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5 Casa Prima Enzo Barillà L’OROSCOPO DI CARL GUSTAV JUNG L.A. 192–110 Per quanto a mia conoscenza, lo studio più approfondito del tema nata- le di Carl Gustav Jung risale a quello comunicato pubblicamente sotto forma di una conferenza in lingua tedesca tenuta dalla figlia Anna Mar- garetha (detta “Gret”) presso il Club psicologico di Zurigo nel mese di ottobre 1974. Gret (Zurigo, 8 febbraio 1906 alle 13:25) aveva quindi 68 anni compiuti (il padre era morto nel 1961). Il testo della conferenza fu tradotto in inglese da F. J. Hopman e pubblicato sulla rivista Spring (numero unico del 1975) col titolo Some reflections on the Horoscope of C. G. Jung 1 . Su questa versione, 28 anni fa, curai a mia volta la traduzio- ne in lingua italiana, poi apparsa sulla rivista Ricerca ’90 n. 5 (gennaio 1991) col titolo Alcune riflessioni sull’oroscopo di C. G. Jung. A tale testo farò riferimento nel prosieguo 2 . Anna Margaretha “Gret” aveva mostrato un interesse precoce per l’astrologia, e riuscì a farne una professione. Il suo entusiasmo per la disciplina è testimoniato dal fatto che aveva astrologicamente studiato la miglior data per il suo matrimonio, da lei individuata per il mese di marzo 1926, incontrando però il diniego della madre Emma che le chie- deva di attendere il ritorno del padre dall’Africa orientale britannica nel mese di aprile 3 . Gret era la seconda di cinque figli (quattro femmine e un maschio) dei coniugi Jung, molto battagliera, e afflitta da un “complesso paterno 4 1 Spring anno 1975, Spring publications, New York, 1975, p. 35-55. 2 Il testo completo della mia traduzione è consultabile sul mio sito internet www. enzobarilla.eu alla sezione “traduzioni”. 3 Deirdre Bair, Jung: a biography, Little, Brown and Company, Boston, 2003, p. 326. Tutte le citazioni tratte da questa insuperabile e definitiva biografia sono state tradotte da me. 4 Deirdre Bair, Jung: a biography, cit., p. 317 Linguaggio Astrale n. 192 (autunno 2018) www.enzobarilla.eu - all rights reserved

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L’OROSCOPO DI CARL GUSTAV JUNG

L.A. 192–110

Per quanto a mia conoscenza, lo studio più approfondito del tema nata-le di Carl Gustav Jung risale a quello comunicato pubblicamente sotto forma di una conferenza in lingua tedesca tenuta dalla fi glia Anna Mar-garetha (detta “Gret”) presso il Club psicologico di Zurigo nel mese di ottobre 1974. Gret (Zurigo, 8 febbraio 1906 alle 13:25) aveva quindi 68 anni compiuti (il padre era morto nel 1961). Il testo della conferenza fu tradotto in inglese da F. J. Hopman e pubblicato sulla rivista Spring (numero unico del 1975) col titolo Some refl ections on the Horoscope of C. G. Jung1. Su questa versione, 28 anni fa, curai a mia volta la traduzio-ne in lingua italiana, poi apparsa sulla rivista Ricerca ’90 n. 5 (gennaio 1991) col titolo Alcune rifl essioni sull’oroscopo di C. G. Jung. A tale testo farò riferimento nel prosieguo2.

Anna Margaretha “Gret” aveva mostrato un interesse precoce per l’astrologia, e riuscì a farne una professione. Il suo entusiasmo per la disciplina è testimoniato dal fatto che aveva astrologicamente studiato la miglior data per il suo matrimonio, da lei individuata per il mese di marzo 1926, incontrando però il diniego della madre Emma che le chie-deva di attendere il ritorno del padre dall’Africa orientale britannica nel mese di aprile3. Gret era la seconda di cinque fi gli (quattro femmine e un maschio) dei coniugi Jung, molto battagliera, e affl itta da un “complesso paterno4”

1 Spring anno 1975, Spring publications, New York, 1975, p. 35-55.2 Il testo completo della mia traduzione è consultabile sul mio sito internet www.enzobarilla.eu alla sezione “traduzioni”.3 Deirdre Bair, Jung: a biography, Little, Brown and Company, Boston, 2003, p. 326. Tutte le citazioni tratte da questa insuperabile e defi nitiva biografi a sono state tradotte da me.4 Deirdre Bair, Jung: a biography, cit., p. 317

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«Gret “esasperava Jung in modo così terribile” da indurlo a implorare gli altri di non lasciare che gli si avvicinasse, poiché “esercitava una tale pressione” da non permettergli di dormire dopo le loro dispute quotidia-ne.» (Bair 2003, p. 326). Tali difficoltà di rapporto sarebbero durate per tutta la vita. Alla morte di Emma, moglie e devota compagna di vita di Jung, avvenuta il 27 novembre 1955, la famiglia si pose il problema di quale figlia potesse prendersi cura del padre ottantenne. «Gret voleva tra-sferirsi in casa ma, a causa delle perenni tensioni tra lei e il padre, era la candidata meno indicata. Gret era una cuoca eccellente, ma il loro rap-porto era talmente litigioso che, ogni volta che lei gli cucinava una delle sue straordinarie pietanze, lui protestava che gli rovinava la digestione.» (Bair 2003, p. 565).

