In tema di prescrizione del diritto al rimborso -...

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Sommario: 1. Considerazioni introduttive - 2. Il divieto per l’Agenzia delle Entrate di far vale- re la prescrizione del diritto al rimborso - 2.1. Con riguardo alle imposte sui redditi - 2.1.1. Il con- tenuto dell’art. 2, comma 58, della L. n. 350/2003 - 2.1.2. La paralisi del potere di eccepire la pre- scrizione - 2.1.3. Gli orientamenti della Corte di Cassazione - 2.1.4. Le pronunce dei giudici di merito - 2.1.5. L’ordinanza della Corte Costituzionale 17 dicembre 2008, n. 419 - 2.2. In materia di addizionale comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche - 3. Notazioni conclusive 1. Considerazioni introduttive Il diritto del contribuente al rimborso di tributi, sanzioni pecuniarie, interessi o altri accessori non dovuti, alla stessa stregua del diritto di credito dell’Amministrazione finanzia- ria per le stesse causali, definitivamente accertato, è soggetto a prescrizione 1 . In tema di prescrizione del diritto al rimborso Salvatore Sammartino Professore ordinario di Diritto finanziario e tributario - Università degli Studi di Palermo 1 Diverse norme in materia fiscale richiamano la prescrizione. Con riguardo al diritto del contribuente al rimborso, si veda l’art. 21, comma 2, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, recante la disciplina del processo tributario, in cui il termine in cui si verifica la prescrizione si fa coincidere con l’ultimo giorno utile entro il quale può essere proposto il ricorso avverso il rifiuto tacito della restituzione. Con riguardo al diritto di credito dell’Amministrazione finanziaria per imposte, sanzioni, interessi ed altri acces- sori, si vedano, a titolo esemplificativo: - l’art. 41 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, recante la disciplina dell’imposta sulle successioni e donazioni, in cui è previsto che il credito per l’imposta definitivamente accertata si prescrive in dieci anni; - l’art. 78 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, in materia di imposta di registro, in cui è statuito, come per il tri- buto successorio, che il credito per l’imposta definitivamente accertato si prescrive in dieci anni; - l’art. 20 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, recante disposizioni generali in materia di sanzioni amministrati- ve, in cui è stabilito che il diritto alla riscossione della sanzione irrogata si prescrive nel termine di cinque anni. La legge 27 luglio 2000, n. 212, recante lo Statuto dei diritti del contribuente, richiama la prescrizione negli articoli 3 e 8. Nell’art. 3, ricompreso nei primi quattro articoli recanti limiti all’attività legislativa, è previsto il divieto di proro- ga dei termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta. Il dato letterale (“di prescrizio- ne e di decadenza”) impone di ritenere che entrambi gli istituti vengano richiamati con riferimento all’attività impositiva che si esprime attraverso gli atti di accertamento. È noto, tuttavia, che i termini per l’emissione degli avvisi di accertamento sono previsti per tutti i tributi a pena di decadenza e non di prescrizione: il richiamo a quest’ultima, tranne che lo si voglia ritenere ultroneo, va inteso nel senso che non può essere prorogato il ter- mine di prescrizione del credito dell’Erario, resosi definitivo, che trae origine da un avviso di accertamento. Al divieto per le parti di derogare alle norme sulla prescrizione contenuto in via generale nell’art. 2936 del codi- ce civile si aggiunge, in materia fiscale, il limite statutario nei confronti del legislatore, attinente esclusivamen- te alla proroga dei termini. 1

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S o m m a r i o: 1. Considerazioni introduttive - 2. Il divieto per l’Agenzia delle Entrate di far vale-re la prescrizione del diritto al rimborso - 2.1. Con riguardo alle imposte sui redditi - 2.1.1. Il con-tenuto dell’art. 2, comma 58, della L. n. 350/2003 - 2.1.2. La paralisi del potere di eccepire la pre-scrizione - 2.1.3. Gli orientamenti della Corte di Cassazione - 2.1.4. Le pronunce dei giudici dimerito - 2.1.5. L’ordinanza della Corte Costituzionale 17 dicembre 2008, n. 419 - 2.2. In materiadi addizionale comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche - 3. Notazioni conclusive

1. Considerazioni introduttiveIl diritto del contribuente al rimborso di tributi, sanzioni pecuniarie, interessi o altri

accessori non dovuti, alla stessa stregua del diritto di credito dell’Amministrazione finanzia-ria per le stesse causali, definitivamente accertato, è soggetto a prescrizione 1.

In tema di prescrizione del diritto al rimborso

Salvatore SammartinoProfessore ordinario di Diritto finanziario e tributario - Università degli Studi di Palermo

1 Diverse norme in materia fiscale richiamano la prescrizione.Con riguardo al diritto del contribuente al rimborso, si veda l’art. 21, comma 2, del D.Lgs. 31 dicembre1992, n. 546, recante la disciplina del processo tributario, in cui il termine in cui si verifica la prescrizionesi fa coincidere con l’ultimo giorno utile entro il quale può essere proposto il ricorso avverso il rifiuto tacitodella restituzione.Con riguardo al diritto di credito dell’Amministrazione finanziaria per imposte, sanzioni, interessi ed altri acces-sori, si vedano, a titolo esemplificativo:- l’art. 41 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, recante la disciplina dell’imposta sulle successioni e donazioni,in cui è previsto che il credito per l’imposta definitivamente accertata si prescrive in dieci anni;- l’art. 78 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, in materia di imposta di registro, in cui è statuito, come per il tri-buto successorio, che il credito per l’imposta definitivamente accertato si prescrive in dieci anni;- l’art. 20 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, recante disposizioni generali in materia di sanzioni amministrati-ve, in cui è stabilito che il diritto alla riscossione della sanzione irrogata si prescrive nel termine di cinque anni.La legge 27 luglio 2000, n. 212, recante lo Statuto dei diritti del contribuente, richiama la prescrizione negliarticoli 3 e 8.Nell’art. 3, ricompreso nei primi quattro articoli recanti limiti all’attività legislativa, è previsto il divieto di proro-ga dei termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta. Il dato letterale (“di prescrizio-ne e di decadenza”) impone di ritenere che entrambi gli istituti vengano richiamati con riferimento all’attivitàimpositiva che si esprime attraverso gli atti di accertamento. È noto, tuttavia, che i termini per l’emissione degliavvisi di accertamento sono previsti per tutti i tributi a pena di decadenza e non di prescrizione: il richiamo aquest’ultima, tranne che lo si voglia ritenere ultroneo, va inteso nel senso che non può essere prorogato il ter-mine di prescrizione del credito dell’Erario, resosi definitivo, che trae origine da un avviso di accertamento.Al divieto per le parti di derogare alle norme sulla prescrizione contenuto in via generale nell’art. 2936 del codi-ce civile si aggiunge, in materia fiscale, il limite statutario nei confronti del legislatore, attinente esclusivamen-te alla proroga dei termini.

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La normativa fiscale non contiene una disciplina specifica in tema di prescrizione deldiritto al rimborso.

In assenza di una tale regolamentazione trova applicazione la normativa sulla prescri-zione contenuta negli artt. 2934 e seguenti del codice civile 2.

Per lunghi decenni alla prescrizione del diritto del contribuente al rimborso sono stateapplicate le regole civilistiche in tema di prescrizione ordinaria, sia con riferimento al termi-ne decennale (art. 2946), sia in relazione alla decorrenza (art. 2935), alla rinunzia (art.2937), alla non rilevabilità d’ufficio (art. 2938), al divieto di ripetizione delle somme pagateper un debito prescritto (art. 2940), alla interruzione (artt. 2943 e seguenti), al computo deitermini (art. 2963) e al compimento della prescrizione (art. 2962) 3.

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Ne consegue che sia il termine decennale di prescrizione ordinaria valevole per il diritto dell’Amministrazione finan-ziaria alla percezione di tributi, interessi ed altri accessori, sia il termine quinquennale per il recupero delle sanzio-ni amministrative, di cui alla specifica disposizione contenuta nell’art. 20 del D.P.R. n. 472/1997, non possono esse-re prorogati, salvo espressa deroga alla norma statutaria ai sensi dell’art. 1, comma 1 della legge n. 212/2000.L’art. 8 dello Statuto, al comma 3, anch’esso recante una limitazione all’attività legislativa, reca una norma dicarattere generale con la quale si dispone che non possono essere stabiliti né prorogati termini di prescrizio-ne oltre il limite ordinario stabilito dal codice civile. È l’unica norma in cui è contenuto un rinvio esplicito al codi-ce civile che conferma l’orientamento del legislatore tributario di adottare l’istituto della prescrizione, anche inassenza di un esplicito rinvio, così come esso è disciplinato in diritto civile. Il termine di prescrizione, sia per i crediti del contribuente che per quelli dell’Amministrazione finanziaria, èquello ordinario, decennale, previsto dall’art. 2962 del codice civile, fatte salve specifiche disposizioni di legge,e non può essere prorogato né può essere stabilito un termine più lungo in sede di introduzione di una nuovanorma che preveda un caso di prescrizione. Resta, ovviamente, impregiudicata la possibilità per il legislatore di derogare espressamente al citato art. 8 aisensi dell’art. 1, comma 1, dello Statuto. In ogni caso, il legislatore, senza ricorrere alla deroga, potrà fissaretermini di prescrizione più brevi rispetto al decennio e prorogarli purché il tempo che dovrà trascorrere affin-ché il diritto si estingua per prescrizione non sia superiore al decennio.2 I rapporti tra diritto tributario e diritto civile sono stati oggetto di particolare attenzione da parte della dottri-na. Non è questa la sede per esprimere, sia pure sommariamente, i termini del dibattito né per richiamare gliscritti degli Autori che hanno affrontato il tema.In via di estrema sintesi, ci si limita a precisare che alle locuzioni adottate in diritto tributario, in assenza di undiverso significato espressamente fissato dal legislatore fiscale, va attribuito quello che i termini assumono indiritto civile. Allo stesso modo trova applicazione l’intera disciplina civilistica dell’istituto, ad eccezione di quel-le disposizioni, ove ve ne fossero, che siano ritenute incompatibili con i principi dell’ordinamento tributario.Ove per taluni profili dell’istituto la normativa fiscale fornisca una disciplina specifica, quest’ultima prevale,limitatamente a tali aspetti, su quella civilistica.Non va dimenticato che a fondamento della corretta comprensione delle norme sta l’unità del diritto “che ètale pure nella pluralità degli ordinamenti giuridici e dei settori i quali formano oggetto di studio di separatediscipline (PARLATO, Il sostituto d’imposta, Padova, CEDAM, 1969, p. 15). Conseguenza necessaria dell’u-nità del diritto è l’unicità del metodo di ricerca.3 In tema di prescrizione in diritto civile, si rinvia, senza alcuna pretesa di completezza, ai seguenti scritti e a quel-li in essi citati, recanti ampi richiami di giurisprudenza: CIMMA, Prescrizione e decadenza, in Digesto, IV edizio-ne, Discipline privatistiche, Sezione civile, Vol. XIV, 1996, pp. 424 ss.; FERRONI (a cura di), Codice Civile, Il Sole24 Ore, Milano, 2007, pp. 3474 ss.; FERRUCCI, Prescrizione estintiva (Diritto civile), in Novissimo DigestoI t a l i a n o, Vol. XIII, 1968, pp. 642 ss.; GRASSO, P r e s c r i z i o n e (diritto privato), in Enciclopedia del diritto, Vol. XXXV,1986, pp. 56 ss.; PANZA, P r e s c r i z i o n e, in D i g e s t o, IV edizione, Discipline privatistiche, Sezione civile, Vol. XIV,1996, pp. 226 ss.; RESCIGNO (a cura di), Codice Civile, Tomo II, VII edizione, Milano, Giuffrè, 2008, pp. 5594 ss.;VITUCCI, P r e s c r i z i o n e (diritto civile) in Enciclopedia giuridica Tr e c c a n i, Vol. XXIV, 1991, pp. 1 ss..

Il legislatore fiscale, nel 2003 e recentissimamente nel 2011, ha introdotto, in derogaalla disciplina civilistica, due norme speciali, agevolative per il contribuente, in tema di pre-scrizione del diritto al rimborso. Tali disposizioni, ovviamente, prevalgono su quelle di carat-tere generale contenute nel codice civile. Esse investono soltanto taluni rimborsi; per tuttigli altri continua ad applicarsi la normativa ordinaria.

Si tratta, in particolare: 1) dei rimborsi delle imposte sui redditi (IRPEF e IRPEG) emergen-ti dalle dichiarazioni annuali presentate fino al 30 giugno 1997 (art. 2, comma 58, della legge 24dicembre 2003, n. 350) 4; 2) dei rimborsi dell’addizionale comunale all’imposta sul reddito dellepersone fisiche emergenti dalle dichiarazioni o da istanze presentate entro il 6 dicembre 2011(art. 13, co. 16, del D.L. 06 dicembre 2011, n. 21, convertito nella L. 22.12.2011, n. 214) 5.

