Verità e giustizia n.95

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4 ottobre 2012 La newsletter di liberainformazione n.95 verità e giustizia LA TASSA OCCULTA

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4 ottobre 2012

La newsletter di liberainformazione

n.95

veritàegiustizia

LA TASSA OCCULTA

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Subito la legge anticorruzione, ma senza cedimenti

di Don Luigi Ciotti

>>editoriale

Nessuno sconto, nessuna me-diazione è possibile nella lot-ta alla corruzione, così come nella lotta al riciclaggio ed

alle mafie. La convenzione di Strasbur-go parla chiaro: la corruzione deve es-sere sradicata. Quindi il Ddl sulla corruzione in discus-sione al Parlamento non deve essere svuotato da mediazioni che ne mortifi-cano i contenuti. Nonostante l’impegno, la coerenza e la serietà del ministro Severino, oggi in Parlamento ci sono forze che frenano la riforma e l’attuale Disegno di Legge rischia di non diventare la norma che tutti gli italiani onesti si aspettano per eliminare veramente la corruzione. Mentre, viceversa, questa legge deve diventare un trampolino di lancio di una vera lotta alla corruzione che ogni anno si mangia ben più di quel 3% del Pil italiano, cioè di quei 60 miliardi di Euro denunciati dalla Corte dei Conti. Non è tollerabile una società che ruba a sé stessa,impoverendo soprattutto quelle fasce più deboli della popolazio-ne, sottraendo opportunità di sviluppo delle persone che faticano a vivere e che hanno più bisogno di lavoro, servizi so-ciali, investimenti nella cultura e nella scuola. Nel Disegno di legge in discussione al Parlamento ci sono alcune “luci” importanti,ma purtroppo anche delle “ombre”: è importante infatti che sia in-dividuata una autorità nazionale anti-corruzione che vigila sulla amministra-zione pubblica. Ma questo istituzione deve essere po-

tenziata e finanziata per non restare una mera dichiarazione di intenti. E’ positi-vo il diritto alla trasparenza ribadito nel Ddl anticorruzione come “accessibilità totale e facilitata”. Ma il diritto alla trasparenza in Italia è poco applicato e va dunque non solo di-chiarato, ma chiaramente incentivato:la legge deve liberare ogni possibilità di controllo sugli atti pubblici da parte dei cittadini e dell’informazione, creando le condizioni e gli strumenti per poterlo fare. Il Ddl predispone poi la tutela dei cit-tadini che denunciano la corruzione e gli illeciti, ma questo diritto deve esse-re effettivo e veramente tutelato dalla legge, altrimenti le denunce pubbliche sarebbero poche, difficili, trasformando il civismo della denuncia in atti isolati addirittura colpevolizzati. Al contrario, invece, la denuncia dei cit-tadini è fondamentale per smascherare quei legami tra corruzione e mafie che si sono rinsaldati negli anni, legando la criminalità organizzata ed i cosiddetti “colletti bianchi” della classe dirigente corrotta. E’ poi positivo che si prevedano, nella legge Severino, pene severe,fino alla car-cerazione, anche per la corruzione in imprese private. Ma le ombre appaiono subito, nel Ddl, già all’articolo 8 che si limita a delegare ad un futuro governo, dopo quindi le prossime elezioni, un Te-sto Unico sulla incandidabilità a cariche pubbliche, politiche e societarie, delle persone condannate con sentenza de-finitive. Il Ddl attuale di fatto non si fa carico di questa fondamentale riforma.

Nella legge si deve subito prevedere l’esclusione dei condannati da qualsi-asi carica elettiva pubblica! Le deleghe di riordino sono state troppo spesso disattese e non attuate. L’altro aspet-to negativo nel Disegno di Legge in discussione,riguarda la visione ristretta del limite riformatore: cioè, pur aumen-tando le pene per la corruzione, resta difficile dimostrare la corruzione con prove certe perchè non vengono rein-trodotti i reati come,ad esempio,il falso in bilancio che favorirebbero le indagini e l’accertamento degli atti corruttivi. Di conseguenza, se è quasi impossibile dimostrare il reato di corruzione, l’au-mento delle pene diventa un inaspri-mento di facciata. Nonostante questi punti negativi, il Ddl Severino DEVE essere comunque ap-provato: ma, diciamo con forza, senza quelle mediazioni che impedirebbero di sradicare il fenomeno corruzione in Italia. Su questi temi non si fanno scon-ti e non sono accettabili compromessi. Serve un cambio di passo delle politica che torni ad essere veramente servizio al bene comune. Serve una più incisiva forma di cittadinanza che vuol dire re-sponsabilità individuale e corresponsa-bilità collettiva. Serve la forza concreta dei fatti. Se il Ddl Severino passasse con incon-gruenze, alcune delle quali qui segnalate, significherebbe dimostrare d’esser sordi al grido di 1 milione e 200mila cittadini che con la petizione al Capo dello Stato del 2011, hanno chiesto la piena appli-cazione della Convenzione dell’Unione Europea per la lotta alla Corruzione.

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Fra gli strumenti che colpiscono la libertà di stampa, insieme con le intimidazioni ai cronisti, c’è l’uso strumentale della legge sulla diffamazione, con esose richieste di risarcimento danni in sede civile, senza alcun rischio per il querelante.Un’arma in grado di annientare iniziative editoriali, scoraggiare e intimidire singoli giornalisti, impedire di far luce su oscure vicende di illegalità e di potere.

Per non lasciare soli i cronisti minacciati che siano in grado di dimostrare la loro buona fede e la loro correttezza, Federazione Nazionale della Stampa, Associazione Stampa Romana, Ordine Nazionale e regionale dei giornalisti, Unione Cronisti Italiani, Libera, Fondazione Libera Informazione, Articolo 21, Osservatorio Ossigeno, Open Society Foundations hanno deciso di costituire uno sportello che si avvale della consulenza di studi legali da tempo impegnati in questa battaglia per la libertà di informazione.Per usufruire di consulenza e

di assistenza legale giornalisti e giornaliste possono:

Inviare una e-mail all’indirizzo:

sportelloantiquerele. [email protected] inserendo in oggetto la specificazione “sportello antiquerele"

Telefonare al numero :06/67664896-97

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>> dossier

La corruzione non im-poverisce soltanto l’e-conomia del Paese e i bilanci delle famiglie,

ma rappresenta una minaccia devastante per l’ambiente in cui viviamo. Sempre più spesso, infatti, attività illegali come il traffico illecito di rifiuti o l’abusi-vismo edilizio, magari “rivestito” con il rilascio di concessioni ille-gittime, sono accompagnate da un sistematico ricorso alla cor-ruzione di amministratori pub-blici e rappresentanti politici, funzionari incaricati di rilasciare autorizzazioni o di effettuare controlli. Ma lo stesso discorso vale perla gestione di discariche autorizzate o la realizzazione

di opere pubbliche. I numeri parlano chiaro: dal 1 gennaio 2010 al 30 settembre 2012 sono state1.109 le persone arrestate in Italia nelle 78 inchieste re-lative ad episodi di corruzione connessi ad attività dal forte impatto ambientale. Le inchie-ste analizzate hanno riguarda-to il ciclo illegale dei rifiuti (dai traffici illeciti agli appalti per la raccolta e la gestione dei rifiuti fino alle bonifiche); il ciclo illega-le del cemento (dall’urbanistica alle lottizzazioni, dalle licenze edilizie agli appalti pubblici); le autorizzazioni e la realizzazio-ne di impianti eolici e fotovol-taici; le inchieste sulle grandi opere, le emergenze ambientali

