Vincoli archeologici su un terreno limitrofo e...

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Il Consiglio di Stato nella sentenza che ivi si annota, sulla base di condivisi indirizzi giu- risprudenziali consolidatisi già sin durante la vigenza della L. n. 1089 del 1939 “Tutela delle cose di interesse Artistico e Storico”, si è pronunciato in tema di apposizione e delimitazione del vincolo archeologico su terreno di proprietà privata. In particolare, come facilmente di evince dalla sentenza de qua, i giudici di Palazzo Spada hanno accolto il ricorso - presenta- to dal Ministero per i Beni e le Attività culturali e la Soprintendenza per i beni archeologici di Napoli e Pompei - con cui si chiedeva la riforma di una sentenza emessa dal Tar Campania. Secondo l’analisi ermeneutica del Tar Campania il vincolo di interesse culturale su una particella di terreno di proprietà privata non poteva essere apposto poiché non erano pre- senti resti archeologici. Gli stessi ricadevano all’esterno del perimetro della particella. Pertanto, il vincolo archeologico insisteva sul fondo del vicino. Successivamente, a riforma della sentenza, il Consiglio di Stato si è mosso lungo due diverse direttrici. In tema di vincolo archeologico, i giudici di Palazzo Spada hanno sottoli- neato che sia secundum ius l’estensione del vincolo da parte dell’amministrazione statale ad intere aree archeologiche nell’ipotesi in cui i ruderi presenti siano di grande rilevanza e costituiscano un complesso unitario ed inscindibile. Quindi, in altri termini, la sussistenza delle due richiamate condizioni giustificano il sacrificio degli interessi dei proprietari privati delle aree proporzionalmente alla finalità di interesse pubblico. Il Consiglio di Stato ha insistito su una presunzione di interesse culturale e archeolo- gico anche su reperti non ancora ritrovati; quanto osservato dai giudici di appello giustifica l’estensione del vincolo anche ad aree limitrofe in cui non sussistono reperti. Secondo il Consiglio di Stato non era necessario infatti che tali beni archeologici fos- sero portati alla luce affinché su di essi potesse essere imposto un vincolo, e ciò soprattut- to in presenza di un’area abitata nell’antichità. In quest’ultimo caso, le esigenze di tutela hanno imposto di salvaguardare non solo i reperti in quanto tali ma tutta la complessiva superficie sulla quale si sviluppava l’insediamento urbano. Nel caso in analisi, la particella di terreno ineriva ad una ampia zona di interesse archeologico, luogo di un antico insediamento urbano e pertanto non era necessario che Vincoli archeologici su un terreno limitrofo e presunzione di in- teresse? Una breve disamina tra diritto interno ed europeo della sentenza n. 334/2016 del Consiglio di Stato Massimo Pellingra Contino Dottore di ricerca in diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente. Avvocato, Docente a contratto di Diritto Urbanistico presso l’Università di Palermo - sede di Agrigento 1

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Il Consiglio di Stato nella sentenza che ivi si annota, sulla base di condivisi indirizzi giu-risprudenziali consolidatisi già sin durante la vigenza della L. n. 1089 del 1939 “Tutela dellecose di interesse Artistico e Storico”, si è pronunciato in tema di apposizione e delimitazionedel vincolo archeologico su terreno di proprietà privata. In particolare, come facilmente dievince dalla sentenza de qua, i giudici di Palazzo Spada hanno accolto il ricorso - presenta-to dal Ministero per i Beni e le Attività culturali e la Soprintendenza per i beni archeologici diNapoli e Pompei - con cui si chiedeva la riforma di una sentenza emessa dal Tar Campania.

Secondo l’analisi ermeneutica del Tar Campania il vincolo di interesse culturale su unaparticella di terreno di proprietà privata non poteva essere apposto poiché non erano pre-senti resti archeologici. Gli stessi ricadevano all’esterno del perimetro della particella.Pertanto, il vincolo archeologico insisteva sul fondo del vicino.

Successivamente, a riforma della sentenza, il Consiglio di Stato si è mosso lungo duediverse direttrici. In tema di vincolo archeologico, i giudici di Palazzo Spada hanno sottoli-neato che sia secundum ius l’estensione del vincolo da parte dell’amministrazione statalead intere aree archeologiche nell’ipotesi in cui i ruderi presenti siano di grande rilevanza ecostituiscano un complesso unitario ed inscindibile. Quindi, in altri termini, la sussistenzadelle due richiamate condizioni giustificano il sacrificio degli interessi dei proprietari privatidelle aree proporzionalmente alla finalità di interesse pubblico.

Il Consiglio di Stato ha insistito su una presunzione di interesse culturale e archeolo-gico anche su reperti non ancora ritrovati; quanto osservato dai giudici di appello giustifical’estensione del vincolo anche ad aree limitrofe in cui non sussistono reperti.

Secondo il Consiglio di Stato non era necessario infatti che tali beni archeologici fos-sero portati alla luce affinché su di essi potesse essere imposto un vincolo, e ciò soprattut-to in presenza di un’area abitata nell’antichità. In quest’ultimo caso, le esigenze di tutelahanno imposto di salvaguardare non solo i reperti in quanto tali ma tutta la complessivasuperficie sulla quale si sviluppava l’insediamento urbano.

Nel caso in analisi, la particella di terreno ineriva ad una ampia zona di interessearcheologico, luogo di un antico insediamento urbano e pertanto non era necessario che

Vincoli archeologici su un terreno limitrofo e presunzione di in-teresse? Una breve disamina tra diritto interno ed europeo dellasentenza n. 334/2016 del Consiglio di StatoMassimo Pellingra ContinoDottore di ricerca in diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente. Avvocato, Docente acontratto di Diritto Urbanistico presso l’Università di Palermo - sede di Agrigento

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fossero presenti reperti archeologici su di essa affinché potesse essere sottoposta a vinco-lo: era sufficiente le presunzione che tali beni possano essere presenti.

Dagli atti di causa è di tutta evidenza che ai sensi del D.M. del 23 ottobre 1962, la richia-mata particella era stata sottoposta a tutela conservativa, in quanto rientrante nella vasta por-zione di intera area collinare su cui insistono tre ville monumentali e vari reperti antichi. Si trat-ta di un provvedimento regolarmente trascritto e quindi non ignorato dal proprietario privato.

