Voce novembre 2012 A4 - lecese.it · di stato dell’Aquila relativamente ai seguenti periodi...

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Mensile gratuito della ProLoco di Cese dei Marsi Anno VII Numero 79 – 25 novembre 2012 Grazie !!! 2012

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Mensile gratuito della Pro‐Loco di Cese dei Marsi Anno VII Numero 79 – 25 novembre 2012

Grazie !!!

2012

Antonietta Faonio God save the Queen!

Prima di partire per l'erasmus un mio amico mi ha detto che durante questa esperienza avrei trovato: nuovi amici, delusioni, emozioni, esperienze, nuovi stili di vita,forse un amore, forse un amore mancato, me stessa, la solitudine, l'allegria, le feste, la nostalgia, la voglia di tornare, l'importanza dell'inglese, la voglia di ripartire presto, nuovi occhi. Mi ha detto che se fossi stata pronta a tutto questo allora sarei stata pronta a partire. Forse pronta non lo ero poi così tanto, ma sono partita lo stesso. E cosi sono quasi tre mesi ormai che mi trovo a Londra. Sapevo che ci sarebbero stati dei momenti di nostalgia in cui avrei sentito la mancanza della famiglia, degli amici, dei pranzi domenicali, dei giri in bicicletta, della sicurezza di avere sempre qualcuno che ti vuole bene vicino, di non dovertela cavare sempre da sola. Beh, questi momenti ci sono stati. Ho pianto quando pensavo di voler tornare, quando pensavo che non avrei trovato nessun amico, quando pensavo che l'inglese non l'avrei mai imparato. Tutti mi dicevano che era solo questione di tempo e che tutto sarebbe cambiato. Infatti così è stato. Non ho dovuto nemmeno sforzarmi di fare amicizia o di volermi divertire per forza perchè le cose sono venute spontaneamente. Anzi hanno direttamente bussato alla mia porta! Un giorno un gruppo di ragazzi si presentano nel mio appartamento, mi dicono che stanno cercando me, perchè anche loro sono italiani e mi vogliono conoscere! Grazie alle attività per gli studenti stranieri organizzate dall'università ho conosciuto tante altre persone e così le cose hanno cominciato ad andare meglio. Più passava il tempo, più mi accorgevo di quanto fossero fantastiche anche le persone che vivono con me. Condivido l'appartamento con altri dieci ragazzi. Siamo tutti “international students” e ognuno di noi viene da un Paese diverso, con il suo passato, la sua cultura, le sue tradizioni. Grazie a loro però mi sono accorta di come non conta da dove tu venga, quali siano le leggi del tuo Paese, quale lingua parli, perchè a vent'anni siamo tutti uguali. La sera stiamo tutti insieme a guardare video simpatici su youtube, a condividere link su facebook, a bere litri di tè e a discutere di quanto le persone possono essere strane in tutto il mondo! Non starò qui a parlare di quanto può essere diverso il sistema universitario, di quanto sia diverso soprattutto il rapporto con i professori (che gli studenti chiamano per nome e che alla prima lezione ti chiedono di parlare di te!!!). Quello che preferisco condividere è invece lo stupore nell'aver trovato delle persone meravigliose, che per aiutarmi con l'inglese mi lasciavano degli stickers attaccati per tutta la cucina con delle tipiche frasi che avrei potuto usare in ogni occasione, che mi dicevano quanto fosse bello il mio accento italiano (quando io preferivo decisamente non averlo!!), che, nonostante provassero le mie stesse sensazioni, erano lì a confortarmi e a dirmi che tutto sarebbe stato più facile con il tempo. Credo che questa esperienza mi stia realmente insegnando, nel modo più divertente e interessante possibile, cosa significhi vivere lontano senza conoscere nessuno, cosa significhi farsi apprezzare e farsi voler bene solo per quello che si è, e non per la tua famiglia, I tuoi amici o il tuo passato. Tra poco tornerò a casa con la consapevolezza di aver trovato tutto quello che il mio amico mi aveva predetto, di essere in qualche modo diversa ora, non solo perchè ho migliorato il mio inglese, ma perché forse questa avventura mi ha aiutato a crescere. Un pensiero particolare va a tutti coloro che mi hanno scritto, chiamato, salutato tramite I miei genitori, chiesto di me: grazie! Considero questa come un'esperienza unica e bellissima, ma allo stesso tempo sarò certamente felice di tornare. Infatti come dice qualcuno: il viaggio perfetto è circolare, la gioia della partenza, la gioia del ritorno. P.S. Un ultimo grazie voglio dirlo a Daniela Cipollone perchè sebbene non avessi mai parlato con lei quando ha saputo che sarei partita per l'Inghilterra mi ha aiutato in moltissime cose e mi ha fatto visitare la città con la disponibilità e l'accoglienza che si riserva alle persone di famiglia!

