La partecipazione democratica e la democrazia...

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SOMMARIO: 1. Presupposti e fondamenti della partecipazione e degli strumenti di democrazia partecipativa nell’assetto costituzionale con uno sguardo all’ordinamento euro - peo - 2. Le forme e i modelli di democrazia partecipativa nell’era digitale - 3. La partecipa - zione democratica elettronica nel Codice dell’amministrazione digitale 1. Presupposti e fondamenti della partecipazione e degli strumenti di democra- zia partecipativa nell’assetto costituzionale con uno sguardo all’ordinamento europeo La tematica della partecipazione, intesa come costruzione di un proficuo rapporto di reciprocità tra cittadinanza e istituzioni per la realizzazione di decisioni condivise 1 , pur intrecciandosi con altre ad essa affini, tra le quali, la consultazione, la concertazione, la sus- sidiarietà orizzontale o sociale, l’informazione, la partecipazione al procedimento ammini- strativo, il diritto d’accesso, gli istituti di democrazia diretta 2 , gode di una sua autonoma configurazione. Tale intreccio, tuttavia, richiede un esame (che si svilupperà, per così dire, La partecipazione democratica e la democrazia partecipativa dall’assetto costituzionale al Codice dell’amministrazione digitale. Un (agevole) passaggio “obbligato”? Agata Anna Genna Avvocato e borsista presso Dipartimento di diritto pubblico - Università degli Studi di Palermo 1 Le basi teoriche e sperimentali della partecipazione affondano le loro radici nelle cosiddette esperienze di “sviluppo di comunità” che trovano figure di rilievo, tra gli altri, in D. Dolci, Dal trasmettere al comunicare, Torino, Sonda, 1988; Id., Esperienze e riflessioni, Laterza, 1974; Id., La struttura maiuetica e l’evolverci, Firenze, La Nuova Italia, 1996. Secondo un Autore che si è occupato di partecipazione, questa può essere definita come “arte della proget- tazione interattiva” caratterizzata da interattività spinta, enfasi sugli elementi di contesto, radicalità dell’approc- cio ai problemi, conferimento di valore alle esperienze degli abitanti, sviluppo delle soggettività individuali e di gruppo”. Così, M. Giusti, alle cui elaborazioni si riferiscono nel loro contributo A. L. Pecoriello, F. Rispoli, Pratiche di democrazia partecipativa in Italia, in Democrazia e diritto, n. 3/2006, p. 118. Uno dei principali strumenti di coinvolgimento della popolazione, al fine di addivenire a decisioni condivise, è costitutivo dal c.d. “bilancio partecipativo” (di seguito, Bp). Come è stato osservato, il Bp è un processo deci- sionale che prevede una discussione aperta a tutta la cittadinanza sulle proposte di bilancio che si articola durante tutto l’anno, fino a giungere a definire una proposta di bilancio per ogni anno di gestione successiva, in relazione alle richieste della cittadinanza. La peculiarità del Bp consiste nella capacità di interagire, in modo positivo, da un lato, con la settorialità della macchina amministrativa e, dall’altro, con la rigidità delle procedure burocratiche che spesso sono un ostaco- lo alla realizzazione di progetti “partecipati”. In argomento, più diffusamente, v. A. L. Pecoriello, F. Rispoli, cit., pp. 124-126. 2 Quelle citate, infatti, sono soltanto alcune delle tematiche con le quali la partecipazione si intreccia, dando spesso luogo ad improprie sovrapposizioni. Tra quelle non citate nel corpo del testo, si richiamano le seguen- ti: l’associazionismo, il ruolo delle formazioni sociali, il volontariato, l’autonomia locale, l’articolazione dei diver- si livelli di governo e la loro collaborazione, la sussidiarietà detta verticale, il ruolo delle strutture amministra- tive, burocratiche e tecniche. 1

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SOMMARIO: 1. Presupposti e fondamenti della partecipazione e degli strumenti didemocrazia partecipativa nell’assetto costituzionale con uno sguardo all’ordinamento euro -peo - 2. Le forme e i modelli di democrazia partecipativa nell’era digitale - 3. La partecipa -zione democratica elettronica nel Codice dell’amministrazione digitale

1. Presupposti e fondamenti della partecipazione e degli strumenti di democra-zia partecipativa nell’assetto costituzionale con uno sguardo all’ordinamento europeo

La tematica della partecipazione, intesa come costruzione di un proficuo rapporto direciprocità tra cittadinanza e istituzioni per la realizzazione di decisioni condivise 1, purintrecciandosi con altre ad essa affini, tra le quali, la consultazione, la concertazione, la sus-sidiarietà orizzontale o sociale, l’informazione, la partecipazione al procedimento ammini-strativo, il diritto d’accesso, gli istituti di democrazia diretta 2, gode di una sua autonomaconfigurazione. Tale intreccio, tuttavia, richiede un esame (che si svilupperà, per così dire,

La partecipazione democratica e la democrazia partecipativadall’assetto costituzionale al Codice dell’amministrazione digitale.Un (agevole) passaggio “obbligato”?Agata Anna GennaAvvocato e borsista presso Dipartimento di diritto pubblico - Università degli Studi di Palermo

1 Le basi teoriche e sperimentali della partecipazione affondano le loro radici nelle cosiddette esperienze di“sviluppo di comunità” che trovano figure di rilievo, tra gli altri, in D. Dolci, Dal trasmettere al comunicare,Torino, Sonda, 1988; Id., Esperienze e riflessioni, Laterza, 1974; Id., La struttura maiuetica e l’evolverci,Firenze, La Nuova Italia, 1996.Secondo un Autore che si è occupato di partecipazione, questa può essere definita come “arte della proget-tazione interattiva” caratterizzata da interattività spinta, enfasi sugli elementi di contesto, radicalità dell’approc-cio ai problemi, conferimento di valore alle esperienze degli abitanti, sviluppo delle soggettività individuali e digruppo”. Così, M. Giusti, alle cui elaborazioni si riferiscono nel loro contributo A. L. Pecoriello, F. Rispoli,Pratiche di democrazia partecipativa in Italia, in Democrazia e diritto, n. 3/2006, p. 118.Uno dei principali strumenti di coinvolgimento della popolazione, al fine di addivenire a decisioni condivise, ècostitutivo dal c.d. “bilancio partecipativo” (di seguito, Bp). Come è stato osservato, il Bp è un processo deci-sionale che prevede una discussione aperta a tutta la cittadinanza sulle proposte di bilancio che si articoladurante tutto l’anno, fino a giungere a definire una proposta di bilancio per ogni anno di gestione successiva,in relazione alle richieste della cittadinanza.La peculiarità del Bp consiste nella capacità di interagire, in modo positivo, da un lato, con la settorialità dellamacchina amministrativa e, dall’altro, con la rigidità delle procedure burocratiche che spesso sono un ostaco-lo alla realizzazione di progetti “partecipati”. In argomento, più diffusamente, v. A. L. Pecoriello, F. Rispoli, cit.,pp. 124-126.2 Quelle citate, infatti, sono soltanto alcune delle tematiche con le quali la partecipazione si intreccia, dandospesso luogo ad improprie sovrapposizioni. Tra quelle non citate nel corpo del testo, si richiamano le seguen-ti: l’associazionismo, il ruolo delle formazioni sociali, il volontariato, l’autonomia locale, l’articolazione dei diver-si livelli di governo e la loro collaborazione, la sussidiarietà detta verticale, il ruolo delle strutture amministra-tive, burocratiche e tecniche.