Ciò premesso, è opportuno esaminare ab imo l’arresto dei giudici di Palazzo Spada.Quid iuris sulla natura del vincolo? Dagli ultimi indirizzi giurisprudenziali si evince che il

vincolo può concernere anche intere aree in cui siano presenti ruderi archeologici, che nonnecessariamente siano stati portati alla luce, ma che costituiscano un complesso unitario.

L’esistenza dei richiamati reperti ai fini dell’applicazione del vincolo può essere dimostra-ta dall’amministrazione procedente anche in via presuntiva. Si tratta di una scelta operata dal-l’amministrazione e che rientra nella discrezionalità1 della stessa2 e, quindi, in una valutazionedi natura meramente tecnica. La discrezionalità amministrativa, come noto, è il criterio cheorienta l’azione della Pubblica Amministrazione nella scelta tra più comportamenti legittimi peril perseguimento dell’interesse pubblico. Essa discrezionalità si concretizza nel contempera-mento tra più interessi secondari (pubblici e privati) e l’interesse primario perseguito.

La discrezionalità amministrativa consta della fase ricognitiva dei vari interessi coin-volti e della fase che procede alla scelta provvedimentale; essa discrezionalità si differen-zia da quella tecnica che si caratterizza per la valutazione ed il giudizio sui fatti in forza dellapresenza di regole tecniche e dall’assenza della successiva fase decisionale.

La discrezionalità amministrativa è vincolata3 quindi al limite costituito dal persegui-mento dell’interesse pubblico, nonché dal rispetto dei principi di ragionevolezza, imparzia-lità e di informazione4. Secondo una parte della dottrina, la discrezionalità caratterizzereb-be il potere amministrativo ed il provvedimento amministrativo che è espressione del sud-detto potere. La giurisprudenza amministrativa maggioritaria distingue il caso in cui l’agire

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1 La discrezionalità amministrativa, salvo il controllo dell’eccesso di potere, è sottratta al sindacato ordinariodel GA salvo nelle materie nelle quali il Legislatore abbia conferito al GA la giurisdizione anche di merito. Trale materie si sottolinea quella del giudizio di ottemperanza dove il GA è chiamato a verificare l’intervenuta efedele ottemperanza al decisum di una precedente sentenza di cognizione del GA.2 P. Stella Richter, Diritto urbanistico, Manuale breve, IV edizione, Giuffrè editore, 2016, pp. 57-65.3 E. Casetta, Riflessioni in tema di discrezionalità amministrativa, attività vincolata e interpretazione, in Dir.ec., 1998, 503 ss.; Id, Profili della evoluzione dei rapporti tra cittadini e pubblica amministrazione, in Dir. amm.,1993, 3 ss. (e in AA. VV., Potere discrezionale e interesse legittimo nella realtà italiana e nella prospettivaeuropea, Atti del XXXVIII Convegno di studi di scienza dell’amministrazione di Varenna, 17-19 settembre1992, Milano, 1994).4 G. Della Cananea, I principi dell’amministrazione europea (in collaborazione con Claudio Franchini), Torino,Giappichelli, 2013, passim; Id, Principi dell’azione amministrativa nello spazio giuridico globale, Napoli,Editoriale scientifica, 2007.

vincolato della PA sia volto al perseguimento dell’interesse pubblico da quello in cui il vin-colo sia posto solo nell’interesse del privato.

Ciò premesso, l’analisi della sentenza in oggetto permette di soffermarsi seppur sin-teticamente sulla natura dei vincoli5 e sulla loro classificazione.

I vincoli conformativi sono quei vincoli alla proprietà privata che incidono su una gene-ralità di beni, nei confronti di una pluralità di soggetti, in funzione della destinazione assol-ta dalla intera zona in cui questi ricadono e delle sue caratteristiche intrinseche.

Si tratta di vincoli che riguardano i modi di godimento e utilizzazione del bene. In que-sti casi la proprietà del bene6 appartiene al soggetto privato; sono vincoli che non prevedo-no il pagamento di alcuna indennità.

Rientrano, tra i vincoli confermativi, i vincoli ricognitivi che sono riconosciuti a normadi legge e non attribuiscono alcun indennizzo e hanno validità illimitata; in via esemplifica-tiva, sono connessi alla tutela delle aree sottoposte a vincolo per scopo idrogeologico, allatutela dei beni immobili e mobili, d’interesse artistico, storico, archeologico ed etnografico,alla protezione delle bellezze naturali o alla tutela delle aree di particolare interesse ambien-tale. Rientrano anche i vincoli urbanistici non finalizzati alla espropriazione, cioè che com-portano una destinazione di contenuto specifico realizzabile ad iniziativa privata o pubblico-privata che non si traducano in espropriazioni o interventi ad esclusiva iniziativa pubblica.

Si tratta di vincoli compatibili con il diritto fondamentale della proprietà privata, comea più riprese messo in luce da note pronunce della Corte Costituzionale7, e che costituisco-no espressione dell’attività pianificatoria8 della pubblica amministrazione e hanno l’obiettivodi imporre alla proprietà l’obbligo di conformarsi alla destinazione del suolo.

I vincoli espropriativi invece incidono su beni determinati, sulla base della localizzazio-ne di un’opera pubblica, la cui realizzazione esclude la coesistenza della proprietà privata.Si tratta di vincoli preordinati alla successiva espropriazione.

5 Sul tema dei vincoli urbanistici tra i vari interventi si segnalano: G. Pagliari, Pianificazione urbanistica e pro-prietà edilizia: il problema dei vincoli urbanistici, in Riv. giur. urb., 2009, 579; Id, Corso di diritto urbanistico,Milano, Giuffrè, 2011; F. Fracchia - M. Occhiena, I beni privati e il potere pubblico nella giurisprudenza dellaCorte costituzionale, in G. Della Cananea, M. Dugato, Diritto amministrativo e Corte costituzionale, Napoli,2006.6 F. Salvia, Manuale di diritto urbanistico, Cedam, 2012, passim; G. Bobbio - M. Vallerga, Il governo del terri-torio tra legislazione urbanistica, ambientale e delle opere pubbliche (a cura di M. Morino), Giuffrè, 2010; C.Colombo, F. Pagano, M. Rossetti, Manuale di urbanistica. Strumenti urbanistici, tecnica, legislazione, proce-dure e giurisprudenza, Il Sole 24 Ore, 2013; A. Police, M.R. Spasiano, Manuale di governo del territorio,Giappichelli, 2016.7 M. A. Sandulli, M. R. Spasiano, P. Stella Richter, a cura di, Il diritto urbanistico in cinquant’anni di giurispru-denza della Corte costituzionale, Napoli, 2007.8 R. Garofoli, Manuale di diritto amministrativo, Neldirittoeditore. parte II, cap. XI, 2015, pp. 608-614.

