Le ipotesi di riforma del bicameralismo “perfetto” alla luce di un...

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Sommario: 1. Le “Camere Alte”. Un quadro comparativo - 1.1. Il Belgio - 1.2. La Spagna - 1.3. Il Bundesrat della Germania federale - 1.4. Sistema tedesco e sistema italia - no a confronto - 2. Ipotesi di riforma del bicameralismo perfetto. Premessa - 2.1. Il proget - to di revisione della XIV legislatura - 2.1.1. In particolare: la composizione del Senato fede - rale - 2.2. Il modello di Camera territoriale disegnato dall’opposizione: la c.d. bozza Amato - 2.3. La c.d. bozza Violante - 3. Conclusioni 1. Le “Camere Alte”. Un quadro comparativo Attualmente tredici su ventisette Paesi dell’Unione Europea sono retti da un sistema bicamerale. Si tratta di Austria, Belgio, Francia, Germania, Gran Bretagna, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovenia e Spagna. I restanti Bulgaria, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta, Portogallo, Slovacchia, Svezia e Ungheria presentano, invece, un Parlamento monocamerale. Il Lussemburgo, con il suo Conseil d’Etat che affianca la Camera dei deputati nella stesura della legislazione, crea una categoria a se stante. Su scala più ampia, a livello mondiale, si nota una netta prevalenza dei sistemi con una sola Camera. Il bicameralismo, infatti, si riscontra solo in Paesi nei quali il tasso di industrializzazione è più elevato ovvero in cui la popolazione è particolarmente numerosa (ad eccezione di Cina e Israele). Al contrario, la prevalenza del modello monocamerale si spiega con la sua diffusione in un gran numero di paesi non federali nei grandi continenti africano ed asiatico. Una completa e analitica ricerca sul bicameralismo europeo condotta nel 1987 ha 1 rilevato l’inesistenza di un modello unico di quella che viene definita “seconda Camera” che, al contrario della “prima”, non presenta affatto caratteri di omogeneità nei vari sistemi e apparirebbe destinata all’estinzione. Ed infatti, allorquando il comportamento della Camera Alta si concretizzasse nell’ostacolare e contrastare le deliberazioni della Camera rappre- sentativa, si aprirebbe un conflitto che, inevitabilmente, porterebbe alla soppressione della Le ipotesi di riforma del bicameralismo “perfetto” alla luce di un’analisi comparata Lavinia Garlisi Dottore in Giurisprudenza, Università degli studi di Palermo 1 J. MASTIAS, J. GRAGNE, Le secondes chambres du parlement en Europe occidentale, Parigi, 1987. 1

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Sommario: 1. Le “Camere Alte”. Un quadro comparativo - 1.1. Il Belgio - 1.2. La

Spagna - 1.3. Il Bundesrat della Germania federale - 1.4. Sistema tedesco e sistema italia -

no a confronto - 2. Ipotesi di riforma del bicameralismo perfetto. Premessa - 2.1. Il proget -

to di revisione della XIV legislatura - 2.1.1. In particolare: la composizione del Senato fede -

rale - 2.2. Il modello di Camera territoriale disegnato dall’opposizione: la c.d. bozza Amato

- 2.3. La c.d. bozza Violante - 3. Conclusioni

1. Le “Camere Alte”. Un quadro comparativo

Attualmente tredici su ventisette Paesi dell’Unione Europea sono retti da un sistema

bicamerale. Si tratta di Austria, Belgio, Francia, Germania, Gran Bretagna, Irlanda, Italia,

Paesi Bassi, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovenia e Spagna. I restanti Bulgaria,

Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta, Portogallo,

Slovacchia, Svezia e Ungheria presentano, invece, un Parlamento monocamerale. Il

Lussemburgo, con il suo Conseil d’Etat che affianca la Camera dei deputati nella stesura

della legislazione, crea una categoria a se stante.

Su scala più ampia, a livello mondiale, si nota una netta prevalenza dei sistemi con

una sola Camera. Il bicameralismo, infatti, si riscontra solo in Paesi nei quali il tasso di

industrializzazione è più elevato ovvero in cui la popolazione è particolarmente numerosa

(ad eccezione di Cina e Israele). Al contrario, la prevalenza del modello monocamerale si

spiega con la sua diffusione in un gran numero di paesi non federali nei grandi continenti

africano ed asiatico.

Una completa e analitica ricerca sul bicameralismo europeo condotta nel 1987 ha 1

rilevato l’inesistenza di un modello unico di quella che viene definita “seconda Camera” che,

al contrario della “prima”, non presenta affatto caratteri di omogeneità nei vari sistemi e

apparirebbe destinata all’estinzione. Ed infatti, allorquando il comportamento della Camera

Alta si concretizzasse nell’ostacolare e contrastare le deliberazioni della Camera rappre-

sentativa, si aprirebbe un conflitto che, inevitabilmente, porterebbe alla soppressione della

Le ipotesi di riforma del bicameralismo “perfetto” alla luce diun’analisi comparata

Lavinia GarlisiDottore in Giurisprudenza, Università degli studi di Palermo

1 J. MASTIAS, J. GRAGNE, Le secondes chambres du parlement en Europe occidentale, Parigi, 1987.

1

prima; se, al contrario, l’atteggiamento consistesse nell’omogeneizzarsi e nel ridurre il più

possibile i profili di scontro, il rischio sarebbe quello della scomparsa per inutilità.

Storicamente, invece, l’esito è stato ben diverso, in quanto il ruolo delle Camere Alte

si è persino consolidato, in particolare in forza di due elementi, ovvero il raccordo con il

sistema delle autonomie e la funzione di garanzia nel procedimento legislativo.

Per ciò che concerne il primo aspetto, dunque, tutte le Camere Alte presentano un

legame con gli interessi territoriali 2. Le scelte relative ai sistemi elettivi, tuttavia, non

sono omogenee.

Circa la funzione di garanzia, è stato detto che “il bicameralismo starebbe alla legge

come il doppio grado di giudizio sta alla sentenza” 3, ovvero sarebbe un meccanismo, non

sempre attivato, ma utile se si tratta di apportare modifiche necessarie. La lontananza dal

Governo, propria della Camera Alta, le conferisce l’indispensabile oggettività che deve pre-

siedere all’esercizio di ogni funzione di garanzia. Da questo punto di vista, come già visto,

il Senato italiano rappresenta un unicum nel panorama delle Camere Alte.

Un modello innovativo - che è stato utilizzato recentemente nella riforma costituzio-

nale belga - è quello della ripartizione della legislazione tra materie monocamerali, bica-

merali ed eventualmente bicamerali. In realtà, non sono molte le materie affidate esclusi-

vamente alla Camera Bassa, in quanto prevalgono quelle in cui l’intervento dell’altra

Camera è previsto, ma eventuale.

É difficile definire in modo univoco l’attuale ruolo delle Camere Alte nei sistemi di demo-

crazia maturi. Sicuramente il Senato americano riveste un’importanza spiccata all’interno del

suo sistema politico, al contrario della House of Lords il cui peso è indubbiamente minore e

addirittura marginale 4.

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2 Le ragioni che hanno determinato un “ritorno al territorio” sono diverse. La prima va rinvenuta nel riasse-starsi delle strutture statali imposto da fenomeni quali la globalizzazione e l’integrazione comunitaria che, trai loro effetti indiretti, hanno risvegliato il senso delle identità e peculiarità culturali delle “piccole patrie”. P.HABERLE, Federalismo, regionalismo e piccoli Stati in Europa, in G. ZAGREBELSKY, (a cura di), Il federali -smo e la democrazia europea, Roma, 1994, 74, citato da I. RUGGIU, Contro la Camera delle regioni: istitu -zione e prassi della rappresentanza territoriale, Napoli, 2006, 48, nota 116. Una seconda ragione che ha alte-rato i tradizionali assetti rappresentativi è la riemersione del concetto di “comunità territoriale”, che aveva fattolargo a quello, nuovo, di “società”, secondo la celebre dicotomia coniata da Tönnies per il quale la comunitàera un’entità chiusa, identificabile sulla base di elementi etnici, culturali e territoriali, mentre la società eraun’entità aperta, caratterizzata da criteri più flessibili per determinare l’appartenenza. F. TÖNNIES, Comunitàe società (1887), Milano, 1963. La terza, fondamentale ragione che spiega il ritorno della rappresentanza ter-ritoriale è la crisi della democrazia dei partiti e questo, nel caso italiano, è particolarmente evidente.3 F. MARCELLI (a cura di), Le Camere Alte: un quadro comparativo, in F. MARCELLI (a cura di), Le CamereAlte: aspetti del bicameralismo nei paesi dell’Unione Europea e negli Stati Uniti d’America, Senato, ServizioStudi, Roma, 1997, 20.4 F. MARCELLI (a cura di), op. cit., in F. MARCELLI (a cura di), op. cit., 23.

1.1. Il Belgio

La Costituzione belga configura il Belgio come una monarchia parlamentare, in cui il

potere legislativo viene esercitato collegialmente dal Parlamento bicamerale e dal Re.

Il Belgio è uno Stato federale composto da Comunità e da Regioni che godono di auto-

nomia organizzativa e finanziaria 5. Le Comunità sono la Comunità francese, la Comunità

fiamminga e la Comunità tedesca. Dal punto di vista istituzionale, l’art. 3 della Costituzione

dispone che le Regioni sono la Regione vallona, la Regione fiamminga e la Regione di

Bruxelles. Le Regioni linguistiche, invece, sono la Regione di lingua francese, la Regione

di lingua olandese, la Regione bilingue di Bruxelles Capitale e la Regione di lingua tedesca.

Il federalismo belga, dunque, si caratterizza per l’asimmetria 6. Da un punto di vista

territoriale, infatti, le Comunità non coincidono con le Regioni. Comunità e Regioni, inoltre,

non sono dotate di una propria Costituzione, trovando la regolamentazione circa la compo-

sizione e il funzionamento delle loro istituzioni all’interno della Costituzione e di leggi attua-

tive di questa. Tuttavia, viene loro lasciata un’autonomia “organizzativa”, intendendo con ciò

il potere di stabilire e modificare vari aspetti relativi all’organizzazione e al funzionamento.

L’art. 115 della Costituzione belga prevede che ciascuna Comunità e ciascuna

Regione siano dotate di una propria Assemblea legislativa, denominata Parlamento - e non

più Consiglio - in seguito alla riforma costituzionale del 25 febbraio 2005. Tali Assemblee

sono composte da una sola camera e sono elette dal popolo su base regionale per un man-

dato di cinque anni, senza possibilità di scioglimento anticipato.

I Parlamenti delle Comunità e delle Regioni esercitano, nelle materie di propria com-

petenza, la funzione legislativa mediante l’emanazione di decreti aventi la stessa forza di

legge della legge federale 7.

I Parlamenti regionali e comunitari esercitano un’attività di controllo nei confronti dei

propri esecutivi, sia attraverso l’elezione a maggioranza assoluta dei membri del proprio

Governo, sia attraverso l’adozione di una mozione di sfiducia costruttiva.

