verità e giustizia n.22

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Venerdi 23 gennaio 2009 veritàegiustizia Breaking news: Dossier ‘Coca Nera’ PAG. 9 Intervista a Beppe Lumia PAG. 2 Caso Orlandi PAG. 5 Editoriale di Roberto Morrione Newsletter di approfondimento di Libera Informazione N°22 Territori PAG. 3 Se ci sei, batti un colpo. L’antico adagio potrebbe adattarsi bene alla nuova Commissione Parlamentare Antimafia. Costituita l’11 Novembre scorso, con l’elezione di Beppe Pisanu a presidente, frutto di un accor- do che ha visto l’astensione dell’opposizione e l’intesa per la nomina “bipartisan” dei vice-presidenti, dopo due mesi non solo non abbiamo ancora visto concreti progetti operativi, ma neppure un indirizzo di fondo, uno di quegli atti forse simbolici, ma che attestano di fronte al parlamento e all’opinione pubblica la precisa volontà di sviluppare quanto la precedente Commissione aveva intrapreso. Non vogliamo qui risollevare le polemiche che segnarono il faticoso avvio dell’impegno nella precedente legislatura, con una presenza di alcuni personaggi inquisiti e al centro di vicende giudiziarie, pur non mancando anche nel nuovo organismo bicamerale alcuni nomi per lo meno opinabili e sin- dacabili… Il fatto che nonostante i dubbi iniziali la Commissione guidata da Fran- cesco Forgione in poco più di un anno abbia lavorato bene e in modo unitario sgombra di per sé il campo da polemiche pregiudiziali, che devono però essere seguite da atti concreti. A partire dalla richiesta di piena attuazione da parte di tutti i partiti di quel Codice Etico allora approvato per la formazione delle liste elettorali, con l’esclusione di imputati per procedimenti di mafia e di condannati in vicende giudizia- rie, che rappresenta un rilevante segnale di discontinuità nel rapporto fra la politica e la società, la riaffermazione di una responsabilità pub- blica di trasparenza che escluda ogni contiguità affaristica e di scambio con interessi di origine illegale. Le imminenti elezioni europee e so- prattutto quelle amministrative costituiscono un obiettivo che la Com- missione Antimafia deve riproporre con determinazione. Così le numerose inchieste giudiziarie aperte in Regioni e grandi Co- muni, che coinvolgono trasversalmente amministratori di diversa estra- zione politica, in una contaminazione e a volte complicità fra settori dell’amministrazione pubblica e imprese, mentre la corruzione è dila- gante in forme più sottili e complesse di quelle che risalgono a “tangentopoli”, non possono vedere assente l’organismo parlamentare, sia pure nel rispetto dell’autonomia del potere giudiziario. Per non parlare della necessità per lo meno morale, se non istituzionale, di pren- dere posizione su casi estremi quale quello della permanenza nel gover- no del sottosegretario Nicola Cosentino, nonostante le concomitanti accuse di collegamenti con esponenti di clan camorristici da parte di pentiti ritenuti giudizialmente attendibili…Ma è soprattutto nell’attacco frontale alle ricchezze illegali delle mafie e alla loro immersione nell’ economia legale, che è improrogabile la concreta ripresa d’attività della Commissione Antimafia. E’ sotto gli occhi di tutti il dilagare in Italia, in Europa e nel mondo, di investimenti di origine mafiosa debitamente riciclati attraverso le ma- glie del sistema bancario e finanziario, che l’aggravarsi della crisi eco- nomica e della recessione su una miriade di imprese renderà ancora più agevole, considerata l’enorme capacità di liquidità di cui dispongono le mafie attraverso il pizzo e soprattutto i traffici internazionali di dro- ga, armi, rifiuti tossici, esseri umani. Gli arresti che si susseguono nel cuore della capitale, ormai invasa da camorra e ‘ndrangheta che rilevano esercizi commerciali e supermarket, come le inchieste aper- te nelle altre regioni italiane o i rischi che si intravedono già negli investimenti sull’Expo di Milano, dicono quanto sia urgente ripren- dere le proposte della precedente Commissione in tema di riciclag- gio, anche in chiave di normativa europea, come sul costituire subi- to l’Agenzia per la gestione dei beni sequestrati, su più incisive norme in materia di controllo degli appalti pubblici e di scioglimen- to dei consigli comunali collusi, colpendo anche gli apparati buro- cratici. Si avverte infine la necessità di un intervento sulla contro- versa riforma della Giustizia, se non altro per denunciare l’inquietante impoverimento della presenza numerica dei PM nelle procure delle zone ad alta densità mafiosa, frutto di norme sbagliate che risalgono al precedente governo Berlusconi e i rischi derivanti dal decreto sulle intercettazioni ancora in discussione. Per arrivare a unificare in un unico testo di legge la complessa e ramificata normativa antimafia, per dare un indirizzo unitario all’azione di contrasto nei procedimenti, certo encomiabili per l’impegno di tanti magistrati e delle forze investigative, ma scoordi- nati e frammentati. C’è qualcuno, almeno all’interno della Commissione istituzional- mente preposta, che si pone la domanda se ci sono le condizioni di costruire su scala nazionale un modello e un quadro unitario di rife- rimento che si rifaccia all’azione straordinaria che il pool di Capon- netto, Falcone e Borsellino impressero a Palermo contro Cosa No- stra? Questo sì che sarebbe un vero passo avanti nella riforma della Giustizia, all’altezza della sfida lanciata dalle mafie e dai loro com- plici dai colletti bianchi, sfida che lo Stato, purtroppo, sta finora perdendo. Sommario: I media ne parlano 4 Articolo 3: sentenza Andreotti... 4 Informazione e radio 6 Internazionale: intervista a Flavio Lotti 8 Rassegna stampa - Appuntamenti 10

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Page 1: verità e giustizia n.22

Venerdi 23 gennaio 2009

veritàegiustizia

Breaking news:

Dossier ‘Coca Nera’ PAG. 9

Intervista a Beppe Lumia PAG. 2

Caso Orlandi PAG. 5

Editoriale di Roberto Morrione

Newsletter di approfondimento di Libera Informazione N°22

Territori PAG. 3

Se ci sei, batti un colpo. L’antico adagio potrebbe adattarsi bene alla nuova Commissione Parlamentare Antimafia. Costituita l’11 Novembre scorso, con l’elezione di Beppe Pisanu a presidente, frutto di un accor-do che ha visto l’astensione dell’opposizione e l’intesa per la nomina “bipartisan” dei vice-presidenti, dopo due mesi non solo non abbiamo ancora visto concreti progetti operativi, ma neppure un indirizzo di fondo, uno di quegli atti forse simbolici, ma che attestano di fronte al parlamento e all’opinione pubblica la precisa volontà di sviluppare quanto la precedente Commissione aveva intrapreso. Non vogliamo qui risollevare le polemiche che segnarono il faticoso avvio dell’impegno nella precedente legislatura, con una presenza di alcuni personaggi inquisiti e al centro di vicende giudiziarie, pur non mancando anche nel nuovo organismo bicamerale alcuni nomi per lo meno opinabili e sin-dacabili…