Che il loro legame fosse particolarmente forte viene anche evidenzia-to dalla loro sinastria, sulla quale non mi soffermo, se non sottolineando pochi essenziali fattori. Jung era nato sotto il segno del Leone, la figlia era Acquario.

Il Saturno del padre si sovrapponeva alla congiunzione Sole-Venere della figlia, il Marte del padre stava in opposizione al Plutone della figlia, la Luna-Leone della figlia si collocava esattamente in mezzo alla con-giunzione Sole-Urano del padre. Ma non è tutto: osservando i due grafici, notiamo la comune angolarità di Plutone, in zona Gauquelin all’Ascen-dente per Gret e, sempre in zona Gauquelin, al Fondo Cielo per Carl. Inoltre, Saturno sta nella I casa di Carl, ed è altissimo al Medio Cielo nel cielo natale di Gret.

Urano è angolare nella casa VII di Gret e si trova egualmente nella casa VII di Carl.

Era, a mio parere, necessario fare questa piccola premessa in modo da consentire una valutazione sul grado di attendibilità dell’analisi di Gret condotta sull’oroscopo di Jung, al netto delle possibili proiezioni e proba-bili coinvolgimenti personali dell’astrologa.

Che la questione non sia oziosa lo dimostra un passaggio della sua citata conferenza in cui afferma «Io, per lo meno, ho sempre pensato che mio padre fosse un uomo estremamente irreligioso e pertanto non osavo pregare più, per paura che gli dispiacesse. …Solamente dai libri di mio padre appresi che, ovviamente, era stato un uomo religioso.» Va infine considerato che i rapporti tra Jung e tutte le quattro figlie erano «estre-mamente formali … Per le figlie, il padre “incuteva timore, era insigne, distante e oggetto di rispetto» (Bair, 2003 p. 565).

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Ora appare quindi meno sorprendente il fatto che abbia sentito il bi-sogno di giustifi care la sua analisi oroscopica mediante numerose ci-tazioni tratte dalla cosiddetta autobiografi a, Ricordi, sogni, rifl essioni di C. G. Jung, raccolti ed editi da Aniela Jaffé, invece di ricorrere a ricordi personali. A questo proposito è utile ribadire quanto già noto da tempo, e cioè che la redazione dell’autobiografi a fu molto travagliata a causa delle numerose interferenze dei fi gli di Jung, dell’editore Kurt Wolff e della stessa Jaffé (senza menzionare altre persone della cerchia ristretta di Jung). Quest’ultima si trovò, inoltre, a discutere con i fi gli del Maestro svizzero in merito alla divisione dei diritti d’autore, e il suo stato d’animo – considerata la sua precaria situazione, anche economica, di ebrea te-desca rifugiata e non ben inserita nell’ambiente zurighese – ovviamente ne risentiva. La biografi a fu scritta e riscritta molte volte, e subì tali e tante modifi che da risultare alla fi ne un prodotto spurio, certamente non

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conforme alla volontà del soggetto descritto nella narrazione. Jung – se-condo la testimonianza del suo traduttore inglese R. F. C. Hull – riferen-dosi ad Aniela Jaffé, durante una loro conversazione ripeté più volte “Ha scritto un sacco di cose su di me che sono semplicemente inaccettabili” (Bair 2003, p. 611).

Prima di chiosare alcuni punti dell’interpretazione di Gret, e proporre la mia lettura, occorre fare piazza pulita di una leggenda metropolitana riguardante il grande psicologo che, non dimentichiamolo, era un medi-co con specializzazione in psichiatria, e aveva iniziato la carriera lavo-rando in una prestigiosa clinica psichiatrica dove esercitò per nove anni. La vulgata che oggi circola volentieri in alcuni ambienti pseudo esoterici o new age, vuole che Jung fosse un “mistico”. Solo per fare un esem-pio, è stata pubblicata nel 2010 un’ennesima biografia5, intitolata Jung The Mystic: The Esoteric Dimensions of Carl Jung’s Life and Teachings di Gary Lachman6. Il titolo induce a collocare il pensiero di Jung, almeno in parte, in una dimensione mistica ed esoterica, cosa assolutamente lon-tana dal vero, e costituisce quasi un affronto alla memoria del grand’uo-mo. Certo, nel corpo della sua enorme produzione troviamo non pochi riferimenti ai mistici e alla letteratura mistica di svariate culture come oggetto di studio della sua psicologia, ma egli rifiutava categoricamente tale appellativo se riferito alla sua persona e alla sua opera.

Le probabili accuse di misticismo, che al tempo marchiavano chiun-que osasse allontanarsi dalle strade sicure dell’ortodossia scientifica e accademica, riecheggiano già in una lettera di Freud del 12 maggio 1911 indirizzata al Nostro. Scrive Freud:

«Mi rendo conto che un’intima inclinazione La induce a darsi allo studio dell’occulto, e non dubito che saprà tornare in patria con un ricco bottino. Non c’è nulla da obiettarLe, ed è sempre giusto che un uomo segua i suoi impulsi. La fama che si è guadagnata con la Dementia contrasterà per un pezzo l’accusa di “misticismo”…7»Jung si oppose sempre con forza a essere incasellato in un categoria

che gli era estranea, e lo considerava un tentativo di screditare il suo lavoro. Leggiamo due brani tratti da due diverse lettere, tra le tante, indi-rizzate a due diversi destinatari:

5 Un testo che non offre nuove prospettive di conoscenza, e si limita a riferire cose già ampiamente note.6 Trad. it.: Jung il mistico. Dimensioni esoteriche della vita e degli insegnamenti di Carl G. Jung, Mediterranee, Roma, 2012.7 Lettere tra Freud e Jung, Boringhieri, Torino, 1974, p. 454.