Per quanto riguarda il Senato belga, esso è composto da settantuno membri, di cui

solo ventuno sono eletti dai Parlamenti delle Comunità tra i propri deputati. I restanti cin-

quanta sono scelti in modo variegato (elezione diretta del popolo, nomina da parte di

deputati) 8. Ai settantuno membri deve aggiungersi la categoria dei c.d. senatori di dirit-

5 Art. 1 Cost. “Il Belgio è uno Stato federale composto da comunità e da regioni”.6 A. RINELLA, C. BARBERA, Le assemblee legislative territoriali negli ordinamenti federali, Padova, 2008,120.7 “Tutte le competenze delle entità federate sono concepite come esclusive, pertanto, non esiste in Belgio unaprevalenza del diritto federale su quello regionale o comunitario”, A. RINELLA, C. BARBERA, op. cit., 127.8 L. BORSI (a cura di), Belgio, in F. MARCELLI (a cura di), op. cit., 53.

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to, ossia i figli del Re o, in loro mancanza, i discendenti belgi della famiglia reale che

abbiano compiuto il diciottesimo anno d’età.

A causa della predetta composizione, il Senato belga non riesce a svolgere la propria

funzione di Camera rappresentativa delle entità federate: dei settantuno membri di cui è

composto, infatti, solo ventuno rappresentano le Comunità. Le Regioni, invece, non hanno

alcun rappresentante. La riforma costituzionale del 1993, infatti, nonostante sia stata pre-

ceduta da riflessioni in ordine ad una specializzazione per materie delle due Camere, non

ha prodotto alcuna innovazione rilevante da questo punto di vista 9. Il superamento del bica-

meralismo paritario è stato limitato all’assegnazione alla Camera dei deputati di una com-

petenza di principio in materia di legislazione, di bilancio e di controllo politico, mentre il

Senato è stato confinato al ruolo di “Camera di riflessione”; pur conservando alcune prero-

gative tradizionali 10, infatti, non ne è più richiesto il concorso in ogni circostanza di produ-

zione della legge, ma solo per la revisione costituzionale, per l’elaborazione di leggi specia-

li e di alcune leggi ordinarie.

1.2. La Spagna

La Spagna è una monarchia parlamentare dotata di un Parlamento bicamerale articola-

to in Congresso dei deputati e Senato. Nel disegno del costituente, il bicameralismo discen-

de dal riconoscimento costituzionale del diritto all’autonomia delle diverse nazionalità che for-

mano la Spagna e, dunque, dalla scelta di qualificare il Senato come Camera di rappresen-

tanza territoriale. Tuttavia, tali intenzioni non hanno trovato adeguata realizzazione ed il

Senato si è configurato semplicemente come “Camera di riflessione” o “di seconda lettura”.

Il bicameralismo spagnolo è, quindi, imperfetto, ossia asimmetrico e diseguale.

Asimmetrico perché vi sono competenze attribuite ad una sola delle Camere; diseguale poi-

ché dalle norme costituzionali si evince una generale preminenza del Congresso sul Senato,

sia nel procedimento di formazione del Governo, sia nel procedimento legislativo 11.

Una posizione paritaria è assicurata al Senato nel caso di approvazione di progetti di

riforma costituzionale di grande rilievo, di ricorso di incostituzionalità dinanzi al Tribunale costi-

tuzionale, di ratifica degli Statuti delle autonomie già approvati dalle Province; mentre in altri

casi, come l’approvazione di altre riforme costituzionali, l’autorizzazione alla firma di trattati

internazionali ed in alcune materie concernenti le Comunità autonome, la netta prevalenza del

Congresso viene attenuata, emergendo un ruolo maggiormente significativo del Senato.

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9 F. DELPÉRÉE (a cura di), L’ordinamento federale belga, Torino, 1996, 198.10 Quali la verifica dei poteri dei suoi membri, l’adozione del proprio regolamento, la rimozione dell’immunitàdei suoi membri, la disposizione del potere d’inchiesta. Vedi F. DELPÉRÉE, op. cit., 203.11 V. GIAMMUSSO (a cura di), Spagna, in F. MARCELLI (a cura di), op. cit., 159.

Il dibattito sulla riforma del Senato spagnolo è incentrato sull’opportunità - ormai

avvertita dalla generalità delle forze politiche e della dottrina come necessità - di incremen-

tare il carattere territoriale del Senato stesso, in considerazione del processo “autonomico”

avviato nel 1978.

A tale proposito, va ricordato che la Costituzione spagnola, a differenza di altre

Costituzioni europee, non ha predeterminato una forma di Stato (federale, regionale),

lasciando alla volontà delle popolazioni interessate la facoltà di costituirsi o meno in

Comunità autonome 12. Di fatto, dopo l’adozione degli Statuti delle c.d. Comunità Storiche

(Paesi Baschi, Catalogna, Galizia) nei primi anni successivi all’entrata in vigore della

Costituzione, anche tutte le restanti Regioni spagnole si sono rapidamente dotate di Statuti

di autonomia, cosicché la Spagna ha assunto, di fatto, una struttura regionale.

La Costituzione spagnola ha distinto due tipi di Comunità autonome, a seconda del

procedimento seguito per approvarne lo Statuto: quelle costituitesi con la procedura

aggravata ex art. 151 Cost. - che potevano accedere al massimo di autonomia costitu-

zionalmente consentita - e quelle costituitesi con la procedura ordinaria - che potevano,

invece, assumere solo le funzioni espressamente previste nell’art. 148 Cost. In ogni

caso, trascorso il periodo transitorio di cinque anni, le Comunità ad autonomia limitata

potevano, mediante una modifica dei rispettivi Statuti, assumere più ampie competenze;

pertanto, attualmente il grado di autonomia potenziale delle Comunità è uguale per

entrambe le tipologie di Comunità.

Negli ultimi anni è stato avviato il processo di riforma attraverso due modifiche al

Regolamento del Senato con le quali sono stati creati i gruppi territoriali ed è stata istituita la

Commissione Generale delle Comunità Autonome. Tale organo nasce dall’esigenza di “parla-

mentarizzare” la politica “autonomica”, finora incentrata sul rapporto tra Governo e Comunità 13.

Attualmente il Senato viene eletto, in parte, a suffragio diretto e, in parte, tramite ele-

zioni di secondo grado.

La maggioranza dei senatori viene eletta a suffragio diretto e, a tale scopo, è attribui-

to un certo numero di seggi ad ognuna delle cinquanta Province, che, quindi, diventano cir-

coscrizioni elettorali.

Per la Camera Alta, tuttavia, le diciassette Comunità Autonome in cui è ripartito il ter-

ritorio nazionale rappresentano, ciascuna, una circoscrizione elettorale supplementare

12 “[...] il patto territoriale del 1978 non ha riguardato decisioni effettive realizzate mediante trattative, poichél’elemento centrale fu, al contrario, quello di allontanare e prorogare la decisione”, R. L. BLANCO VALDÈS (acura di), La seconda decentralizzazione spagnola: fra riforma confederale e stato possibile, in S. GAMBINO(a cura di), Regionalismi e statuti: le riforme in Spagna e in Italia, Milano, 2008, 104.13 V. GIAMMUSSO (a cura di), op. cit., in F. MARCELLI (a cura di), op. cit., 161.

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per l’elezione di secondo grado del restante numero dei senatori che, infatti, vengono

scelti dalle rispettive Assemblee legislative.

Per ciò che concerne il ruolo del Senato all’interno della funzione legislativa, è signifi-

cativo che la legge si presenti come un atto del Congresso al quale la Camera Alta può pro-

porre emendamenti o porre il suo veto. Il Congresso può, a sua volta, respingere il veto del

Senato, confermando il voto iniziale del disegno di legge a maggioranza assoluta o, nel caso

di emendamenti, pronunciarsi sulle modifiche. Il Senato, inoltre, ha facoltà di presentare pro-

poste di legge di propria iniziativa, sottoponendole al vaglio della Camera dei deputati.

Nel procedimento di revisione costituzionale, il Senato svolge un ruolo di rilievo, sia

pure non perfettamente equiparabile a quello del Congresso. Senza la sua approvazione

almeno a maggioranza assoluta, infatti, qualsiasi riforma costituzionale è bloccata e lo stes-

so raggiungimento della maggioranza assoluta, in luogo di quella dei tre quinti, richiede l’o-

nerosa maggioranza dei due terzi al Congresso. Per l’approvazione di progetti di riforma

costituzionale di grande rilievo, si segue una procedura speciale, che sancisce un’identità

di poteri delle due Camere: il Congresso e il Senato devono approvare il principio della

modifica con una maggioranza dei due terzi dei componenti e successivamente vengono

immediatamente sciolti. Il nuovo Parlamento dovrà, quindi, approvare a maggioranza qua-

lificata il testo, che verrà sottoposto a referendum popolare.

1.3. Il Bundesrat della Germania federale

La Costituzione tedesca (G r u n d g e s e t z, “Legge fondamentale”) definisce la

Repubblica federale tedesca come uno Stato federale democratico e sociale, stabilendo

inoltre che, in via di principio, tutte le competenze legislative, amministrative e giurisdizio-

nali spettano ai Länder, fatte salve le funzioni che la Legge fondamentale attribuisce al

Bund. L’art. 70 GG, infatti, distingue tra le materie di esclusiva competenza statale, le mate-

rie affidate alla legislazione concorrente (in cui i Länder possono legiferare nella misura in

cui ciò non sia già stato fatto dal Bund) e la legislazione di cornice (nelle stesse materie affi-

date alla competenza concorrente, nel caso in cui il Bund ritenga opportuno indicare i prin-

cipi guida per la legislazione regionale) 14.

La peculiarità del modello Bundesrat affonda le sue radici nella storia della Germania.

Non si può non evidenziare, infatti, il collegamento tra l’organo attuale e i modelli di

Bundesrat presenti nel Secondo Reich e nel Reichsrat della Repubblica di Weimar, che

pone in risalto gli elementi costanti nella configurazione della seconda Camera, ovvero l’es-

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14 L. GIANNITI (a cura di), Repubblica federale di Germania, in F. MARCELLI (a cura di), op. cit., 137 ss..

sere composta da rappresentanti dei Länder che esprimono il loro voto seguendo le indica-

zioni impartite dal Land di appartenenza, oppure il fatto che il numero dei voti attribuito a

ciascun Land sia graduato sulla base della dimensione dello stesso 15.

Il riconoscimento di determinate costanti non deve, tuttavia, condurre a sottovalutare

l’importanza dei momenti di transizione, né le profonde differenze che caratterizzano le

diverse fasi costituzionali. Nel processo costituente il problema della configurazione di una

seconda Camera si pone ogni volta come un problema nuovo, la cui soluzione è connessa

alle opzioni che si affermano in ordine alla forma di stato.

L’unicità del Bundesrat risulta, con immediata evidenza, già dalla particolare configura-

zione della sua composizione; l’art. 51 GG, I comma prevede, infatti, che esso sia composto

da membri dei governi dei Länder, che li nominano e li revocano 16. Le condizioni per l’appar-

tenenza al Bundesrat sono innanzitutto il requisito soggettivo di appartenenza ad un governo

di Land e, in secondo luogo, la designazione da parte dello stesso governo. A differenza del

Bundestag, dunque, il Bundesrat dispone di una legittimazione democratica solo indiretta.

Tre è il numero di voti attribuito a ciascun Länder, che, come accennato, può diventare

di quattro o cinque in base alla popolazione; a ciascun voto corrisponde il numero dei mem-

bri che ogni Land può inviare. Tale criterio è il risultato di una scelta intermedia tra il federali-

smo puro, che avrebbe imposto la pari rappresentanza di tutti gli Stati, ed il proporzionalismo,

che avrebbe legato il numero di rappresentanti alle dimensioni della popolazione del Land.

