S. Natale 2011 N. 4 - Parrocchia di...

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Un insegnamento nuovo “La gente che ascoltava era meravigliata del suo insegna- mento: Gesù era diverso dai maestri della legge, perché in- segnava come uno che ha piena autorità”. (Marco, 1, 22) S iamo all’inizio del Van- gelo di Marco. Gesù è da poco entrato in scena. Ha appena chiamato Simone (Pietro) e Andrea, Giacomo e Gio- vanni, che hanno immediatamen- te abbandonato barca e barcaioli per andare con lui. Al sabato, Gesù con tutti gli altri va in si- nagoga, a Cafar- nao. E prende la parola. E’ la pri- ma volta che lo fa, e la gente ri- mane, diremmo, a bocca aperta. I maestri della legge, gli scribi, erano stati, fino a quel momen- to, 1’ autorità. A loro spettava la guida spiri- tuale – e non solo – del po- polo, ed erano, anche, general- mente stimati. Ma Gesù appare subito “diverso” da loro. L’evan- gelista non ci dà molte informa- zioni, non sta a spiegare com’è che si manife- sta questa diversa e più vera autorità. Quello che conta è l’effetto percepito: stava ac- cadendo qualcosa di nuovo, qualcosa che la gente, andan- do in sinagoga quel giorno, non si aspettava. Subito dopo, mentre è an- cora in sinagoga, Gesù or- dina a uno spirito maligno di abbandonare l’uomo di cui si era impossessato, e lo spirito maligno, urlando, esce dall’uomo lasciandolo in pace. Si può immaginare lo sbalordimento dei presen- ti, che non si capacitano di quello che sta accadendo, ma che trovano in quel primo, inaspettato prodigio operato da Gesù (presto ne seguiran- no altri) una conferma all’au- torità del suo insegnamento: Questo è un insegnamento nuovo, dato con autorità”. Un esordio all’insegna della no- vità, quindi, e, fin da subito, della credibilità. Sembra di vederli, quegli antichi ebrei, fedeli fino a quel sabato ai logori insegnamenti degli scribi, a vociare e gesticolare commentando l’uno con l’al- tro quello che era accaduto, persuasi che in quel giorno, cominciato come tutti gli al- tri, avevano invece assistito ad una svolta da cui non si poteva più tornare indietro. Il termine “autorità”, si sa, è discutibile all’infinito. Sta di fatto che noi siamo costante- mente alla ricerca e alla mer- cè di maestri di ogni genere anche se non ce ne accorgia- mo, e da questi attingiamo gli insegnamenti a cui affidarci, nella speranza che possano “far crescere” (secondo il si- gnificato che sta alla radice della parola “autorità”), la vita che è in noi. Sarebbe bello, a Natale, tro- vare un po’ dell’entusiasmo di quegli antichi ebrei in sinago- ga. E’ proprio lui, il Bambino di Betlemme, il portatore di quell’unica autorità capace, con i suoi insegnamenti, di fare ancora crescere la nostra umanità. Spazzando via il peso di convinzioni e abitu- dini (anche natalizie) che ci logorano e ci tarpano le ali. Elisa Franzetti Natale 2011 “La verità è sorta dalla terra e la giustizia si è affacciata dal cielo”. Spunti di riflessione dai “Discorsi” di Sant’Agostino. “C hiamiamo Natale del Signore il giorno in cui la Sa- pienza di Dio si mani- festò in un bambino e il Verbo di Dio, che si esprime senza parole, emise vagiti umani. La divinità nascosta in quel bambino fu tut- tavia indicata ai Magi per mezzo di una stel- la e fu annunziata ai pastori dalla voce degli angeli. Con questa festa che ricorre ogni anno celebriamo dunque il giorno in cui si adem- pì la profezia: La verità è sorta dalla terra e la giustizia si è affacciata dal cielo (Salmo 84)”. Con queste parole Sant’Agostino parlava ai suoi fedeli in una delle omelie di Natale, invitandoli a riflettere sul significato della fe- sta che si celebra ogni anno. E’ il giorno in cui si ricorda un momento specifico del tempo in cui Dio, creatore del tempo, è entrato nel tempo, assumendo la natura umana e na- scendo con l’aspetto di un bambino. In que- sto sta lo specifico del Natale cristiano: è il giorno in cui il nostro Dio si è fatto uomo; si è fatto così piccolo ed umile da manifestar- si a noi, sue creatu- re, come uno di noi. Con vantaggio di chi un Dio tanto sublime si è fatto tanto umile? Certamente con nessun vantaggio per sé, ma con grande vantaggio per noi, se crediamo. Ridestati, uomo: per te Dio si è fatto uomo. […] Per te, ripeto, Dio si è fatto uomo. Sare- sti morto per sempre se lui non fosse nato nel tempo. Mai saresti sta- to liberato dalla carne del peccato, se lui non avesse assunto una carne simile a quella del peccato”. La nostra redenzione è possibile grazie a Dio che si è fatto uomo: questo è il grande dono del Nata- le. La nostra salvezza è un dono, ci è stata data da Dio, ecco il senso dell’affermazione del salmo “la giustizia si è affacciata dal cielo”, perché “ogni grazia eccellente e ogni dono perfetto discendono dall’alto”. La prospetti- va con la quale Sant’A- gostino ci invita a leg- gere il senso del Natale è, quindi, duplice: da un lato c’è l’umiltà di chi riconosce che la propria salvezza viene da Dio, da un Dio che si è manifestato nella storia in un tempo pre- ciso, come bambino in una mangiatoia, bam- bino come tanti in una famiglia come tante altre; dall’altro c’è una gioia profonda che vie- ne dal riconoscere in questo bambino la sal- vezza per l’uomo, per tutti e per ciascuno. Esultate, giusti: è il Natale di colui che giu- stifica. Esultate, deboli e malati: è il Natale del Salvatore. Esultate, pri- gionieri: è il Natale del Redentore. Esultate, schiavi: è il Natale del Signore. Esultate, libe- ri: è il Natale del Libera- tore. Esultate, voi tutti cristiani: è il Natale di Cristo”. Luisella I LAICI IN PARROCCHIA PREMESSA N on credo molto ai sondag- gi. Preferisco i fatti, maga- ri trasformati in numeri, piuttosto che le opinioni, solita- mente di pochi, cioè di “campio- ni” scelti dagli esperti di statistica. L’unico utilizzo positivo che in- travedo è la provocazione fatta a ciascuno di noi davanti alle domande che vengono poste agli intervistati. In questa di- rezione va il seguente articolo sulla presenza del laicato nelle parrocchie italiane. In Italia ci sono 25689 parroc- chie. I laici impegnati sono circa 200000. L’80% sono donne e di queste il 70% ha meno di 50 anni. Un dato che conferma la schiac- ciante presenza femminile nel laicato impegnato. Un altro che ribalta il luogo comune secon- do cui nella Chiesa non ci sono più giovani e giovani adulti… Il sondaggio, voluto dal Centro di Orientamento Pastorale, con la collaborazione del Servizio informatico della CEI, si è svol- to sottoponendo tre questionari a un campione casuale di laici, sacerdoti, diaconi e consacrati. Esaminiamo alcune domande e relative risposte. 1. COSA FANNO I LAICI? Sono impegnati soprattutto nella vita interna della parroc- chia (54%), cioè per i ragazzi, le famiglie, i corsi di prepara- zione al matrimonio ecc.; nei fondamentali della pastorale (31%), cioè catechesi, litur- gia, servizio della carità; nella logistica (8%), cioè per l’aper- tura e la pulizia delle chie- se e per l’amministrazione. 2. PERCHE’ I LAICI SI IMPE- GNANO IN PARROCCHIA? La risposta più frequente tra quelle di tipo empatico è: “per costruire la comuni- tà cristiana”. Seguono: “per trasferire nella parrocchia l’esperienza maturata nei mo- vimenti di riferimento”. Op- pure: “la consapevolezza di ri- cevere molto più di quanto si ” e l’esistenza di un buon clima relazionale. Se passiamo alle motivazio- ni di tipo teologico prevale “l’identità battesimale”, in altre parole: “appartengo alla Chiesa e ho il diritto-dovere di mettermi al servizio del Van- gelo nella Chiesa stessa.” 3. QUALE IMMAGINE DI CHIESA HAI? Laici, preti e consacrati con- vergono sostanzialmente su due immagini: prima di tutto come “compagna di cammi- no dell’uomo” (50%) e subito dopo come “Chiesa sinodale in cui insieme si decide nel rispetto delle diversità di ministeri, doni e carismi” (25%). Molto distanziata nel gradimento è la Chiesa come “piramide”: il clero al vertice che decide e i laici alla base che eseguono. Mi domando perché tra le va- rie altre proposte fatte agli in- tervistati (parlamento, fortez- za, camaleonte) non sia stata messa la Chiesa come famiglia o popolo. A me sembra la più rispondente alla realtà e al Ca- techismo. Leggiamo al n. 147 del Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica edito nel 2005: “Che cosa significa il ter- mine Chiesa? Designa il popolo che Dio convoca e raduna da tutti i confini della terra per co- stituire l’assemblea di quanti per la fede e il Battesimo diventano figli di Dio, membra di Cristo e tempio dello Spirito Santo”. La parrocchia è la chiesa par- ticolare in cui sono chiamata a vivere i legami di fede che mi uniscono agli altri cristiani. Diventa così naturale inserirsi nella comunità come in una famiglia, dove ognuno porta il suo contributo e riceve in ter- mini di grazia, attraverso i Sa- cramenti, e di umanità nei rap- porti interpersonali. “Naturale” non significa “facile” o esente da fatica: le relazioni tra perso- ne vanno costruite con pazien- za, le responsabilità vanno con- divise in maniera graduale. Ma se siamo stati messi insieme da Dio e continuiamo a vivere con la presenza di Cristo tra noi, la nostra casa, la Chiesa, è costru- ita su roccia stabile e la nostra vita sulla certezza che nessuno ci toglierà. Pinuccia Bodini S. Natale 2011 N. 4 EDITORIALE PRIMO PIANO Chiesa della Visitazione, Como “Visitazione”, fine XVII secolo, autore ignoto. IL SIGNIFICATO DELLA FESTA

