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2. RIPENSARE IL RAPPORTO TRA MEDIA E GENERAZIONI: CONCETTI, INDICATORI MODELLI. 2.1 Per una definizione condivisa di generazione Alessandro Cavalli le generazioni esistono in quanto fenomeni della realtà sociale MA è difficile utilizzare questo concetto nella ricerca empirica perchè può avere tanti significati e perchèè qualcosa di difficile da tradurre in indicatori empirici di fenomeni osservabili attraverso questi indicatori necessità di individuare una definizione condivisa del concetto e gli indicatori per renderla operativa. Partiamo dalla definizione. Gallino la sua definizione è un buon punto da cui partire MA si rivela insufficiente perchè divarica molto le diverse concezioni storicista, genealogica e demografica. - Concezione storicista “insieme di individui che hanno vissuto allo stesso momento un’esperienza storica determinante e irripetibile, traendo da essa il proprio orientamento morale e il senso di condividere un senso comune”. Secondo la prospettiva non è rilevante l’età in cui questo evento si verifica, ma solo il fatto di averlo condiviso (si appartiene a una generazione indipendentemente dalla propria data di nascita). - Concezione genealogica nozione di generazione ridotta al grado di ascendenza o discendenza biologica rispetto a un individuo di riferimento: essere nonno/padre/figlio/nipote di un soggetto significa appartenere a una generazione. MA è una definizione non stabile in quanto muta al mutare del soggetto di riferimento e gli stessi individui possono occupare posizioni differente contemporaneamente. - Concezione demografica una generazione è una coorte di individui nati entro un medesimo arco temporale. Con questa definizione di generazione, però, Gallino sembra svuolatrla di valore sociologico: non si è troppo lontani da una concezione puramente temporale secondo cui generazione diventa sinonimo di età (bambini e giovani, adulti, anziani), si parla di semplici classi di età. Donati distingue tra diverse accezioni: - Generazione come coorte demografica - Accezione storicista - Come categoria di consumo (“insieme di individui che condividono uno stile di vita rispetto al mercato”) - Come discendenza familiare (“posizionamento nel prima-dopo delle relazioni di filiazione e parentela”) - Accezione relazionale che tiene conto di tutte e quattro le accezioni “come relazione sociale che lega coloro che hanno una

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2. RIPENSARE IL RAPPORTO TRA MEDIA E GENERAZIONI: CONCETTI, INDICATORI MODELLI.

2.1 Per una definizione condivisa di generazione

Alessandro Cavalli le generazioni esistono in quanto fenomeni della realtà sociale MA è difficile utilizzare questo concetto nella ricerca empirica perchè può avere tanti significati e perchèè qualcosa di difficile da tradurre in indicatori empirici di fenomeni osservabili attraverso questi indicatori necessità di individuare una definizione condivisa del concetto e gli indicatori per renderla operativa.

Partiamo dalla definizione.

Gallino la sua definizione è un buon punto da cui partire MA si rivela insufficiente perchè divarica molto le diverse concezioni storicista, genealogica e demografica.

- Concezione storicista “insieme di individui che hanno vissuto allo stesso momento un’esperienza storica determinante e irripetibile, traendo da essa il proprio orientamento morale e il senso di condividere un senso comune”. Secondo la prospettiva non è rilevante l’età in cui questo evento si verifica, ma solo il fatto di averlo condiviso (si appartiene a una generazione indipendentemente dalla propria data di nascita).

- Concezione genealogica nozione di generazione ridotta al grado di ascendenza o discendenza biologica rispetto a un individuo di riferimento: essere nonno/padre/figlio/nipote di un soggetto significa appartenere a una generazione. MA è una definizione non stabile in quanto muta al mutare del soggetto di riferimento e gli stessi individui possono occupare posizioni differente contemporaneamente.

- Concezione demografica una generazione è una coorte di individui nati entro un medesimo arco temporale. Con questa definizione di generazione, però, Gallino sembra svuolatrla di valore sociologico: non si è troppo lontani da una concezione puramente temporale secondo cui generazione diventa sinonimo di età (bambini e giovani, adulti, anziani), si parla di semplici classi di età.

Donati distingue tra diverse accezioni:

- Generazione come coorte demografica- Accezione storicista- Come categoria di consumo (“insieme di individui che condividono uno stile di vita rispetto al

mercato”)- Come discendenza familiare (“posizionamento nel prima-dopo delle relazioni di filiazione e

parentela”)- Accezione relazionale che tiene conto di tutte e quattro le accezioni “come relazione sociale che

lega coloro che hanno una stessa collocazione nela discendenza familiare rispetto al modo nella discendenza familiare rispetto al modo in cui tale collocazione viene trattata dalla società attrverso le sfere sociali che mediano tali relazioni all’interno e all’esterno della famiglia”.