Antonietta e Marco Petracca presso gli Abbey Road Studios

(famosi studi di registrazione dove, tra gli altri, i Beatles hanno registrato i primi album)

Antonietta e Daniela

Il famoso “binario 9 e tre quarti”,

della saga “Harry Potter”

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LoRenzo Cipollone

CIÒ CHE VORREMMO FARE NEL MESE DI DICEMBRE 2012 (Calendario delle attività)

2 Dicembre, Domenica Prima domenica di Avvento - RITIRO ANNUALE della Confraternita della Santissima Trinità presso l’Istituto Don Orione in Avezzano Ore 9,00: Incontro Ore 9,15: Canto delle Lodi Ore 9,30: Meditazione con Don Graziano Ore 11,00: Santa Messa

Ore 12,30: Pranzo (ristorante da trovare. Non è obbligatorio partecipare al pranzo. Chi vuole partecipare è pregato di comunicarlo)

Cerchiamo di essere presenti tutti.

8 Dicembre, sabato FESTA DELL’IMMACOLATA

- RINNOVO DELL’ADESIONE ALL’AZIONE CATTOLICA Chi vuole rinnovare l’adesione, o aderire per la prima volta, si può rivolgere a Manuela, ad Arianna o a Rosina Alfonsi - La festa continuerà il giorno successivo, Domenica 9 dicembre, con il consueto pranzo

22 Dicembre, sabato Ore 21,00: VEGLIA DI PREGHIERA, organizzata dall’Azione Cattolica e

dalle catechiste. L’invito a partecipare è rivolto in modo particolare ai ragazzi ed ai familiari dei ragazzi del Catechismo e dell’Azione Cattolica, ma tutta la Comunità parrocchiale è chiamata alla preghiera in preparazione del Santo Natale.

23 DICEMBRE, Domenica, ore 11,30 durante la Messa, BENEDIZIONE dei Bambinelli per i presepi familiari.

Tutte le domeniche – nei locali della parrocchia - alle ore 14,45 – I GIOVANISSIMI dell’Azione Cattolica si riuniscono per incontri formativi settimanali. Tutti i ragazzi dai 15 ai 18 anni che volessero partecipare sono i benvenuti.

SALVO ERRORI OD OMISSIONI E SEMPRE “SE DIO VUOLE”

Auguri a… • Roberto e Sara per Gabriele • Paolo e Francesca per Davide

Con colpevole ritardo, auguri a…

• Angela e Paolo per Vittoria • Tiziana e Angelo per Melissa

Di cuore, poi… un augurio a Michela e Fabio per Matilde e un dolce pensiero per Francesca

 

 

Dal sito di Ercole Di Matteo, www.antenatidellecese.it Ci sono notevoli aggiornamenti di dati sul sito. Sono stati acquisiti i Documenti dell’archivio di stato dell’Aquila relativamente ai seguenti periodi storici: 1810 -1815 Periodo Napoleonico; 1816-1861 Periodo della Restaurazione 1862 -1865 Repubblica Italiana

Per navigare sui dati (al momento oltre 6100 persone) due regole base per registrazione: 1) Avere almeno un antenato di Cese 2) Fornire le informazioni, per collegarsi ad esso (solo se non già presenti in archivio)

Osvaldo Cipollone “Sfogliando la nostra storia”

… Quello, comunque, non era un fontanile…

Circa mezzo secolo fa, quando le abitazioni di Cese erano sprovviste di acqua diretta, funzionavano delle fontane che in qualche modo garantivano adeguato approvvigionamento. A quel tempo esistevano anche alcuni fontanili per l’abbeveraggio di greggi, mucche, equini ed animali in genere. Nei pressi di queste strutture la vita quotidiana si manifestava nelle più svariate sfaccettature attraverso consuetudini ed episodi. Si potevano infatti assaporare scambi spensierati, lavori faticosi, fatti esilaranti oppure conflittuali. Alcune lavandaie, al freddo o sotto il sole, improvvisavano stornellate, “ncanate” e… litigi.