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in “forma diffusa” nel corso del lavoro) anche di taluni dei suddetti istituti, sebbene limitato- per impedire che sia fuor d’opera - ad uno sguardo compativo con la tematica de qua.

Si osservi che la varietà dei termini attraverso cui è possibile individuare forme e stru-menti di partecipazione (i.e., audizione, consultazione, concertazione, negoziazione, ecc.)è sintomatica della diversa incidenza - per ciascuna modalità partecipativa - del ruolo eser-citato dai privati nell’ambito dei processi decisionali pubblici.

Le poche battute che precedono consentono, quindi, di prendere atto della poliedricitàdel concetto di partecipazione che, al fine di essere meglio compreso, necessita di talunedistinzioni 3. Ed invero, le forme di partecipazione si possono, a grandi linee, distinguere in“conoscitive” - tra queste, la consultazione e l’audizione - e “politiche” - tra le quali, la con-certazione e la negoziazione.

Le prime, quelle cioè a scopo conoscitivo, hanno l’obiettivo di raccogliere opinioni, rile-vare dati ed informazioni, per dar vita alla regola normativa o valutarne il successivo impat-to, le seconde, ovvero quelle di natura politica, hanno la finalità di permettere forme dimediazione politica sul contenuto della regola.

In particolare, la consultazione costituisce un metodo di indagine avente lo scopo direndere chiare le premesse del processo decisionale in modo tale da orientare la ricercadel consenso, seguendo un percorso di trasparenza che non necessariamente condurrà aduna conciliazione di interessi.

Invece, la concertazione, pur avendo in comune con la prima “l’ascolto” dei destinata-ri della regolazione, si caratterizza soprattutto per l’attenzione rivolta al confronto fra inte-ressi tendenzialmente antagonisti. Peraltro, come affermato dalla Consulta 4, la concerta-zione è paradigma di coordinamento e di leale collaborazione, e dunque “strumento per l’e-sercizio in forma collaborativa del potere”, con lo scopo di conciliare interessi diversi.

Chiarito, quantomeno nelle linee generali, l’ambito delle tematiche della consultazio-ne e della concertazione, si pone l’esigenza di analizzare più nel dettaglio, in primo luogo,il concetto di partecipazione e, in secondo luogo, quello di democrazia partecipativa 5 che

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3 In argomento, A. Valastro, La valutazione e i molteplici volti della partecipazione: quale ruolo per la consultazio -ne?, in M. Raveraira (a cura di), “Buone” regole e democrazia, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2007, pp. 152-158.4 Corte cost. n. 334/2003 in giurcost.org.5 La definizione di democrazia partecipativa risulta spesso ambigua e si riferisce ad impostazioni e pratichesperimentali che possono risultare diverse tra loro. La partecipazione si può realizzare a diversi livelli e, in rela-zione all’approccio interpretativo adottato, giungere a diversi esiti applicativi. Si rileva, infine, che i Paesi da cuisi traggono le esperienze più significative sono soprattutto quelli dell’America Latina. Per quanto attiene allepratiche partecipative sviluppatesi più di recente in Italia, cfr. A. L. Pecoriello, F. Rispoli, cit., pp. 119-123.In argomento, cfr., altresì, G. Allegretti, Elogio dell’intelligenza sociale, in B. Sousa santos de (a cura di),Democratizzare la democrazia. I percorsi della democrazia partecipativa, Troina, Città Aperta Edizioni, 2003,p. 3 ss.; B. Sousa Santos de, L. Avritzer, Per un ampliamento del canone democratico, in Id., p. 19 ss.; E.Sader, Per delle democrazie diverse, in Id., p. 523 ss.

ne costituisce - se così si può dire - la forma più evoluta sebbene le sue dinamiche, anco-ra in fieri, non consentono di definirla come una vera e propria forma di democrazia 6.

Per quanto attiene alla disamina della partecipazione, è opportuno stilare una premes-sa metodologica e distinguere, a tal fine, due tipologie di approccio: uno di tipo strumenta-le e l’altro di tipo sostanziale.

Il primo tipo di approccio, che fa leva soprattutto sulle strutture e sui risultati della par-tecipazione, considera il coinvolgimento della popolazione come strumento per realizzaregli obiettivi del progetto in modo efficace. Tale tipo di approccio ha un orizzonte temporalee spaziale limitato ed utilizza metodologie e tecniche già oggetto di sperimentazione.

Il secondo tipo di approccio - più aderente alle reali esigenze che lo strumento parte-cipativo mira a perseguire e, in ultima istanza, raggiungere - mira ad ottenere il rafforzamen-to del potere delle persone e, temporalmente, si colloca nel luogo periodo, cercando diaffrontare i problemi in maniera integrata.

L’optimum sembra essere costituito da un approccio che faccia leva sul coinvolgimen-to delle persone, rafforzandone il potere, ed utilizzi un orizzonte temporale di lungo perio-do, una sorta di mixtum compositum dei due criteri sopra definiti.

Operata tale premessa, è opportuno procedere ad individuare ciò che accomuna par-tecipazione e democrazia partecipativa, ovverosia le loro basi teoriche e i fondamenti costi-tuzionali.

Una di tali basi - comune ad entrambi gli istituti in commento - ha origine nel genera-le rapporto tra società ed istituzioni che veste gli ordinamenti democratici.

In particolare, sono due le nozioni fondamentali a cui è possibile rinviare nelle quali lasocietà (in rapporto alle istituzioni) riveste un ruolo primario, i. e. quella di stato-apparato equella di stato-comunità 7.

L’altro fondamento teorico, altresì comune, è quello relativo al principio dell’apparte-nenza della sovranità al popolo 8 (art. 1, 2° comma, Cost.).

6 Sul punto, v. U. Allegretti, Verso una nuova forma di democrazia: la democrazia partecipativa, in Democraziae diritto, n. 3/2006, pp. 7-13. L’Autore sostiene che la democrazia partecipativa sia “un processo aperto e incontinuo sviluppo” essa “deve curare un’architettura complessiva, un insieme di dispositivi solo collegando iquali è possibile renderla effettiva e sostenibile”. Ibidem, p. 13. In un altro contributo lo stesso autore defini-sce la democrazia partecipativa come “un insieme di aspirazioni, linee di tendenza e orientamenti politici, espesso di concrete esperienze, che mirano a modificare i regimi prevalentemente rappresentativi attraverso iquali le democrazie funzionano. Quest’insieme consta di presenze assolutamente globali […] le quali si vannodisseminando in tutti i paesi europei e sono ormai in via di incremento in Italia”. Id., Democrazia partecipati -va, Europa e altro, in Democrazia e diritto, n. 4/2006, p. 7.7 Su tali nozioni, v., tra gli altri, R. Bin, G. Pitruzzella, Diritto Costituzionale, Giappichelli editore, Torino, 2005,p. 27 ss; p. 444; T. Martines, Diritto Costituzionale, Milano, 2007, pp. 100-109.8 In ordine al concetto di sovranità e alla sua titolarità, v. T. Martines, Diritto Costituzionale, cit., pp. 98-100.