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«Lei sembra dimenticare che sono in primo luogo un empirico, e che sono stato portato ad occuparmi della questione del mistici-smo occidentale e orientale unicamente per motivi empirici.8»«In particolar modo mi rallegro del fatto che Lei abbia chiaramente capito che non sono un mistico, ma un empirico.9»In tarda vecchiaia, evidentemente ormai esasperato, nel corso di una lunga intervista filmata Jung sbottò:«Chiunque sostenga che io sia un mistico è solo un idiota. Non capisce un’acca di psicologia.10»

Affrontiamo ora l’argomento più specificamente astrologico. Jung nacque a Kesswil il 26 luglio 1875 alle 19:32, secondo Gret. Leggendo la relazione dell’astrologa-figlia, solo verso la metà emerge l’indica-zione della dominante. Afferma testualmente: «Saturno e Urano sono i signori dell’Acquario, l’Ascendente di mio padre, e di conseguenza il suo oroscopo ha due dominanti. Saturno è nella I casa, dove si forma l’Io cosciente. Urano si trova nella parte opposta dell’oroscopo, in casa VII, la casa delle relazioni.» È un modo, a mio avviso, un po’ sbrigativo per calcolare la dominante, almeno secondo la più accreditata scuola di pensiero astrologica francese. Ritengo che in questa diagnosi abbia giocato la proiezione delle proprie dominanti sulle astralità del padre. Per comprendere meglio il prosieguo dell’analisi oroscopica di Gret occorre riferirci a Ricordi, sogni, riflessioni di C. G. Jung (abbreviato per comodità in RSR), in cui il Maestro svizzero, all’età di 12 anni, per la prima volta acquisisce la consapevolezza di avere una doppia personalità. Scrive infatti: «mi venne in mente che effettivamente in me coesistevano due persone. Una era lo scolaro che non riusciva in algebra ed era ben lontano dal sentirsi sicuro di sé stesso; l’altra era importante, aveva autorità, era un uomo da prendere sul serio … Quest’“altro” essere era un uomo d’età avanzata, che viveva nel XVIII secolo, portava scarpe a fibbia e una parrucca bianca» (RSR, p. 61). E ancora: «Il gioco delle parti fra la personalità numero 1 e la numero 2, che si è protratto per tutta la mia vita, non ha nulla a che vedere

8 Lettera al pastore Ernst Jahn del 7 settembre 1935. Originale in tedesco, tradu-zione mia.9 Lettera a Padre Norbert Drewitt del 25 settembre 1937. Originale in inglese, tra-duzione mia.10 C. G. Jung speaking, Princeton university press, Princeton, New Jersey, 1977, p. 333. Traduzione dall’inglese mia.

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con una “frattura” o una dissociazione … Nella mia vita il numero 2 ha avuto una parte di primo piano, e ho sempre cercato di fare posto a tutto ciò che mi fosse imposto dall’intimo». (RSR, p. 74) «Poiché il “vecchio uomo”, l’“antichissimo” – che io avevo già sperimentato da bambino – è la personalità n. 2 che è sempre stata e sempre sarà: esiste al di fuori del tempo, è figlia del materno inconscio. Nelle mie fantasie l’antichissimo aveva preso la forma di Filemone; e a Bollin-gen egli vive.» (RSR, p. 273) Che cosa dunque rappresentavano per il Saggio di Bollingen tali personalità? Ce lo spiega lui stesso: la perso-nalità n. 1 costituiva il suo lato esteriore, quella che viveva nel mondo esterno; quella numero 2 viveva nel suo intimo, e occasionalmente faceva irruzione nel mondo della personalità n. 1 (Bair 2003, p. 597)

Gret identifica la personalità n. 1 nel pianeta Saturno e la n. 2 nel pianeta Urano, così motivando: «Ciò accade perché Urano corrisponde più all’inconscio.» Mi spiace dire che trovo fuorviante questo modo di procedere.

A mio avviso, l’oroscopo redatto dalla figlia di Jung va inteso so-prattutto come interessante testimonianza del suo rapporto e della sua percezione del padre, anziché come analisi strettamente tecnica. Prose-guendo la lettura della relazione, notiamo altresì il ricorrente desiderio di voler far quadrare i conti abbinando specifici eventi della vita paterna a tecniche previsionali, quali transiti, progressioni e direzioni primarie. Infi-ne, molto spazio viene riservato all’interpretazione del Plutone del padre, come se fosse un rispecchiamento delle valenze del proprio Plutone.

Esaminando la carta del cielo natale dello stesso C. G. Jung (Kes-swil, 26 luglio 1875 alle 19.32), notiamo subito alcuni fattori di rilievo. In primo luogo, il Sole nel suo domicilio del Leone è angolare, incollato al Discendente; è quindi un Sole particolarmente valorizzato, che esalta l’elemento Fuoco, già evidente in quel Marte possente in Sagittario, che lancia esclusivamente aspetti armonici, collegando – tra l’altro – Leone e Sagittario per mezzo del trigono con Urano. Tra gli aspetti di Marte, valuto come particolarmente favorevole il bel sestile con Giove (aspetto secondo me fondamentale per studiare l’oroscopo di Lutero, su cui mi sono già intrattenuto in altra sede). A una carta del cielo in cui prevale l’elemento Fuoco corrisponde temperamento ippocratico “bilioso”, di cui il Sole, Marte e Urano, con le loro sfumature, si spartiscono il merito.