e gli interventi di ricostruzione. Accanto alla corruzione, sono stati contestati reati che vanno dall’associazione a delinquere finalizzata al traffico di rifiuti al riciclaggio, dal falso in atto pubblico all’omicidio colposo, dalla truffa aggravata alla frode nelle pubbliche forniture, dall’in-cendio alla violazione dei sigilli. La “corruzione ambientale”, nel senso del suo impatto sul patri-monio naturale,sul territorio e sul paesaggio, è un veleno che attraversa il Paese: sono 15 le regioni coinvolte nelle inchie-ste, con 34 procure impegnate, omogeneamente distribuite tra Nord (13), Centro (11) e Sud Ita-lia (10). Il dato disaggregato per

aree geografiche evidenzia da un lato il “primato”, per numero di arresti, delle regioni dell’Italia Nord Occidentale (esattamen-te 442, pari al 39,9%) e dall’altro l’incidenza rilevante delle re-gioni a tradizionale presenza mafiosa(Campania, Puglia, Ca-labria e Sicilia), con 409 ordinan-ze di custodia cautelare pari al 36,9% del totale nazionale. Un numero che dimostra quanto sia stretto il legame tra corruzio-ne e mafie. La Calabria guida la classifica nazionale per numero di persone arrestate (224),segui-ta da Piemonte (210) Lombardia (209), Toscana (154) e Campania (130). Il maggior numero d’in-chieste, invece, si è concentrato

La corruzione inquina l’ambienteEstratto dal dossier “La tassa occulta che impoverisce e inquina il Paese” a cura di Libera, Legambiente e Avviso Pubblico

Numeri, storie e volti di un fenomeno che ruba al nostro Paese circa dieci miliardi di euro del prodotto interno lordo ogni anno. L’analisi di Libera, Legambiente e Avviso Pubblico nel dossier corruzione “La tassa occulta che impoverisce e inquina il Paese” presentato il 1 ottobre alla Federazione nazionale della stampa

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Numeri, storie e volti di un fe-nomeno che ruba al nostro Paese circa dieci miliardi di euro del prodotto interno

lordo ogni anno. L’analisi di Libera, Legambiente e Avviso Pubblico nel dossier “La tassa occulta che impoverisce e inquina il Paese” è stata presentata il 1 ottobre alla Federazione nazionale della stampa. «La corruzione nel no-stro Paese è un cancro le cui metastasi si sono allargate in modo generaliz-zato. Invasivo. Silenzioso. Difficile da debellare. Che uccide moralmente e fi-sicamente. Una Tangentopoli infinita, che cambia aspetto e si rigenera anno dopo anno». Così descrivono questo fenomeno le tre associazioni che da tempo chiedono una legge anticor-ruzione e pene più severe per questi reati. Il dossier è scaricabile dal sito di Libera e Libera Informazione e nasce, dopo la raccolta di un milione di firme della campagna “Corrotti”, dalla ricer-ca che il professor Andrea Vannucci ha condotto su questo fenomeno. Lo studio è contenuto nel libro “Atlante della corruzione” e fotografa un reato sempre presente da Tangentopoli ad oggi e che ha contaminato la politica, l’economia e la società civile. A seguire e a lato alcuni paragrafi del dossier che si occupano dei dati che riguardano corruzione che inquina l’ambiente, le istituzioni e che genera vittime dirette e indirette, senza che davvero qualcu-no paghi per questo reato ormai de-penalizzato. Per un fenomeno spesso connesso a quello mafioso e strumen-to di penetrazione dei clan nel tessuto socio economico nel Nord del Paese.

La tassa occulta che impoverisce e inquina il Paese

in Lombardia (15)seguita a pari merito, con 8 inchieste ciascuna da Calabria, Campania eTosca-na. Colpisce, tra i tanti, il dato re-lativo all’Abruzzo, che occupa il quinto posto della classifica na-zionale per numero d’inchieste (7), a pari merito con la Sicilia, e con 44 arresti si colloca al sesto posto, subito dopo la Campania, in quella relativa alle ordinanze di custodia cautelare. Un dato che riflette i gravi fenomeni cor-ruttivi che hanno interessato an-che la ricostruzione post terre-moto de L’Aquila. La corruzione in campo ambientale produce, accanto alla gravità di questi nu-meri, serie conseguenze per la sicurezza e la salute dei cittadini:

dalle opere pubbliche realizzate con il “cemento depotenziato”, come ospedali, scuole eviadotti, che passa i controlli grazie all’u-so di tangenti, ai “ripristini am-bientali” delle cave trasformate in discariche abusive di rifiuti, com’è emerso, solo per fare un esempio nell’inchiesta “Mazzet-tus” della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, fino alle false bonifiche (come nel caso dell’inchiesta della Procura di Milano sull’area ex Montedison di Santa Giulia). Ma fenomeni corruttivi accompagnano spes-so anche i fenomeni illeciti lun-go la filiera agroalimentare, dalle truffe all’acceso ai fondi comuni-tari.

Attività illegali come il traffico illecito di rifiuti o l’abusivismo

edilizio sono accompagnate da un sistematico ricorso alla corruzione

di amministratori pubblici

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Tra le molte vittime della corruzione bisogna annovera-re anche quelli che

pagano con la vita o con la salute l’arricchirsi di funzio-nari pubblici a libro paga dei corruttori. Si pensi, ad esempio, a burocrati e po-litici corrotti che accapar-randosi risorse destinate ad aiuti umanitari e investi-menti nel settore sanitario (acquisti di medicinali e apparecchiature, assunzio-ne e istruzione di personale medico, etc.) contribuisco-no a deteriorare la qualità dei servizi erogati.

Tutti ne scontano le conse-guenze, ma anche in questo caso ad avere la peggio sono i più indifesi, specie nei Pa-esi in via di sviluppo. È stata dimostrata una forte corre-lazione tra il tasso di mor-talità infantile – riferito a bambini fino a 5 anni – e la diffusione della corruzione, misurata attraverso l’indice di percezione di Transpa-rency International. Una stima molto prudenziale conduce a ipotizzare che «circa l’1,6 per cento dei de-cessi di bambini nel mondo possa essere spiegata dalla corruzione, il che significa

che,delle 8.795.000 morti annuali di bambini, più di 140.000 possono essere in-direttamente attribuite alla corruzione». Il rapporto causa-effetto tra tangenti e morti infantili è evidente, visto che la cor-ruzione redistribuisce nelle tasche di corrotti e corrut-tori quote di quei fondi che sarebbero altrimenti desti-nate a finanziare program-mi di cura, assistenza e pre-venzione della malattia. In Italia nel 2010 il tasso di mortalità infantile è stato del 3,7 per mille, pari all’in-circa a 12.638 bambini de-