Il terzo comma dell’art. 51 GG stabilisce che i voti di un Land possono essere dati sol-

tanto unitariamente e solo dai membri presenti o dai loro rappresentanti, escludendo così

la possibilità che la delegazione di un Land si divida riguardo ad una determinata delibera-

zione. In pratica, il numero dei voti e quello dei membri non devono necessariamente coin-

cidere, in quanto il pacchetto di voti di ogni Land è di regola espresso da un solo votante,

di ciò incaricato preventivamente. Il principio del voto unitario costituisce il nocciolo dell’as-

setto strutturale del Bundesrat, l’elemento che assicura la rilevanza di una volontà del Land

come unità, la rilevanza del principio federalistico.

Per ciò che concerne l’analisi funzionale, è fondamentale richiamare il contenuto

dell’art. 50 GG, il quale prevede che, attraverso il Bundesrat, i Länder collaborino alla

legislazione e all’amministrazione del Bund. E, difatti, la seconda Camera non incontra

15 B. PEZZINI, Il Bundesrat della Germania federale: il modello tedesco e la riforma del bicameralismo nellostato a base regionale, Milano, 1990, 3.16 L. GIANNITI (a cura di), op. cit., in F. MARCELLI (a cura di), op. cit., 138.

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alcun limite di contenuto nell’esercizio del potere di iniziativa legislativa, nonostante il

tasso di successo delle proposte avanzate sia nettamente inferiore rispetto ai disegni

presentati dal Bunderstag 17.

L’art. 76 GG attribuisce al Bundesrat ulteriori competenze nell’ambito della fase di ini-

ziativa: esso, infatti, riceve tutti i disegni di legge del governo federale prima che vengano

presentati al Bundestag ed ha il diritto di esprimere su di essi - e sulle proposte di legge di

bilancio - il proprio parere nel termine di sei settimane (il termine viene ridotto a tre settima-

ne nel caso in cui il Governo ritenga il disegno di legge urgente). Il Bundesrat può prende-

re posizione in differenti modi, mostrando implicitamente il suo consenso, occupandosi solo

di talune disposizioni per modificarle o respingendo l’intero progetto.

Dopo l’approvazione da parte del Bundestag, tutte le leggi federali sono immediata-

mente trasmesse al Bundesrat. Ciò consente a quest’ultimo di manifestare la propria

volontà anche in una fase successiva rispetto al procedimento legislativo, con modalità dif-

ferenti a seconda che si tratti di leggi “semplici” o “bicamerali”. Nel primo caso, infatti, il

Bundesrat ha facoltà di veto sospensivo nei confronti di tutte le leggi approvate dal

Bundestag per le quali non sia necessariamente richiesto il suo consenso. Quando, inve-

ce, la legge prevede una sua partecipazione obbligatoria al procedimento legislativo, esso

ha il potere di manifestare il suo assenso o il suo rifiuto rispetto ad un atto che, nel conte-

nuto, è stato interamente determinato dall’altra Camera 18.

Il Bundesrat partecipa, inoltre, alla emanazione dei decreti legislativi governativi che

hanno, come oggetto, specifiche materie indicate dall’art. 80 GG e nei casi previsti dalle

leggi federali. Questa funzione si colloca in una “zona di frontiera” tra legislazione e ammi-

nistrazione, dalla quale si passa alle competenze nelle quali si esercita la collaborazione

del Bundesrat all’amministrazione del Bund, ovvero il controllo sull’esecuzione di leggi fede-

rali, il consenso per l’emanazione di regolamenti generali del governo e per l’adozione di

misure coattive governative nei confronti dei Länder inadempienti.

L’art. 50 GG non prevede una partecipazione del Bundesrat alla funzione giurisdizio-

nale, per la quale esso non potrebbe garantire la necessaria autonomia. Tuttavia, vi sono

alcune competenze che un inquadramento sistematico connette alla funzione giurisdiziona-

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17 Il tasso è solo del 30%, rispetto al 40% del Bundestag, in quanto al Bundesrat mancano quegli specificistrumenti di influenza sull’ulteriore corso del procedimento legislativo che il regolamento dell’altra Camera,invece, le assicura. Vedi B. PEZZINI, op. cit., 56.18 Il testo costituzionale originario conteneva solo tredici ipotesi di leggi “bicamerali”, divenute, successivamentealle modifiche costituzionali, circa una quarantina. Inoltre, un intervento del tribunale costituzionale ha optato perun’interpretazione estensiva del principio secondo cui il consenso del Bundesrat sia necessario solo quando lalegge espressamente lo preveda, stabilendo che esso lo sia anche quando le circostanze lo impongono come tale.

le, quali, come accennato, la funzione di decidere se, nell’esecuzione di leggi federali, un

Land abbia violato norme giuridiche, oppure il potere di eleggere la metà dei membri del tri-

bunale costituzionale, o ancora la legittimazione attiva e passiva nei conflitti tra organi.

Resta, infine, da considerare il particolare ruolo che il Bundesrat assume nel quadro

delle disposizioni costituzionali che regolano gli stati di emergenza.

Innanzitutto, esso può funzionare come “riserva di legalità” quando la situazione sia

tale da non consentire un regolare funzionamento del principio democratico maggioritario.

Questo meccanismo scatta nel momento in cui il Governo federale, sconfitto dopo avere

chiesto la “questione di fiducia” su un determinato provvedimento ritenuto urgente, anziché

chiedere lo scioglimento del Bundestag, dichiara lo stato di emergenza legislativa 19. Ciò

consente al Governo di far passare le proprie proposte di legge, anche contro la volontà del

Bundestag, a condizione che esse ottengano il consenso del Bundesrat, evitando così una

paralisi legislativa non altrimenti risolvibile.

In secondo luogo, il Bundesrat, quando l’ordinamento libero e democratico di un Land

sia minacciato, garantisce la tutela dell’autonomia regionale dalle interferenze del governo

federale che può disporre direttamente delle forze di polizia di tale Land e di altri Länder.

1.4. Sistema tedesco e sistema italiano a confronto

Riducendo l’analisi ai soli aspetti concernenti il rapporto tra bicameralismo e sistema

delle autonomie territoriali, è possibile ricondurre la Germania (Stato federale) e l’Italia (Stato

regionale) all’interno della comune categoria di “Stato a struttura territoriale decentrata”.

Il rapporto tra Stato federale e Stato regionale, nella sua formulazione giuridica più

essenziale, va ricondotto al quesito della sovranità degli Stati membri; una volta che le unità

periferiche dispongono di poteri minori e limitati dal centro, che esercita su di esse un pote-

re di supremazia, si pongono le basi per distinguere i concetti di “sovranità” dello Stato cen-

trale e di “autonomia” derivata degli Stati membri 20.

Gli indici della supremazia dello Stato federale sono molteplici. Innanzitutto, la

Costituzione federale impone a quella degli Stati membri il rispetto dei principi generali in

essa espressi; in secondo luogo, la ripartizione delle competenze tra lo Stato federale e gli

Stati membri riserva sempre al primo la suprema direzione politica; inoltre, lo Stato centra-

le può esercitare la cd. esecuzione federale (III. 2), intervenire nell’ambito degli ordinamen-

ti interni degli Stati membri anche indipendentemente dalla richiesta di questi ultimi.

19 Naturalmente nell’ipotesi in cui il Bundestag non sia in grado di nominare tempestivamente un successo-re al cancelliere federale. Per il meccanismo dell’emergenza legislativa, vedi B. PEZZINI, op. cit., 89 ss..20 B. PEZZINI, op. cit., 216. Sul concetto di autonomia, vedi M. S. GIANNINI, Autonomia, in Riv. Trim. dir.pubbl., 1951, 853.

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Ciò ha portato ad un’interpretazione che considera le differenze tra struttura regiona-

le e struttura federale in termini esclusivamente quantitativi - non qualitativi - di gradazione

del potere attribuito agli Stati membri piuttosto che a quello centrale 21. Tuttavia le differen-

ze qualitative esistono e sono rilevanti.

L’assunzione del Bundesrat come modello di riforma del Senato italiano necessita,

dunque, di particolari precisazioni circa la natura del sistema delle autonomie nel nostro

Paese e nella Repubblica federale tedesca.

Le prime considerazioni da fare riguardano gli elementi che favoriscono la compara-

zione tra i due Paesi. In primo luogo, l’omogeneità delle dimensioni gioca positivamente

rispetto ad un ipotetico confronto con la scala notevolmente superiore degli Stati Uniti o con

quella, al contrario, eccessivamente ridotta di Svizzera e Austria. In secondo luogo, entram-

bi i Paesi fanno parte della Comunità europea e l’omogeneizzazione normativa e giuridica

potrebbe accompagnare le già avvenute connessione ed interdipendenza economica 22.

A parte tali elementi, occorre sottolineare che il confronto si estrinseca su due tessuti

nettamente diversi: una tradizione federale consolidata da un lato, uno Stato a struttura

profondamente accentrata dall’altro 23.

Una volta introdotto in Costituzione, sia nella forma federale, sia in quella regionale, il

principio del decentramento territoriale assume, tuttavia, la connotazione di principio costi-

tutivo della forma di stato, ponendosi per ciò stesso come limite al potere di revisione costi-

tuzionale. Nel Grundgesetz la previsione è esplicita, in quanto l’art. 79 esclude ogni modi-

fica della Costituzione relativa alla ripartizione del territorio in Länder. Nella Costituzione ita-

liana, invece, il limite è stato individuato come implicito, nell’ambito del riconoscimento del

principio autonomistico ex art. 5, Cost..

Tuttavia, uno dei luoghi di maggiore divergenza tra l’ordinamento federale e quello

regionale è costituito dall’autonomia costituzionale di cui godono i Länder e di cui, al con-

trario, sono sprovviste le Regioni italiane. I primi hanno il potere di autorganizzarsi al pro-

prio interno, senza il necessario consenso del Bundersrat, mentre la fusione o la creazione

di nuove Regioni possono avvenire solo tramite il procedimento di revisione costituzionale.

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21 A. LA PERGOLA, Tecniche costituzionali e problemi delle autonomie “garantite”, Padova, 1987; G. DEVERGOTTINI, Stato federale, in Enc. Dir., XLIII, 1989.22 B. PEZZINI, op. cit., 240.2 3 Lo Stato federale tedesco nasce dall’evoluzione di strutture propriamente confederali, come laConfederazione germanica dopo il 1816 e poi il Norddeutscher Bund. Dall’altro lato, abbiamo, invece, unoStato a struttura fortemente accentrata, sia nella sua origine come Stato nazionale, sia nella successiva suaevoluzione durante il regime fascista, in cui la Costituzione del 1948 introduce le Regioni come elementi didecentramento politico, ma senza rinunciare al principio dell’unità e della indivisibilità della Repubblica.

Dalle precedenti considerazioni circa la mancanza di fondamento dell’attuale bicame-

ralismo italiano, emerge la necessità di radicare quest’ultimo nella struttura di decentramen-

to territoriale.

A tal proposito, nell’ambito dei modelli di seconda Camera nello Stato a struttura ter-

ritoriale decentrata, il modello Bundersrat si rivela più specificamente legato alla connota-

zione federalistica della struttura dello Stato.

