Urbanistica Informazioni #209

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Aperture Urbanistica eventi Francesco Sbetti, p. 3 I progetti delle Fondazioni bancarie per le città a cura di Sandra Vecchietti, Valentina Cosmi, p. 5 Le fondazioni di origine bancaria per lo sviluppo territoriale Antonio Rigon, Francesco Sbetti, p. 6 Due progetti per la città di Alessandria Gianfranco Pittatore, p. 8 Palazzo Santa Margherita: grande cantiere per la cultura Studio Cuppini e Associati p. 10 Il primo Centro Ricerche in Medicina Rigenerativa d’Europa ZPZ Partners, p. 11 Progetto di restauro di “Porta Grande” in Foggia Cinzia Nardelli, Marilena Dembech, p. 12 San Cristoforo alla Certosa: restituzione di una storia Arianna Zucchi, p. 14 Restauro dell’ex chiesa di San Domenico in Fano Mario Luigi Severini, p. 16 Restauro del complesso monumentale della Chiesa dei Servi in Lucca Elizabeth Franchini, Maurizio Silva, p. 17 Nuova sede della Fondazione Cassa di Risparmio della Spezia Roberto Tartarini, p. 19 Il recupero dell’area dell’Anfiteatro a Spoleto Giuliano Macchia, p. 20 Fondazione Cariverona per Verona Sud Nico Bolla, p. 22 Teate. Il disegno di una città Carlo Mezzetti, Pasquale Tunzi, p. 24 Rappresentazione e riscoperta dell’identità di Cesena Davide Trevisani, Donato Ricciotti Angelillo, p. 26 A margine della X Biennale Architettura di Venezia a cura di Michela Morante, p. 27 Impressioni di settembre (ovvero, che Biennale è mai questa?) Mosè Ricci, p. 29 Ma serve l’architettura? Giorgio Piccinato, p. 31 Ambizioni e ambiguità della Biennale di architettura Marcello Balbo, p. 33 Piani e politiche urbane PERIFERIE IN EUROPA Zone urbane sensibili in Francia Manuela Ricci, p. 37 Olanda: il caso di Zuidwijk a Rotterdam Valeria Di Palma, p. 38 Dalla Spagna proposte e modi di intervento per le periferie Laura Forgiane, p. 42 POLITICHE ABITATIVE IN ITALIA Prospettive delle politiche abitative Rosario Manzo, p. 57 Le misure di risposta al fabbisogno abitativo Stefano Novello, p. 60 Fondi immobiliari per l’housing sociale e la riqualificazione urbana Barbara Rigamonti, p. 63 Ambiente e territorio ESPERIENZE DI PIANIFICAZIONE PAESAGGISTICA a cura di Andrea Filpa, p. 67 La Provincia di Prato Daniele Mazzetta, p. 67 L’iniziativa della Regione Abruzzo Andrea Chietini, Raffaella Molinari, p. 69 Il paesaggio negato Giancarlo Poli, Patrizia Mantovani, p. 70 una finestra su: Mosca a cura di Marco Cremaschi, p. 73 Il “miglio d’oro” di Ostozhenka Fabiola Fratini, p. 73 Tre domande a Olga Vendina Fabiola Fratini, p. 75 In rassegna: le nuove ineguaglianze Natasa Avljias, p. 76 Opinioni e confronti Le fattorie sociali, un nuovo strumento di welfare nel paesaggio extraurbano Biancamaria Rizzo, p. 78 Lotta all’egemonia della rendita Alessandro Cavalieri, p. 80 Residenze Universitarie e periferie Olimpia Niglio, p. 83 Eventi PREMIO “IL NETTUNO DOROBologna come laboratorio dell’urbanistica di Campos Venuti Patrizia Gabellini, p. 86 Il pragmatismo operativo e la tensione ideale Giuseppe Campos Venuti, p. 88 Governo e gestione dei processi urbani Gianfranco Buttarelli, Augusto Ruggia, p. 90 Atessa: per la rinascita di un centro storico Giulia Agusto, p. 92 Assurb 6° Premio europeo di Pianificazione urbana e regionale Ceu Enrico Fontanari, p. 93 Libri ed altro, p. 94 Urbanpromo Le finalità e il target di Urbanpromo, p. 43 Urbanpromo 2006: le novità e gli obiettivi Mila Sichera, p. 50 Grandi infrastrutture e strategie locali di governo del territorio Franco Migliorini, Marco Pompilio, p. 52 Urban Center: una casa di vetro per le politiche urbane Bruno Monardo, p. 53 Sommario Sommario

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Urbanistica Informazioni

Transcript of Urbanistica Informazioni #209

Aperture

Urbanistica eventiFrancesco Sbetti, p. 3

I progetti delleFondazioni bancarie per le città

a cura di Sandra Vecchietti,Valentina Cosmi, p. 5

Le fondazioni di origine bancariaper lo sviluppo territorialeAntonio Rigon, Francesco Sbetti, p. 6

Due progetti per la città di AlessandriaGianfranco Pittatore, p. 8

Palazzo Santa Margherita:grande cantiere per la culturaStudio Cuppini e Associati p. 10

Il primo Centro Ricerche in MedicinaRigenerativa d’EuropaZPZ Partners, p. 11

Progetto di restauro di “Porta Grande”in FoggiaCinzia Nardelli, Marilena Dembech, p. 12

San Cristoforo alla Certosa:restituzione di una storiaArianna Zucchi, p. 14

Restauro dell’ex chiesa di San Domenicoin FanoMario Luigi Severini, p. 16

Restauro del complesso monumentale dellaChiesa dei Servi in LuccaElizabeth Franchini, Maurizio Silva, p. 17

Nuova sede della Fondazione Cassadi Risparmio della SpeziaRoberto Tartarini, p. 19

Il recupero dell’area dell’Anfiteatro a SpoletoGiuliano Macchia, p. 20

Fondazione Cariverona per Verona SudNico Bolla, p. 22

Teate. Il disegno di una cittàCarlo Mezzetti, Pasquale Tunzi, p. 24

Rappresentazione e riscoperta dell’identitàdi Cesena Davide Trevisani,Donato Ricciotti Angelillo, p. 26

A margine della X BiennaleArchitettura di Venezia

a cura di Michela Morante, p. 27

Impressioni di settembre(ovvero, che Biennale è mai questa?)Mosè Ricci, p. 29

Ma serve l’architettura?Giorgio Piccinato, p. 31

Ambizioni e ambiguità della Biennaledi architetturaMarcello Balbo, p. 33

Piani e politiche urbane

PERIFERIE IN EUROPA

Zone urbane sensibili in FranciaManuela Ricci, p. 37

Olanda: il caso di Zuidwijk a RotterdamValeria Di Palma, p. 38

Dalla Spagna proposte e modi di interventoper le periferieLaura Forgiane, p. 42

POLITICHE ABITATIVE IN ITALIA

Prospettive delle politiche abitativeRosario Manzo, p. 57

Le misure di risposta al fabbisogno abitativoStefano Novello, p. 60

Fondi immobiliari per l’housing sociale e lariqualificazione urbanaBarbara Rigamonti, p. 63

Ambiente e territorio

ESPERIENZE DI PIANIFICAZIONE PAESAGGISTICAa cura di Andrea Filpa, p. 67

La Provincia di PratoDaniele Mazzetta, p. 67

L’iniziativa della Regione AbruzzoAndrea Chietini, Raffaella Molinari, p. 69

Il paesaggio negatoGiancarlo Poli, Patrizia Mantovani, p. 70

una finestra su: Mosca

a cura di Marco Cremaschi, p. 73

Il “miglio d’oro” di OstozhenkaFabiola Fratini, p. 73

Tre domande a Olga VendinaFabiola Fratini, p. 75

In rassegna: le nuove ineguaglianzeNatasa Avljias, p. 76

Opinioni e confronti

Le fattorie sociali, un nuovo strumento diwelfare nel paesaggio extraurbanoBiancamaria Rizzo, p. 78

Lotta all’egemonia della renditaAlessandro Cavalieri, p. 80

Residenze Universitarie e periferie Olimpia Niglio, p. 83

Eventi

PREMIO “IL NETTUNO D’ORO”Bologna come laboratorio dell’urbanisticadi Campos Venuti Patrizia Gabellini, p. 86

Il pragmatismo operativo e la tensione idealeGiuseppe Campos Venuti, p. 88

Governo e gestione dei processi urbaniGianfranco Buttarelli, Augusto Ruggia, p. 90

Atessa: per la rinascita di un centro storicoGiulia Agusto, p. 92

Assurb6° Premio europeo di Pianificazione urbana eregionale Ceu Enrico Fontanari, p. 93

Libri ed altro, p. 94

UrbanpromoLe finalità e il target di Urbanpromo, p. 43

Urbanpromo 2006: le novità e gli obiettiviMila Sichera, p. 50

Grandi infrastrutture e strategie locali digoverno del territorioFranco Migliorini, Marco Pompilio, p. 52

Urban Center: una casa di vetro per lepolitiche urbaneBruno Monardo, p. 53

SommarioSommario

00 Sommario (209) 26-10-2006 16:19 Pagina 1

Urbanistica QUADERNICollana di monografie

sulle attività di pianificazioneCollana di monografie

sulle attività di pianificazione

TITOLI PUBBLICATI DAL 1995

Il progetto preliminare del Prg di Reggio Emilia

Bonifica, riconversione, valorizzazione dei fiumiLambro, Seveso, Olona

La pianificazione territoriale e urbanistica nellaRegione Autonoma Friuli Venezia Giulia(esaurito)

Pianificazione d’area vasta.Paesaggi storici e nuove reti di città del Veneto(esaurito)

La proposta dell’Inu per la riforma urbanistica apartire dalla formazione della Legge del 1942

Prospettive perequative per un nuovo regimeimmobiliare

Strumenti e pianificazione nell’esperienzaregionale abruzzese (esaurito)

La pianificazione urbanistica come strumento dipolitica industriale. La variante del Prg di PortoMarghera (esaurito)

Consorzio del lodigiano. Trent’anni dipianificazione territoriale

Studi per il Pit delle Marche

Il tempo e la città fra natura e storia.Atlante di progetti sui tempi (esaurito)

Programma di riqualificazione della darsena diRavenna

Pip Regione Valle d’Aosta

Programma di riqualificazione della fasciaferroviaria del Comune di Modena

Il Prg di Piacenza

G. Mascino e Ancona

Piano dei tempi della città di Pesaro

Ppc della Provincia di Pesaro - Urbino

Pit della Regione Marche

Variante al Prg di Belluno

Ptp della Provincia di Venezia

Ptc della Provincia di Rimini

Ptc della Provincia di Macerata

Regione Veneto. Piani d’area vasta: Tonezza - Fiorentini, Quadrante Europa, Auronzo - Misurina, Fontane Bianche

Variante al Prg di Cremona

Preliminare al Prg di Vicenza

Pianificazione comunale in Toscana

Regione Veneto. Piani di area vasta: Delta del Po

Ptc della Provincia di Siena

La pianificazione del sistema delle aree protette delComune di Roma.

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Direttore Massimo Olivieri

SERIE ARCHIVIO 1999 - 2003

Il piano strutturale di CesenaIl Prit Emilia Romagna 1998-2010Riqualificazione della strada statale Marecchiese inProvincia di RiminiCesena: Prg e tutele ambientaliI parchi di riordino delle attività economiche nellaprovincia di Rimini Aree di protezione ambientale nella provincia diRimini

TITOLI RECENTI

N. 38 – 2003 (a cura di E. Rampiconi)Il Piano territoriale di coordinamento della Provinciadi Terni Pagine 144, illustrazioni b/n e colori, € 25,00N. 39 – 2003 (a cura di M. Fantin)Variante al Piano regolatore per i centri storici del Comune di Vittorio VenetoPagine 124, illustrazioni b/n e colori, € 21,00N. 40 - 2004 (a cura di S. Bolletti e G. F. Di Pietro)Il piano territoriale di coordinamento della provinciadi ArezzoPagine 184, illustrazioni b/n e colori, € 35,00N. 41 - 2004 (a cura di A. Bortoli e R. Manzo)Provincia di Venezia. La pianificazione territoriale e urbanistica per la sicurezza del territorioPagine 160, illustrazioni b/n e colori, € 30,00N. 42 - 2004 (a cura della Segreteria regionale alterritorio) Regione Veneto, provincia di Treviso.Piano d'area vasta. MontelloPagine 124, illustrazioni b/n e colori, € 25,00N. 43 - 2004 (a cura di F. Balletti e R. Bobbio)Il Piano territoriale della Regione LiguriaPagine 184, illustrazioni b/n e colori, € 30,00N. 44 - 2004 (a cura di M. Olivieri)Regione Umbria. Vulnerabilità urbana e prevenzioneurbanistica degli effetti del sisma: Nocera UmbraPagine196, illustrazioni b/n e colori, € 30,00N. 45 - 2004 Il piano territoriale di coordinamento della Provinciadi PistoiaPagine 136, illustrazioni b/n e colori, € 30,00N. 46 - 2006 Milano verso il pianoPagine 170, illustrazioni b/n e colori, € 40,00

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Info

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curatore che avrebbe mortificato iltradizionale appuntamento archi-tettonico, anche se, a chiusura deibattenti, si può ritenere checomunque questa edizione abbiaimposto a tutti (progetti, progettistie amministratori) la necessità direlazionarsi con i temi della cresci-ta, della mobilità e della sostenibi-lità ambientale. Questioni cheappartengono non solo alle macrometropoli, ma a tutte le nostregrandi e piccole città.Chiudendo questa agenda diappuntamenti mi sembra impor-tante mettere in evidenza, e inrelazione con le altre due iniziati-ve, il tema della riforma urbanisti-ca che caratterizzerà il convegnodi Firenze. Si ritiene infatti ormaiineludibile e indispensabile unalegge che incida profondamentenella pianificazione e nella gestio-ne della città e del territorio, unalegge di principi capace di supera-re l’ormai obsoleta legge del 1942,che, come ha sostenuto nelle con-clusioni al seminario di Roma ilpresidente Federico Oliva, riguardicompetenze e responsabilità dellapianificazione oltre a forma e con-tenuti dei piani.

Urbanistica EventiFrancesco Sbetti

ta la nuova e significativa (anchein termini di peso economico) pre-senza delle Fondazioni di originebancaria, che stanno assumendouna funzione, non solo di sostegnoagli enti locali attraverso l’attivitàdi granting, ma anche di veri epropri soggetti della trasformazio-ne territoriale attraverso gli inter-venti promossi direttamente. La rassegna UrbanPromo, con lasua ricca dotazione di convegni eseminari si qualifica sempre di piùcome l’occasione per gli operatoriprivati di “incontrare” le pubblicheamministrazioni e con queste veri-ficare la fattibilità e la sostenibilitàdei progetti. Se altri appuntamentiitaliani ed europei di marketingurbano intendono presentarsi comela vetrina delle occasioni per l’in-vestimento immobiliare, leggendoil programma di UrbanPromoemerge un diverso approccio che,marcandone il legame con l’IstitutoNazionale di Urbanistica, possiamodefinire come un tavolo di rifles-sione sulle opportunità di trasfor-mazione territoriale.La “Biennale della città” ha fattodiscutere molto e molti hannorifiutato l’approccio sociologico del

L’uscita di questo numero coincidecon tre importanti appuntamentiche Urbanistica Informazioniintende accompagnare offrendo ailettori altrettanti approfondimenti.Gli appuntamenti sono: la XBiennale di Architettura che chiudeil 19 novembre; la terza edizionedi UrbanPromo, l’evento annualedell’INU di marketing urbano e ter-ritoriale che si terrà a Venezia dal7 all’11 novembre; il seminariopromosso dall’INU con le Regioni aFirenze il 17 novembre sulla“Legge di Principi per il Governodel Territorio”.Si tratta di importanti occasioni perriflettere sullo stato delle città, deiterritori, degli attori coinvolti neiprocessi di trasformazione e deglistrumenti tecnici che gli operatoripubblici e privati dispongono.L’incrocio di questi eventi mette inevidenza come sul piano delle tra-sformazioni urbane e territorialisiano ormai attivi sempre più sog-getti con vecchi e nuovi progettiche portano anche ad un ridisegnodei ruoli, primo fra tutti quello trapubblico e privato, ma anche fraEnti. Particolarmente interessantenel panorama degli operatori risul-

ApertureAperture

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I progetti delle Fondazioni bancarie per le città

co acquisito e integralmente recuperato amuseo. Infine, un nuovo edificio destina-to ad accogliere un Centro di ricerca dimedicina rigenerativa è il progetto pro-mosso dalla Fondazione Cassa diRisparmio di Modena dove l’innovazionenon si limita alle funzioni da insediarema si estende al progetto architettonico.La maggiore presenza delle Fondazioninel mercato immobiliare si esprime anchenei progetti di social housing che alcunedi esse, come la Fondazione della Cassadi Risparmio di Alessandria, hannorecentemente avviato. Il problema dellacasa, che si manifesta soprattutto nelladifficoltà di reperire alloggi in affitto,trova in questi progetti un tentativo dirisposta: l’affitto versato dall’inquilino siconfigura infatti come un canone inferio-re rispetto ai valori di mercato ma anchecome rata di un mutuo. Alla scala urbanasi collocano invece: l’intervento dellaFondazione CariVerona, parte attiva nellatrasformazione di Verona sud, con unapartecipazione diretta ed esclusiva nellarealizzazione del Polo Culturale e unacompartecipazione nella realizzazione delPolo Finanziario; gli studi promossi dallaFondazione Cassa di Risparmio di Spoletopropedeutici alla realizzazione del proget-to d’intervento dell’area dell’Anfiteatroromano; il sostegno della FondazioneCassa di Risparmio della Provincia diChieti al progetto di valorizzazione del-l’antica Teate attraverso una analisi preli-minare delle stratificazioni storiche delsuo tessuto urbano; infine la FondazioneCassa di Risparmio di Cesena sostenittricedi un progetto di rilievo e archiviazionedei prospetti che costituiscono la scenaurbana del centro storico.

Negli ultimi anni le Fondazioni bancariehanno dimostrato un interesse sempremaggiore nel settore immobiliare tramitel’acquisizione e il restauro di complessimonumentali o la realizzazione di nuoviedifici destinati ad accogliere funzionipubbliche, di servizio e abitative. I contri-buti raccolti in questa sezione, restitui-scono un quadro significativo dell’opera-to delle Fondazioni bancarie per le cittàche spazia dalla dimensione architettoni-ca alla scala urbana. Tra i progetti archi-tettonici, assumono particolare rilevanzagli interventi finalizzati alla conservazio-ne e valorizzazione di edifici storici. LeFondazioni Banca del Monte di Foggia eCarife hanno sostenuto le spese per ilrestauro di due importanti monumenticittadini; le Fondazioni Cassa diRisparmio di Modena e Banco del Montedi Lucca hanno finanziato interventi incui al recupero di un edificio storico siaffianca la rifunzionalizzazione deglispazi interni a usi sociali, culturali oricreativi. Il contributo economico è, ingenere, concesso dalle Fondazioni inseguito all’individuazione di progettimeritevoli di immediata realizzabilità.In un secondo gruppo di casi il recuperodel patrimonio storico si affianca al con-testuale aumento patrimoniale delleFondazioni. È l’esempio della FondazioneCassa di Risparmio di Alessandria e dellaFondazione Cassa di Risparmio dellaSpezia che hanno scelto di acquistare unedificio storico della città da adibire allaloro nuova sede, destinando però unaparte degli spazi a nuovo luogo di aggre-gazione per le comunità locali. LaFondazione Cassa di Risparmio di Fano,infine, restituisce alla città l’edificio stori-

I progetti delle Fondazioni bancarie per le cittàa cura di Sandra Vecchietti e Valentina Cosmi

Info

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Le Fondazioni di origine bancaria sonoorganismi no profit che, con l’introdu-zione della legge 461/1998, hannosostanzialmente modificato sia lemodalità che i propri settori di inter-vento. Nel loro operare si è in partico-lare assistito ad una progressiva ridu-zione dei finanziamenti a pioggia afavore di una sempre maggiore con-centrazione degli investimenti verso larealizzazione di complessivi ed artico-lati progetti. Gli ambiti che la leggeindividua quali principali destinataridei loro investimenti riguarda alcunisettori ritenuti rilevanti: ricerca scien-tifica, istruzione, arte, conservazione evalorizzazione dei beni e delle attivitàculturali e ambientali, sanità e assi-stenza alle categorie sociali deboli, conuna maggiore possibilità rispetto alpassato di intervenire sugli immobili.Ciò ha consentito alle Fondazioni diestendere il campo d’azione nelrestauro, nell’architettura, nell’urbani-stica, nel sociale, assumendo un ruolodi rilievo nello sviluppo locale e diven-tando spesso protagoniste delle tra-sformazioni delle nostre città.Questa sezione, che accoglie parte deicasi presenti a Urbanpromo 2006, èesemplificativa di questo nuovo ruoloe diverso modo di operare delle Fon-dazioni rispetto al passato.

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I progetti delle Fondazioni bancarie per le città

La definizione generale di “fondazione”che la normativa civilistica accetta in tuttigli ordinamenti è rappresentata dallasemplice espressione un “patrimonio peruno scopo”. Si intende così una figuragiuridica nella quale il patrimonio sisepara dal suo naturale titolare per dive-nire autonomo soggetto giuridico indiriz-zato a un fine, lasciatogli dall’antico pro-prietario come unica ragione di vita.Pertanto le Fondazioni si sviluppanoobbligatoriamente sia nell’individuazioneoperativa dello scopo, sia nella gestionedel patrimonio indirizzata al raggiungi-mento dello scopo.Il primo punto parte dalla codificazionedello statuto, inteso come espressionedella volontà del fondatore, articolandosi

L’interesse di sondare l’impegno delleFondazioni di origine bancaria per gliinterventi immobiliari nell’ambito deiprogetti per lo sviluppo locale derivada una passata tradizione delle ban-che all’investimento immobiliare e inparticolare nel comparto dell’ediliziaabitativa, ma soprattutto dalla possi-bilità di un investimento non solostrumentale in edilizia offerto dallapromulgazione di uno specificodecreto, il Dl n. 143 del 24 giugno2003, poi convertito dalla legge n.212/03, che ha introdotto la possibi-lità di investire una quota (nonsuperiore al 10%) del patrimoniodelle Fondazioni, in immobili nonstrumentali

legislatore ha ulteriormente ampliato ilcampo di attività delle fondazioni, modi-ficando l’elenco dei settori ammessisecondo quella legge e le successivemodifiche2.Questi settori ammessi sono il luogo pri-vilegiato di intervento per le scelte patri-moniali e per quelle operative delleFondazioni bancarie. Su entrambe questepolitiche incombono però dei vincoli,ancora ripetuti nella più recente normati-va rappresentata dal decreto del 18 mag-gio 2004 n. 150:- conservazione patrimoniale che implicasia diversificazione per ridurre i rischi, siaredditività per assicurare il reintegro delpatrimonio stesso;- concentrazione per almeno metà delledisponibilità per quanto riguarda le sceltedi erogazione. Inoltre, il DecretoLegislativo n. 143 del 24 giugno 2003, intema di diversificazione del patrimoniodelle fondazioni, ha introdotto la possibi-lità di investire una quota non superioreal 10% in immobili non strumentali.In base ai bilanci relativi al 2004, il patri-monio delle 88 Fondazioni presenti inItalia ammonta a oltre 41 miliardi di euro.La presenza delle Fondazioni si concentranell’attività granting ma non mancanocasi di diretta realizzazione (7% degliimporti erogati). È inoltre significativol’utilizzo di imprese strumentali apposita-mente costituite per l’intervento in speci-fici settori (9,5%).Relativamente ai settori di intervento, laquota prevalente degli importi nel 2004 èstata destinata al settore Arte, attività ebeni culturali, con una spesa complessivadi 408,1 milioni di euro, pari al 32,2% deltotale erogato. Il settore Volontariato e

Le fondazioni di origine bancaria per lo sviluppoterritorialeAntonio Rigon*, Francesco Sbetti

nelle concrete politiche di attuazionedefinite dagli amministratori, chiamatipro tempore ad attuare lo statuto stesso.Il secondo punto è lasciato agli ammini-stratori. Questi possono operare attraver-so le due uniche politiche esistenti nelmondo finanziario: l’utilizzo del patrimo-nio oppure l’utilizzo delle rendite.Nella Fondazione convivono quindi duesoggetti differenti: una azienda di produ-zione (molto simile a una società finan-ziaria di investimento) che produce reddi-to e una azienda di erogazione (assaisimile ad un ente pubblico) che distribui-sce risorse. La prima effettua la manuten-zione e la conservazione dei suoi cespitiproduttivi cercando di massimizzare e distabilizzare il profitto conseguito, manello stesso tempo aprendo e gestendoiniziative di investimento di capitalecoerenti con gli scopi di intervento dellaFondazione stessa. La seconda effettua leerogazioni cercando di massimizzare (maanche in questo caso di stabilizzare) ilbenessere sociale derivato.Le fondazioni di origine bancaria previstedalla legge 218/1990 e definite più direcente dalla legge 461/1998, sono carat-terizzate da un patrimonio costituito ini-zialmente dal capitale sociale dell’impresabancaria, trasformata volontariamente insocietà per azioni, indirizzato al duplicescopo di: a) utilità sociale; b) promozionedello sviluppo economico.Inoltre, sempre la stessa norma del 1998ha determinato i “settori ammessi”1 neiquali deve prioritariamente essere indiriz-zata l’attività della fondazione.Nel corso del 2001, con l’introduzionedell’art. 11 della legge n. 448, volta a ride-finire l’insieme dei settori ammessi, il

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Urbanistica INFORMAZIONI

in ambito finanziario negli scorsi anni,anche in relazione alla necessità di trova-re risorse per realizzare le grandi infra-strutture, ma poca attenzione vi è stata daparte degli urbanisti e in qualche misuraanche da parte degli enti locali che trop-po spesso vedono questi soggetti come uninterlocutore per sostenere tanti piccoliinterventi (restauri, scuole, sociale) senzauna strategia.L’attenzione posta da parte di alcune fon-dazioni al social housing (tra queste laFondazione CARIPLO e la Fondazione CRdi Bologna) e alcuni grandi interventiimmobiliari legati a programmi integraticome la Fondazione Cassa Marca diTreviso hanno messo al centro questoattore che sicuramente non può sostituir-si ai Comuni nei processi di promozionedello sviluppo locale, così come non puòassumere la funzione degli operatori pri-vati, ma può rappresentare un soggettonuovo nel quadro delle politiche finaliz-zate alla qualità urbana.

*Fondazione di Venezia.

Note

1. Ricerca scientifica; Istruzione; Arte; Conservazione evalorizzazione dei beni e delle attività culturali; conser-vazione e valorizzazione dei beni ambientali; sanità; assi-stenza alle categorie sociali deboli; altri fini determinatidallo Statuto, postergati ai precedenti.2. Famiglia e valori connessi; Crescita e formazione gio-vanile; Educazione, istruzione e formazione;Volontariato, filantropia e beneficenza; Religione e svi-luppo spirituale; Assistenza agli anziani; Diritti civili;Prevenzione della criminalità; Sicurezza alimentare eagricoltura di qualità; Sviluppo locale ed edilizia popola-re locale; Protezione dei consumatori; Protezione civile;Salute pubblica, medicina preventiva e riabilitativa;Attività sportiva; Prevenzione e recupero delle tossicodi-pendenze; Patologie e disturbi psichici e mentali; Ricercascientifica e tecnologia; Protezione e qualità ambientale;Arte, attività e beni culturali; . Realizzazione lavori pub-blici o di pubblica utilità (ex art.7, legge 1.8.2002, n.166).

nio netto risulta pari all’11% e questarisulta distribuita per il 73,9% in immobi-li strumentali all’attività e per il 26,1% innon strumentali. Le Fondazioni nel 2004hanno sviluppato erogazioni per un valo-re pari a oltre 1.146 milioni di Euro conuna media di circa 35.000 Euro ad inter-vento e investimenti immobiliari per unvalore superiore a 300 milioni di Euro(pari al 26% del totale delle erogazioni)con un valore medio ad intervento pari acirca150.000 Euro.La consistenza delle erogazioni cheannualmente le Fondazioni di originebancaria destinano ai diversi settori in cuisono impegnate fanno di questo soggettoun attore sempre più importante nellosviluppo locale anche dal punto di vistaterritoriale ed edilizio. Processo questorafforzato dalla specifica possibilità diintervenire anche direttamente e quindinon solo nella forma dell’erogazione nelsettore immobiliare.Sul ruolo delle Fondazioni come attoridello sviluppo locale molto si è discusso

beneficenza segue con 167,3 milioni dieuro pari al 13,2% degli importi erogati.L’Educazione, istruzione e formazioneassorbe 150 milioni di euro, pari all’11,8%delle somme erogate. Quindi nella gra-duatoria troviamo il settore Salute pub-blica con 145,6 milioni di euro e 11,5% diincidenza. Seguono l’Assistenza sociale,con 135,5 milioni di euro erogati (10,7%delle erogazioni totali) e Ricerca destina-taria di 131,2 milioni di euro (10,3% deltotale importi). Al settimo posto è collo-cato il settore Sviluppo locale che ha otte-nuto circa 78,5 milioni di euro, pari al6,2% delle erogazioni. Con uno stacconotevole seguono gli altri settori. Tra que-sti si segnalano i settori Protezione e qua-lità ambientale, che raccoglie 21,7 milio-ni di euro, lo Sport e Ricreazione con 15,7milioni di euro e il settore Famiglia evalori connessi, al primo anno di rileva-zione come autonomo settore, a cui sonostati destinati 10,6 milioni di euro.La consistenza del patrimonio immobilia-re delle Fondazioni misurata sul patrimo-

Info

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Tab. 1 - Consistenza delle erogazioni delle Fondazioni di origine bancaria (2004)

FONDAZIONI Investimenti Totale Totale Erogazione Rapporto investimento immobiliari erogazioni interventi media per immobiliare sulle

erogativi intervento erogazione

Grandi(patrimonio netto superiore a 750 milioni di euro) 245.886.289 840.398.373 8.629 97.392,3 29,3

Medio Grandi (patrimonio netto fra 250 e 750 milioni di euro) 32.194.601 168.832.014 4.152 40.662,8 21,1

Medio piccoli(patrimonio netto inferiore a 250 milioni) 31.425.406 137.343.058 8.563 15.994,2 26,5

Totale 309.506.296 1.146.573.445 21.344 34.072,7 26,0

Fonte: indagine Fondazione di Venezia

Tab. 2 - Consistenza degli investimenti immobiliari delle Fondazioni di origine bancaria (2004)

FONDAZIONI Investimenti Numero investimento medioimmobiliari interventi per intervento

Grandi(patrimonio netto superiore a750 milioni di euro) 245.886.289 1.297 189.580,8

Medio Grandi (patrimonio netto fra 250 e750 milioni di euro) 32.194.601 237 135.842,2

Medio piccoli(patrimonio netto inferiorea 250 milioni) 31.425.406 434 72.544,5

Totale 309.506.296 1.968 157.299,4

Fonte: indagine Fondazione di Venezia

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I progetti delle Fondazioni bancarie per le città

Due iniziative molto diverse sonostate intraprese dalla FondazioneCassa di Risparmio di Alessandria:da un lato il restauro e larifunzionalizzazione di un palazzostorico nel centro città, dall’altro unintervento di housing sociale

Il recupero dello storico Palazzo delGovernatore

Tra i progetti maggiormente qualifi-canti, previsti dalla Fondazione Cassadi Risparmio di Alessandria nel conte-sto del recupero urbanistico, occupa unposto di deciso rilievo l’intervento diristrutturazione e di rifunzionalizzazio-ne riguardante l’acquisto del complessoimmobiliare, originariamente denomi-nato Palatium Vetus, risalente aglialbori della città.Il Palazzo dei Governatori – successivadenominazione assunta dall’immobile -venne edificato, infatti, all’epoca dellafondazione di Alessandria (XII secolo)e fronteggiò per secoli, sull’anticaPlatea Maior, la Cattedrale di SanPietro. Dopo aver ospitato la primasede del Comune (Palatium Vetus),divenne dimora del Podestà, delCapitano del Popolo e del Pretorio.A partire dal ‘500 ospitò i Governatoridella città, dapprima spagnoli e poisabaudi. Ai primi dell’800 furonoapportate, influenzate dalla presenzafrancese, rilevanti modificazioni archi-tettoniche, mentre mutava anche ladestinazione del palazzo divenuto sededel Governatorato militare. Nel 1856 ilComune cedette il complesso allo

spazi. In quest’ottica la progettazioneha previsto che oltre il 50% dei circa3.000 mq utili sia destinato ad utilizzopubblico. Già all’ingresso, si può perce-pire il senso della maestosità dellacorte destinata, secondo le ipotesi for-mulate, a diventare giardino aperto aicittadini. Ampi spazi saranno destinatiad ospitare mostre temporanee o per-manenti, finalizzate ad arricchire leofferte sul piano culturale ed artistico.Salendo l’ampio scalone monumentalesi accede al piano nobile che accoglie-rà gli uffici della Fondazione e dellasocietà strumentale. Anche in questaarea del fabbricato non mancheranno,sempre nell’ottica della fruibilità pub-blica, spazi per esposizioni, per labiblioteca, per le collezioni artistichedella Fondazione e per un’ampia salaadatta ad ospitare 150/200 persone inoccasione di convegni, riunioni, mee-ting che la città intenderà organizzarein un ambiente idoneo e confortevole.Sul piano della progettazione dell’in-tervento edilizio è stata prestata lamassima attenzione per pervenire, conla collaborazione delle competentiSoprintendenze Regionali, ad indivi-duare le soluzioni ottimali per riportareal suo antico splendore un immobileche è giunto sino a noi da un passatolontano ed in condizioni degradate. Ilrecupero del complesso dovrebbe tro-vare completamento entro il 2008.

Housing sociale: la proposta dellaFondazione

L’aumento dei canoni di locazione e divendita degli alloggi ha portato, negliultimi anni, all’acuirsi di un problema

Due progetti per la città di AlessandriaGianfranco Pittatore*

Stato. Dopo aver ospitato per diversidecenni il locale Distretto Militare, acui ha fatto seguito un prolungatoperiodo di inutilizzo, la struttura venneceduta ai privati nel 2002. Oltre adimportanti testimonianze architettoni-che, prevalentemente riferite ai secoliXV e XVI, l’edificio ricorda anche unsignificativo evento risorgimentale: lasottoscrizione nazionale per dotare lefortificazioni cittadine di 100 nuovicannoni.L’intervento programmato dallaFondazione, in parallelo con il finan-ziamento degli scavi nell’area archeo-logica occupata dall’antica Cattedrale,demolita in epoca napoleonica, si inse-risce in una strategia di rilancio dellazona centrale urbana e si pone duefondamentali obiettivi.In primo luogo, la valorizzazione delpiù antico complesso immobiliare ecertamente uno dei più prestigiosi dellacittà, da tempo in stato di abbandono.Compito al quale la Fondazione atten-de in sintonia con la propria missiondi Ente che si propone, tra gli altriscopi, anche quello della conservazionee della tutela del patrimonio storico edarchitettonico locale.In secondo luogo, la realizzazione diuna struttura che, oltre ad ospitare lasede della Fondazione e della societàstrumentale, appositamente costituitaper perseguire un risultato di più inci-siva operatività istituzionale attraversoiniziative di largo respiro in grado dicontribuire allo sviluppo economico,sociale e culturale del territorio, offraanche una fruibilità pubblica, da assi-curare con l’allestimento di appositi

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Urbanistica INFORMAZIONI

presenti anche nella città diAlessandria. La novità consiste nellacapacità di trasformare, anche se nellungo periodo, gli inquilini in proprie-tari dell’appartamento, in quanto l’af-fitto versato dal conduttore non è soloun canone sensibilmente contenutorispetto ai valori espressi dal mercato,ma una rata di mutuo, senza esigenzadi anticipo, che non va mai a fondoperso ma si trasforma, dopo ogni ver-samento, in un mattone della futuraproprietà dell’inquilino.La realizzazione degli immobili resi-denziali, che prenderà avvio a breve,prevede l’iniziale costruzione di unprimo insediamento di dimensioni con-tenute (circa 5.000 metri quadrati), conla possibilità di estendere, in presenzadi una favorevole esito dell’iniziativa,anche in aree degli altri Comuni Centrizona della provincia di Alessandria,ulteriori analoghi progetti. La scelta di fondo che guida il progettoè la certezza di poter operare su unproblema sociale rilevante unendo lecompetenze e le vocazioni di soggettidiversi, rendendo possibile un’opera-zione immobiliare a margine contenu-to, che tuttavia garantisce un ritornosull’investimento e identifica una solu-zione ad una esigenza che richiedeormai interventi urgenti.

*Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio diAlessandria.

rispondano a caratteristiche di un buonlivello di qualità architettonica e urba-na; dall’altro, tengano in considerazio-ne il concetto di utenza ampliata, cosìda evitare l’insorgenza di condizioni diisolamento.Partendo da questa analisi, nel quadrodel proprio ruolo istituzionale, laFondazione Cassa di Risparmio diAlessandria e il Comune diAlessandria, avvalendosi dell’esperien-za e del know how specifico delGruppo Norman, società attiva nellagestione di patrimoni immobiliariconto terzi, hanno avviato una verificadella realtà socio-economica del terri-torio locale, da cui è emersa una situa-zione di bisogno delle fasce a bassoreddito. In risposta a questa esigenza, èstato elaborato un progetto di housingsociale e identificata una concretasoluzione al problema, tenendo in forteconsiderazione il target di riferimento,l’individuazione degli immobili suscet-tibili d’una idonea valorizzazione e ladefinizione degli strumenti finanziaripiù adatti a garantire redditività e fun-zionalità dei patrimoni.Da qui, l’ipotesi di creare un soggettooperativo, quale società strumentaledella Fondazione, cui parteciperà ilComune di Alessandria unitamente alGruppo Norman, con l’obiettivo di rea-lizzare abitazioni da offrire alle fascepiù deboli del mercato della locazione

a forte impatto sociale: il reperimentodi un’abitazione per alcune fasce debo-li della popolazione. Giovani, anziani,immigrati stranieri, studenti, padridivorziati, donne sole, famiglie mono-reddito e disabili incontrano grandidifficoltà sia nell’ottenimento di unalloggio a un canone adatto alle pro-prie capacità di spesa sia nella conces-sione di un credito per l’acquisto diuna casa. La necessità di dare una risposta allefasce deboli della popolazione e digarantire loro l’accesso abitativo staspingendo sempre più i soggetti chehanno a cuore lo sviluppo del territorioverso soluzioni di housing sociale.L’housing sociale nasce nell’areaanglosassone per andare incontro aicosti sociali della modernizzazione, sulpresupposto che l’attenzione da presta-re ai processi di competitività nell’am-bito produttivo non vada disgiunta daquella che deve essere rivolta ai biso-gni primari della popolazione coinvoltanelle nuove dinamiche economiche.Dagli anni ’90 a oggi, i cambiamentiintervenuti hanno tuttavia compromes-so questo equilibrio, determinando lacrisi del welfare di stato e, quindi,facendo nascere l’esigenza di una deci-sa attivazione finalizzata a trovare ido-nee soluzioni. Soluzioni che nonpotranno trascurare la necessità dicreare poli residenziali che, da un lato,

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I progetti delle Fondazioni bancarie per le città

L’attività della Fondazione Cassa diRisparmio di Modena spazia dalrecupero del patrimonio storico allaricerca scientifica. Il primo caso illu-strato riguarda il restauro di un edi-ficio monumentale, il secondo lasede per la sperimentazione sullecellule staminali adulte

Palazzo SantaMargherita: grandecantiere per la culturaStudio Cuppini e Associati*

Edificio di grande qualità architettonicae storica, di importante valore nella suacollocazione urbanistica, Palazzo S.Margherita rappresenta, dopo il PalazzoDucale, la testimonianza più significati-va, nel centro storico cittadino, delDucato Estense e di quel nucleo di edi-fici pubblici attorno a cui si sono svoltii grandi eventi, sociali e culturali, dellaModena pre-unitaria. Progettato in stile neoclassico dall’arch.Francesco Vandelli, incorporando anchela chiesa e il convento di S. Margherita,il Palazzo risale al 1830 e dal 1874ospita il Patronato per i Figli del popo-lo, che ne è tuttora proprietario. Nel 1982 il Comune di Modena avviòuna riflessione su come riqualificare ilmonumento e nel 1985 fu dato incaricodi redigere un progetto generale direstauro che potesse, per stralci succes-sivi, accogliere alcune fra le più qualifi-cate istituzioni culturali del Comune.

zione della Biblioteca Civica “AntonioDelfini”, configurando così il complessodi Santa Margherita come un Palazzodella Cultura. Per la Biblioteca, che conta 15.000iscritti, 700 frequentatori al giorno equasi 180.000 libri prestati all’anno, si èrealizzata una “piazza” di accoglienza euna nuova sala di lettura, collegata aquella esistente e dotata di un soppalcoperimetrale, incrementando gli spazi adisposizione del pubblico di circa 700mq, con nuovi scaffali, postazioni mul-timediali, fonoteca, cinema. Un’altranecessità della biblioteca era quella diavere spazi idonei ad archiviare unnumero crescente di volumi e sistemiintelligenti per il loro rapido reperimen-to. È stato realizzato un sistema diarchiviazione meccanizzato, la “ torrelibraria”, in grado di archiviare fino a55.000 libri. La Galleria Civica è stataincrementata di altri 670 mq di cui 520adibiti a nuove sale espositive e labora-tori. Il secondo piano del palazzo acco-glie quasi 5000 disegni di alcuni tra imaggiori rappresentanti dell’arte italia-na del Novecento e oltre 3000 fotogra-fie d’autore. Sempre al secondo pianotroverà spazio il Museo della Figurina,(il cui allestimento, in fase di esecuzio-ne, è finanziato da Fondazione Cassa diRisparmio di Modena e Comune diModena), che, con il suo patrimonio dioltre 500.000 pezzi stampati a partiredalla seconda metà dell’Ottocento, è unadelle collezioni più rilevanti del settorea livello internazionale.Tutto il secondo piano si verrà così acaratterizzare come centro di conserva-zione, ricerca, promozione di attività

Recupero e sperimentazione per la città di Modena

Il progetto generale partì dalla letturadegli spazi presenti all’interno del com-plesso monumentale, individuando ilsistema di percorrenze orizzontali e ver-ticali ancora riconoscibili pur nellemanipolazioni perpetrate nel tempo; sisono così individuate e riproposte lepercorrenze conventuali dei chiostri edei corridoi interni cercando di leggerein maniera filologica le preesistenze.Lo sforzo maggiore è stato quello dicogliere i messaggi che il manufattotrasmetteva, coordinarli, vagliarli e, suc-cessivamente, selezionare i contenuticonfrontandosi con tutte le forze cultu-rali del territorio. Il recupero del PalazzoSanta Margherita è iniziato nel 1987 egià nel 1989 veniva inaugurata l’ala delPalazzo destinata al Liceo Musicale; nel1992 trovava collocazione all’internodell’edificio la Biblioteca “A. Delfini”;nel 1997 si insediava la Galleria Civica.A quindici anni dall’inizio del restaurosi iniziano i lavori di completamentodel progetto che restituisce a questo edi-ficio il ruolo di polo cittadino delle artie della cultura; al 2002 sono infattirimasti esclusi dai lavori precedentialcuni ambienti al primo piano e laquasi totalità del secondo piano e delsottotetto, già interessati precedente-mente dal consolidamento strutturale. Con un ultimo conclusivo stralcio,finanziato dalla Fondazione Cassa diRisparmio di Modena e in parte dalComune di Modena e interamente gesti-to dalla Fondazione Cassa di Risparmiodi Modena, sono stati realizzati l’am-pliamento degli spazi della GalleriaCivica, l’istituzione del Museo dellaFigurina e una significativa trasforma-

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Urbanistica INFORMAZIONI

una spugna colorata di azzurro e verde- come il cielo e i pioppi che circonda-no lo stabile - mimetizzata nel paesag-gio naturale e urbano. Una “pelle” chevuole rispondere a due esigenze: da unlato, evocare l’attività che viene ospitatae, dall’altro, risolvere un’esigenza diflessibilità e trasformabilità dell’edificiodurante la progettazione e l’uso, usandouna matrice che può indifferentementeospitare una finestra, una griglia o unpannello. Macchine e tecnologia sonocelate da un’immagine organica, morbi-da, di tecnologia dolce. “La forza del progetto – sintetizzaMichele Zini, ZPZ Partners - sta nellasoft tech, nelle soft qualities (colori,materiali, luci, ombreggiature): la pelledell’edificio è stata pensata come unacorteccia di un albero, un corallo, unasuperficie vibrante. Un rischio possibileera quello di farne un cinema multisala:non doveva essere né pop, né industrial,quindi si è scelto di procedere con unpattern irregolare e colori capaci dismaterializzare la massa”. La facciata è composta da moduli verti-cali predisposti per assorbire differenzedi misura a formare un pattern modula-re con un decoro a rilievo, a pelle digiraffa, che individua aree di formapoligonale poste su un piano più arre-trato di circa 5 cm. I pannelli sono ele-menti prefabbricati e alleggeriti, rivestitida uno strato di polistirene omogeneosu tutta la superficie e da un decoro arilievo sempre in polistirene; un cappot-to di intonaco rinforzato con fibre divetro riveste tutta la facciata. Il cantiere è stato aperto nella primave-ra del 2006; la consegna dell’opera èprevista entro la primavera/estate del2007.

*ZPZ Partners di Modena è progettista dell’intervento.

Bioscienze e Biotecnologiedell’Università degli Studi di Modena eReggio Emilia, direttore scientifico dellaFondazione Banca degli Occhi delVeneto. La Fondazione Cassa di Risparmio diModena interviene in modo significati-vo per il progetto, sia per quantoriguarda i costi di realizzazione delleopere strutturali e architettoniche, siaper quelli dell’impiantistica generale especiale.Ad aggiudicarsi il progetto è stato ilteam ZPZ Partners - Michele Zini,Claudia Zoboli, Mattia Parmigiani eRomina Zucchi. Il coordinamento èstato assegnato all’architetto GioiaBertocchi della Fondazione Cassa diRisparmio di Modena.Il Centro di Medicina Rigenerativa pre-vede ambienti completamente sterili,spesso senza luce naturale e contattocon l’aria esterna, procedure avanzate disicurezza e sterilità, impianti e attrezza-ture ad alta tecnologia: 17 unità di trat-tamento aria, due gruppi frigoriferimolto potenti, una cabina elettrica emolte altre dotazioni specifiche.Il progetto della sede si caratterizza perl’aspetto esterno a “pattern”, generatoda formule matematiche che regolano lamorfogenesi delle pelli animali, inempatia con il tipo di attività che lastruttura ospita. L’edificio è un paralle-lepipedo con base 40x25 metri, alto13,50 metri, diviso su tre livelli, ognunocon superficie pari a 1.000 mq. Al pianoterra sono collocate attività di gestionee ricerca, magazzini e locali tecnici. Alprimo piano, dedicato alla ricerca dibase, sono collocati il laboratorio dibiochimica, biologia cellulare e biologiamolecolare. Al secondo piano prevalgo-no i laboratori di colture cellulari.Esternamente l’architettura appare come

strettamente collegate, divenendo unpolo museale unico nel suo genere.La progettazione e la direzione artistica,e per gli ultimi anche generale, sin daisuoi inizi fino all’allestimento degliarredi e degli spazi museali, è statacurata da Giampiero Cuppini, StefanoPiazzi e Luigi Tundo con studio inBologna.

*Lo Studio Cuppini e Associati di Bologna è progettistadell’intervento.

Il primo CentroRicerche in MedicinaRigenerativa d’EuropaZPZ Partners*

É in via di costruzione a Modena, nelquartiere universitario, un CentroRicerche in Medicina Rigenerativa all’a-vanguardia a livello europeo. Una struttura innovativa, al cui internosi svolgeranno attività di ricerca edidattica su cellule staminali adulte e siprodurranno in laboratorio lembi di tes-suto destinati ad applicazioni cliniche.Costituirà un punto di riferimento per ipazienti che, dopo un trapianto di cor-nea, necessitano del trapianto di cellulestaminali per recuperare la capacitàvisiva, per la terapia genica di malattiegenetiche dell’epidermide e degli occhi eper il trattamento di diverse patologiecutanee. Promosso da Fondazione Cassa diRisparmio di Modena, Università degliStudi di Modena e Reggio Emilia eFondazione Banca degli Occhi delVeneto, il Centro sarà diretto dal profes-sor Michele De Luca, ordinario diBiochimica presso la facoltà di

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Palazzo Santa Margherita a Modena, FacciataCentro ricerche in medicina rigenerativa aModena, Plastico

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I progetti delle Fondazioni bancarie per le città

La Fondazione Banca del Monte“Domenico Siniscalco Ceci” di Foggiaha intrapreso una serie di iniziativedirette al recupero e alla valorizza-zione delle architetture rappresenta-tive del centro storico della città, inparticolare dell’antica via Arpi

Il presente intervento progettuale sipone in questa ottica proponendo ilrestauro conservativo di “PortaGrande”, un importante diaframmaarchitettonico a chiusura della viaArpi, tra la città antica e la modernaespansione orientata verso il Gargano.La necessità di intervenire su talestruttura in termini di conservazionescaturisce dallo stato di degrado in cuila stessa versa, degrado da imputaresia alla presenza di problematiche diorigine tecnica che all’assenza di inter-venti manutentivi. Cause che hannoindotto il decadimento dell’immaginedi un’opera che per rilevanza storica ecollocazione urbanistica è consideratada sempre emblema di accesso allacittà.

L’edificio

“Porta Grande” è attualmente l’unicaPorta di accesso al nucleo antico dellacittà, inserita tra due edifici di autore-vole istituzione: il Museo Civico citta-dino ed il Conservatorio musicale. Dichiaro stile neoclassico presenta trefornici e due livelli in alzato, ha incor-porato parte della struttura originaria erisulta il frutto di varie sistemazioni

dall’apertura al piano primo di tre fine-stre con balcone. In corrispondenza delbalcone centrale è presente un preziosostemma cittadino che ricorda la prece-dente destinazione dell’edificio aPalazzo Comunale.

La storia

Le prime notizie di “Porta grande”,risalgono al 1150 circa, quandoRoberto il Guiscardo fece innalzare lemura intorno al borgo medievale.La città subì numerose sventure chesconvolsero il suo assetto urbanisticotra queste vi fu l’abbattimento dellefortificazioni della città, avvenuto nel1230 ad opera di Federico II, comeriportato nel “Quaternum excadencia-rum Capitanatae”, (capo saldo delladocumentazione della vita e dellasocietà foggiana in età sveva) ed ildevastante sisma del 1731 che distrussequasi completamente la città.Da questo evento scaturì la necessità diricostruzione che segnò il passaggiodella crescita urbana, da uno schemadi città chiusa a quello di città apertaverso il territorio circostante. L’edificazione dei quartieri che nacque-ro lungo le vie di comunicazione ed itratturi che si irraggiarono dalle princi-pali porte cittadine, ancora esistenti,caratterizzarono l’ampliamento urbanodefinito “espansione settecentesca”. Perl’intero secolo XIX, tecnici ed ammini-stratori svolsero un’azione altamentequalificante per lo sviluppo della città,tanto che nel 1839 fu approvato unpiano di sviluppo urbanistico che videla valente opera dell’ingegnere LuigiOberty, a cui è attribuita anche la

Progetto di restauro di “Porta Grande” in FoggiaCinzia Nardelli, Marilena Dembech*

successive. Il monumento si sviluppasu di un fronte di circa venti metri erisulta costituito come segue:Il fornice centrale carrabile, conservala struttura originaria in pietra, presen-ta interessanti caratteristiche strutturaliindividuate nell’uso della pietra a vista,posta in opera con blocchi squadrati, enell’ articolato sistema di volte. In que-sto fornice, sono evidenti gli alloggidei cardini che permettevano il movi-mento del portone originale e una lapi-de, datata 1583, apposta sull’arcointerno sulla quale è trascritta la pre-ziosa epigrafe originaria del palazzofedericiano, andato completamenteperduto nella memoria. I fornici laterali pedonali, di più recen-te realizzazione (anno 1955) hannouno sviluppo longitudinale e sonochiusi da volte a botte interrotte da unarco centrale lievemente aggettante dalparamento murario, le superfici sonointonacate e la parte inferiore è rivesti-ta da un basamento realizzato conlastre di marmo di Carrara a tessituraorizzontale.Il prospetto esterno, prospiciente viadella Repubblica, presenta chiari ele-menti decorativi di stile neoclassicoidentificabili nel finto bugnato alpiano terreno, nelle colonne binatesormontate da capitelli ionici a soste-gno della evidente trabeazione, nellacornice terminale a dentelli e nei tim-pani triangolari a coronamento dellefinestre. Il prospetto che guarda piazza Nigri sipresenta più sobrio, caratterizzato daun paramento murario lineare resosimmetrico dalla presenza dei fornici e

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Urbanistica INFORMAZIONI

mato con forza il carattere permanentee universale di tale concetto, tanto chein esso è riposto il valore di testimo-nianza storica di ogni opera d’arte.Episodi come la collocazione inidoneadei quadri tecnici, la segnaletica stra-dale che si interpone tra il monumentoe l’osservatore, i semafori che impon-gono la sosta delle autovetture nelleimmediate adiacente di opere d’arte, icavi elettrici non sempre disciplinati,comportano oggi un’emergenza al paridello stato di degrado dell’opera stessa. Dette sovrastrutture tecnologiche, per-tanto, non consentono la piena fruizio-ne dell’opera distogliendone l’attenzio-ne dalla lettura e dal suo godimentocon il conseguente depauperamento delpatrimonio storico - artistico.

*Progettisti.

dell’intradosso del fornice centrale.A questa forma di degrado si associa lacapacità delle fondazioni in materialepermeabile e fortemente assorbente ditrasportare dal basso verso l’alto umi-dità e sali generando efflorescenzesaline, alveolizzazione del materialelapideo, perdita di scialbature di colore,rigonfiamenti e distacco fra intonaco esupporto murario, sviluppo di macro emicroflora ed infestazioni di biodete-riogeni.L’intervento di maggiore rilievo riguar-da la pulitura del paramento murario,sia della pietra a vista che delle paretiintonacate, pertanto, il carattere deon-tologico dell’operazione di restauro haavuto valore di criterio selettivo nellascelta dei materiali e dei metodi d’in-tervento.In questa prospettiva la pulitura deimateriali lapidei si è presentata comeoperazione delicata, che ha richiestoun’analisi accurata delle superfici datrattare al fine di individuare i processichimici che hanno innescato il degra-do.

Oltre le cause di restauro

L’attenta osservazione della strutturaarchitettonica ha posto in evidenzaquanto la crescita tecnologica abbiapreso il sopravvento anche sull’ele-mento storico - artistico, facendodimenticare che il termine “monumen-tum” risale all’epoca romana ad indi-care “documento storico riconosciutodi interesse comune”.La moderna cultura storica ha riaffer-

costruzione della sovrastruttura deco-rativa della Porta Arpana.Negli anni tra il 1940 ed il 1945, aseguito del secondo conflitto mondiale,la città fu nuovamente distrutta quasiintegralmente. Nell’immediato dopo-guerra partì una cospicua azione diricostruzione; fu in questi anni, preci-samente nel 1955, che “Porta Grande”venne restaurata e modificata nell’a-spetto attuale. Ai lati del fornice cen-trale vennero realizzati due fornicilaterali con l’intento di separare la fun-zione pedonale da quella carrabiledella primitiva porta. Da allora Porta Grande non è stata piùsottoposta ad alcun intervento direstauro.

Il restauro

Porta Grande è l’esempio di come gliedifici storici si ammalorino per causeda riferire al moderno sviluppo urbano. La sua collocazione originaria dividevail piccolo nucleo cittadino dalla cam-pagna, oggi è invece luogo di transitoe di sosta (per la presenza di un sema-foro posto al suo interno) di un flussointerminabile di autovetture e mezzipesanti che da via Arpi confluisconoverso le autostrade, il Gargano e lanuova viabilità urbana.Appaiono pertanto evidenti i segni didegrado dovuti alle continue emissionireflue dei gas di scarico prodotte daiveicoli. Tali emissioni hanno provocatola formazione di particellato atmosferi-co che arricchito di residui carboniosiha causato l’annerimento delle pareti e

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Vedute della “Porta Grande” in Foggia

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I progetti delle Fondazioni bancarie per le città

Il recupero di un’antica chiesa è unodegli impegni presi dalla FondazioneCassa di Risparmio di Ferrara perrestituire alla città un edificio diculto e il suo contenuto artistico

A 62 anni dal terribile bombardamentosubito da Ferrara nel 1944, dopo annidi intenso restauro, la chiesa di SanCristoforo alla Certosa verrà riaperta alculto. La riconsacrazione del Tempio proget-tato da Biagio Rossetti alla fine delQuattrocento, è prevista per il dicembredi quest’anno. Così, l’architettura diSan Cristoforo ricomparirà nella suaelegante, raffinata scansione, per ilmomento solo in parte adorna dell’im-menso patrimonio di opere d’arte chela pietà popolare vi aveva accumulatonel corso dei secoli.Intanto, 15 laboratori di restauro con-tinueranno a lavorare a pieno ritmosulle centinaia di tavole, tele, arredi,cori lignei, paramenti che facevano diSan Cristoforo un meraviglioso museosacro.La loro ricollocazione è prevista nel-l’arco del 2007. Fatto davvero eccezio-nale, torneranno in San Cristoforoanche i celebri Bastianino allontanatidal Tempio e dalla città nel corso dellecampagne napoleoniche.A dicembre 2007, la riapertura comple-ta di San Cristoforo interamente ritro-vato: un gioiello che confermeràappieno il rango di Ferrara come CittàPatrimonio dell’Umanità.L’immenso sforzo scientifico, oltre cheeconomico, richiesto da questa impresa

condizioni di conservazione dell’interoedificio, mentre accurate ricerchehanno guidato la metodologia d’inter-vento relativa al restauro dell’apparatoornamentale, costituito da cornicioni incotto, da stucchi, da elementi lapidei eaffreschi. Precise analisi stratigrafichehanno consentito, inoltre, di riscoprirel’originaria tinteggiatura a calce verdeolivigno delle pareti che amalgama ilcomplesso decorativo con la strutturaarchitettonica. Qui, fra l’altro, verràcollocato il nuovo altare realizzatodall’Officina Rivadossi di Bresciasecondo i precetti liturgici sanciti dalConcilio Vaticano II.Parallelamente a questo intervento, hapreso corpo il progetto di restauro ericollocazione delle opere pittoriche edegli arredi storici, un lavoro di raroimpegno per la quantità e qualità deglioggetti interessati. Si è trattato infattidi catalogare, studiare, restaurare ericollocare complessivamente circa 130quadri, tre cori lignei, il ciborio conannesso altare, 14 ancone con le relati-ve pale, tre crocifissi, gli arredi ligneidella sagrestia e, inoltre, numerosiinginocchiatoi e mobili di varie tipolo-gie liturgiche e funzionali. Questo monumentale lavoro di recupe-ro ha da subito trovato il generososostegno economico della FondazioneCassa di Risparmio di Ferrara, da sem-pre impegnata nella valorizzazione delpatrimonio cittadino, che ha affiancatoil Comune di Ferrara al fine di sanareuna ferita aperta per troppo tempo e direstituire la chiesa al culto, in accordocon le necessità liturgiche indicatedall’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio.

San Cristoforo alla Certosa: restituzione di una storiaArianna Zucchi*

colossale ha unito il Comune e laFondazione Cassa di Risparmio diFerrara a tutte le migliori forze cittadi-ne. «Recuperando San Cristoforo,Ferrara e la cultura recuperano», è laconvinzione del Sindaco GaetanoSateriale e del Presidente dellaFondazione Sergio Lenzi «non solo ungioiello d’architettura e di arte ma unatestimonianza importante della storiaitaliana.»Il 2 dicembre 2006 verrà finalmenterestituito alla città di Ferrara il Tempiodi San Cristoforo alla Certosa, monu-mento fra i più significativi del patri-monio storico e artistico ferrarese. Unraro esempio di cooperazione tra pub-blico e privato ha permesso di avviareun progetto complesso e strutturato,articolato in due fasi: la prima, tesa arecuperare dal punto di vista architet-tonico l’originario splendore della chie-sa; la seconda, rivolta agli arredi, allesuppellettili e alle opere d’arte. La ric-chezza di tale patrimonio ha richiestoun programma di interventi che siestenderà fino al prossimo anno e cheprevede una prima parziale ricolloca-zione per il prossimo dicembre, quandola chiesa verrà restituita al culto edalla fruizione dei cittadini e dei visita-tori. L’allestimento terminerà nel set-tembre 2007.Iniziato nel febbraio 2004, il restauroarchitettonico (finanziato dallo Stato,dalla Regione Emilia-Romagna e dalComune di Ferrara e realizzato sotto latutela della Soprintendenza per i BeniArchitettonici e il Paesaggio diRavenna, Ferrara, Forlì-Cesena eRimini) ha migliorato la fruibilità e le

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side, il coro, il lato destro della chiesae il campanile; nel dopoguerra seguiro-no vari interventi di manutenzione e, apartire dagli anni Settanta la chiesa funuovamente aperta al culto, pur convi-vendo con la funzione di magazzinoper i materiali smontati e ricoveratidietro paratie lignee.Nel giugno del 2003 il Comune diFerrara e la Fondazione Carife hannodato finalmente corpo all’istanza direstituire alla città San Cristoforo pie-namente funzionante, e dotata di tuttigli arredi sacri presenti nella chiesaprima dei tragici eventi bellici.L’inaugurazione del 2 dicembre del2006 rappresenta così il primo corona-mento di questo percorso di recupero.Dopo anni di oblio San Cristoforo riac-quista ora, accanto alla sua originariafunzione sacra, anche l’importanteruolo culturale di monumento fra i piùsignificativi e preziosi del patrimoniostorico ed artistico ferrarese.

*Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara.

capitoli più importanti della storia diFerrara. Fu Borso d’Este a promuoverenel 1452 la costruzione del monasterolontano dal centro abitato, come impo-neva la regola dell’ordine certosino,anche se il suo isolamento fu peròbreve e, con il compiersi dell’AddizioneErculea, il complesso venne racchiusonella cerchia delle mura estensi.Nel 1498, accanto alla primitiva chiesa,fu avviata la costruzione del nuovo eattuale tempio. La grandiosità delleproporzioni, che si sposa con la plasti-cità dell’architettura modulata dallaluce, ha suggerito l’attribuzione delprogetto a Biagio Rossetti.Alla fine del Settecento, a seguito dellesoppressioni napoleoniche, i monacipersero il possesso del convento e dellachiesa. Da quel momento la Certosadivenne caserma militare, e i dipintiche ornavano la chiesa e il monasterovennero collocati nella localePinacoteca o in altre collezioni civichee private.Acquisita dal Comune di Ferrara, lachiesa venne riaperta al culto nel 1813,mentre l’area adiacente fu adibita acimitero pubblico su progetto del mar-chese Ferdinando Canonici. Le trasfor-mazioni furono rilevanti, e interessaro-no l’abbattimento dell’antica chiesa edi parte del chiostro, mentre in seguitofu costruita l’ala sinistra del porticocurvilineo, che segna in modo cosìcaratteristico la piazza antistante.I bombardamenti del secondo conflittomondiale distrussero parzialmente l’ab-

In collaborazione con laSoprintendenza per il PatrimonioStorico Artistico ed Etnoantropologicodi Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena,Ravenna e Rimini, questo imponentelavoro è scandito da un programmache prevede per il 2 dicembre 2006una prima apertura al pubblico, con unallestimento parziale, ma già significa-tivo. In questa occasione il tempiopotrà mostrare il Ciborio monumentaleintagliato nel 1597 da MarcantonioMaldrato su disegno di Nicolò Donati;l’ancona absidale con pala delBastianino e raffigurante il Santo a cuiè dedicata la chiesa; i cori dei transettirealizzati agli inizi del Settecento; leancone delle cappelle laterali con paledi Nicolò Roselli narranti gli episodisalienti della vita di Cristo. Nel settem-bre del 2007 verrà compiuto il passosuccessivo quando, dopo una chiusuradi appena due mesi necessaria per con-sentire i lavori di collocazione, torne-ranno nella loro originaria sede, oltre atutte le rimanenti tele, soprattutto ledue gigantesche ancone dei transettirealizzate dalla bottega di Ercole Aviatiche torneranno ad ospitare, per gene-rosa concessione della Soprintendenzadi Brera (sotto la cui tutela pervenneroa seguito delle soppressioni napoleoni-che), le due pale del Bastianino raffi-guranti l’Ascensione di Cristo e ilGiudizio Universale.Il recupero del Tempio di SanCristoforo si configura così come unagrande restituzione alla città di uno dei

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I progetti delle Fondazioni bancarie per le città

La Fondazione Cassa di Risparmio diFano è attiva nel recupero del patri-monio storico architettonico dellacittà che vede nell’ex chiesa di SanDomenico un esempio di rifunziona-lizzazione a scopo culturale

Tra i programmi di acquisto per ilrestauro e la valorizzazione di beniimmobili, monumentali e architettonicipresenti sul territorio di riferimento, laFondazione Cassa di Risparmio di Fanoha riservato un posto rilevante allaChiesa di San Domenico al centro dellacittà, da molto tempo non utilizzata percerimonie religiose e in progressivoquanto irreversibile degrado.La Fondazione ha acquistato l’edificionel 2006 provvedendo subito alla suariqualificazione e recupero attraversoun’imponente opera che coinvolge atti-vità edili, di restauro, di dotazione diservizi ed impianti tecnologici: il tuttoper rendere il monumento idoneo adospitare un museo di arte religiosa conesposizione di importanti pale di altare etele realizzate nel ‘500 – ‘600 proprioper la Chiesa in parola. Una consolidataopinione tuttora viva nella tradizionedella città connette l’origine della Chiesaal 1216, anno in cui San Domenico chestava dirigendosi a Roma per riceveredal Papa l’approvazione dell’Ordine deiPredicatori da lui fondato, passò perFano. La popolazione fanese concedetteal Santo per uso dei suoi frati alcunecase intorno alle quali venne iniziata lacostruzione della Chiesa. Non si trattavaancora della grande chiesa della attuale

affreschi trecenteschi e quattrocenteschia suo tempo ricoperti, purtroppo, dagliapparati del Gasparoli stesso, ma inparte riemersi e in parte ancora dariscoprire. È di questi giorni un impor-tante ritrovamento dietro un altarebarocco di un bellissimo affresco suddi-viso in quadri di chiaro intento didasca-lico per insegnare ai fedeli gli episodidella Bibbia attraverso un metodo “aimmagini” che ricorda gli attuali disegnia fumetti. Ma nell’affresco, che narraepisodi della vita di San GiovanniBattista, c’è la mano di un grande mae-stro che con una eleganza ed unaespressività uniche coniuga l’efficaciarappresentativa del Medioevo con labellezza dei canoni stilistici delRinascimento. Non a caso è stato fatto ilnome di Lorenzo Salimbeni, dello stessopittore cioè che a Urbino ha affrescatol’oratorio di San Giovanni, comunqueun vero capolavoro.Le traversie di San Domenico nel temposi sono concluse nel momento in cui letruppe tedesche in ritirata nell’ultimoconflitto mondiale fecero saltare la torrecampanaria della chiesa insieme contutti gli altri campanili della città. Nellarovina furono trascinate anche le strut-ture murarie delle antiche cappelle dilevante e parte del presbiterio piegandoanche le capriate dal loro piano vertica-le verso la facciata.La vasta opera di ricostruzione e recupe-ro avviata dalla Fondazione prima dellascorsa estate ridarà splendore e giustoprestigio all’importante monumento reli-gioso di Fano.

*Segretario Generale della Fondazione Cassa diRisparmio di Fano.

Restauro dell’ex chiesa di San Domenico in FanoMario Luigi Severini*

estensione di circa 1000 metri quadrati,bensì di un modesto oratorio, che inseguito venne demolito per costruire alsuo posto il tempio più grande. Verso lafine del 1300 la Chiesa fu realizzata sustile gotico mantenuto tale sino al 1703:nel 1298 vi fu sepolto Jacopo delCassero fanese protagonista del Canto Vdel Purgatorio di Dante (“ti priego, semai vedi quel paese/ che siede traRomagna e quel di Carlo,/ che tu mi siedi tuoi prieghi cortese/ in Fano, si cheben per me si adori/ pur ch’i’ possapurgar le gravi offese./ Quindi fu’io; mali profondi fori/ ond’uscì ‘l sangue in sulquale io sedea, / fatti mi fuoro in grem-bo a li Antenori,/ là dov’io più sicuressere credea”).Nel 1485 vennero aggiunti all’edificioun campanile e una Cappella dedicataalla Madonna del Rosario. Ma la veraristrutturazione della Chiesa duecentescacon le sue pitture, le sue finestre, i suoialtari, i suoi sarcofagi, si ebbe nel 1701.Per il gusto dell’epoca che privilegiavalo sfarzo e la grandiosità, sembravatroppo spoglia e povera per cui i fratidomenicani raccolsero fondi per ridurreil Tempio “in forma più vaga e moder-na”. Nel 1707 i lavori diretti dall’arch.fanese Francesco Gasparoli vennerocondotti a termine tra l’entusiasmo dellapopolazione. Praticamente la configura-zione della Chiesa ha retto da allorasino ai tempi moderni.Il risultato di questa opera è pertanto ununico edificio che contiene a sua voltatre monumenti architettonici: la chiesamedioevale, gli altari tardo-barocchi,l’innovazione di gusto classicheggiantedel Gasparoli, per non parlare degli

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I progetti delle Fondazioni bancarie per le città

2. La successiva ha interessato gliinterni, in particolare ha riguardato ilbraccio del transetto situati sul latoNord della chiesa e la Cappella, attual-mente dedicata al SS Sacramento erichiamata nell’accezione popolare allapresenza del meraviglioso altare ese-guito da N. Civitali e della sculturalignea raffigurante l’Annunciata ese-guita da Matteo Civitali. In questo casogli interventi sono stati di restaurodelle decorazioni, degli stucchi, deglialtari, dei quadri e degli arredi presentiin questa parte dell’edificio. Nel corsodell’esecuzione dell’intervento, è statoconcordemente deciso di effettuare unasostanziale variante, imposta dalla pre-senza del decorato in finto marmo pre-sente sulle murature d’ambito deltransetto che, seguendo le indicazionidella dott.ssa Filieri dellaSoprintendenza di Lucca e MassaCarrara, è stato giustamente recuperatoattraverso un delicato intervento didecolorazione delle imbiancaturesovrapposte e di ritocco pittorico suc-cessivo. In contemporanea, è iniziata larealizzazione degli impianti elettrici edi riscaldamento, in modo da assicura-re l’immediata conclusione di questaporzione di intervento, sempre inun’ottica di completamento successivogià impostato ad integrazione di quan-to eseguito. Sono state impiegate tec-niche particolari ed innovative per ilrestauro delle decorazioni parietali. Al termine di questa fase, si è tenutaun’inaugurazione e un’apertura che havisto un notevole successo di presenzeed interesse della comunità locale.Parimenti, il restauro della statua

culturali e di spettacolo. A tal fine èstata siglata una scrittura privata conl’Ente proprietario che, a grandi linee,traccia un futuro utilizzo del bene egarantisce il recupero della strutturaalla vita culturale cittadina;- Nell’esecuzione degli interventi si èritenuto opportuno di operare in modotale da migliorare ed approfondireulteriormente i rapporti tra laFondazione e tutti gli altri Enti, pub-blici e privati, cointeressati all’inter-vento;- La gestione delle risorse economicheè stata eseguita secondo una logica dimassima oculatezza, fatto che ad oggi,come più oltre specificato, ha consenti-to di poter avere sostanziali risparmisu alcuni preventivi e un aumentodegli interventi rispetto ai programmiiniziali.Al fine di una miglior comprensionegenerale, è opportuno dare una som-maria descrizione tecnica di quanto adoggi eseguito e di quanto ancora è inprevisione.Le fasi, ad oggi terminate, sono tre: 1. Quella iniziale è stata di carattereedilizio, tesa al consolidamento strut-turale dei sistemi di copertura dellachiesa assicurando finalmente il ripri-stino delle parti crollate e un’adeguataimpermeabilizzazione degli ambientisottostanti, devastati da anni di infil-trazioni e degradati fino ad un livelloche ha nel tempo comportato una ordi-nanza di chiusura per inagibilità deilocali. Gli interventi hanno riguardatotutta la porzione di monumento (l’alta-re, il transetto, la zona di sacrestia e laCappella del Civitali).

Il recupero del complesso monumen-tale di Santa Maria dei Servi daparte della Fondazione Banca delMonte di Lucca ha prodotto interes-santi ricadute nella specializzazionedelle imprese locali

La Fondazione Banca del Monte diLucca sin dall’inizio ha cercato di rag-giungere l’obiettivo di recuperare alfuturo il patrimonio storico e artisticodella provincia di Lucca. Rientra inquesto ambito il recupero del comples-so monumentale di S. Maria dei Servi,situato nel centro storico di Lucca. Gli interventi ad oggi eseguiti sonostati volti al restauro, consolidamentoe recupero funzionale dell’edificiosacro nella sua interezza.Le scelte operative e le tecniche diintervento, hanno seguito una filosofiadi approccio globale al problema,coniugando le esigenze della proprietà,le richieste della competenteSoprintendenza con gli scopi statutaridella Fondazione, seguendo una logicadi massimizzazione della resa del note-vole contributo deliberato al riguardo.È stata data, fin dall’inizio, precisaistruzione al progettista arch. Silva dioperare per ottenere il massimo risulta-to tecnico possibile, tenendo contem-poraneamente d’occhio alcuni aspettiche garantissero come l’intervento nonfosse fine a sé stesso o un mero restau-ro monumentale. L’approccio ha segui-to alcune direttrici guida ritenute fon-damentali.- A interventi terminati l’edificio dovràpoter ospitare attività legate ad eventi

Restauro del complesso monumentaledella Chiesa dei Servi in LuccaElizabeth Franchini* e Maurizio Silva**

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Urbanistica INFORMAZIONI

genere al suo antico splendore e ren-derlo fruibile e a disposizione dellacomunità locale.A breve inizieranno gli interventi nellanavata centrale dove è già emersachiaramente la decorazione fintomarmo e saranno eseguiti i restauridegli altari e degli arredi, completandodi pari passo l’adeguamento degliimpianti.Il soffitto ligneo, interamente decorato,sarà oggetto di saggi e analisi al finedi valutarne l’integrità e lo stato diconservazione; medesimo studioriguarderà l’organo settecentesco, unodei migliori di Lucca.

*Referente per la Fondazione Banca del Monte diLucca.

**Architetto responsabile degli interventi, progettazio-ne e direzione lavori.Progettazione e coordinamento sicurezza, arch.V.Martinelli e arch. G.Ragghianti, luccastudio.com;Direzione tecnica dei restauri, dott.ssa M.T.Filieri,Direttore Musei Nazionali di Lucca e dott.ssa A.d’Aniello, Direttore Laboratorio di Restauro;Progettazione impianti e strutture, Studio Technè srl;Opere edili, Impresa Edile Celoni Giuliano di CeloniPietro; Impianti elettrici, CO.GE.PI. srl; Restaurodecorazioni e monumenti, CO.RE.M.A. sas diG.Donnaloia e C.; Restauro tele e dipinti, M.Bonino,con la collaborazione di E.Salotti e Lo Studiolo;Restauro statua lignea, Artemisia Restauri diL.Lanciotti; Restauro apparati lignei, AdolfoBelluomini; Vetrate, Giovanni Lucchesi.

monumento, della sua collocazioneurbanistica nel centro storico e nelcontesto storico, ad oggi inspiegabil-mente tralasciato dalla trattatistica disettore. Nel corso degli interventi l’in-teresse è stato tale, che l’evoluzionestorica del monumento è divenutooggetto di studio per una tesi di lau-rea; base certa su cui poggiare le ricer-che per eventuali pubblicazioni cheleghino gli attuali interventi alla storiadel monumento ed alla sua evoluzione.Contemporaneamente all’esecuzionedel restauro, sono state invitate a visi-tare il cantiere le scuole e gli istitutiartistici interessati ad osservare davicino l’esecuzione di lavori tanto par-ticolari.In ultima analisi, attraverso l’imposta-zione inizialmente data, si è cercato digarantire la miglior visibilità degliinterventi, portando anche al di fuoridel mero ambito edilizio i risultati e leinterazioni possibili di un granderestauro di monumento storico postonel cuore della città, ricercando perquanto possibile una futura “redditivi-tà” culturale, per un recupero che nondeve essere fine a sé stesso.La Fondazione quindi, nonostante l’in-cremento dei costi e della durata deilavori, ha confermato l’intenzione direstituire questo edificio unico nel suo

lignea del Civitali ha consentito un’ap-prezzata presenza di tale opera nelnovero dell’esposizione di maggiorrichiamo effettuata durante la celebra-zione del cinquecentenario riguardantelo scultore lucchese.3. I lavori appena ultimati hannoriguardato le zone d’altare, del coro edel transetto lato Sud, recuperate nelledecorazioni, negli arredi, nei monu-menti presenti, nei quadri di notevoledimensione e nelle vetrate che impre-ziosiscono l’edificio. Inoltre, è statoportato avanti l’adeguamento degliimpianti per consentire una piena frui-zione della struttura nella sua porzionerestaurata. Sono state recuperate lestraordinarie cromie e l’eleganza delledecorazioni eliminando i vari strati dicolore che da secoli le coprivano. Tutti gli interventi effettuati hannoconsentito una formazione di profes-sionalità, soprattutto locali, nel campodel restauro, creando un patrimonio dispecialisti in questo campo che riman-gono un punto di riferimento per ifuturi interventi del settore. Aspettisottolineati ed aumentati di valore dal-l’età medio-bassa dei partecipanti ailavori.Oltre a ciò, questa occasione è stataanche fondamentale per lo studio dellastoria e dell’architettura di questo

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I progetti delle Fondazioni bancarie per le città

anche messe a disposizione delle asso-ciazioni che ne fanno richiesta. I localidel piano terra sono stati progettati perconsentirne un uso polivalente e vengo-no utilizzati per lo svolgimento di con-certi, mostre, convegni e dibattiti.Essendo l’attività della Fondazioneorientata anche alla rivalutazione dellacultura e del territorio locale il recuperodel palazzo ha creato un nuovo polo diaggregazione per la comunità e ha con-sentito di rivitalizzare una parte dellacittà che nel tempo aveva perso la pro-pria attrattiva.

*Progettista.