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E’ ormai matura, sia nell’ordinamento interno che in quello europeo, la convinzioneche tali fondamenti teorici siano la dimostrazione di come sia la partecipazione che le formepiù incisive di democrazia partecipativa permeano gli ordinamenti giuridici democratici eche, pertanto, sia giunto ormai il momento di introdurle concretamente nella pratica norma-tiva ed amministrativa a fianco alle istituzioni di democrazia rappresentativa.

Con riguardo all’ordinamento europeo, l’attenzione va rivolta alle disposizioni conte-nute nel Trattato di Lisbona 9. Tale nuovo Trattato introduce, nell’ambito del TUE, il titolo II,rubricato Disposizioni relative ai principi democratici, all’interno del quale viene, per cosìdire, “costituzionalizzato” il principio della democrazia partecipativa, laddove si conferisceai cittadini europei (secondo l’entità di almeno un milione) il diritto di chiedere allaCommissione la presentazione di una proposta legislativa. E’ evidente che occorrerà verifi-care nel tempo se tale nuovo strumento sarà in grado di realizzare i risultati desiderati, tenu-to conto della circostanza che non sembra che la Commissione sarà obbligata a dar segui-to a tali richieste.

Seppur con tali “riserve”, dall’insieme delle nuove disposizioni (non ancora in vigore)ne deriva una decisa valorizzazione degli elementi di democrazia partecipativa e ciò, oltrea costituire uno strumento per allineare il sistema dell’Unione europea agli ordinamentinazionali, rappresenta un mezzo per realizzare il c.d. principio di uguaglianza dei cittadini,che nello specifico si sostanzia nel diritto di beneficiare di uguale attenzione da parte delleistituzioni, organi ed organismi.

Da tali nuove disposizioni si evince l’attuale esigenza che le decisioni vengano presenella maniera più aperta e vicina al cittadino, al quale è espressamente sancito il diritto dipartecipare alla vita democratica dell’Unione.

Inoltre, da tali disposizioni emerge la necessità di assicurare la coerenza e la traspa-renza delle azioni dell’Unione attraverso un dialogo aperto, trasparente e regolare con leassociazioni rappresentative e la società civile e per il tramite di ampie consultazioni con leparti interessate.

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9 Alcuni commenti sul Trattato di Lisbona si rinvengono in Aa.Vv., Forum: Il Trattato di Lisbona (Condurrel’Europa nel XXI secolo), in Diritto pubblico comparato ed europeo, n. 1/2008, p. 45 ss. Il nuovo Trattato tende,da un lato, a recepire quasi integralmente l’essenza delle riforme istituzionali contenute all’interno del Trattatoche adotta una Costituzione per l’Europa e, dall’altro, a recepire le molteplici istanze degli Stati che non hanno- per una serie di diversi motivi - provveduto a ratificare la Costituzione europea.Il testo del “Trattato di Lisbona che modifica il trattato sull’Unione europea e il trattato che istituisce laComunità europea” è stato firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007 ed è pubblicato in G.U.U.E., C. 306, 17-12-2007. L’art. 1 contiene le modifiche all’attuale Trattato sull’Unione (che manterrà il titolo attuale), l’art. 2, quel-le relative al TCE (che sarà denominato Trattato sul funzionamento dell’Unione europea), gli artt. 3-7 le dispo-sizioni finali. Infine, sono acclusi al Trattato diversi Protocolli.

A tale ultimo proposito, si osservi che è possibile - seguendo anche le indicazioni euro-pee - dal punto di vista giuridico, inquadrare (principalmente, ma non in via esclusiva) la par-tecipazione nell’ambito dello spazio dedicato alla consultazione 10 (la decisione finale spetta,sempre, alle istituzioni della democrazia rappresentativa 11), momento che precede quellodedicato alla vera e propria decisione e che potrebbe consentire, nell’ipotesi di “decisionecondivisa”, di operare un controllo concreto sull’operato delle amministrazioni. Controllodistinto, ma se si vuole, anche complementare a quelli (classici) di legittimità e di merito 12.

Sia consentita, a questo punto, una breve digressione su tale nuova potenzialità dellademocrazia partecipativa.

E’ stato osservato che il controllo sociale - realizzato attraverso strumenti di democra-zia partecipativa - può essere non solo utile ma perfino più efficace di quello istituzionale eciò sulla base di due ragioni 13.

Il controllo sociale garantisce maggiori garanzie di alterità tra controllori e controllati,esso, infatti, è più distaccato poiché esercitato da persone e gruppi non appartenenti all’am-ministrazione.

L’altra ragione fa leva sulla circostanza che vede le persone e i gruppi (controllori) -soggetti titolari dei bisogni e dei diritti che l’amministrazione è chiamata a soddisfare -profondamente motivati ad esercitare il controllo perché funzionale al soddisfacimento delleloro esigenze di amministrati.

Pertanto, se ne ravvisa l’opportunità sia sotto profili teorici che pratici.Chiarito ciò, è necessario fare un passo indietro e tornare all’esame dell’ordinamento

interno, al fine di rinvenire nel tessuto costituzionale le norme che legittimano la presenzadella dimensione partecipativa.

Come affermazione di principio si può rilevare che la Costituzione ha previsto un siste-ma politico aperto alla partecipazione.

10 Tuttavia, si osservi, che la partecipazione non può essere ridotta a mera consultazione. Potrebbe, infatti,esservi il rischio che sia richiesta in un momento in cui la procedura, ormai avanzata, abbia già delineato ipropri risultati, rendendo in tal modo la partecipazione soltanto una “copertura consensuale del pubblico”. Inargomento, v. U. Allegretti, Basi giuridiche della democrazia partecipativa in Italia: alcuni orientamenti, inDemocrazia e diritto, n. 3/2006, p. 159.11 Le diverse forme di democrazia, quindi, possono comunicare; anzi, come è stato brillantemente osservato,“tra democrazia partecipativa e democrazia rappresentativa esiste una tensione ineliminabile. Esse si basanosu fonti di legittimazione diverse e contrastanti: da una parte il consenso debole e poco informato (il voto) daparte di tutti i cittadini (o quasi); dall’altra la partecipazione attiva di pochi. E si basano su modalità di interazio-ni antitetiche: formali nel primo caso, informali nel secondo. Non è possibile, né augurabile, ricondurle ad unità.Devono piuttosto continuare a convivere in una situazione di diffidenza reciproca permanente”. In tal senso siesprime L. Bobbio, Dilemmi della democrazia partecipativa, in Democrazia e diritto, n. 4/2006, p. 23.12 In argomento, cfr. U. Allegretti, Democrazia partecipativa e controllo dell’amministrazione, in Democraziae diritto, n. 4/2006, pp.71-79.13 Il riferimento è ad U. Allegretti, Democrazia partecipativa e controllo dell’amministrazione, cit., pp. 76-77.

