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Carl Gustav Jung, L'INCONSCIO. Introduzione di Paolo Aite. Traduzione di Elisa Tetamo. Opere di Carl Gustav Jung: consulenza per l'edizione italiana di Romano Màdera e Roberto Bordiga. Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1992. Prima edizione Oscar saggi gennaio 1992. SOMMARIO. Introduzione di Paolo Aite; Nota biografica; Nota bibliografica; LA PSICOLOGIA DEI SOGNI; LA STRUTTURA DELL'INCONSCIO. 1. Distinzione fra inconscio personale e inconscio impersonale; 2. I fenomeni susseguenti all'assimilazione dell'inconscio; 3. La persona considerata come segmento della psiche collettiva; 4. Come l'individualità cerca di liberarsi dalla psiche collettiva; (4.1. Ricostituzione regressiva della persona; 4.2. Identificazione con la psiche collettiva) 5. Principi fondamentali del trattamento; 6. Sintesi; LA PSICOLOGIA DEI PROCESSI INCONSCI. Premessa; 1. Gli inizi della psicoanalisi; 2. La teoria sessuale; 3. L'altro punto di vista: la volontà di potenza; 4. I due tipi psicologici; 5. L'inconscio personale e l'inconscio sovrapersonale; 6. Il metodo sintetico o costruttivo; 7. I dominanti dell'inconscio sovrapersonale; 8. Lo sviluppo dei tipi nel processo analitico; 9. Sulla concezione dell'inconscio; Conclusione; Note; InTRODUZIONE. 1. IL PERCORSO DI UN PENSIERO. Una rilettura attenta e critica dei testi di C. G. Jung si va imponendo e questo volume ne È un segno chiaro. Vengono qui compresi lavori prodotti tra il 1914 e il 1917, nella stesura della loro prima edizione. Essi contengono le idee di fondo costitutive della originalità del maestro svizzero, e sono i primi che tracciano il disegno del suo modo di concepire ed entrare in rapporto con l'inconscio. Ritornare oggi alla loro prima edizione ha il significato di offrire al lettore attento i presupposti per delimitare il fenomeno di un pensiero nel suo strutturarsi, per poterlo seguire nel suo percorso successivo. I centri dinamici dell'elaborazione di Jung sono già

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Carl Gustav Jung, L'INCONSCIO.

Introduzione di Paolo Aite. Traduzione di Elisa Tetamo. Opere di Carl Gustav Jung: consulenza per l'edizione italiana di Romano Màdera e Roberto Bordiga.

Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1992. Prima edizione Oscar saggi gennaio 1992.

SOMMARIO.

Introduzione di Paolo Aite;Nota biografica;Nota bibliografica;LA PSICOLOGIA DEI SOGNI;

LA STRUTTURA DELL'INCONSCIO.1. Distinzione fra inconscio personale e inconscio impersonale;2. I fenomeni susseguenti all'assimilazione dell'inconscio;3. La persona considerata come segmento della psiche collettiva;4. Come l'individualità cerca di liberarsi dalla psiche collettiva;(4.1. Ricostituzione regressiva della persona; 4.2. Identificazionecon la psiche collettiva)5. Principi fondamentali del trattamento;6. Sintesi;

LA PSICOLOGIA DEI PROCESSI INCONSCI.Premessa;1. Gli inizi della psicoanalisi;2. La teoria sessuale;3. L'altro punto di vista: la volontà di potenza;4. I due tipi psicologici;5. L'inconscio personale e l'inconscio sovrapersonale;6. Il metodo sintetico o costruttivo;7. I dominanti dell'inconscio sovrapersonale;8. Lo sviluppo dei tipi nel processo analitico;9. Sulla concezione dell'inconscio;Conclusione;

Note;

InTRODUZIONE.

1. IL PERCORSO DI UN PENSIERO.

Una rilettura attenta e critica dei testi di C. G. Jung si vaimponendo e questo volume ne È un segno chiaro. Vengono qui compresilavori prodotti tra il 1914 e il 1917, nella stesura della loro primaedizione. Essi contengono le idee di fondo costitutive dellaoriginalità del maestro svizzero, e sono i primi che tracciano ildisegno del suo modo di concepire ed entrare in rapporto conl'inconscio.Ritornare oggi alla loro prima edizione ha il significato di offrireal lettore attento i presupposti per delimitare il fenomeno di unpensiero nel suo strutturarsi, per poterlo seguire nel suo percorsosuccessivo. I centri dinamici dell'elaborazione di Jung sono già

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presenti, anche se solo nelle opere degli anni successivisvilupperanno le loro potenzialità. E' evidente in questi saggi losforzo dell'autore teso a distinguere, puntualizzare e sistematizzareil suo atteggiamento nei confronti della ricerca che va conducendo. Ilsuo bisogno di delimitare un proprio disegno, scaturito negli annidifficili trascorsi dalla separazione da Freud.Si può affermare che questi saggi rappresentino una prima risposta aduna sofferenza personale ancora viva, amplificata dagli eventi dellaprima guerra mondiale allora in corso. La scienza psicologicaufficiale non aiutava a comprendere ciò che stava succedendo nelmondo, e lasciava un baratro aperto tra la sua possibilità di rispostae la patologia psichica che invadeva i singoli come la collettività. Aquesto si aggiungeva, per Jung, la perdita di una ricerca solidale econdivisa fino a poco tempo prima con Freud.Dalla solitudine sofferta di quegli anni, nasceva una linea dipensiero originale contenuta in questi testi non sempre facili daseguire. La prosa di Jung infatti oscilla tra proposte illuminanti, diampio respiro, e insistenze su temi collaterali a volte irritantiperchè non utili alla chiarezza dell'esposizione. Jung hacontinuamente rielaborato i suoi testi nelle edizioni successive.Dei lavori qui raccolti "La psicologia dei processi inconsci" saràriveduta ed ampliata per cinque volte, tra il 1917 e il 1943, fino adassumere il titolo di "Psicologia dell'inconscio" ed apparire sempreabbinata a "L'io e l'inconscio" nel settimo volume delle "Opere" diJung."La struttura dell'inconscio", del 1916, confluirà nella prima partedi "L'io e l'inconscio" (1928) a costituire un quadro più ampio."La psicologia dei sogni", che appare nella veste di una conferenzatenuta per il Berne Medical Congress nel 1914, dopo lo scoppio dellaguerra, rappresenta il primo nucleo di un saggio che, ripreso eampliato nel 1928 e nel 1948, costituirà "Considerazioni generalisulla psicologia del sogno" ("Opere", vol. 8). Sono i segnidell'incessante lavoro di elaborazione compiuto da Jung, che troveràil suo pieno approfondimento, negli anni successivi, nei "Tipipsicologici" del 1920, fino ad aprire, dal 1929 in poi, i lavori dellamaturità.La revisione critica della lezione junghiana s'impone anche perchènessun autore ha avuto un destino simile al suo nell'orizzonteculturale del pensiero analitico. Jung È raramente citato nellericerche di autori di altre scuole della psicologia del profondo.Questo destino ha fatto delle sue idee una sorta di rimosso, che haprobabilmente radici complesse. Sul suo pensiero È gravato un destinosimile a quello riservato a un eretico, che trasgrediscel'impostazione che in quegli anni dominava la ricerca sulla psiche.La critica freudiana, vivace nel periodo immediatamente successivoalla rottura con il maestro di Vienna, si È poi spenta divenendosempre più scarsa, ripetitiva e poco informata.Tra gli allievi di Jung, come reazione di segno opposto anche secorrispondente, il suo pensiero È stato inizialmente conservato,celebrato, più che sottoposto a quella revisione critica che da nonmolto tempo si va imponendo. Il bisogno di riconfermare nel maestroanche se stessi ha fatto segnare il passo alla ricerca, invece dispingere a distinguere e selezionare le parti vitali da quelle oggimeno valide di un modello di pensiero che comunque si È andato semprepiù affermando. Oggi che siamo più lontani dal conflitto tra Freud eJung che ha coinvolto per molto tempo gli allievi dell'uno edell'altro maestro, È forse possibile cominciare a distinguere quantodi stimolante o di superato È ancora presente nel loro pensiero. Sitratta di rileggere criticamente i testi, spesso esclusi nelle

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petizioni di principio, e di chiarire, distinguendo.

2. UNA PROPOSTA DI LETTURA: IL RUOLO DELL'IMMAGINE.

In questa presentazione mi limiterò a delineare una prospettivad'insieme del complesso edificio teorico di Jung, indicando, come filoconduttore tra i tanti possibili, il particolare ruolo attribuitoall'immagine mentale.L'attitudine spontanea alla configurazione rappresentativa perimmagini si manifesta in quel territorio intermedio tra esperienzasoggettiva e realtà oggettiva condivisa, nel teatrodell'immaginazione, dove le tendenze strutturanti della coscienza e lespinte inconsce animano il vissuto emotivo sia nella veglia (fantasia)che nel sonno (sogno). Tenere l'attenzione rivolta al modo in cui Junginquadra e valuta questo evento mentale, significa avvicinare unnucleo centrale del suo modo di concepire e di entrare in rapporto conl'inconscio. E' una trama sottesa anche nei lavori raccolti in questovolume che può dare consistenza e unità ai tanti temi in essiaffrontati.Ogni ricerca nel mondo psichico, ogni tentativo di comprenderlo, hauna porta obbligata: la rappresentazione mentale. Non ci È dato dientrare a contatto con ciò che indichiamo come psichico, se nonraffigurandolo col materiale percettivo estratto dalla nostraesperienza.Le nostre teorie sull'inconscio, ci fa notare in primo luogo Jung,sono anch'esse fondamentalmente una rappresentazione soggettiva.Pretendendo di descrivere la vita psichica il ricercatore non fa cheesprimere la riflessione della sua stessa psiche, l'immagine che egline ha attraverso la sua equazione personale intessuta di potenzialitàcome di limiti.Nei primi quattro capitoli di "La psicologia dei processi inconsci"Jung, facendo riferimento a Freud e Adler, confronta il punto di vistateorico con la tipologia del ricercatore. E' un atteggiamento che aprela critica sui fondamenti logici ed epistemologici del nostroconoscere, e che oggi, a distanza di anni e con l'esperienza disuccessive elaborazioni di tanti ricercatori, prova la sua attualità.Alla prima impressione d'impotenza che ci dà la consapevolezza cheogni affermazione sulla psiche È in fondo un'immagine soggettiva,subentra la consapevolezza, magari più umile e meno ingenua, che siesce da un dogmatismo difensivo per riflettere sulla propriariflessione. E' un atteggiamento mentale che permette di aprire losguardo anche sulla lente con cui guardiamo al fenomeno, che in sésfugge nella sua essenza. Ciò consente di attribuire al proprio mododi vedere lo statuto di uno dei modelli conoscitivi possibili, ericonoscerlo nella sua potenzialità e nei suoi limiti.Jung, proseguendo la stessa linea di pensiero negli anni dellamaturità, affermerà: La consapevolezza del carattere soggettivo diogni psicologia, che È il prodotto di un singolo individuo, dovrebbeessere la caratteristica che mi distingue più rigorosamente da Freud("Il contrasto tra Freud e Jung", 1929, vol. 4, p. 360), e ancora: Unmodello non dice che le cose stanno così ma illustra un determinatomodo di considerare le cose ("Riflessioni teoriche sull'essenza dellapsiche", 1946-54, vol. 8, p. 203).Si sa che parlando d'inconscio usiamo un aggettivo che accompagnatutti quei contenuti che sfuggono alla coscienza, ma possiamo, tramitequell'immagine-modello che È la teoria, creare un ordine nei fenomenipsichici che vogliamo conoscere. Per quanto sia evidente il limitecostitutivo della soggettività di ogni affermazione sulla psiche,dobbiamo riconoscere il valore della rappresentazione teorica che

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diventa non solo un modo di dare forma ed esprimere un fenomeno, maanche di concepirlo: Non siamo più in balia dell'ignoto, perchè nonsospettiamo che proprio la comprensione concettuale dell'oggetto offrea questo la miglior occasione per sviluppare tutte quelle proprietàche non sarebbero mai comparse se non lo si fosse circoscrittomediante una definizione concettuale (Ibidem, vol. 8, p. 188).La consapevolezza di questo limite invalicabile È un primo caratterefondante della modernità del pensiero contenuto in questi testi.

3. LA PROSPETTIVA DI JUNG.

La fenomenologia della sofferenza psichica, per chi come Jung hasviluppato la propria esperienza a contatto con le patologie più gravidei ricoverati dell'ospedale psichiatrico Burgh"lzli, sta ad indicareche la teoria della rimozione dell'eros non basta.Gli esperimenti associativi avevano confermato quanto Freud dicevasulla rimozione, la sostituzione e la simbolizzazione, ma l'inconscio,delineato in questi lavori, È costituito non solo da ciò che È statorimosso e può tornare, ma anche da ciò che non ha mai raggiunto lasoglia della coscienza perchè subliminale, ancora inespresso. Nellaprospettiva aperta dalla ricerca di Jung, rimosso e inconscio non sonopiù coincidenti. Il ridimensionamento della rimozione a meccanismo nonpiù unico e fondante la dimensione inconscia, apre un orizzontediverso e più ampio con cui inquadrare la sofferenza psichica. Siparla d'inconscio come struttura esistente, non limitabile, dotato diun'attività inesauribile, ad un tempo distruttiva e creativa, inperenne mitopoiesi, occupato ad associare e dissociare le fantasieinconsce.Dalla dialettica natura-cultura, pulsione-realtà, allora dominante,l'ottica si sposta includendo altre variabili. La vita rappresentativatramite cui conosciamo la psiche non È determinata unicamente dallevicende infantili nello scontro-incontro con il reale, ma portal'impronta dell'autonomia mitopoietica dell'inconscio. Dalla visionedrammatica della lotta tra Es e Super-io, tra pulsione istintiva elimite, si configura, in questa prospettiva, un modo di concepire lasofferenza psichica intesa fondamentalmente come perdita di senso. Larappresentazione mentale acquista il valore e la pregnanza delsenso, quando pone in tensione dinamica coscienza e inconscio, ciòche È razionale e condiviso con ciò È irrazionale e preme permanifestarsi.E' una conquista mai definitiva che si rinnova, attraverso la perditae la frammentazione dell'unità rappresentativa e operativa precedente,per aprirsi a un nuovo livello, sia rappresentativo che operativo edenergetico.La nascita preziosa della coscienza dalla matrice originaria porta illimite di una scissione costitutiva, ma anche la tensione al suosuperamento, per creare una nuova unità tra coscienza e inconscio.Nella visione proposta È dominante la polarità tra la tendenza alladissociazione e l'inclinazione a costituire quell'unità irripetibileche È l'immagine simbolica, vero organo operatore del cambiamento.E' un fenomeno intrinseco e basale del processo vitale, messo semprein luce, a vari livelli, nell'atteggiamento di Jung.La psiche in questa prospettiva non appare più in modo unitario, maassume una natura multipla anche se in continua tensione verso unapropria unità.Il concetto di complesso, il modo in cui fin dalle prime ricercheviene concepito il conflitto sotteso alla sofferenza psichica, È laprima espressione sia di una fragilità costitutiva davanti alla spintadelle emozioni, sia della tendenza all'organizzazione unitaria di

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rappresentazioni a tonalità affettiva simile. Dissociazione eintegrazione, separazione e unità. sono i due momenti dinamici difondo di questa prospettiva o modello mentale.Jung affermerà a questo proposito: ... fattore essenziale di unanevrosi non È la tensione creata dall'affetto, ma la dissociazionedella psiche, e che di conseguenza il problema terapeutico principalenon consiste nell'abreazione, ma È quello di eliminare ladissociazione ("Valore terapeutico dell'abreazione", 1921-28, vol.16, p. 141). Ponendo l'accento sull'altro lato di questa dinamica difondo, sottolineerà ancora: Al polimorfismo della natura pulsionaleprimitiva si oppone di regola il principio d'individuazione; allamolteplicità e allo smembramento contraddittorio si oppone un'unitàintegratrice la cui forza È grande quanto quella delle pulsioni("Energetica psichica", 1928, vol. 8, p. 60).La problematica della sofferenza psichica, in questa impostazione, Èdominata dalla visione del rischio che ogni differenziazione etrasformazione comporta. Sotto la spinta della sofferenza, da unasituazione rassicurante perchè condivisa, ci si avventura verso unacondizione d'isolamento prima di poter integrare, come valoreindividuale, ciò che È divenuto o rimasto dissociato dalla coscienza.

4. DIMENSIONE PERSONALE DELL'INCONSCIO.

Il giovane Jung che incontriamo nelle pagine di questo volume ha giàdelimitato il concetto di complesso a tonalità affettiva che rimarràuno dei fili conduttori di tutta la sua speculazione. Dallo studio deiricordi di natura complessuale e degli errori di reazione dei suoipazienti, al tempo dei primi esperimenti associativi condotti nellaclinica di Zurigo, È giunto ormai a concepire il complesso come lamodalità profonda di funzionare della psiche, sia nella normalità chenella patologia. Nel coordinare in una esperienza emotiva unitaria unvissuto, si esprime l'attività energetica del complesso. Esso È ilmodo stesso in cui conosciamo il mondo, organizzando la totalitàdell'evento psichico, sia a livello emotivo che razionale.La capacità immaginativa, che traspare dai sogni come dalle fantasie,È la testimonianza di questo mettere insieme coerente che reagiscerendendo assimilabile un vissuto, a volte dissociante. In questiscritti affiora il cambiamento del vertice d'osservazione rispettoalla speculazione freudiana prima condivisa.Da una psicologia motivata dal perchè e tesa a scoprire le cause e imeccanismi di formazione della sofferenza psichica, il centrodell'attenzione si sta spostando sul come questa stessa esperienzasi organizza in rappresentazione, dato che proprio in quel mettereinsieme si esprime il significato più profondo, ma anche piùindividuale, di un vissuto sia normale che patologico. La dimensionepersonale dell'inconscio riporta ancora, in questi testi, l'enfasisulla rimozione come meccanismo di fondo della patologia psichica. Laconcezione energetica della psiche però, che traspare evidente, va giàal di là introducendo anche la dimensione prospettica del conflittoattuale, la sua potenzialità innovativa sull'equilibrio psichico. Alladomanda sui perchè di un determinato conflitto, si aggiunge quellatesa a comprendere il fine implicito.La sofferenza psichica È inquadrata come mancanza, perdita di unapropria unità, che spinge alla ricerca di un nuovo equilibrio tracoscienza e inconscio mai definitivamente raggiunto ed espresso nelconcetto-immagine limite, del sé.Jung per primo offre di questa tendenza della psiche a convergere inunità, che definirà sé, il carattere di tendenza originaria,intrinseca e strutturale alla psiche stessa. Questo fare della

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psiche, che l'idea di complesso ideo-affettivo per la prima voltadelinea, apre la ricerca di Jung alle vicissitudini del gioco traintegrazione e dissociazione, fino a configurare nella concezione delsimbolo il passo successivo di questa visione. Il processo simbolico,che si comincia a mettere in evidenza nella formazione dellarappresentazione mentale, non È più solo il segno di una realtà che loprecede, ma l'operatore di un cambiamento (vedi "Tipi psicologici",1920, p. 483).

5. DIMENSIONE IMPERSONALE O COLLETTIVA DELL'INCONSCIO.

Lo studio delle fantasie dei pazienti psicotici nella clinicapsichiatrica aveva posto Jung davanti ad un materiale d'osservazioneparticolare.L'anima non È di oggi! Essa conta milioni di anni. Ma la coscienzaindividuale È solo il fiore e il frutto di una stagione, germogliatodal perenne rizoma sotterraneo e che armonizzerebbe meglio con laverità se tenesse conto del rizoma, giacchè l'intreccio delle radici Èla madre di ogni cosa ("La libido, simboli e trasformazioni", 1912,vol. 5, p. 13). Nei testi qui compresi sono sistematizzate le primeintuizioni di quest'altra dimensione del mondo psichico. La guerra, incorso all'epoca di queste pubblicazioni, dimostrava spietatamente,secondo Jung, come in queste situazioni emergesse, a livello sociale,un inconscio profondo, provocante una specie di psicosi delle nazioni,simile a quella dell'individuo.Per la prima volta Jung parla d'inconscio collettivo, di dominanti,che nel 1919 denominerà archetipi ("Istinto e inconscio", 1919-56).E' come se la psicosi individuale, proprio nelle sue rappresentazioniespresse verbalmente ovvero agite, rivelasse l'intreccio di radici diquel rizoma profondo, che sembra andare oltre i confinidell'esperienza individuale. Sono modi di organizzare l'esperienzasensitiva, sensoriale, ma anche emotiva, ideativa, che ricorrono sianelle creazioni dell'uomo a livello sociale, nel corso della suastoria, sia nei deliri e nei comportamenti degli ammalati psichici piùalieni.La fantasia dell'uomo, proiettando questo vissuto profondo, ha vistonella natura l'azione di dei e demoni, tramandati nei miti, fiabe ereligioni della sua storia. Il medesimo tessuto immaginativo riemerge,travolgendo l'individuo negli stati di sofferenza psichica più gravi.Il concetto di inconscio collettivo, appena delineato, rappresenta unpunto nodale del pensiero di Jung. La rappresentazione dell'inconscioconfigurata in questi testi distingue e ordina l'aspetto personale-ontogenetico da quello impersonale-filogenetico. Dominante (poiarchetipo) appare ad un tempo sia effetto e sedimentazione diesperienze verificatesi nei millenni, sia fattore intrinseco,costitutivo, che causa il tipo di queste esperienze riconoscibile incontesti culturalmente molto lontani tra loro.Jung affermerà in seguito: E' il modo di pensare analogico eprimitivo del sogno, che ricostruisce queste antiche immagini. Non sitratta di rappresentazioni ereditarie ma di facilitazioni ereditarie("Io e l'inconscio", 1928, vol. 7).Il rischio di ogni concezione su ciò che in sé sfugge, comel'inconscio, È che la visione si trasformi in sostanza. In questaprospettiva particolare, l'inconscio sembra scindersi in due entità,una personale e una collettiva, tra loro separate e distinte, mentredobbiamo ricordare che parliamo di rappresentazioni soggettive.Anche Jung incorre a volte in questa tendenza lasciando spazio a zoneoscure, non ben definite e contraddittorie della concezione delineata.A mio parere la dimensione personale e collettiva dell'inconscio non È

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tanto utile ad indicare contenuti conflittuali riconducibili allastoria individuale o della specie ma a differenziare il carattere e laforza dinamica operante di una rappresentazione mentale in un certocontesto.La domanda che possiamo porci È se grazie alla concezione-modellod'inconscio così distinto, si configuri una nuova possibilità dipercepire e distinguere nella cangiante fenomenologia psichica. Ladistinzione dell'inconscio personale e impersonale o archetipico,sembra aprire le porte ad una funzione relativa all'operare dellarappresentazione mentale, prima che al suo essere.

6. IL MODELLO IN AZIONE: IL CONFRONTO CON L'IMMAGINE.

Il modello che Jung propone in queste pagine acquista dinamicità enuove possibilità di comprensione, se visto nel campo della relazionecol paziente. Un sogno, ad esempio, come quello del granchio ne "Lapsicologia dei processi inconsci" (capitoli 6 e 7), È la porta cheapre una diversa prospettiva. L'uso del sogno che fa Jung, rivela ilparticolare senso attribuito alla rappresentazione mentale, che siconfigura in questa esperienza, al di là dell'interpretazionecontingente del momento. Il lettore attento può cogliere il valoredato alla singola immagine e l'uso che il terapeuta ne fa nellarelazione. L'immagine granchio, ad esempio, nella totalità dellarappresentazione onirica, non È solo l'espressione miglioredell'evento angoscioso che invade la protagonista, ma la descrizioneprecisa di ciò che È in atto nella relazione con quella paziente. Ilgranchio che afferra il tallone della donna, se È la descrizione piùadeguata per inquadrare e comprendere un vissuto di sofferenza, È, inprimo luogo, l'immagine del modo, proprio di quella persona, dimettersi in relazione con se stessa e con l'altro.Prima di essere un contenuto da sciogliere in un significato,l'immagine È il come soggettivo di una determinata sofferenzaattuale, il modo in cui la paziente interpreta nel sogno il suoconflitto, e costantemente lo riproduce nelle sue relazioni, sia conl'amica che con il terapeuta.Jung ci fa intendere come la configurazione del morso che blocca ilpiede metta insieme ciò che nella relazione È vissuto dalla coscienzadi entrambi come separato. E' la rappresentazione dinamica sia dellapotenza inconscia proiettata e riconosciuta come appartenente alterapeuta, che dell'impotenza e angoscia della paziente, che si senteidentificata con la parte che può venire trascinata nelle profondità.Il granchio nel dramma onirico messo in scena È l'immagine di ciòche ancora non può essere riconosciuto come proprio, e perciò vienescisso e proiettato sul terapeuta. La configurazione nella suasequenza unisce in un'unica rappresentazione le parti in gioco nellarelazione e ancora divise tra identificazione e proiezione. Leggendotra le righe di questo esempio, si può arguire come la comunicazioneverbale tra Jung e la sua paziente non esprimesse ancora ciò che lascena onirica integrava in unità, descrivendo l'evento emozionale inatto nella dinamica transferale. Traspaiono nelle parole di Jungaspetti ancora inediti del fenomeno transferale.Il suo approccio, teso alla percezione dell'immagine così come appareperchè non dequalificata dalla visione del rapporto tra censura edesiderio, gli permette di intuire la presenza di quei fenomeni diidentificazione e proiezione che saranno in seguito descritti edapprofonditi nella ricerca analitica (identificazione proiettiva).Secondo il modello di Jung, l'immagine cattura e mette in scena ildinamismo presente nella relazione analitica. In questa prospettiva larappresentazione È la forma precisa e articolata dell'evento psichico

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in atto. Siamo molto lontani ormai dal concetto d'immagine comerappresentazione deformata di una dinamica desiderante profonda, finoad allora dominante la scena delle ricerche sui meccanismi oniricicondotte da Freud.Questo particolare esempio, come altri contenuti in questa raccolta,permette di comprendere come inconscio personale ed impersonale nonsiano entità separate, ma modi di azione sempre compresenti.Se il sogno citato È costruito con gli elementi della storia personalee mette in scena dinamiche conflittuali attuali, di quella persona ein quel momento, rivela anche la dimensione impersonale. Essa comparetanto nell'organizzazione scenica dei singoli elementi dellarappresentazione, intesa come costruzione retorica del raccontoonirico, simile a quella delle favole e dei miti, quanto nelledinamiche psichiche attive nella relazione.L'istinto di rappresentazione e azione mosso dalle dominantiarchetipiche non È riconoscibile solo nelle forme scelte, ma proprionel loro operare sul campo. L'uso dell'espressione somiglianza conDio, tratta dal "Faust" di Goethe che fa Jung nelle pagine della"Struttura dell'inconscio", mette l'accento sul modo dell'inconscioprofondo di farsi presente.Compare un aspetto onnipotente del sentimento che investe l'uno comel'altro componente della coppia analitica. E' un modo d'essereinconscio dotato di grande potere penetrativo, nel gioco alterno diproiezioni e identificazioni che investono i due partecipanti, fino agiungere a stati emotivi perturbanti, potenzialmente distruttivi, cherichiedono tutta la capacità umana, etica e analitica del terapeuta.L'immagine granchio che agisce nella profondità dell'acqua, cattura eporta alla visibilità onirica una dinamica di potenza inconsciaproiettata su Jung nel momento ritratto dal sogno.Il suo divenire scena onirica, nel campo di quella relazione,testimonia una acquisita capacità di distanza dalle emozioniinvadenti, e una possibilità di elaborazione. Lo spazio analitico,infatti, come suo carattere e scopo specifici, attiva la disposizionea rappresentare le emozioni che costituiscono la sofferenza psichica.E' la prima tappa di un percorso trasformativo in costante gioco trala tendenza alla dissociazione psichica e l'infaticabile opera distrutturazione simbolica dell'unità psichica individuale.

7. INDIVIDUO E società'.

Il senso attribuito alla rappresentazione mentale, che si È andatodelineando fin dai primi scritti della ricerca di Jung, ha aperto unaprospettiva sul potere che hanno le rappresentazioni collettivesull'equilibrio del singolo.Le rappresentazioni dominanti le coscienze di un certo momentostorico, come le controreazioni inconsce all'unilateralità da essedeterminata, hanno una influenza sul singolo, tanto più nefasta quantopiù grande È il gruppo in cui si manifestano. Grande È la tendenza asostituire la funzione collettiva alla differenziazione dellapersonalità individuale, con conseguente danno per l'equilibriomentale. La vasta scena della società, nei suoi rivolgimenti spessodistruttivi, È espressione macroscopica del substrato inconscioimpersonale attivo nella sofferenza individuale, come la patologiapsichica del singolo riflette, quasi come uno specchio, quanto È inatto nel sociale.La carica violenta della potenza archetipica che investe a momenti larelazione analitica, sia nell'uno sia nell'altro dei partecipanti,trova analogie evidenti all'interno delle dinamiche sociali.La somiglianza con Dio appare espressione adatta ad indicare non

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solo le identificazioni del singolo con la potenza inconscia, in uncontesto di profonda impotenza nel quotidiano, ma serve a farcomprendere come una società possa delegare la soluzione dei suoiproblemi e il proprio riscatto dall'avvilimento, a figure di leadercarismatici come i dittatori ricorrenti nella nostra storia. Quantopiù una società È dominata e livellata da stereotipi collettivi, tantopiù possono emergere, come la storia insegna, figure simili a Dio. Iquadri psicopatologici variano con i tempi, come se la psicheesprimesse la sua sofferenza corrispondente agli squilibri vitali delmomento storico. L'ipotesi dell'inconscio collettivo apre unaprospettiva ancora poco percorsa per tentare di inquadrare lapsicopatologia secondo questa angolatura.Oggi sono frequenti i disturbi latenti dell'identità che, coperti dauna facciata sociale, vivono una dissociazione profonda dal propriosubstrato emotivo personale. L'identificazione col ruolo sociale, conla persona, come la definisce Jung anche in queste pagine, insiemeal vissuto angosciato di frammentazione intrapsichica, Ècaratteristica della struttura borderline.E' un modo di reagire e controllare il terrore del crollo depressivoche può esplodere a volte improvviso. in una società impostata sulmito dell'efficenza sia fisica che economica.Secondo la prospettiva aperta da Jung, la patologia psichica trova ilterreno adatto al suo sviluppo quando i modelli dominantil'atteggiamento psichico in una certa società riescono a farci perdereil contatto con la nostra individuale capacità di rappresentare ilrapporto col mondo.Prima dell'esplodere di una patologia psichica conclamata, appaionospesso comportamenti stereotipi suggeriti da rappresentazioniprefabbricate condivise da molti. La comunicazione di massa, con lasua profonda capacità di persuasione, eccita desideri, suggeriscebisogni e vie già tracciate da percorrere, per attuarli. C'È nellanostra patologia un nucleo d'esperienza che chiede di diventare formae che non trova sempre nei modelli esistenti e prevalenti, risposteadeguate. Da questo punto di vista, È vitale arrivare a ridestare lanostra capacità di creare rappresentazioni e far emergere quellerisposte che sono in esse condensate.L'atteggiamento mentale derivato da questa impostazione Ècaratterizzato dalla certezza che la sofferenza psichica abbia, comeracchiuso, un nucleo vivo, potenzialmente innovativo, che può essereportato allo sviluppo. Si concepisce l'idea che la sofferenza mentale,nell'ottica di questo modello, può essere considerata un tentativo diautoguarigione e una scintilla di una possibile trasformazione.Queste premesse fanno comprendere quanto sia importante seguire unastrada che, anche nella terapia psichica, cerchi di stimolare laricerca di risposte individuali. Il singolo, travoltoinconsapevolmente dalle immagini dominanti un determinato contestostorico, ha il difficile compito di riconoscere il proprio malessere,confrontarsi con la propria differenza che a volte lo isola e lo rendeinaccettabile al collettivo, per immaginare nuove possibili stradealla propria capacità di vivere.

8. TRASFORMAZIONE E METAFORA.

Traspare in questi testi di Jung come la guarigione dalla sofferenzapsichica non deriva che in piccola parte dal riconoscere i meccanismidi formazione della nostra patologia. Ricercare le cause sottese,riconoscere i meccanismi di formazione e di manifestazione dei nostrisintomi, apre solo la strada al momento centrale in cui ciò che Èinconscio, racchiuso nella ripetizione del conflitto, possa prendere

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forma ed esprimersi.Senza escludere il problema delle origini, si sottolinea come latrasformazione possa avvenire solo quando la rappresentazione mentaleorganizza in una nuova unità coscienza e inconscio, liberando nuoveenergie. Sostanziale per la trasformazione È il processo che primadistingue e poi mette insieme, nella tensione di una nuovarappresentazione, gli estremi in conflitto della sofferenza. Alladissociazione delle parti può subentrare così un processod'integrazione simbolica, che l'immagine mette in scena, ristabilendoil rapporto tra ignoto dell'uomo e ignoto del mondo. Rendere consciol'inconscio non È più legato solo ad una visione causale, esplicativa,per meccanismi, quanto al poter rendere esprimibile almeno in parteciò che in sé rimane indicibile.Compito della terapia analitica, in questa prospettiva, non È tantoquello di spiegare, nel senso di racchiudere in una comprensione ilvissuto della sofferenza mentale, quanto nel senso di stimolare edistendere la possibilità alla configurazione narrativa, propriadell'atto rappresentativo spontaneo. Da questa punto di vista, lamalattia sta fondamentalmente nella mancanza di senso che solo larappresentazione simbolica, estratta dal conflitto, restituisce,portando ad una nuova unità ciò che fino a quel momento era statovissuto scisso, in continua angosciosa alternanza, tra impotenza epotenza. Jung già in questi testi indica una sua strada per destare lacapacità simbolica.In "Struttura dell'inconscio" afferma: L'immaginazione ha un propriovalore irriducibile in quanto funzione psichica le cui radiciaffondano nel contenuto della coscienza e insieme in quellodell'inconscio, nel collettivo come nell'individuale. Ma da doveproviene allora la cattiva reputazione dell'immaginazione? Le vienesoprattutto dalla circostanza che le sue manifestazioni non possonoessere prese alla lettera. Se le si considera in modo concreto, nonhanno alcun valore: se si attribuisce loro un senso semeiotico, comefa Freud, sono interessanti dal punto di vista scientifico; ma se lesi intende secondo la concezione ermeneutica, quali veri simboli, esseci forniscono il segnale indicatore di cui abbiamo bisogno percontinuare la nostra vita in armonia con noi stessi.Si deve a questa instancabile capacità combinatoria, che prende formavisibile nei sogni e nelle fantasie, la potenzialità di creare unponte tra coscienza e inconscio, tra ciò che definiamo razionale el'irrazionale che chiede spazio.La rappresentazione mentale porta alla luce, nella veglia e nel sonno,l'azione costante di questo elaboratore che continuamente tende aunire ciò che È scisso dal conflitto e, sciogliendo le ripetizionidell'atteggiamento cosciente, a proporre nuove possibili combinazionie tentativi di superamento. L'autorappresentazione immaginativa cheappare È espressione figurata sia della condizione della coscienza,sia della dinamica inconscia attivata in quel momento.Nella conferenza sulla "Psicologia dei sogni", si coglie già il metodoconseguente a questo modo d'intendere la rappresentazione mentale. Lascena onirica in particolare non È più vista con sospetto perdecantare ciò che È latente, ma come la composizione possibile in quelmomento, e perfettamente aderente sia al gioco lacerante dei vissutiinterni, sia alle potenzialità di sviluppo. La coscienza abituata aduna modalità unilaterale che la difende, ha bisogno dell'immagine cheevocando in modo indiretto, metaforico, spezza le connessioni abitualidel comprendere, e aprendo altri punti di vista compensa e stimolal'impostazione di nuovi modi di fare.Il sogno inteso come teatro in cui il sognatore È insieme scena,attore, suggeritore, regista, autore e pubblico e critico, come

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affermerà in seguito Jung, indica il ruolo complesso attribuitoall'esperienza. E' un dire che può trasformare, un racconto perimmagini che ha la potenzialità di liberare da uno stalloconflittuale, prima ancora di aprire la capacità di comprensionedell'evento sofferto. Entrambi i momenti, quello espressivo perimmagini e quello della conoscenza, fanno parte integrante dellatrasformazione.L'atto dell'immaginare non È riducibile ad un approccio causale, marivela nel suo formarsi, nel come si organizza nello spaziointermedio della scena onirica o fantastica, la struttura metaforicada cui nasce il linguaggio, la possibilità di comunicare che trasformal'esperienza.L'immagine costruita col vasto patrimonio delle percezionisubliminali, trova aspetti costitutivi del suo apparire nel passatoimmediato, ma È anche organizzata in rappresentazione in modoprospettico, come un progetto. Jung, anche negli scritti qui raccolti,avverte il rischio dell'unilateralità nell'approccio al mondopsichico. L'enfasi posta sul valore trasformativo e progettualedell'immagine fantastica, ad esempio, può portare ad unaidealizzazione che non permette di distinguere.In "Struttura dell'inconscio" afferma: In psicologia si devediffidare sia della credenza assoluta nella causalità, sia dellacredenza assoluta nella teleologia. L'immagine È in primo luogo unaforma con cui aprire un confronto. Per essere compresa nel suo valoretrasformativo, deve sempre essere confrontata col campo di tensioni incui appare.Non ogni immagine rappresenta un'esperienza d'integrazione, ma puòesprimere una difesa, una chiusura narcisistica, che bloccal'evoluzione e il cambiamento. Riferire la sua forma ad un criteriocausale o finalistico È solo un modo di vederla, mentre essa, nellasua struttura, caratterizza ed esprime una relazione tra parti daconoscere.Nei lavori dopo il 1920, e soprattutto nei testi della maturitàdedicati allo studio del processo descritto dalla tradizionealchemica, Jung porrà le distinzioni qui accennate. Il campodell'incontro tra coscienza e inconscio, l'area intermedia che larelazione analitica attiva, diventa una condizione di fondo per faremergere la metafora trasformativa, intesa come operatore simbolicodel cambiamento. Essa È prima solo implicita nelle dinamichetransferali attive nella relazione, ma viene gradualmente portata allaluce e riconosciuta. Si allude a quel momento centrale nell'economiapsichica in cui un'emozione, ancora indistinta, acquista il caratteredella rappresentazione mentale. Il raggiunto livello della visibilitàimmaginativa rende concepibile e conoscibile la spinta inconsciasottesa all'emozione.E' tuttora aperta la ricerca sulle condizioni che favoriscono lapossibilità di attivare proprio l'immagine che esprime e determina latensione del simbolo. Quali sono le condizioni di campo el'atteggiamento mentale che favoriscono la messa in tensione dellapolarità conflittuale e attivano la disposizione a rappresentarlenell'unità di una configurazione?L'impossibilità della risposta, l'urgenza e la necessità, con ildolore psichico che ne consegue, appaiono condizioni presenti nellarelazione che devono essere affrontate per raggiungere questapossibilità.Jung, nel suo approccio alla rappresentazione mentale, ha individuatoil ruolo costruttivo e mutativo della narrazione metaforica, di cui ilfenomeno sogno È l'aspetto naturale e spontaneo. E' una narrazione chenasce come immagine prima di poter diventare parola. Nel passaggio

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dall'emozione indistinta all'immagine e poi alla parola, si liberal'energia bloccata dal conflitto. E' il modo di aprire la strada alcambiamento di un individuo che invece di essere un prodottoculturale, spesso sofferente, tenta di arrivare ad un proprio modod'essere, in un continuo scambio dialettico con l'ambiente sociale incui vive e opera.

Paolo Aite

NOTA BIOGRAFICA.

1875.Carl Gustav Jung nasce il 26 luglio a Kesswil, un paese sulla rivasvizzera del lago di Costanza, da Paul Jung, pastore protestante e daEmile Preiswerk. Il nonno paterno, professore di medicina di originetedesca, fu una grande personalità molto nota a Basilea. Il nonnomaterno fu insigne teologo e ebraista.

1879.Dopo un periodo di tre anni passato a Laufen, vicino alle cascate diSciaffusa, la famiglia si trasferisce definitivamente a

, un sobborgo di Basilea sulle rive del Reno.

1876-1894.Comincia gli studi secondari al ginnasio di Basilea. Stando alla suaautobiografia, furono anni difficili per quanto riguarda i rapporticon gli altri. Supera, dopo aver avvertito la preoccupazione del padreper lui, un periodo di smarrimento, connesso con una sua capacità,scoperta per caso, di simulare volontariamente la perdita dei sensi.Pensa di avere una doppia personalità, quella che appare agli altri equella nascosta, un importante personaggio del diciassettesimo secolo.Tra i quindici e i diciotto anni ha una crisi religiosa. Vieneparticolarmente colpito dalla lettura di Schopenhauer e di Goethe.

1895.Dopo la maturità si iscrive alla Facoltà di medicina dell'Universitàdi Basilea. Suo padre riesce ad ottenere per lui una borsa di studi.

1896.Muore il padre. Vive con la sorella e la madre nel villaggio diBinningen.

1898.La scoperta dello "Zarathustra" di Nietzsche lo segna profondamente.Inizia ad interessarsi di spiritismo e partecipa ad esprimentimedianici che hanno per protagonista una cugina materna, HelenaPreiswerk.

1900.Si laurea in medicina con una tesi, "Psicologia e patologia deicosiddetti fenomeni occulti", che verrà pubblicata nel 1902. Decide dispecializzarsi in psichiatria e l'11 dicembre entra all'ospedalepsichiatrico Burgh"lzli di Zurigo come assistente. A dirigerel'ospedale c'È Eugen Bleuler, figura di grande impegno scientifico eumano.