Donati riconosce che” il senso del termine “generazione” dipende comunque dall’uso pratico che se ne fa” (es. Ricerca di marketing dimensione di categorie di consumatori).

Donati sembra suggerire l’opportunità di fondere insieme diverse definizioni visione di sintesi o multidimensionale della categoria di generazione, visione in cui convivano tratti anagrafici, storici, biografici, culturali. Categoria multidimensionale utile all’interno di un paradigma teorico e di ricerca per il quale le diverse segmentazioni che attraversano il corpo dei consumatori non possono essere ricondotte alle sole caratteristiche individuali, ma sono da mettere in relazione a più fattori contemporaneamente (contesto familiare, reti amicali, appartenenza a un mondo di valori condiviso, sviluppo storico dei media..).

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MA difficile definire un concetto senza tener conto della sua storia. Il punto di partenza è il saggio “Il problema delle generazioni” di Karl Mannheim a lui si deve la ricostruzione della storia ottocentesca del concetto nella tradizione positivistica e in quella romantico-storicista.

Tradizione positivista di origine francese ed è improntata a una concezione lineare del progresso, “al centro della questione sta l’aspirazione di trovare una legge generale del ritmo storico”. Per Comte il ritmo del progresso dipenderebbe dalla durata media della vita in virtù del ritmo frenante e conservatore esercitato dalle generazioni più anziane rispetto alla spinta innovativa di quelle più giovani: una durata media troppo lunga rallenterebbe il ritmo del progresso, una troppo corta renderebbe impossibile la trasmissione dell’esperienza. Implicita è una “psicologia schematizzante” che vede la vecchiaia “sempre come l’elemento conservatore e la giovinezza solo nella sua irruenza”. Decisiva risulta la questione puramente temporale Mentrè individua in cicli di trent’anni la ritmica delle generazioni (i primi 30 anni sono quelli della formazione, dopo inizia la fase di creazione personale e, infine, l’uomo abbandona la vita pubblica a sessant’anni).

Tradizione romantico-storicista tipica della cultura umanistica tedesca in cui la questione ha, invece, un carattere qualitativo e per certi versi soggettivo. Dilthey intende la nozione di generazione come un’unità di misura temporale interiore, sperimentabile soltanto a posteriori, alternativa al semplice calcolodegli anni o delle decadi. Questa concezione di generazione consente di impostare la questione della contemporaneità: è quella che Mannheim definisce “non contemporaneità del contemporaneo”, il fatto, cioè, che nello stesso tempo cronologico vivono diverse generazioni, ciascuna con una propria esperienza storica e biografica, e dunque con vissuti temporali qualitativamente diversi. La convinvenza di generazioni porta alla formazione dello Zeitgeist, allo “spirito del tempo”, che dunque non ha un carattere assoluto o unitario, ma stratificato. Alla tradizione romantico-storicista, Mannheim rimprovera la dimenticanza dei fattori sociali. Tra sfera naturale e sfera intellerruale operano rapporti sociali dotati di una forza plasmante in grado di modellare creativamente le forme culturali.

Prospettiva di Mannheim superamento dell’antitesi tra concezione positivista e concezione romantica mediante una nozione socialmente più articolata di generazione che distingue il concetto in:

- Collocazione di generazione, semplice legame fra individui che occupano lo stesso spazio sociale in virtù del fatto di essere nati nello stesso periodo. Seppure sia fondata sul dato biologico (stesso anno di nascita), la collocazione di generazione non è deducibile da o contenuta in esso; essa caratterzza gli individui limitandone la sfera si esperienze storico-sociali: “ogni collocazione esclude prima di tutto un gran numero di tipi possibili d’esperienza, di pensiero, di sentimento e d’azione, e limita lo spazio dell’esplicarsi della individualità a possibilità determinate e limitate”. A ogni collocazione è dunque associabile una tendenza a determinati comportamenti/sentimenti/pensieri. Questo implica che i membri di una generazione partecipino in modo parallelo alla stessa fase del processo collettivo: in virtù di quella che M. Chiama stratificazione delle esperienze, “non il fatto di essere nati nello stesso momento cronologico costituisce la collocazione nello spazio sociale, ma solo la possibilità che ne deriva di partecipare agli stessi avvenimenti e di fare ciò partendo dalla medisima forma di “coscienza stratificata”. Ciò che differenzia le diverse collocazioni di generazioni non si basa solo sugli eventi storici che esse possono aver vissuto, ma sul modo in cui li hanno vissuti in base all’età: ciò che per i maturi può essere oggetto di una coscienza riflessiva e problematizzante, per i più giovani può rappresentare una concezione naturale del mondo. La collocazione di generazione costituisce, quindi, una potenziale condivisione dello stesso spazio storico-sociale in base all’età in cui si sperimentano gli stessi eventi.