È un dato incontestabile che Jung fosse affascinato dal Sole, nel suo aspetto mitico e simbolico. La sua prima grande opera, Simboli della

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trasformazione, scritta nel 1911 e pubblicata in prima edizione nel 1911-1912 (con il titolo Trasformazione e simboli della libido), che gli valse la dolorosa rottura con Freud, “si occupava della psicologia della lotta dell’eroe” (RSR, p. 196), dei miti del passato, tra cui spicca quello solare e del viaggio dell’eroe.

Leggiamo:«Abbiamo scoperto un idolo sepolto, l’eroe solare “giovane, bello, dal-

la chioma di fuoco, dalla corona raggiante” che, inaccessibile ai mortali, gira eternamente attorno alla terra e fa seguire la notte al giorno, l’inverno all’estate, la morte alla vita, e risorge nella sua rinnovata magnifi cenza per splendore su nuove generazioni. … Il sole è quindi adatto a rappre-sentare il dio visibile di questo mondo, la forza viva della nostra anima, che noi chiamiamo libido e la cui essenza è di produrre l’utile e il danno-so, il bene e il male. Che questo raffronto non sia un semplice gioco di parole l’abbiamo appreso dai mistici: quando mercé il raccoglimento essi

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discendono nel profondo di tutto il loro essere, trovano “nel loro cuore” l’immagine del sole, trovano la propria “volontà di vita” che a buon diritto, vorrei dire in virtù di un diritto fisico, essi chiamano sole, giacché il sole è la fonte della nostra energia e della nostra vita. Così la nostra vita fisiolo-gica, in quanto processo energetico, è interamente sole.11»

La solarità di Jung si espresse anche in una specie di personale pic-cola cerimonia che celebrava durante il suo viaggio in Kenya e Uganda. «Il sorgere del sole a queste latitudini era un fenomeno che ogni giorno mi rapiva. … Presi l’abitudine di prendere la mia sediolina da campo e di se-dermi sotto l’ombrello di un’acacia poco prima dell’alba.» (RSR, p. 320)

Come si esprimeva il Fuoco nel quotidiano di Jung? Innanzitutto in una ricca vita spirituale, nella limpidezza di un pensiero coraggiosamente in-novativo, in un instancabile anelito verso la luce della coscienza, cercando tuttavia di contemperare le esigenze dell’Io, il lato diurno della personalità, con quelle dell’inconscio, il lato notturno della personalità. Da una parte il Sole, sia pure al tramonto, quindi pronto a tuffarsi nelle profondità inte-riori, dall’altra Plutone vicino al Fondo Cielo, la mezzanotte, la buia notte dell’anima. Era anche un Fuoco di passione creativa. In un suo scritto, Jaffé accenna al “temperamento vulcanico di Jung”12.

Ne trovo un’eco significativa nelle seguenti parole dello stesso pro-tagonista: «Da giovane, la mia meta era di effettuare qualcosa della mia scienza. Ma poi fui travolto da questo torrente di lava, e il suo fuoco diede nuova forma e nuovo ordine alla mia vita. Fu la materia prima, che mi co-strinse a plasmarla; e le mie opere sono un tentativo, più o meno riuscito, di incorporare questa materia incandescente nella Weltanschauung del mio tempo. Quelle prime fantasie e quei sogni erano come magma fuso e incandescente: da essi si cristallizzò la pietra che potei scolpire» (RSR, p. 244).

La creatività solare di Jung si manifestava anche nelle piccole cose, come la passione per la cucina che lo metteva in condizione di elaborare piatti in cui entravano in gioco parecchi diversi ingredienti. In tal modo la cucina diventava anche, simbolicamente, il suo personale piccolo la-boratorio alchemico, in cui gli ingredienti venivano scaldati, cucinati e infine trasformati. Ma non solo: sapeva dipingere e disegnare, come atte-stano le belle immagini da lui stesso realizzate del Libro Rosso, notevole anche sotto il profilo estetico.

11 Simboli della Trasformazione, Opere, Boringhieri, Vol. V, Torino, 1970, p. 114, 126.12 Gerhard Wehr, Jung, Rizzoli, Milano, 1987, p. 86.

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E che dire della sua abilità come scultore che lavorava la pietra? 13

L’ardimento, anche fisico, e non solo delle proprie idee, del Maestro era fuori discussione. A 12 anni non temeva di navigare con “una fragi-le barchetta”sul lago dei Quattro Cantoni. «La prima cosa che feci fu di mettermi sulla poppa e di spingere al largo la barca con un remo.» (RSR, p. 61). Naturalmente, questa imprudenza gli fruttò una bella lavata di capo, che ferì il suo orgoglio, ma a cui silenziosamente si ribellò, chia-mando in causa la sua personalità n. 2.

