Verona-In 27

40
N° 27 - DICEMBRE 2010 - TRIMESTRALE EDITO DALLO STUDIO EDITORIALE GIORGIO MONTOLLI - POSTE ITALIANE S.P .A.- SPED. IN ABB. POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA 1 - DCB VR i n VERONA

description

Verona-in 27

Transcript of Verona-In 27

Page 1: Verona-In 27

N° 27 - DICEMBRE 2010 - TRIMESTRALE EDITO DALLO STUDIO EDITORIALE GIORGIO MONTOLLI - POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. IN ABB. POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA 1 - DCB VR

inVERONA

Page 2: Verona-In 27

Le immagini dell’alluvione sono di Giovanni Brighente

Page 3: Verona-In 27

COLLETTA PRO ALLUVIONATI EST VERONESE PROMOSSA DA CARITAS DIOCESANA

Caritas Diocesana VeroneseCausale Alluvione est veronese

Conto Corrente Postale10938371Unicredit, Se di Verona

IBAN: IT 10 I 02008 11770 000005616284

Page 4: Verona-In 27

di Elisabetta Zampini

I giorni che precedono e accom-pagnano il Natale e la fine del-l’anno hanno una consistenzaspeciale, sia che ci si lasci coinvol-gere dalle corse, dai richiami, dal-le luci, dalle scadenze religiose ointeriori, sia che li si voglia di pro-posito ignorare.È il tempo giusto per i racconti.Per leggere e ascoltare storie. Nar-razioni che hanno la pretesa nondi spiegare qualcosa, ma di ag-giungere senso. Racconti che sia-no un buon pane, una luce per il-luminare una notte. Dove i perso-

cari della propria biblioteca per-sonale. Sono quattro storie cheprovengono simbolicamente daquattro continenti, da quattroangoli della Terra.

• Ilario Toso è psicoterapeuta, la-vora tra Verona e Trento, credenella forma del racconto anchecome via terapeutica di guarigio-ne: «Le storie popolari, i miti, lefavole contengono i semi di unpotenziale trasformativo che può“guarire”. In essi, attraverso il lin-guaggio simbolico, sono sintetiz-zate le tante vie percorse prima dinoi nel tentativo di dare risposte

ai grandi temi e nodi cruciali cheogni uomo incontra nella sua vitatutti i giorni». Toso ha scelto Il se-greto, racconto Sufi, la fertile cor-rente mistica dell’Islam, innanzi-tutto per una reale commozioneprovata alla lettura e per l’apertu-ra che offre verso il sé: «Trovo cheabbia una particolare capacità dimettere il lettore in contatto conalcuni aspetti profondi della pro-pria Anima: il potere, la forza, laricchezza, l’essere erranti, l’umil-tà, l’essenzialità. La sua forza illu-minante nasce dallo svelarci il bi-sogno di un rispetto profondo neiconfronti di quei luoghi della no-

Natale

Dicembre 20104

SOTTO L’ALBERO

Racconti natalizidai quattro continenti

I giorni che precedono e seguono il Natale sono il tempo giusto per la lettura.Quattro veronesi propongono altrettanti racconti adatti al clima delle feste, tra

i più cari della propria biblioteca e provenienti da diversi angoli della Terra

naggi siano i nostri specchi, le no-stre ombre e specialmente le no-stre possibilità inesplorate, i nuo-vi alfabeti per interpretare sé stes-si, gli altri e il mondo.Un bel racconto ha un profumodiverso da un bel discorso. E la di-mensione narrativa accomunapopoli e culture: tutti parlano perracconti, messi sulla carta o la-sciati alla memoria orale traman-data. Perciò spesso si compionoviaggi in altri paesi leggendo sto-rie, tornando poi a casa con unaperla di saggezza. Quattro vero-nesi propongono quattro raccon-ti per il tempo del Natale, tra i più

Page 5: Verona-In 27

Un bel racconto ha un profumo diverso

da un bel discorso. E ladimensione narrativa

accomuna popoli e culture: tutti parlano

per racconti, messisulla carta o lasciatialla memoria oraletramandata. Perciòspesso si compiono

viaggi in altri paesileggendo storie,

tornando poi a casacon una perla

di saggezza

stra anima che non fanno rumo-re, che rimangono silenziosi e daquesto umile silenzio traggono laloro forza e ce la donano comeenergia viva, per attraversare lanostra vita con pienezza».

IL SEGRETODove stava Mahmud c’era Ayaz.Dove soffriva Ayaz, soffriva Mah-mud. Non c’erano al mondo ami-ci più intimi che si stessero a cuo-re di più. Tuttavia Mahmud era ree Ayaz il suo schiavo.Ayaz era giunto da vagabondonella città in cui regnava il Con-quistatore superbo e temuto. Ave-va camminato a lungo, assetatodalla polvere del deserto e ancorpiù dall’insopprimibile desideriodi raggiungere un giorno la luceche sentiva ardere nel fondo se-greto del suo animo, al di là diogni sofferenza. Mahmud lo ave-va incontrato sui gradini del suopalazzo e lo aveva preso al suoservizio, sedotto dal suo volto edal suo sguardo di diamante ne-ro. Di quel misero vagabondo ve-nuto da molto lontano aveva ap-prezzato le parole semplici e maivili. Ne aveva fatto il suo consi-gliere. Un giorno ne fece il fratellodel cuore.Allora i suoi cortigiani si scanda-lizzarono e complottarono la suarovina mettendosi a spiare i suoipiù piccoli gesti. Il visir una sera

venne informato dagli sbirri diuno strano comportamento diquell’uomo che detestava e così sirecò da Mahmud e, inchinandosidavanti al terribile sovrano, glidisse: «Maestà, mi sono pervenu-te poco fa inquietanti informa-zioni su Ayaz, il tuo schiavo. Ognigiorno, dopo aver lasciato la Cor-te, va a rinchiudersi solo in unastanza bassa, in fondo ad un cor-ridoio buio. Quando ne esce,chiude a chiave la porta. A mioavviso, nasconde in quella stanzaqualche segreto inconfessabile.Forse vi incontra alcuni di queglisciagurati che desiderano soltan-to nuocerti».«Ayaz è mio amico», gli rispose

Mahmud. «I tuoi sospetti sonoassurdi. Insudiciano soltanto te.Vattene».Il re si accigliò. Il visir si ritiròpiuttosto soddisfatto: qualunquecosa il re dicesse, il suo animo eraturbato.Mahmud rimase pensieroso perun po’, quindi fece chiamare Ayaze, prima di abbracciarlo, gli chie-se: «Fratello, non mi nascondinulla?». «Nulla, signore», risposeAyaz ridendo. «E se ti chiedessiche cosa fai nella stanza in cui tirechi tutte le sere, me lo diresti?».Ayaz, abbassando lo sguardo,mormorò: «No, signore». Con ilcuore ottenebrato, Mahmudchiese: «Ayaz, mi sei fedele?». «Lo

Natale

5inVERONA

Siria, bambini siriani all’uscita di una scuola coranica (Foto G.M.)

Siria, danzatori Dervisci

Page 6: Verona-In 27

sono, signore». Il re sospirò. «La-sciami», disse. Il sovrano non ri-uscì a trovare pace. La sera se-guente, quando Ayaz uscì dallasua stanza segreta, si trovò davan-ti Mahmud, il suo visir e il suo se-guito nel corridoio buio. «Apriquesta porta», gli intimò il Con-quistatore. Lo schiavo strinse inpugno la chiave e, scuotendo ilcapo, rifiutò di obbedire. AlloraMahmud, afferratolo per le spal-le, tuonò: «Se non mi lasci entrarein quella stanza, la fiducia che hoin te sarà morta. Lo vuoi? Vuoi

che la nostra amicizia si rompaper sempre?». Ayaz abbasso lafronte. La chiave gli scivolò dallamano e gli cadde sul pavimento.Il visir la raccolse e aprì la porta.Mahmud entrò nella stanza buia.Era vuota e umile come la came-retta di un servo. A una pareteerano appesi un mantello rattop-pato, un bastone e una ciotola damendicante. Null’altro. Mentre ilre restava muto davanti a quellepovere cose, Ayaz gli disse: «Ven-go tutte le sere in questa stanzaper non dimenticare chi sono: unerrante di questo mondo. Signo-re, tu mi colmi di favori, ma sappiche i miei unici veri beni sonoquesto mantello bucato, questobastone e questa ciotola da men-dicante. Tu non hai il diritto distare qui. Qui comincia il regnodegli eterni pellegrini. Il mio re-gno. Non potevi rispettarlo?».«Perdonami», disse il Conquista-tore. Si inchinò davanti alloschiavo e gli baciò un lembo delmantello.

• Suor Anna Cugusi e suor Rosa-ria Donadoni, comboniane, han-no vissuto e operato molti anninella Repubblica centrafricana.Attualmente a Verona, ma con ipensieri e il cuore in Africa. Dico-no subito un nome: Etienne Go-yemide, lo scrittore africano au-

tore de Il silenzio della foresta, ilracconto di un uomo che decidedi abbandonare la grande cittàper scoprire il senso profondodella sua esistenza. Una trasfor-mazione che avviene nell’incon-tro con il popolo dei Pigmei. «Ènecessario premettere – spiegasuor Rosaria – che la differenza

tra la grande città, la capitale Ban-gui che offre tutto e di tutto, e ilterritorio circostante è marcata.Mano a mano che ci si allontanadal centro, diminuiscono le strut-ture materiali e cambia sostan-zialmente lo stile di vita. Mondilontanissimi convivono nellostesso paese. I Pigmei conducono

Natale

Dicembre 20106

«Mondi lontanissimiconvivono nello stesso

paese. I Pigmeiconducono una vita cheper noi appare estrema,con un semplice riparo

per dormire e unaquotidianità vissuta

nella foresta e scanditadalla caccia e dalla

raccolta. I Pigmei sonosempre stati considerati

dagli “altri”centrafricani degli esseri

inferiori, spesso ridotti in schiavitù»

Capodanno tibetano

Page 7: Verona-In 27

«Yin e Yang sono due opposti,

ma due opposticomplementari. Senzal’uno non può esistere

l’altro, senza il buionon possiamo

conoscere la luce,senza il freddo nonpossiamo conoscere

il caldo, senzal’interno non

possiamo conoscerel’esterno, senza

il maschile non puòesistere il femminile»

una vita che per noi appare estre-ma, con un semplice riparo perdormire e una quotidianità vissu-ta nella foresta e scandita dallacaccia e dalla raccolta. I Pigmeisono sempre stati considerati da-gli “altri” centrafricani degli esseriinferiori, spesso ridotti in schiavi-tù e fatti lavorare un giorno inte-ro per guadagnare una sigaretta».Gobana, il protagonista, speri-menta una trasformazione inte-riore che da una parte restituiscedimensione umana all’altro, ben-ché diverso, e dall’altra riporta inluce alcuni aspetti dimenticati,(perché semplici, scontati e silen-

ziosi) della propria umanità:«Gobana – racconta suor Anna –è direttore delle scuole a Bangui.L’incontro con il pigmeo Mangalo porta alla brusca decisione dilasciare il suo luogo d’origine edi abbandonare ogni cosa per vi-vere nel cuore della foresta equa-toriale, terra dei Pigmei Babinga.Lui vorrebbe portare “civiltà”agli “uomini della foresta”, inse-gnare a leggere e scrivere ai bam-bini pigmei affinché sappianolottare per una migliore condi-zione di vita. E piano piano sitrova a guardare con occhio sem-pre più benevolente e meravi-gliato queste persone che hannouna voce molto bella quandocantano, che amano sedersi at-torno al fuoco e si tramandanooralmente la loro identità, chequasi non hanno vestiti e che so-no portatori di una umanità es-senziale. E questa comprensioneavviene specialmente dopo ilmatrimonio con una ragazzapigmea che era stato costretto asposare, ma che diventa una pre-senza importante, capace di at-tenzioni, di gesti semplici e vita-li. Gobana sta nel mezzo tra la ci-viltà della capitale piena di tantecose e l’essenzialità della vita nel-la foresta. Il vuoto e il pieno en-trano in dialogo».Dal libro, edito in lingua france-

se, è stato tratto un film nel 2003:Le Silence de la forêt (France/Ca-meroun/Gabon/Républ iqueCentrafricaine) di Bassek BaKobhio e Didier Ouénangaré.

• Elena Verzini, laureata il luglioscorso in lingue e istituzioni eco-nomiche e giuridiche dell’Asiaorientale presso l’Ateneo Cà Fo-scari, è vissuta per sei mesi in Cina,frequentando l’università a Pechi-no. Ha scelto La leggenda orientalesulla nascita di Yin e Yang.«Yin e Yang sono due opposti, madue opposti complementari –spiega –. Senza l’uno non può esi-stere l’altro, senza il buio nonpossiamo conoscere la luce, senzail freddo non possiamo conoscereil caldo, senza l’interno non pos-siamo conoscere l’esterno, senzail maschile non può esistere ilfemminile. Sono rimasta affasci-nata da questo concetto fonda-mentale della filosofia taoista, percui l’universo nasce e si trasformamediante l’interazione di due for-ze opposte e complementari, chesi respingono e si uniscono. Que-sto concetto in Oriente fa partedella quotidianità ed è conosciutodall’intellettuale colto come dalpovero contadino. Dualismo, an-che questo, che solo vivendo e ve-dendo con i propri occhi si puòcapire quanto sia forte».

Natale

7inVERONA

Natività di Domenico Ghirlandaio

Disegno di Chiara Solari

Page 8: Verona-In 27

YIN E YANGChang’e e suo marito Hou Yi, ilprodigioso arciere, vivevano du-rante il regno del leggendario im-peratore Yao (2000 a.C. circa).Hou Yi era un valente membrodella guardia imperiale che ma-neggiava un arco magico e scoc-cava frecce magiche.Un giorno nel cielo apparverodieci soli. La gente sulla terra nonriusciva più sopportare il caldo ela siccità che ormai continuavanoda diversi anni.L’imperatore decise allora dichiamare Hou Yi ordinandogli ditirare ai soli in soprannumero pereliminarli dal cielo e soccorrerecosì la popolazione.Facendo uso della sua abilità, Hou

Yi ne abbattè nove lasciandone so-lo uno. La sua fama si diffuse, allo-ra, fino giungere alla Regina Ma-dre d’Occidente (Xi Wang Mu) neilontani Monti Kunlun. Essa loconvocò al suo palazzo per ricom-pensarlo con la pillola dell’im-mortalità, ma avvertendolo così:«Non devi mangiare la pillola im-mediatamente. Prima devi prepa-rarti per dodici mesi con la pre-ghiera e il digiuno».Essendo un uomo diligente, egliprese a cuore il consiglio e iniziò ipreparativi nascondendo, primadi tutto, a casa sua la pillola. Sfor-tunatamente fu chiamato d’im-provviso per una missione urgen-te. In sua assenza, la moglie Chan-g’e notò una luce fioca e un dolce

odore emanare da un angolo dellastanza. Una volta presa la pillolanella mano, non riuscì a trattener-si dall’assaggiarla. Nel momentoin cui la ingoiò la legge di gravitàperse il suo potere su di lei. Potevavolare! Non molto tempo doposentì suo marito ritornare e terro-rizzata volò fuori della finestra.Arco e frecce in mano, Hou Yi lainseguì per mezzo cielo, ma unforte vento lo riportò a casa.Chang’e volò dritta sulla Luna, maquando arrivò, ansimava così forteper lo sforzo compiuto, che sputòl’involucro della pillola, la quale sitramutò istantaneamente in unconiglio di giada, mentre Chang’edivenne un rospo a tre zampe.Da allora vive sulla luna respingen-do le frecce magiche che il maritole tira. Hou Yi si costruì un palazzosul sole ed essi si vedono il quindi-cesimo giorno di ogni mese.Chang’e e Hou Yi, simboli, rispet-tivamente della luna e del sole, so-no divenuti espressione di yin eyang, negativo e positivo, buio e lu-ce, femminile e maschile, ossia del-la dualità che governa l’universo.

• Giancarlo Volpato insegna bi-bliografia, biblioteconomia e sto-ria della stampa e dell’editoriapresso l’Università di Verona.Ha legami profondi con i libri esostiene iniziative di diffusionedella lettura. Uno dei libri che piùama in assoluto è Il piccolo princi-pe di Antoine de Saint-Exupery.Una passione che condivide conla moglie: «Ci sono sere – raccon-ta – in cui rileggiamo insieme al-cune pagine del libro. Ci emozio-na entrambi. È un libro per per-sone che hanno voglia di rifles-sione di dolcezza. È un libro cheparola dello stupore per la vita vi-sta dal lato meno materiale, dellabellezza delle piccole cose cheaiutano a vivere e che vivono in-sieme a noi, ci abitano: il sorrisodi mia moglie, le mie carezze. Cisono due episodi, in particolare,che sono meravigliosi: l’incontrocon la volpe e il racconto sulla ro-sa. Il piccolo principe dice la“mia” rosa. E in quel “mia” espri-me l’amore infinito per le cosedello spirito. È una bellezza im-palpabile che sento molto perchéanch’io amo i fiori e li curo.Quando il piccolo principe chie-de alla volpe che cosa vuol dire

“addomesticare”, la volpe non lospiega ma racconta una modo difare e di essere. La volpe è la piùintelligente dei due. Anche quellache patisce. E dice che gli affettiprofondi devono essere nutriti dauno spirito. L’amore non nasceperché una persona è bella o sim-patica. Ma perché quella personacondivide i miei sorrisi, le mieistanze, i miei dolori, le mie ansie,i miei ideali. È un esserci».