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Un insegnamento nuovo“La gente che ascoltava era meravigliata del suo insegna-mento: Gesù era diverso dai maestri della legge, perché in-segnava come uno che ha piena autorità”. (Marco, 1, 22)

Siamo all’inizio del Van-gelo di Marco. Gesù è da poco entrato in

scena. Ha appena chiamato Simone (Pietro) e Andrea, Giacomo e Gio-vanni, che hanno immediatamen-te abbandonato barca e barcaioli per andare con lui. Al sabato, Gesù con tutti gli altri va in si-nagoga, a Cafar-nao. E prende la parola. E’ la pri-ma volta che lo fa, e la gente ri-mane, diremmo, a bocca aperta. I maestri della legge, gli scribi, erano stati, fino a quel momen-to, 1’ autorità. A loro spettava la guida spiri-tuale – e non solo – del po-polo, ed erano, anche, general-mente stimati. Ma Gesù appare subito “diverso” da loro. L’evan-gelista non ci dà molte informa-zioni, non sta a spiegare com’è che si manife-sta questa diversa e più vera autorità. Quello che conta è l’effetto percepito: stava ac-cadendo qualcosa di nuovo, qualcosa che la gente, andan-do in sinagoga quel giorno, non si aspettava.Subito dopo, mentre è an-cora in sinagoga, Gesù or-dina a uno spirito maligno di abbandonare l’uomo di cui si era impossessato, e lo spirito maligno, urlando, esce dall’uomo lasciandolo in pace. Si può immaginare lo sbalordimento dei presen-ti, che non si capacitano di quello che sta accadendo, ma che trovano in quel primo, inaspettato prodigio operato da Gesù (presto ne seguiran-no altri) una conferma all’au-torità del suo insegnamento: “Questo è un insegnamento nuovo, dato con autorità”. Un esordio all’insegna della no-vità, quindi, e, fin da subito, della credibilità. Sembra di vederli, quegli antichi ebrei, fedeli fino a quel sabato ai

logori insegnamenti degli scribi, a vociare e gesticolare commentando l’uno con l’al-tro quello che era accaduto, persuasi che in quel giorno,

cominciato come tutti gli al-tri, avevano invece assistito ad una svolta da cui non si poteva più tornare indietro.Il termine “autorità”, si sa, è discutibile all’infinito. Sta di fatto che noi siamo costante-mente alla ricerca e alla mer-cè di maestri di ogni genere anche se non ce ne accorgia-mo, e da questi attingiamo gli insegnamenti a cui affidarci, nella speranza che possano “far crescere” (secondo il si-gnificato che sta alla radice della parola “autorità”), la vita che è in noi.Sarebbe bello, a Natale, tro-vare un po’ dell’entusiasmo di quegli antichi ebrei in sinago-ga. E’ proprio lui, il Bambino di Betlemme, il portatore di quell’unica autorità capace, con i suoi insegnamenti, di fare ancora crescere la nostra umanità. Spazzando via il peso di convinzioni e abitu-dini (anche natalizie) che ci logorano e ci tarpano le ali.

Elisa Franzetti

Natale 2011“La verità è sorta dalla terra e la giustizia si è affacciata dal cielo”.Spunti di riflessione dai “Discorsi” di Sant’Agostino.

“C hiamiamo Natale del S i g n o r e

il giorno in cui la Sa-pienza di Dio si mani-festò in un bambino e il Verbo di Dio, che si esprime senza parole, emise vagiti umani. La divinità nascosta in quel bambino fu tut-tavia indicata ai Magi per mezzo di una stel-la e fu annunziata ai pastori dalla voce degli angeli. Con questa festa che ricorre ogni anno celebriamo dunque il giorno in cui si adem-pì la profezia: La verità è sorta dalla terra e la giustizia si è affacciata dal cielo (Salmo 84)”.Con queste parole Sant’Agostino parlava ai suoi fedeli in una

delle omelie di Natale, invitandoli a riflettere sul significato della fe-sta che si celebra ogni anno. E’ il giorno in cui si ricorda un momento specifico del tempo in cui Dio, creatore del tempo, è entrato nel tempo, assumendo la natura umana e na-scendo con l’aspetto di un bambino. In que-sto sta lo specifico del Natale cristiano: è il giorno in cui il nostro Dio si è fatto uomo; si è fatto così piccolo ed umile da manifestar-si a noi, sue creatu-re, come uno di noi. “Con vantaggio di chi un Dio tanto sublime si è fatto tanto umile? Certamente con nessun vantaggio per sé, ma

con grande vantaggio per noi, se crediamo. Ridestati, uomo: per te Dio si è fatto uomo. […] Per te, ripeto, Dio si è fatto uomo. Sare-sti morto per sempre se lui non fosse nato nel tempo. Mai saresti sta-to liberato dalla carne del peccato, se lui non avesse assunto una carne simile a quella del peccato”. La nostra redenzione è possibile grazie a Dio che si è fatto uomo: questo è il grande dono del Nata-le. La nostra salvezza è un dono, ci è stata data da Dio, ecco il senso dell’affermazione del salmo “la giustizia si è affacciata dal cielo”, perché “ogni grazia eccellente e ogni dono perfetto discendono dall’alto”. La prospetti-va con la quale Sant’A-gostino ci invita a leg-gere il senso del Natale è, quindi, duplice: da

un lato c’è l’umiltà di chi riconosce che la propria salvezza viene da Dio, da un Dio che si è manifestato nella storia in un tempo pre-ciso, come bambino in una mangiatoia, bam-bino come tanti in una famiglia come tante altre; dall’altro c’è una gioia profonda che vie-ne dal riconoscere in questo bambino la sal-vezza per l’uomo, per tutti e per ciascuno. “Esultate, giusti: è il Natale di colui che giu-stifica. Esultate, deboli e malati: è il Natale del Salvatore. Esultate, pri-gionieri: è il Natale del Redentore. Esultate, schiavi: è il Natale del Signore. Esultate, libe-ri: è il Natale del Libera-tore. Esultate, voi tutti cristiani: è il Natale di Cristo”.

Luisella

I LAICI IN PARROCCHIAPREMESSA

Non credo molto ai sondag-gi. Preferisco i fatti, maga-ri trasformati in numeri,

piuttosto che le opinioni, solita-mente di pochi, cioè di “campio-ni” scelti dagli esperti di statistica.L’unico utilizzo positivo che in-travedo è la provocazione fatta a ciascuno di noi davanti alle domande che vengono poste agli intervistati. In questa di-rezione va il seguente articolo sulla presenza del laicato nelle parrocchie italiane.In Italia ci sono 25689 parroc-chie. I laici impegnati sono circa 200000. L’80% sono donne e di queste il 70% ha meno di 50 anni. Un dato che conferma la schiac-ciante presenza femminile nel laicato impegnato. Un altro che ribalta il luogo comune secon-do cui nella Chiesa non ci sono più giovani e giovani adulti…Il sondaggio, voluto dal Centro di Orientamento Pastorale, con la collaborazione del Servizio informatico della CEI, si è svol-to sottoponendo tre questionari a un campione casuale di laici, sacerdoti, diaconi e consacrati.Esaminiamo alcune domande e relative risposte.1. COSA FANNO I LAICI?

Sono impegnati soprattutto nella vita interna della parroc-chia (54%), cioè per i ragazzi, le famiglie, i corsi di prepara-zione al matrimonio ecc.; nei fondamentali della pastorale

(31%), cioè catechesi, litur-gia, servizio della carità; nella logistica (8%), cioè per l’aper-tura e la pulizia delle chie-se e per l’amministrazione.

2. PERCHE’ I LAICI SI IMPE-GNANO IN PARROCCHIA? La risposta più frequente tra quelle di tipo empatico è: “per costruire la comuni-tà cristiana”. Seguono: “per trasferire nella parrocchia l’esperienza maturata nei mo-vimenti di riferimento”. Op-pure: “la consapevolezza di ri-cevere molto più di quanto si dà” e l’esistenza di un buon clima relazionale. Se passiamo alle motivazio-ni di tipo teologico prevale “l’identità battesimale”, in altre parole: “appartengo alla Chiesa e ho il diritto-dovere di mettermi al servizio del Van-gelo nella Chiesa stessa.”

3. QUALE IMMAGINE DI CHIESA HAI? Laici, preti e consacrati con-vergono sostanzialmente su due immagini: prima di tutto come “compagna di cammi-no dell’uomo” (50%) e subito dopo come “Chiesa sinodale in cui insieme si decide nel rispetto delle diversità di ministeri, doni e carismi” (25%). Molto distanziata nel gradimento è la Chiesa come “piramide”: il clero al vertice che decide e i laici alla base che eseguono.