Durante il suo viaggio in Africa del 1925, il suo coraggio e sangue freddo evitarono che una lunga danza sfrenata notturna dei portatori in-digeni della sua spedizione, ormai fuori controllo, sfociasse in tragedia, come era già accaduto a un altro esploratore svizzero. «Quindi agitai la frusta di rinoceronte con aria minacciosa, ma al tempo stesso ridendo e, in mancanza di un linguaggio migliore, urlai imprecando nel dialetto svizzero che era abbastanza e che ora dovevano andarsene a letto a dor-mire.» (RSR, p. 324)

Il Fuoco poteva tuttavia manifestarsi anche in subitanei e inaspet-tati scoppi di collera. Onestamente, egli lo confessa nell’autobiografia: «In gioventù ero iracondo, ma non appena l’emozione aveva raggiun-to il massimo d’intensità, svaniva subito, e seguiva una pace cosmica» (RSR, p. 238) Questo tratto caratteriale in realtà non lo abbandonò mail. Racconta Aniela Jaffé: «Nonostante gli avvertimenti iniziali di Jung, era tutt’altro che facile non badare alla sua collera. … L’impazienza di Jung non dipendeva soltanto dal suo temperamento – astrologicamente era un Leone! – ma anche dalla sua estrema sensibilità, che arricchiva, ma ren-deva anche più difficile la sua vita.14» Quando Jung rimase vedovo, Ruth Bailey, amica di famiglia di vecchia data, si trasferì stabilmente in casa, divenendo la sua governante. «[Jung] l’avvisò che aveva un caratterac-cio, e lei divenne la sua vittima innocente quando mise due pomodori di serra nello stufato. Lui s’infuriò gridando che mangiava unicamente pomodori del suo orto e, dopo una violenta invettiva, giurò che lei non avrebbe più avuto la sua fiducia.» (Bair 2003, p. 568)

Dieter Baumann, figlio di Gret e unico nipote a seguire le orme profes-sionali del nonno, lo ricorda come persona molto intensa: «Ma era anche

13 Cfr. la lunga descrizione della scultura in pietra eseguita a Bollingen nel 1950, alle p. 273, 274 e 275 di Ricordi, sogni, riflessioni, di C. G. Jung.14 Aniela Jaffé, Saggi sulla psicologia di Carl Gustav Jung, Paoline, Roma, 1984, p. 135.

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molto intenso quando si arrabbiava. Poteva essere impressionante15.»Sotto il profilo della caratterologia di Le Senne, possiamo ora inqua-

drare il grande psicologo nella categoria dei passionali (E-A-S). Per un approfondimento di questa tipologia, mi sia consentito rimandare il letto-re al mio Tipologia psicologica e tipologia astrologica. In questa sede sarà sufficiente riportarne un brano, che bene si attaglia alla nostra indagine.

«Battezzato passionale, ma lo si potrebbe anche chiamare “volitivo” per via della sua formidabile forza di volontà. Non solo ha un carattere forte, ma sa dominare le proprie forze per indirizzarle in una direzione uni-ca o prevalente, sacrificando tutto ciò che gli sembra meno importante rispetto al perseguimento dei suoi obiettivi. Tutte le energie che possiede sono tese verso il raggiungimento di pochi scopi essenziali, forse di un unico scopo. Vive ad alta tensione, la sua forza procede in primo luogo dal binomio E-A che lo induce a reagire energicamente contro qualsiasi ostacolo. È nato per comandare, lavora instancabilmente, è un asceta della volontà. Orgoglioso, può scivolare nella superbia. I suoi risentimen-ti sono temibili, tendono ad essere implacabili (effetto del binomio E-S).»

Se invece desideriamo avvalerci della chiave interpretativa rappre-sentata dai Tipi psicologici junghiani, dobbiamo domandarci a quale tipo appartenesse, fra quelli da lui indagati e descritti. Mi sono posto il proble-ma nel mio testo su Nettuno16, da cui ricavo il seguente brano:

«Egli stesso si definì un introverso, senza tuttavia specificare la funzione di appartenenza17. Una prima e probabile risposta al quesito è data dall’americano Angelo Spoto che afferma: “Quindi, sotto il profilo tipologico, siamo portati a formulare l’ipotesi prov-visoria, e tuttavia fondata, che Jung sia un intuitivo introverso (funzione superiore) assistito dalla funzione ausiliaria di pensiero estroverso.18»Il Fuoco non esaurisce di certo la chiave interpretativa astrologica del

Saggio di Bollingen. L’intera sua vita è legata anche al liquido elemento, l’Acqua. Il suo primo ricordo d’infanzia lo vede ammaliato dal lago di Costanza: «non potei più staccarmi dalla vista dell’acqua, ero affascina-to dalle onde che dal battello giungevano fino alla riva, dalla superficie

15 Nonno Jung, intervista a Dieter Baumann a cura di Augusto Romano. La Stampa, 24/6/199916 I mille volti di Nettuno, autopubblicato presso Amazon, 2015.17 C. G. Jung speaking, cit., p. 256. Traduzione dall’inglese mia18 Angelo Spoto, Jung’s typology in perspective, Sigo Press, Boston, !989, p. 53. Traduzione dall’inglese mia.

