II concetto di sublimazione da Freud a Jung · (6) S. Freud, « Lettera a Jung del 12 febbraio 1911...

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OPINIONI II concetto di sublimazione da Freud a Jung Luigi Aurigemma, Parigi (1) S. Freud, Lettere a Wilhelm Fliess, traduzione di Anna Maria Massimello, Torino, Boringhieri, 1986, p. 270. (2) S. Freud, « Autobiografia » (1924), in Opere 1924-1929, Torino, Boringhieri, 1972, p. 123. In una lettera del 2 maggio 1897 Freud comunicava al suo amico Wilhelm Fliess di essere giunto ad una « esatta nozione della struttura dell'isteria », ed alludeva alla parte che nell'isteria spetta alle « sublimazioni » (1). Se non faccio errore, è questa la prima volta che il termine appare sotto la sua penna; senza spiegazioni, del resto, quanto alla sua genesi ed al suo significato. Freud aveva compiuto proprio in quei giorni i quaran- tun'anni. I suoi Studi sull'isteria scritti in comune con Breuer erano stati pubblicati due anni prima. Il suo pensiero era in pieno fermento; nell'ottobre di quello stesso anno 1897, difatti, egli perveniva ad una più precisa definizione delle sue ipotesi sul complesso di Edipo, che gli si rivelava come il nocciolo di ogni nevrosi (2). Ma il termine di Sublimierung comparirà in un testo importante di Freud solo qualche anno più tardi, nel 1901, e precisamente nel ma- * II presente articolo riproduce il testo di una conferenza tenuta a Milano il 16 aprile 1987 nella sede dell'« Istituto Francesco Caracciolo ». 181

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OPINIONI

II concettodi sublimazioneda Freud a Jung

Luigi Aurigemma, Parigi

(1) S. Freud, Lettere aWilhelm Fliess, traduzione diAnna Maria Massimello,Torino, Boringhieri, 1986, p.270.

(2) S. Freud, « Autobiografia »(1924), in Opere 1924-1929,Torino, Boringhieri, 1972, p.123.

In una lettera del 2 maggio 1897 Freud comunicava al suoamico Wilhelm Fliess di essere giunto ad una « esattanozione della struttura dell'isteria », ed alludeva alla parteche nell'isteria spetta alle « sublimazioni » (1). Se nonfaccio errore, è questa la prima volta che il termine apparesotto la sua penna; senza spiegazioni, del resto, quantoalla sua genesi ed al suo significato.Freud aveva compiuto proprio in quei giorni i quaran-tun'anni. I suoi Studi sull'isteria scritti in comune conBreuer erano stati pubblicati due anni prima. Il suopensiero era in pieno fermento; nell'ottobre di quellostesso anno 1897, difatti, egli perveniva ad una piùprecisa definizione delle sue ipotesi sul complesso diEdipo, che gli si rivelava come il nocciolo di ogni nevrosi(2). Ma il termine di Sublimierung comparirà in un testoimportante di Freud solo qualche anno più tardi, nel 1901,e precisamente nel ma-

* II presente articolo riproduce il testo di una conferenza tenuta a Milanoil 16 aprile 1987 nella sede dell'« Istituto Francesco Caracciolo ».

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noscritto del celebre caso clinico di Dora (3). A partire daquel momento esso viene a far parte del linguaggiofreudiano, abbracciando un meccanismo di immensaportata poiché, come preciserò in queste pagine, il terminenon concerne affatto soltanto la clinica delle nevrosi matocca, altrettanto sostanzialmente, la genesi del mondopropriamente umano della civiltà nelle sue forme piùdiverse.Appare evidente da quanto precede che, prima ancora dicercare di definire le formulazioni teoriche all'interno dellequali Freud si è servito di questo termine, importadelimitarne il valore semantico, vale a dire il significato e lacarica affettiva che lo accompagnavano nell'universolinguistico al quale Freud apparteneva e nel quale eglicercava un vocabolario per quanto possibile adatto allaformulazione delle sue osservazioni e dei suoi tentativi diteorizzazione. Ciò permetterà di comprendere meglio aquali grandi e universali interrogativi impliciti intendevarispondere il termine scelto, e di valutare megliol'adeguatezza — o l'inadeguatezza — della rispostaavanzata dalla metapsicologia freudiana che vi fa ricorso.Molto rapidamente ma senza eccessiva inesattezza si puòdire che dall'etimologia del latino tardo sublimis, sublimus,e cioè sub limina, « vicino al soglio », sottinteso « più alto» dunque « spiritualmente elevatissimo », «straordinariamente nobile », « prezioso », e dal suo valorenell'Alchimia che lo introdusse nella lingua tedesca nelcorso del XVI secolo, il termine riceve fondamentalmenteuna doppia valenza: da un Iato quella della « estremaelevatezza », e dall'altro quella d'un « dinamismo ditrasformazione ». Nel suo primo valore, quello dello statod'elevazione, il termine sublim e gli altri della stessa fa-miglia appartengono soprattutto alla lingua letteraria edestetica: è il caso per esempio in Kant, che distingue dalbello, schón, fatto di misura e di armonia, il sublim,sublime, in cui la grandezza e la potenza smisurateevocano l'infinito: l'immensità dei cieli o l'oceano intempesta aiutano davvero il sentimento ad afferrarel'infinitezza della natura ed introducono

(3) Nella corrispondenza conFliess Freud dava allora aquesto manoscritto il titolo diSogno e isteria. sostituito nel1905, al momento dellapubblicazione, da quello diFrammento di una analisid'isteria.

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(4) S. Freud, Lettere aWilhelm Fliess, op. cit., pp.210-211.

nella sublimità divina. Schiller, i Romantici, Scho-penhauer, prolungano e rendono abituale il significato di «estrema elevatezza » associato al detto termine.D'altra parte dal suo uso nell'alchimia il termineSublimierung eredita l'altro suo valore, e cioè quello d'undinamismo, d'un passaggio da uno stato ad un altro, daun livello ad un altro, nel senso di una trasformazionepurificatrice. E con la nascita della scienza chimica vienechiamata Sublimation, sublimazione, con termine formatodalla stessa radice, una particolare operazione ditrasformazione, un'operazione che, per riscaldamento,vaporizza, volatilizza certe sostanze solide, e poi, perraffreddamento, le raccoglie in forma di nuovo solida, epurificata.Ben si vede quindi come, attraverso i secoli, la radicelatina abbia trasmesso a questo termine da un Iato ilvalore dì « elevatezza grandissima », dall'altro quello di «processo di trasformazione ». Con questi significati Freud,ottimo conoscitore del tedesco, e pienamente coscientedelle sue proprie scelte linguistiche, eredita e sceglie iltermine Sublimierung per farne una delle chiavi della suaspiegazione dell'uomo.Perché di questo si tratta, e fin dalla giovinezza a questoFreud si sente votato, anche se, col tempo, le vieattraverso le quali egli conta di raggiungere il suo scoposono mutate radicalmente. Si legga, ad esempio, quel cheFreud scriveva a Fliess il 2 aprile 1896, un anno primache il termine Sublimierung facesse la sua apparizionenella lettera più su citata (4) : «Da giovane non eroanimato da altro desiderio che non fosse quello dellaconoscenza filosofica, e ora, nel mio passare dallamedicina alla psicologia, quel desiderio si sta avverando». Naturalmente, Freud voleva riferirsi alla psicologia dicui era il padre fondatore, una psicologia che contiene inse stessa e si sforza di portare alla luce e di ordinare inuna struttura coerente tutti i meccanismi e i moventi,consci e inconsci, dell'esperienza; una psicologia che, inaltre parole, può riuscire a rendere conto deicomportamenti e delle realizzazioni