Mi domando perché tra le va-rie altre proposte fatte agli in-tervistati (parlamento, fortez-za, camaleonte) non sia stata messa la Chiesa come famiglia o popolo. A me sembra la più rispondente alla realtà e al Ca-techismo. Leggiamo al n. 147 del Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica edito nel 2005: “Che cosa significa il ter-mine Chiesa? Designa il popolo che Dio convoca e raduna da tutti i confini della terra per co-stituire l’assemblea di quanti per la fede e il Battesimo diventano figli di Dio, membra di Cristo e tempio dello Spirito Santo”.La parrocchia è la chiesa par-ticolare in cui sono chiamata a vivere i legami di fede che mi uniscono agli altri cristiani. Diventa così naturale inserirsi nella comunità come in una famiglia, dove ognuno porta il suo contributo e riceve in ter-mini di grazia, attraverso i Sa-cramenti, e di umanità nei rap-porti interpersonali. “Naturale” non significa “facile” o esente da fatica: le relazioni tra perso-ne vanno costruite con pazien-za, le responsabilità vanno con-divise in maniera graduale. Ma se siamo stati messi insieme da Dio e continuiamo a vivere con la presenza di Cristo tra noi, la nostra casa, la Chiesa, è costru-ita su roccia stabile e la nostra vita sulla certezza che nessuno ci toglierà.

Pinuccia Bodini

S. Natale 2011 • N. 4

EditorialE Primo Piano

Chiesa della Visitazione, Como“Visitazione”, fine XVII secolo, autore ignoto.

il significato dElla fEsta

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AL VIA IL NUOVO ANNOPASTORALE2011/12

Con questo anno il “Pia-no Pastorale” ha preso il via la prima domeni-

ca di Avvento, dando all’intero cammino della Comunità una cadenza assai diversa.Il Vescovo ha chiesto a tutte le Comunità della Diocesi uno sforzo nel ripensare il tutto e considerare l’arco di azione pastorale dal periodo dell’Av-vento alla festa di Cristo Re dell’Universo che cade alla fine di novembre.La proposta è stimolante sot-to diversi aspetti, non ultimo quello di considerare i mesi dell’estate parte integrante del percorso e non come un tempo di totale arresto in attesa che con Settembre la Comunità ri-parta nel suo impegno pasto-rale.Il filo conduttore che corre lungo questo anno Pastorale 2011/2012 è “la Parola di Dio, letta, approfondita e pregata” all’interno della Comunità cri-stiana.Nell’incontro che si è tenuto Lunedì 5 Dicembre il compi-to importante e specifico del Consiglio Pastorale Parroc-chiale è stato quello di rispon-dere all’interrogativo di fondo: come la nostra Comunità cri-stiana di Gemonio intendere mettere al centro di questo anno la “Parola di Dio”? Quali percorsi proporre? Quali am-biti privilegiare e quali espe-rienze indicare all’intera Co-munità?Quanto è emerso lo considero un progetto assai interessante che desidero portare a cono-scenza di tutti, perché ognuno possa raccogliere, in base ai suoi tempi, quelle sollecitazio-ni importanti per una crescita personale cristiana.

NUOVOCALENDARIOANNO PASTORALE 2011/2012 Spazio iniziale di prepara-zione.Il periodo Avvento e tempo di Natale diventa l’occasione per conoscere il testo del Piano

Pastorale che il Vescovo indica alla Diocesi anno dopo anno.

L’anno diviso in 4 periodi.Dalla festa del Battesimo di Gesù alla Pasqua del Signore(quest’anno: dalla Domenica 8 Gennaio alla Domenica 8 Apri-le);dalla Domenica in Albis alla fine di Giugno(quest’anno: dalla Domenica 15 Aprile alla festa di S. Pietro e Paolo);dalla 14A Domenica Tempo Ordinario alla 26A Domenica Tempo Ordinario (quest’anno: dalla Domenica 8 Luglio alla Domenica 30 Settembre);dall’inizio di Ottobre alla festa di Cristo Re dell’Universo(quest’anno: dalla Domenica 7 Ottobre alla Domenica 25 No-vembre).

INTERVENTIRIGUARDANTI“LA PAROLA DI DIO”Lungo l’anno questi saranno i momenti e le esperienze che permetteranno di compiere un serio cammino attorno alla “Parola di Dio”Momento fondamenta le dell’intero percorso è costitui-to dalla S. Messa domenicale, contesto privilegiato di ascolto e di approfondimento della Pa-rola di Dio.Una breve riflessione sulla Pa-rola annunciata verrà tenuto pure durante le celebrazioni Eucaristiche settimanali; per facilitare una partecipazione sempre più numerosa il Con-siglio Pastorale ha definito che tutti i MERCOLEDI’, a partire da Mercoledì 11 Gennaio, la S. Messa venga celebrata alle ore 9,30 anziché alle ore 8,30, per il resto della settimana gli ora-ri rimangono invariati.I diversi incontri mensili che si tengono con i diversi gruppi che operano all’interno della Comunità sarà importante che si aprano con un momento di meditazione sulla Parola di Dio tenendo come riferimento il Vangelo di Marco, vangelo che accompagna il cammino liturgico in questo anno.Nell’arco dell’anno si intende proporre alcune serate di Ado-razione Eucaristica durante le quali la Parola di Dio diventa

occasione di preghiera perso-nale e comunitaria oltre che stimolo ad un confronto tra la nostra vita e la Parola stessa.Rimane come momento di co-noscenza e approfondimento la SCUOLA DELLA PAROLA che si terrà una volta al mese e, per le persone che sono impossibilitate ad uscire alla sera, l’incontro verrà proposto di pomeriggio.Il testo che verrà affrontato è il Vangelo di Marco.Una esperienza suggestiva che verrà proposta nei momenti forti dell’anno sarà la lettura in chiesa del LIBRO DEGLI ATTI DEGLI APOSTOLI con momenti di approfondimento, di silenzio e spazi musicali.Il tema della Parola di Dio sarà motivo di riferimento nel cam-mino catechistico riguardante i ragazzi e i genitori e potrà trovare una sottolineatura in-teressante nel percorso riguar-dante i “CENTRI D’INTERES-SE”.

MonsignorDIEGO COLETTI VESCOVO DI COMOIN VISITAPASTORALE ALLA NOSTRAPARROCCHIA

L’ultima visita pastorale a Ge-monio si è tenuta 1’11 Mar-zo 1995 da mons. Alessandro Maggiolini.A distanza di 17 Anni stiamo per vivere una nuova esperien-za di grande importanza per l’intera Comunità.Il senso e il programma della visita è bene in evidenza nella pagina accanto del giornale.Come Comunità ci si preoc-cuperà di preparare questo momento in modo essenziale, mostrando al vescovo quello che realmente siamo e ciò che stiamo vivendo e facendo; sarà pure importante che ognuno prepari tale avvenimento in una dimensione di riflessione e di preghiera perché quanto il Vescovo verrà a dirci ci tro-vi ben disposti ad un atteggia-mento di conversione e di per-severanza nel nostro impegno di cristiani.

d.S.B.

Il cammino della nostra comunità

A Roma perSan Luigi GuanellaCome molti sapran-

no, lo scorso 24 ot-tobre il Papa ha ca-

nonizzato, cioè proclamato santo, il sacerdote valchia-vennasco Luigi Guanella, nato a Fraciscio nel 1842 e morto a Como nel 1915. Dei trentamila fedeli pre-senti in Piazza San Pietro (sono stati canonizzati an-che monsignor Conforti e suor Bonifacia De Castro), più di dodicimila erano accorsi da ogni parte del mondo proprio per don Guanella. In mezzo a tutte queste persone, anche una gemoniese, Rita Martino-ia, che ha accolto la pro-posta di partecipazione al pellegrinaggio guidato dal vescovo, Diego Coletti. Le abbiamo chiesto qualche breve considerazione.

Come è nata la tua adesio-ne a questo pellegrinaggio?– Soprattutto dall’aver av-viato la conoscenza di don Guanella durante i cam-peggi a Pianazzo, nei suoi luoghi d’origine. Avevo vi-sitato la sua casa natale a Fraciscio, e più di una vol-ta ho avuto l’occasione di fare una sosta nella casa dei guanelliani di Nuova Olonio. Ero stata colpi-ta dall’atmosfera di cura, di familiarità ma anche di professionalità che circon-da gli ospiti, disabili con difficoltà psicofisiche.

Penso che sarai contenta di aver partecipato ...– Certo, è stato “troppo” bello! Il pellegrinaggio è stato organizzato come un

percorso per capire il sen-so della santità, con il ve-scovo che è stato sempre con noi e ci ha guidato con le sue riflessioni nella mes-sa quotidiana. Con questa prospettiva abbiamo fatto una tappa ad Assisi, pro-prio perché lì tutto parla di santità, quella di san Fran-cesco e di santa Chiara. Insomma, tutto il viaggio è stato una preparazione alla festa della canonizzazione in Piazza San Pietro.

