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LA NOZIONE DI DIO SECONDO CARL GUSTAV JUNG * Sull'architrave di . pietra sopra l'entrata della casa di C.G. Jung a Klisnacht-Ztirich è scolpita in latino la famosa risposta che l'oracolo di Delfo diede agli spartani :prima del loro attacco ad Atene durante la guerra peloponnesiaca: Vocatus atque non vocatus, deus aderit. Dall'età di diciannove anni, quando s'im- batté per la prima volta in questa frase degli Adagia di Erasmo, Jung fu impressionato dalla sua .profonda saggezza, e dedicò infatti il resto della sua vita al tentativo di tradurla in un mito che fosse a misura dell'uomo del XX secolo. .I risultati sono stati formidabili e controversi. Pur essendo rigettato da ;parecchie cerchie di psicologi professionali come mistico e non scientifico, attaccato da numerosi teologi come eretico o ateo, e per gran parte ignorato e lasciato nell'oscurità dall'opprimente ombra gettata da Sigmund Freud, egli riuscì ad attirare l'attenzione di un vasto gruppo di studiosi già durante la sua vita morto nel 1961 a ottantacinque anni), e continua tuttora ad ·affascinare ed ispirare un crescente numero di pensatori moderni impegnati in questioni religiose. Tutt'oggi rimane una quantità di problemi che rende diffi- cile una seria valutazione critica del suo lavoro: l'enorme volu- me del materiale pubblicato (non tutto incluso ne1le Opere com- plete, ancora in via di pubblicazione), la confusione causata dalle sue frequenti revisioni, l'immensa ri:cchezza di materiale dei suoi seminari non ancora messa in circolazione l' la mancanza di una completa edizione critica della sua corrispondenza 2 , e >la Il nostro collaboratore, padre James W.MEisig, dell'università di Cambridge ci ha inviato, in personale stesura italiana, il saggio che pubblichiamo. l Recentemente fu varata l'iniziativa di preparare una serie di volumi, pa- ralleli alle opere complete, che conterranno in ·edizione la materia di tutti i seminari tenuti da Jung, sia in tedesco che in inglese. Ma ciò non verrà condotto a termine prima di dieci anni, come si può presumere. 2 Un primo passo importante a questo riguardo sarà la pubblicazione di una selezione delle lettere di Jung (a cura di Gerhard Adler e Aniela Jaffé), già in preparazione.

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LA NOZIONE DI DIO SECONDO CARL GUSTA V JUNG *

Sull'architrave di .pietra sopra l'entrata della casa di C.G. Jung a Klisnacht-Ztirich è scolpita in latino la famosa risposta che l'oracolo di Delfo diede agli spartani :prima del loro attacco ad Atene durante la guerra peloponnesiaca: Vocatus atque non vocatus, deus aderit. Dall'età di diciannove anni, quando s'im­batté per la prima volta in questa frase degli Adagia di Erasmo, Jung fu impressionato dalla sua .profonda saggezza, e dedicò infatti il resto della sua vita al tentativo di tradurla in un mito che fosse a misura dell'uomo del XX secolo . .I risultati sono stati formidabili e controversi. Pur essendo rigettato da ;parecchie cerchie di psicologi professionali come mistico e non scientifico, attaccato da numerosi teologi come eretico o ateo, e per gran parte ignorato e lasciato nell'oscurità dall'opprimente ombra gettata da Sigmund Freud, egli riuscì ad attirare l'attenzione di un vasto gruppo di studiosi già durante la sua vita (è morto nel 1961 a ottantacinque anni), e continua tuttora ad · affascinare ed ispirare un crescente numero di pensatori moderni impegnati in questioni religiose.

Tutt'oggi rimane una quantità di problemi che rende diffi­cile una seria valutazione critica del suo lavoro: l'enorme volu­me del materiale pubblicato (non tutto incluso ne1le Opere com­plete, ancora in via di pubblicazione), la confusione causata dalle sue frequenti revisioni, l'immensa ri:cchezza di materiale dei suoi seminari non ancora messa in circolazione l' la mancanza di una completa edizione critica della sua corrispondenza 2, e >la

• Il nostro collaboratore, padre James W.MEisig, dell'università di Cambridge ci ha inviato, in personale stesura italiana, il saggio che pubblichiamo.

l Recentemente fu varata l'iniziativa di preparare una serie di volumi, pa­ralleli alle opere complete, che conterranno in ·edizione la materia di tutti i seminari tenuti da Jung, sia in tedesco che in inglese. Ma ciò non verrà condotto a termine prima di dieci anni, come si può presumere.

2 Un primo passo importante a questo riguardo sarà la pubblicazione di una selezione delle lettere di Jung (a cura di Gerhard Adler e Aniela Jaffé), già in preparazione.

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.diffusa diffidenza dei suoi discepoli verso una anaUsi critica della sua opera.

Quest'ultimo punto non dev'essere sottovalutato. Anche la dr. Jolande Jacobi - indUJbbiamente tra i più impegnati nel tentativo di organizzare Ti.gorosamente e sistematicamente il pensiero di Jung - viene considerata da molti con sospetto co­me in certo qual modo troppo « razionalista », ·pur non avendo sviluppato una critica molto estesa da un punto di vista non­junghiano. Le opinioni spesso antiquate e i pregiudizi di Jung contro Freud, la sua ignoranza a volt:e casuale di metodi filoso­fici e teologici, tl suo uso se non altro contestabile della lette­ratura alchimistica e mitologica: tutto è ~portato avanti senza preoccupazione, tmperterritamente, frequentemente citato, o tut­t'al più dimenticato - una conveniente e ragionevole elusione .dei principi fondamentali per coloro che non 'Vogliono avere niente a che fare con lui. Tutto questo è un peccato, non solo perché ritarda lo studio serio di ciò che credo sia uno dei mi­.gliori esempi d'investigazione pionieristica del nostro secolo, ma anche perché contraddice direttamente lo spirito avventuroso e ricercatore di Jung stesso.

Oltre a questi problemi più generali, ne appaiono altri quan­do si concentra -l'attenzione su un .punto specifico come l'idea di .Dio, che costituisce il nostro interesse in quest'articolo. C'è una quantità di opere di varia qualità che trattano del lavoro di Jung sulla •psicologia della religione - ma lasciano molto a de­siderare. N o n solo nessuno fra la quindicina di sag.gi maggior­mente significativi cerca di adoperare la materia inolusa nei circa sessanta opuscoli che contengono i rapporti dei seminari da lui tenuti, ma non ve n'è neanche uno che veramente usi tutti gli scritti delle opere complete. (Molti furono pubblicati prima che Jung fosse morto e perciò naturaLmente non fanno uso delle sue ultime monografie). L'unica eccezione è un lirbro di P. Antonio Mareno 3, purtroppo tanto zeppo di errori, frain­tendimenti e deficienze tecniche da non servire affatto ai nostri fini. Lo studio più profondo è stato senza dubbio quello di P.

3 Jung, Gods and Modern Man, University of Notre Dame, 1970

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Victor White 4, ma il tutto rimane senza ordine e mancante del­la necessaria attenzione ai testi stessi ed allo sviluppo del pen­siero di Jung. Il progetto che diede più a sperare fu quello di P . Raymond Hostie 5, che però non tenne conto di tutta la ma­teria a sua disposizione - non mantenendo così 1e 1promesse fatte al lettore - e che cercò inoltre di forzare la vita di Jung in •periodi che tradiscono grandemente i fatti.

Ciò che segue non è che uno schizzo .generale di una ricerca molto :più vasta e dettagliata sul concetto di Dio in C. G. Jung. È ibasata su tutti i suoi scritti - seminari, opere complete ed anche testi sussidiari non inclusi in esse. A causa della man­canza di spazio, non entro nell'analisi dei metodi adoperati, ma soltanto presento una linea dello sviluppo dell'idea e qualche

. prtmo accenno di una critica. Lo scopo ultimo è di chiarire ciò che l'Autore ha veramente detto, di distinguere l'essenziale dal­accidentale, e soprattutto di assicurare che la critica tocchi il centro delle questioni in esame. Lo scoraggiare tale investiga­zione o il rtfiutare di affrontarla è confondere la lea1tà con la pigrizia, l'onestà con la mania distruttiva.