- Legame di generazione, partecipazione ai destini comuni. Non basta essere collocati nella medesima generazione per appartenervi consapevolmente: bisogna partecipare attivamente al momento storico in esame. Un legame di generazione è, quindi, l’attualizzazione delle potenzialità rappresentate dalla semplice collocazione.

- Unità di generazione, si innestano sulla condivisione del legame di generazione. Appartenere a un’unità di generazione significa condividere una particolare “visione di insieme”. Le unità particolari di generazione si manifestano in gruppi concreti che formano il nucleo di

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raggruppamenti più ampi caratterizzati dalla condivisione di un contesto di avvenimenti vissuti, percepiti, valutati e elaborati, “una pulsazione e una configurazione affine in individui all’interno della generazione”.

Questa definizione di generazione porta a tre conseguenze:

- All’interno di una medesima collocazione di generazione e di uno stesso legame di generazione, possono manifestarsi diverse unità di generazione. (Es. La “generazione del ’68”, non si definisce solo in base alla data di nascita che ha collocato i membri in un determinato contesto storico/sociale/culturale, ma in proporzione alla partecipazione con cui i cuoi membri hanno avvertito consapevolmente il “destino comune” di tale condizione (legame di generazione) e vi hanno corrisposto aderendo in modo più o meno attivo ai diversi gruppi/movimenti (unità di generazione. Aver fatto il Sessantotto militando nella fila del Movimento Studentesco o nelle organizzazioni giovanili del Movimento Sociale vuol dire condividere collocazione e legame, ma appartenere a unità diverse).

- La consapevolezza di far parte di una generazione può andare oltre i confini puramente biologici o anagrafici definiti dalla data di nascita. Determinati impulsi di una generazione sono capaci di comprendere individui appartenenti a generazioni precedenti o posteriori. (Es. La “generazione del ‘68” non è formata solo da colo che in quell’anno hanno partecipato ai movimenti studenteschi, ma anche da quelle avanguardie generazionali che li hanno preceduti e da quelle coorti più giovani che sono state assorbite negli anni seguenti.

- Problema dell’ampiezza di una generazione: se non si tratta di un dato puramente biologico e la continuità del processo di riproduzione introduce incessantemente nuovi individui, è fondamentale individuare nel contesto storico quelle faglie che traducono in atto la potenzialità di una collocazione di generazione (creazione del legame e dell’unità). Per M. Questa trasformazione dipende dalla velocità del mutamento sociale: quando mutamenti sociali e intellettuali sono così rapidi da accellerare il mutamento degli atteggiamenti impedendo un cambiamento graduale dei modelli di esperienza/pensiero, allora si dà luogo a un nuovo centro di formazione. In questo modo viene risolto il problema dell’ampiezza delle generazioni: se le generazioni si susseguono ogni anni, ogni 15 anni o ogni 30 anni, dipende dalla frequenza con cui avvengono vere e proprie catastrofi/discontinuità nel processo di mutamento sociale. Le trasformazioni storiche portano alla formazione di una generazione nuova, l’attualizzazione di una nuova collocazione generazionale in legami e unità di generazioni veri e propri.

Quali sono le discontinuità più significative? Da una parte esistono periodi storici molto visibili (guerra, dopoguerra, resistenza), dall’altra bisogna tener presenti due principi di individuazione. Il primo suggerisce che i momenti di cesura rilevanti siano segnati da trasformazioni significative che investono quasi contemporaneamente diversi aspetti dell’esperienza quotidiana (sistema politico, mercato del lavoro, consumi, mode..). Il secondo ricorda che la segmentazione delle generazioni puà riflettere discontinuità storiche differenti a seconda dell’attenzione che guida lo sguardo del ricercatore. Inoltre, non si può non tenere conto del rischio teorico e metodologico di definire una generazione esclusivamente sulla base dei tratti che essa manifesta in un dato periodo storico.

Si rifanno a Mannheim Edmus e Turner offrono integrazioni utili all’impostazione del problema:

- La prima riguarda il ruolo delle cesure violente, di carattere storico, nel dare luogo a una nuova generazione la generazione è definita nei termini di una risposta collettiva a un evento traumatico che unisce una particolare coorte di individui in una consapevole stratificazione sociale basata sull’età.

- La seconda riguarda la natura e le forme di questa consapevolezza, chiamata coscienza generazionale le generazioni si costriscono attraverso l’istituzionalizzazione della propria memoria mediante rituali collettivi e narrative condivise.