IL PICCOLO PRINCIPELa volpe tacque e guardò a lungo ilpiccolo principe: «Per favore... ad-domesticami», disse. «Volentie-ri», rispose il piccolo principe,«ma non ho molto tempo, però.Ho da scoprire degli amici, e daconoscere molte cose». «Non siconoscono che le cose che si ad-domesticano», disse la volpe. «Gliuomini non hanno più tempo perconoscere nulla. Comprano daimercanti le cose già fatte. Ma sic-come non esistono mercanti diamici, gli uomini non hanno piùamici. Se tu vuoi un amico addo-mesticami!». «Che bisogna fare?»domandò il piccolo principe. «Bi-sogna essere molto pazienti», ri-spose la volpe. «In principio tustarai un po’ lontano da me, così,nell’erba. Io ti guarderò con la co-da dell’occhio e tu non dirai nul-la. Le parole sono una fonte dimalintesi. Ma ogni giorno tu po-trai sederti un po’ più vicino...». Ilpiccolo principe ritornò l’indo-mani. «Sarebbe stato meglio ri-tornare alla stessa ora», disse lavolpe. «Se tu vieni, per esempio,tutti i pomeriggi alle quattro, dal-le tre io comincerò a essere felice.Col passare dell’ora aumenterà lamia felicità. Quando saranno lequattro, incomincerò ad agitarmie a inquietarmi; scoprirò il prezzodella felicità! Ma se tu vieni non sisa quando, io non saprò mai a cheora prepararmi il cuore... Ci vo-gliono i riti!». Antoine de Saint-Exupery, Il piccolo principe (Mila-no, Bompiani).

Questo viaggio narrativo ai quat-tro angoli della Terra ha rivelatouna coincidenza casuale tra lestorie proposte; un filo, un cuorecomune che fa capo a due parolepotenti “l’essenziale” e “il diver-so”. Che sia solo una coincidenzadel caso?

Natale

Dicembre 20108

Page 9: Verona-In 27

di Marta Bicego

C’è una ricorrenza che cade molto spesso aridosso del Natale, nel mese di dicembre: èla Festa delle luci, in ebraico channukkà. Af-fonda le origini nell’anno 165 dell’era vol-gare, quando i siri ellenizzati tentarono diimporre il loro dominio sulla terra d’Israe-le. «Gli ebrei, capitanati da Giuda Macca-beo, vinsero i greci e ripristinarono neltempio di Gerusalemme il culto monotei-sta. La ricorrenza celebra sia la vittoria mili-tare, sia il miracolo avvenuto alla lampadacustodita nel tempio, tra le cui mura vennetrovata una piccola ampolla d’olio che bru-ciò miracolosamente per otto giorni» esor-disce Crescenzo Efrem Piattelli, rabbinocapo della Comunità ebraica scaligera dal1987. In ricordo di questo episodio, su unagrande lampada (detta channukkia) vienefatta ardere una candela, ogni sera, per ottovolte consecutive. Per ogni ebreo è una ri-correnza ricca di suggestioni, che rende fe-lici anche i bambini ai quali viene dato perl’occasione un dono. Poi, prosegue, c’è il le-game speciale con la luce: «In un periodo incui si accorciano le giornate, che coincidecon il solstizio d’inverno, l’uomo accendeun lume per augurare il ritorno della lumi-nosità. Allo stesso modo i cristiani accen-dono le luci dell’albero». Per una religioneacristiana come l’ebraismo il periodo nata-lizio significa negozi addobbati a festa, convetrine e scaffali ricolmi di ogni genere dimercanzia. Fiocchi colorati e decorazionivisibili lungo le vie della città – rese ancorapiù luccicanti da cascate di luminarie acce-se – che si riempiono di persone felici. Sipuò riassumere in queste immagini la ma-gia del Natale, osservata con gli occhi di chinon condivide i valori cristiani. «Anche senon mi appartiene, l’atmosfera natalizianon mi dà fastidio, perchè si riduce tutto aun fatto commerciale – spiega Piattelli –.Gli ebrei non riconoscono le qualità di Ge-sù come i cristiani, quindi non festeggianoalcuna nascita e nessun personaggio è con-siderato Messia o Dio incarnato».Quello della Comunità ebraica di Verona èun piccolo gruppo (assottigliato nel tempo

per ragioni storiche, sociali e religiose), madalle antichissime origini in riva all’Adige.Conta, tra Verona e Vicenza, circa un centi-naio di persone. Una minoranza, ma non perquesto motivo meno attenta e sensibile aquanto le accade attorno. Ed è proprio nelperiodo in cui tutti sono felici e festeggianoche servirebbe una maggiore attenzione. «Unragazzo ebreo, ma anche musulmano oppureateo, può essere discriminato da questa at-mosfera che non gli è propria. Soprattuttoquando, in ambienti che dovrebbero esserelaici, si trova davanti un presepe o un grandealbero di Natale. Accade nelle scuole, ma an-che negli ospedali, nelle carceri, negli ufficipubblici. Questo è il segno negativo dell’im-posizione della fede». E ogni costrizione, pre-cisa il rabbino capo, provoca sofferenza tantonegli anziani, quanto nelle nuove generazio-ni. «Si procede con il potere della maggioran-za religiosa, mentre un maggiore laicismopermetterebbe di attribuire pari opportunitàa tutte le religioni. Specialmente in un mo-mento in cui l’Italia sta trasformando la suasocietà» ribadisce con fermezza Piattelli.«Anche chi non è cristiano dovrebbe essererispettato per le sue idee».Vale per i simboli religiosi, come per il cro-cifisso, «che nelle aule delle scuole pubbli-che rappresenta l’imposizione di un unicosimbolo della fede, per tutto il tempo del-l’anno. Non è una battaglia religiosa – con-clude –, ma la necessità di richiamare loStato (che si dichiara aconfessionale) a unalaicità che al momento sembra essere solo aparole, non nei fatti».

NATALE / EBRAISMO

Per gli ebrei è Channukkà ovvero la festa delle luci

Per una religione comel’ebraismo il periodo natalizio

significa negozi addobbati a festa, con vetrine e scaffali

ricolmi di ogni genere di mercanzia, mentre le vie

della città si riempiono di persone felici. Si può

riassumere in questa manierala magia del Natale, osservata

con gli occhi di chi non condivide i valori cristiani

inVERONA 9

Page 10: Verona-In 27

Cristianesimo e Islam hanno più cose in co-mune di quanto si possa immaginare. L’uni-ca, reale, differenza è nelle questioni teologi-che: «Nella definizione di Dio, dello SpiritoSanto e dell’uomo. Ma l’amore, per il prossi-mo e il creato, sono identici e perfetti». È unapremessa importante quella che vuole sotto-lineare il teologo della Comunità islamica diVerona, Moshen Khochtali. Secondo lui, in-fatti, anche nella diversità della fede, ci deveessere spazio per l’accoglienza e la fratellan-za. Soprattutto a Natale, dice, «quando è unpiacere vedere che le persone sono felici.Tutti diventano buoni, generosi e tolleranti».Per comprendere meglio questo ragiona-mento, è necessario immergersi nelle cre-denze di questa religione monoteista. E l’at-mosfera che si respira al civico 18 di via Ben-civenga Biondani, dal 2003 sede del Centroislamico, aiuta decisamente. «Noi non fe-steggiamo il Natale. In generale, non festeg-giamo i compleanni» spiega il teologo. Que-sto perché l’uomo è considerato un «perio-do di tempo»: ogni persona inizia la propriavita sulla terra senza colpe né fardelli e, fino

alla pubertà, non è considerata responsabile.Una volta raggiunto il traguardo della pu-bertà, «un individuo deve approfittare deltempo rimasto a sua disposizione per medi-tare gli alti livelli. Perciò noi preghiamo chel’oggi sia migliore di ieri e che il domani siamigliore di oggi. Secondo questa visione èmeglio festeggiare il domani, che ci appar-

tiene, piuttosto che il passato». Scopo dell’e-sistenza umana, prosegue Khochtali, è segui-re i cinque pilastri sui quali si fonda l’Islam:preghiera, purificazione, digiuno e pellegri-naggio. Essi hanno come fondamento la fe-de: credere in Dio e nel monoteismo assolu-to; negli angeli, nei libri di Dio e nel giornodel giudizio (che sia nel bene o nel male). «Ilquarto articolo della fede consiste nel crede-re nei profeti: dal primo, Adamo, all’ultimoche è Maometto». In tutto sono 125 mila,ma tra i cinque grandi profeti messaggeri ri-conosciuti dalla religione islamica – vale adire Noè, Abramo Mosè, e Maometto – c’èanche Gesù figlio di Maria. «Siamo tenuti acredere in Dio, e in tutti i messaggeri, senzadistinzioni tra l’uno e l’altro. Tutti hannoportato lo stesso messaggio lungo la storiafino ad arrivare a noi».Per essere musulmano, quindi, bisogna cre-dere in Gesù. «La sua storia, e quella di suamadre, sono contenute nel Corano. Maria ènominata più di quaranta volte ed è l’unicadonna a essere citata con il suo nome. È con-siderata essere una delle poche donne arri-vate alla perfezione e la sua storia è narratain diversi capitoli del Corano. Il prodotto diMaria è Gesù, una misericordia per tuttal’umanità». Questo spiega perché, precisa ilteologo, «quando un musulmano vede uncristiano festeggiare, si augura per lui lapace. Sentiamo i cristiani più vicini, perchéportano umanità, misericordia, modestia eamore». Sentimenti che si fanno più inten-si nel periodo che precede le festività nata-lizie. «Il Natale si festeggia in famiglia, as-sieme ai genitori e ai parenti: è l’occasionein cui rapporti tra le persone si rafforza-no». Ed è proprio allora che i musulmani –pur non partecipando con la preghiera nécon le pratiche religiose – possono fare gliauguri, condividere gioie e dolori. «I sim-boli non ci danno fastidio» ci tiene a preci-sare il teologo. Anche per comprenderequesto, è necessario ritornare alle origini.«Il Profeta ha invitato i cristiani a mangia-re, dormire e vivere nella moschea. I luoghidi culto vanno difesi e custoditi. Non soloper l’arte che conservano, ma soprattuttoperché al loro interno viene pronunciato ilnome di Dio». (M.B.)

NATALE / ISLAM

Per i fedeli di Maomettoè il tempo della condivisione

Per essere musulmano bisognacredere in Gesù. «La sua storia,

e quella di sua madre,sono contenute nel Corano.

Maria è considerata una dellepoche donne arrivate allaperfezione e la sua storia

è narrata in diversi capitoli del Corano. Il prodotto di Maria è Gesù, unamisericordia per tutta

l’umanità»

Dicembre 201010

Siria, un musulmano mentre medita le parole del Corano (Foto G.M.)

Page 11: Verona-In 27

Per un luterano, il Natale, è una delle festepiù suggestive del calendario liturgico. Suo-ni, profumi, colori e sapori accompagnano icredenti per tutto il mese di dicembre, a par-tire dalla prima domenica di Avvento. Il pri-mo passo per immergersi nel clima natalizioconsiste nel preparare «una corona di abete,con quattro candele che verranno accese perle successive domeniche, fino al giorno diNatale. In ogni casa c’è una ghirlanda e nellechiese, soprattutto in Germania, se ne puòtrovare una più grande sulla quale i bambiniaccendono un lume all’inizio del culto». Adescrivere le suggestioni di quest’antica tra-dizione protestante è Kerstin Vogt, pastoradella Chiesa evangelica luterana in Italia e co-ordinatrice con il marito Thomas della co-munità di Verona-Gardone. Da due anni lacoppia di pastori vive, assieme alle due figlie,a Negrar, in un’accogliente casetta con giar-dino e vista sulla Valpolicella. Questa è anchela sede pastorale della comunità: vi fanno ri-ferimento circa centocinquanta fedeli resi-denti tra Verona, Brescia e Mantova. A questisi aggiungono i turisti di passaggio sul lago diGarda, che hanno a disposizione due centridi predicazione: in via del Pontiere, nellachiesa di San Domenico, e a Gardone.Sia in riva all’Adige che Oltralpe, le usanzeche accompagnano il Natale sono irrinun-ciabili: «Ogni bimbo ha un calendario conuna porticina che, per ciascun giorno di di-cembre, nasconde un cioccolatino» prose-gue. L’albero – di abete (un sempreverde,quindi simbolo della vita che prosegue ineterno), con candele in cera e palline in vetrocolorato – è un altro elemento immancabileper un luterano. Sulle tavole è tutto un trion-fo di dolcezza. Speziati e ricoperti di ciocco-lato con zucchero, mandorle, frutta secca emiele sono i libkuchen, presenti in ogni mer-catino natalizio, da assaporare accompagna-ti da vino caldo con l’aggiunta di spezie va-rie. Per i più piccoli (ma non solo) ci sono iwaffel ricoperti di zucchero a velo, panna odolcissima crema. Una sferzata di energia, dasfruttare nelle fredde serate d’inverno quan-do «i bambini vanno, di casa in casa, per rac-cogliere fondi per le missioni in Africa». An-che questa è una tradizione che viene da lon-

tano: «Davanti alla porta di ogni abitazioneintonano un canto – spiega Vogt – e, per se-gnalare il loro passaggio, scrivono con la cerala sigla “cmb”: iniziali dei tre Re Magi e ab-breviazione della frase “Cristo benedica que-sta casa”». La musica è un altro elementofondamentale che accompagna i luterani pertutto il periodo delle festività natalizie: «Lu-tero ha tradotto diversi inni dal latino al te-desco. Molti riguardano proprio il Natale.Cantare nelle famiglie è molto importante»ci tiene a sottolineare la pastora.Tra melodie, profumi e decorazioni che co-lorano ogni abitazione arriva il giorno dellaVigilia di Natale: «Per noi luterani il 24 di-cembre è il momento più importante» pro-segue. I ricordi vanno alle chiese della Ger-mania che, per l’occasione, si riempiono dipersone. «Dopo la Messa le famiglie si ritro-

vano a casa. Mangiano cibo tradizionale, co-me l’insalata di patate con wuster, mentre ibambini trovano sotto l’albero i regali chehanno atteso per tutto l’anno». La festa di fa-miglia prosegue anche il giorno successivo,quando si ha l’occasione di riabbracciare pa-renti che provengono da lontano. Saranno lecase addobbate a festa o forse il clima freddo,che rinchiude volentieri le persone tra le pa-reti domestiche, ma il Natale è la festa dello«stare insieme». Ed è proprio nelle rigidegiornate d’inverno che «le mamme prepara-no biscotti, impastando burro e farina assie-me ai bambini». Il periodo che precede ilNatale, conclude Kerstin Vogt, è «il tempodella preparazione, che avviene nell’animadel fedele, ma anche tra le pareti di casa e infamiglia. Natale – ripete – è una festa impor-tante». (M.B.)

NATALE / LUTERANESIMO

Suoni e colori, profumi e saporima anche musica e canti

inVERONA 11

Kerstin Vogt, pastora della Chiesa evangelica luterana in Italia, con il marito Thomas

Page 12: Verona-In 27

ppeerr ddiiffeennddeerree iill llaavvoorroo ee lliibbeerraarree ii ddiirriittttii

aa ffiiaannccoo ddeeii llaavvoorraattoorrii ee ddeeii ppeennssiioonnaattii

ccoonnttrroo iill pprreeccaarriiaattoo ggiioovvaanniilleeee ppeerr ssaallaarrii ppiiùù eeqquuii

IINNSSIIEEMMEE FFUUOORRIIDDAALLLLAA CCRRIISSII

CCGGIILL -- CCIISSLL -- UUIILL VVEERROONNAA

Page 13: Verona-In 27

di Rino A. Breoni*

Si parla sempre più frequentemente diemergenza e di sfida educativa. Socialmen-te si propongono analisi, si promuovonodibattiti e confronti. I vescovi italiani im-pegnano le chiese loro affidate per il pros-simo decennio proprio su queste proble-matiche. Non c’è dubbio che società civilee chiesa, con modalità diverse, siano chia-mate a operare in questo ambito. Il lessicoche attiene al problema educativo rimandasolitamente a pensare ai giovani: sono larealtà cui converge attenzione preoccupatada parte del mondo adulto. L’impegnoeducativo tuttavia coinvolge, sia pure conruoli e competenze diverse, una compariresponsabilità giovani e adulti. Distingueremi pare crei più ambiguità che chiarezza.Forse aveva ragione Seneca quando sen-tenziava “gli uomini mentre insegnano,imparano”. A pronunciare questa massimaera un uomo la cui vita e la cui opera edu-cativa non hanno poi sempre sortito la mi-gliore delle testimonianze e la migliore ri-uscita. È questo uno dei punti focali delprocesso educativo.L’adulto non dovrebbe mai ritenere com-piuta la crescita educativa, non solo per igiovani cui si rivolge, ma neppure per séstesso. Nello svolgere la sua opera educati-va dovrebbe saper cogliere costantementealcuni tratti della propria espressività co-me provocazioni al ripensamento, all’auto-dominio, a qualche correzione di rotta.Spesso il crescere degli anni, la graduale as-sunzione di responsabilità, suggerisce all’a-dulto l’inconscia sensazione di essere già“educato”, di ritenere compiuto il suo iter,di pensare ovvia e scontata la propria capa-cità educativa. L’assunzione di responsabi-lità e autorità in famiglia, nella scuola enella società – lungi dall’essere una dichia-razione di compiutezza di un iter – do-vrebbe risultare invece un costante appellointeriore a crescere, quindi a mutare. Nonsi tratta di volubilità. Un qualsiasi ruoloche implichi per un adulto la doverosità diinterventi e di orientamenti operativi peraltri, dovrebbe coniugarsi sempre con l’u-

mile e lucida consapevolezza di un cammi-no di crescita personale mai pienamentecompiuto. A me pare quindi riduttivo par-lare di emergenza educativa solo in riferi-mento alla giovane generazione. Se edu-cando ci si educa, provocatoriamente sipotrebbe dire che è urgente e necessariopensare a un processo educativo per gliadulti. È a questo punto che il confrontocon la giovane generazione può diventare

motivo di disagio. Ciò che noi adulti rite-niamo spesso intoccabile e indiscutibileviene talvolta ignorato, eluso, criticato dal-la sensibilità e dalla mentalità giovanile.L’adulto si può chiudere in un’autodifesaimpenetrabile oppure può cedere a un gio-vanilismo di maniera che svende la dimen-sione adulta per un equivoco dialogo ami-cale. Si tratta di essere sé stessi, senza paurache il confronto evidenza più nettamentelimiti vistosi e forse complicità. Si tratta diun’arte, quella di ascoltare. La giovane ge-nerazione non ha sempre ragione e non èportatrice di verità definitive. È portatriceinvece di “novità”. Ogni novità può rime-scolare le carte. L’evangelica immagine del-lo scriba saggio, che sa trovare dal suo pa-trimonio interiore cose vecchie e cose nuo-ve, potrebbe essere un elemento esemplare.L’età adulta consente, a chi è tale per età,l’accumulo di esperienze e la capacità inte-riore di elaborarne il senso, ma consenteanche con pazienza e attenzione di ascolta-re le “novità” in ciò che hanno di autentico.Saper armonizzare il tutto significa “edu-carsi” ed “educare”.