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che costruiscono il mondo dell'uomo: forma nuova diconoscenza, « Terra Promessa » verso la quale. come unnuovo Mosè, egli gettava un primo sguardo; ch'egli volevalibera da ogni illusione metafisica, nel senso aristotelicodel termine, e che per questo appunto, come tutti sanno,chiamava metapsicologia. Al fine del presente articolo, edin primo luogo per affrontare l'analisi della « sublimazione» con una percezione chiara del terreno sul quale iltermine Sublimierung è utilizzato da Freud, è necessario esufficiente ricordare, oltre al valore semantico del termine(ed è quel che ho fatto fin qui) anche un altro elementocapitale: ed è che la conoscenza nuova alla quale allude lacitata lettera a Fliess, la nascente « psicologia delprofondo » cioè, si alimenta, nei suoi fondamenti filosofici,della reazione positivistica (5) all'idealismo postkantiano ehegeliano, assai diffusa negli ambienti scientifici tedeschi;e della concezione « energetistica » particolare a questidecenni della fine del XIX secolo e degli inizi del XX, unaconcezione quantitativa dell'energia, che non tanto aspiraa definirne la natura ultima quanto piuttosto a riconoscerele forme che questo substrato insondabile assume nelvivente, e cioè le forze quan-tificabili, mobili e d'intensitàvariabile, che costituiscono l'universo delle pulsioni; econsidera oggetto del suo studio i loro valori, i loro conflittie le loro trasformazioni.Ed è appunto al momento in cui Freud teorizza l'enormepeso dell'istinto sessuale nella strutturazione della psichefondandovi l'ipotesi del complesso di Edipo, che alla suametapsicologia si pone il problema della singolarità unicadell'uomo nel mondo animale. La singolarità cioè della suacapacità di parola, di creazione artistica, di un'attività dicoscienza riflessiva, e così via; in una parola, la singolaritàdella sua attitudine a creare civiltà. Infatti, se il mondodelle pulsioni è davvero la realtà originale, di cui gli acca-deva di scoprire e scomporre i potentissimi meccanismi,come può emergerne l'uomo creatore di civiltà? Lacoscienza dall'infinita complessità del mondo della cultura,la finezza del suo gusto artistico

(5) Più che con riferimentoad una corrente filosofica escientifica precisa nelpresente articolo questotermine viene impiegato perindicare un atteggiamentomentale e un metodo assailargamente diffusi in queidecenni, e che privilegialargamente l'osservazione elo studio dei fenomeninaturali e delle leggi che ligovernano. L'importanza ela grandissima feconditàscientifica di quel metodo, dicui anche Jung si è nutrito,sono fuori discussione. Inqueste pagine io mi riferiscopiuttosto all'incapacitàpropria a tale correntefilosofico-scien-tifica di tenerconto di tutte le dimensionidel reale, e di superare cosìun materialismo più o menofondamentale e più o menoconfessato.

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(6) S. Freud, « Lettera a Jungdel 12 febbraio 1911 », inLettere tra Freud e Jung,traduzione di MazzinoMontinari e Silvano Daniele,Torino, Boringhieri, 1974, p.420. W. McGuire, curatore delcarteggio, giudica probabile(v. Ibidem, n. 2) una allusioneal lavoro preparatorio diTotem e Tabù, che Freudcominciò a scrivere nell'estate1911. Per parte mia trovo piùconvincente l'ipotesi formulatada Jones nel passo cit. alla n.7.(7) E. Jones, Vita e opere diFreud, Milano, II Saggiatore,1962, vol. 2°, pp. 231-232.(8) 1 cinque saggi pubbli-

ed in particolare letterario, il senso dell'elevazionecollettiva che la vita sociale implica, per non dire la suastessa integrità scientifica, non potevano certopermettergli di trascurare il problema.La risposta che Freud ha proposto passa appunto per ilconcetto e il termine di « sublimazione ». E quale chepossa essere la nostra vantazione di una tale risposta, lacarica semantica del termine, che ho cercato di definire,così ricca di elevatezza e di dinamismo di trasformazione,mostra a qual punto la scelta fattane da Freud nasca daldesiderio di rispettare i valori evocati di civiltà, che, a suogiudizio, sarebbe possibile comprendere, come megliovedremo, a partire dai meccanismo psichico dellasublimazione stessa.È dunque opportuno prendere in considerazione conmaggior precisione le implicazioni, le coerenze, ledeficienze della risposta di Freud; ed esaminare comeessa si articoli in rapporto alla risposta che a sua voltaJung, servendosi dello stesso termine, ha cercato diportare a questi problemi, che sempre di nuovo ci pone lacomplessità della condizione umana, tra istinti e cultura.E prima di tutto una costatazione: Freud non ha con-sacrato alla sublimazione nessun testo di una qualcheampiezza. Certo, da una lettera di Freud a Jung del 12febbraio 1911 (6) apprendiamo ch'egli pensava ad una «grande sintesi » delle sue scoperte e teorie; e da ErnstJones (7) sappiamo che, qualche anno dopo, Freudaveva informato i suoi fedeli del suo progetto diconcentrare tale « grande sintesi » in dodici scritti teorici(di cui effettivamente cominciò la stesura il 15 marzo1915) che avrebbero costituito una «e Introduzione allametapsicologia ». Ma Jones ci dice anche che di questogruppo di scritti programmati cinque soltanto videro laluce, e che gli altri sette C8) — tra i quali probabilmenteun lavoro sulla sublimazione che sarebbe stato terminatoai primi di agosto dello stesso anno — andarono dispersi,o furono distrutti dallo stesso Freud, che non vi fece maipiù allusione: dal che mi pare legittimo dedurre ch'egli nonne fosse pienamente soddisfatto. E ancor

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più, se ai testi di Freud va riconosciuta la più grandecoerenza per quello che affermano della natura libidicadelle energie che la sublimazione trasforma, va aggiuntotuttavia ch'essi rivelano qualche esitazione nelladefinizione del campo proprio a questo fenomeno psichicocapitale, ed esitazioni altrettanto notevoli nella definizionedei meccanismi del suo funzionamento. I testi freudianiinsomma, proprio su questo punto in cui la dottrina dellenevrosi viene a contatto con la più generale concezionedella condizione umana, sembrano mancare dellaprecisione indispensabile affinché la dottrina ch'essipropongono ci appaia scientificamente plausibile.Ecco dunque un primo interrogativo: quali qualità psi-chiche e quali attività proprie all'uomo possono essere piùprecisamente messe in rapporto con la sublimazione?Freud risponde: « Ciascuno di noi oltrepassa di un brevetratto nella sua vita sessuale, in una direzione o in un'altra,i ristretti confini della normalità. Le perversioni non sono nebestialità ne degenerazioni nel senso passionale dellaparola. Esse costituiscono lo sviluppo di germi, tutticontenuti nella disposizione sessuale indifferenziata delbambino, la cui repressione o volgimento verso fini ases-suali più alti — la ' sublimazione ' — è destinata a fornire leenergie per gran parte dei nostri contributi alla civiltà » (9).La definizione dei fini della sublimazione in questo passodel già citato caso cli-nico di Dora è nel contempo vaga eampia. Ed altrettanto ampia e vaga essa resta nelriferimento alla sublimazione formulato da Freud nel corsodi una delle conferenze (la quinta) pronunciate aWorcester (Mass.) nel settembre 1909 durante il viaggionegli USA in compagnia di Jung e di Ferenczi: « Lecomponenti della pulsione sessuale si distinguonoprecisamente per la capacità di sublimazione, di permutadella loro meta sessuale con una meta più lontana e dimaggiore valore sociale. Dobbiamo probabilmente aicontributi di energia resi così disponibili per le nostreprestazioni psichiche le acquisizioni più elevate della civiltà» (10). Altro esempio:nel 1910, in Un ricordo d'infanzia di Leonardo da

cati sono: Pulsioni e loro destini, Larimozione, L'inconscio,Supplemento metapsicologico allateoria del sogno. Lutto e melan-conia. I sette dispersi trattavano(sicuramente) la coscienza,L'angoscia, La ister ìa diconversione. Sintesi generale dellenevrosi di traslazione; e proba-bilmente // processo di proiezione, IIprocesso di sublimazione.