Particolare scala interna

struire, grazie ad immagini del tempo,la sembianza originaria del palazzo.Esternamente sono stati ripresi i parti-colari costruttivi ed i colori originali edè stato ricostruito il volume del tem-pietto neoclassico demolito negli annitrenta del novecento che caratterizzaval’immobile e coronava il belvederesulla copertura. All’interno gli spazi,oggetto nel tempo di pesanti e radicalitrasformazioni, sono stati rimodulatialle nuove esigenze tenendo peròconto della loro originale distribuzione.A questo scopo è stato riposizionato ilvano scala e sono stati ricreati i salonioriginali frazionati nelle varie trasfor-mazioni. Sono stati eliminati i contro-soffitti e l’impiantistica invasiva deglianni sessanta riportando in luce oveancora erano presenti le volte ed i sof-fitti originali. Durante le opere diristrutturazione sono tornati alla lucealcuni dipinti ottocenteschi sui soffittidi alcuni locali. L’opera di restauro èstata particolarmente laboriosa ma ilrisultato ottenuto è stato più che sod-disfacente e ha ridato la sensazione diquello che era il carattere dell’edificiooriginale. Gli altri interventi, ove nonera possibile recuperare i caratteri ori-ginali sono stati realizzati con un lin-guaggio contemporaneo che ha distin-to nettamente gli interventi di restauroda quelli di ristrutturazione.Attualmente all’interno dell’edificio tro-vano sede alcuni uffici della Cassa diRisparmio della Spezia oltre agli ufficidella Fondazione Cassa di Risparmiodella Spezia. Ai vari piani, inoltre, esi-stono sale dedicate dalla Fondazioneallo sviluppo della propria attività e

Nell’ottocentesco edificio restauratodalla Fondazione Cassa di Risparmiodella Spezia trovano spazio la nuovasede della Fondazione e sale a dispo-sizione della comunità locale

L’edificio ove ha attualmente sede laFondazione della Cassa di Risparmiodella Spezia è il risultato di un inter-vento di ristrutturazione e restauroconclusosi nel 2005 e curato dallo stu-dio Roberto & Cristina Tartarini archi-tetti associati. L’edificio costruito ametà ottocento come sede di un presti-gioso albergo aveva ospitato negli annidi maggior splendore i reali di CasaSavoia, Garibaldi nonché una serie diimportanti viaggiatori che avevanosoggiornato nel golfo. Ubicato, in quel tempo, sul maredivenne parametro urbanistico di rife-rimento nello sviluppo urbano ottocen-tesco e mantenne posizione predomi-nante nella via più rappresentativadella città. All’inizio degli anni ventidel novecento venne acquisito da unimportante istituto bancario nazionaleche lo trasformò completamente elimi-nando all’interno ogni traccia dellastruttura originale e manomettendoesternamente i caratteri dell’edificio.Alla fine dell’anno duemila fu acquisi-to dalla Fondazione della Cassa diRisparmio della Spezia e dalla Cassa diRisparmio della Spezia e subito dopoiniziarono le opere di ristrutturazione.L’intervento ha cercato, per quantopossibile, di recuperare i caratteri ori-ginali del manufatto e dopo un’accura-ta ricerca storica è stato possibile rico-

Nuova sede della FondazioneCassa di Risparmio della SpeziaRoberto Tartarini*

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I progetti delle Fondazioni bancarie per le città

La Fondazione Cassa di Risparmio diSpoleto è tra i soggetti finanziatoridel “rilievo critico” finalizzato alconsolidamento, restauro e riuso del-l’area dell’Anfiteatro come “quartiereuniversitario”

Ricompreso tra la cerchia muraria piùantica (IV – V sec. a.C.n.) e quella tre-centesca, il complesso che, a Spoleto,viene di solito individuato con i topo-nimi “area dell’Anfiteatro”, “ex casermaSevero Minervio” o, in modo più sbri-gativo e dispregiativo, “Kashba”, fino apoco tempo fa, era proprietà delDemanio dello Stato Ramo DifesaEsercito, che lo aveva requisito, pocodopo l’Unità d’Italia, agli Ordini reli-giosi (Agostiniane Lateranensi eClarisse), che da secoli lo abitavano,per adibirlo a Caserma, Uffici delGenio, Convitto per gli orfani dei mili-tari, magazzini, ecc.Una delle leggi emanate dopo i movi-menti tellurici che, a partire dal 1997,hanno colpito l’Umbria ha permesso alComune di reclamarne il possesso aimilitari e cominciare a programmarneil recupero.Questo settore urbano (quasi tre ettaridi estensione ed oltre centocinquanta-mila metri cubi di edificato), al suointerno, racchiude le chiese dei SS.Stefano e Tommaso (detta comune-mente S. Maria della Stella), di S.Gregorio prete e di S. Gregorio Minoreo “de griptis” o “de caberniis”, i mona-steri delle Agostiniane Lateranensi edelle Clarisse, quattro chiostri di varieepoche, i fabbricati costruiti dal

ripartendole in più annualità, ha stan-ziato le somme occorrenti per consen-tire la predisposizione del “rilievo criti-co” della intera area dell’AnfiteatroRomano, strumento conoscitivo – sin-tesi di studi e ricerche interdisciplinarispecialistiche – indispensabile e prope-deutico ad ogni progetto di intervento.Operazione, avviata nel 1997 ed ormaicompletata, ha visto impegnate varieprofessionalità che hanno analizzato lazona e l’edificato storico, che su diessa sorge, sotto l’aspetto dimensiona-le, archeologico, architettonico, tipo-morfologico, artistico, archivistico,geologico e strutturale.A distanza di circa un trentennio, laFondazione dava così continuità aduno studio finanziato dalla Cassa all’i-nizio degli anni ’70: “Un contributo distudio per il recupero del patrimonioedilizio storico – artistico esistentesull’Area dell’Anfiteatro Romano diSpoleto” inteso già allora a promuo-vere il recupero di questa parte dellacittà antica.Lo stato di conoscenza oggi raggiuntoha consentito di mettere a punto unprogetto architettonico preliminare peril riuso dell’intera zona oltre che un”Progetto di demolizione delle superfe-tazioni accertate”, in cui, basandosi suirisultati del “rilievo critico”, si sonoschedate dettagliatamente tutte lestrutture senza valore documentario edincongrue rispetto agli assetti originari,motivando, caso per caso, la scelta diprocedere al loro abbattimento ed alrecupero dei materiali reimpiegabili.Utilizzando parte dei fondi messi a dis-posizione dalla Regione dell’Umbria a

Il recupero dell’area dell’Anfiteatro a SpoletoGiuliano Macchia*

Demanio Militare, vecchie strade inter-cluse, ampi spazi oggi inselvatichiti madi rilevante interesse archeologico,oltre ai resti, imponenti, dell’Anfiteatro,opera romana forse del II sec. d. C..Una sorta, quindi, di straordinariopalinsesto, su cui sono scritte pagine distoria sociale, economica e religiosa,sempre sottratto (a causa delle passatedestinazioni d’uso: monasteri di clau-sura prima e caserma dopo) ad ognipossibilità di studio, attento e sistema-tico. Gli avvenimenti di oltre milleset-tecento anni, che iniziarono con lacostruzione del grandioso impianto“ludico”, in cui gli agiografi medievaliinscenarono le narrazioni dei supplizi edelle torture di quasi tutti i santi locali,proseguirono con l’occupazione delluogo da parte di Totila che, nel 545,lo trasformò in fortificazione, conti-nuarono con la costruzione della primachiesa dedicata a S. Gregorio martire(documentata già nel 1115) che qui erastato ucciso e “fiorirono” fino quasialla metà dell’Ottocento con la costru-zione ed i continui rinnovamenti deidue Monasteri e dell’Ospedale dellaStella e, dopo aver superato le spolia-zioni dovute alla necessità di reperiremateriali lapidei per la costruzionedella Rocca Albornoziana, trovaronopoi più di centotrenta anni di “oblio”ed “avvilimento” funzionale con lariduzione dell’intero edificato a caser-ma e peggio.

L’intervento della Fondazione

La Fondazione Cassa di Risparmio diSpoleto d’accordo con il Comune, nelsettore “Arte, Attività e Beni Culturali”,

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Urbanistica INFORMAZIONI

In una città, profondamente modificatanella sua “spazio – temporalità” con laeliminazione della fatica per superare inotevoli dislivelli che la caratterizzano,assumeranno più rilevanza i tratti oriz-zontali lungo le curve di livello checonsentiranno di usufruire degli edificidedicati alla cultura (musei, gallerie,teatri, aule, biblioteche, centri studi econvegni, ecc.) come parti di un unicosistema organizzato in modo razionale,economico e complementare.

*Architetto, membro del Gruppo Redazionale del rilie-vo critico.

“industria” (compatibile e ”non inqui-nante”).Così, mentre per l’area dell’Anfiteatrosi andrà avanti con ulteriori studi, inecessari approfondimenti progettualied infine gli appalti ed i lavori, nellacittà saranno finalmente giunti a com-pimento i numerosissimi interventi direstauro e di riuso di svariati edifici siapubblici che privati (oggi ancora inatto) e sarà anche arrivata a termine larealizzazione della cosiddetta “mobilitàalternativa” per il centro antico.Definizione sintetica e vagamente crip-tica, con cui ci si riferisce ad un insie-me di opere che (da qui a due/tre anni)porteranno alla pedonalizzazione dellaSpoleto dentro le mura.Da tre grandi parcheggi pubblici aridosso delle mura dipartiranno (inte-grandosi tra di loro) percorsi di pene-trazione che, in parte meccanizzati(scale e tappeti mobili, ascensori edaltro) ed in parte pedonali (sotterraneie/o di superficie), permetteranno diraggiungere qualsiasi meta in pochiminuti e con un tragitto (in piano o indiscesa) al massimo di duecento metri.

seguito degli eventi sismici, questol’intervento, in avanzato stato di ese-cuzione, consente ormai di “godere”appieno delle qualità spaziali dei variambienti fino ad oggi ipotizzate e rico-struite solo sulla carta e di approfondi-re ancora di più alcuni aspetti di cono-scenza rimasti sospesi.

Obiettivi e finalità

La città ha da anni individuato nel tri-nomio “Turismo – Ambiente – Cultura”il proprio obiettivo.In questa prospettiva, va traguardata ladecisione di destinare l’intera area“dell’Anfiteatro” a “quartiere universi-tario”, definizione in cui appare evi-dente la volontà di utilizzarla per spazidestinati all’alta formazione professio-nale integrata nei campi del “restauro”(Spoleto, trenta anni fa, era già sede dispecifici corsi professionali in materia)e della “sonologia” (la città, da sessan-ta anni ospita l’attività del TeatroLirico Sperimentale e, da quasi cin-quanta, gli eventi del Festival dei DueMondi) e quella di renderla (finalmen-te) parte “viva” della città.Al suo interno troveranno posto : auletradizionali e speciali, laboratori, servi-zi, spazi residenziali (per studenti edocenti) e commerciali, percorsiarcheologici, aree a verde, piazze, per-corsi alternativi, ecc.Uniti in sistema ed in una città a breve(due – tre anni) completamente liberatadalle autovetture e resa percorribilesenza sforzo (“Mobilità alternativa perSpoleto città aperta all’uomo ovveroSpoleto città senza auto”): RoccaAlbornoziana (con, al suo interno, ilCentro di Diagnostica per i BeniCulturali, la scuola Europea di Restaurodel Libro Antico, il “Museo delDucato”, un teatro nel Cortile delleArmi, ecc.), Palazzo Collicola (“Centrodel sistema museale cittadino”, GalleriaComunale d’Arte Contemporanea, spaziespositivi, biblioteca specializzata,ecc.), Palazzo Mauri (biblioteca pubbli-ca), ex Ospedale di San Matteo(Archivio di Stato e spazi di studio ericerca), Palazzi del Municipio,dell’exSeminario, Leti-Sansi, Racani-Arroni,ecc. e l’area di cui si parla, lascianoimmaginare un centro quasi totalmentedestinato alla cultura, intesa come

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Ripresa aerea della metà degli anni ’50.Al di sopra della cinta urbica del sec. XIII, è ben leggibile, sulla sinistra, l’ellisse dell’AnfiteatroRomano. Il retino evidenzia l’area oggetto di studio in rapporto alla parte bassa della città.

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I progetti delle Fondazioni bancarie per le città

La Fondazione CariVerona è tra isoggetti impegnati nella trasforma-zione di una vasta area urbana attra-verso due progetti di rilevanza stra-tegica

Ormai da decenni con Verona Sud nonsi denota genericamente la parte meri-dionale della città, ma un’area urbanaben precisa: quella delimitata a norddalla linea ferroviaria Milano-Venezia,a sud dall’autostrada A4, ad est edovest rispettivamente dai consolidatiabitati di Tomba – Borgo Roma eSanta Lucia - Golosine.Si tratta di un’area la cui storia è piut-tosto singolare.Sebbene puntata da una direttriceurbana forte, inventata da Sanmichelimezzo millennio fa e conclusa da unadelle sue porte più eleganti, rimasepraticamente inedificata fino alNovecento; la stessa suddetta porta(Nuova), diversamente dalle altre (Palioe San Zeno) che si aprivano su direttri-ci territoriali consolidate da secoli, siapriva praticamente sulla campagna.Si configurò in questo modo una vastaarea libera (oltre 200 ettari), già con-nessa anche in senso architettonicoalla città storica e che apparve imme-diatamente come il più opportunoluogo per grandi funzioni urbane nonappena una simile esigenza iniziò adessere sentita: il che non accaddeprima di qualche decennio fa.Negli anni Trenta del Novecento furo-no realizzati il Mercato Ortofrutticolo, iMagazzini Generali (con l’allora avan-zatissima stazione frigorifera) e la

È invece ancora aperta la questione delquartiere fiera, sulla quale si confron-tano pareri e progetti diversi.Così la vasta e preziosa area che dopola prima guerra mondiale apparve dis-ponibile per la modernizzazione dellacittà perchè libera, oggi lo è di nuovoperchè liberabile (e/o ristrutturabile, esi può immaginare che su questo ildibattito sia particolarmente intenso).La misura dell’area è tale che qualun-que sua trasformazione inevitabilmentenon conclude i suoi effetti entro i suoiconfini, ma ne proietta di importantisulla città e sull’hinterland.Del resto sempre meno le trasformazio-ni delle città (ed anche delle aree vaste)si controllano, come un tempo, attra-verso regole di diversificazione deiregimi dei suoli, consistenti essenzial-mente in perimetrazioni e norme.Sempre di più si controllano inveceattraverso progetti di rilevanza urbana,cioè progetti disegnati capaci non solo

Fondazione CariVerona per Verona SudNico Bolla*

nuova stazione ferroviaria (con unimportante scalo merci); e subito dopola guerra vi si trasferì la Fiera deiCavalli che di lì iniziò il suo sviluppo ela sua diversificazione.Poi, tra gli anni Cinquanta e Sessantal’area fu occupata dal primo consisten-te insediamento industriale diffuso delboom economico, che si concluse con laconnessione al sistema autostradalelombardo-veneto.L’urbanizzazione d’anteguerra fusostanzialmente dovuta a poche grandiopere, quella del dopoguerra a moltipiccoli interventi; le une e gli altriconobbero negli anni successivi unaveloce obsolescenza, che è ormai defi-nitiva per magazzini e mercato, giàrilocalizzati altrove.Essa appare anche interessare in modoirreversibile gli impianti industriali e loscalo merci ferroviario, le cui funzionisono già in larga misura trasferite (alQuadrante Europa).

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Urbanistica INFORMAZIONI

dosi come una vera e propria secondacentralità;- configurano e facilitano un rapportoterritoriale con quella parte di hinter-land che appare più suscettibile di svi-luppo, introducendo anche elementi dirazionalità nelle relazioni di areavasta;- ricadono sul sistema della circolazio-ne e della mobilità sia di scala urbanache territoriale;- in generale sono capaci di suscitareinvestimenti indotti ed interventi ulte-riori sia di iniziativa pubblica che pri-vata, innescando il coinvolgimento dialtri soggetti.Per quanto appaia un trito luogocomune il ricordarlo, Verona è pursempre un crocevia, oggi tra ilCorridoio 1 ed il Corridoio 5.Da questa condizione sono derivate letrasformazioni di Verona Sud, dallaspianata dei tempi della città militare,agli impianti della movimentazionemateriale di merci deperibili, alla reteesuberante e disordinata degli scambimateriali del miracolo economico, finoall’odierno movimento immaterialedella ricchezza e della cultura.

*Architetto componente del Consiglio Generale dellaFondazione Cassa di Risparmio di Verona VicenzaBelluno e Ancona.

La stessa evoluzione legislativa va inquesta direzione, pur nelle diverse spe-cificità regionali, nelle diverse sensibi-lità, nei diversi livelli culturali e scien-tifici.Partendo da queste considerazioni giàallo scorso Urbanpromo 2005 si posecon una certa forza la questione dellaautonomia progettuale delle fondazionidi origine bancaria e pare opportunoche su questo l’elaborazione ed il con-fronto proseguano.Anche perchè è facile immaginare checrescerà l’importanza degli interventiimmobiliari diretti, finalmente non piùintralciati da incertezze legislative.La seconda direzione è la promozione ela realizzazione del Polo della Finanza,per il quale è stata costituita la PoloFinanziario spa, partecipata alla parida Fondazione CariVerona, BancoPopolare di Verona e Novara eCattolica Assicurazioni.Il Polo Finanziario va soprattutto inte-so come lo strumento per armonizzarela struttura produttiva locale, se neces-sario promuovendo i necessari ammo-dernamenti, al quadro determinatodalla globalizzazione dei mercati e dal-l’istituzione della moneta unica euro-pea.La terza direzione è la realizzazione delPolo Culturale, che è di totale compe-tenza della Fondazione CariVerona,rientrando nelle sue consolidate attivi-tà istituzionali.Iniziative culturali di qualunque tipo edi qualunque livello, fino ai massimi,potranno trovare spazi adeguati inparte in seguito a nuove costruzioni edin maggior parte attraverso recuperidelle vecchie strutture dei magazzini.Tra queste emerge ovviamente ilpotente edificio della stazione frigori-fera, che la tradizione popolare, purnon ignorando Palladio, chiama lostesso la rotonda.È un edificio di grande forza figurativaed il solo fatto di metterlo a disposi-zione della città e del territorio lo ren-derà anche un potente fattore di ordinedella forma urbana.In sintesi, gli interventi descritti deter-minano in maniera decisiva lo svilup-po nel tempo breve e medio della cittàin quanto:- riequilibrano rispetto al centro stori-co ed alla città esistente, configuran-

di trasformare il luogo in cui si collo-cano (il che è ovvio e pone semmaisolo un problema di qualità architetto-nica), ma anche di indurre trasforma-zioni in un ambito più vasto.Se tutto questo è vero, allora non sba-glia chi ritiene che lo sviluppo diVerona è prevalentemente a VeronaSud e che una qualunque strategia perVerona non possa prescindere daVerona Sud, perchè qualunque progettoa Verona Sud assume inevitabilmente icaratteri di un progetto di rilevanzaurbana.Non ha quindi sbagliato la FondazioneCariVerona nel voler essere protagoni-sta della trasformazione.Lo sta facendo, muovendosi in tre dire-zioni simultanee.La prima direzione è la partecipazioneal progetto: è ovvio che chi profonderànelle trasformazioni risorse materialipiuttosto ingenti abbia anche il dirittoed il dovere di intervenire nelle sceltefunzionali e forse perfino in quelleurbanistiche, architettoniche, figurati-ve.Sulle scelte funzionali, che sono in findei conti quelle veramente strategiche,l’influenza della Fondazione è statadecisiva: il Polo della Finanza ed ilPolo Culturale, di cui si dirà tra poco,determineranno, nel loro effetto con-giunto, una nuova e più incisiva rile-vanza di Verona sia nel sistema dellamegalopoli padana che nelle sue rela-zioni internazionali.Più esigua è finora l’influenza dellaFondazione sulle scelte di progettazio-ne urbana ed architettonica, che ècompleta sulle parti in cui il suo inter-vento è diretto ed esclusivo (come ilPolo Culturale), ma più debole su quel-le in cui il suo intervento è in parteci-pazione (come il Polo della Finanza)oppure è lontano dalle sue finalità isti-tuzionali, come nelle progettazioniurbanistiche, ancora di competenzadegli enti locali territoriali.D’altronde si è visto come la tecnicadella progettazione urbanistica sia infase di mutazione, dalle norme al dise-gno: in un simile processo nuovi sog-getti possono assumere competenzeprima ad essi precluse, mentre il ruolodegli enti locali sarà sempre più dicoordinamento e sempre meno dirigi-sta.

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I progetti delle Fondazioni bancarie per le città

La Fondazione Cassa di Risparmiodella Provincia di Chieti finanzia unprogetto per la valorizzazione del-l’antica capitale abruzzese, attraversola visualizzazione spaziale della cittàe dei suoi edifici

“Rappresentare e disegnare una cittàsignifica intessere una fitta trama direlazioni tra le diverse parti che lacostituiscono e tra gli elementi cheinverano la realtà delle singole parti,senza rinunciare – nella incalzanteprogressione di riduzione – ai connota-ti della loro riconoscibilità.In tal senso rappresentare vuol direintuire una classificazione che restitui-sca il ponderato equilibrio dell’imma-gine della città, consegnataci dallastoria”.Con questo presupposto si apriva unarticolato programma di lavoro intornoal quale si univano le competenze e gliinteressi di tre enti locali: laFondazione Cassa di Risparmio dellaProvincia di Chieti, il Dipartimento diScienze, Storia dell’Architettura,Restauro e Rappresentazione, (Facoltàdi Architettura) per i rilievi mensori, edal Dipartimento di Scienze dell’anti-chità (Facoltà di Lettere) per le indaginistoriche, e la Soprintendenza per i BeniArcheologici di Chieti. L’intento comune era volto a compren-dere i precipui caratteri morfologicidell’antica città di Chieti e, quindi, nonsoltanto osservare, analizzare e docu-mentare a grande scala un patrimoniostorico di considerevole entità, quantosviluppare delle considerazioni mirate

col corso del fiume Aterno, ò Pescaraal piè”, come affermava GiovanBattista Pacichelli nel 1703. Lungoquesto fiume corre l’antica viaTiburtina-Valeria che, legando le duesponde della penisola, ha permesso allacittà di ricoprire ruoli sempre impor-tanti nella regione Abruzzo.L’iconografia storica la ritrae come illuogo ecclesiastico per eccellenza, dovequasi tutti gli ordini religiosi ebberouna sede, dove nell’840 si celebrò unsinodo episcopale e nel 1097 ospitòPapa Urbani II. In realtà si contanodiciannove chiese storiche (senza con-siderarne altre sette distrutte), di cuimolte provviste di scuole, hospitali econventi oggi dismessi, e due conside-revoli sedi arcivescovili, nonché il

Teate. Il disegno di una cittàCarlo Mezzetti*, Pasquale Tunzi**

alla valorizzazione della coralitàambientale attraverso un gruppo diemergenze che fanno da key pointnella struttura urbana. Sono proprioqueste, infatti, a permettere di ricucireun tessuto edilizio la cui connotazionemorfologica, ricca di aree verdi apertesu ampi panorami, esercita un certoascendente sul visitatore, in particolarese percepite da lontano: i campanili, letorri e le cupole rapiscono ancora l’oc-chio quando si percorrono talune stra-de extraurbane.Chieti si estende sul crinale di tre collicontigui (a quota m 330 s.l.m.), orien-tati trasversalmente al mare Adriatico,dal quale dista appena 18 chilometri, e“gode temperie di clima, piacevolezzad’aria, e di sito, e fertilità di terreno,

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Urbanistica INFORMAZIONI

Il tutto forma un Atlante composto da130 tavole in formato A2, a più colori,di cui 26 tavole sono relative ai foto-grammi aerei corredati di rispettiverestituzioni, 10 tavole riguardano gliaspetti storici, 10 tavole i disegni urba-ni, 25 tavole le fotografie, e 40 tavolele emergenze architettoniche.L’uso strumentale delle tecnologieinformatiche, con restituzioni Wire-frame e rendering, hanno garantito laduplice opportunità di avere un’altaqualità del prodotto grafico e di esten-dere l’analisi, in un lavoro aperto, viavia modificabile e integrabile, al fine diconfigurare un’indagine sulla città, sul-l’insieme delle sue parti, che si offracome servizio Alle Amministrazioni e aquanti sono interessati alla sua trasfor-mazione e conservazione.

*Professore Ordinario di Disegno

**Professore Associato di Disegno presso la Facoltà diArchitettura dell’Università degli studi“G. d’Annunzio” di Chieti e Pescara.

parte del territorio contermine, sce-gliendo una visualizzazione assonome-trica, nell’evidente capacità di gover-narne tutte le parti senza alterazionivisive. Tale ‘veduta’ consente una let-tura puntuale della città, con i suoiisolati, l’individuazione dei percorsi, laconfigurazione delle piazze e deglislarghi, per apprezzare l’articolazionedei volumi storici nella relazione spa-ziale con il proprio contesto.Il modello 3D della città ha supportatole elaborazioni tematiche relative allestratificazioni storiche, a partire dalperiodo romano, passando attraverso iperiodi medioevale, rinascimentale,barocco, ottocentesco, per giungereall’età contemporanea. Tale elaborazio-ne si è giovata dell’identificazione perepoche e genere, delle emergenzearchitettoniche (archeologiche, civili ereligiose). In tal modo si sono potutelimitare le operazioni di rilevamentoall’asse portante del nucleo storico, allepiazze contermini e a quelle architettu-re di particolare rilievo ricadenti sulleprincipali vie.Ci siamo pertanto interessati, nellospecifico, del corso Marrucino (lungocirca m 670), ossia, delle due cortineche creano i fronti e sotto i quali insi-stono le relative piante degli edifici. Labidimensionalità del disegno, esplicatanell’adeguata definizione del dettaglio,nelle caratteristiche funzionali e metri-che di ciascuna entità architettonica, –al fine di dare un giusto riconosci-mento alle relazioni strutturali e for-mali che necessariamente coesistononel rapporto esistente tra pianta a pro-spetto.Infine, l’aspetto morfologico delle sin-gole emergenze archeologiche e archi-tettoniche, nel processo di catalogazio-ne e di rappresentazione, è statoaffrontato attraverso un’operazione disintesi che ha facilitato gli approfondi-menti conoscitivi con schede disegnatedove sono organizzati, con uno sche-ma unificato, i riferimenti aerofoto-grammetrici, la relativa posizione di‘veduta’ tridimensionale, le piante, iprospetti e le sezioni che definiscono ivalori dimensionali, i dettagli analizza-ti da giochi geometrici, porzioni diassonometrie con cui si descrivono lepeculiari caratteristiche compositive ecostruttive dei singoli organismi.

Seminario Regionale Pontificio prepo-sto alla formazione dei prelati per laSanta Sede.Ma le sue lontane origini preromane,testimoniate da numerosi reperti, e lanotabile stratificazione architettonicasuccedutasi nel corso dei secoli, lapongono tra le città più ricche, interes-santi e poco conosciute d’Italia. Cosìannovera importanti resti romani,come il teatro, l’anfiteatro, le terme, itempietti, le cisterne, per citarne alcu-ni, e poi tre torri e tre portali medioe-vali ancora intatti, due porte urbiche,pochi edifici rinascimentali e moltedimore e chiese settecentesche, beiinterventi realizzati nell’Ottocento,come il Teatro dell’Opera, le sedi ban-carie, il tribunale, la pescheria, il cimi-tero, altri palazzi che delimitano ilcorso e le principali vie, e infine, nelnuovo secolo, gli edifici eclettici equelli del ventennio fascista quali laCamera di Commercio, la Provincia, lePoste, la singolare sede dell’ONB.Grazie al sostegno della FondazioneCarichieti, il programma di ‘rilievointegrato’, coordinato da CarloMezzetti, ha preso il via nell’ottobre2003 affrontando tre aspetti fonda-mentali condivisi: gli archivi (cartogra-fico, fotografico, grafico-bibliografico),il rilievo (tridimensionale dell’interacittà, e la pianta tipologica con i relati-vi fronti della ‘spina centrale’), la mor-fologia delle emergenze (archeologichee architettoniche).Obiettivo primario e concreto dell’inte-ro lavoro è quello di dare una visualiz-zazione spaziale della città e dei suoiedifici, un modo più attuale di comuni-care la complessità architettonica. Cosìl’atto preliminare ha investito il recu-pero delle passate raffigurazioni pro-dotte su Chieti, dal quale è emersa unadiscreta quantità di mappe storiche afronte della mancanza di una cartaaggiornata, che potesse servire di baseper il piano di lavoro di rilevamento.Pertanto, è stato necessario realizzareuna aerofotogrammetria, con relativarestituzione in scala 1:1.000, sullaquale si è potuto definire l’ambito d’in-tervento circoscritto al centro storico.La nuova cartografia dotata di nume-rose informazioni ha permesso, inoltre,di poter elaborare una rappresentazio-ne tridimensionale di tutta la città e di

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I progetti delle Fondazioni bancarie per le città

La Fondazione Cassa di Risparmio diCesena è tra i sostenitori di un proget-to di rilievo, analisi e schedatura delsistema dei prospetti che costituisconola scena urbana del centro storico

Il crescente interesse per il recupero deltessuto edilizio storico si è concretizzato,in ambito nazionale ed europeo, con lasperimentazione di diverse tecniche dianalisi e rappresentazione finalizzataalla conoscenza e alla pianificazioneurbana. L’esigenza di qualità dell’am-biente costruito e di una maggiore cor-rispondenza alle esigenze della nuovasocietà contemporanea, hanno restituitoall’architettura (non solo nelle cultureoccidentali consolidate ma anche nelleproblematiche realtà dei paesi in via disviluppo) il fondamentale compito diassicurare identità ai luoghi dell’abitare.Il “diritto alla bellezza” è un elementoessenziale del “diritto alla città”, indi-pendente dalla classe sociale di apparte-nenza).L’estetica della città, inoltre, non è soloun fattore di identità culturale, maanche economico; la città è diventatauna risorsa a cui attingere attraversostrategie mirate di marketing urbano epercorsi metodologici che permettano diorientare i progetti di recupero attraver-so una “riqualificazione immateriale” eduna “materiale”, proponendo una valo-rizzazione ed un miglioramento dell’esi-stente.Il caso di Cesena mostra come la colla-borazione tra diverse realtà (Fondazionedella Cassa di Risparmio di CesenaAmministrazione Pubblica e Università)possa portare a progetti e realizzazioni

del cosiddetto QuickTime VR si realizza-no, per i nodi urbani più significativi,delle immagini panoramiche virtualmen-te esplorabili senza itinerari prestabiliti. Questo progetto non è altro che unpunto di partenza,“il campo base” diogni percorso progettuale finalizzato allariqualificazione dell’ambiente costruito,come quello che porterà al recupero delPorticato su Corso Garibaldi e PiazzaGuidazzi (pavimentazione e illuminazio-ne) e alla valorizzazione di emergenzearchitettoniche attraverso un nuovosistema di illuminazione pubblica not-turna. Significativi sono i progetti già realizzatia Cesena (la Cattedrale, il TeatroAlessandro Bonci e il Palazzo delCapitano ) e Sarsina (la Cattedrale). Inquesti interventi è stata data moltaimportanza alla scelta del colore dellaluce e all’effetto che essa crea sullesuperfici murarie, cercando di ottenereun tipo di illuminazione naturale, vicinaa quella diurna, ma di intensità minore.La luce è lo strumento che fa emergerel’edificio dal tessuto urbano, illuminan-do completamente l’intero complesso ela torre civica per quanto riguarda ilPalazzo del Capitano e l’intera piazzaantistante, oltre la facciata, per il teatroBonci, con due livelli di luminosità, unaper i giorni ordinari e una per quelli incui il teatro è in funzione. L’emergere di un edificio dal tessutocostruito ne esalta la presenza ed ilsignificato semantico, sollecitando ilsenso di identità ed appartenenza.

*Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio diCesena.**Architetto, è progettista.

Rappresenazione e riscoperta dell’identità di CesenaDavide Trevisani* e Donato Ricciotti Angelillo**

importanti. Il progetto di ricerca deno-minato “Coloriamo Cesena” coinvolgedirettamente la Fondazione e la Facoltàdi Architettura “Aldo Rossi” ed ha comeobiettivo il rilievo, l’analisi e la scheda-tura del sistema dei fronti che costitui-scono la Scena Urbana del CentroStorico della città. Il fine è quello di for-nire uno strumento di conoscenza del-l’insieme di una scena altrimenti nonpercepibile come elemento unitario efornire un indirizzo per interventi dimanutenzione delle facciate degli edifici.L’indagine è volta a raccogliere e siste-matizzare, attraverso l’impiego dei mezziinformatici per la gestione e l’interroga-zione di un database, non solo i datiquantitativi, ma anche gli aspetti quali-tativi che connotano l’architettura deglispazi urbani. L’utilizzo di consolidatetecniche di rilievo strumentale consentedi assicurare una precisione ed unaaccuratezza del rilievo che tutelano lascientificità dell’operazione. Il lavoro sicompone di tre tipi di elaborati:1. Base di dati informatizzata delle sche-de di rilevamento dei singoli edifici:composta da oltre 2000 schede di rileva-mento, relative agli edifici ricadenti nel-l’area oggetto di studio ed articolata inpiù campi descrittivo-documentali con-tenenti le informazioni grafiche, numeri-che ed alfanumeriche, relative al singoloedificio e alle parti che lo compongono;2. Schede di rilevamento del sistemadelle facciate degli isolati: tali schederaccolgono, di ogni fronte stradaleoggetto di studio, la “mosaicatura” dellefoto raddrizzate e la restituzione vetto-riale dei prospetti;3. Panoramiche VR dei nodi urbani piùsignificativi: con l’impiego della tecnica

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A margine della X Biennale Architettura di Venezia

sua spazialità) hanno denunciato l’iner-zia dei paradigmi professionali2. Gli stessispezzoni di riforma legislativa, a livelloregionale e nazionale, hanno puntatonegli ultimi due decenni a sistemi di pia-nificazione più maturi, di governo urba-no via politiche, con interazione circola-re e debolmente formalizzata fra regolestrategie progetti3. Attualmente la dimen-sione del progetto urbano, riformulatocon una forte componente socioecono-mica e strategica, appare in Italia cultu-ralmente dominante e anche il successodi iniziative come UrbanPromo lo con-ferma.Proprio mentre da noi gli interventi diriqualificazione incentrati sulla puradimensione fisica, cominciano ad essereguardati come «un terreno meno com-plesso» e «poco europeo» rispetto a poli-tiche integrate di rigenerazione e di svi-luppo locale4, nella pianificazione strate-gica degli stati comunitari emerge unanuova domanda di obiettivi di organiz-zazione spaziale5. Ma la nostra tradizioneè altra, come ci ricorda Burdett illustran-do la svolta anti-sprawl nella politicaurbana londinese: «Densificazione eprossimità sono i grandi temi della cul-tura urbana italiana» e San Gimignano(pericolosamente de-storicizzata) vieneriproposta come immagine-guida dacontrapporre alle dinamiche estensivenelle città del resto del mondo. A differenza del nostro, invece, quelloinglese è un sistema di pianificazione dasempre centrato su documenti non for-mali, privi di indicazioni di dettaglio eparametri dimensionali, almeno fino apiù recenti strumenti di design guidance.L’esercizio professionale non ha cono-

L’allestimento è stato creato con sequen-ze cinematografiche, profili sonori, scenedi vita di strada, e non solo perché l’og-getto pulsante della metropoli rifugge levecchie forme di rappresentazione staticadel progetto di architettura: dietro a que-sta centralità assoluta dell’esperienzaurbana c’è un’idea del planning in cui latecnica arretra davanti all’osservazionepartecipata e un atteggiamento culturaletipicamente anglosassone improntatoalla governance. Non per questo, però, sipossono attribuire al curatore posizioniestreme, da grado zero del pensierourbanistico contemporaneo, che rifiutiogni ordine costruito come inevitabil-mente calato dall’alto. Un indizio sta nelfatto che per citare un teorico italiano diriferimento in tema di “architettura &società” Burdett abbia pensato ad AldoRossi e non a De Carlo, benché moltovicino al dibattito urbanistico inglese. Ecco il punto di questa Biennale: rossia-namente crede in una “forma che portiavanti la realtà”. Ma tale assunto suonamolto diversamente dalla prospettivaculturale inglese o da un’angolaturanostrana, e a seconda di dove vengaposto l’accento sui due termini dellaquestione – sulle morfologie urbane o suquelle sociali. In una tradizione culturalecome quella italiana architettura e urba-nistica continuano ad essere consideratediscipline naturalmente gemelle, impo-stazione che continua a pesare non pocoanche sulla didattica universitaria. Primadell’aggiornamento forzato alle varieforme di accompagnamento sociale dellatrasformazione urbana, poche voci isola-te (quelle di chi era convinto che il dis-corso sulla città non potesse limitarsi alla

A margine della X Biennale Architettura di Veneziaa cura di Michela Morante*

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Architettura & società, un nodo

carico di implicazioni teoriche, ricco

di incertezze, ma (si credeva) acqui-

sito; invece, la scelta del tema per

la X Biennale ha creato un piccolo

caso tanto in patria quanto nel

paese ospite, e le reazioni all’incari-

co di una figura come Ricky Burdett

a curatore della X Biennale, in

luogo del critico abituale, sono

state piuttosto fredde; a partire da

Gregotti che non ha esitato a defi-

nire «inquietante» il tema megalo-

politano, in quanto potenzialmente

anti-architettonico1.

Nell’approccio di questa mostra ser-

peggia in effetti molta geografia

relazionale, l’attenzione ai luoghi

come vengono esperiti e riplasmati

dai costrutti mentali di singoli e

gruppi.

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Urbanistica INFORMAZIONI

nistratori locali che opera in condizioniestreme di degrado abitativo e sociale,dove il campo di manovra si restringedrammaticamente alle infrastrutture dibase, alle azioni per arginare la mareamontante della città informale e inciderea latere sui tassi di criminalità giovanile.È meritorio l’aver voluto includere inuna rassegna d’architettura internaziona-le con ovvie esigenze di glamour piccoligesti ordinari di riqualificazione, comepalestre di quartiere e piste ciclabili nonfacili da spettacolarizzare. Tutto ciòdetto: è davvero credibile che la culturadella densità sopra richiamata sia dispo-nibile ad imparare da politiche urbanefatte sostanzialmente della materia delcoraggio e dell’immaginazione9?Fra i casi di studio di Urban Age c’èanche la densificazione promossa nel2000 sui quartieri centrali di Città delMessico, con tutti i noti epifenomenicollaterali – l’impennata generale deiprezzi delle case e la parallela prolifera-zione delle gated communities ai marginidell’area metropolitana10. La lezione rica-vabile dalle città dei Paesi in via di svi-luppo e le esperienze di trasformazionenelle metropoli di antico regime sonodavvero reciprocamente intercambiabili?Le riflessioni di Balbo e Piccinato in que-sto numero della rivista adombrano unarisposta a dir poco dubitativa.

*Redazione Veneto di Urbanistica Informazioni.