Il fatto che nonostante i dubbi iniziali la Commissione guidata da Fran-cesco Forgione in poco più di un anno abbia lavorato bene e in modo unitario sgombra di per sé il campo da polemiche pregiudiziali, che devono però essere seguite da atti concreti. A partire dalla richiesta di piena attuazione da parte di tutti i partiti di quel Codice Etico allora approvato per la formazione delle liste elettorali, con l’esclusione di imputati per procedimenti di mafia e di condannati in vicende giudizia-rie, che rappresenta un rilevante segnale di discontinuità nel rapporto fra la politica e la società, la riaffermazione di una responsabilità pub-blica di trasparenza che escluda ogni contiguità affaristica e di scambio con interessi di origine illegale. Le imminenti elezioni europee e so-prattutto quelle amministrative costituiscono un obiettivo che la Com-missione Antimafia deve riproporre con determinazione.

Così le numerose inchieste giudiziarie aperte in Regioni e grandi Co-muni, che coinvolgono trasversalmente amministratori di diversa estra-zione politica, in una contaminazione e a volte complicità fra settori dell’amministrazione pubblica e imprese, mentre la corruzione è dila-gante in forme più sottili e complesse di quelle che risalgono a “tangentopoli”, non possono vedere assente l’organismo parlamentare, sia pure nel rispetto dell’autonomia del potere giudiziario. Per non parlare della necessità per lo meno morale, se non istituzionale, di pren-dere posizione su casi estremi quale quello della permanenza nel gover-no del sottosegretario Nicola Cosentino, nonostante le concomitanti accuse di collegamenti con esponenti di clan camorristici da parte di pentiti ritenuti giudizialmente attendibili…Ma è soprattutto nell’attacco frontale alle ricchezze illegali delle mafie e alla loro immersione nell’ economia legale, che è improrogabile la concreta ripresa d’attività della Commissione Antimafia.

E’ sotto gli occhi di tutti il dilagare in Italia, in Europa e nel mondo, di investimenti di origine mafiosa debitamente riciclati attraverso le ma-glie del sistema bancario e finanziario, che l’aggravarsi della crisi eco-nomica e della recessione su una miriade di imprese renderà ancora più agevole, considerata l’enorme capacità di liquidità di cui dispongono le

mafie attraverso il pizzo e soprattutto i traffici internazionali di dro-ga, armi, rifiuti tossici, esseri umani. Gli arresti che si susseguono nel cuore della capitale, ormai invasa da camorra e ‘ndrangheta che rilevano esercizi commerciali e supermarket, come le inchieste aper-te nelle altre regioni italiane o i rischi che si intravedono già negli investimenti sull’Expo di Milano, dicono quanto sia urgente ripren-dere le proposte della precedente Commissione in tema di riciclag-gio, anche in chiave di normativa europea, come sul costituire subi-to l’Agenzia per la gestione dei beni sequestrati, su più incisive norme in materia di controllo degli appalti pubblici e di scioglimen-to dei consigli comunali collusi, colpendo anche gli apparati buro-cratici. Si avverte infine la necessità di un intervento sulla contro-versa riforma della Giustizia, se non altro per denunciare l’inquietante impoverimento della presenza numerica dei PM nelle procure delle zone ad alta densità mafiosa, frutto di norme sbagliate che risalgono al precedente governo Berlusconi e i rischi derivanti dal decreto sulle intercettazioni ancora in discussione.

Per arrivare a unificare in un unico testo di legge la complessa e ramificata normativa antimafia, per dare un indirizzo unitario all’azione di contrasto nei procedimenti, certo encomiabili per l’impegno di tanti magistrati e delle forze investigative, ma scoordi-nati e frammentati.

C’è qualcuno, almeno all’interno della Commissione istituzional-mente preposta, che si pone la domanda se ci sono le condizioni di costruire su scala nazionale un modello e un quadro unitario di rife-rimento che si rifaccia all’azione straordinaria che il pool di Capon-netto, Falcone e Borsellino impressero a Palermo contro Cosa No-stra? Questo sì che sarebbe un vero passo avanti nella riforma della Giustizia, all’altezza della sfida lanciata dalle mafie e dai loro com-plici dai colletti bianchi, sfida che lo Stato, purtroppo, sta finora perdendo.

Sommario: I media ne parlano 4

Articolo 3: sentenza Andreotti... 4

Informazione e radio 6

Internazionale: intervista a Flavio Lotti 8

Rassegna stampa - Appuntamenti 10

Page 2: verità e giustizia n.22

veritàegiustizia Pagina 2

Lumia: “la Commissione antimafia è ad un bivio, scelga la via dell’inchiesta per dire al Paese che

la lotta alle mafie è al primo posto”.

Ventiquattro uomini del Clan Madonia in carcere e il capo-mafia che comandava nonostante il 41 bis. Vecchi e nuovi strumenti per sconfiggere le mafie. I poteri della nuova Com-missione antimafia, in testa la priorità di indagare i rapporti fra mafia e politica. Ne abbiamo parlato con il senatore Bep-pe Lumia, senatore del Pd e presente in Commissione anti-mafia

Sen. Lumia il 41 bis si conferma, dopo gli ultimi fatti di cronaca, strumento a favore dei mafiosi anziché dello Sta-to.

Il 41 bis così com’è è un privilegio per i boss mafiosi (una cella tutta per loro a fronte di carceri sovraffollate) non inter-rompe il circuito di comunicazione verso l’esterno. Anche quando i boss stanno nelle carceri le organizzazioni mafiose non sospendono la loro attività, e il boss ma-fioso detenuto spesso rimane guida del proprio territorio di provenienza,

Cosa si sta facendo per arginare questo elemento di debolezza?

Ho presentato in aula due misure indispen-sabili. La prima diretta al 41 bis (in discussione sul disegno 733 sulla sicurezza) con l’intento di creare un 41 bis in grado di bloccare il flusso di comunicazione verso l’esterno e capa-ce anche di affrontare un tema molto delicato che è quello della riapertura delle carceri in alcune piccole isole. Ma non solo 41 bis. Sto preparando un disegno di legge che conside-ro il più dirompente che si possa presentare: aumentare tutte le pene da 20 anni a salire, per impedire che le organizzazioni mafiose con pene basse possano garantire una continuità di rapporti con il territorio. Mettendo insieme queste due norme potremmo colpire, in modo intelligente, destrutturando quella forza data dalla continuità sistemica che le organizzazioni mafiose hanno persino da dentro le carceri.

Un 41 bis svuotato o fatto male?