1902.Ottiene un permesso di studio per seguire il corso invernale tenuto da

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Pierre Janet alla SalpˆtriÈre di Parigi, l'ospedale psichiatrico incui aveva insegnato Charcot.

1903.Sposa Emma Rauschenberg, figlia di un ricco industriale di Sciaffusa.Dal matrimonio nasceranno cinque bambini: Agathe (1903), Anna (1906),Franz (1908), Marianne (1910) ed Emma (1914).

1903-1905.Inizia su proposta di Bleuler gli esperimenti dell'associazioneverbale: scopre il complesso a tonalità emotiva.

1905-1909.Oberarzt al Burgh"lzli, corrispondente a viceprimario.

1905-1913.Libera docenza alla Facoltà di Medicina dell'Università di Zurigo.

1906.Prende pubblica posizione a favore della psicoanalisi di Freud. Iniziala loro corrispondenza.

1907.Febbraio: primo incontro con Freud a Vienna. Pubblica "Psicologiadella dementia praecox" (schizofrenia).

1909.Lascia l'ospedale a causa di tensioni personali con Bleuler e a causadel superlavoro. Comincia l'attività psicoterapeutica nella casa diK ssnacht sul lago di Zurigo, nei pressi della città, casa in cui�vivrà per sempre.Nel settembre insieme con Freud e Ferenczi viene invitato a tenerealcune lezioni dalla Clark University di Worcester nel Massachusetts.Diventa redattore della rivista Jahrbuch f r psychologische und�pathologische Forschungen di cui erano direttori Freud e Bleuler.

1910.In marzo al Congresso di Norimberga viene fondata l'AssociazionePsicoanalitica Internazionale di cui Jung È presidente fino al 1914.

1912."Trasformazioni e simboli della libido". Nel settembre inizia lelezioni alla Fordham University di New York nelle quali vengono per laprima volta espressi pubblicamente punti di dissenso dalle teorie diFreud.

1913.In agosto davanti alla Psycho-Medical-Society, a Londra, Jungdefinisce il suo orientamento di ricerca psicologia analitica.In settembre il Congresso di Monaco dell'Associazione PsicoanaliticaInternazionale lo rielegge presidente. In ottobre lascia la suacarica di redattore dello Jahrbuch.

1914.Si dimette dalla carica di presidente dell'Associazione per poiuscirne definitivamente in luglio con il gruppo di Zurigo.

1916.Fa circolare tra gli amici un breve scritto "Septem sermones ad

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mortuos", in cui si può rintracciare la testimonianza di quel serratoconfronto con l'inconscio, di quello stato psicologico al limite dellamalattia nel quale era entrato già da un paio d'anni e da cui usciràsolo nel 1919.In "La funzione trascendente" cita per la prima volta il metododell'immaginazione attiva."La struttura dell'inconscio".

1917-1918.Ufficiale medico in un campo di internamento inglese a Chƒteau-d'Oex.

1918.Comincia lo studio degli Gnostici.

1920.Viaggio nel nord dell'Africa.

1921.Pubblica i "Tipi psicologici".

1923.Muore la madre. Su un terreno, comprato l'anno prima, a Bollingendall'altra parte del lago comincia la costruzione di una torre, che sicompleterà solo nel 1955.

1924-1926.Nel corso di questi due anni passa alcuni mesi presso gli indianiPueblos in Nord America e poi presso la popolazione del monte Elgon inAfrica.

1928.Sono pubblicati "Energetica psichica" e l'"Io e l'inconscio". Cominciagli studi di alchimia.

1929.Commento al "Mistero del ramo d'oro" tradotto dall'amico RichardWilhelm.

1930.E' nominato vicepresidente della Società tedesca di psicoterapia, dicui poi diverrà presidente nel 1933.

1931."Il problema fondamentale della psicologia contemporanea".

1932.Premio per la letteratura della città di Zurigo.

1933.Inizia le lezioni al Politecnico di Zurigo.In agosto viene tenuto il primo degli incontri di Eranos, ad Ascona,Sull'empiria del processo di individuazione.

1934-1939."Psychological aspects of Nietzsche's Zarathustra", seminari ininglese allo Psychologischer Club di Zurigo.

1935.Viene nominato professore titolare al Politecnico di Zurigo.

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A Londra tiene le Lezioni di Tavistock sui "Fondamenti dellapsicologia analitica".Commento in chiave psicologica al "Libro dei morti tibetano".

1936.Lezioni sulle "Determinanti psicologiche del comportamento umano" inoccasione del trecentesimo anniversario della fondazionedell'Università di Harvard.

1937.Terry Lectures alla Yale University su Psicologia e religione. Sitrova a Berlino durante l'incontro Mussolini-Hitler.

1937-1938.Su invito del governo viaggia in India dove riceve la laurea "honoriscausa" dalle Università di Calcutta, Benares e Allahad.

1938.Laurea onoraria dell'Università di Oxford.

1939.E' nominato membro onorario della Royal Society of Medecine di Londra.

1940."Psicologia e religione".In agosto a Eranos tiene la conferenza Saggio di interpretazionepsicologica del dogma della Trinità.

1941."Introduzione all'essenza del mito" in collaborazione con K. Kereny.In occasione del quarto centenario della morte, tiene dei discorsi suParacelso, a Basilea e Einsiedeln.

1942.Si dimette da professore titolare del Politecnico di Zurigo.

1943.Viene nominato professore ordinario di psicologia all'Università diBasilea, insegnamento a cui È costretto a rinunciare l'anno dopo acausa di un infarto.

1944."Psicologia e alchimia".

1945.Laurea "honoris causa" dell'Università di Ginevra in occasione del suosettantesimo compleanno.

1946."Psicologia e educazione"."Psicologia della traslazione".

1948.Fondazione dell'Istituto C. Jung di Zurigo.

1951.Pubblica "Aion: ricerche sulla storia del simbolo". In agosto ha luogol'ultimo dei suoi discorsi di Eranos Sulla sincronicità che verràpoi esteso e pubblicato l'anno dopo con il titolo "Sincronicità come

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principio di nessi acausali".

1952."Simboli della trasformazione", nuova edizione completamente rivistadel suo "Trasformazioni e simboli della libido".

1953.Cominciano ad uscire a New York i "Collected Works", tutta l'opera diJung in inglese.

1955.Laurea "honoris causa" del Politecnico di Zurigo. Esce il primo volumedel "Mysterium coniunctionis", il secondo uscirà l'anno dopo. Muore lamoglie Emma.

1956.Con Aniela AffÈ comincia a lavorare alla sua biografia, "Ricordi,sogni, riflessioni".

1957."Presente e futuro".

1960.In occasione del suo ottantacinquesimo compleanno viene nominatocittadino onorario di K ssnacht.�

1961."Approaching the Unconscious", ultimo scritto di Jung scrittooriginariamente in inglese, di introduzione alla psicologia analitica,pubblicato in "L'uomo e i suoi simboli" nel 1968.Muore il 6 giugno dopo una breve malattia.

NOTA BIBLIOGRAFICA.

a) "La Psicologia dei sogni" ("The Psychology of Dreams") È unaconferenza tenuta al Berne Medical Congress nel 1914, dopo lo scoppiodella guerra, e viene pubblicata per la prima volta nei "CollectedPapers on Analytical Psychology", Constance E. Long, Bailliere Tindalla. Cox, London, 1916.

b) "La struttura dell'inconscio" viene pubblicata per la prima voltain versione francese ("La structure de l'inconcient") tradotta da unmanoscritto dell'autore negli Archives de Psychologie, nel dicembre1916, vol. 16, pag. 152.

c) "La psicologia dei processi inconsci" ("Die Psychologie derUnbewussten Prozesse") viene pubblicato nel 1917 presso l'editoreRascher di Zurigo.

L'INCONSCIO.

LA PSICOLOGIA DEI SOGNI.

Un sogno È una struttura psichica che a prima vista sembra in palesecontrasto col pensiero cosciente, poichè, a giudicare dalla sua formae sostanza, in apparenza non rientra nella continuità di sviluppo deicontenuti di coscienza, non si integra con questo sviluppo, ma È unevento puramente esteriore e a quanto pare, accidentale. Il modo incui nasce un sogno basta di per sé ad isolarlo dagli altri contenuti

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di coscienza, perchè È un residuo di un'attività psichica specifica,che ha luogo durante il sonno e non ha origine nella chiara emanifesta continuità logica ed emozionale dell'esperienza.Un osservatore attento, però, non avrà difficoltà a scoprire che ilsogno non È del tutto avulso dalla continuità della coscienza, poichèquasi in ogni sogno si possono rintracciare certi dettagli provenientida impressioni, pensieri o stati d'animo di uno dei giorni precedenti.Esiste, dunque, sotto questo aspetto una certa continuità, sia pure"retrospettiva". Ma chiunque abbia attentamente considerato ilproblema dei sogni avrà necessariamente osservato il fatto che ilsogno possiede anche una continuità "progressiva" - se ci si consentequest'espressione - poichè talvolta i sogni esercitano un notevoleinflusso sulla vita psichica cosciente, anche in persone che nonpossono essere considerate superstiziose o particolarmente fuori dellanorma. Questi effetti successivi occasionali si individuano di solitoin alterazioni più o meno definite dello stato d'animo del sognatore.E' probabile che il ricordo del sogno sia così labile proprio a causadi questa debole connessione con gli altri contenuti coscienti. Moltisogni si sottraggono a tutti i tentativi di riprodurli, anche subitodopo il risveglio, altri possono essere ricordati solo con dubbiaprecisione, e sono solo pochi i sogni che possiamo definire davvero dichiara e sicura ricostruzione. Questa particolare reazione del sognorispetto ai tentativi di ricordarlo si può comprendere considerando lecaratteristiche degli elementi combinati insieme in un sogno. Neisogni, la combinazione delle idee È essenzialmente di tipo"fantastico"; esse sono legate in una sequenza che È di solito deltutto estranea al nostro comune modo di pensare, e in patentecontrasto con quella sequenza logica delle idee che noi consideriamocome una specifica caratteristica dei processi mentali coscienti. E' aquesta caratteristica che i sogni devono il comune epiteto diinsensati. Ma prima di pronunciare questo verdetto, dobbiamoriflettere sul fatto che i sogni e la loro concatenazione di idee sonoqualcosa che siamo noi a non comprendere. Questo verdetto silimiterebbe dunque ad una semplice proiezione sull'oggetto dellanostra incapacità di comprensione. Ma ciò non escluderebbe che siainsito nel sogno un suo proprio senso particolare.A dispetto del fatto che per secoli e secoli È stato compiuto losforzo di ricavare dai sogni un senso profetico, la scoperta di FreudÈ praticamente il primo tentativo di trovare il loro realesignificato. La sua opera merita di essere definita scientifica,poichè questo ricercatore ha elaborato una tecnica che non solo lui,ma anche molti altri ricercatori, ritengono che raggiunga il suoscopo, cioè la comprensione del significato del sogno. Questosignificato non coincide con quello a cui allude frammentariamente ilcontenuto manifesto del sogno.Non È questa la sede per una discussione critica della psicologia delsogno di Freud. Voglio invece tentare di esporre sommariamente quelliche possono essere considerati come fatti più o meno accertatidell'attuale psicologia del sogno.La prima questione che dobbiamo discutere È che cosa ci autorizzi adattribuire al sogno un altro significato rispetto a quelloinsoddisfacente e frammentario rappresentato dal contenuto oniricomanifesto. Su questo punto È di particolare importanza il fatto cheFreud abbia scoperto il significato nascosto del sogno seguendo unmetodo "empirico" e non "deduttivo". Un altro argomento a favore di unpossibile significato nascosto, opposto al significato manifesto delsogno, lo si ricava confrontando in uno stesso individuo le fantasieoniriche e le altre fantasie (sogni ad occhi aperti e simili). Non Èdifficile riconoscere che queste fantasie della veglia non hanno solo

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un significato superficiale concretistico, ma anche un significatopsicologico più profondo. E' solo per la concisione che qui devoimpormi che non fornisco materiali a riprova di quest'affermazione.Desidero però segnalare che ciò che si può dire sul significato dellefantasie viene ben chiarito da un tipo di racconto fantastico antico elargamente diffuso, di cui le favole di Esopo costituiscono un tipicoesempio. La storia È una fantasia oggettivamente assurda, sulleimprese di un leone e di un asino. Il significato concretosuperficiale del racconto È una fantasia assurda, il significatomorale nascosto, riflettendoci, È di palmare chiarezza. E' tipico deibambini che rimangano appagati e soddisfatti dal senso immediato dellafavola. Ma il migliore argomento a favore dell'esistenza di unsignificato nascosto del sogno ce lo offre senz'altro la coscienziosaapplicazione del procedimento tecnico volto a spiegare il contenutomanifesto del sogno.Questo ci porta al secondo punto chiave, ossia alla questione delmetodo analitico. Anche in questo caso non intendo né difendere, nécriticare i punti di vista e le scoperte di Freud, ma limitarmi aquelli che mi sembrano dati accertati.Il fatto che il sogno sia una struttura psichica non ci autorizzaminimamente a supporre che obbedisca a leggi e intenzioni diverse daquelle riferibili a qualsiasi altra struttura psichica. Secondo lamassima "Principia explicandi praeter necessitatem non suntmultiplicanda", dobbiamo trattare il sogno analiticamente, così comeun qualsiasi altro prodotto psichico, finchè l'esperienza non ciinsegni una via migliore.Sappiamo che ogni costruzione psichica, considerata dal punto di vistacausale, È la risultante di contenuti psichici precedenti. Inoltresappiamo anche che ogni struttura psichica, considerata dal punto divista finalistico, ha un suo proprio senso e scopo nel processopsichico attuale. Questo modello deve essere applicato anche al sogno.Se dunque vogliamo spiegare il sogno psicologicamente, dobbiamoanzitutto sapere quali sono le esperienze precedenti di cui Ècomposto. Dobbiamo, quindi, rintracciare gli antecedenti di ognielemento dell'immagine onirica. Per esempio: qualcuno sogna che stacamminando per la strada quando davanti a lui sbuca correndo unbambino che improvvisamente viene investito da un'automobile.Rintracceremo gli antecedenti di questa immagine onirica con l'aiutodei ricordi del sognatore.Egli riconosce nel bambino il figlio di suo fratello. Lo aveva vistola sera prima del sogno in occasione di una visita al fratello.L'incidente automobilistico gli ricorda un incidente che si Èeffettivamente verificato alcuni giorni prima, di cui però egli hasoltanto letto una cronaca sul giornale. Sappiamo che il giudiziocomune si accontenta con una spiegazione come questa. E' così chediciamo: Ah! Ecco perchè ho sognato questa o quest'altra cosa!.Ovviamente, dal punto di vista scientifico, questa spiegazione È deltutto insufficiente. Il sognatore, il giorno prima, ha attraversatotante strade: perchè ha scelto proprio questa? Il sognatore ha lettodi molti incidenti: perchè ha scelto proprio questo? La semplicescoperta di un antecedente, dunque, non È affatto sufficiente, poichèsolo il concorrere di più cause può produrre una determinazioneplausibile della rappresentazione onirica. La raccolta di ulterioremateriale prosegue in base allo stesso principio della reminiscenza,che È stato chiamato "metodo associativo". Il risultato, come si puòfacilmente capire, consiste nell'acquisizione di una massa dimateriale multiforme e assolutamente eterogenea, che sembra non averenulla in comune, tranne il suo evidente nesso associativo con icontenuti del sogno, altrimenti non sarebbe stato possibile riprodurlo

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a partire da tali contenuti.Una questione importante dal punto di vista tecnico È sino a che puntodebba spingersi la raccolta di questo materiale. Dato che da unqualunque punto di partenza si può alla fine portare alla luce tuttoil contenuto psichico di una vita, teoricamente in ogni sogno sipotrebbe trovare l'intera esperienza esistenziale precedente. Noi peròabbiamo bisogno solo della quantità di materiale che ci Èassolutamente necessaria per comprendere il significato del sogno. Lalimitazione del materiale È, ovviamente, un procedimento arbitrario,basato su quel principio kantiano che definisce il "comprendere" comeun conoscere nella misura necessaria al nostro scopo. Se, adesempio, intraprendiamo una ricerca sulle cause della Rivoluzionefrancese, possiamo includere nella raccolta del materiale non solo lastoria della Francia medievale, ma anche la storia romana e greca, ilche, certo, non È necessario al nostro scopo, poichè possiamocomprendere altrettanto bene la genesi storica della Rivoluzione anchea partire da un materiale assai più limitato.A parte questa limitazione arbitraria, la raccolta del materiale nondipende dalla discrezione del ricercatore. Il materiale raccolto devepoi venir sottoposto ad un processo di selezione per essere analizzatosecondo i principi che vengono sempre applicati nell'esaminare unmateriale storico o un qualsiasi altro materiale scientificosperimentale. Si tratta di un metodo sostanzialmente comparativo, cheovviamente non può essere applicato in modo automatico, ma dipende inlarga misura dall'abilità e dagli intenti del ricercatore.Quando si vuole spiegare un fatto psicologico, bisogna ricordare cheil dato psicologico richiede un duplice punto di vista, ossia il puntodi vista della "causalità" e quello della "finalità". Parlointenzionalmente di finalità, per evitare confusioni con il concettodi teleologia. Uso il termine di finalità per designare lateleologia psicologica immanente. Nella misura in cui adottiamo unapproccio causale per il materiale che È stato associato con il sogno,noi riduciamo il contenuto manifesto del sogno a certe tendenze o ideefondamentali. Queste tendenze o idee, come ci si potrebbe aspettare,sono di natura elementare e universale.Ad esempio, un giovane paziente fa il seguente sogno: Mi trovo in ungiardino d'altri e prendo una mela da un albero. Guardo circospetto ingiro, per assicurarmi che nessuno mi veda.Il materiale associato al sogno È una reminiscenza di quando unavolta, da ragazzo, egli colse di nascosto un paio di pere nel giardinodi qualcuno. La sensazione di cattiva coscienza, È che un trattodecisivo nel sogno, gli ricorda una situazione in cui si era trovatoil giorno precedente. Aveva incontrato per strada una giovane signora- una conoscenza occasionale - e aveva scambiato con lei alcuneparole. In quel momento passava un signore che conosceva e allora ilnostro paziente era stato colto improvvisamente da uno stranoimbarazzo, come se avesse compiuto qualcosa di male. Alla melaassociava la scena del Paradiso terrestre e insieme il fatto che nonaveva mai realmente compreso perchè l'aver mangiato il frutto proibitoavesse provocato conseguenze tanto crudeli per i nostri progenitori.Era una cosa che gli aveva sempre fatto provare rabbia; gli sembravaun'ingiustizia commessa da Dio, poichè Dio ha pur creato gli uominicosì come sono, con tutta la loro curiosità ed avidità.Un'altra associazione fu che suo padre a volte lo aveva punito percerte cose in un modo che gli sembrava incomprensibile. Aveva ricevutola più dura punizione perchè aveva guardato di nascosto le ragazzementre facevano il bagno.Questo lo porta a confessare di aver avviato da poco con una camerierauna relazione amorosa, che non era ancora arrivata a una conclusione.

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La sera prima del sogno aveva avuto un "rendez-vous" con lei.Se riesaminiamo questo materiale, notiamo che il sogno rinvia in modotrasparente all'incidente del giorno prima. Il materiale associativocollegato mostra che l'episodio della mela È chiaramente inteso comescena erotica. Ma anche per varie altre ragioni si può ritenerealtamente probabile che questa esperienza del giorno prima fosseancora all'opera in questo sogno. Nel sogno il giovane coglie quellamela paradisiaca che, nella realtà, non ha ancora colto. La parterestante del materiale che era stato associato al sogno riguardaun'altra esperienza del giorno prima, ossia la strana sensazione di"cattiva coscienza" che aveva colto il sognatore mentre parlava con lasignora conosciuta occasionalmente; questa sensazione, a sua volta,era collegata con il peccato originale nel Paradiso terrestre e,infine, con una trasgressione a sfondo erotico compiuto da bambino,per la quale suo padre lo aveva severamente punito. Tutte questeassociazioni sono legate insieme dall'idea di "colpa".Per prima cosa considereremo questo materiale dal punto di vistafreudiano della causalità; in altre parole, lo interpreteremo, perusare l'espressione di Freud. Il giorno precedente il sogno, undesiderio È rimasto insoddisfatto. Questo desiderio si realizza nelsogno con la scena "simbolica" della mela. Ma perchè questarealizzazione È mascherata e nascosta in un'immagine simbolica,anzichè esprimersi in un esplicito pensiero sessuale? Freud sirichiamerebbe all'inequivocabile senso di colpa che emerge dalmateriale, e direbbe che la moralità inculcata nel giovane sindall'infanzia È tesa a reprimere desideri di questo tipo, e a questoscopo bolla il naturale desiderio come immorale e biasimevole. Perciòil pensiero immorale rimosso può giungere ad esprimersi solo tramiteun "simbolo". Visto che questi pensieri sono incompatibili con ilcontenuto morale dell'Ego cosciente, un fattore psichico introdotto daFreud, chiamato "censura", provvede a non far passare esplicitamentenella coscienza questo desiderio.Riesaminare il sogno dal punto di vista della finalità, punto di vistache io contrappongo a quello freudiano, non implica, come desideroprecisare, una negazione delle cause del sogno, ma una differenteinterpretazione del materiale associativo raccolto intorno al sogno. Ifatti materiali restano gli stessi, ma È mutato il criterio con cuivengono misurati. La questione si può formulare semplicemente così:qual È l'intento di questo sogno? Che effetto vuole ottenere? Porsiqueste domande non È arbitrario, in quanto esse si possono applicaread ogni attività psichica. In ogni circostanza può essere sollevata ladomanda del perchè e a che scopo.E' chiaro che il materiale aggiunto dal sogno all'esperienza eroticadel giorno prima enfatizza soprattutto il senso di colpa dell'attoerotico. La stessa associazione si era già mostrata all'opera inun'altra esperienza vissuta il giorno prima, nell'incontro con lasignora conosciuta occasionalmente, in cui la sensazione di avere lacoscienza sporca era emersa automaticamente ed inesplicabilmente,quasi che anche in questo caso il giovane avesse compiuto qualcosa dimale. Anche questa esperienza gioca un suo ruolo nel sogno e vieneulteriormente rafforzata con l'associazione di altro materiale;l'esperienza erotica vissuta il giorno prima viene infattirappresentata dalla storia del peccato originale, che fu seguita dauna punizione così severa.Io dico che nel sognatore c'È un'inconscia propensione o "tendenza aconcepire le proprie esperienze erotiche come colpa". E' propriotipico il fatto che si verifichi l'associazione col peccato originale,rispetto al quale il giovane non ha mai realmente afferrato perchèfosse stato punito così drasticamente. Quest'associazione getta luce

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sui motivi per cui il sognatore non ha semplicemente pensato: Stofacendo qualcosa che non va bene. Ovviamente non sa che potrebbecondannare la propria condotta in quanto moralmente scorretta. E inrealtà È proprio così. Coscientemente crede che il suo comportamentonon rappresenti nulla sul piano morale, in quanto tutti i suoi amiciagirebbero allo stesso modo; per di più, per altri motivi, non riescenemmeno a capire come mai un fatto come questo possa fare tantoscalpore.Ora, se si debba considerare questo sogno come pieno di significato oprivo di significato, dipende da una questione di notevole importanza,e cioè se il punto di vista della moralità, tramandatoci attraverso isecoli dai nostri antenati, sia da ritenere pieno di significato oprivo di significato. Non voglio perdermi in una discussionefilosofica su questo tema, ma solo osservare che, evidentemente,l'umanità deve aver avuto motivi assai validi per escogitare unamorale di questo tipo, altrimenti non si comprenderebbe davvero perchèdovessero essere imposte simili restrizioni ad una delle più fortibrame dell'uomo. Se noi diamo il giusto valore a questo fatto,dobbiamo allora dichiarare che questo sogno È ricco di significato, inquanto pone il giovane di fronte alla necessità di guardarecoraggiosamente alla propria condotta erotica dal punto di vista dellamorale. Perfino popoli assolutamente primitivi hanno una legislazionesulla sessualità, per certi versi estremamente rigida. Questo fattodimostra che specialmente la morale sessuale È un fattore da nonsottovalutare nelle funzioni psichiche superiori, ma merita di esseretenuta in piena considerazione. Si dovrebbe aggiungere, in questocaso, che il giovane - influenzato dall'esempio dei suoi amici - silascia guidare un po' sconsideratamente solo dai propri desiderierotici, non pensando che l'uomo È un essere moralmente responsabile eche, volente o nolente, deve sottostare necessariamente ad unamoralità che egli stesso ha creato.In questo sogno possiamo riconoscere una funzione compensatricedell'inconscio, consistente nel fatto che "quei pensieri, quelleinclinazioni e tendenze della personalità umana che, nella vitacosciente, vengono riconosciute troppo di rado, entrano in funzionespontaneamente nello stato di sonno, quando il processo cosciente È inlarga misura disinnestato".Certo, ci si può porre la questione dell'utilità che può avere tuttociò per il sognatore, se poi non comprende il sogno.Su questo devo osservare che il comprendere non È un processoesclusivamente intellettuale, poichè, come prova l'esperienza,moltissime sono le cose che possono influire sull'uomo - anzi, possonoaddirittura convincerlo realmente - senza che egli le comprendaintellettualmente. Voglio solo ricordare ai miei lettori l'efficaciadei simboli religiosi.L'esempio di prima potrebbe indurre a pensare che la funzione deisogni vada intesa come funzione prettamente morale. Sembra così inquesto esempio, ma se richiamiamo alla memoria la formula secondo laquale i sogni contengono i materiali subliminali di un dato momento,allora non possiamo parlare semplicemente di una funzione morale. E'infatti particolarmente degno di nota che i sogni di persone, le cuiazioni sono moralmente irreprensibili, portino alla luce materialidefinibili come immorali, nell'accezione corrente del termine. CosìÈ significativo che Sant'Agostino si rallegrava che Dio non loriteneva responsabile dei propri sogni. L'inconscio È ciò che, in undato momento, non È conosciuto, per cui non bisogna sorprendersi se ilsogno integra la situazione psicologica cosciente in un momento datocon tutti quegli aspetti che sarebbero essenziali, se ci si ponesse daun punto di vista totalmente differente. E' evidente che questa

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funzione dei sogni comporta un bilanciamento psicologico, unacompensazione essenziale ai fini di un agire adeguatamenteequilibrato. Nel processo cosciente della riflessione È indispensabilechiarire a noi stessi tutti gli aspetti e le conseguenze possibili diun problema, per trovare la giusta soluzione. Questo processo prosegueautomaticamente nello stato, più o meno inconscio, del sonno, in cui -come esperienze fatte finora sembrano dimostrare - al sognatorevengono in mente, quanto meno per allusioni, tutti quegli altri puntidi vista che, durante il giorno, erano stati sottovalutati oaddirittura del tutto ignorati, che erano, in altre parole,relativamente inconsci.Per quanto riguarda il tanto discusso "simbolismo" dei sogni, ilvalore che gli si attribuisce varia a seconda che venga adottato unpunto di vista causale o finalistico. Secondo il punto di vistacausale di Freud, esso prende le mosse da una tensione di desiderio,ovvero dal desiderio onirico rimosso. Questo desiderio È semprerelativamente semplice ed elementare, e può nascondersi sotto svariateforme. Ad esempio, il giovane in questione avrebbe potuto sognare allostesso modo di dover aprire una porta con una chiave, di viaggiare inaeroplano, di baciare sua madre, eccetera. A partire da questo puntodi vista, tutto ciò poteva avere lo stesso significato. Procedendo perquesta via i tipici seguaci della scuola freudiana sono giunti alpunto, per dare un esempio grossolano, di interpretare come simbolifallici quasi tutti gli oggetti di forma oblunga che compaiono neisogni.Per il punto di vista della finalità, ognuna delle varie immaginioniriche possiede un valore proprio. Se, ad esempio, il giovane avessesognato, al posto della scena della mela, di dover aprire una portacon la chiave, la diversa immagine onirica avrebbe fornito unmateriale associativo sostanzialmente diverso; questo, a sua volta,sarebbe affiorato alla coscienza assieme ad associazioni di un genereassolutamente diverso rispetto a quelle collegate alla scena dellamela. Da questo punto di vista finalistico, È la diversità del modo diespressione del sogno ciò che È pieno di significato e nonl'uniformità del suo contenuto. Il punto di vista causale tende persua propria natura all'uniformità di significato, ad un contenutofisso dei simboli. Il punto di vista finalistico, al contrario, nelmutare dell'immagine onirica, percepisce l'espressione di una mutatasituazione psicologica. Non riconosce nessun significato fisso deisimboli. Da questo punto di vista, tutte le immagini oniriche sonoimportanti in sé, in quanto ciascuna ha un proprio significatospecifico, in virtù del quale poi entra nel sogno (1). Prendendol'esempio di prima, vediamo che, a partire dal punto di vistafinalistico, il simbolo presente in quel sogno equivaleapprossimativamente ad una parabola: non nasconde, ma insegna. Lascena della mela richiama decisamente il senso di colpa e, al tempostesso, maschera il vero atto dei nostri progenitori.E' ovvio che, a seconda del punto di vista adottato, giungiamo ainterpretazioni assai differenti del significato del sogno. Si poneora la questione di quale sia la concezione migliore o più vera. Dopotutto, per noi terapeuti È una necessità pratica e non meramenteteoretica, quella che ci porta a ricercare una qualche comprensionedel significato dei sogni. Nel curare i nostri pazienti dobbiamocercare per ragioni pratiche di impadronirci di qualsiasi mezzo che cirenda capaci di farli andare avanti realmente. Dall'esempio di prima,dovrebbe risultare senz'altro chiaro che il materiale associato alsogno ha sollevato una questione capace di aprire gli occhi al giovanesu molte cose che prima aveva trascurato con leggerezza.Trascurandole, però, trascurava in realtà una parte di se stesso,

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poichè egli ha in sé un modello morale e un bisogno morale esattamentecome qualsiasi altra persona. Cercando di vivere senza tener conto diquesto fatto, la sua vita È unilaterale e incompleta, per così direscoordinata; cosa che per la vita psicologica ha le stesse conseguenzeche una dieta unilaterale e incompleta ha per il corpo. Per sviluppareal massimo l'individualità e l'autonomia della persona, dobbiamoriattivare tutte quelle funzioni che hanno raggiunto solo uno scarsosviluppo cosciente o addirittura nullo. Per raggiungere questa meta,dobbiamo per ragioni terapeutiche avere accesso a tutti quegli aspettiinconsci delle cose che i materiali del sogno ci offrono. Ciò puòspiegare perchè proprio il punto di vista finalistico costituisce unaiuto straordinariamente importante per lo sviluppo praticodell'individuo.Ovviamente, il punto di vista causale trova maggiori rispondenze nellospirito scientifico del nostro tempo, abituato a pensare in terministrettamente causali. Ci sarebbe molto da dire sulla visione freudianacome spiegazione scientifica della psicologia del sogno. Ma io nonposso che contestare la sua completezza, poichè la psiche non puòessere concepita sotto l'aspetto puramente causale, ma esige anche unaconsiderazione di tipo finalistico. Solo la combinazione di entrambi ipunti di vista potrà darci una più compiuta comprensione dell'essenzadel sogno, combinazione che, a causa di enormi difficoltà di naturasia teorica che pratica, non ha ancora raggiunto un livelloscientificamente soddisfacente.Vorrei trattare brevemente alcuni altri problemi sulla psicologia delsogno, che lambiscono la discussione generale sui sogni. Anzitutto laquestione della "classificazione dei sogni". Non intendo dare unvalore eccessivo al significato pratico o teorico di questa questione.Io esamino circa mille e cinquecento, duemila sogni all'anno equest'esperienza mi consente di constatare che esistono effettivamentesogni tipici. Non sono, però, troppo frequenti e, dal punto di vistadella finalità, perdono molta dell'importanza che ad essi viene dalsignificato fisso dei simboli, sostenuto dal punto di vista causale. I"motivi tipici" dei sogni mi paiono di gran lunga più importanti,poichè consentono un confronto con i motivi mitologici. Molti diquesti motivi mitologici, che Frobenius ha raccolto nei suoi studi congrandissimo merito, si trovano anche nei sogni, spesso proprio con lostesso significato. Il tempo limitato a mia disposizione non miconsente purtroppo di presentarvi materiali più dettagliati. L'hofatto altrove. Desidero, tuttavia, porre l'accento sul fatto che ilconfronto dei motivi onirici tipici con i motivi mitologici suggeriscenaturalmente l'idea (già avanzata da Nietzsche) che il pensieroonirico vada concepito, dal punto di vista filogenetico, come unaforma più antica di pensiero. Anzichè moltiplicare gli esempi perspiegare ciò che intendo dire, richiamerò brevemente il nostroesempio. Come si ricorderà, quel sogno introduceva la scena della melacome un tipico modo di rappresentare la colpa erotica. Il suosignificato essenziale È: Agendo così mi comporto male. E'caratteristico del sogno non esprimersi mai in questo modo logicamenteastratto, ma sempre nel linguaggio della parabola o per similitudini.Questa proprietà È anche un tratto caratteristico delle lingueprimitive, le cui espressioni fiorite ci colpiscono sempre. Se sipensa alle opere della letteratura antica, per esempio al linguaggiometaforico della Bibbia, si scoprirà che quello che al giorno d'oggisi ottiene usando espressioni astratte, un tempo si raggiungeva soloper via di similitudini. Persino un filosofo come Platone nondisdegnava di esprimere determinate idee fondamentali attraversosimilitudini.Come il corpo reca su di sé le tracce del proprio sviluppo

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filogenetico, così È anche per la mente umana. Non c'È nulla distrano, dunque, nella possibilità che le allegorie dei nostri sognisiano un residuo arcaico.Al tempo stesso, nel nostro esempio il furto della mela È un motivoonirico tipico, spesso ricorrente in diverse varianti. E' anche unmotivo mitologico ben noto, che incontriamo non solo nel racconto delParadiso terrestre, ma anche in numerosi miti e favole di tutti itempi e di tutti i paesi. E' una di quelle similitudini universalmenteumane, che possono riemergere in ognuno e in ogni epoca. In questomodo la psicologia del sogno ci apre la strada per una psicologiacomparata generale, attraverso la quale speriamo di arrivare ad unacomprensione dello sviluppo e della struttura dell'anima umana, pari aquella che ci ha dato l'anatomia comparata riguardo al corpo umano.

LA STRUTTURA DELL'INCONSCIO.

1. DISTINZIONE FRA INCONSCIO PERSONALE E INCONSCIO IMPERSONALE.

Da quando abbiamo preso le distanze dalla scuola di Vienna sullaquestione della natura del principio esplicativo in psicoanalisi eintendiamo con tale principio non tanto la "pulsione sessuale" quantosemplicemente l'energia, il nostro modo di concepire il problema hasubito un'evoluzione essenziale. Una volta messa da parte lacontroversia sulla causa esplicativa con l'assunzione di una causaastratta, di cui non giudichiamo a priori la natura, il nostrointeresse si È spostato sulla concezione dell'inconscio.Com'È noto, il contenuto dell'inconscio si riduce, secondo la teoriadi Freud, a tendenze e a desideri infantili repressi a causa del lorocarattere incompatibile. La rimozione si determina nella primainfanzia sotto l'influsso morale dell'ambiente; poi, diventataun'abitudine, continua per tutta la vita. Mediante l'analisi, larimozione viene abolita e i desideri rimossi ridiventano coscienti.L'inconscio si troverebbe dunque, in tal modo, svuotato e, per cosìdire, abolito. Ma, in realtà, la produzione di desideri immaginariinfantili di tipo sessuale continua fino alla vecchiaia.Secondo questa teoria, l'inconscio non conterrebbe che quegli elementidella personalità che potrebbero benissimo essere anche coscienti eche vengono soffocati unicamente a causa del processo educativo. Neconsegue che il contenuto essenziale dell'inconscio sarebbe di naturapersonale. Benchè, da un certo punto di vista, le tendenze infantilidell'inconscio siano le più manifeste, sarebbe tuttavia erroneodefinire o giudicare l'inconscio in base ad esse. L'inconscio haancora un altro aspetto.Esso non comprende soltanto gli elementi rimossi, ma anche tutti glielementi psichici che non raggiungono affatto la soglia dellacoscienza. Il principio della rimozione non È sufficiente a spiegareperchè questi elementi restino al di sotto della soglia dellacoscienza; dato che, se questo principio fosse sufficiente, lasoppressione della rimozione dovrebbe conferire all'uomo, che nondimenticherebbe più nulla, una memoria prodigiosa. La rimozione svolgesenza dubbio un ruolo, ma non È l'unica all'opera. Se ciò che sidefinisce una cattiva memoria fosse sempre il risultato dellarimozione, gli esseri che godono di un'eccellente memoria nondovrebbero mai soffrire di rimozione né, quindi, di nevrosi, ma, agiudicare dall'esperienza, non È affatto così. Ci sono certamente deicasi di cattiva memoria in cui la parte del leone deve essereattribuita alla rimozione. Ma questi sono casi relativamente rari.Ne deduciamo che, al di fuori degli elementi rimossi, ci sono -nell'inconscio - elementi psichici di ogni sorte e, fra gli altri, le

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percezioni subliminali dei sensi. D'altronde sappiamo, sia permolteplici esperienze sia per ragioni teoriche, che l'inconscio devecontenere tutti gli elementi che "non hanno ancora" raggiunto lasoglia della coscienza e che sono all'origine di elementi chediverranno coscienti in seguito. Abbiamo anche le migliori ragioni persupporre che l'inconscio non resti affatto a riposo, non sia affattoinattivo, ma che sia probabilmente occupato, di continuo, a riunire eraggruppare le creazioni dell'immaginazione cosiddette inconsce.Quest'attività non sarebbe autonoma che nei casi patologici;normalmente sarebbe collegata a quella della coscienza.E' probabile che tutti questi elementi siano di natura personale, inquanto costituiscono delle acquisizioni fatte nel corso dell'esistenzaindividuale. Dato che quest'esistenza È limitata, anche il numerodelle acquisizioni dell'inconscio dovrebbe essere allo stesso modolimitato, l'esaurimento dell'inconscio da parte dell'analisi dovrebbeessere dunque possibile; ciò vuol dire che l'analisi dovrebbe riuscirea fare l'inventario completo dei contenuti dell'inconscio, poichè essonon produce nient'altro che ciò che È già stato conosciuto e accoltonella coscienza. Occorrerebbe anche ammettere, come abbiamo già fattonotare, che la produzione dell'inconscio sarebbe paralizzata se,abolendo la rimozione, si potesse arrestare la discesa nell'inconsciodei contenuti coscienti. Ora, l'esperienza ci insegna che questo Èpossibile solo in misura molto limitate. Come si sa, noi spingiamo inostri malati a trattenere gli elementi rimossi che si sono di nuovoassociati alla coscienza e a reintegrarli nel loro piano di vita. Ma,come possiamo convincercene ogni giorno, questo procedimento nonsembra avere alcun effetto sull'inconscio, che prosegue lo stessonella sua azione creatrice e produce, sembra, le stesse fantasieinfantili-sessuali che, secondo la teoria originaria, sarebberol'effetto di rimozioni personali. Quando si continua ad analizzarequesti casi seguendo un criterio, si scopre a poco a poco un bagagliodi fantasie di desiderio ("Wunschphantasien") di una complessitàsorprendente. Si trovano rappresentati tutti i tipi di perversionesessuale, tutti i crimini insieme a tutti i nobili gesti e a tutte legrandi idee che si possano immaginare e di cui non si sarebbe maisupposta l'esistenza nel soggetto analizzato.Per citare un esempio, io ricorderei il caso di un malatoschizofrenico di Maeder, che dichiarava che "il mondo era il suo librodi immagini" (3) Si trattava di un fabbro apprendista che si eraammalato molto giovane e non era mai stato molto dotato sotto ilprofilo intellettuale. Quanto alla sua concezione del mondo come unlibro di immagini, che egli sfogliava nell'osservare ciò che gliaccadeva, È esattamente quella del "Mondo come volontà erappresentazione" di Schopenhauer, espressa in un linguaggio primitivoe immaginoso. Questa concezione È altrettanto legittima quanto le ideedi Schopenhauer. La sola differenza È che l'intuizione del malato Èrimasta allo stato embrionale, mentre in Schopenhauer la stessa ideasi È innalzata dal campo dell'intuizione a quello dell'astrazione ed Èespressa in un linguaggio universalmente valido.Sarebbe d'altronde assolutamente errato credere che la maniera divedere del malato abbia un carattere o un valore personale, perchèbisognerebbe allora mettere il malato sullo stesso piano del filosofo.Ma, come ho appena fatto notare, È filosofo solo colui che erige adidea astratta un'intuizione naturale e la traduce nello stesso tempoin un linguaggio universale. La concezione filosofica di Schopenhauerrappresenta un valore personale, mentre la concezione del malato È unvalore impersonale, che È germogliato spontaneamente e sul qualeacquisisce un diritto di proprietà solo colui che lo trasformi inun'idea astratta e lo traduca in un linguaggio universalmente

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intelligibile. Ma non sarebbe giusto attribuire al filosofo,esagerando il valore della sua opera, anche il merito di avere creatoo costruito l'intuizione originaria, che invece si È rivelatanaturalmente tanto al filosofo quanto al malato e non È nient'altroche un elemento del patrimonio comune dell'umanità del quale, in lineadi principio, ciascuno partecipa. Le mele delle Esperidi provengonodallo stesso albero sia che vengano raccolte da un operaio che fa ilfabbro ferraio o da Schopenhauer.Queste concezioni primitive, di cui ho dato un gran numero di esempinel mio lavoro sulla libido, spingono a sostituire alla distinzioneabituale fra "subconscio" e "inconscio" - distinzione di cui nondiscutiamo la legittimità e che certamente merita di essere conservataed approfondita - un'altra classificazione degli elementi inconsci,basata su una distinzione fatta da un punto di vista del tuttodiverso. Questa distinzione alla quale l'esperienza mi costringe nonha altro valore che quello di derivare da un punto di vista piùavanzato. Da quanto abbiamo detto sinora, risulta che in quello cheviene denominato inconscio, dobbiamo distinguere uno strato che sipotrebbe chiamare l'"inconscio personale". Gli elementi contenuti inquesto livello sono di natura personale in quanto sono, da una parte,acquisizioni dell'esistenza individuale e, dall'altra, fattoripsicologici che potrebbero anche essere coscienti. Alcuni elementipsicologici sono soggetti alla rimozione e divengono, di conseguenza,inconsci (4).Ma, d'altra parte, È possibile che alcuni elementi rimossi sianorestituiti alla coscienza e quando vengono riconosciuti ci rimangano.Attribuiamo a questi elementi un carattere personale perchè ritroviamonel nostro passato i loro effetti, la loro comparsa parziale oppure laloro origine. Essi costituiscono parti integranti della personalità,appartengono alla sua sfera, e la loro scomparsa pone la coscienza cheli perde in uno stato di inferiorità.Questa inferiorità non ha affatto il carattere psicologico di unamutilazione organica o di un difetto innato, bensì quello di un vuotoche provoca una specie di "risentimento morale". L'inferiorità,avvertita o provata sul piano morale, indica che l'elemento di cui siÈ privi È qualcosa che, a giudicare dal sentimento che lo accompagna,non dovrebbe mancare o, in altri termini, che potrebbe esserecosciente se solo si prendesse la briga di renderlo tale.Questo sentimento di inferiorità morale non proviene da un disaccordocon la legge morale comune e in un certo senso arbitraria, ma da unconflitto con l'Io intimo che, per ragioni inerenti all'economiamentale, esige che sia colmata la lacuna che si avverte. Ogni voltache insorge un sentimento di inferiorità, ciò indica non solo ilbisogno di assimilare una parte di inconscio, ma anche la possibilitàdi questa assimilazione. Si tratta, in definitiva, delle qualitàmorali di un essere umano che sia perchè egli ne riconosce lanecessità, sia, indirettamente, attraverso una penosa nevrosi, loobbligano ad assimilare il suo Io inconscio e a conservarlo allo statodi coscienza. Colui che procede nel cammino della realizzazionedell'Io lascia inevitabilmente passare nella sua coscienza ilcontenuto del suo inconscio personale, estendendo in tal modoconsiderevolmente la sfera della sua personalità.