Note1 Vittorio Gregotti, Come cambia la metropoli, “IlCorriere della Sera”, 13 settembre 2005.2 P.L. Crosta, Quale collaborazione pubblico/privato neiprogetti urbani: la città o la costruzione della città alcentro della politica urbanistica?, in Id. La politica delpiano, Milano 1995.3 L. Mazza, Trasformazioni del piano, Angeli, Milano1997.4 Cfr. i contributi di M. Cremaschi e C. Tedesco in“Archivio di studi urbani e regionali” 75, 2002.5 P. Healey, The Treatment of Space and Place in theNew Strategic Spatial Planning Europe, “InternationalJournal of Urban and Regional Research”, vol. 28/1,March 2004, pp. 45-67.6 Tesi analoga ha sostenuto a suo tempo S. Boeri nellarecensione a S, M, L, XL (“Casabella” 634, 1996).7 F. Purini, Le nuove qualità del progetto urbano, in F.Moschini, G. Neri Dal progetto, scritti teorici di F. Purini,Kappa 1992.8 Cfr. Cremaschi su Un mondo di città di Piccinato,www.planum.net/showspace/main/m-bookreview-picci-nato.htm9 H. Knoflacher, P. Rode, Travelling less, living better,who pays? New York Conference February 2005,Reflection paper, p. 8, www.urban-age.net10 Case Studies: Recent Urban Interventions in MexicoCity, in Mexico City Growth at the Limit?, Urban AgeConference February 2006, MC Newspaper, www.urban-age.net

urbani del diffuso, i centri commerciali,le città-dormitorio, ci aiuta davvero acapire come rendere vitali, civili e demo-cratiche le città contemporanee?6

L’obiettivo del Cities Programme tenutoda Burdett in una scuola tipo la Bocconiitaliana, è stato essenzialmente la ricercasui fattori di successo degli interventi pervie diverse dalla pianificazione di partepubblica classica; secondo una filosofiadi rigenerazione urbana che attinge allabuona architettura, meglio se firmata ed’autore, che ripaga anzitutto chi la pro-muove. A Londra l’offerta residenziale èstata polarizzata sui brownfield sites,luogo privilegiato del progetto comples-so, dell’intersezione pubblico/privato. Legrandi operazioni di ristrutturazioneinarrivabili dagli enti locali si auspicapossano riprodurre effetti sensibili sullavita delle grandi comunità. La ricettacontinuamente riproposta da Burdett,insomma, è quella (non propriamenteconfermata da una storia di successi del-l’urbanistica moderna) che la densifica-zione sposata ad un sufficiente mix fun-zionale sia il modello urbano vincente.Persino Purini, che in passato ha teoriz-zato «l’essenza comunitaria e relazionaledella città», il ruolo del progetto d’archi-tettura come «nuova natura» e «interme-diazione» nel costruito7, ha proposto conun masterplan di fondazione chiaramen-te formalistico un’azione di contrasto aldiffuso in una delle regioni più ricchedel Paese. E in tutte le occasioni pubbli-che per promuovere questa Biennale chefatalmente ha incontrato come suo part-ner la Risanamento Spa di Zunino,abbiamo assistito ad un vero e propriopeana della densità. Anche le conferenzeinternazionali Urban Age hanno ripropo-sto la griglia e il modello spaziale dellaGreen Manhattan, facendo assurgere lacittà-simbolo della congestione a cam-pione del risparmio energetico, oltre chedella vita in comunità. Ma l’equazionetra concentrazione e razionalità/qualitàurbana appare un po’ sbrigativa e diffici-le da conciliare con l’andamento deifenomeni globali8. Impossibile non pen-sare con scetticismo all’ondata mondialedi grattacieli post-11/9, alla magnilo-quenza verticalista delle metropoli asiati-che, alla gara per lo skyline più commer-ciabile, da Londra a Milano. Certamente Urban Age Burdett ha dona-to visibilità ad una “famiglia” di ammi-

sciuto forme di protezionismo e il ricorsoalla figura dell’architetto è stato a lungoeventuale e facoltativo, per un calcolo ditipo value-for-money» della committenza.Nella compagine amministrativa locale leprofessionalità progettuali si erano fatteaddirittura rare e solo molto recentemen-te si è creato spazio per figure di advisorillustri, provenienti dal mondo dell’archi-tettura internazionale. È insomma unfatto storicamente nuovo che nell’agendapolitica inglese i temi della qualità mor-fologica dell’ambiente costruito rivestanotanto spazio. Tutta l’azione pubblica èstata rivolta ad invertire il suburbandream polarizzando le comunità, per tra-sformare le condizioni di vita in com-plessi commerciali-residenziali degli anni’60 largamente insoddisfacenti. A metàdegli anni ’90, con la ripresa economica,il governo laburista ha investito sullaqualificazione dei progetti urbani, sele-zionando best practices ad uso delleamministrazioni locali. La «design-ledregeneration», tutta rifondata sulla designexcellence, è stata il fulcro d’attività del-l’allora ministero inglese per l’Ambiente(DoE), poi dell’Urban Task Force e dellapolitica del sindaco di Londra: per farfronte a previsioni abitative ventennalicon un modello di città compatte e traloro interconnesse. C’è dunque un equi-voco di fondo in questa Biennale eriguarda il diverso peso della culturad’intervento sulla città fisica, rispettiva-mente, nel contesto italiano e in quelloinglese – rispetto a questa profondadiversità culturale ne va misurato ilgrado di novità. È un nodo cui sonoconnessi, per chi scrive, altri aspetti dellarassegna che disorientano e risultanofatalmente ambigui. Innanzitutto, adispetto dell’apertura terzomondista edella lente puntata sulla dimensionesociologica e regionale, l’impostazionedella mostra risulta non solo europeistama, come suggerisce anche Ricci nel suocontributo, marcatamente “londocentri-ca”. L’idea dichiarata è che i contestimegalopolitani vadano studiati comemicrocosmi-termometro dei cambiamentisociali più generali; l’implicito (anchequesto non esattamente nuovo) è che lemetropoli siano la migliore palestra disperimentazione architettonica. Mamisurarci progettualmente con la dimen-sione abnorme, di crescita o di declinoinsediativo, tralasciando i paesaggi sub-

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discute e valuta il livello della speri-mentazione proposta, le tesi e le figureemergenti. In altri termini, nelle rasse-gne come la Biennale, chi cura lasezione generale ha di solito il compitodi scegliere i giganti (le figure e leidee) sulle cui spalle far salire gli spet-tatori per offrire nuovi punti di vistasull’architettura, sul paesaggio e sullacittà. Questa volta sembra che i curato-ri facciano i giganti, cioè che in fondopresentino sé stessi. Non c’è niente dimale in tutto questo, solo che verifica-re la validità della nuova formuladiventa una delle questioni più interes-santi dell’edizione 2006, sia per i criticiche per i visitatori. La sezione sullecittà oltre cinque milioni di abitanti diBurdett è il frutto dei cicli di incontriUrban Age e in fondo sembra proporreil modello Londra (dove Burdett èadvisor del Sindaco per le questioniurbanistiche), come ipotesi di lavorosulle forme dell’architettura e dellasocietà nella nuova era delle cittàmondo. Una città che riesce a cresceredi un milione di abitanti in pochi annisenza spendere le sue superfici, senzaestendere la città all’infinito e, al con-trario, attivando un processo di rigene-razione che, ad esempio, trasforma eacquisisce all’uso pubblico quasi tuttele aree lungo il Tamigi. Burdett portain mostra insieme alle nuove formedelle città globali, i contesti dei feno-meni e quelli delle politiche e, in defi-nitiva, la sua stessa figura di gestoredei processi, allo stesso tempo eminen-za non grigia e autore del progetto ditrasformazione fisica e immaterialedella città. La stessa cosa vale anche

cornice piuttosto generica per inqua-drare un programma così pieno dimanifestazioni culturali diverse comequello di quest’anno e forse si potevaprovare a mettere più a fuoco il signi-ficato complessivo della proposta.Sembra quasi che, per qualche motivo,il Consiglio della Biennale abbia volu-to, per questa edizione, articolare undiscorso sulla città e bilanciare la pro-posta affidando la trattazione a curato-ri diversi, come se il senso della mostrasi potesse definire meglio aumentandoil numero dei responsabili culturali. Lastoria dimostra che di solito è vero ilcontrario. D’altra parte, è certo che afronte della sostanziale evanescenzadel tema generale il quadro compositodei curatori restituisce un’immaginemolto chiara della geografia dei poteriinterna all’attuale Consiglio.

Seconda impressione: è la Biennale deicuratori in vetrina. In questo è unamostra innovativa. Fino ad ora le pas-sate edizioni della rassegna venezianapotrebbero essere sostanzialmente divi-se in biennali-manifesto, quelle cheinterpretano una posizione teorica pre-cisa e talvolta provocatoria del curato-re (come quelle di Rossi, di Portoghesie di Fuksas ad esempio), o in biennali-fiera, che presentano lo stato dell’arte -o il saie delle forme- della progettazio-ne architettonica e urbana nel mondo(le ultime due erano così concepite). Intutti i casi è chiaro il gioco delle parti.I curatori propongono un’ipotesi criti-ca, tassonomica o di ricerca. Gli archi-tetti selezionati la interpretano attra-verso i lavori esposti. Il pubblico ne

Scrivere della Biennale prima divederla sapendo di essere letto dagente che ormai l’ha già vista è unatrappola dove mi sono infilato quasiinconsapevole e spero di venirnefuori senza troppi danni. Parlerò deidocumenti disponibili e sull’ondadelle poche impressioni maturate finqui dal ciclo delle presentazioni, spe-rando che non siano tutte conferma-te dai fatti a settembre

Prima impressione: si tratta di unaBiennale confusa. Dove la confusionenon è necessariamente un elementonegativo, ma in qualche caso rappre-senta il tema stesso dell’esposizione. Ilpunto è che non si capisce bene ilsenso della proposta culturale dellamanifestazione di quest’anno e perchésia stata articolata su più iniziative inparallelo. Insomma, qual è il concettoche dà senso alla mostra? Dovrebbeessere quello espresso dalla sezionecentrale sulle metacittà curata daRichard Burdett, ma in che cosa consi-ste il rapporto tra questa sezione equelle curate da Claudio D’Amato sulleCittà di Pietra (che sembra l’esattocontrario delle città di gente proposteda Burdett), da Franco Purini sulla suaCittà di Fondazione e da RinioBruttomesso sulle città d’acqua? E’dunque la città il filo di Arianna checonsente ai visitatori di orientarsi e chetiene insieme il “pacchetto” dell’offertaculturale della Biennale 2006?Probabilmente è così, ma la città è una

Impressioni di settembre(ovvero, che Biennale è mai questa?)Mosè Ricci*

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sti, amministratori e policy makers. Eriguarda la necessità di aggiornare leforme del progetto urbano contempo-raneo: se nuovi materiali per il proget-to della città sono atipici come leinfrastrutture, la gestione dei flussi, glistrumenti di interazione sociale chepermettono ai cittadini di plasmare inqualche modo i loro spazi di vita, lepolitiche di governance sono spesso piùincisive dei progetti spaziali per defini-re la qualità urbana. La terza preoccu-pazione del curatore è quella di dareimpulso a una nuova cultura urbanaadeguata alla nuova dimensione socia-le e fisica delle città. A Venezia Burdettha invitato, nella sezione learning fromcities coordinata da FrancescoGarofalo, 11 scuole di architettura stra-niere e 11 scuole italiane a confrontarsicon la contemporaneità dei contestiurbani delle metacittà in continuomutamento. Si tratta di una specie diworkshop che avrà luogo negli spazidella Biennale durante tutto il periododella Mostra. L’unica regola è quella dinon poter fare progetti nelle città diprovenienza. Nelle premesse sembrauna delle manifestazioni più interes-santi di questa Biennale. Che sianoancora una volta gli studenti e le scuo-le (che già da tempo hanno metaboliz-zato le preoccupazioni di Burdett) igiganti su cui arrampicarsi per vederela città con occhi nuovi e diversi?

* Architetto e urbanista, professore di Urbanistica allaFacoltà di Architettura di Pescara.

soglia (oltre 5 milioni di abitanti) perdefinire la dimensione urbana nelnuovo millennio. Dietro l’idea dellasoglia, c’è il progetto di impedire oalmeno di fermare la diffusione.L’immagine delle casette sparse damettere, spostare o portare via cheinvadono il padiglione Olandese allaBiennale del 1996, il territorio chediventa città e il paesaggio come cate-goria olistica, unica dimensione pro-gettuale possibile per inseguire il cam-biamento, sono molto lontani da que-sta concezione. La nuova condizionemolecolare dei contesti insediativi,quella che Aldo Bonomi chiama lacittà infinita per intendersi, non vieneconsiderata fertile dai curatori di que-sta Biennale. Franco Purini presentaesplicitamente Vema come un antidotocontro la città diffusa. La città di pietradi D’amato e la città di mare diBruttomesso sono programmaticamenteestranee a questo discorso. E, sempreper Burdett, non sono tanto i contestiinsediativi diffusi o la dimensione flui-da dell’abitare, ma le città più grandiquelle che propongono ai progettisti lenuove questioni teoriche e i nuovimateriali urbani. La sua rassegna sembra ruotare intornoa tre preoccupazioni principali. Laprima è far capire, attraverso lamostra, che le nuove città sono gene-rate da processi sociali che prendonoforma nello spazio, più che da progettiche ne stabiliscono la forma in sé. Laseconda è quella di acuire la consape-volezza di questa nuova dimensionedell’intervento sulla città tra progetti-

per le altre sezioni dove i curatori pre-sentano il proprio progetto, o la pro-pria ricerca. Franco Purini, che ha laresponsabilità del Padiglione Italiano(un’altra novità di questa edizione),affronta da curatore-autore il temadella città del futuro: Italia/y/2026.Invito a Vema, e coinvolge una schieradi più giovani progettisti, allievi eseguaci, nella descrizione di una cittàdi fondazione da realizzare tra Veronae Mantova nel 2026. Nei prolegomenidella rassegna però, lo stesso Purininon sembra concedere grande spazio aquesti nuovi giovani dell’architetturaitaliana e non ne cita nemmeno unonella mezza pagina che il “Giornaledell’Architettura” (luglio-agosto 2006)dedica alla presentazione della suamostra a Venezia. Claudio D’Amatoriesce a portare in Biennale la sua tesisulla specificità dell’architettura di pie-tra e sulle sue qualità identitarie. Sitratta dell’ipotesi di ricerca su cui lostesso D’Amato ha fondato e conducescientificamante la scuola di Bari.Rinio Bruttomesso cura a Palermo,altra novità (?!), la sezione delle città-porto sull’onda del successo del suoprogetto sui waterfronts internazionalipresentato alla scorsa Biennale. Lastessa DARC, infine, rinuncia a pro-muovere i giovani architetti italianicome aveva fatto nelle passate edizionidella rassegna e fa mostra di se stessae del suo cantiere d’autore (?!) delMAXXI (il Museo delle Arti del XXIsecolo in costruzione a Roma con pro-getto Hadid) nel padiglione allestito daItalo Rota e Mario Lupano. Speriamoche almeno questo sia un piccolo cam-meo dell’intelligenza dei curatori.

Terza impressione: è una Biennaleriformista. Riformismo, come è noto, èun termine di origine religiosa: i rifor-misti erano quei pensatori che pur nonseparandosi dal cattolicesimo, voleva-no modernizzarlo. Se la città è il temagenerale di questa Biennale, le mostreche articolano il tema non ne mettonoin discussione l’idea. La tesi che attra-versa le diverse sezioni è resa esplicitada Burdett quando afferma che lamostra sulle metacittà intende verifica-re il passaggio epocale in cui la popo-lazione del mondo diventa urbana. ConGuido Martinotti, egli fissa una nuova

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peso di una componente varia note-volmente rispetto all’altro, sia pure inmodi diversi. Se grandi, significativiinterventi possono agire in profonditànel tessuto urbano di una metropolieuropea e sulla qualità della vita deisuoi cittadini, non è pensabile che lostesso accada a Caracas o al Cairo. Inqueste città, dove pure spesso è alta laqualità di episodi architettonici, benpiù notevole è l’incidenza di unaforma sociale fortemente polarizzata,nella quale illegalità e povertà limita-no drasticamente le conseguenze pos-sibili di interventi nella organizzazio-ne dello spazio. A Shanghai, Pechino,Seoul, e ancor più a Singapore e HongKong i grandi progetti -spesso realiz-zati dai più famosi architetti - sono inprimo luogo strumenti di marketing,destinati ad attrarre i centri direziona-li delle maggiori imprese transnazio-nali, vetrine di quella efficienza tec-nologica che è fra i motori dell’econo-mia globale. Sono anche città chepuntano ad una estensione dei servizi-e tra questi il trasporto pubblico e lereti di telecomunicazione- e delle isti-tuzioni scolastiche di eccellenza, conl’obiettivo di costituire le risorse ingrado di sostenere e trarre vantaggiodallo sviluppo innescato dai grandiprogetti. Questa è l’immagine chetrionfa, quella dei nuovi scintillantiaeroporti, degli alberghi di lusso, deigrattacieli sempre più alti. È l’immagi-ne della società della competizione,che riempie i rotocalchi a far da(finto) contraltare ai villaggi turisticidi sogno, la scena dei serial televisivihollywoodiani e, non nascondiamoce-

litani, così che viene da chiedersi achi appartenga la primogenitura. Laovvia risposta è che siamo tutti dentrolo stesso paniere e che il mondo fisiconon è che la traduzione materiale diun sistema che trova sempre minoriostacoli alla sua pervasività. Anche inAmerica, al Nord e al Sud, alcunemetropoli sono cresciute a dismisura,pur se poche -New York, San Paolo-possono entrare nel novero di quelleworld cities la cui analisi ha smossocosì profondamente la cultura dellacittà nell’ultimo decennio. Ma se que-ste appaiono come icone della con-temporaneità ve ne sono molte altreche, paragonabili per dimensioni etassi di crescita, portano in primopiano l’altra faccia della medaglia,quella della fatica di uscire dal sotto-sviluppo, dalla presenza non trascura-bile di disagio, illegalità e violenza,come in Africa e in America Latina. Questa sembra essere la scelta dellaBiennale di architettura, prendere inconsiderazione le grandi agglomera-zioni urbane -oltre la soglia dei cin-que milioni di abitanti- interessate daalti ritmi di espansione. Città tuttaviaassai diverse, per caratteristiche eco-nomiche, sociali e culturali, ma similinell’esprimere i movimenti profondiche interessano il mondo. Tali movi-menti si manifestano però secondomodalità diverse che debbono essereidentificate, se si vogliono anche per-seguire obiettivi di trasformazionemirata, attraverso un “manifesto” cheaffronti il rapporto tra forma dellasocietà e forma dell’architettura. Sitratta però di un rapporto nel quale il

L’architettura può forse solo miglio-rare l’ambiente di chi gode già delbenessere economico e sociale. Igrandi interventi incidono sul tessutourbano di una metropoli europea,difficilmente a Caracas o al Cairo.Ma nella sfida di modi di vita piùsoddisfacenti troviamo anche le loropotenzialità

È ormai nozione comune che l’orga-nizzazione degli spazi urbani e terri-toriali ha radici che vanno ben al dilà delle storie locali. Le città si svuo-tano o crescono, si diffondono sul ter-ritorio o cercano in sé stesse nuovispazi, perdono o aumentano la lorocapacità di attrazione, per logiche emotivazioni che vengono da lontano,per la delocalizzazione dei centri pro-duttivi, per la trasformazione deglistili di vita, per nuovi e antichi biso-gni in risposta alle offerte del merca-to, per la diffusione di reti di teleco-municazione e di trasporto a costisempre minori. Ci siamo stupiti difronte all’esplosione delle metropoliasiatiche, che paiono aver saltato ognitappa intermedia, ignorato i ritmi sto-rici della crescita, adottando di colpole tecnologie più avanzate, rappresen-tandoci un futuro che eravamo abi-tuati a vedere associato alle grandimetropoli dell’Occidente, a New York,Londra (ma anche Tokyo). DaShanghai, Kuala Lumpur, Singapore civengono immagini di una urbanitàsempre più estrema, tali da confon-dersi con quelle dei cartoon metropo-

Ma serve l’architettura?Giorgio Piccinato*

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New York. Si annida ormai in tanticentri storici, popolati da “stranieri”non sufficientemente integrati, siallarga a villettopoli, dove cresce ilricorso alle armi a domicilio. La paurasostiene il proliferare delle “gatedcities”, quartieri sempre più grandicontrollati da polizie private, inacces-sibili ai non invitati, negazione dell’i-dea stessa di città. Qui il potere del-l’architettura è ridotto a zero, il suoruolo è solo quello di abbellire ilrecinto. Dobbiamo tuttavia tener anche contodel fatto che, quali che siano i carat-teri non evitabili legati alla omoge-neizzazione di domande, desideri ebisogni legati alla globalizzazione,ogni città per quanto trasformata eogni società per quanto mescolataconservano segni, stimmate del pro-prio percorso nel tempo. Ciò che trop-po spesso gli architetti dello starsystem tendono ad ignorare, impegna-ti ad inseguire un sogno di personalegriffe ovunque riconoscibile. Il sospet-to che l’architettura possa solomigliorare l’ambiente di chi gode giàdel privilegio del benessere economicoe sociale è forte, ma la sfida diaggiungere spessore a modi di vitasentiti come non sufficientementesoddisfacenti ne rivela anche lepotenzialità, come dimostra ad abun-datiam Tate Modern. Un manifesto perl’architettura dovrà essere un manife-sto civile, che si proponga un dialogocon la società, senza necessariamentesposarne una interpretazione unidi-mensionale, per una volta.Se può servire.

*RomaTre.

che si vogliono chiamare “creativi”,mentre lasciano scoperte fasce nonirrilevanti di scontenti, marginali, nonintegrati, destinati a turbare l’ordineurbano esistente. Per questi si è conia-to il termine di “insurgent city”, e neabbiamo sperimentato forme estremecon gli attentati di Londra ad opera dicittadini britannici, con la rivoltadelle banlieus francesi o anche con lapervicace resistenza della napoletanaScampia. Fortunatamente abbiamopronte più consolanti immagini, comela città accogliente o quella sostenibi-le, per mettere d’accordo urbanisti eamministratori, dove peraltro l’archi-tettura non ha grande rilievo. Ci rendiamo conto allora che ilmodello della città divisa, che vede dauna parte lo scintillio della società deiconsumi, degli shopping mall di ulti-ma generazione, dei palazzi per ufficidagli infissi d’oro, dei centri di svagodisegnati dai grandi architetti e dal-l’altra quella di coloro che di quellasocietà sono soltanto la manovalanza,che abitano in tuguri che si disfanoad ogni acquazzone o anche in fati-scenti quartieri di edilizia pubblica,che registrano i più alti tassi di drogae stupri, che vivono in situazioneperenne di insicurezza sociale e indi-viduale, in condizioni ambientali sem-pre più degradate non appartiene sol-tanto all’India o al Brasile ma, siapure in forme meno clamorose, carat-terizza, con poche eccezioni, l’interomondo urbanizzato. La paura fa parteormai organicamente della condizioneurbana. È un elemento che pesa sulmercato immobiliare, sugli stili di vitadegli abitanti, ricchi e poveri, diCaracas, San Paolo, Johannesburg,

lo, anche delle riviste di architettura. Queste immagini hanno trovato prestorepliche più o meno accurate in unaquantità di quelle che un recentenumero di Newsweek chiama “secondcities”, città caratterizzate da un fortesviluppo demografico indotto da unosviluppo legato ai settori della cono-scenza, dell’informatica, dei servizi adalta tecnologia. Non solo le città glo-bali dunque, ma anche quelle che, nelquadro della globalizzazione, offronomigliori condizioni ambientali, grazieanche ad una ridotta dimensione, allostesso livello di efficienza. È il cosid-detto “risorgimento urbano”, che sem-bra riproporre le città come luogo pri-vilegiato del vivere, contro i fantasmidel declino e dell’abbandono. Qui l’ar-chitettura si propone come strumentodi riscatto, tende a gonfiarsi, a pro-porre ri-densificazioni, nel tentativodi esprimere un ritorno del nuovo incittà invecchiate. I fronti del porto ele aree industriali dismesse sono lascena dove si verifica di preferenza lagrande palingenesi. Anche noi, vecchieuropei, vogliamo far vedere di nonessere poi così sorpassati. Anzi, recla-miamo la bellezza come diritto, l’ar-chitettura come necessità, il recuperodell’eredità storica come marchio diqualità.Dopo la città giardino e la città diffu-sa, ecco la “resurgent city”, ultimomodello retorico della letteratura sullacittà, che Peter Marcuse provocativa-mente chiama “resurgent gentrifica-tion”. Perché è facile accorgersi chetale risorgimento, peraltro con unaforte connotazione immobiliare,riguarda solo alcuni segmenti dellasocietà urbana, in primo luogo quelli

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al fine di indagare le relazioni tra tra-sformazioni materiali della città e pro-cessi economici, sociali e politici chene stanno alla base. Temi tutti, come èevidente, centrali per il futuro dellacittà: investimenti e dunque opportu-nità di lavoro, identità sociale e archi-tetture prive di specificità, neutrali,globalizzate, o ancora la questione dicome il sistema dei trasporti e le formedella mobilità incidono sui modi divivere la città, quella della segmenta-zione residenziale e della frammenta-zione dello spazio urbano.Il dubbio profondo è che abbia sensoprospettare l’idea che questi temiabbiano la stessa importanza a Londrae a Lagos, che se queste sono prioritàa New York lo siano anche aJohannesburg, che ciò che sta avve-nendo a Shanghai abbia qualcosa ache vedere con le trasformazioni diCittà del Messico, o a Berlino. Siamosicuri che le questioni centrali per l’e-quità e l’efficienza delle città del Suddel mondo si possano mettere inmostra come si mostrano CanaryWharf, il progetto per Ground Zero oanche quello della ristrutturazionedella Fiera a Milano?Se proviamo a mettere ordine in alcu-ne delle priorità che a me sembraCaracas, il Cairo o Mumbai abbiano difronte, allora il dubbio diventa inquie-tudine, forse anche irritazione, perchéla Biennale rischia di sviare l’attenzio-ne dai nodi veri e quindi di aggiunge-re guasti a quelli che urbanisti e archi-tetti hanno prodotto e continuano aprodurre in queste città.Due questioni, tra le molte, moltissime

rassegna di architettura. Una sceltadifficile di per sé, dato che nel Sud delmondo, anche nelle grandi città, diinterventi da mostrare non ce ne sonopoi tanti: certo a Città del Messico o aJohannesburg si costruisce, ma ingenerale secondo uno stile internazio-nale che si ritrova un po’ dappertuttoe su cui non vale particolarmente lapena soffermarsi. Ma è poi ancor piùdifficile dato che - di nuovo moltogiustamente - Burdett vuole raccontarenon solo il costruito delle città selezio-nate, ma le loro condizioni di vita,riconducendo “la struttura fisica dellecittà - gli edifici, gli spazi e le strade -e i progettisti - architetti, urbanisti edesigner - alle dimensioni culturali edeconomiche dell’esistenza urbana,sociale, culturale”. Insomma, unaBiennale che va al di là delle formedell’architettura, per interrogarsi einterrogare sulle relazioni tra i proces-si della trasformazione sociale e quellidella trasformazione dello spazio, tra icaratteri dell’urbanistica e dell’archi-tettura e le forme della società che leospitano.Detto questo, qualche perplessità l’im-postazione di questa Biennale me lasuscita. Non poche e non piccole.Partiamo dagli elementi concettuali sucui si muove Burdett per costruire lamostra, come si possono desumere daUrban Age e dal programma sul futurodelle città da lui diretto alla LondonSchool of Economics. I temi sonoquelli dell’occupazione e dei luoghi dellavoro, della mobilità e i trasporti,della sfera pubblica e degli spazi urba-ni, della casa e dello spazio collettivo

Nelle città del Sud del mondo igrandi progetti architettonici riguar-dano esclusivamente le élites socialie hanno portato una maggiore fram-mentazione dello spazio urbano.Una Biennale così impostata rischiadi sviare l’attenzione dai nodi veri

Un bravo a Richard Burdett che inten-de dedicare una parte della Biennalealle grandi città che punteggiano ilnostro mondo. Una scelta che final-mente dilata l’orizzonte di questamanifestazione, fatto ancor più impor-tante in un periodo in cui invece gliorizzonti della cultura vanno preoccu-pantemente restringendosi, all’univer-sità per esempio.Un bravo perché la scelta non avrebbepotuto essere più tempestiva, visto cheproprio quest’anno per la prima voltala popolazione del pianeta è diventatain maggioranza urbana. Un passaggioche alcuni definiscono epocale e che èavvenuto prima di tutto per la spintaall’urbanizzazione dei paesi del Suddel mondo. Infatti, tra le grandi cittàmolte, moltissime, sono nei paesi insviluppo di cui quelle presentate allaBiennale - Bogotá, Caracas, Città delMessico e San Paolo in AmericaLatina, Johannesburg e il Cairo,Mumbai e Istanbul - costituiscono soloun - buon - campione. Infine un bravo perché è una sceltacoraggiosa. Si tratta in realtà di untema non semplice da mettere inmostra, che è quello che la Biennale ètenuta a fare essendo appunto una

Ambizioni e ambiguità della Biennale di architetturaMarcello Balbo*

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popolazione urbana del pianeta e che,ovviamente, quasi tutto questo miliar-do sta in città dei paesi in sviluppo.Da qui al 2020, se tutto va bene,saranno diventate un miliardo emezzo, altrimenti ben di più. Tuttagente che lavora e sempre più lavoreràfacendo i mestieri improbabili, malpagati e precari dell’informale, dovesempre più persone sono sospintedalla globalizzazione e dalla competi-zione tra città.In questo scenario davvero non capi-sco come si possa sostenere che a Cittàdel Messico “gli alloggi dei quartieripoveri sono sovraffollati o mancano diaria e di luce perché non si seguonoadeguati principi di progettazione”, enon perché la gente non ha abbastan-za soldi per permettersi alternativemigliori. Come se gli abitanti di Cittàdel Messico fossero incapaci o tonti, oentrambe le cose.Davvero non capisco come si possapensare che l’architettura abbia unruolo significativo rispetto alle que-stioni cruciali che le città del Sudhanno di fronte, come una maggioreequità sociale e un più efficiente fun-zionamento, per riuscire in qualchemodo a competere.Sulla questione dell’inclusione socialeil Brasile di Lula ha seguito una politi-ca chiara. L’inclusione sociale, il dirittoalla città si garantiscono da un lato

me a questa continuità politica, posso-no contare su una Compagniadell’Elettricità da mettere in venditaper finanziare la quantità di investi-menti pubblici che sono stati realizzatiin questi anni.A differenza di Burdett, io non pensoaffatto che “per architetti, urbanisti o isindaci il problema sia quello di comepianificare le infrastrutture e lo svilup-po senza ostacolare la crescita e pro-muovendo allo stesso tempo i beneficieconomici e sociali della prossimità edella complessità in sistemi urbanicompatti”. Il problema, no, non il pro-blema, il fatto è che le grandi città(ma non solo) del Sud del mondo cre-scono, come popolazione, attività,estensione, a velocità altre da quelleche hanno conosciuto Londra, NewYork o Milano quando ancora cresce-vano, con capacità istituzionali e tec-niche spesso modeste. Per questoobiettivi e risultati non possono cheessere altri da quelli che si propongo-no a Londra, New York o Milano.Seconda considerazione. Le città delSud del mondo, in misura diversa macomunque sempre rilevante, vengonofatte – intendo materialmente – dagliabitanti. I numeri sono approssimati eapprossimativi, ma si calcola che ilnumero di persone che oggi ha comesola alternativa un alloggio in unoslum è di un miliardo, un terzo della

altre. Mumbai (come Lagos o Dacca otante altre) cresce ogni anno di circamezzo milione di abitanti, il che signi-fica, per dare un’idea, di una Bolognapiù una Ferrara; Bogotá e Joannesburgsolo di una Ferrara. Una Bologna euna Ferrara fatta quasi tutta di poveri,di gente che in larga parte non sacome arrivare a domani. Ogni anno,tutti gli anni da molti anni a questaparte e per molti anni a venire.Burdett questo lo sa benissimo e anchece lo ricorda. Quello che però omettedi segnalare è che per far fronte aquesta crescita, nella maggior partedei casi a disposizione dei governi c’èqualche euro l’anno per persona che,tolto quello che serve a far funzionarela città che c’è già, lascia pochi spic-cioli per fare gli investimenti chesarebbero necessari. Dove va bene,come a Città del Messico o a SanPaolo, l’ordine è di qualche euro.Certo, è impressionante il cambiamen-to avvenuto a Bogotá grazie aTransmilenio, il sistema di trasportocollettivo che, insieme a una serie dialtri interventi sullo spazio pubblico,ha migliorato significativamente laqualità urbana nella capitale colom-biana. Bravissimi i quattro sindaci chesi sono susseguiti nel tempo e che perormai quindici anni hanno tenutofermo questo obiettivo. Però sonopoche le città che come Bogotá, insie-

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Urbanistica INFORMAZIONI

suggerisce possibili scenari comuni trale città del Sud e del Nord. Un’ideaprofondamente errata perchè oscura ledifferenze e delinea percorsi similari,(ri)prospettando per il progetto diarchitettura e per il disegno urbano unruolo che la realtà delle cose, nellecittà del Sud, da tempo ha mostratonon essere proponibile.

*Direttore del Master in “Pianificazione urbana e ter-ritoriale nei Paesi in via di sviluppo”, IUAV.

nella maggior parte dei casi sono for-temente distorti, cioè non vanno affat-to a beneficio della popolazione pove-ra e delle parti di città dove questavive. C’è da chiedersi dunque quale “servi-zio” la Biennale in realtà fa alle grandicittà del Sud del mondo attraverso ilmessaggio che manda, come si usadire, al grande pubblico. Io credoquanto meno discutibile. Nelle cittàdel Sud del mondo i grandi progettiarchitettonici e urbani, dove esistono,riguardano esclusivamente le élitesurbane, quelle della globalizzazione.Operazioni come Lima Faria a SanPaolo, Sandton a Johannesburg oLomas de Santa Fé a Città del Messiconon hanno fatto altro che frammenta-re ulteriormente lo spazio urbano,approfondendo la polarizzazione e l’e-sclusione sociale. La grandissima mag-gioranza degli abitanti di queste cittàcontinua a lottare per avere ricono-sciuto il proprio diritto a restare doveda anni si è costruita una casa perquanto precaria (la regolarizzazionefondiaria), per avere l’acqua potabilealmeno qualche ora al giorno possibil-mente a prezzi accessibili, per disporredi una latrina per famiglia, per unlavoro meno precario.Per questo trovo quanto meno preoc-cupante l’idea di un “manifesto per lecittà del ventunesimo secolo”, che

fornendo condizioni di vita decenti,cioè prima di tutto servizi igienici eacqua potabile, se necessario sovven-zionandoli per garantirli anche a chinon può “comprarli”, a costo di scon-trarsi con la Banca Mondiale e con lesue politiche liberiste; dall’altro pro-muovendo una effettiva partecipazionealle scelte. Il bilancio partecipativo ole due Conferências Nacionales dasCidades, con la partecipazione di isti-tuzioni, associazioni, movimenti, nonsono facili da mostrare, ma sono statiil motore della politica urbana nelBrasile di Lula.Burdett ha probabilmente ragionequando afferma che con l’incrementodei valori fondiari e immobiliari chehanno prodotto a Londra, New York oBerlino, i grandi progetti sono andatia beneficio di tutta la città e non solodei privati che li hanno promossi erealizzati. Anche se per gli abitanti diBilbao il Guggenheim significa piùtasse da pagare per un bel numero dianni e se, per poter dire che l’opera-zione ha davvero funzionato, occorre-rebbe valutare quali altre alternativedi allocazione delle risorse erano pos-sibili. Ma quando si parla di città delSud del mondo, la cautela deve esseremolto ma molto maggiore. Meccanismidi distribuzione della rendita aMumbai, Johannesburg o Città delMessico o non ci sono, o se ci sono

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Periferie in Europa

ti in rapporto agli obiettivi e a indicato-ri di risultato contenuti nella legge stes-sa (allegato 1).La tabella 1 riportata evidenzia il signi-ficativo lavoro che è stato attivato nelcorso di 3 anni, tra elaborazione di pro-grammi e relativi investimenti.Ma, a fronte di queste quantità e deinon irrilevanti problemi che i program-mi di demolizione e ricostruzione com-portano2 (tra i primi la questione delrialloggiamneto), molti sostengono chequesto nuovo strumento, di fatto,incontra notevoli difficoltà a raggiunge-re il suo obiettivo di creare mixitésociale nei quartieri e ridurre il differen-ziale di sviluppo tra le Zus e le altrerealtà territoriali del paese.Le critiche che vengono rivolte a questosistema d’intervento si attestano essen-zialmente su due punti:- l’esiguità del volume delle risorsedestinate alle azioni di accompagna-mento sociale rispetto a quelle destinatealle azioni materiali della demolizione ericostruzione;- l’assenza di una sostanziale integra-zione, non solo tra i canali finanziaridestinati all’accompagnamento sociale ele misure “fisiche”, ma anche tra idiversi canali dell’accompagnamentosociale;- il notevole peso delle “espulsioni”delle fasce di popolazione debole dai

Zone urbane sensibiliin FranciaManuela Ricci*

Nel 2003, il governo francese ha pro-mulgato una legge, cosiddetta Borloo(dal nome del Ministro proponente), cheha profondamente modificato la politicade la ville nel paese, per quanto riguar-da in particolare le Zus1 (Zone urbanesensibili).Tre principali elementi del provvedi-mento sono da evidenziare, in partico-lare:- la fiducia riposta in rilevanti operazio-ni di demolizione e ricostruzione perrisolvere i problemi delle periferie piùdegradate dal punto di vista fisico esociale;- la creazione di uno “sportello unico”(guichet unique) per concentrare i canalifinanziari, connessa alla formazione diuna nuova agenzia, l’Anru (Agencenational pour la rénovation urbaine),alla quale viene affidato il compito divalutare, e approvare, le richieste difinanziamento da parte delle ammini-strazioni per i programmi di demolizio-ne e ricostruzione e che è, inoltre, depu-tata a firmare le convenzioni per l’at-tuazione dei programmi insiemi aglialtri soggetti cofinanziatori;- la creazione di un “Osservatorionazionale delle Zus”, finalizzato amonitorare l’evoluzione delle disugua-glianze sociali e dei differenziali di svi-luppo in alcune Zus, seguire l’attuazio-ne delle politiche pubbliche condotte inloro favore, misurare le azioni specifi-che messe in opera e valutarne gli effet-

quartieri per favorire la mixité socialeattraverso l’ingresso nelle nuove realiz-zazioni di figure sociali appartenenti aclassi di reddito più elevato (soprattuttonelle aree in cui è possibile valorizzarela rendita fondiaria, per le particolaricondizioni di centralità e/o di accessibi-lità).Anche a seguito delle recenti manifesta-zioni che hanno scosso alcune periferiefrancesi, il Ministro Borloo ha dichiara-to che sono necessari “mezzi potenti”per realizzare le pari opportunità sulterritorio, impedendo la concentrazionenegli stessi luoghi di condizioni di diffi-coltà e precarietà. E’ stata dunqueapprovata una nuova legge, la leggeEgalité des chances (pari opportunità).In questo contesto, il governo franceseha lanciato, attraverso la Div(Délégation interministerielle à la ville),un nuovo strumento contrattuale per lapolitica de la ville e specificamente perle Zus. Si tratta dei “Contratti urbani dicoesione sociale”3 tra Stato e comuni(che dovrebbe essere attivi dal 1 gen-naio 2007) che, tra l’altro, contemplanoaccanto all’Anru, l’istituzione di unanuova agenzia, l’Agence national decohésion sociale. All’Anru è riservato,quindi, le bâti (il costruito), mentreall’altra agenzia l’humain (l’umano). In questo quadro la Div mantiene il suoruolo di pilastro della politica della

Tabella 1 Numero Abitanti coinvolti nelle Zus Meuro

Convenzioni firmate 116 1.400.000 13.100Progetti approvati 184 2.300.000 21.500Progetti da approvare 248 2.770.000 27.700

Fonte: Anru maggio 2006

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Olanda: il caso diZuidwijk a RotterdamValeria Di Palma*

L’Olanda ha maturato una consistenteesperienza nel campo della riqualifi-cazione urbana delle periferie. Giànegli anni ottanta il GovernoOlandese1 in collaborazione con leCorporaties2 ha aperto il dibattito suldegrado delle periferie nate nel perio-do post bellico ed ha avviato pro-grammi di riqualificazione per miglio-rare la qualità dello stock abitativoesistente. Nel 2000, il Governo Olandese haintrodotto una nuova politica (UrbanRegeneration Investment Budget3)volta alla riqualificazione delle areeurbane già insediate, prevedendoanche la demolizione e ricostruzionedi vecchi edifici ed incentivando ilmiglioramento degli spazi pubblici, larealizzazione di parchi ed aree verdi ela promozione di nuove attività locali.Questa politica destina un totale diquasi 5 miliardi di euro alla rigenera-zione urbana da investire nel periodo2000-2010. In questo periodo leCorporaties hanno previsto, per tuttoil territorio nazionale, una riqualifica-zione urbana suddivisa in diverseazioni basate sullo stato dello stockabitativo e indirizzatarispettivamente4:- alla demolizione di 293.000 abita-zioni che interessano per lo più edificicostruiti dal ’45 al ’70;- alla costruzione di 285.000 nuoviabitazioni;- alla manutenzioni straordinaria di761.000 abitazioni;- alla vendita di circa 538.000 abita-zioni a canone sociale.Oltre a questoprogramma a lungo termine destinatoalla rigenerazione urbana, il governopromuove le iniziative locali su questitemi assegnando annualmente finan-ziamenti a progetti innovativi. Lostrumento utilizzato è l’UrbanRegeneration Innovation Programmeche ha l’obiettivo di incentivare laricerca, con il presupposto che solu-zioni standard non possono produrreun buon processo di rigenerazioneurbana.

nato e dei servizi; il sostegno allo svi-luppo della micro-finanza (prestiti adisoccupati che desiderano creare unaloro attività); lo sviluppo delle scuole diseconda chance (possibilità di acquisireun diploma per i giovani tra i 16 e i 25anni che hanno abbandonato il sistemaeducativo senza aver acquisito undiploma); l’attivazione di percorsi dianimazione e sport. In tale contesto, non manca l’attenzioneal bâti. Il programma di rinnovo urbanodella legge Borloo (Pnru) viene prolun-gato fino al 2013, con richiesta conte-stuale all’Anru di stabilire una “cartadella qualità” per i progetti finanziatiche permetta di fissare criteri in materiadi qualità urbana, di attenzione allamobilità dei portatori di handicap e allosviluppo durevole (lotta contro l’emis-sione di gas a effetto serra) nonché allasicurezza. L’incremento degli investi-menti dedicati al sociale potrebbe forserispondere alle critiche che si sono atte-state sulla scarsità di fondi destinati alleazioni di accompagnamento socialerispetto alle azioni “fisiche”: il budget2006 del governo francese vede crescerefortemente, rispetto all’anno precedente,le dotazioni di solidarietà urbana e dicoesione sociale (Dsucs) destinate aicomuni che hanno una Zus nel loro ter-ritorio, in alcuni dei quali il tasso siattesta fino al 465% (Beuvrages).Sarà da valutare, circostanza sulla qualela stessa Div ha messo l’accento, se siriuscirà effettivamente a realizzare l’o-biettivo di complementarietà e integra-zione programmato tra demolizione ecoesione.