* Rettore di San Lorenzo

GENERAZIONI

L’impegno educativocoinvolge giovani e adulti

inVERONA 13

Se educando ci si educa,provocatoriamente si potrebbedire che è urgente e necessario

pensare a un processo educativoper gli adulti. È a questo puntoche il confronto con la giovane

generazione può diventaremotivo di disagio. Ciò che

noi adulti riteniamo spessointoccabile e indiscutibile vienetalvolta ignorato, eluso, criticato

dalla sensibilità e dallamentalità giovanile

Page 14: Verona-In 27

La Biblioteca civica di Verona cu-stodisce un inestimabile patrimo-nio di 700 mila volumi e opuscolia stampa, 750 periodici correnti e6 mila periodici storici, oltre a fon-di speciali come 3.500 manoscrittiin volume, 100 mila manoscrittisciolti, documenti e carteggi, 1.200edizioni del Quattrocento e 8 miladel Cinquecento, 55 mila libri astampa dei secoli XVII-XVIII, piùdi mille volumi di raccolte parti-colari, 10 mila materiali iconogra-fici e 200 mila opere a stampa finoal 1950.Nel 1770 la città di Verona chiede-va al Senato Veneto che la raccoltalibraria del soppresso monasterobenedettino di San Zeno fosse de-stinata “a beneficio e comodo diquesti cittadini, che delle belle artisono amatori e studiosi”. Istituita

nel 1792 nell’oratorio dell’ex col-legio dei Gesuiti a San Sebastiano,a pochi passi da piazza Erbe, la Bi-blioteca aprì alla consultazionesoltanto dieci anni più tardi, nel1802. A costituire il nucleo origi-nario furono i libri di San Zeno edei Gesuiti (ottenuti dopo la sop-pressione della Compagnia di Ge-sù), assieme ai volumi donati dalconte Aventino Fracastoro e dalmatematico Anton Mario Lorgna.Acquisizioni e lasciti accrebberonegli anni la collezione e, all’indo-mani dell’Unità, la Biblioteca ven-ne ampliata fino a occupare partedel vicino ex convento dei Gesuiti.Sotto la guida del bibliotecario Ce-sare Cavattoni (1835-1872) furo-no creati gli Antichi archivi vero-nesi, inaugurati con la “nuova” se-de nel 1869.

scanner

Dicembre 201014

BIBLIOTECA CIVICA

CROCE VERDE

All’inizio del Novecento con Giu-seppe Biadego – bibliotecario dal1883 al 1921 e personaggio digrande cultura – la Civica conob-be un periodo di espansione. Nel1939 trovò sistemazione nella exchiesa di San Sebastiano, ma an-dò quasi completamente distrut-ta nel bombardamento aereo del4 gennaio 1945. La Biblioteca ri-aprì nel dopoguerra, riutilizzan-do i vecchi ambienti. Il problemadella ricostruzione si risolse, inparte, nel 1980 con l’edificazionedi un nuovo deposito su progettodell’architetto Pier Luigi Nervinell’area occupata in precedenzadalla chiesa.Dopo la ristrutturazione avvenu-ta nel 2007, il patrimonio cultu-rale della Biblioteca Civica si divi-de tra diversi palazzi: l’ingresso di

Dopo la ristrutturazionedel 2007, il patrimonioculturale della BibliotecaCivica si divide tradiversi palazzi: l’ingressodi Casa Perini che siaffaccia su via Cappello,il nucleo storico deiGesuiti, che comprendechiesa e collegio di SanSebastiano, e ilnovecentesco PalazzoNervi

Croce Verde Verona viene fonda-ta il 27 novembre del 1909. Il 26febbraio del 1910 avviene l’inau-gurata della prima sede, in Cor-tile Mercato Vecchio; nel 1911per dono dei dipendenti delleFerrovie dello Stato, entra in ser-vizio la prima lettiga, trainata amano per le vie cittadine. Findall’inizio, un ruolo importanteè svolto dalle volontarie (le Da-me), tanto che dal marzo del1913 viene ufficialmente istituitoil “Gruppo delle Dame Patrones-se”. Nell’agosto del 1914 prendo-no il via in vari punti di Verona icorsi di lezioni pratiche per for-

mare la popolazione e soprattut-to i lavoratori sulle nozioni dibase del primo soccorso. Il 5 no-vembre del 1919 è operativa laprima autolettiga a motore men-tre nel 1925, il 13 dicembre, vie-ne inaugurata la sede centrale inLungadige Panvinio. In questianni inizia l’importante rappor-to di collaborazione tra l’Entescaligero e l’Arena di Verona peril noleggio cuscini (istituito il 7luglio del 1914) e l’assistenza sa-nitaria nell’anfiteatro durante lastagione lirica. Con il tempo, e ilcontinuo aggiornamento profes-sionale degli operatori, nasce la

Casa Perini che si affaccia su viaCappello, il nucleo storico deiGesuiti (che comprende chiesa ecollegio di San Sebastiano) e ilnovecentesco Palazzo Nervi. Nelrispetto dell’antico, l’interventoha trasformato il complesso in uninnovativo contenitore riservatoalla cultura con angoli per la let-tura, postazioni multimediali,musica, giornali e riviste, sezionidedicate alla storia, ai luoghi e alterritorio scaligero, infine alla let-teratura locale.

Page 15: Verona-In 27

sinergia con le aziende sanitarielocali e con il Suem 118 di Vero-na Emergenza.Oggi Croce Verde è una grandefamiglia composta da circa 1.500soccorritori volontari, una cin-quantina di dipendenti e da libe-ri professionisti (tra medici e in-fermieri) che quotidianamente –365 giorni all’anno e 24 ore su 24– mettono la propria professio-nalità al servizio dei cittadini. Ilparco macchine dell’Ente (cheha sede centrale in via PolverieraVecchia) conta attualmente 45ambulanze, quattro auto-medi-che, due centri mobili e due pul-mini): mezzi moderni ed effi-cienti che, solamente nel 2009,hanno reso possibili 51 mila in-terventi di soccorso sanitario nelterritorio veronese. Oltre alle se-di cittadine – di Borgo Roma,Borgo Venezia e Lungadige Pan-vinio – Croce Verde può contaresulla presenza di sezioni sparsein tutto il Veronese: San Giovan-ni Lupatoto, Castel D’Azzano,Isola della Scala, Villafranca, Le-gnago, San Pietro in Cariano,Grezzana e Cerro.

tetizzate e interpretate dall’ufficiodi Statistica del Comune in duemodi diversi: tendenziale (varia-zione percentuale rispetto allostesso mese dell’anno preceden-te) e mensile (variazione percen-tuale rispetto al mese precedentedello stesso anno).L’ultimo aggiornamento relativoal mese di settembre 2010 vede aiprimi posti per il maggiore incre-mento percentuale rispetto allostesso mese dell’anno precedente:piscina, agli, fede in oro, limoni,assicurazione moto, viaggio aereointercontinentale, pomodori dasugo, fotocopia, cerotto, giochielettronici per console.Mentre i tra i primi prodotti conminore incremento percentualesullo stesso mese dell’anno pre-cedente ci sono: videocamera,partita di calcio, sedani, tv color,navigatore satellitare, film dvd,viaggio aereo nazionale, climatiz-zatore, telefoni cellulari, asciuga-capelli.

Qualche curiosità emerge spul-ciando questo lavoro statistico: siosserva che nel paniere dell’Istatrientra anche la depilazione com-pleta : gambe e inguine dall’esteti-sta (prezzo medio 27,87 euro); ilpranzo piatto unico (insalatona oaltro “piatto unico”comprensivo,se previsti, di coperto e servizio:prezzo medio 8,21 euro); pasto inpizzeria (pizza margherita conbevanda-birra piccola o bevandain lattina; compreso coperto:prezzo medio 8,62); tail leur(prezzo medio 187,99); chiaveusb (prezzo medio 12,66 euro).Il documento presenta infine lasituazione della popolazione ve-ronese mese per mese e suddivisaper circoscrizioni che complessi-vamente vede tra gennaio e set-tembre 2010 un aumento deimorti (1.939) sui nati (1.676 ),così come un negativo saldo tra i6.623 nuovi arrivi in città contro i6.943 di coloro che invece Veronal’hanno lasciata.

scanner

15inVERONA

STATISTICHE VERONESIL’ufficio di Statistica del Comunedi Verona in base a un panierefornito dall’Istat registra periodi-camente l’andamento dei prezzial consumo della nostra città.Le variazioni dei prezzi sono sin-

Volontari di Croce Verde Verona alla manifestazione Job & Orienta in fiera (foto Germano Ferrari)

Page 16: Verona-In 27

di Michele Marcolongo

Che lo scambio commerciale ten-da al mutismo lo comprendiamoogni volta che abbiamo a che fare

con un distributore automaticooppure quando in un negozio pa-ghiamo con la carta di credito: iprezzi sono dati dal cartellino; imargini di contrattazione assai li-

mitati o inesistenti; la transazionedi solito si risolve con un gesto eun cerimoniale piuttosto scarno.Sembra interessare poco chi ab-bia prodotto il bene che viene ac-quistato e come sia stato prodot-to. All’infuori del prezzo, tutte lealtre informazioni restano sullosfondo.Il meccanismo è noto fin dall’an-tichità: lo troviamo nelle crona-che dello storico greco Erodoto(484-425 a.C.) quando descrive laforma di commercio “muto” chepresiedeva agli scambi tra carta-ginesi e popolazioni libiche al dilà delle “Colonne d’Eracle” (l’at-tuale Stretto di Sicilia).Lo scambio commerciale ha cer-tamente rappresentato nella sto-ria un formidabile moltiplicatoredi “contatti” tra popoli, permet-tendo di bypassare le differenze

Dicembre 201016

L’ultima frontieradell’economia solidale

scaligera riguarda lamessa a punto di una

filiera del tuttoautoctona per

l’alimento quotidianoper eccellenza: il pane

Attualità

GRUPPI DI ACQUISTO SOLIDALE (GAS)

La filiera del pane

Page 17: Verona-In 27

Negli ultimi quindicianni il territorioscaligero ha visto

una lenta ma costantecrescita dei gruppi di

acquisto solidale (Gas)che dall’ acquisto di

frutta e verdura sonopassati a organizzareforniture via via più

complesse, tra le qualipasta, riso, intimo in

cotone biologico,calzature

e abbigliamento

linguistiche e culturali. Ma il“dolce” commercio, come i com-missari britannici intendevano il“pacifico” fluire dei traffici di zuc-chero e spezie tra il centro del-l’Impero e le colonie delle Indieorientali, è rimasto per lo più unideale sulla carta, come dimostra-no le “guerre dell’oppio” contro laCina per il riequilibrio della bi-lancia commerciale inglese del1834 e del 1864 e i vasti movi-menti di asservimento di conta-dini, migrazioni forzate che ca-ratterizzano la storia modernadell’occidente fino agli attualiprocessi di sfruttamento dellamanodopera del Terzo mondo.Tutto questo per dire che il mon-do dell’economia solidale nonrappresenta soltanto una moda ouno stile di vita, ma una filosofiae una pratica della produzione edello scambio di beni. Beni chenon sono semplici merci, inquanto la filiera tiene conto deireciproci rapporti tra produttorie consumatori in una logica chenon è più meramente mercantilema prevede l’attivo coinvolgi-mento delle parti. E la reciprocacomunicazione.

Negli ultimi quindici anni ancheil territorio scaligero ha visto unalenta ma costante crescita deigruppi di acquisto solidale (Gas)che dalle funzioni più semplici digruppi di acquisto di frutta e ver-dura sono passati a organizzare

ni e che vede il coinvolgimento dimezza dozzina di produttori tracoltivatori, mugnai e fornai chelavorano secondo le metodologiebiologiche. Tra gli altri AlbanoMoscardo – produttore biodina-mico di mele, uva e cerali –, fa-moso per essere uno dei pochi autilizzare nei campi la trazioneanimale. Oppure l’Antico MulinoRosso di Buttapietra, che riservadue macine recentemente restau-rate esclusivamente per la lavora-zione di cereali provenienti daagricoltura biologica.«Siamo partiti a settembre conuna prima macinatura di 18quintali di grano – spiega Anto-nio Nicolini, responsabile di In-tergas, organismo che riunisce i34 Gas del territorio – sei dei qua-li vengono comprati dai Gas co-me farina e 12 quintali che vengo-no usati per la panificazione cheavviene due volte la settimana».Ogni sette giorni in media vengo-no prodotti e venduti 120 pani, acui va aggiunta l’attività di panifi-cazione domestica che avvienecon la farina acquistata al mulino.Si tratta di pagnotte da 750 gram-mi di farina semi-integrale otte-nute con lievitazione acido-natu-rale. Quando le scorte di farinaterminano, si passa a una nuovamacinatura.A ritardare la partenza della filie-ra qualche mese prima era suben-trato un ostacolo relativamenteinaspettato: gli organizzatori do-vevano assicurare ai coltivatoriche tutto il grano sarebbe statocomperato, perciò hanno chiestoalle famiglie dei Gas di program-mare il loro fabbisogno. Ma lagente non è abituata a pianificare.

Attualità

17inVERONA

forniture via via più complesse,tra le quali anche pasta, riso, inti-mo in cotone biologico, calzaturee abbigliamento. Tutti prodottirealizzati secondo i criteri del bio-logico, ma che in certa buona mi-sura vengono “importati” dalleprovince vicine (Padova, Mode-na, Torino, Novara).L’ultima frontiera dell’economiasolidale scaligera riguarda invecela messa a punto di una filiera deltutto autoctona per l’alimentoquotidiano per eccellenza: il pa-ne. Da ottobre è, infatti, attiva la“filiera del grano” che mette a dis-posizione a prezzi contenuti fari-ne e pani su tutto il territorio pro-vinciale.La filiera è il risultato di un pro-getto sperimentale incubato, nonsenza difficoltà, per quasi due an-

Page 18: Verona-In 27

Anche quella più avvertita e sen-sibile alle tematiche della sosteni-bilità sociale e ambientale è abi-tuata all’offerta virtualmente illi-mitata del mercato. Si esce di casae si compra giorno per giorno

Attualità

Dicembre 201018

tutto quello di cui si ha bisogno.Così la partenza della filiera erastata rimandata. Ma gli organiz-zatori non si sono dati per vinti:«Abbiamo chiesto ai produttoridi fare uno sforzo, assicurandoliche tutta la produzione sarebbestata comunque assorbita o dalmulino, per farne farina, o dal pa-nificio per ottenere i pani» ag-giunge Nicolini. Il panificio inquestione è il Laboratorio Ceresdi Verona, famoso per trattaremateria prima proveniente daagricoltura biologica.Un secondo ordine di probleminell’organizzazione della filieraha riguardato il tipo di farina epane da produrre. «Per semplifi-care abbiamo optato per una fa-rina semi-integrale, anche setanti avrebbero preferito quellaintegrale. Se lo sviluppo della fi-liera ci permetterà di farlo, piùavanti differenzieremo la produ-zione in questo senso» dice Ni-colini.

Forse può apparire strano, ma gliorganizzatori non hanno nem-meno preso in considerazione laproduzione di farina bianca che,stando alle abitudini di consumoprevalenti, potrebbe incontrare ilgusto della maggioranza dei con-sumatori. Scelta comunque pon-derata, dal momento che la farinasemi-integrale incontra il gustodelle famiglie aderenti, perché inquesto modo vengono mantenu-te anche le proprietà naturali delgrano. La farina bianca viene in-fatti ottenuta attraverso un pro-cesso di raffinazione lungo il qua-le vengono scartate tutte le partidel chicco di grano tranne una,l’endosperma, mentre la farinaintegrale e semi-integrale man-tiene tutte le parti del chicco.“Quando è possibile – si legge nelsito della filiera – occorre privile-giare preparazioni a base di farineintegrali o quantomeno seminte-grali, le sole in grado di fornire unapporto glicidico, lipidico e pro-Botero. Sala da pranzo

Macine in pietra naturale

Page 19: Verona-In 27

teico bilanciato, con, in aggiunta,una significativa presenza di vita-mine, minerali e oligoelementi”.Una terza questione ha riguarda-to il prezzo. La filiera del grano èorganizzata in modo tale da ga-rantire la “giusta” remunerazioneai vari anelli: dai coltivatori, almugnaio, ai panificatori, certa-mente superiore ai margini che ilmercato riserva di norma ai colti-vatori e ai trasformatori. Il prezzoè stato fissato a 2,55 euro a pa-gnotta esclusa la remunerazionedel negoziante, determinata inquota del 20 per cento. Al pubbli-co quindi il pane equo e solidalecosta 3,06 per pagnotta, con rila-scio di regolare scontrino fiscale.Al chilogrammo fanno circaquattro euro, una cifra nettamen-te inferiore rispetto ad altri panibiologici alla moda, come il panedi Kamut, che arrivano a costareanche a 6 euro al chilo.La filiera del grano si pone, infatti,in antitesi con la mercantilizzazio-ne a cui sono state sottoposte an-che le produzioni biologiche in se-guito all’affermarsi, anche in que-sto settore, di catene di grande dis-tribuzione che impiegano metodidi commercializzazione del tuttosimili a quelli di mercato.«Siamo una realtà ancora piccolama non di nicchia – conclude Ni-colini – in quanto restiamo apertia nuove adesioni grazie agli incon-tri che periodicamente organizzia-mo nei Gas di tutto il territorio».La differenza rispetto al biologico“commerciale” risiede proprionella partecipazione: nei Gas si

prende parte alle riunioni, si co-noscono i produttori e i metodi diproduzione; si prende coscienzadelle proprie abitudini di consu-mo. In breve, tutti gli aspetti dellafiliera che nello scambio commer-ciale vengono messi tra parentesi,obliterati, nei Gas vengono espli-citati e discussi, con gran vantag-gio di consapevolezza.