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Anche Michael Corsten sviluppa un commento a Mannheim focalizzandosi sul senso di appartenenza generazionale; i membri di una generazione non condividono solo un comune background di esperienze, ma anche la consapevolezza che anche gli altri membri della stessa generazione condividono lo stesso background. Il problema diviene: su cosa si fonda questa consapevolezza? Come si sviluppa e si mantiene? Corsten fa riferimento alla semantica storica, idea che una generazione si riconosca come tale se e quando è in grado di produrre un ordine di significati alimentati attraverso le pratiche dicorsive che si realizzano tra i membri della generazione stessa. Si tratta di un processo di cristalizzazione dell’enciclopedia di una generazione e delle regole linguistiche con cui farvi riferimento che produce una forma di identità culturale. Nella produzione di questa capacità condivisa di riflettere sulla propria esperienza generazionale negli stessi termini e con gli stessi criteri, ha un peso determinante l’età dell’adolescenza, in cui la questione dell’identità personale è avvertita con maggior urgenza. Le esperienze compiute durante l’adolescenza sono importanti perchè il comune contesto storico, culturale e sociale fornisce a un vasto gruppo di adolescenti i medesimi strumenti per definire il proprio sè individuale, a partire proprio da quella semantica generazionale che costituisce la lingua comune e il repertorio tematico con cui riflettere sulla proprie identità in formazione.

Intorno ai soggetti direttamente coinvolti, ci sono altri individui, di poco più giovani o più vecchi, che possono partecipare alla stessa intersezione e che condividono in parte la stessa semantica generazionale; ma il progressivo allontanamento dal momento storico contruibuisce a una sorta di invecchiamento precoce della generazione, soprattutto agli occhi di chi si avvia a entrare nell’adolescenza subito dopo di loro. Torna pertinente la prospettiva del conflitto generazionale cara a Bourdieu, anche se sulla scorta di Corsten dovremmo pensare che, almeno nel flusso della vita quotidiana, la coesistenza discorsiva intergenerazionale alimenti non due, ma tre (o più)generazioni in competizione: quella dei padri, quella dei figli, e quella dei fratelli maggiori di questi ultimi. Una generazione che si costituisce mediante la cristallizzazione della propria semantica adolescenziale deve differenziarsi sia da quella dei propri genitori, sia da quella dei giovani che l’hanno preceduta.

Edmunds e Turner traducono la nozione di conflitto intergenerazionale in quella di alternanza in quella di alternanza tra generazioni attive e generazioni passive. Le prime sanno sfruttare al meglio le risorse offertedalle contigenze storiche, promuovono i propri tratti identitari, conquistano una leadership morale o professionale e sviluppano una forte solidarietà intragenerazionale che eleva barriere nei confronti dei più giovani. Le generazioni passive, invece, sono composte da coloro che sono nati “troppo tardi” per far parte delle prime.

Edmunds e Turner ipotesi della nascita di una nuova generazione, la cui esperienza comune in età giovanile è caratterizzata da due fattori complementari e da un’emergenza contingente; i fattori complementari sono la progressiva globalizzazione dei fenomeni culturali e la crescente disponibilità di tecnologie della comunicazione che stringono i membri della generazione entro un network di possibili relazioni. Non si tratta solo di condividere a livello mondiale l’esperienza di fruizione dei medesimi prodotti culturali, ma anche di disporre di una serie di tecnologie che intensificano la capacità dei membri della Internet Generation di riflettere in modo collettivo sulla propria comune condizione. L’emergenza contingente viene individuato nell’attacco al World Trade Center dell’11 settembre 2001, evento traumatico che grazie ai media ha assunto una portata mondiale fino a quel momento inedita.

Questa è un’ipotesi molto coerente con quanto detto sinora MA suscita delle critiche la stessa Edmunds afferma che la comunicazione globale è così istantanea che questi eventi finiscono per essere transitori e, non avendo un effetto a lungo termine, non sono in grado di produrre una generazione politica globale”.

D’altra parte, la difficoltà a verificare l’esistenza nei fatti l’esistenza di una generazione globale legata all’evento dell’11 settembre consente a Donati di evidenziare i limiti dell’applicazione troppo rigida della nozione di generazione proposta da Mannheim nozione troppo focalizzata sulla dimensione storico-politica da perdere di vista la pertinenza di una molteplicità di fattori intervenienti nella produzione delle identità generazionali, non necessariamente traumatici (es. Uso di tecnologie). Donati

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conclude:”le generazioni diventano un soggetto sociale se e solo se si realizzano alcune condizioni che definiscono i riferimenti simbolici, le connessioni, i legami, quando gli aggregati di individui producono un effetto emergente, cioè creano delle interazioni per cui diventano effettivamente un soggetto attivo”, ma quali siano queste specifiche condizioni dipende dal punto di vista dell’osservatore e dal suo specifico oggetto di studio.

