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Il comportamento caratteristico di polimeri organici termoplastici
o polimeri poco reticolati intermedio tra il comportamento elastico
ed il comportamento di un fluido.
Anche materiali metallici e ceramici si comportano in modo
viscoelastico ad "alta temperatura" .
Viscoelasticità
Risposta ad una deformazione istantanea a gradino : (a) materiale elastico,
(b) fluido viscoso e (c) materiale viscoelastico; è la viscosità del fluido e
(t) un impulso di Dirac.
deformazione
istantanea ex
(a) materiale elastico
(b) fluido viscoso
(c) materiale viscoelastico
Modi di deformazione
Rilassamento degli sforzi Variazione del carico nel tempo quando al materiale
si impone una deformazione costante.
Scorrimento (Creep) Variazione della deformazione nel tempo per azione di
un carico costante.
OSSERVAZIONE!
I modi di deformazione (ad es. rilassamento e scorrimento) dipendono dal
tempo, mentre i tipi di deformazione (ad es. estensione monoassiale,
taglio semplice, compressione uniforme) dipendono dallo sforzo applicato:
si può applicare qualunque modo di deformazione a qualunque tipo di
deformazione.
rilassamento
degli sforzi
scorrimento
(creep)
Due modi di deformazione in viscoelasticità: (a) rilassamento degli sforzi, (b) scorrimento.
Nel caso dei polimeri il comportamento viscoelastico origina dalla
contemporanea presenza di forze intermolecolari deboli (tra le
catene) e intramolecolari forti (delle catene stesse).
Quando si applica uno sforzo meccanico le catene non possono
spostarsi liberamente nelle nuove posizioni di equilibrio, le
proprieta' meccaniche sono quindi funzione del tempo.
Modulo di rilassamento
Nel caso di una estensione monoassiale costante ex(t)=ex,0:
Er t t
e0
Predisposizione allo scorrimento o cedevolezza Se si applica una tensione monoassiale costante x(t)=x,0
Jc t e t
0
Durezza e Prova di durezza
(a) Durometro (b) Sequenza per la misura della durezza con un
penetratore conico di diamante; la profondità t è inversamente correlata alla
durezza del materiale: quanto minore è t, tanto più il materiale è duro.
Durezza (Hardness)
Misura della resistenza di un materiale alla deformazione
plastica localizzata.
La misura di durezza si esegue mediante uno strumento detto durometro e
consiste nel premere un indentatore di determinata forma e dimensione
contro la superficie del pezzo di cui si vuole determinare la durezza, applicando
una forza nota in direzione perpendicolare alla superficie.
Si mantiene il carico per un tempo determinato , lo si rimuove e, allontanato
il penetratore, si misura la dimensione dell'impronta ottenuta oppure
la profondità di penetrazione. Il valore della durezza si legge
direttamente sullo strumento o si ricava facendo uso di opportune tabelle di
conversione.
La durezza viene espressa mediante numeri che fanno riferimento a
scale convenzionali, non correlabili tra di loro se non per mezzo di
tabelle di conversione empiriche. Esse devono essere ricavate
per ogni materiale. Sono note per gli acciai.
Dato che il valore di durezza è in relazione con la deformazione plastica
della zona del materiale nell’intorno del punto di contatto tra superficie del materiale
ed indentatore, è stata ricavata una relazione empirica tra
la durezza (H) ed il carico di snervamento (s)
H = k s,
in cui k è una costante che dipende dal tipo di materiale, all’incirca pari a 3.