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Da un lato, ha attribuito un ruolo particolare alle formazioni sociali e al tessuto asso-ciativo della società (art. 2 Cost.) ed ha previsto norme di dettaglio per quelle più adatte allarealizzazione della partecipazione, quali, le organizzazioni sindacali (art. 39 Cost.) ed i par-titi politici (art. 49 Cost.). Dall’altro, ha disciplinato la “partecipazione” come fine generaledell’azione della Repubblica (art. 3, 2° comma, Cost.), che è possibile, peraltro, collegarecon tutti i diritti e i doveri fondamentali degli individui e delle formazioni sociali codificati nellaprima parte della Costituzione 14.

La nozione di partecipazione, che fa leva sugli addentellati costituzionali sopra indivi-duati, comprende una molteplicità di fenomeni che hanno la finalità di favorire l’accesso deicittadini al processo decisionale 15.

Sono vari i criteri in relazione ai quali è possibile operare una selezione tra le diverseforme di partecipazione, che, come sopra accennato, possano intrecciarsi con istituti adessa affini con i quali si possono rilevare profili di complementarietà.

Un primo criterio discretivo può essere costituito dalle modalità attraverso cui i singo-li realizzano il principio partecipativo. Al riguardo si può distinguere tra partecipazione indi-viduale (che, ad esempio, si realizza al momento dell’espressione del voto) o per gruppi(che si realizza nella determinazione dell’indirizzo politico).

Un ulteriore criterio si può rinvenire con riguardo alla funzione al cui esercizio si par-tecipa. In tal senso si può distinguere tra la partecipazione all’attività amministrativa, la par-tecipazione all’attività giurisdizionale e a quella legislativa.

Le forme di partecipazione all’esercizio della funzione amministrativa godono di tute-la da parte del legislatore ordinario, in particolare le discipline di riferimento sono costituitedal d.lgs. n. 247 del 2000 (c.d. T.U.E.L.) e dalla l. n. 241 del 1990 (in materia di procedimen-to amministrativo ed accesso ai documenti amministrativi), le quali hanno statuito il diritto diqualsiasi soggetto di intervenire nel procedimento relativo all’adozione di atti suscettibili diincidere sulla sua situazione giuridica soggettiva, dando luogo alla “partecipazione ai pro-cedimenti”, finalizzata alla selezione e alla comparazione degli interessi in gioco quanto piùpossibile consapevoli.

In merito alla partecipazione all’esercizio della funzione giudiziaria, la norma di rinvioè rappresentata dall’art. 102 Cost. che, per un verso, consente la partecipazione da parte

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14 E’ stato osservato che la partecipazione, in relazione all’art. 3 Cost. e alle altre norme costituzionali richia-mate, diventa principio fondamentale delle regole e delle istituzioni repubblicane sotto una duplice veste: siasul piano pubblicistico formale che su quello delle regole e dei rapporti nella società. In tal senso, v. U.Allegretti, Basi giuridiche della democrazia partecipativa in Italia: alcuni orientamenti, cit., p. 154.15 In argomento, sui diritti di partecipazione politica, cfr., tra gli altri, G. Rolla, La tutela costituzionale dei diritti,in Il sistema costituzionale italiano, Milano, Giuffrè, 2005, pp. 97-121.

dei cittadini estranei alla magistratura alle sezioni specializzate istituite presso gli organigiudiziari e, per altro verso, attribuisce alla legge il compito di regolare i casi e le forme dipartecipazione diretta all’amministrazione della giustizia.

Infine, con riguardo all’attività legislativa gli strumenti di partecipazione sono stati indi-viduati nell’iniziativa legislativa (art. 71 Cost.) e nel diritto di presentare petizioni alleCamere (art. 50 Cost.), tali strumenti rientrano nell’ambito della “partecipazione all’attivitàgiuridica” che ha la finalità di stimolare l’attività dei pubblici poteri per mezzo di istanze, pro-poste o petizioni.

Il tema della partecipazione, appena sopra tratteggiato, risulta essere strenuamenteconnesso a quello della democrazia partecipativa 16, tema che verrà esaminato in questaultima parte.

È opportuno prendere spunto da alcune definizioni che sono state elaborate al riguar-do in dottrina 17.

La democrazia partecipativa promuove lo sviluppo umano, accresce un sentimento diefficacia politica, riduce il sentimento di estraneazione dai centri di potere, stimola l’interes -se per i problemi collettivi e contribuisce alla formazione di una cittadinanza attiva e beninformata che è capace di avere un interesse più vivo per gli affari governativi 18.

La democrazia partecipativa sembra definirsi come relazionamento della società conle istituzioni, tale da porsi come un intervento di espressioni dirette della prima nei proces -si di azione delle seconde 19” ed ancora essa “funziona, concettualmente e praticamente,come un complesso di meccanismi e di impegni operati politicamente e socialmente 20.

Dalla disamina di tali definizioni è possibile trarre alcune considerazioni.Innanzitutto, come si è cercato di far emergere, la democrazia partecipativa non è qual-

cosa di avulso dal sistema della società civile, anzi attraverso i suoi strumenti è possibile rea-lizzare delle integrazioni tra i due poli del rapporto in esame, ovverosia la società e le istituzio-ni, al fine di far sì che le decisioni (se non tutte, almeno quelle che hanno effetti più incidentinei destinatari) vengano prese in maniera “partecipata” e non, invece, imposte “dall’alto” 21.

16 Per alcuni spunti di riflessione sull’argomento relativi, in particolare, all’attuale contesto politico italiano, cfr.Migliore G., Verso una sinistra costituente: nuovi modelli di partecipazione democratica, in federalismi.it, n.13/2008.17 “Il termine è frequentemente usato per indicare molteplici e diversi modelli democratici, da quelli dell’Ateneclassica a certe concezioni marxiste. Questo uso non è necessariamente impreciso sotto tutti gli aspetti. […].La “democrazia partecipativa” è il principale contro modello della sinistra rispetto alla “democrazia legale”della destra. Così, D. Held, Modelli di democrazia, Bologna, Il Mulino, 1989, p. 324.18 In questi termini si esprime, D. Held, cit., p. 329.19 Così, U. Allegretti, Basi giuridiche della democrazia partecipativa in Italia: alcuni orientamenti, cit., p. 156.20 Così, U. Allegretti, Democrazia partecipativa e controllo dell’amministrazione, cit., p. 79.21 E’ stata anche definita “un ombrello piuttosto largo che copre pratiche e intenzioni di svariatissima natura”.Così, L. Bobbio, cit., p. 11.

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A tale ultimo riguardo è opportuno, tuttavia, osservare che la democrazia partecipativa22

- se davvero vuole essere “relazionamento tra società ed istituzioni” - deve cercare di media-re, trovando un punto di equilibrio, tra le spinte che cercano di promuoverla esclusivamente“dal basso” e quelle che, invece, tentano di farlo “dall’alto”, introducendo in tale quadro dia-lettico anche la figura di un “soggetto terzo” che svolga la funzione di moderatore.