Il 41 bis non torce un capello, non lede un diritto non impe-disce il flusso delle comunicazioni. Era nato con un carattere emergenziale temporaneo dopo le stragi. Essendo una misura che si articolava da sei mesi in sei mesi, impediva che il ri-corso davanti al giudice di sorveglianza, potesse espletarsi. Poi però i 41 bis fu stabilizzato, non fu più una misura straor-dinaria ma norma ordinaria e sul piano del tempo, si è oltre-passato un anno di azione. I giudici di sorveglianza sono in-tervenuti, spesso con interpretazione poco fondata e come abbiamo constatato in commissione antimafia, agganciata al dettato normativo e quindi favorevole ai boss mafiosi. Non devono essere i giudici di sorveglianza ad occuparsi del 41 bis ma giudici di provenienza del boss mafioso, misura di

prevenzione in grado di essere valutata dal tribunale con inver-sione dell’onere della prova; non è più lo Stato che deve dimo-strare che i boss hanno collegamenti verso l‘esterno, ma il con-trario.

Ha citato proprio la Commissione Antimafia come uno dei possibili luoghi di azione. Come procedo i primi mesi della nuova formazione?

C’è una novità nella legislazione che ha creato questa nuova Commissione. Essendo la commissione una commissione

bicamerale d‘inchiesta, per farla nascere serve una norma di supporto. Questa legi-slazione ne ha varata una che ha un obietti-vo chiaro: occuparsi dei rapporti fra mafia e politica. C’è assolutamente bisogno di fare più chiarezza su quanto è avvenuto nel no-stro paese negli anni delle stragi e sul siste-ma delle collusioni degli apparati del siste-ma economico e istituzionale che costitui-scono la forza delle organizzazioni crimina-li. Adesso però la neonata Commissione si trova ancora una volta ad un bivio: da un lato utilizzare quei poteri d’inchiesta (simili a quelli della magistratura) per arrivare al cuore dell’ attuale forza mafiosa, svelare alcuni buchi neri: ad esempio i fatti correlati

alle stragi. L’altra strada è quella più scontata elaborare docu-menti dando un contributo tutto sommato ordinario. La com-missione parlamentare antimafia deve imboccare la prima stra-da e deve dire al Paese che la lotta alla mafia deve essere la prima delle priorità, intorno a cui raccogliere, questioni delica-te in parlamento su cui non lesinare risorse. Dando alle istitu-zioni, politica, società civile e comunità internazionale, stru-menti legislativi operativi e amministrativi per eliminare le mafie per puntare alla testa delle organizzazioni mafiose, per disintegrarle.

* l’intervista integrale andrà on line domani sul portale www.liberainformazione.org

INTERVISTA A BEPPE LUMIA

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Campania

Beni confiscati e non ancora mai utilizzati, in provincia di Caserta i casi sono tanti. Molti dei progetti per l’uso sociale degli immobili tolti ai camorristi sono fermi al palo da mesi o addirittura da anni. Il problema è la penuria delle informazioni, la scarsità della sensibilità e l’incapacità tecnica. L’iter è lento, ma il cambiamento arriva. A Casal di Principe nella villa Scarface ex proprietà del camorrista Walter Schiavone, per esempio a giugno si è tenuta una mostra d’arte e contemporaneamente un meeting su temi antimafia. Ma ci sono anche i casi "assurdi" in cui sono gli usufruttuari nel tempo che inter-corre all'iter della confisca definitiva continuano paradossalmente ad essere proprio parenti del boss titolare del bene. Così è a Trentola Ducenta per quel che riguarda il bene appartenuto a Francesco Bion-dino, dove ancora non si è nemmeno riusciti ad effettuare il sopral-luogo di routine.

Dai territori: voci e notizie dalle regioni d’Italia

Sicilia

Sono 24 gli ordini di custodia cautelare nei confronti di affiliati al clan Madonia al termine di un’indagine su estorsioni e affari illegali condotta dal raggruppamento dei carabinieri del reparto operativo speciale e dai Ros di Caltanissetta. Gli indagati sono accusati di associazione mafiosa, estorsione, usura, trasferimento fraudolento di valori, illecita concorrenza mediante violenza e minaccia.Dal quadro reso noto dagli inquirenti gli affari del Clan procedevano spediti, nonostante il boss Giuseppe "Piddu" Madonia si trovasse in carcere in regime di 41bis. 16 invece gli arresti di ieri fra Borghetto e Parti-nico dove le forze dell'ordine hanno dato un duro colpo al manda-mento della zona.

veritàegiustizia Pagina 3

Umbria

Con un ampio consenso trasversale è giunto ieri il si defini-tivo all’istituzione di una commissione d’inchiesta che si occupi di fare luce sulle infiltrazioni mafiose nella regione Umbria. La proposta sollecitata alcuni mesi fa dalle associa-zioni Libera Umbria, Legambiente e Cittadinanza Attiva è stata presentata dai consiglieri Stefano Vinti (Prc), Ada Girolamini (Sdi - Uniti nell’Ulivo), Pavilio Lupini (Prc) e Fabrizio Bracco (Pd). La commissione sarà composta da cinque membri e resterà in carica per circa sei mesi e opere-rà senza oneri aggiuntivi, occupandosi di: “criminalità orga-nizzata in materia di smaltimento dei rifiuti, di narcotraffico e di acquisizione di imprese e attività economiche”.

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veritàegiustizia Pagina 4

I media ne parlano:

A quando il diritto di replica per Caselli e i magistrati attaccati a Porta a Porta?

Da qualche tempo i cosiddetti liberali della destra del conflitto di interessi non perdono occasione per chiedere la testa di questo o quel conduttore sgradito al capo supremo. Una volta chiedono la testa di Fabio Fazio perchè ha osato dare la parola al papà di Eluana Englaro, un’altra volta berciano contro Lucarelli che si è occupato della mafia e dei suoi protettori, un’altra volta urlano contro Santoro per non aver garantito il diritto al contraddittorio...

Magari si dimenticano di dire che, pur invitati, hanno preferito non mettere piede nelle trasmissioni dove le domande non si concordano prima e dove le risposte bisogna saperle dare. Quelli che chiedono la testa dei giornalisti sgraditi e invocano il diritto al contraddittorio non hanno ritenuto, invece, di far sentire la propria voce al termine della elegiaca puntata dedicata da Bruno Vespa a Giulio Andreotti ( rivedi la puntata.) . Alla trasmissione hanno partecipato, tra gli altri, il presidente Cossiga, il presidente Casini, il presidente Pisanu, e tanto per non sbagliare, anche la presidente della commisione giustizia della camera, nonchè avvocato di Giulio Andreotti, Giulia Bongiorno, con loro anche Emanuele Macaluso e il giornalista del Corriere Massimo Franco.