La corruzione uccideEstratto dal dossier “La tassa occulta che impoverisce e inquina il Paese” a cura di Libera, Legambiente e Avviso Pubblico

ceduti in quella fascia d’età. Applicando la fatidica per-centuale dell’1,6 per cen-to di vittime infantili del-la corruzione,soltanto in quell’anno in Italia si arriva a stimare la perdita di 202 bambini a causa delle tan-genti. Ma una simile scala di gran-dezza è probabilmente da applicare a tutti i decessi, in qualsiasi fascia d’età, consi-derando l’influsso negativo della corruzione sull’effica-cia delle cure e sulla qualità dei servizi resi ai pazienti. Ma il settore dell’edilizia e delle costruzioni è co-

>> dossier

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nosciuto anche per la sua vulnerabilità alla corruzio-ne, che inesorabilmente si ripercuote sulla capacità di resistenza degli edifici agli eventi sismici. Facendo un confronto al-largato ai casi degli ultimi anni si è dimostrato che la corruzione condiziona in modo molto significativo la mortalità generata dai terremoti, considerando anche la diversa popolosità delle aree vicine all’epicen-tro. Ci si può chiedere quante tra le 27 vittime del sisma in Emilia Romagna nel 2012,

le 308 vittime del terremoto in Abruzzo del 2009 (consi-derato dagli esperti “di ma-gnitudo moderata”), le 30 di San Giuliano di Puglia nel 2001 (evento di modesta in-tensità), 2914 in Irpinia nel 1980, 989 in Friuli nel 1976, 370 nel Belice nel1968 – per citare solo gli episodi più gravi degli ultimi decenni – abbiano persola vita an-che a causa delle tangenti che avevano dequalificato le scelte urbanistiche, dis-suaso un serio controllo sui processi di costruzione, permesso l’impiego di ma-teriali scadenti.

Nell’ultima legislatura, tra il 2008 e il 2012, sono stati 90 i parlamentari indagati, condannati o arresta-ti per corruzione, concussione,

truffe e abuso d’ufficio, di cui 59 del PDL, 13 del PD e 8 dell’UDC, circa il 10 per cento di quelli che siedono alla Camera o al Senato. Nello stesso periodo, gli amministratori lo-cali coinvolti da inchieste giudiziarie per gli stessi reati sono stati circa 400, di cui 110 del PD e quasi il triplo del PDL. Ma le pendenze o i precedenti penali di un politico non pre-cludono di norma alla ricandidatura, né alla rielezione. Così, nonostante le disposizioni contrarie del codice di autoregolazione ap-provato dalla commissione parlamentare antimafia, 45 condannati – 5 per associa-zione mafiosa, 34 per usura ed estorsione, 2 per riciclaggio, 4 sorvegliati speciali – hanno trovato posto nelle liste delle elezioni ammi-nistrative del 2010, 11 di essi sono stati eletti 11. Riassumendo, lo scenario emerso mostra una corruzione che nell’ultimo decennio si è fatta capillare e sempre più spesso impunita, in un contesto nel quale la poca attenzione dei media si accompagna a una sfiducia ge-neralizzata verso l’onestà dell’intera classe politica. Non sorprende che nel2010 i partiti siano ritenuti dal 56,5 per cento degli italia-ni “estremamente corrotti”, percentuale in crescita rispetto al 54 per cento del 2007 e al 44 per cento del 200612. Nel 2011 il 67 per cento degli italiani ritiene che dare e ricevere tangenti e abusare del proprio ruolo per fini privati sia pratica diffusa tra i politici di livel-lo nazionale (la media europea è del 57 per cento). Per il 57e il 53 per cento degli italiani le tangenti sono prassi corrente anche per ipolitici di livello regionale e locale.

Politica corrotta

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Scampìa è come una foresta. Una foresta di cemento nella perife-ria a nord di Napoli dove si spara e si ammazza per conquistare

un angolo, una piazza dove poter spac-ciare droga. Ci sono le sentinelle della camorra sparse un po’ dovunque per controllare il territorio/accampamen-to. Non sopra gli alberi, ma dietro gli angoli dei muri, dietro l’occhio di una telecamera, dietro un cancello che im-pedisce sorprese indesiderate. Si co-munica col tam tam dei telefonini, via Facebook, o via motorino, ma pronti a sparire, a inabissarsi, a nascondersi in luoghi impenetrabili quando c’è peri-colo. La posta in gioco è altissima: mi-lioni di euro al mese. Il prezzo da paga-re, però, è un fiume di sangue. La nuova faida tra i narcotrafficanti è cominciata il 9 gennaio scorso, quando Raffaele Stanchi, gestore della piazza di spaccio del Lotto P, per conto del gruppo Amato/Pagano e anche conta-bile del sodalizio criminale – come lo definiscono i pm del pool anticamorra, Stefania Castaldi, Maurizio De Marco e Vincenza Marra - fu torturato, mutila-to della mano destra e poi assassinato, insieme al suo autista, Luigi Montò. Raffaele Stanchi, che per anni aveva gestito montagne di danaro del cartello degli scissionisti, secondo gli investigatori non avrebbe pagato una grossa partita di droga al gruppo che ha la sua base nel vicolo di “Vanella Grassi” (da cui prende il nome il clan), a Secondigliano. “Il contabile” aveva sottovalutato la reazione dei “ragazzi di Secondigliano”, ai quali dava poco peso dal punto di vista criminale. Non si era accorto che il gruppo di “Vanella Grassi” era cresciuto di consistenza e di esperienza. Gli hanno fatto pagare lo sgarro in ma-niera esemplare. Un monito anche per altri. Temendo una reazione degli al-tri gruppi che controllano le piazze di Scampia, il clan di “Vanella Grassi” ha stretto un patto con il vecchio nemico, il clan di Lauro, attualmente capeg-giato da Marco, latitante da circa otto anni, uno dei figli di Paolo di Lauro (Ciruzzo ‘o milionario). L’uccisione di Stanchi è stata come una dichiarazione di guerra al gruppo degli “scissionisti”, quelli che nel 2004 si staccarono dai Di Lauro (perciò detti “scissionisti”) e che la guerra la vinsero a colpi di mor-ti ammazzati. Ora “i ragazzi cattivi” di

vicolo “Vanella Grassi” si sono alleati nuovamente con i Di Lauro, per con-quistare le piazze di spaccio. Per il loro “riposizionamento” sul piano criminale, vengono chiamati “I Girati”, vale a dire quelli che si sono girati dalla parte del nemico di un tempo. Ai “Girati si con-trappongono gli Abete/Abbinante/Notturno/Aprea, che hanno il controllo sulle maggiori piazze di spaccio dove viene smerciata la droga. In realtà la vecchia faida non è mai finita. E’ stata sempre latente. Ora i Di Lauro vedono anche l’opportu-nità di ritornare ad essere i padroni di Scampìa. Uno scontro che si è alzato di livello in maniera esponenziale con agguati e sparatorie da una parte e dall’altra e con scontri a fuoco con le forze dell’or-

dine. Gli ultimi tre episodi eclatanti si sono consumati a partire dalla fine dell’estate. Il 23 agosto scorso Gaetano Marino viene ucciso sulla spiaggia di Terracina. Gaetano è fratello di Genna-ro, detto "McKay". Fu tra quelli che nel 2004 attuò la scissione contro i Di Lau-ro. Era lui che controllava lo spaccio alle cosiddette “case Celesti” a Scampia. Nella notte tra sabato e domenica 9 set-tembre, in via Roma verso Scampia, di fronte al carcere di Secondigliano, vie-ne ucciso Raffaele Abete, fratello del capoclan Arcangelo, detenuto, e zio del ventenne Mariano Abete, latitante. Due sicari, presumibilmente del gruppo dei “Girati”, trovano Raffaele Abete intorno alle 2.45 del mattino in un bar di Secon-digliano. Gli sparano tre colpi di pistola alla nuca, ammazzandolo all’istante. Il