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dell’acqua scintillante al sole… In quel momento decisi che avrei dovuto vivere vicino a un lago, e mi parve che nessuno avrebbe mai potuto vi-vere lontano dall’acqua.» (RSR, p. 32) In effetti, così fu. Commenta Bar-bara Hannah, una tra le allieve che lo conobbero personalmente e che lo frequentarono per parecchi anni:

«Sebbene indubbiamente non lo sapesse da bambino, l’acqua costituisce il simbolo par excellence dell’inconscio. Ancorché si tratti, com’è ovvio, soltanto di un’immagine esteriore, è di ausilio impareggiabile quando si brancola nell’ignoranza circa il proprio inconscio e, dal 1909 alla fine dei suoi giorni, Jung riuscì sempre a sopportare quell’“insopportabile tortura” purché stesse sulle rive del lago.19»Non è dunque un caso se buona parte dell’indagine di Jung si sia

applicata all’inconscio e agli archetipi, i quali formano l’inconscio collet-tivo. Le sue parole al riguardo sono estremamente significative quando scrive: «Nei sogni e nelle fantasie il mare, o una qualsiasi vasta diste-sa d’acqua, significa l’inconscio.20» E nuovamente: «Il mare è il simbolo dell’inconscio collettivo. Perché sotto una superficie splendente cela pro-fondità impensate.21 »

Oltre a saper condurre con grande abilità la barca a vela, Jung tra-scorreva ore di svago a fare giochi d’acqua. Lo ricorda il nipote Dieter Baumann: «Sin dalla mia infanzia ricordo il nonno intento a questo lavo-ro. Vicino al lago scavava il terreno per isolare certi piccoli rivoli d’acqua e farli convergere in un unico canale, che drena l’acqua dal terreno. Un anno prima della sua morte, quando io avevo già 33 anni, l’ho ancora visto fare lo stesso lavoro. Si divertiva, poteva stare lì per delle ore.22» Anche Jaffé lo riferisce, e addirittura riporta questa insolita attività del “Gran Vecchio” (come lei lo chiama) al 1922, anno di acquisto del terre-no sui cui egli avrebbe costruito la sua famosa torre. Scrive l’allieva, che in seguito sarebbe diventata la sua segretaria: «Da quando Jung posse-deva quel terreno, si divertiva a costruire a questi rivoletti un nuovo letto e trasformarli in un vivace ruscelletto. …Nel far questo faceva ben at-tenzione al corso naturale dei rivoletti, perché proprio questo bisognava seguire per scavare ai piccoli corsi d’acqua il letto giusto e farli scorrere

19 Barbara Hannah, Vita e opere di C. G. Jung, Rusconi, Milano, 1980, p. 134.20 Simboli della Trasformazione, cit., p. 21921 Psicologia e alchimia, Boringhieri, Torino, 1981, p. 56.22 Nonno Jung, intervista a Dieter Baumann a cura di Augusto Romano, cit.

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di nuovo.23» In questo, vedo l’impulso creativo del Maestro, il suo gusto del gioco, la sua familiarità con l’inconscio che, come un mago, sapeva maneggiare, convogliare e indirizzare ai suoi fini. Vedo ancora una volta le sue capacità di trasformazione e di ristabilimento di un equilibrio natu-rale. Considero quindi la sua passione per i giochi d’acqua una metafora delle sue innate doti terapeutiche e immaginative.

A quest’ultimo proposito, è illuminante l’episodio riportato da Jaffé. Una ragazza semplice, sofferente di una grave insonnia ribelle a qualsiasi cura, si rivolse a lui, mandata dal proprio medico. «Jung cercò di spie-garle alcune cose e le raccontò anche quanto fosse salutare, benefica, la vela; si accorse però subito che lei stentava a capirlo. Questo gli dispiac-que perché voleva aiutarla e aveva a disposizione una sola ora. Mentre le parlava della vela, gli era venuta in mente una vecchia canzone che parlava dell’acqua, del Reno, della piccola barca e del pesciolino. Quasi senza volerlo cominciò a cantare o a modulare a bocca chiusa le proprie parole che parlavano della vela, del vento, dell’acqua e del rilassamento, piano, piano seguendo la melodia della vecchia ninna-nanna.24» Jung seppe solo un paio d’anni dopo, per bocca del medico curante, che la terapia fu coronata da totale successo, e la ragazza da quel momento recuperò un sonno normale.

Non ritengo una forzatura accostare la sua precoce attrazione per l’acqua a uno specifico aspetto astrologico presente nel cielo natale del grand’uomo. Vi riscontriamo infatti una perfetta quadratura tra Sole-Le-one e Nettuno-Toro. Un Nettuno così importante non poteva mancare di manifestarsi nei modi più svariati (tra cui la produzione di fenomeni cosiddetti paranormali), e in ogni caso tradursi in quella speciale dispo-sizione che l’antropologo Claude Lévy-Strauss denominò participation mystique. Dal mio testo su Nettuno25 traggo un approccio al concetto, secondo il mio punto di vista.

«Posto quindi che la participation mystique si riferisce tanto a uno sta-to uroborico, primordiale, indifferenziato, preconscio dell’essere umano quanto a uno stato in cui l’Io, pur pienamente formato, cede il passo alle forze dell’inconscio collettivo, la dissoluzione (dello stesso Io) ci appare subito come uno sviamento, una obnubilazione (temporanea o irrever-sibile) della coscienza, di cui l’Io sappiamo essere il punto centrale. Tale dissoluzione non necessariamente rappresenta un danno per la psiche

23 Aniela Jaffé, Saggi sulla psicologia di Carl Gustav Jung, cit., p. 15424 Aniela Jaffé, Saggi sulla psicologia di Carl Gustav Jung, cit., p. 12825 I mille volti di Nettuno

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individuale, come risulta dalle testimonianze di numerose persone che hanno riferito le loro esperienze.» (p. 36)

Per una miglior comprensione di questo particolare stato, sottopongo ora al lettore la diretta testimonianza del Maestro:

«A volte mi sento come se mi espandessi nel paesaggio e all’interno delle cose, e vivessi in ogni albero, nello sciacquio delle onde, nelle nu-vole e negli animali, che vanno e vengono, nelle cose.» (RSR, p. 273)

In effetti, non solo mostrò sempre un costante interesse alla fenome-nologia paranormale, addirittura facendone oggetto della sua tesi di lau-rea26, ma fu egli stesso soggetto di esperienze limite27. Dopo avere subito un infarto che lo portò vicino alla morte, Jung racconta di avere avuto durante il ricovero visioni di sé stesso galleggiante nello spazio a 1500 chilometri d’altezza, e ancora altre esperienze che definì “meravigliose”. Ebbe tuttavia cura di ribadire: «Le mie visioni e le mie esperienze erano effettivamente reali, nulla era soltanto sentito, soggettivo, anzi possede-vano tutti i caratteri dell’assoluta oggettività.28» Restando nel campo del-le visioni e dei sogni del grande psicologo, occorre ricordare che l’intero Libro rosso – un lavoro che lo tenne impegnato per 16 anni – altro non è che la trascrizione in immagini e parole del suo viaggio nell’inconscio e, contemporaneamente, l’esposizione del nucleo essenziale della sua psicologia, che sarebbe andata sviluppandosi nei successivi decenni di lavoro. Psicologia il cui concetto centrale è il processo di individuazione, e il cui conclusivo strumento consiste nella tecnica dell’immaginazione attiva, cioè il confronto tra l’Io e l’inconscio, nell’ottica di una sintesi che arricchisce entrambi. Non a caso, un noto analista junghiano ama ripor-tare il seguente aneddoto: «La Jaffè riferisce di un incontro tra Jung e dei giovani psichiatri che gli ponevano domande sulla psicologia analitica; in ultimo, prima di licenziarli, Jung restò un po’ assorto in silenzio; poi, rivolgendosi a loro, così si espresse: “Ora che abbiamo creato le basi per una coscienza psicologica, il vero problema sarà imparare ad essere più decentemente inconsci”.29»

È un dato di fatto che non sia possibile identificare il genio dallo stu-dio di un oroscopo, ed è questo il caso di C. G. Jung. Sappiamo anche

26 Psicologia e patologia dei cosiddetti fenomeni occulti, Opere, Boringhieri, Vol. I, Torino, 1970.27 Diverse esperienze del genere sono riportate nel’autobiografia, più volte citata.28 C. G. Jung, Ricordi, sogni, riflessioni, di C. G. Jung, Rizzoli, Milano, 1978 p. 35129 Federico de Luca Comandini, Saper stare sulla soglia, Babele n. 10 (giugno 2011), p. 14

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che non esiste nessuna personalità tagliata con l’accetta; essendo essa un unicum complesso su cui intervengono numerosi fattori, molto diffi-cilmente è definibile in base a un solo parametro. In questo caso intervie-ne a mio parere anche la congiunzione Luna-Plutone, con quest’ultimo pianeta che si trova angolare al Fondo Cielo.

Come tutte le personalità creative, Jung aveva un’enorme capacità di lavoro: lo attesta la mole dei suoi scritti, ora raccolti in un’opera om-nia di 18 volumi, a cui devono aggiungersi le trascrizioni dei seminari: Visioni, I sogni dei bambini, Zarathustra, Analisi dei sogni, solo per menzionare i più noti. Né deve trascurarsi l’attività d’insegnamento e la pratica professionale. Si tende purtroppo a dimenticare che il grand’uo-mo era dotato artisticamente: «Verso la fine degli studi, per circa un anno si dedicò intensamente alla pittura, dipingendo in stile figurati-vo paesaggi che testimoniano una perizia notevole e una padronanza tecnica estremamente raffinata.30» È sufficiente sfogliare le immagini a corredo de Il libro rosso, scritto in elegante grafia simil gotica, per ren-dersene conto. Jung era anche un profeta, molto – forse troppo – avanti per il suo tempo. Fra l’ottobre 1913 e il luglio 1914, egli ebbe visioni che preludevano all’imminente scoppio della terrificante I guerra mon-diale. Così scrive: «In ottobre, mentre ero in viaggio da solo, fui all’im-provviso colpito da una sorprendente visione: una spaventosa alluvione dilagava su tutti i territori, da nord a sud, posti tra il Mare del Nord e le Alpi. … Mi resi conto che si avvicinava una terribile catastrofe: vedevo i violenti flutti giallastri, le fluttuanti macerie delle opere della civiltà, gli innumerevoli morti, e infine il mare divenuto di sangue.» (RSR, p. 217). Ma non è tutto, perché fu proprio in quel fatale anno 1913 che Jung intraprese la sua personale discesa nelle oscure profondità dell’incon-scio. Così ce lo racconta: «Era la festività dell’Avvento, nel 1913 (il 12 dicembre), quando mi risolsi al passo decisivo. Ero seduto alla scriva-nia, meditando ancora una volta sui miei timori. Poi mi abbandonai. Improvvisamente fu come se il terreno sprofondasse, nel vero senso della parola, sotto i miei piedi, e precipitassi in una profondità oscura. Non potei fare a meno di provare un senso di panico; ma poi, di colpo, a non grande profondità, poggiai i piedi su una massa soffice, viscida. Ne provai sollievo, sebbene fossi ancora in una quasi totale oscurità. Dopo un po’ i miei occhi si abituarono al buio, che era piuttosto simile a un profondo crepuscolo. Dinanzi a me c’era l’entrata di un’oscura