GAS, I GRUPPI DI

ACQUISTO SOLIDALE

I Gas (gruppi di acquisto solidali)si diffondono sul territorio nazio-nale a partire dagli anni Novantae a metà dello stesso decennio co-minciano a prendere piede anchenella provincia scaligera. Oggi ilterritorio veronese ne conta 34,con circa 800 famiglie coinvolte. Ipiù numerosi sono quelli dellaValpolicella (Gaspolicella) e di

AttualitàLa differenza rispetto albiologico “commerciale”

risiede proprio nellapartecipazione: nei Gas

si prende parte allariunioni, si conoscono i produttori e i metodi

di produzione, si prendecoscienza delle proprieabitudini di consumo

Commercid’altri tempi:Cartagine

“I Cartaginesi affermanol’esistenza di un territoriolibico, con relative popola-zioni, anche al di là delleColonne d’Eracle; quandosi recano presso queste po-polazioni con le loro mer-canzie, le scaricano sullaspiaggia in bell’ordine, ri-salgono sulle navi e man-dano un segnale di fumo;gli indigeni vedono il fu-mo e accorrono verso ilmare, depositano dell’oroin cambio delle merci equindi si allontanano dallemerci stesse. I Cartaginesisbarcano, esaminano l’oroe, se gli sembra adeguato alvalore delle merci, lo pren-dono e se ne vanno; se in-vece gli sembra poco, risal-gono sulle navi e aspetta-no: i locali tornano e ag-giungono altro oro fino asoddisfarli. Nessuno deidue cerca di raggirare l’al-tro: i Cartaginesi non toc-cano l’oro finché non glisembra adeguato al valoredelle merci, e gli indigeninon toccano le merci pri-ma che gli altri abbiano ri-tirato l’oro”.(Erodoto, Le Storie, LibroIV, paragrafo 196)

Quinzano, che contano ciascunopiù di 100 famiglie aderenti. Ne-gli altri la partecipazione si attestain media sulle 25 famiglie ciascu-no. Le aziende agricole e/o di tra-sformazione coinvolte sono piùdi cinquanta, in genere raccoltesotto l’Associazione veneta deiproduttori biologici (Aveprobi).Nei Gas è possibile acquistare fa-rine, cereali, pasta, riso, verdura,agrumi, formaggi, carne, prodottida forno, olio, caffé, zucchero, vi-no, detersivi, calzature, abbiglia-mento. Tutti prodotti secondo icriteri del biologico e dell’econo-mia solidale che sono: rispetto deilavoratori coinvolti nella produ-zione; filiera corta, giusto prezzo,rispetto per l’ambiente. «L’idea dibase è di costruire un sistemaeconomico che non vada a impo-verire il Sud del mondo e questosi ottiene a partire dal cambia-mento del nostro stile di vita –spiega Nicolini – su questa ideaoriginaria si è poi sviluppata an-che la questione ambientale ma ilnocciolo rimane lo sguardo criti-co sulla produzione e il tentativodi instaurare forme di collabora-zione tra produttori e fruitori».Far parte di un Gas richiede unapartecipazione attiva e un mini-mo di capacità organizzativa checomprende, ad esempio, l’abilitàdi usare il computer e navigare in

Albano Moscardoper l’aratura deicampi utilizza latrazione animale

Page 20: Verona-In 27

Nei Gas è possibileacquistare farine,

cereali, pasta, riso,verdura, agrumi,formaggi, carne,

prodotti da forno, olio,caffé, zucchero, vino,detersivi, calzature,

abbigliamento. Tuttiprodotti secondo

i criteri del biologico e dell’economia

solidale che sono:rispetto dei lavoratori

coinvolti nellaproduzione; filiera

corta, giusto prezzo,rispetto per l’ambiente

internet (perché è con la postaelettronica che i membri di unGas tengono i contatti e comuni-cano gli ordini); la partecipazionealle riunioni; un atteggiamentopropositivo e solidale rispetto aiproblemi che nascono strada fa-cendo e la conoscenza diretta del-la filiera.Requisiti che non devono tuttaviaspaventare: «Fare la spesa on-linefa risparmiare un sacco di tempoe grazie alla divisione dei compitile incombenze organizzative ven-gono suddivise tra tutti i parteci-panti» dice Gloria Testoni, unaattivista del Gaspolicella. In pra-tica funziona così: per ogni pro-dotto trattato dal Gas si indivi-dua un responsabile che si occu-pa di tenere i contatti con il pro-duttore, raccogliere gli ordini de-gli altri aderenti e ritirare la mer-ce. Il prezzo non è il primo deiproblemi che viene preso in con-siderazione dai Gas ma, mano amano che questa pratica prendepiede, si raggiungono “economiedi scala” che consentono di ab-battere il costo delle produzioni.«Quando il Gas diventa troppogrande si rischia di disperdere lerelazioni – avverte Nicolini – ra-

Attualità

Dicembre 201020

«PAN DE VERONA»

Da qualche tempo si moltiplicano le iniziative che hanno per og-getto il pane. Una delle ultime in ordine di tempo riguarda il co-siddetto Pan de Verona, un marchio promosso da una cordata dipanificatori che nel 2008 ha ripescato dal passato l’idea di un pa-ne “autoctono”, ovvero prodotto con grano coltivato solo nellaprovincia di Verona. Appoggiandosi sul Molino Veronesi di Lugodi Grezzana i panifici hanno messo a punto una produzione chereinventa e attualizza la “tradizione” all’insegna della semplicità.Gli ingredienti del pane sono sale, lievito, malto, acqua e ovvia-mente la farina tipo “0”. La ricetta è stata messa a punto nell’am-bito di un concorso indetto nel luglio 2008 e presieduto da unagiuria composta da cinque esperti del settore.Il buon riscontro tra il pubblico ha spinto a ricercare altre zonedove poter coltivare. Sono state quindi scelte aree situate neicomuni di Cerro Veronese, Cà di David, Velo Veronese, Cavaione Nogarole Rocca. Le produzioni vengono acquistate dal Con-sorzio agrario di Padova e Venezia e quindi distribuite tramiteil Molino Veronesi a tutti i panificatori che aderiscono al pro-getto, una trentina, dislocati su tutto il territorio provinciale. Adifferenza di altre iniziative basate sui principi dell’economiasolidale, i produttori in questo caso mirano ad affermare ilmarchio ben oltre i confini provinciali contando di riuscire adesportare la ricetta e la linea di prodotti secchi derivati da que-sta idea originale.

gion per cui in Valpolicella abbia-mo deciso di suddividerlo in cin-que zone, ognuna con un suogruppo che si riunisce una voltaal mese». Da sottolineare ancheche i gruppi non sono tra loroisolati. L’intergas è l’organismoche li raggruppa e l’insieme for-mato con i produttori e comitatidel territorio definisce un “di-stretto” di economia solidale. Fi-

no a oggi questo mondo si è affi-dato al passaparola e alla pubblici-tà in rete. Scelta consapevole, ri-volta a evitare le attenzioni deigrandi circuiti di mercato ai qualipotrebbe cominciare a fare gola ilfermento e il giro di denaro che siregistra attorno a queste iniziative.Un Gas piuttosto consistente e benstrutturato fa un fatturato a cin-que zeri.

Forno a legna

Page 21: Verona-In 27

di Corinna Albolino

Gettato nel mondo, in quel fluire continuodi eventi che è la vita, succede all’uomo diessere felice, così come gli capita di soffrire.Felicità e dolore si configurano, dunque,come accadimenti che appartengono e co-abitano nell’esistere. Quasi fossero una no-stra modalità di stare nel mondo. Se inqualche misura tentiamo allora di definirli,possiamo affermare che sono un sentimen-to, cioè qualcosa che proviamo, delle sensa-zioni intense che ci attraversano e rimango-no come esperienze indelebili della nostrastoria. Per quanto eventi inseparabili tra lo-ro, perché l’una prende significato rispettoall’altro, e per quanto tra loro legati, si puòavanzare l’ipotesi che la felicità preceda ildolore e sia elemento più originario delmale, del patire.La considerazione nasce dalla convinzioneche sia componente costitutiva della vitastessa, dal momento che ha a che fare con lapienezza e realizzazione delle sue infinitepossibilità. Una sorta dunque di vincoloconnaturato all’eternità della vita, quellavita che da sempre ci precede. Come direche insomma siamo felici per il fatto stessodi esistere. Di questa esuberanza della vitache ci abita come memoria permanentenon ci è dato purtroppo che vivere degli at-timi. Lampi di illuminazione, che sono ilcontrassegno dell’irruzione dell’eterno neltempo.Per parlare di felicità, i greci usavano il ter-mine eu-daimonìa che significa felicità, maanche fortuna, buona sorte. Per l’uomo an-tico infatti non è qualcosa di cui disponia-mo per natura, bensì una condizione che citocca, dispensata dal caso o elargita, comeindica l’etimo, da un buon demone. Pro-prio perché arbitrariamente ci è data, senzagiustificazione alcuna può esserci anchesottratta. Ed è tale precarietà, il fatto di nonpoterla mai trattenere, possedere, che ciproduce angoscia. Forse per questo si dicecomunemente che la felicità è fuggitiva:passa, ci sfiora e poi va oltre, a toccare altricorpi, a folgorare altre anime. Ed è il suotransitare, la sua inafferrabilità a esplicitar-

ne l’ambivalenza. Da un lato, infatti, pro-prio perché la viviamo, la sperimentiamo,pensiamo che sia di questo mondo; dall’al-tro il suo accadere per caso, il suo rapidotoccarci per poi abbandonarci, fa pensareche abiti l’altrove. Non sorprende allora,come i miti delle origini ci informano, cheessa sia contigua al divino, quasi che dimo-rasse presso gli dèi e fosse un loro dono agliuomini. La felicità è fatta di attimi, osservaancora il filosofo Salvatore Natoli, istanti incui per la pienezza, per l’intensità che pro-viamo, ci pare di “toccare il cielo con un di-to”. Ci sentiamo al culmine dell’appaga-mento, la “felicità in persona”. Qui dove lagioia di esistere raggiunge il massimo, è iltempo a cadere. Come dire che si sospende,si dilata a dismisura e si ha l’impressione divivere un tempo assoluto, un eterno pre-sente. Di questa condizione di estasi, ricor-da il poeta Rilke, i più dicenti da sempre so-no gli amanti. Chiusi nel loro mondo, vor-rebbero stringere, fermare il tempo nel loroabbraccio, nella loro beatitudine.Ma è Aristotele, agli albori della nostra ci-viltà occidentale, ad attribuire alla felicità lostatuto di “sommo bene”, il valore più alto acui l’uomo possa aspirare. La sua ricercarappresenta il fine ultimo della vita, il suo

senso. Quel bene sommo che ha pregio persé stesso, che non viene scelto in vista di al-tri beni, che non è legato al possesso, macoincide piuttosto con una “forma di vita”.“La vita buona” è quella in cui si sviluppal’esistenza in tutte le sue dimensioni e dun-que si realizza allorché si è in grado di go-dere dei piaceri con sobrietà, di usare l’in-telligenza per creare, la saggezza per opera-re scelte oculate. Quando si comprende chenon sono le cose a renderci felici, ma la ric-chezza della relazione con l’altro.Rievocare questo antico paradigma può, aquesto punto, aiutarci a comprendere laprofonda trasformazione che le accezionidi bene, moralità, felicità hanno subito neltempo. A tal punto che oggi si assiste a unainversione dei loro significati. Nel senso chequelli che fino a non molto tempo fa eranostigmatizzati come disvalori, si esibisconooggi come virtù. Occorre considerare che,nel nostro mondo deprivato di stabili rife-rimenti, bene, felicità sono piuttostoespressione della vertigine del cambiamen-to, dell’accelerazione del consumismo. I lo-ro contenuti sono dunque “liquidi”, in con-tinua trasformazione.La felicità, dove la virtù dell’anima è scam-biata tout court con l’utile, il vantaggioso, ilconveniente per me, coincide piuttosto conil raggiungimento personale di potere, suc-cesso, denaro. Sono questi i nuovi modellida ricercare. L’uomo, è innegabile, ha sem-pre rincorso con ogni mezzo, più o menolecito, la ricchezza, l’orgia, il potere, ma eracomunque chiaro che erano questi dei falsiidoli, moralmente da rigettare o comunquegiustificati, pur strumentalmente, in nomedi fini supremi: la ragion di stato, la patria,la pace. Oggi questi feticci sono innalzati aideali, miti positivi da inseguire di per sé.La felicità è dunque riposta nella volontà dipotenza, in quella ipertrofia dell’io che nonesita a tradursi nella prevaricazione dell’al-tro, nell’abuso della forza. Se l’equazione èpotere = denaro, tutto allora si può com-prare perché tutto ha un prezzo, anchel’uomo. Così come recita l’antico adagio:Gli uomini sono come i metalli, ciascuno hail suo punto di fusione.

inVERONA 21

Principio e bene supremoè l’intelligenza delle cose [...].Essa ci aiuta a comprendereche non si dà vita felice senza

che sia intelligente, bella e giusta. (Epicuro)

LA FELICITÀ

Passa, ci sfiora e poi procede oltrea toccare altri corpi e folgorare anime

Page 22: Verona-In 27

di Francesca Lorandi

«La legalità rappresenta una chan-ce in più per far lavorare le impresevenete». Quelle che rischiano diessere schiacciate dalle organizza-zioni mafiose che negli ultimi de-cenni hanno trovato al Nord unterritorio adatto per il riciclaggiodi denaro sporco. Il pericolo lo hafiutato anche il governatore delVeneto Luca Zaia: sue sono le pa-role pronunciate in occasione del-la presentazione del protocollocontro l’infiltrazione della crimi-nalità organizzata nei lavori dellaPedemontana. La cronaca infattidimostra che le grandi opere, maanche le ricostruzioni in seguito adisastri naturali, sono un piattoappetitoso per le cosche. L’invito avigilare è giunto nei giorni scorsianche dal comandante provincialedel Carabinieri Paolo Ederle. Inrelazione all’alluvione di novem-

bre l’ufficiale dell’Arma ha dichia-rato a un quotidiano locale che«c’era un imprenditore disposto ainvestire 12 milioni di euro nel Ve-ronese». Denaro per aziende deva-state dall’acqua e dal fango, ma didubbia provenienza, visto che ilpersonaggio in questione «era sta-to poi arrestato in una maxiopera-zione contro la ’ndrangheta di unaProcura calabrese».Altro esempio, nemmeno tantolontano. Nel luglio scorso sonostati oltre 300 gli arresti tra Lom-bardia e Calabria per associazionemafiosa, estorsione, omicidio,usura, traffico di armi e droga: lecosche cercavano di mettere lemani sugli appalti dell’Expo di

Milano, ma le indagini hanno co-involto anche le attività produttivee il mondo politico e amministra-tivo. E ancora: un decennio fa Sil-vio Pieri, procuratore generaledella Repubblica per il Piemonte ela Valle d’Aosta, aveva spiegato co-me «nella zona del Cusio-Ossola siè constato un importante tentati-vo di infiltrazione della ‘ndranghe-ta rivolto soprattutto agli appaltipubblici. In questi casi è apparsamanifesta l’intenzione della crimi-nalità organizzata di “mettere pie-de” in una zona nuova».

Attualità

Dicembre 201022

CRIMINALITÀ

Di mafia a Veronasi comincia a parlare

La malavita organizzata per anni è andata braccetto col cemento, nella zona del lago di Garda ma anche nell’immediata periferia della città. Per questo,

quando si parla di grandi opere pubbliche, certi controlli diventano necessari

Tra il primo luglio2008 e il 30 giugno

2009 le nuove inchiesteche la magistratura

veronese ha aperto perriciclaggio hanno

raggiunto quota 43.Numeri che, in tale

entità, nel territorioscaligero non si eranomai visti. Cifre di unfenomeno che non vasottovalutato né fattopassare sotto silenzio

Troppo spesso chi haincarichi istituzionali

e di responsabilitàtende a minimizzare,

se non addiritturaa negare l’evidenza

Page 23: Verona-In 27

Focus

inVERONA 23

«Non esistono isole felici»I tentacoli della mafia sono arrivati anche nel ricco Nord Italia. I settori più sen-

sibili al riciclaggio riguardano edilizia, trasporti, traffico dei rifiuti e turismo

di Pierpaolo Romani*

Non esistono isole felici. Così hascritto la Commissione parla-mentare antimafia nel 1993 percertificare l’espansione a livellonazionale del fenomeno mafioso.L’anno successivo, il senatore Car-lo Smuraglia, membro di quellaCommissione, firmò una relazio-ne che dava conto di un’inchiestasulla presenza del fenomeno ma-fioso nelle aree “non tradizionali”.Il documento parlamentare si oc-cupava anche del Veneto, insiemead altre regioni del Nord Italia co-me la Lombardia, il Piemonte, laValle d’Aosta e la Liguria.Secondo la Commissione anti-mafia una delle cause che hannoconsentito ai mafiosi di poter agi-re al di fuori dei territori del Mez-zogiorno, dove storicamente so-no sorti i loro gruppi criminalitra il ‘700 e l’800, è stata senzadubbio l’infelice legge denomina-ta del “soggiorno obbligato”. Il le-gislatore, infatti, era convinto cheallontanatati dal loro territorio espezzate le relazioni di tipo socia-le, economico e politico su cuipotevano contare, i mafiosi sa-rebbero risultati innocui e lo Sta-to avrebbe avuto la meglio. Pur-troppo non fu così. Il “soggiornoobbligato” si tradusse nel trasferi-re in territori geograficamente vi-cini tra loro una serie di pericolosicriminali i quali riuscirono sia ariprodurre quel clima e quel codi-ce di regole che vigevano nei terri-tori di provenienza, sia a farescuola ai delinquenti locali piùsvegli e spigliati. La prova è la na-scita, a metà degli anni ’70 del ven-tesimo secolo, della mafia delBrenta, capeggiata sino alla metàdegli anni ’90 da Felice Maniero,attualmente libero cittadino, dopoessere stato collaboratore di giusti-zia, aver contribuito a smantellarela sua banda e aver scontato unapena a undici anni di reclusione.