Di conseguenza, anche ipotizzando il maturare di una tendenza favorevole alla secon-

da Camera come sede di rappresentanza territoriale, raccogliere la sfida del modello

Bundersrat implicherebbe molto di più che dare un fondamento alla base regionale del

Senato, bensì provocherebbe - e, dunque, coinvolgerebbe riflessioni in tema di - un muta-

mento della prospettiva da cui partire. Difatti, la discussione sulla riforma del sistema bica-

merale andrebbe impostata non a partire dalle disfunzioni del sistema parlamentare, ma

dalle esigenze di ripartizione verticale dei poteri.

L’elemento di forza del Bundersrat risiede soprattutto nell’innovazione che esso intro-

duce sul piano della rappresentanza. Esso, infatti, non assicura la rappresentanza politica

dei Länder (Repräsentation), ma, nella misura in cui i componenti dell’organo rispondono

ad istruzioni di chi li ha designati, si attua la rappresentanza nel senso di Vertretung 24.

2. Ipotesi di riforma del bicameralismo perfetto. Premessa

Come accennato al termine del precedente paragrafo, il nuovo punto di partenza per

la riflessione circa il superamento dell’attuale bicameralismo italiano non può che essere un

ripensamento dell’integrazione dei processi rappresentativi che possano divenire presup-

posti giustificativi dello stesso.

Sotto questo profilo, il nesso intercorrente tra il ruolo delle seconde Camere e l’attua-

zione del principio federale che emerge dalla prospettiva comparatistica assumerebbe, nel

caso italiano, un significato ancor più pregnante, finalizzato non solo alla distribuzione in

senso verticale del potere, ma anche al reinserimento del Parlamento nel circuito pluralisti-

co disegnato dalla Costituzione 25.

24 “Le unità del decentramento territoriale non vengono rappresentate nell’organo Bundesrat secondo lemodalità delle istituzioni della democrazia rappresentativa, ma agiscono in esso direttamente [...] attraversodelegati vincolati”, B. PEZZINI, op. cit., 270 ss..25 G. RIVOSECCHI, Art. 55, in R. BIFULCO, A. CELOTTO, M. OLIVETTI (a cura di), Commentario allaCostituzione, Torino, 2006, II 1121.

11

2.1. Il progetto di revisione della XIV legislatura

Il 16 novembre 2005 il Senato della Repubblica aveva approvato, in seconda delibe-

razione, il disegno di legge costituzionale contenente le norme di modifica della II parte

della Costituzione italiana, respinto dal corpo elettorale, in occasione del referendum costi-

tuzionale svoltosi il 25 e il 26 giugno 2005.

Il testo si proponeva l’obiettivo di portare a compimento la svolta in senso federale

impressa al nostro ordinamento dalla L. Cost. n. 3/2001 26 e prevedeva anche una riforma

della forma di governo secondo il sistema del “premierato”, costruito sul rafforzamento del

ruolo del Presidente del Consiglio 27.

L’aspetto che ci appare più rilevante, ai fini della nostra indagine, è l’introduzione del

Senato federale della Repubblica.

Al Senato “federale” il progetto affidava una massa assai consistente di poteri norma-

tivi nell’ambito di un sistema che distingueva tra leggi “monocamerali” (a volontà prevalen-

te) della Camera dei deputati, leggi “monocamerali” (a volontà prevalente) del Senato e

leggi “bicamerali” (a partecipazione paritaria). La distinzione tra le leggi “monocamerali” è

effettuata con riferimento ai commi 2 e 3 dell’art. 117, rimanendo affidate alla Camera quel-

le in tema di competenza statale esclusiva (escluse alcune voci) e al Senato quelle per la

posizione dei principi fondamentali per la legislazione concorrente. Le leggi “bicamerali”,

poi, coprivano un’aria amplissima, interessando non solo svariati aspetti concernenti l’ordi-

namento regionale, tra cui la tutela della concorrenza, il potere statale sostitutivo, etc., ma

anche altri settori di rilievo politico generale, quale quello delle leggi militari di guerra (art.

27, comma 4), quello dei diritti fondamentali, quello delle norme per la costituzione e il fun-

zionamento della Corte Costituzionale ex art. 137, comma 2.

Ha destato, però, qualche perplessità il fatto che il progetto di legge costituzionale in

esame avesse assegnato alla Camera Alta funzioni strettamente attinenti alla difesa dell’in-

teresse nazionale. Più precisamente, non è parsa convincente la scelta di demandare

esclusivamente al Senato delle Regioni il compito di tutela dello stesso.

Inoltre, per quanto sarebbe stata di sicuro rilievo la reintroduzione del limite dell’in-

teresse nazionale - eliminato dalla riforma del Titolo V, Parte II, Cost. del 2001 - la prima

formulazione della norma che prevedeva il complesso meccanismo di annullamento di

12

26 É noto che uno dei difetti principali di tale revisione costituzionale fu proprio l’elusione del nodo crucialedel federalismo. Così A. D’ATENA, Parere reso all’AIC dalla prima Commissione del Senato della Repubblicain merito al disegno di legge costituzionale AS 2544, in http://www.associazionedeicostituzionalisti.it.27 I. NICOTRA, Il Senato federale secondo il progetto di revisione della XIV legislatura: tra il ritrovato interes -se nazionale ed il nodo irrisolto della rappresentanza territoriale, in AA.VV., Studi per Giovanni Nicosia,Milano, 2007, V, 518.

una legge regionale lesiva di tale interesse creava non pochi dubbi. Non sembrava,

infatti, opportuno che il Governo, qualora ritenesse che una legge regionale avrebbe

potuto pregiudicare i principi unitari, sottoponesse la questione solo al Senato che, a

maggioranza assoluta dei propri componenti, avrebbe potuto, in caso di mancata rimo-

zione del vizio da parte della Regione, proporre al Capo dello Stato di annullare con

decreto la legge stessa.

Tralasciando ogni considerazione sulla opportunità di attribuire un simile potere al

Presidente della Repubblica, che sarebbe stato, in tal modo, trascinato nella politica di

parte, il punto maggiormente controverso era rappresentato dalla circostanza per cui

l’Assemblea di rappresentanza territoriale avrebbe finito per svolgere la funzione di preser-

vare le funzioni dell’unità che, invece, avrebbe dovuto essere ascritta fra i compiti prioritari

della Camera.

Il testo definitivamente approvato, infine, aveva correttamente previsto la sottoposizio-

ne della legge regionale, ritenuta lesiva dell’interesse nazionale, al Parlamento in seduta

comune il quale, con deliberazione adottata a maggioranza assoluta dei propri componen-

ti, avrebbe potuto annullarla.

Analizzando le singole disposizioni, ci si accorge che la novella del secondo comma

dell’art. 70 Cost. attribuiva solo alla Camera delle autonomie l’esame e l’approvazione

dei disegni di legge concernenti la determinazione dei principi fondamentali nelle mate-

rie di competenza concorrente, limitando l’apporto della Camera dei deputati al suggeri-

mento di modifiche sulle quali, peraltro, al Senato veniva riservata la possibilità di deci-

dere in via definitiva.

Sottrarre alla competenza bicamerale l’elaborazione delle leggi cornice è sembrata

un’opzione poco coerente rispetto all’obiettivo di uniformità che con tale disciplina si inten-

deva realizzare nelle materie di competenza regionale 28. Sarebbe stata probabilmente più

opportuna la scelta in direzione del ruolo codecisorio delle due Camere, prevedendo, anche

per l’approvazione della legislazione cornice, il procedimento bicamerale espressamente

riservato all’elaborazione di specifiche materie 29. D’altra parte, si tratta di leggi in cui la

Camera politica nazionale è, di regola, estromessa dalla decisione finale e proprio in rela-

zione a contenuti che costituiscono una tipica espressione dell’istanza unitaria. Oltretutto,

la previsione di leggi “monocamerali” della Camera Alta è una particolarità sconosciuta alle

28 A. D’ATENA, op. cit..29 Quali perequazione delle risorse finanziarie, funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropoli-tane, sistema di elezione delle Camere, legge relativa alla partecipazione delle Regioni nella fase ascenden-te del diritto comunitario, legge che istituisce la Conferenza Stato-Regioni. Vedi I. NICOTRA, op. cit., inAA.VV., op. cit., 520.

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altre principali esperienze di tipo federale (compresa quella tedesca, in cui il pur fortissimo

Bundesrat non ha mai la volontà prevalente nell’approvazione delle leggi) 30.

Merita di essere richiamata, inoltre, la previsione che consentiva di attrarre alla com-

petenza della Camera dei deputati la decisione sui provvedimenti riguardanti la determina-

zione dei principi fondamentali nelle materie di potestà legislativa concorrente. Infatti, qua-

lora il Governo avesse ritenuto che l’apposizione di modifiche ad un progetto di legge sot-

toposto all’esame del Senato sarebbe stata essenziale per l’attuazione del proprio program-

ma, ovvero per la tutela dell’unità giuridica ed economica, o, ancora, per la salvaguarda dei

livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, avrebbe potuto chiedere

al Capo dello Stato l’autorizzazione per il Primo Ministro ad esporre le relative motivazioni

al Senato. Nel caso in cui questo non avesse accolto i suggerimenti dell’Esecutivo, il com-

pito di decidere in via definitiva sarebbe stato affidato alla Camera.

Soffermandoci ancora sulla legislazione statale di principio nelle materie di potestà con-

corrente, il quinto comma dell’art. 64, così come modificato dal progetto di revisione in esame,

avrebbe attribuito ai Consigli regionali e ai Consigli delle Province autonome il ruolo di espri-

mere pareri, previa consultazione dei Consigli delle autonomie locali, sui disegni di legge esa-

minati dal Senato che, appunto, concernevano la determinazione dei suddetti principi.

In questo modo, si sarebbe inteso delineare una nuova categoria di leggi atipiche o

rinforzate, il cui tratto saliente sarebbe stato rappresentato dal necessario coinvolgimento

delle Autonomie territoriali, nello specifico intento di rendere effettivo il principio di leale col-

laborazione all’interno del procedimento di approvazione della legge cornice 31.

Al Senato era stata anche attribuita una funzione consultiva ai fini dell’adozione del

decreto di scioglimento di un Consiglio regionale o di rimozione del Presidente della Giunta,

sostituendo così alla Commissione per le questioni regionali (composta in modo paritario

da deputati e senatori) la competenza in materia.

Anche in tal caso, sarebbe stato forse preferibile l’intervento congiunto delle due

Camere, ciò anche in considerazione del fatto che il provvedimento di scioglimento sareb-

be potuto intervenire per ragioni di sicurezza nazionale.

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30 “Da altro punto di vista, poi, il criterio di distinzione tra le leggi “a prevalenza Camera” e leggi “a prevalen-za Senato” appare foriero di inevitabili conflitti, difficilmente risolubili dall’apposito meccanismo previsto, spe-cie perché il semplicistico riferimento ai diversi commi dell’art. 117, in realtà, riproduce tutti i dubbi e le incer-tezze sulla individuazione delle rispettive materie, anche per i noti difetti di formulazione di questo articolo.”,A. ANZON, Il “federalismo” nel progetto di riforma approvato dal Senato in prima lettura, in http://www.asso -ciazionedeicostituzionalisti.it; A. D’ATENA, op. cit..31 “Di guisa che, nella legislazione bipartita tra Stato e Regioni comincia a farsi strada l’idea che la formula-zione del testo sui principi fondamentali rappresenti l’esito di un processo ampiamente condiviso anche dagliEnti periferici, chiamati al loro rispetto, nella successiva fase di elaborazione della disciplina regionale di attua-zione”, I. NICOTRA, op. cit., in AA.VV., op. cit., 522.