2.2 Per una operativizzazione del concetto di generazione nel contesto sociale italiano: elementi esogeni e endogeni

Definizione puramente operativa di generazione focalizzata sull’identità delle diverse coorti di pubblico televisivo ed è elaborata sulla base delle acquisizioni del marketing generazionale e della mappatura dei prodotti dell’industria culturale italiani nei decenni Sessanta, Settanta, Ottanta, Novanta, cui corrispondevano diversi momenti storico-sociali, e altrettante fasi del sistema mediale-televisivo. Questi elementi di carattere storico-sociale vengono chiamati esogeni lasciavano intravedere due generazioni paleotelevisive (formate durante il periodo del monopolio della Rai) e due generazioni neotelevisive (formate nel contesto duopolistico). L’elemento endogeno, invece, era indagato nelle biografie mediali dei soggetti e nella loro capacità di riconoscersi in un’identità culturale comune ai proprio coetanei sulla scorta della condivisione delle stesse memorie televisive e mediali.

Punto di vista esogeno prendendo il periodo tra il 1958 e il 2001 si vuole individuare i periodi più frastagliati a livello di mutamenti strutturali nella vita nazionale. Inoltre, questa ripartizione, basata su dati demografici, viene confrontata con altre segmentazioni suggerite in altri contesti nazionali dalla ricerca sociologica e di marketing.

Punto di vista endogeno evidenziare la capacità dei media a fornire materiali e repertori per le diverse semantiche generazionali (ogni coorte generazionale ha una memoria mediale comune).

Nella loro duplice definizione oggettiva e soggettiva, esogena e endogena, le generazioni costituiscono forme non rigide di appartenenza collettiva, sia nel senso che una collocazione generazionale può non attualizzarsi in un unico legame, sia nel senso che l’appartenenza generazionale può avere una componente elettiva, di scelta personale che supera i limiti cronologici imposti dalla biografia di ciascuno.

Rimane, però, il problema di porre dei confini demografici tra una generazione e l’altra. L’utilità del concetto di generazione per segmentare il corpo sociale si gioca nel confronto con la struttura demografica di una popolazione

Schema che rappresenta la consistenza numerica di ogni coorte al momento dell’ultimo censimento (2001).

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Al calo delle nascite del periodo bellico (1940-1945), segue un primo mini baby-boom dell’immediato dopo guerra (1946-1949); il baby-boom vero e proprio è, invece, quello che si accompagna allo sviluppo economico dei primi anni ’50 e fino alla metà degli anni ’60; un eco di questa crescita demografica viene osservata, in scala ridotta, con l’ingresso di queste ultime coorti nella fase genitoriale del proprio corso di vita, intorno ai trent’anni (1988-1992).

Proiettando su questo andamento demografico la segmentazione proposta nelle ricerche alcune conferme strutturali. In particolare vengono individuate 4 generazioni:

- Dopoguerra Generazione caratterizzata da un’infanzia segnata dall’esperienza del dopoguerra e da un’adolescenza in cui la televisione penetra lentamente, ma con la forza della novità. E’ la generazione di coloro che sono nati a partire dal 1940 e che entrano nell’adolescenza con l’avvio del Boom economico e con la nascita della televisione nel 1952/54. Si tratta di individui che oggi hanno tra i 58 e i 60 anni.

- Boomers Coloro che sono nati tra il 1953 e il 1965, si caratterizzano per aver vissuto la propria adolescenza tra il 1967 e il 1979 (periodo “della contestazione) e per aver sviluppato fin da subito familiarità con il mezzo televisivo. Si può definire generazione del Carosello, formata da coloro che nel 2010 aveva tra i 45 e 57 anni.

- Neos Coloro che sono nati tra il 1966 e il 1978, hanno sperimentato primaturamente , o non hanno fatto in tempo a conoscere, la stazione della contestazione e del terrorismo. Il loro percorso scolastico è segnato dalla scuola unificata e la loro adolescenza si dispiega tra il 1980 e il 1992, fino alla crisi della Prima Repubblica. Dal punto di vista mediale, sono la generazione che socializza la Neotv, nuovo immaginario dell’emittenza commerciale e clima ottimista degli anni ’80. Generazione composta da coloro che oggi ha tra i 32 e i 44 anni. Corrispondono alla “X Generation” del marketing generazionale.

- Posts Coloro che sono nati tra il 1979 e il 1991, gruppo eterogeneo composto da giovani lavoratori e studenti che nel 2010 hanno tra i 19 e i 31 anni e la cui adolescenza si è dispiegata a cavallo tra i due secoli. Videogames, internet e cellulare concorrono con la televisione per conquistarsi il loro tempo libero. Il marketing generazionale li definisce “Y Generation”, mentre altre etichette li qualificano come “Digital natives” o “Millenials”. Tra di loro, molti sono figli di Baby-boomers.