Durezza Brinell
Simbolo: HB
Indentatore: sfera di acciaio duro (o carburo di tungsteno)
D = 10 mm
carico: 3000 - 1500 - 500 kg
Misura: diametro dell'impronta (d )
Unita' di misura BHN = rapporto tra carico applicato e
superficie dell'impronta (kg/mm2)
Durezza Vickers
Simbolo: HV
Indentatore: piramide di diamante a base quadrata con angolo di 136°
carico variabile (1-120 kg)
Misura: diagonale dell'impronta (d )
Unita' di misura VHN = rapporto tra carico applicato e
superficie dell'impronta (kg/mm2)
Durezza Knoop
Simbolo: HK
Indentatore: piramide di diamante rombica (rapporto tra le diagonali di 7:1)
carico variabile
Misura: diagonale maggiore
Unita' di misura HKN = rapporto tra carico applicato e
superficie dell'impronta (kg/mm2)
Durezza Rockwell
Simbolo: HR
(seguito dalla lettera che distingue le diverse scale da A a G)
Indentatore: cono di diamante (scale A-C-D) con angolo 120°
sfera 1/16 pollice (scale BFG)
sfera 1/8 pollice (scala E)
carico 60 - 100 - 150 Kg
Misura: profondità di penetrazione
Unita' di misura: HR =
A differenza della prova di trazione, che richiede l’uso di una
provetta che viene portata a rottura, la prova di durezza può
essere considerata non distruttiva, in quanto l’impronta lasciata
dal penetratore normalmente non danneggia il pezzo.
La prova di durezza trova quindi largo impiego come rapido
controllo di qualità negli stabilimenti di produzione, sia per
verificare che la durezza corrisponda a quanto richiesto dalla
normativa applicabile, sia come misura approssimata del s.
Considerazioni generali
Una struttura può arrivare a frattura anche in presenza di
carichi inferiori al limite di snervamento !!!!!!!?????
(a) causa presenza nel materiale di difetti di volume (intagli, pori, cricche)
(b) meccanismo
insorgenza di condizioni di instabilità
propagazione catastrofica del difetto
Frattura
Frattura
xf
2sin
xf
2
0a
xE 02 a
Ef
σf: sforzo teorico di frattura
λ: lunghezza rappresentativa
del raggio di azione delle forze
atomiche
Frattura
La resistenza a rottura di un solido dipende dalle forze di
legame fra gli atomi.
Sulle basi teoriche si stima che in un solido fragile elastico
presenti una resistenza a rottura =E/10, con E modulo
elastico.
In realtà si osservano valori sperimentali di da 10 a 1000
volte inferiori è ciò a causa della presenza di difetti
microscopici o microcricche presenti all’interno o sulla
superficie del pezzo (Griffith, 1920 – Irwin , 1957).
Frattura
(a) concetti fondamentali
1. definizione di frattura
separazione in due o più parti di un corpo solido
in seguito alla applicazione di un carico di
trazione, compressione, flessione o torsione.
2. modalità di frattura
• frattura fragile
• frattura duttile
(a) frattura duttile
deformazione plastica elevata della frattura
elevato “assorbimento” energetico
(b) frattura fragile
deformazione plastica non apprezzabile della frattura
basso “assorbimento” energetico
(c) meccanismo
In risposta ad una sollecitazione meccanica
prima….la formazione di cricche
poi…la propagazione delle cricche
La modalità di frattura dipende dal meccanismo
di propagazione del difetto.
La modalità di frattura caratteristica di un dato
materiale dipende da:
(a) temperatura
(b) velocità di deformazione
(c) stato di sforzo
polimeri (T maggiore o minore di Tg),
metalli (“bassa” T < 0.3-0.4 Tm, “alta” T > 0.3-0.4 Tm)
ceramici (“bassa” T < 0.4-0.5 Tm, “alta” T > 0.4-0.5 Tm)
Frattura duttile
(a) estesa deformazione plastica in prossimità
della cricca in propagazione
(b) cricca “stabile” se non viene aumentato il carico, il difetto
avanza a velocità di propagazione controllata
(1) possibilità di applicare misure preventive
(2) caratteristica di materiali ad elevata tenacità
tipica di metalli e polimeri termoplastici semicristallini
Frattura fragile
(a) scarsa deformazione plastica in prossimità della cricca in propagazione
(b) cricca “instabile”
avanzamento rapido e spontaneo
(1) frattura improvvisa e catastrofica
(2) caratteristica di materiali a bassa tenacità
tipica di ceramici, polimeri termoplastici amorfi e polimeri termoindurenti
Quando si propaga un difetto ?