Lo sviluppo della nozione di Dio

Benché sia chiaro che la nozione di Dio da parte di J ung si è evoluta notevolmente durante .gli anni - dalle sue iniziali simpatie freudiane ai suoi ·contributi particolari alla psicologia della religione - tuttavia 1a linea precisa dello sviluppo è al­quanto oscurata dal fatto che il suo ·intenso interesse .personale per i problemi reHgiosi assunse--solo gradualmente nel suo lavoro scritto la posizione centrale che ebbe nell'ultima parte delia sua vita. Riferimenti alla nozione psicologica di Dio appaiono un iPO' sparpagliati in ogni contesto dei libri e saggi. Ma abbiamo, ;per fortuna, parecchie dissertazioni più lunghe e più sistemati­che che ci aiutan~ a fare una relazione adeguata del suo con­;cetto di Dio, ed anche ad inserire le sue frequenti ·intuizioni

4 God and the Unconscious, London, Harvill, 1953; Soul and Psyche, London, Collins, 1960.

s Religion and the Psychology ot Jung, London, Sheed & Ward, 1957.

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stimolanti in una struttura più ampia. La seguente divisione del suo pensiero in quattro periodi è piuttosto arbitraria, poiché, anche dopo varie prove, non sono stato in grado di trovare una

· base nella materia stessa che .permettesse una divisione natu­rale e si-gnificativa.

I. 1902- 1920

Il primo tentativo di Jung di trattare l'esperienza religiosa e la religione istituzionalizzata apparve quando egli aveva tren­taeinque anni. Prima di allora, si era accontentato di registrare i fenomeni religiosi, considerandoli alla stessa stregua di altri fatti psic'hid 6• Ma nel 1909, in un articolo intitolato Il signifi­cato del padre nel destino dell'individ:uo, Jung ruppe H suo si­lenzio, atbbracdando apertamente la teoria sulla religione .già .proclamata da Freud due anni .prima nel suo saggio Atti os'Ses­sivi e pratiche religiose. In due paragrafi, meno di cinquecento parole in tutto, Jung condensò la tesi che le religioni dovrebbe­ro essere viste psicologicamente come «sistemi di fantasia», destinate a risolvere i problemi sessuali nella personalità. « Dio » quindi diventò un simbolo proiettato a far da supporto alla re­pressione della sessualità infantile, mentre il dia<Volo rappresen­tava le forze di concupiscenza scatenate. Con la venuta di Cristo, Jung continuò, il Dio di paura dell'Antico Testamento si trasfor­ma in un Dio d'amore (un'idea che riapparirà parecchie volte nei suoi scritti da allora in poi), indicando simbolicamente un miglioramento nella modalità della sublimazione sessuale 7•

La :prima trattazione estensiva su un tema religioso venne però nel 1911-12 con Ja pubblicazione di La psicologia dell'in­conscio, un libro che, nonostante il suo stile di argomentazione un po' disinvolto, contiene in germe .gran parte del pensiero fu-

6 Cfr. p. es. Zur Psychologie und Pathologie sogennanter occulter Phiino­mene (1902), G.W. I, 1-150. (l riferimenti sono all'edizione svizzera delle opere complete [Gesammelte Werke, Ztirich, Rascher Verlag], secondo volume e pa­ragrafo, sistema seguito nelle edizioni inglese ed americana ed in quella italiana [ed. Boringhieri, Torino, di cui sono stati pubblicati i voli. I, V e VI]). Cfr. anche Familiar Constellations, in . Collected Papers on Analytical Psychology, London, Baillière, Tindall & Cox, 1917, p. 130 (1907).

7 G.W. IV: 738 n. 21, 740 n . 22.

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turo di Jung, e fu causa anche de1la sua famosa rottura con Freud. Esso prese la forma di un commento sulle fantasie di :una donna americana schizofrenica che Jung non aveva mai incontrata personalmente, ma il cui caso aveva eccitato la sua curiosità. Lo scopo principale del libro è manifestato da due distinzioni fatte nelle prime parti: (l) si distingue la v-erità let­terale dalla verità psicologica. La prima indica quello che nor­malmente nel nostro realismo quotidiano consideriamo vero. La verità 'psicologica, ·invece, è una categoria creata 1per S!piegare il senso in cui i sogni, le fantasie, le visioni ed ogni specie di proiezione reHgiosa sono veri. Lo svolgimento di questo tema forma il nucleo del resto del libro.

(2) Ora, la verità psicologica si articola in due questioni: jl perché ed il come dei prodotti .psichici, vale a dire 1a loro funzione nella psiche e il processo della loro .genesi. Jung prestò ben poca attenzione alla seconda questione, spiegando che que­ste :proiezioni religiose hanno origine in qualche modo in un fondamento tpsichico comune a tutti gli uomini. La sua nozione dei « complessi inconsci ti!pici » esposta qui è ovviamente un .primo passo verso la sua teoria degli archetipi 8•

La prima questione sulla funzione di queste proiezioni, al contrario, costituì il fuoco :principale su cui si concentrarono le sue ricerche. Più semplicemente, Jung intese dire C'he esse non sono che delle risposte inconscie a desideri inappagati, mediante le quali si crea vicariamente ciò che ci mànca. L'andamento freudiano della sua discussione riapparve nuovamente nel libro quando spiegò che i simboli dell'inconscio sono misteri soltanto 1per il paziente e non per il.Jmedico, che dev'essere capace di distinguere i desideri repressi. Col tempo, abbandonerà tutte e due queste opinioni 9•

Nonostante tanta fedeltà a Freud, l'esposizione di Jung sulla .libido separò una volta per sempre i due psicologi. Jung sosti­tuì la teoria di Freud, ,imperniata sulla sessualità, con una defi­nizione più generale della libido, chiamandola una « energia

s The Psychology ot the Unconscious, London, Kegan, Trench, Trubner . & Co., 1919, pp. 5, 7, 200·1.

9 Ibid., pp. 10, 12, 135.

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.psichica », una delle espressioni della quale è, oltre a molte altre, l'istinto sessuale. Così, secondo Jung, « il desiderio incestuoso »

.- ha radici più profonde, nella psiche, delle relazioni fra genitori . e figli. Rappresenta in sostanza un anelito verso la .pace e la

sicurezza dello stato originale d'incoscienza 10• Il ruolo che la re­ligione svolge gli era chiaro: invece di invitare la persona ad affrontare questo istinto con una compensazione (o sublimazio­ne) vera, ne incoraggia una compensazione proiettata. I simboli teologici ci offrono come soluzione la sottomissione totale a Dio, un ritorno psicologico al grembo per rendere lo stato di coscienza più sopportabile. Mentre lo psichiatra comprende la vera na­tura di questo ·processo, l'uomo religioso tende a vedervi sola­mente una verità -letterale. In altre •parole, 1a psicologia come scienza si sforza di trovare dei mezzi consci e razionali per fare ciò che Ja religione compie con mezzi simbolici ed illusori 11• È

opinione di Juntg che, anche trattandosi di Gesù Cristo, non è la sua verità storica che deve essere presa in considerazione, ma soltanto la realtà mitica di lui, la sua funzione psicologica nella personalità dei credenti 12.

L'idea di Dio presentata in queste pagine fu quindi tanto si­mile all'idea di Freud che molti presero Jung per ateo. Infatti egli dichiarò che Dio è solamente « una parte della mente sco­nosciuta a noi». Psicologicamente parlando, non è altro che !<<una eerta somma di energia (libido)» che è stata proiettata in realtà metafisiche, benché siano d'origine inconscia. Conse­guentemente, adorando Dio si adora la ·propria libido 13•

Tuttavia, per l'intero Ubro si nota una certa ambivalenza di Jung nei confronti del valore della religione. Da un lato ,la­menta la· relazione fra religione ed etica, perché 1a ~prima intro­duce credenza ed ascetismo cieco dove dev'esserci autonomia ed intelligenza 14• Dall'altro Iato, egli ne ribadisce la necessità per le masse ancora incapaci di farne a meno 15• PiUr intuendo un interesse sincero da parte sua sotto questi commenti, c'è in

to Ibid. , pp. 250, 303, 463, 530, 530 n. 45. 11 Ibid., pp. 24-5, 98, 427, 479. 12 Ibid., pp. 39, 200, 258-9. 13 Ibid., pp. 9, 71, 96. 14 Ibid., pp. 91, 260-3, 498 n. 3, 534 n. 107.