Le due generazioni più mature tratti di maggiore discontinuità col passato. “Dopoguerra” e “Boomers” sono le prime generazioni dell’Italia repubblicana e modernae la distanza dai loro genitori è segnata dalla frattura rispetto all’esperienza storica del Fascismo, della Guerra e della Resistenza e dall’intero processo di modernizzazione del Paese (scolarizzazione diffusa, industrializzazione, unificazione linguistica, femminismo, liberazione sessuale..). In questo contesto la televisione ha la funzione di ammortizzare e guidare il cambiamento sociale.

Se le trasformazioni sperimentate dalle due generazioni successive possono essere state più veloci, possono essere considerate meno radicali; la discontinuità con le generazioni precedenti è meno netta: il sistema politico/economico/scolastico/culturale/dei consumi conoscono grandi cambiamenti MA si tratta soprattutto di riforme/tendenze/mode che si smarcano rispetto all’ordine precedente, senza contraddirlo nella sostanza. Dal punto di vista dello sviluppo televisivo in Italia potremmo definirli “Neotelevisivi” e “Posttelevisivi”coloro che hanno socializzato fin da subito con la Tv commerciale e coloro che sono cresciuti in un contesto fortemente digitale (orientato a Internet, videogames, cellulare, Tv satellitare di Sky).

A questi elementi esogeni, vengono affiancati processi endogeni di costruzione soggettiva dell’identità generazionale l’emergere delle rispettive “semantiche generazionali” e dei rispettivi we-sense.

Le generazioni dei “Dopoguerra” e dei “Boomers” identità più definita e riconoscibile esse hanno avuto più tempo per raccontare la propria differenza , hanno avuto accesso ai posti chiave che alimentano e guidano il racconto dell’identità nazionale (informazione, cinema, lettura, politica), hanno

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codificato un repertorio a cui attingere per rievocare la propria giovinezza (anni ’60-’70), hanno elaborato un sistema di inclusione-esclusione nei confronti di chi è venuto dopo. La loro identità è più solidamente definita e condivisa perchè i loro processi costitutivi endogeni hanno avuto più tempo (hanno avuto più tempo per formare un’ auto-narrazione condivisa, un’identità comune).

Prendere le distanze da quella precedente è stata una strategia probabilmente inevitabile per “Neo” e “Post” strategia che ha avuto meno materie prime per lavorare didifferenziazione, meno tempo per costruire la propria semantica generazionale. Queste due generazioni presentano tratti identitari meno marcati e tendono ad assomigliarsi, questo è dovuto al fatto che i programmi e i linguaggi che hanno accompagnato la socializzazione televisiva dei “Neo” e dei “Post” sono gli stessi. Le due generazioni, inoltre, sono accomunati dalla progressiva estensione dell’adolescenza: l’uscita dalla famiglia di origine si colloca sempre più avanti negli anni. La visione meno meccanicista di generazione ci permette di comprendere che non esistono confini netti tra una generazione e un’altra e che esistono delle variabili che costituiscono il set di condizioni in cui si esercita una sorta di appartenenza volontaria, esercitata in particolare dai soggetti nati a cavallo tra gli anni che chiudono una generazione e quelli che ne aprono un’altra.

Tra “Neo” e “Post”, i primi appaiono comunque più facilmente identificabili sulla scorta di una serie di tratti che, con il progressivo ingresso nelle fasi più mature della vita, tendono ad avvicinare i più anziani dei “Neo” ai più giovani dei “Boomers”. La generazione più giovane in assoluto resta la più difficile da inquadrare, è ancora in via di definizione.

Se, come suggeriscono Edmunds e Turner, a partire dal trauma dell’11 settembre siamo di fronte all’atto di nascita di una nuova generazione, dobbiamo accettare l’idea che la sua identità non sia ancora scritta.

2.3 Per concludere: un modello teorico del rapporto tra media e generazioni

Se dovessimo tentare una sintesi una generazione è “una coorte di età che ha un peso e un ruolo sociali in virtù del fatto di costituirsi come un’identità culturale condivisa”. Si tratta di una categoria multidimensionale, in cui convivono tratti biografici, storici e culturali, in base alla quale l’appartenenza a un certo gruppo di età è connesso a specifiche esperienze storiche e allo sviluppo di particolari abitudini, modi di pensare e visioni del mondo.

Tratti caratterizzanti:

- Alcuni sono ascritti: le persone di una medesima generazione sono nate negli stessi anni, hanno dunque la medesima età e si trovano nella stessa posizione nel loro corso di vita.