2. I FENOMENI SUSSEGUENTI ALL'ASSIMILAZIONE DELL'INCONSCIO.

I risultati dell'assimilazione dell'inconscio si traducono in fenomenirilevanti. Essa provoca, in alcuni soggetti, un'"accentuazionemanifesta", persino fastidiosa, della "coscienza di sé": sono pieni disé, sanno tutto, credono di essere perfettamente al corrente di tutto

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ciò che concerne il loro inconscio e sono persuasi di comprenderetutto ciò che ne proviene. Altri, al contrario, si sentono sempre più"schiacciati dal contenuto del loro inconscio", perdono la coscienzadi sé e si lasciano invadere da una cupa rassegnazione di fronte allemanifestazioni straordinarie dell'inconscio. I primi, eccedendo nelsentimento di sé, si identificano esageratamente e senza tener contodella realtà con tutto ciò che procede dal loro inconscio. I secondi,invece, si sottraggono ad ogni responsabilità, schiacciati come sonodal sentimento dell'impotenza dell'Io di fronte alla fatalità che simanifesta attraverso l'inconscio (5).Se analizziamo più minuziosamente questi due tipi, constatiamo che il"sentimento ottimista" dei soggetti del primo tipo, nasconde unaprofonda "impotenza", rispetto alla quale quel tipo di ottimismo noncostituisce che una magra compensazione; mentre la "rassegnazionepessimista" degli altri dissimula una "volontà ostinata", la cuifiducia in sé supera di molto l'ottimismo cosciente del primo tipo.Questo stato della personalità È ben caratterizzato dal termine"somiglianza con la divinità" ("Gottaehnlichkeit") (6), su cui haattirato l'attenzione soprattutto Adler.Quando Mefistofele scrisse nell'album dello studente le parole delserpente, "Eritis sicut Deus scientes bonum et malum", aggiunse:

"Segui la vecchia sentenza di mia zia la serpe,La tua somiglianza con Dio ti farà paura, un giorno".

La somiglianza con Dio non È, evidentemente, un concetto scientifico,per quanto dipinga perfettamente lo stato psicologico in questione.Resta d'altronde sempre da ricercare da dove venga questoatteggiamento e perchè esso meriti il nome di somiglianza con Dio.Come indica l'espressione, lo stato anormale del malato consiste nelfatto che egli si attribuisce delle qualità o un valore che non gliappartengono, poichè somigliare alla divinità significa somigliare aduno spirito superiore allo spirito umano.Se, per un interesse psicologico, scomponiamo quest'idea disomiglianza con la divinità, ci accorgiamo che questo termine noncomprende soltanto il fenomeno dinamico che ho esaminato nel miolavoro sulle "Trasformazioni e simboli della libido" (7), ma anche unacerta funzione psichica, che riveste un carattere "collettivo",sovraordinato rispetto alla mentalità individuale. Come l'individuonon È solamente un essere separato e isolato, ma parte della società,alla stessa maniera anche lo spirito umano non È un fatto isolato esolamente individuale, ma È anche una funzione collettiva. E ancora,come certe funzioni o tendenze sociali contrastano, diciamo, con gliinteressi egocentrici della persona, così certe funzioni o tendenzedello spirito umano contrastano, per la loro natura collettiva, congli elementi personali dello spirito (8). Infatti, ogni uomo nasce conun cervello profondamente differenziato, che lo rende capace difunzioni mentali molto varie, di cui né l'acquisizione, né lo svilupposono di origine ontogenetica. Ora, in quanto i cervelli umani sonotutti egualmente differenziati, la funzione mentale resa possibile daquesto livello di differenziazione È collettiva e universale.Questa particolare circostanza spiega, per esempio, la notevoleanalogia che presenta l'inconscio di razze e di popoli i più lontanitra loro, analogia che si manifesta nel fatto, già spesso rimarcato,della concordanza dei temi e delle forme mitiche autoctone.La somiglianza universale dei cervelli porta dunque ad ammetterel'esistenza di una certa funzione psichica identica a se stessa intutti gli individui. La chiameremo "psiche collettiva". Questa, a suavolta, può essere suddivisa in due componenti: "lo spirito collettivo

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e l'anima collettiva" (9). Nella misura in cui esistono delledifferenze corrispondenti alla razza, alla tribù ed alla famiglia,esiste anche una psiche collettiva limitata alla razza, alla tribù ealla famiglia, il cui livello È superiore a quello della psichecollettiva universale. Per dirla con P. Janet, la psiche collettivacomprende le parti inferiori delle funzioni dello spirito, cioèquella parte della funzione psichica saldamente stabilizzata,acquisita per eredità, e presente dappertutto, la cui attività È, percosì dire, automatica; quella parte, quindi, sovrapersonale oimpersonale. La coscienza e l'inconscio personali comprendono leparti superiori delle funzioni psichiche, cioè la parte acquisita esviluppata ontogeneticamente, frutto di una differenziazionepersonale.L'individuo che collega alle sue acquisizioni ontogenetiche la psichecollettiva che ha ricevuto a priori e inconsciamente, estende dunquecosì, illegittimamente la sfera della sua personalità e ne subisce leconseguenze. E sono queste le conseguenze: da una parte la psichecollettiva, in quanto costituisce la parte inferiore delle funzionimentali ed È subordinata alla personalità, di cui forma la base, haper effetto di schiacciare e di svalutare la personalità; ed È quelloche si constata attraverso il soffocamento dell'Io cosciente el'esagerazione inconscia dell'importanza di sé, spinta sino ad unmorboso desiderio di potenza. D'altra parte, questa psiche collettiva,in quanto È sovraordinata alla personalità e costituisce perquest'ultima il suolo fecondo che unicamente permette ledifferenziazioni personali e che È la funzione psichica comuneall'insieme degli individui, provocherà, collegandosi allapersonalità, un'ipertrofia del sentimento di sé compensato da unesagerato sentimento inconscio di inferiorità.Se, attraverso l'assimilazione dell'inconscio, facciamo passare lapsiche collettiva nella sfera delle funzioni psichiche personali, glielementi opposti che la compongono si separano allora in diversigruppi binari, di cui ciascuno forma quella che si può chiamare unacoppia di opposti ("Gegensatzpaar"). Abbiamo già parlato dellacoppia di contrari mania di grandezza/sentimento di inferiorità, chesi manifesta in modo così evidente nella nevrosi. Sono molte le coppiedi questo tipo. Ne citerò una sola, quella del "bene" e del "male"("scientes bonum et malum"). La formazione di questa coppia va di paripasso con l'accrescimento esagerato del sentimento di sé o con la suadiminuzione. Le virtù e i vizi degli uomini fanno egualmente parte delcontenuto della psiche collettiva. Alcuni soggetti si attribuiscono lavirtù collettiva come un merito personale, altri fanno lo stesso colvizio collettivo, considerandolo come una colpa personale. Entrambi ifenomeni sono illusori quanto i sentimenti di grandezza e diinferiorità, poichè le virtù e i vizi immaginari non sono che glielementi morali opposti contenuti nella psiche collettiva, diventatipercettibili o resi artificialmente coscienti. Che queste coppie dicontrari siano contenute nella psiche collettiva È quanto mostral'esempio dei popoli primitivi, di cui certi osservatori vantano levirtù, mentre altri riportano, a proposito della stessa tribù, leimpressioni più sfavorevoli. Per il primitivo, in cui, come si sa, ladifferenziazione personale È appena all'inizio, entrambi i giudizisono veri, poichè la mentalità del primitivo È essenzialmentecollettiva. Egli si identifica ancora, in maggiore o minor misura, conla psiche collettiva e, per tale ragione, possiede allo stesso modo ivizi e le virtù collettivi, senza che si possa attribuirli alla suapersonalità e senza contraddizione interiore. La contraddizione si fasentire solo quando ha inizio lo sviluppo dello spirito e dellacoscienza personali e la ragione giunge a riconoscere la natura

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inconciliabile degli opposti. Risultato di tale constatazione È il"conflitto di rimozione" ("Verdraengungskampf"). Si vuole essere buonie perciò si vuole sopprimere l'elemento malvagio che si ha in sé. Aquesto punto ha fine il paradiso della psiche collettiva.Quando la psiche collettiva diventa cosciente, È necessaria la suarimozione perchè la personalità possa svilupparsi. Infatti i processipsicologici collettivi e i processi psicologici personali in certamisura si escludono. La storia ci insegna che quando un atteggiamentopsicologico acquista un valore collettivo cominciano a manifestarsigli scismi. In nessun ambito ciò È più evidente che nella storia dellereligioni. Un atteggiamento collettivo È sempre pericoloso perl'individuo, anche quando sia il risultato di una necessità. E'pericoloso perchè molto facilmente invade e soffoca ognidifferenziazione personale. D'altra parte, possiede quella proprietàdella psiche collettiva che È proprio il prodotto di differenziazionepsicologica del potente istinto gregario dell'uomo. Il sentimento, ilpensiero e la produzione collettivi sono relativamente comodi inconfronto alle funzioni e alla produzione individuale, cosa da cuimolto facilmente proviene per lo sviluppo della personalità il grandepericolo che si indebolisca la funzione personale. Il danno che nederiva per la personalità È, come sempre in psicologia, compensato daun'unione forzata e da una identificazione inconscia con la psichecollettiva.Ora, non si insisterà mai abbastanza su tale punto, la psicoanalisidell'inconscio ha per effetto la fusione della psicologia collettivacon la psicologia personale, fenomeno che comporta le spiacevoliconseguenze sopra indicate. Queste conseguenze sono negative sia peril sentimento vitale del soggetto, sia per le persone vicine almalato, se questi esercita qualche autorità su quanti lo circondano.Nel suo sentimento di identità con la psiche collettiva egli cercheràsempre, per esempio, di imporre agli altri le pretese del suoinconscio, perchè l'identificazione con la psiche collettiva comportaun sentimento di valore universale (somiglianza con la divinità) chelo spinge a fare completamente astrazione dai differenti sentimentipsicologici altrui.Si possono evitare gli errori più gravi attraverso una comprensione eduna valutazione giusta e chiara del fatto che esistono tipi personaliorientati diversamente, di cui noi non dobbiamo costringere lamentalità a rientrare sul piano del nostro proprio tipo. E' giàabbastanza difficile che un tipo ne comprenda completamente un altro,ma la comprensione perfetta di un'altra individualità È del tuttoimpossibile. Nella psicoanalisi non si deve soltanto consigliare "ilrispetto della personalità altrui", ma questo rispetto È assolutamenteindispensabile se non si vuole soffocare lo sviluppo della personalitàdel soggetto.Val la pena di sottolineare che, per un certo tipo di individui,lasciare agli altri la libertà significa accordare loro la libertà "diazione"; mentre, per un altro tipo, significa lasciar loro la libertà"di pensiero". Nell'analisi, tutte e due queste libertà devono essererispettate, per quanto l'analista lo valuti necessario secondo iprincipi della sua personale autoconservazione. Un desiderio esageratodi comprendere il soggetto o di consigliarlo sarebbe altrettantodannoso quanto una mancanza di comprensione.Le tendenze e le forme collettive fondamentali del pensiero e delsentimento umano, di cui l'analisi dell'inconscio rivela l'attività,sono, per la personalità cosciente, un'acquisizione che essa non puòfar completamente propria senza danno (10).Ed È questo il motivo per cui, nel trattamento pratico, È della piùgrande importanza tenere costantemente presente la meta dello sviluppo

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individuale. Quando la psiche collettiva È concepita come unappannaggio personale dell'individuo, ne deriva uno smarrimento dellapersonalità assolutamente impossibile da superare. Ed È per questo cheviene espressamente raccomandato di stabilire una distinzione moltonetta fra la psiche personale e la psiche collettiva. Fare questadistinzione non È affatto semplice, poichè la personalità viene dallapsiche collettiva ed È intimamente legata ad essa. E' dunque assaidifficile distinguere quali sono gli elementi collettivi e quali sonogli elementi personali. E' fuor di dubbio, per esempio, che lemanifestazioni simbolico-arcaiche che si producono di frequente nellefantasie e nei sogni sono fattori collettivi. Tutte le tendenze e leforme fondamentali del pensiero e dei sentimenti sono collettive.Tutto ciò che gli uomini considerano concordemente come universale Ècollettivo, così come È collettivo tutto ciò che È compreso, espressoe fatto universalmente. Veniamo sempre più colpiti di constatareattraverso l'osservazione attenta quanto la nostra psicologiacosiddetta individuale sia, in realtà, collettiva. Gli elementicollettivi sono così numerosi che gli elementi propriamenteindividuali si nascondono, per così dire, dietro di essi. Poichè peròl'individuazione È una necessità psicologica assoluta, il poterepredominante dell'elemento collettivo ci permette di misurare qualespecialissima attenzione occorra dedicare a questa pianta delicatadell'individualità, perchè non ne venga soffocata completamente.L'essere umano ha una facoltà che, utilissima dal punto di vistacollettivo, È infinitamente dannosa dal punto di vistadell'individuazione: quella dell'"imitazione". La psicologiacollettiva non può fare a meno dell'imitazione, poichè, senza di essa,l'organizzazione delle masse, quella dello stato e della società Èsemplicemente impossibile: la società, in realtà, non È affattoorganizzata dalla legge, bensì dal desiderio di imitazione che implicaallo stesso modo l'influenzabilità, la suggestione e il contagiomorale.Noi constatiamo tutti i giorni come ci si serva del meccanismodell'imitazione o piuttosto come se ne abusi, con lo scopo didifferenziare la personalità: ci si accontenta di imitare unapersonalità eminente, una qualità o una modalità di comportamento chefaccia impressione e si giunge così a distinguersi in apparenza dalproprio ambiente. Il risultato È, potremmo dire, una sorta dipunizione: malgrado tutto, la rassomiglianza reale della mentalità delsoggetto con quella del suo ambiente si accresce per una specie diconnessione forzata inconscia con quest'ultima. Di solito questotentativo di differenziazione individuale, falsificatodall'imitazione, sfocia nell'affettazione, e il soggetto resta allostesso livello (quello a cui È sempre stato), ma la sua sterilità nerisulta in qualche misura accentuata. Per scoprire ciò che È veramenteindividuale in noi, È necessaria, innanzitutto, una profondariflessione. Ci accorgiamo allora di colpo delle enormi difficoltà chepresenta la scoperta dell'elemento individuale.

3. LA PERSONA CONSIDERATA COME SEGMENTO DELLA PSICHE COLLETTIVA.

Affrontiamo qui un problema la cui dimenticanza può comportare la piùgrande confusione.Ho detto prima che con l'analisi dell'inconscio sono riportati allacoscienza dei frammenti personali più ampi e proponevo di chiamare glielementi rimossi, ma capaci di reintegrarsi nella coscienza,l'"inconscio personale". Ho mostrato poi come il ricongiungimentodegli strati più profondi dell'inconscio, che io propongo di chiamare"inconscio impersonale", produca un'estensione della personalità che

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sfocia nella condizione spirituale detta di somiglianza con Dio. Noiraggiungiamo questa condizione spirituale continuando semplicemente illavoro psicoanalitico, attraverso il quale abbiamo ricongiunto allacoscienza le parti rimosse della personalità. Proseguendo l'analisi,inoltre, riconduciamo alla coscienza personale certi caratterifondamentali, generali e impersonali dell'umanità e ciò provocaun'estensione della coscienza di cui abbiamo parlato e che, in uncerto senso, si può considerare un risultato spiacevole.Da questo punto di vista, la personalità ci appare come un pezzo dellapsiche collettiva, ritagliato più o meno arbitrariamente. Essa, inrealtà, È fatta soltanto dell'ignoranza a priori di tutti i caratteriumani fondamentali e della successiva rimozione più o meno volontariadi tendenze e di elementi che avrebbero potuto benissimo esserecoscienti, rimozione che È messa in atto proprio allo scopo di isolarequella parte della psiche collettiva che si chiama la persona. Questotermine È perfettamente appropriato, poichè in origine "persona"designava la "maschera" che portavano i commedianti e che indicava ilruolo nel quale l'attore appariva in scena. Se poi tentiamo didelineare una distinzione precisa tra elementi personali eimpersonali, ci ritroveremo subito nel più grande imbarazzo, perchè,in definitiva, dovremmo dire del contenuto della personalità ciò cheabbiamo detto dell'inconscio personale, e cioè che È "collettivo" eche non si può accordare l'individualità che ai soli "contorni dellapersona", e anche questo soltanto in misura ridotta. Solo il fatto chela persona È una porzione ritagliata più o meno arbitrariamente nellapsiche collettiva spiega perchè rischiamo di prenderla a torto, nellasua interezza, per qualche cosa di individuale. Tuttavia, come indicail suo nome, essa non È che una maschera della psiche collettiva,"maschera che simula l'individualità" e fa credere agli altri e a sestessi che si È individuali, "mentre si assume semplicemente un ruoloattraverso il quale si esprime la psiche collettiva".Quando analizziamo la persona, dissolviamo la maschera e scopriamo checiò che ci appariva individualità È, in fondo, semplicementecollettivo. Facciamo così risalire il piccolo Dio del mondo alla suaorigine, il Dio universale - che personifica proprio la psichecollettiva - e finiamo per constatare con sorpresa che la persona nonera che la maschera della psiche collettiva. Sia che riduciamo laforza pulsionale primaria alla pulsione sessuale, con Freud, o, conAdler, al primitivo desiderio di potenza dell'Io, o, ancora, alprincipio universale della psiche collettiva, che abbraccia insieme ilprincipio di Freud e quello di Adler, perveniamo allo stessorisultato, cioè alla "dissoluzione della personalità nel collettivo".E' per questo che in ogni analisi che si sia spinta abbastanza avanti,arriva il momento in cui il soggetto prova quel sentimento disomiglianza con Dio di cui abbiamo parlato. Questo stato simanifesta spesso con certi sintomi singolari, ad esempio con dei"sogni" in cui sembra di volare attraverso lo spazio come una cometa,con la sensazione di essere la Terra, il Sole o una stella, con lasensazione di essere di una grandezza o di una piccolezza estrema,quella di esser morti, ecc. Si provano anche certe "sensazionifisiche", si È troppo grandi o troppo grassi per stare nella propriapelle, o certe "sensazioni ipnagogiche": si affonda o ci si sollevasenza fine, il corpo si dilata o si hanno le vertigini.Psicologicamente questo stato si caratterizza per un certodisorientamento della personalità: non si sa più ciò che si È, o si Èassolutamente certi di essere ciò che si È appena, in apparenza,diventati. L'intolleranza, il dogmatismo, l'opinione o lasvalorizzazione esagerate di sé, il disprezzo o lo scherno per quelliche non si sono analizzati si manifestano frequentemente. Abbastanza

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spesso ho osservato una più accentuata disposizione a contrarremalattie fisiche durante questa fase, ma solamente quando i soggettise ne compiacciono o vi si adagiano per troppo tempo.L'abbondanza di possibilità della psiche collettiva produce confusioneed abbagliamento. La dissoluzione della "persona" scatenal'"immaginazione" ("Phantasie") che apparentemente non È altro chel'attività specifica della psiche collettiva. Questa liberazioneimmette nella coscienza elementi di cui, prima, non si sospettavanemmeno l'esistenza. Si svela tutta la ricchezza del pensiero e delsentimento mitologico. Resistere a questa impressione travolgente nonÈ per niente una cosa facile. Questa fase costituisce, quindi, uno deiveri pericoli della psicoanalisi, pericolo che non deve esseresottaciuto.Questo stato, È facile comprenderlo, È insopportabile e bisognamettervi fine il più presto possibile, perchè troppo grande È la suaanalogia con la follia. La forma più frequente di follia, la "dementiapraecox", o "schizofrenia", come si sa, si caratterizza proprio per ilfatto che l'inconscio rimuove quasi interamente la funzione dellacoscienza e la sostituisce.L'inconscio entra al posto della funzione del reale ed attribuiscealle proprie produzioni un valore reale. I pensieri inconsci si fannosentire come delle voci, diventano visibili sotto forma di apparizionio percepibili come allucinazioni fisiche, oppure si manifestano ingiudizi incrollabili ed insensati che prendono il sopravvento sullarealtà.In modo analogo, ma non del tutto identico, l'inconscio viene sospintonella coscienza dalla "dissoluzione della persona" nella psichecollettiva. La sola differenza fra questo stato e l'alienazionementale È che qui l'inconscio È tornato in superficie grazieall'analisi cosciente.Così, almeno, avviene all'inizio dell'analisi, quando ostacoliconsistenti di origine collettiva si oppongono ancora all'inconscio.Più tardi, quando le barriere accumulate da anni sono sparite,l'inconscio si impone irresistibilmente e talvolta addirittura irrompenella coscienza come un torrente. L'analogia di questa fase conl'alienazione mentale È quasi completa. Ma ci sarebbe vera follia solose il contenuto dell'inconscio diventasse una realtà che "usurpa ilposto della realtà cosciente", in altri termini, se si "credesse senzariserve" al contenuto dell'inconscio.

4. COME L'individualità' CERCA DI LIBERARSI DALLA PSICHE COLLETTIVA.

4.1. Ricostituzione regressiva della persona.

Il sentimento intollerabile della sua identità con la psichecollettiva spinge il soggetto, l'abbiamo appena detto, a soluzioniradicali. Ha davanti a sé due vie. La prima soluzione possibile Èquella di cercare di ristabilire regressivamente la personapreesistente, tentando di dominare l'inconscio utilizzando una teoriariduttiva, dichiarando per esempio che esso non È altro che lamanifestazione di tendenze sessuali infantili rimosse, alle qualiconverrebbe sostituire un'attività sessuale normale. Questaspiegazione potrebbe basarsi sul simbolismo, innegabilmente sessuale,del linguaggio dell'inconscio e sulla sua interpretazione concreta.Oppure si può invocare la teoria della potenza ("Machttheorie"), e,facendo leva sulla volontà di potenza, altrettanto innegabile, cheaccompagna gli elementi inconsci, interpretare il sentimento disomiglianza con la divinità come una protesta virile, un desideriodi potenza ed un bisogno di sicurezza infantili. O, ancora, si può

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considerare l'inconscio come la psicologia collettivo-arcaica delprimitivo, cosa che basterebbe a spiegare non soltanto il simbolismosessuale e il desiderio di potenza che divinizza ma anche gli aspettie le tendenze religiose, filosofiche e mitologiche inerenti alcontenuto dell'inconscio.In tutti i casi, la conclusione resta la stessa e si torna a ripudiarel'inconscio come qualcosa di inutile, infantile, insensato,impossibile e superato. Negargli ogni valore, alzare le spalle erassegnarsi: ecco tutto ciò che occorre fare. Se si vuole continuare avivere ragionevolmente, bisogna ricostituire, per quanto possibile,quel segmento della psiche collettiva che si chiama "persona" eabbandonare tranquillamente l'analisi, dimenticando, se possibile, chesi possiede un inconscio. Si seguiranno le parole di Faust:

"La conosco abbastanza, questa terra.Sull'al di là ci È impedita la vista.Pazzo chi volge lo sguardo scrutando lassùe sopra le nuvole finge suoi simili!L'uomo si tenga saldo qui e si guardi intorno:non È muto questo mondo a chi sa e opera.Che bisogno di vagare per l'eterno!Quel che egli intende si lascia afferrare.Così cammini l'uomo quanto È lungo il suo giorno.Tiri per la sua strada, se fantasmi spaventano.Andando avanti avrà gioia e tormento,lui che nessun attimo appaga!" (11).

Questa soluzione sarebbe perfetta se l'uomo potesse scrollarsi il suoinconscio fino a sottrargli la libido e renderlo, così, inattivo. Mal'esperienza dimostra che non È possibile privare di energial'inconscio. Esso continua ad agire, perchè contiene ed anzicostituisce la fonte della libido, da cui derivano per noi glielementi psichici, i pensieri-sentimento o i sentimenti-pensiero,questi germi ancora indifferenziati del regno del pensiero e di quellodel sentimento.Sarebbe dunque un errore credere che con una teoria o un metodo, percosì dire, magico, si possa strappare definitivamente la libidoall'inconscio e sbarazzarsene in questo modo. Si può accarezzarequest'illusione per un certo tempo, ma viene il giorno in cui si Ècostretti a dire con Faust:

"E' ora così densa di quei fantasmi, l'aria,che nessuno sa più come evitarli.Se un giorno mai di limpida ragione ci sorride,la notte nella trama dei suoi sogni ci chiude.Si torna allegri dai campi di verde nuovo.Un uccello gracchia. Che gracchia? Sciagura.Presi mattina e sera nelle reti della superstizione:segni, apparizioni, ammonimenti...E, spauriti, si rimane soli.La porta cigola e nessuno viene avanti.C'È qualcuno?La Cura. La domanda vuole un sì.Faust. E tu, chi sei tu allora?La Cura. Ci sono, ecco.Faust. Va via di qui!La Cura. Sono dove ho da essere [...]Se neanche un orecchio mi udissepure sarebbe nel cuore il mio rombo.

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Sotto parvenza mutevole la mia potenza È feroce".

Non È possibile esaurire l'inconscio analizzandolo, e ridurlo in talmodo all'inattività. Nessuno può strappargli la sua forza per un tempoqualsiasi. Tentare di farlo significa ingannare noi stessi eriproporre, per nostra utilità, il solito procedimento dellarimozione.

4.2. Identificazione con la psiche collettiva.

La seconda via arriva all'identificazione con la psiche collettiva,che corrisponde al sintomo della deificazione, ma eretto a sistema, sicrede cioè di essere il felice possessore della grande verità cheandava ancora scoperta, di quella conoscenza definitiva chesignificherà la salvezza di tutti i popoli. Questo atteggiamento non Ènecessariamente il "delirio di grandezza" nella sua forma comune, mail delirio di grandezza in quella forma mitigata e più familiare che Èl'"ispirazione profetica". Per i deboli, che, come spesso accade,posseggono una dose di orgoglio proporzionalmente maggiore, vanità eingenuità mal riposta, il pericolo di cedere a questa tentazione Ègrande. L'accesso alla psiche collettiva produce, nell'individuo, unrinnovamento di vita, a prescindere dalla sensazione gradevole osgradevole che ne deriva. Si vorrebbe fissare questo rinnovamento, incerti casi perchè il sentimento vitale ne È fortificato, in altriperchè promette alla conoscenza una grande abbondanza di nuovielementi. In entrambi i casi, coloro che non vogliono in alcun modorinunciare ai tesori sepolti nella psiche collettiva cercheranno ditrattenere, non importa come, i nuovi elementi che sono venuti adaggiungersi alle precedenti ragioni di vita. Il miglior mezzosembrerebbe l'identificazione con la psiche collettiva, in quanto ildissolversi in essa della persona spinge direttamente l'individuo adimmergersi in questo oceano di divinità e a confondersi con essoperdendo ogni ricordo. Questo fenomeno mistico, ed universalmenteumano, È innato in ciascuno di noi, così come la nostalgia dellamadre, questo sguardo all'indietro verso la fonte da cui si proviene.Come ho mostrato prima, al fondo della nostalgia regressiva, cheFreud, si sa, considera come una fissazione infantile o un desideriodi incesto, stanno un valore e una necessità particolari, che emergonocon evidenza, ad esempio, nei miti, in colui che, appunto, È il piùforte e il migliore fra gli uomini, l'eroe, che si lascia trascinaredalla nostalgia regressiva e si espone intenzionalmente al pericolo difarsi divorare dal mostro della causa prima. Ma egli È un eroe appuntoperchè alla fine non si lascia divorare dal mostro, ma lo soggioga,non solamente una, ma molte volte. E' nella vittoria riportata sullapsiche collettiva che consiste il vero valore; È essa che rappresentala conquista del tesoro, dell'arma invincibile, del talismano magico,insomma, di tutti i beni desiderabili, immaginati dal mito. Colui chesi identifica con la psiche collettiva o, in linguaggio simbolico,colui che si lascia divorare dal mostro e ne viene fagocitato, giungeegualmente, ma suo malgrado e con suo gran danno, al tesoro difeso daldrago.L'identificazione con la psiche collettiva termina dunque con unoscacco che, pur nella sua diversità, È doloroso quanto quello delprimo tentativo, lo sforzo di separare la "persona" dalla psichecollettiva.

5. PRINCIPI FONDAMENTALI DEL TRATTAMENTO.

Per trovare un trattamento pratico che permetta di "trionfare

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sull'assimilazione della psiche collettiva", bisogna, prima di tutto,che ci rendiamo conto dell'errore, dei due procedimenti che abbiamoappena descritto. Abbiamo visto che né l'uno, né l'altro conducono adun buon risultato.Il primo, abbandonando i valori vitali contenuti nella psichecollettiva, riporta semplicemente al punto di partenza. Il secondo cifa penetrare direttamente nella psiche collettiva, ma a prezzo dellarinuncia ad un'esistenza umana autonoma, che sola può rendere la vitasopportabile e soddisfacente. Ora, sia l'una che l'altra psichecontengono beni indubbiamente preziosi di cui l'individuo non deveassolutamente essere privato.Il male non si trova dunque né nella psiche collettiva, né nellapsiche individuale, ma nel fatto "che si permette all'una di escluderel'altra". Questa disposizione È incoraggiata dalla "tendenza monista",che sempre e dovunque cerca e vuol trovare un principio "unico". Ilmonismo, in quanto tendenza psicologica universale, È unaparticolarità tipica del modo di sentire e di pensare che l'educazionepersegue, e proviene dal desiderio di elevare sempre l'una o l'altrafunzione a principio psicologico supremo. Il tipo "introverso" nonconosce che il principio del "pensiero", il tipo "estroverso" nonconosce che quello del "sentimento". Questo monismo o, piuttosto,questo monoteismo psicologico ha il vantaggio della semplicità, ma ildifetto di essere un punto di vista esclusivo e incompleto. Da unlato, significa l'esclusione della diversità e della vera ricchezzadella vita e, dall'altro, la possibilità di realizzare gli ideali deltempo presente e del passato immediato; ma non contiene alcuna verapossibilità di sviluppo.La disposizione all'esclusività È ugualmente incoraggiata dal"razionalismo". La sua essenza consiste nel negare senza alcunriguardo tutto ciò che si oppone al suo modo di vedere, sia dal puntodi vista della logica intellettuale, sia da quello della logica delsentimento. Il razionalismo È ugualmente monista e tirannico verso la"ratio". Si deve essere particolarmente riconoscenti a Bergson d'averspezzato una lancia in favore del diritto all'esistenza di ciò che Èirrazionale. Benchè questo non sia per nulla gradito allo spiritoscientifico, occorrerà comunque che la psicologia arrivi a riconoscerela pluralità dei principi e vi si adatti. E' il solo mezzo per evitarel'insabbiamento della psicologia.Per quanto concerne la psicologia individuale, la scienza deveaddirittura ritirarsi. Infatti, parlare di una psicologia individualescientifica È già di per sé una "contradictio in adiecto". Oggetto discienza non può che essere sempre e solo l'aspetto collettivo di unapsicologia individuale. L'individuo, infatti, per sua stessadefinizione, È sempre un fatto unico che non può essere paragonato anient'altro. Uno psicologo che professi una psicologia individualescientifica nega semplicemente la psicologia individuale. Egliespone la propria psicologia individuale al legittimo sospetto che nonsia altro che la sua personale psicologia. Ogni psicologia individualedovrebbe avere un proprio manuale, in quanto il manuale generale noncontiene che psicologia collettiva.Queste osservazioni hanno lo scopo di preparare ciò che ho da dire sucome trattare il problema appena ricordato. L'errore fondamentale deidue procedimenti che abbiamo esaminato consiste nell'identificarel'intero soggetto con l'una o l'altra parte della sua psicologia. Lapsicologia del soggetto È tanto individuale che collettiva, ma non nelsenso che l'individuale debba fondersi nel collettivo o il collettivonell'individuale. E' necessario separare rigorosamente dal concetto diindividuo la "persona" che, essa sì, può annullarsi completamente nelcollettivo. Ma "l'individuale" È precisamente "ciò che non può mai

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essere assorbito nel collettivo" e che d'altra parte non coincide maicon esso. Ed È per questo che sia l'identificazione con il collettivo,sia il distacco volontario da esso, sono ugualmente sinonimi dimalattia.Come ho già sottolineato, l'individuale si manifesta inizialmentenella scelta degli elementi particolari della psiche collettiva cheservono e costituire la "persona". Gli elementi che la compongono,l'abbiamo detto, non sono individuali, ma collettivi, tuttavia la lorocomposizione o la scelta di un certo modello già costituito Èindividuale. Avremmo così il nucleo individuale dissimulato dallamaschera personale. Nella differenziazione particolare della "persona"si manifesta la resistenza dell'individualità della psiche collettiva.Attraverso l'analisi della "persona" conferiamo all'individualità unmaggior valore e in tal modo accentuiamo il suo conflitto con lacollettività. Naturalmente tale conflitto consiste in un dissidiopsicologico all'interno del soggetto. La fine del compromesso fra ledue metà di una coppia di contrari, rende più intensa l'attività diquesti elementi contrari. Nella vita naturale, puramente inconscia,questo conflitto non esiste, benchè la vita puramente psicologicadebba soddisfare tanto le esigenze individuali, quanto quellecollettive. L'adattamento naturale e inconscio È armonioso. Il corpo,le sue facoltà e i suoi bisogni forniscono naturalmente le regole e ilimiti che impediscono ogni eccesso o sproporzione. Una funzionepsicologica differenziata ha sempre una tendenza allo squilibrio, acausa del suo carattere esclusivo che viene alimentato dall'intenzionerazionale e cosciente. Anche l'individualità mentale Èun'espressione dell'individualità fisica, anzi È, per così dire,identica ad essa (questa identità si ha anche rispetto allo spirito,ma questo non modifica affatto il dato psicologico dell'intimorapporto fra individualità e corpo fisico). Ma il corpo È, nellostesso tempo, ciò che più rende simile il soggetto agli altriindividui, anche se ciascun corpo individuale si distingue dagli altricorpi. Allo stesso modo, ogni individualità mentale o morale Èdifferente da tutte le altre, ma È costituita in modo tale da rendereogni uomo simile agli altri. L'essere vivente che, libero da ognicostrizione, potrà svilupparsi del tutto individualmente, realizzeràal meglio, grazie alla perfezione della sua stessa individualità, iltipo ideale della sua specie e avrà proprio grazie a questo un valorecollettivo.La "persona" si identifica sempre con un atteggiamento "tipico" dovedomina una sola funzione psicologica, per esempio il sentimento, ilpensiero o l'intuizione. Questo carattere esclusivo provoca sempre unarimozione corrispondente delle altre funzioni. Per questa ragione la"persona" nuoce allo sviluppo individuale. La dissoluzione della"persona" È dunque condizione indispensabile dell'individuazione. Perquesta ragione È impossibile condurre a buon fine l'individuazione conun'intenzione cosciente, perchè l'intenzione cosciente porta proprioad un atteggiamento cosciente che esclude tutto ciò che non quadra.L'assimilazione del contenuto dell'inconscio produce, al contrario,uno stato da cui l'intenzione cosciente È esclusa o È rimpiazzata daun processo di sviluppo che ci sembra irrazionale. Eppure solo questoprocesso determina l'individuazione, e il suo risultato Èl'individualità, così come l'abbiamo definita precedentemente: ossiaparticolare e universale allo stesso tempo. Finchè la "persona"esiste, l'individualità È rimossa e non trapela che nella scelta degliaccessori personali, dei costumi teatrali, si potrebbe dire. E' solocon l'assimilazione dell'inconscio che l'individualità si manifestapiù chiaramente e nello stesso tempo insieme ad essa si manifesta quelfenomeno psicologico che collega Io e non-Io e che noi designamo col

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nome di "atteggiamento" ("Einstellung"). Ma, questa volta, non sitratta più di un atteggiamento tipico, ma individuale.Il paradosso di queste formule ha la stessa origine dell'anticadisputa sugli universali. La proposizione "animal nullumque animalgenus est" chiarisce e spiega il paradosso fondamentale. I "realia"sono il particolare, il generale ha un'esistenza psicologica, ma Èbasato su una rassomiglianza reale con le cose particolari.L'individuo È dunque la cosa particolare che possiede sempre, inminore o maggiore misura, le qualità su cui È basato il concettogenerale della collettività. E più È accentuato nell'individuo ilcarattere dell'individualità, più egli sviluppa quelle qualità chesono la base fondamentale della nozione collettiva di umanità.Mi si perdoni un'immagine divertente che illustra abbastanza benel'ultima fase della soluzione del nostro problema: È l'immaginedell'asino di Buridano tra i due fasci di fieno. Evidentemente tuttol'errore consiste nel modo in cui l'asino si pone la ben notaquestione. Importa poco sapere se il fascio migliore È quello didestra o quello di sinistra e se debba cominciare col mangiare l'uno ol'altro. Ciò che dovrebbe chiedersi È: "cosa desidera nel propriointimo? verso cosa si sente spinto?" Pensa al fieno e non a se stesso,È per questo che non sa ciò che vuole.Chi o che cosa, in questo momento, rappresenta per quest'individuo laspinta naturale della vita? Questo È il problema.Questa questione non la risolverà né la scienza, né la saggezza, né lareligione, né il migliore dei consigli; ci arriverà solol'osservazione assolutamente imparziale dei germi di vita psicologicache nascono dalla collaborazione naturale tra la coscienza el'inconscio, da una parte, e tra gli elementi individuali e glielementi collettivi, dall'altra. Dove troviamo questi germi di vita?Gli uni cercano nella coscienza, gli altri nell'inconscio. Ma lacoscienza non rappresenta che un aspetto della psicologia, el'inconscio non È altro che il suo rovescio. Non bisogna dimenticareche i sogni sono compensatori rispetti alla coscienza. Se così nonfosse, essi andrebbero considerati come una fonte di conoscenzasuperiore alla coscienza. Ricadremmo così in una mentalità divinatoriae saremmo costretti ad accettare l'incoerenza della superstizione,oppure, seguendo l'opinione comune, a negare ai sogni ogni valore.E' nelle creazioni dell'immaginazione ("Phantasien") che noi troviamola funzione unificatrice che cercavamo. Nell'immaginazioneconfluiscono tutti gli elementi presenti nelle scelte attive. Mal'immaginazione ha una cattiva reputazione presso gli psicologi e,fino ad ora, le teorie psicoanalitiche l'hanno trattata diconseguenza. Per Freud, così come per Adler, l'immaginazione non È cheil velo cosiddetto simbolico sotto il quale si dissimulano letendenze o i desideri primitivi ipotizzati da questi due ricercatori.Ma a questa opinione si può obiettare - non in base ad un principioteorico, ma essenzialmente per ragioni pratiche - che, se È possibilespiegare l'immaginazione dal punto di vista della sua causa e cosìsvalutarla, essa È nondimeno la fonte creatrice di tutto ciò che hasempre significato per l'uomo il progresso della vita. L'immaginazioneha un proprio valore irriducibile in quanto funzione psichica, le cuiradici affondano nel contenuto della coscienza e insieme in quellodell'inconscio, nel collettivo come nell'individuale.Ma da dove proviene la cattiva reputazione dell'immaginazione? Leviene soprattutto dalla circostanza che le sue manifestazioni nonpossono essere prese alla lettera. Se le si considera in modo"concreto", non hanno alcun valore; se si attribuisce loro un senso"semiotico", come fa Freud, sono interessanti dal punto di vistascientifico; ma se le si intende secondo la concezione "ermeneutica",