Rimanendo ancora nell’ambito delle funzioni, il progetto di legge aveva confermato la

scelta, operata in sede di Assemblea Costituente, di attribuire, in caso di impedimento, le

funzioni del Presidente della Repubblica al Presidente del Senato federale.

Alcuni Autori, a tal proposito, hanno espresso il proprio disaccordo, avendo osservato che

la circostanza per cui tale funzione venne attribuita nel 1947 al Presidente della Camera Alta -

ovvero la maggiore anzianità d’età rispetto alla Camera dei deputati, con una conseguente

minore competitività politica - fosse ormai venuta assolutamente meno 32. Infatti, alla luce della

modifica apportata all’art. 58 Cost., le differenziazioni concernenti l’elettorato passivo sarebbe-

ro state cancellate. Inoltre, il compito di rappresentare l’intera Nazione, in assenza del Presidente

della Repubblica, avrebbe dovuto essere ascritto tra le funzioni del Presidente di quella tra le due

Camere votata alla tutela della collettività nazionale, ovvero la Camera dei deputati.

Per quanto riguarda, invece, le leggi “bicamerali”, il progetto di legge prevedeva che,

in caso di mancata approvazione sullo stesso testo da parte di entrambe le Assemblee, i

Presidenti dei due rami del Parlamento avrebbero potuto demandare ad una Commissione

paritetica - composta da trenta deputati e trenta senatori scelti rispettando il criterio di pro-

porzionalità - il compito di proporre un testo relativo alle parti su cui non era stato raggiun-

to l’accordo, da sottoporre successivamente al voto finale delle Camere.

Le uniche modifiche previste all’art. 117, riguardanti, quindi, il riparto di competenze tra

Stato e Regioni, coinvolgevano il secondo e il quarto comma. In particolare, erano state

aggiunte materie alla potestà esclusiva statale; la competenza legislativa delle Regioni negli

ambiti contemplati dalla disposizione veniva qualificata “esclusiva” e la clausola residuale

era stata sostituita da un elenco di materie, di cui la clausola ne diveniva la voce finale 33.

2.1.1. In particolare: la composizione del Senato federale

Passando all’analisi relativa alle modifiche sulla composizione del Senato federale, è

opportuno sottolineare che, alla base della scelta poi effettivamente compiuta, vi fossero

due diverse soluzioni. La prima era costituita dall’elezione a suffragio popolare e diretto

della Camera federale; la seconda, invece, consisteva nella nomina da parte di rappresen-

tanti regionali affidata ad organi della Regione, analogamente a quanto avviene nell’ordina-

mento tedesco in base all’art. 51 GG (III.4) 34.

32 Tra tutti, G. M. SALERNO, Commento sub art. 86, in V. CRISAFULLI, L. PALADIN, Commentario Brevealla Costituzione, Padova, 1990, 526; I. NICOTRA, op. cit., in AA.VV., op. cit., 524.33 “Invero, la devolution all’italiana [...] non ricalca il riparto di competenze tra Stato e Comunità autonome rea-lizzato in Spagna, configurando, piuttosto, un’esperienza del tutto nuova nello scenario del costituzionalismocontemporaneo”, S. GAMBINO, Sulla devolution all’italiana, in http://www.associazionedeicostituzionalisti.it.34 Analogamente la Costituzione austriaca prevede, all’art. 35, che i membri del Consiglio federale siano elettidalle Diete provinciali. I membri del Consiglio federale non devono necessariamente appartenere alla Dieta che li invia.

15

L’art. 57 della proposta di revisione sembrava avere optato per un sistema misto.

Seguendo il criterio del doppio binario, aveva preferito il modello che avrebbe attribuito

direttamente ai cittadini il diritto di eleggere i senatori, ma, contemporaneamente, ne aveva

previsto un temperamento attraverso la partecipazione al Senato di rappresentanti delle

Regioni e delle autonomie locali (privi, però, del diritto di voto). Il significato di tale innova-

zione era da attribuire alla volontà di realizzare uno strumento di pressione nei confronti del

Senato federale, garantendo, quindi, un costante e puntuale aggiornamento delle istanze

territoriali nel Parlamento nazionale 35.

Allo scopo di imprimere un carattere spiccatamente federale al voto popolare, si era

cercato di intervenire in due direzioni: in primo luogo, con la previsione di una riserva di

legge bicamerale cui era stato demandato il compito di garantire la rappresentanza territo-

riale da parte dei senatori; in secondo luogo, riconoscendo il diritto all’elettorato passivo

esclusivamente a coloro che avevano ricoperto, o stavano in quel momento ricoprendo,

cariche pubbliche elettive in enti territoriali locali e regionali, all’interno della Regione, o

erano stati eletti senatori o deputati della Regione.

Ma, anche ammettendo che una legge costituzionale possa derogare al principio di

uguaglianza nell’accesso alle cariche elettive sancito dall’art. 51 Cost., sarebbe difficile giu-

stificare tale limitazione con il principio di rappresentanza delle autonomie, data la mancan-

za di una sicura relazione tra le categorie di eleggibili e gli interessi politici delle collettività

regionali che, naturalmente, devono essere colti al momento del voto nella loro completez-

za, pluralità e attualità 36.

L’aspetto maggiormente problematico rimaneva, comunque, l’inserimento, nella

disposizione in esame, del tempo verbale presente “ricoprono” con riferimento alle cariche

pubbliche elettive in enti locali o regionali; tale circostanza avrebbe potuto fornire un fonda-

mento costituzionale al principio di cumulo delle cariche politiche.

Inoltre, non è da sottovalutare il fatto che, nei sistemi di tipo federale, la seconda

Camera presenti una differenza di ordine qualitativo rispetto alla Camera politica. Essa non

si configura come un’istanza rappresentativa delle popolazioni, ma come una sede di rap-

presentanza delle istituzioni federate.

16

35 I. NICOTRA, op. cit., in AA.VV., op. cit., 528.36 M. MANETTI, Alcune riflessioni sul c.d. Senato federale, in http://www.associazionedeicostituzionalisti.it.; L.CARLASSARE, Il progetto governativo di riforma: il costituzionalismo più che mai alla prova, in http://www.costi-tuzionalismo.it: “Al di là di ogni altro rilievo giuridico (e molti ne sono venuti anche dai Presidenti emeriti dellaCorte costituzionale nel Convegno già menzionato) la soluzione è già pessima in quanto riduttiva delle possibi-lità di nuove partecipazioni politiche che, anzi, radicalmente esclude. Ogni chance viene infatti negata a chiun-que estraneo alla politica attiva sia ora intenzionato a parteciparvi, tagliando fuori così il contributo di esperien-ze nei diversi settori (culturale, imprenditoriale, professionale, della fabbrica, del commercio, della sanità, dell’a-gricoltura, dell’economia ecc.) che potrebbe essere decisivo per migliorare una situazione non eccellente”.

Le tecniche costituzionali impiegate a tale scopo fanno fondamentalmente leva su due

elementi: il numero dei rappresentanti assegnati a ciascuna entità sub-statale e le modalità

di investitura di tali rappresentanti 37.

Quanto al primo elemento, deve segnalarsi una costante di ordine negativo: in nes-

sun ordinamento autenticamente federale la rappresentanza degli Stati membri nella

seconda Camera è proporzionale alla consistenza demografica di ciascuno. Essa o è

paritaria o risulta compresa tra un massimo ed un minimo l’escursione tra i quali è note-

volmente ridotta 38.

Per ciò che attiene alle tecniche d’investitura dei membri della seconda Camera, i

modelli da prendere in considerazione sono fondamentalmente due: quello dell’elezione

diretta (proprio degli ordinamenti svizzero e statunitense) e quello della rappresentanza di

secondo grado (alternativamente realizzata, o mediante l’elezione ad opera dell’assemblea

legislativa locale - secondo la soluzione austriaca, che affida tale funzione alla Dieta del

Land - o mediante la partecipazione all’organo di membri dei Governi sub-statali, come

accade in Germania). É, in particolare, da segnalare che gli ordinamenti che prevedono l’e-

lezione diretta dei senatori (facendo, quindi, uso dello stesso sistema d’investitura impiega-

to per le Camere politiche) bilanciano questo elemento con la rappresentanza paritaria delle

entità sub-statali, mentre i sistemi che tengono (sia pure, come si è visto, limitatamente)

conto della consistenza demografica delle entità sub-statali, tendono a stabilire un collega-

mento istituzionale tra la rappresentanza nella seconda Camera e gli enti sottostanti, ricor-

rendo a procedimenti di secondo grado.

Se si tiene conto di tutto ciò, è difficile non dubitare che la disciplina contenuta nel pro-

getto attualmente all’esame della Commissione sia idonea a conferire al Senato la qualità

rappresentativa tipica delle seconde Camere federali.

In essa, la scelta dell’elezione diretta dei Senatori (comune ai sistemi svizzero e

statunitense) non è bilanciata da significativi correttivi, in senso federale. Il progetto, in

particolare, è lungi dall’accogliere il modello della rappresentanza (almeno tendenzial-

mente) paritaria. Esso, salvo che per la riduzione del numero complessivo dei senatori,

si mantiene nell’orbita della tecnica attuale: assicurando a ciascuna Regione una rappre-

sentanza minima (articolata, come oggi, in tre scaglioni) e prevedendo, per il resto, una

distribuzione dei seggi proporzionale alla consistenza demografica delle singole entità

37 A. D’ATENA, op. cit..38 La prima ipotesi ricorre per il Senato nord-americano, in cui ogni Stato è presente con due senatori, e peril Consiglio degli Stati svizzero, comprendente due rappresentanti per ciascun Cantone ed un rappresentan-te per ogni mezzo Cantone; la seconda, per il Bundesrat tedesco e per quello austriaco, nei quali l’escursio-ne tra il massimo ed il minimo è, rispettivamente, compresa tra 6 e 3 e tra 12 e 3 rappresentanti per ogni Land.

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regionali. Il che significa che, mentre alla Valle d’Aosta spetterebbe un solo seggio, alla

Lombardia ne toccherebbero ventidue 39.

Per concludere sul punto, la riduzione del numero dei senatori, potendo assimilare il

nostro ordinamento a quello degli altri Paesi europei, sarebbe stata sicuramente una nota

di pregio per il progetto di legge di cui discutiamo 40.

L’impressione complessiva che si ricava dalla lettura di questa proposta di revisione

costituzionale è che le singole previsioni, prevalentemente, non siano state espressione di

un’organica impostazione nell’ambito di un disegno coerente e ben definito, bensì siano il

compromesso di puntuali ed estemporanei momenti di incontro volti a coagulare la maggio-

ranza sulle varie proposte, indipendentemente dalla corrispondenza di queste ad una qual-

siasi logica istituzionale 41.