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Sussiste un vincolo preordinato alla espropriazione, nell’ipotesi in cui la destinazione del-l’area permetta la realizzazione di opere destinate alla fruizione pubblica quali parcheggi pub-blici, strade, parchi urbani. La limitazione del ricorso allo strumento ablatorio, che è ammessosolo nell’ipotesi della sussistenza di motivi di interesse generale e di previa corresponsione diun equo indennizzo, si rinviene anche nel disposto di cui all’art. 834 c.c. secondo cui “nessunopuò essere privato in tutto od in parte dei beni di pagamento di una giusta indennità”.

Tuttavia, operando un raffronto con la disciplina normativa europea, ben diverso èl’approccio ermeneutico. Infatti, una concreta garanzia del diritto di proprietà9 si scorge nel-l’art. 1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 195010.

Il diritto patrimoniale11 è stato oggetto di significativi mutamenti con il processo di costi-tuzione dell’Unione Europea e del mercato unico12, a seguito soprattutto dell’affermarsi delprimato del diritto comunitario sul diritto interno.

Nonostante il diritto di proprietà non trovi una definizione puntuale nei trattati e nellealtre fonti comunitarie, tenuto conto che l’art. 295 del TCE dispone che «il presente trattatolascia del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri”, sembrautile osservare che il suddetto istituto rilevi nell’esperienza giuscivilistica13 moderna.

Esso, infatti, viene descritto dalla Carta di Nizza del 2000 come situazione giuridicasoggettiva la cui tutela deve assumere una forma più rafforzata, più fattiva rispetto a quan-to previsto dalla Carta Costituzionale nell’àmbito dei rapporti economici14.

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9 P. Rescigno, Proprietà (dir. priv.), in Enc. Dir., XXXVII, Milano, 1988; S. Pugliatti, La proprietà nel nuovo dirit-to, Milano, 1954; G. Alpa - A. Fusaro, La metamorfosi del diritto di proprietà, Antezza editore, 2011.10 Ove si stabilisce che “ogni persona fisica o morale ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può esse-re privato della sua proprietà salvo che per causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge edai principi generali del diritto internazionale”.11 L. Condorelli, La proprietà nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in Riv. dir. internaz., 1970,p. 175 ss.; M. L. Padeletti, La tutela della proprietà nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo,Milano, 2003; F. Buonomo, La tutela della proprietà dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo,Milano, 2004. S. Rodotà, Commentario all’art. 42, in Rapporti economici, Commentario dellaCostituzione, a cura di Branca, Bologna, 1982; A. M. Sandulli, Profili costituzionali della proprietà priva-ta, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1972, 465 ss..12 G. Della Cananea, Le droit administratif européen en débat, in Revue de droit public. 2008, n. 4, p. 731-744; Id., Administrative Law in Europe: a Historical and Comparative Perspective, in Italian Journal of PublicLaw, 2009, n. 2, pp. 162-211; Id., Il rinvio ai principi dell’ordinamento comunitario, in M. A. Sandulli (a cura di),Codice dell’azione amministrativa, Milano, Giuffrè, 2010, pp. 20-34; Id., The genesis and structure of generalprinciples of global public law, in E. Chiti, & B. G. Mattarella (eds.), Global administrative law and EU admini-strative law, Heidelberg, Springer, 2011, pp. 89-110.13 M. Trimarchi, Proprietà e diritto europeo, in «Europa e diritto privato», 2002, n. 3, Milano, Giuffrè, p. 709ss.. F. Caringella, M. De Palma, Potere espropriativo e proprietà privata, Milano, 2005; F. Cintioli, M. R. SanGiorgio, Proprietà e costituzione. Principi giurisprudenziali, Milano, 2002, passim..14 M. Luciani, voce Economia nel diritto costituzionale, in Dig. IV ed., Disc. pubbl., vol. V, Utet, Torino, 1990, 373ss.; S. Cassese, La nuova costituzione economica, Manuali Laterza, 2011; F. Macario, Commento all’art. 42, in R.Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti (a cura di), Commentario alla Costituzione, Utet, Torino, 2006, pp. 864 ss..

In altri termini, il diritto di proprietà15 è un diritto dell’individuo di godere della proprietàdei beni che ha acquistato legalmente, di usarli, di disporre e di lasciarli in eredità ed il cuiuso può essere regolato dalla legge16 nei limiti imposti dall’interesse generale. Alla pro-prietà17 è dedicato l’art. 1 del primo Protocollo («Protezione della proprietà») addizionalealla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo, firmato a Parigi il 20 marzo 1952,secondo cui al I paragrafo: «Toute personne physique ou morale a droit au respect de sesbiens». Al II paragrafo si dispone che: «Nul ne peut être privé de sa proprieté que pourcause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes générauxdu droit international» e che «Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droitque possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaire pour régle-menter l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement desimpôts ou d’autre contributions ou des amendes».

L’espropriazione può avvenire qualora sussista un pubblico interesse, conformemen-te al principio di legalità ed al rispetto dei principi generali di diritto internazionale. I singoliStati membri hanno il dovere di osservare il rispetto dei suindicati principi.

La Corte Europea dei diritti dell’Uomo ha assimilato il concetto di bene a quello diproprietà e, proprio con riferimento all’art. 1 del protocollo addizionale, la stessa è statachiamata a giudicare la legittimità delle disposizioni disciplinanti i procedimenti avviatidai soggetti privati.