(9) S. Freud, « Frammento diun'analisi d'isteria» (1905), inOpere 1900-1905, Torino,Boringhieri, 1970, p. 341. Il corsivoè dell'Autore.

(10) S. Freud, «Cinque conferenzesulla psicoanalisi » (1909), inOpere

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1909-1912, Torino, Borin-ghieri, 1974, pp. 171-172. Ilcorsivo è dell'Autore.

(11) S. Freud, « Un ricordod'infanzia di Leonardo daVinci » (1910), in Opere 1909-1912, op. cit., pp. 226-227.

(12) S. Freud, « Per la storiadel movimento psicoanalitico» (1914), in Opere 1912-1914, Torino, Boringhieri,1975, p. 433.

(13) S. Freud, « II disagiodella civiltà » (1919), inOpere 1909-1912, op. cit, p.587.

Vinci, il fatto che nella personalità di Leonardo l'atrofiasessuale coincida con una straordinaria passione disapere è considerato da Freud come un caso esemplaredi sublimazione riuscita. In Leonardo — egli scrive — « lalibido (...) si sottrae al destino della rimozione nella misurain cui sin dall'infanzia si sublima in brama di sapere e siaggiunge, rafforzandola, alla vigorosa pulsione di ricerca» (11).L'indefinitezza di questi primi testi quanto all'ambito in cuisi attuano le sublimazioni si trova confermata, più o menonegli stessi termini, ogni volta, si può dire, che Freud tentadi conciliare la fede nelle sue proprie scoperte deimeccanismi che governano le pulsioni con la vivacoscienza della realtà di un mondo di cultura. Ma nelcorso degli anni egli venne in realtà definendo concrescente chiarezza i territori immensi sui quali regna lasublimazione. Così nel 1914 in Per la storia delmovimento psicoanalitico Freud scrive (12): «Seguendonei particolari (...) il processo per cui il materiale dellerappresentazioni sessuali, nell'ambito del complessofamiliare e della scelta d'oggetto incestuosa, vieneutilizzato per rappresentare i più alti interessi etici ereligiosi degli uomini, Jung e i suoi seguaci hannoilluminato un importante caso della sublimazione delleforze pulsionali erotiche e dalla loro trasformazione inaspirazioni che erotiche non sono più ». È dunque, questavolta, l'intero universo delle religioni e delle leggi morali adessere considerato il frutto della sublimazione dellacondizione familiare e del dramma edipico. In // disagiodella civiltà (1929) sono « le attività scientifiche, artistiche,ideologiche » (13) nel loro complesso a venir dedottedalla sublimazione delle pulsioni; mentre in questa stessaprospettiva secondo la quale, pur riconoscendo la realtàdi un mondo « più elevato », « di maggior valore sociale »di quello delle pulsioni, Freud lo deduce pur sempre dalmondo pulsionale in quanto « prodotto sublimato », iltesto che si spinge più innanzi nel riconoscimento delvalore essenziale della sublimazione nella strutturapsichica si trova, a mio giudizio, in L'Io e l'Es del 1922: «Se questa energia sposta-

bile è libido desessualizzata — scrive infatti Freud — essapuò anche esser definita energia sublimata (...) Seincludiamo in questi spostamenti anche i processi dipensiero, intesi nel loro più ampio significato, pure il lavorointellettuale risulterebbe sostenuto dalla sublimazione diforze motrici erotiche » (14). Il pensiero in se stesso, amonte dell'una o dell'altra sua manifestazione creatrice, èdunque indicato qui da Freud come il prodotto dellasublimazione, e quindi dedotto dalla pulsione.Simili affermazioni sono evidentemente impregnate difilosofia positivistica. Certo, più su ho detto che la scelta daparte di Freud del termine Sublimierung col suo implicitovalore di elevazione testimonia di una certa coscienza delladifficoltà che rappresenta l'affermazione positivistica di unaorigine pulsionale del pensiero in se stesso, e, diconseguenza, di tutto quanto costituisce il mondo dellaciviltà — il diritto, l'arte, la religione e così via. Ma lacoscienza della difficoltà e, quasi a controbilanciarla, lascelta del termine Sublimierung non bastano,evidentemente, a risolvere il problema. Ecco dunque unnuovo interrogativo: in qual modo, per mezzo di qualemeccanismo, si opera secondo Freud la trasformazionedella libido sessuale in pensiero, in civiltà? Interrogativoquanto mai importante, al quale a buon diritto attendiamouna risposta esauriente.Una lettura attenta dei testi di Freud, tuttavia, non può chedeludere la nostra attesa, in quanto essi sembranoproporre rapidi schizzi d'interpretazione piuttosto che unateoria ben strutturata. Freud infatti ha proposto, nellegrandi linee, due diverse spiegazioni possibili delmeccanismo di sublimazione.Della prima troviamo un riassunto semplice e chiaro nelcorso del secondo dei Tre saggi sulla teoria sessuale del1905 (15). Noi constatiamo, scrive Freud, l'esistenza dicorrelazioni tra le funzioni erogene e certi organi e funzionicorporali, correlazioni siffatte che le turbe erogene « siappoggiano » sul comportamento di quegli organi, eviceversa. Costatiamo in tal modo l'attitudine propria allalibido a spostare la

(14) S. Freud, « L'Io e l'Es »(1922), in Opere 1917-1923,Torino, Boritighieri, 1977, p.507. '

(15) S. Freud, «Tre saggi sullateoria sessuale N (1905), inOpere 1900-1905 op. cit., pp.484 -513. |

sua azione, per vie ancora poco note e ch'essa pro-babilmente può percorrere nei due sensi, dal sessuale alnon sessuale e dal non sessuale al sessuale. L'esistenzadi questa capacità libidinale di trasformazione ciautorizza a formare, parallelamente, l'ipotesi che durantela fase infantile di latenza e in condizioni di buonfunzionamento organico per queste vie debba «compiersi l'attrazione delle forze pulsionali sessuali versomète diverse da quelle sessuali, dunque la sublimazionedella sessualità » (16). E tanto più facilmente possiamocomprendere la possibilità di una simile traslazionesublimatrice se ammettiamo — e tale è l'ipotesi di Freud— che (17) « i moti sessuali di questi anni d'infanziapossano essere inutilizzabili in quanto le funzioniprocreative sono rimandate, e questo è il carattereprincipale del periodo di latenza »; e se, d'altra parte,ammettiamo che i moti sessuali dell'infanzia siano in séperversi, cioè derivino da zone erogene e siano sorrettida pulsioni che, vista la direziono dello sviluppo indi-viduale, potrebbero soltanto provocare sensazioni didispiacere; e sarebbe questa la ragione per cui essi «risvegliano forze psichiche contrarie (moti di reazione),che costituiscono, per una attiva repressione di taledispiacere, degli argini psichici, e cioè il disgusto, ilpudore e la morale »: delle reazioni psichiche che,appunto, permettono l'affermarsi della sublimazione. Mala conclusione di Freud, al momento stesso in cuipropone questo primo tentativo di spiegazione delmeccanismo della sublimazione, è più che prudente, equasi una imbarazzata confessione d'ignoranza: «Dobbiamo concludere confessando di conoscere ancoramolto poco di sicuro » in merito (18).Scrivevo più su che, per teorizzare il meccanismo dellasublimazione, Freud ha formulato egualmente unaseconda ipotesi, che parte dalla valorizzazione dell'Io inquanto istanza psichica capace di trasformare,desessualizzandola, l'energia sessuale in energiadisponibile per essere investita in un'attività diversa,sublimata, dunque caratterizzata dalle qualità elevate cheho lungamente evocate fin qui. « A una

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(16) Ibidem, p. 513.