In entrambi i casi è previsto che l’Agenzia delle entrate provveda al rimborso senzafar valere l’eventuale prescrizione decennale del diritto dei contribuenti.

Il presente saggio ha per oggetto l’interpretazione di tali norme.

2. Il divieto per l’Agenzia delle Entrate di far valere la prescrizione del diritto alr i m b o r s o

2.1. Con riguardo alle imposte sui redditi2.1.1. Il contenuto dell’art. 2, comma 58, della L. n. 350/2003L’art. 58, comma 2, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, così dispone “l’Agenzia

delle entrate provvede alla erogazione delle eccedenze di IRPEF ed IRPEG dovute in basealle dichiarazioni dei redditi presentate fino al 30 giugno 1997, senza far valere la eventua-le prescrizione del diritto dei contribuenti”.

La statuizione si inserisce, per espressa previsione normativa, “nel quadro delle ini-ziative volte a definire le pendenze con i contribuenti, e di rimborso delle imposte” 6.

Tra i testi istituzionali più recenti, cfr. GAZZONI, Manuale di diritto privato, XIV edizione, Edizioni ScientificheItaliane, Napoli, 2009, pp. 109 ss.; TORRENTE-SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, XIX edizione,Milano, Giuffrè, 2009, pp. 210 ss..Per una ricerca sulla giurisprudenza può utilmente consultarsi la Banca Dati Pluris on line, CEDAM-UTETGIURIDICA.4 La norma dispone che l’Agenzia delle entrate provvede ai rimborsi senza far valere la eventuale prescrizio-ne del diritto dei contribuenti.5 La disposizione, come quella di cui alla nota precedente, prevede che l’Agenzia delle entrate proceda al rim-borso senza far valere la eventuale prescrizione decennale del diritto dei contribuenti.6 Non è degna di apprezzamento la scelta del legislatore, sempre più frequente negli ultimi tempi, di indica-re all’interno della norma la finalità che si intende raggiungere, alla stregua di una sorta di “giustificazione”. Èl’immagine di un legislatore “dialogante” con i destinatari della norma. Come in un dialogo verbale è frequen-te che si abbandoni il linguaggio tecnico, allo stesso modo in seno alle norme, in cui è descritto lo scopo cheil legislatore si propone, si finisce con l’usare espressioni atecniche, che, lungi dall’agevolarla, rendono piùcomplessa l’interpretazione. La “mens legislationis”, desumibile, ove si voglia ricercare, dagli atti parlamenta-ri, ma certamente non vincolante per l’interprete, finisce col confondersi con la “mens legis”, incrementandoe non riducendo l’incertezza che caratterizza le norme tributarie.

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Le espressioni usate non sono certo tra quelle tecnicamente più felici. Ad una prima let-tura potrebbe sembrare che il legislatore abbia voluto fornire una doppia giustificazione dellanorma: quella legata alla definizione delle pendenze con i contribuenti, non meglio identificate,e quella connessa al rimborso delle imposte, cioè ad un preciso obbligo da parte dell’Agenziadelle entrate, del quale si riconosce il mancato adempimento da parte di quest’ultima.

In realtà la disposizione è unicamente rivolta a favorire i rimborsi: diretta destinatariadella norma è infatti l’Agenzia delle entrate chiamata a provvedere alla erogazione disomme in favore dei contribuenti. Le pendenze da definire non possono che essere soloquelle in materia di rimborsi. La locuzione “rimborso delle imposte” tra due virgole, prece-duta dalla preposizione “di”, non può che collegarsi al termine “pendenze”: si tratta, cioè, dirapporti giuridici, non definiti, tra l’Agenzia delle entrate e i contribuenti aventi per oggetto ilrimborso delle imposte 7.

La finalità della norma va ravvisata, quindi, nell’esigenza che si proceda ai rimborsi,sia nel caso in cui il contribuente abbia già proposto ricorso avverso il rifiuto espresso o taci-to, e la controversia non sia stata definita con sentenza passata in giudicato, sia nel casoin cui non sia stato ancora proposto ricorso.

Per cogliere la “r a t i o” della norma occorre fare riferimento ai principi generali dell’ordina-mento tributario contenuti nella Costituzione e specificati nello Statuto dei diritti del contribuen-te, al tempo in cui la disposizione è stata introdotta nonché ai periodi d’imposta interessati.

Il mancato rimborso di tributi, ove spettante, costituisce aperta violazione del principiodi capacità contributiva, traducendosi, in concreto, in un prelievo effettivo superiore al dovu-to. Per altro verso, il mancato rimborso viola il principio dell’affidamento e della buona fedeche dovrebbe caratterizzare i rapporti tra contribuente e Amministrazione finanziaria aisensi dell’art. 10, comma 1, dello Statuto, principio riconducibile all’art. 97 della Costituzioneche impone il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione 8.

Una norma, come quella in commento, che miri a favorire i rimborsi che, nella specie,come si vedrà in seguito, si sarebbero dovuti eseguire d’ufficio, è pienamente coerente coni citati principi dell’ordinamento tributario.

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7 Il termine “pendenza”, senza altra specificazione, in una norma che nel testo di legge non appare collegata anessun’altra dalla quale possa trarsi spunto per una migliore comprensione, va inteso nel senso di rapporti nondefiniti, siano essi o meno in fase contenziosa. Se il legislatore avesse voluto fare riferimento alle liti pendenti,avrebbe usato la locuzione “controversie” e avrebbe richiamato, tra le finalità, quella di ridurre il contenzioso.8 È facile osservare che, nei casi in cui l’Agenzia delle entrate sia tenuta a provvedere, d’ufficio, al rimborso (ecosì è nelle fattispecie disciplinate dalla norma in commento), la mancata restituzione delle somme nei tempiprevisti dalla legge configura una manifesta violazione del principio del buon andamento, alla quale si aggiungequella del principio di imparzialità nel caso in cui, in presenza di situazioni identiche, l’Amministrazione finanzia-ria, anche per carenza di risorse, proceda al rimborso in favore di alcuni contribuenti e non di altri.

L’opportunità dell’intervento normativo nella data in cui è avvenuto (24 dicembre 2003)è data dalla circostanza che appena pochi giorni prima con il D.Lgs. 12 dicembre 2003, n.344, veniva soppressa, a far data dal 1° gennaio 2004, l’imposta sul reddito delle personegiuridiche e sostituita con l’imposta sul reddito delle società.

La terza rilevante considerazione, per cogliere la “ratio” della norma, è legata alla datadel 30 giugno 1997, non a caso scelta dal legislatore. I periodi d’imposta interessati sono,quindi, quelli che vanno dal 1974 al 1996, anno al quale si riferisce l’ultima dichiarazionepresentata entro il 30 giugno 1997. La norma non opera per le eccedenze che emergonodalle dichiarazioni relative al periodo d’imposta 1997 e successivi.

Perché il legislatore del 2003 ha effettuato la scelta, e non un’altra, di limitare l’opera-tività della norma alle eccedenze riconducibili ai periodi d’imposta sino al 1996?

Il D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, introduce la regola del versamento unitario per le impo-ste dirette, per l’IVA, per i contributi dovuti all’INPS e per le altre somme spettanti allo Stato,alle Regioni e agli enti previdenziali, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce presenta-te successivamente alla sua entrata in vigore nonché quella della compensazione tra cre-diti e debiti del contribuente relativi alle imposte e ai contributi del medesimo periodo d’im-posta. Tale compensazione è destinata ad operare per la prima volta tra crediti e debitiemergenti dalle successive dichiarazioni, la prima delle quali è quella da presentare nel1998, relativa al periodo d’imposta 1997.

È un radicale mutamento nella disciplina dei rapporti di debito-credito tra contribuen-te e Amministrazione finanziaria: le richieste di rimborso sono destinate a ridursi in manie-ra significativa, potendo il contribuente compensare immediatamente le eccedenze peralcuni tributi con i debiti per altri.

Da qui l’esigenza del legislatore, come spesso avviene in occasione di modifiche radi-cali, che siano definiti i rapporti pregressi con riguardo ai rimborsi, che si sarebbero dovutioperare d’ufficio, emergenti dalle dichiarazioni relative ai periodi d’imposta sino al 1996.

L’ambito di applicazione della norma in commento è circoscritto al rimborso 9, alquale provvede l’Agenzia delle entrate, richiesto dal contribuente a titolo di IRPEF o di

9 In tema di rimborsi, si rinvia, senza pretesa di completezza, oltre che ai testi istituzionali, ai seguentiscritti e a quelli in essi citati, nonché alla giurisprudenza richiamata: A M ATUCCI, I vincoli posti dalla giu -risprudenza comunitaria nei confronti della disciplina nazionale del rimborso d’imposta, in R i v. dir. trib.,2000, I, 291 ss.; BASILAVECCHIA, Rimborso dei tributi, in Enciclopedia giuridica Tr e c c a n i, postilla diaggiornamento al Vol. XXVII, 2002, pp. 1 ss.; FEDELE, L’art. 8 dello Statuto dei diritti del contribuente,in R i v. dir. trib., 2002, I, 884 ss.; FREGNI, Rimborso dei tributi, in Digesto delle discipline privatistiche -Sezione commerciale - A g g i o r n a m e n t o, 2000, pp. 612 ss.; GALLO, Il silenzio nel diritto tributario, in R i v.d i r. fin. sc. fin., 1983, I, 88; INGROSSO, Il credito d’imposta, Milano, Giuffrè, 1984; MUSCARÀ,Giurisdizione di accertamento e giurisdizione di annullamento nella nuova disciplina del processo tribu -

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IRPEG, a seconda che si tratti di persona fisica o di società o di ente soggetto a que-st’ultimo tributo 1 0.

La norma fa esplicito riferimento alle eccedenze di IRPEF o di IRPEG, costituite dalledifferenze, a favore del contribuente, tra gli importi dovuti per tali tributi con riferimento aciascun periodo d’imposta e l’ammontare complessivo dei versamenti eseguiti a titolo diacconto, delle ritenute alla fonte subite a titolo di acconto e dei crediti d’imposta 11.

La disposizione richiama la presentazione delle dichiarazioni, non i periodi d’impostainteressati, e fissa il termine ultimo al 30 giugno 1997. Ne consegue che, ove successiva-mente a tale data siano state presentate dichiarazioni modificative o integrative, di esse nonpuò tenersi conto ai fini dell’applicazione della norma in esame 12.

Non è richiesto che il contribuente abbia fatto espressamente istanza di rimborso inseno alla dichiarazione dei redditi: la norma fa riferimento alle eccedenze emergenti dalladichiarazione e tali sono anche quelle calcolabili in base ai dati contenuti nella dichiarazio-

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t a r i o, in D i r. prat. trib., 1983, I, 1157 ss.; POTITO, Azioni di rimborso e ripetizione dell’indebito in mate -ria tributaria, in R i v. dir. fin. sc. fin., 1974, pp. 153 ss.; RUSSO, Rilevanza del silenzio della pubblicaamministrazione nell’ambito del contenzioso tributario, in Rass. trib., 1984; II, 484 ss.; TA B E T, C o n t r i b u t oallo studio del rimborso d’imposta, ed. provv. Roma, 1984; ID., Rimborso dei tributi, in Enciclopedia giu -ridica Tr e c c a n i, Vol. XXVII, 1991, pp. 1 ss.; ID., Le azioni di rimborso nella nuova disciplina del proces -so tributario, in R i v. dir. trib., 1993, 763; TESAURO, Il rimborso dell’imposta, Torino, Giappichelli, 1975;ID., Rimborso delle imposte, in Novissimo Digesto Italiano - A p p e n d i c e - Vol. VI, 1986, pp. 824 ss.; ID.,Manuale del processo tributario, Torino, Giappichelli, 2009, pp. 103 ss..1 0 Trattandosi di una norma speciale, di natura agevolativa, non può essere applicata in caso di ecce-denze relative a tributi, quali che siano, diversi dall’IRPEF e dall’IRPEG. Ne consegue che la disposizio-ne non può essere applicata in caso di eccedenze a titolo di imposta locale sui redditi, ancorché per taletributo si siano osservate le stesse norme in materia di accertamento e riscossione valevoli per l’IRPEFe l’IRPEG. È agevole rilevare che la disposizione in esame richiama questi ultimi tributi espressamente,e non usa la locuzione “imposte sui redditi”, che ne avrebbe consentito l’estensione anche all’ILOR non-ché alle imposte sostitutive sul reddito. 11 Le norme in atto in vigore che disciplinano la quantificazione di tali eccedenze sono contenute perl’IRPEF nell’art. 22, comma 1, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e per l’IRES, che ha sostituitol’IRPEG, negli artt. 79 e 80 dello stesso decreto. Posto che le dichiarazioni cui fa riferimento la normain commento sono quelle presentate entro il 30 giugno 1997, e quindi quelle relative agli anni 1996 eprecedenti, sino al 1974, tali eccedenze vanno quantificate, per ciascun periodo d’imposta e per cia-scuno dei due tributi allora applicati (IRPEF e IRPEG), sulla base delle norme al tempo vigenti chenon coincidono con quelle oggi in vigore né per il contenuto né per la numerazione. Va ricordato chemolte delle norme originarie hanno subito delle modifiche nel corso del tempo delle quali si dovrà divolta in volta tenere conto in sede di quantificazione delle eccedenze rimborsabili per ciascun perio-do d’imposta. 12 Diverso è il caso delle dichiarazioni modificative o integrative, quale che sia il periodo d’imposta al qualesi riferiscano, presentate entro il 30 giugno 1997, purché valide e quindi suscettibili di produrre effetti secon-do la normativa vigente nel tempo. In questo caso i dati da prendere in considerazione, ai fini della quantificazione delle eccedenze da rimborsa-re, sono quelli che emergono dall’insieme delle dichiarazioni presentate.È agevole osservare che la norma in esame non è applicabile nel caso di dichiarazioni omesse o considera-te tali dalla legge secondo la disciplina vigente nel tempo.

ne e agli eventuali allegati, ancorché il contribuente non abbia formulato conclusivamenteuna richiesta di rimborso 13.