La fine della mafia del Brenta nonha significato la fine della presenzamafiosa in Veneto. A dimostrarlosono alcuni arresti eccellenti com-piuti nella regione e gli investi-menti che i picciotti hanno saputoe potuto compiere sul nostro terri-torio. In Veneto sono stati arrestatiimportanti esponenti della mafiasiciliana come Giuseppe “Piddu”Madonia, catturato a Longare (Vi)nel 1992, numero due della mafiasiciliana (Cosa nostra) e condan-nato per le stragi di Capaci e viad’Amelio. Nel 2005, a Portogruaro(Ve) è stato arrestato VincenzoPernice, considerato il tesorieredel clan camorristico dei Licciardi.Nel luglio di quest’anno, a Moglia-no Veneto, è stato arrestato il bosscatanese Vito Zappalà, un sessan-tunenne tranquillo, che viveva inun palazzo di periferia e ogni gior-no, oltre che occuparsi di trafficaredroga tra l’Italia e l’Olanda, amavafare jogging. Era latitante dal 1999e deve scontare una pena a venti-nove anni di carcere.Nel Veneto e nel Nord Italia i ma-fiosi hanno riciclato quantità im-

portanti di denaro sporco, fruttodi attività illecite, in particolaredroga, estorsioni e usura. E questograzie alla collaborazione di per-sone impiegate in banche, in fi-nanziarie e nel mondo delle libereprofessionisti. In Veneto, secondo idati dell’Agenzia del Demanio, allafine del 2009 sono stati sinoraconfiscati al crimine organizzato78 beni immobili e quattro azien-de. Nella provincia di Verona i be-ni immobili sono 22 e vi è ancheun’azienda. Nel 2007, a Peschieradel Garda, a un importante espo-nente della camorra napoletana,sono stati sequestrati beni per unvalore di 3,5 milioni di euro. I set-tori più sensibili al riciclaggio so-no quelli dell’edilizia, dei traspor-ti, del traffico dei rifiuti e del turi-smo. Per quest’ultimo settore valericordato il tentativo compiutodai boss palermitani Salvatore eSandro Lo Piccolo, successori diBernardo Provenzano ai vertici diCosa nostra, di investire circa ottomilioni di euro in un residencenei pressi di Chioggia grazie allecomplicità di un imprenditore e

di un’agenzia immobiliare situatein provincia di Padova.Il Veneto è anche una regione incui si spacciano e si trafficano im-portanti quantità di sostanze stu-pefacenti, in particolare cocaina,eroina e droghe sintetiche. Nel2008, secondo i dati del ministerodell’Interno, con 1,3 tonnellate, ilVeneto risultava essere la sesta re-gione in Italia per quantità didroga sequestrata e la seconda re-gione del settentrione dopo laLombardia. In particolare, suquestof fronte, sono Verona e Pa-dova le città che fanno registrareil primato della classifica. Nel2008, sempre secondo i dati mini-steriali, il 30 per cento dell’interoquantitativo di droga sequestratain Veneto è stato trovato a Verona.Da almeno trent’anni, sia i magi-strati che le Commissioni parla-mentari antimafia affermano chei mafiosi sono penetrati anche nelricco Nord Italia. Di fronte a que-sta situazione non possiamochiudere gli occhi, pensando cheil problema delle mafie sia soltan-to ed esclusivamente una questio-ne meridionale o un problema diordine pubblico delegato a magi-stratura e forze dell’ordine.Ognuno di noi deve impegnarsiresponsabilmente a denunciare ireati di cui può essere testimone, acollaborare con le istituzioni, a ri-fiutare la cultura dell’evasione fi-scale, dell’omertà e dell’interesseesclusivamente personale. Ognu-no di noi deve essere un testimonepositivo dei valori della nostra Co-stituzione e impegnarsi a conosce-re e a far conoscere, per essere espingere a essere cittadini consa-pevoli e liberi. Solo così la demo-crazia avrà il sopravvento sullemafie, la corruzione e l’illegalità.

* Sociologo e coordinatore nazionale di “Avviso Pubblico”,

già consulente della Commissioneparlamentare antimafia

Cantiere edile

Page 24: Verona-In 27

Attualità

Dicembre 2010

anche nell’immediata periferiacittadina, da San Martino BuonAlbergo a San Giovanni Lupatoto.Con il rischio che, come ha già fat-to altrove, allarghi i suoi tentacolianche in altri settori. In silenzio.Perché al Nord si tende a pensarealla mafia solo quando si sentonospari, quando si scoprono delitti.«Qui la mafia non ammazza micacome fa in Sicilia», per dirla con leparole di Flavio Tosi. Ma c’è anchequi. Ed è quella dei colletti bianchi,che tengono la ventiquattrore alposto della pistola.Era il maggio del 1990 quando ilgiudice Paolo Borsellino, in un in-contro pubblico in Veneto, disse:«Per quanto riguarda il rischio ma-fia, voi, oggi, in questa regione, do-vete preoccuparvi soprattutto dellacorruzione, perchè la corruzione èl’anticamera della mafia». In chesenso? «Il motivo – aveva spiegato– è facile da capire: se un esponentedelle organizzazioni mafiose va incerca di punti di riferimento per ri-ciclare o investire nell’economialegale capitali di origine illecitanon può che rivolgersi a politicicorrotti, cioè a persone che hannorivelato una certa inclinazione».Una convinzione, questa, che ven-ne confermata da colleghi operantiproprio nelle regioni del Centro-nord. «Se domani la mafia avessel’intenzione di controllare il mer-cato economico e finanziario, op-pure la gestione dell’amministra-zione pubblica a Verona, come inqualsiasi altra città settentrionale,avrebbe la strada spianata» dichia-rò nel settembre di due anni dopoil dottor Guido Papalia, procurato-re della Repubblica della città scali-gera, all’indomani dell’arresto delboss Giuseppe Madonia in provin-cia di Vicenza. «L’importante siste-ma delle tangenti e il dilagare dellacorruzione – precisò – consenti-rebbe infatti alla mafia di introdur-si e acquisire potere più facilmenteanche in questo territorio. In talsenso, tutte le città del Veneto e delNord in genere vanno bene, perchépermettono la penetrazione in unmercato finanziario in continuaespansione e quindi in grado di as-sorbire gli enormi capitali guada-gnati illecitamente nelle regioniche più sono sotto il controllo dellamafia». In questo contesto, l’arre-sto a Longare, nel cuore del Veneto,di Giuseppe Madonia – concluse il

magistrato – rappresenta la dimo-strazione che determinate regionie zone d’Italia, considerate tran-quille dalla mafia, vengono usateper affari diversi da quelli che ven-gono svolti in altre regioni. La ma-fia non ha interesse a esercitare quiun potere con gli stessi metodi vio-lenti esercitati in Calabria o Sici-lia». A distanza di quindici anni ifatti gli hanno dato ampiamenteragione.La Banca d’Italia nei mesi scorsi haresa nota una ricerca che parla dioltre 400 segnalazioni legate a ri-schi di infiltrazione malavitosanelle imprese venete: dove il credi-to non arriva in questo momentodi crisi, è più facile che arrivino leorganizzazioni criminali. E quellascaligera è una realtà pressoché ot-timale per la proliferazione di ungravissimo fenomeno quale il rici-claggio di denaro sporco. Lo hasempre detto anche Antonio Nica-so, giornalista che da anni risiedein Canada, dove è consulente del-l’Fbi. «Il Veronese è un croceviaimportante per l’investimento deicapitali illeciti. La mafia, la camor-ra, la ‘ndrangheta da voi non sonovisibili. Si muovono con il dena-ro». Quanto sia concreto questo al-larme lo dimostrano i contornidell’ultimo bilancio dell’anno giu-diziario. Nel periodo di riferimen-to – tra il primo luglio 2008 e il 30giugno 2009 – le nuove inchiesteche la magistratura veronese haaperto per riciclaggio hanno rag-giunto quota 43. Numeri che, intale entità, nel territorio scaligeronon si erano mai visti. Cifre di unfenomeno che non va sottovaluta-to né, come spesso si è fatto sinora,fatto passare sotto silenzio. Perchétroppo spesso chi ha incarichi isti-tuzionali o di responsabilità tendea minimizzare, se non addirittura anegare l’evidenza. Non è un caso,forse, se la radice stessa della parola“mafia” ha un’origine negazioni-sta: deriva dall’arabo maf e mafìche significano “nascondere” e“non c’è”; quindi, nascondere perdare a intendere che il problema oil fenomeno di cui si parla non esi-ste.Ma l’allarme c’è. E ha il suo fonda-mento nei sempre più ricorrentisequestri, soprattutto in zona lago,di beni che appartengono a perso-ne legate a mafia e ‘ndrangheta.Questi malavitosi campano rici-

clando il denaro con i mattoni.Mattoni già cementati, ossia beniimmobili pronti per essere acqui-stati sul Garda, dove viene anchepiù redditizio spacciare cocaina. Emattoni nel senso di imprese edili-zie dalla parte opposta, verso l’Estveronese, dove va di più la venditadi hashish e marijuana.In area lacustre, allarmante e re-cente è stata l’operazione Benaco,condotta dalla Dia (Direzione In-vestigativa Antimafia) di Padova.Era l’alba del 5 ottobre dello scorsoanno quando vennero stroncateredditizie attività usurarie edestorsive ai danni di commerciantidel comprensorio del lago, a segui-to della confisca di un patrimonioimmobiliare del valore di oltre 3milioni di euro nel quale erano sta-ti reinvestiti i proventi dell’attivitàcriminale. Finirono in manette Ci-ro Cardo ed Egidio Longo. I desti-natari dei provvedimenti restritti-vi, in concorso con altri indagati apiede libero, vennero accusati dimolteplici delitti in provincia diVerona, tra cui usura aggravata,estorsione, lesioni personali gravi,esercizio abusivo dell’attività fi-nanziaria e impiego di denaro diprovenienza illecita. Non si trattadi casi isolati.Anche precedenti avvenimenti ve-rificatisi a Peschiera e in altri Co-muni del Garda erano stati ritenuticasi isolati, circoscritti, sporadici. Ifatti hanno invece dimostrato chele cose stanno diversamente. Qual-che esempio rende chiara l’idea.Nel febbraio del 1994, proprio aPeschiera furono sequestrati dueappartamenti nel corso dell’appro-fondimento di un’inchiesta a cari-co di Gennaro Licciardi, all’epocauno dei più pericolosi boss dellacamorra napoletana di Secondi-gliano. Il mese prima era stato ar-restato a Desenzano Vincenzo Da-vino della stessa organizzazionecamorristica. Nel 1991 erano statiarrestati a Riva i membri dell’inte-ra famiglia camorrista dei Lanna diCaserta, dediti al traffico di eroina.Gennaro Licciardi, in particolare,avrebbe utilizzato parte della suafamiglia stabilitasi in Veneto per ri-ciclare in attività e proprietà “leci-te” i proventi illeciti del suo clan. Ilpersonaggio, una ventina di annifa, dopo essersi dedicato al racketdelle estorsioni, creò il cartello de-nominato “Alleanza di Secondi-

La Banca d’Italia neimesi scorsi ha resa

nota una ricerca cheparla di oltre 400

segnalazioni legate arischi di infiltrazione

malavitosa nelleimprese venete: dove il

credito non arriva inquesto momento

di crisi, è più facile che arrivino le

organizzazionicriminali

Ci tengono molto gli ‘ndrangheti-sti a ottenere quei lavori, e quandonon ci riescono reagiscono in malomodo. E infatti «al mancato otteni-mento di quegli appalti da partedei calabresi, ha fatto seguito unaserie rilevante di attentati nei can-tieri delle ditte aggiudicatarie degliappalti stessi», aveva commentatolo stesso procuratore Pieri.Succede in Lombardia, succede inPiemonte. E a Verona? Accade an-che a Verona, dove la mafia per an-ni è andata braccetto col cemento,soprattutto nella zona del lago, ma

24

Page 25: Verona-In 27

Attualità

25inVERONA

gliano” assieme alle “famiglie” ca-morriste Mallardo (un componen-te presente tempo fa in Veneto),Contini, Lo Russo, Stabile, Prestie-ri, Di Lauro, Sarno (Costantino,capoclan, fu arrestato a Caorle nel1998). Dopo la morte di Gennaro,avvenuta in carcere nell’agosto del1994, il “Clan dei Licciardi” fu ge-stito dai fratelli, prima Pietro e poiVincenzo, i quali avrebbero tra-scorso la latitanza anche attorno alGarda, collegati come sempre amalavitosi campani latitanti in Ve-neto.È sempre la fine del 2009, quandola polizia sequestra tutte le quote el’intero patrimonio della Ru. Gi.srl, un’impresa di costruzioni consede legale in via Biasioli a SanGiovanni Lupatoto, intestata al 50per cento a Roberto Russelli, capodel pericoloso clan crotonese deipapaniciari. La Ru. Gi. Srl, hannoscoperto gli inquirenti, possedevaanche il 40 per cento di quote diun’altra ditta di costruzioni, laQuadrifoglio srl con sede a Pesaro.Non era uno sconosciuto, Russelli.L’anno precedente era sparito daSan Giovanni Lupatoto, dove vive-va dopo una decina d’anni di per-manenza in città. Era sottoposto aregime di sorveglianza speciale, eradestinatario di un obbligo di sog-giorno e di quello di firma. Ritor-nato a San Giovanni, è stato arre-stato per scontare la condanna perun tentato omicidio risalente al2000.Il modus operandi degli inquiren-ti, in queste e in altre operazioni,è sempre lo stesso: confrontano iltenore di vita e le disponibilitàeconomiche degli indagati. Con-trollano i beni loro intestati, e an-che quelli che risultano proprietàdi terzi: prestanome, utilizzatiper non risalire ai veri ’ndranghe-tisti.

«Dietro ogni grande impresa ci sono di sicuro in-teressi da tenere sotto controllo. Lo hanno dimo-strato, anche recentemente, disastri quali terremo-ti, ma anche dietro le inondazioni c’è chi segreta-mente brinda, perché può lavorare di più, realizza-re nuove opere. Ma bisogna vedere che tutto sia pu-lito, dall’inizio alla fine». Mario Giulio Schinaia,procuratore capo, non lascia sospesa una parolasenza prima averla pesata. Non lancia accuse, nonvuole essere frainteso, anzi puntualizza subito: «Peri reati come l’associazione mafiosa è competente laProcura distrettuale antimafia di Venezia. Certodalle indagini che noi qui a Verona conduciamopossono emergere, ed emergono, anche attività diassociazioni mafiose». Oltre quaranta le inchiesteaperte lo scorso anno.– I numeri dimostrano che il Veneto è un terrenosempre più fertile per la proliferazione del riciclag-gio di denaro sporco.«Questa è un’area economicamente dinamica, so-lerte, attiva. E in quanto tale rappresenta un’ottimaopportunità che le associazioni mafiose hanno perripulire il loro denaro. Può succedere nelle aziende,nelle banche, nelle fiere, nelle mostre, nei commer-ci. Il nostro compito è indagare concretamente».– Le grandi opere a Verona potrebbero rappresen-tare un terreno fertile: 20 miliardi di euro fannogola alla mafia. Per al traforo, ad esempio, è previ-sta una spesa di 450 milioni. Chi può e deve con-trollare la consistenza delle fiduciarie che parteci-pano alle gare d’appalto?«L’autorità amministrativa ha il potere discrezio-nale per capire quali sono le opere pubbliche da fa-re. E nella struttura amministrativa ci sono centridi controllo che sovraintendono la regolarità delleprocedure. La magistratura non può controllare laregolarità di ogni opera: questo è compito della po-litica. Poi, se durante la gara d’appalto vengono fat-te delle denunce – e di solito sono i perdenti a se-gnalare casi sospetti – noi allora verifichiamo».– Quindi solo i politici sono i garanti della traspa-renza di queste gare d’appalto...«La pubblica amministrazione dovrebbe avere glistrumenti per evitare le situazioni di illegalità, ga-rantendo trasparenza, nell’interesse della collettivi-tà. Ma il politico non può partire dal presuppostoche il silenzio da parte della Giustizia sia garanziadi procedure lecite».

– Allora la domanda è diretta: in questo ambito,ci sono indagini in corso da parte della Magistra-tura?«Le nostre indagini ruotano sempre a 360 gradi».– Per esempio, Ca’ del Bue potrebbe rappresenta-re una calamita per le ecomafie.«Questo settore lo abbiamo trattato in modo ap-profondito in passato. I rifiuti speciali rappresen-tano una fetta consistente di questo tipo di inchie-ste. Ma non possiamo partire dal presupposto cheogni opera pubblica sia espressione di un imbro-glio. Certo, dobbiamo accertare giuridicamente,ma non preventivamente».– Sono state oltre quaranta le nuove inchiesteaperte lo scorso anno per associazione mafiosa, unnumero probabilmente superiore a quello di altricapoluoghi veneti. La Procura di Verona non ècompetente in materia, eppure sono venuti alla lu-ce parecchi casi.«É difficile fornire un numero preciso. Tutte le in-dagini che conduciamo mirano a individuare gliautori di reati, per far cessare le attività criminose.Se poi questi reati siano o meno collegati con attivi-tà di stampo mafioso, questo lo possiamo saperesolo a posteriori. Faccio un esempio: quando ci tro-viamo davanti a un reato di tipo ambientale, primarimuoviamo la situazione di pericolo, poi scopria-mo gli autori e solo allora scopriamo se sono legatia una organizzazione. E una volta fatta questa sco-perta, la competenza passa alla Procura distrettualeantimafia di Venezia».– Viviamo in una realtà in cui ci sentiamo dire cheil problema della città sono i vu’ cumprà in viaMazzini o i romeni che rubano bottiglie al super-mercato.«La criminalità che mi preoccupa di più è quellapiù difficile da colpire, quella che ha nelle propriefila veri professionisti. I reati di mafia hanno unacaratteristica particolare. Sono operazioni gestitead altissimo livello, da menti sopraffine, da pro-fessionisti del crimine che operano da luoghi lon-tani. Sono, per noi, criminali molto più difficili daindividuare. Rubare una bottiglia è molto facile,l’operazione di un’organizzazione mafiosa è moltopiù sofisticata, più consistente e ovviamente piùproficua. Allo stesso modo è più facile occuparsidel marocchino, la criminalità organizzata è piùdifficile da individuare». (F.L.)