- Altri sono acquisiti: le persone condividono una “semantica generazionale”, cioè un ordine di significati propri solo di quella generazione. Questa semantica è continuamente alimentata da pratiche discorsive e rituali simbolici attivati tra i membri della generazione ed è in grado di definire un we-sense generazionale, cioè la consapevolezza di un’identità condivisa.

Concetto di “generazione” utile per lo studio dei media e delle audience perchè, da una parte, consente delle operazioni necessarie a fronte delle trasformazioni in atto nel sistema dei media e, dall’altra, obbedisce a alcune recenti istanze proprie degli audence studies: in particolare, supera un’ottica “mediacentrica” e si concentra sulle “persone in relazione” che agiscono in contesti sociali e culturali della vita quotidiana; abbandona anche una prospettiva “audience centrica”e ci concentra sulle pratiche culturali, sui discorsi sociali, sui consumi in grado di agire come processi di mediazione, produzione, interpretazione e messa in circolazione di significati sociali e valori; elude una netta distinzione tra produzione e consumo, produttori e consumatori, e si adatta al venir meno della reciproca distinzione; ripropone la questione delle identità collettive con il guadagno della logica della multidimensionalità: se esiste un’identità culturale “generazionale”, la complessità delle variabili che

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concorrono a definirla e il dinamismo dei processi in gioco sono un ottimo antidoto al determinismo e riduzionismo, proponendo processi sia di individuazione che differenziazione, tanto all’interno delle singole generazioni, quanto fra le diverse generazioni, e articolando meglio la dialettica tra mutamento sociale e tradizione culturale.

Domanda: che rapporto c’è tra media e generazioni?Approcci nominati precedentemente cercano di rispondere:- Il marketing generazionale tende a pensare alle generazioni in termini di mercato e dunque a dire

che persone di generazioni diverse consumano media diversi.- Il determinismo tecnologico porta a pensare che tecnologie mediali diverse producono generazioni

di utenti diverse.Entrambe le risposte sono contraddittorie e fortemente riduttive:- L’ipotesi del marketing generazionale perchè accentua i comportamenti di consumo rispetto al

processo di formazione dell’identità generazionale, sottovalutando l’importanza dei media in questo processo.

- L’ipotesi dei “nativi digitali” per il motivo opposto, prende in considerazione il ruolo dei media e delle tecnologie di comunicazione come se fossero i soli fattori determinanti in questo processo.

Entrambe si concentrano su fattori esogeni e oggettivi della costruzione generazionale, dimenticando quelli endogeni e soggettivi.

Aroldi propone un modello schematico che descriva, da un punto di vista fenomenologico, i complessi processi di costruzione dell’identità generazionale e il ruolo che i media svolgono al loro interno. Si tratta di un modello che isola, in un dato momento storico corrispondente al momento in cui l’osservatore compie la sua analisi,i “campi di forza” che hanno agito nel passato e nel presente, “congelandoli” per tentare di descrivere i rapporti che li articolano reciprocamente e che in realtà si realizzano dinamicamente nel corso del tempo. Al centro di questi campi forza si colloca l’dentità generazionale, che è momentanea in quanto continuamente sottoposta a riscrittura all’interno di un processo sempre aperto (si tratta dell’identità di quel preciso momento). A questa provvisoria identità generazionale corripondono dei valori/ideali/sensibilità/ preferenze che Bordieu chiama habitus e che si trasformano in forme di azione, modalità di partecipazione politica, stili di consumo, diete mediali.

Nel modello vengono individuati due campi di forza caratterizzati da una dimensione oggettiva ed esogena; e uno caratterizzato da una dimensione soggettiva e endogena.

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1. Il primo dei campi di forza esogena si riferisce al passato, al periodo della formazione: si tratta di eventi e congiunture storico-politiche e di un set di vincoli e risorse diversamente distribuite nella popolazione, alcune delle quali condivise tra tutti, altre da gruppi minoritari o elitari, sia in base alla stratificazione sociale, sia in base a altre variabilisociodemografiche (età,sesso, residenza). In questa dimensione esogena, intesa come “struttra di opportunità”, i media vengono intesi come “apparati socio-tecnici che svolgono una funzione di mediazione nella comunicazione tra soggetti”, essi sono un elemento naturale dell’esperienza quotidiana che caratterizza gli anni della formazione di ognuno di noi (es. Cellulare, totalmente familiare per i giovani, ma tecnologia addomesticata in età matura). Ma i media non sono solo le tecnologie, ma anche i loro contenuti e i rituali da essi istituiti che si stabilizzano nella memoria di ciascun membro di una stessa generazione come caratteristici del periodo della sua formazione e che possono essere utilizzati come strumenti per rievocare un passato condiviso e attivare il riconoscimento reciproco (es. Carosello). Inoltre dai media dipende la possibilità di sperimentare in modo condiviso gli stessi eventi storici che sono fondamentali nella costruzione della generazione (es. Sbarco sulla Luna visto in televisione): l’evento e le circostanze in cui viene vissuto si saldano indissolubilemte con un tempo e un luogo precisi della biografia personale. Grazie ai media, quelle esperienze concorrono a istituire il “senso comune”, si crea una concezione del mondo condivisa con cui si orienteranno le esperienze successive.