L’esclusivo riferimento contenuto nella norma ai dati emergenti dalla dichiarazione deiredditi consente di escludere che possa darsi rilevanza all’inerzia successiva del contribuente.

L’Amministrazione finanziaria è obbligata a rimborsare le somme ancorché il contri-buente non abbia mai posto in essere alcun atto di sollecitazione, come, ad esempio, l’i-stanza di rimborso ai sensi dell’art. 21, comma 2, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, oaltro atto avente la funzione di reiterare la pretesa 14.

Come è agevole rilevare, la norma in esame trova applicazione esclusivamente per irimborsi di crediti del contribuente non da indebito, ai quali l’Amministrazione finanziariaavrebbe dovuto provvedere d’ufficio.

Le eccedenze di IRPEF ed IRPEG emergenti dalla dichiarazione rientrano, infatti, trai crediti del contribuente non da indebito 15, perché normalmente riconducibili a ritenute d’ac-

13 Potrebbe essersi verificato che il contribuente, pur riportando in dichiarazione dati dai quali emergonoeccedenze da rimborsare, abbia trascurato di segnare l’importo nell’apposito rigo contente la richiesta di resti-tuzione. Tale circostanza non esclude l’applicabilità della norma in esame, sempre che, ovviamente, in pre-senza di una scelta tra rimborso e computo in diminuzione del tributo dovuto per il periodo d’imposta succes-sivo, il contribuente non abbia optato per la seconda soluzione e, comunque, in mancanza di una esplicitaopzione in seno alla dichiarazione, non abbia, di fatto, portato l’eccedenza in diminuzione del debito d’impo-sta dell’anno successivo.Va ricordato che tale opzione è stata introdotta nell’ordinamento dall’art. 11, comma 3, del D.P.R. 22 dicem-bre 1986, n. 917 per l’IRPEF e dall’art. 94 dello stesso decreto per l’IRPEG e quindi figura nei moduli per ladichiarazione dei redditi relativi ai periodi d’imposta a partire dal 1988, anno di prima applicazione del citatodecreto. Per i periodi d’imposta precedenti la presenza di un’eccedenza attribuiva automaticamente al contri-buente il diritto al rimborso.14 In caso di ulteriore inerzia dell’Agenzia delle entrate, l’istanza volta a sollecitare il rimborso, anche al finedi avviare la procedura contenziosa in caso di rigetto espresso o tacito, potrà essere legittimamente presen-tata dal contribuente dopo l’entrata in vigore della norma in esame.15 È condivisibile la distinzione operata da TESAURO (Istituzioni di diritto tributario, Vol. I, Torino, Giappichelli1994, p. 261) e condivisa da FREGNI (Rimborso dei tributi, op. cit., p. 613) tra i diversi tipi di crediti che il con-tribuente può vantare nei confronti dell’Amministrazione finanziaria: da indebito, non da indebito e in sensostretto. I primi sono quelli che trovano il loro fondamento nell’art. 2033 del codice civile in tema di ripetizioneda indebito. Si pensi, a titolo esemplificativo, alle somme versate in dipendenza di una dichiarazione erroneaa danno del contribuente, di un avviso di accertamento poi annullato in sede giurisdizionale, di una normadichiarata incostituzionale.I crediti del contribuente non da indebito sono largamente diffusi perché trovano la loro origine fisiologica neimeccanismi di applicazione dei tributi. Si pensi all’eccedenza delle ritenute d’acconto subite e dei versamen-ti in acconto effettuati rispetto all’ammontare dell’imposta sui redditi dovuta. Si consideri, altresì, l’ipotesi,estremamente frequente, in cui l’IVA subita a monte sulle operazioni passive sia di importo superiore rispettoall’IVA applicata a valle sulle operazioni attive.Tra i crediti “in senso stretto” vantati dal contribuente rientra una variegata categoria di crediti, attribuiti dallalegge a titolo di agevolazioni o riconducibili a tributi pagati all’estero.Per una puntuale disamina della tipologia delle cause e dei titoli di rimborso, cfr. TABET (Rimborso di tributi,op. cit., p.1 ss.).

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conto subite e ad acconti versati, cioè ad un importo di cui il contribuente ha subito legitti-mamente il prelievo.

L’Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto provvedere d’ufficio al rimborso delleeccedenze considerate dalla norma in esame ai sensi degli artt. 41 e 42/bis del D.P.R. 29settembre 1973, n. 602 e successive modificazioni. Il rimborso è preceduto dalla liquidazio-ne, cioè dalla quantificazione delle somme da restituire ai sensi dell’art. 36/bis del D.P.R.29 settembre 1973, n. 600.

Il termine per la liquidazione di cui al citato art. 36/b i s (“entro l’inizio del periodo di pre-sentazione delle dichiarazioni relative all’anno successivo”) e quello di cui al richiamato art.4 2 /b i s per la formazione delle liste di rimborso (“entro l’anno solare successivo alla scadenzadel termine della presentazione della dichiarazione dei redditi”) sono certamente ordinatori.

Tuttavia va sottolineato che la mancata osservanza dei termini, oltre a dar luogo adun danno per il contribuente in conseguenza del mancato tempestivo incasso dellesomme, crea in lui sfiducia nell’Amministrazione finanziaria, ostacola la formazione di unrapporto improntato al principio della collaborazione e della buona fede, in violazione del-l’art. 10, comma 1, dello Statuto dei diritti del contribuente, segnala la mancata applica-zione del principio costituzionale del buon andamento della Pubblica Amministrazione 1 6,inocula la convinzione secondo la quale anche l’Amministrazione finanziaria si astienedall’osservare le leggi 1 7.

La norma in esame dispone che “l’Agenzia delle entrate provvede alla erogazionedelle eccedenze”. Il verbo al presente segnala la presenza di un obbligo, non di una facoltàné di un potere. È irrilevante la circostanza che non sia usato il verbo “dovere” 18. Quando

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16 Anche il principio dell’imparzialità di cui all’art. 97 della Costituzione potrebbe essere violato, ove i rimbor-si venissero eseguiti secondo priorità non giustificate, in assenza di rigorosi criteri.1 7 Non è da escludere che tra le ragioni che hanno indotto il legislatore ad introdurre la norma in esame,che favorisce i rimborsi ai quali l’Amministrazione finanziaria non ha tempestivamente provveduto d’uff i-cio, vi possa essere quella di ridurre le conseguenze negative, anche sotto il profilo dell’immagine, ricon-ducibili a tali omissioni.Appare, quindi, corretto e condivisibile che l’inerzia del contribuente consistente nel non reiterare la richiestadi rimborso, fondata sull’affidamento nell’osservanza delle leggi da parte dell’Amministrazione finanziaria, nonvenga penalizzata dall’estinzione del diritto di credito per prescrizione. In caso contrario, le conseguenze dellamancata applicazione, da parte dell’Amministrazione finanziaria, delle norme in tema di rimborso d’ufficio fini-rebbero col gravare interamente sul contribuente, colpevole unicamente di essersi fidato.18 Se, in assenza del verbo “dovere”, si ritenesse che non si sia in presenza di un obbligo, lo stesso criteriointerpretativo dovrebbe valere per tutte le norme che impongono adempimenti al contribuente. Si arriverebbealla conclusione assurda, secondo la quale il contribuente non avrebbe neppure l’obbligo di emettere la fat-tura ai fini dell’IVA. Nell’art. 21 del D.P.R. 26 ottobre 1973, n. 633, che ha come rubrica “fatturazione delle ope-razioni”, si usa l’espressione “emette fattura”, non “deve emettere fattura”.

il legislatore si esprime in questi termini, come avviene in tante altre norme 19, intendeimporre un obbligo. Al fine di escludere che si tratti di una facoltà, va rilevato, sul piano let-terale, che la norma non usa l’espressione “può provvedere” e, a livello di principi, sarebbeben strano che, in una materia coperta dalla riserva di legge e in tema di diritti soggettivi,quali sono quelli al rimborso, possa essere rimessa all’Agenzia delle entrate la scelta serestituire o meno le somme al contribuente.

Per il divieto di far valere la prescrizione si rinvia al paragrafo successivo.

2.1.2. La paralisi del potere di eccepire la prescrizioneParticolare attenzione va rivolta all’espressione finale contenuta nell’art. 2, comma 58,

della L. n. 350/2003: “senza far valere la eventuale prescrizione del diritto dei contribuenti” 2 0.

19 Si vedano, a titolo esemplificativo, le seguenti norme in cui è usato il verbo “provvedere” al presente:- art. 37, comma 3, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in materia di rimborso di ritenute dirette: “Al rimbor-so l’intendente di finanza provvede...”;- art. 38, comma 3, dello stesso decreto in tema di rimborso di versamenti diretti: “L’intendente di finanza ...provvede al rimborso ...”;- art. 41, comma 1, del medesimo decreto, nei casi di rimborso d’ufficio: l’Ufficio delle imposte dirette “prov-vede ad effettuare il rimborso...”;- art. 41, comma 3, dello stesso decreto, ancora in tema di rimborso d’ufficio: “al rimborso provvede ... l’inten-dente di finanza”;- art. 13, comma 3, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, con riguardo all’imposta sulle successioni: l’Ufficio delregistro competente “provvede al rimborso..:”;- artt. 38/bis, comma 4, 38/bis2, comma 5 e 38/ter, comma 2, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in materiadi IVA: “Ai rimborsi ... provvede il competente ufficio...”.In altre disposizioni in tema di rimborso, si utilizzano locuzioni diverse, ma pur sempre al presente:- art. 36/bis, comma 1, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in tema di liquidazione di rimborsi dovuti in basealle dichiarazioni: “l’Amministrazione finanziaria procede ... alla liquidazione ... dei rimborsi...”;- art. 42/bis, comma 2, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in tema di esecuzione del rimborso d’ufficio tra-mite procedura automatizzata: “gli uffici ... formano ... liste di rimborso...”;- art. 42/bis, comma 3, dello stesso decreto: “Il centro informativo della Direzione generale delle imposte diret-te ... predispone gli elenchi di rimborso...”;- art. 70, comma 4, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in tema di rimborso dell’IVA sulle importazioni: “Il rim-borso è eseguito...”.2 0 La locuzione “far valere” è nota alla normativa civilistica. Ai sensi dell’art. 2935 c.c., la prescrizione cominciaa decorrere dal giorno in cui il diritto può essere “fatto valere” e l’art. 2939 c.c. prevede che la prescrizione possaessere opposta, ove il debitore non la “faccia valere”, dai suoi creditori e da chiunque vi abbia interesse.“Far valere” ha lo stesso significato di “opporre”, termine anch’esso presente nelle disposizioni civilistiche, chelo utilizzano per segnalare la possibilità per i creditori della parte debitrice di invocare la prescrizione per evi-tare che possa ridursi, a loro danno, la consistenza patrimoniale di quest’ultima (art. 2939 c.c.), nonché perstatuire il divieto per il giudice di sollevarla d’ufficio (art. 2938) nel caso in cui non venga opposta da alcuno. Opporre la prescrizione è la tipica eccezione del debitore convenuto in giudizio dal creditore, volta ad ottene-re la pronuncia di estinzione del diritto di quest’ultimo per la inerzia protrattasi per il tempo previsto dalla legge.La scelta di far valere la prescrizione giustifica l’atteggiamento del debitore che, in una fase non contenziosa,si sottrae all’adempimento. Trovando applicazione la norma in esame sia in presenza della mera presentazione della dichiarazione dallaquale emergono le eccedenze, sia nei casi di contenzioso, l’Agenzia delle entrate non potrà giovarsi della pre-scrizione per sottrarsi al pagamento delle somme dovute.

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La norma è rivolta all’Agenzia delle entrate, cioè al soggetto debitore a fronte dellaposizione creditoria dei contribuenti riconducibile ai dati contenuti nelle dichiarazioni deiredditi presentate entro il 30 giugno 1997.

Il legislatore ha inteso paralizzare il potere del debitore di sottrarsi al pagamento invo-cando la prescrizione del diritto del creditore.

Occorre chiedersi quale sia la natura della norma e se essa sia vincolante o meno perl’Agenzia delle entrate.