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"quali veri simboli", esse ci forniscono il segnale indicatore di cuiabbiamo bisogno per continuare la nostra vita in armonia con noistessi.Il simbolo non È un segno che nasconde qualcosa di universalmente noto(12), non È questo il suo significato, ma rappresenta invece untentativo di chiarire analogicamente ciò che appartiene ancora perintero al regno dell'ignoto ed È ancora "in fieri" (13).L'immaginazione ci rivela, dunque, in forma di analogia più o menosorprendente, ciò che sta per avvenire. Riducendola con l'analisi aqualcosa di universalmente noto, ne distruggiamo il vero valore disimbolo; mentre È adeguato al suo valore e al suo senso attribuireall'immaginazione un significato ermeneutico.Il carattere essenziale dell'ermeneutica, scienza la cui pratica eraun tempo molto diffusa, consiste nell'aggiungere successivamenteall'analogia data del simbolo, altre analogie. In primo luogo analogiesoggettive trovate fortuitamente dal malato, in secondo luogo analogieoggettive trovate dallo psicoanalista nel corso dei suoi studi. Questoprocedimento estende ed arricchisce il simbolo iniziale, e ne risultaun quadro infinitamente complesso e variato da cui si diramano lineedi sviluppo psicologico contemporaneamente individuali e collettive.Non c'È alcuna scienza al mondo che possa provare che queste lineesono giuste; al contrario, il razionalismo potrebbe assai facilmenteprovare che esse non sono giuste. La loro validità viene provata dalgrande "valore che hanno per la vita". Ed È questo che importa dalpunto di vista del trattamento pratico: ciò che occorre È che gliuomini vivano e non che i loro principi di vita siano razionalmentedimostrabili o giusti.Obbedendo allo spirito della superstizione scientifica, si parlerànaturalmente di "suggestione". Tuttavia si dovrebbe sapere da tempoche una suggestione È accettata solo se È piacevole per chi l'accetta.Qualsiasi forma di suggestione È possibile solo in questo caso,altrimenti il trattamento della nevrosi sarebbe estremamente semplice,poichè non si dovrebbe far altro che suggerire la salute. Questeaffermazioni pseudoscientifiche sulla suggestione si fondano sullasuperstizione inconscia per cui la suggestione sarebbe dotata di unavirtù magica autogena. Qualsiasi suggestione È impotente su chi, nelprofondo di sé, non sia affatto disposto, già da prima, adaccoglierla.Il trattamento ermeneutico delle idee fantastiche porta alla sintesifra individuo e psiche collettiva. Questo È vero teoricamente, ma inpratica È necessaria un'altra condizione indispensabile. Fa parte delcarattere essenzialmente regressivo del nevrotico (il quale,d'altronde, ha acquisito in parte questa disposizione nel corso dellasua malattia) di non prendere sul serio né se stesso, né il mondo, edi affidarsi sempre, per la propria guarigione, ora ad un medico oraad un altro, ora a questo metodo ora all'altro, a questa circostanza oall'altra, del tutto indipendentemente da una seria partecipazione daparte sua. Ma non si può lavare un cane senza bagnarlo. Senza la piùcompleta buona volontà, senza un'assoluta serietà da parte del malato,non c'È guarigione possibile. Non esiste una cura magica per lanevrosi. Nel momento in cui cominciamo ad elaborare le vie indicatesimbolicamente, occorre che il malato, a sua volta, cominci aseguirle. Se egli resta ipocritamente inerte, si preclude ognipossibilità di guarigione. Egli deve seguire con sincerità la linea divita individuale che ha scoperto, fino a quando non si produca unadecisa reazione del suo inconscio che gli segnali che ha sbagliatostrada.Chi non ha questo atteggiamento morale, chi manca di lealtà verso sestesso, non si sbarazzerà mai della sua nevrosi. Viceversa, chi adotta

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questo atteggiamento morale, troverà certamente il mezzo per guarire.né il medico, né il malato devono abbandonarsi alla convinzione chel'analisi sia sufficiente da sola a superare una nevrosi. Sarebbe uninganno e un'illusione. In ultima istanza È, immancabilmente, il"fattore morale" che decide fra la salute e la malattia.La costruzione di linee di vita rivela alla coscienza l'orientamentoattuale delle correnti della libido. Queste linee di vita non sonoaffatto uguali a quelle linee direttrici fittizie ("fiktiveLeitlinien") scoperte da Adler, che altro non sono che tentativiarbitrari di separare la persona dalla psiche collettiva e diconcederle un'esistenza indipendente. Si potrebbe dire, piuttosto, chela linea direttrice fittizia non È che un infelice tentativo dicostituire una linea direttrice. E ciò che mostra la mancanza divalore di una finzione, È che la linea che essa ha creato persisteanche troppo a lungo, con la tenacia di un crampo.Invece, la linea di vita costruita grazie al metodo ermeneutico Èbreve, poichè la vita non segue linee diritte, né linee di cui sipossa prevedere il percorso con molto anticipo. Ogni verità Ètortuosa, dice Nietzsche. Le linee di vita non sono dunque mairappresentate dai principi o dagli ideali generalmente riconosciuti,ma da punti di vista e da atteggiamenti di valore effimero.L'affievolirsi dell'intensità vitale, una sensibile perdita dellalibido o la sensazione d'essere forzati, indicano il momento in cui siÈ abbandonata una direzione e se ne inaugura una nuova, o, piuttosto,dovrebbe inaugurarsi.A volte È sufficiente lasciare che sia l'inconscio a curarsi discoprire la nuova linea, ma non consiglierei sempre questoatteggiamento al nevrotico, benchè si diano casi in cui i soggettidevono imparare proprio ad affidarsi ogni tanto al caso. Ma non È beneprendere l'abitudine di lasciarsi andare e si dovrà almeno seguire conattenzione i sogni, queste reazioni dell'inconscio che indicano comeun barometro il carattere incompleto del nostro adattamento (14).Contrariamente ad altri psicologi, io credo dunque necessario che ilmalato, anche dopo l'analisi, mantenga i contatti con il suoinconscio, se vuole evitare una ricaduta. E' per questo che sonopersuaso che il vero scopo dell'analisi viene raggiunto quando ilmalato giunge ad una sufficiente conoscenza dei metodi attraverso iquali può restare in contatto con il proprio inconscio e possiede unascienza psicologica abbastanza ampia per poter comprendere il megliopossibile, o ogni qual volta sia necessario, la direzione della sualinea di vita; altrimenti la sua coscienza non sarà più in grado diseguire la direzione della corrente della libido e di sostenerecoscientemente la risultante della sua individualità. E' così chedev'essere moralmente attrezzato un malato colpito da nevrosi grave,se vuol essere certo di proseguire nella propria guarigione.In questo senso l'analisi non È affatto un metodo di cui la medicinadebba avere il monopolio, ma un'arte, una tecnica, una scienza dellavita psicologica che chi È guarito deve continuare ad esercitare peril proprio bene e per il bene di chi gli È vicino (15). Se È così chela intende, non si ergerà mai a profeta psicoanalistico o ariformatore del mondo, ma, con autentico senso del bene generale, eglistesso trarrà beneficio dalle conoscenze acquisite durante iltrattamento e la sua azione si manifesterà più con l'esempio della suavita che con grandi discorsi e una propaganda missionaria.

6. SINTESI.

A. Dobbiamo suddividere i processi psicologici in "elementi coscienti"e in "elementi inconsci".

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1) Gli "elementi coscienti" sono in parte "personali", quando il lorovalore universale non È riconosciuto, e in parte "impersonali", ossia"collettivi", quando il loro valore universale È riconosciuto.2) Gli "elementi inconsci" sono in parte "personali", quando si trattadi elementi di natura personale un tempo relativamente coscienti chesono stati semplicemente rimossi e il cui valore universale non È, diconseguenza, per nulla riconosciuto quando tornano alla coscienza. Inparte sono "impersonali", si tratta di elementi riconosciuti comeimpersonali, di valore puramente generale e di cui È impossibileprovare un carattere cosciente precedente, neanche relativo.

B. Costituzione della persona.

1) Gli elementi personali coscienti costituiscono la personalitàcosciente, l'"Io cosciente" ("das Ich").2) Gli elementi personali inconsci costituiscono l'individualità ("dasSelbst") o "Io inconscio" o "subconscio".3) Gli elementi coscienti e inconsci di natura personale costituisconola "persona".

C. Costituzione della psiche collettiva.

1) Gli elementi coscienti e inconsci di natura "impersonale", ossiacollettiva, costituiscono il "non-Io" psicologico, l'immagine delmondo oggettivo (l'imago-oggetto). Questi elementi possono apparirenell'analisi come proiezioni di sentimenti o di giudizi, ma sono apriori collettivi e identici all'imago-oggetto, cioè appaiono comequalità dell'oggetto e sono riconosciuti solamente a posteriori comequalità psicologiche soggettive.2) La "persona" È quell'associazione di elementi coscienti e inconsciopposti al non-Io, e che costituisce l'Io. Il confronto generale dielementi personali appartenenti ad individui diversi prova la lorograndissima rassomiglianza, che può arrivare sino all'identità, il cheelimina in larga misura la natura "individuale" degli elementipersonali e, nello stesso tempo, quella della "persona". In questamisura, la "persona" deve essere considerata come un segmento dellapsiche collettiva e, sempre in questa misura, la "persona" È unacomponente della psiche collettiva.3) La psiche collettiva È dunque composta dell'imago-oggetto e della"persona".

D. L'individuale.

1) L'individuale si manifesta parzialmente come il principio chedecide la scelta e designa i limiti degli elementi assunti comepersonali.2) L'individuale È il principio che rende possibile unadifferenziazione progressiva dalla psiche collettiva e addirittura vicostringe, se È necessario.3) L'individuale si manifesta parzialmente come un ostacolo allaproduzione collettiva e come una resistenza al pensiero e aisentimenti collettivi.4) L'individuale È ciò che È particolare, inedito ("einzigartig")nelle combinazioni di elementi psicologici generali (collettivi).

E. Gli elementi coscienti e inconsci si suddividono in elementi"individuali" ed elementi "collettivi".

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1) E' individuale l'elemento la cui tendenza di sviluppo si orientaverso la sua differenziazione dal collettivo.2) E' collettivo l'elemento la cui tendenza di sviluppo punta ad unvalore generale.3) Per caratterizzare un elemento dato come puramente individuale ocome puramente collettivo, ci mancano criteri sufficienti, perchè ilcarattere individuale È molto difficile da determinare, benchè sitrovi sempre e dovunque.4) La "linea di vita" dell'individuo È la risultante della tendenzaindividuale e collettiva del suo sviluppo psicologico.

LA PSICOLOGIA DEI PROCESSI INCONSCI.Un panorama della teoria e del metodo moderno della psicologiaanalitica.

PREMESSA.

Questo breve lavoro ha avuto la sua origine quando, su richiestadell'editore, mi accinsi a rivedere, per una seconda edizione, ilsaggio "Vie nuove della psicologia", apparso nel 1912 negli AnnaliRascher. Il presente lavoro corrisponde dunque, in forma riveduta eampliata, a quel mio precedente saggio. In esso mi limitavo unicamentea presentare una parte essenziale della concezione psicologicainaugurata da Freud.I numerosi e rilevanti mutamenti che si sono prodotti in questi ultimianni nella psicologia dell'inconscio mi hanno costretto ad ampliarenotevolmente i confini del saggio originario. Diversi passi dedicati aFreud sono stati ridotti. In compenso si È tenuto conto dellapsicologia di Adler e, per quanto era possibile nell'ambito delpresente lavoro, si È data anche un'esposizione di orientamentogenerale dei miei personali punti di vista. Devo avvertire in anticipoil lettore che non si tratta di uno scritto facile, di divulgazionescientifica, come era il mio precedente saggio, ma di un'esposizioneche, per l'estrema difficoltà della materia, richiede maggiorepazienza e attenzione. Non presumo in alcun modo che questo lavorosia, sotto un qualsiasi punto di vista, conclusivo o sufficientementeconvincente. Una tale pretesa potrebbe essere soddisfatta solo daampie trattazioni scientifiche sui singoli problemi toccati in questoscritto. Rinvio dunque chi volesse penetrare più a fondo nellequestioni qui sollevate alla letteratura specialistica. Io intendoesclusivamente fornire qualche orientamento sulle più recenticoncezioni attorno all'essenza della psicologia dell'inconscio.Ritengo appunto il problema dell'inconscio talmente importante eattuale che, a mio parere, sarebbe una grande perdita se taleproblema, che tocca ciascuno così da vicino, scomparissedall'orizzonte del pubblico colto, ma profano, per venire confinato inun'inaccessibile rivista specialistica e condurre un'inconsistenteesistenza cartacea su uno scaffale di biblioteca. I processipsicologici che accompagnano l'attuale guerra - soprattuttol'incredibile imbarbarimento del giudizio comune, le reciprochecalunnie, l'immaginabile furia distruttiva, la marea di inauditemenzogne e l'incapacità degli uomini di contenere il demonesanguinario - sono adatti più di ogni altra cosa, a mettereprepotentemente davanti agli occhi dell'uomo raziocinante il problemadi quell'inconscio caotico che sonnecchia inquieto al di sottodell'ordinato mondo della coscienza. Questa guerra ha mostratoinesorabilmente all'uomo civilizzato che egli È ancora un barbaro e,insieme, quale ferrea sferza cadrà su di lui per correggerlo qualoradovesse ancora una volta balenargli l'idea di accusare i suoi vicini

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delle sue proprie cattive qualità. Ma la psicologia del singolocorrisponde alla psicologia delle nazioni. Ciò che compiono lenazioni, lo compie anche ciascuno singolarmente, e, finchè il singololo compirà, lo compirà anche la nazione. Solo il mutaredell'atteggiamento del singolo può dare avvio al mutamento dellapsicologia della nazione. I grandi problemi dell'umanità non hanno maitrovato soluzione grazie a leggi generali, ma sempre e soltanto grazieal rinnovarsi dell'atteggiamento del singolo. Se mai vi fu un'epoca incui l'introspezione È stata l'unico atteggiamento giusto eassolutamente necessario, questa È la nostra presente, catastroficaepoca. Ma chiunque rifletta su se stesso, giunge ad urtare contro lebarriere dell'inconscio, inconscio che contiene appunto ciò che più diogni altra cosa occorrerebbe conoscere.

K ssnacht (Zurigo), dicembre 1916�C. G. Jung

1. GLI INIZI DELLA PSICOANALISI.

Come tutte le scienze, anche la psicologia ha attraversato un'epocascolastico-filosofica, che in parte dura tuttora. A questa specie dipsicologia filosofica va rimproverato che essa decide "ex cathedra"come debba essere l'anima e le qualità che le debbano spettarenell'"al di qua" e nell'aldilà. Lo spirito della moderna ricerca sullanatura ha abbondantemente sgombrato il campo da queste fantasie e leha sostituite con un metodo empirico esatto. Da qui ha avuto originel'odierna psicologia sperimentale o psicofisiologia, come dicono ifrancesi. Il padre di questo orientamento È stato quello spiritodiviso di Fechner, che, con la sua psicofisica (1860), affrontòl'audace impresa di introdurre aspetti fisici nella concezione deifenomeni psichici. Quest'idea fu assai feconda. Contemporaneo piùgiovane di Fechner e, possiamo ben dire, colui che portò a compimentola sua opera, È Wundt, la cui grande erudizione, laboriosità einventiva nei metodi della ricerca sperimentale, hanno creatol'orientamento oggi dominante della psicologia.La psicologia sperimentale restò, per così dire, fino all'ultimo,fondamentalmente accademica. Il primo tentativo degno di nota direndere utilizzabile per la psicologia pratica perlomeno uno dei suoinumerosi metodi sperimentali, venne da alcuni psichiatri di quella cheun tempo fu la scuola di Heidelberg (Kraepelin, Aschaffenburg,eccetera), poichè, com'È comprensibile, È lo psichiatra il primo asentire il pressante bisogno di conoscere con esattezza i processipsichici. In un secondo momento fu la pedagogia a porre delle esigenzealla psicologia. Di qui ha di recente tratto origine una pedagogiasperimentale, in cui si sono particolarmente distinti in Germaniasoprattutto Neumann e in Francia Binet.Il medico, il cosiddetto medico dei nervi, ha urgente bisogno dinozioni psicologiche se vuole realmente aiutare i suoi malati dinervi, poichè i disturbi nervosi, e comunque tutto ciò che sidefinisce nervosismo, isteria, eccetera, sono di origine psichica erichiedono logicamente un trattamento psichico. Acqua fredda, luce,aria, elettricità, magnetismo, eccetera hanno un'efficacia passeggera,anzi, nella maggior parte dei casi, non hanno alcun effetto. Spesso sitratta di indegne messinscene, che contano solo sull'effetto disuggestione. Ma ciò per cui il malato soffre È la psiche e, perl'esattezza, le sue più alte e complicate funzioni, che non si osaquasi più far rientrare nel campo della medicina. In questi casi ilmedico dev'essere anche psicologo, ossia un conoscitore dell'animaumana. Questo bisogno non lascia mai il medico. E' comprensibile che

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egli si rivolga alla psicologia, visto che il suo manuale dipsichiatra non dice nulla in proposito. L'odierna psicologiasperimentale, però, È ben lontana dall'offrirgli una qualsiasiconcezione coerente dei processi psichici più importanti sul pianopratico, in quanto il suo scopo È un altro: essa cerca di isolare e distudiare separatamente processi il più possibile semplici edelementari che stanno ai confini col fisiologico. E' assolutamenteavversa all'elemento infinitamente variabile e mobile della vitamentale dell'individuo, per cui le sue conoscenze e i suoi dati difatto sono, in sostanza, dettagli e mancano di connessionicomplessive. Chi voglia dunque imparare a conoscere la psiche umana,dalla psicologia sperimentale non imparerà praticamente nulla.Bisognerebbe consigliargli di spogliarsi piuttosto dell'abito deldotto, di dire addio al suo studiolo e di girare per il mondo concuore pieno di umanità, di andare negli orrori delle prigioni, deimanicomi e degli ospedali, nelle sordide bettole della periferia, neibordelli e nelle bische, nei salotti della società elegante, allaBorsa, nelle assemblee socialiste, nelle chiese, fra i revival e leestasi delle sette, di provare sulla propria pelle amore, odio e ogniforma di passione. Allora se ne ritornerà carico di un sapere piùricco di quello che mai avrebbero potuto dargli libri di testo alti unpalmo, e potrà essere un medico per i suoi malati, un vero conoscitoredell'anima umana. Lo si dovrà perdonare se non gli importerà più moltodei cosiddetti capisaldi della psicologia sperimentale. Infatti, traquello che la scienza chiama psicologia e ciò che la prassi della vitaquotidiana si aspetta dalla psicologia È scavato un profondoabisso. Questa carenza diventò origine di una nuova psicologia.Dobbiamo la sua creazione anzitutto a Sigmund Freud, di Vienna, ilgeniale medico e studioso delle malattie nervose funzionali. Lapsicologia che egli ha inaugurato potrebbe essere definita psicologiaanalitica.Bleuler ha proposto il nome di psicologia del profondo, per alludereattraverso il nome al fatto che la psicologia freudiana si occupadelle profondità ovvero dei fondamenti nascosti della psiche, definitianche come inconscio. Freud da parte sua si limita a dare un nome al"metodo" della sua indagine: lo chiama "psicoanalisi".Prima di intraprendere una descrizione più precisa dell'oggetto inquestione, ossia della psicoanalisi, va detto qualcosa sulla suaposizione nei confronti della scienza che l'ha preceduta. Assistiamoqui ad uno strano spettacolo, che ancora una volta conferma la veritàdell'osservazione di Anatole France: Les savants ne sont pascurieux. La prima opera importante (16) in questo campo suscitòappena una debole eco, benchè contenesse un modo del tutto nuovo diconcepire le nevrosi. Alcuni autori espressero la propria approvazionenei riguardi dell'opera, poi passarono alla pagina dopo e continuaronoa spiegare i casi di isteria alla vecchia maniera. Si comportaronodunque pressappoco come uno che riconoscesse, sì, con parole di lodel'idea o il dato di fatto che la terra È sferica, ma continuassetranquillamente a rappresentarla come un disco. Le successivepubblicazioni di Freud passarono addirittura del tutto inosservate,benchè contenessero osservazioni di incalcolabile importanza, adesempio, proprio nel campo della psichiatria. Quando Freud, nel 1900,scrisse la prima vera trattazione della psicologia dei sogni (17) inprecedenza in questo campo era notte fonda, come si confà al sogno, cisi mise a ridere, e quando, verso la metà dell'ultimo decennio, iniziòaddirittura a far luce sulla psicologia della sessualità (18), sigiunse alle ingiurie, a volte anche assai pesanti, cosa che proseguetuttora. Con quanta serietà poi ci si accosti alle opere, lo rivelal'ingenua dichiarazione di uno dei più eminenti neurologi di Parigi,

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espressa ad un congresso internazionale nel 1907 e che io ho sentitocon le mie stesse orecchie: Non ho letto, È vero, le opere di Freud[infatti non sa il tedesco], ma, per quanto riguarda le sue teorie,non sono altro che "mauvaise plaisanterie".Dobbiamo quindi esaminare un po' più da vicino questa nuovapsicologia. Già ai tempi di Charcot si sapeva che il sintomo nevroticoÈ psicogeno, ossia proviene dalla psiche. Si sapeva anche,soprattutto grazie ai lavori della scuola di Nancy, che ogni sintomoisterico può essere prodotto esattamente allo stesso modo anche persuggestione. Non si sapeva però come un sintomo isterico provengadalla psiche; i nessi causali psichici erano completamentesconosciuti. All'inizio degli anni Ottanta, il Dottor Breuer, unvecchio medico di Vienna con molta esperienza pratica, fece unascoperta che fu, di fatto, l'inizio della nuova psicologia. Aveva unagiovane paziente, molto intelligente, che soffriva di isteria e (19),precisamente, fra l'altro, di questi sintomi: aveva una paralisispastica (rigida) del braccio destro, saltuarie assenze o staticrepuscolari, aveva anche perso la facoltà di parlare, nel senso chenon aveva più conoscenza della propria lingua madre, ma era in gradodi esprimersi solo in inglese (cosiddetta afasia sistematica).Un tempo si cercava, e ancora oggi si cerca, di elaborare teorieanatomiche per spiegare questi disturbi, per quanto nellelocalizzazioni cerebrali della funzione del braccio non sia presentealcun disturbo, più di quanto non lo sia in un uomo normale nel centrocorrispondente. La sintomatologia dell'isteria È piena di"impossibilità anatomiche". Una signora che aveva perduto del tuttol'udito per un'affezione isterica, era solita cantare spesso. Unavolta, proprio mentre la paziente stava cantando una canzone, il suomedico si sedette al pianoforte senza che lei lo notasse e cominciò adaccompagnarla in sordina; nel passaggio da una strofa all'altra, mutòimprovvisamente tonalità e la paziente, senza accorgersene, continuò acantare nella nuova tonalità. Quindi la paziente sente, eppure nonsente. Le diverse forme di cecità sistematica presentano fenomenianaloghi. Un uomo soffre di completa cecità isterica. Nel corso deltrattamento ritrova la facoltà di vedere, ma all'inizio e per lungotempo solo parzialmente: infatti vede tutto, ad eccezione della testadelle persone. Vede tutta la gente che lo circonda senza testa. Quindivede, eppure non vede. In seguito ad un gran numero di esperienze diquesto tipo, già da tempo si È arrivati alla conclusione che È solo lacoscienza dei malati a non vedere e a non sentire, mentre per il restola funzione sensoriale È intatta. Questo stato di cose contrastanettamente con la possibile natura di un disturbo organico, che semprecoinvolge sostanzialmente la funzione stessa.Dopo questa digressione, torniamo al caso di Breuer: non c'erano causeorganiche del disturbo, dunque il caso andava inteso come isterico,ossia come psicogeno. Breuer aveva notato che, quando lasciava che lapaziente, in uno stato di semincoscienza spontaneo o prodotto ad arte,raccontasse le fantasie e le reminiscenze che si affollavano in lei,ogni volta si sentiva più sollevata per alcune ore. Egli si servìmetodicamente di quest'osservazione per proseguire il trattamento. Lapaziente trovò alla cosa il nome adatto: "talking cure" o anche,scherzosamente, "chimney sweeping" [cioè pulire il camino].La paziente si era ammalata curando il padre moribondo. E'comprensibile che le sue fantasie riguardassero in primo luogo questoperiodo di apprensione. Le reminiscenze di quel tempo riaffioravanonegli stati di semincoscienza con fedeltà fotografica, anzi, cosìnitidamente fin nel più piccolo dettaglio, da far ritenere che lamemoria desta non sarebbe mai stata in grado di riprodurle in modotanto plastico e preciso (questo intensificarsi della capacità

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mnemonica, che non di rado emerge in stati di restrizione dellacoscienza, si chiama "ipermnesia"). Vennero fuori cose singolari.Ecco, all'incirca, uno dei molti racconti:

"Una volta si svegliò di notte, molto angosciata perchè il malatoaveva la febbre alta, e in tensione perchè da Vienna si attendeva unchirurgo per l'operazione. La madre si era allontanata per qualchetempo, e Anna (la paziente) sedeva al capezzale del malato, il bracciodestro appoggiato sullo schienale della seggiola. Cadde in stato didormiveglia e vide una serpe nera che, dalla parete, si avvicinava almalato per morderlo (È molto probabile che nel prato dietro la casa cifossero realmente delle serpi e che avessero già in precedenzaspaventato la ragazza, fornendo ora il materiale dell'allucinazione).Avrebbe voluto scacciare la bestia, ma era come paralizzata; ilbraccio destro, che pendeva dallo schienale della sedia, si eraaddormentato, era come anestetizzato e paralizzato, e, mentre loguardava, vide le dita tramutarsi in piccole serpi con teste a formadi teschio. Probabilmente fece dei tentativi per scacciare via ilserpente con la mano destra paralizzata e, in tal modo, l'anestesia ela paralisi della mano si associarono all'allucinazione deiserpentelli. Quando questa scomparve, avrebbe voluto pregare, nellasua angoscia, ma le veniva a mancare ogni lingua, non poteva parlarein nessuna lingua, finchè non trovò un verso infantile in inglese, eancora in questa lingua riuscì allora a distogliere il pensiero daquell'immagine e a pregare" (20).

Questa era la scena da cui aveva avuto origine la paralisi e ildisturbo linguistico. Raccontandola anche il disturbo cessò e così ilcaso si risolse con una totale guarigione.Mi devo qui accontentare di questo solo esempio. Il libro citato diBreuer e Freud È pieno di esempi analoghi. E' comprensibile che scenedi questo tipo abbiano molto effetto e lascino una forte impressione,ed È per questo che si tende ad attribuire ad esse anche unsignificato causale nell'insorgere del sintomo.La concezione, a quel tempo imperante negli studi sull'isteria, lateoria di origine inglese del "nervous shock" di cui Charcot era unenergico fautore, era in grado di spiegare la scoperta di Breuer. Nederivò la cosiddetta teoria del trauma, in base alla quale il sintomoisterico e, nella misura in cui i sintomi costituiscono le malattie,l'isteria in generale, provengono da ferite psichiche ("traumata"), lequali lasciano un'impressione che inconsciamente dura attraverso glianni. Freud, che in principio fu un collaboratore di Breuer, fu ingrado di confermare largamente questa scoperta. Emerse che nessunodelle molte centinaia di sintomi isterici si genera casualmente, ma Èsempre causato da eventi psichici. Sotto questo aspetto la nuovaconcezione aprì un vasto campo al lavoro empirico. Ma lo spirito daricercatore di Freud non poteva accontentarsi a lungo di questoapproccio superficiale, in quanto già emergevano problemi più profondie difficili. Certo, È evidente che momenti di forte angoscia, qualiquelli vissuti dalla paziente di Breuer, possano lasciareun'impressione durevole. Ma come può accadere che la paziente viva ingenerale momenti simili, che contengono già chiaramente un'improntapatologica? Era stata forse la faticosa cura del malato ad averequesto tipo di effetto? In tal caso qualcosa di analogo dovrebbeverificarsi molto più spesso, visto che, purtroppo, molti malatirichiedono assistenze faticose e la salute nervosa dell'infermiera nonÈ certo sempre all'altezza. In medicina c'È una risposta eccellente aquesto problema. Si dice: l'incognita di cui bisogna tener conto È lapredisposizione. Si È appunto predisposti a queste cose. Ma il

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problema di Freud era: in che cosa consiste la predisposizione? Porsiquesta domanda conduceva logicamente ad un'indagine sulla preistoriadel trauma psichico. Osserviamo spesso che scene sconvolgenti hannoeffetti del tutto differenti sulle diverse persone che vi sonocoinvolte o che cose indifferenti o addirittura piacevoli, per unapersona, ispirano all'altra persona il più grande ribrezzo. Si pensi arane, serpenti, topi, gatti e così via. Vi sono casi di donne cheassistono tranquillamente ad operazioni impressionanti, ma che tremanodi paura e di disgusto se solo toccano un gatto. Conosco il caso diuna giovane donna che soffriva di una grave isteria in seguito ad unospavento improvviso. Aveva trascorso una serata in compagnia e, versomezzanotte, si trovava sulla via di casa assieme a numerosiconoscenti, quando improvvisamente sopraggiunse alle sue spalle unacarrozza al trotto veloce. Gli altri si scansarono, lei invece rimasein mezzo alla strada, bloccata dallo spavento, e si mise a correredavanti ai cavalli. Il cocchiere faceva schioccare la frusta egridava, ma non servì a nulla. Lei corse giù per la strada, cheportava a un ponte. Qui l'abbandonarono le forze e, per non finiresotto i cavalli, in preda alla disperazione, tentò di gettarsi nelfiume ma dei passanti riuscirono al trattenerla... Questa stessa donnacapitò per caso a Pietroburgo nel sanguinoso 22 gennaio [del 1905],proprio in una strada che veniva ripulita dalla milizia con scarichedi fucile. A destra e a manca intorno a lei cadevano a terra uominiferiti o morti, ma lei, con grande tranquillità e lucidità, adocchiòun portone che dava su un cortile, attraverso il quale potèraggiungere un'altra strada e salvarsi. Questi attimi terribili nonprovocarono in lei alcun disturbo successivo. Dopo si sentì in granforma, persino di umore migliore del consueto.Un comportamento fondamentalmente analogo lo si può osservare spesso.Dobbiamo necessariamente trarne la conclusione che l'intensità di untrauma ha evidentemente uno scarso significato patogeno (cioèproduttore di malattie), mentre tutto dipenderà dalle specifichecircostanze.Abbiamo così trovato una chiave per arrivare a comprendere lapredisposizione. Dunque dobbiamo porci la domanda: quali sono lecircostanze specifiche in cui si svolge la scena della carrozza? Lapaura ebbe inizio quando la donna sentì venire i cavalli al trotto;per un istante le parve che in quel suono vi fosse una terribilefatalità, come se esso significasse la sua morte o qualcos'altro dispaventoso. A questo punto aveva già perso del tutto il controllo disé.Sono i cavalli, a quanto pare, l'elemento decisivo. La predisposizionedella paziente a reagire in un modo così incontrollato a questo eventoinsignificante, dovrebbe dunque derivare dal significato particolareche per lei hanno i cavalli. Si potrebbe supporre, ad esempio, cheabbia vissuto qualcosa di pericoloso legato ai cavalli. Questocorrisponde effettivamente al vero. Infatti, verso i sette anni, stavafacendo una passeggiata in carrozza col suo cocchiere quando i cavallisi imbizzarrirono e, lanciati in una corsa sfrenata, si avvicinaronoalla riva a strapiombo di un fiume profondamente incassato. Ilcocchiere saltò giù e le gridò di fare altrettanto, ma lei, nelterrore di morire, non ce la faceva a decidersi. Riuscì però a saltaregiusto in tempo, mentre i cavalli si sfracellarono con tutta lacarrozza nel baratro. Che un simile episodio lasci una profondaimpressione, non c'È neanche bisogno di dimostrarlo. Tuttavia non sispiega perchè un episodio assolutamente innocuo dovesse poi provocareuna reazione così spropositata per la sua analogia con un altro.Finora sappiamo solo che il sintomo manifestatosi in seguito ha avutoun prologo nell'infanzia. Ma l'elemento patologico presente in esso

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rimane oscuro. Per penetrare in questo mistero abbiamo bisogno disapere dell'altro. Col crescere dell'esperienza era infatti emerso chein tutti i casi analizzati fino ad allora, accanto agli episoditraumatici della vita, esisteva un tipo particolare di disturbo, chenon si può definire altrimenti che come un disturbo nella sferadell'"amore". Notoriamente l'amore È un concetto elastico, che dalcielo arriva all'inferno e riunisce in sé il bene e il male, l'alto eil basso (21). Con questa scoperta la concezione di Freud subìun'importante capovolgimento. Se prima egli aveva cercato la causadella nevrosi in episodi di vita traumatici, mantenendosi più o menonell'ambito della dottrina del trauma di Charcot, ora il baricentrodel problema si spostava su tutt'altro punto. L'esempio migliore ci Èfornito dal nostro caso. Comprendiamo, certo, che i cavalli possonoavere un ruolo particolare nella vita della paziente, ma noncomprendiamo la reazione successiva, così esagerata e scomposta.L'aspetto morbosamente strano di questa vicenda sta nel fatto che sonoi cavalli a spaventarla. Se ricordiamo la scoperta empirica accennatasopra - che, di regola, accanto agli episodi di vita traumatici, Èpresente un disturbo nella sfera amorosa - in questo caso si dovrebbeindagare se magari, sotto questo aspetto, non ci sia qualcosa che nonfunziona.La donna conosce un giovane, con cui pensa di fidanzarsi, lo ama espera di essere felice con lui. In un primo momento non si riesce ascoprire nient'altro. L'indagine, però, non può lasciarsi scoraggiaredal risultato negativo di un'inchiesta superficiale. Laddove la viadiretta non conduce allo scopo, ci sono vie indirette. Perciòritorniamo a quel momento particolare in cui la donna si mise acorrere davanti ai cavalli. Ci informiamo sulla compagnia di amici esu quale fosse l'occasione della festa a cui aveva appena preso parte;si era trattato di una cena d'addio in onore della sua migliora amica,che, per disturbi nervosi, si recava in un luogo di cura all'esteroper un lungo periodo di tempo.L'amica È sposata e, a quel che ci viene detto, felice; È anche madredi un bambino. Ci È lecito dubitare di questa felicità, poichè, se lofosse realmente, non dovrebbe avere, presumibilmente, alcun motivo diessere nervosa e bisognosa di cure. Affrontando un altro punto con lemie domande, vengo a sapere che la paziente, dopo l'episodio deicavalli e dopo essere stata raggiunta dai suoi conoscenti, era statariportata a casa dell'ospite, poichè era il luogo più vicino dovefarla riposare. Qui fu accolta, esausta, in modo gentile e ospitale. Aquesto punto la paziente interruppe il suo racconto, divenneimbarazzata e confusa, e cercò di cambiare argomento.Evidentemente si trattava di una qualche reminiscenza sgradevole, cheera affiorata all'improvviso.Superate le ostinate resistenze della malata, venne fuori che, quellanotte, era successo ancora qualcos'altro di molto strano: il corteseospite le aveva fatto un'infuocata dichiarazione d'amore, per cui siera creata una situazione che, tenuto conto dell'assenza della padronadi casa, può essere considerata difficile e penosa. A quanto parequesta dichiarazione amorosa fu per lei come un fulmine a ciel sereno.Ma cose di questo tipo di solito hanno sempre dei precedenti. A questopunto, il lavoro delle settimane seguenti fu di disseppellire pezzoper pezzo un'intera, lunga storia d'amore, finchè ne risultò un quadrocomplessivo, che cercherò di delineare in questo modo: la paziente, dapiccola, era stata un tipo molto mascolino, amava solo i rudi giochida maschiaccio, derideva il proprio sesso e rifuggiva da ogniatteggiamento e attività femminile. Dopo il periodo puberale, in cuiil problema erotico avrebbe dovuto interessarla più da vicino,cominciò a evitare ogni tipo di compagnia, odiava e disprezzava tutto

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ciò che ricordava anche solo lontanamente il destino biologico umano eviveva in un mondo di fantasie che non avevano nulla in comune con labrutale realtà. Così, fino quasi al ventiquattresimo anno di età,rifuggì da tutte quelle piccole avventure, speranze e attese che ingenere turbano intimamente una donna in questo periodo della vita (ledonne sono spesso al riguardo di una straordinaria insincerità con sestesse e con il medico). Poi, però, conobbe più da vicino due uominiche si sarebbero aperti un varco nella barriera di spine che le eracresciuta intorno. Il signor A. era il marito di quella che, allora,era la migliore amica della paziente, il signor B. era il suo amicoscapolo. Le piacevano entrambi. Tuttavia ben presto le sembrò che ilsignor B. le piacesse molto di più. Perciò si creò un rapporto diconfidenza fra lei e il signor B., e già si parlava anche di unpossibile fidanzamento. Tramite la sua relazione con il signor B. etramite la sua amica veniva spesso in contatto anche con il signor A.,la cui presenza la rendeva spesso inspiegabilmente nervosa e agitata.A quel tempo la paziente prese parte ad un grande banchetto. Eranopresenti anche i suoi amici. Era immersa nei suoi pensieri egiocherellava fantasticando con l'anello che aveva al dito, quandoimprovvisamente le sfuggì di mano e rotolò sotto il tavolo. Entrambigli uomini si misero a cercarlo e fu il signor B. a trovarlo. Leinfilò l'anello al dito con un sorriso eloquente, dicendo: Lei sacosa significa!. A questo punto la paziente fu colta da unasensazione strana e irresistibile, strappò l'anello dal dito e logettò fuori dalla finestra aperta. Ovviamente questo gesto provocò unmomento di disagio e ben presto lei lasciò la compagnia, profondamentecontrariata.Poco dopo quest'episodio, il cosiddetto caso volle che leitrascorresse le ferie estive in un luogo di cura in cui si trovavanoanche il signore e la signora A. Fu allora che la signora A. cominciòa divenire visibilmente nervosa, per cui restava spesso a casaindisposta. La paziente aveva dunque modo di andare a passeggio dasola con il signor A. Una volta presero una piccola barca. Lei era diirrefrenabile allegria e cadde improvvisamente in acqua. Non sapevanuotare, e il signor A. riuscì a fatica a salvarla e a sollevarla,mezza svenuta, sulla barca. Fu in quest'occasione che lui la baciò.Con questo episodio romanzesco il cerchio si era chiuso. Pergiustificarsi di fronte a se stessa, la paziente si adoperò conmaggiore decisione per fidanzarsi con il signor B. e giorno dopogiorno cercava di convincersi che lo amava. Questo strano gioco nonera naturalmente sfuggito allo sguardo acuto della gelosia femminile.La sua amica, la signora A., aveva intuito il segreto, e sitormentava, il suo nervosismo cresceva e si rese necessaria la suapartenza per l'estero a scopo di cura. Durante la festa d'addio, unospirito maligno fece visita alla nostra malata e le sussurrò:Stanotte È solo, deve capitarti qualcosa, perchè tu possa trovarti acasa sua. E così accadde: col suo strano comportamento riuscì atornare a casa dell'uomo e ottenere ciò che aveva cercato.Dopo questo chiarimento certo ognuno sarà portato a credere che solouna raffinatezza diabolica avrebbe potuto escogitare e porre in attoun simile concatenarsi di circostanze. La raffinatezza È indubbia,tuttavia la valutazione morale È incerta. Devo infatti sottolinearecon forza che i motivi di questa messinscena drammatica della pazientenon erano in alcun modo coscienti. La vicenda le capitò in modoapparentemente automatico, senza che ella avesse minimamente coscienzadi qualche motivo. Eppure È evidente, in base a tutte le premesse, chetutto era inconsciamente orientato verso questo fine, mentre lacoscienza si sforzava di portare avanti il fidanzamento con il signorB. La costrizione inconscia a scegliere l'altra strada era più forte.

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A questo punto torniamo di nuovo alla nostra considerazione iniziale,ossia a chiederci da dove derivi l'elemento patologico (o strano,eccessivo) della reazione al trauma. Sulla base di un principioricavato da altre esperienze, abbiamo avanzato l'ipotesi che anche nelcaso in questione sia presente, oltre al trauma, anche un disturbonella sfera amorosa. Questa ipotesi È stata pienamente confermata equindi abbiamo compreso che il trauma, che si presume provochi lamalattia, non È niente più di un pretesto per manifestare qualcosa dicui prima non si era coscienti, cioè un importante conflitto erotico.Il trauma perde così il suo ruolo patogeno e al suo posto si fa avantiuna concezione molto più profonda e vasta, che presenta l'agentepatogeno come un conflitto erotico.Si sente spesso la domanda: perchè proprio il conflitto erotico deveessere la causa della nevrosi e non un qualsiasi altro conflitto? Aquesta domanda bisogna rispondere: nessuno sostiene che "debba esserecosì", ma risulta per l'appunto che È così. Malgrado tutte leindignate assicurazioni in contrario, le cose stanno invece così:l'amore (22), i suoi problemi e i suoi conflitti, hanno un significatofondamentale per la vita umana, e, come emerge sempre quando si indagaaccuratamente, un'importanza di gran lunga maggiore di quantol'individuo non supponga.La teoria del trauma È stata perciò abbandonata in quanto superata.Infatti, una volta capito che la radice della nevrosi non È il trauma,ma un conflitto erotico nascosto, il trauma perde il suo significatopatogeno.