(17) Ibidem, p. 489.

(18) Ibidem, p. 513.

considerazione più approfondita — egli scrive infatti in L'Ioe l'Es(19) — si pone l'importante quesito se in via generaleogni sublimazione non si produca proprio a mezzo dell'io: ilquale dapprima trasformerebbe la libido oggettuale in libidonarcisistica, per poi indicare eventualmente a quest'ultimaun'altra mèta: una mèta appunto apprezzata socialmente,un'attività o un'opera di sublimazione.Come si vede, questa seconda ipotesi è formulata inqualche rigo; e, come giusto, al condizionale: nel pre-sentarla, evidentemente, Freud resta quanto mai prudente,così com'era stato presentato la prima. E poiché un'attentalettura non permette di trovare nella sua intera opera nullache possa illuminarci sulla natura della sublimazionealtrimenti e più precisamente di quanto non possano fare ledue ipotesi citate, siamo costretti a costatare che assaifragili sono i pilastri sui quali poggia il tentativo freudiano direndere comprensibile, a mezzo della sua argomentazionemetapsicologica, sia il meccanismo clinico della guarigionepsichica individuale, sia — sul piano della storia collettiva— immense zone della realtà: e cioè il mondo delle operecivili, religiose, artistiche o poetiche, in una parola, la realtàspirituale.Occorre tuttavia aggiungere, per essere del tutto esaurientiquanto alla posizione freudiana, che lo stesso Freud, a direil vero, ha talvolta attenuata la sua certezza della presenzanella psiche d'una attitudine naturale alla sublimazione, esottolineato come essa non sia uniformemente distribuitatra gli uomini. Così se in Un ricordo d'infanzia di Leonardoda Vinci (20) egli afferma che « l'osservazione della vitaquotidiana degli uomini ci dimostra che ai più riesce dideviare parti molto considerevoli delle loro forze pulsionaliverso l'attività professionale » appunto per via dellacapacità di sublimazione, altrove (21) egli attenua questaaffermazione scrivendo che « l'attitudine alla sublimazioneè soggetta alle più grandi oscillazioni individuali »,rivelandosi tuttavia, in complesso, più spiccata nell'uomoche nella donna; opinione, quest'ultima, che riprende leriserve già espresse, quanto alla capacità femminile disublimazione, ne

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(19) S. Freud, L'Io e l'Es,op. cit., p. 483. 1

(20) S. Freud, « Un ricor-do d'infanzia di Leonardoda Vinci », op. cit p. 224. Ilcorsivo è dell’ l'Autore.

(20) S. Freud, Un ricordod'infanzia di Leonardo da Vinci,op. cit., p. 224. Il corsivo èdell'Autore.

(22) S. Freud, Il disagio dellaciviltà, op. cit., p. 593.

(23) S. Freud, « Compendio dipsicoanalisi » (1938), inOpere 1930-1938, op. cit., p.608.

(24) S. Freud, Tre saggi sullateoria sessuale, op. cit., p.488. Il corsivo è dell'Autore.

(25) S. Freud, // disagio dellaciviltà, op. cit., p. 602.

// disagio della civiltà (22): « II lavoro civile è divenutosempre più cosa di pertinenza maschile, 'un doveresempre più difficile, che obbliga a sublimazioni pulsionali acui le donne sono piuttosto impari ». E ancora altrove, nelCompendio di psicoanalisi del 1938, dunque all'estremolimite della sua vita, scrivendo che per la riuscitadell'analisi « molto importante è la capacità della personadi sublimare le pulsioni » (23), Freud confessa che la suaarte è sottoposta alla presenza di questo dono del cielo,che non è dato uniformemente, e di cui ne l'analista nel'analizzato possono disporre liberamente.Tuttavia, sostanzialmente, la sublimazione resta senzadubbio alcuno per Freud il meccanismo naturale einvolontario della trasformazione della libido in opere diciviltà; e questo anche quando egli sembra riconoscere lagrande importanza dell'educazione e delle costrizioniproprie al contatto sociale. Si veda il secondo dei Tresaggi sulla teoria sessuale già citati (24): « Durantequesto periodo di latenza (...) vengono costruite quellepotenze psichiche che più tardi si presentano comeostacoli alla pulsione sessuale (...) Nel bambino civile siha l'impressione che la costruzione di questi argini sial'opera dell'educazione, e certamente l'educazione vicontribuisce molto. In realtà questo sviluppo ècondizionato organicamente, fissato ereditariamente, epuò talvolta verifi-carsi senza alcun aiuto dell'educazione.L'educazione rimane in tutto e per tutto nella sfera che leè propria se si limita a favorire ciò che è organicamentepredeterminato e a dargli un'impronta un po' più netta eprofonda ». Più ancora, si rifletta al modo in cui si articolail pensiero di Freud sulla natura del contratto sociale. Gliesegeti freudiani hanno costantemente messo in risalto ilpessimismo della teoria freudana della società, risalendoa Hobbes e ai moralisti del XVII e XVIII secolo: « Se laciviltà impone sacrifici tanto grandi non solo alla sessualitàma anche alla aggressività dell'uomo » — scrive Freud(25) — « allora intendiamo meglio perché l'uomo stenti atrovare in essa la sua felicità. Di fatto l'uomo primordialestava meglio, perché ignorava qualsiasi re-

strizione pulsionale. In compenso la sua sicurezza digodere a lungo di tale felicità era molto esigua. L'uomocivile ha barattato una parte della sua possibilità di felicitàper un po' di sicurezza ». La restrizione della libertà delprimitivo, imposta dall'organizzazione sociale, sarebbe ilprezzo di una maggiore sicurezza: la sublimazione socialeavrebbe bisogno, per realizzarsi, del sacrificio volontario,cosciente, doloroso. E tuttavia si leggano, in un altro passodello stesso saggio freudiano, le riflessioni che seguono(26): «A questo punto non può mancare di colpircil'analogia tra il processo d'incivilimento e l'evoluzionelibidica del singolo... La sublimazione pulsionale è unsegno che contraddistingue particolarmente il processod'incivilimento; essa fa sì che alcune attività psichicheassai elevate — le attività scientifiche, artistiche,ideologiche — assumano una parte così importante nellavita civile. Cedendo alla prima impressione, saremmotentati di dire che la sublimazione è un destinoforzatamente imposto alle pulsioni dalla civiltà. Ma saràmeglio riflettere su ciò un po' più a lungo ». Dietro questaprudenza si fa luce, una volta ancora, la magia dellasublimazione che si fa da sola. L'evoluzione individuale,così come l'opera creatrice della civiltà, appaiono essere ilsegno d'un destino d'elevazione, dono che fa all'uomo unaNatura benevola, e che si realizza per mezzo d'unmeccanismo interamente sconosciuto, al fine dellatrasformazione delle energie pulsionali in pensiero, e quindiin storia.La fragilità di una simile concezione della sublimazione,meccanismo essenziale, per Freud, dell'organizzazionepsichica, è al centro delle critiche di Jung nei confronti dicolui che per un tempo lo ha considerato come il suoDelfino, e che tuttavia egli non ha mai davvero considerato,per parte sua, come Maestro. Se, nei primi tempi,l'adesione comune ad un certo metodo scientifico li hatenuti legati, presto è intervenuta la separazione; e i testi incui Jung riprende e fa sua la dottrina freudiana dellasublimazione pulsionale non sono più di due o tré, e nonvanno oltre il 1909. Alludendo a quegli anni prima

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(26) Ibidem, p. 587. Il corsivoè dell'Autore.

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(27) S. Freud, Per la storia delmovimento psicoanalitico, op. cit., p.437.

(28) S. Freud, Introduzione allapsicoanalisi, op. cit., p. 204.

(29) Ibidem, p. 205.