Nel corso della puntata dedicata al “divo Giulio” non sono mancati i prevedibili attacchi ai giudici di Palaermo, a Giancarlo Caselli, indi-cati come i responsabili di ogni male, persone indegne di portare le toghe... ci mancava solo che qualcuno invitasse i cittadini a prender-li a calci nel sedere. Per l' ennesima volta si è parlato della completa assoluzione di Andreotti, di demolizione dell’impianto dell'accusa. Un turista avrebbe pensato di trovarsi di fronte un santo scampato ad un complotto di un gruppo di forsennati, forse di terroristi. Nè al conduttore, nè agli altri ospiti è venuto in mente di ricordare che sia la Corte d’appello sia la Cassazione hanno scritto pagine inquietanti sul rapporto tra mafia e poltica e sullo stesso Andreotti. Nessuno ha ricordato che il presidente Andreotti medesimo ha ritenuto di avva-lersi della prescrizione per alcuni dei reati contestati, a nessuno è venuto in mente che in qualsiasi altro paese la descrizione dei rap-porti tra poltica e mafia, prima del 1980, avrebbero assunto il sapore di una pietra tombale sulla futura attività politica.

A nessuno è venuto in mente di ricordare che Giancarlo Caselli e i suoi collaboratori erano stati in prima linea contro il terrorismo e contro la criminalità. Quando molti scappavano, furono quei magi-strati ad accettare la sfida e a rappresentare la parte migliore dello stato. In ogni caso, al di là di simili considerazioni che si possono condividere o meno, resta la domanda: perchè non è stato previsto un contraddittorio? Perchè non si è pensato di dare la parola a quei giudici e al giudice Caselli? Perchè i censori dei Fazio e dei Santoro non hanno aperto bocca?Perchè il massacro dela dignità di Giancar-lo Caselli e di tanti altri servitori dello stato deve, invece, essere accettata in silenzio, senza la minima reazione? A differenza di quelli che vogliono la testa dei giornalisti sgraditi, a noi non interes-sa in alcun modo la via disciplinare al giornalismo, nei confronti di chiunque, fosse pure il nostro più acerrimo avversario.

Quello che non si può accettare, invece, è lo stravolgimento della realtà, la fucilazione mediatica degli assenti. Dalla Rai, dal suo presi-dente, dal suo direttore generale, vorremmo solo sapere quando, come e in quale trasmissione sarà consentito al dottor Caselli e altri magi-strati di replicare alla sequela di ingiurie scagliate nei loro confronti. Se proprio non volessero dare loro lil diritto di replica o di rettifica potrebbero chiedere al tg1 delle 20 di leggere in diretta le ultime 30 righe della sentenza della corte d’appello, relative proprio al processo Andreotti.

La lettura di 30 righe, secondo i ritmi televisivi, non dovrebbe occu-pare uno spazio superiore ai due minuti. Dal momento che il presi-dente Andreotti, stando a quanto abbiamo sentito, ne sarebbe uscito pulito quasi come un giglio, non dovrebbe esserci alcuna difficoltà ad accogliere questa richiesta, consentendo così finalmente a milioni di italiani di sapere cosa abbia davvero scritto la corte d’appello a pro-

posito degli intrecci tra mafia e poltica e sulle relazioni pericolose che hanno pesantemente inquinato e condizionato la storia di questo mez-zo secolo. Attenderemo fiduciosi per qualche giorno, poi quelle trenta righe le pubblicheremo sul nostro sito e così sarà più facile capire per quale ragione si è preferito evitare il contraddittorio.

Giuseppe Giulietti

Portavoce di Articolo21

Articolo 3: estratto sentenza Andreotti Corte di Cassazione*

7 - Le conclusioni della Corte d'Appello A questo punto la Corte di Appello ha tratto le proprie conclusioni definitive, affermando che un'autentica, stabile e amichevole disponibilità dell'imputato verso i mafiosi non si era protratta oltre la primavera del 1980, dal momen-to che eventuali e non compiutamente dimostrate manifestazioni di disponibilità personale successive a tale periodo erano state sempli-cemente strumentali e fittizie, comunque non assistite dalla effettiva volontà di interagire con i mafiosi anche a tutela degli interessi delta

organizzazione criminale; anzi, in termini oggettivi, era emerso un sempre più incisivo impegno antimafia, condotto dall'imputato nella sede sua propria dell'attività politica, per cui, in relazione al periodo in questione, ad onta degli elementi sopra evidenziati, l'impugnata statuizione assolutoria, che aveva negato un'adeguata prova della contestata condotta associativa, doveva essere confermata. La Corte territoriale è, invece, pervenuta a conclusioni difformi con riferimento al periodo precedente, avendo ritenuto la sussistenza: 1) di amichevoli

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e anche dirette relazioni del sen. Andreotti con gli esponenti di spicco della ed. ala moderala di Cosa Nostra, Stefano Bontate e Gaetano Badalamenti, propiziate dal suo legame con l'on. Salvo Lima ma anche con i cugini 38 Antonino e Ignazio Salvo, essi pure, peraltro, organicamente inseriti in Cosa Nostra; 2) di rapporti di scambio, atteso che dette amichevoli relazioni avevano determi-nato il generico appoggio elettorale alla corrente andreottiana, anche se non esclusivo e non esattamente riconducibile ad una esplicitata negoziazione e non riferibile precisa-mente alta persona dell'imputato; 3) del solerte attivarsi dei mafiosi per soddisfare, ricorrendo ai loro metodi, talora anche cruenti, possibili esigenze - di per se non sempre di contenuto illecito - dell'imputato o di amici del medesimo, 4) della palesata disponibilità e del manifestato buon apprezzamento del ruolo dei mafio-si da parte dell'imputato, frutto non solo di un auten-tico interesse personale a mantenere buone relazioni con essi, ma anche di una effettiva sottovalutazione del fenomeno mafioso, dipendente da una inadeguata comprensio-ne - solo tardivamente intervenuta - della pericolosità di esso per le stesse istituzioni pubbliche e i loro rappresentanti; 5) della trava-gliata, ma sintomatica, interazione dell'imputato con i mafiosi nella vicenda Mattarella, risoltasi, peraltro, nel drammatico falli-mento del suo disegno di mettere sotto controllo l'azione dei suoi interlocutori ovvero, dopo la scelta sanguinaria di costoro, di tenta-re di recuperarlo, promuovendo un definitivo, duro chiarimento, rimasto infruttuoso per l'atteggiamento arrogante assunto da Bon-tate. La Corte ha, quindi, valutato giuridicamente i comportamenti dell'imputato al fine di verificare se gli stessi integrassero, o meno, la contestata partecipatone all'associazione criminale. Ha dichiara-to estinto il delitto di associazione per delinquere (capo a della rubrica), essendo decorso, dalla primavera del 1980, un lasso di tempo ampiamente superiore al termine prescrizionale di legge; del resto esso si sarebbe prescritto anche considerandolo commes-