La propagazione di un difetto all'interno di un materiale comporta:
(a) rilascio di energia elastica (Uel) immagazzinata dal materiale
(b) formazione di nuove superfici a cui è associata
energia superficiale (Us )
Il difetto si propaga quindi se è verificata la condizione:
sel dUdUdW
dW( = lavoro eseguito dallo sforzo)
t = spessore
da = avanzamento della cricca di dimensione iniziale a
t da = incremento di area di cricca
Gc = energia assorbita per unità di area di cricca (J m-2)
tdaGdU c
s
Gc è una caratteristica intrinseca del materiale
Gc elevato: propagazione cricca richiede molta energia …. materiale tenace
Gc basso: la propagazione cricca richiede poca energia ….. materiale è fragile
TENACITA’ (Gc)
I concetti su espressi possono essere impiegati per
calcolare l'adesione di un nastro adesivo.
Misura dell’adesione di un nastro adesivo
Trascurando il termine relativo all'energia elastica ,
l'equazione precedente diventa:
tdaGdW c tdaGMgda c
t
MgGc
Gc = adesione
t = larghezza del nastro (2 cm)
Mg = forza peso (1 kg)
da = lunghezza di nastro distaccato dal peso Mg
(Gc 500 Jm-2)
Propagazione di una cricca esterna di lunghezza a in una piastra vincolata (dW=0).
a
da
F
F
spessore (t)
Nel caso in cui la struttura sia sottoposta a vincoli che
ne impediscono la deformazione si ha:
tdaGdU c
el
(l'energia elastica è ceduta, quindi - è positivo)
eldU
EU el
22
1 2e
L’ energia elastica per unita' di volume (Uel ) è data da:
0dW e quindi,
Rilascio di energia elastica, immagazzinata in fase di deformazione,
durante la propagazione della cricca.
EU el
22
1 2e
s
e
da
a
Per una cricca esterna di lunghezza a, l’energia elastica è:
22
22 ta
EU el
La propagazione della cricca di da provoca quindi un rilascio
di energia elastica pari a:
atdaE
dada
dUdU
elel
2
2
Condizione critica di propagazione del della cricca :
tdaGatdaE
c
2
2
E
aGc
2
2
Considerando la reale distribuzione degli sforzi intorno all'apice della cricca si ottiene:
E
aGc
2
L'equazione precedente, che descrive la condizione di frattura,
viene più convenientemente messa nella forma:
cEGa
arappresenta la condizione di sforzo,
viene indicato con il simbolo K (MNm-3/2),
fattore di intensità degli sforzi
cEGproprietà intrinseca del materiale
che viene indicata con il simbolo Kc (MNm-3/2), ,
fattore di intensità degli sforzi critico
(TENACITA’ A FRATTURA)
A seconda della direzione di propagazione della cricca
rispetto alla direzione di applicazione dello sforzo, per
il fattore di intensità degli sforzi K si usano i simboli
KI KII KIII
Teoria di Griffith
In forma più generale la condizione di frattura di un materiale fragile
si ricava nel modo seguente.
Assumendo la presenza di un difetto interno di dimensione 2a e profondità t =1
22
aE
U el
aaU s 422
22
4 aE
aUUU els
Variazione totale di energia necessaria alla propagazione della cricca
aE
224 Ea 2
04 22
aEda
da
da
d
da
dU
a
E
2
0da
dU
da
dU
da
dU els
equazione di Griffith (per materiali fragili)
Variazione dell’energia superficiale, dell’energia di deformazione elastica e dell’energia totale in
funzione della lunghezza della cricca.
energia superficiale
energia totale
energia elastica
Us=4γa
U=Us+Uel
Uel= -σ2πa2
E
lunghezza cricca (a) a critica
lunghezza cricca (a) a critica
cel G
E
a
da
dU2
2 2
4da
dU s
La condizione critica, in condizioni di sforzo piano ( t<<a<< altre dimensioni)
per materiali idealmente fragili è quindi
2Gc = 4γ
Gc = 2γ
Variazione del volume di rilascio di energia in funzione della propagazione
di una cricca durante una deformazione a trazione:
(a) cricca stabile per < c,ovvero l < lc;
(b) (b) cricca critica, = c
oppure l = lc; (c) barretta rotta l > lc; la zona in grigio rappresenta il volume
interessato da rilascio di energia elastica.
instabile
stabile critico
TENACITA’: lunghezza critica del
difetto
L’energia somma ha un massimo in corrispondenza al
valore lc della cricca.