Si tratta indubbiamente di una norma restrittiva dei poteri dell’Amministrazione finan-ziaria, con effetti agevolativi nei confronti del contribuente titolare del diritto al rimborso.

La norma è speciale rispetto alla disciplina della prescrizione applicabile, in generale,in materia fiscale 21 e quindi anche in tema di rimborsi.

L’ordinamento tributario non contiene al suo interno una regolamentazione della pre-scrizione; ne consegue che trovano normalmente applicazione le disposizioni contenutenegli articoli 2934 e seguenti del codice civile, sempre che il legislatore fiscale non detti, pertalune fattispecie, una regolamentazione particolare. In questo caso la prescrizione in mate-ria fiscale è disciplinata dalla norma specifica, unitamente a quelle civilistiche che sianocompatibili.

La specialità della disposizione in esame è ravvisabile nella deroga alla regola gene-rale che consente al debitore di opporre la prescrizione per sottrarsi al pagamento, desu-mibile dagli artt. 2938 e 2939 del codice civile 22. Per tale profilo la nuova norma prevalesulla disciplina ordinaria.

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21 Sulla prescrizione in diritto tributario, con particolare riguardo al credito dell’Amministrazione finanziaria, siveda l’unica monografia sul tema di COPPA (La prescrizione del credito tributario, Torino, Giappichelli, 2006),in cui tutte le tematiche vengono puntualmente affrontate, nonché gli scritti in essa richiamati.Oltre ai testi istituzionali, tra gli altri scritti si indicano i seguenti, senza pretesa di completezza: ALBERTINI,Commento all’art. 21 del D.Lgs. n. 546/1992, in Codice commentato del processo tributario a cura di Tesauro,Torino, UTET, 2011, pp. 335 ss.; CONSOLO-GLENDI, Commentario breve alle leggi del processo tributario,Padova, CEDAM, 2008, pp. 265 ss.; FALCONE, Prescrizione (diritto tributario), in Enciclopedia giuridicaTreccani, Vol. XXIV, 2002, pp. 1 ss.; FREGNI, Obbligazione tributaria e codice civile, Torino, Giappichelli,1198, pp. 347ss; GALLUZZI, Commento all’art. 21 del D. Lgs. n. 546/1992, in Aa.Vv., Il nuovo processo tribu -tario, Milano, Giuffrè, 2004, pp. 265 ss.; LANDI, Prescrizione (diritto tributario), in Enciclopedia del Diritto, Vol.XXXV, 1986, pp.77-78; POLANO, Commento all’art. 16 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, in Commentariodelle leggi sul contenzioso tributario, a cura di Glendi, Milano, Giuffrè, 1990, pp. 313 ss.; RANDAZZO,Contributo allo studio della prescrizione nel diritto tributario, in Riv. dir. fin. sc. fin., 1971, I, pp. 459 ss.; ZIN-GALI, Prescrizione, perenzione, decadenza (Diritto tributario), in Novissimo Digesto Italiano, Vol. XIII, 1966,pp. 677 ss..22 Secondo COPPA (La prescrizione del credito tributario, op. cit., p. 37, nota 24), la norma in esame va con-figurata come rinuncia alla prescrizione ai sensi dell’art. 2937 c.c..

La disposizione in commento, restringendo i poteri dell’Agenzia delle entrate, partedebitrice, come si dirà appresso, e incidendo sull’adempimento dei suoi obblighi, produceeffetti positivi sul contribuente imponendo il soddisfacimento del suo diritto di credito, altri-menti suscettibile di essere compromesso per inerzia del suo titolare. Si tratta, pertanto, diuna norma agevolativa, non suscettibile di interpretazione estensiva né di analogia, appli-cabile esclusivamente nei casi in essa previsti e non in fattispecie similari.

Secondo la normativa ordinaria, il debitore è libero di far valere la prescrizione del dirit-to del creditore o di non farla valere: la scelta è rimessa al suo apprezzamento.

Ove si ritenesse applicabile esclusivamente tale disciplina, l’Amministrazione finanzia-ria, in presenza di diritto al rimborso in capo al contribuente, potrebbe far valere, ricorren-done i presupposti, l’estinzione per prescrizione o potrebbe non farlo. Tale scelta si rivela,in realtà, vincolata, nel senso di farla valere, ove si consideri: a) che la soluzione oppostaridurrebbe la quantità delle entrate disponibili compromettendo l’interesse generale al buonespletamento dell’attività finanziaria dello Stato; b) che il riconoscimento della opzione, inassenza di una previsione normativa dei criteri da seguire, comporterebbe il rischio di vio-lazione del principio di imparzialità di cui all’art. 97 della Costituzione 23; c) che in genere lanormativa, in una materia coperta dalla riserva di legge, lascia ristretti margini di manovraall’Amministrazione finanziaria, che, in caso di diritto del contribuente al rimborso, per ilquale si possa far valere o meno la prescrizione, si rivelerebbero estremamente ampi 24.

Diverso è il caso in cui una norma speciale, come quella in esame, esclude espressa-mente la scelta in capo all’Amministrazione finanziaria di far valere o meno la prescrizione.La norma è vincolante per l’Agenzia delle entrate, alla stregua di ogni altra norma di leggeche disciplina la sua attività.

23 Nella realtà l’Agenzia delle entrate, sulla base della disciplina ordinaria, fa sempre valere la prescrizione,ricorrendone i presupposti.24 In assenza dell’inciso “senza far valere la eventuale prescrizione del diritto dei contribuenti”, la normasarebbe “inutiliter data”, atteso che l’obbligo per l’Agenzia delle entrate di provvedere al rimborso d’ufficio ècontenuto nell’art. 41 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, da sempre vigente, e sussiste, altresì, l’obbligoper l’Amministrazione finanziaria, per le considerazioni già esposte nel testo, di giovarsi della prescrizione ovene ricorrano i presupposti. Allo stesso modo la norma sarebbe “inutiliter data” ove si interpretasse l’inciso, in manifesto contrasto con ildato letterale, nel senso che l’Agenzia delle entrate sarebbe libera di far valere o meno la prescrizione, aste-nendosi nel primo caso dal provvedere al rimborso. Secondo la normativa ordinaria, contenuta nel codice civi-le, la scelta se far valere o meno la prescrizione compete al debitore: la nuova norma finirebbe col non aggiun-gere né modificare nulla. Ma è corretto principio ermeneutico attribuire significato ad ogni nuova norma, assu-mendo che l’intervento del legislatore sia stato sollecitato dall’esigenza di modificare la disciplina preesistente.Va rilevato che purtroppo avviene spesso che il contribuente creditore, a fronte della persistente inerziadell’Agenzia delle entrate nel procedere al rimborso d’ufficio, si trovi costretto ad avviare la procedura conten-ziosa al fine di munirsi di un titolo esecutivo quale è la sentenza di condanna dell’Amministrazione finanzia-ria al rimborso allorquando passi in giudicato. Non resta che prendere atto che l’Agenzia delle entrate, con ilsuo comportamento contrario alla legge, contribuisce ad incrementare le controversie.

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Ne consegue che l’Agenzia delle entrate è tenuta a rimborsare le eccedenze a titolodi IRPEF e di IRPEG emergenti dalle dichiarazioni dei redditi, essendo paralizzato, nei limi-ti della norma, il suo potere di sottrarsi all’obbligo opponendo la prescrizione del diritto delcontribuente 25. In ogni altra ipotesi continua ad applicarsi la normativa ordinaria.

La norma in esame usa la locuzione “eventuale prescrizione”. Può infatti verificarsiche non sia ancora spirato, nella fattispecie concreta, il termine decennale di prescrizio-ne 2 6: in questo caso l’Agenzia delle entrate sarebbe comunque tenuta al rimborso d’uff i-cio a prescindere dalla novella del 2003. In tale ipotesi quest’ultima assolverebbe ad unamera funzione sollecitatoria.

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25 La limitazione attiene esclusivamente al potere di opporre la prescrizione, fermo restando che l’Agenziadelle entrate può sottrarsi al rimborso ove il contribuente non abbia dimostrato o non dimostri, con documen-tazione idonea, l’avvenuta presentazione della dichiarazione entro il 30 giugno 1997, mediante apposita rice-vuta, nonché la sussistenza del suo diritto al rimborso.È principio generale del nostro ordinamento giuridico quello secondo il quale chi vuol fare valere un dirittodeve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento (art. 2697 c.c.).Le eccedenze di IRPEF ed IRPEG emergenti dalle dichiarazioni segnalano la presenza del diritto al rimbor-so, che tuttavia, per essere utilmente esercitato, deve essere provato a cura del contribuente. Quest’ultimopuò averlo fatto presentando i documenti all’Amministrazione finanziaria, in allegato alla dichiarazione, se ciòè consentito dalla normativa del tempo, oppure successivamente, ovvero, in caso di contenzioso, al giudiceattraverso il rituale deposito.Attraverso tali documenti il contribuente deve unicamente provare l’intero ammontare degli acconti versati,delle ritenute d’acconto subite e dei crediti di imposta vantati che, raffrontato al tributo dovuto per il periodo diimposta, fa emergere le eccedenze da rimborsare. L’imposta dovuta è quella indicata nella dichiarazione enon necessita di un supporto documentale, incombendo sull’Ufficio l’onere di fornire la prova ove voglia con-testarne l’ammontare.Se dalla dichiarazione risulta che i documenti sono stati allegati, nessun altro onere incombe sul contribuen-te, a nulla rilevando la circostanza che l’Agenzia delle entrate dichiari, per una qualsiasi ragione, di non esser-ne in possesso. Lo stesso avviene nel caso in cui sia dimostrato che i documenti sono stati esibiti in un temposuccessivo alla presentazione della dichiarazione e l’Agenzia delle entrate dichiara di non disporne.Va peraltro ricordato che, ai sensi dell’art. 6, comma 4, della L. 27 luglio 2000, n. 212, recante lo Statuto deidiritti del contribuente, in nessun caso, e quindi neppure al fine di procedere al rimborso, possono essererichiesti al contribuente documenti già in possesso dell’Amministrazione, come sarebbero quelli allegati alladichiarazione o successivamente presentati all’Ufficio.È da ritenere che l’eventuale inutile decorso del tempo ai fini dell’emissione dell’avviso di rettifica (art. 43 delD.P.R. 29 settembre 1973, n. 600) rende incontestabile soltanto l’ammontare dell’imposta dovuta indicatanella dichiarazione, ma non l’eccedenza da rimborsare, e quindi non esonera il contribuente, dal fornire laprova, che è a suo carico, a sostegno del suo diritto al rimborso.Va rilevato che le eccedenze da rimborsare coincidono con quelle emergenti dalla dichiarazione, sempre chenon siano state ridimensionate dall’avviso di rettifica emesso dall’Agenzia delle entrate, resosi definitivo o, incaso di controversia, da una sentenza passata in giudicato. In tali casi la somma da rimborsare sarà pari aquella risultante dall’atto impositivo o dalla sentenza.26 È il caso del contribuente che si sia limitato a presentare la dichiarazione dalla quale emergono le ecce-denze da rimborsare e non sia ancora trascorso il decennio (si pensi, a titolo esemplificativo, alla dichiarazio-ne inoltrata nel 1997 per il periodo di imposta 1996: per il diritto al rimborso non è ancora spirato nel 2003,anno di entrata in vigore della nuova norma, il termine decennale di prescrizione) ovvero che abbia posto inessere atti interruttivi, come le istanze di rimborso, ai sensi degli artt. 2943 e 2945 del codice civile, e dall’ul-timo di essi non sia ancora trascorso il decennio.

Può anche verificarsi che il termine di prescrizione sia già spirato prima dell’entrata invigore della nuova norma o spiri in un tempo successivo prima che l’Agenzia provveda alrimborso 27. In tali ipotesi la prescrizione si è realizzata ma sussiste per l’Amministrazionefinanziaria il divieto ex lege di farla valere.

È proprio questa l’ipotesi in cui si rivela pregnante e innovativa la norma in commen-to: l’Agenzia delle entrate non può sottrarsi al rimborso invocando l’estinzione del diritto delcontribuente per prescrizione. L’Amministrazione finanziaria, per una precisa scelta del legi-slatore, non può giovarsi del potere di sollevare la prescrizione che, secondo la disciplinaordinaria, spetta ad ogni altro debitore 28.