Sia consentito inserire, a titolo meramente esplicativo, un parallelismo con un istitutointrodotto dall’art. 6 della legge n. 15/2005, trasfuso nell’art. 10-bis della legge n. 241/1990,che ha disciplinato una nuova fase del contraddittorio nei procedimenti ad istanza di parte chesecondo l’amministrazione debbono concludersi con l’adozione di un provvedimento negativo.

Tale norma consente agli istanti, a cui è stata data comunicazione dei motivi che osta-no all’accoglimento della domanda, di presentare (entro dieci giorni) delle osservazioni alfine di ottenere (o almeno, tentare) che l’amministrazione muti proposito e concluda inmodo positivo il procedimento 23.

La finalità della suddetta norma è permettere alle parti (in questo caso, di un procedi-mento amministrativo) di interloquire attivamente al fine di giungere ad un esito provvedi-mentale “partecipato”.

Infine, la comunicazione tra i due suddetti poli (i.e., società civile ed istituzioni) mettein gioco un insieme di meccanismi che sono propri di entrambi e che danno luogo, come èstato osservato, a veri e propri dilemmi che lasciano - potremmo dire - la questione apertaa svariati esiti.

A parere di un autorevole Autore quella considerata non è una forma di democrazia“ma piuttosto un insieme eterogeneo, contraddittorio ed informe di aspirazioni, linee di ten-denza e orientamenti politici che cercano spesso solo a parole, qualche volta anche con con-crete esperienze, di aprire qualche breccia nella cittadella del governo rappresentativo” 24.

Nel suo contributo, l’Autore mette in risalto la sussistenza di vari dilemmi o bivi chesorgono attorno al concetto di democrazia partecipativa.

La prima questione vede contrapposte da un lato, la concezione procedurale (rec -tius, processuale) che vede la democrazia partecipativa come strumento per raggiunge-

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22 Si rileva in dottrina la proposizione di talune tesi per il rafforzamento della democrazia partecipativa.Secondo la prima tesi è necessario rafforzare la “demodiversità”, poiché la democrazia non assume una, mamolteplici forme. La seconda tesi ritiene che sia necessario rafforzare la democrazia partecipativa attraverso“l’articolazione antiegemonica tra locale e globale”. Infine, la terza tesi, sostiene l’opportunità di ampliare lasperimentazione democratica. In argomento, cfr. B. Sousa santos de, l. Avritzer, cit., p. 52.23 In argomento, cfr., F. Caringella, Manuale di diritto amministrativo, Milano, Giuffrè, 2006, pp. 1004-1010.24 L. Bobbio, cit., p. 12.

re specifici risultati politici e, dall’altro la concezione sostanziale che la considera come unbene in sé.

La seconda questione riguarda la distinzione tra la democrazia partecipativa equella deliberativa. La prima è stata definita “un ideale politico, caldo ma largamenteindeterminato e multiforme”, l’altra, invece è stata qualificata come “un ideale più fred-do e impolitico”, ma tale da offrire “punti di riferimento più netti e precisi”. La democra-zia deliberativa, in particolare, fa leva su due pilastri: l’uso del “confronto argomentato”e l’”inclusione” di tutti gli interessi e i punti di vista che sono toccati dall’oggetto delladiscussione 25.

Si aggiunga, inoltre, che la democrazia deliberativa è quella che usa “lo scambio dia-logico come modalità essenziale di formazione delle decisioni pubbliche”, essa consenti-rebbe di superare l’opposizione tra sovranità popolare e diritti, permettendo di conciliarele libertà degli antichi con quelle dei moderni, in buona sostanza, la democrazia con i dirit-ti. Il nucleo di tale modello di democrazia è costituito dalle nozioni di “consenso” e di“verità” 26.

Il terzo bivio prospettato dall’Autore, quello più interessante ai fini dell’indagine, è quel-lo relativo ai destinatari della partecipazione che, in relazione alla prospettiva accolta sono:a) tutti i cittadini; b) la cittadinanza attiva; c) i soggetti più deboli 27.

In limine, la meta tendenziale da raggiungere attraverso l’applicazione dei modellidi democrazia partecipativa è quella di dar vita ad una società partecipativa intesa comesperimentale, in grado, cioè, di tentare innovazioni rese attuabili da una riforma dellerigide strutture della democrazia rappresentativa al fine di formare una cittadinanzabene informata capace di avere un interesse prolungato e continuo per il processo digoverno 28.

2. Le forme e i modelli di democrazia partecipativa nell’era digitaleLa direzione verso cui si sta cercando di canalizzare queste riflessioni sulla partecipa-

zione dei cittadini ai processi democratici attraverso l’ausilio delle ICT (nelle nuove forme

25 Sulla democrazia deliberativa, cfr. A. Floridia, La democrazia deliberativa, dalla teoria alle procedure. Ilcaso della legge regionale toscana sulla partecipazione, in ssc.unict.it, pp. 3-44.26 Così, A. Pintore, cit., pp. 43-47.27 L. Bobbio, cit., pp. 12-20.28 Suscita particolare interesse l’elaborazione di un modello di democrazia partecipativa teorizzato da Heldcome sintesi degli elementi principali del pensiero di Poulantzas, Macpherson e Pateman, attraverso cui ven-gono individuati i principi di giustificazione, le caratteristiche fondamentali e le condizioni generali. Per un ulte-riore approfondimento, v. D. Held, cit., p. 332.

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distinte dai tradizionali strumenti) giunge ad approdare alla considerazione - se effettiva-mente si segue il percorso proposto - che è possibile realizzare la democrazia in forma piùintensa rispetto a quella tradizionalmente intesa.

In altre parole la rete (i. e., internet) può diventare il nucleo centrale di un rinnovatoprocesso democratico senza vincoli né di carattere temporale 29 né spaziale, scevro quindida rigide barriere.

Internet, infatti, rappresenta una grande occasione per realizzare quella che StefanoRodotà definisce la “democrazia continua”, la quale al fine di essere effettivamente talenecessita, da un lato, di una capillare alfabetizzazione informatica (per evitare divari ediscriminazioni) e, dall’altro, di reali implicazioni innovative per consentire un concreto auto-governo da parte dei cittadini.

In particolare, attraverso l’implementazione dei processi di e-democracy ci si è avviativerso nuove forme di democrazia partecipativa - legate all’utilizzo delle nuove tecnologie e allepossibilità di comunicazione messe a disposizione da esse - che si caratterizzano per essereportatrici di forme nuove di partecipazione libere dai vincoli del tempo e dello spazio 30.

Tali forme di partecipazione giocano - se così si può dire - su due campi, uno è quel-lo dei processi decisionali dei pubblici poteri (quando sono in corso d’opera) e l’altro è quel-lo della verifica dell’esecuzione dei compiti pubblici.

