficoltà perché presenta un’ostruzione, un ostacolo (elasticità del polmone è conservata ma c’è ostacolo alla fuoriuscita dell’aria come muco, secrezioni, edema della glottide). Bronchi di calibro intermedio sono il punto di maggior resistenza delle vie aeree. In patologia ostruttiva aumenta VR e capacità polmonare totale (polmone più gonfio anche a riposo o in espirazione), flusso respiratorio massimo diminuisce. In patologia restrittiva polmone fibrotico e maggior resistenza elastica, connettivo sostituisce l’elastico, il polmone si muove poco, volume residuo diminuisce ma non così tanto, diminuisce la capacità polmonare totale, minor capacità di movimentare l’acqua, aria fatica ad entrare. Polmone ostruito è dilatato e aria fatica a uscire. Ostruzione prossimale vicino alla bocca, corpo estraneo o edema della glottide. Ostruzione distale con aspetto appuntito della curva flusso-volume. Aria esce all’inizio con velocità per forza dei polmoni poi muscoli respiratori perdono energia e curva addolcita.

Seconda foto è saturazione o dissociazione dell’emoglobina. 40 e 100mmHg. Sulle ordinate la percentuale di saturazione. A uscita dei capillari alveolari e all’ingresso dei capillari sistemici. Zona di massima pendenza indica la massima affinità dell’emoglobina per l’ossigeno, massima velocità con cui l’ossigeno lega Hb. Atomo di Fe si saturano uno per volta, qui 2° e 3°. Pendenza ripida per ampie variazioni di saturazione con piccole delta pO2. 40mmHg nel sangue venoso, nell’estremità venosa del capillare, nell’organo a riposo. Curva si può disegnare per ogni letto capillare e dipende se cellule al momento consumano molto ossigeno o no. Pendenza utile perché è sufficiente aumentare il consumo di ossigeno dalle cellule per ottenere notevole estrazione aggiuntiva dell’ossigeno. A riposo solo il 25% di Hb cede O2 ma se consumo più O2 e scende pO2 ottengo estrazione maggiore di ossigeno dall’emoglobina.

Fattori che spostano la curva: 3 istantanei e il 40 è una forma di adattamento dell’organismo a condizioni di scarso ossigeno come in altitudine. Affinità aumenta se vado verso sinistra.

Effetto dell’anidride carbonica su accoppiamento ventilazione/perfusione che è adattare la quantità di aria che arriva agli alveoli alla quantità di sangue nelle arteriole bronchiali ai capillari alveolari. Anidride carbonica fa effetto sul calibro dei bronchi. Ossigeno agisce sui vasi e anidride carbonica agisce sui bronchi. Riduzione dell’ossigeno per ostruzione causa vasocostrizione, aumento del flusso d’aria causa

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vasodilatazione. Farmacologicamente: la muscolatura bronchiale è liscia con innervazione vegetativa quindi innervata da orto e para. Orto dilata i bronchi e vasocostringe. Para costringe. Ortosimpatico è sistema per reagire allo stress, contrazione dei muscoli, avere più ossigeno. Para costringe perché a riposo posso ossigenare poco il sangue. Ach è NT del parasimpatico e costringe i bronchi. Beta due e broncodilata. CO2 agisce sui bronchi, ossigeno agisce sui vasi.

Riflesso chemocettore: chemocettori a pCO2 e pH e pO2 (solo se variazioni importanti in condizioni di emergenza). I centrali sul pavimento del IV ventricolo.