1. l < lc cricca stabile, ovvero la cricca non si
propaga spontaneamente
2. l > lc cricca instabile, ovvero la propagazione
della cricca è accompagnata dalla diminuzione
dell’energia del sistema e la cricca si propaga
spontaneamente provocando la frattura rovinosa
del sistema.
21
2
a
E
Nel caso di materiali fragili in condizioni di
deformazione piana (es. lamiere spesse) :
coefficiente di Poisson
a
E p
2
energia di deformazione plastica per unità di superficie
Nel caso di materiali duttili per i quali interviene una deformazione
plastica all'apice della cricca
In base alla equazione di Griffith si può dire che per un dato sforzo (o
per una data dimensione di cricca) esiste una dimensione critica della
cricca (o sforzo) che comporta la rottura catastrofica.
2cGMateriali a comportamento fragile
Materiali a comportamento duttile )(2 pcG
10p
(b) in condizione di deformazione piana
EGa c 21 21
EGK c
c
Le condizioni critiche di frattura pertanto diventano:
(a) in condizione di sforzo piano
EGa c EGK cc , dove
, dove
fattore di intensità degli sforzi critico
(TENACITA’ A FRATTURA)
tenacità
Modulo di Young
Dato provino di geometria definita:
(1) si crea una cricca di dimensione nota a
(2) si applica uno sforzo crescente fino a rottura.
In questo modo si misura Kc, da cui noto E si ricava Gc
EGa c
Come si misura la tenacità (Gc) ?
Meccanismi di propagazione di difetti
b
am 21
b
am 2
se b << a
I difetti di volume (intagli, cricche ecc.) presenti nei materiali
provocano una concentrazione degli sforzi al loro apice.
Applicando uno sforzo nominale s in presenza di una
cricca ellittica di diametro maggiore 2a e diametro minore 2b,
lo sforzo effettivo raggiunge un valore massimo σm in corrispondenza
dell‘apice della cricca, calcolabile per mezzo dell'equazione:
cricca ellittica (semiassi b ed a) contenuta in una lastra
sottile sottoposta a carico di trazione
Se si tiene conto del raggio di curvatura r all'apice del difetto:
ab2
L’ azione di concentrazione degli sforzi diventa minima per
difetti sferici (poro):
3m
si ha:
a
m 21
se ρ << a
am 2
Lo sforzo nella zona antistante il difetto (fronte della cricca )
varia con la distanza dall'apice della cricca (x):
Per ρ molto piccolo vale la relazione:
x
aloc
21
mloc
Per x molto grande (grande distanza dall’apice) loc
Per x molto piccolo (in prossimità dell’apice)
Ad una distanza xs dall'apice della cricca si può verificare
che lo sforzo raggiunga il valore del carico di snervamento σs
2
2
2
2
22 ss
s
Kax
Se si raggiunge la condizione
cKK
2
2
2
2
22 s
c
s
s
Kax
xs = profondità della zona deformata plasticamente
Principi di meccanica della frattura:
fattore di concentrazione dello sforzo
Per una cricca ellittica di lunghezza 2a e raggio di curvatura t
lo sforzo massimo (m) all’apice della cricca è,
se l’asse maggiore è ortogonale alla
direzione di applicazione del carico (0):
2/10 )(2
tm
a
2/1
0
)(2t
mt
aK
Fattore di concentrazione dello sforzo
L’effetto di intensificazione degli sforzi è più significativo nei materiali fragili vs a quelli duttili.
Nei materiali duttili, infatti la deformazione plastica porta ad una maggiore distribuzione degli sforzi all’apice della cricca e, quindi, ad un valore di Kt minore di quello teorico, cosa che non accade nei materiali fragili nei quali il fattore è vicino a quello teorico.