La nuova faida di Scampia

di Raffaele Sardo

>> speciale campania

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17 settembre scorso Roberto Ursillo, 20 anni, incensurato, ma figlio e fratello di pregiudicati del clan Abete/abbinante viene ucciso mentre è alla guida della sua auto, a Chiaiano. Lo affiancano in moto due killer e gli sparano cinque col-pi. I protagonisti di questa nuova faida sono per lo più giovanissimi, spietati, e parlano solo con le armi. Ora si aspetta la prossima vittima, anche se qualche crepa comincia ad aprirsi tra gli i clan in guerra. Dopo l'agguato di Terracina uno dei “Girati”, Gianluca Giugliano, detto "O' Piccione", stipendiato con 150mila euro al mese, temendo di es-sere ucciso come Gaetano Marino, si è presentato alle forze dell'ordine e ha cominciato a fornire informazioni im-portanti per decifrare cosa accade nella nuova faida di Scampia.

La nuova guerra di camorra per il controllo delle piaz-ze di spaccio della droga, rischia di deflagrare e in-

vadere altre zone sinora controlla-te dai gruppi storici della camorra. Marano, uno dei comuni a nord di Napoli, roccaforte del clan Nuvo-letta, passata sotto il controllo del clan Polverino, alleati con i Sime-oli, nelle settimane scorse è stata invasa da gruppi di giovani in sel-la a motociclette e armati di tutto punto. Provenivano da Scampia. Hanno invaso negozi e attività eco-nomiche, chiedendo il pizzo ad im-prenditori e a piccoli commerciati: “Ora ci siamo noi e dovete pagarci” la loro richiesta. Stanno approfit-tando della debolezza del clan Pol-verino il cui capo, Giuseppe, è stato di recente estradato dalla Spagna e Angelo Nuvoletta, tra i mandanti dell’omicidio di Giancarlo Siani, è anch’egli in carcere con un bel po’ di anni da scontare. A Marano i clan locali non hanno mai fatto pagare il pizzo ai commercianti. Le loro atti-vità erano altre. I polverino hanno risposto a loro volta con le ronde che controllano le strade di Mara-no, soprattutto di notte. Ma la ten-sione resta alta, come resta alta sul litorale domizio, nel casertano. A Castel Volturno, altra grande piazza di spaccio di droga controllata fino a pochi mesi fa dalla camorra casa-lese, e precisamente dal clan che fa capo al gruppo di Francesco Bido-gnetti, c’è un vuoto. I bidognettiani sono stati praticamente ridotti ai minimi termini da arresti e defezio-ni a catena. Gli inquirenti stanno prestando molta attenzione a tutto ciò che si muove da quelle parti. Nei giorni scorsi un comitato per l’ordi-ne e la sicurezza pubblica si è tenu-to presso la prefettura di Caserta, alla presenza del procuratore della DDA, Federico Cafiero De Raho, per evitare che dalla vicina Scampia ar-rivino anche ad occupare gli spazi vuoti lasciati a Castel Volturno.

La nuova guerra di camorra per il

controllo delle piazze di spaccio della droga, rischia di allargarsi ad

altri territori

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La scheda

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«L a manovra Monti ha portato circa trenta miliardi di euro nelle casse dello Stato. Nel

distretto del territorio di Napoli la Dda ha sequestrato quasi quattro miliardi di euro in un anno: io credo queste cifre spieghino meglio di molte altre quanto la lotta ed il contrasto ai clan dovrebbe essere il primo canale di risanamento della situazione economica italiana». Così il procuratore capo della Dda di Napoli, Federico Cafiero De Raho sintetizza in poche parole il cuore della lotta alla camorra in atto sul territo-rio. Contrasto all’ala criminale ma soprat-tutto sequestri di ingenti patrimoni illecita-mente accumulati. Nell’intervista l’analisi di una holding criminale, colpita ma non piegata dagli arresti di questi ultimi anni.

Partiamo proprio dagli arresti che sono stati eseguiti questa mattina (3 ottobre 2012, ndr). Cosa hanno messo in luce, del cosiddetto post Zagaria? Già quando venne arrestato Michele Za-garia sottolineai che l’arresto dei capi sto-rici, e quindi la cessazione della latitanza di tutti gli esponenti più significativi del clan, non significava un indebolimento del clan perché questo continua ad avere un’organizzazione militare forte che vie-ne rinnovata puntualmente, all’esito de-gli arresti, grazie alle grandi ricchezze di cui dispone il clan. Ciò che caratterizza il clan dei casalesi è la struttura economico – imprenditoriale quella cioè che consen-te al clan di infiltrarsi nei lavori, soprattut-to quelli pubblici, che permette di avere il controllo di alcuni settori dell’economia, naturalmente a livello territoriale, quel-

lo che consente cioè al clan di ripulire il danaro attraverso questi canali che appa-rentemente sono leciti. Non va dimenti-cato che il clan è strutturato sul modello mafioso e l’aspetto più significativo della sua pericolosità è rappresentato dal fat-to che il gruppo direttivo, per quanto sia oramai assicurato alla giustizia, riesce attraverso i propri riferimenti esterni a dare direttive e continua a mantenere inalterata la propria attività criminosa. Quindi da un lato quella economica di reinvestimento in canali oramai collau-dati che sono quelli economico-impren-ditoriali, dall’altro i canali militari, che per altro si rinnovano con riferimenti precisi, che sono di volta in volta rappresentati o da camorristi che hanno recuperato la libertà o da coloro che hanno preso il po-sto di arrestati e che, per l’esperienza che

di Aldo Cimmino

Una nuova faida, il controllo del narcotraffico e gli equilibri del post – Zagaria. Cosa sta accadendo in Campania, quali strategie criminali si stanno organizzando per non perdere il controllo degli affari e del territorio e il dialogo con parte della politica locale. A spiegarlo il procuratore capo della Dda di Napoli, Federico Cafiero De Raho

La lotta alla mafia è la risposta alla crisi economica

>> speciale campania

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ne ha contrassegnato il loro contributo, consente loro di portare avanti le attività criminali.

Per esempio? Tra gli arrestati, nell’o-perazione che questa mattina è stata eseguita, ve n’è uno, Antonio Aquilone, il quale, è stato oggetto di fermo, perché ha partecipato ad una estorsione pure essendo stato scarcerato appena il 24 set-tembre scorso. Quindi, questo dimostra la frequenza di questo contributo che ciascuno dei soggetti criminali dà all’at-tività del clan. È sufficiente venir fuori dal carcere per essere immediatamente reinseriti nella struttura. È evidente che la loro anzianità e la loro esperienza con-sente loro di prendere posti sempre più elevati nella gerarchia del clan. Quindi parlare di indebolimento, oggi, è sicura-mente prematuro.