A volte l’acqua veniva a mancare; quando la “cannèlla” dava le prime avvisaglie gli abitanti si affrettavano a fare scorte. In quei frangenti si assisteva ad un via vai di conche, secchi, paioli, mastelli e fiaschi impagliati. Coloro che dovevano “risciacquare” il bucato aggiungevano bagnarole, “tinacci”, tavole e panieri. Lo stesso valeva per chi era alle prese con la lana appena tosata; in quei casi l’aria si impreziosiva di un acre odore di creolina.

Molteplici erano, a quel tempo, gli aneddoti folcloristici, a volte misti a fatti incresciosi, che caratterizzavano soprattutto il crepuscolo, quando cioè si abbeverava il bestiame. Alcuni capi, per la sete accumulata, si confondevano con altri, per cui era spesso necessario il recupero da parte dei legittimi proprietari. A volte, pur di accaparrarsi uno spazio sicuro, le mucche si affrontavano sfoderando cornate e gli equini scalciavano violentemente. Qualche somara o cavalla, se era nel periodo dell’estro, stimolava i maschi a morsi e a testate. Dopo o durante l’abbeveraggio, si poteva assistere ad estemporanei accoppiamenti che creavano un vero e proprio parapiglia. Le fontane, dunque, animavano le “scene d’altri tempi” con immagini tipiche della vita rurale.

In quel periodo, oltre alle note fontane tuttora funzionanti, ve ne erano altre poi scomparse nel tempo. C’era quella tipica, composta da due “cannèlle”, situata nella piazza principale; c’era quella in Via Pietro Marso (davanti alla casa di Giuliano); l’altra in Via Paolo Marso, sostituita più tardi dalla dirimpettaia della Madonnina; e c’era il “fontanile delle pecore” (ubicato nello spazio prospiciente la posta ed il forno) che, con la sua struttura bassa, consentiva la bevuta anche agli ovini. C’erano anche altre fontanelle: una situata in “Piazza sulle mura”, un’altra a ridosso del muro di cinta delle scuole vecchie, e infine quella all’inizio di Via S. Rocco.

Da tutte queste sgorgava acqua potabile. Non era così, invece, per il fontanile di Via Madonna delle Grazie (in prossimità della casa di Cornelio), per quello all’incrocio tra Via Isonzo e Via della Fonte (davanti la casa di Sofia) e per “jo sciacquatòrio”. Queste strutture ricevevano l’acqua superflua che sgorgava dalle fontane poste in quota, rispettivamente quella “di Giuditta” e quella della piazza principale. “Jo sciacquatòrio” era l’ultima costruzione della Via dell’Ara ed era denominato così proprio per l’uso che se ne faceva. Era formato da una serie di pietre levigate ed inclinate rispetto alle vasche che lo componevano. I suoi lati misuravano all’incirca cinque metri per due; l’altezza era più o meno di settanta centimetri ed era coperto da un tetto di più ampia superficie. Sostenevano la copertura sei colonne realizzate con mattoni; le vasche avevano due gradi di livello e la prima forniva acqua a quella più bassa. Era frequentata da molte lavandaie e da un’infinità di “panni” sporchi che, una volta puliti, venivano trasportati dentro ceste di vimini ancora sgocciolanti per essere stesi lungo le siepi o sui prati.

Proprio sullo “sciacquatòrio”, di recente, è stato realizzato un volantino anonimo che denuncia l’uso improprio dello spazio originale. Al di là delle ragioni riportate nel foglio e delle considerazioni legali, ci sarebbero comunque da fare delle precisazioni. Anche noi, in tempi non sospetti, ci siamo permessi di suggerire agli amministratori locali l’opportuna valorizzazione di quelle pietre, proponendo l’idea di una fontana importante (che ad oggi manca al paese). Non se ne è fatto comunque nulla, ma se ribadiamo la proposta non lo facciamo in anonimato come ha fatto l’autore dello scritto. Quest’ultimo frequenterà pure Cese, ma certamente non conosce appieno la storia del paese perché altrimenti dovrebbe sapere che quello, comunque, non era un fontanile, ma “jo sciacquatòrio”.

Al riguardo anche noi siamo autorizzati a fare delle supposizioni, però non ci permettiamo di modificare la nostra storia.