E’ bene rammentare che la stessa legge n. 865 del 1971 ha esteso le fattispeciein cui si può realizzare l’occupazione di urgenza, la quale può avvenire per un periodonon eccedente i cinque anni e previo indennizzo. Successivamente, la dottrina e la giu-risprudenza hanno distinto tra occupazione sine titulo ab initio ed occupazione divenu-ta in seguito contra ius per l’annullamento del titolo originario, la cui contrapposizionetrova una soluzione nella sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n.

15 G. Della Cananea, Dalla proprietà agli usi: un’analisi comparata, in I beni pubblici: tutela, valorizzazione,gestione, a cura di A. Police, Milano, Giuffrè, 2008, p. 63-80.16 F. Sorrentino, La tutela multilivello dei diritti, in riv. Dir. Pubbl. comment., 2005, pp. 79 ss.17 A. M. Sandulli, I limiti della proprietà privata nella giurisprudenza costituzionale, in Giur. cost., 1971,pp. 963; A. M. Sandulli, Profili costituzionali della proprietà privata, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1972, pp.465; A. M. Sandulli, Urbanistica e Costituzione, in Riv. giur. edil., 1975, II, pp. 211; Sul tema dei vincoliurbanistici tra i vari interventi si segnalano: L. Piscitelli, Potere di pianificazione e situazioni soggettive.I vincoli urbanistici, Padova, 1990; L. Paladin, Gli odierni problemi della proprietà fondiaria nella prospet-tiva costituzionale, in Scritti in onore di Giannini, 1988, pp. 409 ss. Cfr. N. Assini, Diritto urbanistico:governo del territorio, ambiente e opere pubbliche, Padova, 2007; N. Assini, P. Mantini, Manuale di dirit-to urbanistico, Milano, 2007, passim; M. A Cabiddu, M. Dugato, a cura di, Manuale di diritto del governodel territorio, Torino, 2009; A. Crosetti, A. Police, M. R. Spasiano, Diritto urbanistico e dei lavori pubbli-ci, Torino, 2007; A. Fiale - E. Fiale, Diritto urbanistico, Napoli, 2006; G. C. Mengoli, Manuale di dirittourbanistico, Milano, 2009.

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1464 del 16 febbraio 1983 che si pronuncia sulla relazionalità tra la c.d. “accessioneinvertita18“ e la c.d. “occupazione acquisitiva19“.

In seguito, viene introdotto il comma 7 bis dell’art. 5 bis del D. L. 333 del 1992, in forzadel quale il risarcimento del danno per le occupazioni precedenti al 30 settembre 1996 cor-risponde all’equivalente del valore previsto per l’espropriazione legittima, con decurtazionedel 40% e aumento del 10%.

L’art. 43 del D.P.R. 327/2001dispone, quindi, che l’autorità che utilizzi un beneimmobile per l’interesse pubblico, modificato in assenza del valido ed efficace provve-dimento di esproprio e dichiarativo della pubblica utilità può disporre l’acquisizione alsuo patrimonio previo risarcimento del danno. A seguito delle pronunce n. 348 e 349del 24 ottobre 2007, la Corte Costituzionale si è soffermata concretamente sul nodogordiano relativo al rapporto tra la Convenzione europea dei diritti dell’Uomo e l’ordina-mento interno.

In particolare, la sentenza 348/2007 della Corte Costituzionale si sofferma sul 1°comma dell’art. 117 Cost. - riformato dalla L. cost. le 3/2001 - il quale «se da una parterende inconfutabile la maggiore forza di resistenza delle norme CEDU rispetto a leggi ordi-narie successive, dall’altra attrae le stesse nella sfera di competenza di questa Corte, poi-ché gli eventuali contrasti non generano problemi di successioni delle leggi nel tempo ovalutazioni sulla rispettiva collocazione gerarchica delle norme in contrasto, ma questionidi legittimità costituzionale [...]».

In altri termini, gli arresti giurisprudenziali20 della Corte hanno messo in luce che loscopo normativo si radica sulla realizzazione di un compromesso tra le esigenze di tuteladell’interesse pubblico e le istanze di protezione dei diritti individuali fondamentali.

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18 E. Rinaldi, Principio di legalità e accessione invertita: dalla Corte di Strasburgo una pesante condannaper lo Stato italiano, in Riv. amm., 2000, pp. 445 ss.; R. Conti, L’occupazione acquisitiva. Tutela della pro-prietà e dei diritti umani, Milano, 2006; N. Centofanti, I vincoli alla proprietà privata. Fonti, disciplina, inden-nità, tutela giurisdizionale, Torino, 2005. M. L Maddalena, Dalla occupazione appropriativa alla acquisizio-ne ad effetti sananti: osservazioni a margine dell’adunanza plenaria n. 2 del 2005, in Foro amm. CDS,2005, pp. 2109; S. Panunzio, I diritti fondamentali e le Corti in Europa, in Id (a cura di), I diritti fondamen-tali e le Corti in Europa, Napoli, 2005.19 M. L. Padelletti, L’occupazione acquisitiva in relazione al principio di legalità stabilito nella Convenzioneeuropea dei diritti dell’uomo, in Giurisprudenza italiana, 2003, fasc. 12, vol. 155, pp. 2244-2251; Id., La tute-la della proprietà nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo, Giuffrè, Milano, 2003.20 Cfr. sentenza della Corte di Strasburgo Iatridis c. Grecia del 25 marzo 1999, nella quale la Corte si èpronunciata sulla sussistenza della violazione dell’art. 1 del Prot. n. 1 alla CEDU. Secondo la ratio logi-co-giuridica della Corte di Strasburgo, infatti, «un’ingerenza illegale nel diritto al rispetto dei beni com-porta di per sé una violazione dell’art. 1 del Prot. n. 1, indipendentemente dalle questioni relative allemodalità ed all’adeguatezza del risarcimento e quindi dall’esigenza di un bilanciamento tra l’interessepubblico e la salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo, esigenza che rileva unicamente a fron-te di un’ingerenza legale».

Quindi, un’ingerenza illegittima nel diritto al rispetto dei beni comporta di per sé unaviolazione dell’art. 1 del Protocollo n. 1, indipendentemente dai punti problematici relativialle modalità ed all’adeguatezza del risarcimento e quindi dall’esigenza di un bilanciamen-to tra l’interesse pubblico e la salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo21.