2. LA TEORIA SESSUALE (23).

Con questa scoperta la questione del trauma È stata risolta esuperata. In compenso la ricerca si È trovata di fronte al problemadel conflitto erotico, il quale, come mostra il nostro esempio,contiene un gran numero di elementi abnormi e perciò non può essereconfrontato a prima vista con un comune conflitto erotico. Più di ognialtra cosa, sorprende e lascia quasi increduli il fatto che solo laposa esteriore debba essere cosciente, mentre la passione reale dellapaziente rimanga ignorata. Tuttavia in questo caso È incontestabileche la relazione erotica reale restò nell'ombra, mentre nell'orizzontedella coscienza solo l'apparenza regnava incontrastata. Se formuliamoteoricamente questo dato di fatto, ne risulta un principio di quetotipo: "nella nevrosi vi sono due tendenze, che sono in nettacontrapposizione reciproca e di cui almeno una È inconscia".Questo principio È formulato "intenzionalmente" in termini moltogenerali. Infatti, in questo modo, vorrei proprio sottolineare che ilconflitto patogeno È senza dubbio un momento personale, ma, al tempostesso, È anche un conflitto dell'umanità che diventa manifestonell'individuo. Infatti l'essere in disaccordo con se stessi È ingenerale un segno distintivo dell'uomo civilizzato. Il nevrotico Èsolo un caso particolare dell'uomo civilizzato in disaccordo con sestesso.Com'È noto, il processo di civilizzazione consiste in un progressivodominio dell'elemento animale che È nell'uomo. E' un processo diaddomesticamento che non può attuarsi senza provocare la rivolta dellanatura animale, assetata di libertà. Di tanto in tanto l'umanità,costretta a subire la coercizione della civiltà, È percorsa come daun'ebbrezza: l'antichità lo visse nell'ondata divampante da Orientedelle orgie dionisiache, che divennero una componente essenziale ecaratteristica della cultura antica e il cui spirito contribuì nonpoco a che l'ideale stoico in numerose sette e scuole filosofichedell'ultimo secolo avanti Cristo si trasformasse in senso ascetico, ed

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emergessero, dal caos politeistico di quel tempo, le due religioniascetiche gemelle di Mitra e di Cristo. Una seconda ventata di libertàdionisiaca attraversò l'umanità occidentale con il Rinascimento. E'difficile giudicare il proprio tempo. Ma se osserviamo come sisviluppano le arti, il senso dello stile e il gusto del pubblico, ciòche gli uomini leggono e scrivono, quali associazioni fondano, qualiquestioni sono all'ordine del giorno, contro che cosa si difendono ifilistei, nel lungo elenco delle questioni sociali del nostro presentenon ultima troviamo la cosiddetta questione sessuale, sollevata dauomini che cercano di scuotere la morale sessuale vigente e vorrebberospazzar via il peso della colpa morale che i secoli passati hannoaccumulato sull'eros. Non si può semplicemente negare l'esistenza diqueste istanze, o contestarne la legittimità. Esse esistono e dunquehanno certo ragioni sufficienti per esistere. E' più interessante epiù utile studiare attentamente le basi di questi movimenti del nostrotempo, anzichè associarsi alle lamentazioni delle prefiche moralisteche profetizzano il declino morale dell'umanità. E' una prerogativadei moralisti quella di avere così poca fiducia nel buon Dio, e dacredere che la bella pianta dell'umanità prosperi solo grazie aisostegni, ai legacci e alle spalliere, mentre padre Sole e madre Terral'hanno fatta crescere per la propria gioia, in base a leggi profondee sensate.Le persone serie sanno che al giorno d'oggi esiste qualcosa come unaquestione sessuale. Si sa che il rapido sviluppo urbano,accompagnato da una unilateralità della prestazione favorita da unastraordinaria divisione del lavoro, la crescente industrializzazionedelle campagne e l'accresciuta sicurezza della vita, sottraggonoall'umanità molte occasioni di liberare le proprie energie affettive.Il contadino, con la sua attività sempre varia che, per suo contenutosimbolico, gli procura una soddisfazione inconscia che l'operaio el'impiegato d'ufficio non conoscono e non potranno mai avere, la vitaa contatto della natura, i bei momenti in cui egli, signore efecondatore della terra, spinge l'aratro nel terreno, in cui, congesto regale, sparge il seme del futuro raccolto, la sua legittimaansia di fronte alla potenza distruttrice degli elementi, la gioia perla fecondità della sua donna, che gli dà figlie e figli, la cuipresenza significa maggiore forza lavorativa e maggior benessere - datutto questo noi uomini di città, moderne macchine da lavoro, siamomolto lontani. Non ci manca forse già la più bella e naturale di tuttele soddisfazioni, noi che non possiamo più vedere con gioia intatta ilfrutto della nostra propria semina, la benedizione dei figli?Ne può derivare qualche soddisfazione? Gli uomini si trascinano allavoro (bisogna guardare i volti la mattina alle sette e mezza sultram): uno fabbrica la sua rotellina, l'altro scrive cose che non lointeressano. Non c'È da meravigliarsi se ogni uomo che si rispetti faparte di tante associazioni quanti sono i giorni della settimana e sefioriscono le sette femminili in cui le donne indirizzano a unqualsiasi idolo quei desideri insoddisfatti che il marito per stareallegro sazia al ristorante, bevendo birra e dandosi arie. A questefonti di insoddisfazione si aggiunge un'altra circostanza moltoimportante. La natura ha dotato l'uomo, indifeso e inerme, di unagrande quantità di energia, che dovrebbe metterlo in grado non solo disopportare passivamente i gravi pericoli dell'esistenza, ma anche diuscirne vittorioso. Madre natura ha reso capace suo figlio diaffrontare uno stato di grande bisogno. L'uomo civilizzato È di normaal sicuro dall'assillo pressante di questo stato di bisogno vitale,per cui dovrebbe essere quotidianamente portato ad eccedere. Infattil'animale uomo ha sempre traboccato di energia vitale, quando non eraoppresso dalla dura necessità. E' per questo che noi siamo realmente

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sfrenati? Dove sfoghiamo l'eccesso di forza vitale? In festeorgiastiche o in altre trasgressioni? Le nostre concezioni morali nonconsentono questa via d'uscita. Ma a che scopo ci sono restrizionimorali? Forse per timori religiosi della collera divina? A prescinderedalla miscredenza sempre più diffusa, anche un uomo credente potrebbetranquillamente chiedersi se, al posto di Dio, punirebbe un eccesso disemplici amanti qualsiasi con una dannazione praticamente eterna. Ideedi questo tipo non si possono più assolutamente conciliare con ilnostro gentile concetto di Dio. Il nostro Dio È necessariamente troppotollerante, per farne una cosa importante. Così, alla morale sessualedel nostro tempo, che sa un po' di ascetismo e, soprattutto, diipocrisia, viene sottratto il suo sfondo effettivo. O forse ciprotegge dalla sfrenatezza una saggezza superiore e la consapevolezzadella nullità dell'accadere umano? Purtroppo siamo ben lontani daquesto. L'uomo nell'inconscio ha un sottile fiuto per lo spirito delproprio tempo, intuisce le sue possibilità e sente dentro di sél'insicurezza dei fondamenti della morale contemporanea, cui viene amancare il sostegno della viva convinzione religiosa. Da ciò deriva lamaggior parte dei conflitti etici della nostra epoca. L'impulso,assetato di libertà, urta contro le cedevoli barriere della moralità:gli uomini sono in tentazione, vogliono e non vogliono. E, poichè nonvogliono, e non possono, pensare fino in fondo ciò che realmentevogliono, il loro conflitto È in gran parte inconscio, e da questoproviene la nevrosi. Perciò la nevrosi, a nostro modo di vedere, Èintimamente connessa con il problema del nostro tempo e rappresenta inrealtà un tentativo fallito dell'individuo di risolvere dentro sestesso il problema generale. La nevrosi È l'essere in dissidio con sestessi. La ragione del dissidio È nella maggior parte degli uomini ilfatto che la coscienza vorrebbe attenersi al suo ideale morale, mentrel'inconscio tende al proprio ideale immorale (nell'accezione attuale),che la coscienza vorrebbe continuamente negare. Di questo tipo sonoquegli uomini che vorrebbero essere persone più per bene di quanto infondo non siano.Ma il conflitto può anche essere capovolto: ci sono uomini cheall'apparenza sono molto poco per bene e non esercitano la minimaviolenza su se stessi, ma in fondo anche questa non È che una posapeccaminosa, perchè dentro di loro sullo sfondo c'È l'anima morale,che È caduta nell'inconscio, come nell'uomo morale la natura immorale.(Bisogna dunque evitare il più possibile gli estremi, poichè fannosempre sorgere il sospetto del contrario.)Era necessaria questa discussione di carattere generale per rendere unpo' più comprensibile il concetto di conflitto erotico. E' a partiredi qui che possiamo affrontare da un lato la tecnica psicoanalitica edall'altro la questione della terapia.Evidentemente, per quanto riguarda questa tecnica, È in gioco laquestione di quale sia la via più breve, e la migliore, che ci possaportare a conoscere ciò che accade nell'inconscio del paziente. Ilmetodo originario era l'ipnosi: o il porre domande al paziente instato di concentrazione ipnotica o la produzione spontanea di fantasieda parte del paziente (appunto in questo stato). Questo metodo vieneancora applicato occasionalmente, ma in confronto alla tecnica attualeÈ primitivo e spesso inadeguato. Un secondo metodo fu iniziato nellaclinica psichiatrica di Zurigo, il cosiddetto metodo associativo (24),la cui validità È, in primo luogo, di tipo teorico-sperimentale. Lasua applicazione fornisce un orientamento senza dubbio ampio, masuperficiale, sul conflitto inconscio (complesso) (25). Il metodoche va più a fondo È quello dell'analisi dei sogni, scoperto da Freud.Del sogno si può dire che la pietra scartata dai costruttori Èdivenuta pietra angolare. A dire il vero il sogno, questo prodotto

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evanescente e insignificante della nostra psiche, solo nell'epocamoderna ha conosciuto un disprezzo così radicale. Prima venivavalorizzato come voce che annuncia il destino, che ammonisce econsola, come un messaggero degli dÈi. Ora lo utilizziamo come unsegnale dell'inconscio, deve svelarci i segreti che sono celati allacoscienza, e lo fa con stupefacente completezza.Dall'indagine analitica del sogno È emerso che il sogno, così come noilo sogniamo, È solo una facciata, che non consente di indovinare nulladell'interno della casa. Ma se noi, osservando determinate regoletecniche, lasciamo che il sognatore racconti i particolari del suosogno, osserveremo ben presto che le sue associazioni si concentranoin una certa direzione e su certi temi che appaiono significativi sulpiano personale e presentano un senso che, in un primo momento, non sisarebbe supposto, ma che, come si può mostrare attraverso un accuratoconfronto, È in un rapporto molto sottile e preciso fin nel piùpiccolo dettaglio con la facciata del sogno. Questo particolarecomplesso di pensieri, in cui si riuniscono tutti i fili del sogno, Èil conflitto che si cercava, in una sua certa trasformazione causatadalle circostanze. L'elemento penoso e incompatibile del conflitto viÈ così nascosto o diluito, che si può parlare di un appagamento deldesiderio. Tuttavia bisogna subito aggiungere che i desiderisoddisfatti nel sogno non sono, all'apparenza, i nostri, ma spessoproprio quelli in contrasto con essi. Così, ad esempio, una figlia amateneramente sua madre, ma sogna che, con suo immenso dolore, sua madresia morta. Ci sono innumerevoli sogni di questo tipo, in cui,apparentemente, non vi È traccia dell'appagamento di un desiderio, e inostri dotti critici ci cadono continuamente, perchè continuano a nonvoler fare la semplice distinzione tra contenuto manifesto e contenutolatente del sogno. Non si può cadere in questo errore: il conflittoelaborato nel sogno È un conflitto inconscio, e lo stesso vale per ildesiderio di soluzione che ne deriva. La nostra sognatrice desideraeffettivamente di allontanare la madre; espresso nella linguadell'inconscio ciò significa: morire. Ora noi sappiamo che una certaparte dell'inconscio contiene tutte le reminiscenze che la memoria haperduto, nonchè tutti gli impulsi istintuali infantili che non hannopotuto realizzarsi nella vita adulta, cioè una serie di desideriinfantili troppo spregiudicati. Si può dire che la maggior parte diciò che proviene dall'inconscio reca impresso un carattere infantile.Così anche questo desiderio, che poi È, molto semplicemente: Vero,papà, che quando la mamma È morta mi sposerai?. Quest'infantileespressione di desiderio sta al posto di un recente desiderio disposarsi, che però, per la sognatrice, per motivi (in questo caso)ancora da indagare, risulta penoso. Questo pensiero o, piuttosto, laserietà dell'intenzione che gli corrisponde È, come si dice, rimossanell'inconscio, dove necessariamente deve esprimersi in modoinfantile, in quanto i materiali a disposizione dell'inconscio sono ingran parte reminiscenze infantili.Il sogno spesso si occupa, apparentemente, di dettagli del tuttoinsignificanti, perciò suscita in noi un'impressione ridicola oppure,visto dall'esterno, È a tal punto incomprensibile che al massimo puòstupirci, per cui dobbiamo sempre superare una certa resistenza dentrodi noi prima di applicarci seriamente a dipanare con un pazientelavoro il confuso intrico. Ma basta, infine, entrare nel vero senso diun sogno, per trovarci nel bel mezzo dei segreti del sognatore evedere con stupore che anche un sogno apparentemente del tuttoinsensato È ricchissimo di senso e parla in realtà solo di cosestraordinariamente importanti e serie per l'anima. Questaconsapevolezza ci induce ad essere un po' più rispettosi nei confrontidell'antica superstizione sul significato dei sogni, nei confronti

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della quale la tendenza razionalistica propria del nostro tempo non haavuto finora alcun interesse.Come dice Freud, l'analisi dei sogni È la "via regia" per accedereall'inconscio; l'analisi dei sogni ci introduce nei più profondisegreti personali, per cui essa È, nelle mani del medico edell'educatore della psiche, uno strumento di valore inestimabile.Appunto per questo gli attacchi dei nostri oppositori si indirizzanocontro questo metodo con argomenti che, fondamentalmente (se vogliamoprescindere dalle correnti personali sotterranee), scaturiscono dallavena ancora fortemente scolastica dell'odierno pensiero erudito. E'proprio l'analisi dei sogni a svelare inesorabilmente la moralemenzognera e l'atteggiamento ipocrita dell'uomo e a mostrargliplasticamente l'altro lato del suo carattere; non c'È da meravigliarsise molti avvertono dolore sentendosi pestare i calli. Questo mi fasempre pensare ad una statua nel Duomo di Basilea che ben rappresentail piacere mondano: davanti, offre allo sguardo il dolce sorrisoarcaico, ma, dietro, È ricoperta di rospi e serpenti. L'analisi deisogni rovescia l'oggetto e, per una volta, mostra l'altro lato.Difficilmente si potrà contestare il valore etico di questa correzionedella realtà. E' un'operazione dolorosa, ma di estrema utilità, cherichiede molto sia dal medico che dal paziente.La psicoanalisi, nella misura in cui vogliamo considerarla una tecnicaterapeutica, È fatta in sostanza di numerose analisi dei sogni, inquanto i sogni, nel corso del trattamento, fanno emergere un po' allavolta i contenuti dell'inconscio per esporli al potere disinfettantedella luce del giorno, recuperando anche qualche frammento preziosoche si credeva perso. Stando così le cose, È prevedibile che, permolte persone che hanno assunto una certa posa di fronte a se stessi,la psicoanalisi sia un supplizio, perchè, secondo l'antica massimamistica Abbandona ciò che possiedi e allora riceverai!, devonoanzitutto sacrificare quasi tutte le illusioni più intime e care, perlasciare che sorga in loro qualcosa di più profondo, più bello, piùampio; infatti, solo attraverso il "mysterium" del sacrificio di sé Èpossibile ritrovare se stessi rinnovati.Sono gli elementi di una saggezza davvero antica, che nel trattamentopsicoanalitico scorgono di nuovo la luce del giorno, ed Èparticolarmente curioso che, al culmine della nostra attuale civiltà,affiori la necessità di questo tipo di educazione psichica,un'educazione che, per più di un aspetto, va paragonata alla tecnicadi Socrate, per quanto la psicoanalisi si spinga molto più inprofondità.Nel malato troviamo sempre un conflitto che, ad un certo punto, Èconnesso con i grandi problemi della società, cosicchè, quandol'analisi si È inoltrata sino a questo punto, il conflittoapparentemente individuale del malato si rivela come un conflittogenerale del suo ambiente e della sua epoca. La nevrosi non È, quindi,in realtà, nient'altro che un tentativo di soluzione individuale (e,per la verità, fallito) di un problema generale; e anzi non può cheessere così, poichè un problema generale, una questione, non È un"ens per se", ma esiste solo nei cuori e nelle teste dei singoliuomini. Ora, la linea di ricerca freudiana ha dimostrato che ilmomento erotico o sessuale ha un significato di gran lungapreponderante nella formazione del conflitto patogeno. Su questeesperienze si basa la "teoria sessuale della nevrosi" di Freud.Secondo questa teoria, si verifica una collisione tra la tendenzacosciente e il desiderio immorale, incompatibile e inconscio. Ildesiderio inconscio È infantile, ossia È un desiderio del tempopassato dell'infanzia, che non vuole più adattarsi al presente, percui viene rimosso, e proprio a causa della morale corrente. Per Freud

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si tratta essenzialmente di desideri sessuali rimossi, che siscontrano con la morale sessuale del nostro tempo. Il nevrotico ha insé l'anima di un bambino, che mal sopporta limitazioni arbitrarie, dicui non comprende il senso; cerca, certo, di far propria la morale, maquesto lo fa cadere in uno stato di profonda dilacerazione edisaccordo con se stesso, da una parte vuole reprimersi, dall'altraliberarsi: questa lotta si chiama nevrosi. Se questo conflitto fossechiaramente cosciente in ogni sua parte, non ne trarrebbero maiorigine sintomi nevrotici; questi sorgono solo quando non si puòvedere l'altro lato del proprio essere e l'urgenza dei suoi problemi.Solo a questa condizione si forma il sintomo, che poi aiuterà il latonon riconosciuto della psiche ad esprimersi. Il sintomo È quindiun'espressione indiretta di desideri non riconosciuti che, se fosserocoscienti, si troverebbero in aspro conflitto con le nostre concezionimorali. Come si È già detto, questo lato in ombra della psiche sisottrae alla coscienza, perciò il malato non può venire a patti conesso, correggerlo, trovare un accordo o rinunciarvi, poichè, inrealtà, le pulsioni inconsce non sono affatto in suo potere. Esse sonostate rimosse dalla gerarchia dell'anima cosciente, sono divenutecomplessi autonomi, che solo tra grandi resistenze possono essereriportate sotto controllo attraverso l'analisi dell'inconscio. Ci sonomolti pazienti che si vantano proprio del fatto che per loro ilconflitto erotico non esiste, assicurano che la questione sessuale Èuna sciocchezza, loro infatti non avrebbero, per così dire,addirittura sessualità. Queste persone non vedono che, in compenso,sono ostacolati da altre cose di origine sconosciuta, come umoriisterici, angherie cui sottopongono se stessi e il loro prossimo,catarro nervoso allo stomaco, dolori da varie parti, irritazioneimmotivata, e tutta un'altra serie di sintomi nervosi.Si È rimproverato alla psicoanalisi di liberare i moti pulsionalianimaleschi dell'uomo (fortunatamente) rimossi e di provocare cosìdanni incalcolabili. Da questo timore emerge con evidenza quanto siascarsa la fiducia che si ha nell'efficacia degli attuali principimorali. Si vorrebbe far credere che "solo" la morale trattiene l'uomodalla dissolutezza: ma un principio regolatore molto più efficace È lanecessità, che pone limiti reali molto più persuasivi di tutti iprincipi morali. E' vero che l'analisi libera gli istinti animaleschi,ma non, come alcuni interpretano, per fare direttamente esercitare iloro effetti senza freni, ma per metterli al servizio di più alteutilizzazioni, nella misura in cui ciò È possibile al singoloindividuo e per quanto si richieda una simile utilizzazione(sublimata). E' infatti un vantaggio, da tutti i punti di vista,essere pienamente in possesso della propria personalità, perchèaltrimenti gli aspetti rimossi della personalità non fanno checomparirci altrove come ostacoli lungo la via, e non in puntiinessenziali, ma proprio nei più delicati. Ma se gli esseri umani sonoeducati a vedere la bassezza della loro natura, È da sperare che, perquesta via, imparino a comprendere meglio e ad amare anche il loroprossimo. Una diminuzione dell'ipocrisia e un aumento della tolleranzaverso se stessi può avere solo conseguenze positive ai fini delrispetto del prossimo, perchè gli uomini tendono fin troppo facilmentea trasferire anche sul prossimo i torti e la violenza che esercitanosulla propria natura.La dottrina freudiana della rimozione sembra tuttavia voler affermareche sono solo gli uomini troppo morali, diciamo, a reprimere lapropria immorale natura pulsionale. Di conseguenza, l'uomo immorale,che vive secondo la propria natura pulsionale senza restrizioni,dovrebbe essere completamente immune da nevrosi. Ovviamente, comel'esperienza quotidiana insegna, non È questo il caso. Egli può essere

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nevrotico quanto l'altro. Se lo analizziamo, scopriamo semplicementeche in lui È la morale ad aver subito la rimozione. Perciò, se l'uomoimmorale È nevrotico, offre l'immagine dello sbiadito delinquente,secondo la felice formula di Nietzsche, che non È all'altezza dellesue azioni.Ora, si può essere dell'idea che, in un caso simile, i residui rimossidi onestà morale siano solo un retaggio infantile-tradizionale, che hainutilmente tenuto a freno la natura istintuale e che perciò andrebbeestirpato. Il principio ècrasez l'infƒme culminerebbe in una teoriaassoluta del godersi la vita. Ciò sarebbe, naturalmente, del tuttoirreale e insensato. Infatti non bisogna mai dimenticare - e questo varammentato alla scuola freudiana - che la morale non È stata portatagiù dal Sinai sotto forma di tavole e imposta al popolo, ma È unafunzione dell'anima umana, vecchia quanto È vecchio l'uomo. La moralenon viene imposta dall'esterno, la si ha "a priori" in se stessi; nonla legge, ma proprio l'essenza morale.Del resto, c'È un punto di vista più morale della teoria del godersila vita? C'È una visione della morale più eroica di questa? Perciòstava particolarmente a cuore all'eroico Nietzsche. E' vero che, perviltà naturale e innata, si dice: Dio, preservami dal godere la vitae si ritiene, così facendo, di essere particolarmente morali, senzaperò ammettere che, per noi, godersi la vita sarebbe anzituttotroppo dispendioso, troppo faticoso, troppo pericoloso e, infine,anche un po' troppo sconveniente: concetto che, per molta gente, È piùlegato al buon gusto che all'imperativo categorico. L'imperdonabileerrore della teoria del godersi la vita È questo: È troppo eroica,troppo ideologica. Perciò attecchisce al meglio nelle menti un po'guaste di Schwabing.Penso non esista alcun altro rimedio, se non che l'uomo immoraleaccetti la sua correzione morale inconscia, così come l'uomo moraledeve cercare di spiegarsi il meglio possibile con i suoi demonisotterranei.Non si può negare che i freudiani di stretta osservanza siano cosìpersuasi dell'importanza fondamentale, anzi, esclusiva dellasessualità nella nevrosi, da averne anche tratto coraggiosamente leconseguenze attaccando eroicamente la nostra morale sessuale corrente.In questo campo regnano molte opinioni diverse. E' però indicativo cheil problema della morale sessuale sia, al giorno d'oggi, oggetto di undiffuso dibattito. Ciò È senza dubbio utile e necessario; infatti,finora, noi non abbiamo avuto alcuna morale sessuale, ma solo unaconcezione barbarica, basata su una differenziazione del tuttoinsufficiente. Come nel primo Medioevo il traffico di denaro eraconsiderato in generale spregevole, perchè non vi era ancora unacasistica morale sul differenziato traffico del denaro, ma solo unamorale sommaria, così oggi esiste soltanto una morale sessualesommaria. Una ragazza che ha un figlio illegittimo È condannata, manessuno si chiede se sia una persona per bene o no. Una forma d'amorenon autorizzata legalmente È ugualmente immorale, sia che riguardipersone degne o mascalzoni. Si È appunto ancora ipnotizzati comebarbari dal fatto in sé e si dimenticano le persone, proprio come perl'uomo medievale il trafficare con il denaro non era altro che l'oroluccicante e avidamente desiderato, e proprio per questo il diavolo.La morale sessuale odierna È ancora altrettanto incolta e barbarica,in quanto volge lo sguardo solo alla sessualità e non alle persone ealla specificità del loro agire.In fondo, l'attacco alla morale sessuale contemporanea ha allora ilsignificato di un'azione etica che costringe all'elaborazione di unaconcezione differenziata e realmente etica.Come si È detto, Freud vede il grande conflitto tra l'io e la natura

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pulsionale principalmente sotto l'aspetto sessuale. Quest'aspetto Èeffettivamente presente, tuttavia sulla sua realtà effettiva deveessere posto un grande punto di domanda. Infatti, ci si deve chiederese ciò che appare in forma sessuale, sia sempre necessariamentesessualità anche nella sua essenza. Si può anche pensare che unistinto si travesta in un altro. Lo stesso Freud ha fornito alproposito osservazioni abbastanza pertinenti e chiare, che dimostranoin modo convincente che molte azioni ed aspirazioni degli uomini nonsono poi altro, in fondo, che espressioni di imbarazzo un po'insincere che, però, grazie ad un senso di reciproco rispetto, nonvengono capite per quello che sono, cose di gran lunga più elementari.Nulla impedisce che anche certe cose, quanto mai elementari, venganotranquillamente sospinte in primo piano al posto di altre piùnecessarie, ma più spiacevoli, nell'illusione che si tratti realmentesolo della cosa elementare."La teoria sessuale È, fino a un certo punto, del tutto esatta, maunilaterale. Sarebbe perciò altrettanto sbagliato respingerla, quantoaccettarla come universalmente valida".

3. L'ALTRO PUNTO DI VISTA: LA volontà' DI POTENZA.

Sino ad ora abbiamo considerato il problema della nuova psicologiaessenzialmente dal punto di vista di Freud. Abbiamo sicuramente visto,qui, qualcosa, e qualcosa di vero, a cui forse il nostro orgoglio, lanostra consapevolezza di uomini civilizzati dice di no; ma qualcosain noi dice di sì. Per molti c'È in questo un che di estremamenteirritante e che eccita lo spirito di contraddizione, o qualcosa dipiù, cioè qualcosa che provoca angoscia, e che perciò non si vuoleammettere. C'È qualcosa di realmente terribile nel dir di sì aquesto conflitto: infatti, così facendo si dice di sì all'istinto.Ci si È resi conto di cosa significhi dir di sì all'istinto?Nietzsche volle e insegnò proprio questo, e prese la cosa sul serio.Ebbene, egli ha sacrificato con rara passione se stesso e tutta la suavita all'idea del Superuomo, ossia all'idea dell'uomo che, obbedendoal proprio istinto, va anche oltre se stesso. E come trascorse la suavita? Come lo stesso Nietzsche aveva profetizzato in "Zarathustra", inquella premonitrice caduta mortale del funambolo, dell'uomo che nonvoleva essere oltrepassato. Zarathustra dice al morente: La tuaanima sarà morta ancor prima del tuo corpo (26). E, più tardi, ilnano dice a Zarathustra: O Zarathustra, tu, pietra filosofale, ti seiscagliata in alto. Ma ogni pietra scagliata deve... cadere! Condannatoa te stesso e all'autolapidazione. O Zarathustra, hai scagliatolontano, sì, la pietra, ma essa ricadrà su di te (27).Quando esclamò rivolto a se stesso il suo ecce homo, allora come giàal tempo in cui queste parole furono dette la prima volta, era troppotardi, e cominciò la crocifissione dell'anima, prima ancora che ilcorpo fosse morto. Di colui che insegnò a dir di sì all'istintovitale bisogna guardare criticamente la vita, per studiare gli effettidi questa dottrina su colui che la propose. Ma se consideriamo questavita, dobbiamo dire: Nietzsche visse "al di là dell'istinto",nell'atmosfera rarefatta del sublime eroico, alla cui altezza potevasopravvivere solo grazie ad una dieta delle più accurate, ad un climadei più scelti e, soprattutto, grazie ad una grande quantità disonniferi, fino a che la tensione non mandò in pezzi il cervello.Parlò di dir di sì e visse il no. Il suo disgusto per gli uomini,specialmente per la bestia uomo che vive d'istinto, era troppo grande.Quel rospo che sognava spesso, e che aveva paura di dover inghiottire,non riuscì proprio a mandarlo giù. Il leone di Zarathustra ricacciavaruggendo nella spelonca dell'inconscio tutti gli uomini superiori

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che reclamavano a gran voce di vivere. Perciò la sua vita non ciconvince della sua dottrina. Infatti l'uomo superiore vuole anchepoter dormire senza cloralio, e vivere a Naumburg e a Basilea malgradola nebbia e le ombre, vuole una donna e una discendenza, vuole farsivalere ed essere rispettato nel gregge, vuole innumerevoli coseordinarie, non ultimo vuole cose da filisteo. Nietzsche non videquest'istinto, ossia l'istinto di vita animale.Ma di cosa visse, se non visse di quest'istinto? Si può davveroaccusare Nietzsche di aver detto, in pratica, no al suo istinto?Sicuramente egli non sarebbe affatto d'accordo. Anzi potrebbedimostrare - e senza difficoltà - di aver vissuto il proprio istintonel senso più alto. Ma com'È possibile, ci chiederemo stupiti, che lanatura pulsionale dell'uomo possa condurlo proprio lontano dagliuomini, sino all'assoluto isolamento, al di là del gregge, protettodal disgusto? Eppure si pensava che l'istinto unisse, accoppiasse,generasse, che esso perseguisse il piacere e il benessere, e ilsoddisfacimento di tutti i desideri dei sensi. Ma abbiamo del tuttodimenticato che questa È solo una delle possibili direzioni chel'istinto può prendere. Non c'È solo l'istinto di conservazione dellaspecie (istinto sessuale), ma anche l'istinto di autoconservazione(istinto dell'Io).Nietzsche parla evidentemente di quest'ultimo istinto, ossia della"volontà di potenza". Ogni altra forma di istinto È per luiriconducibile alla volontà di potenza: dal punto di vista dellapsicologia sessuale di Freud, un clamoroso errore, un fraintendimentodella biologia, un passo falso della sua natura decadente dinevrotico. Qualunque seguace della psicologia sessuale avrà infattibuon gioco nel dimostrare che tutta la tensione sublime, l'elementoeroico nella concezione del mondo e della vita di Nietzsche, nonsarebbero invece altro che una conseguenza della rimozione e deldisconoscimento dell'istinto, ossia di quell'istinto che "questa"psicologia riconosce come fondamentale.Con ciò giungiamo alla "questione del vedere" o, per meglio dire,delle diverse lenti attraverso le quali viene visto il mondo. Nonpossiamo dichiarare, in pratica, inautentica una vita come quella diNietzsche, che fu vissuta con rara coerenza sino alla fine fatale,secondo la natura dell'istinto di potenza che ne era alla base, o sicadrebbe vittime dello stesso ingiusto pregiudizio che Nietzschepronunziò nei confronti del suo antipode, Wagner: "In lui tutto Èfalso". Ciò che È vero viene nascosto o decorato. E' un commediante inogni senso buono e cattivo del termine. Perchè questo giudizio?Wagner È appunto un rappresentante di quell'altro istintofondamentale, che Nietzsche trascurò, e su cui È costruita lapsicologia freudiana. Se cerchiamo in Freud quell'altro istinto,l'istinto di potenza, scopriamo che Freud l'ha definito come "pulsionedell'Io". Ma queste pulsioni dell'Io hanno, nella sua psicologia, unamisera esistenza marginale a fianco dell'ampio, fin troppo ampio,dispiegarsi del momento sessuale. In realtà, però, la natura umana Èportatrice di una lotta feroce e interminabile tra il principiodell'Io e il principio dell'istinto informe: l'Io È tutto unabarriera, l'istinto È sconfinato, ed entrambi i principi hanno ugualepotenza. In un certo senso, l'uomo può ritenersi fortunato di avercoscienza solo di uno dei due istinti; perciò È cosa saggia guardarsidal venire a conoscenza dell'altro istinto. Ma se egli viene aconoscenza dell'altro istinto, la sua pace È perduta. Allora cade nelconflitto di Faust. Goethe ci ha mostrato nel "Faust" (prima parte)cosa significhi accettare l'istinto e, nella seconda parte, cosasignifichi accettare l'Io e il suo inquietante mondo inconscio. Tuttociò che È in noi di insignificante, piccino e vile scappa con la coda

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fra le gambe di fronte a questa scoperta: ma c'È un buon rimedio, ecioè scoprire che l'altra cosa che È in noi È un altro, ossia unuomo reale che pensa, fa, sente, brama tutto ciò che È riprovevole espregevole. In questo modo si È afferrato lo spauracchio e, con grandepiacere, si aprono le ostilità contro di lui. E' da qui che nasconoquelle idiosincrasie croniche di cui la storia del costume ci haserbato alcuni esempi. Un caso particolarmente illuminante È, come giàsi È detto, "Nietzsche contra Wagner", contro Paolo eccetera. Ma lavita quotidiana degli uomini pullula di esempi analoghi. Con questomezzo ingegnoso l'uomo si salva dalla catastrofe faustiana, per laquale gli mancano forza e coraggio. Ma un vero uomo sa che anche ilsuo peggior avversario, anzi un gran numero di avversari, non puòminimamente reggere il confronto con quell'unico, terribileantagonista: il proprio altro che gli dimora in petto. Nietzscheaveva Wagner in sé, perciò gli invidiava il "Parsifal". Ma, peggioancora: lui, Saulo, aveva anche Paolo dentro di sé. Perciò Nietzschericevette le stimmate dello Spirito, dovette vivere la"cristificazione" come Saulo, quando l'altro gli suggerì l'eccehomo. Chi cadde in ginocchio di fronte alla croce? Wagner oNietzsche?Il destino volle che proprio uno dei primi allievi di Freud, Adler(28), elaborasse un modo di concepire la natura della nevrosi basatoesclusivamente sul principio di potenza. E' di non poco interesse eaddirittura di particolare stimolo osservare come le stesse coseappaiano del tutto diverse in una prospettiva opposta. Per anticipareil contrasto principale, vorrei precisare subito che in Freud tuttoconsegue in termini strettamente causali da dati di fatto antecedenti:in Adler, al contrario, tutto È adattamento determinatofinalisticamente. Prendiamo un semplice esempio: una giovane donnacomincia a soffrire di accessi di angoscia. Di notte si risveglia daun incubo con un grido spaventoso, non riesce poi a tranquillizzarsi,si aggrappa a suo marito, lo scongiura di non lasciarla, vuolesentirgli sempre ripetere che sicuramente la ama, eccetera. A poco apoco si sviluppa un'asma nervosa che compare anche durante il giornosotto forma di accessi.Il freudiano di stretta osservanza in questo caso si sprofonda subitonella causalità interna del quadro clinico: qual era all'inizio ilcontenuto dei sogni angosciosi? Tori selvaggi, leoni, tigri, uominicattivi la aggredivano. Che cosa viene in mente, in proposito, allapaziente? Una vicenda che le capitò una volta, quando era ancoranubile. Si trovava in un luogo di cura, in montagna. Si giocava moltoa tennis e si facevano le solite conoscenze. C'era un giovane italianoche giocava particolarmente bene e che, la sera, sapeva anche suonareun po' la chitarra. Tra la giovane e l'italiano nacque un innocenteflirt che li portò una sera a fare una passeggiata al chiaro di luna.In quest'occasione inaspettatamente si scatenò il temperamentoitaliano, con grande spavento dell'ignara fanciulla. Lui la guardòcon uno sguardo che lei non potè mai dimenticare. Questo sguardocontinua a perseguitarla, anche nei sogni; perfino le bestie ferociche la inseguono, hanno quello sguardo. Davvero questo sguardo vienesolo dall'italiano? Troviamo la risposta in un'altra reminiscenza: lapaziente aveva perso il padre per un incidente, quando aveva circaquattordici anni. Il padre era un uomo di mondo e viaggiava molto. Unavolta, non molto tempo prima della sua morte, l'aveva portata con sé aParigi, dove avevano visitato, fra l'altro, anche le Folies BergÈres.Lì accadde qualcosa che, in quel momento, suscitò in lei una violentaimpressione: mentre lasciavano il teatro, una prostituta vistosamentetruccata si spinse improvvisamente verso suo padre con modiincredibilmente sfacciati. La paziente si volse spaventata al padre

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per vedere che cosa avrebbe fatto, e vide nei suoi occhi appuntoquello sguardo, quella luce selvaggia. Questo qualcosa di inspiegabilecominciò allora a perseguitarla notte e giorno. Da quel momento ilrapporto con suo padre mutò. A tratti era irritata e piena di umorivelenosi, a tratti lo amava smisuratamente. Poi sopravvenneroimprovvise ed immotivate crisi di pianto, e per un periodo ebbe asoffrire del fatto che quando il padre era in casa, a tavola il cibole andava di traverso con apparenti attacchi di soffocamento che disolito la lasciavano senza voce per uno o due giorni. Quando giunse lanotizia della morte improvvisa del padre, fu assalita da un doloreincontenibile che sfociò in un isterico riso convulso. Ma poi benpresto si acquietò, il suo stato migliorò rapidamente e i sintominevrotici sparirono, si può dire, del tutto. Il velo dell'oblio scesesul passato. Solo l'esperienza vissuta con l'italiano risuscitò in leiqualcosa di fronte a cui provava paura. Si era allora staccatabruscamente dal giovane. Alcuni anni dopo si sposò. Solo dopo ilsecondo figlio cominciò l'attuale nevrosi, per l'esattezza nel momentoin cui scoprì che suo marito provava un certo tenero interesse perun'altra donna.In questa vicenda vi sono molti aspetti problematici: ad esempio,dov'È la madre? Della madre c'È da dire che era molto nervosa e chepassava in rassegna tutti i possibili sanatori e sistemi di cura.Anche lei soffriva di asma nervosa e di sintomi d'angoscia. I coniugierano molto distanti tra loro, per quanto la paziente potessericordare. La madre non capiva il marito. La paziente aveva sempre lasensazione di capirlo molto meglio lei. Era anche, dichiaratamente laprediletta del padre e, di conseguenza, nel proprio intimo eraabbastanza fredda nei confronti della madre.Questi accenni dovrebbero bastare per avere una visione d'insiemedella storia della malattia. Dietro i sintomi attuali, si celano dellefantasie che si ricollegano in primo luogo all'esperienza vissuta conl'italiano, ma, più ampiamente, rinviano con chiarezza al padre, ilcui matrimonio infelice offrì alla bambina un'occasione precoce perconquistarsi un posizione che, in realtà, avrebbe dovuto essereoccupata dalla madre. Dietro questa conquista c'È naturalmente lafantasia di essere la donna veramente adatta al padre. Il primoattacco della nevrosi scoppia nel momento in cui questa fantasiariceve un duro colpo, presumibilmente lo stesso che anche la madreaveva subito (cosa che la bambina però non sapeva). I sintomi sonofacilmente interpretabili come espressione di un amore deluso e noncorrisposto. Il sintomo del cibo che va di traverso si basa su quellasensazione di nodo alla gola che È un noto fenomeno collaterale degliaffetti violenti, che non si riesce a mandar giù del tutto (lemetafore del linguaggio si riferiscono spesso, com'È noto, a fenomenifisiologici di questo tipo). Quando il padre morì, accadde, sì, che lasua coscienza ne fosse mortalmente addolorata, ma il suo inconsciorideva, proprio allo stesso modo di Till Eulenspiegel, che siangustiava quando andava in discesa: ma quando doveva salire confatica era di buon umore, in previsione dell'avvenire. Se il padre eraa casa, era angustiata e malata, se era via, ogni volta si sentivamolto meglio, come i tanti mariti e mogli che ancora si nascondonoreciprocamente il dolce segreto di non dover sempre e comunque sentirel'assoluto bisogno l'uno dell'altro.Che l'inconscio avesse allora le sue ragioni per ridere, È confermatodal periodo di piena salute che seguì. Le riuscì di far scomparire giùnel fondo tutto ciò che era accaduto prima. Solo l'esperienza vissutacon l'italiano minacciò di far riemergere questo mondo sotterraneo. Malei, con rapida mossa, chiuse con forza le porte e rimase sana, fino ache il drago della nevrosi non si insinuò comunque, quando lei si