INTERVISTA CON IL PROCURATORE SCHINAIA

Indagini a 360 gradi«La pubblica amministrazione dovrebbe avere gli strumenti per evitare le situazioni di illegalità». Le grandi opere: inceneritore,

motorcity, traforo... le fiduciarie: a chi tocca controllare?Il procuratore capo di Verona MarioGiulio Schinaia

Page 26: Verona-In 27

Dicembre 201026

di Fabiana Bussola

C’è chi sotto l’albero di Natalespera di trovare un lavoro, chi diavere un rinnovo della cassa in-tegrazione straordinaria. Se-condo Veneto Lavoro, i dati re-gionali relativi ai primi diecimesi del 2010, le imprese in dif-ficoltà crescono rispetto all’an-no precedente, specie nel metal-meccanico e nelle realtà conmeno di 50 dipendenti.Tendenze che si confermano aVerona, dove le crisi aperte tragennaio e ottobre sono state110, quattro in più rispetto a unanno fa. Nel medesimo periododel 2010 è aumentato il ricorsoalla cassa integrazione e i licen-ziamenti non si sono fermati:Verona città, San Bonifacio, Vil-lafranca, Legnago le aree più in-teressate. A fine agosto sono sta-te 63 aziende veronesi ad aver ri-corso alla cassa integrazioneguadagni straordinaria: nel 2009erano 57. Secondo dati della Cgilscaligera, le ore autorizzate insettembre di cig ordinaria, spe-ciale e in deroga sono state 14milioni. Un rallentamento è sta-to comunque registrato tra mag-gio e agosto, ma il segnale di ri-presa è ancora troppo debole perdire che la ripresa c’è.«Verona nei primi dieci mesi del2010 registra un aumento co-stante di ore di cassa integrazio-ne in deroga – specifica LuciaPerina, segretario provincialedella Uil –, che rispetto al mede-simo periodo del 2009 cresce del294,7 per cento, mentre calanole ore di cassa ordinaria. C’èquindi una reale possibilità diuna successiva riorganizzazionedelle aziende, che può significa-re riduzione dei posti di lavoro oaddirittura la cessazione dell’at-tività. È un’evidenza che do-vrebbe attivare nuove politichedi rilancio del sistema produt-tivo nazionale, nonostante lanecessità di osservare il rigoredi bilancio». La lista delle prio-rità secondo Perina comprendeformazione, per avvicinare dipiù la domanda all’offerta di la-voro, più ricerca che renda leaziende competitive, meno fi-

sco a carico del lavoro e investi-menti in infrastrutture per il ri-lancio occupazionale. «Lo svi-luppo delle imprese passa attra-verso lo sviluppo del territorio

– sostiene la segretaria Uil –. Ve-rona ha un piano di infrastrut-ture importante, dalla viabilitàalla riqualificazione di VeronaSud, alle nuove aree industriali

come la Marangona, solo chebisogna dare un’accelerata, civuole un sistema amministrati-vo che corra veloce e decida».«Chiediamo da tempo che siinvesta in infrastrutture e ricer-ca – le fa eco Massimo Castella-ni, segretario provinciale dellaCisl – ma non vediamo piani alungo periodo. Purtroppo inquesti tempi di feste sembra chele cose possano migliorare, main realtà siamo rimasti fermi.Per l’occupazione ci sono statidei timidi segnali, soprattuttostanno reggendo le aziende chesi sono orientate sull’export.Queste riescono anche ad assu-mere, ma non è certo sufficientead assorbire lavoratori tagliatifuori dalla crisi e parcheggiatifinché si riesce in cassa integra-zione o in mobilità. Anche ilterziario in un primo momentoha reagito dando qualche se-gnale positivo, ma ora non simuove nulla. E in tempi brevinon si vedono svolte».La difficoltà stagnante in cuiversa il sistema produttivo ve-ronese ricade anche sulle possi-bilità di risposta dei sindacati.«Diamo tutela individuale,trattiamo per attivare le cig, lamobilità, ci confrontiamo congli imprenditori per valutare ipossibili strumenti di sostegnoai lavoratori. Stiamo ancheprogettando una struttura dimicrocredito per sostenerel’avvio di attività autonome odi cooperative. Il nostro servi-zio di assistenza alle partite ivapuò dare tutta la consulenzanecessaria». Un ultimo appun-to alla cabina di regia costituitadalla Provincia, il cosiddettoCrevv. «Ci siamo riuniti tre vol-te dal novembre dell’annoscorso – stigmatizza Castellani–. Certo, siamo una sessantinadi rappresentanze, difficili dariunire tutte insieme. Ma finoraa me sembra solo una vetrina,dove non c’è né chi vende néchi compra. Stiamo a guardareche se ne va la Glaxo da Veronae non arriva nessun’altra multi-nazionale. La città è forse pocoattrattiva? O manca la capacitàdi pesare politicamente?».

LAVORO

Sotto l’alberoc’è la cassa

integrazioneImprese sempre più in difficoltà

anche a Verona. I dati e i commentidi CGIL, CISL e UIL

Attualità

Page 27: Verona-In 27

Lavoro

27inVERONA

L’energia nucleare nonpiace a chi avrebbe la

centrale nel giardino dicasa, anche se per

qualche amministratorequesto significherebbe

l’accesso a benefici di tipo economico

di Chiara Bazzanella

C’è chi ne parla come di una ri-sorsa indispensabile per l’auto-nomia del Paese e chi la vede co-me una scelta centralista, miope eper nulla vantaggiosa. L’energianucleare non piace a chi avrebbela centrale nel giardino di casa,anche se per qualche ammini-stratore questo significherebbel’accesso a certi benefici econo-mici.Così, ora che a livello nazionaletorna a farsi avanti il progetto dicostruire otto reattori distribuitisulla penisola, per una spesacomplessiva di circa 30 miliardidi euro (l’Enel parla di 4-5 mi-liardi di euro a centrale, ma i co-sti sono destinati a lievitare), inVeneto chi comanda dice di sì,

ma anche di no, e spesso e volen-tieri scivola in ambiguità e pocachiarezza. Il Veneto rappresenta,infatti, una delle regioni candida-te a ospitare una di quelle ottocentrali (di cui quattro affidate aEnel ed Edf, l’azienda elettricafrancese) che, secondo le lineedel Governo, dovrebbero essereiniziate entro il 2013, per arrivareall’attivazione dei primi impiantinel 2020.Stando alle indagini degli anni’70, le aree papabili individuatenella nostra regione sono princi-palmente tre: una nel basso vero-nese (e nello specifico a Torrettadi Legnago dove, peraltro, è già infunzione l’unica discarica esi-stente nella provincia di Verona),un’altra nel delta del Po e l’ultimasulla fascia costiera, a Chioggia.

COSTANO E INQUINANO

CENTRALI NUCLEARI

Risorsa indispensabile per l’autonomia del Paese o scelta per nulla vantaggiosa?Il dibattito è aperto e quanto mai acceso, anche nel basso veronese, una tra le zone individuate in Veneto per la costruzione di nuovi impianti nucleari

Zone in grado di soddisfare queicriteri indispensabili per la loca-lizzazione di impianti nucleari,quali la grande disponibilità diacqua per il raffreddamento deireattori e l’assoluta stabilità si-smica, oltre che la bassa densitàdella popolazione. Tutte aree “giàpenalizzate da ingombranti ser-vitù energetiche (la centrale Eneldi Porto Tolle e il rigassificato-re)”, secondo Legambiente Vene-to, “ricche di attività produttive,come la pesca e l’agricoltura, chesarebbero gravemente colpite”.Se il presidente della regione, Lu-ca Zaia, pur dichiarandosi favo-revole alla produzione di energiaelettrica tramite il nucleare, diceno all’eventuale realizzazione diuna centrale entro i confini vene-ti, l’assessore regionale all’Ener-

Page 28: Verona-In 27

gia Massimo Giorgetti si allineacon Giancarlo Galan, ex patrondel Veneto e attuale ministro del-l’Agricoltura, secondo cui la cen-trale va realizzata in casa, per nonperdere i benefici che altrimentiandrebbero ad altre regioni.In Provincia, il presidente Gio-vanni Miozzi, se da un lato nonsembra gradire l’idea di una cen-trale vicina a Verona, dall’altro lapreferisce in Veneto che altrove,sempre nell’ottica di usufruiredei vantaggi economici. Il sinda-co di Verona Flavio Tosi sembraavere invece le idee più chiare suun sì a tutti costi al nucleare inpianura padana. Che sia in Vene-to oppure in Lombardia pocoimporta, ciò che conta è recupe-rare il tempo perso da quel lon-tano 1987, anno in cui l’Italia,tramite tre referendum, siespresse in maniera sfavorevole

nato Comune denuclearizzato –rende noto il presidente del Co-mitato, nonché vicepresidente diLegambiente Legnago, Lino Pi-ronato –. Per questo, la scorsaprimavera, abbiamo chiesto al-l’amministrazione di ribadire ta-le scelta. Ma la risposta è statal’astensione, con la conseguentebocciatura della richiesta. Sem-bra che i nostri amministratorinon abbiano nemmeno il corag-gio di prendere posizione».Capacità che non manca invecenel sud della Lombardia, dovesono gli stessi Comuni a essereinsorti per opporsi con determi-nazione alla prospettiva di unacentrale sotto casa, più precisa-mente a Viadana, in provincia diMantova. Prova ne è che il coor-dinamento territoriale contro ilnucleare, nato nel 2008 l’indo-mani della delibera del Governoper il riavvio del programma disviluppo del nucleare ai finienergetici, ha come capofila lostesso Comune. Lo scorso 9 no-vembre il coordinamento ha or-ganizzato un’assemblea pubblicache ha visto la partecipazione dioltre 300 persone e l’adesione diuna ventina di Comuni della zo-na. Occasione dell’incontro sonostati i ventitrè anni dal referen-dum, ma soprattutto la volontàdi dare risposte alle ultime uscitedel ministro dello Sviluppo Pao-lo Romani sull’ipotesi di costrui-re ben due reattori atomici sul-l’asta del Po, tirando in ballo unsupposto parere favorevole diFormigoni, finora sempre con-trario al nucleare in Lombardia(che ritiene una regione autosuf-ficiente sotto il profilo energeti-co ). Obiettivo dell’assemblea è

Dicembre 2010

LE SCORIE:PROBLEMAMAI RISOLTO

Negli anni ’70 il Comita-to per l’Energia Nucleare(Cnen), oltre a elaborareuna mappa per la localiz-zazione dei siti nucleari(tra cui, come detto, lazona compresa tra l’Adi-ge e il Po a sud di Legna-go), produsse anche unavalutazione preliminaredelle aree idonee per ildeposito dei rifiuti ra-dioattivi. Tra queste lapiù vicina a Legnago sitrova nel mantovano, aRivalta sul Mincio: ulte-riore preoccupazione peril Comitato, che non vededi buon occhio l’eventua-le futuro spostamentodelle scorie da Torretta aRivalta tramite treno omagari l’autostrada No-gara-Mare che, sospetta ilComitato, forse si punta arealizzare in quest’ottica,e non solo per risolvere iproblemi di viabilità trala bassa veronese e il Pole-sine.

Le aree papabiliindividuate nella nostra

regione sono tre: una nel basso veronese (a

Torretta di Legnago doveè già in funzione l’unicadiscarica esistente nella

provincia di Verona),un’altra nel delta del Po

e l’ultima sulla fasciacostiera a Chioggia

Torretta di Legnago è sede dell’unica discarica esistente in provincia di Verona

Torretta di Legnago. L’acqua del Canal Bianco raffredderebbe il reattore

all’utilizzo del nucleare e soprat-tutto ai cosiddetti “oneri com-pensativi” spettanti agli enti lo-cali sedi dei siti individuati per lacostruzione di nuovi impianti.Sul nucleare il dibattito è più chemai acceso e avanza l’ipotesi cheil referendum venga stralciato innome di una pretesa indipen-denza energetica.Quella della realizzazione di unacentrale nella provincia di Vero-na è una minaccia che un annofa, in risposta alla legge Sviluppodel luglio del 2009 – la qualeesautora totalmente le regionidel loro potere concorrente inmateria di produzione energeti-ca –, ha visto formarsi nel giro dibreve il Comitato antinucleare diLegnago e Basso veronese, checonta già oltre 850 adesioni.«Negli anni ’80 e già prima delreferendum, Legnago fu nomi-

Attualità

28

Page 29: Verona-In 27

Attualità

29inVERONA

stato anche quello di raccoglieresottoscrizioni per un documentoche chiede “l’adozione di un Pia-no nazionale, elaborato con ilcoinvolgimento delle regioni,non di offerta di energia elettricama di definizione del fabbisognoenergetico complessivo (termi-co, elettrico, per la trazione) conevidenziate le reali possibilità dirisparmio ed efficienza energeti-ca e di sviluppo delle fonti rin-novabili”.Umberto Chiarini, referente delcoordinamento, precisa: «Ci di-cono che il nucleare risolverà il25 per cento del fabbisogno dienergia elettrica in Italia. Ma essarappresenta solo il 20 per centodel nostro fabbisogno, necessi-tiamo anche di energia termica eper la trazione e quindi, di fatto,con il nucleare risolveremmo so-lo il 5 per cento della domanda».Nel documento è chiesto poi divalorizzare nei piani energeticil’energia solare, “dando così unarisposta ai temi dell’occupazioneper ricercatori e lavoratori in set-tori fortemente innovativi”.Il settore del fotovoltaico è quel-lo che al momento sta avendopiù seguito, tanto che entro la fi-ne dell’anno si stima che in Italiasi potrà raggiungere la potenzadi 1.500 Megawatt derivanti dainstallazioni fotovoltaiche. Nonmale, se si pensa che quella diuna centrale nucleare in un anno

è di circa 1.600 Megawatt. A pa-rità d’investimento, il settore delfotovoltaico è in grado di offrireoccupazione in misura quindicivolte superiore rispetto al nu-cleare.«Il Po è usato per tutto – conti-nua Chiarini –. Dalla zootecnica

all’agricoltura, come via di co-municazione e forza motrice perle centrali idroelettriche. Bisognapensare a disinquinarlo, non adaggravarlo di un ulteriore carico.È giunto il momento di smetteredi cementificare, per non rischia-re il ripetersi di alluvioni simili a

INIZIATIVEIN CORSOOltre a promuovere lacampagna “Una bandieraa ogni balcone” per invi-tare la cittadinanza a ma-nifestare in questo modoun chiaro no al nucleare,il Comitato di Legnago ebasso veronese ha già rac-colto oltre 700 firme a fa-vore della proposta di leg-ge per lo sviluppo dell’ef-ficienza energetica e dellefonti rinnovabili per lasalvaguardia del clima,che si pone tra i variobiettivi proprio quellodi impedire il ritorno delnucleare in Italia. Un’ini-ziativa, avviata a livellonazionale lo scorso giu-gno, che punta a raggiun-gere le 50 mila firme en-tro il prossimo dicembre.Per aderire alle campagnee saperne di più:http://comitatoantinu-clearebassoveronese.blogspot.com/ 340.5928393.

UN PO’ DI STORIANei primi anni ’60 l’Italia – con le tre centrali distribuite tra laprovincia di Latina, Caserta e a Trino Vercellese – figura come ilterzo produttore al mondo di energia elettrica a fonte nuclearedopo Stati Uniti e Inghilterra. Il 1º gennaio 1970 inizia la costru-zione della quarta centrale nel comune piacentino di Caorso, sul-l’argine del Po, mentre nel 1975 avviene il varo del primo PianoEnergetico Nazionale (Pen) che prevede, fra le altre cose, un fortesviluppo del nucleare. È in quegli anni che vengono proposti unaserie di siti per nuove centrali elettronucleari, tra cui Viadana eTorretta di Legnago. Ma con l’esplosione, nel 1986, di un reattoredella centrale di Chernobyl le cose cambiano e l’8 novembre del1987, tramite referendum, la maggioranza degli italiani si espri-me in maniera sfavorevole nei confronti del nucleare. In brevetempo le quattro centrali vengono chiuse. Il dibattito politico si èriaperto dopo l’impennata dei prezzi di gas naturale e petrolio trail 2005 e il 2008, fino alla decisione del Governo nel 2008 di ripri-stinare in Italia una capacità nucleare a fini di elettro-generazio-ne. L’intento di tornare alla produzione elettronucleare in Italia èstato normato con la legge 23 luglio 2009, n. 99 pubblicata sullaGazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Con l’approvazioneda parte del Governo del Decreto legislativo del 15 febbraio diquest’anno, che fissa i criteri per l’attuazione del piano energeti-co, e la nomina, del 5 novembre, di Umberto Veronesi a presiden-te dell’Agenzia nucleare e dei consiglieri che lo affiancheranno, inItalia l’ipotesi di un ritorno al nucleare si fa sempre più concreta.

A paritàd’investimento, il

settore del fotovoltaicoè in grado di offrire

occupazione in misuraquindici volte

superiore rispetto alnucleare

Monumento alle porte di Moscadedicato alle vittime di Chernobyl

Page 30: Verona-In 27

Fatti quattro conti il nuclearenon è un buon investimento

Senza contare i danni all’ambiente, rimane il fatto che servono decenni di attività per pareggiare il consumo di energia sostenuto nella realizzazione

degli impianti. E poi le riserve di uranio sono destinate a esaurirsi

Focus

Dicembre 201030

di Gianni Tamino*

Oggi nel mondo il nucleare rap-presenta meno del 7 per centodell’energia totale e nei prossimianni ci saranno più centrali dachiudere (per limiti di età) diquelle nuove che verranno aper-te. In Italia due (o quattro) nuovecentrali nucleari rappresentereb-bero il 3 per cento (o rispettiva-mente il 6 per cento) della poten-za elettrica installata nel nostropaese, già superiore alla richiesta.Infatti, a fronte di una domandamassima nelle ore e nei giorni dipunta di 56 mila Megawatt le cen-trali oggi operanti nel nostro pae-se raggiungono una potenza dicirca 100 mila Megawatt.Il costo dell’energia nucleare nonè basso. L’energia importata dallaFrancia costa poco per la rigiditàdel nucleare: le centrali sono infunzione anche quando c’è scarsadomanda, ciò che fa vendere l’e-nergia sottocosto. Secondo l’A-genzia internazionale per l’ener-gia (Financial Times del 3 novem-bre 2010) un kilowattore prodot-to da nuove centrali nucleari co-sterà il 50 per cento in più diquello prodotto da centrali a me-tano, ma senza tener conto deicosti di smantellamento e di ge-stione dei rifiuti radioattivi. Losmantellamento della centrale diYankee Rowe (Usa) è costato ildoppio del costo di costruzione.Non solo il nucleare costa piùdell’eolico (102 millesimi di dol-laro contro 99), ma per il Diparti-mento energia statunitense, i co-sti dell’elettricità di nuovi im-pianti nucleari in linea al 2020cresceranno del 34 per cento.