E dopo la canonizzazione, quali prospettive si apro-no?– Penso che questo evento sia da considerarsi come una tappa. Don Guanella è ancora poco conosciuto, anche da noi che viviamo nella sua stessa diocesi. Sarebbe importante divul-gare maggiormente l’esem-pio della sua vita e della sua opera, tutta fondata sul Vangelo e sulla fiducia nella Provvidenza, anche quando le difficoltà e le contrarietà sembravano insuperabili.

Non è difficile, per chi lo volesse, prendere contat-to con la realtà dell’opera di don Guanella: le suore dell’asilo di Brenta, come quelle della casa di riposo di Canonica, appartengono alla famiglia guanelliana. Il centro di tutto, poi, è a Como, nella Casa Divina Provvidenza e nel Santua-rio del Sacro Cuore, dove si trova l’urna che acco-glie le spoglie del santo.

E.F.

in ProsPEttiva

l’intErvista

Don Guanella... in Valcuvia (vedi pag. 4)

Il Vescovo Diego a Roma con i pellegrini. (foto fernando Pozzi)

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Dal Piano pastorale dell’anno 2012Proponiamo le parole con le quali il Vescovo presenta la visita pastorale in Diocesi.

Ogni giorno, continuando il servizio apostolico alla Chiesa che mi è sta-ta affidata, mi faccio discepolo di

Gesù, rendendomi conto che la conoscenza del Maestro è frutto di una ricerca mai fi-nita, perché ci immerge nelle profondità e nelle altezze di Cristo, ci trasforma inseren-doci in quel Corpo vivo, crocifisso e risorto, e facendo della nostra vita una corsa verso di Lui (cfr. Fil 3, 12-14). Impariamo tutti camminando, anzi correndo verso Gesù e dietro a Gesù.Nella Visita pastorale sento anche di essere, nella mia persona,segno efficace della pre-senza del Signore: la mia visita alla comu-nità è la sua visita, la mia parola è a servizio della sua Parola, il mio sguardo cerca i fra-telli che il Signore vuole amare, il mio dono si lega al suo dono della vita sulla Croce.Vi prego di tenere ben presente questo le-game con Cristo, frutto del dono che ho ri-cevuto da Lui senza alcun mio merito. Mi pare di vedere che già lo fate,nella fede e nella cordiale gioia con le quali vengo ac-colto; un legame che mi impegna a restare umile e consapevole della mia lontananza da Lui, mentre devo insegnare le parole del Maestro, chiamare alla comunione con Lui e tra noi, proclamare, con l’autorità “che il Signore mi ha dato per edificare” (2 Cor 13, 10), che la proposta cristiana è proposta di vita in Cristo. Non mancano le sofferenze nella Visita pa-

storale. Non sono tanto le mie, legate alla fatica dell’impegno. Sono le fatiche e le dif-ficoltà dei miei fratelli preti e dei loro colla-boratori religiosi e laici, il dolore dei malati che, in alcuni casi riesco a visitare, le sof-ferenze di persone segnate da lutti, le diffi-coltà di sposi e figli feriti dalla divisione, le angosce per la difficile situazione economi-ca che mette in ginocchio tante famiglie, le delusioni educative, i contrasti nei paesi, le inimicizie e le divisioni nelle comunità. Non mancano certo anche motivi di festa, di condivisione nella gioia e perfino di esul-tanza. Il mio cuore di Vescovo, a volte, è col-mo di tutto questo e di una stana nostalgia, che mi assale la sera della partenza e mi fa pensare:”quando rivedrò questi miei fratelli e queste sorelle che ho appena incontrato?”.Parte integrante della Visita pastorale sono i Decreti per il Vicariato e per la Parroc-chia. Con l’aiuto del Sinodo vicariale, con l’impegno della comunità apostolica e con la piena sintonia dei Consacrati, desidero che siano fatti oggetto di considerazione condivisa, servano a un opportuno discer-nimento comunitario e, per la parte nor-mativa, vengano attuati fedelmente. Sono segnali per un cammino, pensato e quasi anticipato. Lasceranno una vera traccia a cammino fatto, quando si potrà dire:ecco i frutti del nostro impegno e della nostra conversione comunitaria.

† Diego Coletti

Vicariato foraneo

“Il Maestro è qui e cammina con noi”

E’ questo il titolo del Pia-no pastorale per l’anno 2012, proposto al Vesco-

vo Monsignor Diego Coletti per la Diocesi che abbraccia, con un grande quadro di sintesi il cam-mino che la comunità diocesana compirà nei prossimi tre anni. Se l’anno 2012 sarà dedicato alla Pa-rola di Dio e il 2013 alla Eucari-stia, l’anno pastorale 2014 mette-rà a fuoco il tema della missione della Chiesa e la preparazione del Sinodo diocesano. Non si tratta di tre segmenti disgiunti e sepa-rati, ma di un percorso che ha come filo conduttore l’amore e la passione alla figura di Gesù e di conseguenza alla Chiesa. Il cam-mino che ci chiede di compiere il Vescovo è ben simboleggiato da quel viaggio che fecero i disce-poli di Emmaus (Luca 24,13-35) che camminarono in compagnia di Gesù, pur senza riconoscerlo, ascoltarono la Sua parola e i Suoi insegnamenti, lo invitarono a fer-marsi con loro perché la sera era vicina e il buio avanzava e infine lo riconobbero quando il Signore spezzò il pane benedicendolo.Poi corsero, continua il Vange-lo, ad annunciare la lieta novella agli Apostoli e ai discepoli a Ge-rusalemme: davvero il Signore è risorto!Quindi anno della Parola, anno dell’Eucarestia e poi della Mis-sione in una unità che ha il suo cardine nella vita della Chiesa, che è sempre la vita di tutto un

corpo e di tutte le sue azioni, a cominciare dal cuore che palpita e ama. Il singolo tema pastorale può indicare una attenzione par-ticolare, un ambito specifico che esige rinnovata conversione. Ma ogni parte è sempre in vista del tutto e del “normale” della vita cristiana”.Entrando più specificatamente nel tema di quest’anno pastora-le, la Parola, il Vescovo enuncia una convinzione che risale a San Gerolamo, vale a dire che ignora-re la Scrittura significa ignorare Cristo,non conoscere la Scrittura comporta il rischio di porsi al di fuori della proposta cristiana che è offerta di salvezza attraverso la persona di Gesù di Nazareth, che è cardine di tutto il disegno salvi-fico di Dio. Gesù si è incarnato, si è fatto uno di noi per farsi cono-scere e mostrare il volto di Dio, è il Verbo (Parola incarnatasi per la salvezza degli uomini, ieri, oggi, nel tempo a venire).“Le sue parole e i suoi gesti, in particolare la sua passione, morte e resurrezione sono stati narrati e trasmessi dai testimoni, che Lui stesso si era scelto prima in forma orale e poi per iscritto.”Gli scrit-ti dell’Antico e del Nuovo Testa-mento, la Tradizione della Chiesa costituiscono il patrimonio ine-stimabile del Cristianesimo che è “la religione della Parola di Dio, non di una parola scritta e muta, ma del Verbo incarnato e vivente”.Con la Parola siamo di fronte alla persona stessa di Gesù, per cui il Vescovo ci invita , nel Piano pa-storale ,ad una “frequentazione assidua e a una conoscenza viva delle Sacre Scritture, nella loro capacità di illuminare le diverse situazioni della vita quotidiana”.Per dare vitalità al Piano pasto-rale, occorre quindi che la nostra Parrocchia come Chiesa locale ponga la massima attenzione e tenga pure nella massima con-siderazione l’incontro con la Pa-rola di Dio nella Liturgia, nelle preghiere, nella catechesi, nelle riunioni dei gruppi con la consa-pevolezza, riprendendo le parole di Papa Benedetto XVI nella sua Esortazione “Verbum Domini”, che l’ascolto della Parola è l’in-contro con una Persona (il Verbo fatto carne) da lasciar agire e ope-rare in mezzo a noi.

Maria Teresa Arioli

Preghiera per la visita pastoraleSignore Gesù Cristo,ti ringraziamo per il donodella tua vicinanza:Tu, Figlio unigenito del Padre, ci hai visitatocon la tua Incarnazioneper opera dallo Spirito Santonel seno della Vergine Maria,e continui ad abitare in mezzo a noi.

Proteggi e guidail nostro vescovo Diegoin visita pastoralenelle comunità della diocesi.

Questo incontro sia per tutti un donodi profonda revisione della vita di fede, di fraternità rinnovata,di consolazione dello Spirito,di incoraggiamento alla testimonianza del Vangelo.

Rendi le nostre comunità segno credibiledella dignità e libertà dei figli di Dioche osservano la Tua legge, la legge nuova dello Spirito che dà la vita in Te,e ci chiama ad amarcigli uni gli altricome Tu ci hai amato.

Donaci fede profonda nella Tua Parola e speranza certa nelle Tue promesse.

La Tua e nostra Madre, la Vergine Maria, ci sostenga nella missionedi presentarti e donarti al mondoperché tutti abbiano la vitae l’abbiano in abbondanza.

Sant’Abbondio e i nostri Santi protettoriaccompagnino il cammino della Chiesa incontro a Te, Signore,che vivi e regni nei secoli dei secoli.

Amen† Diego, Vescovo

Como, 2009 - 2013

CALENDARIO VISITAPASTORALE DEL

NOSTRO VESCOVOMons. DIEGO COLETTI

— INCONTRI DI VICARIATO —Mercoledì 7 MarzoOre 9,30 Presso i Padri Passionisti di Caravate il Ve-

scovo incontra tutti i Sacerdoti del Vicariato (Cittiglio - Gemonio - Caravate - Brenta).