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credeva ormai del tutto al sicuro nella condizione, per così dire,perfetta di moglie e di madre. La psicologia sessuale dice: l'originedella nevrosi risiede nel fatto che la malata non si È ancora, inultima istanza, liberata dal padre, perciò recupera anchequell'esperienza di quando scoprì nell'italiano quel qualcosa dimisterioso che già nel padre l'aveva impressionata così violentemente.Questi ricordi furono naturalmente riportati di nuovo in vitadall'esperienza analoga che la paziente viveva con il marito, che fula causa scatenante della nevrosi. Si potrebbe perciò dire che ilcontenuto e la ragione della nevrosi stanno nel conflitto fra larelazione fantastica erotico-infantile col padre e l'amore per ilmarito. Ma se ora consideriamo lo stesso quadro clinico dal punto divista dell'altra pulsione, ossia della volontà di potenza, la cosaassume un volto completamente diverso: la precaria unione dei suoigenitori fu un'ottima occasione per l'istinto di potenza infantile.L'istinto di potenza vuole infatti che l'Io, per qualsiasi strada,diritta o traversa, si imponga sempre. L'integrità della personalitàdeve essere mantenuta in ogni caso. Ogni tentativo, fosse anche soloun tentativo apparente da parte dell'ambiente circostante, diazzardare una sottomissione sia pur minima del soggetto, provoca dirimando una virile protesta, secondo l'espressione di Adler. Ladelusione della madre e il suo ritrarsi nella nevrosi offrì perciòalla figlia lo spunto tanto desiderato per dispiegare la sua potenza eper imporsi. L'amore e la gentilezza del comportamento, dal punto divista dell'istinto di potenza, sono notoriamente ottimi mezzi perraggiungere la scopo. La virtù serve non di rado a estorcere ilriconoscimento altrui. Fin da bambina, la paziente sapeva assicurarsiuna posizione di grande vantaggio agli occhi del padre, attraverso uncomportamento particolarmente compiacente e amabile per superarefinalmente la madre; non quindi per amore del padre: l'amore erainvece un buon mezzo per imporsi. Il riso convulso alla morte delpadre ne È una prova eloquente. Si sarebbe portati a valutare unaspiegazione di questo genere come una ripugnante svalutazionedell'amore, se non addirittura come un'insinuazione malvagia. Ma sirifletta solo un momento, e si guardi per una volta il mondo cosìcom'È. Forse non si È mai osservato che innumerevoli esseri amano ecredono al loro amore solo fintantochè non sia raggiunto il loro scopoe che dopo si volgono altrove, come se non avessero mai amato? E,infine, la stessa natura non si comporta forse anch'essa proprio così?E' possibile, in generale, un amore privo di scopi? Se sì, alloraesso È fra le più alte virtù umane, che, nella forma più perfetta,sono assai rare.Forse si È anche portati, in generale, a riflettere il meno possibilesullo scopo dell'amore, altrimenti si potrebbero fare scoperte tali dafar apparire il valore del proprio amore in una luce meno favorevole.Ma togliere un po' di valore alle pulsioni fondamentali costituisce unpericolo quasi mortale, forse soprattutto al giorno d'oggi, in cuisembra che ce ne rimanga così poco.La paziente fu dunque colta da riso convulso alla morte del padre:aveva definitivamente prevalso. Si trattava di un riso convulso dinatura isterica, cioè di un sintomo psicogeno, di qualcosa cheprocedeva da motivi inconsci e non da motivi dell'Io cosciente. QuestaÈ una differenza da non sottovalutare, che ci consente di riconoscereinsieme da dove e perchè sorgano le virtù umane. Il loro contrario,infatti, conduce all'inferno, cioè, espresso in termini moderni,nell'inconscio, dove da gran tempo si raccolgono gli opposticorrispondenti alle nostre virtù coscienti. Perciò, per sentirsivirtuosi, non si vuol sapere nulla dell'inconscio, mentre ritenere chenon esista affatto un inconscio È addirittura il colmo del senso di

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virtù. Ma purtroppo capita a noi tutti quello che capitava a frateMedardo negli "Elisir del diavolo" di E. T. A. Hoffmann: esiste daqualche parte un inquietante, terribile fratello, proprio il nostropendant in carne e ossa, unito a noi da vincoli di sangue, che ha insé ed accumula malvagiamente tutto ciò che noi preferiremmo di granlunga far sparire sotto il tavolo.Il primo attacco di nevrosi nella nostra paziente si verificò nelmomento in cui si rese conto che in suo padre c'era qualcosa che leinon dominava. E fu a questo punto che le fu improvvisamente chiaro acosa serviva la nevrosi della madre: quando si urta contro qualcosa sucui non si riesce a spuntarla con nessun altro mezzo, né con laragione, né con il fascino, c'È ancora un espediente che le era ignotofino ad allora e che la madre aveva scoperto prima di lei: la nevrosi.Quindi d'ora in poi la ragazza avrebbe imitato la nevrosi della madre.Eppure, ci si chiederà stupiti: quale può essere lo scopo dellanevrosi? Che effetto potrà produrre? Proprio chi nella sua cerchia piùristretta ha una persona con una nevrosi manifesta, sa quantieffetti si possono produrre con una nevrosi. Non esiste in generalemezzo migliore per tiranneggiare un'intera casa, che un'eclatantenevrosi. Specialmente le affezioni cardiache, gli accessi disoffocamento, gli spasmi di ogni tipo hanno un'enorme efficacia,difficilmente superabile. La compassione trabocca a fiumi, angosciasublime di genitori sinceramente in pena, un correr qua e là didomestici, squilli di telefono, medici che accorrono, diagnosidifficili, esami approfonditi, trattamenti lunghi e complicati,notevoli spese e, nel bel mezzo di tutto questo trambusto, sta lìl'incolpevole sofferente, che viene sommerso addirittura digratitudine quando ha superato le crisi.La piccola scoprì questo insuperabile "arrangement" (per usarel'espressione di Adler) e lo usava con successo ogni volta che ilpadre era presente. Divenne superfluo quando il padre morì, poichè aquesto punto la vittoria era definitiva. L'italiano fu rapidamenteliquidato quando mise troppo in rilievo la femminilità della pazientericordandole, al momento opportuno, la propria virilità. Ma quando sipresentò una buona possibilità di matrimonio, allora amò e si ritrovò,senza più capricci, nel ruolo commiserevole di formica regina. Finchèdurò questa superiorità, oggetto di ammirazione, tutto andavasplendidamente. Ma non appena il marito dimostrò per una volta unpiccolo interesse fuori di casa, dovette nuovamente, come un tempo,ricorrere a quell'"arrangement" tanto efficace, ossia all'esercizio diuna violenza indiretta, poichè aveva urtato di nuovo, stavolta in suomarito, contro quel lato che già nel padre si era sottratto al suodominio.Dal punto di vista della psicologia della potenza, le cose appaionocosì. Temo che il lettore si trovi nella stessa situazione di quelcadì di fronte al quale parlò dapprima l'avvocato di una delle parti.Quando ebbe finito, il cadì disse: Hai parlato bene, vedo che hairagione. Poi parlò l'avvocato della controparte e, quando ebbefinito, il cadì si grattò la testa e disse: Hai parlato bene. Vedoche anche tu hai ragione. E' indubbio che l'istinto di potenza abbiaun ruolo del tutto straordinario. E' vero che i complessi di sintominevrotici sono anche raffinati "arrangements", che realizzanoinesorabilmente i propri scopi con incredibile accanimento e con unaastuzia senza pari. La nevrosi È orientata in senso finalistico.Dimostrandolo, Adler ha avuto un grande merito.Ora, quale dei due punti di vista È quello giusto? Questa È unadomanda che potrebbe rivelarsi un rompicapo. Non si possonosemplicemente sovrapporre entrambe le spiegazioni, poichè sicontraddicono assolutamente. In un caso, il dato supremo e

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determinante È l'amore e il suo destino, nell'altro È la potenzadell'Io. Nel primo caso, l'Io dipende semplicemente, come una speciedi appendice, dalla pulsione erotica, nel secondo l'amore È ogni voltasolo un mezzo per imporsi. Chi ha a cuore la potenza dell'Io, siribella contro la prima delle due concezioni, ma chi ha a cuorel'amore, non potrà mai accettare la seconda.

4. I DUE TIPI PSICOLOGICI.

A questo punto del problema entrano in gioco le nostre ultimericerche. Infatti, abbiamo scoperto che ci sono, anzitutto, due tipidi psicologia umana (29). La funzione principale dell'uno È il"sentire", quella dell'altro il "pensare". L'uno si immedesimanell'oggetto, l'altro vi pensa sopra. L'uno si adatta all'ambientesecondo l'emozione e solo successivamente riflette, l'altro si adattatramite una preliminare comprensione secondo il pensiero. Colui che siimmedesima, esce in certo qual modo da se stesso verso l'oggetto,l'altro si ritrae in certo qual modo dall'oggetto o si arresta difronte ad esso e ci pensa su. Il primo si chiama tipo "estroverso",perchè in un certo senso si volge all'esterno verso l'oggetto; ilsecondo si chiama tipo "introverso", perchè in un certo senso sidistoglie dall'oggetto, si ritira in se stesso e riflette sull'oggetto(30).Con queste osservazioni, ovviamente, do soltanto i tratti piùgrossolani dei due tipi. Ma già da questo abbozzo del tuttosuperficiale si riconosce l'antitesi tipologica fra le due teorie cheabbiamo esposto in precedenza. La teoria sessuale È una teoria cheprocede dal punto di vista del sentimento, mentre la teoria dellapotenza procede dal punto di vista del pensiero, poichè l'estroversopone sempre l'accento sul sentire il più possibile connessoall'oggetto; l'introverso, al contrario, lo pone sempre sull'Iopensante, il più possibile sganciato dall'oggetto."Con ciò si risolvono le inconciliabili contraddizioni delle dueteorie, essendo entrambe prodotti di una psicologia unilaterale".Un'analoga antitesi tipologica la troviamo in Nietzsche e in Wagner.L'incomprensione tra i due sta nell'antitesi tipica delle loropsicologie. Ciò che per l'uno È valore supremo, per l'altro È solo unacommedia falsa fino al midollo. Entrambi si svalutano reciprocamente.Se applichiamo la teoria sessuale ad un estroverso, le cose vannobene, ma se la applichiamo ad un introverso, bistrattiamo eviolentiamo semplicemente la sua psicologia. Lo stesso vale nel casoinverso. Con la relativa correttezza di entrambe le teorie incompetizione possiamo spiegarci perchè ognuna di esse riesca a fornirecasi che dimostrano la sua esattezza. Per quanto riguarda gli altricasi che non quadrano: ebbene, ogni regola ha pure le sue eccezioni.Con questa consapevolezza, si presentò anche la necessità di superareil contrasto e di creare una teoria che fosse adeguata non soloall'uno o all'altro, ma ad entrambi in egual misura. A questo scoponon si può tralasciare una critica delle due teorie che abbiamopresentato.Certamente il lettore, anche se È un profano in materia, avrà notatoche le due teorie, a dispetto della loro correttezza, hanno in realtàun carattere assai sgradevole, che non È detto debba comunque legarsialla scienza. La teoria sessuale È antiestetica ed intellettualmentepoco soddisfacente, la teoria della potenza È decisamente velenosa.Entrambe le teorie riescono a ricondurre, nel modo più doloroso, aduna banale realtà concreta un alto ideale, un atteggiamento eroico, unpathos o una convinzione profonda, se cioè le si applica a cose delgenere. Ma a dire il vero non si dovrebbero applicare a questo tipo di

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cose, poichè queste due teorie sono in realtà strumenti terapeutici efanno parte dei ferri del mestiere del medico, che con bisturiaffilato ed impietoso recide gli elementi morbosi e dannosi, comeanche Nietzsche voleva fare con la sua critica distruttiva degliideali, che egli considerava proliferazioni patologiche nell'animadell'umanità (e talvolta lo sono anche). Nelle mani di un buon medico,di un vero conoscitore dell'anima umana, il quale, per dirla conNietzsche, abbia dita per le "nuances", e applicate alla parterealmente malata di una psiche, entrambe le teorie hanno un salutareeffetto cauterizzante, che È di giovamento se dosato in rapporto alsingolo caso; mentre sono nocive e pericolose nelle mani di chi nonsappia misurare e soppesare. Sono metodi critici che hanno in comunecon tutte le forme di critica il fatto che, laddove si possa e sidebba distruggere, sciogliere o ridurre qualcosa, realizzano il bene,ma ovunque si debba edificare, fanno solo danno.Perciò si potrebbe anche fare a meno di occuparsi di queste teorie, seesse, come veleni di uso medico, rimanessero affidate alla mano sicuradel medico. Ma destino vuole che non restino nelle mani del medicocompetente. In una prima fase, fu il pubblico dei medici a conoscerle,e poichè ogni medico generico riscontra tra la sua clientela unapercentuale più o meno alta di casi di nevrosi ed È quindi più o menocostretto a mettersi alla ricerca di un metodo di cura adeguato,arriva ad usare anche il difficile metodo psicoanalitico, inizialmentesenza competenza. Da dove, infatti, avrebbe dovuto apprendere isegreti della psiche umana? Certo non dai suoi studi accademici,perchè quel poco di psichiatria che impara per l'esame basta giusto afargli riconoscere i sintomi dei più frequenti disturbi psichici, manon riesce neanche minimamente ad aprirgli una visione della psicheumana. Perciò il medico generico È praticamente del tutto impreparatoad applicare un tale metodo. Occorre infatti una conoscenza non comunedella psiche per potersi servire con qualche utilità di questi mezzicauterizzanti. Bisogna essere in grado di distinguere ciò che È malatoe inutile da ciò che ha valore e va conservato. Questa capacità didistinguere È senza dubbio fra le cose più difficili. Chi volessefarsi un'idea esatta di come un medico con velleità di psicologo,sulla base di un meschino pregiudizio pseudoscientifico, possasbagliarsi irresponsabilmente, prenda in mano lo scritto di Moebius suNietzsche o meglio, ancora, i diversi scritti psichiatrici sulcaso Cristo: non esiterà a compiangere quel paziente disgraziato acui tocchi una comprensione del genere. Poi la conoscenza dellapsicoanalisi È passata nelle mani dei pedagoghi, con grande dispiaceredei medici (che però non se ne erano curati). E a ragione: poichè ineffetti essa, se utilizzata e intesa correttamente, È una scienzaumana e un metodo educativo. A dire il vero, non mi sognerei mai diconsigliare il solo impiego dell'analisi sessuale di Freud, in quantotale, come metodo educativo. Potrebbe provocare grandi danni, a causadella sua unilateralità. Per rendere adatta a scopi educativi lapsicoanalisi originaria, occorrono tutte le trasformazioni prodottedal lavoro degli ultimi anni, cioè l'allargamento del metodo aconcezione psicologica generale.Le due teorie di cui ho parlato in precedenza non sono però teoriegenerali, ma, per così dire, strumenti cauterizzanti da usarsilocalmente, in quanto distruttivi e riduttivi. Di ogni cosa essidicono: Non sei nient'altro che... . Spiegano al malato che i suoisintomi hanno questa o quell'altra provenienza e non sarebbero altroche questo o quest'altro. Sarebbe decisamente ingiusto voler affermareche questa riduzione non possa talvolta cogliere nel segno, ma, erettaa concezione generale dell'essenza di una psiche malata, così come diuna sana, "una teoria riduttiva da sola È insostenibile". Infatti, la

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psiche umana, sia essa, nella fattispecie, sana o malata, non puòessere spiegata "solo" riduttivamente. Senza dubbio la sessualità Èpresente sempre e ovunque, senza dubbio l'istinto di potenza penetrain tutto quanto vi È di più alto e profondo nella psiche, ma la psichenon È semplicemente l'una o l'altra cosa, né, a mio parere, entrambele cose insieme, ma È anche ciò che ha fatto e farà a partire da esse.Un essere umano viene compreso solo a metà, quando si sa da dove haavuto origine tutto ciò che È in lui. Se il punto fosse quello,sarebbe lo stesso anche se egli fosse già morto da gran tempo. Ma comeessere vivente non viene compreso, poichè la vita non ha soltanto loieri, e ridurre l'oggi allo ieri non basta a spiegarla. La vita haanche un domani, e l'oggi si può dire compreso solo quando alla nostraconoscenza di ciò che era ieri possiamo aggiungere anche i primitratti del domani. Questo vale per tutte le manifestazionipsicologiche della vita, anche per gli stessi sintomi di malattia.I sintomi nevrotici non sono, infatti, solo conseguenze di cause chefurono un tempo - si tratti poi di sessualità infantile o di istintoinfantile di potenza - ma sono anche esperimenti di vista di una nuovasintesi della vita. Esperimenti falliti va subito aggiunto, chenondimeno sono appunto esperimenti, con un loro nucleo di valore e disenso. Sono germi che si sono sviluppati male, perchè le circostanzedi natura interna ed esterna erano sfavorevoli.Il lettore si porrà a questo punto la domanda: quale potrà mai essereil valore e il senso di una nevrosi, di questa croce dell'umanità,priva di qualsiasi utilità ed assolutamente fastidiosa? Esserenervosi: a che mai gioverà? Sicuramente, in qualche modo, per lostesso motivo per cui il buon Dio ha creato le mosche e altri insettimolesti: perchè l'uomo si eserciti nell'utile virtù della pazienza.Tanto sciocco questo pensiero È dal punto di vista della scienzanaturale, tanto saggio può essere dal punto di vista della psicologia,se noi cioè sostituiamo, in questo caso, insetti molesti consintomi nervosi.Lo stesso Nietzsche, che come nessun altro rifuggiva da pensieristupidi e banali, più di una volta ha riconosciuto quanto dovesse allasua malattia. Ho visto già diverse persone che dovevano tuttal'utilità e la giustificazione della propria esistenza ad una nevrosi,che aveva impedito tutte le sciocchezze che altrimenti avrebberodeterminato la loro vita e le aveva costrette ad un'esistenza chesviluppava le loro più preziose potenzialità, che sarebbero statetutte soffocate se la nevrosi, con pugno di ferro, non avesse portatola persona al posto che le era proprio. Ci sono appunto degli uominiche hanno il senso della propria vita, il suo autentico significatonell'inconscio e nella coscienza tutto ciò che È traviamento edeviazione. Con altri, invece, accade l'inverso. E anche la nevrosiavrà allora un altro significato. In tali casi È in gioco un'ampiariduzione, mentre negli altri non È affatto così.Il lettore sarà ora disposto ad ammettere, certo, la possibilità chein determinati casi la nevrosi abbia un significato del genere;tuttavia sarà pronto a negare una funzionalità così ampia esignificativa di questa malattia in tutti i banali casi quotidiani. Adesempio, che valore avrà mai la nevrosi nel caso di asma e di statiansiosi isterici, di cui si È detto prima? Ammetto che qui il valorenon È così facile da cogliere, specie se si considera il caso dalpunto di vista di una teoria riduttiva, ossia dal punto di vista della"chronique scandaleuse" di uno sviluppo psicologico individuale.Le due teorie trattate finora hanno in comune, a nostro modo divedere, il fatto che portano implacabilmente alla luce tutto ciò chenell'uomo È privo di valore. Si tratta di teorie o, per meglio dire,di ipotesi, che ci spiegano in che cosa consista il momento patogeno.

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Quindi non si occupano dei "valori" di una persona, ma dei suoi non-valori, che si fanno fastidiosamente notare. Sotto questo angolovisuale ci si può riconciliare con entrambe le posizioni.Un valore È una possibilità attraverso la quale l'energia puòarrivare a dispiegarsi. Ma poichè un nonvalore È allo stesso modo unapossibilità di dispiegamento per l'energia, cosa che ad esempiopossiamo vedere nel modo più chiaro nelle vistose manifestazioni dienergia della nevrosi, esso È in realtà anche un valore, tale però dagenerare manifestazioni di energia inutili e dannose. L'energia in sé,infatti, non È né buona né cattiva, né utile né dannosa, né valida néscadente, ma indifferente; poichè tutto dipende dalla "forma" in cuil'energia si incanala (31). E' la forma che dà all'energia la qualità.Ma, d'altra parte, la semplice forma senza energia È egualmenteindifferente. Perchè si crei un vero valore È perciò necessaria, da unlato, l'energia, dall'altro una forma valida. Nella nevrosi, l'energiapsichica si trova senza dubbio in una forma scadente e inservibile. Ledue teorie in questione servono, dunque, a sciogliere questa formascadente. Qui funzionano come uno strumento cauterizzante. In questomodo ci procuriamo energia libera, ma indifferente. Fino ad oral'ipotesi prevalente era che questa energia riconquistata fosse adisposizione della coscienza del paziente, così che egli potesse farnel'uso che preferiva. Nella misura in cui pensava che l'energia nonfosse altro che la potenza della pulsione sessuale, si parlava di unsuo uso sublimato, nella convinzione che il paziente potessecomunque trasferire l'energia, pensata come sessuale, in unasublimazione, ossia in un'applicazione di tipo non sessuale, adesempio praticando un'arte o una qualche attività buona o utile. Inbase a questa concezione, il paziente aveva la possibilità di deciderearbitrariamente o per inclinazione, in che direzione la sua energiadovesse sublimarsi.Si può considerare legittima questa concezione, per quel tanto chel'uomo È, in generale, in grado di imporre alla propria vita unadeterminata linea di condotta. Ma sappiamo che non c'È previdenza osaggezza umana che possa metterci in condizione di dare alla nostravita un indirizzo prescritto, tranne che per brevi tratti. Il destinosta davanti a noi, confuso e traboccante di possibilità, eppure solouna di queste molteplici possibilità È la nostra propria e giustastrada. Chi avrà la presunzione di poter determinare in anticipoquella sola possibilità, sia pur in base alla conoscenza del propriocarattere umanamente possibile? Certo, con la volontà si può otteneremolto. Ma È radicalmente sbagliato, guardando al destino di alcunepersonalità dalla volontà particolarmente forte, pretendere disottomettere a tutti i costi anche il proprio destino alla propriavolontà. La nostra volontà È una funzione che si regola sulla nostra"riflessione"; dunque dipende dalla qualità della nostra riflessione.La nostra riflessione, se essa È in generale una riflessione,dev'essere "razionale", ossia basata sulla ragione. Ma quando mai Èstato provato, o quando mai potrà esserlo, che vita e destinoconcordino con la nostra umana ragione, ossia che siano a loro voltarazionali? Al contrario, abbiamo il fondato sospetto che essi sianoirrazionali. In altre parole, abbiamo il sospetto che, in ultimaanalisi, anch'essi abbiano il loro fondamento al di là della ratioumana. L'irrazionalità del grande processo si mostra nella cosiddetta"casualità", che noi ovviamente dobbiamo negare, perchè già a priorinon possiamo assolutamente concepire sviluppo alcuno che non siadeterminato casualmente e necessariamente; di conseguenza non puònemmeno essere casuale. Ma, in pratica, la casualità È presenteovunque, anzi, lo È in modo così invadente che la nostra filosofiacausale potremmo anche metterla in un cassetto. La vita nella sua

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pienezza È conforme e non conforme a leggi, razionale e irrazionale.Perciò la "ratio" e la volontà fondata su di essa valgono solo per untratto limitato. Quanto più estendiamo questa direzione sceltarazionalmente, tanto più possiamo esser sicuri di escludere così lapossibilità di vita irrazionale, che, però, ha egualmente ben dirittodi esser vissuta. Anzi, riducendo con un orientamento troppo rigido laricchezza delle possibilità casuali, danneggiamo addirittura noistessi. Per l'uomo È stato indubbiamente di grande utilità riuscire aindirizzare la propria vita. Che la conquista della razionalità sia lapiù grande conquista dell'umanità, può essere sostenuto a buondiritto. Ma non È detto che in tutti i casi le cose debbanoproseguire, o proseguiranno, così. L'attuale, spaventosa catastrofedella guerra mondiale ha decisamente sconvolto i piani anche del piùottimista fra i razionalisti. Nel 1913, Ostwald scriveva questeparole:

"Il mondo intero concorda sul fatto che l'attuale stato di pace armataÈ una situazione insostenibile e sempre più assurda. Da parte dellesingole nazioni esige sacrifici immani, che superano nettamente gliinvestimenti per scopi di civiltà, senza che ciò servaall'acquisizione di un qualsiasi valore positivo. Se dunque l'umanitàtrovasse i mezzi e le strade per riuscire ad eliminare questiarmamenti per guerre 'che non scoppiano mal', questa destinazione diuna componente rilevante della nazione, nell'età di maggiore forza edefficienza, all'addestramento a scopi militari, e tutti gli altriinnumerevoli danni che l'attuale situazione comporta, si otterrebbe unrisparmio di energia talmente enorme che, da quel momento in poi, cisi dovrebbe attendere una fioritura della civiltà di proporzioniimprevedibili. La guerra infatti, proprio come la lotta personale, Ècerto il più antico di tutti i possibili mezzi per risolvere iconflitti di volontà, ma, appunto per questo, È anche il piùinadeguato allo scopo, quello che reca con sé il più grave spreco dienergie. La totale eliminazione della guerra, sia essa potenziale o inatto, È perciò assolutamente coerente con l'imperativo energetico ed Èuno dei compiti più importanti di civiltà dei nostri giorni" (32).

Ma l'irrazionalità del destino non volle ciò che avrebbe voluto larazionalità dei pensatori ben intenzionati. Anzi, non solo volle chesi utilizzassero i soldati e le armi che si erano accumulate, no,volle molto di più: volle un'immane, folle devastazione, unacarneficina senza confronti, da cui l'umanità potrà forse trarre laconclusione che l'intenzione razionale può in fondo padroneggiare solouna parte del destino.Ciò che va detto dell'umanità in generale, vale anche per ognisingolo, poichè l'intera umanità non È che un insieme di singoli. Equello che È la psicologia dell'umanità, È anche la psicologia delsingolo. Nella guerra mondiale stiamo vivendo l'esperienza di unaterribile resa dei conti con l'intenzionalità razionaledell'organizzazione civile. Ciò che nel singolo si chiama volontà,nelle nazioni si chiama imperialismo, poichè la volontà È unadimostrazione di potenza sul destino, ossia un'esclusione dellacasualità. Organizzazione civile significa sublimazione razionale,perseguita volontariamente e intenzionalmente, sublimazione adeguataallo scopo di energie libere e indifferenti. Lo stesso vale per ilsingolo. E come l'idea di un'organizzazione civile generale einternazionale ha sperimentato una correzione atroce ad opera diquesta guerra, così anche il singolo deve spesso sperimentare nelcorso della sua vita che le cosiddette energie disponibili nonlasciano che si disponga di loro.

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Una volta, in America mi consultò un uomo d'affari di circaquarantacinque anni, il cui caso illustra bene ciò che si È appenadetto. Si trattava di un tipico "selfmade man" americano, che si eraaffermato a fatica partendo dal nulla. Aveva avuto molto successo edaveva fondato un'attività commerciale di dimensioni poderose. Gli eraanche riuscito di organizzare progressivamente la propria attività inmodo tale da potersi un giorno ritirare dalla sua conduzione. Ineffetti, due anni prima che lo vedessi, aveva preso congedo dagliaffari. Fino ad allora era vissuto unicamente per la propria attivitàcommerciale, concentrando in essa tutte le sue energie, con quellaincredibile intensità e unilateralità, che caratterizzano l'uomod'affari americano di successo. Si era comprato una magnificaresidenza di campagna, dove pensava di andare a vivere, e vivere,nella sua immaginazione, significava cavalli, automobili, golf,tennis, feste eccetera. Ma aveva fatto i conti senza l'oste. L'energiache si era resa disponibile non confluì in tutte queste allettantiprospettive, ma si incapricciò di tutt'altro. Infatti, a pochesettimane dall'inizio della tanto agognata vita felice, egliincominciò a rimuginare su sensazioni fisiche strane e indefinite, ebastò un altro paio di settimane per precipitarlo in una ipocondriamai vista. Ebbe un crollo nervoso totale. Lui, un uomo sano, distraordinaria forza fisica, estremamente energico, si trasformò in unbambino piagnucoloso. E così, finì tutta la sua sicurezza. Passava daun'angoscia all'altra e si tormentava quasi a morte con affanniipocondriaci. Allora consultò un famoso specialista, il quale compresesubito esattamente che l'unica cosa che mancava al paziente era illavoro. La cosa convinse subito anche il paziente, che riprese il suoposto di prima. Ma, con sua immensa delusione, non riusciva più aprovare alcun interesse per la sua attività. Non servirono a nulla néla pazienza, né la determinazione. Con nessun mezzo si riuscì aincanalare di nuovo negli affari la sua energia. Allora il suo statopeggiorò ulteriormente. Tutto ciò che in precedenza era stato in luienergia vitalmente produttiva, ora gli si rivolgeva contro, conterribile violenza distruttiva. Il suo genio creativo si ribellava incerta misura contro di lui e così accadde che, come prima aveva creatograndi organizzazioni nel mondo, ora il suo demone creava sistemialtrettanto raffinati di insidie ipocondriache, che lo distruggevanodel tutto. Quando lo vidi era già un relitto. Comunque io cercai difargli capire che questa gigantesca energia si poteva sì ritiraredagli affari, ma la questione era: verso dove. Persino i più beicavalli, le automobili più veloci e le feste più divertenti noncostituiscono, in certi casi, un allettamento per l'energia, perquanto sarebbe certo molto ragionevole pensare che un uomo che hadedicato tutta la sua esistenza a lavorare seriamente, abbia quasi unnaturale diritto a godersi la vita. Ebbene, se il destino si regolassesecondo una logica umana, le cose dovrebbero senza dubbio andarecosì: prima il lavoro, poi il meritato riposo. Ma invece regnal'irrazionale e l'energia esige, lo si voglia o no, un adeguatopendio, ossia un alveo in cui incanalarsi, altrimenti semplicementeristagna e diviene distruttiva. Naturalmente i miei argomenti nontrovarono alcun riscontro, come d'altronde c'era da aspettarsi.Un caso così avanzato si può solo seguire fino alla morte, ma non puòpiù guarire.Questo caso indica chiaramente che non È in nostro potere trasferire apiacere un'energia disponibile su un oggetto scelto razionalmente.Esattamente lo stesso vale, in generale, per quelle energieapparentemente disponibili, conquistate grazie alla distruzione delleloro forme inservibili attraverso la cauterizzazione psicoanalitica.Come si È detto, queste energie possono, nel migliore dei casi, essere

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utilizzate come si vuole solo per breve tempo. Ma per lo più sirifiutano di accogliere a lungo le possibilità offerte dalla ragione.L'energia psichica ha molte pretese e vuole che si realizzino lecondizioni che lei stessa impone. Si può avere a disposizione quantaenergia si vuole, tuttavia non possiamo utilizzarla in alcun modofinchè non riusciamo a creare un alveo per incanalarla. Tutto il miolavoro di ricerca degli ultimi anni si È concentrato su talequestione.La "prima tappa" di questo lavoro È stata l'individuazione dell'ambitodi validità delle due teorie trattate prima.La "seconda tappa" È consistita nel riconoscere che queste due teoriecorrispondono a due tipi psicologici contrapposti, che io ho designatocome tipo introverso e come tipo estroverso. Già a William James (33)È balzata agli occhi la presenza di entrambi questi tipi tra ipensatori. Egli li ha distinti in tender minded e tough minded.Allo stesso modo, Ostwald (34) ha riscontrato nei grandi uomini dicultura un'analoga differenza tra il tipo classico e il tiporomantico. Non sono dunque il solo a sostenere quest'idea dei tipi,tanto per citare solo questi due nomi noti. Ricerche storiche mi hannomostrato che non poche delle grandi controversie della storia delleidee si basano sulla contrapposizione dei due tipi. Il caso piùsignificativo È il contrasto tra nominalismo e realismo, che prese ilvia dal dissenso fra la scuola platonica e quella megarica e venne poiereditata dalla filosofia scolastica nella quale Abelardo ebbe ilgrande merito di osare almeno il tentativo di conciliare, con ilconcettualismo, due posizioni contraddittorie. Questa disputa Èproseguita sino ai nostri giorni, in cui si manifesta nel contrastofra spiritualismo e materialismo. Così come continuamente succede perla storia universale delle idee anche ogni singolo partecipa a questocontrasto fra tipi. Da un'indagine più particolareggiata È risultatoinfatti che i due tipi hanno la tendenza a sposarsi con l'altro tipo eproprio, inconsciamente, per completarsi a vicenda. Ciascuno dei duetipi ha infatti "una" funzione particolarmente ben sviluppata. Il tipointroverso usa il pensiero come funzione di adattamento e pensa già inanticipo a come agirà; il tipo estroverso al contrario si immedesima,agendo, nell'oggetto. Agisce, per così dire, in anticipo. Quindiproprio attraverso l'applicazione quotidiana l'uno ha sviluppato ilproprio pensiero, l'altro invece il proprio sentire. In casi estremi,l'uno si limita a pensare ed osservare, l'altro invece a sentire edagire. Sente anche l'introverso, ed anzi molto profondamente, quasitroppo profondamente, per cui un ricercatore inglese (35) l'haaddirittura descritto come l'emotional type; qui però tutto Èrivolto all'interiorità e più appassionatamente e profondamente sente,più diviene silenzioso all'esterno. Come dice il proverbio: le acquecalme tengono in profondo. Allo stesso modo, anche l'estroverso"pensa", tuttavia, anche in questo caso, in forma più interiorizzata,mentre i suoi sentimenti si riversano visibilmente all'esterno, percui passa per sentimentale; invece, l'introverso viene consideratofreddo e arido. Poichè la sensibilità del tipo pensante si riversanell'interiorità, essa non viene sviluppata come una funzione diadattamento all'esterno, ma rimane in uno stato relativamente pocosviluppato. Allo stesso modo, anche il pensiero del tipo emotivorimane in uno stato relativamente poco sviluppato.Ma quando si tratta di individui relativamente adattati,nell'introverso troviamo, di solito, un sentire rivolto all'esternoche può essere straordinariamente ingannevole. Egli mostra sentimenti,È amabile, partecipe, manifesta anche emozioni. Ma ad un esame criticodel modo in cui manifesta i suoi sentimenti, essi risultanonotevolmente convenzionali. Non sono individualizzati. L'introverso

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mostra nei confronti di ognuno, senza sostanziali differenze, adesempio, la stessa cordialità, la stessa partecipazione eccetera;mentre l'estroverso esprime i propri sentimenti in forma estremamenteindividualizzata e finemente sfumata. Nell'introverso si tratta inrealtà di gesti convenzionali, assunti artificialmente, benchè isentimenti in sé siano reali. Allo stesso modo, l'estroverso può, inapparenza, pensare spesso anche in modo molto chiaro e scientifico. Mase lo si osserva più da vicino, si scopre che i suoi pensieri non sonoin realtà farina del suo sacco, ma, anche in questo caso, formeconvenzionali, apprese artificialmente. A questi pensieri mancal'individualità e l'originalità e sono deboli e incolori quanto isentimenti convenzionali dell'introverso. Ma sotto questa coltreconvenzionale, in entrambi sonnecchiano cose tutte diverse, cheoccasionalmente, di tanto in tanto, magari sotto la spinta di unapassione travolgente, prorompono del tutto inaspettatamente provocandostupore e spavento in chi È vicino.La maggior parte degli uomini civili sta un po' più da una parte odall'altra. Presi insieme, si completerebbero perfettamente. E' perquesto che si sposano così volentieri l'uno con l'altro e, finchè sonodel tutto occupati ad adattarsi alle necessità della vita, vannomagnificamente d'accordo. Ma se il marito ha guadagnato abbastanzadenaro, oppure quando gli piove dal cielo una grossa eredità, venendocosì a mancare l'assillo delle necessità esterne, si ritrovano ad avertempo per occuparsi l'uno dell'altro. Prima stavano schiena a schienae lottavano contro le necessità. Ma ora si dedicano l'uno all'altro evogliono intendersi, scoprendo di non essersi mai capiti. Ciascunoparla un'altra lingua. Così comincia il confronto dei due tipi. E' uncontrasto velenoso, violento e pieno di svalutazione reciproca, anchequando si svolge a bassa voce nell'intimità più profonda. Infatti, "ilvalore dell'uno È il non-valore dell'altro". L'uno prende le mosse dalproprio pensiero pieno di valore e presume che i sentimenti dell'altrocorrispondano ai propri sentimenti, inferiori, poichè non può cheignorare del tutto l'esistenza di altri sentimenti. L'altro inveceprende le mosse dal proprio sentire pieno di valore e presume che ilsuo partner possegga lo stesso pensiero, inferiore, che lui stessopossiede. Qui c'È certo molto lavoro per l'"homunculus" del Wagnerfaustiano, che doveva appunto indagare sul perchè uomo e donna vannocosì poco d'accordo. Ora, poichè la stragrande maggioranza dellenevrosi È connessa a differenze di questo tipo, mi vidi costretto, inquanto medico di questo tipo di malattia, ad assumermi partedell'ingrato lavoro dell'"homunculus". Sono lieto di poter affermareche i miei chiarimenti sono stati già d'aiuto a più di una persona chesi trovava in serie difficoltà.La "terza tappa" su questa strada di progressiva conoscenza Èconsistita nell'utilizzare ai fini dell'ulteriore sviluppo dellapersona il dato di fatto della psicologia dei tipi. Da questo punto divista di recente acquisizione, È nata anzitutto una "teoria deidisturbi psicogeni completamente nuova".Il dato di fatto fondamentale resta lo stesso: primo presupposto diogni nevrosi È l'esistenza di un conflitto inconscio. Secondo lateoria freudiana, si tratta di un conflitto erotico, più precisamente,di una lotta della coscienza morale contro il mondo inconscio dellefantasie sessuali infantili e la sua trasposizione sugli oggettiesterni. Secondo la teoria di Adler, si tratta della lotta per lasupremazia dell'Io contro tutte le influenze oppressive, interne oesterne.Al contrario, la nuova concezione afferma che "il conflitto nevroticosi verifica sempre fra la funzione adattata e la funzione secondarianon differenziata che si trova in gran parte nell'inconscio"; dunque,

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nell'introverso, tra pensiero e sentire inconscio, nell'estroverso,invece, tra sentire e pensiero inconscio (36). Veniva fuori, così,anche un'altra teoria etiologica. Infatti, quando la persona pensantedeve far fronte ad un'esigenza che non si può più soddisfare con ilsolo pensiero, ma solo con un sentire differenziato, allora esplode ilconflitto traumatico o patogeno; viceversa, quando colui che sente sitrova di fronte ad un problema che richiede un pensiero differenziato,ecco che subentra il momento critico. Il caso precedente dell'uomod'affari, ne È un chiaro esempio: si trattava di un introverso che pertutta la vita aveva relegato sullo sfondo, ossia nell'inconscio tuttele considerazioni di ordine sentimentale. Quando poi, per la primavolta in vita sua, si trovò in quella situazione in cui avrebbe potutocombinare qualcosa solo attraverso un sentire differenziato fallìcompletamente. Si verificò nello stesso tempo un fenomeno moltoistruttivo: infatti, i suoi sentimenti inconsci si manifestarono sottoforma di "sensazioni fisiche" di natura vaga. Questo si accorda conun'esperienza generalmente confermata nella nostra psicologia, e cioèche sentimenti poco sviluppati hanno il carattere di vaghe sensazionifisiche: ciò dipende dal fatto che i sentimenti indifferenziaticoincidono ancora con sensazioni fisiche soggettive. I sentimentidifferenziati hanno una natura più astratta ed obiettiva. Questofenomeno potrebbe essere il fondamento inconscio della più anticaclassificazione di tipi a me nota, ossia dei tre tipi della scuolavalentiniana. In tale classificazione, il tipo indifferenziatoequivaleva al cosiddetto uomo ilico (materiale). In una posizionesuperiore venivano posti i tipi differenziati, ossia l'uomo"psychikos" (psichico, che corrisponde al tipo estroverso) e l'uomopneumatico (spirituale, che corrisponde al tipo introverso).Naturalmente per questi gnostici lo pneumatico era il tipo piùelevato. Il cristianesimo, invece, col suo carattere psichico(principio dell'amore) ha contestato questa priorità accordata dallagnosi. Eppure anche questo può ancora mutare nel corso della storia.Non siamo forse, se non ci ingannano tutti gli indizi, nel bel mezzodella grande resa dei conti finale dell'epoca cristiana? E sappiamoanche che lo sviluppo non È continuo, ma che, se una creazione hafatto il suo tempo, esso recupera i frammenti di altre creazioniiniziate un tempo e poi lasciate incompiute.Ma, dopo questa breve digressione di carattere generale, torniamo alnostro caso. Se un analogo disturbo colpisse un estroverso, eglipresenterebbe sintomi cosiddetti isterici, quindi, di nuovo, sintomidi natura apparentemente fisica che stavolta, secondo la nostrateoria, dovrebbero rappresentare il pensiero inconscio,indifferenziato del paziente. In effetti, alla base dei sintomiisterici, troviamo anche formazioni fantastiche molto ramificate, sucui c'È molta e accurata letteratura. Si tratta di fantasie che hannouna coloritura sessuale, ossia appunto fisica. Ma in realtà sonopensieri indifferenziati che, come i sentimenti indifferenziati, sonoin un certo senso fisici ed È per questo che si presentano comesintomi, per così dire, fisici.Riprendendo a questo punto il filo del discorso, che prima avevamolasciato cadere, possiamo dire che si È ormai chiarito perchè proprionella nevrosi si trovino quei valori di cui l'individuo manca. Orapossiamo anche ritornare al caso di quella giovane donna ed applicaread esso questa nuova consapevolezza: È un'estroversa con una nevrosiisterica. Cerchiamo ora di immaginarci che questa malata sia stataanalizzata, ossia che, attraverso il trattamento, le siano apparsichiari i pensieri inconsci che si celavano dietro i suoi sintomi eche, in questo modo, sia anche tornata in possesso di quell'energiapsichica, divenuta inconscia, che aveva rappresentato la forza dei

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sintomi. A questo punto sorge la domanda di carattere pratico: che nesarà della cosiddetta energia disponibile? In base al tipo psicologicodella malata, la soluzione razionale sarebbe di riversare di nuovoall'esterno quest'energia, trasferirla insomma su un oggetto, adesempio un'attività filantropica o qualcos'altro di utile.Eccezionalmente nel caso di nature particolarmente energiche, che nonhanno timore, all'occasione, di sottoporsi alle pene peggiori, o nelcaso di persone disposte ad affrontare tutte le conseguenze di questeattività questa via È percorribile, ma di solito così non È. Infatti,non va dimenticato che la libido (ossia l'energia psichica definita intermini tecnici) ha già inconsciamente il suo oggetto, si tratti delgiovane italiano o di un sostituto in carne ed ossa che glicorrisponda. Stando così le cose, una sublimazione così bella È,naturalmente, tanto auspicabile quanto impossibile. Infatti, nellamaggior parte dei casi, l'oggetto reale offre all'energia un pendiomigliore di una sia pur tanto nobile attività etica. Purtroppo ci sonogià tantissime persone che parlano sempre solo dell'uomo così comesarebbe auspicabile che fosse, ma mai dell'uomo com'È realmente. Ma ilmedico ha sempre a che fare con l'uomo reale, che rimane ostinatamentecosì finchè la sua realtà non viene riconosciuta da tutti. Un processoeducativo può procedere solo dalla nuda realtà, non da un'ingannevoleimmagine ideale dell'uomo quale lo si desidererebbe.Purtroppo si dà il caso che alla cosiddetta energia disponibile non sipossa indicare arbitrariamente una direzione. Essa segue il suopendio. Sì, l'ha già trovato, ancor prima che noi l'abbiamodefinitivamente sciolta dal suo legame con la forma inadatta.Scopriamo ad esempio che le fantasie della paziente, che primariguardavano il giovane italiano, si sono già trasferite sullo stessomedico. Perciò l'oggetto della libido inconscia È divenuto il medico.Se questo non si verifica, o se la malata non vuole a nessun costoriconoscere il dato di fatto del transfert, o il medico non comprendeil fenomeno o lo comprende in modo sbagliato, insorgono fortiresistenze, tese a troncare sotto ogni aspetto la relazione colmedico. Allora i malati se ne vanno e cercano un altro medico oun'altra persona che li comprenda o, se rinunziano anche a questaricerca, degenerano.Ma se subentra il transfert sul medico, e viene accettato, si È anchetrovata una forma naturale, che sostituisce la forma precedente econsente insieme un deflusso relativamente privo di conflitti delprocesso energetico. Se dunque si lascia che la libido segua il suocorso naturale, essa trova da sé la strada del transfert. Se ciò nonaccade, allora si tratta sempre di arbitrarie ribellioni contro leleggi della natura o di una prestazione scadente del medico.Nel transfert si proiettano, anzitutto, tutte le possibili fantasieinfantili, che devono essere cauterizzate, ossia sciolte in manierariduttiva. Questo processo lo si È già chiamato "risoluzione deltransfert". L'energia viene così liberata anche da questa formainadatta, e ci troviamo di nuovo di fronte al problema dell'energiadisponibile. Anche questa volta confideremo nella natura perchè siascelto, ancor prima che noi lo si cerchi, un oggetto che offra ilpendio più favorevole.