Il motivo principale di quest’au-mento dei costi è dovuto al fattoche, come il petrolio, anche l’ura-nio si va esaurendo. I mineralicontenenti uranio, utilizzati perla sua estrazione, ne possonocontenere una concentrazioneanche inferiore allo 0,05 per cen-to, ma a queste condizioni – se sicalcola tutta l’energia necessariaper la macinazione della roccia,per l’estrazione e per l’arricchi-mento dell’uranio 235, per il tra-sporto, per la realizzazione dellacentrale –, occorrono decenni difunzionamento della centrale perpareggiare i costi energetici dellefasi precedenti. Inoltre le riserveaccertate di uranio sono inferioria quelle del metano e del petrolioe, a consumi attuali, non ci sareb-be più uranio intorno al 2060.Calcolando l’inizio dei lavori peruna centrale nucleare in Italianon prima del 2015 e almeno die-ci anni per la sua realizzazione,

potrebbe entrare in funzione do-po il 2025. Tuttavia l’uranio, concosti crescenti, potrebbe esaurirsiprima di avere prodotto l’energiasufficiente per compensare i con-sumi delle fasi precedenti.Il reattore in costruzione a Olki-luoto, in Finlandia, di progetta-zione francese come quelli ipotiz-zati in Italia, ha già alcuni anni diritardo e maggiori costi per varimiliardi di euro. Nel dicembre2008 l’Autorità per la sicurezzanucleare finlandese ha indicatovari inconvenienti nella costru-zione e sta aspettando “un pro-getto adeguato, che soddisfi iprincipi basilari della sicurezza”,senza il quale si potrebbe bloccarela costruzione del reattore.Anche per questo aspetto econo-mico, oltre che per i rischi d’inci-dente, negli ultimi venti anni ilnucleare ha mostrato un chiarorallentamento in tutto il mondo.Anche senza incidenti rilevanti, il

ciclo del nucleare costituisce ungrave pericolo: già nella fase diestrazione produce un gas, il ra-don, molto pericoloso per i lavo-ratori, le popolazioni e l’ambientee, durante la fase di normale fun-zionamento la centrale ha co-munque delle emissioni radioat-tive. In Germania uno studio del2008 ha rilevato un incrementodi 2,2 volte delle leucemie tra ibambini d’età inferiore ai cinqueanni, residenti entro cinque chi-lometri dagli impianti nucleari.Di fronte ai cambiamenti climati-ci provocati dall’uso di energiefossili, alcuni scienziati hannoproposto il nucleare come maleminore. In realtà l’uranio, come lefonti fossili, è esauribile. Anchedecidendo ora di ricorrervi fino ailimiti dell’esaurimento, il suo ap-porto in termini di riduzione digas serra sarebbe limitato (a causadell’energia richiesta dalle fasi diestrazione fino a quelle di gestio-ne della centrale e dei rifiuti) e ar-riverebbe troppo tardi, come am-mette il Politecnico di Milano.Per evitare i cambiamenti climati-ci occorre ridurre i consumi, gra-zie al risparmio e all’aumento diefficienza, e quindi ricorrere allefonti rinnovabili). L’energia solareche arriva sulla Terra in un anno, èpari a circa mille volte tutta l’ener-gia contenuta nell’uranio estraibi-le nei prossimi 50 anni.Il nucleare presenta comunqueaspetti irrisolvibili, come le scoriee una domanda di acqua per ilsuo raffreddamento che nessunfiume d’Italia può assicurare.

* Docente di Biologia presso l’Università degli Studi di Padova

Page 31: Verona-In 27

NON CONVIENE...

Da un’analisi comparativa realizzata dalla Fondazione svilupposostenibile, risulta che l’elettricità prodotta dalle centrali nuclearicosta il 16 per cento in più rispetto a quella delle centrali a gas eaddirittura il 21 per cento in più rispetto alle centrali a carbone.Anche il fotovoltaico è diventato ormai più economico del nu-cleare. Per la Fondazione, decidendo di investire nel nucleare “sidovrà ripartire da zero, importare reattori che non produciamo,tener conto delle caratteristiche del nostro territorio, affrontare leforti opposizioni locali, considerare i tempi prevedibilmente piùlunghi di realizzazione delle centrali”. A far lievitare i costi sonoanche le difficoltà di garantire la sicurezza e lo smaltimento cor-retto delle scorie. Un esempio per tutti il cantiere di Areva, a Olki-luoto in Finlandia, dove i costi, dai 2,3 miliardi di euro iniziali, sisono gonfiati fino ai 7,68 miliardi di oggi.

ED È ANCHE NOCIVO

Una centrale nucleare emette radiazioni anche nel suo normaleciclo di funzionamento. Uno studio governativo tedesco (Kikkstudium) realizzato dall’Università di Magonza ha rivelato che trai bambini che vivono a meno di cinque chilometri dai reattori diuno dei sedici impianti nucleari presenti in Germania, la leuce-mia infantile è tre volte più frequente rispetto ai coetanei che vi-vono a più di cinquanta chilometri. Come se ciò non bastasse, unaltro studio effettuato vicino agli impianti di ritrattamento di Sel-lafield e Dounreay (Gran Bretagna) e a Krummel (Germania) haregistrato tassi di rischio di tumori superiori da due a quattro vol-te rispetto alla media europea.

inVERONA 31

quelle che hanno appena scon-volto il Veneto e che, una decinadi anni fa, abbiamo rischiato an-che noi».Eppure, se le centrali venisserocostruite, il sito di Viadana restail più probabile della Lombardia,anche se forse il meno dispostoad accettare le misure compensa-tive. «Siamo decisi a opporci inmodo democratico, dando even-tuale appoggio anche a ogni azio-ne popolare nonviolenta volta acontrastare l’installazione di im-pianti nucleari sul territorio», èscritto a fine del documento pro-posto durante l’assemblea del 9novembre. Toni con i quali leamministrazioni della bassa ve-ronese non sembrano disposte ascendere in campo, ma forse lagente sì. All’incontro organizzatodal Comitato di Legnago il 12novembre scorso a Vangadizza,infatti, oltre 100 persone si sonotrattenute fino alla mezzanotteper essere informate sui rischi delnucleare, e non solo sotto casa.

«Si potrebbe pensare che l’ipotesidi Legnago sia stata tirata fuori inmaniera funzionale alla realizza-zione della centrale a Viadana –ipotizza Chiarini –. Quasi per in-centivare il mantovano ad accet-tare la realizzazione di un’operache, altrimenti, verrebbe comun-que realizzata a pochi chilometrie senza nemmeno alcuna com-pensazione».Sta di fatto che, alla faccia dellapolitica, i comitati delle aree co-involte riescono a dialogare senzaproblemi e, anzi, sono decisi amuoversi in rete nell’ottica di uncoordinamento nazionale. «Dob-biamo uscire dal localismo e farerete con la gente – conclude

Chiarini – contro chi ha fatto delPo un dio fasullo e, come la Lega,si mostra incapace di dare rispo-ste concrete».Vada come vada, per il presidentedel Comitato di Legnago Pirona-to «anche se le centrali non venis-sero mai realizzate, quella in cor-so resta una perdita di tempo e dirisorse per il Paese, a scapito diuna valida programmazione intema di energie rinnovabili in vi-sta degli obiettivi europei da rag-giungere entro il 2020». E pro-prio Legnago, nel 2009, ha vistol’acquisto di 63 impianti tra foto-voltaici e solari da parte di azien-de e privati: «È questa l’energiasu cui puntare. Il nucleare è una

scelta che porta a un controllomilitare e stringente sul terri-

torio, oltre a essere noneconomico, non sicuro e

non utile».

In Italia si potràraggiungere la potenza

di 1.500 Megawattderivanti dainstallazioni

fotovoltaiche. Nonmale, se si pensa che

quella di una centralenucleare in un anno

è di circa 1.600Megawatt

Attualità

In alto: pale eoliche. Sopra: reattore nucleare

Page 32: Verona-In 27
Page 33: Verona-In 27

Quando la dimensione terribile della natura manifestava la sua forza,spegneva inutili visioni prometeiche. Nasceva invece il senso del limite

e si accendeva l’idea del rispetto verso le leggi morali

La massiccia presenza di “zappati-vi” è documentata da questa im-magine. Le pendici collinari, rivol-te a sud, presentano le caratteristi-che marogne (muretti a secco) che,terrazzando il pendio, rendevanopossibile ancora una volta la colti-vazione dei cereali. È comprensibi-le quanto fosse importante un re-gime di piovosità regolare per con-seguire qualche risultato agrarioin simili condizioni. Sullo sfondo ilprofilo del Monte Pecora (869 me-tri slm) sul quale sorge oggi la palaeolica del Comune di Badia Cala-vena

di Aldo Ridolfi

“Vi rifiutai la pioggia a tre mesidalla mietitura”, così il Signore sirivolge agli Israeliti in Amos 4,7. Iltempismo è perfetto: un’arsuraprolungata avrebbe compromessola produzione di frumento eavrebbe così messo in serio peri-colo la sopravvivenza dell’interopopolo. Israele doveva trovare quisufficienti ragioni per ravvedersi.Per noi il problema non è di ese-gesi biblica. Intendiamo solo sot-tolineare, con un testo autorevolee antico, come la dipendenza dallecondizioni meteorologiche fosse afondamento, in quegli anni (maanche oggi), della vita. Per questolo sguardo dell’uomo è semprestato costantemente rivolto al cie-lo, anche per ragioni di sopravvi-venza. Il gesto esprimeva al con-tempo profondo timore, infinitasperanza, senso di rassegnata di-pendenza. Davanti agli eccessidella natura, esso poteva essere

muto e soccombente, ma potevaanche diventare ribellione im-provvisa per una dittatura – quel-la del tempo – capace di prostrareo assumere la forma del grido tra-gico e disperato da contrapporreall’incalzare delle nuvole tempo-ralesche. Impauriva una sfumatu-

ra biancastra che i bambini aveva-no imparato a riconoscere: bassa,appena al di sopra del piano dicampagna. Poteva esserci, allora,un reclinare del capo e un’accetta-zione composta e dolorosa, maanche la preghiera ad alta voce ol’accensione dell’olivo benedet-

33inVERONA

Meteorologiae sopravvivenza

in collina

Grandine di eccezionali dimensioni

Page 34: Verona-In 27

I dolci arrotondamenti di queste colline (siamo ancora nella zona tra Sprea eSan Bartolomeo delle Montagne, in Val d’Illasi, a 8-900 metri slm) testimonia-no non solo l’attività secolare dell’uomo sul territorio, ma consentono anche diaffermare che dove adesso c’è prato fino a 60-70 anni fa c’era “zappativi” (ter-reno lavorato a zappa), cioè campi di cereali e di ortaggi.

to... I “grandi” si mettevano le ma-ni nei capelli: piangevano, affon-davano i pugni nelle tasche pro-fonde e sformate di logori panta-loni. Intanto la grandine rimbal-zava sul selciato, picchiava fortesul tetto di copi, urlava nel bosco,fitto, in quella stagione, di foglie.Si copriva d’angoscia, allora, tut-ta la casa e un lamento angoscio-so la percorreva: El ne porta iatuto! Non si era tranquilli nem-meno se il fortunale passava sen-za danni perché, cessata la piog-gia, si annusava l’aria alla ricercadell’odore d’erba o foglie pestatedai chicchi: inequivocabile segnoche nei dintorni aveva grandina-to, e forte. Non si era tranquilliperché la tempesta, anche sul po-dere di altri, era sentita comeprofonda ferita, come tradimen-to inaccettabile dopo infinite fa-tiche.Quando la dimensione terribiledella natura manifestava la suaforza, spegneva inutili visioniprometeiche. Nasceva invece ilsenso del limite e si accendeval’idea del rispetto verso le leggimorali. Molto eloquente era l’e-spressione Adeso el mola do elcuèrciolo, che alludeva non soloalla grandine e alla furia deva-stante del temporale, ma allastanchezza della divinità per lamalvagità degli uomini, giustol’impostazione del profetaAmos. La rilevanza catastroficadella grandinata veniva ribadita

Territorio

Dicembre 201034

OSSERVAZIONI AGRARIE

Il professor Ciro Ferrari ha redatto le Osservazioni agrarie per la provin-cia di Verona dal 1891 al 1900. Ecco una pagina relativa all’anno 1897.“Ma il temporale più terribile dell’anno e del qual a lungo rimarrà ilricordo, oltre che pel momento critico nel quale avvenne, la vigiliadella vendemmia, per la straordinaria grossezza della grandine, fuquello del 12 settembre. La direzione al solito da Occidente a Oriente;passò nella città intorno alle 4.30 pomeridiane. La zona colpita dallagrandine devastatrice fu una stretta striscia larga tra i due e i quattrochilometri e foderata dirò così da una zona di chicchi di minor gros-sezza il cui asse si estende da W a E, passando da S. Martino della Bat-taglia, Peschiera, S. Giorgio in Salici, Sona, Caselle, S. Lucia, Verona, S.Michele, S. Martino B.A., Colognola, Soave per raggiungere il nostroconfine orientale. La grandine in taluni di questi luoghi era grossa co-me gli aranci. Mi potei fare un’adeguata idea della sua straordinariagrossezza dal numero delle tegole (circa 30 mila) che fui obbligato arimettere in alcune mie case a Caselle”.C. Ferrari, Osservazioni agrarie anno 1897, Franchini,Verona 1899, p. 6.

LE INFLUENZE METEOROLOGICHESULLA PRODUZIONE AGRICOLA

Lettera inviata dalla Deputazione comunale di Selva di Progno il 12 feb-braio 1836 all’Imperial Regio Commissario di Badia Calavena, in Tre-gnago. È un documento con una sua speciale sintassi, ma particolarmenteattento alle influenze meteorologiche sulla produzione agricola.È conservato nell’Archivio del Comune di Selva di Progno.“Rispetto alla differenza di una statistica all’altra, per le granaglie ha ra-gione sia che il verno del 1834 è stato troppo secco, la primavera troppoumida e la state burascosa per cui le sementi parte furono inaridite,parte marcite e parte svelte per cui avvenne lo scarseggio. Riguardo lasperanza del fieno ed erba è che essendo il verno nevato e il fiero aqui-lone che vi domina quasi sempre, oltre ad aver portato seco il concime,ha anche il terreno inaridito, e ne soffiò via anche la terra che esistevaattorno alle radici e così, private del consueto alimento, ne derivò loscarseggio, il nominato vento molte volte ne portò via il fieno quando èfalciato e mezzo secco nei prati”.Più sotto aggiunge, a proposito delle abitazioni: “La maggior parte deifabbricati inservienti all’agricoltura, come case, tezze, stalle, porcili, edovili ci sono di sasso e calce e coperti a paglia di segale o canne di valle iltutto importato da fuori tranne quella poca paglia che non basta nep-pure per una cinquantesima parte dei fabbricati i quali tutti angustissi-mi, e bassi di tetto, essendo danneggiati dal fiero aquilone e dalla neveche ivi casca abbondante e tale che ogni tre, o quattro anni abbisogna-no rinnovazione di coperto e ristauro nei muri”.

da un’altra espressione, un tras-lato non privo di una certa ama-ra ironia: L’è come la tonpesta demajo. L’epiteto, per così dire, eraspesso riferito a chi combinavaogni tipo de malan, talvolta an-che ai bambini particolarmentevivaci, ma in tal caso l’espressio-ne era tinta di genuina allegria,di un certo orgoglio e di un taleottimismo che poteva persinopermettersi di scherzare sul piùterribile flagello meteorologico.Accanto all’espressione El neporta ia tuto, ve n’era una secon-da, non meno drammatica: El nebrusa tuto. Qui il riferimento eraalle terribili siccità estive che ina-ridivano gli zappativi delle pen-dici collinari trasformandoli interreni aridi, sterili e compatticome mattoni sui quali cresceva-no magri e radi ortaggi, fieni alticoatro diei (quattro dita, quattrocentimetri) che male coprivanocrepe larghe ’na spana nel codegoassiderato: fessure che si facevanodi giorno in giorno più profondee minacciose e che trasferivano laloro arsura nel cuore delle perso-ne, angosciate, nel periodo estivo,ora dalla grandine ora dalla sicci-tà. Piero Piazzola, in una delle suemagistrali poesie raccolte in Ale-luja, in ’N forèsto dedica un’indi-menticabile terzina a questa par-ticolare situazione: Sole che ’ncen-dia i piantoni; / bestie che bròca’nca scorse e raìse; / ombre curteche smòrdega i cantóni.

Territorio

34

Page 35: Verona-In 27

ne del bosco e il taglio della legnache doveva avvenire da novem-bre a marzo. Costituirsi una ri-serva adeguata de stele era im-portante per non patire il freddodurante l’inverno successivo.Tuttavia, se la nevicata precoce

cadeva, l’accorto boscaiolo dove-va predisporre nel modo miglio-re le sue pedine e attivava duefronti di taglio: uno al tramontane uno al solivo: in caso di nevica-te abbondanti, seguite da freddirigidi, aveva così la possibilità di

operare, come si direbbe oggi, suun duplice scacchiere e bypassa-re l’imbuto rappresentato daiboschi al tramontan.Insomma, era un bel confronto!Che durava tutto un anno, anzi,tutta una vita.

Territorio

L’Associazione Guide Turistiche Autorizzate di Verona eProvincia ASSOGUIDE è composta da 23 guide turistichetutte in possesso del patentino rilasciato dalla Provinciadi Verona in base alla Legge Regionale del 4 novembre2002, n. 33.

L’Associazione unisce passione ed entusiasmo ad un co-stante lavoro di aggiornamento e approfondimento. Le lin-gue straniere nelle quali i soci ASSOGUIDE possono forni-re il loro servizio sono: inglese, francese, tedesco, spa-

gnolo, giapponese, russo, olandese, greco, portoghese,rumeno. ASSOGUIDE si avvale di un sevizio multilingueper le prenotazioni e dispone di un numero telefonico direperibilità per le emergenze.

Oltre alle classiche visite della città e della Provincia diVerona, Assoguide è in grado di fornire itinerari personaliz-zati, adatti alle esigenze di associazioni culturali, piccoligruppi, operatori congressuali, gruppi parrocchiali, gruppidi disabili, gruppi incentive, scuole di ogni ordine e grado.