(30) S. Freud, Autobiografia, op.cit, p. 123.

della separazione, nel già citato Per la storia del mo-vimento psicoanalitico del 1914, in un moto di delusione ed'irritazione Freud li definisce (27) « l'epoca che hapreceduto l'illuminazione » di Jung. D'« illu-minazione »certo non si tratta, quanto meno nel senso peggiorativoche l'intenzione sarcastica di Freud attribuisce al termine.Diremo, più giustamente, che con le Wandiungen undSymbole der Libido (Trasformazioni e simboli della libido)del 1911-12 (l'opera alla quale Freud allude) Jung hagettato le basi della sua propria concezione della strutturae del funzionamento della psiche, quale egli ha poi definitecon maggior precisione più o meno nei due decenni suc-cessivi; e che l'opera comporta già, nei confronti delleprospettive freudiane, innovazioni sufficientementeprofonde per implicare egualmente una trasformazioneradicale del concetto di sublimazione. Per accennaresubito al nocciolo di tale trasformazione, che esamineremopiù particolareggiatamente in questa seconda parte delpresente articolo, dirò che Jung oppone riserve nelcontempo essenziali, esplicite e ripetute al convincimentodi Freud che una pulsione, una di « quelle entità mitìche,grandiose nella loro indeterminatezza » — com'egli le hadefinite (28) — possa giungere tramite la sublimazione ad« un certo tipo di modificazione della mèta e dicambiamento dell'oggetto, in cui entrano in considerazionei nostri valori sociali » (29); possa cioè giungere ad unmutamento qualitativo a tal punto profondo da essernetrasformata in realtà spirituale. Un tale convincimento, chealimenta tutto il suo discorso. Freud nell’Autobiografia del1924 l'aveva sostenuto tramite un'analogia con quanto lascienza chimica prova: « Capitava a noi la stessa cosa cheè capitata ai chimici», i quali hanno dimostrato che legrandi differenze qualitative sono riconducibili allemodificazioni quantitative che si verificano nelle diversecombinazioni e proporzioni degli elementi stessi » (30). Èproprio questo richiamo analogico alla chimica ad essererespinto, e col più grande vigore, da Jung. Già certialchimisti — che non sono quelli ch'egli ammira —avevano ragionato

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in quello stesso modo. « La sublimazione » — scrive Jungin effetti (31) — « ha per Freud lo stesso valore del "trucco " per mezzo del quale certi alchimisti pensavano dipoter cambiare ciò ch'è ignobile in ciò che è nobile, ilcattivo in buono, l'inutile in utile. Gloria eterna onorerebbechiunque conoscesse la maniera di raggiungere un talescopo. Ma ahimè il segreto per trasformare così un'energiasenza consumarne una quantità maggiore non è statoancora scoperto dai fisici. Oggi come oggi, la sublimazioneresta soltanto soddisfazione di desiderio ». Parole comequeste permettono di comprendere perfettamente perchéJung abbia allargato il concetto freudiano di libido —manifestazione psichica della pulsione sessuale — aquello di fondamento energetico di tutte le qualità possibili,nella loro paradossale reciproca opposizione. Infattisoltanto se questa totalità perfettamente indefinita diqualità è concepita come lo stato tensionale di poli contrarie dunque nel contempo come materiale e spirituale, inaltre parole soltanto se l'energia è considerata ad uno deisuoi poli come la fonte delle manifestazioni che chiamiamomateriali e istintive e all'altro polo come la fonte dellemanifestazioni che chiamiamo spirituali, soltanto a questacondizione, dunque, è possibile risolvere il problema,altrimenti insormontabile, che rappresenta la realtà delleattività umane superiori, il pensiero, l'arte, la religione, lascienza, la terapia psichica e così via. Attività che non è inalcun modo legittimo pensare di poter dedurre dallepulsioni per mezzo del « trucco » — per riprendere laparola di Jung — costituito dal fare appello ad unasublimazione trasformatrice: perché per quale inspiegabilemagia diverrebbe possibile che una pulsione interamentelegata al corpo — la libido sessuale — attraverso unmeccanismo involontario, spontaneo, cambi mèta eoggetto, in un senso che va, come Freud riconosce ecome implica il termine stesso di sublimazione, dal menoal più?A molte riprese Jung ha ripetuto questa obbiezione. Unsolo esempio, semplice e chiaro. Lo traggo daPsicoterapia e concezione del mondo, del 1942-3 (32):

(31) C. G. Jung, « SigmundFreud als kulturhistorischeErscheinung » (1932), inGesammelte Werke, vol. 15,Olten, Walter-Verlag, 1979,par. 53, pp. 47-8.

(32) C.G. Jung, -Psico-

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terapia e concezione delmondo » (1943), in Praticadella psicoterapia, Opere, vol.16, Torino, Boringhieri, 1981,pp. 88-89.

(33) C. G. Jung, « Saggiod'interpretazione psicologicadel dogma della Trinità »(1942-1948), in Psicologia eReligione, Opere, vol. 11,Torino, Boringhieri, 1979, pp.188-189.

(34) C. G. Jung, « L'ener-getica psichica » (1928), in Ladinamica dell'inconscio,Opere, vol. 8, Torino,Boringhieri, 1976, pp. 9-77. Siveda anche il mio « L'idea diSpirito nel pensiero di C. G.Jung », in Rivista di psicologiaanalitica, n. 32, 1985.

« Se si sopprime la rimozione » — scrive Jung — «l'istinto è liberato. Se è libero, vuoi vivere e realizzarsi amodo suo; ma allora la situazione diventa difficile,all'occasione intollerabile. Occorrerebbe perciò modificareo, come si suoi dire, ' sublimare ' l'istinto. Ma nessuno saben dire come questo possa accadere senza che sidetermini una nuova rimozione. Già l'espressione 'occorrerebbe ' rivela l'impotenza del terapeuta cheammette di aver esaurito le sue risorse. L'appello finalealla ragione sarebbe bellissimo se l'uomo fosse per naturaun animale ragionevole; ma non lo è, al contrario è, a dirpoco, irragionevole. Perciò spesso la ragione non basta amodificare l'istinto in modo ch'esso si adatti all'ordinerazionale (...) Esistono sì risposte e soluzioni di forza, macome principio e alla lunga non sono auspicabili nesoddisfacenti ».Tutt'altra è, dunque, la convinzione di Jung. Ed essa èche il pensiero e le opere della civiltà, nel loro complesso,si possano comprendere solo se si ammette che l'uomoacceda, in qualche misura, ad una dimensione della realtàenergetica che gli è specifica su questa terra, unadimensione omousia (e cioè della stessa essenza) di ognialtra energia (33) ma che si può concepire come unaforma particolare di essa: la dimensione che, appunto,diciamo « spirituale », guardandoci per altro dal dare aquesto termine un valore esclusivamente « positivo », mapiuttosto caratterizzandolo attraverso la sua specificitàqualitativa « neghentropica » (34).Accorgersi di questa dimensione e collegarvi il mondo delpensiero, della creazione artistica, della religione (con lesue due facce, divina e diabolica), della riflessione, cosìcome il processo d'individuazione in quanto processo diriduzione delle opposte polarità, accorgersene econsiderare ch'essa non può essere dedotta da unaqualche realtà pulsionale che, a sua volta, necostituirebbe la base, ecco quel che Freud nel suo Per lastoria del movimento psicoanalitico già più volte citato hachiamato, con desolazione irritata, I' « illuminazione » diJung. Va invece detto, ben diversamente, che si trattadella maniera pro-