Griffith ipotizzò che tutti i materiali fragili contengono una popolazione di microcricche con varie geometrie ed orientazioni.
Tenacità a frattura ( ) o
Fattore di intensità degli sforzi critico
Condizioni al contorno dimensioni della cricca (a)
carico applicato ()
Proprietà intrinseche del materiale E (modulo di Young), (energia sup. specifica)
YaEKcI 2
Fattore geometrico numero puro che dipende
dalla geometria del pezzo
cIK
(b) Frattura duttile
• ampia zona di deformazione plastica
• Gc e Kc elevato
• σs basso
• superficie di rottura rugosa (per effetto della elevata deformazione plastica)
(a) Frattura fragile
• zona di deformazione plastica estremamente ridotta
• Kc basso
• σs alto (che impedisce la plasticizzazione all’apice della cricca ed il suo arrotondamento)
superficie di rottura liscia (per effetto della scarsa o assente deformazione plastica)
Meccanismo di frattura in materiali duttili 1. deformazione plastica
2. formazione di microvuoti
3. coalescenza dei microvuoti
4. arrotondamento dell'apice della cricca
5. riduzione dell'effetto di concentrazione degli sforzi
Meccanismo ad elevato costo energetico per la deformazione plastica:
Gc elevato Kc elevato
• coalescenza di microvuoti
• arrotondamento all’apice della cricca
• riduzione dell’effetto di concentrazione
dello sforzo
plasticizzazione all’apice della cricca
Teoria di Griffith della frattura fragile
Condizione perché si verifichi la frattura:
rilascio energia elastica
=
energia necessaria a creare due nuove superfici
Si dimostra così che in un materiale fragile lo sforzo critico (s)
richiesto
per la propagazione di una cricca di lunghezza a è dato da:
2/12
a
E sc
E (modulo di Young)
s (sforzo critico)
a (lunghezza cricca)
s energia superficiale specifica
Si aggiunge all’energia superficiale specifica (s) il fattore (p)
che tiene conto anche della deformazione plastica associata alla
propagazione di una cricca di lunghezza a.
La formula diventa quindi:
nel caso di materiali duttili...
2 / 1 ) 2 (
a
E p s
c
E (modulo di Young)
s (sforzo critico)
a (lunghezza cricca)
s energia superficiale specifica
p energia superficiale specifica
relativa alla cricca plasticizzata
Materiali duttili tenacità a frattura (K Ic) elevata
Materiali fragili tenacità a frattura (K Ic) bassa
Alcuni materiali duttili a temperatura ambiente presentano
comportamento fragile al di sotto di una certa temperatura.
Essi sono caratterizzati da una
temperatura di transizione duttile-fragile
Nel caso dei materiali metallici, la ridotta agitazione termica rende più difficile il movimento
delle dislocazioni, innalzando il limite di snervamento.
Transizione duttile-fragile
Schema dei meccanismi di frattura all’apice di una cricca: (a) aspetto macroscopico, nel caso di
un materiale a frattura fragile (ceramica), duttile con zone di deformazione plastica (metallo)
e duttile per microfessurazioni (polimero termoplastico); (b) aspetto microscopico,
rappresentazione schematica della forma della zona di deformazione plastica assente
nel materiale fragile dovuta al movimento delle dislocazioni nei metalli, e risultante
da estensione e da rottura delle catene nei polimeri.
RESILIENZA
Capacità del materiale a resistere a sforzi dinamici
PROVA DI RESILIENZA
Tipi di prove: CHARPY e IZOD
Esecuzione della prova:
Un pendolo con all'estremità un martello di forma opportuna viene fatto cadere da
una data altezza, urta una provetta provvista di intaglio, e risale fino ad una
certa altezza. L'energia utilizzata per rompere la provetta è calcolata dalla differenza
tra l'altezza iniziale del martello e quella di risalita, dopo impatto con la provetta.
Le provette possono avere intaglio a V o ad U.
Misura La misura dall‘ energia necessaria per rompere il provino per urto è la resilienza.