La disamina della questione non può non prendere in considerazione il requisito dellaconformità alla legge e il concetto di “pubblica utilità” ed “interesse generale22“.

Il rispetto del precetto costituzionale, secondo cui l’espropriazione23 può essereconsentita dalla legge solo per motivi di interesse generale o per pubblica utilità, com-porta la necessità che la legge specifichi le ragioni per le quali si può far luogo all’e-spropriazione.

La Corte dei diritti dell’Uomo si è soffermata sulla possibilità di sindacare la legalitàdel provvedimento.

Antecedentemente, nessun sindacato era alla stessa riconosciuto relativamente allemisure normative e/o attuative di diritto interno incidenti sul diritto di proprietà; a seguitodella emanazione di alcune pronunce tra cui Belvedere Alberghiera c. Italia e Carbonara eVentura c. Italia del 30 maggio 2000 la tutela dei diritti umani fondamentali prevale su quel-la degli Stati membri.

La Corte di Strasburgo ha individuato, infatti, a carico dello Stato un obbligo positi-vo di protezione24 ovvero un obbligo dello Stato di assicurare il concreto esercizio del dirit-to. Anche la Corte di Giustizia delle Comunità Europee si è soffermata sul diritto di pro-prietà, in particolare con riguardo alla valorizzazione di un’economia di mercato, in cui latutela della proprietà deve assicurare l’osservanza del principio della leale concorrenza,secondo un approccio multidisciplinare ma uniforme ed incentrato sulla cooperazione25.La proprietà deve essere regolata sulla base dei valori perseguiti dall’Unione Europea ed

21 A. Moscarini, Proprietà privata e tradizioni costituzionali comuni, Milano, 2006, pp. 261 e ss.22 Si tratta quindi non di semplice modificazione della terminologia delle norme, ma di profondo mutamentonel modus disciplinandi la proprietà pubblica e privata, nelle modalità di contemperare gli interessi dei privaticon l’interesse generale. Cfr. G. Alpa, M. Bessone, A. Fusaro, Costituzione economica e diritto di proprietà: lafunzione sociale della proprietà, Articolo del 6 aprile 2004, in www.altalex.com.23 A. Predieri, Riserva della facoltà di edificare e proprietà funzionalizzata delle aree fabbricabili, in AA. VV.Urbanistica, tutela del paesaggio ed espropriazione, Milano, 1969; G. Verde, L’espropriazione di fatto tra lega-lità e giustizia, in Foro it. 1997, pp. 2402.24 U. Natoli, L’attuazione del rapporto obbligatorio, in Trattato di diritto civile e commerciale fondato da A. Cicue F. Messineo, XVI, Tomo 1, Milano, 1984, p. 12 ss.; F. Benatti, Doveri di protezione, in Digesto - DisciplinePrivatistiche, VII, Utet, pp. 223. C. Castronovo, L’obbligazione senza prestazione ai confini tracontratto e torto,in AA.VV. Le ragioni del diritto. Scritti in onore di Luigi Mengoni, I, Giuffré, Milano, 1995, p. 147 ss.; Id., Tracontratto e torto l’obbligazione senza prestazione, in La nuova responsabilità civile, Milano, Giuffré, 1997, pp.443 e 444.25 V. Mannino, La tipicità dei diritti reali nella prospettiva di un diritto europeo uniforme, in Eur. e dir. priv.,2005, pp. 945 e ss.

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in forza del principio di economia di mercato aperta ed in libera concorrenza nonché dellatutela dei diritti fondamentali dell’Uomo26.

Pertanto, alla luce di quanto delineato, e analizzando il testo della sentenza che ivi siannota, un bene è sottoposto al vincolo preordinato all’esproprio quando diventa efficacel’atto di approvazione del piano urbanistico generale, ovvero una sua variante, che preve-de la realizzazione di un’opera pubblica o di pubblica utilità. Si tratta di un vincolo che haun’efficacia di cinque anni ed entro tale termine deve necessariamente essere emanato ilprovvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera.

Il proprietario del bene sul quale si intende apporre il vincolo preordinato all’espropriodeve essere informato; la legge prevede che al proprietario debba essere data comunica-zione dell’avvio del procedimento27 almeno venti giorni prima della delibera del consigliocomunale o prima di altro atto che comporti la variante al piano urbanistico.

I vincoli alla proprietà privata possono essere ripartiti in diverse categorie a secondadella fonte normativa che li prevede, della loro durata e della possibilità o meno di edifica-re. In relazione alla fonte si distinguono i vincoli urbanistici, costituiti ed introdotti dagli stru-menti urbanistici ed i vincoli speciali per i quali lo strumento urbanistico attua una attività diricognizione senza per ciò esplicitare effetti costitutivi.

In relazione alla durata si osserva la distinzione tra vincoli temporanei, che preludonoall’espropriazione ed altri vincoli che hanno efficacia limitata alla durata dello strumentourbanistico che li prevede.

I vincoli illimitati invece hanno durata indeterminata e possono essere costituiti da leggiurbanistiche così come quelli derivanti dalla natura dei luoghi (vincoli paesistici ed architet-

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26 R. Calvano, La Corte costituzionale e la CEDU nella sentenza n. 348/2007: Orgoglio e pregiudizio?, inGiur. it., 2008; L. Cappuccio, La Corte costituzionale interviene sui rapporti tra convenzione europea dei dirit-ti dell’uomo e Costituzione, in Foro it., 2008, I, 47; B. Conforti, La Corte costituzionale e gli obblighi interna-zionali dello Stato in tema di espropriazione, in Giur. it., 2008; R. Conti, La Corte costituzionale viaggia versoi diritti CEDU: prima fermata verso Strasburgo, in Corr. giur., 2008, 205; Id, La prima della Cassazione sull’in-dennità di esproprio dopo Corte cost. 348/2007, in Urb. app., 2008, 437; G. Duni I, Indennizzi e risarcimentida espropriazione. Problemi risolti e questioni in sospeso, in Giust. Civ., 2008, 49; G. Marena, Sui diritti delproprietario espropriato: profili di novità delle sentenze n. 348 e 349 del 2007, in Danno resp., 2008, pp. 973;S. Mirate, CEDU, parametro di costituzionalità per l’indennità d’esproprio e risarcimento del danno da occu-pazione acquisitiva, in Urb. app., 2008, 163; V. Mazzarelli, Corte costituzionale e indennità di esproprio: «serioristoro» e proporzionalità dell’azione amministrativa, in Giorn. Dir. amm., 2008, p. 32; M. Pacini, La CEDU el’art. 117 della Costituzione. L’indennità di esproprio per le aree edificabili e il risarcimento del danno da occu-pazione acquisitiva, in Giorn. dir. amm., 2008, p. 25; B. Randazzo, Costituzione e Cedu: il giudice delle leggiapre una finestra su Strasburgo, in Giorn. dir. amm., 2008, 25; P. Stella Richter, Postilla a Duni, Indennizzi erisarcimenti da espropriazione. Problemi risolti e questioni in sospeso, in Giust. Civ., 2008, pp. 63 ss.; A. Travi,Commento alla sentenza n. 348/2007, in Foro it., 2008, 39; A. Moscarini, Indennità di espropriazione e valo-re di mercato del bene: un passo avanti (ed uno indietro) della Consulta nella costruzione del patrimonio costi-tuzionale europeo, in Giur. Cost., 2007, pp. 3525 ss..27 R. Garofoli, op. cit., pp. 327-332.