* Università Roma Tre.

Note1. Le Zus, create dall’art. 42 della legge d’Orientationpour l’aménagement du territoire et le développementterritorial del 4 febbraio 1995, si ispirano al principiodi zonizzazione di cui alla legge d’Orientation pour laville del luglio 1991. La loro lista figura nel decretoapplicativo della legge “Patto nazionale di rilanciodella città” del 26 novembre 1996. Le Zus costituisco-no i territori prioritari della politica de la ville. Nel2004, erano più di 751, insistevano su circa 800comuni, in seno a 200 agglomerazioni. Nel 1999 leZus della Francia metropolitana raggiungevano circa4,5 milioni di abitanti. 2. Vedi Ministero delle Infrastrutture e Trasporti,Comune di Roma, Demolire e ricostruire in Europa:casi a confronto, Officina edizioni, In corso di pubbli-cazione.3. Questi contratti succedono di fatto ai contrat deville.4. I dipartimenti corrispondono alle nostre province.

città, essendo investita anche di unnuovo ruolo di programmazione, divalutazione e di coordinamento tra gliobiettivi urbani e quelli sociali.I contratti, che avranno durata triennalee saranno rinnovabili, successivamentealla loro valutazione, costituiranno ilquadro contrattuale unico per la messain opera degli interventi dello Stato infavore dei territori che versano in statodi maggiore difficoltà.Essi saranno elaborati dai comuni, oraggruppamenti di comuni, e dalloStato, in partenariato con i dipartimenti4

e le regioni che li sosterranno per lamessa in opera di un progetto locale dicoesione sociale complementare ai pro-getti di rinnovo urbano.La coesione sociale in favore dei quar-tieri in difficoltà costituisce anche unobiettivo per i “servizi territoriali” delloStato: sei prefetti delegati alle pariopportunità sono stati nominati e stan-no per essere attribuiti anche i ruoli divice prefetto. I sindaci potranno cosìavere un interlocutore unico in seno aiservizi dello Stato. Viene riconfermato ilcarattere interministeriale della politicadella città e viene oltrettutto rafforzatosotto l’autorità del delegato intermini-steriale alla città.Viene inoltre riconosciuto un ruoloimportante alle associazioni nelle loroattività a livello locale, come accompa-gnamento e sostegno agli attori locali.Infine, circostanza non poco rilevante,prende importanza l’attività di valuta-zione che sarà sistematizzata appog-giandosi all’osservatorio nazionale delleZus, previsto dalla legge Borloo.L’intervento dello Stato in favore deiquartieri in difficoltà e dei loro abitantisarà concentrato su cinque assi priorita-ri:- accesso al lavoro e sviluppo economi-co;- miglioramento dell’habitat e del qua-dro di vita;- riuscita educativa (nella scuola) e pariopportunità;- cittadinanza e prevenzione delladelinquenza;- accesso alla salute.Tra le azioni previste da questi nuovicontratti, alcune rivestono particolareimportanza: la dinamizzazione delleattività commerciali di prossimità, con-giuntamente allo sviluppo dell’artigia-

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diversi soggetti coinvolti(Municipalità di Rotterdam,Corporatie Vestia Groep, associazionidi quartiere e piccoli proprietari), chesono arrivati ad un accordo in virtùdel quale la maggior parte del quar-tiere sarebbe stato sostituito, mentresolo una piccola parte dello stock abi-tativo esistente sarebbe stata recupe-rata.La prima area di demolizione è stataHorsten, costituita da case unifamilia-ri e da alcuni blocchi residenziali(1.770 alloggi) che non raggiungeva-no gli standard edilizi. La realizzazio-ne di nuovi edifici era la condizionenecessaria per attrarre nel quartierenuovi residenti; infatti la vendita deinuovi alloggi ha finanziato la riquali-ficazione delle abitazioni a canonesociale. Sia i blocchi residenziali chele case unifamiliari sono stati sosti-tuiti con tipologie a schiera; i nuovialloggi sono stati venduti dallaCorporatie a prezzi di mercato, dipoco inferiori a quelli medi dell’areacentrale. A partire dal 2000 una seconda fasedi ristrutturazione ha preso formaall’interno di un programma integratodi sviluppo distrettuale, la cui caratte-ristica fondamentale è costituita dallacooperazione tra i diversi soggetticoinvolti nella ristrutturazione delquartiere: il Municipio di Rotterdam,il dipartimento Obr (Rotterdam CityCorporation, responsabile per lo svi-luppo fisico ed economico di tutta laCittà) e la Corporatie che agisce nelquartiere. L’obiettivo centrale non èsolo quello di riqualificare lo stockabitativo ma, anche quello di garanti-re una gestione efficiente dei processidi mobilità collegati alla realizzazionedegli interventi di demolizione.Due in particolare sono state le misu-re che hanno contribuito al successodel programma: il rialloggiamentodelle famiglie e la partecipazione-

Prima della ricostruzione, Zuidwijkera prevalentemente di proprietà pub-blica (83%) e solo alcuni edifici lungola Slinge erano di proprietà privata(17%).Il 43% dell’edificato consisteva instecche di quattro piani con ingressoal piano terra senza ascensore; il 13%in appartamenti distribuiti a ballatoio;il 16% in mini appartamenti destinatia single; il 28% in case unifamiliari.I motivi che hanno indotto l’ammini-strazione di Rotterdam e leCorporaties ad intervenire con unradicale programma di riqualificazio-ne, possono essere individuati nellanecessità di affrontare il problemadelle strutture fisiche degli edifici,non più in regola con gli standardedilizi, di ovviare alla presenza dimolte abitazioni sfitte, e di risolvere iproblemi di natura sociale che rende-vano il quartiere sempre meno sicuro.Obiettivo principale del programma diriabilitazione urbana è l’adeguamentodel quartiere ai moderni standard abi-tativi, sia attraverso il miglioramentodell’ambiente residenziale (interventidi manutenzione straordinaria e didemolizione e ricostruzione), siamediante il rafforzamento dell’attrat-tività del luogo, conferendo una qua-lità più elevata anche alle attrezzaturenecessarie ad una piena vivibilità delquartiere con interventi radicali disostituzione edilizia.Ia prima azione del programma è iltrasferimento delle famiglie e delleattività commerciali interessate dagliinterventi di demolizione, e, con ilcontributo di un apposito attore indi-viduato nella Corporatie VestiaGroep7, rivitalizza la struttura socialepromuovendone la mixité, per rendereil quartiere più sicuro e vivibile.Il Municipio e le organizzazioni deiresidenti (Boz) hanno preso atto delleopportunità derivanti dalla sostituzio-ne costituendo gruppi di lavoro tra i

Tra le aree metropolitane che utilizza-no i fondi di questi programmi, èRotterdam che li ha utilizzati per pro-seguire il recupero dei quartieri piùperiferici (quarto anello5) già avviatonegli anni Settanta.Una prima sperimentazione di unapolitica innovativa aveva preso corpoa partire dal 1990; in quella fase sonogià individuabili alcuni punti concretidei programmi di riqualificazione cheverranno definiti in seguito:- l’inserimento del quarto anello tra learee di intervento indicate nel Pianopluriennale per il rinnovo urbano(Stadsvernieuwing en stedelik beheer1988-1992);- la volontà del Comune di privilegia-re il rinnovo degli alloggi e di limita-re a pochi casi sporadici gli interventidi demolizione e ricostruzione;- la finalizzazione degli interventi alrafforzamento della struttura già pre-sente, mediante investimenti mirati inun ottica di lungo periodo.Su queste basi la nuova politicaavviata a livello governativo è riusci-ta a far compiere un salto di qualitàagli interventi di miglioramento che,nonostante la notevole ampiezza(oltre 5.500 alloggi interessati), rima-nevano comunque vincolati ad unalogica circoscritta e settoriale.Il quartiere di Zuidwijk è uno deiquattro distretti6 costruiti fra il 1945 eil 1965 che negli anni Ottanta haavviato la riqualificazione del suopatrimonio edilizio e la sta attual-mente proseguendo con il sostegnofinanziario del Governo. Situato nellaperiferia sud di Rotterdam, esso èstato reso più accessibile grazie alpotenziamento di alcune infrastruttu-re comprese nel Piano Kop van Zuid,in particolare con la costruzionedell’Erasmus Bridge.Zuidwijk ancora oggi ha un impiantodi concezione rigidamente funzionali-sta: è articolato in otto aree (Horsten,Kamper, Steinen, Lo’s, Burgen,Mare’s/Rode’s e Vooorden, Hoeken eVelden), separate tra loro dalla viabi-lità principale e da aree verdi, e dis-pone di una strada commerciale oltread altri spazi per la distribuzione con-centrati lungo l’arteria di grande traf-fico (Slinge) che attraversa il quartierein direzione Est-Ovest (Fig. 1).

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Tabella 2 totale alloggi proprietà Affitto

2003 2014 2003 2014 2003 2014appartamenti 6733 5898 316 816 6417 5082case a schiera 1170 1661 279 798 891 863totale 7903 7559 595 1614 7308 5945

Fonte: Vestia Groep masterplan vernieuwing Zuidwijk 2005

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composizione tipologica dello stockabitativo, vedi tab. 2. Tra gli esiti positivi di questa espe-rienza è possibile individuare senzadubbio l’innalzamento dei valoriimmobiliari di un patrimonio abitati-vo finora fuori mercato, e la speri-mentazione di pratiche partecipativein grado di esaltare il grado dicoesione sociale.Inoltre il clima positivo che ha cir-condato l’iniziativa ha fatto si che lascala urbanistica dell’interventoaumentasse in corso d’opera, trasfor-mando quella che era stata pensatacome un operazione circoscritta diriqualificazione in un disegno piùambizioso di trasformazione di un’in-tera parte di città.

*Dottoranda presso “Ludovico Quaroni”dell’Università di Roma “La Sapienza”.

Per quanto riguarda invece il coinvol-gimento dei residenti nelle operazionidi riqualificazione, il programmaassegna una notevole importanza allemisure relative alla comunicazione-partecipazione. Oltre a contribuire allarealizzazione del progetto per lariqualificazione, gli abitanti hanno lapossibilità di consultare il programmae conoscere le varie fasi previste siaper la demolizione e ricostruzione, siaper la ristrutturazione, nell’infopointche Vestia ha insediato nel quartiere.In conclusione si può affermare che ilprogramma di riqualificazione, arriva-to ormai a metà del suo svolgimento,ha finora registrato un sostanzialeequilibrio tra interventi residenziali einfrastrutturali; questo anche attra-verso la sensibile riduzione del nume-ro delle unità abitative e la differente

comunicazione. Quanto alla prima lanuova distribuzione delle famiglie èstata programmata in base al piano diriqualificazione dell’intera area, ela-borato da Vestia in accordo con leorganizzazioni di quartiere (Boz), cheè stato studiato per conservare l’iden-tità storico-culturale originaria efavorire il radicamento della popola-zione. In particolare, il programmaindividua le porzioni di patrimoniointeressate dagli interventi di riquali-ficazione che sono articolate per annoin riferimento al masterplan8 e alladata di ultimazione dei lavori.Ne consegue che gli alloggi messi adisposizione per il trasferimento nonsono case parcheggio, ma apparta-menti precedentemente ristrutturati dadare in affitto ai locatari a canonesociale.

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Note1. Storicamente, il sistema abitativo olandese sifonda su una significativa presenza dello Stato nelsettore abitativo e su un ruolo forte nelle politichedei suoli, in grado di svincolare i programmi di edi-lizia pubblica dai condizionamenti esercitati dallaproprietà fondiaria.La ristrutturazione nei Paesi bassi investe circa 6,7milioni di abitazioni di cui il 35% sono a caratteresociale e l’11% sono si proprietà privata e il 54%sono in comproprietà.2. Le Corporaties sono associazioni abitative senzafine di lucro, nel territorio olandese sono presenti527 independent housing associations che controlla-no il 36% dell’edilizia sociale e sono destinatarie dicontributi da parte dello Stato ed esentate dal caricofiscale. La loro forma giuridica è quella di “associa-zioni” o “fondazioni”.3. Per maggiori approfondimenti: sito ufficialeWROM (Ministerie van Volkhuisvesting, RuimtelijkeOrdening en Milieubeheer).4. André Ouwehand Convegno “Demolire e rico-struire in Europa, programmi a confronto” Roma, 10giugno 2005.5. Fanno parte del quarto anello Zuidwijk,Pendrecht, Overschie e Hoogvliet.6. I Consigli Distrettuali sono organi di decentra-mento amministrativo, eletti indipendentemente dalConsiglio Comunale. Hanno autonomia amministra-tiva e progettuale e sono fortemente indirizzati allacostruzione e implementazione di progetti in cui icittadini e imprese locali sono parte attiva. 7. Il soggetto responsabile delle operazioni di riqua-lificazione è Vestia Groep, composta da 12Ccorporaties (tra le quali STZ e Estrade) e 5 compa-gnie specializzate. Vestia opera in 36 municipalità,soprattutto del South-Holland, Il suo giro di affarisolo per la parte degli affitti è di 292 milioni di eurol’anno. All’interno del quartiere di Zuidwijk Vestia sioccupa della demolizione, della ricostruzione, dellavendita degli alloggi e del rialloggiamento degliabitanti.Inoltre provvede alla raccolta degli affitti a canonesociale. Vestia è presente nel quartiere con un uffi-cio aperto al pubblico, oltre ad agire come agenziaimmobiliare, si occupa di assistenza sociale e sanita-ria.8. Vedi Vestia Groep masterplan vernieuwingZuidwijk 2005.

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Università di Roma “La Sapienza” Fondazione per il Facoltà di Architettura “Ludovico Quaroni” centro studi “città di Orvieto”

Master di secondo livello

ACT - Valorizzazione e gestione deicentri storici minori

AmbienteCulturaTerritorio, azioni integrate

Il tema Il master si concentra sull’elaborazione di programmiintegrati volti alla valorizzazione e gestione dei centri storiciminori e dei relativi contesti ambientali e paesaggistici, in unquadro di pianificazione strategica e di attenzione alla fattibi-lità/sostenibilità degli interventi.

L’organizzazionee la sede Il master, che ha inizio a maggio 2007e termina ad aprile 2008, è organizzato in 11 settimane resi-denziali, una settimana al mese (escluso agosto) nella città diOrvieto. La sede è a fianco del Duomo.

L’attenzione al mercato del lavoro L’attenzione che il masterha sempre posto alla formazione di figure professionali idoneealle richieste del mercato e l’attenzione all’individuazione distage opportuni è stata “premiata”, in questi anni, dal prose-guimento – a conclusione del ciclo – di numerosi rapporti trastagisti ed enti sotto forma di contratto

I costi Il costo del Master è di 3.500 euro. Vengono assegnatealcune borse di studio a copertura parziale del costo di iscrizio-ne. Inoltre, la permanenza a Orvieto è facilitata dall’attivazionedi convenzioni con alcune strutture locali.

Per ulteriori informazioni consulta il sito: http//w3.uniroma1.it/arcorvieto

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formula standardizzata: i meccanismisi specificano per ciascun quartiere infunzione della diversità degli operatoripubblici, dell’area, delle abitazioni,delle diverse possibilità di accordi trale amministrazioni e del grado di coin-volgimento dei residenti. Al momentosono interessati dal programma 16quartieri e circa 8.000 abitazioni intutta la Catalogna; di questi, 7 quartie-ri (4.000 abitazioni circa) si trovanonel Comune di Barcellona ed altri 3(3.500 abitazioni circa) nell’area metro-politana. Rientrano in questo tipo diprogrammi gli interventi di riqualifica-zione nei quartieri Turó della Peira2 eTrinitat Nova3 a Barcellona;- i piani di riforma integrale, che agi-scono sul tessuto sociale e sugli stan-dard urbanistici, intervenendo nellospecifico sullo spazio pubblico e sullariqualificazione degli spazi collettivi -installazione di ascensori, migliora-mento di parti comuni dell’edificio,

demolizione), che interessa soprattuttoi centri storici, come nel caso dellaCiutat Vella, a Barcellona;- la remodelación (demolizione e rico-struzione); che interessa quartieri resi-denziali degli anni ’50 e ‘60 con caren-ze strutturali e con problemi funzionalie sociali; questi interventi hanno avutoinizio nei primi anni ‘90, con il“Programma di ristrutturazione deiquartieri1”; sono programmi di iniziati-va pubblica che implicano l’accordo tradiverse amministrazioni: inizialmente,tra il Ministero delle Opere Pubbliche(Ministerio de Obras Públicas), laRegione (Generalitat) ed il Comune;oggi, tra la Generalitat ed il Comune.Per la loro attuazione non esiste una

Dopo gli avvenimenti dell’estate scorsanelle banlieues francesi, teatro di vio-lente rivolte, anche in Italia si è torna-to a discutere di periferie. Il dibattito,su quanto è avvenuto o può accaderenelle periferie italiane, ha due aspettipositivi. Da un lato torna a vertereintorno a problemi reali; dall’altroporta a valutare ed a confrontare poli-tiche e iniziative promosse in altripaesi europei. Il confronto tra le espe-rienze di altri paesi, quali la Francia,l’Inghilterra, la Spagna o l’Olanda, puòessere utile in quanto, pur a fronte difondamentali diversità connesse allacultura, al carattere e alla strutturadelle istituzioni, consente di definirenodi, problemi, fattori di successo e diinsuccesso e fornisce utili suggerimentiper le politiche da proporre nel nostropaese, senza ovviamente pensare dipoter trasferire meccanicamente deimodelli.Una consolidata esperienza sui temi delrecupero dei quartieri e del diritto allacasa ci viene offerta dalla Spagna,dove la riqualificazione delle periferie,pubbliche e private, rientra a pieno nelquadro strategico degli interventi pub-blici nazionali e regionali caratteriz-zandosi come “funzionalizzazione erimodellazione”, tanto in termini diinterventi fisici, quanto in termini dimodalità di gestione dei singoli inter-venti. Dagli anni ‘80 le amministrazio-ni pubbliche, infatti, hanno avviato lasperimentazione di programmi diriqualificazione e rigenerazione urbanaper fronteggiare diversi tipi di proble-matiche: da quelle più puntuali, miratealla sola realizzazione di servizi e diattrezzature senza spingersi su inter-venti di riqualificazione complessivainclusiva del patrimonio abitativo; aquelle socialmente più complesse doveil grave processo di degrado fisicodegli edifici e degli spazi aperti, unita-mente a fattori di criticità sociale, haprodotto fenomeni di esclusione.Rientrano in questo contesto tre tipi diinterventi:- la rehabilitación (riabilitazione senza

Info

42

Dalla Spagna proposte e modi di interventoper le periferieLaura Forgione*

Programma di ristrutturazione dei quartieri, Barcellona Fonte-Generalitat di Catalunya)

05 (a) Piani e politiche urbane (209) 26-10-2006 16:19 Pagina 42

Chiesa di San Vidal

evento di marketing urbano e territoriale – 3a edizioneVenezia, 7 – 11 novembre 2006 presso l’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti

Sede di Palazzo Franchetti, campo Santo Stefano 2945 – Venezia

Le finalità e il target di Urbanpromo

L’INU, Istituto Nazionale di Urbanistica, e URBIT, sua società ope-

rativa, organizzano Urbanpromo, evento di marketing urbano e

territoriale. Giunto alla terza edizione, Urbanpromo si prefigge di

diffondere la cultura della fattibilità dei progetti entro una cornice

di sostenibilità. A tal fine presenta opportunità di investimento e

progetti in via di definizione, soprattutto in Italia ma con crescen-

te interesse verso la dimensione internazionale.

I suoi protagonisti sono i Comuni e gli altri enti che detengono i

poteri di pianificazione, i proprietari di immobili da trasformare

pubblici e privati, i promotori immobiliari, i progettisti, gli in-

vestitori, le istituzioni finanziarie, le imprese di costruzioni, gli

istituti di ricerca, i gestori di attrezzature e di infrastrutture.

Urbanpromo è il luogo in cui si esaltano le potenzialità opera-

tive di un virtuoso partenariato pubblico privato.

La peculiarità di Urbanpromo è la ricerca dell’innovazione,

perseguita su tutti i fronti della riqualificazione urbana e del-

la infrastrutturazione dei territori: pianificazione strategica,

strumenti urbanistici, concorsi di progettazione, gestione dei

progetti di investimento, monitoraggio e valutazione, risparmio

energetico, social housing, rivitalizzazione dei centri storici,

individuazione e valorizzazione di nuovi soggetti.

Nella mostra saranno esposti duecento progetti. Qua-

ranta saranno i convegni e seminari. Il dossier

pubblicato e distribuito dalla rivista “Edilizia

e Territorio” farà conoscere i protagonisti

ed i progetti di Urbanpromo. Il pro-

gramma aggiornato della manife-

stazione è pubblicato nel sito:

www.urbanpromo.it

Urbanistica INFORMAZIONI

Info

43

05 (b) Urban Promo (209) 26-10-2006 16:21 Pagina 43

L’articolazione dell’evento

Urbanpromo si articola in quattro momenti:

- cinque giornate di convegni, incontri, colloqui, presentazioni di casi

- la mostra dei progetti e delle opportunità di investimento

- un dossier, a grande diffusione, con schede redazionali dei proget-

ti di Enti, Società e Associazioni

- il sito web

I convegni e gli incontri

Nelle cinque giornate di Urbanpromo si concentrano numerosi con-

vegni organizzati dall’INU e da altre Associazioni e Istituti di ricerca,

seminari di presentazione di casi, colloqui, dibattiti su temi di rile-

vante attualità, confronti sui risultati di studi e ricerche.

Il programma dei convegni è definito d’intesa con gli interessati a

partecipare all’evento. Autonome iniziative sono organizzate, in ap-

positi spazi, dagli Enti e Società presenti ad Urbanpromo.

L’esposizione

I principali progetti per le città italiane, le opportunità di inve-

stimento che si stanno aprendo, le esperienze di spicco nella

trasformazione urbana e nello sviluppo locale, sono esposti in

una mostra formata da pannelli e plastici. Nella mostra sono evi-

denziate alcune specifiche sezioni: le iniziative delle Fondazioni

bancarie, i progetti correlati al Corridoio 5, i Contratti di Quartie-

re, le Società di trasformazione urbana, il Comune di Venezia, il

“sistema Milano”.

Il dossier

Urbanpromo è organizzato in collaborazione con la rivista specializ-

zata Edilizia e Territorio (gruppo Il Sole 24 Ore). Tale collaborazione si

concretizza nella pubblicazione di un dossier a grande diffusione.

Pubblicato in occasione delle giornate di Urbanpromo e diffuso a

20.000 abbonati, il dossier fa conoscere i progetti e le competenze

degli Enti e delle Società partecipanti a Urbanpromo. Attraverso sinte-

tiche schede redazionali sono offerte informazioni e forniti riferimenti

ad un vasto target di potenziali interessati.

Il sitoweb

Nel sito web www.urbanpromo.it sono riversate le schede degli Enti

e Società pubblicate nel dossier, la rassegna stampa ed altri mate-

riali utili per la partecipazione.

Le schede dei progetti, Enti, Società e associazioni partecipanti a Ur-

banpromo 2006 si aggiungono a quelli delle edizioni 2005 e 2004.

Nel sito web di Urbanpromo, anno dopo anno, si sta formando un

importante archivio, consultabile con grande facilità, sui progetti, gli

investimenti, gli attori della trasformazione urbana in Italia.

Urbanopromo2005 è promosso dall’INU, Istituto Nazionale di

Urbanistica, Piazza Farnese 44, 00186 Roma – tel. 06 68 80 11 90

– 06 68 80 96 71 – fax 06 68 21 47 73 – www.inu.it

Urbanpromo2005 è organizzato da URBIT, Urbanistica Italiana Srl,

Piazza Farnese 44, 00186 Roma – tel. 06 68 19 29 47 – fax 06 68

21 47 73 – [email protected] – www.urbanpromo.it

Comitato Tecnico di URBIT per Urbanpromo:

Stefano Stanghellini (presidente di Urbit), Manuela Ricci (direttore

di Urbit), Gastone Ave, Agostino Cappelli, Emilio Erario, Fabio Fiocco,

Massimo Giuliani, Sauro Moglie, Simone Ombuen, Marco Pompilio,

Iginio Rossi, Francesco Sbetti, Stefano Storchi, Michele Talia.

Ufficio stampa:

Mila Sichera e Valentina Cosmi.

Progettazione grafica e allestimento

Hstudio Venezia – www.hstudio.it

Rete dei referenti territoriali:

Abruzzo e Molise: Andrea Properzi – Alto Adige: Carlo Bassetti

– Basilicata: Rosanna Argento – Calabria: Celestina Fazia – Cam-

pania: Claudia Trillo – Emilia-Romagna: Luciano Vecchi – Friuli

Venezia Giulia: Massimo Fadel – Lazio: Manuela Ricci – Liguria e

Lombardia: Marco Pompilio – Marche: Sauro Moglie – Piemonte

e Valle d’Aosta: Marco Pompilio – Puglia: Carmelo Torre – Sarde-

gna: Sebastiano Bitti – Sicilia: Maria Donatella Borsellino – To-

scana: Luisa Garassino – Trentino: Maurizio Tomazzoni – Umbria:

Alessandro Bracchini – Veneto: Lorenzo Ranzato.

Collaboratori:

Elisa Alfonsi, Alessandra Carta, Elena Marcat, Francesca Minelli,

Marianna Nociforo, Valeria Ruaro.

Per informazioni:

URBIT, Urbanistica Italiana Srl

Piazza Farnese 44, 00186 Roma

tel. 06 68 19 29 47 – fax 06 68 21 47 73 – [email protected]

Organizzazione e informazioni generali

Urbanistica INFORMAZIONI

Info

44

05 (b) Urban Promo (209) 26-10-2006 16:21 Pagina 44

Urbanpromo 2006 gode del patrocinio del Comune di Venezia e del-

l’Associazione Nazionale Comuni Italiani.

Collaborano all’organizzazione dell’evento e sono presenti, con ini-

ziative concertate con l’INU, numerose associazioni, fra cui in primo

luogo l’Ance, che fin dall’inizio ha recato un convinto sostegno.

Organizzano proprie iniziative nell’ambito di Urbanpromo anche: Aici

Giovani, Assimpredil-Ance, Associazione Città del Vino, Assoimmobiliare,

Asstra con Actv e Vela, Assurb, Astur, Audis, Centro Città d’Acqua, Confe-

dilizia, Fimaa Milano, Rur–Censis, Sidt, Siev; Agenzia del Demanio, Came-

ra di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura Venezia, Comune di

Venezia, Dipartimento Urbanistica IUAV, Dottorato Tecnologia Architettura

Università Ferrara IUAV Cesena, Fondazione di Venezia con patrocinio Acri,

Indis-Unioncamere, Provincia di Venezia; Osmi Borsa Immobiliare, Nomi-

sma, Scenari Immobiliari.

La terza edizione di Urbanpromo si avvale, come nelle preceden-

ti edizioni, della collaborazione della rivista “Edilizia e Territorio”

(gruppo Il Sole 24 Ore).

I convegni e seminari**Avvertenza importante. Urbanistica Informazioni va in stampa quando il programma è ancora provvisorio. Il programma definitivo potrà

quindi contenere alcuni cambiamenti. Al lettore che intende partecipare ad Urbanpromo si raccomanda di prendere visione del programma

definitivo, pubblicato nel sito: www.urbanpromo.it

Martedì 7 novembre, mattina e pomeriggio

INU – URBIT

Grandi Infrastrutture e strategie locali di governo del terri-

torio: il caso del corridoio 5 e degli altri corridoi europei

Curatori Franco Migliorini e Marco Pompilio

Il convegno di apertura di Urbanpromo 2006 sarà dedicato ad un ap-

profondimento sulla collaborazione tra iniziative di trasformazione

del territorio e programmazione delle infrastrutture con riferimento in

particolare al caso del Corridoio V, e agli altri corridoi infrastrutturali di

rilevanza europea. Il programma propone di esplorare ed individuare

assieme ai partecipanti le possibili interazioni tra il corridoio e le pro-

gettualità in corso presso i diversi enti e attori territoriali. Interveranno al

dibattito rappresentanti del Ministero delle Infrastrutture, delle Regioni

interessate (Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli), dell’Unione Europea.

Martedì 7 novembre, mattina e pomeriggio

ANCI, INU

Urbanistica e immigrazione

Martedì 7 novembre, mattina

AICI GIOVANI

Le professioni immobiliari

Martedì 7 novembre, pomeriggio

ANCI, URBIT

Il monitoraggio delle politiche sul territorio

Curatore Stefano Storchi

Nel convegno organizzato dall’ANCI sono definite e messe a con-

fronto modalità di osservazione e valutazione delle ricadute territo-

riali, economiche e sociali prodotte dalle politiche urbanistiche.

Sono presentate le esperienze di: Comune di Genova, Comune di

Napoli, Comune di Parma, Comune di Pesaro, ANCI.

Martedì 7 novembre, pomeriggio

NOMISMA

L’informazione economica sui mercati immobiliari

Mercoledì 8 novembre, mattina e pomeriggio

URBIT

Progetti e casi correlati con il Corridoio 5 e gli altri corridoi europei

Curatore Marco Pompilio

Sessione dedicata alla presentazione di progetti e casi correlati con il

Corridoio V, da parte di Enti Locali e Società. Quali strategie stanno svi-

luppando enti ed operatori sulla base delle aspettative generate dall’in-

frastruttura? Le presentazioni sono organizzate con la collaborazione di

regioni, province e comuni.

Fondazione Banca del Monte “Domenico Siniscalco Ceci” di

Foggia, Fondazione Banca del Monte di Lucca, Fondazione

Cassamarca, Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria,

Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena, Fondazione Cassa

di Risparmio della Provincia di Chieti, Fondazione Cassa di

Risparmio di Fano, Fondazione Cassa di Risparmio di Ferra-

ra, Fondazione Cassa di Risparmio della Spezia, Fondazione

Cassa di Risparmio di Modena, Fondazione Cassa di Rispar-

mio di Spoleto, Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste,

Fondazione Cassa di Risparmio di Verona Vicenza Belluno e

Ancona, Fondazione Cassa di Risparmio di Vignola, Fondazio-

ne del Monte di Bologna e Ravenna

Fondazioni di origine bancaria che espongono iniziative e progetti

Le partnership per l’edizione 2006

Urbanistica INFORMAZIONI

Info

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05 (b) Urban Promo (209) 26-10-2006 16:21 Pagina 45

Urbanistica INFORMAZIONI

Info

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Mercoledì 8 novembre, mattina e pomeriggio

SIEV – DU IUAV

I codici delle valutazioni immobiliari

Coordinamento di Sergio Mattia

Il convegno prende in esame i più autorevoli Codici delle Valutazioni

prodotti in ambito internazionale e le più recenti analoghe iniziative in

ambito nazionale. Lo scopo è quello di approfondire i loro contenuti

teorici e metodologici, e di verificare le interdipendenze con la ma-

nualistica utilizzata in Italia in ambito accademico e professionale.

Mercoledì 8 novembre, mattina e pomeriggio

UNIVERSITÀ FAF, IUAV, CESENA

Architettura_Energia: la costruzione dal particolare alla città

A cura del XXI ciclo del Dottorato di Ricerca in Tecnologia dell’Architettura

L’analisi della questione energetica viene sviluppata attraverso il ruolo

dell’architetto nell’agire alle varie scale del costruito: a partire dalla

scelta e gestione di materiali, componenti e sistemi del costruito, si re-

lazionerà poi sulla città come accentratrice delle problematiche e degli

interventi di risparmio energetico, sui settori dei trasporti e dei servizi

integrati. Per riallacciarsi ai temi di scala globale trattati all’inizio della

giornata, si concluderà con una riflessione sui cambiamenti climatici

all’interno delle aree urbane e con una tavola rotonda per dibattere i

temi di particolare interesse emersi dagli interventi precedenti.

Mercoledì 8 novembre, mattina

DU IUAV, DIP. ITACA ROMA, REGIONI

Un bilancio della politica dei contratti di quartiere I e II

Organizzato dal Dipartimento di Urbanistica dell’Università Iuav di

Venezia con il Dipartimento Itaca dell’Università “La Sapienza” di

Roma e il Coordinamento Nazionale delle Regioni.

L’iniziativa intende fare un bilancio dell’esperienza dei Contratti di

Quartiere I e II ed inoltre si prefigge di discutere, anche con la pre-

senza di rappresentanti del Governo, della politica di rilancio del-

l’edilizia residenziale e del rinnovo urbano.

Mercoledì 8 novembre, mattina

COMUNE DI VENEZIA

Le opportunità di investimento offerte dalla città di Venezia

Curatore Roberto Turiddo Pugliese

In una fase in cui le maggiori città italiane fanno a gara per pro-

muoversi come sistemi urbani dinamici, capaci di generare svilup-

po, anche Venezia intende giocare le proprie carte presentando, in

questa occasione, agli operatori del settore Real Estate il proprio

progetto di sviluppo di medio lungo termine e alcuni dei più signifi-

cativi interventi di trasformazione urbana di prossima realizzazione

nel territorio comunale.

Mercoledì 8 novembre, pomeriggio

COMUNE DI VENEZIA, IVE, INU VENETO

Le nuove politiche per la casa e il social housing: metodi ed

esperienze

Curatori Ezio Micelli e Francesco Sbetti

L’obiettivo dell’incontro è di presentare alla comunità di professionisti,

amministratori e imprese i principali progetti di housing sociale che

rispondono in modo innovativo alla domanda abitativa. Sono note le

ragioni di una stagione di disagio per ciò che attiene l’accesso alla

proprietà e all’affitto delle abitazioni: aumento dei valori patrimoniali

e reddituali, nuove povertà, domanda legata all’immigrazione. Meno

conosciute invece sono le strategie e gli strumenti operativi che le

amministrazioni intendono promuovere per la realizzazione di politi-

che abitative innovative. Di qui l’esigenza di presentare diverse espe-

rienze e di porle a confronto per mettere a fuoco le possibili linee di

azione in particolare a disposizione degli enti locali.

Giovedì 9 novembre, mattina

OSMI BORSA IMMOBILIARE, CCIAA DI MILANO

Qualità dell’abitare e perequazione urbanistica. Dalla pre-

scrizione alla strategia di sviluppo.

Giovedì 9 novembre, mattina

ASSTRA, ACTV, VELA

I soldi per la mobilità urbana: alla ricerca di nuove idee

Giovedì 9 novembre, mattina

FONDAZIONE CENSIS-RUR

Strategie per il territorio. Nuova cultura della programma-

zione o retorica del piano?

Curatori Giuseppe Roma e Stefano Sampaolo

Il workshop promosso da Censis e Rur intende fare il punto sulle

esperienze in corso in Italia che a vario livello si richiamano alla

pianificazione strategica, per verificare la loro reale capacità di vei-

colare una nuova cultura dello sviluppo. A fronte del grande interes-

se suscitato dalle prime esperienze, negli ultimi anni il proliferare

di questi strumenti sembra evidenziare il rischio di un uso a volte

puramente retorico del termine, mentre si avverte da più parti la

necessità di superare l’autoreferenzialità delle riflessioni sul futuro

dei contesti locali, inserendole in quadri di coerenza a scala di area

vasta e regionale.

Giovedì 9 novembre, mattina

INDIS, UNIONCAMERE, ANCI

Ricucire le trame. Il ruolo del commercio nelle trasforma-

zioni delle città

Curatore Iginio Rossi

Obiettivo del convegno è la definizione del ruolo del commercio nel-

l’ambito delle trasformazioni urbane attraverso la realizzazione di

formule diversificate e insediamenti multipolari. I risultati dell’Os-

servatorio sugli interventi di rivitalizzazione commerciale dei cen-

tri storici e delle aree urbane, che è stato recentemente avviato

dall’INDIS Unioncamere attraverso l’Istituto Guglielmo Tagliacarne,

05 (b) Urban Promo (209) 26-10-2006 16:21 Pagina 46

Urbanistica INFORMAZIONI

Info

47

consentono di tracciare un quadro utile alla definizione di politiche

e strumenti alle varie scale indirizzato in particolare ai comuni as-

sociati all’ANCI.

Giovedì 9 novembre, pomeriggio

AUDIS

Dopo le Olimpiadi: il riuso dei grandi impianti

Coordinamento AUDIS

Il seminario dell’Associazione Aree Urbane Dismesse affronta il tema

dei grandi progetti di ristrutturazione urbana che per la loro realizzazio-

ne passano attraverso due fasi di pianificazione: la prima, temporanea,

destinata alla realizzazione di un grande evento (olimpiadi, mondiali di

calcio, expo universali, città capitali della cultura, ecc.); la seconda,

definitiva, destinata a fornire strutture e infrastrutture permanenti alla

città.Approfittando della recente esperienza vissuta nel nostro paese il

tema mette a confronto tre grandi città europee che hanno organizzato

i Giochi olimpici: Torino 2006, Atene 2004 e Barcellona 1992.

Giovedì 9 novembre, pomeriggio

ASSOCIAZIONE CITTÀ DEL VINO

Il Prg delle città del vino

Giovedì 9 novembre, pomeriggio

AGENZIA DEL DEMANIO

Patrimoni immobiliari pubblici, la loro funzione per il rilan-

cio dell’economia e per la coesione sociale del paese

Coordinamento: Agenzia del demanio – Direzione coordinamento

staff - Ufficio studi

Il convegno si pone l’obiettivo di attivare un dibattito ampio sul tema

della valorizzazione e dell’ottimizzazione degli usi e delle funzioni

dei patrimoni immobiliari pubblici, in particolare di quello di pro-

prietà dello Stato e su come si possano mettere a fattor comune le

proprietà immobiliari dei diversi soggetti istituzionali per fornire un

supporto alle politiche di competitività e di coesione territoriale, an-

che in riferimento alla prossima attivazione dei Fondi strutturali per

il periodo 2007-2013. Parteciperanno al dibattito i rappresentanti

dell’ Agenzia del demanio, di Istituti di ricerca, di comuni di medie e

grandi dimensioni, del mondo economico e finanziario.