2.1.3. Gli orientamenti della Corte di CassazioneI giudici, sia di merito che di legittimità, hanno già avuto occasione di esprimersi sul-

l’interpretazione dell’art. 2, comma 58, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

27 È il caso in cui dalla data di presentazione della dichiarazione dalla quale emerge il diritto al rimborso odall’ultimo atto interruttivo sia già trascorso il decennio.È irrilevante la circostanza che il contribuente creditore abbia o meno avviato la fase contenziosa. Se lo hafatto prima che sia spirato il termine per la prescrizione, quest’ultima si interrompe sino al momento in cuipassa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio e da tale data inizia un nuovo periodo di prescrizione(art. 2945 c.c.). In questa ipotesi la prescrizione non si è realizzata e quindi l’Agenzia delle entrate non puòutilmente eccepirla e dovrà procedere al rimborso anche in conformità alla normativa ordinaria.Se il contribuente creditore ha avviato la fase contenziosa dopo che sia spirato il termine per la prescrizione,e quindi oltre il termine (che è coincidente) per proporre ricorso, fissato a pena di inammissibilità, dall’art. 21,comma 2, del D.Lgs. n. 546/1992, opera la nuova norma che inibisce all’Agenzia delle entrate il potere diopporre la prescrizione del diritto al rimborso e quindi di contestare la tempestività del ricorso. Essa dovrà pro-cedere al rimborso e, ove non provveda, in assenza di altre argomentazioni idonee a contrastare la pretesadel contribuente, quali, ad esempio, quelle attinenti alla prova del diritto di credito, andrà incontro ad una sen-tenza di condanna ai sensi dell’art. 69 del citato decreto.2 8 Proprio tale scelta vincolata, che si traduce in una sostanziale assenza della facoltà di scelta, fornisce una corret-ta chiave di lettura dell’orientamento dell’Agenzia delle entrate espresso nella Risoluzione n. 54 del 3 maggio 2005.In risposta al quesito volto a conoscere se la disposizione in esame trovi applicazione anche nel caso in cuila prescrizione del diritto al rimborso sia già stata eccepita dall’Ufficio prima dell’entrata in vigore dell’art. 2,comma 58, della L. n. 350/2003, l’Agenzia delle entrate si esprime nel senso che la norma debba essereosservata anche in tale ipotesi.Nella risoluzione è precisato che lo stesso avviene nel caso in cui sia pendente il giudizio e che l’applicabilitàè esclusa qualora sia intervenuta sentenza passata in giudicato.L’orientamento dell’Agenzia, in questi termini, merita di essere condiviso. Solo il passaggio in giudicato dellasentenza impedisce che si provveda al rimborso.Né può pervenirsi ad una diversa lettura della citata Risoluzione sol perché, prima della risposta, si legge che la r a t i odella norma “consiste nel consentire agli Uffici il rimborso delle eccedenze”. Il verbo “consentire” non può essere inte-so nel senso di lasciare all’Ufficio periferico la scelta se sollevare o meno la prescrizione. Ciò sarebbe in contrastocon la risposta al quesito nella quale si precisa che la norma - che, non va dimenticato, impone all’Agenzia di prov-vedere al rimborso - trova applicazione anche nel caso in cui sia già stata eccepita dall’Ufficio la prescrizione.Con ogni probabilità il termine “consentire”, certamente improprio, segnala il mutato orientamento, a seguito dellanuova norma, rispetto al precedente, in base al quale, pur in presenza di una opzione nel rispetto della disciplinaordinaria della prescrizione contenuta nel codice civile, l’Ufficio periferico era tenuto a rilevare la prescrizione.

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Non sono molte le sentenze di cui si è a conoscenza, oltre ad una ordinanza dellaCorte Costituzionale chiamata a pronunziarsi su una questione di costituzionalità sollevatadalla Commissione tributaria provinciale di Milano.

Gli orientamenti della Corte di Cassazione si rivelano contrastanti.Una prima sentenza risale al 2007 29 ed è stata emessa dalla Corte di Cassazione a

Sezioni Unite.La Corte era chiamata a pronunziarsi sulla decorrenza del termine di prescrizione del

diritto al rimborso emergente dalla dichiarazione dei redditi, dovuto alla eccedenza delleritenute d’acconto subite rispetto all’IRPEG dovuta dal contribuente.

Si trattava di stabilire se il termine decennale di prescrizione di cui all’art. 2964 delcodice civile dovesse decorrere dalla data di presentazione della dichiarazione ovvero dallascadenza del termine assegnato all’Amministrazione finanziaria per il controllo formale dal-l’art. 36/bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e successive modificazioni.

La Corte, dopo aver precisato che la richiesta di rimborso in seno alla dichiarazionenon necessita di alcun’altra istanza da presentare a pena di decadenza entro il termine dicui all’art. 38 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, trovando applicazione l’ordinario termi-ne di prescrizione, conclude nel senso che quest’ultimo decorre dalla data di presentazio-ne della dichiarazione e non da quello previsto dal citato art. 36/bis ai fini del controllo for-male e del rimborso eventualmente spettante 30.

Il Collegio, nel contesto della motivazione, dopo aver precisato che non incide sullavicenda l’art. 2, comma 58, della L. 24 dicembre 2003, n. 350, procede ad una lettura dellanorma, precisando che “la disposizione non modifica i termini di prescrizione ordinaria, masi limita a invitare l’Amministrazione a non «far valere» tale prescrizione”.

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29 Cass, SS.UU., 7 febbraio 2007, n. 2687 in Rivista di Giurisprudenza tributaria, 2007, pp. 410 ss..30 La questione del giorno dal quale decorre il termine di prescrizione del diritto al rimborso emergente dalladichiarazione è stata oggetto di dibattito in dottrina e ha trovato soluzioni contrastanti in giurisprudenza. Si condivide la soluzione della Corte di far decorrere il termine di prescrizione dalla data di presentazione delladichiarazione.Non è questa la sede per trattare compiutamente tale tematica.Oltre che ai testi istituzionali, si rinvia al seguente scritto e a quelli in esso citati: CIPOLLA, Crediti d’imposta etutele processuali: si rafforza la tesi del consolidamento del credito esposto in dichiarazione e non rettificato dalF i s c o, in Rivista di giurisprudenza tributaria, 2011, 505 ss.. L’Autore formula puntuali considerazioni sul tema insede di commento della sentenza della Cassazione, Sezione tributaria, n. 26318 del 29 dicembre 2010. Quest’ultima sentenza fa decorrere la prescrizione del diritto al rimborso dalla data del riconoscimento esplicitoin sede di liquidazione ai sensi dell’art. 36/b i s del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ovvero da quella del ricono-scimento implicito connesso al mancato esercizio del potere di rettifica ai sensi dell’art. 43 dello stesso decreto.La sentenza conferma taluni precedenti della stessa Sezione (n. 11830 del 6 agosto 2020 e n. 3718 del 23febbraio 2005, entrambe in Banca Dati Big, IPSOA) e si contrappone ad altro precedente della stessa Sezione(n. 11511 del 7 settembre 2001, in Banca Dati Big, IPSOA) nonché alla sentenza della Cassazione a SezioniUnite n. 2687 del 7 febbraio 2007, richiamata nella nota precedente.

La Corte aggiunge che “il giudice non deve procedere ad una diretta applicazionedella norma, spettando all’Amministrazione non proporre in giudizio la eccezione di prescri-zione (fosse anche abbandonarla in caso di controversia già in atto)”.

Va subito rilevato che le considerazioni sull’art. 2, comma 58, della L. n. 350/2003costituiscono un mero obiter dictum, atteso che lo stesso Collegio ritiene che la norma nonincide sulla vicenda e, nella parte della sentenza espositiva del fatto, non è contenuto alcunrichiamo a tale disposizione. Ne consegue che nessun principio di diritto può considerarsienunciato dalla Corte con riguardo all’interpretazione della citata norma.

È condivisibile che la disposizione non modifica i termini di prescrizione ordinaria:infatti il legislatore non interviene sull’art. 2946 del codice civile, né statuisce che il diritto delcontribuente al rimborso è soggetto a un termine di prescrizione più ampio o addirittura nonè soggetto a prescrizione. Il legislatore introduce semplicemente il divieto per l’Agenziadelle entrate di far valere la prescrizione in taluni casi puntualmente identificati.

Non può condividersi la conclusione secondo cui si tratterebbe di un semplice invitoche il legislatore rivolge all’Agenzia di non far valere la prescrizione. Se si trattasse di uninvito e quindi di una sorta di sollecitazione non vincolante, la norma sarebbe superflua,atteso che la scelta, in via teorica, di far valere o meno la prescrizione nonché quella dirinunziarvi, poteva essere operata anche prima dell’entrata in vigore della norma in esame,ai sensi degli artt. 2939 e 2937 del codice civile. Sarebbe comunque ben strano che, in unamateria coperta dalla riserva di legge, il legislatore si attivi per formulare inviti, anzichéimporre comportamenti tali da assicurare l’osservanza dei principi di buon andamento eimparzialità di cui all’art. 97 della Costituzione 31.

Nello stesso senso, non condivisibile, si esprime, senza alcuna argomentazione asostegno, la Sezione tributaria della Cassazione con una sentenza del 2008 32. La Corte silimita ad affermare che la norma contiene un mero invito rivolto agli Uffici, non suscettibiledi applicazione diretta da parte del giudice.

Alla medesima conclusione, utilizzando espressioni similari, senza altra considerazio-ne a supporto, perviene la Sezione tributaria della Corte di Cassazione con una sentenzadel 2009 e con altra del 2011 33.

31 Se l’Agenzia delle entrate non solleva l’eccezione di prescrizione, non fa altro che osservare la legge e ilgiudice è tenuto a condannarla al rimborso. Sarebbe certo preferibile che l’Amministrazione finanziaria viprovveda spontaneamente prima che il giudice emetta la sentenza.Se l’Agenzia delle entrate propone l’eccezione in presenza di un divieto ex lege, il giudice dovrà considerar-la tamquam non esset e procedere alla condanna al rimborso.32 Cass. Sez. Trib., n. 26453 del 4 novembre 2008, in Banca Dati Big, IPSOA.33 Cass. Sez. Trib., n. 14308 del 19 giugno 2009, in Banca Dati Big, IPSOA e Cass. Sez. Trib., n. 9223 del21 aprile 2011, in Banca Dati Italgiure.web.

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Di segno opposto è un’altra sentenza dello stesso anno 2009 della Sezione tributariadella Cassazione 34, le cui conclusioni vanno condivise.

La Corte fornisce due argomentazioni. Con la prima riconosce che l’interpretazio-ne dell’Agenzia delle entrate nella Risoluzione n. 54/E del 3 maggio 2005 è favorevoleal contribuente e che l’Avvocatura dello Stato nel controricorso aderisce alla tesi diquest’ultimo. Con la seconda rileva che la norma in esame introduce un’eccezione allaregola generale contenuta nell’art. 2934 c.c., comma 1, secondo la quale ogni diritto siestingue per prescrizione quando il titolare non lo esercita per il tempo determinatodalla legge.

Della citata risoluzione dell’Agenzia si è già fatto cenno segnalando il contenuto favo-revole al contribuente che emerge da un’attenta lettura.

La seconda considerazione della Corte è condivisibile con riguardo alla conclusioneconsistente nel divieto per l’Agenzia delle entrate di sollevare l’eccezione di prescrizioneper avvenuto decorso del termine decennale 35.

Il contribuente, nel corso del processo conclusosi con la citata sentenza, avevasostenuto che la disposizione in esame dovesse essere interpretata in senso estensi-vo, ricomprendendo tutte le imposte dirette e quindi anche l’ILOR e che una diversa let-tura avrebbe fatto emergere un contrasto con l’art. 3 ed altre norme della Costituzione,essendo i contribuenti “tutti creditori in base alla dichiarazione dei redditi” e per i mede-simi periodi di imposta sia per l’IRPEF o l’IRPEG che per l’ILOR. Il mancato richiamo aquest’ultima imposta sarebbe stato dovuto esclusivamente alla sua abolizione a parti-re dal 1° gennaio 1998.

Si condivide sul punto la pronuncia della Corte secondo la quale si tratta di una normaeccezionale, non suscettibile di “applicazione analogica”. L’estensione della disposizioneall’ILOR comporterebbe la disapplicazione dell’art. 14 delle preleggi al Codice Civile, chereca il principio generale secondo il quale le norme speciali non si applicano oltre i casi edi tempi previsti dalle leggi.

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34 Cass. Sez. Trib., n. 4786 del 27 febbraio 2009, in Banca Dati Big, IPSOA. 35 Più che una eccezione all’art. 2934 c.c., appare preferibile configurare la norma in termini di deroga allaregola secondo la quale il potere di sollevare l’eccezione è rimesso al debitore, desumibile, a contraris, dagliartt. 2938 e 2939 del codice civile. Non si tratterebbe, quindi, di una deroga alla regola generale contenutanell’art. 2934 c.c., secondo la quale il diritto si estingue ove non venga esercitato per il tempo determinatodalla legge.Ove si condividesse l’argomentazione espressa dalla Corte, si dovrebbe ammettere che il diritto del contri-buente al rimborso, nei limitati casi previsti dalla norma, non sarebbe soggetto a prescrizione, alla stregua deidiritti indisponibili. Ma una tale esplicita statuizione non è contenuta nella norma in esame.

2.1.4. Le pronunce dei giudici di meritoI giudici di merito, con le due sentenze che si conoscono, una della Commissione tri-

butaria regionale per il Lazio del 2010 36 e l’altra della Commissione tributaria provinciale diPalermo del 2011 37, hanno accolto l’orientamento della Cassazione, sfavorevole al contri-buente, secondo il quale la norma si limiterebbe ad un invito all’Amministrazione a non farvalere la prescrizione.