É noto, infatti, che l’introduzione della seconda Camera, da tempo invocata da tutti

come passo essenziale per realizzare in Italia il “vero federalismo”, aveva subito un pesan-

te condizionamento a causa della persistente e generale repulsione delle forze politiche nei

confronti dell’idea di una radicale trasformazione del Senato. Questa circostanza aveva por-

tato il progetto governativo alla confezione di un modello, inedito nel panorama dell’espe-

rienza degli Stati “composti”, che non corrispondeva alle esigenze proprie del pur formal-

mente agognato “federalismo”. Il nuovo Senato infatti, pur essendo contrassegnato da carat-

teristiche proprie delle seconde Camere federali - e cioè l’estraneità al circuito fiduciario e la

sottrazione allo scioglimento anticipato - non presentava un idoneo collegamento con le arti-

colazioni regionali e non riusciva ad assicurare la saldatura con la dimensione politica loca-

le di senatori eletti con suffragio diretto e distribuiti proporzionalmente alla popolazione tra le

varie Regioni 42. A tanto non valevano - per le ragioni ampiamente e convincentemente illu-

strate da numerosi commentatori - né la prevista elezione “su base regionale” (da sempre

già presente nel testo dell’art. 57 Cost., vedi I.3), né i requisiti per l’elettorato passivo, né i

generici raccordi di tipo informativo o consultivo tra senatori e organi regionali 43; neppure

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39 Previsione di Giovanni Guzzetta riportata da A. D’ATENA, op. cit..40 L. CARLASSARE, op. cit..41 A. ANZON, op. cit.; L. CARLASSARE, op. cit.: “Mai il costituzionalismo è stato messo tanto duramente “allaprova” come dallo schema di disegno di legge costituzionale approvato dal Governo: al di là delle singoleinnovazioni (non tutte da respingere ed anzi talora da approvare), è lo spirito complessivo che anima queltesto a porsi in radicale contrasto con il “costituzionalismo”. I suoi connotati essenziali, i principi stessi che loidentificano, sono infatti in gioco”.42 “Iniziamo dal “Senato federale della Repubblica”, che di federale non ha che il nome. Non è dato riscon-trare, infatti, nelle disposizioni contenute nell’articolato governativo, alcun collegamento istituzionale tra iSenatori “federali” e le realtà istituzionali territoriali. Né saranno certo le generiche indicazioni “regionaliste” agarantire rappresentatività istituzionale alle Regioni.”, G. AZZARITI, L’ultima idea: la revisione dellaCostituzione secondo il Governo in carica. Un approccio critico, in http://www.costituzionalismo.it.43 Tra tutti, A. D’ATENA, op. cit.; M. MANETTI, op. cit..

utile a tal fine appariva, infine, lo stesso strumento della “contestualità affievolita” delle ele-

zioni senatoriali con quelle dei Consigli regionali, che avrebbe l’effetto inverso di quello pro-

clamato, e cioè quello di trascinare le scelte elettorali locali nella logica di quelle nazionali 44.

Nel progetto in questione, infatti, Consigli regionali e Senato dovevano essere eletti

insieme (c.d. contestualità in entrata). Se, però, la legislatura di un Consiglio regionale suc-

cessivamente si fosse interrotta per una qualsiasi ragione, ciò non avrebbe implicato la

decadenza dalla carica dei senatori eletti in quella Regione (mancando, appunto, la conte-

stualità in uscita). Questi ultimi sarebbero rimasti in carica e sarebbe stata la nuova legisla-

tura regionale ad avere vita più breve, poiché sarebbe durata fino alle elezioni nazionali del

Senato. In tal modo sarebbe sempre assicurata la contemporanea elezione del Senato e di

tutti i Consigli regionali e delle Province autonome. Una più corretta ottica federale avreb-

be imposto che, in caso di interruzione della legislatura regionale, i senatori eletti nella

Regione fossero decaduti dalla loro carica e si fosse proceduto, quindi, alla contestuale ele-

zione del nuovo Consiglio regionale e dei senatori di quella Regione (“contestualità forte”).

Certamente, non si può sottovalutare l’ampia partecipazione dei cittadini al referen -

dum costituzionale del 25 giugno 2006. La necessità di una seconda Camera realmente

rappresentativa delle autonomie territoriali, infatti, è stata avvertita da entrambe le parti poli-

tiche(sia dai sostenitori del “Sì”, sia dai sostenitori del “No”).

Ma non si può neppure ignorare che la prevalenza dei “No” non sia da intendere

quale spinta favorevole al conservatorismo istituzionale, inteso perfino nel segno di un

“ritorno” al centralismo, bensì, semplicemente, sarebbe da interpretare come il rifiuto di un

modello di Senato che di federale non ha altro se non il nome 45.

2.2. Il modello di Camera territoriale disegnato dall’opposizione: la c.d. bozza

Amato

Probabilmente più razionale e lineare, anche se pure esso non condivisibile, appariva il

modello di Camera territoriale proposto dall’opposizione (d’iniziativa dei senatori Villone e

44 Sulla “contestualità affievolita” vedi V. LIPPOLIS, Il bicameralismo e il Senato federale, in P. CALDERI-SI, F. CINTIOLI, G. PITRUZZELLA (a cura di), La Costituzione promessa, Fondazione Magna Carta,Catanzaro, 2004, 74.45 S. BONFIGLIO, Introduzione della “clausola di necessità” e trasformazione del Senato: note dopo il refe -rendum costituzionale, in www.associazionedeicostituzionalisti.it; S. CECCANTI, La priorità nel dibattito sullariforma costituzionale: una proposta di dibattito, in http://www.associazionedeicostituzionalisti.it: “[...] pensoche sia opportuno che il dibattito tra i costituzionalisti non si concentri solo o soprattutto sulla forma di gover-no, tra favorevoli e contrari al cosiddetto “premierato forte”, elemento che attira invece la maggior parte deicommenti [...]. Spesso il dibattito sul Premierato è una cortina fumogena (voluta o non voluta) per occultare iveri limiti del progetto, che secondo me [...] si concentrano sul Senato”.

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Bassanini) che, contraria anch’essa al modello Bundesrat di qualunque tipo, avrebbe voluto,

in alternativa, introdurre un Senato federale a composizione mista permanente, sempre sot-

tratto al rapporto fiduciario e allo scioglimento anticipato, al quale assegnare un doppio ruolo:

innanzitutto una funzione, squisitamente politica generale, di garanzia e di bilanciamento nei

confronti dello strapotere della Camera maggioritaria e del Premier; in secondo luogo, un

compito di rappresentanza delle autonomie territoriali. Quanto infine alla partecipazione al

procedimento legislativo, questo Senato avrebbe goduto di poteri differenziati e cioè di par-

tecipazione paritaria o di mera opposizione, in relazione a due distinte categorie di leggi.

Di tale progetto non convincono né le modalità con cui veniva realizzata la composi-

zione mista, né la capacità di rappresentanza territoriale, né la duplicità dei ruoli 46.

Quanto alla composizione escogitata da questo progetto, quella mista permanente

(cioè identica per l’esercizio di tutte le funzioni) appariva meno distante da un modello di

Camera federale rispetto a quella del testo approvato dal Senato, essendo dotata stabil-

mente di un maggiore tasso di rappresentatività territoriale, poiché vi sarebbero entrati,

quali membri di diritto, anche i soggetti esponenti del più alto grado degli Esecutivi di

Regioni e Comuni. Il collegio, infatti, avrebbe dovuto essere composto, da un lato, da sena-

tori eletti direttamente con sistema proporzionale (assegnati, però, in numero variabile, e

non paritario, alle Regioni) e da cinque senatori a vita, dall’altro, dai Presidenti delle Giunte

regionali e delle Province autonome, nonché dai Sindaci delle città capoluogo di Regione.

Ciò nonostante, una simile composizione destava notevoli perplessità. Innanzitutto, ci

sarebbe stato un forte squilibrio numerico a vantaggio della componente parlamentare. In

secondo luogo, la componente “federale” sarebbe risultata formata da un mix - inedito nelle

esperienze di tipo federale - in cui, ai Presidenti delle Regioni, si sommavano i Sindaci delle

città capoluogo di Regione. Ci si chiede, dunque, che senso abbia avuto coinvolgere, nella

stessa Camera, autonomie così profondamente diverse come quelle regionali e comunali,

le quali ultime, tra l’altro, anche se “segmenti forti” del sistema delle autonomie, non hanno

né poteri legislativi, né potere di adire la Corte Costituzionale a difesa delle proprie compe-

tenze. Inoltre, non si comprende il motivo per il quale erano stati coinvolti solo i Comuni

(maggiori) e non anche le Città metropolitane e le Province, menzionate pure esse nell’art.

114 Cost. e, potenzialmente, dotate di “pari dignità”.

Infine, ma non per ultimo, non solo i senatori eletti, ma anche questi componenti di

estrazione regionale e locale sarebbero stati sottratti a qualsiasi vincolo di mandato da

parte degli enti di provenienza, il che appare alquanto singolare e poco consono ad una

20

46 A. ANZON, op. cit..

logica che fonda la rappresentanza territoriale di simili figure sulla loro appartenenza ai

rispettivi Esecutivi e perciò sulla loro capacità rappresentativa di enti e non di popoli.

Per ciò che concerne le funzioni attribuite a tale organo, appare più che dubbia la pos-

sibilità di coesistenza del ruolo di garanzia con quello della rappresentanza territoriale. I due

ruoli infatti sottendono logiche del tutto diverse e non compatibili: il primo non può che fare

capo a istanze unitarie, e innestarsi nella logica del rapporto maggioranza-opposizione

nella dimensione nazionale, il secondo - la rappresentanza territoriale - è invece istituzio-

nalmente estraneo a tale logica e deve basarsi sul collegamento con esigenze proprie delle

collettività minori o, al più, del complessivo sistema delle autonomie.

2.3. La c.d. bozza Violante

Il 17 ottobre 2007, in seguito alla bocciatura referendaria della riforma costituzionale

proposta dalla maggioranza di centro-destra, la Commissione affari costituzionali della

Camera, presieduta da Luciano Violante, adottava all’unanimità un testo base di revisione

costituzionale, mai discusso in Aula a causa dello scioglimento anticipato delle Camere.

La relazione della Commissione allegata a tale progetto lo riconduceva ad un filo condut-

tore che nell’ultimo ventennio ha collegato il “decalogo Spadolini”, la Commissione Bozzi, la

Commissione De Mita-Jotti, la Commissione D’Alema, la riforma del Titolo V della Costituzione

del 2001 e il disegno di legge approvato respinto dal referendum costituzionale del 2006 47.

Tali fili conduttori attenevano a due grandi questioni: da un lato, l’esigenza di superare

il bicameralismo paritario, individuando nel Senato una istanza di rappresentanza territoria-

le; dall’altro, il rafforzamento del Presidente del Consiglio all’interno del potere esecutivo.

Il progetto, piuttosto che intervenire in larga scala (la c.d. bozza Lorenzago, da cui

nacque il disegno di legge di cui si è trattato nel paragrafo precedente, pretendeva di modi-

ficare ben 35 articoli), preferiva concentrarsi su limitati ma cruciali nodi, con l’obiettivo di

semplificare e snellire il funzionamento delle istituzioni.

L’obiettivo del superamento del bicameralismo paritario verrebbe raggiunto, a parere

della Commissione, differenziando le due Camere con riguardo al titolo di legittimazione,

alla composizione, alle modalità di partecipazione al procedimento legislativo, alla sussi-

stenza del rapporto fiduciario con il Governo.

Anche in questa sede si optava, quindi, per l’istituzione di un Senato federale della

Repubblica, eletto su base regionale dai Consigli regionali e dai Consigli delle autonomie

47 Vedi Relazione della I Commissione permanente (affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio eInterni) in http://www.camera.it.

21

locali 48. A parte la novità rappresentata dai senatori eletti dalle autonomie locali, questo

metodo di elezione riprendeva il noto modello del Bundesrat austriaco 49. Il Senato non

avrebbe avuto più una durata predefinita, ma sarebbe stato soggetto a rinnovi parziali, più

o meno ampi, in occasione del rinnovo dei singoli Consigli regionali.