Giovedì 9 novembre, pomeriggio

URBIT CON GLI URBAN CENTER

Urban Center: una casa di vetro per le politiche urbane

Curatore Bruno Monardo

L’evoluzione degli Urban Centers, seguendo gli sviluppi già consolidati da

alcuni decenni a partire dalle prime sperimentazioni in Usa e successiva-

mente in Europa, ha messo in evidenza come il ruolo di queste strutture

si concretizzi in un centro organizzatore di dibattiti su politiche, piani,

programmi e progetti, aperto ai diversi gradi di discussione. Sono stati

invitati a presentare la propria esperienza Urban Center di città italiane

(fra cui Milano, Napoli, Torino, Pesaro, Verona) e di altre città europee.

Venerdì 10 novembre, mattina e pomeriggio

DU IUAV, SIDT

Trasporto marittimo, porti, intermodalità ferroviaria

Curatore Agostino Cappelli

Il settore trasporti del Dipartimento di Urbanistica dell’Università

IUAV di Venezia organizza un seminario sullo sviluppo del trasporto

marittimo mediterraneo nell’ultimo quinquennio. In questo pano-

rama, che ha generato analisi a volte esageratamente ottimisti-

che, non sono ancora compiutamente definite le migliori politiche

per lo sviluppo della portualità in Italia, dei servizi (logistici ed

intermodali) e delle strutture necessarie per più importanti volumi

di traffico. Su questi temi si propone agli esperti ed operatori del

settore (pubblico e privato) di svolgere una nuova riflessione per

delineare le linee di indirizzo e gli obiettivi da perseguire nell’am-

bito di strutture, servizi ed eventuali investimenti infrastrutturali

che debbono essere garantiti.

Venerdì 10 novembre, mattina

SCENARI IMMOBILIARI

Vincenti e perdenti: le condizioni perchè un progetto sia di

successo

A cura di Mario Breglia

Entro il 2010 dovrebbero aver vita (sulla base della documentazione

disponibile) quasi 200 progetti immobiliari ed urbanistici di grande di-

mensione in Italia, per un valore di oltre 40 miliardi di euro. In apertura

del convegno Scenari Immobiliari presenterà un Rapporto sui grandi

progetti e il loro potenziale impatto sui mercati di riferimento. Nel

dibattito si confronteranno urbanisti, investitori, promotori immobiliari

ed esperti sulle motivazioni di successo o meno di un progetto. Si

affronteranno le problematiche relative alle condizioni di mercato, alla

bellezza dei progetti, al rapporto con le pubbliche amministrazioni. Un

focus particolare sulla nuova situazione fiscale che modifica, anche in

modo significativo, la realizzabilità di molte iniziative.

Venerdì 10 novembre, mattina

ASSURB

La professione di urbanista/valutatore

Venerdì 10 novembre, mattina

PROVINCIA DI VENEZIA

Il progetto “MONITOR 2006” per la pianificazione territoriale

e la promozione economica

Il Progetto MONITOR – promosso e coordinato dalla Provincia di

Venezia – d’intesa con il Comune di Venezia e Unindustria Vene-

zia, concretizza il metodo partecipato e concertato per la forma-

zione del piano provinciale. Con “MONITOR 2006” si conferma il

comune interesse alla realizzazione di un progetto che ha come

obiettivo il monitoraggio e la divulgazione di dati e informazioni

sulle aree per insediamenti economici, sulle loro caratteristiche

e sulla loro disponibilità.

05 (b) Urban Promo (209) 26-10-2006 16:21 Pagina 47

Urbanistica INFORMAZIONI

Info

48

PTCP (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale), lo

stato di avanzamento

L’iniziativa della Provincia di Venezia fa parte del processo di forma-

zione del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, informato ad

una scelta di governance, di partecipazione e di innovazione nel loro

significato più ampio. La Provincia di Venezia, con la presentazione al

pubblico del Documento Preliminare, avvenuta circa un anno fa, ha

inaugurato una intensa fase di concertazione confronto, consultazio-

ne e informazione relativamente al processo di formazione del piano

(e dell’integrato processo di VAS) di cui si accinge a trarre gli esiti.

Venerdì 10 novembre, mattina

ASTUR, FONDAZIONE ASTENGO

Le Società di Trasformazione Urbana: proposte per la loro

definitiva affermazione

Coordinamento di Renato Perticarari

Il convegno promosso da Astur e Fondazione Astengo, da un lato,

intende avanzare una serie di riflessioni sulle criticità di uno stru-

mento che, laddove correttamente e concretamente applicato, ha

già mostrato tutte le sue possibilità di offrire reali risposte alle esi-

genze operative degli enti locali; dall’altro, si prefigge di illustrare e

proporre, con il contributo di rappresentanti del Parlamento, alcune

proposte di parziale modifica dell’art. 120 del T.U. Enti Locali fina-

lizzate alla definitiva affermazione delle Società di Trasformazione

Urbana quale uno dei principali attori delle politiche urbanistiche di

rinnovamento, trasformazione e riqualificazione dei Comuni.

Venerdì 10 novembre, pomeriggio

RIVISTA “EDILIZIA E TERRITORIO”

Architettura & ingegneria. Architettura vs ingegneria

Il convegno organizzato dalla rivista “Edilizia e Territorio” vuole offri-

re un momento di confronto e dibattito sulla relazione architettura /

ingegneria tra soggetti impegnati, a vario titolo e in vario modo, oggi

in Italia. Un’occasione per interrogarsi sui ruoli delle diverse discipli-

ne nei progetti di riqualificazione urbana, sulle diverse competenze,

sulle sinergie possibili e sulle prospettive auspicabili. Un confronto

sull’approccio metodologico e sui modelli organizzativi sarà svilup-

pato dai main partners di importanti società di ingegneria e da al-

cuni giovani architetti interpreti, negli ultimi anni, di un costruttivo

rapporto tra mondo dell’architettura e dell’ingegneria.

Venerdì 10 novembre, pomeriggio

CENTRO CITTÀ D’ACQUA

Nuove rotte urbane nel Mezzogiorno d’Italia

Il convegno presenta attività e progetti di sviluppo in 8 regioni del Sud

d’Italia, per le quali è stato assunto come ambito territoriale di riferi-

mento quello relativo alle principali zone urbano-portuali del Mezzo-

giorno. L’iniziativa, denominata Città-Porto, è al centro di un’azione

promossa dalla Fondazione La Biennale di Venezia, per la 10. Mostra

Internazionale di Architettura, nel quadro del progetto Sensi Contem-

poranei, in programma a Palermo nell’autunno 2006 e curata da Rinio

Bruttomesso, direttore del Centro Città d’Acqua di Venezia.

Sabato 11 novembre, mattina

ANCE

Convegno

Sabato 11 novembre, mattina

FONDAZIONE DI VENEZIA, ACRI

I progetti delle Fondazioni bancarie per le città

Curatori Fabio Achilli, Antonio Rigon e Francesco Sbetti

Nel corso della precedente edizione di Urbanpromo, l’interesse su-

scitato dal convegno promosso dalla Fondazione di Venezia, fa rite-

nere importante un ulteriore approfondimento del tema. L’impegno

delle Fondazioni di origine bancaria per gli interventi immobiliari

nell’ambito dei progetti per lo sviluppo locale verrà illustrato attra-

verso le testimonianze portate dai Presidenti delle Fondazioni invi-

tate. In Occasione del Convegno verrà presentato il Primo Rapporto

sui “Progetti delle Fondazioni di Origine bancaria per le città”.

Sabato 11 novembre, mattina

INU E MASTER UNIVERSITARI

Formazione e produzione: professionalità per l’elaborazione

dei programmi complessi e la gestione dei processi

Coordinamento Manuela Ricci

Il seminario ha l’obiettivo di attivare un dialogo sul tema della forma-

zione di figure professionali atte a svolgere attività nel campo dell’ela-

borazione di programmi relativi alla riqualificazione e valorizzazione

delle città e del territorio nonché in quello del governo dei processi

realizzativi e gestionali. Il seminario intende proporre un confronto

tra i coordinatori di alcuni master, già impegnati da qualche anno su

questi temi, e alcune categorie dei soggetti della domanda – rappre-

sentati da amministrazioni pubbliche, enti, istituzioni, società di con-

sulenza e aziende private – che abbiano già sperimentato la formula

dello stage, per poter riflettere sui fattori positivi e sulle criticità di

questa formula nonché su propose e idee da mettere in atto.

Sabato 11 novembre, mattina

Assegnazione del Premio Inu per Tesi di Laurea e di Dottorato

Mercoledì 8 novembre, pomeriggio, Giovedì 9 novembre, mattina

Venerdì 10 novembre, pomeriggio, Sabato 11 novembre, mattina

ENTI E SOCIETÀ PARTECIPANTI A “URBANPROMO 2006”

Le Sessioni di presentazione dei casi

*Il programma dettagliato è pubblicato nel sito: www.urbanpromo.it

In varie sessioni sono illustrati: piani e strategie di sviluppo dei ter-

ritori, immobili e progetti che generano opportunità di investimento,

progetti di infrastrutturazione del territorio, profili e competenze di

operatori attivi nei settori della trasformazione urbana. I casi sono

aggregati per grandi temi. In ogni sessione si alternano, quali rela-

05 (b) Urban Promo (209) 26-10-2006 16:21 Pagina 48

Urbanistica INFORMAZIONI

Info

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Le prime adesioni ad Urbanpromo 2006*

*Avvertenza importante. L’elenco registra solo le partecipazioni confermate al momento della chiusura della rivista per la stampa. L’elenco

completo è riportato nel programma definitivo della manifestazione.

a) Enti pubblici

Regioni - Regione Abruzzo;

Province - Provincia di Belluno, Provincia di Milano, Provincia di

Savona, Provincia di Venezia;

Capoluoghi di provincia - Comune di Asti, Comune di Bologna, Comu-

ne di Firenze, Comune di Forlì, Comune di Milano, Comune di Monza,

Comune di Napoli, Comune di Novara, Comune di Pescara, Comune

di Reggio Calabria, Comune di Salerno, Comune di Venezia;

Altri Comuni - Comune di Bitonto, Comune di Cava de’ Tirreni, Co-

mune di Cisterna di Latina, Comune di Jesi, Comune di Limbiate,

Comune di Orbetello, Comune di Piombino, Comune di Romagnano

al Monte, Comune di Sant’Agata Militello, Comune di Turbigo

b) Spa e agenzie promosse e partecipate dallo Stato

Agenzia del Demanio, RFI – Rete Ferroviaria Italiana

c) Agenzie di sviluppo locale e società

a prevalente capitale pubblico

Ater - Potenza, CAAM - Consorzio Area Alto Milanese, Osservanza

Srl (Imola), Nuova Via Trento Spa (Macerata), Colle Promozione Spa

(Colle di Val d’Elsa)

d) Promotori e gestori di infrastrutture e piattaforme logistiche

Consorzio ZAI - Interporto Verona, Quadrilatero Spa

e) Società private di promozione immobiliare

Aedes, Consorzio Urbanizzazione Nuovo Calabrone, Euromilano,

Galotti, Palladium, Pirelli & C Real Estate Opportunites, Tecnologie

& Spazio Srl

f) Imprese di costruzione con attività

nella promozione immobiliare

Sicev Srl, Valdadige Costruzioni

g) Istituti di ricerca e società di consulenza

Nomisma Spa, OSMI Borsa Immobiliare, Praxi, Scenari Immobiliari

h) Società specializzate nei settori

della riqualificazione urbana

Gabetti, Gruppo TRS – Tecnologie per un mondo pulito

i) Società di ingegneria e studi di architettura

Progetto CMR, Systematica, Studio Tecnico ASI, Studio Mapelli

l) Istituzioni finanziarie e assicurative

BNL – Fondi immobiliari

tori, i rappresentanti degli Enti e Società (amministratori, dirigenti,

progettisti) aderenti ad Urbanpromo. A conclusione della sessione:

risposte alle domande del pubblico e una tavola rotonda fra i relatori

animata da un moderatore.

Martedì 7 novembre ore 18.15

Comune di Conegliano (TV)

presentazione progetto: Zonazione vitivinicola.

Degustazione Prosecco di Conegliano DOC

Mercoledì 8 novembre ore 18.15

Comune di Colle Val d’Elsa (SI)

presentazione progetto: Fabbrica Colle.

Degustazione Chianti Colli Senesi DOCG

Giovedì 9 novembre ore 18.15

Comune di Montefalco (PG)

presentazione progetto: Centro Nazionale dei Vini Passiti.

Degustazione Sagrantino di Montefalco DOCG

Venerdì 10 novembre ore 18.15

Comune di Cellino San Marco (BR)

presentazione progetto: Parco del Negroamaro.

Degustazione Negroamaro

Sabato 11 novembre ore 13:00

Comune di Furore (SA)

presentazione progetto: Parco Giardino Sant’Agnelo.

Degustazione Costa d’Amalfi DOC

Gli appuntamenti con Città del Vino – I progetti e le degustazioni di vini e prodotti tipici

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Stefano Stanghellini - Intervista di Mila Sichera

URBANPROMO 2006: LE NOVITÀ E GLI OBIETTIVI

Dal 7 all’11 novembre 2006 a Venezia si svolge Urbanpromo, even-

to di marketing urbano e territoriale. Abbiamo incontrato il presi-

dente di Urbit, prof. Stefano Stanghellini, ideatore dell’evento.

Urbanpromo è giunto alla terza edizione e si fregia di un importan-

te riconoscimento da parte della Fondazione Biennale di Venezia:

“Evento collaterale della 10. Mostra Internazionale di Architettura”.

E’ certamente un onore ma anche una grande responsabilità.

Quali sono i criteri seguiti per individuare i progetti ed i casi pre-

sentati?

R: L’idea di Urbanpromo quale focus permanente sul progetto

urbano nasce in seno all’Istituto Nazionale di Urbanistica. La sua

realizzazione si basa sulla conoscenza di ciò che avviene nelle

città italiane posseduta dai soci dell’Istituto; una conoscenza di-

retta, frutto delle loro strette relazioni con le pubbliche ammini-

strazioni ed il mondo professionale. Quando una nuova edizione

viene lanciata, talvolta sono gli enti pubblici e gli operatori privati

a proporre i loro progetti, altre volte sono le antenne dell’Istituto

ad individuarli ed a sollecitarne la presentazione. Poiché Urban-

promo è centrato sugli aspetti e le problematiche della fattibili-

tà, sia gli enti che i privati esibiscono solo progetti con un’alta

probabilità di realizzazione e un’ampia condivisione locale. La

ricerca delle innovazioni, per finalità di studio e di divulgazione,

è la molla che spinge le attività di ricerca ed analisi che ruotano

attorno a Urbanpromo.

Che ruolo ha Urbanpromo tra le manifestazioni in Italia?

R: Due aspetti distinguono Urbanpromo da manifestazioni similari.

Uno è la preminente finalità culturale. E’ evidente che gli enti ed

i privati che espongono i loro progetti traggono rilevanti benefici

in termini sia di prestigio che di promozione, e quindi economi-

ci, come dimostra l’esperienza delle prime due edizioni. Tuttavia

l’evento veneziano non è la sede in cui si espone soprattutto per

“fare affari”, come avviene nelle manifestazioni fieristiche ma

un luogo molto qualificato, in cui si mostrano saperi e soluzioni

che possono essere utili anche in altri contesti, si trasferiscono

conoscenze e sensibilità dal settore pubblico a quello privato e

viceversa, si integrano approcci e interventi settoriali, si contri-

buisce ad una positiva evoluzione del quadro normativo.

L’altro tratto distintivo è il centro dell’attenzione, che non è prio-

ritariamente l’Immobiliare – il Real Estate – inteso come com-

parto economico rispetto al quale il progetto urbanistico è un

mero fattore strumentale. Al contrario, al centro dell’attenzione

di Urbanpromo c’è il progetto. L’Immobiliare diventa quindi di

grande importanza non in sé, ma in quanto contesto economico

che pone vincoli ed offre opportunità per il concepimento e la

promozione del progetto. La prospettiva cui guarda la manifesta-

zione promossa dall’Inu, in breve, è il futuro delle città italiane, e

non solo le sorti di uno o più comparti economici.

Quali sono le novità di questa edizione dal punto di vista tematico

e quali sono i temi consolidati su cui è sempre necessario tornare

a riflettere?

R: Numerose sono le novità. La mostra di questa terza edizione si

tematizza e valorizza temi rilevanti.

Spiccano i progetti che le Fondazioni bancarie hanno ideato e pro-

mosso per i territori in cui operano. Per la prima volta c’è la pos-

sibilità di avere una visione d’assieme della variegata ed originale

progettualità espressa da questo nuovo protagonista della scena

urbana. Importante è anche la sezione dei Contratti di Quartiere:

una progettualità pubblica condivisa con i privati che è stata sol-

lecitata dallo Stato e a cui i Comuni hanno partecipato con entu-

siasmo: ora le Regioni e i Comuni vogliono realizzare i progetti e

richiamano lo Stato a rispettare gli impegni finanziari assunti.

Altri rilevanti tematismi sono le iniziative delle società di trasfor-

mazione urbana e più in generale i progetti frutto del partenariato

pubblico privato, le opportunità di investimento offerte dai Comu-

ni attraverso apposite strumentazioni urbanistiche e promozio-

nali, le iniziative di valorizzazione e dismissione di beni immobili

pubblici. Una parte della mostra raccoglierà poi alcuni fra i più

significativi progetti infrastrutturali e immobiliari concepiti nella

prospettiva della realizzazione dei grandi corridoi europei.

I tematismi della mostra si riflettono nel programma dei conve-

gni. Proprio alla realizzazione dei corridoi infrastrutturali europei

ed ai progetti che si stanno approntando nei territori che ne be-

neficeranno, è dedicato il convegno di apertura. Il programma

è tuttavia arricchito da molti altri temi, quali le problematiche

urbanistiche generate dall’immigrazione, il risparmio energetico

in ambito edilizio ed urbanistico, i nuovi strumenti per le politiche

abitative, il finanziamento di un efficiente trasporto pubblico, le

cosiddette autostrade del mare, e altri ancora. Importanti anche

le presentazioni del “sistema Venezia” e del “sistema Milano”.

C’è un ampliamento degli spazi e della durata temporale rispetto

alla precedente edizione?

R: Crescono sia gli spazi che la durata. I giorni diventano cinque

e la Chiesa di San Vidal si unisce alle quattro sale di Palazzo

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Franchetti. Si dilata quindi lo spettro dei temi affrontati ed au-

menta il numero dei progetto esposti.

I numerosi attori di Urbanpromo, che scelgono le sale di Palazzo

Franchetti per confrontare le loro idee, hanno un carattere co-

mune?

R: Ciò che unisce i protagonisti di Urbanpromo è la comune vi-

sione sul futuro delle città italiane: città rinnovate e riqualifica-

te, più efficienti, più solidali, in un Paese più attraente, sicuro e

competitivo. La concretizzazione di questa visione comporta un

approccio positivo e costruttivo agli innumerevoli problemi che

oggi ostacolano la riqualificazione delle città italiane: si pensi

ai disordinati waterfront, agli inadeguati sistemi della mobilità,

ai complessi immobiliari in abbandono, ai quartieri residenziali

privi di qualità urbana. Chi viene ad Urbanpromo è ben consa-

pevole che gli interessi sulla città sono molto diversi e spesso

antagonisti, ma sa anche che occorre darsi da fare per trovare

forme di cooperazione a tutti i livelli: dalle iniziative economiche

alla ricerca scientifica.

La ricerca e l’innovazione sono tratti distintivi dell’ evento. Gli Isti-

tuti di ricerca tornano ad Urbanpromo per comunicare nuovi tra-

guardi: Scenari Immobiliari, Censis, Nomisma, ora anche Osmi…

R: Urbanpromo si fregia dell’importante apporto che gli Istituti di

ricerca offrono alla costruzione del suo programma. Oltre a quelli

citati, un numero crescente di Dipartimenti e Dottorati universitari

elegge Urbanpromo quale sede di presentazione e discussione

dei risultati della propria attività di ricerca e di formazione. Così si

mescola, con grande beneficio per tutti, la ricerca fatta da Istituti

privati di grande prestigio in risposta a concrete esigenze pratiche,

con la ricerca che nasce e si sviluppa in ambito accademico.

Ci sono anche molte associazioni che hanno confermato la scelta

di Urbanpromo per incontrare i propri soci.

R: Fin dall’inizio, in sintonia con la sua mission, Urbanpromo ha

voluto tenere in grande considerazione il contributo culturale che

gli organismi associativi producono negli ambiti disciplinari e nei

settori economici che aggregano i loro soci. Urbanpromo provve-

de a collegare tali specifici contributi in un sistema relazionale –

di persone, di saperi – molto esteso e qualificato. Le Associazioni

presenti con autonome iniziative alla manifestazione veneziana

non solo mantengono la propria identità, ma rendono molto visi-

bile all’esterno la loro attività. Associazioni di enti locali, di diver-

se categorie imprenditoriali, di studiosi di vari settori scientifico-

disciplinari, o ancora associazioni formatisi su specifici campi di

attività (aree dismesse, waterfront, trasporto locale, ecc.) trovano

nella manifestazione veneziana una comune cornice.

Anche l’Acri. Le Fondazioni Bancarie che si aprono al parterna-

riato culturale tornano a discutere a Palazzo Franchetti…

R: L’anno scorso la Fondazione di Venezia organizzò un convegno

per discutere, con le altre Fondazioni bancarie, delle possibilità

aperte da recenti provvedimenti legislativi nel settore immobilia-

re e nella riqualificazione urbana. L’ottimo esito di quell’iniziativa

ha suggerito alla Fondazione di Venezia di riprendere, in modo

più strutturato, quel tema. E’ stato inoltre attivato un rapporto

collaborativo con l’Acri, l’Associazione delle Casse di Risparmio

e delle Fondazioni di origine bancaria. Grazie ad esso a Venezia si

potrà avere il primo quadro d’assieme di una progettualità molto

originale e diversificata, in quanto sintesi della sensibilità sociale

delle Fondazioni e dello “spirito dei luoghi”.

Che connotazioni ha il visitatore di Urbanpromo?

R: La partecipazione di numerose associazioni rappresentative di

più interessi culturali, tecnico- scientifici e professionali, degli enti

e società che espongono i progetti nella mostra, dei relatori ai

convegni, fa sì che il nostro visitatore sia persona provvista di alte

competenze specialistiche. Inoltre la possibilità di fruire, in un’uni-

ca sede ed in pochi giorni, di un panorama ampio e nello stesso

tempo approfondito di ciò che sta accadendo in Italia sollecita ad

essere presenti non solo gli addetti ai lavori, ma anche i ricercatori

e i giovani laureati. Alcuni Master universitari hanno incluso la

partecipazione ad Urbanpromo nel loro programma formativo.

La partnership con la Biennale quali sviluppi futuri fa prefigura-

re? Contribuirà a far maturare il carattere internazionale della

manifestazione?

R: Mi auguro che la collaborazione avviata con la Biennale si

sviluppi ulteriormente. Da parte nostra, c’è la consapevolezza

che essa potrebbe assumere carattere strategico. Ad esempio,

nell’anno in cui la Biennale Architettura non ha luogo, Urban-

promo potrebbe ospitare qualche sua significativa iniziativa. Ur-

banpromo è rivolto in via prioritaria al nostro paese. E’ tuttavia

evidente che la visione delle problematiche affrontate non può

essere domestica: già adesso alcuni elementi di internazionaliz-

zazione vi si manifestano in modo spontaneo. L’accentuazione

della dimensione internazionale richiede un salto di scala che

solo la partnership con un organismo già introdotto in ambito in-

ternazionale e dotato di una struttura organizzativa permanente

ci può garantire.

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Franco Migliorini e Marco Pompilio

Grandi infrastrutture e strategie locali di governo del territorio: il caso del Corridoio V e degli altri corridoi europei

Nel corso dell’edizione 2005 di Urbanpromo sono emerse le ri-

levanti potenzialità di una stretta collaborazione tra iniziative di

trasformazione del territorio e programmazione delle infrastruttu-

re, in termini di maggiore equilibrio nello sviluppo del territorio, di

creazione di valore economico ed immobiliare, e di possibilità di

utilizzare parte del plusvalore atteso per finanziare la realizzazio-

ne dell’infrastruttura stessa.

Il convegno di apertura di Urbanpromo 2006 sarà dedicato ad un

approfondimento su questo tema, con riferimento in particolare

al caso del Corridoio V, e agli altri corridoi infrastrutturali di rile-

vanza europea. Il programma propone di esplorare ed individuare

assieme ai partecipanti le possibili interazioni tra il corridoio e le

progettualità in corso presso i diversi enti e attori territoriali.

Si cercherà di promuovere una lettura del corridoio più articolata

di quella del semplice canale di collegamento trasportistico. Un

approccio multidisciplinare che, anche riprendendo le Linee gui-

da prodotte nel progetto europeo AlpenCorS, ci aiuti a superare

l’idea del “corridoio come transito”, in favore di una visione di

“corridoio come scambiatore”, che diventa opportunità per le au-

tonomie locali aumentando la connettività di breve-medio raggio

tra territori limitrofi.

Un corridoio che aiuti a riorganizzare il territorio secondo logiche di

sistema, con politiche e progetti integrati. I decisori locali dovranno

essere capaci di connettere la domanda prodotta localmente con

un’offerta infrastrutturale in grado di spostare merci e persone

alla scala più ampia, organizzando le modalità di interscambio tra

territorio e infrastruttura, e contribuendo di conseguenza anche

a rafforzare con le iniziative locali l’impalcatura stessa che è alla

base del progetto europeo. Un corridoio così inteso permetterà di

passare da una logica calata dall’alto, in cui gli attori locali sono

intesi come semplici spettatori, ad un processo decisionale in cui

diventano promotori attivi di politiche e progetti, connessi con le

potenzialità di un corridoio che svolga funzione di armatura di

supporto e di connessione per i territori attraversati. Grande im-

portanza assumono inoltre in questo disegno le città-stazioni, che

potranno organizzarsi come poli urbani fornitori di servizi di livello

elevato, e l’insieme opera-nodi diventa la base per immaginare un

progetto integrato e organico di territorio.

In una logica di coinvolgimento di area vasta non ci si potrà

limitare al solo territorio interessato in modo diretto dalle infra-

strutture che costituiscono il Corridoio V, ma si dovrà guardare

anche alle altre regioni e province, interessate da corridoi e

infrastrutture di minore rilevanza mediatica ma di altrettanta

valenza strategica. Si pensi a tale proposito al sistema degli

aeroporti, ai corridoi europei in direzione nord-sud, al sistema

del trasporto merci su ferro, ai centri intermodali e alla relativa

accessibilità viabilistica.

Particolare attenzione dovrà inoltre essere dedicata ad un più gene-

rale inquadramento del Corridoio V nell’ambito degli studi e dei pro-

grammi nazionali e comunitari, facendo emergere sia le indicazioni

utili comprese nei programmi sviluppati e conclusi negli anni scorsi

sia le opportunità che si stanno delineando nei nuovi programmi

per il periodo 2007-2013. Si potrà per esempio fare riferimento ai

risultati del programma Interreg AlpenCorS, illustrati nel documento

“Linee guida per una politica del Corridoio V”, e si analizzeranno le

connessioni con il Disegno Strategico Nazionale e con i programmi

più recenti varati dal Ministero delle Infrastrutture.

Vengono individuati tre argomenti da sviluppare durante la gior-

nata inaugurale di Urbanpromo. Argomenti che, elencati per

semplicità in tre punti separati, sono nella realtà strettamente

interconnessi, e sarà compito dei relatori nei loro interventi evi-

denziarne le possibili interazioni e sinergie.

• Ricognizione delle iniziative e progettualità in corso presso gli

enti territoriali e che presentano forme di correlazione con il

Corridoio V. Approfondimento sulla possibilità di organizzare

un sistema di azioni di coordinamento tra politiche insediative

e infrastrutturali.

• Considerazioni sull’indotto connesso con la realizzazione del

corridoio, in termini di sviluppo produttivo e immobiliare, e

possibilità di riconvertire quota parte di questo indotto per la

realizzazione di parti del corridoio e delle infrastrutture con-

nesse.

• Partecipazione e consenso come risorsa per la progettazione e

costruzione dell’opera. Come passare da un’infrastruttura perce-

pita come calata dall’alto ad una sentita come opportunità che

emerga dalle istanze locali e che serva i territori attraversati.

Il tema del Corridoio V occuperà la giornata di apertura, del 7

novembre. Nella seconda giornata sarà inoltre organizzata una

sessione di presentazione di casi. Già nell’edizione del 2005 sono

state presentate da Enti e Società diverse iniziative di trasforma-

zione che evidenziavano un’attenzione allo sviluppo del quadro in-

frastrutturale connesso con la realizzazione del corridoio. In questa

edizione si intende raccogliere i casi e i progetti inerenti il Corri-

doio V, e gli altri corridoi di rilevanza strategica, predisponendone

una presentazione sistematica in apposita sessione seminariale.

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Bruno Monardo (Università di Roma “La Sapienza”)Urban Center: una casa di vetro per le politiche urbane

Con il termine Urban Center si è designato negli ultimi decenni un

insieme di strutture di diverso tipo, inizialmente presenti per lo più

in paesi anglosassoni, talvolta emanazione diretta delle istituzioni

locali di governo della città, nate per svolgere un’attività di servizio

nei confronti degli attori mobilitati (o potenzialmente interessati) nei

processi decisionali delle politiche urbane, con lo scopo di migliorar-

ne il livello d’informazione, conoscenza, trasparenza, partecipazio-

ne, condivisione, effettività.

La declinazione degli Urban Centers deriva dalle diverse “missioni”

che i soggetti ispiratori perseguono; l’evoluzione delle interpreta-

zioni date a queste iniziative è strettamente correlata alla moltipli-

cazione degli attori che in tempi relativamente recenti si è prodotta

nell’arena urbana.

Nei modelli cui il nostro paese si è riferito per la costruzione di tali

strutture (in tempi relativamente recenti), il ruolo di motore è stato

ascritto, generalmente, alle istituzioni del governo locale della città,

orientate alla coagulazione del consenso sulla formazione e matu-

razione dei contenuti delle politiche di sviluppo socio-economico,

qualificazione ambientale e trasformazione fisico-spaziale.

Tuttavia, a ben vedere (ed è questo uno dei nodi fondamentali del

tema), per una piena comprensione del fenomeno e delle sue forme

evolutive mature bisogna gettare lo sguardo oltreoceano, riferendosi

ad alcune esperienze di successo negli Stati Uniti. Da una rapida

ricognizione storico-ricostruttiva, infatti, emergono alcune chiavi in-

terpretative che fanno degli Urban Center statunitensi dei modelli

sostantivi cui guardare con interesse, non tanto ai fini di una trasfe-

ribilità tout court di forme organizzative e contenuti, quanto per la

capacità di estendere democrazia partecipativa e capacità critico-

propositiva all’intera comunità urbana, fin nelle frange socialmente

più border-line.

Negli USA i modelli ispiratori di maggior interesse riguardano i

soggetti emergenti in grado di influenzare in modo significativo il

panel delle decisioni sugli scenari di sviluppo delle comunità urba-

ne. Tra questi, sono enumerabili casi di associazioni no-profit, sorta

di think-tank impegnati in attività di ricerca, analisi e promozione

sulle politiche pubbliche, animati spesso da simbiosi tra cittadini e

imprese con l’obiettivo primario di accrescere la vivibilità della cit-

tà e al tempo stesso promuoverne la vitalità economica (come nel

caso dello SPUR di San Francisco). Oppure, i “Centri di advocacy”

sostenuti sovente da istituzioni universitarie a scopi eminentemen-

te maieutico-sociali, quali accrescere la capacità delle comunità a

basso reddito di sviluppare soluzioni innovative alle sfide fisiche, so-

cio-economiche e ambientali con cui sono chiamate a confrontarsi

(come nel PICCED di New York Brooklyn).

Dalla varietà di missioni discendono, dunque, le articolazioni funzio-

nali che le strutture possono assumere, tra cui:

• un centro di documentazione/esposizione, che si muove tra oriz-

zonti temporali diversi, il “tempo reale”, che dà luogo a una vetrina

su quel che si pianifica o si realizza, con la necessità di risolvere

le questioni relative ai media comunicativi, e il tempo“storico”,

che produce una mostra/archivio permanente sulla vicenda ur-

bana dal passato al presente;

• un centro organizzatore di dibattiti su politiche, piani, programmi

e progetti, aperto ai diversi campi di discussione; da segnalare,

in particolare, lo sviluppo esponenziale di strutture collegate al

complesso ciclo di operazioni di carattere gestionale connesse

alla redazione dei piani strategici metropolitani e urbani, sul-

l’esempio di alcuni casi pilota in Europa;

• un incubatore di iniziative di “auto-conoscenza” del territorio e

di attivazione locale per la costruzione di ricerche, laboratori di

quartiere, concorsi, etc.

L’evoluzione recente anche in Italia degli Urban Center, seguendo

gli sviluppi già consolidati da alcuni decenni a partire dalle prime

sperimentazioni in Usa e successivamente in Europa, ha messo

in evidenza come il ruolo di queste strutture non possa limitarsi a

mero luogo di discussione di politiche, piani, programmi o progetti

già preconfezionati nel chiuso delle stanze degli esperti, degli uffici

comunali o negli studi delle associazioni imprenditoriali e dunque

come espressione autonoma dell’attività tecnica esperta che solo

nominalmente viene poi sottoposta ai soggetti d’interesse diffuso

dell’arena urbana. Si tratta, invece, di mettere in discussione le que-

stioni nodali che possono inverare gli scenari di trasformazione della

città fin dalla radice, quando si forma il meccanismo di configurazio-

ne delle politiche, prima ancora della decisione.

La nuova missione che sembra poter costituire il denominato-

re comune di queste iniziative nelle loro diverse denominazioni e

declinazioni (Urban Center, Casa della Città, Centro espositivo e di

documentazione urbana, etc.) s’incardina su uno “stile” dell’iter di

costruzione delle scelte, nato dalla crisi del “modello dirigista”, che

era basato in generale sul riduzionismo della complessità del pro-

cesso decisionale.

Si tratta, al contrario, di una strategia che assume la complessità

come valore aggiunto, operando con le risorse e i poteri ordinari per

mettere in luce e gestire organicamente i conflitti anziché occultarli,

nella convinzione che l’apertura del processo decisionale, fin dalle

sue fasi iniziali, alla partecipazione di tutti i soggetti portatori di in-

teressi dominanti (ma anche recessivi) sia fonte di arricchimento

per esiti consapevoli e condivisi delle trasformazioni della città e

del territorio.

Tuttavia, se le sperimentazioni in atto convergono in prospettiva sul

ruolo degli Urban Center quali catalizzatori e luoghi privilegiati per

la discussione e formazione delle politiche di sviluppo della città, la

questione della “neutralità” ed equidistanza dagli interessi, pubblici

o privati, appare il nodo gordiano che le comunità civiche sono chia-

mate a sciogliere, facendo tesoro della “lezione americana”.

05 (b) Urban Promo (209) 26-10-2006 16:21 Pagina 53

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05 (b) Urban Promo (209) 26-10-2006 16:21 Pagina 54

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azioni integrate nei quartieri con proble-mi urbanistici, caratterizzati da obsole-scenza fisica, e gravi fenomeni di esclu-sione sociale ed economica. Tali azionicomprendono interventi finalizzati allariqualificazione fisica, alla sostenibilitàambientale, al benessere sociale e allosviluppo economico. La legge istitutivadestina un fondo per finanziare, conincentivi pubblici fino al 50%, la predi-sposizione dei Programmi, redatti e pro-mossi dai Comuni5; inoltre individua lecaratteristiche degli ambiti che possonobeneficiarne e determina l’ordine di prio-rità e gli interventi che possono esserefinanziati. Gli ambiti oggetto di finanzia-mento devono essere geograficamentearee urbane, ad uso prevalentementeresidenziale (prima residenza), che pre-sentino almeno una delle seguenti condi-zioni:- processo di degrado dell’edificato, defi-cit di attrezzature, infrastrutture o diurbanizzazioni;- problemi demografici (invecchiamento,diminuzione o forte crescita della popo-lazione);- problemi economici, sociali, o ambien-tali gravi;

corso degli anni sia il governo centraleche quello locale hanno sperimentatodiverse forme di sostegno. Ad esempio,alle famiglie che, dopo aver acceso unmutuo, non sono più in grado di soste-nerne la spesa, è concessa un’abitazione“en precario” (riserva) fino a che la lorosituazione non migliori; questo sostegnoè vincolato all’inserimento dei beneficiariin programmi sociali che facilitino il loroaccesso al mondo del lavoro, in modoche possano garantire il pagamento delmutuo. Altre misure di sostegno, i cosid-detti “vitalicios”, riguardano le personeanziane: queste sono trasferite in “abita-zioni assistite”, e l’abitazione che spette-rebbe loro in qualità di proprietari èacquistata dalla Generalitat.Recentemente, per accrescere l’integra-zione delle politiche rivolte al recupero,non solo urbanistico ed edilizio, masoprattutto culturale e sociale, la Regionedella Catalogna ha elaborato il“Programma dei quartieri e aree urbaned’attenzione speciale”4 con il quale sicerca di interrompere il processo didegrado di quartieri ed aree urbane,migliorandone le condizioni di vita. Ilprogramma si propone di intraprendere

accessibilità, impiego di nuove tecnolo-gie dell’informazione negli edifici, elimi-nazione delle barriere architettoniche,ecc. Fattore comune alle tre modalità d’inter-vento è quello di intraprendere azioniintegrate, dirette tanto alla riabilitazionefisica quanto alla sostenibilità ambienta-le, al benessere sociale e allo sviluppoeconomico, coniugando interventi didemolizione e ricostruzione di edificiresidenziali. In generale l’iter di forma-zione prevede: un censimento dei resi-denti; una valutazione delle abitazioniesistenti;- l’acquisto o l’esproprio degli immobiliper la demolizione; il rialloggiamento deiresidenti, in forma definitiva o tempora-nea; la costruzione di nuovi immobili el’urbanizzazione dello spazio pubblico;l’assegnazione delle nuove abitazioni.Si tratta di operazioni non facili, soprat-tutto, per le condizioni economiche esociali delle famiglie residenti. I problemiche emergono sono molti: il rialloggia-mento temporaneo e definitivo, la diffi-coltà al riacquisto del nuovo alloggio, lapossibilità di perdita della proprietà, l’ac-cesso ad un alloggio sociale, ecc. Nel

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Programma di ristrutturazione del quartiere Nova di Trinitat. Il distretto diNou Barris.

Quartiere Nova di Trinitat. Stato di fatto

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e ‘60, connotato da un forte degrado del patrimonio abi-tativo e con gravi problemi di stabilità strutturale. Dal1996 il Comune ha vviato un programma per la riquali-ficazione dell’intero quartiere. Le strategie generali urba-nistiche, educative, socio-culturali ed economiche sonoesplicitate nel Piano Comunitario della Trinitat Nova cheoltre al miglioramento funzionale e sociale del quartieresi caratterizza per l’attenzione dedicata alla sostenibilitàdell’intervento complessivo.4. Legge n.2 del 4/06/2004 “De mejora de barrios, áreasurbanas y villas que requieren una atención especia” eDecreto applicativo n. 369 del 7/09/2004 “Por el cual sedesarrolla la Ley 2/2004, de junio, de mejora de barrios,áreas urbanas y villas que requieren una atención espe-cial”.5. La legge nel Capitolo 3 definisce la ripartizione delleresponsabilità tra le varie amministrazioni pubbliche: - il Comune elabora ed esegue i progetti; - il Dipartimento di Politica Territoriale e OperePubbliche (Generalitat) seleziona i progetti e assegna lerisorse- il Comitato di valutazione ed esecuzione (formato dalComune, dalla Generalitat e da una rappresentanza deicittadini e rappresentanti sociali) valuta l’esecuzionedegli interventi.

randoli come il contesto di un normaleprocesso di trasformazione/evoluzione,come un’opportunità per la crescitasociale ed economica delle città, e nonsolo come un problema.