Della prima sentenza si conosce solo la massima e quindi non si è nelle condizioni diesaminare la motivazione.

Così non avviene per la seconda sentenza, di cui si conosce il testo integrale, in cui igiudici hanno espresso una serie di considerazioni a sostegno della loro conclusione.

La Commissione riporta un lungo brano 38 della sentenza della Corte di Cassazione,Sez. tributaria, n. 26453 del 4 novembre 2008, sopra richiamata, precisando erroneamen-te che esso sia ricompreso nella sentenza a Sezioni Unite n. 2687 del 7 febbraio 2007.

La Commissione richiama, quindi, altre due sentenze della Cassazione (n. 14025 del2009 e n. 4786 del 2009) invocate a sostegno della conclusione secondo la quale la normain esame recherebbe un invito agli Uffici a non far valere la prescrizione.

La prima sentenza, che è del 17 giugno 2009, riporta, senza altra aggiunta, il brano dicui sopra 39. La seconda, contrariamente a quanto rileva la Commissione che la richiamacome precedente a sostegno della propria sentenza, si esprime, a giudizio di chi scrive, in

36 Comm. trib. reg. per il Lazio, n. 213 del 13 novembre 2000, in Banca Dati Big, IPSOA.37 Comm. trib. prov. di Palermo - Sez. IX, n. 413 del 31 ottobre 2011, che non risulta pubblicata.3 8 Il brano riportato è il seguente: “in tema di imposte sui redditi, qualora il contribuente abbia eviden-ziato nella dichiarazione un credito d’imposta, non trova applicazione, ai fini del rimborso del relativoimporto, il termine di decadenza previsto dall’art. 38 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, non occor-rendo la presentazione di un’apposita istanza, in quanto l’Amministrazione, resa edotta con la dichiara-zione dei conteggi effettuati dal contribuente, è posta in condizione di conoscere la pretesa creditoria.La relativa azione è pertanto sottoposta all’ordinario termine di prescrizione decennale, sulla cui decor-renza non incide né il limite temporale stabilito per il controllo c.d. formale o cartolare delle dichiarazio-ni e la liquidazione delle somme dovute, ai sensi dell’art. 36-b i s del D.P.R. n. 600 del 1973, né il limitealla proponibilità della relativa eccezione, posto dall’art. 2, comma 58, della legge 24 dicembre 2003, n.350: la prima disposizione è volta ad imporre un obbligo all’Amministrazione finanziaria, senza stabilireun limite all’esercizio dei diritti del contribuente, mentre la seconda contiene un mero “invito” rivolto agliU ffici, non suscettibile di applicazione diretta da parte del giudice”.39 Anche in tale pronuncia si assume che il brano sia inserito nella sentenza della Cassazione a Sezioni Uniten. 2687/2007, mentre in realtà figura nella sentenza n. 26453 del 2008. Nella specie va precisato, per com-pletezza, che il quesito di diritto era il seguente: “se sia legittimo che il giudice non applichi lo ius superve -niens, nella specie la L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 58, sul presupposto che la società ricorrente non neabbia fatto esplicita richiesta all’udienza di discussione”. La Corte, con espressioni non meglio precisate, purammettendo che “in base al principio «iura novit curia» non occorre una specifica richiesta perché il giudiceapplichi una norma di diritto”, si esprime nel senso che la norma non ha come destinatario il giudice mal’Agenzia delle entrate.

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senso favorevole all’obbligo per l’Ufficio di non sollevare l’eccezione di prescrizione. Si rin-via alle considerazioni esposte nel paragrafo precedente.

La Commissione fonda la sua sentenza sulle seguenti argomentazioni:1) la pronuncia delle Sezioni Unite ha portata nomofilattica e quindi le Sezioni sempli-

ci non potrebbero disattenderla, ai sensi dell’art. 374 c.p.c., senza aver rimesso la questio-ne a un nuovo esame delle Sezioni Unite;

2) la norma, in quanto speciale, “non è suscettibile di lettura estensiva”, e nel suosignificato strettamente letterale, “emana soltanto una direttiva (che come tale non può cheessere meramente opzionale) nei riguardi dell’ufficio finanziario e soprattutto non immutaaffatto il regime legale comune in materia di prescrizione”. Una tale conclusione sarebbe“perfettamente in linea con il carattere non automatico della prescrizione (che opera solo inquanto eccepita da chi ne ha titolo), siccome correlato al principio dispositivo che connotala tutela dei diritti”;

3) il legislatore avrebbe potuto e dovuto usare una diversa espressione, ove avessevoluto derogare al principio secondo il quale solo il debitore deve decidere se eccepire omeno la prescrizione del diritto. Sarebbe stato necessario che il legislatore, con appositanorma, eccezionalmente considerasse come imprescrittibile il diritto del creditore;

4) la norma, inserita nella manovra finanziaria dello Stato, risponde ad una esigenzatransitoria di definizione di pendenze, ossia di “controversie e contestazioni in corso relati-ve a periodi in cui può essere ancora discutibile la pretesa a fronte del potere dell’Ufficio diopporre accertamenti”. Non può quindi essere applicato “ad eventuali crediti risalenti adecenni prima per i quali non era sorta questione né tantomeno sollecitato un rimborso”;

5) una diversa interpretazione della norma contrasterebbe con il principio di certezzadei rapporti giuridici: “il tentativo di recuperare un possibile vantaggio pratico, attraverso lalettura retrospettiva di una norma inserita in un contesto invece ben definito, sarebbe allafine una palese smentita di tale cardine ineludibile del sistema”;

6) la inequivoca interpretazione giurisprudenziale della norma comporta la condannadel contribuente alle spese, “non esclusa neppure dalla possibile ambiguità della formula-zione legislativa”.

Le argomentazioni, tranne che per qualche profilo, non sono condivisibili per leseguenti considerazioni:

1) come si è precisato nel paragrafo precedente, le espressioni usate dalle SezioniUnite con riguardo alla norma in esame costituiscono un mero “obiter dictum”: non è avve-nuta alcuna enunciazione di principi di diritto e quindi non è applicabile l’art. 374 c.p.c. intermini di vincolo per le Sezioni semplici della Cassazione;

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2) non si tratta di una direttiva, come tale opzionale. La norma dispone che l’Ufficio“provvede” al rimborso: non è usata la locuzione “può provvedere”. Il verbo al presente,come in tante altre norme, segnala la presenza di un obbligo, non di una facoltà che, sefosse tale, si presterebbe ad un’evidente disparità di trattamento in contrasto con il princi-pio di imparzialità fissato dall’art. 97 della Costituzione.

È vero che nella disciplina ordinaria la prescrizione non opera automaticamente mava rilevata da chi ha interesse, in virtù del principio dispositivo in materia di tutela dei dirittied è altrettanto vero che il legislatore non ha inteso modificare il regime ordinario della pre-scrizione stabilito dal codice civile.

La nuova disposizione non modifica, infatti, le norme civilistiche che, quindi, continua-no a restare in vigore. Ciò non toglie che essa contenga, in presenza di talune fattispecie,ben identificate, il divieto di far valere la prescrizione, come emerge con chiarezza dal datoletterale. Se così non fosse, dovrebbe concludersi nel senso che la norma nulla innova equindi sarebbe “inutiliter data”;

3) di certo il legislatore avrebbe potuto usare altre espressioni, certamente più felici.È compito dell’operatore del diritto procedere, in ogni caso, all’interpretazione della normacosì come essa è stata emanata, secondo corretti criteri ermeneutici. Non è affatto neces-sario considerare imprescrittibile il diritto del contribuente al rimborso, ove si voglia opera-re una deroga, in limitate ipotesi e in via eccezionale, alla norma che attribuisce al debito-re il potere di sollevare l’eccezione di prescrizione.

Il legislatore non ha voluto adottare una tale soluzione, che sarebbe stata comun-que compatibile con l’art. 2934, comma 2, in cui si dispone che non sono soggetti allaprescrizione, oltre ai diritti indisponibili anche “gli altri diritti indicati dalla legge”. Ciò nonlegittima una lettura della norma tale da renderla tamquam non esset nei confronti deicontribuenti interessati;

4) è condivisibile che la norma risponda ad una esigenza transitoria. Se così non fosse,il legislatore non ne avrebbe limitato l’applicazione ai crediti emergenti dalle dichiarazioni pre-sentate sino al 30 giugno 1997. L’ultima dichiarazione rilevante è quindi quella relativa alperiodo d’imposta 1996. Nessun limite la norma pone con riguardo ai crediti emergenti dadichiarazioni precedenti, ancorché risalenti a decenni trascorsi, né esige che, oltre alla richie-sta di rimborso contenuta nelle dichiarazioni, sia stata presentata un’apposita istanza ovveroche, per usare l’espressione della Commissione, sia sorta una “questione”.

Il giudice, chiamato ad applicare la norma, non può restringerne la portata, al di là deldato letterale, così come non può ampliarne l’ambito di applicazione. Sembra invece che laCommissione intenda limitarne la portata alle controversie in corso ed anzi solo a quelle

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relative a periodi d’imposta per i quali sussista ancora il potere dell’Ufficio di emettere avvi-si di accertamento.

Una tale restrizione non trova alcun riscontro nella norma, ove il termine pendenze vainteso non come controversie in corso ma come rapporti, sfociati o meno in una lite, sorticon la presentazione delle dichiarazioni recanti la richiesta di restituzione e non ancora defi-niti 40 per il comportamento dell’Agenzia delle entrate, contrario alla legge, consistente nelmancato rimborso d’ufficio.

5) non si riesce a comprendere perché una interpretazione della norma nel senso deldivieto ex lege per l’Agenzia delle entrate di sollevare l’eccezione di prescrizione contrasticon il principio di certezza dei rapporti giuridici. Un diritto di credito, quale è quello del con-tribuente al rimborso, può essere soddisfatto, secondo la normativa civilistica, anche dopoche sia spirato il termine per la prescrizione, ben potendo il debitore, senza limiti di tempo,procedere al pagamento delle somme, per le quali non è ammessa ripetizione (art. 2940c.c), non sollevare mai l’eccezione ed anche rinunziare alla prescrizione (art. 2937 c.c.).

Il rapporto giuridico può considerarsi in vita, in linea teorica, senza limiti temporali,anche in relazione alla scelta del creditore di giovarsi ripetutamente dell’interruzione dellaprescrizione (art. 2943 c.c.) 41. Ne consegue il perdurare della situazione di incertezza.Quest’ultima, quindi, non può essere sicuramente imputata all’applicazione della norma inesame. Anzi, la ratio della disposizione è proprio quella di assicurare certezza agevolando,attraverso il rimborso, la definizione dei rapporti tra Fisco e contribuenti. Non va dimentica-to che l’esigenza della certezza è stata ignorata proprio dall’Agenzia delle entrate non pro-cedendo al rimborso d’ufficio entro i termini e con le modalità previste dalla legge.

6) l’interpretazione giurisprudenziale della norma in senso sfavorevole al contribuen-te non è inequivoca: ne è un segno sicuro la sentenza della Cassazione, sopra richiamata,

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40 Anche in altre leggi il termine “pendenze” è utilizzato per indicare i rapporti non ancora definiti tra Fisco econtribuente. Si pensi, a titolo esemplificativo, alla rubrica dell’art. 32 della L. 30 dicembre 1991, n. 413, intema di “condono” in cui è usato il termine “pendenze tributarie” per identificare rapporti non ancora definitiagli effetti dell’IRPEF, dell’IRPEG e dell’ILOR, in assenza di controversie in corso. I contribuenti venivanoammessi a presentare dichiarazioni integrative in luogo di quelle omesse o per rettificare in aumento quellegià presentate.Appare corretto ritenere che il significato del termine “pendenze” vada ricercato tenendo conto del contestodella norma in cui è inserito e, più in generale, del contenuto della legge in cui la norma figura. Il contestodella disposizione e il contenuto della legge in cui è inserita consentono di escludere che il legislatore abbiavoluto fare riferimento alle sole controversie pendenti. Non figura infatti alcun richiamo all’esigenza di defini-re le liti in corso per ridurre il contenzioso tributario esistente.41 Il Gazzoni, a proposito della interruzione, rileva che “il rapporto giuridico può essere mantenuto in vitasenza limiti temporali” (Manuale di diritto privato, op. cit., p. 117) e che “la perdita del diritto interviene soloquando il mancato esercizio si sia protratto per l’intero tempo previsto dalla legge, tempo di regola assai lungoe tale da poter dare luogo a situazioni di incertezza circa l’effettiva intenzione del titolare del diritto” (p. 116).

n. 4786 del 27 febbraio 2009. Anzi, la formulazione legislativa consente di pervenire ad unasola lettura, quella che tutela il contribuente che ha fatto affidamento sull’osservanza dellenorme da parte dell’Agenzia delle entrate.

2.1.5. L’ordinanza della Corte Costituzionale 17 dicembre 2008, n. 419La Commissione tributaria provinciale di Milano 42, desumendo correttamente dall’art.