Mercoledì 7 MarzoOre 21,00 (Caravate) - Incontro con tutte le persone impegnate nell’animazione liturgica.

Giovedì 8 MarzoOre 21,00 (Cittiglio) - Incontro con tutti i giovani.

Venerdì 9 MarzoOre 21,00 (Brenta) - Incontro con tutti i catechisti.

Sabato 10 MarzoOre 21,00 (Gemonio) - Incontro con tutte le coppie e

le famiglie.

VISITA PASTORALE NELLANOSTRA PARROCCHIA— SABATO 10 MARZO —

Ore 9,30 Accoglienza del Vescovo da parte dei ragazzi Elementari e Medie.

Ore 10,00 Incontro con il parroco.

Ore 11,00 Visita a S. Pietro.

Ore 15,00 Incontro con il Consiglio Pastorale Parroc-chiale aperto a tutte le persone impegnate in parrocchia.

Ore 16 Incontro con gli anziani e ammalati.

Ore 18,00 S. Messa con tutta la Comunità.

Ore 21,00 Incontro coppie e famiglie.

PrEsEntazionE Piano PastoralE 2011-2012

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SUI MURIDI GEMONIO… a cura di Gianni Pozzi

I RE MAGI

Questa volta debbo in-cominciare usando il tempo passato, perché

l’affresco era sui muri di Ge-monio. Attualmente è conser-vato nell’ufficio del Sindaco dopo che, negli anni sessanta, è stato strappato dalla sua sede

prima che l’edificio venisse de-molito. Quell’edificio è stato raso al suolo per allargare la piazza della Vittoria; si trovava proprio di fronte all’ingresso della chiesa di S. Rocco, dove ora è stata posizionata la fonta-na e a testimoniarne l’esistenza sono state conservate le colon-ne collegate con archi. Di fron-te ora c’è l’ufficio postale ma lì fino al 1980 c’era il municipio di Gemonio.

L’affresco rappresenta un’A-dorazione dei Magi. Lo ha de-scritto ed analizzato Andrea Spiriti nel libro “CULTURA FIGURATIVA IN VALCUVIA - AZZIO, GEMONIO, ORINO” (Ediz. ISAL, 2000). Lo studioso – attualmente docente di storia dell’arte all’Università dell’In-subria – asserisce: “Per quanto modesto e molto depauperato dallo strappo, l’affresco è signi-ficativo per la palese adesione ai modi veneti: il moderato esoti-smo, il ruolo monumentale delle due colonne su alto basamento a sinistra (inevitabili dopo la Pala Pe saro di Tiziano ai Frari), la resa caratteristica della Sacra Famiglia sono tutti elementi che riconduco no a Venezia, e in par-ticolare alla rilettura dei mo duli tizianeschi compiuta dai Bassa-no. Il discorso meriterebbe più ampio spazio poiché la presen-za veneta, spesso mediata dalle incisioni o dalle tavo lette dei madonneri, è fra i fenomeni più singolari e meno indagati nell’a-rea comasca fra manierismo e barocco”; dopo aver citato alcu-ne chiese comasche continua ed arriva a dare una datazione “Malgrado l’accen tuato manie-rismo derivato dai modelli, pen-serei per l’affresco in esame ad una datazione verso il primo de-cennio del Seicento”.

Alla datazione stabilita dall’au-torevole storico contrappongo una mia modesta riflessione che porta ad una datazione di-versa, meno antica. Lo Spiri-ti ha fatto notare “… il ruolo monumentale delle due colonne su alto basamento a sinistra..” e non può che trovarmi d’ac-cordo ma proprio una di quelle colonne, quella più dettagliata posta su un basamento, a me pare la riproduzione di una delle colonne e suo basamento, che si trovano proprio davanti alla nostra chiesa di S. Rocco. Se così è, se cioè l’anonimo af-frescatore ha voluto inserire la scena sacra in un paesaggio

locale, magari per richiesta del committente stesso, dobbia-mo spostarne la datazione ed ascriverla al 1765 all’incirca. Come mi è già capitato di scri-vere, nel 1764 i gemoniesi (in quell’anno sono 650) chiedono al vescovo autorizzazione a co-struire “…al divanti alla porta di detta Chiesa un convenevol coperto, o sii porticato… …per riparare la chiesa di S. Rocco in Gemonio dall’acqua in tempo di vento e per altri vantaggiosi riflessi”. E quel vescovo, mons. Giambattista MUGIASCA, nel-la visita pastorale del 1769 lo troverà realizzato… e magari anche raffigurato nell’affresco. Ed ancora di più, non vi pare di riconoscere il profilo del monte Nudo nel monte sullo sfondo? Ma questo forse è troppo az-zardato!

LA NOSTRA STORIA

Anche se in questo pe-riodo le dispendiose luminarie del Natale

sembrano far dimenticare tutti i guai , desidero ricor-dare una vicenda molto do-lorosa accaduta nel nostro paese. La storia di ogni co-munità, come la vita dei sin-goli, deve registrare periodi sereni e tempestosi, giorni di gioia e di dolore, fatti straor-dinari e devastanti.E’ stato il giorno del Rosario al cimitero, in cui comme-moriamo i defunti, dove in-contriamo gli amici presenti e preghiamo per gli assenti, quando, transitando fra le tombe infiorate, mi è torna-ta improvvisamente alla me-moria la tragedia dei tre ra-gazzi ventenni di Gemonio.Era il settembre 1963 e la macchina correva tra Gallarate e Busto Arsizio sull’autostrada dei laghi trasportando l’allegria che a vent’anni è sempre preva-lente. Ma la morte aspettava nell’ombra, con la falce ben affilata; era là sulla famige-rata terza corsìa, quella che, in quegli anni di carreggiata unica, permetteva il sorpas-so in entrambe le direzioni.Lo scontro frontale fu spa-ventoso: i tre ragazzi periro-no sul colpo e un ferito grave sull’altra vettura.La tremenda disgrazia gettò nella disperazione le fami-glie dei giovani, raggelò il cuore a tutto il paese e al fu-nerale nessuno riuscì a non piangere. Non sono state, purtroppo, le uniche vittime della stra-da fra i nostri compaesani. In Italia la media giornaliera è di 14 decessi causati sulle strade dai veicoli a motore. Un numero di una vera guer-ra che gli eventuali pacifisti dovrebbero prendere in con-siderazione. Velocità, impe-rizia, imprudenza contribu-iscono a provocare questa assurda strage.Di fronte a queste sciagure, così come per le calamità naturali, affiorano gli eterni “perché”.Su questi estremi interrogativi interviene, per noi cristiani, la “beata spe-ranza” e quel che ci appare una tenebrosa assurdità del destino si trasforma piano piano, attraverso una gra-duale e sofferta accettazio-ne, nell’attesa di una eterna comune realtà dove ogni la-crima sarà asciugata.

Gio Barabino

Storia e Arte locale

Quarta Puntata Don GUANELLA … in VALCUVIA

Il messaggio ed il carisma di don Guanella sono presenti in Valcuvia, come già sottolineato nell’intervista per il pelle-grinaggio a Roma, con le religiose guanelliane della scuola

materna di Brenta e nella casa di riposo di Canonica. Queste suore appartengono alle «Figlie di S. Maria della Provvidenza», meglio note come “guanelliane” e mi piace qui ricordare che la Madre Superiora di questa Congregazione, fino a non molti anni fa è stata una valcuviana, Suor Rosa Costantini. Nata a Brenta nel 1924, è deceduta a Somma Lombardo il 19 dicem-bre 1985, dopo il ricovero nell’ospedale di quella città causa il malore che l’aveva colta all’aeroporto di Malpensa al ritorno da una visita ad una missione lontana. E come superiora del suo ordine è stata anche citata e ringraziata da papa Giovanni Paolo II il 25 ottobre 1982, a Roma, in occasione dell’incontro del pellegrinaggio guanelliano nel centenario di fondazione delle Figlie della Provvidenza. Questo l’inizio dell’intervento del Papa: “Con questa Udienza speciale avete voluto concludere la settimana delle celebrazioni centenarie della Congregazione delle Figlie di santa Maria della Provvi denza, l’Istituzione fem-minile fondata dal beato Luigi Guanella. Ho accolto con vivo piacere questo vostro desiderio, manifestato dalla Superiora Ma-dre Rosa Costantini, insieme col Padre Generale dei “Servi della Carità” e vi ringrazio di cuore sia per questa vostra visita, sia per i sentimenti di fedeltà alla Chiesa ed al Papa che essa esprime”.

Don Guanella è passato dalle nostre parti. Esattamente da Caravate, da giovane seminarista, ad aiutare lo zio, don Lo-renzo Trussoni (Campodolcino 1830 - Caravate 1883), parro-co di Caravate dal 1872 al 1883. Questa però è una testimo-nianza che non ha precise tracce documentarie, mentre la sua presenza nel 1878 è invece più certa. In quell’anno è di ritorno da Torino, dopo un lungo soggiorno presso don Bosco. E’ ri-chiamato in diocesi dal vescovo di Como e sulla via del ritor-no si ferma a Caravate per confidarsi con lo zio don Lorenzo; i due, insieme, salgono anche a S. Maria del Sasso per verifi-care se quel luogo, antica chiesa dedicata a S. Maria con ca-solari annessi ex convento agostiniano possa diventare la sede dell’opera che don Guanella ha intenzione di fondare, come lo stesso santo ha ricordato. Per la cronaca, a partire dal 1904, quel luogo sarà scelto quale convento dai Padri Passionisti.