so, come addebitato, fino alla vigilia della introduzione del delitto di associazione maliosa (23 settembre 1982), posto che si sarebbe dovuta escludere l'aggravante di cui al comma 4 della disposizione ineri mina-trice non essendo stata la stessa, in punto di fatto, ritualmente contesta-ta, poiché non è sufficiente, all'uopo, ascrivere, come era stato fatto, all'imputato l'appartenenza ad un'associazione per delinquere generica-

mente armata, atteso che "in tema di associazione a delinquere aggra-vata ai sensi del 4 comma dell'art. 416 c.p., perché sussista la circo-

stanza aggravante della "scorreria in armi" è necessario che la condotta si connoti per un aumentato pericolo dell'ordine

pubblico e per un particolare allarme sociale; tali ca-ratteristiche sussistono allorché gli associati "scorrono"

in armi le campagne e le pubbliche vie col proposito di realizzare le condotte criminose che si riveleranno possi-

bili, con correlate azioni di depredazione, grassazione e soverchierie, mentre non è sufficiente che essi possiedano sta-bilmente delle armi, debitamente occultate, e che per la com-missione dei singoli reati fine effettuino con esse spostamenti

da luogo a luogo" (Cass. sez. V, 3.5.2001 n. 32439, Madonna; in senso analogo cfr. Cass. sez. VI, 23.1.1998 n. 265, Trisciuoglio).

E’ calato il silenzio sul caso Orlandi. Nuovamente. Dopo le rivela-zioni di un supertestimone e la riapertura delle indagini lo scorso giugno, il ritrovamento dell’auto del sequestro in agosto, non si parla più della 15enne figlia di un funzionario vaticano scomparsa a Roma il 23 giugno del 1983. E a quanto pare la salma di Enrico “Renatino” De Pedis, anche detto il “dandi”, resta tumulata nella basilica di Sant’Apollinare.

Lo scorso ottobre quattro busti raffiguranti boss della banda sono stati piazzati all’Eur, trovata infelice da marketing aggressivo per lanciare la serie tv “Romanzo criminale”, in onda su Sky. Per il resto silenzio.

Eppure le rivelazioni choc di Sabrina Minardi (ex moglie del cal-ciatore Bruno Giordano e per anni amante di De Pedis) hanno spinto i magistrati romani a riaprire le indagini. La Orlandi sarebbe stata rinchiusa nel sotterraneo di un’abitazione in via Pignatelli, a due passi da piazza Ravizza. E successivamente uccisa e gettata in una betoniera a Torvaianica.

La ragazza sarebbe stata rapita su ordine di monsignor Marcinkus, all'epoca presidente dello Ior, a scopo intimidatorio. De Pedis avrebbe riciclato parecchio denaro attraverso il potente presidente dello Ior, la banca del Vaticano. Un nome che riporta all’omicidio Calvi, con alcuni protagonisti che ritornano nella vicenda Orlandi.

Una telefonata anonima alla redazione di “Chi l’ha visto?” (nel 2005) aveva lanciato la pista Sant’Apollinare: secondo l’informatore i resti della 15enne si troverebbero nella tomba dello

stesso De Pedis. Un caso nel caso. Il “dandi” è stato infatti sepolto nella basilica, seguendo un percorso sin-golare: nel ’90 è stato tra-sferito dal cimitero del Verano con procedura ecce-zionale, cioè su decisione autonoma della Chiesa. Il rettore della basilica, l’amico dei De Pedis, don Pietro Vergari, si rivolse al vicario di Roma e il cardinale Ugo Poletti autorizzò il trasferimento del feretro perché "Enrico De Pedis è stato un grande benefattore dei pove-ri". Il caso fu sollevato dal sindacato di polizia nel ’97, con grandi pole-miche.

Alla riapertura delle indagini, la scorsa estate, si è fatta concreta l’ipotesi di ispezionare la tomba. E la famiglia ha annunciato l’intenzione di far cremare e trasferire altrove i resti di De Pedis.

Ultimo colpo di scena alla vigilia dello scorso Ferragosto: il ritrova-mento della Bmw 745i grigio scura che secondo la supertestimone sarebbe stata utilizzata per il sequestro Orlandi. Da anni quell’auto era abbandonata nel parcheggio sotterraneo di Villa Borghese. E ancora: il primo proprietario sarebbe stato Flavio Carboni, imprenditore coinvol-to nell’affaire Calvi. A quando la prossima puntata?

Caso Orlandi, è calato di nuovo il silenzio

Monsignor Marcinkus

*Suprema Corte di Cassazione, Sezione Seconda Penale, sentenza n.49691/2004 (Presidente: G.M. Cosentino; Relatore: M. Massera) Depositata in Cancelleria il 28 dicembre 2004.

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Radiomafiopoli

Lo dice chiaro il suo spot: "disonorarli è una questione d'o-nore". L'onore quello vero, s'intende. E una volta erano i Tano seduto (Badalamenti) i Buscetta, i Riina e i Provenza-no che venivano da Corleone e oggi sono gli Aiello & Co., imprenditori, politici, portaborse, garanti di latitanze eccel-lenti. E' cambiata Cosa nostra ma alcune cose sono nel suo Dna e Radiomafiopoli sembra pronta a colpire duro. La neoweb radio, si ispira trent'anni dopo all'esperienza di Ra-dio Aut e rinasce sotto nuove spoglie per sbeffeggia-re mafiosi e corrotti. Principali animatori saranno Pino Ma-niaci (Telejato), Giulio Cavalli (autore teatrale) e Salvo Vitale (ex Radio aut).

"L'obiettivo è sfotterli dichiara Pino Maniaci - intervistato dal servizio Tg3 notte - ovvero quello che Maniaci ha ini-ziato a fare da alcuni anni, fra una denuncia e una querela dagli schermi di Telejato a Partinico, non lontano da Cinisi. Il motto di Radiomafiopoli si rifà direttamente all'esperien-za che fu di Peppino Impastato e dei ragazzi di Cinisi negli anni '70 - e Salvo Vitale, amico e compagno di Peppino Impastato, oggi commenta così la nascita di questo proget-to: "se c'è una cosa che i mafiosi non perdonano è essere presi per il culo, o essere trattati da canovacci, è quello che facevamo a Radio Aut, ed è quello che ci auguriamo faccia anche questa nuova radio su web".

E viene da pensare: se ci fosse stato il web ai tempi di Pep-pino Impastato, chissà cosa sarebbe riuscito ad inventarsi quel ragazzo di Cinisi che per primo ruppe il muro di un silenzio assordante che soffocava la sua terra.

E che c'entra la Rete con l'antimafia, diranno alcuni? Con-vergono, per fortuna, pare convergano.

www.radiomafiopoli.org

La parola, la voce, la musica, la lettura e l’ascolto. Queste sono le parole chiave del nostro sito. E alloraab-biamo dato voce a tante parole che non l’avevano, a tante musiche, suoni che esistevano ma non potevano essere ascoltati.