5. L'INCONSCIO PERSONALE E L'INCONSCIO SOVRAPERSONALE.

A questo punto inizio la "quarta tappa" del nostro processoconoscitivo. Abbiamo proseguito la risoluzione analitica dellefantasie di transfert infantili, fino a quando non diviene abbastanzachiaro anche al paziente che egli aveva trasformato il suo medico inpadre e madre, zio, tutore e maestro, o comunque si chiamino le

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autorità con funzione parentale. Ma, come dimostra semprel'esperienza, emergono nuove fantasie che rappresentano il medicopersino come il salvatore o come un essere simile alla divinità.Naturalmente in piena contraddizione con la sana ragione cosciente.Inoltre si verifica che questi attributi divini travalichinosensibilmente l'ambito della concezione cristiana in cui noi tuttisiamo cresciuti ed assumano caratteri pagani come, ad esempio, moltospesso forme animali.In sé il transfert non È nient'altro che una proiezione di contenutiinconsci. Dapprima vengono proiettati i cosiddetti contenutisuperficiali dell'inconscio. In questa situazione, il medico guadagnadi interesse quale possibile amante (qualcosa di simile al giovaneitaliano del nostro caso). Dopo, egli appare piuttosto come un papà,come il papà bonario o come quello infuriato, a seconda degliatteggiamenti che il vero padre del paziente aveva nei suoi confronti.Talvolta il medico appare al paziente anche come una figura materna,il che indica già qualcosa di strano, ma rientra tuttavia, pur sempre,nell'ambito del possibile. Tutte queste proiezioni della fantasia sonointessute di reminiscenze personali.Poi, però, compaiono forme di fantasie che hanno un carattere esaltatoe inverosimile. Allora il medico appare, improvvisamente, come dotatodi qualità inquietanti, qualcosa di simile ad un mago o ad undelinquente demoniaco o, viceversa, come il bene, come un salvatore.Successivamente egli appare come un incomprensibile miscuglio di tuttie due gli aspetti. Sia ben chiaro che il medico non appare così allacoscienza del paziente, ma vengono alla superficie delle fantasie chelo presentano così. Se, come avviene non di rado, il paziente nonriesce agevolmente a rendersi conto che la forma in cui gli appare ilmedico È una proiezione del proprio inconscio, allora assumeatteggiamenti un po' insensati. In questo stadio si presentano spessodifficoltà notevoli, che richiedono molta buona volontà e una grandepazienza da tutte e due le parti. Anzi, ci sono addirittura casieccezionali di pazienti che non possono frenarsi e cominciano adiffondere le più sciocche favole sul conto del proprio medico. Aquesti pazienti non vuole entrare in testa che, in realtà, questefantasie hanno origine in loro stessi ed "effettivamente" esse nonhanno nulla, o molto poco, a che vedere con il carattere del medico.Questo ostinato errore si basa sul fatto che, per quest'altro generedi proiezioni, non sono presenti elementi di reminiscenza personali.In qualche occasione si può dimostrare che simili fantasie siesercitavano già sul padre o sulla madre in una certa fasedell'infanzia, benchè né il padre, né la madre fornissero un pretestoreale.In un breve scritto (37), Freud ha mostrato che in tarda età Leonardoda Vinci fu influenzato dalla circostanza di avere avuto due madri.L'esistenza delle due madri o della doppia discendenza, nel caso diLeonardo, era reale, ma svolge un ruolo anche in altri artisti. Cosìanche Benvenuto Cellini aveva la fantasia della doppia origine. Ingenerale, si tratta di un motivo mitologico. Molti eroi, nelleleggende, hanno due madri. La fantasia non proviene cioè dal fattoreale che gli eroi abbiano due madri, ma È un'immagine originaria,diffusa ovunque, che appartiene ai misteri della storia universaledello spirito umano e non al campo della reminiscenza personale.Oltre alle reminiscenze personali, in ogni individuo ci sono le grandiimmagini originarie - come una volta le definì, appropriatamente,Jacob Burckhardt - ossia le possibilità dell'immaginazione umana,quali esse da tempo immemorabile sono state ereditariamente trasmesse,allo stato potenziale, nella struttura cerebrale. L'esistenza di taleeredità spiega anche il fenomeno davvero incredibile, per cui certi

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materiali e motivi leggendari si presentano nella stessa forma sututta la terra. Questo spiega, inoltre, come i nostri malati di mente,per esempio, possano riprodurre esattamente le stesse immagini e lestesse connessioni, così come noi le conosciamo dai testi antichi. Horiportato alcuni esempi di questo tipo nel mio libro "Trasformazioni esimboli della libido" (38). Con questo non affermo in alcun modol'"ereditarietà delle rappresentazioni", ma soltanto l'ereditarietàdella "possibilità di rappresentazione", cosa notevolmente diversa.In questo ulteriore stadio del transfert, dunque, in cui vengonoriprodotte queste fantasie che non si fondano più su reminiscenzepersonali, si tratta della manifestazione degli strati più profondidell'inconscio, dove sonnecchiano le immagini originarie comuni atutti gli uomini.Questa scoperta conduce alla quarta tappa della nuova concezione, checonsiste nel riconoscere una "distinzione nell'inconscio". Dobbiamocioè distinguere fra un inconscio personale e un inconscio impersonaleo sovrapersonale (39). Definiamo quest'ultimo anche come l'inconscio"assoluto" o "collettivo", appunto perchè esso È separato da quellopersonale ed È assolutamente generale, in quanto i suoi contenuti sipossono ritrovare in ciascuno di noi, il che non avviene,naturalmente, nel caso dei contenuti personali.Le immagini originarie sono i pensieri più antichi, universali eprofondi dell'umanità in generale. Essi sono sia sentimento chepensiero e, pertanto, li si potrebbe chiamare anche "pensierosentimentale originario".Così, adesso abbiamo trovato anche l'oggetto che la libido ha sceltodopo essersi liberata dalla forma personale-infantile di transfert.Essa affonda infatti nelle profondità dell'inconscio, dove risvegliaciò che sonnecchiava da tempi remotissimi. Essa ha scoperto il tesorosepolto dal quale l'umanità ha da sempre attinto le sue creazioni, dacui ha tratto le proprie divinità e i propri demoni e tutti quei piùforti e più potenti pensieri, senza i quali l'uomo cessa di essereuomo.Prendiamo, ad esempio, una delle idee più grandi concepite neldiciannovesimo secolo, l'idea della "conservazione dell'energia".Robert Mayer È il vero creatore di quest'idea.Egli era un medico, non un fisico o un filosofo della natura, figurealle quali sarebbe stato più congeniale creare una concezione delgenere. Ma È, comunque, di grande importanza sapere che l'idea diRobert Mayer non È stata creata, nel vero senso della parola. né si Èarrivati ad essa attraverso il confluire di rappresentazioni o ipotesiscientifiche allora esistenti, ma È nata nel creatore e lo hacondizionato.Robert Mayer scrisse in proposito a Griesinger (1944): La teoria nonl'ho affatto covata a tavolino (40). Successivamente, egli riferiscedi certe osservazioni fisiologiche, raccolte nel 1840-41 quale medicodi bordo: Ora, se si vuole far chiarezza così prosegue nella sualettera sugli aspetti fisiologici, È indispensabile la conoscenza deiprocessi fisici, a meno che non si preferisca affrontare la questionesul piano metafisico, cosa che mi ripugna infinitamente. Mi sono,pertanto, attenuto alla fisica, e tanta era la passione con la qualemi dedicai all'oggetto della mia ricerca che, si rida pure di me, miinteressai poco della parte lontana del mondo in cui mi trovavo e ho,invece, scelto di trattenermi a bordo, dove potevo lavorareininterrottamente e dove talora mi sentivo, per così dire, "ispirato",come non ricordo di esserlo mai stato, né prima, né dopo. Alcuni lampidi pensiero che mi attraversavano la mente - eravamo nella rada diSurabaja - li ho subito seguiti con costanza e mi hanno portato asempre nuove riflessioni. Quei tempi sono ormai passati, ma il pacato

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esame di "ciò che allora mi affiorava alla mente", mi ha insegnato cheÈ vero ciò "che non È solo sentito soggettivamente", ma può essereanche dimostrato oggettivamente. Ma che questo possa accadere ad un"uomo così poco competente in fisica", È questione che devo,naturalmente, accantonare.Helm, nella sua "Energetica" (1898), esprime l'opinione che la nuovaidea di Robert Mayer non È scaturita gradualmente dai tradizionaliconcetti sull'energia, attraverso una più approfondita riflessione sudi essi, "ma rientra in quelle idee colte intuitivamente che,provenendo da altri campi dello spirito, colgono, per così dire, disorpresa il pensiero e lo costringono a trasformare i concettitradizionali adeguandoli a sé".La domanda, a questo punto, È: da dove proveniva la nuova idea,impostasi alla coscienza con tanta elementare potenza? E da dovetraeva la forza che le consentì di catturare la coscienza in misuratale da riuscire a sottrarla interamente a tutte le svariateimpressioni di un primo viaggio ai Tropici?Sono domande alle quali non È molto facile trovare risposta. Ma seapplichiamo la nostra teoria a questo caso, la spiegazione dovràessere la seguente: "l'idea dell'energia e della sua conservazionedeve essere un'immagine originaria, che sonnecchiava nell'inconscioassoluto".Questa conclusione ci obbliga, naturalmente, a provare che un'immagineoriginaria di questo tipo esisteva anche, realmente, nella storiadello spirito e continuava ad agire attraverso i secoli. Questa provasi può effettivamente produrre senza particolari difficoltà: "lereligioni più primitive nelle terre più diverse sono basate su questaimmagine". Si tratta delle cosiddette "religioni dinamistiche", la cuiidea unica e determinante È l'esistenza di una forza magica diffusaovunque, attorno alla quale ruoterebbe tutto. Tylor, il notoricercatore inglese, come pure Frazer, hanno frainteso questa ideacaratterizzandola come animismo. In realtà con il loro concetto dienergia i primitivi non pensano affatto ad anime o spiriti, maeffettivamente a qualcosa che il ricercatore americano Lovejoy (41)definisce in modo appropriato come primitive energetics. Io, in unaricerca sull'argomento, ho mostrato che in questo concetto È racchiusol'idea di anima, spirito, Dio, salute, forza fisica, fertilità, poteremagico, influsso, potenza, rispetto, farmaco, così come determinatistati d'animo, caratterizzati dallo scatenamento degli affetti. Pressocerte popolazioni della Polinesia, il mulungu (appunto questoconcetto primitivo di energia) È spirito, anima, demonicità, poteremagico, rispetto e, se capita qualcosa di prodigioso, la gente esclamamulungu. Questo concetto di energia È anche la prima concezionedell'idea di Dio presso i primitivi. Quest'immagine si È sviluppata,nel corso della storia, in forme sempre nuove. Nell'Antico Testamento,la forza magica riluce nel roveto ardente e nel volto di MosÈ, neiVangeli si manifesta nella discesa dello Spirito Santo sotto forma dilingue di fuoco dal cielo. In Eraclito appare come energia cosmica,come fuoco eternamente vivo. Nel mondo persiano È lo splendoreligneo dell'"ha"ma", la "grazia divina". Presso gli stoici Èl'"heimarmene", la forza del destino. Nelle leggende medievali apparecome l'aura, l'aureola dei santi, e divampa come alta fiamma dal tettodella capanna in cui il santo giace in estasi. Nelle loro visioni, isanti vedono il sole di questa forza, la pienezza della luce. Secondoun'antica concezione, l'anima stessa È questa forza. Nell'idea dellasua immortalità È contenuta quella della sua "conservazione" e, nellaconcezione buddista e primitiva della metempsicosi (trasmigrazionedelle anime), È racchiusa la sua "illimitata capacità ditrasformazione pur rimanendo costante".

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Questa idea È quindi impressa nel cervello umano da tempiimmemorabili. Perciò È già presente nell'inconscio di ciascuno.Occorre solo che si verifichino determinate condizioni, perchè essa siripresenti nuovamente. Queste condizioni si erano evidentementerealizzate nel caso di Robert Mayer.I pensieri più grandi e migliori dell'umanità si formano sulla base diqueste immagini originarie, che sono antico patrimonio comune.Dopo quest'esempio della nascita di nuove idee dal tesoro delleimmagini originarie, riprendiamo l'ulteriore esposizione del processodi transfert. Abbiamo visto come la libido si sia procurata un nuovooggetto proprio in quelle fantasie apparentemente assurde e bizzarre,ossia nei contenuti dell'inconscio assoluto. Come ho già detto, laproiezione non consapevole delle immagini originarie sul medicocomporta un pericolo da non sottovalutare per la prosecuzione deltrattamento. Le immagini non contengono, infatti, solo tutto quanto dipiù bello e di più grande abbia mai pensato e sentito l'umanità, maanche le peggiori infamie e le azioni più diaboliche di cui gli uominisiano stati capaci. Se, dunque, il paziente non È in grado didistinguere la personalità del medico da queste proiezioni, si perdeogni possibilità di comprensione e il rapporto umano divieneimpossibile. Ma se il paziente evita questa Cariddi, egli cade nellaScilla della "introiezione" di queste immagini, cioè attribuisce leloro qualità non al medico, ma a se stesso. Questo pericolo Èugualmente grave. Nel caso della proiezione, il paziente oscilla fraun'esaltazione eccessiva e morbosa del proprio medico e un disprezzopieno di odio (42). Nel caso della introiezione, diventa vittima diuna ridicola autodeificazione o di un'autodistruzione morale. L'erroreche egli commette consiste, in ambedue i casi, nell'attribuire a sé icontenuti dell'inconscio assoluto. Così fa di sé un Dio o un diavolo.Qui sta la ragione psicologica del fatto che gli uomini hanno sempreavuto bisogno di demoni e non hanno mai potuto vivere senza divinità,eccezion fatta per alcuni esemplari particolarmente intelligentidell'"homo occidentalis" di ieri e di avantieri, superuomini il cuiDio È morto, per cui loro stessi diventano dÈi e, più precisamente,dÈi razionalistici in miniatura, con crani spessi e cuori freddi.Infatti, il concetto di Dio È semplicemente una funzione psicologicanecessaria, di natura irrazionale, che non ha assolutamente nulla ache fare con la questione dell'esistenza di Dio. Infatti, questa È unadelle questioni più sciocche che ci si possa porre. Si dovrebbe giàsapere a sufficienza che un Dio non È neppure possibile pensarlo,figuriamoci poi immaginare che esista realmente, così come non si puòpensare ad un evento che non sia determinato da una causalitànecessaria. Teoricamente non esiste alcun caso, questo È chiaro unavolta per tutte. Invece nella vita pratica ci si imbatte di continuoin eventi casuali. Lo stesso vale per l'esistenza di Dio: si trattadefinitivamente di un problema assurdo. Ma il "consensus gentium"parla di dÈi da tempi immemorabili ed ancora ne parlerà, per tempiimmemorabili. Per quanto l'uomo possa trovare la propria ragione bellae perfetta, È comunque certo che essa È pur sempre solo una dellepossibili funzioni spirituali e coincide soltanto con una parte deifenomeni del mondo ad essa corrispondenti. Ma da ogni parte lacirconda l'irrazionale, ciò che non collima con la ragione. E questoirrazionale È in ugual modo una funzione psicologica, e precisamentel'inconscio assoluto; mentre la funzione della coscienza Èessenzialmente razionale. La coscienza deve, appunto, avere "ratio",anzitutto per scoprire un ordine nel caos dei casi individuali delmondo intero, che ne sono privi, e poi anche per produrlo, almenonell'ambito umano. La nostra lodevole ed utile aspirazione È quella diestirpare in noi e fuori di noi, per quanto possibile, il caos

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dell'irrazionale. In questo processo siamo andati, apparentemente,abbastanza avanti. Un malato di mente mi ha detto una volta: Dottore,stanotte ho disinfettato tutto il cielo con il sublimato e, nel farlo,non ho scoperto alcun Dio. Qualcosa di simile È capitato anche a noi.Il vecchio Eraclito, che era davvero un grande saggio, ha scoperto lapiù meravigliosa di tutte le leggi psicologiche, cioè la "funzioneregolatrice dei contrari". Egli la chiamò "enantiodromia", l'andare insenso opposto: con ciò egli intendeva che tutto finiva con il caderenel proprio contrario (ricordo qui il caso dell'uomo d'affariamericano, che splendidamente dimostra cosa sia l'"enantiodromia").Così, l'atteggiamento razionale della civiltà cade necessariamente nelproprio opposto, ossia nella devastazione irrazionale della civiltà.Non ci si può, in effetti, identificare con la ragione stessa, poichèl'uomo non È semplicemente razionale, non può esserlo, né lo sarà mai.Questo devono metterselo bene in testa tutti quei maestri di scuoladella civiltà. L'irrazionale non deve e non può essere estirpato. GlidÈi non possono e non devono morire. Guai agli uomini che hannodisinfettato razionalmente il cielo: lo stesso Dio, infatti, È entratoin loro, perchè non hanno riconosciuto l'esistenza della sua funzione.Essi si sono identificati con il proprio inconscio e sono perciò igiullari del proprio inconscio (poichè dove Dio È più vicino, ilpericolo È maggiore). Questa guerra (43) sarebbe solo una guerra diinteressi economici? Questo È un modo di vedere neutrale-americano,"businesslike", che non considera il sangue, le lacrime, le infamieinaudite, le torture, e ignora del tutto che questa guerra È, ineffetti, una "follia epidemica". Le parti in conflitto proiettano ilproprio inconscio l'una sull'altra; da ciò deriva una pazzescaconfusione di idee in tutte le teste. Questa È l'"enantiodromia", checompare nella vita dei singoli individui, così come in quella deipopoli. La leggenda sulla costruzione della torre di Babele sidimostra una verità valida.Alla crudele legge dell'"enantiodromia" sfugge soltanto colui che sisa astrarre dall'inconscio, non rimuovendolo, perchè, altrimenti,l'inconscio lo aggredirebbe semplicemente alle spalle, ma "ponendoselovisibilmente innanzi come qualcosa di diverso da sé".Così si risolve il problema di Scilla e Cariddi, che ho descrittosopra. Il paziente deve imparare a distinguere che cosa nei suoipensieri È Io e cosa non-Io, cioè psiche collettiva o inconscioassoluto. Egli acquisisce così la materia prima con cui, da quelmomento, dovrà entrare in conflitto per lungo tempo. In questo modo,la sua energia, che prima si estrinsecava in forme inadatte epatologiche, ha trovato il suo vero sbocco. Per arrivare alladistinzione fra Io psicologico e non-Io psicologico, È necessario chel'uomo, nella sua funzione di Io, poggi "su solide fondamenta", e cioè"che egli assolva pienamente il suo dovere nei confronti della vita,così da essere sotto ogni punto di vista un membro vitale delconsorzio umano". Tutto ciò che egli ha trascurato in tal senso,ricade nell'inconscio e lo rafforza; tanto che corre il pericolo diesserne fagocitato, se la funzione del suo Io non viene rafforzata.Per questo si deve pagare una grave pena. Come accenna il vecchioSinesio (44), proprio l'anima spiritualizzata ("pneumatikè psychè")diviene Dio e demone e, in questo stato, subisce il castigo divino,cioè il dilaniamento di Zagreo, che anche Nietzsche sperimentòall'inizio della sua malattia mentale, quando con l'"ecce homo" fuaggredito alle spalle da quel Dio contro il quale si difendevafrontalmente in modo disperato. L'"enantiodromia" È l'essere dilaniatonelle coppie dei contrari, che appartengono solo a Dio e quindi ancheall'uomo divinizzato, che deve la somiglianza a Dio al superamento deipropri dÈi.

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6. IL METODO SINTETICO O COSTRUTTIVO.

A questo punto ha inizio la "quinta tappa" del nostra progressoconoscitivo. Il confronto con l'inconscio È un processo, una vera epropria tecnica e un lavoro, che ha ricevuto il nome di "funzionetrascendente (45) poichè rappresenta una funzione che si basa su datireali ed immaginari, razionali o irrazionali e con ciò getta un pontesul solco che separa le funzioni razionali e irrazionali della psiche.La funzione trascendente ha la sua base metodologica in una nuovamodalità di trattamento dei materiali psicologici" (dei sogni e dellefantasie). Le teorie discusse all'inizio si fondano su un procedimentoesclusivamente causale riduttivo che risolve il sogno (o la fantasia)nelle reminiscenze che lo compongono e nei processi istintuali che nesono alla base. Sopra ho chiaramente indicato la giustificazione einsieme il limite di questo procedimento. Questo procedimento terminanel momento in cui i simboli del sogno non si lasciano più ridurre areminiscenze o ad aspirazioni personali, e cioè nel momento in cuicominciano ad essere riprodotte le immagini dell'inconscio assoluto.Sarebbe del tutto insensato voler ridurre queste idee collettive adati di natura personale, e non solo insensato, ma decisamentedannoso, come ho imparato, a mie spese, dall'esperienza. Le immagini osimboli dell'inconscio assoluto rivelano il proprio valore se sonosottoposti ad un trattamento sintetico (non analitico). Come l'analisi(il procedimento causale-riduttivo) scompone il simbolo negli elementiche lo compongono, così il procedimento sintetico integra il simboloin un'espressione generale e comprensibile. Il procedimento sinteticonon È affatto semplice, quindi voglio servirmi di un esempio per poterillustrare l'intero processo.Una paziente che si trovava proprio nel momento critico del passaggiodall'analisi dell'inconscio personale all'inizio della riproduzionedell'inconscio assoluto, fece il seguente sogno: "È in procinto diattraversare un ruscello largo e impetuoso. Non c'È alcun ponte. Trovaperò un punto dove poterlo attraversare. Quando È proprio in procintodi farlo, un grosso granchio, che era nascosto nell'acqua, l'afferraad un piede e non la lascia più andare. Si sveglia in predaall'angoscia".

- Associazioni.

1) "Ruscello": costituisce una barriera difficilmente superabile - iodevo andare al di là di un ostacolo -; si riferisce di certo al fattoche vado avanti solo lentamente, eppure dovrei passare dall'altraparte.

2) "Guado": una possibilità per giungere sicuramente dall'altra parte- una via possibile -, altrimenti il ruscello sarebbe troppo largo.Nel trattamento analitico È presente la possibilità di superarel'ostacolo.

3) "Granchio": il granchio era completamente nascosto nell'acqua,prima non l'avevo visto - il cancro (46) È proprio una terribilemalattia - inguaribile (ricordo della signora X, che era morta per uncarcinoma) -; ho paura di questa malattia - il granchio È un animaleche cammina all'indietro - e che evidentemente vuole tirarmi giù nelruscello - mi attanagliava in una maniera inquietante e ho provato unaterribile paura - ma cos'È che non mi lascia passare al di là? Ah! sì- ho avuto di nuovo una grossa scenata con la mia amica.

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Con quest'amica esiste effettivamente una relazione particolare. Sitratta di una appassionata e lunga amicizia ai limitidell'omosessualità. L'amica È, per molti aspetti, simile alla pazientee soffre anche lei di nervi. Hanno in comune spiccati interessiartistici. Ma, delle due, la paziente È quella che possiede lapersonalità più forte. Dato che il loro rapporto È troppo intimo e leporta così ad escludere le altre possibilità della vita sono entrambenervose e, malgrado la loro amicizia ideale, si verificano fra di loroscenate clamorose provocate dalla reciproca irritabilità. L'inconscio,in tal modo, vuole frapporre una distanza fra di loro, ma esse non sene vogliono accorgere. La scenata comincia di solito così: una ritieneche non ci si comprenda ancora abbastanza, che ci si dovrebbe parlaredi più. A questo punto tutt'e due cercano con entusiasmo di scambiarsile proprie idee. Ovviamente, alla prima occasione, nasce un malintesoche provoca una nuova scenata più grave di tutte le precedenti."Faute-de-mieux" (47), la lite È stata a lungo per ambedue unsurrogato di piacere del quale non volevano fare a meno. Inparticolare, la mia paziente non poteva rinunciare a lungo al dolcedolore di non essere compresa dalla sua migliore amica, benchè ogniscenata la sfinisse mortalmente e si fosse resa conto da molto tempoche quest'amicizia era ormai finita e solo per falso orgoglio credevaancora di poterla considerare un ideale. Ma la paziente aveva già neiconfronti di sua madre un rapporto eccessivo, basato su fantasie e,dopo la morte della madre, aveva trasferito i propri sentimentisull'amica. L'esistenza di fantasie omosessuali È sufficientementeprovata.

- Interpretazione analitica (causale-riduttiva) (48).

Quest'interpretazione si può riassumere in una frase: riconosco chedovrei passare dall'altra parte del ruscello (cioè troncare ilrapporto con l'amica) ma preferirei di gran lunga che la mia amica nonmi lasciasse sfuggire alle sue tenaglie (abbraccio) e cioè - sottoforma di desiderio infantile - preferirei che mia madre mi attirasseancora a sé nel solito modo, con un abbraccio entusiasta. L'elementoincompatibile di questo desiderio consiste nella forte venasotterranea di omosessualità, sufficientemente provata da evidentidati di fatto. Il granchio l'afferra al piede perchè la paziente hagrossi piedi da uomo; È lei che svolge nei confronti dell'amica ilruolo maschile ed ha anche delle fantasie sessuali che corrispondono atale ruolo. Il piede ha notoriamente un significato fallico (neabbiamo un'estesa documentazione in Aigremont). L'interpretazionecomplessiva È la seguente: il motivo per cui non vuole separarsidall'amica È semplicemente che la paziente ha dei desideri omosessualiinconsci nei suoi confronti. Poichè tali desideri, dal punto di vistasia morale sia estetico, sono incompatibili con la tendenza dellapersonalità cosciente, essi sono rimossi e, quindi, inconsciL'angoscia non È altro che questo desiderio rimosso.Questa interpretazione È naturalmente la peggiore svalorizzazionepossibile dell'altissima concezione ideale dell'amicizia che lapaziente ha a livello cosciente. A dire il vero, a questo puntodell'analisi la paziente non se la sarebbe più presa a male con me perquest'interpretazione Alcuni fatti l'avevano persuasa a sufficienza,già molto tempo prima, che c'era in lei una tendenza omosessuale,tanto che riuscì ad ammettere spontaneamente quest'inclinazione,benchè per lei non fosse naturalmente piacevole. Dunque se a questostadio del trattamento io le avessi comunicato quest'interpretazione,non avrei più trovato in lei alcuna resistenza. Aveva già superato ildisagio per questa tendenza indesiderata nel momento in cui ne aveva

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riconosciuto l'esistenza Però mi avrebbe detto: ma perchè maicontinuiamo ancora ad analizzare questo sogno, che continua a ripeterela stessa cosa che io so già da molto tempo?. Tutta questainterpretazione non dice assolutamente nulla di nuovo alla paziente edÈ pertanto del tutto priva di interesse e di efficacia. Nel caso inesame, un'interpretazione di questo tipo, all'inizio del trattamento,sarebbe stata impossibile, e ciò semplicemente perchè la paziente, acausa della sua non comune "pruderie", non avrebbe in alcun modoammesso una cosa di questo genere. Fu necessario somministrare ilveleno della consapevolezza con estrema cautela e a piccole dosi,finchè l'ammalata non divenne gradualmente più ragionevole. Se adessol'interpretazione analitica o causale-riduttiva non apporta più nulladi nuovo, ma sempre e soltanto la stessa cosa in diverse varianti,allora È giunto il momento in cui viene indicato un altro metodointerpretativo. Il metodo causale-riduttivo ha infatti certisvantaggi: 1) innanzitutto non tiene in debito conto le associazionidel paziente. Ad esempio, nel presente caso, l'associazione dellamalattia cancro con il granchio; 2) il dato di fatto della sceltapersonale dei simboli resta nell'ombra. Ad esempio, perchè l'amica-madre deve apparire proprio come granchio? Eppure potrebbe, poniamoil caso, essere raffigurata in modo molto più piacevole e plasticocome un'ondina (Un po' era lei ad attirarlo, un po' era lui asprofondare eccetera). Un polipo o un drago, un serpente o un pesceavrebbero potuto svolgere lo stesso ruolo; 3) il metodo causale-riduttivo dimentica che il sogno È un fenomeno completamentesoggettivo; perciò un'interpretazione esauriente non potrà maicollegare il granchio all'amica o alla madre, ma solo al soggetto,all'autrice stessa del sogno. La sognatrice È l'intero sogno, È lei ilruscello, il guado e il granchio, il che sta a significare che questiparticolari esprimono le condizioni e le tendenze psicologichepresenti nell'inconscio del soggetto.Ho voluto quindi introdurre la terminologia seguente: chiamo ogniinterpretazione in cui le espressioni oniriche vengono considerateidentiche ad oggetti reali "interpretazione a livello dell'oggetto".Quest'interpretazione si contrappone a quella secondo cui ogniframmento del sogno, ad esempio tutte le persone che agiscono nelsogno, va riferito al sognatore stesso. Questo procedimento si chiama"interpretazione a livello del soggetto". L'interpretazione a livellodell'oggetto È "analitica", in quanto "scompone" il contenuto delsogno in complessi di reminiscenze, riferiti a condizioni reali.L'interpretazione a livello del soggetto, al contrario, È sintetica,in quanto separa i complessi di reminiscenze che sono alla base delsogno dalle occasioni reali e li presenta come tendenze o parti delsoggetto, reintegrandoli al soggetto (nelle esperienze che vivo nonsperimento soltanto l'oggetto, ma anche, in primo luogo, me stesso, apatto però che io mi renda conto dell'esperienza che sto vivendo)."Il metodo interpretativo sintetico o costruttivo" (49) si basa dunquesull'interpretazione a livello del soggetto.

- Interpretazione sintetica (costruttiva).

La paziente non È cosciente che l'ostacolo da superare, una barrierache È difficilmente oltrepassabile e si oppone al procedere ulteriore,È in lei stessa. Superare questa barriera È però possibile. Tuttavia,proprio in quest'attimo, si presenta la minaccia di un pericoloparticolare e inatteso, cioè qualcosa di animalesco (inumano osovrumano) che procede a ritroso e verso il profondo e che vorrebbetrascinare giù, con tutta la sua personalità, anche la sognatrice.Questo pericolo È anche come una malattia che uccide, che sorge

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segretamente da qualche parte ed È inguaribile (superiore ad ogniforza). La paziente si immagina che l'amica la ostacoli e la trascinigiù. Fin quando lo crederà, dovrà naturalmente agire sull'amica, dovràtirarla su, istruirla, migliorarla, educarla, deve compiere inutilie insensati sforzi idealistici per impedire che essa la trascini giù.Gli stessi sforzi li compie, naturalmente, anche l'amica, che infattiÈ nella stessa situazione della paziente. Così si scagliano l'unacontro l'altra come galli da combattimento e ciascuna cerca di saltaresulla cresta dell'altra. Più l'una salta in alto, più l'altra sitortura per eguagliarla. Perchè? Perchè entrambe credono che tuttodipenda dall'altro, dall'oggetto. L'interpretazione a livello delsoggetto porta alla soluzione di questa situazione assurda. Il sognomostra infatti alla paziente che È lei stessa ad avere in sé qualcosache le impedisce di superare la barriera, ossia che le impedisce dipassare da una situazione o da un atteggiamento all'altro.L'interpretazione che vede nel cambiamento di luogo un mutamento diatteggiamento È comprovata dal modo di esprimersi di alcune lingueprimitive, nelle quali, ad esempio, la frase: mi dispongo ad andaresuona sono sul luogo di andare (50). Per comprendere la lingua deisogni ci occorrono, naturalmente, numerosi paralleli tratti dallapsicologia dei primitivi e dalla simbologia storica, poichè i sogniprovengono, in sostanza, dall'inconscio, il quale racchiude lepossibilità funzionali residuali di tutte le epoche precedenti dellastoria evolutiva.Naturalmente tutto dipende adesso dalla comprensione di che cosasignifichi il granchio. In primo luogo sappiamo che È qualcosa checompare in rapporto all'amica (dato che la paziente lo collegaall'amica) e, poi, qualcosa che È comparso anche in rapporto allamadre. Se poi la madre e l'amica abbiano realmente in sé questaqualità È, per quanto riguarda la paziente, irrilevante. La situazionepuò cambiare solo se la paziente cambia se stessa. Per quanto riguardala madre, non c'È più nulla da cambiare, visto che È morta. E l'amicanon può essere spinta a cambiare. Se vuole cambiare se stessa, questoÈ allora un problema solo suo. Il fatto che quella determinatacaratteristica comparisse già in rapporto alla madre, È un indizio cherinvia all'infanzia. Che cosa hanno dunque in comune il rapporto chela paziente ha con la madre e con l'amica? L'elemento che li accomunaÈ un forte, eccessivo bisogno d'amore, dalla cui veemenza la pazientesi sente sopraffatta. Questo bisogno ha quindi i segni caratteristicidi un desiderio infantile, travolgente, che come si sa È cieco. Sitratta dunque, nel caso in esame, di una parte di libido non educata,non differenziata, non umanizzata, che possiede ancora un caratterepulsionale coattivo, insomma una parte non È stata domata conl'addomesticamento. L'"animale" È il simbolo assolutamente appropriatoper questa parte di libido. Ma perchè l'animale È proprio un granchio?La paziente vi associa il cancro, malattia di cui È morta la signoraX, per di più circa alla stessa età della paziente. Dovrebbe quinditrattarsi di un'identificazione allusiva con la signora X. Dobbiamoquindi indagare su chi sia questa signora X. La paziente di leiracconta questo: la signora X diventò presto vedova; era molto allegrae amava la vita. Ebbe una serie di avventure con uomini e, inparticolare, con un uomo originale, un artista molto dotato,conosciuto personalmente dalla paziente che era stata semprestraordinariamente colpita dal suo fascino e ne aveva subitoun'impressione inquietante.Un'identificazione può verificarsi sempre e solamente sulla base diuna rassomiglianza inconscia, non realizzata. Che cosa hanno allora disimile la nostra paziente e la signora X? Io potrei a questo puntoricordare alla paziente una serie di fantasie e di sogni precedenti

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che avevano chiaramente indicato che anche lei possedeva una vena difrivolezza, che sempre ansiosamente reprimeva, perchè temeva, a causadi questa tendenza che sentiva oscuramente in sé, di poter esseresviata verso un cambiamento immorale della propria vita. Abbiamo cosìottenuto un ulteriore, essenziale contributo alla conoscenzadell'elemento animale. Si tratta infatti di nuovo di quella stessasmania non domata, di tipo pulsionale, solo che in questo caso si eraindirizzata verso gli uomini. Comprendiamo ora, nel contempo, un'altraragione per cui la paziente non può lasciare la sua amica. Infattideve aggrapparsi a lei per non cadere vittima di quest'altra tendenza,che le appare ancor più pericolosa. In questo modo si ferma al livelloinfantile, omosessuale, che svolge tuttavia per lei un ruolo di"protezione". (Come ci insegna l'esperienza, questo È uno dei motiviche contribuiscono maggiormente a mantenere salde relazioni ormaiinadeguate, infantili.) In questo elemento, però, È posta anche la suasalute, il germe della futura personalità sana che non arretraspaventata dinnanzi al rischio della vita umana.Ma la paziente aveva tratto anche un'altra conclusione dal destinotoccato alla signora X. Aveva infatti interpretato la sua improvvisa,grave malattia e la sua morte prematura come un castigo del destinoper la vita leggera che questa donna aveva condotto, vita leggera chela paziente le aveva sempre invidiato (nei limiti di una invidia nonconfessata). Quando la signora X morì, la paziente aveva assunto unatteggiamento rigidamente moralistico, il quale nascondeva una gioiamaligna umana, troppo umana. Da allora la paziente, per punizione,si ritirò per molto tempo dalla vita chiudendosi ad ogni nuovapossibilità, poichè aveva sempre presente l'esempio della signora X, eprese su di sé la croce di questa tormentosa, insoddisfacenteamicizia. Naturalmente lei non aveva avuto, finora, una chiaraconsapevolezza di tutte queste connessioni, altrimenti non si sarebbemai comportata così. Ma fu facile dimostrare l'esattezza di questaconclusione in base al materiale disponibile.Ma la storia di questa identificazione non finiva qui. Infatti lapaziente fece notare ancora che la signora X possedeva un talentoartistico non trascurabile, che si era sviluppato in lei solo dopo lamorte del marito e che poi l'aveva anche portata all'amicizia conl'artista. Questo aspetto sembra uno dei motivi essenzialidell'identificazione, se ci ricordiamo che la paziente ci aveva dettodello straordinario fascino e della grande impressione che l'artistaaveva suscitato in lei. Un fascino di questo tipo non va "mai"esclusivamente da una persona ad un'altra, ma È un fenomeno di"relazione" che coinvolge due persone, in quanto la personaaffascinata deve a sua volta avere una disposizione analoga. Ma questadisposizione deve essere inconscia, altrimenti non ci può esserenessun effetto di fascino. Il fascino È infatti un fenomeno coattivoin cui manca una motivazione cosciente. Non si verifica cioè secondoun meccanismo volontario, ma È un fenomeno che emerge dall'inconscio esi impone in maniera forzata alla coscienza. Tutte le costrizioniderivano da motivazioni inconsce.Si può allora presumere che la paziente possedesse una disposizione(inconscia) simile a quella dell'artista. Ed È per questa ragione chesi È identificata con lui. Questo vuol dire anche che la paziente si Èidentificata con un uomo. A questo punto ci torna subito alla memorial'analisi del sogno, in cui avevamo trovato un indizio dell'elementomaschile (il piede). La paziente svolge, in effetti, nei confrontidell'amica un ruolo decisamente maschile: È lei la persona attiva, chedà continuamente il tono, che comanda la propria amica e talvolta lacostringe, anche con un po' di prepotenza, a fare qualcosa che solo lapaziente desidera. La sua amica È molto femminile, anche nell'aspetto

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esteriore, mentre la paziente È, anche esteriormente, un tipopiuttosto mascolino. Anche la sua voce È più forte e più profonda diquella dell'amica. La signora X viene descritta come una donna moltofemminile, paragonabile secondo la paziente all'amica, quanto atenerezza ed amabilità. Questo ci porta su una nuova traccia: lapaziente, a quanto pare, svolge il ruolo che l'artista svolgeva neiconfronti della signora X, ma trasferito sull'amica. Così completainconsciamente la sua identificazione con la signora X e il suoamante. In questo modo riesce "comunque" a vivere la vena difrivolezza che tanto ansiosamente aveva represso, non la vive peròcoscientemente, ma viene ingannata da questa tendenza inconscia.A questo punto sappiamo già molto sul granchio: nel granchio c'Èl'intima psicologia di questa parte di libido non domata. Leidentificazioni inconsce continuano a rimetterla in gioco ogni volta.Hanno questa capacità perchè sono inconsce e dunque non possono essereoggetto di esame o correzione. Il granchio simboleggia, perciò, icontenuti inconsci. Questi contenuti tendono naturalmente a ricondurrecontinuamente la paziente alla relazione con l'amica (il granchioprocede a ritroso). Ma il rapporto con l'amica equivale ad unamalattia, visto che per causa sua È diventata nervosa (e da ciò derival'associazione con la malattia).Questo elemento che È emerso rientrava ancora, in senso stretto,nell'analisi a "livello dell'oggetto". Ma non possiamo dimenticareche, se raggiungiamo questi risultati, È solo perchè applichiamol'interpretazione a livello del soggetto, che si rivela quindi unimportante principio euristico.In pratica ci si potrebbe dichiarare già completamente soddisfatti deirisultati sin qui raggiunti. Ma in questa sede dobbiamo risponderealle esigenze della teoria, poichè non sono state ancora valorizzatetutte le associazioni e il significato della scelta del simbolo non Èstato ancora saldamente afferrato.Consideriamo ora l'osservazione della paziente che il granchio eranascosto nel ruscello, sott'acqua, e che lei, in un primo momento, nonlo aveva visto. Lei, in un primo momento, non ha visto le relazioniinconsce che abbiamo appena spiegato: erano nascoste nell'acqua. Ma ilruscello È l'ostacolo che le impedisce di passare dall'altra parte.Proprio queste relazioni inconsce che la tenevano legata all'amicasono state d'ostacolo per la paziente. L'ostacolo era l'inconscio.Quindi, in questo caso, l'acqua significa l'inconscio o, meglio,l'"incoscienza", l'essere nascosti. In effetti il granchio È anchel'inconscio, rappresenta però la somma di libido imprigionatanell'inconscio.