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essi anche un'aria di superiorità saccente, che rende questo libro, fra tutti ,gli scritti junghiani, sospetto di psicologismo. L'unica cosa che potrebbe salvare Jung da questo giudizio, come anche da quello di ateismo, è il suo lasciare aperta 1a questione di una realtà metafisica di Dio, dicendo che la scienza pura niente può affermare o negare inoppugnabilmente a questo ri­guardo. Anche qui, ·però, parla con disprezzo della metafisica, rendendo chiaro il signilficato implicito delle sue opinioni 16•

Nonostante le molte carenze di La psicologia dell'incon.scio, con questo lavoro Jung rese noto il suo impegno verso i proble­mi religiosi. N egli anni seguenti i suoi argomenti saranno la eS/pressione di una riflessione più profonda e di una ricerca più accurata.

N egli scritti fra il 1912 e il 1920, Jung ritorna alla religione soltanto incidentalmente. Nelle dodici ·pubblicazioni circa di quegli anni i riferimenti espliciti sonò rari, e non dimostrano un .grande progresso rispetto alle idee .inizia1i. <Invece la psico­analisi in Jung cereava la sua indipendenza dalla religione men­tre si stava affermando come scienza a sé. Perciò, egli rifiutò anche di includere lo studio di fenomeni parapsicologici nella psicologia scientifica 17• Nel frattempo introdusse per la prima .volta il termine «inconscio •collettivo », sviluppando questo concetto che era rimasto vago in La ps~cologia dell'ilncowcio 18•

Si direbbe un paradosso, perché è proprio questa idea che più tardi lo ricondurrà alla reHgione ed alla parapsicologia.

Un'eccezione allo studio saltua~io del tema religioso in que­sti anni è uno strano esempio di letteratura di fantasia che compose · nel 1916 e che fece circolare privatamente sotto 1o .pseudonimo di Basilides di Alessandria : Septem Sermones ad Mortuos 19• Questo opuscolo di ci.rca 4:500 :parole è un tentativo piuttosto artificioso di letteratura mistica - un peccato di gio-

15 Ibkl., pp. 30, 80, 100, 258-62. 16 Ibid., pp. 23, 147, 529 n. 42. 17 Cfr. G . W . VIII, 600, n . 15. 18 Cfr. La structure de l'inconscient, G. W. VII, 422 ss. (1916). 19 Non sarà incluso nelle opere complete. C'è un'edizione inglese stampata a

Londra (John Watkins, 1925), ed è accessibile anche nell'edizione americana di Memories, Dreams, Refiections, N. York, Randon House, 1963.

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;ventù di oui, secondo Aniela Jaffé, Jung si pentì .più tardi. Ma ha un'importanza notevole per due ragioni. Primo, le meditazio-

. ni ampollose dei Septem Sermones indicano un allentamento tlelle sue dure critiche contro la religione e la metafisica; secon­do, :presentano un compendio della direzione in cui il suo futur ­pensiero procederà. N o n occorre molta ingegnosità ·per tradur­re il linguaggio esoterico di questo libretto ne1le categorie che caratterizzeranno la sostanza della psicologia junghiana: arche­tipi, inconscio collettivo, animajus, quaternità e individuazione.

II. 1921 - 1937

Nel 19.21 apparve il saggio Tipi psicologici, risultato di ven­t'anni di la·voro, che il suo :primo traduttore ingle~e, H. G. Bay­nes, prematur:amente chiamò « 1'opera definitiva» di Jung. In .parecchi contesti Jung rìprese il tema religioso in maniera più approfondita, con argomenti un po' più organizzati di prima, .ma sempre nel suo stile particolare che suggerisce nuovi pro­blemi piuttosto che risolverne. La metodologia rimane uguale a quella de La psicologia dell'inconscio, come anche il suo scetti­cismo nei riguardi della metafisica. Ma il :punto di sviluppo più preciso è che la funzione di proiezioni religiose nella psiche si estende al di là del .passato personale dell'individuo (senza negarlo) sino a comprendere anche una teleologia nell'inconscio stesso, sotto il suo aspetto collettivo. Il risultato è un atteggia­mento più positivo verso la religione. Qui ·la teoria degli archeti­pi è ancora rozza, ma è evidente che per Jung l'uomo porta den­tro di sé la storia di tutta l'umanità, inclusa Ja storia religiosa, e che questo fatto influisce fortemente sulla vita personale 20•

A questo punto il simbolo religioso diventa mediatore fra la coscienza e l'inconscio, in contrasto con la sua posizione pre­cedente in cui era considerato pura iHusione. La re.Ugione è defi­nita come la conseguenza degli istinti :più arcaici dell'uomo, i quali sono liberati per mezzo del simbolo. Le .idee religiose pre­sero così una nuova importanza per Jung, in quanto esprimono

20 Cfr. p. es. Tipi psicologici, Roma, Newton Compton Italiana, 1970, p. 312·.

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la realtà della ;psiche colletti<va 21 • Sebbene egli fosse più aperto all'esperienza religiosa, la sua critica contro la religione dogma­tica ed instituzionale crebbe. Secondo .la sua convinzione, essa cercava di distogliere la ·persona dall'esperienza immediata del­;l'inconscio, mediante un credo comune 22•

In questo tempo la sua idea su Dio si evolse >particolarmen­te nel riconoscimento che reca benefici ·l'intendere Dio come sim­bolo- immagine d'una sconosciuta, misteriosa realtà inconscia, di cui la scienza non può oggettivamente affermare niente. Dio si chiamò :« il su premo va1ore psichico », una ·« idea collettiva » dell'umanità. ·Per la ·prima volta Jung chiarì la sua intenzione a questo riguardo : parlare non di Dio stesso, ma dell'idea, della immagine di Dio - la così detta imago Dei, un'espressione sim­bolica d'uno stato psichico. «Benché non si debba attribuire all'immagine nessun valore nell'ordine delle rea1tà esterne», scr-isse Jung, «essa tuttavia può, in certe circostanze, avere per l'esperienza ·psichica un'importanza molto grande, un valore psicologico enorme ... » 23• In questo modo, Dio è visto come una funzione della totalità psichica dell'uomo, uno stato psicodina­mico che porta in sé le qualità della mente -inconscia, spesso in un'opposizione compensatrice rispetto alle idee conscie e ra­zionali di Dio, spesso con delle tracce di problemi non risolti, ma sempre sulla base di una disposizione arcaica dell'inconscio.

Per un periodo di circa quindici anni, dopo Tipi psicologici, le :pubblicazioni di Jung indicarono un orientamento audace ver­so nuovi campi di ricercl:l. L'impressione frequente è che, più Jung si allontanava dall'atmosfera chiusa della tpsicopatologia, più si trovava coinvolto nella dìloso:fia e nella religione. Egli con­tinuò a cer·care una via di mezz'o tra i due estremi della primiti­va ·proiezione di processi psichici ed una totale razionalizzazione di ogni aspetto della religione 24• La soluzione consisteva nell'idea balenatagli che la religione è fondamentalmente una terapia, una

21 Ibid., pp. 75, 185, 212, 236, 433·40. 22 Ibid., pp. 51, 75. 23 Ibid., pp. 403. Cfr. pp. 119, 135, 235-9. 24 Analytische Psychologie und Weltanschauung, G.W. VIII, 712, 735-8 (1931);

Europiiischer Kommentar, G.W. XIII, 51-5 (1929).

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forma di psichiatria che funziona anche dove non può esserci una fuga di coscienza 25• Così si staccò sempre più da Freud.