G.P.

La lista di regai di Pietro Papa

Anca chest’an a dicember riva Natal, gh’é de pensà a chi fa ul regal,u preparà la lista di mé regai stavolta in devera uriginai. Ai fiö abandunà ghe regali una mama e un papà,a chi l’é marà ghe fo un bel dun: un pachetin cun la guarigiun,a chi salta ul past, mia perché in a dieta, ghe fo truà un piat de pastacun ‘na furcheta,al ricover due stan i vegitghe regali una nìada de naudit,e ai omen putent e cap de guvernopensa che bel: ghe regali un poo de cervel,e al Bambin, che in una stala el g’ha de nass, insema a vialt ghe regali preghier,in cambi de paas.

Gemonio, immagine degli anni sessan-ta; la parte destra dell’edificio (con ma-nifesto per reclamizzare Ben Hur, “un filmone” dei tempi) è stata poi demoli-ta per allargare la piazza. E’ rimasto il portone che dava accesso alla casa con porticato. Ora il portone è perennemen-te chiuso perché l’andito è utilizzato come spazio aggiuntivo al negozio di alimentari.

Adorazione dei Magi, affresco strappato.

Brenta, Chiesa parrocchiale; affresco, 1999, di Alberto Bogani raffigurante don Guanella e suor Chiara Bosatta.

Brenta, Chiesa parrocchiale deiSanti Vito e Modesto

(immagine degli anni ‘50).

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RETROSPETTIVA

Riscoprire Dio nella crisi

Tra tutte le gravi e preoc-cupanti notizie di questo periodo c’è l’imbarazzo

della scelta: crisi del lavoro, crisi del governo, crisi dell’eu-ro, omicidi irrisolti, alluvioni, tasse, rincari, degrado, corru-zione ecc.Certo che ascoltando un qual-siasi telegiornale viene lo sconforto, stiamo vivendo un momento di straordinaria dif-ficoltà a livello mondiale, non solo italiano.In un tale clima noi però dobbiamo reagire alla rasse-gnazione e alla disperazione, dobbiamo riuscire a sconfig-gere il pessimismo e dare un contributo per il bene di tutti. La sfida è, infatti, riuscire ad attuare un cambiamento che senza dubbio le difficoltà at-tuali impongono. Dio ha crea-to un mondo giusto e ospitale per l’uomo ed è quest’ultimo ad averlo amministrato male, occorre quindi riscoprire Dio nella nostra vita per poter cambiare il mondo!Non si tratta di parole reto-riche: con Dio o senza Dio la vita non è la stessa, come ci ri-corda l’avvicinarsi del Natale: il Figlio di Dio si è incarnato in un dolce e indifeso bambino e questo ci dimostra quanto il Padre sia vicino a tutti gli uo-mini prendendo sul serio ogni aspetto della loro vita, in par-ticolare le debolezze. La prima risposta alla grande sfida del nostro tempo sta allora nella profonda conversione del no-stro cuore e nel ricominciare da Dio.

Occorre essere capaci di af-frontare le difficoltà del pre-sente, noi tutti ci troviamo a vivere le “malattie” del nostro tempo, non ne siamo immuni, e per questo dobbiamo impa-rare a condividere i turba-menti , i disorientamenti e le difficoltà e a interrogarci sulla capacità della nostra fede di dare le risposte adeguate. Non si tratta di affidarci a un vago ottimismo privo di critiche per il futuro, bensì di affidarci alla certezza che in Dio Padre buo-no c’è la ragione e il senso di un mondo più giusto. Quante volte invece, nonostante noi tutti ci definiamo cristiani, Dio di fatto non è il punto di riferimento centrale nel nostro modo di pensare e di agire e nelle scelte fondamentali della nostra vita.Nonostante tutto anche quest’anno c’è comunque una buona notizia: sta arrivando il Natale, il simbolo della rina-scita e del cambiamento (non il momento del consumismo e della corsa ai regali) e nel buio dei nostri tempi guardiamo alla luce del Natale perché ri-esca ad illuminare ogni cuore e ci aiuti ad attuare il cambia-mento fondamentale della no-stra vita sostenuti dall’amore di Dio.

Monica Campanerut

Grandangolo

Segni dei tempi - LA PRIMAVERA ARABA

Pace è uno di quei concet-ti che di norma vengo-no definiti in negativo:

è assenza di conflitto, è non-guerra. Però pace non è solo assenza di guerra tra i popoli, è anche creare le condizioni per la democrazia. In quest’ottica, il pensiero corre immediata-mente alle recenti rivolte nel mondo arabo: la cosiddetta Pri-mavera araba ha mostrato che prima di tutto viene la richiesta di libertà individuale, di auto-nomia, di capacità di scelta. Quella degli ultimi mesi è stata sostanzialmente una stagione positiva, una svolta per il Medi-terraneo, nonostante le compli-cazioni che ne sono derivate. Nei sollevamenti nordafricani grande rilevanza ha assunto fin da subito il tema economico e dei diritti sociali. Il primo pensiero va alle re-centi elezioni in Egitto, dove, ancor prima che l’esito uffi-

ciale arrivi dalle urne, si può indovinarlo dalle facce che si aggirano in piazza Tahrir, il luogo-simbolo della primavera araba. Accanto agli iniziatori della protesta di gennaio, stu-denti, professionisti, blogger e internauti, animati dal deside-rio di libertà e democrazia, ci sono tanti adolescenti eccitati e aggressivi ed interi squadroni di barbuti in tunica, facilmen-te riconoscibili come salafiti. La rivoluzione ha cambiato volto facendo emergere nuovi inquietanti protagonisti che si preparano a dominare la scena politica. I giovani democrati-ci, tornati a protestare contro la finta democrazia dei milita-ri, hanno aperto la strada agli integralisti che vogliono sem-plicemente abolire la democra-zia. E se i primi hanno scelto di boicottare le elezioni gli altri hanno puntato sulle urne. Prima d’analizzare la probabi-le vittoria del radicalismo reli-gioso è però importante capire le ragioni che stanno alla base della sconfitta del movimento laico e liberale. Nato attorno ai social network aveva portato alla luce la rabbia e le speranze di un popolo schiacciato da un sistema autoritario, ponendosi come avanguardia intellettua-

le capace di coinvolgere le più diverse classi sociali del più grande Paese del mondo arabo. È stata una rivoluzione dal bas-so che ha saputo raggiungere la cima della piramide facendo cadere un Faraone al potere da trent’anni. Ma ha mostrato tut-ti i suoi limiti rifiutando coc-ciutamente (e oggi possiamo dire colpevolmente) di darsi un programma, un’organizza-zione e un leader per prose-guire il cambiamento. I nuovi e fugaci eroi della primavera araba sono stati i blogger. Ma non basta Internet, strumento formidabile di comunicazione, per creare un soggetto politico il cui vuoto è stato riempito dai movimenti fondamentalisti.Resta certo il fatto che il solo pensiero che i cosiddetti mo-derati islamici (I fratelli Mu-sulmani) si possano unire ai fondamentalisti nel nuovo Par-lamento, in nome di quel col-lante miracoloso che si chiama Potere, fa venire i brividi. Ma non possiamo rinunciare alla speranza di un cammino (più o meno lungo) del mondo arabo, e conseguentemente dell’intera umanità, che sappia sconfig-gere il “gelo” per assaporare il calore della primavera.

Ronzani Roberto

NOVITA’ a San Pietro

A chi si affaccia oggi nella chiesa di S. Pietro ap-pare subito una novità:

è stata ricomposta l’armonia cromatica dell’antica abside. Grazie ad una struttura in fer-ro, che si apre a libro, alla si-nopia (disegno preparatorio) è stato sovrapposto l’affresco di

S. Antonio abate del 1400 che era stato strappato durante i restauri degli anni sessanta. La novità, però, è assoluta in quanto nessuno, fra chi è anco-ra testimone di quell’interven-to, ricorda quella figura in quel luogo: non la ricorda perché non la poteva vedere. Sopra il