Dopo l’arresto di Zagaria, lei affermò che il passo successivo sarebbe sta-to quello di continuare il contrasto patrimoniale al clan e colpire quella zona grigia. Gli ultimi arresti di que-sta mattina fanno registrare un colpo assestato in questa direzione? Oggi abbiamo toccato solo il braccio militare,

quelle pedine facilmente sostituibili che operano sul territorio una costante pres-sione, soprattutto estorsiva, nei confronti di imprenditori casertani e di altre pro-vince oltre che di altre regioni. Devo dire, però, che è proseguita l’attività di contra-sto patrimoniale al clan. Proprio ieri ho calcolato che i sequestri realizzati dal primo gennaio 2012 al trenta settembre, sequestro di beni che ha accompagnato l’attività di contrasto militare, sono stati effettuati per un valore di circa 4 miliar-di. Ovviamente parlo del distretto di Na-poli, per cui, attualmente, la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli è stata in grado di sequestrare questi beni ap-partenenti alla criminalità organizzata. Questo però dimostra anche quanto sia forte il contrasto sotto questo profilo e nello stesso momento quale sia il livello di invasività economica e imprenditoria-le del clan. Pensi che la prima manovra Monti pare abbia portato a circa trenta miliardi di euro il recupero dello Stato e se soltanto per un territorio, quello del distretto di Napoli, abbiamo sequestrato quasi quattro miliardi di euro, io credo che dovrebbe comprendersi bene che la lotta ed il contrasto ai clan sarebbe il pri-mo canale di risanamento della situazio-

ne economica italiana.La camorra casalese si è infiltrata sto-ricamente nel settore del calcestruz-zo, sino a raggiungere territori a nord di Napoli come Quarto flegreo sul cui territorio progredì la Co.Na.C. S.r.l. direttamente riconducibile a Lorenzo Nuvoletta. Esistono dunque, secon-do Lei, questi collegamenti, anche su territori diversi da quelli casertani come nel comune di Quarto nell’am-bito dei Campi Flegrei? Storicamente, ed è dimostrato anche dal punto di vista giudiziario, risulta che il clan dei casalesi è egemone per quanto riguarda il settore imprenditoriale, e risulta, non solo dalla sentenza Spartacus1, in cui si evidenzia-va che le imprese che si erano inserite nei grandi lavori di costruzioni di arterie stra-dali che circondano Napoli, del tipo No-la-Villa Literno, oppure il collegamento all’autostrada Napoli-Roma, una serie di opere stradali enormi, avevano visto infil-trazioni di numerose imprese del clan dei casalesi, il che aveva comportato poi un aumento dei costi addirittura di tre volte rispetto a quello che era stato preventi-vato, ma non va dimenticato quello che è stato il consorzio del calcestruzzo2; il calcestruzzo era tutto nelle mani del clan

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dei casalesi per cui coloro che lo produ-cevano erano costretti ad aderire a que-sto consorzio. Il clan dei casalesi rappre-sentava il capocordata in questo modo di pensare tanto che anche sul nolano vo-levano creare una simile operazione; poi sono intervenute le operazioni giudizia-rie e quindi questo disegno non ha avu-to piu attuazione. Pensi, ancora, che nel 1996 quando si stava realizzando la linea dell’alta velocità facemmo un indagine per comprendere da dove provenivano gli attentati che più volte venivano por-tati avanti nei confronti delle società che operavano per la costruzione appunto della linea ferroviaria veloce. E fingem-mo l’iniziativa da parte della società ca-pofila per contattare i capi delle organiz-zazioni e per comprendere non solo chi stesse dietro gli attentati ma dietro alle pressioni estorsive, dietro tutto ciò che ostacolava la realizzazione di quell’ope-ra. Gli stessi capi-zona, di tutti i territori che sarebbero stati interessati da quella linea in costruzione, indicarono una per-sona che era l’unica che poteva parlare a nome di tutte quante le organizzazioni in Campania. E quando questo ufficiale dei carabinieri incontrò questo personaggio, dopo numerose peripezie si dimostrò es-

sere Pasquale Zagaria, il fratello di Miche-le Zagaria. Quindi come sia forte questo clan e quanto sia importante nell’ambito della considerazione delle organizzazio-ni diverse da quella dei casalesi, credo sia dimostrato già da allora. Poi altre indagi-ni hanno dimostrato quanto il potere del-la camorra casalese sia così pervasivo dal punto di vista imprenditoriale tanto da estendersi ai territori dell’Emilia Roma-gna, della Lombardia e del vicino Lazio.

Questo potere è conservato attual-mente dall’organizzazione dei casa-lesi? Guardi negli appalti loro hanno un numero di imprese veramente incredibi-le. La stessa Casapesenna ha un nume-ro di imprese secondo un rapporto uno a tre, cioè un’impresa ogni tre abitanti, una cosa incredibile, il che è evidente che questo deve servire ad uno scopo.

Vincere gli appalti a qualunque costo?Le indagini, come l’ultima denominata “Normandia” che si è soffermata su alcu-ni imprenditori, hanno dimostrato come tra le imprese dei casalesi vi era una sor-ta di accordo che consentiva ad esse di partecipare a numerose gare d’appalto e tanta era la loro partecipazione, così

consistente, da lasciare, i pochi inconsa-pevoli imprenditori, che pure facevano domanda, totalmente isolati; per cui o il prezzo finiva per essere determinato dal-le stesse offerte che in numero rilevante erano presentate da quegli imprenditori o quando anche l’imprenditore inconsa-pevole si fosse inserito nel meccanismo camorristico di questo tipo, veniva sco-raggiato con intimidazioni o violenze. Quindi questo dimostra quanto sia forte la loro presenza, e non solo nei comuni tipicamente ad altissima densità camor-ristica ma anche in quelli che si pensa siano esenti dall’influenza camorristica

Alcuni di questi sembrano essere quelli del basso Lazio come Terracina, Sabaudia, San Felice, Gaeta…Io ricordo sempre che nell’economia esi-stono dei principi che sono quelli della domanda e dell’offerta. Ora la domanda va dove l’offerta è migliore e se appli-chiamo questo principio non al mercato ma alle mafie, ci rendiamo conto che la camorra va dove minore è il contrasto; cioè, laddove vi sono dei territori vergini, o quasi, la camorra si infiltra con i propri imprenditori, laddove trova il terreno impreparato dal punto di vista del con-

>> speciale campania

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trasto giudiziario, la camorra finisce per spadroneggiare.

Quando ci si rende conto di queste infiltrazioni? Quando, oramai, non sol-tanto gli investimenti sono stati portati a termine, mediante persone che appaiono estranee all’organizzazione, ma quando la camorra diventa visibile; e questo ac-cade quando l’investimento stesso, che è in grado di inquinare il tessuto economi-co territoriale, sia locale che nazionale, si tira dietro con se gli uomini della camor-ra, cioè il braccio armato dell’organizza-zione. Io credo che gli esempi che ci sono stati nel mese di luglio e agosto sulle co-ste laziali dimostrano quanto oramai sia forte la presenza camorristica; ma è una camorra che segue sempre gli investi-menti.