I suoi commenti specifici sull'idea di Dio crescono in numero e in profondità durante questi anni. Evidentemente in risposta a critici teologici, Jung spiegò ancora una volta che 1a scienza della psicologia parla dell'esperienza di Dio come stato psichico, senza pronunciare nessun giudizio sulla realtà trascendentale di Dio stesso 26• Rtgettò ·la nozione illuministica che Dio è sola­mente una creazione dell'uomo, preferendo invece •vedervi una esperienza archetipa dell'incontro con T'inconscio. Non smise co­munque di metterei in .guardia contro le nostre ingenue .proiezio­ni di Dio. L'unica norma per la validità di queste proiezioni sem­brò essere la funzione tempeutica che l'imago Dei ha sulla psi­che 27• Da questo si può capire che Jung non aveva abbandonato un certo atteggiamento di sufficienza verso -l'ignoranza di -perso­ne II'eligiose che Janno dipendere dalla fede la loro salute ·psi­chica.

Tuttavia, egli insistette nel dire che un tale approc·cio aHa re­ligione non diminuisce l'importanza di Dio, bensì lo introduce nuovamente nell'intimità della persona. È in questo senso che Jung cominciò ad esporre l'identificazione dell'immagine di Dio con quella del « Sé » 28• ·Questo sviluppo si deve al suo studio del s imbolismo del mandala 29, che ebbe inizio verso il 1919 procuran-

25 Analytical Psychology: Its Theory and Practice, London, Routledge and Kegan Paul, 1968, p. 181 (1935).

26 Europiiischer Kommentar, G.W. XIII, 82 (1929); Geist und Leben, G.W. VIII, 625 (1926); cfr. Die Bedeutung der Psychologie fur die Gegenwart, G.W. x. ·330.2 (1934).

27 Analytical Psychology, p . 110 (1935); Seele und Tod, G.W. VIII, 805 (1934); Die Beziehungen zwischen dem Ich und dem Unbewussten, G.W. VII, 389, 395 (1928); Bruder Klaus, G.W. XI, 480·2 (1933); Introduzione a W.M. KllANEFELDT: Die Psychologie, G.W. IV, 751 (1930).

28 Europii~scher Kommentar, G.W. ·XIII , 76 n. 2 (1929); Die Beziehungen zwischen dem Ich und dem Unbewussten, G.W. VII, 4ll0 (1928). Il « Sé » è un simbolo di totalità psichica, l'unione della coscienza e dell'inconscio. Vale no­tare che in Tipi psicologici, a parte l 'imprecisione del linguaggio, è l'anima che si identifica con Dio. Cfr. p. 234.

29 Cfr. Memories, Dreams, Reftecttons, p. 334. Mandala è la parola sanscritta per «cerchio». È il termine indiano per i cerchi dipinti (o ballati) ritualmente per protezione contro i cattivi spiriti. Jung usa questa parola per la prima vol­ta in Europliischer Kommentar (1929). Poco dopo, dichiara che il centro del disegno circolare è un'analogia di Dio e del Sé. Cfr. Psychologie und Alchemie, G.W. XII, 137 (1936). .

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dogli un tertium comparationis per le immagini di :Dio e del Sé. In seguito egli trovò un crescente interesse nella dottrina della Trinità, in cui scoprì la mancanza sia dell'elemento femminile che di quello diabolico 30•

,Fu pure durante questo periodo che Jung si occupò di alchi­mia, iniziando col suo commentario su Il segreto del fiore d'oro. Dal 1918 al 1926 studiò testi gnostici, ma ·finì col trovarli estra­nei ai suoi fini. Nell'alchimia invece incontrò un punto di riferi­mento per le relazioni fra la religione e la psicologia. I suoi pri­mi passi in questo senso incluse:ro una spiegazione alchimistica della messa cattolica, deHa .figura di Cristo, del rapporto fra Dio e uomo, e della presenza di tutti gli opposti (bene e male, ma­schile e femminile) in Dio 31•

,Le sue Terry Lectures del 19-37 segnarono una svolta de: cisiva nei suoi scritti sulla religione, riassumendo le sue posi­zioni ed aprendo la via a più di vent'anni di lavoro maturo. J.1 punto foca;le dei quattro discorsi è una serie di sogni estratta da un articolo anteriore che, per la sua maggiore familiarità con gli aspetti collettivi del sogno, è più completo ed ordinato. Tuttavia, queste discussioni non possedevano l'organizzazione accurata che si auSipicava, avendo l'evidente \9-spetto junghiano della 'Progres­sione casuale di idee.

Jl suo ·interesse si concentrò sull'homo religriosu.s del XX se­colo !Che non ries·ce più a credere in esseri spirituali, ma cerca una spiegazione nella psiche. Riguardo a coloro che possono cre­dere nel Dio delle religioni come sicurezza contro l'ignoto, disse semplicemente: ·«Purché una tale difesa funzioni, io non la farò crollare, !poiché so che devono esserci forti ragioni per le quali il ;paziente !pensa in un modo tanto limitato ... Rinforzo un mezzo di difesa contro un rischio gra,ve, senza .porre la questione accade­mica se questo contiene una verità ultima» 32• Parlando come

30 Mind and Earth, Contributions to Analytical Psychology, London, Kegan Paul, 1928, p. 115 (1927); Bruder Klaus, G.W. XI, 478, 486 (1933); Analytical Psy· chology, p. 111 (1935); Europiiischer Kommentar, G.W. XIII, 40 e n. 20 (1929); Psychologie und Alchemie, G.W. XII, 193 (1935).

3

31 Psychologie und Alchemie, G.W. XII, 396, 417, 420, 436 e n. 41, 451·2, (1936). 32 Psychologie und Religion, · G.W. XI, 79 (1937).

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medico della :psiche, Jung cercava sempre .più di evitare i pro­:blemi sulla verità metafisica.

·L'aspetto più importante di questo libro è il tentativo di tro­vare una definizione della religione adeguata alla struttura di psicologia stabilita da Jung - e a questo fine cominciò a par­lare di una «funzione religiosa» nella psiche. Mutando la dot­trina da RudoU Otto, Jung definì la reMgione col termine numi­nosum, ·pa·rola che anch'egli lasciò vaga, sebbene osservasse che il suo oggetto può cambiare 33• Inoltre caratterizzò due t~i di a t- _ teggiamento (si potrebbe dire che li mise in caricatura) sottoli­neando ·il contrasto tra il cattolicesimo come religione dogmatica, e il .protestantesimo come ·religione personale 34.

I suoi commenti sull'idea di Dio seguirono binari familiari, con qua1che sviluppo interessante. Ad esempio, H suo studio .sull'alchimia gli fece notare come certe idee di Dio, correnti nei secoli scorsi, possano ritornare alla nostra ;psiche inconsciamen­te, apparendo spontaneamente in una coscienza totalmente im­preparata a loro. La psicologia deve cercare, secondo Jung, la funzione teleologica esistente dietro tali avvenimenti, ragion per cui da parte sua cominciò a parlare dell'archetipo di Dio 35• Di­chiarò che le immagini di Dio :possono essere a 'Volte ·«vere il­lusioni», non dovute a creazione umana, ma al di là della volon­tà arbitraria. Quindi, se l'uomo non vuol rimanere incomple­to, non deve cadere in una stupida professione di ateismo, cosa che recherebbe tra l'altro dei ;pericoli alla sua personalità. Per l'uomo contemporaneo, Jung disse in conclusione dei suoi stu­di sui mandala moderni, il Sé sta nel centro e prende il luogo di Dio. 1Questo diventa ateismo solo se 1'ego cerca di soppiantare Pio. Ma il significato del Sé- la totalità della psiche, conscia ed inconscia - indica che la sua :posizio.ne preminente è soltanto un'ulteriore risoluzione delle proiezioni di un IDio esterno, che .finalmente viene a riposare intimamente dentro l'uomo, benché non sia identico al suo ego 36•

33 lbid., G.W. XI, 3, 6-9. 34 lbtd., G.W. XI, 33, 43-5, 75, 82-6. 35 lbid., G.W. XI, 95. 36 lbid., G.W. XI, 136-48.