ASSOGUIDE VERONA

ASSOGUIDE È MEMBRO DI:

• Consorzio di Promozione Turistica Verona Tuttintorno• Consorzio di Promozione Turistica Lago di Garda è• Associazione Nazionale Guide Turistiche (Angt)• Associazione Regionale Guide Turistiche

L’immagine risale alla fine degli anni Ottanta ed è stata scattata a Sprea di Badia Calavena nei pressi di contrada Tassi acirca 800 metri d’altezza sul livello del mare. Documenta la coltivazione dell’uva a quote certamente elevate per le nostrelatitudini, ma era pratica agraria giustificata da un’economia di sussistenza e policolturale. La grandine spaventava so-prattutto per i danni davvero gravi a carico dei cereali e degli ortaggi, ma il montanaro soffriva anche per la perdita del-l’uva e quindi del vino che costituiva un elemento insostituibile nelle mense soprattutto della domeniche.

Il regime delle piogge e la lorocorretta alternanza con la neces-saria insolazione erano requisiticostitutivi non tanto di un’ab-bondante produzione a fini spe-culativi, quanto di sicurezza ali-mentare, soprattutto nel periodoinvernale perché: Fin a Nadalemagma tuti uguale, da Nadale inlà magnarà ci podarà. Come ci ri-corda Dino Coltro in Santi e con-tadini : Val pì na piova a la sostaion che on caro de oro de Salo-mon. La mancanza delle pioggemarzoline condizionava lo svi-luppo futuro dei foraggi e lepiogge successive non portavanogli stessi vantaggi: Se marso nonincodega maio no sega; e così, inagosto, era necessaria la pioggiaper ingrossare i maroni: Acqua deagosto e de note, castagne a mote.Si tratta spesso di sottili distin-guo che oggi sfuggono anche achi conosce proverbi, modi di di-re, storie de ’sti ani. È noto, infat-ti, che Sotto la neve pane e cheBon nevaro bon granaro, ma peril boscaiolo una nevicata primadi Natale seguita da temperaturerigide impediva la frequentazio-

Page 36: Verona-In 27

Ammanta lacampagna e la

imbalsama con la suapatina refrigerante,ma al tempo stesso

impedisce la visibilitàe rende pericolosa

la circolazione.La nebbia è una

medaglia a due facce:c’è chi accetta

serenamente diconviverci e vi osserva

un accento d’elegia,e chi invece la tollera

purché di breve durata

di Stefano Vicentini

Durante la stagione fredda c’èuna nebbia attesa, che ammantala campagna e la imbalsama conla sua patina refrigerante, e unanebbia fortemente osteggiata, cheimpedisce la visibilità e mette inallarme qualsiasi circolazione.Una medaglia a due facce: chi ac-cetta serenamente di conviverci viosserva un accento d’elegia, chi lofa amaramente la tollera purchédi breve durata. Sull’aspetto affa-scinante della nebbia si sono fis-sati fotografi e registi – pensiamoalle atmosfere rarefatte dei film diAntonioni e Olmi – ma anchescrittori e interpreti della tradi-zione contadina, con una riccapluralità di versi e proverbi. Ilcompianto cultore nostrano delmondo perduto di ieri, Dino Col-tro, ricordava gli auspici che l’ap-parire della nebbia portava allefamiglie: Tempo molo fa la nebia,tempo duro porta ben, a secondadella temperatura; Nebia bassabon tempo lassa e La nebia purgael tempo, quando promette il ri-torno del bel tempo; Nebia ciaratira el caro via da l’ara, quandopreoccupa i contadini nei campi;Tre calighi fa na piova perché an-ticipano la pioggia.Non manca l’alone poetico per-ché i toni pastello, derivati dallosmarrirsi dei colori a contatto colgrigiore della nebbia, richiamanoquadri di nostalgia, appunti d’in-fanzia, malinconie di cose lontane

e perdute. Nel 1948, alcune poesiedella raccolta Pianura di GiulioNascimbeni, allora ventenne mafuturo noto professionista al Cor-riere della Sera, meritarono ilmassimo riconoscimento alla pri-ma edizione del Premio Castellodi Sanguinetto, suo paese natale. Iversi, di stile ermetico, imprime-vano sensazioni di malinconia at-traverso la rivisitazione di unpaesaggio avvizzito, degradato equasi morto: ogni giorno si rico-minciava a vivere con la dura fa-tica del lavoro. Ecco, allora, ilprotagonismo della nebbia: IlNord ha questi giorni e queste not-ti/ quando gli asfalti tornano dipiombo/ e i tetti delle case hannocolore/ di melograno [...] Qualenome daremo, quale voce/ allanebbia dell’anno?; e ancora Suquadranti di nebbia la pianura/uccide l’ora degli idoli di sabbia,/paesaggi levigati già riafferrano/nei canneti la foce dell’ inverno, Lanebbia è un sogno che mi porta/nudi trofei di alberi. Ed io sono/un uomo che aggira la sua pena/dentro una catacomba di vicoli edi vigne. Certamente ritraeva unpaesaggio del secolo scorso,un’immagine degli anni Quaran-ta, con un approccio diverso trala natura e l’uomo, che alla neb-bia assegnava un compito dioblio verso le miserie e i momen-ti più cupi della nostra storia.Quel mondo era quasi del tuttodiverso dall’oggi: con la densa“nebiara”, tra le viuzze di campa-

gna arrivavano prima i cigoliidelle biciclette rispetto alle sago-me umane, oppure si sentivanoper strada gli zoccoli dei cavalli osul selese (selciato) le sgalmare(scarpe grosse) dei contadini;pieno di dolcezza nel borgo era,invece, il refolo di aromatiche pi-pe, seguite da sagome nere cheerano i signorotti locali avvoltinel tabarro – dal tardo latino “ta-bardum”–, usato nell’area venetadal Trecento. Una gustosa mac-chietta, scritta in dialetto emilia-no, ci è donata da Cesare Zavatti-ni raccontando proprio quest’in-dumento, da tempo scomparso esostituito dal cappotto: Portanoancora il tabarro/ dalle mie parti.C’è un vecchio del Ricovero Buris-Lodigiani/ che vi s’involta dentrofino agli occhi/ come volesse dire/non voglio più vedere nessuno/.Sembrano uccelli/ la gente in bici-cletta./ Appena il piede tocca an-cora la terra/ torna in mente/quello che avevamo voluto scorda-re . L’immagine di an vec c’alsgh’invoia dentr’in fin i oc cme s’alvrés dir an vöi pö vedr’ansön, chesi avvolge tutto fino a isolarsi equasi scomparire (nel veneto di-venta el sà imbacucà fin a le rece,coperto fino alle orecchie), ri-chiama di riflesso anche un tristericordo nella Bassa ossia il feno-meno del brigantaggio, l’oscurar-si favorevole agli uomini di ma-laffare, assai vivo nelle campagneprima dell’illuminazione. Que-st’ambiguità è il rovescio della

Territorio

Dicembre 201036

BASSA VERONESE

La nebbia agrodolceche avvolge la pianura

Trappola meteorologica invernale e delle stagioni di mezzo, la nebbia da sempre ha affascinato poeti e viaggiatori, fotografi e registi, musicisti

e scrittori che ne hanno ricordato le atmosfere rarefatte

Page 37: Verona-In 27

medaglia, il volto aspro e tetrodella nebbia che inclina all’avver-sione e all’odio.Oggi, l’altra nebbia è quella cheavvolge gli automobilisti, i guida-tori di camion e moto, che siespongono al pericolo della stra-da tra l’autunno e il tardo inver-no. La statistica dice che chiun-que acquisti un mezzo di loco-mozione nel Nord esige, comeaggiunta indispensabile, i farifendinebbia. Inoltre, l’alta peri-colosità che per la strada un tem-po era assegnata alle curve, ri-guarda oggi la mancanza di stri-sce che delimitano la carreggiatae di guardrail, in stretta relazionecon la visibilità critica. Osservan-do le indicazioni meteorologicheinternazionali, si va dalla “nebbiadensa”, con visibilità inferiore a40 metri, alla “foschia”, con visi-bilità superiore a 1000 metri(quella media è inferiore a 400metri). In verità, il confine prati-co tra foschia e nebbia e tra cali-gine e bruma è estremamente la-

bile. Parlando di questo, un gior-nalista della Gazzetta di Mantova,Stefano Scansani, autore del bril-lante saggio La fabbrica della neb-bia. Mito e meteo in Valpadana(edizioni Tre Lune), probabil-mente anche come sfogo di unlunghissimo intreccio con essanella sua vita professionale, com-menta: “Ma la nebbia, quandoesagera, è la più subdola e silen-ziosa trappola meteorologica in-vernale e delle cosiddette stagionidi mezzo. È un’idrometeora rara,che invece di precipitare cometutte le altre, sale, accidenti”. Nonc’è antidoto a questa iella: sonostati ultimamente posizionatidissuasori di velocità, semaforiintelligenti, cartelli lampeggiantiad hoc, strisce sonore sull’asfalto.Tutto utile ma non definitivo,nella vittoria su questo temibileavversario. Da un giro di telefo-nate ad alcuni giornalisti del bas-so veronese, l’ironico “invito” apassare d’inverno per alcuni ter-ritori ostili: l’arteria principale

Cerea-Bovolone, la San Pietro diMorubio-Isola Rizza (contradaCasalino) o molte frazioni; non sidimentichi, poi, che varie chiesenon hanno il sagrato, mentre di-versi municipi, istituti scolastici eper anziani sono affacciati allastrada. Insomma, con la nebbia èun terno al lotto per tutti. Unanonna legnaghese, abituata dasempre ad allungare il braccioprima di oltrepassare le strade,dichiara: “Te ricordito el nebionche ghèra a la sagra de Vigo? Setraversava col brazo alto davanti ala ciesa senza vedar el stradon. L’e-ra un ris’cio”. Allora, con sole bi-ciclette e poche auto prudenti, sifaceva in tempo a vedere quelmotto e fermarsi; oggi non è piùcosì. L’immagine agrodolce dellanebbia è fissata dal musicistaPaolo Conte in La fisarmonica diStradella: Cos’è la pianura padanadalle sei in avanti: una nebbia chesembra di essere dentro un bic-chiere di acqua e anice. Esperien-za ben nota dalle nostre parti.

Territorio

37inVERONA

«Cos’è la pianurapadana dalle sei inavanti, una nebbia

che sembra di esseredentro un bicchiere

di acqua e anice»

Paolo Conte

Con la densa“nebiara”, tra le viuzze

di campagnaarrivavano prima i

cigolii delle bicicletterispetto alle sagome

umane, oppure sisentivano per strada

gli zoccoli dei cavalli osul “selese” (selciato) le

“sgalmare” (scarpegrosse) dei contadini

Page 38: Verona-In 27

Desiderare di smettere di bere: èl’unico requisito per divenirnemembri di Alcolisti Anonimi,un’associazione di uomini edonne che mettono in comunela loro esperienza, forza e spe-ranza al fine di risolvere il loroproblema comune e aiutare altria recuperarsi dall’alcolismo.Lo scopo primario è quello di ri-manere sobri, e aiutare altri al-colisti a raggiungere la sobrietà.Un giorno alla volta, osservandol’assoluto anonimato dei singolifrequentatori.Alcolisti anonimi nasce negliUsa nel 1935 e ora è presente in160 paesi del mondo, con oltrecentomila gruppi e milioni di al-colisti recuperati.In Italia è attiva dal 1972 e si èrapidamente diffusa su tutto ilterritorio nazionale, dove oggiconta circa 500 gruppi e milionidi alcolisti. L’associazione ha in-ventato il metodo dell’auto aiu-to: l’alcolista che ha smesso dibere mantiene e consolida lapropria sobrietà, utilizzando lasua capacità di aiutare un altroalcolista. In genere, chi si rivolgead Alcolisti Anonimi – di suainiziativa, ma più spesso soste-nuto dai familiari che trovanosupporto e sostegno dai gruppiparalleli di Al-Alanon – non siriconosce subito alcolista, matende piuttosto a considerarsiun forte bevitore.Sa di avere problemi con l’alcol eha tentato più volte di smettereo moderarsi, ma senza riuscirci.Frequentando le r iunioni digruppo il nuovo arrivato si ren-de conto che quello che credevaun vizio è invece una malattiaincurabile, progressiva e morta-le. Partecipando agli incontri siinnesca un processo di identifi-cazione, che scatta automatica-mente quando con gli amici giàsobri si parla delle loro esperien-ze di recupero. A questo puntol’alcolista inizia a comprenderela gravità dello stato in cui sitrova e ad avere fiducia: se moltialtri amici ce l’anno fatta, ancheper lui arriverà il momento digettare quella stampella dell’al-col, che per molto tempo lo hareso schiavo, rovinandogli moltianni di gioventù se non la vita ola famiglia.Il percorso da compiere non è

facile né immediato, ma quasisempre consente un progressivocambiamento interiore attraver-so la rottura dei vecchi sistemi divita che anno portato una perso-na a rifugiarsi nell’alcol: quel be-re compulsivo che, con il primobicchiere, non si riesce più a fer-mare.Nella provincia di Verona esisto-no 23 gruppi dell’associazioneAlcolisti Anonimi: ogni giornose ne può trovare uno aperto.

Per informazioni o chiarimenti,contattare Luigi al numero334.3952277.

Dicembre 201038

Giornale di attualità e cultura

DirettoreGiorgio Montolli

Lungadige Re Teodorico, 1037129 - Verona. Tel. 045.592695

Stampa Mediaprint

Registrazione al Tribunale di Veronan°1557 del 29 settembre 2003

Iscrizione ROC 18748N° 25/giugno 2010

Copia venduta in abbonamentoal prezzo di 15 euro l’anno

www.verona-in.it

Questo giornale è stampato su cartarealizzata secondo rigorosi standard

ambientali, sociali ed economici

Chiuso in redazione il 07/12/2010

in

DIRITTO DI RETTIFICAL’art. 8 della legge sulla stampa47/1948 stabilisce che “Il direttoreo, comunque, il responsabile è te-nuto a fare inserire gratuitamentenel quotidiano o nel periodico onell'agenzia di stampa le dichiara-zioni o le rettifiche dei soggetti dicui siano state pubblicate imma-gini od ai quali siano stati attribuitiatti o pensieri o affermazioni daessi ritenuti lesivi della loro digni-tà o contrari a verità, purché le di-chiarazioni o le rettifiche non ab-biano contenuto suscettibile di in-criminazione penale”.

STUDIOeDITORIALEGiorgio Montol l i

Ammettere di essere impotenti di fronte all’alcol«Per me è stata la cosa più lunga e difficile da fare: ammettere che eropiù debole dell’alcol era terribile, io che mi consideravo forte come unaroccia, duro di carattere, migliore degli altri. Dover riconoscere che luimi faceva fare ciò che voleva, cioè brutte figure, mi toglieva la credibi-lità, annullava la mia spavalderia, la sicurezza. Mi rendeva timido, ti-moroso, pieno di complessi. Avevo bisogno di lui, perché mi desse la ca-rica, solo che poi me la prendeva. Dopo molti anni di sofferenze, grazieall’aiuto di amici disponibili, ho iniziato a frequentare gli AlcolistiAnonimi. Ho visto che molti ce l’avevano fatta: avevano smesso da an-ni di bere alcolici, erano sobri, sereni e felici, accettavano i problemiquotidiani con la tranquillità necessaria a risolverli. Ascoltavo le loroesperienze dai trascorsi burrascosi sempre con maggiore interesse. No-tavo che erano molto simili, se non gli stessi, dei miei. Ho iniziato apensare che avrei potuto farcela anch’io e a convincermi che avevo deiproblemi con l’alcol. Solo frequentando queste persone, che reputavodeboli, sono riuscito prima a mettere il tappo alla bottiglia, cioè asmettere di bere alcolici, e a fermare la malattia; poi con la frequenza ela volontà ho iniziato a capire che potevo migliorare la mia vita. Lamia esperienza insegna che non è stato facile, tuttavia devo ammettereche ne è valsa la pena. Da alcolista dico che questo primo passo è indi-spensabile. Poi ce ne saranno altri da fare, sempre importanti».

LuigiIl difficile cammino verso la sobrietà«Un labirinto. Così si può definire l’alcolismo. Un labirinto dal qualenon puoi uscire, per quanto impegno metti alla ricerca della via giustaper l’uscita. Continui a percorrere le stesse strade, credendole nuove, eti ritrovi sempre al punto di partenza. Nell’incoscienza del bere, sei co-sciente dei tuoi insuccessi, quindi ti rifugi ancora di più nell’alcol, peg-giorando la situazione. Non ti sei ancora reso conto che da solo non cela farai mai, che hai bisogno dell’aiuto di qualcuno. Quanti alcolistihanno pensato a smettere di bere? Tutti possiamo dirlo. A un certomomento arriva un alcolista a spiegarti che lui ha cominciato l’asti-nenza frequentando un gruppo. Il gruppo è dove tutto comincia. Nonsi presta a compromessi: indica l’obiettivo delle prime 24 ore di asti-nenza o dei primi cinque minuti se 24 ore ti sembrano troppe. Sembrauna strada in salita, dissestata, senza corrimano. Ma la percorri assie-me ad altri che la conoscono, e sanno dove sono le insidie; te le indica-no per tempo, se vorrai ascoltarli. Cosciente del tuo nuovo stato, prendiforza, finché non riesci a camminare con le tue gambe. Vai spedito: ac-corto, ma sereno, perché c’è il gruppo un paio di volte la settimana. Esopra di esso, che lo guida, c’è il grande potere superiore che ha presoper mano anche me perché, fiducioso gli ho affidato la mia vita».

Guido

ALCOLISTI ANONIMI

Il sostegnodel gruppo

Smettere di bere è possibile. Alcune testimonianze di chi ce l’ha fatta

Page 39: Verona-In 27

Se vuoi conoscerci da vicino partecipa al BLOG:

www.veronainblog.itSe vuoi leggere il progetto editoriale e informarti sulle le attività del giornale:

www.verona-in.it Rinnova subito

l’abbonamento per il 2011. Per informazioni: [email protected] - 045.592695 - 3204209663

27 novembre 2010: tour “Verona affrescata”organizzato dal giornale, con Katiuscia Lorenzini di Assoguide

Page 40: Verona-In 27