Quali logiche di reinvestimento dei proventi illeciti vie-ne messa in atto e quali relazioni ci sono tra la potente cosca dei casalesi e quella dei Mallar-do e degli altri clan operanti nel napole-tano? Noi guardiamo ai clan come se fos-sero gruppetti che si muovono su territori circoscritti. Questo modo di pensare è il prodotto di una pre-messa che ancora trae in errore molti che guardano la camorra cosi come era stori-camente configurata e non alla camorra quale oggi è presente sul territorio. La camorra, che è oggi presente sul ter-ritorio, non è più il gruppo di straccioni che sparano soltanto, ansi quella è la par-te direi più primitiva che va quasi scom-parendo. Oggi la camorra spara solo quando sul-lo stesso territorio coesistono gruppi contrapposti, infatti quel che avviene a Scampia è dimostrativo dell’esistenza di un contrasto tra scissionisti e non, ma altrimenti la camorra preferisce utiliz-zare la strategia della mimetizzazione in quanto è l’unica che paga. La camor-ra, inoltre, non è il gruppo che gestisce solo le estorsioni. Gestisce, forse, anche il racket e non sempre “porta a porta”, come una volta. Oggi c’è una maggiore

“selezione” anche perché la proiezione dell’attività estorsiva è sempre sulla sca-la economica e su essa loro riescono a muoversi creando alleanze. Proprio negli investimenti che si possono intravedere le alleanze. Veda, per esempio, le inda-gine recenti hanno dimostrato quanto sia forte il legame tra il clan dei casalesi, quello dei Mallardo e quello dei Licciardi. Si tratta di un’unica coalizione che servi-va per realizzare attività tradizionalmen-te criminose, estorsioni in particolare, su tutto quanto il versante costiero, che ve-deva appunto continuità tra i guglianesi del clan Mallardo, i bidognettiani con il coinvolgimento del quartiere di Secon-digliano. Non si tratta solo di una coali-zione, in quanto le relazioni sono così unitarie tanto da apparire un solo clan. Quindi parlare oggi di clan con riferimen-

to a specifici confini territoriali, non credo sia corretto. Addirit-tura anche nel sannio il clan Pagnozzi è da sempre legato ai casa-lesi in quanto l’allean-za è prodromica alle infiltrazioni nell’eco-nomia territoriale.

Se di economia ter-ritoriale si tratta significa che la que-stione rifiuti, che sono normalmente un prodotto territo-riale, non può che essere connessa alla gestione criminale

di un potentato economico… Questo è un tema molto importante perché vi sono state persone che pur operando sul tema del contrasto alla criminalità han-no, in passato, affermato che il tema dei rifiuti a Napoli non interessa la criminali-tà ma è toccato da altri problemi. Ebbene i rifiuti rappresentano un settore in cui la criminalità ha sempre investito; la mafia ha le sue imprese, i suoi terreni; laddove bisogna individuare il luogo in cui concentrare una discarica, compra i terreni prima che venga disposta la disca-rica, utilizza imprese e le organizza per offrire un servizio. È un settore questo da sempre interes-sato dalle logiche camorristiche, si pensi che il clan dei casalesi non ha mai gestito il traffico di droga, se non i casi rari, per-ché i rifiuti hanno rappresentato il primo

e assai redditizio canale di arricchimento.

E veniamo al nodo dei rapporti con la politica. Ancora oggi ci sono col-laboratori di giustizia che sollevano accuse contro Nicola Cosentino, una volta come consigliere provinciale, poi come consigliere regionale, an-cora come parlamentare a seconda del periodo di riferimento preso in considerazione. Come procedere a rescindere questi legami? Il clan dei casalesi, così come altre organizzazioni, è forte perché riesce ad invadere la po-litica. È chiaro che non parliamo di tutti coloro che siedono in Parlamento ma di esponenti che riescono ad esprimere gli interessi della camorra che sono in ge-nere economici. Nessun parlamentare mai si farebbe direttamente portavoce di interessi camorristici presso gli altri parlamentari, è certo però che ci sono determinate problematiche che i settori economici della camorra devono affron-tare e che possono essere trattati solo ad un livello molto alto; ecco perché il riferimento politico per la camorra è in-dispensabile, ed ecco perché la camorra ha riferimenti non solo romani ma anche locali. Basti pensare, infatti, che in quei comuni dove il clan dei casalesi è più for-te, le stesse elezioni vengono condiziona-te totalmente dalla volontà camorristica per cui finiamo per avere il sindaco o la giunta comunale totalmente coinvolti ed espressione di quella camorra non più formata da ignoranti ma da persone in grado di coinvolgere, nelle loro rappre-sentazioni criminose, professionisti, pub-blici amministratori eccetera. Direi che oggi è un altro aspetto che oggi bisogna affrontare con molta decisione; la nuova legge sulla corruzione dovrebbe almeno consentire che personaggi che sono stati condannati per determinati reati non siano eleggibili. Bisognerebbe però cominciare a pensare che l’etica non deve appartenere solo al cittadino comune ma l’etica deve essere il patrimonio comune e credo il primo requisito che deve possedere colui che pensa di ricoprire incarichi elettivi. Nel momento in cui si arriverà a questo pa-radigma probabilmente avremo una camorra molto debole, che non riuscirà più a raggiungere i proprio risultati e con l’azione di contrasto all’ala militare, l’in-debolimento sul piano amministrativo e su quello politico, la camorra verrebbe sconfitta sicuramente.

Oggi la camorra spara solo quando

sullo stesso territorio coesistono

gruppi contrapposti altrimenti

preferisce usare la strategia della mimetizzazione. L'unica che paga

speciale campania <<

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Al festival Internazionale di Ferrara giornalismo d'inchiesta e antimafia sociale

>> internazionale

Antimafia e informazio-ne libera. A Ferrara tre incontri per parlare di lotta alle mafie e di

giornalismo d'inchiesta, al festi-val di "Internazionale" che si svol-gerà dal 5 al 7 ottobre 2012. Il primo incontro "Narcolanda" sara' dedicato alle nuove rotte del traffico internazionale di droga. Si terra' alle 16.00 al Teatro Co-munale con Carlos Dada, gior-nalista salvadoregno, direttore di "El Faro" Diego Enrique Osorno, giornalista messicano, autore di "La guerra de los Zetas", Cynthia Rodriguez, giornalista messica-na, autrice di "Contacto en Italia" Introduce e modera il dibattito, Tonio Dell'Olio, responsabile del settore internazionale di Libera. Il secondo appuntamento con la rete di associazioni di Libera si intitolerà' "Semi di libertà. L'espe-rienza delle cooperative sui terre-ni confiscati" e si terra' alle 17.30 in Piazza Municipale. Interverranno Luigi Ciotti, pre-sidente di Libera Gianluca Fara-one, del Consorzio Libera Terra Mediterraneo,il sindaco di Isola Capo Rizzuto, Carolina Girasole, Gianpiero Calzolari dell'Agenzia Cooperare con Libera Terra. Introduce e modera il dibattito il direttore di Libera Informazione e giornalista Rai, Santo Della Vol-pe. Accanto ai percorsi di antimafia sociale al festival l'impegno per un giornalismo d'inchiesta re-sponsabile. Domenica 7 ottobre alle 10.30 presso la sala degli Stemmi, Ca-stello Estense, "Le inchieste del futuro" con Mara Morrione, En-nio Remondino, corrispondente Rai, Udo Gümpel di N-tv, Giovan-ni De Mauro, direttore di "Inter-nazionale" per la presentazione del Premio tv per il giornalismo investigativo, Roberto Morrione. A seguire sarà' proiettata l'inchie-sta televisiva vincitrice dell’edi-zione 2012 "Il fumo che uccide senza fumarlo" di Francesco De Augustinis. Per informazioni sul festival e scaricare il programma integrale vai su www.internazionale.it