Le modalità di esecuzione della prova esaltano il
comportamento fragile del materiale
(1) presenza dell'intaglio
=
concentrazione degli sforzi
e
distribuzione triassiale dello sforzo
(2) applicazione dinamica dello sforzo
=
ridotta possibilità
di movimento delle dislocazioni
Effettuando prove a diverse temperature si può trovare la
temperatura di transizione duttile fragile
Comportamento a fatica
Applicazione ripetuta o ciclica dello sforzo che
può causare la rottura del materiale per valori della
sollecitazione anche inferiori al limite di snervamento.
• La frattura è di tipo fragile anche nei metalli duttili !!!
(i.e. ad essa è cioè associata scarsa o nulla deformazione plastica)
•Il processo procede attraverso la formazione e
successiva propagazione di cricche
• Responsabile del 90 % delle fratture di componenti
realizzati in materiale metallico. Importante anche
per ceramici e polimeri.
Esempi di strutture soggette a rottura per fatica: Valvole cardiache, protesi, articolari, impianti dentali, ponti, aerei, componenti di macchine
Tipici andamenti della sollecitazione a fatica in funzione dei cicli.
(a) ciclo alternato simmetrico con max e min uguali in valore assoluto,
(b) ciclo pulsatorio con max e min disuguali,
(c) ciclo casuale.
Sollecitazione alternata, pulsatoria, casuale
Prova di fatica Si eseguono applicando ad una provetta di geometria e dimensioni
standard uno sforzo ciclico
(trazione-compressione, flessione rotante, piegamento alternato)
e costruendo dei diagrammi nei quali si riporta lo sforzo (a)
in funzione del numero di cicli a rottura (N).
Dalla prova di fatica si osservano due comportamenti diversi
per diversi materiali:
(a) materiali caratterizzati da limite di fatica Esiste uno sforzo al di sotto del quale non avviene rottura per fatica,
qualunque sia il numero di cicli. Il limite di fatica rappresenta il valore di carico massimo
applicabile per evitare la rottura a fatica per un numero infinito di cicli
(b) materiali senza limite di fatica Il numero di cicli a rottura aumenta progressivamente al diminuire del carico.
Risultati di prove di fatica in un diagramma
sforzo applicato-cicli a rottura (-N).
acciai e leghe di titanio
leghe non ferrose alluminio, rame, magnesio...
Si può distinguere tra:
(a) fatica in presenza di difetti
(componenti precriccati)
(b1) fatica ad alto numero di cicli
(componenti non precriccati)
(b2) fatica a basso numero di cicli
(componenti non precriccati)
(a) COMPORTAMENTO A FATICA DI COMPONENTI
PRECRICCATI
Parametri relativi allo sforzo
max
min
K
KR
aYK minmin aYK maxmax
aYaYKKK )( minmaxminmax
2
minmax KKKm
2
minmax KKKa
In queste condizioni la propagazione della cricca di fatica
In base al numero di ciclo è regolata dalla:
legge di Paris
mAdN
da
A, m: costanti del materiale
65.2 m
Velocità di avanzamento della cricca e' data da:
fdN
da
dt
dN
dN
da
dt
da
f = frequenza
La variazione della frequenza non modifica la legge di avanzamento della
cricca ed il numero di cicli a rottura.
Ciò permette l'esecuzione di prove di fatica accelerate.
MECCANISMI DI FATICA
L'avanzamento di una cricca di fatica è sempre legato
alla plasticizzazione del fronte della cricca.
Meccanismo di crescita di cricche da fatica.
(b1) Fatica a basso numero di cicli (σ> σ s):
La cricca di fatica si innesca in seguito alla formazione di
microcricche lungo i piani di scorrimento
(a 45° con la direzione di applicazione del carico)
generate dalla plasticizzazione generale del materiale.
Meccanismo di innesco di cricche nel caso di fatica a basso numero di cicli.
Una volta innescata la cricca si accresce con il meccanismo
descritto nella figura precedente.
(b2) Fatica ad alto numero di cicli (σ < σs):
La cricca si innesca in seguito a plasticizzazione in un punto in cui si ha
una concentrazione degli sforzi in grado di rendere localmente σ>σs.
Innesco di una cricca nel caso di fatica ad alto numero di cicli.