Da oggi si può! - Si può fare radio cronaca - Si può fare musica on line - Si può fare un audio libro - Si può leggere per farsi ascoltare - Si può raccontare perché gli altri sappiano - Si può dire perché si sappia. Si può

Oggi si può. Come promesso alcuni mesi fa, da un'idea del regista Francesco Anzalone (www.ideeradio.it) è nata Yes radio (www.yesradio.it) Un nuovo modo di intendere il rapporto fra suoni, parole e imma-gini. Uno spazio di sperimentazione libero e eterogeneo. Un contenitore aperto al pubblico e non solo agli "addetti al setto-re". "Yes radio è nata - commenta Anzalone - ora sarete voi a farlo diventare quel contenitore pieno di suggestioni che ci imma-giniamo. Qui cercheremo di capire insieme a voi - continua l'ide-atore - quale radio vogliamo, come vogliamo che siano realizzate le interviste, i programmi di varietà, le letture di prosa e poesia, la cronaca". In cosa consiste? Uno spazio su web aperto alla creazione dei contenuti (dal basso potremmo dire) nessuna gerarchia, nè filtri. Uniche risorse richieste: un registratore (ormai registrano anche i telefonini), un programma di editing (si trovano gratuitamente su internet), delle idee e un po’ di pazienza. La possibilità di creare il vostro prodotto radiofonico, riascoltarlo, modificarlo e condividerlo con tutti gli altri utenti è l'idea base di questo progetto che porta in sé una straordinaria forza di tipo sug-gestivo ma soprattutto strettamente legata alla libertà di informa-zione. Il sito è suddiviso per praticità in temi (dalla musica, alle intervi-ste, ad altro) e consentirà a chiunque volesse di far uscire conte-nuti e suoni che altrove potrebbero trovare censure o limitazioni. Una radio creata dagli utenti, e un microfono potenzialmente a-perto su tutti i territori. Per noi di Libera Informazione uno stru-mento efficace per dare "voce" e "suono" alle regioni occupate dalle mafie, per voi lettori la possibilità di prendere la parola e metterla in circolo. Oggi sarà possibile condividere emozioni, parole e suoni, ma anche denunce e commenti da Torino a Bari, da Palermo a Venezia, con un semplice click e poche operazioni che consentono l'identificazione e la pubblicazione sul sito. "Già qualcuno - conclude Anzalone - ha immesso dei suoni sul sito, ed è affascinante notare come già si intravedano gusti, tendenze, curiosità, interessi socio-politici. Speriamo che questa macchina piaccia anche a voi, come è piaciuto a noi pensarla e renderla operativa". Aspettiamo i vostri suoni!!! (www.yesradio.it).

Liberare i suoni e...l’informazione

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Recensione: Colletti sporchi

Il titolo rimanda già alle conclusioni: è la zona grigia dei colletti spor-chi la vera questione italiana. Quel sistema omogeneo tra mafiosi e imprenditori, massoni e uomini delle istituzioni, politici e giudici. Un sistema che si intravede in tutti i grandi misteri della Repubblica e che il potere giudiziario non riesce a scalfire. Tanto che Luca Tescaroli, il magistrato che ha portato alla sbarra esecutori e mandanti della strage di Capaci e che adesso indaga sull’omicidio Calvi, ha dovuto scrivere un libro per rivelare alcuni retroscena ignorati dalla grande stampa del Paese: le carte parlano chiaro, tanti e troppi elementi di indagine sui mandanti occulti delle stragi portano dritti a Silvio Berlusconi e Mar-cello Dell’Utri.

Un’inchiesta a tutto tondo quella condotta dal giornalista e scrittore Ferruccio Pinotti e dal giudice veneto, attraverso i tre livelli della bor-ghesia criminale. Quello delinquenziale, tartassato dalle operazioni di polizia. Il livello di vertice delle mafie, anch’esso duramente colpito dalle indagini delle Dda d’Italia (soprattutto Cosa nostra). E infine il terzo livello, la borghesia mafiosa, o come suggerisce Antonio Ingroia (un altro pm in prima linea nella trincea Sicilia) borghesia tout court. Una borghesia “debole” che da sempre privilegia le trame occulte alla democrazia, gli affari sporchi alla libera concorrenza, il privilegio sistematico alle regole. Attraverso il riciclaggio, la gestione degli ap-palti, le infiltrazioni nell’economia, la sovranità su politica e informa-zione, i poteri si saldano.

E la mafia è solo un elemento dell’ingranaggio, forse neanche il più potente e pericoloso. Tescaroli, narrando della sua quasi decennale esperienza nella procura di Caltanissetta (che per competenza ha inda-gato sulle stragi di Capaci e via D’Amelio) pone un quesito inquietan-te. Perché tutte le indagini sul primo e secondo livello di Cosa nostra sono andate in porto, ergastoli su ergastoli, fino all’azzeramento della cupola, mentre le indagini sui mandanti occulti si sono arenate? O meglio: sono state letteralmente ostacolate?

Ecco il retroscena: gli ultimi due atti di Tescaroli a Caltanissetta sono stati una relazione per motivare il suo diniego all’incriminazione per calunnia di Filippo Alberto Rapisarda (che parlò dell’ingresso del boss Stefano Bontate come socio occulto di Berlusconi negli anni ‘70), e la richiesta di archiviazione per le indagini sui mandanti occulti delle stragi. Un caso spinoso. Secondo i pm Tescaroli, Anna Palma e Anto-nino Di Matteo, i pentiti Giovanni Brusca e Salvatore Cancemi avreb-bero fornito elementi certi e convergenti sulle stragi, sui mandanti e sui mandanti occulti. Le indagini coperte su Berlusconi e Dell’Utri proseguirono fino all’ottobre del 2000, senza giungere ad un punto fermo. Ecco che si rese necessaria l’archiviazione. Tescaroli, ormai rimasto solo a Caltanissetta, scrisse la richiesta motivandola però con l’insufficienza delle prove. Ma il procuratore capo Giovanni Tinebra, lo stesso che sostenne Tescaroli e gli altri pm durante i processi al gotha di Cosa nostra, bocciò la linea. Arrivò una seconda versione, anch’essa bocciata e riscritta da Tinebra in chiave pienamente liberato-ria. Stessi giudici, stessi pentiti, medesime risultanze d’indagine, due pesi diversi.

Che un magistrato debba tener fede al proprio dovere scrivendo un libro è già il sintomo del degrado civile della nazione. I tanti magistrati ascoltati da Pinotti suggeriscono riforme, leggi più efficaci, chiedono garanzie e chiamano la società civile alla mobilitazione. Ognuno deve fare la propria parte fino in fondo, è il messaggio. Però tutti convergo-no su un elemento: il primato della politica. E di questione morale i colletti sporchi sembra non ne vogliano sentir parlare.

Ferruccio Pinotti – Luca Tescaroli

Bur - euro 12 - 463 pagine

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Buongiorno Lotti, cosa pensa della decisione di Israele di ritirare le truppe dalla striscia di Gaza?