7. I DOMINANTI DELL'INCONSCIO SOVRAPERSONALE.

Adesso ci attende ancora il compito di elevare anche "a livello delsoggetto" le relazioni inconsce comprese solo a livello dell'oggetto.A questo scopo dobbiamo liberarle di nuovo dall'oggetto e concepirlecome relazioni con immagini di natura soggettiva, con complessi difunzione presenti nell'inconscio della paziente stessa. Se portiamo lasignora X a livello del soggetto, allora È colei che ha dato allapaziente l'esempio di ciò che la stessa paziente temeva perchè,inconsciamente, lo desiderava. La signora X È dunque l'immagine diqualcosa che la paziente vorrebbe, eppure non vuole, diventare. Lasignora X costituisce perciò, in un certo senso, un'immagine delfuturo carattere della paziente. La figura inquietante dell'artistanon si lascia elevare al livello del soggetto, in quanto il momentodelle capacità artistiche inconsce, presenti in forma latente nellapaziente, È già personificato dalla signora X. Si potrebbe dire con

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diritto che l'artista È un'immagine dell'elemento mascolino dellapaziente, elemento di cui lei non È consapevole e che perciò, per lei,sta nell'inconscio. In un certo senso, questo È vero, dato che lapaziente, a questo proposito, effettivamente si inganna sul proprioconto. Lei, infatti, si crede particolarmente tenera, sensibile efemminile, niente affatto maschile. Per questo motivo rimase stupita econtrariata quando le feci notare i suoi tratti maschili. Ma non È neisuoi tratti maschili che possiamo cercare l'elemento dell'inquietantee del fascinoso. Apparentemente, È del tutto assente in lei. Eppuredovrà pur nascondersi da qualche parte, poichè l'origine di questosentimento È in lei stessa.L'esperienza ci dice che, se non si riesce a trovare un elementosimile, significa sempre che esso È "proiettato". Ma su chi? Ancorasull'artista? Questi È scomparso da gran tempo dalla cerchia dellepersone che la paziente frequenta e non può certo aver portato via consé la proiezione, visto che questa protezione È ancorata all'inconsciodella paziente. No, una simile proiezione È sempre attuale, ossia cideve essere da qualche parte qualcuno su cui quest'elemento vieneproiettato in questo momento, altrimenti lo ritroverebbe in se stessa.Torniamo così ancora una volta al livello dell'oggetto. Infatti nonc'È altro modo per rintracciare questa proiezione. La paziente nonconosce alcun uomo che abbia per lei un qualche significatoparticolare, tranne me, che, in quanto suo medico, significo molto perlei. Dunque lei ha certamente proiettato quest'elemento su di me. Io,a dire il vero, non avevo mai notato nulla di simile. Ma gli elementipiù delicati non si presentano mai in superficie, ma vengono alla lucesempre al di fuori dell'ora del trattamento. Perciò chiedo cautamente:Mi dica, come le appaio quando non si trova con me? Sono lo stessoanche dopo?. E lei: Quando sono con lei, È molto bonario, ma quandoresto sola, o quando non la vedo più per qualche tempo, allora la suaimmagine cambia spesso in modo sorprendente. A volte mi apparecompletamente idealizzato, poi di nuovo diverso. A questo punto siblocca. Io la incoraggio: E come le appaio?. E lei: A volte moltopericoloso, inquietante come un mago malvagio o come un esseredemoniaco. Non so come mi capiti di pensare queste cose. Lei però nonÈ così.Dunque quell'elemento era in me per effetto del transfert, perciòmancava nel suo inventario. In questo modo veniamo a conoscere unnuovo elemento essenziale. Io ero stato contaminato (identificato)con l'artista; quindi lei, nella fantasia inconscia, verso di meassume, naturalmente, il ruolo della signora X. Mi fu faciledimostrarle questo fatto, basandomi sui materiali venuti prima allaluce (fantasie sessuali). Ma allora anche l'ostacolo, il granchio chele impedisce di raggiungere l'altra riva, sono io stesso. Se, inquesto caso specifico, ci limitassimo al livello dell'oggetto, senzadubbio la faccenda si complicherebbe. A che gioverebbe che io lespiegassi: Ma io non sono affatto quell'artista, non sono affattoinquietante, non sono un mago malvagio, eccetera? Questo non avrebbeil minimo effetto sulla paziente, perchè sono cose che lei sa quantome; la proiezione continua a esserci come prima e sono davvero iol'ostacolo che le impedisce di andare oltre.A questo punto si sono già arenati parecchi trattamenti. Infatti quinon c'È altra via di scampo alla morsa dell'inconscio, se non che ilmedico stesso si porti al livello del soggetto, ossia dichiari dirappresentare una certa immagine. Un'immagine di che cosa? Questa È lamaggiore difficoltà. Ma certo dirà il medico l'immagine di qualcosache È nell'inconscio della paziente. Al che lei risponderà: Cosa? Iosarei un uomo, anzi un uomo inquietante, ammaliatore, un incantatore eun malvagio demone? Mai e poi mai. E' inammissibile, È un'assurdità.

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Io credo invece che lo sia lei. Ed ha proprio ragione a parlare così.E' assolutamente assurdo voler trasferire sulla sua persona qualcosadi simile. La paziente non può lasciarsi trasformare in un esseredemoniaco, così come non È possibile per il medico. I suoi occhimandano lampi, sul suo volto si dipinge un'espressione cattiva, unlampo di un odio sconosciuto, mai visto, e sembra che in lei comincinoa venir fuori delle vipere. D'un tratto mi accorgo che forse sono inpresenza di un terribile malinteso. Di che si tratta? Di amore deluso?Di un'offesa? Di una svalutazione? Nel suo sguardo È in agguato unaspecie di belva feroce, qualcosa di veramente demoniaco.Allora È davvero un essere demoniaco? O sono io stesso la belva, ildemone, e di fronte a me siede una vittima terrorizzata che cerca didifendersi dal mio maleficio con la forza della disperazione propriadi un animale? Tutto ciò non può che essere un'assurdità, un abbaglioimmaginario. Che cosa ho toccato? Quale nuova corda ho fatto vibrare?Ma È stato solo un momento passeggero. L'espressione sul volto dellapaziente torna ad essere tranquilla e, come sollevata, essa dice: E'strano. Ora ho avuto la sensazione che lei toccasse il punto che nonsono mai riuscita a superare nel rapporto con la mia amica. E' unsentimento orribile, come qualcosa di inumano, malvagio e crudele. Nonsono neanche capace di descrivere come sia inquietante questosentimento. Questo sentimento, in certi momenti, mi fa odiare edisprezzare la mia amica, benchè io mi opponga con tutte le mieforze.Queste parole gettano una luce chiarificatrice sull'accaduto: io hopreso il posto dell'amica. L'amica È superata. Il ghiaccio dellarimozione si È rotto. La paziente, senza saperlo, È entrata in unanuova fase della sua esistenza. Ora io so che su di me si riverseràanche tutto quello che c'era di doloroso e cattivo nel rapporto conl'amica. Certo, su di me si riverserà anche quello che c'era di buono,ma in fortissimo conflitto con quella misteriosa X da cui la pazientenon È mai riuscita a liberarsi. Insomma, una nuova fase del transfert,che tuttavia non consente ancora di intravedere chiaramente in checosa consista la X che viene proiettata su di me.Una cosa È certa: se la paziente resta prigioniera di questa forma deltransfert, incombe la minaccia di gravissimi equivoci. Infatti dovràtrattarmi come trattava l'amica, ciò vuol dire che quella X saràcostantemente sospesa nell'aria e provocherà continui malintesi. Lapaziente finirà proprio col vedere in me quel malvagio esseredemoniaco che non potrebbe mai ammettere di essere lei stessa. Inquesto modo si producono tutti i conflitti senza soluzione. E unconflitto insolubile significa il blocco della vita.Oppure c'È un'altra possibilità: la paziente, di fronte a questa nuovadifficoltà, usa il suo antico meccanismo di difesa e non tiene contodi questo punto oscuro. Si rifugia cioè, ancora una volta, nellarimozione, anzichè restare a livello conscio, il che sarebbe poiproprio l'esigenza ovvia e necessaria dell'intero metodo. In questomodo non abbiamo ottenuto nulla, anzi, ora la X minaccia a partiredall'inconscio, cosa che È decisamente più spiacevole.Ogni volta che affiora un elemento inaccettabile, come questo, bisognasempre rendersi esattamente conto se si tratta di un elementodestinato a diventare una qualità umana o se, alla fine, non lodiventerà. Stregone e demone potrebbero rappresentare dellequalità, che però, in realtà, sono caratterizzate in modo tale che sipuò subito capire che "non sono qualità personali umane, ma qualitàmitologiche". Stregone e demone sono figure mitologiche cheesprimono quel sentimento sconosciuto, inumano, che aveva colto lapaziente. Quindi questi attributi non possono essere affatto riferitiad una personalità umana, benchè, di norma, vengano proiettati proprio

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sul nostro prossimo sotto forma di giudizi "intuitivi", che nonvengono verificati criticamente più da vicino e che danneggiano sempreil rapporto umano."Questi attributi indicano sempre che vengono proiettati contenutidell'inconscio sovrapersonale o assoluto". Infatti i demoni non sonoreminiscenze personali, così come non lo sono gli stregoni malvagi,anche se, naturalmente, ad ognuno può essere accaduto di sentire o dileggere qualcosa in proposito. Anche se si È sentito parlare delserpente a sonagli non si parlerà di una lucertola o di un qualsiasiinnocuo serpentello come se fosse un serpente a sonagli - e con lastessa intensità emotiva - semplicemente perchè ci ha spaventato ilfruscio di una lucertola. Allo stesso modo non si definirà nemmeno unnostro simile come demone, anche se gli fosse realmente collegatouna specie di potere demoniaco. Ma se il potere demoniaco fossedavvero un aspetto del suo carattere personale, dovrebbe mostrarsi inogni circostanza, allora quest'uomo sarebbe appunto un demone, unaspecie di lupo mannaro. Ma questa È mitologia, ossia psiche collettivae non psiche individuale. Nella misura in cui noi partecipiamo, grazieal nostro inconscio, alla psiche collettiva storica, noi viviamo,naturalmente a livello inconscio, in un mondo di lupi mannari, demoni,stregoni, eccetera, poichè si tratta di cose che in tutte le epoche,che ci hanno preceduto, erano accompagnate da violente reazioniaffettive. E d'altra parte anche noi abbiamo qualcosa degli dÈi e deidiavoli, dei salvatori e dei criminali. Ma sarebbe assurdo volersiattribuire personalmente queste possibilità presenti in potenzanell'inconscio. Perciò bisogna assolutamente tracciare una lineadivisoria il più possibile chiara tra ciò che rientra nella dimensionepersonale e l'elemento impersonale. Con questo naturalmente, non sideve negare la presenza dei contenuti dell'inconscio assoluto, a volteestremamente efficace. Ma essi, in quanto contenuti della psichecollettiva, sono posti a fronte della psiche individuale e sonodistinti da essa. Naturalmente, presso l'uomo primitivo questicontenuti non erano mai separati dalla coscienza individuale, inquanto la proiezione stessa di dÈi, demoni, eccetera, non era intesacome una funzione psicologica, ma si trattava semplicemente di realtàconcrete. La loro natura di proiezioni non veniva mai riconosciuta.Solo nel periodo illuministico si scoprì che gli dÈi non esistevanorealmente, ma erano solo proiezioni. In questo modo vennero ancheliquidati. Ma non fu affatto liquidata la funzione psicologicacorrispondente. Essa ricadde invece nell'inconscio, provocando unavvelenamento dell'uomo stesso per eccesso di libido, che prima erainvestita nel culto dell'immagine divina. La svalutazione e larimozione di una funzione così forte come È quella religiosa hanaturalmente conseguenze rilevanti per la psicologia del singolo.L'inconscio È infatti straordinariamente rafforzato dal rifluire diquesta libido, tanto che, con i suoi contenuti collettivi arcaici,comincia ad esercitare sulla coscienza un'influenza potente ecoattiva. Il periodo dell'illuminismo si concluse, com'È noto, con gliorrori della Rivoluzione francese. Anche oggi sperimentiamo nuovamentequesta sollevazione delle forze distruttive inconsce della psichecollettiva. Il suo effetto È una carneficina che non ha eguali. Eraproprio questo che l'inconscio cercava. Prima la sua posizione si erasmisuratamente rafforzata grazie al razionalismo della vita moderna,che toglieva valore a tutto quanto È irrazionale, facendo cosìsprofondare nell'inconscio la funzione dell'irrazionale. Ma una voltache la funzione venga a trovarsi nell'inconscio, da lì produce effettidisastrosi e inarrestabili, come una malattia incurabile il cuifocolaio non può essere estirpato, perchè invisibile. Infatti dopol'individuo, come la collettività, deve vivere l'irrazionale in modo

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coatto e deve solo usare i suoi ideali più elevati e il suo umorismomigliore per dare alla follia dell'irrazionale la forma più perfettapossibile.Possiamo osservare in piccolo questo fenomeno nel caso della nostrapaziente, la quale È rifuggita dalla possibilità di vita che leappariva irrazionale (la signora X), per vivere la stessa possibilità,in forma patologica con grandissimo sacrificio, su un oggettoinadatto.Non c'È in generale alcun'altra possibilità, se non di riconoscerel'irrazionale come una funzione psicologica necessaria, in quantosempre presente, e di intendere i suoi contenuti non come realtàconcrete (questo sarebbe un passo indietro!), ma come "realtàpsicologiche". Realtà, perchè si tratta di cose "efficaci" e quindi"effettivamente esistenti" (51). L'inconscio collettivo È ilprecipitato di ogni esperienza del mondo fatta in tutti i tempi,perciò È un'immagine del mondo che si È formata in epoche. In questaimmagine, nel corso del tempo, si sono delineati determinati tratti,le cosiddette "dominanti!. Queste dominanti (52) rappresentano idominatori, gli dÈi, sono cioè immagini di leggi e principi dominanti,di regolarità che si presentano nello scorrere delle immagini che ilcervello ha ricevuto nel corso di processi secolari (53). Nella misurain cui le immagini depositatesi nel cervello sono copie relativamentefedeli degli eventi psichici, le loro dominanti, ossia i loro trattifondamentali e generali, individuabili per la frequenza con cui siripresentano esperienze analoghe, corrispondono così anche a certitratti fondamentali generali di natura fisica. Perciò È possibiletrasferire direttamente immagini inconsce sugli eventi fisici, sottoforma di concetti di natura generale. Ad esempio, l'"etere",l'antichissima materia del respiro o dell'anima che trova per cosìdire rappresentanza nelle concezioni di tutta la terra; o l'"energia",la forza magica, che È anch'essa diffusa universalmente.A causa del loro legame con le realtà fisiche, le dominanti compaionoper lo più sotto forma di proiezioni e, quando le proiezioni sonoinconsce, compaiono in riferimento a persone di volta in volta vicine,di solito sotto forma di sottovalutazioni o sopravvalutazioniesagerate o come pretesto di malintesi, di lite, di infatuazioni e diogni tipo di sciocchezze. Perciò si dice si fa un dio della talpersona (54); oppure Tizio o Caio È la "bestia nera" di X. Da ciòhanno anche origine le costruzioni moderne mitiche, ossia dicerie,sospetti e pregiudizi immaginari.Le dominanti dell'inconscio collettivo sono quindi cose estremamenteimportanti, che hanno effetti importanti a cui bisogna prestare lamaggiore attenzione. Le dominanti non vanno semplicemente represse, madevono essere sottoposte ad un esame accurato. Poichè compaiono per lopiù sotto forma di proiezioni e poichè le proiezioni (per l'affinitàdelle immagini inconsce con l'oggetto) si fissano solo dove siapresente un'occasione esterna, valutarle È particolarmente difficile.Se dunque capita che qualcuno proietti la dominante diavolo su unapersona vicina, ciò accade perchè questa persona ha in sé qualcosa checonsente alla dominante diavolo di fissarsi. Ma con ciò non si vuoleassolutamente dire che questa persona, per questo motivo, sia anche,per così dire, un diavolo. Al contrario, può essere una personaparticolarmente buona, la cui natura È però incompatibile con quelladi colui che proietta, per cui tra i due ha luogo un effettodiabolico. Anche colui che proietta non È necessariamente undiavolo, per quanto debba riconoscere di avere in sé, lui pure,l'elemento diabolico e di esserci caduto per primo se lo proietta. Manon per questo È diabolico, anzi, può essere una persona per benequanto l'altra. La comparsa della dominante diavolo significa, in un

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caso simile, che le due persone sono incompatibili (per ora e per ilprossimo futuro); per questa ragione l'inconscio li divideviolentemente e li tiene reciprocamente a distanza.Una delle dominanti in cui ci si imbatte quasi regolarmenteanalizzando le proiezioni di contenuti inconsci collettivi È ildemone incantatore, che ha un effetto prevalentemente inquietante.Ne È un buon esempio il "Golem" di Meyrink (55), come anche lostregone tibetano nei "Pipistrelli" di Meyrink, il quale scatenamagicamente la guerra mondiale. Naturalmente Meyrink non ha appreso dame questa figura, ma l'ha formata dal suo inconscio indipendentemente,prestando una voce ed un volto ad un sentimento analogo a quello chela paziente aveva proiettato su di me. La dominante del mago compareanche nello "Zarathustra", mentre nel "Faust" È, per così dire, lostesso eroe protagonista.L'immagine di questo demone È uno dei livelli più bassi ed antichi delconcetto di Dio. E' la dominante dello stregone primitivo tribale, unapersonalità dalle doti particolari che È ricca di potere magico (56).Questa figura appare molto spesso, nell'inconscio della mia paziente,come "scuro di pelle" e di "razza mongola" (faccio notare che questecose mi erano note molto tempo prima che Meyrink scrivesse).Con la scoperta delle dominanti dell'inconscio assoluto, abbiamo fattoun notevole passo avanti. L'influsso magico o demoniaco del prossimoscompare, in quanto il sentimento inquietante viene ricondotto ad unagrandezza definita dell'inconscio assoluto. In compenso ci attende oraun compito del tutto nuovo e inaspettato: la questione di come l'Io sidebba misurare con questo non-Io psicologico. Possiamo forseaccontentarci di constatare che le dominanti inconsce esistono edhanno una loro influenza ed abbandonare la cosa a se stessa?In questo modo si creerebbe una condizione di costante dissociazione,una scissione tra la psiche individuale e la psiche collettiva nelsoggetto. Da una parte avremmo allora l'Io moderno e differenziato,dall'altra, invece, una specie di cultura tribale, una condizione deltutto primitiva. In questo modo avremmo portato sotto i nostri occhi,in chiara contrapposizione, la nostra effettiva condizione attuale,cioè una crosta di civilizzazione su una bestia dalla pelle scura. Maquesta dissociazione esige immediatamente la sintesi e lo sviluppo diciò che non È sviluppato. Deve essere possibile una riunificazione diquesti due elementi.Prima di affrontare questa nuova questione, torniamo al sogno da cuieravamo partiti. Grazie a tutta questa discussione siamo pervenuti aduna più ampia comprensione del sogno e, in particolar modo, di un suoelemento essenziale: l'"angoscia". E' angoscia che si prova di fronteai demoni, alle dominanti dell'inconscio collettivo. Osserviamoinfatti che la paziente si identifica con la signora X, venendo a direcosì che lei stessa ha un rapporto con l'inquietante artista. E'emerso che il medico (io) era stato identificato con l'artista e,inoltre, abbiamo visto che, a livello del soggetto, io ero un'immaginedella dominante mago che appartiene all'inconscio collettivo.Nel sogno tutto ciò È coperto dal simbolo del granchio, l'essere checammina all'indietro. Il granchio È il contenuto vitaledell'inconscio, che non può assolutamente venire esaurito o privatodella sua efficacia attraverso un'analisi a livello dell'oggetto.Quello che siamo riusciti ad ottenere, invece, È stato: "il distaccodei contenuti mitologici della psiche collettiva dagli oggetti dellacoscienza e il loro consolidarsi come realtà psicologiche al di fuoridella psiche individuale".Finchè l'inconscio assoluto sarà accoppiato senza distinzione allapsiche individuale, non potrà esservi alcun progresso. Per usarel'immagine del sogno, la barriera non potrà essere oltrepassata. Ma se

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la sognatrice si dispone ad attraversare ugualmente la linea diconfine, l'inconscio, prima inosservato, prende vita, la afferra e latrascina giù. Il sogno e il suo materiale caratterizzano l'inconscioassoluto, per un verso, come un animale inferiore che vive nascostonelle profondità dell'acqua; per un altro, come una malattiapericolosa, che solo se operata (asportata, amputata) per tempo puòessere guarita. Abbiamo già visto quanto sia appropriata questacaratterizzazione. Il simbolo dell'animale, come si È già detto,rinvia in modo particolare alla dimensione dell'extraumano, ossia delsovrapersonale, in quanto i contenuti dell'inconscio assoluto non sonosolo i residui di modi funzionali arcaici e propriamente umani, masono anche i residui delle funzioni della serie degli antenati animalidell'uomo, che ebbero una vita infinitamente più lunga dell'epocarelativamente breve in cui si È sviluppata l'esistenza specificamenteumana. Tali residui, quando sono attivi, hanno un'insuperabilecapacità non solo di frenare il progresso dell'evoluzione, ma anche ditramutarlo in un regresso, sino a quando non È consumata la massa dienergia che ha attivato l'inconscio assoluto. Ma l'energia diventanuovamente utilizzabile se, grazie al confronto consapevole conl'inconscio assoluto, viene anch'essa presa in considerazione. Lereligioni hanno instaurato questo ciclo energetico in terminiconcreti, attraverso lo scambio culturale con gli dÈi (le dominantidell'inconscio assoluto). Ma per noi questa via È troppo incontraddizione con l'intelletto e la sua morale della conoscenza,perchè possiamo giudicare questa soluzione del problema ancoravincolante o anche solo possibile. Se, al contrario, concepiamo lefigure dell'inconscio come dominanti collettivi e inconsci e, dunque,come fenomeni o funzioni psicologico-collettivi, questa ipotesi noncontrasta in alcun modo con la nostra coscienza morale intellettuale.Questa soluzione È accettabile anche sul piano razionale. In questomodo abbiamo la possibilità di confrontarci con i residui attivatidella nostra storia originaria. Questo confronto consente di superarequella che fino ad ora era stata la linea di confine; perciò vienegiustamente chiamato "funzione trascendente", equivalente adevoluzione progressiva verso un nuovo atteggiamento, che nel sognoviene indicato come di altra sponda del ruscello.Il parallelo con il mito dell'eroe salta decisamente agli occhi: assaispesso il tipico duello dell'eroe con il mostro (il contenutoinconscio) si svolge presso la riva di un fiume, o anche presso unguado, specialmente nei miti indiani, a noi noti grazie all'"Hiawatha"di Longfelloz. L'eroe (ad esempio Giona) nel duello decisivo viene disolito inghiottito dal mostro, come Frobenius (57) ha documentatoampiamente. Ma all'interno del mostro l'eroe comincia a confrontarsi asuo modo con la bestia, mentre questa lo conduce nuotando verso illuogo dove sorge il sole, ad oriente: egli infatti recide una partevitale dei suoi organi interni, ad esempio il cuore della creaturamostruosa, grazie a cui essa viveva (appunto quella preziosa energiagrazie alla quale era stato attivato l'inconscio). Così egli uccide ilmostro, il quale poi, andando alla deriva, approda su una terra dovel'eroe, rinato grazie alla funzione trascendente (la cosiddettatraversata notturna, secondo la formula di Frobenius) esce fuori,spesso in compagnia di tutti coloro che il mostro aveva inghiottitogià prima. In questo modo viene ristabilito il normale statoprecedente, in quanto l'inconscio, defraudato della sua energia, nonoccupa più una posizione privilegiata. Così il mito, che È un sognodei popoli, raffigura in maniera molto chiara e trasparente ilproblema che assilla anche la nostra paziente (ho trattatodiffusamente il parallelo del mito dell'eroe nel mio libro"Trasformazioni e simboli della libido") (58). Il problema del

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confronto con l'inconscio assoluto È una questione a sé. Perciò inquesta sede devo accontentarmi di fornire uno sguardo panoramico dicarattere generale sugli sviluppi della nuova teoria dell'inconsciosino alla funzione trascendente e riservare ad un successivo lavoro ilcompito di esporre la funzione trascendente stessa (59).

8. LO SVILUPPO DEI TIPI NEL PROCESSO ANALITICO.

L'esposizione dell'analisi dell'inconscio sarebbe incompleta se non sispendesse anche una parola sulla questione di stabilire se questosviluppo È identico in entrambi i tipi. In effetti sia lo sviluppo,sia la concezione dell'inconscio si presenta nei due casi diversi.Anche se dobbiamo sforzarci di trovare una formulazione che, perquanto possibile, sia valida universalmente, d'altra parte dobbiamoanche convincerci con altrettanta determinazione che le concezioni deitipi sono "a priori" diverse e una formulazione universale corretta Èpossibile solo quando si tenga conto allo stesso modo di entrambi ipunti di vista. Non mi nascondo naturalmente che questa discussione haminore interesse per il profano che per lo specialista. Tuttavia,alcuni punti di vista sono di carattere più generale, così che ancheil profano potrebbe imparare qualcosa dalla lettura di quest'ultimocapitolo.Consideriamo anzitutto la concezione dell'inconscio. In questo libroho introdotto l'inconscio sotto il concetto di funzione psicologica,ossia come la somma di tutti quei contenuti psichici che nonraggiungono il valore limite della coscienza. Ho poi suddiviso imateriali inconsci in contenuti "personali", cioè reminiscenze,combinazioni e tendenze che si possono attribuire al singolo, e incontenuti "impersonali, collettivi", che non si possono attribuire alsingolo.I contenuti della psiche sono, in ultima analisi, immagini che ingenerale rappresentano da un lato la funzione, dall'altro gli oggettie il mondo. La coscienza contiene le immagini di oggetti recenti;l'inconscio personale immagini di oggetti che appartengono al passatoindividuale, in quanto sono dimenticati o rimossi, l'inconscioassoluto o collettivo contiene immagini storiche del mondo in generalesotto forma di immagini originarie o di motivi mitologici. Tutte leimmagini psichiche hanno due lati: un lato È rivolto all'oggetto, ne Èuna riproduzione il più possibile fedele né vuole e deve esserequalcosa di diverso. L'altro lato invece È rivolto alla psiche, ossiaalla funzione psichica ed alle leggi che le sono proprie.Faccio un esempio di immagine originaria del mito dell'eroe: adoccidente c'È una demoniaca progenitrice con una grande bocca. L'eroevi striscia dentro. In quel momento un uccellino si mette a cantare,la vecchia chiude la bocca e l'eroe scompare.Il lato dell'immagine rivolto all'oggetto fisico È il seguente: lasera il sole scende nella bocca del mare. A quell'ora un uccellinocanta (questo È un dato di fatto oggettivo) e il sole scompareall'interno del mare.Il lato dell'immagine rivolto all'aspetto psichico, all'"idea", È ilseguente: l'energia contenuta nella coscienza scompare (come il solela sera) nel mostro dell'inconscio.Se consideriamo l'inconscio collettivo dal lato psichico o ideale,esso È qualcosa di assolutamente diverso dall'oggetto; anzi, se i suoicontenuti devono poter completare l'idea, deve essere separato,"astratto" dall'oggetto. Se invece consideriamo l'inconscio collettivodal lato dell'oggetto fisico, come un'immagine dell'oggetto, esso Èpiù fiacco ed oscuro dell'oggetto stesso, per cui può essere portata acompimento solo dopo esser stato oggettivato nell'oggetto stesso,

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ossia proiettato.Come spiegavo prima, ci sono due tipi psicologici umani chiaramentedistinguibili, che io ho definito tipo introverso e tipo estroverso.L'introverso È caratterizzato dal punto di vista del pensiero,l'estroverso da quello del sentimento. Come ho mostrato, hanno unrapporto completamente diverso con l'oggetto. L'introverso astraedall'oggetto e ci pensa sopra; l'estroverso, invece, va versol'oggetto e vi si immedesima. L'introverso pone l'accento sul valoredell'Io, l'estroverso sul valore dell'oggetto. Per il primo, ciò cheimporta È la conservazione dell'Io; per il secondo, È la conservazionedell'oggetto. I due tipi assumeranno un atteggiamento del tuttodiverso nei confronti dell'inconscio. L'introverso si impossesserà, enon può non farlo, del lato ideale dell'immagine inconscia;l'estroverso, al contrario, del lato della riproduzione fisica.L'introverso purificherà il più possibile il lato ideale dallescorie delle aggiunte concretistiche di cui viene caricata lariproduzione fisica, per giungere all'idea astratta. L'estroverso, alcontrario, purificherà il più possibile la riproduzione fisica dalleaggiunte fantastiche introdotte dal lato ideale. Il primo siinnalzerà verso un mondo ideale e cercherà di superare così l'influssoperturbante dell'inconscio; al contrario il secondo avvicinerà il piùpossibile all'oggetto l'immagine inconscia, proiettandola sull'oggettofisico e, così, si libererà dalla morsa dell'inconscio.Ciò che per l'estroverso È un'intrusione fantastica e perturbantenell'immagine inconscia, per l'introverso È proprio ciò che ha piùvalore, in quanto germe dell'idea pura; viceversa, ciò che perl'introverso È solo imperfezione concretistica, un'appendice dellaprovenienza fisica, per l'estroverso È la traccia più preziosa, ilponte che consente di congiungere l'inconscio all'oggetto.Da questa descrizione si può facilmente capire che i due tipi, nellostadio di sviluppo del loro inconscio, percorrono la via opposta egiungono perciò agli estremi opposti: l'uno all'idea, l'altroall'oggetto del sentire, alla persona amata. In questo modo vengonoportate al loro punto più alto le caratteristiche psicologiche dei duetipi, ma, in base alla legge dell'"enantiodromia", È anche giunto ilmomento in cui l'altra funzione, nell'introverso il sentimento enell'estroverso il pensiero, entra nel suo diritto pienamentericonosciuto. L'introverso, dunque, grazie alla differenziazione eall'innalzamento del suo pensiero raggiunge la funzione sentimentaleautonoma a lui mancante. L'estroverso, al contrario, raggiunge unproprio pensiero per la stessa via di un amore progressivamentedifferenziantesi. Queste funzioni finora secondarie si trovanodapprima nell'inconscio e raggiungono gradualmente la coscienza nelcorso del trattamento. Si tratta dunque, inizialmente, di funzioniinconsce in uno stato di maggiore o minore incompatibilità con lacoscienza, caratterizzate cioè dalle qualità tipiche dei contenutiinconsci. Queste qualità sono tali da non poter essere tollerate dallacoscienza. Il malato di mente Schreber (60) dice una volta in modomolto pertinente che la lingua del buon Dio (= l'inconscio) È untedesco un po' antiquato, ma vigoroso, e ce ne dà esempi eloquenti.Poichè la controfunzione che affiora alla coscienza provenendodall'inconscio È così diversa da ciò che sembra ammissibile per lacoscienza, emerge la necessità di una tecnica di confronto con lacontrofunzione. E' impossibile accettare la controfunzione così com'È,dato che si porta sempre dietro anche proprietà e relativi fenomeniche appartengono all'inconscio assoluto. Se quindi in virtùdell'evoluzione descritta sopra, l'estroverso ha acquistato unatteggiamento nei confronti dell'oggetto assolutamente reale e liberoda tutti i fantasmi, potrà rivolgere la sua attenzione anche a quelle

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scorie (che per l'introverso erano preziosi germi di idee) e nesvilupperà idee analoghe a quelle già sviluppate dall'introverso. Asua volta l'introverso potrà rivolgere ora la sua attenzione a queimateriali che prima aveva dovuto respingere come deviazioni checonducevano alla realtà fisica, effettuerà quel chiarimento e quelladisamina nell'ambito dei suoi rapporti sentimentali, che l'estroversoha già portato a termine.Lo sviluppo della controfunzione, fino a quel momento inconscia, portaoltre il tipo verso l'individuazione e così ad un nuovo rapporto conil mondo e lo spirito. Il processo, che ha inizio con la comparsadegli aspetti complementari del tipo, È appunto la funzionetrascendente, che conduce al nuovo atteggiamento attraverso ladisamina e il chiarimento dei sentimenti e dei pensieri inconsci,atteggiamento che fa emergere la controfunzione sino ad alloratrascurata.Secondo l'antica massima naturam si sequemur ducem, nunquamaberrabimus, abbiamo dunque seguito il naturale impulso del pensatorea portare il principio del pensiero sino al suo più pieno compimento,e l'impulso del sentimentale ad attuare sino in fondo il principio delsentire. Così si produce un eccesso salutare, cioè la fame, l'esigenzadella funzione compensatrice. Infatti l'uno, pensando, finisce in unmondo di idee cristalline gelido e privo di vita; l'altro invece,sentendo, finisce in un infinito mare di onde di sentimenti che maihanno fine. Perciò il primo aspirerà al vivo calore del sentimento, ilsecondo, invece, aspirerà alla circoscritta precisione e stabilità delpensiero.Grazie a questo processo compensatorio, viene ottenuto unarricchimento dell'individuo che gli consente di essere piùdeterminato e di vivere un'armonia conclusa in se stessa. Conl'assimilazione della controfunzione si schiudono nuove sorgentiinteriori, che assicurano all'individuo un'indipendenza di gran lungamaggiore dai condizionamenti esterni. Questa conquista È un vantaggioincontestabile, al quale non si vuole rinunciare neanche di fronte aldato di fatto, ad esso inevitabilmente congiunto, che un orientamentotanto nuovo del proprio atteggiamento pone l'individuo in un certocontrasto con la massa di coloro che hanno ancora il vecchioatteggiamento. Questo contrasto non È uno svantaggio. Al contrario, Èuno stimolo efficace e positivo a vivere e a lavorare, poichè inquesto modo si È prodotto quel pendio di cui la nostra energiapsichica aveva bisogno per dispiegarsi.

9. SULLA CONCEZIONE DELL'INCONSCIO.CONSIDERAZIONI DI CARATTERE GENERALE SULLA TERAPIA.

Devo ancora richiamare l'attenzione su una circostanza di naturagenerale. Nel corso di tutta la trattazione, ho infatti datol'impressione di associare alla nozione di inconscio sempre l'idea diun "disturbo" o addirittura di un "pericolo". Sarebbe sbagliato se noimettessimo in risalto solo il lato nefasto dell'inconscio. E' il"disaccordo con l'inconscio la fonte della sua pericolosità". Seriusciamo a produrre quella funzione (o atteggiamento) che io chiamotrascendente, il disaccordo È superato e possiamo sfruttare il latofavorevole dell'inconscio. Infatti, l'inconscio ci procura alloratutto quell'incoraggiamento e quell'aiuto che una natura benigna puòoffrire con traboccante pienezza all'uomo. L'inconscio ha dellepossibilità che alla coscienza sono del tutto precluse, poichè disponedi tutti i contenuti psichici che si trovano al di sotto della sogliadella coscienza (subliminali), di tutto ciò che È stato dimenticato otrascurato, nonchè della saggezza accumulata con l'esperienza di un

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numero incalcolabile di secoli, che È depositata nei percorsi, giàesistenti o possibili, del cervello umano. L'inconscio È costantementeattivo e crea con i suoi materiali delle combinazioni, che servono adeterminare il futuro. L'inconscio crea combinazioni subliminali,prospettiche, tanto quanto la nostra coscienza, solo che esse sononotevolmente superiori a quelle della coscienza per raffinatezza eampiezza (61). L'inconscio, quindi, può anche essere una straordinariaguida per gli uomini.Il lettore non deve ora assolutamente credere che questi complicatimutamenti psicologici si svolgano tutti in ogni singolo caso pratico.Il "trattamento pratico" ha l'obiettivo di raggiungere un risultatoterapeutico. Il risultato può presentarsi, per così dire, ad ognilivello del trattamento, del tutto indipendentemente dalla pesantezzao dalla durata degli sforzi sofferti per raggiungerlo. E, viceversa,il trattamento di un caso difficile può durare molto a lungo, senzache vengano raggiunti o debbano essere raggiunti più alti stadi ditrasformazione. Sono relativamente pochi coloro che, una voltaraggiunto il risultato terapeutico, affrontano ulteriori livelli dicambiamento in vista del proprio sviluppo personale. Perciò non Èdetto che occorra essere un caso grave per dover percorrere tutto losviluppo completo. Un grado più alto di differenziazione loraggiungono comunque solo quegli uomini che per loro natura hanno unadeterminazione ed una vocazione per questo, che hanno cioè unacapacità ed una pulsione ad elevarsi maggiormente: ma quanto a ciò,gli uomini sono, com'È noto, estremamente diversi, così come le specieanimali, alcune conservatrici e altre evoluzioniste. La natura Èaristocratica, non nel senso però che essa avrebbe riservato lapossibilità di differenziazione solo alle specie superiori. Lo stessovale per la possibilità di sviluppo psicologico dell'uomo: essa non Èriservata ad individui particolarmente "dotati". In altre parole, aifini di uno sviluppo psicologico di vasta portata, non occorre né unaparticolare intelligenza, né alcun altro talento, poichè in questosviluppo possono subentrare qualità morali, laddove l'intelligenza nonbasta. Ma non si deve assolutamente credere che il trattamentoconsista nell'instillare nella gente formule generali o dogmicomplicati. Non È questo il punto. Ciascuno può conquistarsi ciò dicui ha bisogno a suo modo e nel suo linguaggio. Ciò che ho esposto inquesta sede È una formulazione intellettuale, fondata su lavoriscientifici preliminari, di natura sia empirica sia teorica, ma non Èciò di cui si parla di solito nel lavoro pratico. Le piccole partidedicate alla casistica, che ho inserito nel presente scritto, dannogià un'idea, sia pure approssimativa, di quello che avviene nellaprassi.Il lettore deve abituarsi all'idea che il nostro nuovo tipo dipsicologia ha un aspetto del tutto pratico ed un aspetto del tuttoteorico. Non È solo un metodo pratico di trattamento o un metodoeducativo, ma È anche una scienza teorica, in attivo rapporto con lealtre scienze collegate.

CONCLUSIONE.

Per concludere, devo chiedere scusa al lettore per aver osato esporrein queste poche pagine tante novità così difficili da capire. Miespongo al suo giudizio critico perchè ritengo che chiunque,isolandosi, percorra vie proprie, abbia il dovere di comunicare allasocietà ciò che ha trovato nel suo viaggio di esplorazione: forseun'acqua fresca per gli assetati o il deserto sabbioso di uno sterileerrore. L'una cosa aiuta, l'altra mette in guardia. Ma non sarà lacritica di un singolo contemporaneo, quanto i tempi e i destini futuri

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a decidere della verità o dell'errore delle nuove scoperte. Ci sonocose che oggi non sono ancora vere, o che forse ancora non possonoessere vere, ma forse domani sì. Così, chiunque abbia questo destinodeve andare per la sua strada, con la semplice speranza e con gliocchi aperti di chi È consapevole della propria solitudine e deipericoli degli abissi nebbiosi della solitudine. Il nostro tempo cercauna nuova sorgente. Io ne ho trovata una, ci ho bevuto e il saporedella sua acqua mi È piaciuto. Questo È tutto ciò che posso e vogliodire. Avrò realizzato la mia intenzione e il mio dovere verso lasocietà se, nei limiti delle mie capacità, avrò descritto la via chemi ha condotto alla sorgente. Il vociare di coloro che non percorronoquesta via non mi ha mai turbato, né mai mi turberà. Il nuovo urtasempre contro la resistenza del vecchio. E' stato sempre così e saràsempre così: fa parte dell'autoregolazione dell'accadere psichico.