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pria a Jung di riconoscere la globalità dei fattoridell'esperienza e della condizione umana, considerandoliirriducibili l'uno all'altro e cercandone l'armonizzazione,senza immaginare tra di essi — e questo è il limite storicodi Freud — legami di dipendenza e derivazione causale,anche se si dia a quest'ultima il nome magico disublimazione; legami di derivazione per i quali —ripetiamolo una volta ancora — le più grandi ricchezzedello spirito potrebbero essere dedotte dalle pulsionisessuali o aggressive. L'originalità della psicologiaanalitica è insomma proprio di partire dall'evidenza delladimensione spirituale; e dal fatto che tale evidenza è inprimo luogo l'esperienza interiore di una realtà sui generis.Ecco quel che andava subito ricordato affinchè il concettodi sublimazione in Jung possa rivelarci la sua originalità inrapporto al concetto freudiano, e possa apparirci come unasse vero e proprio della sua concezione della psiche.Dobbiamo ora precisarne i contorni, prendendo inconsiderazione da un Iato le conferme culturali che glistudi di Jung sull'Alchimia ne hanno apportato, eprendendo d'altro lato in considerazione le conseguenzecapitali che ne derivano nella pratica terapeutica.Poco più su ho citato le parole con le quali in un articolodel 1932 Jung aveva paragonato la sublimazione al «trucco » per mezzo del quale certi alchimisti « pensavanodi poter cambiare ciò ch'è ignobile in ciò che è nobile, ilcattivo in buono, l'inutile in utile » (35). Due anni dopol'articolo venne ripubblicato in una raccolta di scrittijunghiani, Wirkiichkeit der Seele (Realtà dell'anima) (36).In questa occasione Io scrittore tedesco Hermann Messein una recensione dell'opera aveva reagito alle criticherivolte da Jung a Freud, e aveva poi, dati i suoi rapportipersonali con Jung, inviato a quest'ultimo il testo della suareplica. Vorrei, a questo punto, evocare la risposta di Junga detta replica, in quanto essa mi pare poter aiutare ameglio comprendere l'argomentazione junghiana. « LeSue osservazioni sulla sublimazione non mi rendonogiustizia » — scrive Jung (37) — « Non ho criticato unatale idea per risentimento,

(35) C.G. Jung, La dinamicadell'inconscio, op. cit., p. 16.

(36) C.G. Jung, Realtàdell'anima, Torino, Borin-ghieri, 1970.

(37) C.G. Jung, Briefe,0l-ten, Walter-Verlag, 1972,

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p. 221. La lettera è in data 18settembre 1934.

(38) Si veda la nota 24 delpresente scritto.

ma a causa della mia vasta esperienza di quanto succedeai pazienti (ed anche ai terapeuti), i qualiimmancabilmente evitano la difficoltà e « sublimano »,cioè, per dirla semplicemente, rimuovono. La sublimatio èparte dell' « Arte Regia », con la quale vien prodotto ilvero Oro. Di questo Freud non sa proprio nulla, e anzipeggio, egli blocca ogni via che potrebbe condurre allavera sublimatio; la quale è il contrario, o poco manca, diquel che Freud intende per sublimazione. La sublimatio,infatti, non è affatto un modo volontario e forzoso percanalizzare una pulsione in un campo d'utilizzazioneimproprio, bensì una trasformazione alchemica, per laquale sono necessari il fuoco e la nera materia prima ».Ecco dunque quel che la « vasta esperienza » ha in-segnato a Jung; che cioè, nella concreta attività te-rapeutica, Io scatenamento spontaneo, dopo l'abreazioneliberatrice, del meccanismo naturale e « condizionatoorganicamente » (38) della sublimazione, non si trova pernulla confermato. Di modo che, laddove la magia dellasublimazione spontanea è supposta indurre nel soggettoin questione l'apparizione d'una attività superiore creatriceculturalmente, può invece e paradossalmente costatarsiper riprendere le sue parole — « un modo forzoso evolontario per canalizzare una pulsione in un campod'utilizzazione improprio », cioè insomma una elevazioneforzata, una « normalizzazione » nel senso di unadattamento alla morale, all'epos del proprio tempo.L'ipotesi della sublimazione che, una volta rimossi gliostacoli, si fa da sola, rischia di condurre, nei fatti, ad unacanalizzazione libidinale volontaria e all'imprigionamentoin un adattamento forzoso, e non già, come si pretende,ad una creatività nuova.In verità in queste righe di Jung il concetto freudiano disublimazione appare presentato in modo eccessivamenterapido; non è, infatti, del tutto legittimo confondere l'esitoinsoddisfacente di un concetto insufficientementeelaborato con il significato stesso del concetto; Jung infattinon parla tanto nella suddetta sua critica di quel cheFreud intende per sublimazione (come provano le miediverse citazioni di

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testi freudiani) quanto piuttosto dell'esito insoddisfacentecui il concetto stesso, per le sue insufficienze, sicondanna. È in effetti innegabile che fin dalla suaIntroduzione al narcisismo del 1914 Freud s'erapreoccupato di ben distinguere (39) il concetto di su-blimazione, che « descrive qualcosa che ha a che fare conla pulsione » da quello di « idealizzazione » che concerne« ciò che accade all'oggetto »; aggiungendo l'osservazionecapitale che « non necessariamente chi ha rinunciato alproprio narcisismo per dedicarsi a un alto ideale dell'Io èper ciò stesso riuscito a sublimare le sue pulsioni libidiche», aggiungendo anzi che « la formazione di un idealeaccresce le esigenze dell'Io e favorisce al massimo larimozione ». Tutto ciò è esatto; sembra tuttavia potersi direche quel che Jung vuole sottolineare, e sottolinea intermini in verità un po' troppo rapidi, è che nell'attivitàclinica egli costatava che la distinzione tra sublimazione eidealizzazione, chiara teoricamente per Freud, in concretonon si attuava affatto, il più delle volte: sicché invece disboccare nella sublimazione, naturale e nel ripristino dellibero flusso libidinale, il processo freudiano finiva il piùdelle volte col sollecitare, per così dire « di forza », unaidealizzazione moralizzatrice e conservatrice (40).Alla sublimazione freudiana Jung oppone, secondo itermini della lettera citata ad Hermann Hesse, « la verasublimatio ».Perché questo termine latino? Per quali vie esso viene allapenna di Jung per dar nome ad un fenomeno psichicoessenziale che, nella sua prospettiva, va compreso deltutto diversamente da come Freud l'ha inteso?La lettera di Jung è in data 18 settembre 1934. Da qualcheanno già — più o meno dal 1926-27 — Jung lavorava allariscoperta del significato psicologico dell'Alchimia. Per dirlapiù precisamente e per sottolineare unicamente un puntocentrale tra tutti, Jung aveva ritrovato nel linguaggioparticolarissimo dell'Alchimia un'originale formulazione delconvincimento stesso al quale l'esperienza personale e illavoro

(39) S. Freud, « Introduzio-ne al narcisismo » (1914), inOpere 1912-1914, op. cit.,pp. 464-465.

(40) In questa critica jun-ghiana del concetto freu-diano di sublimazione e delsuo sfociare nell'iper-adattamento sociale sonogià presenti, a mio avviso, leobbiezioni che qualchedecennio più tardi sono stateformulate all'interno dellostesso freudismo dallacontestazione ideologico-politica di cui HerbertMarcuse è stato il piùcelebre rappresentante.

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(41) J.D. Mylius, Philosophiereformata (1622), p. 150,citato da C. G. Jung in « IIsimbolo della trasformazionenella messa » (1941/54), inPsicologia e religione. Opere,vol. 11, Torino, Boringhieri,1979, pp. 195-283, eparticolarmente pp. 274-5 e n.29.