Per ciò che concerne la funzione legislativa, lo scopo era quello di assicurare una signifi-

cativa partecipazione del nuovo Senato federale a tutte le procedure legislative, rafforzando il

peso istituzionale delle sue deliberazioni nelle materie maggiormente incidenti sul rapporto tra

Stato e autonomie territoriali. Tutto ciò senza, peraltro, consentire che, nella restante attività legi-

slativa, tale peso si trasformasse in un veto insuperabile, tale da paralizzare l’iter legislativo.

Pertanto, il nuovo art. 70, così come configurato dal progetto di revisione in esame,

avrebbe previsto quattro distinti procedimenti legislativi 50: nel primo, che potrebbe essere

definito “bicamerale paritario”, Camera e Senato federale avrebbero esercitato collettiva-

mente la funzione legislatura, non diversamente da oggi; nel secondo, “bicamerale a pre-

valenza Camera”, il testo approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati avrebbe

potuto essere modificato dal Senato federale, ferma restando in capo alla Camera la deli-

berazione sul testo definitivo; secondo il terzo procedimento, dopo l’approvazione da parte

della Camera dei deputati e in seguito alle modifiche apportate dal Senato sulle materie di

cui all’art. 118, commi secondo e terzo, o 119, commi terzo, quinto e sesto, la Camera

avrebbe potuto ulteriormente emendare il testo solo a maggioranza assoluta dei suoi com-

ponenti; il quarto procedimento, invece, avrebbe riservato al Senato l’esame del progetto di

legge in prima lettura, spettando comunque alla Camera l’approvazione definitiva.

Il procedimento “bicamerale paritario” avrebbe trovato applicazione solo per alcune

categorie di provvedimenti, ovvero quelli che direttamente incidono sull’assetto costituzio-

nale o che definiscono il quadro delle regole generali che presiedono ai rapporti tra lo Stato

e gli altri enti costitutivi della Repubblica.

22

4 8 Art. 3 del progetto di legge recante modifiche all’attuale art. 57 Cost,http://www.libertaegiustizia.it/upload/bozzaviolante.pdf.49 La seconda Camera federale è composta da sessantaquattro membri eletti dai Parlamenti provinciali,per la durata della legislatura di ciascun Parlamento provinciale, con un criterio misto geometrico-aritmeti-co: è attribuito a ciascun Land un numero di seggi che varia da tre a dodici in proporzione alla popolazio-ne. Vedi A. RINELLA, C. BARBERA, op. cit., 68. L’esperienza austriaca, in realtà, non si è dimostrata par-ticolarmente incoraggiante, in quanto il Bundesrat austriaco ha dimostrato una minore influenza rispetto almodello tedesco, sia a causa del carattere secondario delle funzioni ad esso assegnate, sia per la sua com-posizione esclusivamente politica che ne depotenzia il ruolo di organo rappresentativo delle autonomie.Vedi A. ANZON, op. cit.; S. BONFIGLIO, Il dibattito sulla trasformazione del Senato in Italia: un’ipotesi diriforma, in http://www.associazionedeicostituzionalisti.it.5 0 Art. 7 del progetto di legge recante modifiche all’attuale art. 70 Cost.,http://www.libertaegiustizia.it/upload/bozzaviolante.pdf.

La generalità degli altri progetti di legge, invece, sarebbe stata esaminata in prima let-

tura dalla Camera dei deputati. Il Senato federale della Repubblica, al quale sarebbe stato

trasmesso il testo approvato, su richiesta di un quinto dei suoi componenti, avrebbe potuto

esaminarlo e modificarlo, spettando, comunque, alla Camera la pronuncia in via definitiva.

Al superamento del bicameralismo paritario, si volevano accompagnare altre impor-

tanti modifiche volte a razionalizzare la forma di governo e a consentire al Parlamento e, in

particolare, alla Camera dei deputati, di svolgere al meglio la funzione di indirizzo politico e

di formazione primaria che la Costituzione gli assegna.

Innanzitutto, era previsto che il rapporto di fiducia non si instaurasse più fra il Governo

e le due Camere, ma fra il Presidente del Consiglio dei ministri e la Camera dei deputati 51.

In secondo luogo, lo status costituzionale per il “Governo in Parlamento” veniva arricchito

di nuove norme.

3. Conclusioni

Pur ammettendo la crisi del modello classico della rappresentanza politica, gran parte

della dottrina continua a ravvisare nel Parlamento il luogo “naturale” dell’unità politica.

Si auspica, così, da più fronti una “parlamentarizzazione” delle nuove rappresentanze

che vanno sovrapponendosi nelle dinamiche istituzionali 52: solo radicando il bicameralismo

all’interno della struttura di decentramento territoriale si potrebbe offrire a questo una base

razionale moderna, un fondamento giustificativo saldo, che non si limiti a recepire l’esisten-

za di due Camere parlamentari come mero riflesso dell’eredità del passato.

Sembra, però, fondamentale sottolineare che, nonostante dalla letteratura si desuma-

no tante possibili funzioni della “Camera territoriale” - che vanno dalla rappresentanza degli

interessi locali, alla garanzia delle istituzioni autonomistiche, alla sintesi tra esigenza del

centro e della periferia 53 - la combinazione delle funzioni con una determinata struttura o

organizzazione non appare vincolata. Gli Autori più attenti sottolineano, anzi, che al riguar-

do “si registrano regolarità, ma non regole” 54.

5 1 Art. 15 del progetto di legge recante modifiche all’attuale art. 94 Cost.,http://www.libertaegiustizia.it/upload/bozzaviolante.pdf.52 A. MANZELLA, op. cit., 123.53 U. ALLEGRETTI, Per una Camera territoriale: problemi e scelte, in Le Regioni, 1998, 425 ss..54 M. MANETTI, Il Senato federale all’italiana, in http://www.federalismi.it.

23

Si tratta, infatti, di fenomeni che vengono tratti dall’esperienza, ognuno dei quali, però,

porta con sé caratteristiche proprie, legate soprattutto al concreto assetto dei rapporti poli-

tici e che, pertanto, non è direttamente generalizzabile 55.

Tra i modelli di seconda Camera nello Stato a struttura territoriale decentrata, nono-

stante anch’esso sia oggetto di disputa - tra chi è più attento ai dati formali e chi, invece, fa

valere il peso conquistato nei fatti - il modello Bundesrat appare quello maggiormente

richiamato in dottrina e dotato di una solida validità giuridico-costituzionale 56.

Sul piano dell’articolazione del processo decisionale politico, l’assunzione del model-

lo Bundesrat comporterebbe la necessità di definire alcune precise opzioni in relazione al

modo in cui tale processo dovrebbe strutturarsi 57. Ma anche in Germania - come sopra

accennato - non fu un modello astratto a disegnare la situazione attuale, bensì una concre-

ta dinamica ed interazione di forze verificatesi sul campo.

Innanzitutto, sarebbe necessario individuare le funzioni statali al cui esercizio le

Regioni possono collaborare tramite l’organo Bundesrat: potrebbe non essere indispensa-

bile una estensione a tutti i campi previsti dall’ordinamento tedesco, ma sarebbe più utile

soffermarsi, con particolare attenzione, sulla disamina degli atti della Comunità europea e

sull’elezione dei giudici della Corte costituzionale.

Nell’ambito della funzione legislativa, sarebbe da decidere se rinunciare all’iniziativa

dei singoli Consigli regionali in favore di quella collegiale, esercitata attraverso le delibera-

zioni assunte nella seconda Camera, ovvero se prevederle entrambe, introducendo qual-

che meccanismo di rafforzamento per la seconda ipotesi.

Un problema cruciale sarebbe, poi, quello di definire l’area delle leggi bicamerali e

delle leggi semplici: non essendo possibile riprodurre un processo che la Germania ha svi-

luppato lungo un arco temporale decennale, potrebbe essere opportuno sostituire alla enu-

merazione un criterio di carattere generale, quale quello delle leggi di interesse regionale.

L’ipotesi di un Senato ispirato al Bundesrat tedesco o, comunque, di una sua modifi-

ca in senso federale, spesso viene accompagnata dal richiamo ad altri elementi da cui si

ritiene non potersi prescindere, se si vuole operare una revisione costituzionale.

É stata concentrata l’attenzione, ad esempio, sulla necessaria rivisitazione degli elen-

chi di materie distribuite tra la competenza statale e quella regionale e sull’esigenza di

estendere i poteri di codecisione dell’organo rappresentativo delle autonomie territoriali ad

24

55 “Il Senato federale è ormai diventato un grande contenitore dentro cui stanno le formule più svariate tantoche per qualificarlo come federale sembra sufficiente la denominazione, prescindendo dal fatto che la came-ra si faccia effettivamente portatrice di interessi territoriali”, I. RUGGIU, op. cit., 184.56 A. ANZON, op. cit..57 B. PEZZINI, op. cit..

almeno altri due ambiti: l’allocazione delle funzioni amministrative, ai sensi dell’art. 118,

commi uno e due, per dotare di un adeguato supporto procedimentale il principio di sussi-

diarietà; l’esercizio dei poteri sostitutivi, di cui agli artt. 117, comma 5 e 120, comma 2 58.

Ancora, c’è chi, invece, ritiene che la revisione costituzionale abbia una sua ragion

d’essere solo se si rafforza l’Esecutivo a spese del Parlamento, tramite l’introduzione del

c.d. premierato 59.

Una volta stabilito che il Senato debba svolgere un compito non di separazione, ma di

cooperazione alla legislazione dello Stato e stabilito, altresì, che tale compito, in ossequio

al puro e semplice principio costituzionale di articolazione del potere, non debba ridursi ad

un ruolo marginale o consultivo, ma debba aspirare ad un ruolo di bilanciamento, si tratta

di valutare se questo sia, in qualche modo, compatibile con la logica del premierato 60.

Al riguardo si contrappongono due punti di vista.

Da una parte, domina la paura del “blocco istituzionale” 61. Per i fautori del premiera-

to, infatti, il Senato-contrappeso sarebbe una contraddizione insanabile. Dall’altro, prevale

l’idea che il contrappeso sia tanto più necessario di fronte alla semplificazione della dialet-

tica parlamentare imposta dal premierato.

Il ripensamento della seconda Camera come rappresentativa delle autonomie territoria-

li potrebbe affievolire, secondo altri Autori, la tensione tra principio di autonomia e principio di

cooperazione. Inoltre, ciò si renderebbe particolarmente utile in vista della possibile introdu-

zione, nel nostro ordinamento, della “clausola di necessità”, già prevista dall’art. 72, comma

2, della Legge fondamentale della Repubblica federale di Germania, che ne prevede l’utiliz-

zo quando e nella misura in cui la creazione di condizioni di vita equivalenti nel territorio fede-

rale o la tutela dell’unità giuridica o economica nell’interesse generale rendano necessaria

una disciplina legislativa federale. Ora, è noto che la clausola interviene in Germania nell’am-

bito della legislazione concorrente che nulla ha a che vedere con la legislazione concorrente

prevista dalla Costituzione italiana, basata sulla legislazione di principio 62.