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i media ne parlano <<

Un mostro a tre teste che nasce dalle macerie del terremoto del 1980 in Campania ed Irpinia, si nutre di terra, distrugge mon-

tagne e paesaggi, costruisce senza regole. La storia dell’ecomafia che saccheggia l’ambiente, fa crollare le case utilizzando calcestruzzo depotenziato e porta cibi avvelenati sulle nostre tavole. E ruba il nostro futuro. A parlarne lo scorso 23 settembre su Rai Tre, Carlo Lucarelli. La puntata di “Lucarelli Racconta” parte dal terremoto dell’Irpinia e della Lucania che rase al suolo interi paesi, più di duemila morti, oltre ottomila feriti, quasi trecento mila sfollati, per chiedersi “cosa accade dopo”? Nello speciale realizzato con la collaborazione del team di inchiesta del programma ( Peppe Ruggiero , Antonel-la Beccaria, Giancarlo Feliziani, Walter Molino)il racconto di questo mostro che dal Nord al Sud occupa e devasta un pa-ese nel silenzio generale della politica e dell’informazione. Arrivano soldi pubblici dello Stato italiano, e anche dall’estero, per la ricostruzione – racconta Lucarelli. Ma arrivano anche i corleonesi di Cosa nostra, e la camorra del clan Nuvoletta, Raffaele Cutolo e Carmine Alfieri. Serve fare in fretta perché la gente è ancora in

mezzo alla strada, i clan gestiscono il ter-ritorio e mettono le mani sulla ricostru-zione e il fiume di soldi che arriva al Sud, mettendosi d’accordo con i politici, con chi quel flusso di denaro deve gestirlo, at-traverso appalti, subappalti e assunzioni, ovvero posti di lavoro “devono assumere la gente giusta” spiega Lucarelli. Una “trat-tativa” con le istituzioni per gestire questo flusso di denaro che fa vittime: fra queste Marcello Torre, sindaco di Pagani, ucciso nel dicembre del 1980. Così si gestisce il “tavolino” degli appalti dell’economia del terremoto: morti, mercato criminale mo-nopolistico, tempi infiniti per realizzare i lavori, materiale scadente. Quella che vie-ne descritta da qui in poi – dalla voce nar-rante di Lucarelli – è la devastazione di un territorio. Dagli anni ’90 Legambiente ha coniato per questo “mostro” il termine Ecomafie e da qui comincia la storia della Rifiuti S.p.a. «Dal Nord al Sud – scrivono gli autori del programma “Lucarelli rac-conta”. Dalle campagne di Desio, vicino a Monza, dove il mostro di notte scava e nasconde tonnellate di rifiuti tossici di aziende brianzole e del Comasco, alla Ri-fiuti S.p.a., una vera e propria holding del malaffare – imprenditori, politici e ca-morristi – capace di trasformare la “mon-

nezza” in oro». Buche per nascondere ri-fiuti speciali che arrivano da aziende del Nord Italia, l’imprenditoria virtuosa che traina il Paese e tre protagonisti di questa S.p. a: imprenditori, politici e camorristi. Sono loro a gestire la filiera di questo traffico illecito, per risparmiare sui costi di smaltimento che inquinerà, devastan-dolo, un intero territorio. Ndrangheta, camorra e Cosa nostra, una vera azienda mafiosa che fa da “service” per un pezzo di imprenditoria. Una storia che Lucarelli racconta quasi in presa diretta, attraverso l’audio delle intercettazioni telefoniche contenute nelle principali inchieste di ecomafie che hanno attraversato il no-stro Paese. Affari enormi incrementati anche da quello che mangiamo ogni gior-no: il pane cotto nei forni abusivi della camorra, la mozzarella alla diossina, la frutta al percolato, il caffè imposto dalla criminalità, scadente ma più costoso. «Le conseguenze per il territorio e la salute delle persone sono devastanti: l'ecomafia è un mostro che ruba e uccide per sempre il nostro futuro – scrivono gli autori». Per rivedere la puntata integrale di “Lucarel-li racconta” andata in onda lo scorso 23 settembre vai su http://www.lucarellirac-conta.rai.it.

Ladri di futuro

Un mostro a tre teste che nasce dopo un terremoto e mette allo stesso tavolo, imprenditori, politici e mafiosi. Ancora oggi paghiamo il conto di quegli accordi per la spartizione di denaro pubblico e del business del traffico di rifiuti. La storia delle ecomafie a “Lucarelli racconta” su Rai Tre

di Norma Ferrara

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>> dai territori

a cura di Norma Ferrara

Torino, prime condanne per il proces-so “Minotauro”. Il procedimento na-sce dalla maxi inchiesta sulla ‘ndran-gheta in Piemonte. 58 le condanne e confische di beni per mezzo milione di euro .

A Gela, in provincia di Caltanis-setta, grande adesione alla cam-pagna di consumo critico. L’ini-ziativa lanciata dall’associazione antiracket. Il presidente, Renzo Caponnetti: “Già cento adesioni”

Piemonte

Sicilia

Omicidio Fortugno, la Cassazione conferma 3 dei 4 ergastoli. Il vice pre-sidente del consiglio regionale della Calabria fu ucciso a Locri il 16 ot-tobre del 2005

Calabria

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17verità e giustizia - 4 ottobre 2012

In queste settimane, dedicate alle vittime delle stragi del 1992, don Luigi Ciotti ha voluto ricor-dare che, nel primo anniversa-

rio di Capaci, una donna affranta dal dolore gli si avvicinò e gli chiese, in lacrime, perché accanto al nome di Giovanni Falcone e della moglie Francesca Morvillo non venisse menzionato anche quello del figlio – Antonio Montinaro – e degli altri due agenti di scorta, spazzati via dall’esplosivo posizionato dai killer sotto l’autostrada. Una ferita nella ferita: un mancato riconoscimento nell’immediatezza della tragedia che faceva preludere ad un oblio certo negli anni a venire. E, purtroppo, accade ancora oggi che si ricordino Falcone, Borsellino e, quasi in automatico ma con ne-gligenza, si chiuda la frase spesso e volentieri dicendo “e i ragazzi delle loro scorte”. Non attribuire un nome a quanti hanno perso la vita per lo Stato è, nei fatti, come togliere loro la vita una seconda volta, togliere loro il diritto di essere ricordati, al pari delle persone che proteggeva-no. Per le loro famiglie è invece un lento stillicidio al quale cercano di oppor-re le loro flebili voci.Per una volta tanto, questo dirit-to viene garantito dal bel libro di Laura Anello “L’anello debole” che ricostruisce i percorsi familiari ed individuali dei familiari dei caduti di Capaci e via D’Amelio. Una dolorosa galleria di storie, dove moglie, madri, figli, fratelli, sorel-le si alternano nel raccontare con poche ma strazianti parole la vita del proprio caro, strappato loro pre-maturamente dalla violenza: «Si ri-percorrono gli incroci di esistenze che precedono quei boati. Si resta sbigottiti di fronte al gioco della ca-sualità che salva taluni e condanna altri. Si ascoltano le testimonianze dei tanti famigliari che raccontano di carezze, voci, mani sulle spalle, energie, perfino combinazioni di