30 Sonu Shamdasani, introduzione a Il libro rosso di C. G. Jung, Boringhieri, Torino, 2010, p. 196

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caverna, dover si trovava un nano.» (RSR, p. 221). C’è quindi abba-stanza materiale che ci consente di intravedere una non trascurabile componente plutoniana nella personalità di Jung. Ma, prima di allora, il Maestro aveva già avuto modo di fare esperienza del simbolismo pluto-niano all’opera, nella persona stessa di sua madre. Il ricordo del figlio: «Ero sicuro che in lei c’erano due personalità: una innocua, umana, l’altra inquietante. Quest’ultima si manifestava solo di tanto in tanto, ma ogni volta inattesa, e tale da incutere timore. Allora parlava come se si rivolgesse solo a sé stessa, ma ciò che diceva si riferiva a me, e di solito colpiva le intime fibre del mio essere: mi lasciava senza parole. … C’era un’enorme differenza tra le due personalità di mia madre: ed era per questo motivo che da bambino la vedevo spesso in sogni an-gosciosi. Di giorno era una madre amorevole, ma di notte mi appariva inquietante: era come una di quelle veggenti che sono al tempo stesso uno strano animale, come una sacerdotessa nella grotta di un orso. Arcaica e spietata, spietata come la verità della natura.» (RSR, p. 79)

Sarebbe forse fin troppo facile cadere nella tentazione – non senza qualche buona ragione, astrologicamente parlando – di interpretare la congiunzione Luna-Plutone nell’oroscopo di Jung all’idea che egli s’era fatto della propria madre, e tuttavia ritengo che ciò sarebbe un po’ banale e riduttivo; a mio avviso fu proprio l’esperienza del rapporto con la madre che espresse la sua prima e basilare esperienza con l’in-conscio. Sarebbe troppo azzardato affermare che fu proprio quella la radice da cui tutto ebbe inizio? In ogni caso, egli non si limitò a calarsi nell’inconscio per esplorarlo, seppe anche operare quella sintesi che, per mezzo dell’immaginazione attiva, lo portò a concludere la sua vita come essere pienamente individuato. «La sintesi di contenuti coscienti e inconsci e il rendere coscienti effetti archetipici sui contenuti della coscienza rappresenta il risultato più alto degli sforzi psichici e della concentrazione di forze psichiche, quando viene compiuta consape-volmente. … L’“immaginazione attiva” ci pone in condizione di scopri-re l’archetipo, e precisamente non mediante uno sprofondamento nel-la sfera istintuale, che porta soltanto a un abbassamento di coscienza incapace di conoscenza o, peggio ancora, a un surrogato intellettuali-stico degli istinti.31» Divulgando instancabilmente il suo pensiero, Jung esercitò appieno il compito ultimo del plutoniano autenticamente lu-minoso, che è quello, in ultima analisi, di agire per il bene della società,

31 Riflessioni teoriche sull’essenza della psiche, Opere, Boringhieri, Torino, 1983, Vol. VIII, pag. 228.

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se non dell’umanità, perché è un individuo maggiormente in grado di trasformarsi. Trasformando sé stesso, trasformerà anche il collettivo.

Con queste note, mi auguro di avere delineato la personalità del Sag-gio di Bollingen tentando di coglierne l’essenza32 alla luce dei principi della scienza astrologica, senza operare forzature o proporre interpreta-zioni più o meno stravaganti, con l’intento d’invogliare gli interessati a seguire il filo rosso costituito dalle sue stesse parole e dalle testimonianze di chi l’ha conosciuto e frequentato personalmente. Di ciò ne sarà giudi-ce il benevolo lettore.

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2011).– HannaH, Barbara, Vita e opere di C. G. Jung, Rusconi, Milano, 1980– Jaffé, Aniela, Saggi sulla psicologia di Carl Gustav Jung, Paoline, Roma, 1984– Jung, Carl Gustav, Briefe, Walter Verlag, Olten, 1981.– Jung, Carl Gustav, Letters, Routledge and Kegan Paul, London, 1973.– Jung, Carl Gustav, Simboli della Trasformazione, Opere, Boringhieri, Vol. V, To-

rino, 1970– Jung, Carl Gustav, Psicologia e alchimia, Boringhieri, Torino, 1981– Jung, Carl Gustav, Psicologia e patologia dei cosiddetti fenomeni occulti, Opere,

Boringhieri, Vol. I, Torino, 1970.– Jung, Carl Gustav, Ricordi, sogni, riflessioni, di C. G. Jung, Rizzoli, Milano, 1978.– LacHman, Gary, Jung il mistico. Dimensioni esoteriche della vita e degli insegna-

menti di Carl G. Jung, Mediterranee, Roma, 2012.– SHamDaSani, Sonu, introduzione a Il libro rosso di C. G. Jung, Boringhieri, Torino,

2010– Spoto, Angelo, Jung’s typology in perspective, Sigo Press, Boston, 1989– WeHr, Gerhard, Jung, Rizzoli, Milano, 1987

32 Volendo entrare nei dettagli interpretativi, sarebbe meritevole di approfondimento la stretta congiunzione Mercurio-Venere nel Cancro in sestile con la Luna in Toro. Luna e Venere in mutua ricezione, ad esempio, di per sé costituiscono una carta vincente relativamente al gusto artistico nonché alla facilità di rapporti con le donne e il femminile in generale.

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