2, comma 58, della L. n. 350/2003 il divieto per l’Amministrazione finanziaria di eccepire laprescrizione del diritto del contribuente al rimborso, ha sollevato questioni di legittimitàcostituzionale della norma, ritenute non manifestamente infondate e rilevanti, per contrastocon gli artt. 3, 97 e 113 della Costituzione.

Il contrasto con l’art. 3 viene assunto dai giudici remittenti sulla base di una serie diargomentazioni, alcune delle quali vengono di seguito riportate:

1) la norma recherebbe una ingiustificata discriminazione a danno dell’Amministrazionefinanziaria alla quale è fatto divieto di esercitare una facoltà difensiva, consistente nel solle-vare la prescrizione, prevista in generale dall’ordinamento processuale;

2) la disposizione favorirebbe irragionevolmente solo i contribuenti che hanno presen-tato le dichiarazioni, recanti le richieste di rimborso, entro il 30 giugno 1997;

3) la norma riguarderebbe tutti i rapporti derivanti dalle dichiarazioni anteriori al 30 giu-gno 1997 senza porre alcun limite iniziale e pertanto irragionevolmente consentirebbe ai con-tribuenti di “riaprire ad libitum rapporti giuridici di crediti anche risalenti al passato remoto”.

Il contrasto con l’art. 97 sarebbe riconducibile al rischio di vere e proprie frodi ai dannidell’Erario, dovuto all’impossibilità per quest’ultimo di effettuare controlli sulla spettanza deirimborsi, in dipendenza dell’avvenuta eliminazione della documentazione cartacea ed infor-matica relativa a remoti anni d’imposta.

L’art. 113, secondo comma, della Costituzione sarebbe stato violato dalla norma per-ché escluderebbe la tutela giurisdizionale dell’Amministrazione finanziaria con riferimentoalle richieste di rimborso delle eccedenze dell’IRPEF e dell’IRPEG risultanti dalle dichiara-zioni dei redditi presentate sino al 30 giugno 1997.

È agevole contrastare l’argomentazione di cui al n. 3, osservando che i crediti del con-tribuente chiesti a rimborso nelle dichiarazioni relative ad anni risalenti, non costituisconorapporti già chiusi, definiti, che l’interessato potrebbe riaprire ad libitum a seguito dell’entra-ta in vigore della nuova norma.

42 Comm. trib. prov. di Milano, ordinanza n. 197 del 23 gennaio 2008, in Banca Dati del Cerdef.21

Come rilevato nella parte finale del paragrafo precedente, l’avvenuto decorso deltempo ai fini della prescrizione non definisce di per sé i rapporti, che pertanto sono “aperti”e tali rimangono fino a quando l’Agenzia delle entrate non provveda all’erogazione dellesomme o venga emessa una sentenza passata in giudicato che neghi l’esistenza del dirit-to al rimborso.

A sostegno della legittimità costituzionale della norma, in contrasto con le altre argo-mentazioni sopra indicate, formulate dai giudici remittenti, si è espressa l’Avvocatura gene-rale dello Stato costituitasi nel giudizio davanti alla Corte Costituzionale.

Le puntuali considerazioni dell’Avvocatura, interamente condivisibili, possono cosìriassumersi:

a) la norma non è irragionevole perché “è diretta ad evitare che la maturata prescri-zione impedisca il soddisfacimento dei crediti dei contribuenti meno litigiosi” che hanno con-fidato nell’Amministrazione finanziaria, crediti ormai incontestabili e definitivi, non soddisfat-ti tempestivamente solo per mancanza di risorse disponibili;

b) la disposizione non viola il principio di uguaglianza perché non comporta una ingiu-stificata disparità di trattamento tra diverse categorie di contribuenti: anzi, è giustificata dal-l’intento di provvedere al rimborso dei crediti più risalenti nel tempo, mentre per quelli emer-genti da dichiarazioni presentate successivamente al 30 giugno 1997 non vi è alcuna ragio-ne di prevedere il divieto di eccepire la prescrizione;

c) non è violato l’art. 97 della Costituzione, perché il rischio di frodi da parte dei con-tribuenti è un inconveniente di mero fatto che non rileva ai fini del giudizio di legittimità costi-tuzionale e soprattutto perché incombe sul contribuente l’onere di provare i fatti costitutividel diritto al rimborso e l’Amministrazione finanziaria ha la possibilità di provare i fatti estin-tivi, diversi dalla prescrizione, o modificativi del credito del contribuente;

d) la norma non contrasta con l’art. 113, secondo comma, della Costituzione perché il“divieto di eccepire la prescrizione del credito del contribuente non menoma la difesa in giu-dizio dell’Amministrazione finanziaria”, tenuto conto della corretta ripartizione degli oneriprobatori tra il Fisco e il contribuente.

Appare evidente che l’Avvocatura dello Stato insiste per il mancato accoglimento delleeccezioni di incostituzionalità sollevate dalla Commissione tributaria provinciale di Milano,muovendo dalla corretta interpretazione della norma secondo la quale sussiste il divieto exlege per l’Agenzia delle entrate di far valere la prescrizione.

La Corte Costituzionale, preso atto, come riconosciuto dallo stesso giudice remit-tente, che la prescrizione non è stata eccepita nel corso del giudiziodall’Amministrazione finanziaria né può essere rilevata d’ufficio, perché ne fa divieto

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l’art. 2938 c.c., dichiara le questioni di costituzionalità manifestamente inammissibiliper difetto di rilevanza.

La Corte, pertanto, non si è pronunciata sulla fondatezza o meno delle questioni equindi nessuna argomentazione può trarsi dall’ordinanza ai fini dell’interpretazione dellanorma, mentre utilissimi spunti possono ricavarsi dall’atto di costituzione in giudiziodell’Avvocatura dello Stato.

2.2. In materia di addizionale comunale all’imposta sul reddito delle persone fisicheL’art. 13, comma 16 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito nella legge 22 dicem-

bre 2011, n. 214, recante disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento deiconti pubblici, dispone che “l’Agenzia delle entrate provvede all’erogazione dei rimborsodell’addizionale comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche già richiesti condichiarazioni o con istanze presentate entro la data di entrata in vigore del presente decre-to, senza far valere l’eventuale prescrizione decennale del diritto dei contribuenti”.

Il legislatore, a differenza di quanto avviene in seno all’art. 2, comma 58, della L. n.350/2003, che è stato oggetto di esame nel precedente paragrafo, non fornisce alcuna “giu-stificazione” della norma 43.

Per cogliere la “ratio” della norma occorre fare riferimento ai principi generali dell’ordi-namento tributario, contenuti nella Costituzione e specificati nello Statuto dei diritti del con-tribuente, nonché al tempo in cui la disposizione è stata introdotta.

Il mancato rimborso di tributi, ove spettante, costituisce aperta violazione del principiodi capacità contributiva, comportando nella realtà, un prelievo superiore al dovuto.

Sotto altro profilo, il mancato rimborso viola il principio dell’affidamento e della buonafede che dovrebbe contrassegnare i rapporti tra contribuente e Amministrazione finanziariaai sensi dell’art. 10, comma 1, dello Statuto, principio che trae origine dall’art. 97 dellaCostituzione che impone il buon andamento della pubblica amministrazione 44.

Una norma come quella in esame, che miri a favorire i rimborsi, è pienamente coeren-te con i citati principi dell’ordinamento tributario.

Appare utile richiamare l’art. 1 del D.Lgs. 28 settembre 1998, n. 360, istitutivo del-l’addizionale comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche a decorrere dal 1°gennaio 1999. Il comma 8, secondo periodo di tale articolo, dispone che al rimborso si

43 La scelta è apprezzabile, atteso che spesso l’indicazione delle finalità all’interno della stessa norma, comesi è già avuto modo di precisare, ne rende più complessa e incerta l’interpretazione.44 È agevole osservare che, nei casi di rimborso regolarmente richiesto e spettante, la mancata restituzionedelle somme costituisce violazione del principio del buon andamento.

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provvede con le modalità stabilite con decreto del Ministro delle finanze, di concerto conil Ministro dell’interno, sentita la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali di cui alD.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281.

Tale decreto, destinato a regolare le modalità dei rimborsi, non è mai stato emanato,con la conseguenza che non si è mai provveduto alla restituzione delle somme.

Il mancato rimborso non è imputabile, nella specie, all’inerzia dei Comuni che, ai sensidel citato art. 1, comma 8, del D.Lgs. n.360/1998 avrebbero dovuto procedere all’erogazio-ne delle somme, bensì alla mancanza del regolamento destinato a stabilire le modalità,imputabile ai Ministri interessati, nonché alle carenze della citata norma nella parte in cuinon ha indicato un preciso termine entro il quale i Ministri avrebbero dovuto provvedere 45.

La norma in commento, sollecitando i rimborsi, esprime l’esigenza di ricreare un rap-porto di fiducia tra Fisco e contribuente. La ratio della disposizione è precisata con chiarez-za nella Relazione illustrativa del Governo 46 al D.L. n. 201/2011 ai fini della conversione inlegge: il rispetto dei principi di affidamento e di buona fede impedisce che un diritto del con-tribuente possa non essere soddisfatto per fatti imputabili alla Pubblica Amministrazione.

L’opportunità dell’intervento normativo in seno all’art. 13 del D.L. n. 201/2011 è datadalla circostanza che nello stesso decreto e nel medesimo articolo viene prevista l’anticipa-zione sperimentale, a decorrere dall’anno 2012, dell’imposta municipale propria. Tale tribu-to, che ha come presupposto il possesso di immobili e grava sui titolari del diritto di pro-prietà o di altro diritto reale, ad esclusione delle servitù, sostituisce, ai sensi dell’art. 8 delD.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23 47, oltre all’imposta comunale sugli immobili, anche l’impostasul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali, limitatamente alle somme dovutein relazione ai redditi fondiari dei beni non locati.

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45 Né può sostenersi che i Comuni avrebbero potuto provvedere anche in assenza del citato decreto, appli-cando le disposizioni previste per l’imposta sul reddito delle persone fisiche. Tali disposizioni, per espressaprevisione normativa, contenuta nell’ultimo periodo del richiamato art. 1, comma 8, del D.Lgs. n. 360/1998,trovano applicazione soltanto “per quanto non disciplinato” dal decreto legislativo istitutivo dell’addizionale.Essendo la materia del rimborso disciplinata, sia pure con un rinvio a un successivo decreto interministeria-le, i Comuni non potevano provvedere al rimborso applicando le norme in materia di imposta sul reddito dellepersone fisiche.46 Le espressioni usate nella Relazione illustrativa sono le seguenti: “La deroga all’ordinaria prescrizionedecennale del diritto dei contribuenti all’erogazione dei rimborsi è dettata dalla circostanza che, essendo tra-scorso ormai un notevole lasso di tempo dal momento in cui avrebbe dovuto essere emanato il decreto pre-visto dall’articolo 1, comma 8, del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, non sembra coerente con iprincipi di affidamento e di buona fede denegare un diritto del contribuente per fatti imputabili ad un ritardodella pubblica amministrazione nell’emanazione del provvedimento”.Più che una deroga all’ordinaria prescrizione decennale di cui agli artt. 2934 e 2946 c.c., appare preferibileconfigurare la norma in termini di eccezione alla regola secondo la quale il potere di sollevare l’eccezionespetta al debitore, desumibile, a contraris, dagli artt. 2938 e 2939 c.c.. 47 È il decreto recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale.

La diversa disciplina dei tributi locali, in esecuzione della legge 5 maggio 2009, n. 42,recante la delega in materia di federalismo fiscale, ha indotto il legislatore a introdurre unmeccanismo tale, come si dirà appresso, da favorire i rimborsi dell’addizionale comunaleall’IRPEF, nell’ottica della definizione dei rapporti relativi ad un prelievo aggiuntivo destina-to ad essere in futuro diversamente regolamentato.

L’ambito di applicazione della norma in esame è circoscritto al rimborso della solaaddizionale comunale all’IRPEF richiesto dal contribuente, che, ovviamente, non potrà cheessere una persona fisica 48.

Per addizionale comunale è da intendere l’addizionale, nella sua interezza, istituita afar data dal 1° gennaio 1999 dall’art. 1 del D.Lgs. 28 settembre 1998, n. 360, ancorché siastata poi denominata “addizionale provinciale e comunale” 49. Si tratta, infatti, di un unicoprelievo, calcolato applicando un’unica aliquota, i cui dati sono indicati unitariamente nelladichiarazione 50. È da escludere, pertanto, che si possa sostenere che la norma in esamedebba essere applicata solo per la parte destinata al Comune e non per quella destinataalla Provincia 51.

La somma da rimborsare è, di norma, pari alla differenza, a favore del contribuente,tra gli importi dovuti per tale prelievo con riferimento a ciascun periodo d’imposta e l’am-montare complessivo dei versamenti eseguiti a titolo di acconto e delle ritenute alla fontesubite allo stesso titolo.

I periodi di imposta interessati sono quelli che vanno dal 1999, anno di prima applica-zione dell’addizionale, al 2010, anno al quale si riferisce l’ultima dichiarazione presentataentro il 6 dicembre 2011, data di entrata in vigore del D.L. n. 201/2011. Ne consegue cheove successivamente a tale data siano state presentate dichiarazioni modificative o integra-tive, di esse non può tenersi conto ai fini dell’applicazione della norma in esame.