tonici) o dalla vicinanza con opere pubbliche o con beni pubblici (aree di rispetto cimiteriale,boschivo, marittimo ecc.). In relazione alla possibilità di edificare in dottrina si distinguonovincoli di tutela, che non determinano la inedificabilità ab imo e per intero dell’area, ma pre-vedono una funzione di valutazione della congruenza dell’intervento progettato con le carat-teristiche dell’area oggetto di tutela (ad es. vincoli monumentali ed artistici, vincoli paesisticiecc.) e vincoli di inedificabilità che presuppongono un divieto assoluto di edificare.

Al di là delle predette considerazioni, la recente pronuncia del Consiglio di Stato ed iviconfermata dalle pronunce precedenti (Cons. Stato n. 805/2005; Cons. Stato n. 522/2013)si radica sull’assunto secondo cui nel caso di vincolo archeologico, non è necessaria la pre-senza materiale del bene da tutelare, bastando solo una presunzione della sua esistenzaall’interno di un’area archeologica.

Pertanto, in considerazione degli interessi di diversa natura e meritevoli di tutela,occorre soffermarsi sulla natura preminente dell’interesse alla tutela paesaggistica28 edambientale, in ragione della rilevanza costituzionale dello stesso.

Ciò non può prescindere dalla previsione di adeguati strumenti di tutela che salvaguardi-no beni di importanza rilevante ed imprescindibile per il territorio. Qualsiasi provvedimento daadottare deve ponderare gli interessi29 in gioco, alcuni dei quali anche di rilevanza costituziona-le, comparandoli con quelli ritenuti a fondamento della misura di tutela paesaggistica30.

La tutela degli interessi culturali ed architettonici è compatibile con progetti di svilup-po sostenibile, i quali possono senza dubbio contribuire alla valorizzazione degli stessi31 eche dovrebbero presupporre un tavolo di concertazione al quale devono partecipare tutti glialtri soggetti portatori di interessi32 qualificati nel contesto territoriale di riferimento.

28 G. Ianni, Vincolo paesaggistico e interesse archeologico. La competenza della Soprintendenza per i beniarcheologici ad esprimere il parere di cui all’art. 2 comma 78 L. n. 662 del 1996, in Giur. Merito, 2008, n. 10pp. 2655.29 V. Cerulli Irelli, Pianificazione urbanistica ed interessi differenziati, in RTDP, 1985, pp. 386 ss.; F. Salvia,Standard e parametri tra regole di pianificazione e disciplina della edificabilità, (in Atti III Convegno A.I.D.U.su “L’uso delle aree urbane e la qualità dell’abitato”, Genova, 19-20 novembre 1999), Milano, 2000, pp. 11 ss.30 A. Di Bene, Tutela e gestione del Paesaggio, materiale di studio per corsi di formazione profilo professio-nale “Architetto”, MiBAC, Roma 2008. M. A. Sandulli, Codice dei beni culturali e del paesaggio, Giuffrè,Milano, u.e.; Il Codice dei beni culturali e del paesaggio tra teoria e prassi, (a cura di V. Piergigli ed A. Maccari,Università di Siena, Collana di studi Pietro Rossi, Vol. XXV, Milano, Giuffrè, 2006,31 Per quanto concerne i rapporti tra pianificazione ed ambiente, cfr. AA.VV. (a cura di U. Bassi e L.Mazzarolli), Pianificazione territoriale e tutela dell’ambiente, Torino, 2000, pp. 89 ss.. A. De Michele, Vigore,efficacia ed applicabilità dei piani regolatori comunali nel sistema di pianificazione locale, in Riv. giur. ed.,2005, p. 38 ss.. G. Morbidelli, Pianificazione territoriale ed urbanistica, in Enciclopedia giuridica, Vol. VIII,Roma, 1990. F. Salvia - F. Teresi, Diritto urbanistico, Padova, VII ed. 2002, in particolare, pp. 41-59; in gene-rale, A. M. Sandulli, Appunti per uno studio sui piani regolatori, op. cit.; L. Mazzarolli, I piani regolatori urbani-stici nella teoria giuridica della pianificazione, Padova, 1966.32 Cfr., solo per alcuni profili generali, M. Pellingra Contino, Gli strumenti di pianificazione urbanistica tragaranzia dell’interesse pubblico e tutela delle posizioni giuridiche soggettive dei privati, in www.federalismi.it,n. 14, 14 luglio 2010.

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L’area vincolata è caratterizzata dalla presenza di interessi così vari che non possonotrovare adeguata considerazione nel meccanismo di imposizione del cd. vincolo indiretto33

di cui all’art. 45 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.Secondo le attuali prospettive dottrinarie e giurisprudenziali, occorre tener conto di un’am-

pia gamma di interessi, pubblici e privati, che sono incompatibili con la logica propria del cd. vin-colo indiretto di cui al richiamato art. 45 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e che a contrario pos-sono trovare adeguata sedes materiae nel procedimento della cd. programmazione paesaggi-stica, che si caratterizza per la sussistenza di rafforzati meccanismi partecipativi34.