I passi che fermano la guerra sono sempre positivi. Purtroppo al ritiro non è seguito alcun accordo con Hamas. L'assenza di veri e propri accordi spingerà di nuovo ad azioni belliche. La situazione è, quindi, molto precaria e le possibilità che tutto precipiti nuovamen-te, a breve, sono estremamente alte. Se vogliamo cercare un'altra lettura del ritiro, questo può essere visto anche come il risultato di una pressione da parte degli Stati Uniti d'America.

Gli Stati Uniti che nel “Nuovo Corso” di Obama potrebbero essere mediatori significativi, divenendo insieme all'Europa quel terzo polo che permetterebbe il dialogo. Siamo prossimi a questo scena-rio?

Per ora la creazione di questo terzo polo mediatore rimane solamen-te una speranza. Anche da parte degli Stati Uniti d'America le scelte del negoziatore del Medio Oriente e le prime dichiarazioni presiden-ziali sono tutte prudenti, molto prudenti. E devono essere invece molto più coraggiose. Serve una grande responsabilità da parte di tutti. Ancora questa responsabilità non si vede.

La proclamazione unilaterale della tregua da parte di Israele, così come l'inizio delle ostilità, aldilà degli effettivi positivi immediati, nasconde un disconoscimento del dialogo?

Si, la situazione è da leggere così. Il dialogo non esiste. In tutti gli anni dal 2000 in poi, ma già a partire dalla fine degli anni Novanta, il famigerato dialogo tra Israele e palestinesi è sempre stato una cosa inconsistente. Più una parola che abbiamo evocato. Ma sistematica-mente Israele ha sempre mostrato la volontà di perseguire un'unica via in risposta a questa gravosa situazione, quella della guerra.

In questi giorni anche lo scrittore David Grossman ha ipotizzato un dialogo che tenga conto anche di Hamas come interlocutore, pensa che sia possibile, e in che modo?

Io penso che innanzitutto affinchè di vero dialogo si parli e non di un qualcosa di retorico, siano fondalmente tre le azioni che si devo-no intraprendere. Innanzitutto che Israele intraprenda un vero, e sottineo vero, negoziato con l'Autorità Palestinese. In secondo luogo che vengano aperti tutti i valichi per portano alla Striscia e non sola-mente quelli con l'Egitto. E in ultima battuta che si lavori per la riconciliazione palestinese. Affinchè non ci siano più quelle divisio-ni tra palestinesi buoni vittime e palestinesi cattivi, terroristi che uccidono. E lo stesso anche per Israele, dove troviamo frange an-che molto estreme che inneggiano alla deportazione dei palestinesi o si augurano un bombardamento atomico su Gaza. Quanto succede a Gaza ha mostrato fin da subito “problemi di metodo” a livello politi-co. Questo anche dal punto di vista mediatico, una guerra raccontata in modo improbabile vista l'assenza degli organi di stam-pa.. Purtroppo questa è una situazione simile a quella che si è vissu-ta in Iraq e in Afghanistan. Si sa molto poco di quelle e queste orri-bili realtà. Inoltre qui siamo in una situazione molto particolare con Israele che ha potuto, per la conformazione e lo status geopolitico in questione, mettere un vero e proprio blocco all'ingresso dei giornali-sti a Gaza. Una situazione più unica che rara, ma con notevoli simi-litudini con altre situazione di guerra “mediaticamente” negata.

Un primo modo di mettersi in gioco l'abbiamo avuto sabato, con la manifestazione di Assisi che ha portato la Tavola della Pace a formulare tre iniziative di sostegno, quali sono?

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Internazionale: intervista a Flavio Lotti Dal dibattito di Assisi abbiamo tirato fuori tre proposte. La prima è quella di organizzare in ogni città dei coordinamenti di persone che vogliono la pace in medio Oriente. Costituire in ogni città un comitato per la pace dove enti locali e associazioni che condividono l'Appello di Assisi "Dobbiamo fare la nostra scelta" possano lavorare assieme per coinvolgere e sensibilizzare la popolazione, promuovere una poli-tica e un'informazione di pace e praticare una solidarietà fattiva. Que-sto anche per dare un segno forte per cambiare la politica italiana in Medio Oriente, indirizzata a un appoggio a Israele senza le dovute analisi del caso. In secondo luogo una campagna economica di soste-gno per i bambini di Gaza. L'obiettivo è raccogliere i fondi necessari per realizzare insieme quanto sarà possibile per alleviare immediata-mente le loro sofferenze, per curare i feriti, per aiutarli a superare il trauma terribile che stanno vivendo e a ritornare a sognare un futuro migliore. L'ultimo punto molto importante è quello di organizzare una missione in Medio Oriente, per andare tutti insieme a Gerusalemme, in Israele e nei Territori Palestinesi Occupati. Per andare incontro alle vittime di questa tragedia senza fine, ai due popoli, di persona per conoscere e per capire.

Una posizione critica anche nei confronti dei media italiani, che non si sono distinti per la qualità dell'informazione?

Pensiamo sia molto importante dare una sterzata all'informazione, un mese fa o poco più eravamo in viale Mazzini per chiedere maggiore e più accurata attenzione su determinate tematiche. Ora bisogna insiste-re su questa strada perchè il modo con cui si parla di questi temi e di questa situazione è inacettabile. Una situazione, quella di Gaza, assai dura anche in questa fase di silenzio bellico.. Questo è molto impor-tante. Ricordare che Gaza vive uno stato di occupazione che prescin-de dalla situazione bellica.

Quindi senza l'intervento del mediatore, del terzo, del coordinatore del dialogo, il futuro tra le due parti sarà sempre quello di una guer-ra ?

Assolutamente si. Non dimenticando infatti questa situazione di con-tinua occupazione della striscia non si può che arrivare alla conclusio-ne che senza un attivo dialogo la pace sia molto lontana. Vi è una disperazione crescente anche in Cisgiordania e molti osservatori inter-nazionali assicurano che se vi fossero elezioni non vincerebbero i moderati palestinesi ma nuovamente gli estremisti di Hamas. Senza dialogo il futuro è ancora quello della guerra, ancora più dura e cruen-ta.