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29 A proposito delle connessioni tra la rete e la democrazia, si rinvia a L. Jeffrey, Tempo e democrazia on line.Riflessioni sul processo politico nell’era dei network globali, in D. De Kerckhove (a cura di), La conquista deltempo. Società e democrazia nell’era della rete, Roma, Editori Riuniti, 2003, in particolare, v. pp.86-100.30 E’ possibile individuare una sorta di lista dei nuovi strumenti per la partecipazione a cui attingere nel pro-sieguo dell’indagine.E-mail, che costituisce lo strumento fondamentale per l’interazione interpersonale nel web, esso rende pos-sibile, oltre agli scambi personali, diverse soluzioni comunicative.MLM (Mailing List management), consiste in un software che consente di gestire gruppi di e-mail permetten-

do la distribuzione a tutti i membri di un dato gruppo dei messaggi inviati ad un unico e-mail address, chedenota la lista.Newsletter, è una ML che viene utilizzata per distribuire informazioni su un determinato argomento ad unnumeroso insieme di utenti che hanno richiesto il servizio.Newsgroup, costituisce la struttura portante delle discussioni pubbliche attraverso cui viene fornita una vastagamma di argomenti sui quali dibattere.WWW-conferencing, è uno strumento che consente all’utente di seguire sul Web delle discussioni e di parte-cipare inviando un messaggio che faccia riferimento ad uno specifico argomento.Forum, consente all’utente di inviare un messaggio ad un certo indirizzo, attraverso l’utilizzo di apposite formcreate in pagine Web.ICR (Internet Relay Chat), è uno strumento che consente all’utente di comunicare in tempo reale con diversepersone che sono connesse alla stessa chat.E-consultin, viene utilizzato per comunicare ad un ampio pubblico gli sviluppi di un certo settore politico e perinvogliarlo a fornire una risposta in modo da coinvolgere gruppi di interesse ed esperti a partecipare al pro-cesso decisionale.E-petition, consiste nell’utilizzo della rete per avviare una petizione su un tema di interesse pubblico.

In particolare, attraverso tali strumenti è possibile realizzare forme nuove e più ade-guate di accountability al fine di consentire (grazie alle risorse informatiche e telematiche)una verifica continua sia dell’andamento che dei risultati delle attività dei pubblici poteri 31.

Si osservi che i meccanismi di democrazia elettronica, per essere valutati come effi-caci, non possono limitarsi ad offrire soltanto informazioni, sondaggi, luoghi di discussione,ma devono coinvolgere diversi attori - cittadini, imprese, associazioni ed istituzioni - e met-terli in comunicazione in modo da generare flussi di comunicazione sia orizzontali sia ver-ticali, in modo tale da realizzare quella che, da più parti, si definisce “connettività evoluta”.

In particolare, nel corso degli ultimi anni sono state numerose le iniziative volte a coin-volgere i cittadini; al riguardo, è possibile citare l’esperienza delle Reti Civiche 32, i tentatividi coinvolgimento allargato di cittadini ed imprese attraverso il voto via Internet, i forum didiscussione on line ed, infine, le web tv. Tutti gli strumenti citati hanno il pregio di portare uncontributo rilevante alla progettazione sociale dell’innovazione e rappresentano modellipiuttosto avanzati di partecipazione alla vita pubblica.

Soprattutto nelle realtà più piccole si nota una maggiore interazione fra cittadini ed isti-tuzioni, in merito a talune problematiche legate alla qualità della vita, all’ambiente, alle pro-spettive di sviluppo del territorio, alla gestione dei servizi sociali e agli interventi sociali chehanno dato l’avvio ad una fase di sperimentazione di veri e propri progetti di e-democracy 33.

La disamina dei progetti di e-democracy, aventi lo scopo di attivare più politiche, per-mette di desumere una definizione di e-democracy come “metodologia organizzativa-tec-nologica di coinvolgimento e partecipazione dei cittadini ai processi decisionali dell’ammini-strazione”. È interessante, altresì, osservare come i processi decisionali - che costituisco-no il cuore di tali progetti - siano stati definiti in termini di “ciclo di vita delle politiche locali”.Un’espressione, questa, davvero efficace che consente di tastare il polso elle nuove formedi coinvolgimento e di partecipazione dei cittadini alla vita democratica.

31 In argomento, cfr. S. Rodotà, cit., pp. 100 ss., il quale nell’esporre “le vie della democrazia continua” fa rife-rimento, tra le altre, all’esperienza dei c.d. “town meetings” che “incarnano una complessa strategia democra-tica, volta all’educazione dei cittadini al bene comune, alla pratica dell’autogoverno, alla partecipazione ad unprocesso politico aperto in condizioni di eguaglianza”. Ibidem, p. 106.32 Cfr. R. M. Di Giorgi, L’informatica nell’attività della Pubblica amministrazione, in R. Borruso, R. M. Di Giorgi,L. Mattioli, M. Ragona, L’informatica del diritto, Giuffrè, 2007, p. 243 ss.33 Una completa disamina dei progetti per lo sviluppo della cittadinanza digitale, il loro stato di monitoraggioe di attuazione è rinvenibile in Cnipa, Monitoraggio dei progetti cofinanziati a seguito dell’emissione dell’avvi -so per la selezione di progetti per lo sviluppo della cittadinanza digitale (e-democracy). Primo rapporto di sin -tesi, Maggio 2007, in cnipa.gov.it; cfr., inoltre, S. Fleres, L’avviamento di progetti per lo sviluppo della cittadi -nanza digitale (e-democracy), in forumpa.it; F. Marciano, Forme e strumenti della democrazia nell’era diInternet, in astridonline.it.

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È possibile discernere all’interno del “ciclo di vita delle politiche locali” diverse fasi,quali, l’emersione e la definizione dei problemi e dell’arena degli attori, l’individuazione disoluzioni alternative, la selezione delle soluzioni praticabili, la scelta della soluzione, ed, infi-ne, l’attuazione, l’implementazione, la gestione e il monitoraggio-valutazione.

Si noti che per ciascuna delle suddette fasi è previsto che il dialogo, il confronto e lacooperazione fra i diversi interlocutori (i.e. cittadini ed istituzioni) possa essere qualificatoed incrementato dall’uso delle ICT 34.

A questo punto è possibile focalizzare l’attenzione sugli ambiti in cui intervengono letecnologie per la partecipazione; pertanto, addivenendo ad una classificazione a grandilinee, si individuano: le tecnologie per l’informazione, le tecnologie per il dialogo ed, infine,le tecnologie per la consultazione.

Nell’ambito delle tecnologie per l’informazione, gli strumenti che vengono perlopiù uti-lizzati sono le newsletter attraverso le quali, infatti, è sia possibile distribuire informazioni suun determinato argomento ad un insieme numeroso di utenti che hanno chiesto il servizio,sia fornire (da parte dei cittadini) informazioni alle pubbliche amministrazioni.

Per quanto attiene alle tecnologie per il dialogo, si nota come gli strumenti più utiliz-zati siano i forum, le mailing list, i weblog e le chat in modo da garantire due modalità diinterazione, ovvero sia quella sincrona (che si realizza via chat) sia quella asincrona (chesi attua via e-mail o compilazione di forum).

Infine, le ultime considerazioni vanno riservate alle tecnologie per la consultazione, le quali,costituendo un campo relativamente nuovo di sperimentazione, utilizzano un insieme di opzionipre-identificate (quale, ad esempio, l’istituzione di un forum per un determinato argomento) attra-verso cui è possibile valutare il consenso che tali opzioni riscuotono presso i cittadini.