Osvaldo Cipollone “Perle di saggezza popolare”

La cajjina che canta ha fatto j‘óvo. Chi realizza fatti concreti può tranquillamente vantarsene. Oppure: c’è sempre un fatto concreto dietro un’evidenza esteriore.

A quijo ci feta puri jo vallo. Quello ha una fortuna sfacciata. (Letteralmente: perfino il gallo gli fa le uova).

Tira più ‘na ‘unnèlla ‘n sallita che ‘no paro de bbóvi ‘n discesa. Sviluppa più vigore e forza l’attrattività di una donna che due buoi in discesa.

No’ mmette jo carro ‘nnanzi ajji bbóvi. Non scambiare l’utopia con la realtà, non stravolgere l’ordine “necessario” delle cose.

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Cristina Cipollone La Biblioteca de “La Voce delle Cese”

Cesare Pavese: La Luna e I Falò Pubblicato nel 1950, pochi mesi prima del suicidio dell’autore, Cesare Pavese, avvenuto in un albergo di Torino. Ambientato nell’immediato secondo dopoguerra a Santo Stefano Balbo, un paese nelle Langhe nel Piemonte meridionale. Anguilla, torna dopo vent’anni al suo paese natio, dopo aver fatto fortuna come emigrante in America. Ma al suo arrivo in paese, Anguilla non riconosce più né luoghi, né persone, che sembrano mutati e ormai lontani dalla sua vita. L'unica persona con la quale il protagonista si ritrova è Nuto, il vecchio amico d'infanzia. Nuto è sempre stato, fin dalla giovinezza, una guida e un punto di riferimento per Anguilla: molto bravo nel suonare vari strumenti, gli aveva aperto gli occhi davanti alla dura realtà della vita. Anche ora, a distanza di tanto tempo, Nuto conserva il suo ruolo, anche perché è sempre rimasto al paese, e quindi può mostrare all'amico tutti i cambiamenti che sono avvenuti. Rivedendo i vari luoghi nei quali è cresciuto, e attraverso la guida di Nuto, Anguilla può ricordare la sua giovinezza. Trovatello, Anguilla fu adottato da una famiglia di poveri contadini, che viveva in un podere chiamato Gaminella. A causa della povertà, all'età di tredici anni, aveva dovuto abbandonare la famiglia adottiva e trasferirsi a lavorare presso La Mora, dove viveva una famiglia di possidenti terrieri benestanti, con capofamiglia Sor Matteo, il quale aveva tre figlie: Irene, Silvia e Santa. Gli anni dell'adolescenza, con la scoperta del lavoro vero, dell'altro sesso e delle durezze della vita, trascorsero così alla Mora, dove il protagonista conobbe Nuto, amico inseparabile. Terminata l'adolescenza, Anguilla andò a Genova a svolgere il servizio di leva. Qui entrò in contatto con ambienti antifascisti e fu costretto a fuggire in America per evitare di essere catturato dalla polizia. In America rimase vari anni, facendo fortuna, per poi ritornare al suo vecchio paese, che non aveva mai dimenticato. Rivisitando i luoghi della sua infanzia, Anguilla trova che la Gaminella è occupata da un nuovo coltivatore, il Valino, che lavora come mezzadro alle dipendenze di una nobile. Il Valino ha un figlio, Cinto, nel quale il protagonista rivede sé stesso da giovane. Per questo si prende cura di lui, regalandogli anche un coltello, strumento che permetterà a Cinto di salvarsi dalla furia del padre. Infatti la vita per il Valino è più dura di quanto non fosse per la famiglia di Anguilla, perché il mezzadro è costretto a dividere il raccolto con la sua padrona, mentre il padre di Anguilla era proprietario della terra e ne consumava tutti i frutti. Per dare sfogo alla rabbia causata dalla povertà, il Valino picchia spesso i suoi familiari. Un giorno, quando la condizione economica si aggrava, il Valino uccide tutta la famiglia, dà fuoco alla Gaminella e poi si impicca. L'unico a salvarsi è Cinto, che può difendersi grazie al coltello ricevuto in dono e fuggire. Tra i ricordi di Anguilla c'è anche la vita trascorsa alla Mora. In particolare, il luogo sembra legato al ricordo delle figlie del capofamiglia, il Sor Matteo, per le quali egli aveva sempre provato attrazione. Irene, la maggiore, aveva un carattere tranquillo e posato e spesso soffriva di solitudine. Era molto bella, bionda con la carnagione chiara e il protagonista, che era un suo servo, non osava nemmeno sperare di poter avere una storia sentimentale con lei. Irene sposò un uomo che la maltrattava e che conduceva una vita dissoluta; morì prematuramente di dolore. La seconda ragazza, Silvia, era diversa dalla sorella. Era meno bella di Irene, ma aveva capelli scuri e un carattere più impulsivo e passionale. Anguilla era sempre stato attratto, senza ovviamente essere corrisposto, da quella ragazza, che morì di emorragia in seguito a un aborto, dopo una relazione al di fuori del matrimonio. Della morte della terza sorella, Santa, vi è il racconto di Nuto: molto più bella delle altre sorelle, appare come una fusione delle altre due, bionda, ma con un carattere impulsivo e passionale. Dopo aver avuto numerose relazioni con molti uomini sostenitori del Fascismo, quando il Regime era caduto, si era schierata con i partigiani. Dopo un certo periodo di tempo, aveva iniziato a fare il doppio gioco, passando informazioni partigiane ai fascisti. Allora era stata processata dai partigiani e fucilata; cosparsa di benzina, con il suo corpo venne acceso un falò. È la fine del mito, ormai Anguilla scopre a sue spese che i suoi ricordi Non coincidono più con la realtà. Allora preferisce andarsene, affidare Cinto a Nuto, affinché lo educhi. È un atto di affetto disperato, per non permettere che il ragazzo debba affrontare le sue stesse problematiche: quando gran parte dei ricordi belli vengono a mancare, non si resiste più alla solitudine e all'ostilità della realtà. La disperazione finale, non detta ma sottintesa da un grande spazio bianco nell'ultima pagina, è quella che prova Anguilla. È la stessa di Pavese, che lo porta al suicidio tre mesi dopo la pubblicazione del libro.