Quanto osservato muove verso altre considerazioni di ordine logico-giuridico.L’esistenza di un vincolo storico-architettonico giustifica una tutela più fattiva del bene nell’e-sercizio della discrezionalità che è propria dell’Amministrazione preposta alla sua tutela35.

Una ipotetica violazione che giustifica l’ordine di non proseguire i lavori su un immo-bile vincolato deve essere tale da recare un concreto e non potenziale pregiudizio all’inte-resse culturale oggetto di tutela. Deve trattarsi di violazioni rilevanti, pregiudizievoli per l’in-teresse culturale e tali da non consentire una loro regolarizzazione in costanza di esecuzio-ne di altre opere afferenti l’intervento.

L’imposizione di vincolo storico-artistico ai sensi della legge n. 1089/1939 costituisceun’attività della p.a. che è caratterizzata da ampia discrezionalità e che fa sorgere a un pro-cedimento di natura contenziosa caratterizzato dalla sussistenza di garanzie sostanziali eprocedimentali poste a presidio della pretesa del titolare del bene di disporne liberamentee a tal fine di opporsi all’apposizione del vincolo sul medesimo.

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33 Cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 6241, del 27 dicembre 2013, per cui il vincolo indiretto, previsto dallaParte seconda (Beni culturali) del Codice, è funzionale ad evitare che sia messa in pericolo l’integrità dei beniculturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente edi decoro. Non si tratta di un vincolo che implica l’accertamento di un pregio culturale (e tanto meno paesag-gistico) intrinseco al territorio che riguarda, ma che è servente alla protezione della cornice di un distintoimmobile, a sua volta dichiarato, quello sì per le sue intrinseche caratteristiche, bene culturale.34 F. Benvenuti, Funzione amministrativa, procedimento, processo, in Riv. trim. dir. pubbl., 1952, 126 ess. Cons. Stato, sez. V, 13.06.2012, n. 3470; negli stessi termini si veda anche, T.A.R. Lazio sez. II qua-ter, 14.06.2012, n. 5464 secondo cui «va evidenziata l’importanza, nella materia in esame, del rispettodelle garanzie procedimentali sancite dalla legge n. 241/90 anche nella prospettiva, evidenziata darecente dottrina, di “collaborazione procedimentale” cui sono tenute entrambi le parti (pubblica e priva-ta) coinvolte nello svolgimento dell’azione amministrativa, che implica il superamento dell’esigenza delmero rispetto delle prescrizioni formali imposte dalla normativa in materia, e che, in un’ottica di legalitàsostanziale, richiede, in una visione unitaria del rapporto amministrativo, che tutti i soggetti che in essopartecipano abbiano la possibilità di evidenziare circostanze di fatto e rappresentare interessi coinvoltiin modo tale che lo scambio sia effettivamente utile per entrambi». F. G. Scoca, Diritto amministrativo,Giappichelli, Torino 2008, p. 322.35 M. S. Giannini, Il potere discrezionale della pubblica amministrazione, Milano, 1939, pp. 70 ss.; F. G.Scoca, Diritto amministrativo, Torino, 2008; Id, La discrezionalità nel pensiero di Giannini e nella dottrina suc-cessiva, in Riv. trim. dir. pubbl., 2000, p. 1045 ss.. Cfr. L. Benvenuti, La discrezionalità amministrativa,Padova, 1986; D.J. Calligan, La discrezionalità amministrativa, Milano, 1999.

Il provvedimento d’imposizione di un vincolo storico - artistico - archeologico deve indi-care il bene oggetto del vincolo e, se indiretto, la ratio in funzione della quale il vincolo è impo-sto, la proporzionalità fra le misure che pongono un limite e l’interesse pubblico perseguito.

Il vincolo previsto dalla L. 1 giugno 1939, n. 1089, art. 11 non è assimilabile ai richiamativincoli c.d. espropriativi o di inedificabilità relativi a beni singoli. Ha, invece, natura conformativae non incide sul valore di mercato dei beni coinvolti e sul calcolo dell’indennità36 o del danno.

Il potere di programmazione urbanistica e di realizzazione dei progetti relativi alle esi-genze generali non viene meno alla scadenza del termine di durata sopra richiamato ovepersistano o sopravvengano situazioni che ne impongano la realizzazione anche se per dif-ferenti obiettivi e scopi. Per garantire il perseguimento dell’interesse pubblico al corretto uti-lizzo del territorio, l’Amministrazione può rinnovare illimitatamente nel tempo i vincoli subeni determinati, anche con diversa destinazione o con altri strumenti.

Appare chiaro che attraverso lo strumento della reiterazione dei vincoli37, l’indennizzo èposposto rispetto all’azione di reiterazione del vincolo. La mancata previsione dell’indennizzolegittima il privato ad agire davanti al giudice ordinario per ottenerne la corresponsione.

Gli indirizzi giurisprudenziali hanno individuato il breaking point tra l’esercizio del pote-re di conformazione e tutela del diritto di proprietà nella protrazione del vincolo oltre il ter-mine legale di durata dello stesso.

L’emanazione del decreto impositivo del vincolo di natura archeologica è successivaad una valutazione tecnica ampiamente discrezionale38: ogni ulteriore valutazione attiene aconsiderazioni che concernono l’esercizio dell’azione amministrativa ed è insindacabile insede di giudizio di legittimità.