Tuttavia, nonostante le lodevoli dichiarazioni di intenti siano state parzialmente tradot-te in progetti concreti, non è ancora possibile (nel momento in cui si scrive) registrare unaeffettiva e globale inclusione della popolazione nei processi decisionali 35 ed, invece, è pos-

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34 Per ulteriori approfondimenti sul tema, cfr. Cnipa, ibidem, p. 14. 35 Dall’ultimo rapporto Rur-Censis emerge, rispetto all’attuazione dell’e-democracy, un’Italia tagliata a metà.Quasi tutte le regioni, tutte le province e i comuni capoluogo di provincia hanno un sito internet, tuttavia, sol-tanto in bassa percentuale (il 3,9 % dei siti delle province e il 7,8 % dei siti dei comuni capoluogo) presenta-no strumenti per la partecipazione e la consultazione dei cittadini che, comunque, svolgono più che altro unafunzione “informativa” e non una funzione “partecipativa”.È stato osservato che è necessario mettere al centro la partecipazione piuttosto che la tecnologia, “passan-do quindi dalla “e” davanti alla partecipazione, ad una (e) tra parentesi si vuol sottolineare soprattutto l’inte-resse per le opportunità specifiche offerte dalla tecnologia di riorganizzare la politica, i suoi flussi informativi,riducendone le asimmetrie senza sottovalutarne radicamento e motivazioni profonde, le opportunità di rivita-lizzazione della sfera pubblica e di empowerment di soggetti minoritari o marginalizzati, piuttosto che unamera automazione delle forme date dalla politica”. In questi termini si esprime, A. C. Freschi, Dalla e-partici -pation alla (e)participation? L’e-democracy locale in Italia e qualche considerazione più generale, in sisp.it.

sibile osservare che la “democrazia continua” lenta ad attecchire sia ancora un processo “incammino” che necessita di avvalersi di adeguati standard tecnico-giuridici in grado di ela-borare regole che favoriscano la fiducia dei cittadini verso l’e-democracy, rendano incisivala loro partecipazione ai processi decisionali e utilizzino strumenti di Open source 36.

3. Partecipazione democratica elettronica nel Codice dell’amministrazione digitaleLe considerazioni appena licenziate nelle pagine che precedono fungono da ponte per

l’introduzione di un nuovo interrogativo attinente ai legami tra partecipazione e tecnologiedell’informazione e della comunicazione; interrogativo che attiene soprattutto all’eventualitàche la partecipazione ai processi democratici possa migliorare in connessione all’utilizzodelle ICT da parte dei cittadini 37.

Nelle linee generali, l’ingresso delle ICT nella società contemporanea ha suscitato duetipi di atteggiamento. Da un lato, gli ottimisti hanno creduto che i nuovi mezzi potesserocostituire una buona soluzione per i problemi dei sistemi democratici. Dall’altro, i cautihanno negato tale possibilità.

Ora, se è vero che in medium stat virtus, si ritiene di poter concordare con il pensierodi quell’autorevole dottrina che ritiene che tali mezzi, se usati con saggezza, costituiscono“un antidoto potente contro una democrazia malata di faziosità di gruppo e di isolamentoindividuale”, mentre, se usati in modo sconsiderato “sono in sé un malanno” 38.

Una prima risposta (appunto in chiave mediana) all’interrogativo sopra indicato, la sipuò rinvenire nel disposto di cui all’art. 9 del Codice dell’amministrazione digitale (di segui-to, CAD) rubricato “Partecipazione democratica elettronica” 39, che in questa sede si cer-cherà di commentare 40.

36 Dal punto di vista prettamente tecnico, i software Open source sono programmi (software) aperti (open) di cuiviene rivelato il codice stesso di programmazione, in modo tale da consentire agli utenti finali che utilizzano il pro-gramma di modificare il software a loro piacimento. Da un’ottica più generale, è possibile considerare l’Open sour -ce come un modello di libera circolazione delle idee, congeniale, quindi, alle esigenze e ai presupposti dei model-li di E-democracy, poiché si rivela come espressione di libertà di accesso, di partecipazione e di condivisione.37 Si osservi che la crescita della partecipazione politica, attraverso le ICT è possibile a condizione che daciò non derivino nuove disuguaglianze tra coloro che hanno accesso ai mezzi e coloro che ne sono esclusi.In argomento, cfr. R. M. Di Giorgi, L’informatica nell’attività della Pubblica amministrazione, cit., pp. 254-259.38 Così, S. Rodotà, Repertorio di fine secolo, Roma-Bari, Editori Laterza, 1992, p. 240.39 La norma in commento così recita: “Lo Stato favorisce ogni forma di uso delle nuove tecnologie per pro-muovere una maggiore partecipazione dei cittadini, anche residenti all’estero, al processo democratico e perfacilitare l’esercizio dei diritti politici e civili sia individuali che collettivi”.Precedente normativo in cui è possibile rinvenire regole e principi di democrazia elettronica (da ultimo codificatidall’art. 9 CAD) è il Testo unico sulla documentazione amministrativa (D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445), che haconiugato le esigenze di certezza e semplificazione con quelle di informatizzazione. Infatti, molte delle disposi-zioni ivi contenute - in parte trasfuse nel CAD - possono essere comprese nella voce “democrazia elettronica”.40 Sono ancora pochi i contributi relativi a tale disposizione normativa da cui poter trarre occasione di rifles-sioni critiche, al riguardo, cfr. M. Pietrangelo, Commento all’art. 9 del Codice dell’amministrazione digitale, in

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La disposizione in esame - che si inserisce nell’ambito della Sezione II (artt. 3-11) delCAD, dedicata ai “Diritti dei cittadini e delle imprese” - non ha un carattere immediatamen-te precettivo, essa, infatti, impegna semplicemente lo Stato a favorire l’impegno delle“nuove tecnologie” al fine di rafforzare la partecipazione dei cittadini alla vita democratica eprende atto di quanto affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 307 del 2004,secondo cui l’accesso ai mezzi informatici è un “vero e proprio diritto sociale strumentaleall’esercizio di altri diritti fondamentali” 41.

Ciò che è stato asserito sia dalla Consulta sia dal legislatore è una palese dimostra-zione di quanto, almeno negli ultimi dieci anni, l’impegno delle ICT sia penetrato nel tessu-to sociale e, da qui, in quello politico e, infine, in quello giuridico-ordinamentale.

La norma in commento, attraverso l’espressione “favorisce”, esprime la volontà di uti-lizzare le tecnologie come mezzo per cambiare l’amministrazione, senza avere, come giàaccennato, nessun intento precettivo.

Ed invero, pur avendo un contenuto piuttosto ampio, infatti, l’uso delle tecnologie èconsiderato sia come “strumento di promozione della partecipazione dei cittadini al proces-so democratico” sia come mezzo per “facilitare l’esercizio dei diritti politici e civili, sia indivi-duali che collettivi”, la stessa non individua programmi concreti per favorire l’uso delle tec-nologie ai fini suddetti né individua settori determinati nei quali sviluppare tale indirizzo equesto, si può dire, costituisce un suo limite.