*Dottore di ricerca.

Note1. Programa de remodelación de barrios.2. Turó della Peira è un quartiere periferico diBarcellona edificato alla fine degli anni ‘50. Le scelteprogettuali relative alle tipologie edilizie e la scarsa qua-lità dei materiali impiegati nella costruzione hanno por-tato, nel corso degli anni, ad un grave deterioramentostrutturale degli edifici. Nel novembre del 1990, a segui-to del crollo di un edificio il Comune di Barcellona deci-se di avviare la riqualificazione con l’obiettivo di risol-vere contestualmente sia i problemi di stabilità struttura-le sia di migliorare le condizioni generali dello spaziourbano attraverso la riorganizzazione del sistema viario,la ridefinizione degli spazi pubblici, la realizzazione dinuovi servizi.3. Trinitat Nova è un quartiere, edificato tra gli anni ‘50

- persistenza di deficit sociali e urbani.L’aspetto sociale, come si vede anche inquesto ultimo provvedimento, è forte-mente rimarcato; il meccanismo didegrado di un quartiere si sviluppa ingenere a partire dal sociale, passando poiper quello “fisico”. Il processo ha origine,principalmente, dalla scarsa capacitàeconomica degli abitanti, elemento checonduce al degrado di edifici e insedia-menti, che, in alcuni casi (ma non sem-pre) parte da situazioni già critiche: scar-sa qualità edilizia (materiali, tipologie,ecc.); isolamento dei quartieri dai conte-sti urbani; concentrazione di fasce debolidi popolazione. È in questi luoghi “complessi”che ènecessario intervenire per recuperare oprevenire i processi di degrado, conside-

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Programma di ristrutturazione del quartiere Turó della Peira.

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Politiche abitative in Italia

anni ’70-’80 e prima ancora contribui-to al rilancio economico del Paesesembrava, agli inizi degli anni ’90, uncapitolo chiuso. Il distacco tra abita-zioni occupate e famiglie residenti eproprietarie sembrava quasi colmato, ilpatrimonio non occupato era quasi del26% e, infine, la produzione di alloggia totale carico dello Stato era, neglianni ’80, di circa 34.000 alloggi peranno3. Quello che appare evidenteoggi, come effetto delle scelte dellafine degli anni ’90, delle dinamicheimmobiliari degli ultimi anni e, infine,in base all’abbassamento dei livelli diwelfare, è che la questione abitativa sipresenta non solo sotto forma di“emergenza” ma con aspetti “diffusi”per diversi strati sociali anche non dibasso reddito.Sono molte le esperienze delle regionie dei comuni4 i quali, dovendo farfronte alla domanda abitativa sociale,affrontando una diversificazione e unampliamento di questa domanda,hanno sperimentato soluzioni innovati-ve o rivisto le tradizionali forme dirisposta fornite attraverso gli alloggi diedilizia residenziale pubblica. Nel corsodel 2005, tra l’altro, sono stati presen-tati due documenti di “posizione” sul-l’argomento, rispettivamente dalleRegioni5 e dall’Anci6 che espongono levalutazioni e le indicazioni di tali sog-getti istituzionali per affrontare quellache viene più volte richiamata comel’emergenza casa.Il tema di fondo di questo articolo e diquelli ad esso collegati è tentare unaprima analisi – sicuramente non esau-stiva e senza la pretesa di introdurre

Prospettive dellepolitiche abitative Rosario Manzo*

In tempi relativamente recenti si èriaperto il tema delle politiche abitati-ve. All’interno di questo dibattito unadelle questioni più “sensibili” è certa-mente quella delle modalità e delleforme di risposta ai fabbisogni residen-ziali sociali posti da fasce diverse didomanda1. Questo tema, tra l’altro, èstato ripreso – occorre dire, dopoalmeno un decennio di assenza – dalleformazioni politiche nel corso dellacampagna elettorale.Non è certo una novità che dopo l’eli-minazione della contribuzione exGescal2, la soppressione del Comitatoper l’Edilizia residenziale e la riformadelle norme relative alla locazioneresidenziale (L 431/98) – la quale,oggettivamente, non ha prodotto glieffetti sperati di ampliamento dell’of-ferta locativa a canone concordato - laquestione delle residenze sociali e delfabbisogno abitativo non sia stataaffrontata con una politica istituziona-le organica. Occorre, inoltre, tenerepresente che alla fine degli anni ’90 fuvarata anche la riforma delle funzioniamministrative (Dlgs. 112/98) con unarevisione sostanziale dei rapporti traStato, regioni ed enti territoriali cheavrebbe determinato un profondomutamento – insieme alla successivariforma del Titolo V – anche nel setto-re delle politiche abitative. La questione abitativa, che avevacaratterizzato l’agenda politica degli

formulazioni innovative o di una com-pleta sistematicità – dello “stato del-l’arte” sulle due componenti essenzialidelle politiche sulla residenza sociale:il fabbisogno, che si è diversificatodall’emergenza all’assistenza tempora-nea o permanente7; l’offerta che haassunto strumenti innovativi sia sottoil profilo delle modalità con le quali sifornisce il “servizio” alloggiativo siasotto quello della revisione della strut-tura organizzativa degli Enti gestori diedilizia residenziale pubblica con, inalcuni casi, la loro trasformazione inSocietà per azioni. Sotto questo ultimoaspetto, occorre dire che le esperienzenon sono molte ma appaiono, in pro-spettiva, sicuramente interessanti: aproposito, si può vedere quanto direcente proposto dalla Provincia auto-noma di Trento8.In questa analisi si danno per scontatialcuni assunti che costituirebbero essistessi argomenti di notevole approfon-dimento: - l’appartenenza delle politiche abitati-ve e degli alloggi sociali, nella lorodeclinazione strumentale, alla materiadel “governo del territorio” con tutte leconseguenti attribuzioni istituzionali eresponsabilità legislative e amministra-tive, di programmazione e finanzia-mento conseguenti; - la stretta connessione degli alloggi di“edilizia residenziale pubblica” - volen-do usare una nomenclatura sicuramen-te non più aderente alla realtà attuale -con la questione dei “livelli minimiessenziali” dei diritti socio-economiciche devono essere garantiti sull’interoterritorio nazionale e la funzione di

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spesso ne renderebbe conveniente lademolizione e la ricostruzione e che, diconseguenza, genera una situazione diabbandono gestionale; - lo stato di degrado socio-economicodegli assegnatari, sui quali occorrebbeattivare politiche “immateriali” disostegno e recupero; - lo scarso, se non nullo, turn-overdelle assegnazioni, nel caso di deca-denza dei requisiti di permanenza degliassegnatari nel comparto sociale atotale carico dello Stato, che enfatizzala crescita della domanda insoddisfattadegli aventi diritto esclusi e amplia leliste di attesa di assegnazione; - le occupazioni abusive e i “trasferi-menti” diretti degli alloggi tra assegna-tari, che creano disparità di trattamen-to tra gli aventi diritto e sottraggonocomunque un patrimonio utile persostenere la nuova domanda “debole”. Le ipotesi economico-finanziarie difondo di questa “manovra” sono note14

e i “numeri della questione a fonda-mento di tale operazione sono esposticon chiarezza:- un milione di alloggi in gestione agliex Iacp, la cui proprietà è divisa tral’80% delle Ater, il 10% dello Stato, il10% dei Comuni. Il 45% del patrimo-nio è concentrato nelle 12 provincedelle aree metropolitane; - circa 23 miliardi di euro il valorecatastale di tale patrimonio al qualecorrisponderebbe un valore di “merca-to” pari a circa 70 miliardi di euro; - circa il 58% del patrimonio immobi-liare di edilizia residenziale pubblicasarebbe costituito da “alloggi popolari”con circa 52.000 occupazioni abusive(pari al 6% del totale). Le considerazioni a supporto di talescelta sono sostanzialmente volte asmobilizzare un “capitale morto” i cuiproventi dovrebbero essere reinvestitiin una cura “shock” per fare fronteall’emergenza abitativa. È di tutta evi-denza che con tali proventi non sareb-be possibile ricostruire il patrimonioalienato e quindi si dovrebbero metterein atto meccanismi moltiplicatori eco-nomico-finanziari e urbanistici perpromuovere il cofinaziamento privato.Inoltre, andrebbe risolta la questionerelativa al rispetto delle regole comu-nitarie, inserite nella medesima finan-ziaria di quest’anno, che prevede la

(come forma più tradizionale di rispo-sta e, come noto, anche con funzioneeconomica “anticiclica”), le forme di“finanziarizzazione” del settore immo-biliare (fondi immobiliari, risparmi“etici”, …) con finalità di housingsociale, gli interventi gestionali e diorganizzazione della domanda (buoniper la locazione, sostegni sociali,…),l’attivazione di nuove forme di soddi-sfacimento della domanda o il poten-ziamento di quelle già esistenti (agen-zie e società della locazione, autoco-struzione,…) e, infine, ma sicuramentenon di minore importanza, gli inter-venti di natura fiscale (detrazione deiproventi dei canoni, defiscalizzazionedella base impositiva degli alloggiimmessi nel mercato della locazione,…)nonché il ripristino di un canale difinanziamento che operi tramite la pre-visione di ritorni di gestione, comefondo rotativo. Infine, è da segnalareche esiste la possibilità di “orientare”gli investimenti delle Società diAssicurazione verso il settore immobi-liare – in particolare quello residenzia-le - e delle infrastrutture, riguardanti le“riserve tecniche” previste dal Codicedelle Assicurazioni12, che possono assu-mere valori consistenti, anche di qual-che miliardo di euro. Una delle ultime risposte al tema èstata fornita dalla finanziaria di que-st’anno (co. 597) con l’ipotesi di unadismissione totale del patrimonio Erp13

e l’utilizzo dei proventi di tali aliena-zioni in programmi di costruzione orecupero del patrimonio edilizio per larealizzazione di un nuovo patrimonio.Tale opzione – sicuramente “estrema” –rilancia, tra l’altro, anche norme sulladismissione del patrimonio Erp già esi-stenti, come la L 560/93 e ha origine,principalmente, dalla difficoltà da partedi molti Ater di gestire in modo econo-micamente efficiente (si ritiene pari a130 Meuro il debito annuale di gestio-ne degli Enti per l’Erp) il compartoimmobiliare pubblico, per una serie dimotivi, tra cui:- la difficoltà di esazione dei canoni ele carenze conoscitive sugli assegnata-ri; - la forte morosità, non solo nei cano-ni ma spesso anche nelle spese acces-sorie (riscaldamento, utenze varie…); - lo stato di degrado degli edifici, che

“servizio sociale” dell’Erp; - l’impossibilità di governare il feno-meno ancora attraverso provvedimentidi emergenza, in particolare per quantoriguarda la sospensione delle proceduredi esecuzione degli sfratti9 e la rispostaalla “prima emergenza” richiesta daldisagio abitativo dell’utenza “debole”dei cittadini italiani e di quelli immi-grati; - la necessità di inserire le attività direalizzazione e gestione dell’alloggiosociale, in ambito comunitario, come“servizio di interesse generale”10 e diassociare in modo permanente alleazioni di riqualificazione dei tessutiedilizi residenziali le diverse attività disostegno socio-economico immaterialeche sono state sperimentate, ad esem-pio, attraverso i programmi Urban; - la necessità di dare attuazione alsistema informativo sulle tematicadella casa e sulle politiche abitative,impostato con la creazione, nel 1998,dell’Osservatorio della condizione abi-tativa11, come supporto all’attuazionedella L 431/98 e, più in generale, alledecisioni in merito alle azioni e ai cor-rettivi da adottare. L’ipotesi che si propone è quella divoler aprire la discussione su comericonsiderare l’intero settore in un qua-dro organico di misure strutturali cheriguardino il turn-over del patrimonioimmobiliare pubblico e degli assegna-tari, il rinnovo e la rivisitazione delleforme istituzionali di gestione delpatrimonio e del servizio sociale conuna seria riforma degli Enti gestori, laridefinizione delle figure oggetto diassistenza o di sostegno con la decla-ratoria dei diversi fabbisogni abitativi(emergenza, sostegno permanente,sostegno transitorio), analizzando, intermini qualitativi e quantitativi, ladomanda storica e quella di nuova for-mazione. In sintesi, si tratta di “rialli-neare” la risposta ai fabbisogni – stori-ci o di nuova formazione – allagamma dei possibili interventi di emer-genza, temporanei o strutturali. Un ulteriore punto del ragionamento èquello dalla costruzione, anche sullabase delle esperienze dettate dalla“necessità”, di una “cassetta degliattrezzi” con la quale rendere operativele scelte di politica abitativa, attraversola costruzione o il recupero di alloggi

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sociali di fabbisogno sono così individuate:- area della marginalità sociale: rappresentata da sog-getti le cui precarie condizioni economiche escludonola possibilità di soluzioni alloggiative stabili; la rispo-sta più appropriata deve prevedere di integrare l’of-ferta di un posto letto con ulteriori servizi (linguistici,formativi, sanitari, educativi); le soluzioni ipotizzatesono legate ad interventi di tipo sperimentale;- area del disagio grave: rappresentata da soggettiradicati sul territorio, ma in condizioni economichetali da non poter sostenere i canoni di locazione dimercato; la soluzione alloggiativa prevista è costituitadagli alloggi popolari a canone sociale;- area del disagio diffuso: rappresentata da soggetti ilcui reddito non permette di sopportare canoni dilocazione elevati; la risposta a questo segmento delladomanda può essere costituita da alloggi a canonesociale e/o da alloggi a canone moderato rispetto aicanoni correnti di mercato;- area della difficoltà: rappresentata da soggetti chehanno necessità di un alloggio in aree ben definite eper un medio/breve periodo, con prospettive peraltrodi miglioramento sul piano economico; quest’area fariferimento agli alloggi a canone moderato.8. Legge Provinciale 7 novembre 2005, n. 15Disposizioni in materia di politica provinciale dellacasa e modificazioni della legge provinciale 13novembre 1992, n. 21 (Disciplina degli interventi pro-vinciali in materia di edilizia abitativa).9. Decreto-Legge 1 febbraio 2006, n. 23 “Misureurgenti per i conduttori di immobili in condizioni diparticolare disagio abitativo, conseguente a provvedi-menti esecutivi di rilascio in determinati comuni”. IlDL sospende l’esecuzione degli sfratti a protezione diparticolari categorie sociali deboli (ultra sessantacin-quantenni, portatori di handicap) e nei comuni conpopolazione superiore a 1 milione di abitanti. 10. Sotto questo aspetto, qualora gli alloggi socialifossero inseriti nel concetto comunitario di “serviziodi interesse generale” sarebbe risolta la questione del-l’esenzione dal regime di comunicazione degli aiuti diStato concessi sotto forma di compensazione di servi-zio pubblico. E’ il caso, inoltre, di tenere presente chenella discussione in corso per la formazione deiRegolamenti comunitari dei Fondi strutturali 2007-2013 la inammissibilità assoluta delle spese relativealla realizzazione di edilizia abitativa è stata parzial-mente mitigata dalla apertura alla “spesa relativa alrinnovo degli alloggi sociali in vista del risparmioenergetico e della tutela ambientale nel contesto dellosviluppo urbano sostenibile”. Di conseguenza, tra leazioni sostenute dal Fesr dovrebbero rientrare, nel-l’ambito dello sviluppo urbano sostenibile anche leazioni per “far fronte all’elevata concentrazione diproblemi economici, ambientali e sociali negli agglo-merati urbani e nella rimozione di barriere architetto-niche” (fonte: Circolare Federcasa n.114/2005).11. Poiché la base informativa è comunque indispen-sabile, anche solo per la gestione del tema delle asse-gnazioni dei “buoni casa” si sono formati a livelloregionale e comunale, appositi “osservatori”. In parte,sopperiscono indagini “mirate” promosse, tra gli altri,da Federcasa (I numeri della casa, 2003) o da Anci(Anci-Cresme, Le politiche della casa, analisi e valuta-zioni, maggio 2005) .12. D.lgs. 7 settembre 2005, n.209.13. Il presupposto di questa dismissione è di potervendere il patrimonio Erp in tempi rapidissimi.L’esperienza insegna che ciò non è realistico: adesempio, in dieci anni di applicazione della L 560/93sono stati alienati circa 100.000 alloggi. Inoltre,occorre considerare che nella vendita del patrimonioErp occorre chiudere anche la questione relativa allatrasformazione del diritto di superficie in proprietàdell’area, come previsto dall’art.31 (commi 45 e segg.)della legge n. 448/98. 14. Renato Brunetta “Come resuscitare il patrimonio

ziario, le imprese, il volontariato, gliinvestitori istituzionali e così via. Insintesi, lo scopo della politica dovrebbeessere quello di organizzare e raziona-lizzare le forze in campo, le diversedomande, le azioni dei soggetti ingioco, per creare interventi nel “setto-re” casa che realizzino un “equilibrio dibilancio” economico, finanziario,sociale, territoriale e ambientale, construmenti adeguati alla complessità ealle dinamiche della società contempo-ranea e in coerenza con la rigenerazio-ne competitiva delle città. Negli articoli che seguono, quindi, dauna parte viene esposta una analisidegli strumenti e delle modalità “inno-vative” che si sono utilizzate nel corsodegli ultimi anni per rispondere allanuova composizione del fabbisognoabitativo, per offrire un quadro utileanche per una ipotesi di conformazio-ne normativa e, dall’altra, viene pre-sentato un approfondimento sul temadei “fondi immobiliari”15 che hannoavuto alcune prime sperimentazionioperative e possono rappresentare unadelle modalità per fare fronte almeno aparte dei fabbisogni “diffusi”, non solodi emergenza, di cui si è detto.

* Architetto.

Note1. Gli effetti composti di diversi elementi che agisco-no sul mercato immobiliare hanno creato situazioni dioggettiva poca accessibilità alla casa anche dellefamiglie a medio reddito, specie nelle aree metropoli-tane. In base ad una ricerca Cresme-Anci (2005) negliultimi cinque anni i canoni di locazione sono cresciu-ti del 91% a Roma, del 139% a Venezia, del 105% aNapoli, del 92% a Milano e dell’81% a Firenze, conuna incidenza sul reddito medio dei canoni di loca-zione anche superiore al 50%.2. Art. 3, comma 27 della Legge n. 335/95, con effet-to dal 1° gennaio 1999 e art.3 della Legge n.448/1998recante “Misure di finanza pubblica per la stabilizza-zione e lo sviluppo”. Le norme erano finalizzate allariduzione del costo del lavoro. 3. Nel 2004 la produzione è scesa a circa 2.000 allog-gi.4. A titolo di esempio, si citano la Del. del Comune diRoma n. 110 del 2005 sulle politiche abitative e sull’e-mergenza abitativa nell’area comunale romana e laDel. n. 26 del 2005 del Comune di Milano, di integra-zione all’inquadramento delle politiche urbanistichecomunali e definizione delle linee di indirizzo e deicriteri per la promozione dei programmi comunali perl’edilizia residenziale pubblica, in attuazione delProgramma regionale per l’edilizia residenziale pub-blica (P.R.E.R.P.) relativo al triennio 2002-2004.5. Documento delle regioni sulle politiche abitative –Conferenza Stato-Regioni 25 luglio 2005.6. “Per una nuova politica abitativa sociale – Anci,Roma, 13 dicembre 20057. Ad esempio, nella delibera (proposta n.352) del CCdel Comune di Milano del 16 giugno 2005, le aree

destinazione alla copertura del debitopubblico tutti i “maggiori proventiderivanti dalle dismissioni o dalle alie-nazioni del patrimonio immobiliaredello Stato”. Quello che appare poco convincente, aldi là delle considerazioni di opportuni-tà di una azione di tale natura e dellaveridicità circa l’inefficienza totaledelle Aziende per l’edilizia residenzialeè, ancora una volta, la mancanza diuna visione organica, integrata e strut-turata della “questione casa” che, comeè noto a quanti sono addentro nel set-tore, non è disgiunta dalle politicheurbanistiche e della mobilità urbana. Inaltri termini, vi è l’esigenza di inserirela questione della casa in politicheintegrate del territorio che devono averorigine a livello nazionale ed esserecondivise, sul territorio, dai soggettiistituzionali e non.Per fare fronte alla situazione di emer-genza, alcune regioni hanno, infatti,impostato una politica abitativa stret-tamente connessa con quella delgoverno del territorio, introducendomeccanismi premiali per gli operatoriche costruiscono e trasferiscono alleAmministrazioni locali (oppure siimpegnano a locare a canone sociale)unità immobiliari destinate alle fascedi utenti aventi i requisiti di assegna-zione di alloggi sociali. Si tratta,comunque, di iniziative che tentanosoluzioni, in modo a volte molto inno-vativo e operativo, senza un quadro diriferimento strutturato: nel passato,questa situazione di “caos” creativo ha,tuttavia, creato una instabilità e unafragilità delle azioni condotte. Di conseguenza, più che le singole“opzioni” sembrerebbe opportuna,quindi, la strutturazione di una politicaabitativa nazionale, da realizzare diintesa con le regioni e gli enti territo-riali, per costituire una serie di stru-menti con i quali impostare le politicheregionali differenziate. Si pone all’at-tenzione del legislatore la costruzionedi un vero e proprio “sistema” dellepolitiche abitative che sia in grado diproporre, ai soggetti istituzionalmentecompetenti, ogni possibile modalità estrumento di intervento e che possa“dialogare” con gli altri “sistemi” difondamentale importanza per rilanciareil settore: il mondo economico-finan-

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variazioni della domanda.Il reperimento degli immobili necessaripuò avvenire tramite l’acquisto diretto;tuttavia si stanno organizzando stru-menti che consentono un minore dis-pendio di risorse pubbliche, ad esempiomettendo a disposizione dei Comunialloggi non locati di proprietà di entipubblici, prevedendo la restituzionedopo un periodo di tempo determinato.Con opportune incentivazioni, si puòcoinvolgere anche il patrimonio immo-biliare sfitto di proprietà privata3, versola quale l’ente locale si pone comelocatario unico, riassegnando le unitàai nuclei familiari in stato di necessità4.Queste operazioni hanno come obietti-vo l’individuazione ed assegnazione diun “tetto” affiancata, ogni qualvoltapossibile, da un “accompagnamentosociale”; è invece auspicabile l’evolu-zione verso veri e propri standard diservizi per l’edilizia sociale a completa-mento degli interventi di riqualifica-zione e di trasformazione del territorio,che uniscano l’intervento edilizio alsupporto psicologico e culturale, all’in-tegrazione sociale, all’incentivazionedell’offerta occupazionale, al migliora-mento delle condizioni ambientali.

Il sostegno alla domanda di accesso odi mantenimento dell’abitazione inlocazione.Si tratta in prevalenza del ricorso aforme di canone sociale e calmierato.Le risposte si differenziano da un latoper il destinatario dell’intervento(inquilino, proprietario, costruttore, …),dall’altra per la forma del sostegno. Lealternative sono fornire l’oggetto edili-zio (come nuova costruzione o recupe-ro dell’esistente) oppure il sostegnofinanziario (in forma diretta, comecontributo a fondo perduto o prestitod’onore, o in modo indiretto, comevantaggio fiscale, ad esempio tramitela rimodulazione dell’Ici).Il sostegno attualmente si sviluppaprevalentemente come aiuto finanzia-rio rivolto all’inquilino per sostenere lespese di affitto, attraverso un’erogazio-ne una tantum o continuativa, ingenere avvalendosi di un fondo disostegno all’affitto5 opportunamentecreato dall’ente locale, e di una agen-zia per l’affitto, o analoga struttura6

dedicata alla gestione di tale fondo;

fabbisogno e allo specifico destinatariocui sono rivolti; pertanto possiamodistinguere tra quelli che fornisconouna risposta alle situazioni di emer-genza, in cui prevale il carattere diurgenza dell’intervento sulla sua strut-turazione, quelli rivolti alla diminuzio-ne del disagio abitativo a medio elungo termine, distinti a loro volta trainterventi di sostegno alla locazioneoppure alla proprietà. Infine, vi sonoalcune forme di intervento, per lo piùsperimentali e innovative, caratterizzatida una ricerca dell’integrazione trainterventi destinati all’edilizia residen-ziale e altre forme di pianificazioneurbanistica, un utilizzo di risorse pri-vate secondo metodologie innovative,e un più ampio coinvolgimento deglistakeholders locali.

Misure per l’emergenza abitativa: pro-grammi per la riduzione del disagioabitativo, misure a sostegno delladomanda di assistenza alloggiativa,area della marginalità sociale.Sono forme di sostegno ad unadomanda di assistenza alloggiativa checoinvolge spesso aree della marginalitàsociale e presenta il carattere di emer-genza. La risposta deve essere articola-ta, intersettoriale e rapida; soddisfattoil requisito di immediatezza, lo stru-mento adottato può anche essere ditipo temporaneo, per superare la faseacuta dell’emergenza ed avviare l’uten-za interessata verso le altre forme diassistenza già strutturate.Un esempio in questo senso è datodalle “case di accoglienza”, orientate afornire in termini sia di “posto letto”che di alloggio vero e proprio unarisposta temporanea ma rapida a pro-blemi non rinviabili ed accompagnatada un’assistenza più ampia, di tipo psi-cologico, culturale, legale, o quantoaltro necessario.Il problema può essere affrontatoanche con i mezzi dell’edilizia sovven-zionata, ma dati i tempi necessari alcompletamento del suo ciclo produtti-vo, risulta utile se collocata all’internodi un processo più generale di pianifi-cazione della risposta all’emergenza;questa programmazione può consentirenotevoli economie, purché abbia in séelementi di flessibilità tali da risultareefficace anche a fronte di ragionevoli

morto degli Iacp” Il Sole 24 ore, 1 febbraio 2006. Idati esposti sono desunti da tale fonte. 15. Una delle prime proposte legislative sui “Fondiimmobiliari” come misura per ampliare l’offerta dialloggi in locazione è stata presentata nel Pdl Sandrin. 3779 nella scorsa legislatura. Da una prima lettura,la norma sembra porre troppe misure restrittive diorigine “pubblicistica” per poter agire nel mercatoimmobiliare, ma rappresenta, comunque, un primopasso verso un modo diverso, differenziato e più effi-ciente di fornire risposte al fabbisogno abitativo,anche perché inserito in una serie di interventi mirati(risparmio e buono casa, fondo di rotazione nazionalee regionale, interventi per il risparmio energetico,comparti edificatori, …)

Le misure di rispostaal fabbisogno abitativoStefano Novello*

Ad un significativo allargamento del-l’area della precarietà abitativa si èaffiancato l’ampliamento delle tipolo-gie di utenze interessate;ambedue sievolvono con notevole rapidità rispettoal recente passato1. Per comprenderequesta evoluzione, si rende necessariauna analisi compiuta dello stato attua-le e delle tendenze delle due compo-nenti essenziali del problema: il fabbi-sogno e le misure di risposta. Gli strumenti ordinari di gestione delfabbisogno abitativo non sono certoprivi di un’analisi della domanda; tut-tavia i sistemi generalmente propostiappaiono più condizionati dalle carat-teristiche dell’offerta disponibile chefrutto di una interpretazione aggiorna-ta della domanda alloggiativa e dellesue attuali dinamiche. Inoltre, le analisicondotte sono spesso contrassegnatedalla scarsa sistematicità e dallasovrapposizione dei ruoli tra enti pub-blici o strutture governative con esiti avolte contradditori2. Tralasciando perbrevità una trattazione compiuta dellecaratteristiche attuali del fabbisognoabitativo, in questa sede si analizze-ranno le misure di risposta, individuateinnanzitutto tra quelle già adottate equelle in corso di sperimentazione, chedevono essere scelte, modulate e inte-grate tra loro in base alle specificitàdel contesto territoriale e sociale in cuidevono essere applicate.Gli strumenti attualmente a disposizio-ne possono essere classificati, in primaapprossimazione, in base al tipo di

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ha come obiettivo la trasformazione incomplesso di servizi di assistenza eresidenza sociale a partire da un’areaindustriale dismessa di proprietà priva-ta; in questo caso il promotore è rap-presentato da una fondazione chedetiene la proprietà di un’area al cen-tro del comprensorio in questione.L’operazione ruota intorno al coinvol-gimento di diversi attori della scenasociale ed economica, tra cui la parroc-chia locale, un istituto di credito eduna fondazione bancaria e numeroseorganizzazioni Onlus già operanti nel-l’area.Il ruolo delle fondazioni e delle ban-che, e l’importanza dell’interazione conil mondo delle organizzazioni non ascopo di lucro, dell’associazionismocattolico e non cattolico, ci avvicinanoal tema approfondito nell’articolo chesegue, del rapporto tra l’housing socia-le e gli attuali strumenti di finanzaimmobiliare14. Si tratta di esperienzerecenti, e per lo più solo in fase di stu-dio, che ruotano intorno ad un model-lo di base in cui l’ente locale conferi-sce al fondo immobiliare l’area edifica-bile, uno o più finanziatori istituzionalisostengono i costi di costruzione, unasocietà di risparmio gestito coordina losviluppo degli interventi e gestisce ilfondo per la sua durata, e la rete deglioperatori no-profit cura i rapporti conl’utenza interessata. Al termine dellavita del fondo gli immobili ritornanoal libero mercato, garantendo la soste-nibilità economico finanziaria dell’in-tervento, che nel periodo precedente,in regime di affitto a canone calmiera-to, ha visto un rendimento del 2-3%.Per rendere più appetibile l’operazionesi può ricorrere alla formula del fondoimmobiliare garantito, in cui il profilodi rischio è ridotto dall’intervento diun intermediario finanziario o assicu-rativo specializzato; oppure il comunepuò rinunciare alla sua quota di divi-dendi per la durata del fondo, alla lucedel “rendimento sociale” percepito;altra ipotesi è quella di un fondoimmobiliare in cui l’housing socialecostituisca la finalità prevalente manon esclusiva, consentendo una ridottaquota di interventi diversificati e conredditività maggiore. Un’ultima ipotesi,più estrema nella misura in cui si affi-da esclusivamente al mercato evitando

canone “ridotto” in alloggi di proprietàdi enti previdenziali messi in venditacon le recenti operazioni di dismissionedei patrimoni immobiliari. In favoredei primi registriamo forme di sostegnoquali l’assorbimento di quota parte delmutuo; alla seconda situazione sirivolgono i fondi di rotazione11, direttiin prima battuta agli inquilini per l’ac-quisto da enti pubblici o previdenziali,ma rivolti anche costruttori e coopera-tive edilizie per sostenere l’edilizia age-volata.Per facilitare l’accesso all’abitazione inproprietà, infine, alcuni enti locali eregioni hanno deciso di attivare delleconvenzioni con istituti di credito perla riduzione dei tassi di interesse sulmutuo12, o per l’accesso al credito infavore dei lavoratori precari13. Rimangono comunque pochi gli inter-venti in favore delle situazioni di diffi-coltà economica successive all’accen-sione del mutuo bancario; in questocaso si può ipotizzare un intervento digaranzia da parte dell’ente locale oregione nei confronti dell’istituto credi-tore, in analogia a quanto già ipotizza-to per il sostegno alla locazione, oltrea convenzioni che consentano una piùagevole rinegoziazione delle condizionidel mutuo.

Gli strumenti integrati, atipici, speri-mentali, innovativiDi particolare interesse risultano esseregli interventi di edilizia residenzialeinseriti all’interno dei programmi diriqualificazione urbana e che prevedo-no la partecipazione diretta dellecomunità locali; emblematica in questosenso, pur tra luci ed ombre in faserealizzativa, è l’esperienza rappresenta-ta dai contratti di quartiere. Le areedismesse costituiscono a tutti gli effettiun interessante opportunità per lo svi-luppo di politiche residenziali in ambi-to urbano, nonostante i costi dellabonifica spesso necessaria, e quindi ladifficoltà di generalizzare l’applicazio-ne di alcuni strumenti finalizzati alrecupero. A testimonianza dell’attualeinteresse verso la riconversione a finiresidenziali di comprensori militari,industriali, portuali o ferroviari nonpiù utilizzati, si può portare un proget-to in corso di realizzazione nella peri-feria milanese, a Barona; l’intervento

questo gestore può essere strutturatocome società di scopo oppure nasceredalla rifondazione delle aziende perl’edilizia residenziale secondo nuovefinalità e modalità operative.L’aiuto finanziario può essere rivolto alproprietario, anche in forma di garan-zia contro il rischio di morosità, perindurlo a locare le abitazioni sfitte e/oa ridurre l’entità del canone – canonesociale, convenzionato, concordato,calmierato.Uno strumento interessante, cui si èrivolta l’attenzione degli enti locali, è ilprogramma sperimentale di ediliziaresidenziale denominato “20.000 abita-zioni in affitto”7, finalizzato principal-mente alla costruzione e al recupero dialloggi da destinare all’affitto e checonsente di poter rimodulare l’Ici e glioneri di urbanizzazione; parte deifondi, prioritariamente rivolti adincentivare la locazione permanente,possono essere destinati alla locazionetemporanea8 con successiva possibilitàdi ritorno al libero mercato e di vendi-ta, quindi con la possibilità di attirarenell’operazione capitali privati e inparticolare investitori etici.Elementi di debolezza e di migliora-mento sono invece ravvisabili nellamancanza di un esplicito riferimentoalla integrazione di questi interventicon i programmi di riqualificazioneurbana e con un’opportuna politicasulla mobilità; inoltre, la locazione èvincolata al solo canone convenziona-to, che non sempre ha dato i risultatiattesi; infine, in un periodo di scarsitàdi risorse pubbliche, l’intervento dicapitali privati potrebbe essere stimola-to anche aumentando la quota difinanziamento destinato alla locazionetemporanea9 e ampliando il ventagliodei possibili soggetti proponenti10.

Il sostegno alla domanda di accesso odi mantenimento dell’abitazione in pro-prietà.Oltre alle iniziative a sostegno dell’af-fitto, stanno riemergendo interventi disostegno alla proprietà che si rivolgo-no anche a nuovi profili di utenti “incrisi”: da un lato le situazioni, già cita-te, di nuclei familiari non più in gradodi sostenere il mutuo contratto con unistituto di credito; dall’altro gli inquili-ni che pagano, avendone titolo, un

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5. Nonostante la riduzione dei contributi statali, alcu-ne Regioni hanno aumentato, anche raddoppiandoli, iloro stanziamenti in favore del Fondo Sociale per ilSostegno all’Affitto. 6. Si consideri, ad esempio, l’Agenzia Locare, centroservizi costituito dal comune di Torino al fine difavorire le famiglie in difficoltà nella ricerca di unalloggio in affitto: l’intervento prevede anche l’asse-gnazione di un contributo fisso per l’inquilino evariabile per il proprietario, a seconda della durata edel tipo del contratto (libero o convenzionato), oltreall’intervento del Comune come garante della conti-nuità di pagamento del canone.7. Sia “20.000 abitazioni in affitto”, di cui al Dm 27-12-2001, sia “Alloggi in affitto per gli anziani deglianni 2000”, di cui al Dm 27-12-2001, sono program-mi sperimentali per la riduzione del disagio abitativo,ex art.3 L 21/2001.8. La durata è stabilita dalla Regione ed è comunquenon inferiore a 8 anni.9. Attualmente il Dm 27-12-2000 prevede che “nonmeno del 55% delle risorse è finalizzato alla locazio-ne permanente e non più del 15% alla locazione perun periodo non inferiore a otto anni”.10. Sono infatti previsti Comuni, ex Iacp, imprese dicostruzione e cooperative edilizie, ma non fondazionibancarie e fondi etici, ad esempio, che nel panoramaattuale dell’edilizia sociale si propongono come sog-getti particolarmente attivi.11. Ad esempio, la regione Lazio con la del. n.1036/2005 ha modificato le norme relative al Fondodi rotazione introdotto con la Lr 8/2002 per la realiz-zazione di programmi pluriennali di edilizia agevola-ta; ora tale fondo può essere destinato a favorire laconcessione di mutui da parte del sistema creditizioagli inquilini assegnatari di alloggi messi in venditada parte di enti privati o previdenziali, fermo restan-do la verifica dei presupposti per l’accesso all’ediliziaagevolata.12. La regione Umbria con la Lr 23/2003 ha introdot-to in via sperimentale l’ “Acquisto di alloggi assistitida garanzie” nella forma di un fondo di garanziafinalizzato alla riduzione dei tassi di interesse suimutui ipotecari contratti per l’acquisto della primacasa.13. È destinato principalmente ai lavoratori atipici unfondo in corso di attivazione da parte della regioneLazio e gestito dalla società regionale di garanzia peri fidi.14. Sull’argomento si considerino inoltre: lo studiopredisposto da Nomisma per Assindustria di Bolognasulla fattibilità di un fondo immobiliare per l’housingsociale; il protocollo d’intesa tra fondazione Cariplo,Fondazione Housing Sociale e comune di Milano; l’i-potesi di fondo immobiliare avanzata daFinlombardia, regione Lombardia e Pirelli Real Estate;le misure per favorire l’offerta di abitazioni in loca-zione contenute nel Progetto di Legge Sandri“Disciplina dell’intervento statale nel settore dellepolitiche abitative”.15. Sono interessati da questa sperimentazione diversicomuni dell’Emilia Romagna, dell’Umbria e dellaLombardia.16. A titolo esemplificativo, si noti come nel crono-programma di progetto, reperibile sul sito www.auto-costruzione.net, la fase di lavoro in cantiere rappre-senti meno di un decimo della durata dell’intero pro-cesso, pur essendo basata sui fine settimana in cui siconcentra l’apporto degli autocostruttori; ben più rile-vante è il tempo impiegato per la selezione, la forma-zione e la progettazione.17. Tra gli interventi ipotizzati dal comune di Roma siconsidera l’incentivazione dell’”autorecupero”, ovverodel coinvolgimento di cittadini con reddito medio-basso e basso, riuniti in cooperative finalizzate alrecupero di edifici residenziali di proprietà comunale.18. Oltre al problema della riscossione dei canoni,

giore spazio al coinvolgimento dellerisorse private, e ripensare il recuperodel patrimonio residenziale con inter-venti innovativi20 e con la pianificazio-ne e ottimizzazione dei processi dimanutenzione, ai fini di una riduzionedei costi di gestione. In questa stessaottica occorre rimodulare le finalità ela struttura di enti o società cui affida-re la gestione del patrimonio di ediliziapubblica. È inoltre fondamentale ripen-sare i rapporti istituzionali, con unmaggiore coordinamento dei processidecisionali e chiarezza di attribuzionitra Stato centrale, enti pubblici territo-riali, rappresentanti a vario titolo dellerealtà locali, cogliendo l’occasioneofferta dal dibattito in corso sul pro-getto di legge sul governo del territorioe dalle novità presenti nelle più recentiesperienze legislative regionali.Si tratta, in definitiva, di dotare di unamaggiore organicità strumentale e isti-tuzionale l’intero sistema dell’ediliziaresidenziale costituito dal fabbisognoesistente, dai numerosi strumenti dirisposta e, soprattutto, da un efficienterapporto tra gli attori e i processi deci-sionali.

* Ingegnere.