(42) Si vedano le pagine 193-196 del presente scrii-

clinico l'avevano condotto, spingendolo ad abbandonare ilconcetto freudiano di libido e, su un piano più generale, ilterreno della filosofia positivistica:il convincimento cioè che, per riprendere la forte immaginedell'alchimista J.D. Mylius ch'egli cita (41), « Spiritus inventre occultus est », « Io Spirito è nascosto nel ventre ».Come già scrivevo più su (42), infatti, l'esperienzapersonale ed il lavoro clinico lo avevano convinto che solol'ammissione di una dimensione spirituale della psichepermette di comprendere certe essenziali attività umane,dal pensiero riflessivo all'arte alla religione; unadimensione che non va intesa affatto come soltantopositiva, ne eterea, ma come diversa qualitativamente; eche il linguaggio alchimistico chiama in tante altre poeticheforme, « acqua celeste » o « divina » o « ignea », o anche« sangue spirituale », o « fuoco segreto » e così via; unadimensione che sale e agisce dall'inconscio e che, a livelloindividuale, talvolta irrompe spontaneamente, talvoltainvece viene resa particolarmente afferrabile da unatrasformazione che è come un risveglio, peraltro il più dellevolte difficile, perché le urgenze della vita non ne facilitanola percezione. Per questa ragione precisamente, cioèappunto per il riconoscimento, da parte degli alchimisti,della dimensione inferiore, spirituale della psiche, Jung ri-corre alla loro esperienza ed al loro linguaggio allorchénella citata lettera a Hesse vuoi dare la sua propriadefinizione della sublimazione. Seguendo dunque davicino le poche dense righe nelle quali Jung riassumel'essenziale del concetto alchimistico della sublimazione,possiamo fondatamente sperare di individuarne con laprecisione augurabile il suo proprio concetto.Gli Alchimisti consideravano la sublimatio un puntoessenziale della longissima via che l'opus costituisce. Equesto nel senso che è soltanto al termine del lavoropaziente e fervido compiuto dall'Adepto servendosi delfuoco e con l'aiuto efficace della grafia — la grazia divinainvocata nell'Oratorio — che la sublimatio si compie e chel'Oro può coagularsi

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abbandonando le scorie della nera materia prima, l'Oro, la« Pietra che non è pietra », in partenza soltanto unapossibilità implicita la cui concretizzazione non era in alcunmodo certa per quanto ardentemente desiderata. Il chevuoi dire in definitiva che la sublimatio è in certo modo unaextractio, e cioè la trasformazione dello Spirìtusextrahendus in Spiritus extractus (43), cioè la produzionedi una quintessenza già potenzialmente presente ma che,per concretizzarsi e farsi visibile, esige di essere liberatadai mali odores et vapores, dal foetor sepulcrorum — dagliodori e vapori nuovi e dal fetore sepolcrale — che gravanosull'anima dell'Adepto (44);di essere liberati cioè dalle scorie che l'anneriscono e lanascondono.Ecco, assai succintamente espressa nelle forti e si-gnificanti immagini dell'Alchimia, la trasformazione radicaledel concetto di sublimazione, che traduce l'abbandono daparte dì Jung della prospettiva positivistica, e freudiana,nella concezione della psiche, e il riconoscimento dellarealtà di una inferiore ed irriducibile dimensione spirituale.È mio compito ora ritradurre le formulazioni dì questatrasformazione dal linguaggio dell'esperienza alchimisticain quello dell'esperienza clinica, che ha spinto Jung aricono-scerle come una sorta di presentimento storico dellasua concezione della vita psichica. Ciò ci permetterà dicostatare a che punto queste ricerche junghiane, chepossono a prima vista sembrare soltanto dotte, e lontanedall'esercizio dell'attività psicoanalitica, costituiscano alcontrario delle indicazioni essenziali quanto ai criteri dibase e alle regole concrete del suo metodo analitico.Gli Alchimisti consideravano la loro attività come un lavoroesigente e talvolta pericoloso, che imponeva non soltantouna partecipazione fatta di attenzione, d'apertura, didisponibilità nei confronti dei fenomeni che si venivanoproducendo dinanzi ai loro occhi, ma molto di più, unaccompagnamento fervido di quei fenomeni: l'ardore nellapreghiera si associava all'ardore del « fuoco »indispensabile all'ottenimento del risultato sperato coninfinita pazienza. E questi

(43) C.G. Jung, // simbolo dellatrasformazione nella messa, op.cit., p. 224, n. 29.

(44) C.G. Jung, «La psicologiadella traslazione» (1946), inPratica della psicoterapia, op,cit., p. 215, n. 13.

sono, a mio giudizio, fattori essenziali dell'atteggiamentojunghiano nella pratica analitica, in quanto al-l'indispensabile disponibilità del paziente alla sua propriacrucifixio — e cioè al sacrificio delle sue « scorie », i maliodores et vapores di cui parlavo or ora, siano essi eccessipulsionali o altre forme di violenza dell'ombra, o anchesoltanto le inevitabili inerzie o le difficoltà del trasferire nelconcreto i germi di evoluzione — deve corrispondere lacompassio medici, la calda compassione del terapeuta,altrettanto indispensabile alla guarigione quanto preghierae fuoco lo sono alla pratica dell'Alchimia: perché se allapreghiera è paragonabile l'atteggiamento del terapeutache affida ad un potere più grande di quello del suo Io lariuscita della « cura » da lui tentata, così riconoscendol'attività spontanea di una tendenza innata alla guarigionee così proteggendosi dall'orgoglio di attribuirsene tutto ilmerito, la sua compassione è come il fuoco, in quantoessa fornisce appunto quel più energetico, quelladisponibilità a « spendersi » che è del tutto indispensabileaffinchè si trovino mobilitate nel paziente le sue capacitàdi presa di coscienza e quindi di guarigione. Nei terminidella pratica clinica, ecco una prima indicazione di quelche separa, e anzi oppone, la sublimazione junghiana e lafreudiana. Per Jung la sublimazione non si realizza affattoda sola, una volta liberato il cammino dagli ostacoliaccumulati dai traumatismi dell'infanzia, come supponeFreud. Agli occhi di Jung, come ho detto e ripetuto, unatale ipotesi è soltanto soddisfazione di desiderio, e troppospesso essa conduce il paziente ad aggrapparsi (beninteso contro l'attesa e l'augurio di Freud) ad unaidealizzazione forzosa e volontaria, fondata essa stessasu di una nuova rimozione; e conduce d'altra parte ilterapeuta a credere che il suo compito sia eminentementequello di lasciar fluire liberamente i materiali del paziente,accogliendoli con silenzio benevolo e attenzione flut-tuante, la presa di coscienza e la sublimazione facendosiallora spontaneamente, per conseguenza naturale. Alcontrario, la sublimazione, che per Jung è

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opus di riduzione progressiva dei disordini pulsionali innatio indotti dagli avvenimenti della storia individuale ocollettiva, richieda in primo luogo un apporto di « fuoco »,e cioè una partecipazione intensa, dunque un dispendio dienergia che nel paziente agisce nel senso dellarealizzazione di un migliore equilibrio fino ad allorasoltanto implicito, potenziale, che deve essere estratto dalfondo dell'anima, Deo concedente (cioè se tale è il voleredel Fato), tramite la presa di coscienza, e costituisce difatto la « guarigione » in quanto si manifestaconcretamente tramite un comportamento più ordinato epiù aperto allo spontaneo — e tuttavia sorvegliato —emergere dell'inconscio.Attraverso un simile radicale mutamento di prospettivaquanto al significato della sublimazione nella prassianalitica, attraverso un simile mutamento nel suo modostesso di vivere il rapporto con il paziente Jung conferma ilsuo modo di concepire lo Spirito come una dimensione insé della realtà; una dimensione alla quale la psiche umanaaccede, ma che può essere resa cosciente e dunque indefinitiva resa fattore di equilibrio individuale soltantotramite un opus cantra naturam (talvolta spontaneo,talvolta legato ad un cosciente desiderio di evoluzione); unlavoro di guarigione che appare contra naturam nellamisura in cui inevitabilmente essa contraria il com-portamento falsamente naturale della nevrosi, costituito inrealtà dalle innumerevoli piccole o grandi deformazioniproprie, fatalmente, ad ogni psiche; sicché direi che ogniguarigione richiede, più o meno, che si accetti di pagare ilprezzo forte.E proprio questo « prezzo forte » la sublimazione freu-diana non sembra richiedere; o allora soltanto sotto lapressione di un potere esterno all'individuo, e che Iominaccia e Io terrorizza (45). Qui mi sembrano trovarsi daun lato la ragione dell'insistenza di Jung a rifiutare, comeabbiamo visto, quel ch'egli considera l'ottimismoingiustificato di Freud nel considerare la sublimazionecome un fenomeno naturale; e d'altro lato la ragione dellasua insistenza nel fare appello, nella pratica analitica, allapartecipazione emo-

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(45) Si vedano le pagine191-192 del presente scritto.