Cristina Cipollone LETTERE DEI PARTIGIANI ABRUZZESI CONDANNATI A MORTE

Non sempre i condannati a morte hanno trovato la forza di poter esprimere le proprie ultime emozioni; le lettere che molti hanno lasciato sono state anche l’opportunità per nominare amici e familiari che avevano accompagnato la propria esistenza; l’occasione per riflettere sul proprio operato, che stava per giungere al termine. Per altri l’opportunità di salutare con uno scritto la propria famiglia non c’è stata; alcuni, tanti, erano analfabeti e per altri ancora la paura di affrontare il proprio destino non ha permesso alcuna riflessione. Qualcuno ha lasciato dei biglietti, scritti magari un momento prima di affrontare il plotone, velocemente con parole d’addio che, seppur semplici e fugaci, sottintendono un profondo e commovente dolore. Riziero Fantini - Di anni 51. Nato il 6 aprile 1892 a Coppito, in provincia di L’Aquila. Residente a Roma. Sposato e padre di quattro figli. Di professione operaio. Iscrittosi ad un circolo del Partito socialista italiano nel 1907, tre anni dopo emigra negli Stati Uniti d’America, dove aderisce al movimento anarchico e conosce Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti. Negli anni successivi viaggia molto in America centrale per diffondere le idee anarchiche e collabora con alcune riviste di emigranti. Tornato in Italia nel 1921, si stabilisce nelle Marche e fonda un comitato pro Sacco e Vanzetti. Con la salita al potere di Mussolini e l’instaurarsi del regime fascista, si trasferisce a Roma con la famiglia e, nel 1940, entra a far parte dell’organizzazione clandestina del Partito comunista italiano. Dopo l’armistizio, organizza una banda armata nel proprio quartiere (Montesacro), alla quale si aggregano molti altri operai. Tradito da una delazione, è arrestato con i figli Adolfo e Furio il 23 dicembre 1943. Incarcerato a Regina Coeli, viene sommariamente processato e fucilato a Forte Bravetta il 30 dicembre. Assieme a lui vengono giustiziati anche Antonio Feurra e Italo Grimaldi. Presso l’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Ferruccio Parri di Milano è conservata la lettera alla moglie:

Pur non essendoci data, è logico supporre che la lettera fu scritta nel dicembre del 1943, tra la cattura (il giorno 23) e l'esecuzione (il giorno 30) di Riziero Fantini.

Cara, l'ultimo mio pensiero è per te. Muoio col tuo nome sulle labbra e quello dei figli.