S. Antonio abate dell’attuale struttura, infatti, era stato re-alizzato, nel 1500, un altro S. Antonio abate, con tanto di archetto, per accordarlo con gli Apostoli dell’abside: negli anni sessanta solo quello era visibile. La figura della strut-tura, probabilmente, ha perso nello strappo molte sfumature e molti dettagli (oggi, infatti, lo “strappo” degli affreschi è pochissimo praticato) ma è co-munque visibile nella sua posi-zione originaria: un pannello a carattere didattico, inserito nel-la struttura, cercherà di spiega-re ciò che nei secoli è accaduto.In questo secondo lotto di re-stauri, recentemente concluso, sono stati particolarmente evi-denziati l’armonia e la delica-tezza dei colori nonché la pre-ziosità di particolari e dettagli che erano stati ricoperti da macchie di colore. Basta guar-

dare l’angolo della Madonna di Loreto per rendersi conto di ciò. E’ anche tornato visibile un particolare bellissimo: un Gesù bambino con una pera in mano (pare sia simbolo di abbondan-za) che si trova nell’angolo ac-canto all’abside di sinistra.La foto che proponiamo qui a lato spiega invece lo sfacelo dei tre corpi (uno dei quali appar-tiene a S. Sebastiano) tagliati all’altezza della vita: serviva più luce e si è aperta una fine-stra, con perfetta noncuranza degli affreschi e dell’arte, come ben documenta una fotografia (in realtà una vecchia cartoli-na). Con la medesima noncu-ranza la finestra è stata succes-sivamente richiusa.Un’altra novità si sta realizzan-do in questi giorni: il tradiziona-le presepe che ogni Natale viene allestito nella chiesa di S. Pietro, per la prima volta, non coprirà

ma ingloberà i due affreschi che interessano la zona di realizza-zione del presepe. Siamo curiosi e ansiosi di poter ammirare il risultato che come sempre, ne siamo certi, sarà notevole.La prossima estate si comple-terà il restauro degli affreschi di S. Pietro: mancano l’abside di sinistra, la nicchia accanto all’ingresso e poco altro. Se ne parlerà più avanti e intanto prosegue il progetto “adozioni” perché di soldi ce ne vogliono ancora tanti: nelle due chiese di Gemonio si può prendere visione degli affreschi rimasti “orfani”. Pur essendo consa-pevoli delle gravi difficoltà dei tempi che stiamo vivendo, non perdiamo tuttavia la speranza che qualcuno possa e voglia ancora “adottare” un pezzetto, anche piccolo, di questa nostra chiesetta che è patrimonio di tutti e di ciascuno.

NOBEL PER LA PACEIn un momento così cupo

per l’economia europea e italiana in particolare; in

un contesto in cui, nella real-tà missionaria, si è sempre più consolidato e reso inscindibile il binomio missione = bisogno (e quindi fame, miseria, pover-tà, dipendenza economica); sullo sfondo fatto di luci ed ombre dell’ormai famosa “pri-mavera araba” che ha coin-volto e sconvolto tante regio-ni del Nord Africa e non solo, mi sembra giusto soffermar-ci, almeno brevemente, su un importante fatto accaduto nel 2011: l’assegnazione del No-bel per la pace a tre donne del cosiddetto terzo mondo. Due sono africane (Liberia) e una yemenita. La motivazione:”

per la loro lotta non violenta a favore del processo di costru-zione della pace”.Non penso importino tanto i nomi, che sono già stati resi noti dai mezzi di comunica-zione, né il credo religioso e politico, che comunque è già stato fonte di polemiche, quanto il significato di un si-mile riconoscimento. Esso assegna alla donna africana e medio – orientale un ruolo fondamentale nella costruzio-ne della democrazia, del pro-gresso, del rispetto dei diritti umani e un delicato compito di equilibrio e di non violenza nel complesso processo di pa-cificazione e di ricerca di una nuova giustizia sociale, cultu-rale ed economica.

La mia personale e discreta-mente vasta esperienza del mondo africano mi ha sempre indicato nella donna la vera artefice di un possibile riscatto da una situazione di arretra-tezza, di degrado, di apparente immobilità culturale: la don-na, che per tradizione non si manda a scuola, è spesso stata la prima a comprendere il po-tere dirompente e liberatorio della cultura. La donna afri-cana è soprattutto madre e sa dilatare questa sua prerogati-va alle tante e variegate realtà della vita. Ma è anche lavora-trice instancabile, moglie pa-ziente, protagonista creativa e affidabile di piccoli e grandi commerci, tessitrice nascosta di rapporti e iniziative. Infine, la sua capacità di sopportare il dolore e la sofferenza la ren-

de idonea ad affrontare con coraggio e determinazione la fatica della novità, l’impegno della mediazione, lo sforzo dell’accoglienza e della tolle-ranza, il rifiuto della violen-za e della guerra. Una donna, insomma, soggetto e artefice della costruzione di un doma-ni migliore.A ELLEN JOHNSON – SIR-LEAF (79 anni, presidente della Liberia), a LEYMAH GBOWEE (39 anni, avvoca-to), a TAWAKUL KARMAN (32 anni, giornalista e attivi-sta della “primavera araba”), simbolo delle tante donne che, pur in mezzo a errori e difficoltà, hanno ogni giorno il coraggio di costruire un fu-turo di pace, un premio Nobel guadagnato sul campo.

Enrica Pezzoli

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Si inaugura una nuova rubrica che vedrà la presentazione di uomini o donne appassionati alla vita. Cer-cherà di far vedere, in questo mon-do di palloni gonfiati celebrati dai media, dove sono e chi sono i veri eroi sconosciuti del nostro tempo.

ALBERTO REGGIORI

Cominciamo da un medi-co chirurgo di 54 anni, che lavora vicino a noi,

presso l’ospedale di Cittiglio e vive a Varese. Fin qui tutto normale, ma le cose cambiano quando si viene a sapere che ha sette figli, è vissuto dieci anni in Uganda, passa gran parte del-le sue ferie in giro per il mon-do come medico volontario di AVSI (Associazione Volontari per il Servizio Internazionale) e ha scritto due libri.Nel primo, “Dottore, è finito il diesel” (ed. Marietti) ha raccon-tato la vita sua e della sua fami-glia a Kitgum e poi a Hoima in Uganda dal 1985 al 1996, la na-scita dei figli, la compagnia del-la moglie Patrizia e degli amici

bianchi e neri, l’incontro con i pazienti, gli avvenimenti spes-so drammatici di quel Paese.Nel secondo, “La ragazza che guardava il cielo” (ed. Rizzoli)ha raccontato la storia di Zamu, una donna forte e intelligente, segnata dalla sofferenza e dalla solitudine. Malata di AIDS, in-contra i volontari del Meeting Point (organizzazione nata nel 1992 che si occupa dei malati di AIDS e delle loro famiglie) e i medici italiani, tra cui Alber-to. Grazie a loro Zamu scopre la fede cattolica e il senso della vita.Quando nel libro l’autore rac-conta come lui stesso ha co-municato al padre di Zamu, islamico, la decisione della figlia di voler essere battezza-ta, c’è la miglior definizione di “missione” che abbia mai trovato:”Dissi … come alla fine fosse stato inevitabile per ognuno di noi mettere a dispo-sizione degli altri quanto di più caro avessimo: poter partecipare all’incontro con la fonte di ogni senso e speranza, con il Dio che dà a tutti la vita”.Qui sta il punto di partenza del-la vita un po’ speciale di Alber-to. Non il voler salvare l’Africa o andare in cerca di avventure e di eroismi strani, ma rispondere ad una chiamata. “Quando nel 1984, il Papa polacco pronun-ciò quelle parole per me diven-tate leggendarie “Andate in tutto il mondo e portate la bellezza, la giustizia e la verità presenti in cri-sto Signore”, capii che la faccenda si era fatta seria, ma soprattutto personale. Mi sentii chiamato per nome. E anche per Patrizia fu lo stesso.”C’era stato prima il fascino de-gli amici partiti per l’Africa come medici, che tornavano a

Varese per le ferie e che Alber-to vedeva realizzati: “Sperimen-tare la pienezza esistenziale sa-pendo di essere utili al mondo. Il massimo.” Così è stato an-che per lui, tanto che oggi può affermare:”Abbiamo vissuto de-gli anni veramente intensi, in cui abbiamo verificato che noi svol-gevamo l’opera di un Altro. Se c’è qualcosa che ho portato a casa è proprio l’incontro con tantissi-mi amici africani, tuttora. E poi tante opere costruite…” Ne ricor-diamo tre: la scuola San Franci-sco, l’ospedale governativo com-pletamente ristrutturato e fatto funzionare al meglio, il Meeting Point, luogo di accoglienza e cura dei malati di AIDS.L’opera di Alberto continua nel-la vita quotidiana di medico e di padre, con uno sguardo aperto al mondo e alla singola persona. Ti colpisce di lui la semplicità, la serenità del cuore davanti ai malati e alle dure circostanze della vita familiare che ha dovu-to affrontare. Con il suo parlare calmo e spesso ironico, ti comu-nica fiducia: ti accorgi che hai davanti una persona positiva perché “in tutto quello che fac-ciamo possiamo affermare una speranza, una vita che vale, una bellezza sempre presente. La no-stra povera umanità fiorisce solo così, sporcandoci le mani e con il cuore ferito. Per questo la presen-za dei cristiani è così importante, capillare, nascosta e appassio-nata.” Così scriveva da Haiti il 1/02/2010, dopo una giornata tra i poveri e i terremotati dell’i-sola. Sicuramente lo potrebbe ripetere oggi, dopo le visite in ospedale e percorrendo le no-stre strade, con il sorriso sulle labbra e la gratitudine in cuore.

P.B.

BIANCO & NERO

Viva i miti,abbasso i miti!