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III. 1938-1951

Durante i sette anni successivi dal 1938 a 1944, le uniche di­scussioni degne di nota sulla religione si ebbero in tre discorsi alla Società Eranos tenuti nel 1940 e 1942, che considereremo più sotto nella loro forma riveduta. Tuttavia, questo periodo rap­presentò per Jung un approfondimento nelle sue ricerche sulla alchimia in rapporto con la religione, e nella sua ricerca intorno all'archetipo di Dio 37• Così in un famoso articolo su Pa.racelso che apparve nel 1942, fece un audace tentativo di scoprire nella sua stramba mistura di alchimia, astrologia e magia nera, una specie di psicologia che, sebbene superstiziosa e ;primitiva, rive­lò l'identità fra le immagini di Dio e quelle del Sé 38• Ed in una .terza revisione di un articolo sull'inconscio, troviamo la sottile aggiunta di una nuova .posizione, secondo cui l'archeti'PO di Dio è una :parte essenziale della psiche che 1'uomo moderno deve .preservare, ri.gettandone però le proiezioni antiqu"\te. Prestando attenzione ad un'idea presentata prima, Jung ci ammonì di evi­tare i due estremi: accentuazione esagerata dell'-inconscio o in­vece dell'ego, essendo entrambi distruttivi del divenire del Sé 39•

Fra H 1944 e il 1948 gli scritti religiosi di Jung trovarono un !PUnto focale nelle revisioni dei due lunghi saggi Psicologia e alchimia e Lo spirito Mercurio .. In una nuova introduzione al primo, egli si difese esplicitamente contro ,gli attacchi dei teo­logi, .rigettando il ,pregiudizio occidenta-le, .secondo oui Dio può lavorare da per tutto, salvo che nell'anima umana. Per lui I'ar­cheti'PO di Dio 1è il .punto di contatto d'ra immanenza :e trascen­denza che rende incomprensibile la dottrina di >Dio quale totali­ter aliter (totalmente altro). Jung insistette che un tale atteggia­)lllento non è psicologismo, ·poiché la risoluzione delle nostre proiezioni mediante l'archetipo salva Dio dalle vicissitudini cui

37 Lo « archetipo » è una disposizione psichica dell'inconscio collettivo che Jung ipotizzb per spiegare l'origine delle varie immagini e simboli che sembra­no trascendere i poteri creatori dell'ego conscio.

38 Paracelsus als geistige Erscheinung, G.W. XIII, 168, 171 n. 10, 173. Simil­mente, in un altro articolo di questo periodo, Jung allude all'identificazione di Dio col Sé. v. Zum psychologischer Aspekt der Kore-Figur, G.W. IX/l, 315 (1941).

39 Die Psychologie der unbewussten Prozesse, G.W. VII, 110-11, 150-1, 164 Wl43).

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lo sottopone lo sforzo di comprensione riflessa umana 40. Al solito .parla dell'archetipo come una impressione sulla psiche, -lasciando da parte ogni questione sull'Imp:ressore, che si può risolvere so-

. lo per fede e grazia, mai per mezzo della scienza. Così, ripeten­do- l'opinione antecedentemente attribuita a Paracelso, Jung afferma che Dio si rivela nello spirito e nella natura, nel bene e nel male- una realtà ambivalente che è una vera coniunctio <XJYPO•sitorum, l'unione di tutti gli opposti 41 •

Nel 1948 Jung pubblicò un'ampia revisione di un articolo sulla figura alchimistica di Mercurio, nella quale trovò ·qualche interessante somiglianza con delle immagini inconscie e non dogmatiche di Dio. Tramite l'esame dei paralle1ismi, Jung prese l'occasione per identificare Hncor più le nozioni di Dio e del Sé come funzionano nella psiche, e perciò considerò l'immagdne del .mandp,la quadrato (cioè a dire, il cerchio che contiene una croce) non solo come immagine del Sé, ma propr_io come una imago Dei. Trovò appoggio in quest'idea nella frequente frase deg1i alchimisti che la conoscenza di se stessi è anche la cono­scenza di Dio, e viceversa. Nel tentativo di trovare una paralleli­smo esatto fra gli archetipi e le funzioni della mente, Jung iden­tificò l'immagine di Cristo con la coscienza, e quella di Mercurio (o del diavolo) coll'inconscio - formando così i due poli del Sé in una mescolanza degli opposti - appunto come gli euchiti ave­vano creduto Cristo e Satanel i due figli di Dio 42

Anche nel 1.948 uscì H lungo articolo Il dogma della Trinità visto psicologicamente, revisione lfinale di un discorso pronun­ciato estemporaneamente nell'agosto del 1940. Procedendo daUe nozioni che «-le idee dell'ordine morale e di Dio appartengono al substrato inestir.pabile della psiche» 43, Jung avanzò coraggio­samente, descrivendo le sue ricerche su quel « substrato », evi-

40 Psychologie und Alchemie, G.W. XII, 11-14, 19-20 (1944). 41 Ibid., G.W. XII, 25, 29-31, 547. Cfr. Die Psychologie der Vbertragung, G.W.

XVI, 537 (1946); Zur Phiinomenologie des Geistes im Miirchen, G.W. IX/l, 385, 392 (1948).

42 Der Geist Mercurius, G.W. XIII, 271, 289, 299-301. Cfr. Introduzione a H. ZIMMER: Der Weg zum Selbst, G.W. XI, 957 (1944).

43 Allgemeine Gesichtspunkt zur Psychologie des Traumes, G.W. VIII, 528 (1948).

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tando sempre di invadere il territorio de1la teologda. Non era sua intenzione soppiantare il Dio cristiano con delle categorie psicologiche, come in precedenza; riconobbe ,invece che le no­stre immagini di Dio salvano l'ego dallo stato di autosuffidenza e ci danno un concetto più chiaro della ;psiche colletUva, dove esse ebbero orig.ine. ·Continuò così a :parlare dell'identità psico­logica di Dio e dei Sé, mentre osservò che, teologicamente consi­derati, sono opposti 44•

,II cuore dell'articolo è H contrasto ;portato fra l'idea dottrina­le di Dio come Trinità . (un archeUpo d'incompletezza, secondo Jung), e quella della quaternità (l'archetipo di totalità e com­pletezza). Addusse una serie di ar-gomenti e fatti non rtgorosa­mente collegati tra loro per sostenere la necessità dell'aspetto femminile (o, variamente, del diavolo) nell'immagine di Dio, la quarta parte mancante. H motivo principale dietro a questa pro­ipOsizione resta essenzialmente nella sua convinzione che ogni immagine archetipa ·- inclusa l'imago Dei - è una congdunzio­ne degli opposti, secondo 1a forma del mandala quadrato 45•

Un secondo..tema a contrappunto è la concezione che il dogma trinitario è proprio uno specchio simbolico della crescita psicolo­gica dell'uomo dallo stato d'incoscienza alla coscienza. Per mez­zo dell'immagine di Dio come Padre si .vede l'uomo ·in uno stato abbastanza dipendente e relativamente inconscio. Ne1l'incarna­zione del Figlio, abbiamo un'immagine di Dio equivalente alla liberazione dell'uomo da questa dipendenza e ad un riconosci­mento della sua :parte nella creazione. Finalmente, la terza sta­gione dello Spririto mppresenta 1'-identifi.cazione di Dio e del Sé 46•

È un vecchio modello rintracciabile originariamente nei neopla­tonici e negli gnostici; riapparse più tardi con Gioachino da Fio-

44 Jung cercò di identificare Cristo con il Sé, non con l'ego come aveva fatto in precedenza, ma lo trovò complicato, perché l'archetipo di Cristo gli sembrò mancare della «parte oscura», cioè del male.

45 Versuch zu etner psychologischer Deutung des Trinitiitsdogmas, G.W. XI, 193, 235-40.

46 Ibid., G.W. XI, 201-5, 158, 270-2, 276. Cfr. la revisione di Die Bedeutung des Vaters, dove il passaggio freudiano citato sopra è soppiantato da un'idea simile a questa. G.W. IV, 738-41 . (1949).