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Presentato stamani a Roma presso la Federazione nazionale della Stampa il dossier di Libera in merito ai dati resi noti dell’agenzia dell’Onu sul traffico internazionale di Cocaina. Dentro si scoprono numeri sballati, conti che non tornano e tante domande senza una risposta. Ne abbiamo parlato con Sandro Donati, autore del dossier "Coca nera", per capire perchè agenzie internazionali falsano dati su produzione e sequestro di Cocaina nel mondo. Come si è arrivati al dossier "Coca nera"? Dopo anni di attenta analisi dei dati forniti dalle dall’Onu mi sono accorto di alcune anomalie: i dati della produzione au-mentavano, poi diminuivano e poi tornavano nuovamente alti. Qualcosa non andava e ho deciso di occuparmene. Cosa ha scoperto analizzando i dati ufficiali degli ultimi anni? Ho capito che questa correzione dei dati era nata per supporta-re il cosiddetto "Plan colombia", lanciato e studiato dagli ame-ricani (proprio nel 2001 infatti accade che l'Onu rivaluti la produzione di cocaina da parte della Colombia proprio per giustificare l' utilità del Plan). Lo fa raddoppiando le sue stesse stime precedenti, dunque da 300 passa a 695 scoprendo a tavo-lino la "bomba colombiana". Negli anni successivi quando il piano è entrato in azione, l'Onu ha imboccato la strada della discesa per far vedere che il Plan colombia aveva dato i suoi frutti. I numeri sono dunque tornati da 695 a 390. Nel frat-tempo però i sequestri di cocaina nel mondo hanno raggiunto quasi il livello della stima della cocaina prodotta fornita dall'Onu. L'agenzia finisce dunque per inserirsi in un vicolo cieco. E consente di scoprire che i dati sin ora forniti inaffida-bili; nel frattempo però ho deciso di portare avanti il mio stu-dio. Nuovi numeri sul traffico di Cocaina? Esatto. Considerando falsati i dati ufficiali ho deciso di lavora-re sulla realtà produzione di Coca nel mondo. Così, mentre l'Onu basa le sue stime su un sistema di rilevazione satellitare (costoso e una tantum) attraverso le immagini io invece l'ho tarato in relazione al suolo. Ovvero: i corpi militari colombiani ogni qual volta scoprono un laboratorio clandestino ne danno comunicazione ufficiale sui loro portali on line. Consultando e monitorando questi siti è stato possibile creare un data base gigantesco, complesso, attraverso cui si scopre che la quantità di Cocaina prodotto al mese è pari a quello che sin ora l'Onu stima su un intero anno! Perchè? è plausibile pensare che queste stranezze siano an-che dovute ad una continguità fra gli interessi della criminali-tà organizzata che opera nel narcotraffico e alcuni appartati internazionali "istituzionali"? Non solo è possibile, ma al termine della mia inchiesta possia-mo dire che il traffico della Cocaina è "anche" gestito dalla criminalità organizzata. E' certo che senza il sostegno non chiaro, ambiguo, nascosto degli apparati istituzionalim di per sè il narcotraffico non arriverebbe ad avere tutto questo potere a livello internazionale.

Adesso resta da capire se gli organismi responsabili, i media e la società civile vorranno o meno fare i conti con queste verità. Altrimenti - come commenta Sandro Donati - " se queste cir-coscritte e documentate prove non saranno sufficienti a smuo-vere questo sistema che alimenta il traffico di droga nel mon-do, vorrà semplicemente dire che ci siamo meritati gli organi-smi internazionali attuali. E le loro bugie ancora una volta nate e cresciute per scopi politici e economici.

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Il dossier "Coca Nera"

Documenti:

Dossier "Coca Nera"

Il Dossier "Coca Nera".

I traffici illeciti di Cocaina nel mondo

Sul sito:

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Appuntamenti

Il seminario - organizzato sotto il patrocinio della Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università degli Studi di Paler-mo, in collaborazione con l'Ufficio dei Referenti per la Formazione professionale del Distretto di Palermo del Consiglio Superiore della Magistratura e con l'Associazione Nazionale Magistrati - giunge quest'anno alla sua seconda edizione. L'ini-ziativa ripropone un'occasione di confronto tra operatori del diritto, imprenditori e studiosi del fenomeno mafioso, con l'obiettivo di elaborare nuovi e più adeguati paradigmi sui processi di trasformazione in atto nel mondo della criminalità organizzata, a li-vello nazionale e internazionale. Gli incontri 14 gennaio 2009, Facoltà di Scienze della Formazione, Albergo delle Povere, C.so Calatafimi - Palermo Poteri occulti, criminalità e istituzioni Interventi: dr Livio Pepino, prof. Aldo Giannuli 21 gennaio 2009, Facoltà di Scienze della Formazione, Albergo delle Povere, C.so Calatafimi - Palermo Formare alla legalità: la diffusione di buone prassi sul territorio Interventi: don Luigi Ciotti, dr Maurizio Gentile, prof. Anna Maria De Filippi 28 gennaio 2009, Facoltà di Scienze della Formazione, Albergo delle Povere, C.so Calatafimi - Palermo Poteri criminali e libertà dell'informazione Interventi: prof. Alessandra Dino, prof. Claudio Riolo, dr Maurizio Torrealta 4 febbraio 2009, Facoltà di Scienze della Formazione, Albergo delle Povere, C.so Calatafimi - Palermo Il riciclaggio dei capitali illeciti Interventi: dr Antonio Ingroia, dr Donato Masciandaro, dr Giovanni Ilacqua 9 febbraio 2009, Facoltà di Scienze della Formazione, Albergo delle Povere, C.so Calatafimi - Palermo Reti criminali e democrazia Interventi: dr Gian Carlo Caselli, prof. Alfio Mastropaolo 7 marzo 2009, Aula "Falcone Morvillo Borsellino", Palazzo di Giustizia di Palermo Convegno di studi su "Il crimine dei colletti bianchi come sfida alla democrazia" Interventi: prof. Fabio Armao, dr Antonio Balsamo, prof. Jean Louis Briquet, dr Walter Fanganiello Maierowitch, dr Guido Lo Forte, dr Francesco Messineo, dr Gioacchino Natoli, prof. Vincenzo Ruggero, prof. Ernesto Savona. Organizzazione e coordinamento: Prof. Alessandra Dino [email protected] - Dr Antonio Ingroia [email protected] Organizzazione e Segreteria: Dr Marilena Macaluso [email protected] Dr Clara Cardella [email protected] Dr Giusi Tumminelli [email protected] Dr Giuseppe Intilla [email protected]

Ritorna l’angolo consueto con la rassegna stampa dei primi dieci giorni di questo 2009. Anno che si apre con non poche novità sul versante repressivo della lotta alla criminalità organizzata, su quello costruttivo del lavoro di antimafia e di denuncia. Il 2008 aveva chiuso i battenti con alcune importanti notizie arrivate dalla Sicilia (arrestati più di 90 uomini di Cosa nostra che volevano rifondare la “Commissione”) il 2009 apre con due fatti importanti che rigudano Calabria e Campania e toccano ancora la Sicilia. Dall'arresto di Parrello a quello di Seto-la, dalla rivolta contro il racket alle difficoltà dei Testimoni di Giustizia. Nell'isola invece smantellato il mandamento di Partinico (16 arresti nella giornata di mercoledì) e nel nis-seno importanti fermi (24) per il clan Madonia, coinvolto anche un politico dell'Mpa, pre-sidente della Provincia di Caltanissetta.

Rassegna stampa