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(46) Ricordo che il Mysteriumconiuctionis, ultimo grandestudio junghiano sull'Alchimia,è stato pubblicato nel 1955-56.

(47) Si vedano le pagine 162-163 del presente scritto.

zionale insieme del paziente e del terapeuta, ognuno nelsuo ruolo, all'opera di guarigione. E questa, in definitiva,non può verificarsi se una certa ispirazione non risponde,attraverso i sogni o altre forme del linguaggio simbolico, aitentativi spesso penosi compiuti dalla pulsione disublimazione, naturale cardine del processo che Jung hachiamato d'individuazione, per estrarre una qualcheparticella di coscienza ben ordinata da una psiche senzaequilibrio, e occupata per natura, prima di tutto, daaggressività e sessualità, due pulsioni pochissimodisposte a cedere una sia pur piccola parte della lorocarica libidinale alla funzione di totalità.II complesso degli studi sull'Alchimia perseguiti da Jungper trent'anni, dal 1926-27 fino, più o meno, alla vigiliadella morte (46), conferma perfettamente la definizionedella sublimazione che ho messa al centro delle riflessioniche precedono, traendola dalla lettera a Hermann Hessedel 18 settembre 1934;definizione secondo la quale la sublimazione è una "trasformazione alchemica, per la quale sono necessari ilfuoco e la nera materia prima » (47). Sarebbe a mioavviso inutile in quanto ripetitivo continuare a presentarecitazioni estratte dall'enorme corpus di studi alchemici, inquanto, a mio giudizio, il senso stesso di tali studi èappunto e innanzi tutto quello di affermare e confermare,attraverso l'esame di un fenomeno storico preciso,l'abbandono da parte di Jung della filosofia positivisticacara a Freud, con la sua incongruità fondamentale dinanzialla complessità della realtà e alla sua dimensionespirituale; incongruità che non è possibile eliminare — espero di averlo ben dimostrato — soltanto grazie alla ma-gia del termine « sublimazione ».M'importa invece maggiormente insistere ancora unavolta, nel terminare, sul fatto che un tale abbandono dellaprospettiva positivistica attraverso l'ammissione di unlivello diverso, spirituale, della realtà, costituisce unapporto essenziale di Jung alla ricerca psicosomatica, cheè costretta a prenderlo in conto; un mutamento radicale,rispetto a Freud, nel modo di

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considerare i cosiddetti fenomeni « culturali » più elevati, eun mutamento altrettanto radicale nel modo di accostarsialla sofferenza psichica e dunque di definire il metodoterapeutico che permetta, in pratica, d'alleviarla, aiutandoappunto la sua epurazione e la sua sublimazione.Beninteso, per quel che concerne le conseguenze con-crete di un simile mutamento di prospettiva e dunque certespecificità della psicoterapia analitica jun-ghiana, nonintendo in alcun modo mettere in discussione la libertà, perogni terapeuta, di mirare a suo proprio modo al finecomune della guarigione, o quanto meno, se nient'altro èpossibile, al fine di un'accettazione più cosciente, da partedel paziente, di una patologia eventualmente irriducibile.Mi auguro tuttavia di essere riuscito a rendere evidente,attraverso la presentazione della critica di Jung al concettofreudiano di sublimazione, che se nella pratica analitica sidesidera restare coerenti con le tesi fondamentali di Jung,non si devono allora mai dimenticare almeno i due punticui desidero brevemente accennare qui, in guisa diconclusione:In primo luogo è indispensabile fare grande attenzione ache la riduzione, frutto legittimo delle scoperte freudiane,non si degradi a riduttivismo, nel senso di una manierapiuttosto schematica e rigida di guardarsi da tutto quel cheha le apparenze del « religioso » o dello « spirituale »; ilche accade a Freud, sotto la spinta della sua filosofiapositivistica, ma resta del tutto estraneo a Jung. È questoun punto veramente difficile da vivere, specifico al metodoanalitico junghiano, che non può cedere alla tentazionesemplificatrice e semplicistica di vedere in tutto quel cheha apparenza « religiosa » o « spirituale » « nient'altro che» una sublimazione abusiva (48). L'analista junghiano sanaturalmente che parlare di « religioso » o di « spirituale »può essere abusivo; ma sa anche che non lo è dinecessità. Posizione scomoda la sua, e tuttavia inevitabile.Su questo punto gli sono richiesti un'apertura,un'attenzione ed un « fiuto » particolarissimi.

(48) Nichts anderes als,secondo l'espressione diFreud, tante volte conte-stata da Jung.

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(49) Si veda il « De Alchimiaedifficultatibus », dal Theatrumchemicum, vol. 1, p. 139,citato da C. G. Jung: «Medicina e psicoterapia »(1945), p. 98 e « Psicologiadella tra-slazione » (1946), p.209, in Pratica della psicotera-pia, op. cit.

In secondo luogo non va mai dimenticato, in concreto, chenel corso di ogni analisi maturano istanti, sia purefuggevoli, in cui anche le pulsioni più materiali o carnali sitrovano illuminate dalla luce di una possibile, diversacomprensione; di una comprensione spirituale, cioè di unaltro livello, che permette di leggerne il significatoinconscio, il linguaggio simbolico. II che vuoi dire cheall'analista non deve mai mancare il « fuoco » di cuiparlavano gli alchimisti, quel « fuoco » fatto dipartecipazione emotiva e di vigilanza, indispensabile perpoter provocare e captare l'apparizione eventuale deisegni indicanti che una « sublimazione », nel sensoalchimistico e junghiano di estrazione del significato, dellaquintessenza latente, si sta al momento stessoproducendo. Jung ha espresso la grande difficoltà dimantenersi in questa posizione di vigilanza e recettività,libere tut tavia da ogni eccesso d'implicazione, difficoltàspecifica al suo metodo analitico, ricordando e facendosue le parole dell'alchimista Hoghelande (49): « Ars totumrequirit hominem », l'arte nostra esige tutto il nostroessere. In latino ciò è detto benissimo, in italiano un po'meno bene; non ho comunque nulla da aggiungere aquesta maniera di riassumere la nostra condizione.Posso dunque concludere. Nelle pagine che precedonoho cercato di mettere in luce quel che mi sembraessenziale in merito ai problemi teorici e pratici sollevatidalla trasformazione del concetto di sublimazione di Freuda Jung. I testi dei due Maestri hanno mostrato che questoè il punto chiave, il punto in cui la divergenza tra le loroprospettive si rivela ineliminabile, perché incolmabile è ilfossato che separa, fondamentalmente, la visione delmondo propria all'uno e all'altro. È perciò evidente ch'èuna vera necessità, per ogni uomo dì coscienza, saperecon chiarezza qual è la sua posizione in rapporto a questadivergenza di fondo — il positivismo da un lato,l'ammissione di una dimensione spirituale dal l'altro —messa in luce dall'inconciliabilità dei punti di vistafreudiano e junghiano relativi al concetto di sublimazione.Queste pagine intendono mettere in

risalto tale necessità; e vogliono inoltre suggerire ch'essasi impone con forza particolarmente drammatica achiunque pretenda svolgere un'attività analitica, in quantoil modo di concepire e di praticare l'analisi ne dipende,come ho mostrato, per una parte grandissima.

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