58 A. D’ATENA, op. cit..59 “[...] l’unico Senato di cui oggi si può discutere è quello destinato ad inserirsi nel contesto del c.d. premie-rato.”, M. MANETTI, Il Senato federale all’italiana, cit..60 Sulle ragioni per cui si giunge a tali conclusioni, vedi M. MANETTI, Il Senato federale all’italiana, cit.; S. MAN-GIAMELI, Federalismo e riforme costituzionali: lo stato dell’arte, in http://www.associazionedeicostituzionalisti.it.61 G. PITRUZZELLA, Il Governo del Premier e V. LIPPOLIS, Il bicameralismo e il Senato federale, cit. in P.CALDERISI, F. CINTIOLI, G. PITRUZZELLA (a cura di), op. cit., rispettivamente 23 ss. e 80 ss..62 Anzi, con la recente riforma costituzionale in Germania la categoria delle leggi-quadro è stata abrogata conla conseguenza che sono state attribuite alla legislazione “concorrente” dei Länder e a quella esclusiva delBund le materie che ricadevano nella suddetta categoria. La riforma, inoltre, ha anche ridotto l’ambito di appli-cazione della “clausola di necessità”. S. BONFIGLIO, Introduzione della “clausola di necessità” e trasforma -zione del Senato: note dopo il referendum costituzionale, cit..

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In Italia potrebbe introdursi una “clausola di necessità” nelle materie spettanti alla

competenza legislativa esclusiva delle Regioni. Grazie all’introduzione di tale clausola, l’art.

116, comma 3, riguardante ulteriori forme e condizioni di autonomia, potrebbe non essere

modificato. Viceversa, andrebbe rivisto l’art. 120, comma 2, in quanto il potere sostitutivo

del Governo dovrebbe essere mantenuto solo in casi limitati e specificamente indicati dalla

Costituzione stessa.

In dottrina, c’è anche chi fa notare che una Camera delle autonomie, composta da

rappresentanti di Comuni, Province e Regioni, presupporrebbe la scelta a favore di un

“federalismo policefalo”, cioè basato sulla sostanziale equiparazione alle Regioni degli enti

locali territoriali. Tale modello, però, in assenza di meccanismi stabili di coordinamento e di

cooperazione, può determinare facilmente situazioni di contrapposizione e di conflittualità

endemica. Di conseguenza, sarebbe opportuno orientarsi verso un federalismo classico,

incentrato su due soggetti istituzionali principali (Federazione e Stati regionali), sulla sussi-

diarietà e sulla seconda Camera a prevalente composizione regionale 63.

Inoltre, per evitare problemi al funzionamento del sistema di governo è importante

che, come in Germania, anche in Italia la seconda Camera non partecipi al rapporto fidu-

ciario caratterizzante la forma di governo parlamentare. Ciò è particolarmente importante

nel quadro di un trasformazione in senso federale del Senato, ma sarebbe auspicabile

anche nella situazione attuale, considerato che, in presenza di una legge elettorale come

quella in vigore, esiste il rischio concreto che nelle due Camere si formino maggioranze

divergenti. Diventa, quindi, indispensabile spoliticizzare il Senato: eliminando le incertezze

legate all’orientamento politico di quest’Assemblea, l’efficienza di quest’organo - intesa

come stabilità - diventa massima.

Per completare, dunque, il processo di revisione avviato dalla modifica del Titolo V

della Costituzione del 2001, il Senato dovrebbe essere composto prevalentemente dai rap-

presentanti degli esecutivi regionali (da 6 a 12 membri, in base alla popolazione), per rico-

prire almeno la metà dei seggi sul totale; la rimanente parte dei seggi potrebbe essere rico-

perta dai delegati degli esecutivi provinciali e comunali. Allo scopo di far entrare direttamen-

te nel circuito nazionale delle decisioni politico-parlamentari le autonomie territoriali, potreb-

be essere introdotto, per i senatori, il vincolo di mandato rispetto agli indirizzi dei governi

regionali e locali mandatari. Per costoro, quindi, non dovrebbe valere il c.d. libero mandato

che, come emerge dall’esperienza austriaca, rende i membri della Camera Alta più sensibi-

li alle direttive provenienti dal partito di appartenenza, piuttosto che agli interessi dei Länder.

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63 S. BONFIGLIO, Il dibattito sulla trasformazione del Senato in Italia: un’ipotesi di riforma, cit..

Per concludere, si ritiene opportuno citare la posizione di chi, in controtendenza rispet-

to ai sostenitori dell’idea secondo cui il Senato federale sarebbe la condicio sine qua non

del federalismo, ne ritiene la presenza come assolutamente non necessaria 64.

Il falso mito del Senato federale, a parere di questi Autori, nasce e viene alimenta-

to dalla tralaticia ripetizione di testi costituzionali e dottrinali ritenuti la summa del princi-

pio federale, che ha impedito l’analisi fredda e razionale circa la validità e l’attualità di

determinati modelli.

Il primo ad aprire la strada, negli anni ‘50, è Livingston. Questi propone un approccio

sociologico che ignora i test giuridici (imperniati sulla categoria della sovranità e sulla divi-

sione delle competenze) e mira, piuttosto, a misurare il tasso di federalismo presente nella

società e afferma che, in genere, si è troppo inclini a sostenere che le Costituzioni federali

debbano contenere un certo numero di caratteristiche, in assenza delle quali le Costituzioni

stesse non sono federali. Secondo Livingston, infatti, l’essenza del federalismo giace non

nella struttura istituzionale o costituzionale, ma nella società stessa 65.

L’approccio sociologico viene ripreso anche da Friedrich, il quale invita a cercare le

istituzioni federali aldilà del dato formale, svincolando definitivamente il federalismo dalla

rispondenza ad un test deduttivamente prefissato 66.

Oltre che dall’apertura alla sociologia e alla politologia, un fondamentale passo avan-

ti nella critica alla teoria classica del federalismo deriva da un mutamento nel metodo com-

parato 67. Questo si era fossilizzato sullo studio del modello statunitense considerandolo

l’archetipo del federalismo e dando per scontato che dovesse esistere un modello “ideale”

da impiantare nei vari ordinamenti. Inoltre, gli studi comparati erano finalizzati alla soddisfa-

zione di interessi e curiosità circoscritti, più che alla ricerca di nuove letture sistemiche.

Uno dei primi Autori ad utilizzare l’argomento comparato per supportare la tesi della

non necessarietà del Senato è stato Duchacek 68.

Anche gli studi realizzati in Italia nei primi anni ‘90 hanno messo in discussione la vali-

dità del modello Camera delle Regioni che, secondo De Vergottini, è ormai inattuale 69.

64 I. RUGGIU, op. cit., 187.65 W. S. LIVINGSTON, A note on nature of federalism, in Political science quarterly, 1952, n. 67, 81 ss..66 C. FRIEDRICH, Trends of federalism in theory and practice, New York, 1968, 54.67 Tra tutti, G. DE VERGOTTINI, Diritto costituzionale comparato, Padova, 2007, I.6 8 “Esistono federazioni che hanno adottato sistemi unicamerali, quali Camerun, Pakistan, Rodasia,Nyasaland”, D. I. DUCHACEK, Comparative federalism: the territorial dimension of politics, Lanham, 1987, 248.69 G. DE VERGOTTINI, Stato federale, cit., 831 ss..

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Ma, come ben sappiamo, la liberazione dalla modellistica “senatoriale” stenta ad affer-

marsi. La causa di tali resistenze è da rinvenire nella forza storica acquisita dal modello

Camera delle Regioni ma, a parere degli Autori sopra citati, il suo fondamento giustificativo

è estremamente debole 70.

La genesi paragovernativa del Senato americano e del Bundesrat tedesco - modelli di

organi federali per antonomasia - dimostra, infatti, come la Camera delle Regioni non può

considerarsi l’archetipo del federalismo 71.

In linea con quanto accade nei restanti Stati federali o regionali, l’Italia ha costruito

il coordinamento tra centro e periferia sul dialogo tra esecutivi. Tale obiettivo è stato rag-

giunto tramite l’istituzione del “sistema delle Conferenze”, un complesso di organi svilup-

patosi sul solco dell’esperienza della Conferenza permanente per i rapporti tra Stato,

Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano (la c.d. Conferenza Stato-Regioni), atti-

va, con vicende alterne, dal 1983. Tale sistema comprende, attualmente, tre distinti orga-

nismi misti intergovernativi: la sopra citata Conferenza Stato-Regioni, la Conferenza

Stato, Città e Autonomie locali (operante dal 1996) e la Conferenza Unificata (operante

dal 1997); accanto a queste opera un organo di esclusiva composizione regionale, la

Conferenza delle Regioni, come luogo d’incontro dei soli membri regionali per la previa

discussione ed elaborazione di strategie comuni da presentare successivamente innanzi

all’esecutivo centrale) 72.

Nonostante il sistema possa apparire eterogeneo per la presenza contestuale della

rappresentanza regionale, provinciale e comunale, esso, in realtà, è fortemente coordina-

to. Anzi, il fatto di essere “trino” consente l’immissione al centro di tutti gli interessi e aumen-

ta lo spettro della mediazione. D’altra parte, il sistema recupera la sua unità per il tramite

della Conferenza Unificata.

Ebbene, i difetti insiti nel modello Camera delle Regioni 73 hanno portato gli Autori

che li hanno evidenziati a ritenere che la risposta al problema dell’integrazione delle rap-

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70 I. RUGGIU, op. cit., 204.71 Per gli approfondimenti circa la genesi paragovernativa di questi due organi si rimanda a R. MARIUCCI (acura di), Constitution and revolution aux Etats-Units d’Amerique et en Europe, Macerata, 1995; B. PEZZINI,op. cit., 3 ss; I. RUGGIU, op. cit., 205 ss; L. VIOLINI, Bundesrat e camera delle Regioni, Milano, 1989, 17 ss..72 Sull’evoluzione di tali organi, A. CAPOTOSTI, La Conferenza permanente per i rapporti tra Stato e Regioni:una tendenza verso il regionalismo cooperativo, in Le Regioni, 1981, 896 ss.; P. CARETTI, La Conferenzapermanente Stato-Regioni: novità e incertezze interpretative della disciplina di cui all’art. 12 della l. 400/1988,in Le Regioni, 1996, 330 ss.; F. PIZZETTI, Il sistema delle Conferenze e la forma di governo italiana, in LeRegioni, 2000, 481 ss..73 Ovvero il rischio di caduta dei rappresentanti regionali in logiche partitiche, la probabilità che la secondaCamera abbia sempre una posizione svantaggiata rispetto alla Camera Bassa e la considerazione che il cir-cuito Parlamento-Governo rappresenti spesso un continuum piuttosto che due poteri separati, non essendopiù il Parlamento il vero legislatore, ma l’Esecutivo stesso. I. RUGGIU, op. cit., 347 ss..

presentanze territoriali vada ricercata non all’interno del Parlamento, bensì a livello

intergovernativo 74.

Da qui la proposta di riformare e costituzionalizzare il sistema delle Conferenze 75.

Esso ha dimostrato, infatti, compattezza, idoneità al coinvolgimento diretto in tutti i proces-

si normativi del Governo, funzionalità della composizione (i soggetti rappresentativi sono

estratti dagli esecutivi territoriali) 76.

74 Il raccordo tra esecutivi non esclude, comunque, momenti consultivi con il Parlamento. Così, ad esempio,in due modelli federali in cui le Camere Alte, per varie ragioni, sono deboli e scarsamente rappresentative(Belgio e Canada), sono più forti i meccanismi della cooperazione intergovernativa. B. CARAVITA, Lineamentidi diritto costituzionale federale e regionale, Torino, 2006, 53.75 A. ANZON, op. cit..76 I. RUGGIU, op. cit., 377 ss..

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