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re nel X secolo, e in tempi moderni nel sistema di Hegel 47• L'uni­ca, differenza nella presentazione di Jung è che egLi Io rigetta come spiegazione metafisica, focalizzandolo solo sull'evoluzione della coscienza ;per mezzo delle sue :proiezioni.

Nel 1951 Jung pubblicò quello che è probabilmente il più difficile di tutti i suoi libri sulla religione: Aion. L'argomento centrale è l'equivalenza tra il simbolo di Cristo e quello del Sé, un evidente progresso oltre la sua 1previa trattazione del mito cristologico. H simbolo alchimistico del lapis, il mandala, i .pesci astrologici e tante altre immagini gli offrono un punto di par­tenza per questa identificazione. Si oppose vigorosamente a quello che considerava l'idea della chiesa sul1a natura del male (la teoria della privatio boni). Vi vide una corruzione dell'imma­gine di Cristo che, come archetipo, avrebbe dovuto dncludere gli opposti di :bene e male - specialmente se viene identificato col Sé. Jung attribuì l'origine di questa incompletezza al tentativo di purificare dorttninalmente l'imago Dei da ogni relazione col male. Era sua intenzione restaurarne la totalità per rpoter espor­re il contrasto tra il Cristo e l'anticristo 48• ,La moltitudine di fatti ed argomenti presi dai Padri della Chiesa, dalla Bibbia, dall'al­chimia e dall'astrologia è troppo .grande per esser citata o valu­tata qui. Basti dire che, per proseguire questo tentativo di scri­rv.ere una parte della storia archetipa dell'umanità, ci vuole una fede abbastanza cieca nell'autore. Una critica meticolosa del li­bro richiederebbe una mente enciclopedica e parecchi anni d i lavoro.

IV. 1952-1961

Nel 1952 Jung :pubblicò una revisione completa di La psico­logia dell'inconscio sotto il titolo Simboli della trasformazione. Non c'è molto di nuovo in questo :Ubro, ma è interessante stu­diarlo in confronto all'edizione del 1912; considerandolo una

47 Un tentativo contemporaneo di reintrodurre questa idea è stato fatto da 'I'HOMAS ALTIZER, famoso teologo della «morte di Dio», nel suo libro The Gospel oj Christian Atheism, Philadelphia, Westminster, 1966.

48 Cfr. G.W. IX/2, 68-176.

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chiave per l'interpretazione dello svolgimento del suo pensiero durante quei qua.rant'anni. Senza entrare nei particolari, osser­viamo che 'la preoccupazione anteriore per gli aspetti .patologici dell'inconscio si mutò in un interesse per j suoi aspetti positivi e tempeutici; lo spirito psicologistico è quasi assente, e con esso l'attacco 1contro .la funzione morale della reHgione.

Nello stesso anno uscì la sua teoria della ·« sincronicità » -

vale a dire che due eventi .possano essere signi:ficativamente col­legati senza nessuna conosciuta connessione causale 49• La citia­mo qui 1perché Jung l'userà per spiegare, sempre alla ricerca di un accordo coi teologi, in che modo l'apparizione dell'imago Dei ed runa certa necessità psichica possano essere connessi con un significativo teleologico, senza voler concludere che c'è, o non c'è, una causa ulteriore dietro all'archeUpo, cioè un Dio teologico.

Risposta a Giobbe, forse il libro più discusso ed in tanti sen­si più controverso di Jung, rimane unico fra tutti i suoi scritti. È una singolare combinazione di idee alchimistiche, miti hiiblici, e dell'esperienza di anni di pratica :psicoterapeutica tutto fuso da un'esibizione ingegnosa d'immaginazione. In questo periodo del­la sua vita, ;gli interessi reJigiosi di Jung sono portati alla loro ;massima intensità. Come scrisse ad un .giovane reltgioso nel 1952: «Scopro che tutti i miei pensiei'Ii orbitano intorno a Dio .come pianeti intorno al sole, e che sono attirati irresistibilmente da Iui. » Continuazione della tes-i di fiion e del suo :saggio sulla Trinità, la Risposta a Giobbe eerca di rintracciare la storia del­l'archetipo di Dio. iPiù specificamente, Jung intraprese una psi­coanalisi di J ahvé e del « trauma » che ;provò ne1la sua scom­messa con .Satana e nel suo incontro con Giobbe.

Gran .parte della confusione :provocata da questo libro viene da un Fraintendimento delle intenzioni dell'autore. Jung parlò delle nozioni che l'uomo ha di Dio e del loro sviluppo, non di Dio srtesso. Così nel suo tentativo di seguire l'evoluzione del­l'imago Dei tramite la storia umana, non andava teorizzando sulla natura di Dio, ma cercava solamente di snodare <l'inavver-

49 Synchronizitiit als ein Prinzip akausaler Zusammenhiinge, G.W. VIII, 850.

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tibile e sottile nascita della coscienza dall'incoscienza, per mez­zo dei simboli .biblici. 50

,L'incarnazione di Dio in Cristo, secondo Jung, era la rispo-' sta di Jahvé a Giobbe che, uomo innocente, soffrì nelle mani

d'una divinità ·«immatura» e scoprì così il •« ù.ato oscuro di Dio» (cioè, Satana). L'immagine 1biblica di Jahvé em stata !pie­na di contraddizioni, ma solo per mezzo dell'incontro con Giob­be Dio riconobbe la sua tbr:utalità e l'esistenza del male in se stesso. P,rima ne era del tutto inconscio, un puro summum bo­nrum. In modo simile mancava a Javhé l'elemento femminile . Qui la tradizione biblica di Sofia, disse Jung, portò una compen­sazione archetipa. Per questa ragione, egli applaudì il dogma dell'assunzione di Maria come « l'evento religioso :più grande ,dal tempo della riforma » perché l'imago Dei riacquista la sua completezza stabilendo Maria qua1e «dea». 51

La venuta dello Spirito Santo rappresentò l'ultima fase del­l'incarnazione, .portando l'imago Dei dentro l'uomo stesso. Que­sto !processo storico è chiamato da Jung •« la cristificazione dei molti, un'ovvia negazione del dogma che solo Gesù potrebbe essere il Cristo. 52

Gli scritti dal 1953 fino alla morte di Jung nel 1961 non mo­strarono nessun declino nello sviluppo dei suoi interessi reli­.giosi. Il capolavoro dei suoi ultimi anni è senz'altro il My·ste­rium ConiuncUonis che apparve nel 1954, il frutto di dieci anni di ricerche alchimistiche e finito nel suo ottantesimo anno. .Ri­guardo al concetto dell'imago Dei, vi sono due punti principali d'orientamento che ripetono e danno appoggio a -idee già :pre­sentate: la continuazione dell'identificazione ·psicologica delle immagini di Dio e del Sé; 53 ed una crescente collezione di rap­presentazioni simboliche di Dio (la ma.g.gior parte prese dall'al­chimia), che indicarono un solo fondamentale archetipo di Dio.

50 Soppianta la · distinzione metodologica del 1912 con una simile fra fatti psicologici e fatti fisici. Egli tratta solamente i primi quando parla dell'imago Dei. G.W. XI, 554·8 (1952).

51 lbid., G.W. XI, 625-7, 752. 52 lbid., G.W. XI, 758. 53 lbid., G.W. XI, 273, 778. Cfr. anche Psychologischer Kommentar zum Bar­

do ThOdol, G.W. XI, 840 (1953).

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Ogni considerazione di •relazioni patologiche fra fenomeni reli­giosi e sanità psichica della persona è assente: l'inversione di .atteggiamento rispetto a La psicologia dell'inconscio appare :completa.