Iperbarismo. Scendendo sotto il livello del mare la pressione aumenta di 1atm ogni 10m di profondità. Nei sottomarini ad esempio quindi per i soggetti che lavorano in profondità viene pompata l’aria sottopressione per equilibrare la pressione atmosferica alla pressione all’interno del mezzo subacqueo quindi la pressione parziale dei gas respiratori a livello alveolare sarà maggiore. L’aumento della pressione alveolare porterà al maggior passaggio di azoto dall’aria alveolare verso il circolo sanguigno e poiché è un gas liposolubile esso potrà anche diffondere attraverso le membrane biologiche rappresentando un problema per il sistema nervoso centrale dove esso ha effetto narcotico. L’azoto torna nel sangue perialveolare e da qui agli alveoli se la risalita del soggetto verso la superficie del mare è lenta, in caso di risalita rapida e incontrollata il gas disciolto forma delle bolle perché contemporaneamente si riduce pN2 e la quota che può essere solubilizzata. Per curare una sindrome da rapida decompressione bisogna riportare il soggetto alla profondità a cui esso si trovava per sciogliere le bolle di azoto e riprendere la decompressione e la risalita lenta. Esistono tempi di decompressione calcolati in base alla profondità a cui si trova il soggetto. Nelle bombole dei sommozzatori l’azoto viene sostituito con l’elio per evitare la narcolessia sul SNC in quanto questo gas non è in grado di diffondere nei tessuti. Poiché ogni 10m di profondità la pressione aumenta di 1at, durante la discesa pCO2 a livello alveolare è uguale o maggiore a pCO2 nel sangue venoso a causa di un aumento generale di tutte le concentrazioni dei gas per l’aumento pressorico generale: poiché pCO2 alveolare > pCO2 venosa allora l’anidride carbonica inizia a diffondere in maniera contraria verso il sangue capillare causando acidosi respiratoria che stimola i chemocettori che causano lo stimolo al respiro facendo terminare il periodo di apnea. Per immergersi in apnea devo compiere un’iperventilazione preventiva per ridurre al minimo la pCO2 aumentando la quantità di CO2 che serve per attivare i chemocettori in situazione di acidosi provocando così lo stimolo alla respirazione. Il soggetto deve iniziare la risalita prima di avvertire lo stimolo alla respirazione perché nella risalita la pressione totale causata dall’acqua scende e scende anche la pO2 fino a portare a ipossia acuta con svenimento del soggetto. Nello snorkeling quindi nell’immersione con un tubo si può scendere solo fino a profondità molto ridotte perché la pressione dell’aria è minore della pressione dell’acqua e questo disturba l’entrata dell’aria nel tubo e quindi nei polmoni. Il tubo inoltre va ad aumentare lo spazio morto anatomico riducendo ulteriormente il volume di aria che arriva agli alveoli per gli scambi gassosi.

Durante l’esercizio fisico c’è aumento di pCO2 nel sangue arterioso ma questo aumento non è così estremo perché l’iperventilazione consente la fuoriuscita di CO2 dall’apparato respiratorio del soggetto. Stesso discorso vale per pO2 che non diminuisce così tanto perché l’iperventilazione porta ad un aumento di ossigeno introdotto che va a compensare quello che viene espirato. L’iperventilazione inizia prima dell’inizio dell’attività fisica.

Il quoziente respiratorio: CO2 emessa / O2 consumato. A riposo tra 0,7 e 1. Se il soggetto usa glucosio il quoziente è 1. Durante l’esercizio fisico intenso viene prodotto acido lattico che viene tamponato dagli ioni bicarbonato presenti nel sangue con la formazione di H2O e CO2, portando il quoziente a valori >1 indice di meccanismo anaerobio.

Ipobarismo. Allontanandosi salendo in altitudine dal livello del mare la pressione atmosferica diminuisce e per la legge di Dalton diminuiscono anche le pressioni dei gas contenuti nella miscela aria, di conseguenza

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diminuisce la pO2 ma la composizione in percentuale della miscela aria rimane costante. L’aria ad alta quota, già con una pO2 minore, viene saturata di vapore acqueo, che indipendentemente dalla quota a 37° ha una pH2O di 47mmHg. Sintomi da ridotta pO2 ad alta quota: tachicardia, vasodilatazione, ipertensione, nausea, vomito, vertigini, dolori auticolari e dolori ai seni paranasali. Acapnia in alta quota è secondaria all’iperventilazione compensativa. Per compensare i sintomi si ha vasocostrizione indotta che porta alla diminuzione della perfusione dei tessuti nervosi con sofferenza del SNC. Acclimatazione dei soggetti che si portano ad alta quota e vi soggiornano per un certo periodo di tempo. In un soggetto acclimatato la risposta all’iperventilazione solo per valori <60mmHg. Ad alta quota calo di pO2 che porta a iperventilazione per stimolazione de chemocettori periferici.