2. L’area superiore dello schema rappresenta il campo di forze endogene, attive nella dialettica tra passato e presente condivisi, è l’area della consapevolezza condivisa, della riflessività La riflessività è quello scarto rispetto al senso comune per cui i membri della stessa generazione “non hanno solo qualcosa in comune; hanno in comune la consapevolezza di avere qualcosa in comune” (Corsten). Questo we sense riflessivo si costituisce attraverso pratiche discorsive (rituali, narrazioni, mutue rappresentazioni..). I media rappresentano le risorse di comunicazione che rendono possibili i discorsi sociali, la visibilità reciproca, la presa di parola in pubblico a nome di altri, il riconoscimento reciproco; i media sono la sfera pubblica all’interno della quale è possibile riconoscere un “noi” su base generazionale, resistere alle rappresentazioni che le altre generazioni fanno di “noi” e costruire le “nostre” rappresentazioni delle altre generazioni.

3. Il secondo campo di forze esogene si riferisce agli eventi storici, vincoli sociali e culturali che si danno nel presente a partire dalle stesse condizioni anagrafiche e biografiche che derivano dall’appartenenza a una generazione. Queste condizioni sono condivise con i membri della stessa coorte generazionale: oggi, sulla base delle esperienze passate comuni, si trovano a fronteggiare gli eventi in via esclusiva con i membri della propria generazione in quanto si condivide la medesima posizione sociale che deriva dall’età e la medesima identità culturale. Le tecnologie e i media sono risorse e vincoli comunicativi e simbolici che interagiscono con quelli depositati nella memoria di ciascuno, che intercettano i gusti consolidati nel tempo, e si inseriscono in trame di abitudini e aspettative. L’offerta è uno dei terreni privilegiati del marketing, sia che si tratti di intercettare un segmento particolare di pubblico facendo leva sui suoi ricordi, sia che si tratti di costruire il valore di un prodotto attraverso una comunicazione commerciale che attinga all’immaginario o all’estetica di un’epoca e di una generazione. I media forniscono, quindi, una serie di stimoli in grado di attivare/riattivare/modificare le risorse identitarie dei membri di una generazione agendo da catalizzatori per la memoria individuale e collettiva capaci di attivare processi di revival o nostalgici (es. Nel 2009 hanno commemorato i 40 anni dello sbarco sulla Luna).

4. L’area inferiore rappresenta la sfera dell’azione sociale in cui si realizzano le scelte e si assumono i comportamenti in coerenza con il proprio sistema di valori e la propria idenità sociale (in questa sfera troviamo la partecipazione politica, l’adesione a istituti giuridici, comportamenti di consumo..). Per quanto riguarda l’universo dei media, l’esito osservabile di queste scelte è costituito dagli usi concreti delle diverse tecnologie, dalle diete mediali, dai consumi simbolici; nello stesso tempo, l’agency che traduce l’habitus generazionale in forme di consumo distinte entra in tensione riflessiva con l’identità generazionale ora confermandola, ora mettendola in discussione: proprio perchè si tratta di un’identità collettiva estremamente dinamica continuamente ridefinita dagli eventi, il tentativo di congelarla una volta per tutte (come voleva il marketing generazionale) risulta fallimentare.In questa area, rappresentata dall’esito delle scelte di consumo operati dai

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membri delle diverse generazioni nell’universo delle pratiche possibili, si riflette la propria identità generazionale, rendendo socialmente visibile l’appartenenza a una o all’altra coorte. Questa è la sfera più articolata e complessa in cui a tattiche distintive si sovrappongono pratiche intergenerazionale (es. Vasco Rossi è in grado di unire padri, figli e nipoti anche se hanno vissuto biografico ed emotivo differenti). Nello stesso tempo, si tratta dell’ambito in cui si esercita pienamente quella produttività delle audienceche la ricerca ha individuato nell’interpretazione dei testi e nella negoziazione del loro senso (es. Quanto conta l’appartenenza generazionale nel riconoscimento di un’icona della tv italiana come Mike Bongiorno? Familiare ai più maturi per “Lascia o raddoppia?”, ai Boomers per “Rischiatutto”, ai trentenni per “Telemike” e ai più giovani per gli spot con Fiorello?).