Negli altri suoi scritti durante questi ultimi anni l'orienta­mento più importante nella sua evoluzione fu la ~hiara iden­tificazione della nozione psicologica di « individuazione » (il .processo del diveni>re del Sé) con quella teologica di .« incarna­zione». L'espressione più evidente sta in un saggio su Il sim­bolismo di trasformazione nella messa, dove Jung identificò H sacrificio di Cristo con l'integrazione del Sé. 54 Ma nella sua corrispondenza fra il 1956 e il 19-58 dichiarò più esplicitamente .il suo interesse per il processo di individuazione: « in modo che io possa offrire delle possibilità reali (non ideali), per mez­zo di cui l'uomo riesca a compiere l'esperimento di Dio (nell'in­carnazione). » 55

L'idenHficazione dei due processi serve soprattutto a chia­.rire qualcosa che ·finora era stata ambigua: è Dio o è Cristo l'equivalente psichico del Sé? La risposta è solamente implicita nel suo lavoro pubblicato, ma nella sua corrispondenza privata .i dubbi sonp risolti nettamente: Cristo è uguale al Sé, mentre .Dio è ugua:le all'inconscio collettivo stesso. Una lettera Slpiega: « Traducendo, Dio = l'inconscio, Cristo = il Sé, e incarnazio­ne = individuazione ». 56 Peccato che questa concezione non sia mai stata sviluppata :più a lungo ed in modo ordinato. Comun­que, questa è l'unica spiegazione .poss~bile dei simboli, poiché l'immagine archetipa di Jahvé diventato conscio è Cristo, sic­come l'inconscio collettivo raggiunge 1o stato di coscienza sol­tanto nel Sé.

Pur senza pronunciare un giudizio teologico su questa tesi -cosa che secondo Jung richiederebbe« la grazia»- è evidente che egli avvertì la necessità di una forte fiducia nell'inconscio collettivo che trascende l'individuo. « L'uomo deve continuare

54 Ibid., G.W. XI, 379, 399. 55 Citata in L. PHILP, Jung anà the Problem ot Evil, London, Salisburry

Square, 1958, p . 248-50. 56 Ibid., pp. 246-7.

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ad abbandonarsi all'inconscio come aHa volontà di Dio, anche quando questo richiede un certo rischio :il.

Non possiamo non menzionare almeno incidenta-lmente l'ul­timo libro di Jung, la sua autobiografia, Memorie, Sogni, Rifles­sioni, soritta con l'aiuto della sua segretaria, Aniela Jaffé. Per mezzo di questo libro Jung rivive il suo passato sotto la luce del suo pensiero maturo. Ciò che la vita .gli aveva negato, l'immagi­nazione provvide frequentemente a dargli spesso ingegnosamen­te, a volte sproporzionatamente, ma sempre con una passione ·per il romantico. Non si può sperare di poter trasmettere la de­licata fragranza di queste pagine. Per H nostro assunto teore­·tico, non v'è in esse che la ripetizione degli argomenti già pre­sentati, oltre ad uno sguardo dietro alle teorie, alle personali esperienze che spinsero Jung alle sue idee ed al loro costante approfondimento.

Abb·ozzo di una critica

Dovr~bbe esser ora evidente al lettore che l'intraprendere una critica del concetto di Dio di G. G. Jung- nonostante l'am­piezza con cui ne abbiamo riassunto lo sviluppo - è un com­pito enorme, perché ci conduce attraverso la filosofia, la teolo­gia, l'antropologia, gli studi orientali, 1a mitologia, la filologia, l'alchimia, e così •via. Sottolineiamo quindi solo .gli elementi es­senziali, indicando le direzione generali d'una critica. Sugge­rendo una serie. di questioni fondamentali, si spera di evitare tanto la Scilla di uno scetticismo totale quanto la Ca>fiddi di una accettazione acritica da «discepoli».

Bisogna cominciare le nostre osservazioni con qualche oss·er­vazione sulla metodologia. Lasciando a •parte la qua1ità della sua .prosa -che col tempo prese un carattere sempre più ispi­rato e :poetico, dimostrando una eleganza di stile che ·rammenta .gli scritti di William James - ci sono molti )problemi nel suo ;;modo di scriveTe, che riflettono la base intuitiva del suo pen-

jl lbid., pp. 227-8.

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siero. Con La psicologia dell'inconscio Jung scoprì un modo di argomentare che a poco a poco sostituì allo stile più tradiziona­le della sua scienza. Troppo frequentemente H suo pensiero sem­bra procedere per associazione di idee, non costretto dal rigore di .procedimenti logici, rivelando così l'istinto di avanzare auda­cemente più che la disciplina di una diligente ricerca scientifi­ca . .Spesso, consapevole delle connessioni ·più sottili o partendo da un'intuizione isolata, Jung convalidò una sua idea con una quantità di citazioni e paralleli, invece di procedere logicamen­te. È •per questo che a volte dà l'impressione di un uomo troppo carico della sua erudizione per poter chiarire il proprio pensie­m . . Leggendo Jung, bisogna sempre stare attenti alla sua mani­:polazione o svisamento di fatti ed allusioni.

Un ultimo .punto stilistico: come tanti pionieri intellettuali, Jung creò molti neologismi, il cui significato si sviluppò nel · corso degli anni. Senza voler negare ad un autore il diritto di inventare e definire un voca-bolario suo proprio, occorre sotto­lineare che molto spesso - e in questo Jung non fu s•empre senza colpa - una nuova parola .può indicare solo una mancan­za di comprensione sufficiente.

Ci sono delle difficoltà anche ·riguardo aHa natura dei «fatti psichici ». Non si ;può accusare Jung di aver teorizzato in una situazione di isolamento, tanto fu coinvolta la · sua vita nella co­stante :pratica della psicoterapia. Tuttavia, i suoi scritti risen­tono della stessa malattia di tutta la :psicologia scientifica d'og­gi che cerca di trovare una via di mezzo f.ra la fisiologia e la ftlosofia: 1la mancanza cioè d'una metodologia adeguata. Nel pensiero junghiano, ad esempio, non si trova alcun principio per -la selezione dei fatti in senso proprio; c'è in esso anzi un'evi­d'ente semplicismo che non avverte i problemi fenomenologici coinvolti con :H suo punto di vista empirico. Perciò la spiega­zione del fatto, ad esempio, che il paziente di un .medico jun­'gihiano ahbia sogn:i junghiani, mentre quello di un medico freudiano abbia sogni freudiani, non lo preoccupò. La sua posi­zione vagamente kantiana sulla natura soggettiva di un'espe­rienza psichica gli evitò completamente di trattare questo più profondo .problema epistemologico. Inoltre, la sua frequente di-

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stinzione fra la conoscenza e la fede gli impedì di rendersi con­to della necessità che una professione di agnosticismo ·religioso

. 1preceda 1a scoperta di quei fatti considerati valutabili dallo psi­cologo.

Infine, c'è un .problema critico sull'uso di ipotesi da .parte di Jung. Nonostante i suoi frequenti ed espressi riferimenti alla natura provvisoria e modificabHe delle sue teorie, in pratica è stato tutt'altro. Lo sviluppo delle teorie, anche quando appare notevole, è quasi sempre, con pochissime eccezioni, nascosto con cura. Spesso Jung attaccò i suoi critici per la loro incapacità di capirlo, ma nello stesso tempo cercava di chiarire il punto delle sue dottrine oggetto dei loro commenti, senza informare il let­tore del processo di revisione che stava compiendo. Ancora rpiù seria è la questione se, in ultima analisi, sia ad ogni modo pos­sibile scoprire un qualsiasi fatto che rendesse contestabili le sue ipotesi. È un problema che il ~stema junghiano ha in comune con .molta psicologia moderna : che cosa potrebbe far apparire false le loro ipotesi?

Una seconda serie di problemi può essere indicata :per mezzo di qualche osservazione sulla genesi e .funzione dell'imma­gine di Dio nella psiche. ·Per cominciare, mi sembra indiscuti­bile che esistano, e che Jung ne abbia raccolto un gran numero daHe sue esperienze professionali e daUe sue ricerche. Ma la pri­ma difficoltà che si presenta è che egli non riuscì a darci dei chiari criteri .per ri-conoscere un simbolo come un'imago Dei. Si !possono però estrarre dai suoi scritti due norme .implicite: (l)

un simbolo spedfico deve potere venir trovato in una delle va­rie tradizioni teologiche o ecclesiastiche; o (2) deve rappresen­tare « l'interesse ultimo» o « supremo » di qualcuno, benché non sia tradizionalmente nominato ·«Dio». Né ;l'uno né l'altro criterio sembra sufficiente. Il primo è troppo generale perché evita di domandarsi che cosa ci sia in comune in queste imma­gini, tale da permetterei di chiamarle tutte Dio. Anche il secon­do è troppo generale, ,perché se l'interesse supremo viene pro­iettato in un simbolo di Dio, non sll!ppiamo infine specilficamente quale sia ques-to interesse; e non è affatto chiaro come qualou-

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no ·possa avefle solamente un singolo interesse che sia supremo nella vita .. Così il tentativo da parte sua di usare le immagini di Dio come sinonimi archetipi dell'inconscio collettivo e del suo contenuto non diede il sostegno ohe egli intendeva alla spiegazione psicologica della religione.