36 G. Rolla, Significato e limiti del precedente nella giurisprudenza della Corte costituzionale in materia di indenniz-zabilità dei vincoli: alcune note critiche, in Giur. cost., 1976, I, p. 2080 ss., secondo la Corte assume natura espro-priativa ogni restrizione non imposta in via generale. Cfr. anche E. Pellecchia, Vincoli di inedificabilità e risarcimen-to del danno da occupazione illegittima, in Foro it., 1992, I, c. pp. 1201 ss.; A Liguori, Vincoli di inedificabilità tra pote-ri di reiterazione e indennizzo, in Urbanistica e appalti, 1999, p. 712 ss.; S. Mangiameli, I vincoli di piano alla resadei conti davanti alla Corte costituzionale. Tra definizione dei principi e diretta liquidazione dell’indennizzo, in Giur.cost., 2000, pp. 611 ss.; S. Civitarese Matteucci, La reiterazione dei vincoli urbanistici decaduti come misure“sostanzialmente espropriative”, in Le Regioni, 1999, 804; G. De Marzo, Reiterazione dei vincoli di in edificabilità eindennizzo, in Giur. it., 1999, 2155 e s.s.; De Pretis, I vincoli di inedificabilità di nuovo al vaglio della Corte costitu-zionale: aggiornamento della categoria e indennizzo per la reiterazione, in Riv. giur. urb.,1999, 289 s.s. R. Iannotta,Osservazione a Corte cost. 20 maggio 1999, n. 179, in Foro amm., 1999, 2363; P. Stella Richter, A proposito deivincoli a contenuto sostanzialmente espropriativo, in Giust. civ., 1999, 2597 e s.s.37 S. Mangiameli, op.cit.38 Cfr. da ultimo, Cons. St., IV, 12 maggio 2016 n. 1907: in sede di pianificazione del territorio, la discrezio-nalità, di cui il Comune dispone, è ampia e, quindi, non abbisogna di una particolare motivazione al di là diquella ricavabile dai criteri e principi generali cui s’ispira il PRG. Si tratta di principio ribadito dalla QuartaSezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 20 luglio 2016 n. 3250 con la quale rileva inoltre che il con-creto esercizio di tal discrezionalità da parte del Comune comunque può esser censurato quando appaiamanifestamente illogico, irragionevole, contraddittorio, errato nei presupposti o viziato nel procedimento. Sulpunto cfr. anche ex Cons. St., IV, 29 maggio 2015 n. 2685.

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Per quanto concerne i poteri dell’Amministrazione preposta alla tutela dei beni da vin-colare per ragioni archeologiche, la giurisprudenza (in forza di un’attenta valutazione di tuttele circostanze di fatto esistenti nonché della diversa modalità e rilevanza della presenza dibeni archeologici in un determinato territorio da sottoporre a vincolo archeologico) ricono-sce alla P.A. un’ampia sfera di discrezionalità.

La finalità della tutela ha una doppia natura, in un’area tematica come quella della tute-la del patrimonio culturale, dove il giudizio è certamente di discrezionalità tecnica e non ammi-nistrativa, in quanto esso39 valuta fatti e circostanze in correlazione al valore da tutelare.

Se, quindi, sono rinvenibili gli specifici presupposti dell’art. 10 del Codice dei beni cul-turali e del paesaggio, un determinato ambito territoriale può essere oggetto di tutela comebene culturale in sé e come zona di rispetto di un bene culturale.

Il Codice dei beni culturali e del paesaggio, D. Lgs. n. 42 del 22 gennaio 2004 ss.mm.iiampliando la definizione di “bene culturale” di cui alla L. n. 1089 del 193940, all’art. 10 spe-cifica che tra i beni culturali sono da annoverare certamente le cose mobili ed immobili chepresentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmenteimportante e di cui sia dichiarato, una volta accertato, l’interesse culturale.

Il procedimento è avviato dalla Soprintendenza per i beni culturali competente secon-do la procedura di cui all’art. 13 del D.lgs 42/2004, mentre la dichiarazione di interesse cul-turale è adottata dal Ministero.

Nell’apposizione del vincolo, l’amministrazione statale compie una valutazione tecni-ca che nel giudizio de quo avanzato innanzi al Consiglio di Stato è oggetto di contestazio-ne. Nel caso in oggetto, era necessario verificare i presupposti del decreto di vincolo, l’e-lencazione dei beni di interesse culturale ai sensi degli artt. 10 e susseguenti del D.lgs. n.42/2005, la probabilità circa la presenza di ulteriori reperti archeologici ed infine la corret-tezza della delimitazione dell’area sottoposta al vincolo.

L’orientamento consolidato del Consiglio di Stato ha precisato che l’effettiva esisten-za dei beni archeologici da tutelare può essere dimostrata anche in via presuntiva. E’ suffi-ciente che gli stessi siano ben definiti in modo tale che il vincolo archeologico rispondaall’interesse pubblico cui è preordinato, evitando che l’imposizione della limitazione siasproporzionata rispetto alla finalità di pubblico interesse cui è preordinata41.

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39 D. Corletto, La tutela dell’interesse al provvedimento e i terzi, in Dir. proc. amm., 2001, pp. 930 ss.; R.Ferrara, “Il procedimento amministrativo visto dal terzo”, in Dir. proc. amm., 2003, pp. 1029 ss.. Per un inqua-dramento della materia, sotto il profilo della teoria generale del diritto, L. De Lucia, Provvedimento ammini-strativo e diritti dei terzi. Saggio sul diritto amministrativo-multipolare,Torino,2005.40 Cfr. M. A. Sandulli, op.cit..41 Cfr. CdS, Sez. VI, 1 marzo 2005 n. 805; Sez. VI, 25 settembre 2005 n. 5069; Sez. VI 29 gennaio 2013, n.522; CdS Sez. VI n. 5069 del 25 settembre 2005.

Per concludere, gli arresti giurisprudenziali del Consiglio di Stato si sono soffermati apiù riprese sulla circostanza che, ai fini della tutela vincolistica su beni archeologici, l’effet-tiva esistenza dei beni da tutelare può essere dimostrata anche per presunzione.L’amministrazione dei beni culturali ed ambientali può estendere il vincolo ad intere aree sucui insistano manufatti archeologici importanti e tali da costituire un complesso unitario edinscindibile, tale da rendere indispensabile il sacrificio totale degli interessi dei proprietari esenza possibilità di adottare soluzioni meno radicali, evitandosi che l’imposizione della limi-tazione sia sproporzionata rispetto alla finalità di pubblico interesse cui è preordinata (Cons.Stato, Sez. VI, 25 settembre 2005, n. 5069).

Gli atti amministrativi espressione di valutazioni tecniche sono suscettibili di sindacato giu-risdizionale nei soli casi in cui l’amministrazione abbia effettuato scelte contrastanti con il princi-pio di ragionevolezza tecnica. Non è sufficiente che la determinazione assunta sia meramenteopinabile. Il giudice amministrativo, infatti, non può sostituire sue valutazioni tecniche a quelleeffettuate in sede propria dall’autorità pubblica (Cons. Stato, VI, 2 maggio 2012, n. 2521).

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