Ci s’imbatte, non di rado – nei convegni, nei corsi di studio, di aggiornamen-

to, nelle letture – con figure e personalità che, per le loro ca-pacità morali o culturali o per il particolare carisma spiritua-le, hanno tenuto un passo più spe dito degli altri: nelle intui-zioni, nel la coscienza critica o nella operosi tà. E per tale motivo sono rimaste nella memoria dei posteri come mi ti! Il mito di don Mazzolari, don Milani, Giorgio La Pira, pa-dre Tu roldo, don Giussani, don Luigi Sturzo, don Facibeni...Se il loro carisma mi aiuta nel-la fede, mi aiuta a capire la sto-ria del la Chiesa e della società, a cammi nare con più maturi-tà, a capire meglio il passato e il presente e a giudicarlo con maggiore distacco ed equili-brio culturale, mi aiuta ad ave-re più fiducia in Gesù Cristo, a esse re più riflessivo, ad avere più uma nità e sensibilità verso il prossimo, a fondere insieme le ragioni della mente e le ra-

gioni del cuore, allora ben ven-gano i miti, viva i miti!Se il loro carisma invece mi porta a perenni e continue po-lemiche, ad astiosità, a classifi-care gli altri a “de stra” o a “sini-stra”, ad avere... la puzza sotto il naso perché io appar tengo a questo mito e non all’altro, a voler agire alla stessa maniera fisi ca del “mio” mito che visse 50-70 anni fa, senza capire la particolarità di ogni momen-to storico, a farmi scudo del “mio” mito disprezzando quel-lo degli altri, a vivere sotto il pe so del mio mito, che “deve” avere sempre ragione (una ra-gione stori ca e morale): allora abbasso i miti!Se, a priori, debbo dare ragio-ne al mio mito e torto agli altri (vesco vo, autorità, confratelli, studiosi, amici), allora abbas-so i miti! Per ché, in fondo, io vado alla ricerca .di Dio e della Verità, che è il punto di conver-genza e di sintesi di tutti i miei interessi, e se in tale ricerca trovo aiuto anche... in mia ma-dre che non sapeva nemmeno cosa si gnificasse mito, allora il mio mito ritorna al livello del-la sua e nostra “normalità”. Il mito non è una bandiera sotto cui rifugiarmi o un pie distallo per fare carriera, bensì un aiu-to per cercare Dio: cerco solo Dio nell’inquieta pace dell’ani-ma che non si perde in mille rivoli!A ognuno è dato il dono e il cari sma per vivere bene nel tempo e nel luogo in cui opera; tale dono vale per il singolo e per la comuni tà: qui, oggi, in tali condizioni sto riche. Questo a ogni cristiano ma turo e impe-gnato è chiesto di fare nella sua coscienza retta e pura.

Rubriche

Loconsole M. Quando è nato Gesù?San Paolo 2011, pp. 96, € 10,00.Spesso si sente affer mare che Gesù di Na zaret potrebbe non es sere nato il 25 dicem bre dell’armo zero. An zi, si sostiene che non si sa nulla circa la sua

rea le data di nascita. Ma è proprio vero che non possiamo accertare e documentare quando è venuto alla lu ce il Bambino di Betlemme? Cosa rife riscono gli evangelisti, i maggiori stori ci dell’epoca, gli scrittori ecclesiastici e i calenda-ri del tempo? Domande affa scinanti e suggestive, una vera e pro pria indagine, pungente, intri-gante e carica di colpi di scena. c.s.

Ronchi E. - Natale.L’abbraccio di DioPaoline 2011, pp. 144, €15,50.Umiltà è la parola rivoluzio-naria del Natale: ci insegna che l’essenza del cristiane-simo non risiede nell’origi-nalità della dottrina, ma nel-

la persona di Gesù, carne di Dio. In lui, infatti, Dio, scegliendo il cammino dell’umiltà, viene ad abbracciare l’uomo, ogni uomo. La strada più breve e più diritta tra l’uomo e Dio è la car-ne di Gesù, nel Natale in braccio alla madre. E proprio Maria, come ben dimostra questo li-bro dove le immagini più belle del Na tale di tutta l’arte cristiana si sposano in maniera suggestiva al commento di padre Ermes Ronchi, ci aiuta a capire il significato di questo abbraccio. c.s.

Pace E. - Vecchi e nuovi dei. La geografia religiosadell’Italia che cambiaPaoline 2011, pp. 168, € 14,00.Il saggio di Enzo Pace, insigne professore di sociologia dell’u-niversità di Padova offre un quadro aggiornato sulla pre-

senza delle religioni in Italia, correggendo al-cuni ste reotipi e luoghi comuni che vedono, ad esem pio, nell’immigrazione dal Nord Africa un “pericolo” reale e immediato di isla mizzazione del nostro Paese. Dati alla mano, l’autore mo-stra che gli immigrati di fede islamica sono un milione e due centomila e sono solo il 30% del-la popo lazione immigrata nel nostro Paese. La maggioranza proviene, invece, dall’Est europeo ed è di fede cristiano-ortodossa. Né mancano im-migrati di fede cattolica. Per il futuro le Chiese e le comunità religiose tenderanno a ricerca re una limitata convergenza su valori, problema-tiche di frontiera e temi etici condivisi da tutti.

Maistrello L. - Avvento di speranza. Verso Natale con la liturgia quotidia na Paoline 2011, pp. 128, € 6,50.L’autore ci propone un cammino di speranza e d’impegno attraver-so la riflessione sul vangelo della liturgia quotidiana dell’Avvento.

Il testo è strutturato in maniera semplice: dopo il vangelo segue un breve commento che mira a coinvolgere e ad attualizzare la parola di Dio nella vita personale e nella comunità cristiana.Segue una preghiera appositamente composta dall’autore in piena sintonia con la riflessione proposta. Il testo aiuta una presa di coscienza della propria realtà e degli eventi che caratte-rizzano la nostra storia, per intraprendere quel cammino spirituale ed esistenziale che conduce a Betlemme, all’incontro con Gesù che viene ad abitare in mezzo a noi. c.s.

Gianola M. - Buon Natale, piccolo Ge sù Paoline 2011, pp. 14, € 13,00.Un bellissimo libro carto-nato, in cui ogni pagina è sago mata sui contorni del-le figure, per raccontare ai picco li la storia del Nata le,

attraverso im magini molto colo rate che attirano lo sguardo dei bambini.

EMERGENzA PADRINITrovo sempre più cre-

scente difficoltà nel far fronte a richieste da par te dei genitori, in vista di batte-simo o cresima del figlio, di padrini o ma drine che il più delle volte non sono in linea con le disposizioni d’idonei-tà. Spesso la richiesta è presentata con un’insisten-za tale che le motiva zioni pastorali non sono accolte, ve nendo di conseguenza ac-cusati di al lontanare invece che avvicinare pro prio quel-li che sono... lontani. Se poi vien loro richiesto di sotto-scrivere il documento in cui sono elencate le norme che li abilitano al compito di padrino, capita che essi fir-mino senza batter ciglio. La nostra fermezza nel tenere fede alle norme della Chie-sa, viene interpretata come rifiuto, che spesso li spinge a trovare altrove un sacer-dote... compiacente. Se tutti i nostri sforzi di catechesi non approdano a nulla, che fare? È diffici le vedere il lu-cignolo fumigante quan do esso appare del tutto spento.Chiudere un occhio? O dire pane al pane? O eliminare i padrini ?

don Emanuele Candidoparroco di

Vacile di Spilimbergo (PN)

Rispondedon Silvano Sirboni

N el contesto pastorale dell’iniziazione cri-

stiana i padrini non sono il problema più grave, ma neppure l’ultimo. Essi fan-no parte di quella verità dei segni liturgici che è indi-spensabile per co municare correttamente il deposito della fede. Le premesse ge-nerali affer mano che i pa-drini sono uomini e don-ne chiamati a esprimere visibil mente (= sacramen-talmente!) la Chiesa ma-dre che genera, accoglie e accompagna i suoi figli, al-meno nei primi passi della vita nuova in Cristo (cf IC, Introduzione generale 8).Nell’itinerario d’iniziazione degli adulti (da sette anni in su) il garan te/padrino accompagna il candida-to al battesimo durante gli anni del catecumenato, nel giorno dell’elezio ne all’ini-zio dell’ultima quaresima e, infine, lo accompagna al fonte battesimale, gli con-segna la candela accesa al cero pasquale e s’impegna solennemente a restargli ac-canto per aiutarlo ad essere fedele al batte simo (cf RIGA 43). Se nel rito per i bam-

bini (da zero a sei anni) il ruolo dei genitori è ovvia-mente preponde rante, il compito fondamentale dei padrini, tuttavia, non cam-bia. Seb bene con le moda-lità richieste dalla diversità della situazione, essi sono chiamati a costituire sia per il bat tezzato che per il cresi-mato un chia ro riferimento di vita cristiana.Non è facendo semplice-mente sot toscrivere auto-certificazioni o esigen do certificati di idoneità dai rispettivi parroci di pro-venienza che si potrà re-stituire verità ed efficacia pastorale ai padrini. Per quanto riguarda bambi ni e fanciulli, si tratta piut-tosto di re sponsabilizzare i genitori nella scelta dei padrini attraverso una ca-techesi ampia, ricorrente, occasionale e spe cifica, che dovrebbe prendere l’avvio fin dalla preparazione al matrimo nio. I padrini non dovrebbero essere scelti in base a semplici criteri di pa rentela, amicizia, con-venienza socia le e, tanto meno, nell’imminenza del-la celebrazione. Non sono semplici te stimoni e tanto meno semplici figure “ceri-moniali”. Rappresentano la Chiesa e non solo giuridica-mente.

Da “Vita Pastorale”

a domanda... risPosta

ritratto

le data di nascita. Ma è proprio vero che non

in librEria

la persona di Gesù, carne di Dio. In lui, infatti,

attraverso immagini molto colo