Vi auguro molto bene. Tuo Riziero

Antonio Prosperi - Di anni 34. Nato l’8 agosto 1909 a Poggio Cinolfo, in provincia di L’Aquila. Sposato e padre di tre figlie. Di professione impiegato delle Poste. Dopo l’armistizio si collega ai partigiani del IV nucleo carseolano della Brigata Tiburtina Valeria, operante nel Lazio e nell’Aquilano. Il 23 marzo 1944, poche ore dopo l’attentato di via Rasella, Antonio Prosperi viene sorpreso ed arrestato dai tedeschi in un’abitazione di via Quattro Fontane. Incarcerato a Regina Coeli, il giorno seguente è selezionato dai nazisti per essere fucilato con altri 334 detenuti nella rappresaglia delle Fosse Ardeatine. Presso l’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Ferruccio Parri di Milano è conservata la lettera alla moglie Dina e alle figlie:

La lettera fu scritta da Prosperi sul retro di una quietanza d'affitto e trovata nel portafoglio al momento della riesumazione.

Alla mia cara Dina e alle figliole mie arrivederci in Paradiso

vostro padre e marito adorato

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Lo Sport (Eugenio e Francesco) GS CESE Il campionato di seconda categoria è arrivato alla decima giornata e la classifica va ad allinearsi secondo i pronostici di inizio stagione. Le squadre che guidano il gruppo sono infatti Pucetta, Roccavivi, Sportland Celano e Venere (solo di quest’ultima, forse, non ci si aspettava una partenza così buona): squadre sembrano effettivamente annoverare tra le proprie fila le individualità migliori. Delle altre, due sono le squadre che non stanno rispettando i pronostici: Santacroce Canistro e San Pelino. La prima per i risultati dello scorso campionato e l’organico, e la seconda per i diversi anni passati consecutivamente nei campionati di prima categoria, fino all’anno scorso, quando è retrocessa. Il Gs Cese sembrava aver ingranato la giusta marcia, viste le vittorie contro Collarmele e Aurora, entrambe in casa. Purtroppo, subito dopo sono arrivate le sconfitte contro il Real Celano, Venere e Roccavivi. In virtù di questi risultati, la posizione occupata è la terzultima, a 7 punti, e ad ex-aequo con il San Pelino. La squadra ha però tutte le carte in regola per affrontare le prossime partite con la sicurezza di poter mettere in difficoltà gli avversari e conquistare dei punti utili per risalire la classifica. Con il tempo migliora l’affiatamento del gruppo, nonché il comportamento in campo, requisito fondamentale per potersela giocare senza rimpianti. Il prossimo appuntamento, e lì”in bocca al lupo” è per oggi pomeriggio, per la trasferta con il TKM Vito, in quel di Gioia dei Marsi.

La squadra, nella partita contro il Venere

AMATORI Prime tre giornate di campionato per il gruppo sportivo Amatori CESE. Quest’anno il campionato si presenta con 20 squadre caratterizzate da un ringiovanimento delle compagini in gara, che sono quindi più forti sotto i profili tecnico ed altletico. Il campionato si svolge in due fasi a girone unico, con partite di sola andata. Nella prima frazione di campionato tutte le squadre si affronteranno tra loro per accedere ad una fase finale tra le prime sei in classifica che manterranno il punteggio acquisito nella prima sezione di campionato. Sarà importante quindi fare punti da subito, cosa che purtroppo non sta accadendo alla nostra squadra. La classifica vede gli Amatori CESE a 2 punti in tre partite con una sconfitta e due pareggi. Anche la nostra squadra è stata caratterizzata da un forte rinnovamento quindi, terminata la luna di miele dell’assetto del gruppo, confidiamo in una veloce scalata in classifica. Come sempre tutte le novità in tempo reale sono accessibili online su www.amatoricese.it

La squadra, nella partita contro il Capistrello

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

      

           

 

Articoli e rubriche curati da Cristina, Eugenio, Francesco, Lorenzo, Osvaldo e Roberto Cipollone; Antonietta Faonio. Grazie ad Adele, Alfredo e Stefano per le foto ed ai “consulenti” per il prezioso supporto. 

Per informazioni, proposte, commenti e suggerimenti scrivete a:  Redazione “La Voce delle Cese”, Pro Loco Cese dei Marsi, Via C.Cattaneo 2, 67050 Cese di Avezzano (AQ) oppure a: [email protected] . 

Sito web: www.lavocedellecese.it .  

Dal numero scorso…  

  Franco Torge

  Vincenzo di Flavia