Si richiede che il contribuente abbia presentato entro il 6 dicembre 2011 la dichiara-zione recante la richiesta di rimborso ovvero un’apposita istanza.

48 Trattandosi di una norma speciale, di natura agevolativa, non può essere applicata in caso di rimborsi rela-tivi ad altri prelievi. Ne consegue che la disposizione non può essere applicata per i rimborsi dell’addizionaleregionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche.49 A far data dal 18 maggio 1999, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 12, comma 1, lettera a) della legge13 maggio 1999, n. 133, l’originaria addizionale comunale è divenuta addizionale provinciale e comunale el’art. 1 del D.Lgs. 28 settembre 1998, n. 360, nella stesura in atto vigente, mantiene tale dizione.50 Se si esamina la modulistica con le relative istruzioni è agevole rilevare che si utilizza sempre la locuzio-ne “addizionale comunale all’IRPEF”. Non è mai usato il termine “provinciale”.51 In seno all’art. 1 del D.Lgs. 28 settembre 1998, n. 360, continuano a figurare norme che prevedono la ripar-tizione del gettito tra Comuni e Province. Tale ripartizione, tuttavia, che interviene successivamente al prelie-vo ad opera del Ministero dell’Interno, non fa venir meno l’unitarietà del tributo nei rapporti tra soggetto attivoe soggetto passivo.

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Con riguardo alla prima ipotesi, la norma è applicabile se il contribuente ha fattoespressa richiesta di rimborso in seno alla dichiarazione dei redditi. Tuttavia, ove non l’aves-se fatta, la norma in esame sarà comunque applicabile ove abbia presentato un’appositaistanza di rimborso, sempre che, ovviamente, non abbia optato in seno alla dichiarazione peril computo in diminuzione dell’addizionale dovuta per il periodo d’imposta successivo.

Con riguardo alla seconda ipotesi, va rilevato che è sufficiente la presentazione di un’i-stanza di rimborso in forma libera, di cui la norma non fissa i requisiti.

È ipotizzabile che l’istanza riproponga la richiesta di rimborso già contenuta nella dichia-razione. Ma può anche avvenire che sia stata presentata un’istanza di rimborso, in dipenden-za di un versamento non dovuto, di cui non vi è traccia nella dichiarazione dei redditi.

Essendo previsti, alternativamente, due distinti adempimenti, uno solo dei quali è suf-ficiente per ottenere il rimborso (la richiesta in seno alla dichiarazione ovvero un’istanza aparte), la norma in commento è suscettibile di trovare applicazione sia per le restituzioninon da indebito che per quelle da indebito 52.

L’alternatività fra le due ipotesi fa sì che la norma è applicabile, ancorché il contribuen-te dopo aver richiesto il rimborso in seno alla dichiarazione, non abbia posto in essere alcunatto di sollecitazione come, ad esempio, l’istanza di rimborso ai sensi dell’art. 21, comma 2,del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 o altro atto avente la funzione di reiterare la pretesa.

La norma in esame dispone che “l’Agenzia delle entrate 5 3 provvede all’erogazione dei rim-borsi”. Il verbo al presente segnala la presenza di un obbligo, non di una facoltà né di un potere 5 4.

L’espressione finale della norma è identica a quella contenuta nell’art. 2, comma 58,della L. n. 350/2003: “senza far valere l’eventuale prescrizione decennale del diritto dei con-tribuenti”. L’unica differenza, per nulla significativa, è data dalla presenza della locuzione“decennale” che non figura nella norma del 2003 55.

3. Notazioni conclusiveLe norme esaminate nei paragrafi precedenti, correttamente interpretate, consentono di

evitare che il contribuente subisca il danno consistente nel mancato rimborso a causa di vio-

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52 Si rinvia sul punto alle considerazioni svolte nel paragrafo 2.1.1.53 È una deroga all’art. 1, comma 8, del D.Lgs. 28 settembre 1998, n. 360, in cui è previsto che è compitodei Comuni, e non dell’Agenzia delle entrate, provvedere al rimborso. Tale norma è tuttora in vigore ed è desti-nata a trovare applicazione in futuro, al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 13, comma 16, del D.L. 6 dicem-bre 2011, n. 201, allorquando verrà emanato il decreto del Ministro delle Finanze, di concerto con il Ministrodell’Interno, recante le modalità da seguire per il rimborso.54 Trattandosi di un’espressione simile a quella contenuta nell’art. 2, comma 58, della L. n. 350/2003, si rin-via alle considerazioni svolte nel paragrafo 2.1.1.55 Si rinvia alle considerazioni svolte nel paragrafo 2.1.2.

lazioni di legge da parte della Pubblica Amministrazione. Il comportamento illegittimo di que-st’ultima, nel caso dell’art. 2, comma 58, della legge n. 350/2003, è costituito dal mancato rim-borso d’ufficio delle imposte sui redditi in violazione dell’art. 41, comma 2, del D.P.R. 29 set-tembre 1973, n. 602 e, nel caso dell’art. 13, comma 16, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, dallamancata emanazione del decreto interministeriale recante le modalità da seguire per il rim-borso dell’addizionale comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche.

Se la Pubblica Amministrazione non rispetta le leggi e il legislatore o essa stessa nonprovvedono a intervenire per sanare le conseguenze, resterà sempre meno ascoltato l’ap-pello ai contribuenti a non sottrarsi al prelievo fiscale. La piena osservanza delle leggi tribu-tarie da parte di questi ultimi è strettamente legata al rispetto da parte della PubblicaAmministrazione delle leggi che attribuiscono diritti ai contribuenti.

Le disposizioni esaminate sono norme di civiltà, volte a riequilibrare la posizione delcontribuente rispetto a quella dell’Amministrazione finanziaria, in osservanza dei principigenerali dell’ordinamento tributario contenuti nella Costituzione e recepiti nello Statuto deidiritti del contribuente.

Il principio di riserva di legge, di cui all’art. 23 della Costituzione, non opera sol-tanto in sede di disciplina del tributo a carico del soggetto passivo, ma anche conriguardo ai diritti del contribuente, tra i quali figura quello al rimborso. Il meccanismo diapplicazione delle imposte, resosi nel tempo sempre più complesso, caratterizzato dal-l’anticipazione del prelievo rispetto al tempo di realizzazione del presupposto del tribu-to, incrementa i casi in cui il contribuente ricopre la posizione creditoria anziché quellad e b i t o r i a .

Non è sostenibile che in tali casi il rapporto giuridico possa considerarsi svincolatodalla legge e rimesso all’arbitrio dell’Amministrazione finanziaria.

Così avverrebbe se le norme esaminate venissero interpretate nel senso che il legi-slatore avrebbe semplicemente rivolto all’Amministrazione finanziaria l’invito a non far vale-re la prescrizione del diritto al rimborso, senza imporre un preciso divieto.

Le conseguenze di tale erronea lettura delle norme comporterebbero la violazione delprincipio di capacità contributiva, sancito dall’art. 53 della Costituzione: il contribuenterischierebbe di subire di fatto, in dipendenza del mancato rimborso, un prelievo superioreal dovuto e ciò, non in osservanza di una legge iniqua, ma in dipendenza di una violazionedi legge commessa dalla Pubblica Amministrazione.

Le norme esaminate, se correttamente interpretate, sono da condividere perché siinseriscono tra quelle che favoriscono il buon andamento e l’imparzialità della PubblicaAmministrazione.

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Il rimborso dei crediti a tutti i contribuenti ai quali spettano concorre ad accreditare l’im-magine 56, di una Amministrazione finanziaria che, nel concreto operare, rispetta i principicontenuti nell’art. 97 della Costituzione.

L’affidamento del contribuente nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, espres-samente tutelato dall’art. 10 dello Statuto dei diritti del contribuente, è un valore irrinuncia-bile. Non può essere penalizzato il comportamento del contribuente, che, confidando nellaPubblica Amministrazione, non abbia reiterato la richiesta di rimborso né adito il giudice perottenere il soddisfacimento dei propri crediti.

All’interesse pubblico a non ridurre la quantità delle entrate disponibili, che può esse-re invocato a sostegno dell’obbligo per l’Amministrazione finanziaria, secondo la disciplinaordinaria, di sollevare l’eccezione di prescrizione, si sostituisce l’interesse pubblico all’affi-damento del contribuente nei confronti dell’Agenzia delle entrate che giustifica, nei casi pre-visti dalle nuove norme, il divieto di far valere la prescrizione. È una delle tante conseguen-ze positive dello Statuto dei diritti del contribuente.

Una lettura pro-Fisco delle norme esaminate, totalmente disancorata dalla ratio e daldato letterale, lungi dal favorire l’Amministrazione finanziaria, la danneggia, perché incrina ilrapporto di fiducia tra Fisco e contribuente e rischia di rendere meno riprovevole l’evasione.

Il contribuente, in virtù delle disposizioni esaminate, correttamente interpretate, trae ilvantaggio di ottenere il rimborso, evitando le conseguenze dannose riconducibili alla viola-zione di norme da parte della Pubblica Amministrazione e alla propria inerzia dipendentedall’affidamento nell’operato di quest’ultima.

È la stessa logica della disposizione, contenuta nel 3° comma dello stesso art. 10 delloStatuto, che prevede il vantaggio per il contribuente di non essere sottoposto a sanzioni

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56 Autorevole dottrina civilistica spiega la “ratio” della scelta del debitore di non far valere la prescrizione: “...il servirsi della prescrizione estintiva non sempre può risultare conforme all’etica: in certi casi la prescrizionepuò apparire, dal punto di vista morale, un impium remedium” (TORRENTE-SCHLESINGER, Manuale diDiritto privato, op. cit., p. 213).Il Vitucci (Prescrizione (diritto civile), op. cit., p. 4), dopo avere rilevato che “eccepire la prescrizione significarispetto al singolo episodio far valere il diritto alla liberazione e cioè respingere nel caso concreto la pretesadel creditore”, osserva che “un apprezzamento diverso e più lungimirante del proprio interesse può indurre ilconvenuto a non esercitare il diritto alla liberazione, convergendo verso tale scelta motivi di elevata ispirazio-ne etica, l’orgoglio di non trincerarsi dietro al tempo che l’attore ha lasciato trascorrere, al calcolo contingen-te del discredito cui l’aver opposto la prescrizione potrebbe dar luogo, in altri rapporti con la controparte o nellacomune cerchia di affari”.L’esigenza di tutelare la propria immagine caratterizzata da correttezza, e l’opportunità di evitare il discreditonei confronti dei contribuenti con i quali è destinata ad intrattenere ulteriori rapporti, dovrebbero indurrel’Amministrazione finanziaria ad applicare senza indugio le nuove norme.Allo stesso modo, il contribuente potrebbe trovare opportuno non far valere la prescrizione e provvedere alpagamento del debito affinché il suo comportamento possa essere preso in considerazione ai fini della deter-minazione della sanzione pecuniaria da irrogare in dipendenza di violazioni commesse successivamente(COPPA, La prescrizione del credito tributario, op. cit., p. 124).

quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza, attibuibile di certo al legi-slatore, sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria.

Si esprime l’auspicio che, sia i giudici di merito che la Corte di Cassazione 5 7 p o s-sano interpretare le norme esaminate nel senso che esse, di natura speciale e agevo-lative per il contribuente, contengono, non un invito o una direttiva, ma un preciso divie-to per l’Agenzia delle entrate di far valere la prescrizione del diritto del contribuente alrimborso, in deroga alla disciplina ordinaria 5 8. Un tale orientamento trova sostegno,oltre che nella sentenza della stessa Corte di Cassazione n. 4786 del 27 febbraio 2009e nelle chiare argomentazioni dell’Avvocatura dello Stato espresse nel giudizio davan-ti alla Corte Costituzionale, di cui si è trattato, anche nella Relazione illustrativa delGoverno al D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 5 9.

57 Non sono di ostacolo le sentenze di segno contrario della Corte di Cassazione. È sempre successo che sipossano manifestare contrasti tra le sentenze della stessa Corte: è il segno del costante, apprezzabile sfor-zo dei giudici di legittimità volto alla corretta interpretazione e applicazione delle norme. Talvolta è merito dellaCommissioni tributarie che, pronunciandosi successivamente alla sentenza della Corte, si discostano da que-st’ultima e avviano un nuovo processo di riflessione.58 Tale deroga, ad opera del legislatore, è certamente compatibile con l’art. 2936 c.c., che si limita a far vale-re il divieto per le parti di modificare la disciplina legale della prescrizione.59 Si rinvia alla nota 45. Non va dimenticato, peraltro, che un’attenta lettura della Risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 54 del 3maggio 2005, richiamata nella nota 27, in risposta a quesiti in tema di interpretazione dell’art. 2, comma 58,della legge 24 dicembre 2003, n. 350, consente di ritenere che la stessa Amministrazione finanziaria aderi-sce alla lettura favorevole al contribuente.

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