Ciò presenta una seconda difficoltà riguardante la natura stessa dell'inconscio collettivo. Jung addottò questa antica no­zione della mente collettiva per far comprendere un'evidente .funzione della psiche : la spontanea ;produzione di simboli, altri­menti imposs~bili a spiegarsi sia ;per mezzo della coscienza che ;per mezzo della criptomnesia. Appunto secondo le sue « scoper­te» però, l'intervento di un ;potere sovrumano o la telepatia po­trebbero anche offrircene una -soluzione adeguata. Il primo non equivale ;più, ;però, aUa « meta-fisica » dell'.inconscio collettivo (della cui essenza Jung non parlò, e di cui descrisse solo i ri­sultati); e la seconda è un ·fenomeno .già riconosciuto scientifi- · camente. Inoltre, secondo la sua ipotesi di :« sincronicità, non è necessario trovare una causa dell'apparizione dei così detti sim­boli archetipi, perché è sufficiente il loro significato •per la men­te conscia.

Rivo1gendoci al problema della funzione dell'imago Dei nella _psiche, scopriamo altre aDbitrarietà. Non bisogna .per questo ne­gare l'efficacia dell'approccio junghiano alla .psicoterapia, e nean­che la •validità della sua discussione sulla progressione di sim­boli archeUpi secondo i quali la psiche viene ;guarita. Ma riman­gono delle difficoltà. Primo non è chiaro il vero ruolo che il s imbolo gioca nella psicoterapia. A volte ;pare che sia una con­dizione necessaria, a volte la causa stessa, a volte solamente un fenomeno secondario. Tutto ciò viene complicato dal fatto che Jung usò criteri eccessivamente vaghi per definire la psiche sa­na e normale. Parlò invece della « cooperazione dell'inconscio con la coscienza » , che si può seguire per mezzo dei simboli ;pro­dotti. Manifestò così poco interesse alla diagnosi di neurosi o .psicosi che i suoi ultimi scritti sono quasi senza alcun valore per la ;pratica della :psicologia. Le sue ·ricerche nel campo delle ,filosofie or.ientali e soprattutto dell'alchimia Io convinsero che lo stesso simbolo potrebbe avere diverse funzioni in diverse per-

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sonalità, ·facendo così della :psicologia più un'arte che una scien­.za. Di conseguenza, benché Jung avesse sempre ·parlato della funzione teleologica dell'immagine di Dio, non è affatto chiaro come il processo di guarigione avvenga, né quale ruolo vi ab­·biano gli archetiJpi, né come si riconosca una cura finita.

L'ultimo campo di osservazioni critiche riguarda alcune que­stioni sul pensiero di Jung dal .punto di vista teologico. -Dobbia­mo sorvolare sui molti errori secondari di Jung riguardo alla Sacra Sc~ittura, alla storia della Chiesa e della teologia, ed al­I'intei'Ipretazione di dogmi particolari. A parte questo, si nota che la critica principale dei teologi contro Jung si concentrò su un'idea centrale del suo lavoro: la presenza degli opposti in -Dio (cioè, neUe immagini umane :più complete di iDio), Sfor­tunatamente, la maggior parte di tale critica ,partì da una .po­sizione di fede e di ~tradizione, cosicché Jung ebbe tutte le ra­,gioni di rigettarla.

Mi sembra però che ci sia una mancanza di coerenza nella sua idea stessa. In termini .più esatti, la teoria di Dio come una complexio oppositorum è un'estra•polazione daU'.evidenza indu­hitabile che, viste insieme, le immagini di Dio formate dagli uomini rappresentano una collezione di simboli che quasi esau­riscono le possibilità dell'immaginazione. Più o meno tutto è stato alzato simbolicamente al livello di divinità in un periodo o nell'altro della storia. Ora, il modo più facile di organizzare questa ricchezza .di stmboli è quello di chiamarli una « coinci­denza degli opposti » _:_ .più una descrizione che una spiega­zione. Ma è illogico dichiarare che ogni simbolo particolare che . .manchi degli opposti sia per ciò stesso incompleto. Non c'è nessun motivo :per sostenere che un'immagine debba avere le caratteristiche della totalità o di certi simboli che contengono degli opposti. Jung stesso ricono}:>be che nessuna immagine 'rap­presenta adeguatamente l'esperienza dell'archetipo di Dio (o dell'inconscio), .perché Dio è al di là del bene e del male, del maschile e del femminile, ·ecc. Perciò accusare di « incomple­tezza» certi simboli è un atteggiamento dogmatico, quanto la si­curezza :fideistica che un certo simbolo .possa rappresentare Dio

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in modo completo. Non solo la Trinità cristiana, se vista ~n

quest'ottica come puro «simbolo», ma anche .la quaternità junghiana corre il rischio di questo dogmatismo.

Oltre a questo vale la pena di notare che 11 parallelismo che Jung cercò fra simboli teologici e funzioni psicologiche rese as­sai maggiore giustizia ai processi ;psichlci che alle tradizioni di dogma cristiano. Questo fatto è ovvio dato il suo atteggiamento di sufficienza verso la fede e le pratiche religiose. Non perse mai la mentalità scientista, ritenendo dentro di sé che, dopo le sco­perte della .psicologia, il linguaggio della teologia è soltanto una chiacchiera .inutile. In un momento di franchezza, durante un discorso improvvisato, a Londra mel 1939, dichiarò per esem­pio, che non :poteva ·più tornare ad assistere ai misteri della san­ta messa, « perché conosco troppo di essi » 58• In tutti i suoi scritti non abbandonò questo modo di pensare, che è :per molti versi un autentico riflesso dell'uomo incredulo del XX secolo, raffi­gurato nella famosa novella di Miguel de Unamuno: San Manuel el bueno, m&rtir.

Non meno contestabile è il suo diniego dell'importanza della realtà storica di Gesù Cristo. Questa opinione di Jung è stata provocata in .parte dalla sua assunzione non critica di una po­sizione radicale nella discussione su « il Gesù storico », argo­mento che egli non aveva studiato a fondo, e neppure seguito nei suoi svilU!ppi :più recenti. •Similmente, i contrasti che egli stabilisce fra i1 protestantesimo ed il cattolicesimo secondo H dogma e -l'esperienza reltgiosa d~rivano esclusivamente dai suoi interessi particolari nel campo della :psicoterapia, spesso igno­.rando candidamente il loro significato a livello sistematico di princì.pi ·ed i .presupposti teologici da cui ebbero origine. Come psicologo Jung lavorò con le categorie della teologia come le jncontrava nei suoi pazienti e nelle sue ricerche. Siccome non chiarì mai a se stesso la sua metodologia scientifica, coi suoi van­tag:gi e svantaggi, H suo attacco alla teologia non riuscì, gene­Talmente ·parlando, a toccare le questioni fondamentali.

ss The Symbolic Lite, London, Guild of Pastoral Psychology, 1939, p. 15.

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Solamente affrontando tutti questi problemi potremo scopri­re il vero valore del .pensiero di Jung sulla nozione di Dio -una puri:fìcazione degli sviluppi discutibili della teologia specu­lativa, un richiamo rinnovato alla supremazia dell'esper-ienza reHgiosa e, io credo, una intuizione poetica della direzione in cui 1a nostra teologia occidentale dovrà avanzare: i1 dimostrare la interdipendenza tra Dio e la psiche senza perdere la base, la fede o Ja tradizione cristiana.

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