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G. Cassano, C. Giurdanella, Il Codice della Pubblica Amministrazione digitale. Commentario al d. lgs. n 82del 7 marzo 2005, Milano, Giuffrè, 2005, pp. 76-82; B. Ponti, Commento agli artt. 3-11 del codice dell’ammi -nistrazione digitale, in E. Carloni (a cura di), Codice dell’Amministrazione digitale, Commento al D.lgs. 7marzo 2005 n. 82, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2005, in particolare, pp. 114-118.41 La pronuncia della Corte costituzionale n. 307 del 2004 riguarda la presunta violazione dell’autonomiafinanziaria regionale da parte di talune disposizioni della legge n. 289 del 2002, che istituiscono fondi specia-li destinati ad incentivare l’acquisto e l’utilizzo di personal computer, da parte di giovani o di soggetti aventideterminati requisiti reddituali, mediante l’erogazione di contributi economici. In tale pronuncia, la Consulta haritenuto che l’intervento legislativo statale non risulta invasivo di competenze legislative regionali, poiché essocorrisponde “a finalità di carattere generale, quale è lo sviluppo della cultura, nella specie attraverso l’uso dellostrumento informatico, il cui perseguimento fa capo alla Repubblica in tutte le sue articolazioni”, ai sensi del-l’art. 9 della Costituzione, anche al di là del riparto di competenze fra Stato e Regioni di cui all’art. 117 dellaCostituzione. In argomento, in chiave critica, v. A. Pace, I progetti “PC ai giovani” e “PC alle famiglie”: esem -pio di potestà legislativa esclusiva statale o violazione della potestà regionale residuale?, in Giurisprudenzacostituzionale, n. 5/2004, pp. 3221-3225. L’Autore ritiene poco condivisibile la motivazione con cui la Corte harespinto i ricorsi regionali, proponendo due alternative rispetto alla soluzione della Consulta. Secondo la primaè possibile ricondurre l’attività strumentale allo sviluppo della cultura “al doveroso intervento statale teso a sal-vaguardare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (art. 117, comma 2, lett. m)” e,quindi, “la competenza legislativa sul punto spetta indiscutibilmente allo stato”. L’altra alternativa è sostenereche l’intervento statale denominato “PC ai giovani” e “PC alle famiglie”, pur non essendo “accompagnato daalcuna disciplina sostanziale riconducibile a specifiche materie”, sarebbe corrispondente “a finalità di interes-se generale”. Tale interpretazione comporterebbe l’applicazione, nel caso di specie, dell’art. 117, comma 4,Cost., giustificando in tal modo, l’assunto secondo cui la materia de qua non è “espressamente riservata allalegislazione dello Stato”.

La norma, almeno attenendosi alla sua formulazione letterale, realizza come è statoevidenziato un “effetto minimo 42”, cioè - sebbene i suoi difetti - ha il pregio di prenderecoscienza delle positive potenzialità della c.d. E-democracy 43 e, in relazione a tale fenome-no, invita lo Stato a favorirne la diffusione.

In particolare, per quanto attiene al fenomeno sopra indicato, è possibile individuaredue accezioni, una di ampia portata, l’altra più ristretta.

In senso lato, l’e-democracy fa riferimento ad un concetto con più sfaccettature. Talisono: l’inclusione sociale, l’accesso all’informazione prodotta dai soggetti pubblici, l’acces-so alla sfera pubblica, la dimensione elettorale (sia in relazione all’elettorato passivo che aquello attivo), la dimensione dell’iniziativa diretta da parte dei cittadini (singoli o associati) -sia quando sia prevista in procedure formalizzate (referendum, proposte di iniziativa popo-lare), sia quando si manifesti in modo non formalizzato - infine, la dimensione del coinvol-gimento dei cittadini in determinati processi decisionali.

In senso stretto, l’e-democracy richiama le modalità di utilizzo delle nuove tecnologiedell’informazione e della comunicazione al fine di sostenere la partecipazione dei cittadininel corso dei processi decisionali. Tale ultima definizione sembra possedere le maggioripotenzialità di sviluppo, sia in termini di utilità sociale che di praticabilità.

Si aggiunga, inoltre, che la norma in esame sembra rappresentare un valido titolo dilegittimazione al fine di concedere la dovuta copertura legislativa alla promozione di qua-lunque ipotesi di “partecipazione telematica” dei cittadini al processo democratico.

Come attentamente osservato in dottrina 44, tale disposizione normativa si sovrappo-ne ad un contesto che vede le pubbliche amministrazioni orientarsi (ancora) verso l’autore-ferenzialità e, quindi, chiudersi in se stesse.

L’intento del legislatore è quello di scardinare tale circuito chiuso, dare una virata atale direzione e creare un clima di apertura, condivisione e cooperazione, in buona sostan-za attuare i presupposti ineludibili per la realizzazione di un’amministrazione digitale 45 chesia anche “buona” ed “imparziale” in conformità con il disposto di cui all’art. 97 Cost.

42 L’espressione si attribuisce a B. Ponti, Commento agli artt. 3-11 del codice dell’amministrazione digitale, inE. Carloni (a cura di), Codice dell’Amministrazione digitale, Commento al D.lgs. 7 marzo 2005 n. 82, cit., p. 114.43 In questa sede, lo spazio dedicato all’analisi dell’e-democracy sarà giusto quello di un breve intermezzo,poiché tale fenomeno verrà attenzionato con più cura nel prosieguo dell’opera.44 Cfr. P. Piras, Organizzazione, tecnologie e nuovi diritti, in Informatica e diritto, n. 1-2/2005, pp. 89-98.45 Diversi tentativi sono già stati perpetrati in tale direzione, si pensi agli atti di indirizzo in materia di digita-lizzazione delle amministrazioni pubbliche che sono stati adottati dal Ministro per l’innovazione e le tecnolo-gie. Questi atti costituivano il frutto di un processo di programmazione strategica complesso ed articolato chepresenta momenti di forte continuità con quello operato dall’Aipa (ora, Cnipa) nell’ultimo decennio. In argo-mento, v. A. Natalini, Le strategie per l’innovazione tecnologica delle amministrazioni pubbliche, in Giornale di

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Ed invero, se tale clima non si realizza l’innovazione tecnologica rischia di non offrireun contributo sostanziale all’effettività della partecipazione dei cittadini e, in generale, alprocesso democratico.

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diritto amministrativo, n. 7/2003, pp. 669-678. L’Autore osserva che “l’innovazione tecnologica sembra avan-zare seguendo percorsi molto vecchi e complicati all’interno dei quali non è facile orientarsi. Infatti, le strate-gie per la digitalizzazione si inseriscono all’interno di un complesso processo di programmazione a cascatao, meglio, di diversi processi di programmazione che si intrecciano tra loro in modo inestricabile”. Ibidem, p.673; M. Bombardelli, Informatica pubblica, E-government e sviluppo sostenibile, in Rivista italiana di dirittopubblico comunitario, 2002, pp. 991-1028.