numeri, elargite dai loro cari all’in-domani delle stragi. Si scoprono la generosità, l’orgoglio, il sorriso di tanti figli di questo Paese che mo-rirono vent’anni fa in Sicilia per uno Stato che forse, in qualche sua par-te, tramò contro di loro». Un sorta di terza quindi, secondo l’autrice, più intima, ma non meno vera ed utile perciò a ricomporre il complesso puzzle di quegli avveni-menti, che si affianca alle ricostru-zioni dei magistrati e alle dichiara-zioni dei collaboratori di giustizia.A ricordare Giovanni Falcone e Francesca Morvillo sono la sorella Maria e il fratello Alfredo. Le con-clusioni dei due, entrambi animati dal medesimo dolore, sono però di-verse. Per la sorella di Falcone, impegna-ta nella formazione delle nuove ge-nerazioni, un salto in avanti nella società civile c’è stato, mentre per Alfredo Morvillo la società siciliana non è cambiata, né cambierà. Nel libro c’è spazio anche per i soprav-vissuti, l’autista della blindata di Falcone, Giuseppe Costanza e poi l’agente Angelo Corbo, ferito con i colleghi Paolo Capuzza e Gaspare Cervello a Capaci. Vivi ma con ferite perenni nel cor-po, ma soprattutto nello spirito, al pari di Antonio Vullo, l’unico super-stite di via D’Amelio. Tina Montinaro, la figlia del capo-scorta di Falcone, unisce il suo ri-cordo a quello del figlio Gaetano. E poi Alba Terrasi e Rosaria Schifani, compagne degli altri caduti di Ca-paci, Rocco Di Cillo e Vito Schifani, ci riportano allo sbocciare dell’amo-re travolgente tra loro e chi ora non c’è più. La galleria dei dolori di via D’Ame-lio si apre con la testimonianza di Manfredi Borsellino, che porta con sé il sorriso del padre al quale asso-miglia in tutto e per tutto. Gli agenti di scorta Claudio Traina e Vincenzo Li Muli sono racconta-ti da madri e fratelli: per il primo a parlare sono la mamma Grazia

L’altra storiadi Lorenzo Frigerio

recensione <<

Laura AnelloL’ALTRA STORIASperling & Kupfer, Milano 2012pp. 152 € 13,90

LIBRI

e il fratello Luciano, mentre per il secondo la madre Enza e la sorella Tiziana. Sempre due sorelle, Claudia e Edna, nonostante il carico di dolore inde-scrivibile, riportano alla memoria collettiva la vita di Emanuela Loi e Eddie Cosina, i due “stranieri” della scorta di Borsellino, la prima pro-veniente dalla Sardegna e il secon-do da Trieste. A chiudere il libro lo straziante ricordo delle due figlie di Agostino Catalano, Emilia e Rosa-linda.Nella prefazione, don Ciotti eviden-zia il nucleo di tutte queste storie: «Dal fondo di tutte queste dramma-tiche vicende affiora potente il sen-timento dell’amore che le lega l’una all’altra. L’amore materno, filiale, fraterno, coniugale o comunque famigliare. L’amore senza aggettivi e senza ri-serve. L’amore per gli altri, anche. Per la società, per le sue istituzioni e le sue regole. per un “noi” possibile e necessario. Loro sono morti perché noi si possa essere vivi. Perché possiamo accoglierci e rico-noscerci a vicenda. Oltre il dolore. Con un amore capace di memoria e di futuro».

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La Magistratura barcellonese/messinese vorrebbe metter-mi alla gogna vorrebbe umi-liarmi, delegittimarmi, mi sta

dando la caccia perché ho osato fare il mio dovere di cittadino denunciando il malaffare, la mafia, le connivenze, le coperture e le complicità di rappre-sentanti dello Stato corrotti e deviati. Non posso consentire a questi soggetti di offendere la mia dignità di uomo, di padre, di marito di servitore dello Sta-to e docente universitario. Non posso consentire a questi soggetti di farsi gioco di me e di sporcare la mia imma-gine, non posso consentire che il mio nome appaia sul giornale alla stessa stregua di quello di un delinquente. Hanno deciso di schiacciarmi, di an-nientarmi. Non glielo consentirò, ri-vendico con forza la mia storia, il mio coraggio e la mia indipendenza. Sono un uomo libero che in maniera deter-minata si sottrae al massacro ed agli agguati che il sistema sopraindicato vorrebbe tendergli. Chiedete all’Avv.to Mariella Cicero le ragioni del mio gesto, il dramma che ho vissuto nelle ultime settimane, chiedetelo al sena-tore Beppe Lumia chiedetelo al Mag-giore Cristaldi, chiedetelo all’Avv.to Fabio Repici, chiedetelo a mio fratello Biagio. Loro hanno tutti gli elementi e tutti i documenti necessari per farvi conoscere questa storia: la genesi, le cause, gli accadimenti e le ritorsioni che sto subendo. Mi hanno tolto la serenità, la pace, la tranquillità, la for-za fisica e mentale. Mi hanno tolto la gioia di vivere. Non riesco a pensare

IPSE DIXITAdolfo Parmaliana, l’ultima lettera

a cura di Norma Ferrara

rubriche <<

ad altro. Chiedo perdono a tutti per un gesto che non avrei pensato mai di dover compiere[….]. Ho trascorso 30 anni bellissimi dentro l’università innamorato ed entusiasta della mia attività di docente universitario e di ricercatore. I progetti di ricerca, la ricerca del nuovo, erano la mia vita. Quanti giovani studenti ho condot-to alla laurea. Quanti bei ricordi. Ora un clan mi ha voluto togliere le cose più belle: la felicità, la gioia di vivere, la mia famiglia, la voglia di fare, la for-za per guardare avanti. Mi sento un uomo finito, distrutto. Vi prego di ri-cordarmi con un sorriso, con una pre-ghiera, con un gesto di affetto, con un fiore. Se a qualcuno ho fatto del male chiedo umilmente di volermi perdo-nare. Ho avuto tanto dalla vita. Poi, a

50 anni, ho perso la serenità per scelta di una magistratura che ha deciso di gambizzarmi moralmente. Questo si-stema l’ho combattuto in tutte le sedi istituzionali. Ora sono esausto, non ho più energie per farlo e me ne vado in silenzio. Alcuni dovranno avere qual-che rimorso, evidentemente il rimor-so di aver ingannato un uomo che ha creduto ciecamente, sbagliando, nelle istituzioni. Un abbraccio forte, forte da un uomo che fino ad alcuni mesi addietro sorrideva alla vita.

* Un passaggio della lettera che il pro-fessore Adolfo Parmaliana scrisse pri-ma di suicidarsi il 2 ottobre del 2008 dopo aver per anni combattuto il siste-ma politico – mafioso della sua terra, del suo paese.

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Verità e giustizia newsletter a cura della Fondazione Libera InformazioneOsservatorio nazionale sull’informazione per la legalità e contro le mafie

Sede legalevia IV Novembre, 98 - 00187 Romatel. 06.67.66.48.97www.liberainformazione.org

Direttore responsabile:Santo Della Volpe

Coordinatore:Lorenzo Frigerio

Redazione:Peppe Ruggiero, Gaetano Liardo, Norma Ferrara

Hanno collaborato a questo numero:Raffaele Sardo, Aldo Cimmino, Ufficio Stampa di Libera

Grafica:Giacomo Governatori