Note1. Tale fenomeno è stato sinteticamente descritto come“disagio multisettoriale ad assetto variabile”, anche avoler sottolineare la necessità di un approccio multiset-toriale al problema. Si veda in proposito: “Le politicheabitative in Italia. Analisi e valutazioni – Maggio2005”, a cura di Anci-Cresme.2. Ad esempio, le principali informazioni relative aglisfratti provengono da Ministero dell’Interno, Ministerodi Giustizia e Associazione degli Uffici Giudiziari; que-ste informazioni non sono coordinate tra loro e talvol-ta presentano valori discordanti. 3. I dati Istat relativi al Censimento 2001 rilevano cheil 20% delle abitazioni risultano non occupate; si trattadi più di 5 milioni di unità immobiliari. Anche dimez-zando tale valore per tenere conto delle seconde case edelle occupazioni temporanee per lavoro o studio, lostock di abitazioni sfitte rimane comunque rilevante. Siveda in proposito: “Appunti sulla questione abitativa”di F. Indovina, in “Archivio di studi urbani e regionali”n. 82/2005.4. Un esempio in questo senso è dato dal Comune diAosta con la “locazione assistita”. Tale programma pre-vede un contratto di locazione di tre anni rinnovabileper altri due, stipulato direttamente tra il proprietario el’Amministrazione; il canone viene versato con caden-za annuale anticipata, ed in caso di mancata o ritarda-ta riconsegna dell’immobile da parte dell’inquilino, allascadenza del contratto al proprietario viene corrispostaun’indennità di occupazione; inoltre è previsto il risar-cimento per eventuali danni subiti dall’unità immobi-liare. I destinatari della locazione assistita sono personesole con minori a carico e per famiglie con anziani oportatori di handicap gravi, in possesso dei requisiti perl’accesso all’edilizia residenziale pubblica.

le complicazioni legate alla partnershippubblico - privato, parte dalla necessi-tà di un rinnovo legislativo, prevalen-temente in ambito fiscale, tale da ren-dere questo tipo di intervento interes-sante dal punto di vista del finanziato-re privato ed indipendente dall’inter-vento di comuni, regione o enti pub-blici.Un ulteriore strumento “atipico” incorso di sperimentazione è dato dal-l’autocostruzione assistita15, che se daun lato risulta particolarmente com-plesso16, dall’altro consente di abbatterei costi di produzione fino al 70%. Ilprocesso, con alcune varianti, vedeimpegnato il comune che mette a dis-posizione le aree, la Regione che con-cede un cofinanziamento, le famiglie,selezionate tra quelle che hanno rispo-sto al bando pubblico entrando in gra-duatoria e che collaborano alla costru-zione, un’associazione o organizzazio-ne di esperti che coordina il processo,istruisce le famiglie di autocostruttori efornisce loro supporto tecnico in fasedi realizzazione; infine l’ente gestoreche amministra l’immobile per unperiodo di tempo limitato; passato taleperiodo le famiglie, che nel frattempohanno usufruito della locazione acanone calmierato, possono diventareproprietarie dell’unità abitativa versan-do un “riscatto” ad un prezzo fissatodall’inizio.

Conclusioni

Da quanto considerato emergono alcu-ni punti di criticità, individuabili prin-cipalmente nella scarsa capacità di per-cepire i mutamenti della domandaalloggiativa, nella scarsità e nella dis-continuità di risorse, nella difficoltà diinserire gli interventi in un più ampioprocesso di pianificazione territoriale edelle infrastrutture in particolare, nel-l’incertezza relativa al destino degliattuali alloggi di edilizia residenzialepubblica in funzione del loro stato diconservazione17 e della natura delleoccupazioni18, nello scarso coinvolgi-mento del settore no-profit, e infinenel riordino degli enti gestori19, sebbe-ne sia molto significativa l’attivazionedi strumenti autopromossi dal basso.Per trasformare le criticità in opportu-nità di sviluppo è necessario dare mag-

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sa”: ciò significa che le quote sonocollocate in un periodo di tempodeterminato e che il diritto al rimborsodelle quote è riconosciuto agli investi-tori a scadenze determinate. Con lalegge 410/01 e il dm 43/03 è stataintrodotta la possibilità di costituirefondi che vengono indicati come“semi-aperti” o “semi-chiusi” che pre-vedono emissioni successive di quote edi rimborsi anticipati per aumentare laliquidità di questo strumento finanzia-rio. I fondi si classificano anche aseconda del pubblico a cui si rivolgo-no2, delle modalità di acquisizionedegli immobili3 e della politica di dis-tribuzione dei dividendi4.A oggi ilcomparto direzionale/uffici è la desti-nazione favorita per le strategie diinvestimento dei fondi, che vi concen-trano circa i 2/3 dei loro investimentidiretti5.Il forte disallineamento tra gli incre-menti del reddito medio e di quello deicosti delle abitazioni hanno allargatol’area del disagio abitativo creandouna crescita della difficoltà di accessoalla casa.A fronte di questa situazione l’organi-smo pubblico non riesce con i canaliordinari di finanziamento ad attuare lenecessarie azioni complesse per lariqualificazione di aree degradate el’immissione di residenze accessibili aiceti medio-bassi. Per questo motivoalcune città metropolitane comeMilano, Bologna e Roma, hanno pro-mosso e stanno studiando l’utilizzo dinuovi strumenti finanziari come ifondi immobiliari per poter accedereanche a risorse di finanziatori privati,al fine di sopperire alle esigenze abita-tive.

Milano: “Abitare Sociale 1”La città di Milano è la prima ad utiliz-zare uno dei nuovi prodotti finanziariper occuparsi di edilizia residenzialepubblica, infatti è in corso di chiusurail collocamento delle quote di quelloche sarà il primo fondo immobiliaresociale.Promotrice di questo progetto è laFondazione Cariplo che, attraverso laFondazione Housing Sociale, costituitacon la Regione Lombardia el’Associazione Comuni lombardi, hacoinvolto attori privati e istituzionali

lizzano, di seguito, gli elementi carat-teristici di alcuni fondi immobiliariapplicati all’housing sociale per leclassi a reddito medio-basso.I fondi immobiliari sono uno strumen-to finanziario per canalizzare il rispar-mio verso il settore immobiliare con-sentendo lo scambio delle proprietà sulmercato con costi relativamente conte-nuti e che permettono la gestione diun portafoglio di beni immobili diver-sificato i cui benefici comportanoeffetti positivi in termini di rischio e dicosti di gestione. La loro diffusione,pertanto, contribuisce ad una più effi-ciente allocazione e gestione delrischio connesso all’investimentoimmobiliare e offre la possibilità diinvestire in un prodotto che ha in sesia le caratteristiche di fungibilità eliquidità del prodotto finanziario sia ibuoni rendimenti che si possono otte-nere da una gestione professionaledegli immobili. Il rendimento è legatoall’incasso dei canoni di locazione e alrealizzo di plus valenze derivanti dallacessione degli immobili successiva-mente alla loro valorizzazione.L’investimento immobiliare perde cosìla prerogativa di essere fruibile solodagli investitori specializzati, consen-tendo l’accesso all’investimento ingrandi patrimoni immobiliari anche aipiccoli investitori. La selezione e la gestione degli immo-bili è affidata a professionisti di socie-tà di gestione del risparmio (Sgr) econsente agli investitori di non accol-larsi l’onerosità della gestione degliimmobili. Le Sgr sono società autoriz-zate a promuovere, istituire, organiz-zare e gestire il patrimonio di unfondo mantenendo separato il propriopatrimonio da quello del fondo stesso.Anche se ormai in Italia il prodottofinanziario del fondo immobiliare nonè più una novità e sono già molti ifondi costituiti, in realtà spesso non siha ancora la percezione di quali pos-sano essere le potenzialità di questeforme di investimento.Il fondo immobiliare, secondo la nor-mativa italiana, deve investire il suopatrimonio in misura non inferiore aidue terzi in beni immobili, in dirittireali immobiliari e/o in partecipazioniin società immobiliari. I fondi immobi-liari sono in genere a struttura “chiu-

rimane spesso irrisolto quello relativo all’occupazioneda parte di chi non è più in possesso dei requisiti perl’alloggio sociale, sostanzialmente sottraendolo a chiversa in maggiori difficoltà.19. A seguito del decentramento istituzionale lo Iacpè stato progressivamente trasformato e scomposto inaziende territoriali per l’edilizia residenziale, secondomodelli organizzativi che vanno dall’azienda di dirittopubblico, all’ente pubblico economico (ad esempio inAbruzzo), alla società per azioni (Istituto Trentino perl’Edilizia Abitativa). Per ulteriori informazioni inmerito si veda “I numeri della casa” a cura di A. M.Pozzo per Federcasa.20. Si fa riferimento, in particolare, agli interventidestinati a migliorare l’efficienza energetica dell’edifi-cio e le condizioni di comfort termico, luminoso eacustico attraverso sistemi passivi di riscaldamento eraffrescamento e altre soluzioni tali da ridurre ilricorso alle fonti di energia non rinnovabile e i possi-bili impatti ambientali delle tecnologie adottate.

Fondi immobiliariper l’housing socialee la riqualificazioneurbanaBarbara Rigamonti*

In questi ultimi anni, l’espansione delmercato immobiliare ha fatto si che iprezzi d’acquisto degli alloggi sianocresciuti più dei salari. In sei anni, alivello nazionale, i prezzi per l’acqui-sto della casa sono in media aumentatidel 51% a fronte di picchi fino oltre il100%1.Gli elementi che hanno favorito questofenomeno derivano in via principaleda un’elevata propensione all’investi-mento immobiliare dovuta anche allasituazione poco favorevole dei mercatifinanziari, nonché da una legislazionepiù articolata e dallo spin-off deipatrimoni immobiliari sia pubblici cheprivati.In questo contesto sono nati i fondicomuni di investimento immobiliare,con nuove normative: testo unicodella finanza Dlgs. 58/98 (leggeDraghi), dl. 351/01 approvato conmodifiche con la legge 410/01, dm n.47/2003 e il successivo dl. 269/03convertito in legge 326/03 e i numero-si provvedimenti attuativi delMinistero del Tesoro e della autorità divigilanza.Per le potenzialità esprimibili dai fondiimmobiliari nel comparto dell’ediliziaresidenziale a completamento dellepolitiche abitative tradizionali, si ana-

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Nella ipotesi formulata, il fondopotrebbe avere una durata media paria un ciclo di locazioni di otto anni,alla fine del quale gli appartamentipotrebbero essere messi sul mercatodella libera locazione o posti in vendi-ta. In alternativa, si ipotizza la duratamassima del fondo immobiliare in 30anni, prevedendo la possibilità di uti-lizzo da parte di tre diversi utenti,considerando i tempi di aggiustamentonecessari per consentire locazionianche di diversa durata da quella nor-malmente stabilita.La simulazione progettuale ipotizza larealizzazione di appartamenti di circa70 mq, prevedendo la possibilità dilocarli a 400,00 euro al mese dimez-zando le richiesta che oggi il mercatoprevede per i canoni di locazioni men-sile per tipologie di abitazioni analo-ghe. Il fondo immobiliare così articola-to prevede un flusso di ricavi netti dalocazione pari circa al 3% del suoinvestimento.

Roma: ipotesi di fondi immobiliariLa società di gestione del risparmioFimit sta valutando l’idea di costituiredei fondi immobiliari sul mercatoromano per l’affitto sociale, coordi-nando gli interventi pubblici e quelliprivati.I fruitori dovrebbero essere famigliecon un reddito medio basso che nonsono in grado di acquistare un allog-gio e devono utilizzare la maggiorparte dello stipendio per la locazione.L’idea è volta ad ottimizzare i pochifinanziamenti disponibili per gli entipubblici con un prodotto finanziarioche può coinvolgere, con risultati posi-tivi, sia il pubblico che il privato.L’ipotesi proposta da Fimit prevede unintervento nell’area romana8 nel qualesono coinvolti come protagonisti siaenti territoriali che banche e investitoriprivati. L’Università Roma Tre collabo-rerà per l’analisi e gli studi degliaspetti socio-ambientali e urbanistici.Gli studi prevedono la costituzione didue fondi che dovrebbero partire dallasomma di circa 200-250 milioni dieuro.La società di gestione del risparmioprevede di realizzare un fondo immo-biliare chiuso che raccoglierà le quotepresso investitori istituzionali interes-

Bologna: fondo immobiliare per l’hou-sing sociale La proposta è stata promossadall’Associazione degli Industriali dellaprovincia di Bologna con l’obiettivo disostenere lo sviluppo locale, rendendopiù appetibile il trasferimento nelcomune per giovani lavoratori con altolivello di specializzazione non residentisul territorio.Si prevedono contratti di locazione diquattro anni rinnovabili una sola voltaper un periodo equivalente. Un arcotemporale di otto anni è consideratoun periodo sufficiente per la stabilizza-zione e la crescita economica dei gio-vani lavoratori, che potranno in segui-to rivolgersi al mercato della locazionelibera o acquistare un’abitazione.Nello studio proposto da Nomisma7

attraverso la selezione o formazione diuna SGR si costituirebbe un fondoimmobiliare ad apporto dedicato all’-housing, nel quale il Comune dovrebbemettere a disposizione aree edificabilie uno o più finanziatori, individuatisul mercato locale dovrebbero acqui-stare quote del fondo per coprire icosti di costruzione degli alloggi.Il Comune apporterebbe i terreni di suaproprietà e sarebbe remunerato attra-verso le quote emesse dal fondo che inparte andrebbero all’amministrazionecomunale in ragione del conferimentodei terreni edificabili. Le altre quote,pari al valore della realizzazione degliimmobili, potrebbero essere collocatetra finanziatori e investitori istituzio-nali con finalità sociali.Il Comune avrebbe la possibilità diottenere un’ulteriore liquidità emetten-do obbligazioni garantite dalle quotedel fondo immobiliare. A ulteriore sup-porto al progetto, l’amministrazionecomunale potrebbe rinunciare allariscossione dei dividendi di gestioneper farli confluire in un fondo specialeper ridurre i canoni di locazione deglialloggi realizzati. Così, senza veriesborsi finanziari, l’amministrazionelocale promuove l’obiettivo socialedell’incremento dell’offerta di abitazio-ni a canone calmierato.E’ prevista la possibilità di integrazio-ne con terreni di altri proprietari, perla realizzazione degli interventi, dandovita a forme di collaborazione pubbli-co- privato.

(Banca Intesa, Banca Popolare diMilano, Pirelli Re, Telecom e Generali,banche di credito cooperativo, associa-zioni imprenditoriali) per procederealla costruzione di quelli che sonoconsiderati i primi alloggi sociali rea-lizzati da una società di gestione delrisparmio attraverso un fondo immobi-liare.“Abitare sociale 1”, nato a fine dicem-bre, è un fondo immobiliare chiusoche si rivolge esclusivamente a inve-stitori istituzionali, gestito dalla SGRNextra Investment Management,appartenente al gruppo Banca Intesa,che realizzerà alloggi di cui rimarràproprietaria per 15 anni.Per costituire il fondo, il Comune diMilano ha messo a disposizione areedi sua proprietà che sono state suddi-vise in quattro lotti. La Cariplo e laRegione6 hanno stanziato 10 milioni dieuro ciascuno acquistando 200 quotementre gli altri partecipanti hannocontribuito con quote variabili che afine febbraio hanno raggiunto i 45milioni di euro (obiettivo previsto è ilraggiungimento di 75 milioni euro).Per assicurare il rispetto dei principi edelle finalità sociali del fondo, verràistituito un comitato tecnico con fun-zioni consultive nel quale la RegioneLombardia sarà presente con un com-ponente della Giunta che avrà poteridi veto su scelte e decisioni ritenutecontrarie agli scopi etici prefissati.Con il capitale raccolto si prevede direalizzare un migliaio di alloggi alcosto di circa 1100 – 1300 euro almetro quadro. Tali alloggi saranno datilocazione con un canone “moderato”che la Regione ha indicato di circa 54-74 euro al metro quadro all’anno.Attraverso questi canoni di locazione èprevisto un rendimento annuo dellequote del fondo di circa il 2% oltrel’inflazione, inoltre i sottoscrittori sisono impegnati a devolvere il redditoche dovesse eccedere il 4% oltre l’in-flazione in attività di utilità sociale sulterritorio lombardo.A chiusura del fondo, trascorsi i 15anni, gli inquilini potranno riscattaregli appartamenti e quelli non riscattatisaranno acquisiti da un gestore socialeche continuerà ad affittarli a canonicalmierati. Attualmente sono in corsole gare per la progettazione.

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Nei casi analizzati si può poi sostene-re che il fondo immobiliare per l’hou-sing può essere qualificato tra quellidefiniti etici poiché la politica degliinvestimenti privilegia i criteri diversidalla sola massimizzazione del rendi-mento atteso. Si definisce etico, infatti,quel prodotto finanziario rivolto a par-ticolari categorie di sottoscrittori checoncilia finalità sociali con obiettivi direndimento in linea con il mercato oleggermente inferiori, in nome degliscopi etici perseguiti.In conclusione, l’utilizzo dello stru-mento descritto offre la capacità direperire risorse finanziarie attraversouna collaborazione pubblico-privato,in grado di attivare interventi didimensioni significative consentitidalla sinergia dei diversi attori a sup-porto degli enti competenti che da solinon potrebbero affrontare “l’emergen-za casa” all’interno di politiche diriqualificazione della città.

*Avvocato.

Note1. Studio Cresme Anci “ Le politiche abitative inItalia” – analisi e valutazioni – maggio 2005.2. In relazione all’offerta verso il pubblico si parla difondi retail che sono fondi destinati alla generalitàdegli investitori e di fondi riservati, cioè destinati adinvestitori qualificati e come tali lo Stato, gli entilocali, gli enti pubblici previdenziali, le associazioni efondazioni senza scopo di lucro. 3. Quando il patrimonio del fondo viene raccoltomediante una o più emissioni di quote stabilite dalregolamento e l’investimento immobiliare è successi-vo alla fase di collocamento delle quote si parla difondi a raccolta, si definisce invece fondo ad apportoquando la sottoscrizione delle quote avviene median-te conferimento di beni di parte diun soggetto appor-tante e il valore del fondo viene stabilito in fase diapporto sulla base di stime effettuate da esperti indi-pendenti, in questa tipologia di fondi avviene primal’investimento immobiliare e successivamente il col-locamento delle quote.4. I dividendi possono essere a distribuzione ossiadistribuendo periodicamente gli utili ottenuti dallagestione degli immobili o ad accumulazione quandola distribuzione gli utili, ottenuti dalla gestione degliimmobili, viene effettuata alla chiusura del fondoimmobiliare.5. Comunicato stampa Assogestioni sui Fondi immo-biliari al 30.06.2005.6. La Regione è autorizzata alla sottoscrizione diquote di fondi immobiliari dalla legge regionale n. 5del 2004.7. “Presentazione dei lineamenti dello studio di fatti-bilità di un Fondo immobiliare per l’housing sociale aBologna”, settembre 2005.8. Fimit lancia due fondi per l’affitto “calmierato” daRE real estate n.31, marzo 2006.9. La Fidurcel S.p.A. è una società promossadall’Unione Regionale Costruttori Edili del Lazio(URCEL), che opera nel settore dei servizi reali alleimprese nei territori dell’Italia centrale e dellaSardegna.

per l’operatore del fondo.Anche se le prime esperienze di pro-mozione dei fondi immobiliari rivoltial housing sociale sembrano esserededicate a interventi di nuova edifica-zione, questo strumento finanziariomostra delle notevoli potenzialità, seorientato in tal senso, per interventi diriqualificazione dei tessuti urbani e dirifunzionalizzazione degli immobiliesistenti nonché per il recupero di areedismesse tramite la demolizione e laricostruzione di edifici pubblici e pri-vati con un mix di destinazioni artico-late. Si può ipotizzare un ulteriore svi-luppo di tale strumento, come suppor-to a interventi che possono riguardarevaste zone della città anche attraversola sinergia di più fondi specializzati(residenza per il sociale, terziario edirezionale, di sviluppo, turistico-ricettivo). In prospettiva, nel caso digrandi interventi di trasformazioneurbana, anche alla luce delle nuovenorme sulla realizzazione delle operedi urbanizzazione contenute nel nuovocodice dei lavori, forniture e servizipubblici, si può ipotizzare un comples-so e positivo rapporto tra i promotoriimmobiliari, le Sgr e i fornitori dei ser-vizi pubblici tariffati, sia a rete chepuntuali, attraverso uno strumentofinanziario ad hoc, ampliato anche adaltre forme di ritorno di gestione com-plementari e collegate alla trasforma-zione urbana e al suo ciclo di vita. D’altra parte, l’uso di un prodottofinanziario quale il fondo immobiliareper operazioni di housing sociale pre-senta alcuni vantaggi grazie alla flessi-bilità dello strumento (fondi chiusi,fondi ad apporto, etc.) che lo rendeadattabile alle diverse esigenze e situa-zioni in cui può essere utilizzato. Ifondi sono infatti caratterizzati da untrattamento fiscale vantaggioso chefornisce buone prospettive di redditivi-tà, la possibilità di far rendere nelmedio-lungo periodo investimenti chepotrebbero sembrare non redditizi rela-tivi ad appartamenti a canoni calmie-rati raggiungendo rendimenti in lineacon il mercato. Vi sono, tuttavia alcu-ne criticità come la necessità di unsostegno finanziario pubblico (contri-buti per gli affitti, conferimenti diaree, etc.) per poter offrire un prodottoin linea con il mercato.

sati a iniziative con redimenti mediobassi, ad oggi non ancora quantificati.Gli immobili saranno esclusivamenteresidenziali e l’ipotesi prevede chesiano dati in locazione non solo afamiglie con reddito basso ma anchead altre categorie come studenti ,ricercatori, lavoratori atipici. Nel pro-getto è previsto che il Comune offragratuitamente le aree di sua proprietào conferisca al fondo immobili comu-nali, oppure offra un contributo perl’integrazione degli affitti sociali. L’altra ipotesi allo studio della societàdi gestione del risparmio è promossadalla Fidurcel S.p.A.9 e coinvolge laRegione Lazio che dovrebbe stanziarecontributi per i costruttori variabili dal20% al 60% del valore di costruzionedell’immobile per realizzare alloggi dalocare a canone sociale.La percentuale di stanziamento regio-nale varia in funzione del tipo di con-tratto di locazione: il 60% è previstoquando l’affitto agevolato è dato atempo indeterminato, mentre contribu-ti regionali minori sono previsti quan-do i contratti di locazione hanno dura-ta inferiore fino ad arrivare al solo20% se il contratto avrà durata di ottoanni.Sulla scorta di questa ipotesi, che uti-lizza i fondi erogati dalla Regione, ènata l’idea di costituire un fondo adapporto nel quale i costruttori conferi-ranno gli alloggi costruiti.Come contropartita, ai costruttori ver-ranno assegnate quote del fondo chepotranno essere cedute ad investitoriistituzionali. Il fondo avrà l’impegno digestire gli immobili nella massimaefficienza. Il progetto ha raccolto giàmolte adesioni da parte dei costruttorialla società promotrice (circa 100milioni di euro) a dimostrazione del-l’interesse e del gradimento.Poichè la gestione delle iniziative èaffidata ad una Sgr, con l’efficientemontaggio di tutta l’operazione, glienti locali o territoriali possono utiliz-zare uno strumento finanziario chepuò essere in parte adattato alle speci-fiche esigenze locali, con il conteni-mento del costo di produzione e con ladismissione degli appartamenti allafine del ciclo di utilizzazione per scopisociali, a prezzi di mercato avendo unritorno di gestione conveniente anche

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nizzato alfabeticamente per descrivere,con dovizia di riferimenti bibliograficie documentali e con taglio saggistico,luoghi immaginari e favolistici daAtlantide alla Terra di Mezzo delSignore degli Anelli, come se fosserorealmente esistiti e proponendo un cor-redo iconografico di schematiche enormalizzate cartografie e di accatti-vanti vedute paesistiche (le illustrazionierano di Graham Greenfield e le mappedi James Cook). Le cartografie lì pub-blicate si contraddistinguono, almenoquelle corografiche e non urbane, oltreche per la dovizia di toponimi ancheper la costanza delle categorie territo-riali rappresentate: coste, laghi, fiumi,monti, boschi. Il volume fu tradotto ededito in Italia nel 1982, appena treanni prima della promulgazione della L431/1985, cosiddetta Legge Galasso,che introduceva un inedito vincolopaesistico automatico per categorievincolando in maniera indifferenziataaree costiere, aree contigue a laghi efiumi, boschi, cime di monti, ecc.; ten-tando quindi di cristallizzare quelli cheerano ritenuti come ingredienti impre-scindibili del paesaggio in modo dagiungere alla tutela del tutto, partendodal particolare ed attribuendo un valo-re paesistico ad oggetti così generici darisultare paesisticamente immaginificicome i luoghi fantastici di Guadalupi eManguel.

Il “realismo” del Codice Urbani

Al di là del Dl 490/99, primo tentativodi riunificazione normativa tra tuteledei beni culturali, ambientali e paesisti-ci è con il Codice Urbani che si viene a

Esperienze di pianificazione paesaggisticaa cura di Andrea Filpa*

finora il meno praticato, riguarda l’im-plementazione della manovra paesisti-ca contenuta sia nella Cep sia nelCodice Urbani, che affianca all’assecentrale della pianificazione una plura-lità di attività di formazione ed infor-mazione per cittadini, amministratori eaddetti ai lavori, la costituzione diosservatori, la promozione di monito-raggi.La consistenza, la vastità e la comples-sità del lavoro da svolgere non puòsfuggire e non sembra possibile con-durla a termine con frammentati e set-toriali tavoli di concertazione. Forse ègiunto a maturazione il tempo per unaseconda Conferenza nazionale sul pae-saggio (la prima è come si ricorderà nel1999), e l’Inu, da sempre attento aquesti temi, potrebbe farsi interpretedi questa esigenza.

*Docente di Urbanistica presso l’Università diCamerino, è componente dell’Osservatorio nazionaleper la qualità del paesaggio.

La Provincia di PratoDaniele Mazzetta*

I “luoghi fantastici” della LeggeGalasso

Molti anni fa Gianni Guadalupi edAlberto Manguel, sull’onda del “fanta-stico” Borghesiano1, realizzarono un’o-pera faraonica: un “manuale dei luoghifantastici”2, che in realtà nell’originaleversione inglese era definito più oppor-tunamente “dizionario” (The dictionaryof imaginary places), in quanto orga-

I contributi di questa sezione restitui-scono tasselli significativi di una mate-ria in piena evoluzione – la pianifica-zione paesaggistica – che stenta a sedi-mentare una prassi operativa di cui,almeno su questo si è tutti d’accordo,l’Italia avrebbe un gran bisogno.Numerosi sono i versanti ove ricercareprofili di coerenza che consentano diavviare senza incertezze la nuova sta-gione della pianificazione paesaggisti-ca.Il primo concerne la ricerca di sintoniatra Convenzione europea del paesaggio(Cep) e Codice Urbani, entrambi leggidello Stato ma, come fanno notare nelloro contributo Poli e Mantovani –contenenti definizioni diverse deimedesimi oggetti.Il secondo riguarda le forme di colla-borazione Stato-Regione in materia dipianificazione paesaggistica (tutti e trei contributi affrontano questo nodo) e– a seguire – la prosecuzione dellafiliera che dovrebbe far entrare ingioco gli strumenti di livello provincia-le e comunale.L’attivazione di questo processo, èopportuno rammentarlo, è molto caraalla Cep e quindi al Consigliod’Europa, che ha avviato la formazionedella Recep, la Rete Europea degli EntiLocali per l’attuazione della Cep (ilprimo incontro si è tenuto a Napoli neldicembre 2005). Appaiono in tal sensodel tutto condivisibili le considerazionidi Mazzotta in merito alla centralitàdelle scale di dettaglio che solo provin-ce e comuni sono in gradi di assicurarealle politiche per il paesaggio.Il terzo, forse il più innovativo ma

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Urbanistica INFORMAZIONI

sta che si avanza è quella di includervile Aree naturali protette di InteresseLocale nonché i Siti di InteresseComunitario e Regionale. Questa pro-posta si muove coerentemente con l’in-dividuazione delle componenti del pae-saggio individuate nell’Atlante regiona-le, che articola i valori del paesaggio invalori ecologici, culturali, sociali edeconomici, in quanto valori tutti istitu-zionalmente presenti sui territori delleAnpil. Inoltre l’inserimento di tali areenel Piano paesistico regionale, cioènella parte statutaria del Pit, rispondein pieno agli attuali orientamenti dellapianificazione di area vasta comunita-ria: lo Schema di Sviluppo dello SpazioEuropeo come orientamento per lepolitiche regionali. Una di tali strate-gie, infatti, riguarda in particolare ilcomplesso delle aree protette, qualerete di corridoi ecologici e di biodiver-sità, da tutelare ma anche da armoniz-zare con lo sviluppo delle popolazioniche vivono quei territori.La proposta disciplinare per questiambiti è quella dell’esaltazione delruolo provinciale nelle sue funzioniistituzionali di ricerca e coordinamentoin merito ai valori ecologici ed allaloro tutela grazie un’azione di governoprovinciale che, attraverso Ptc e pianidi settore quali Regolamenti delleRiserve e Piani di sviluppo economicoe sociale delle aree protette, pianifichie coordini il sistema provinciale dellearee protette, contemperando le esigen-ze di tutela e valorizzazione, anchepaesistica, con quelle di sviluppo eco-nomico e sociale.Riguardo agli ambiti boscati si è proce-duto lungo due direttrici:- la specificazione di elementi boscatidi particolare valore botanico o ecolo-gico o paesistico o economico, perime-trandone le aree relative nell’ambitoboscato della L 431/85 ed individuan-dole come aree da sottoporre a tutela;- la specificazione di elementi vegeta-zionali di particolare valore ecologico,paesistico o conservazionistico nonarborei e anzi da tutelare anche rispet-to all’espansione del bosco.Sulle altre aree dell’ambito Galasso let-tera g) si propone di mantenere la tute-la per motivi di interesse paesistico.Il Documento provinciale si è chiusopoi individuando beni che non possono

sto alla fine del 2005 un contributoconoscitivo ed una proposta disciplina-re. Si sintetizzano nel seguito quindi, atitolo esemplificativo e per l’eventualeinteresse metodologico di una primaapplicazione delle nuove norme, i con-tenuti del Documento provinciale4.In risposta alla richiesta regionale di“ridefinire gli ambiti assoggettati atutela paesistica (L 431/85), in amplia-mento o in riduzione, mettendo in evi-denza e dettagliando i valori di pregiopaesaggistico propri di tali aree secon-do criteri sistemici, storici, culturali edestetici e non soltanto in quantoappartenenti alle categorie omogeneeindividuate dalla precedente normativain base ad una lettura prevalentementeambientale e precisandone le normed’uso e i criteri di gestione”, si è pro-posta tale ridefinizione limitatamentealle categorie della lettera c) (i fiumi, itorrenti ed i corsi d’acqua), della letterag) (i territori coperti da foreste e daboschi) e della lettera f) (parchi e riser-ve), in quanto categorie di maggioreinteresse in relazione al territorio pro-vinciale ed alle previsioni in merito delPtc provinciale approvato nel 2003.Il metodo di lavoro seguito per taliridefinizioni discende da una riletturaad hoc dei contenuti conoscitivi edisciplinari del Ptc, integrata da quelladegli studi e delle sperimentazioni suc-cessivi al Piano. I criteri guida cheorientano tale lettura discendono dallecomponenti del paesaggio individuatenell’Atlante regionale (valori ecologici,culturali, sociali ed economici) inun’ottica di valutazione prestazionaleper i singoli elementi costitutivi dellerisorse associate alle categorie ex L431/85. Sulla base degli elementi conoscitivi edisciplinari si è cercato di agire nonsolo in riferimento ai corsi d’acquaespressamente interessati dalla tutelaex lege della L 431/85 ma anche inriferimento alla contestualizzazioneterritoriale dei singoli componenti dellerisorse riferibili, in generale, agli ambitifluviali. Si è data quindi una lettura dicontesto ai singoli tratti fluviali peri-metrandone ambiti di tutela o di riqua-lificazione in relazione anche alla pre-stazione svolta o richiesta in termini diconnessioni ecologiche.Per gli ambiti della lettera f) la propo-

configurare in maniera più corposa edettagliata una pianificazione paesisti-ca di matrice regionale che, tra gli altrinumerosi elementi, contenga determi-nazioni in ordine: alle aree ex-1497/39; alle categorie ex-Galassononché, come esplicitamente previstoalla lettera h dell’art. 143, alle eventua-li categorie di immobili o di aree diver-se da queste; all’individuazione diinterventi di recupero e riqualificazionepaesistica ed all’individuazione dimisure necessarie al corretto inseri-mento delle trasformazioni nel contestopaesaggistico.La Lr Toscana 1/2005, sostitutiva dellaprecedente Lr 5/95, si conforma alCodice Urbani prevedendo un PianoPaesistico Regionale, “che individua ibeni paesaggistici e la relativa discipli-na”, come parte integrante della partestatutaria del Piano d’IndirizzoTerritoriale regionale. Quindi il PianoPaesistico, che la Lr 5/95 identificavacon i Ptc Provinciali, viene, anche inToscana, portato al rango regionale.Non può non evincersi l’assoluta dis-economia di una tale impostazione,voluta, ricordiamolo, al livello statale,e la pretenziosità di individuare edisciplinare i beni paesistici in chiavereale, e non più per categorie generi-che, alla scala regionale, scala eviden-temente inadeguata alle necessarieconoscenze preordinate a qualunquenorma di tutela, riqualificazione evalorizzazione.Il risultato applicativo in Toscana, al dilà dell’adeguamento alla lettera dellaLegge, non ha potuto infatti prescinde-re, dopo una prima ricognizione diambiti paesistici di scala regionale eduna scelta metodologica di articolazio-ne del valore paesistico3, dal coinvolgi-mento diretto delle Province nella defi-nizione di sottoambiti di rango provin-ciale, nella rilettura, nella contestualiz-zazione, e nella relativa proposta disci-plinare, delle ex categorie Galasso edelle aree ex 1497/39.

Il contributo della Provincia di Pratoal Pit regionale

Sulla base della esplicita richiestaregionale di ausilio alla formulazionedei contenuti paesistici dello statuto delPit, la Provincia di Prato ha predispo-

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Urbanistica INFORMAZIONI

Il paesaggio entra a tutti gli effetti neinuovi processi di “govenance” multili-vello: non solo materia di Stato eRegione ma sistema di relazioni inter-disciplinari, volte a promuovere l’inte-grazione tra politiche settoriali, politi-che di tutela e valorizzazione del pae-saggio.Diverse le iniziative regionali(Sardegna, Umbria,..), come, recente-mente, quella della Regione Abruzzo,volte a re-interpretare il concetto dipaesaggio, non più inteso unicamentecome valore, ma come parte costitutivadi un sistema complesso ed integratocon ambiente, territorio e processi disviluppo.La Lr 18/83 prevedeva per la RegioneAbruzzo la redazione del PianoRegionale Paesistico, redatto definiti-vamente nel 1986 ed ancora vigente,seppur limitato ad alcuni ambiti delterritorio regionale, per i quali si pro-pone un’opera di valorizzazione e ditutela, legata alla presenza di beni dicarattere storico, architettonico, cultu-rale, naturalistico e paesaggistico dialto valore.La Regione Abruzzo propone oggi unlavoro di aggiornamento, che mira alrecepimento del Dlgs 42/2004 (art.135),secondo cui “il Piano Paesaggisticodefinisce […] le azioni di recupero eriqualificazione degli immobili e dellearee sottoposte a tutela, nonché gliinterventi di valorizzazione del paesag-gio, anche in relazione alle prospettivedi sviluppo sostenibile”, nell’ottica disuperamento di una concezione esclu-sivamente vincolistica della tutela stes-sa ed in favore di una valenza pro-grammatica in cui le Regioni assumo-no un ruolo determinante, di snodo trale politiche nazionale e processi parte-cipati di governo locale del territorio.Per raggiungere tale obiettivo, laRegione, tenendo conto delle diverseforme di conoscenza degli altri EntiCompetenti (Province, Ente Parco,Comuni), propone la costruzione di unquadro conoscitivo, sulla base di anali-si di diverso tipo (sistema dei beniambientali, architettonici, archeologici,storici) e l’individuazione di ambiti edobiettivi di qualità paesaggistica(secondo le indicazioni dell’art.143,Dlgs n.42/2004), utili per delineareprescrizioni generali ed operative per

L’iniziativa dellaRegione AbruzzoAndrea Chietini*

Raffaella Molinari**

La Convenzione Europea del Paesaggio,firmata a Firenze nell’Ottobre del 2000,ha di nuovo dopo 15 anni dalla LeggeGalasso, posto al centro del dibattitodisciplinare la questione del paesaggioe l’importanza della sua tutela, inaugu-rando una nuova stagione di pianifica-zione incentrata su uno sviluppo soste-nibile del territorio.L’input lanciato in quella sede dalConsiglio Europeo, è stato recepito dadiversi Paesi europei ed, in particolare,in Italia ha preso forma, nel 2004, conil “Codice dei Beni Culturali e delPaesaggio”, il Codice Urbani (Dlgs 22Gennaio 2004, n.42).Sono stati introdotti nuovi elementi dicomplessità, a base di nuove sperimen-tazioni, ma contemporaneamente si èdiffuso un clima di incertezza, legatoin particolar modo all’ambito procedu-rale e culturale introdotto dalla norma-tiva stessa.Il C.U. ha rimesso in moto la macchinadella pianificazione in ambito paesisti-co, che risulta ancora profondamentelegata alla legge italiana 1497/39, leggetra le più innovative al momento dellasua emanazione, e che per prima haaffrontato il tema della tutela e valoriz-zazione, restringendo, però, il campo diazione alle “bellezze naturali”.Un passo avanti era già stato fatto nel1985, con la Legge Galasso n. 431, conla quale la tutela diviene un processooggettivo e sistematico, attuabile construmenti specifici di pianificazionepaesistica o di pianificazione territoria-le con valenza paesistica.Dopo la riforma del Titolo V dellaCostituzione (L.C. 3/01), che distinguele competenze legislative statali daquelle regionali (per le quali lo Stato siriserva il diritto di intervenire deli-neando i principi fondamentali), siavvia una ridefinizione dei beni pae-saggistici e dei beni culturali intesicome articolazione del patrimonio cul-turale complessivo, riservando i primialla iniziativa delle Regioni e i secondia quella dello Stato.

essere ascritti alle categorie ex Galasso,ma che rivestono particolare importan-za dal punto di vista storico-testimo-niale e paesistico, e perimetrando areevincolate ai sensi della L 1497/39 chehanno subito nel tempo alterazioni talida richiedere interventi di riqualifica-zione paesaggistica.

Conclusioni

Questo lavoro, una volta trasmesso allaRegione, vera titolare del procedimentodi formazione del nuovo PianoPaesaggistico, è stata l’occasione per laProvincia di Prato per ripensare al pro-prio territorio in termini paesistici e perrealizzare un vero e proprio sistemainformativo (o banca dati) sulPaesaggio.E’ vidente però che qualunque sarà ladecisione della Regione Toscana inmerito a questi contenuti, se si volesseveramente dar vita alle formulazioni diprincipio contenute nella Convenzioneeuropea del paesaggio, che lo vedecome categoria sostanzialmente cultu-rale portatrice di valori identitari dellapopolazione, si dovrebbero sottoporretali risultati conoscitivi e propostedisciplinari all’attenzione dei cittadiniperché ne confermino o meno, e quindine rafforzino anche da un punto divista politico, la natura statutaria.Riuscendo forse in tal modo ad evitaretutele demiurgiche di “luoghi fantasti-ci” ed a valorizzare valori culturalireali delle comunità che vivono queipaesaggi.

* Responsabile del Piano territoriale di coordinamentodella Provincia di Prato.

Note1. Manguel, argentino, tradusse Borges in inglese.2. Gianni Guadalupi, Alberto Manguel, Manuale deiluoghi fantastici, Milano, Rizzoli Editore, 1982; trad.it.: Licia Brustolin.3. Si tratta degli Studi Preparatori del nuovo Pit chela regione Toscana sta redigendo sulla base dellanuova Lr 1/2005, e in particolare del volume, a curadi Lando Bortolotti, Gabriele Paolinelli, AntonellaValentini, I territori della Toscana. Atlante dei carat-teri strutturali del paesaggio, Regione Toscana,Edizioni Giunta Regionale, Bagno a Ripoli (Firenze),2005.4. Documento di rilievi e contributi per l’implementa-zione e specificazione della lettura dei caratteri strut-turali del paesaggio toscano nell’ambito dellaProvincia di Prato, approvato con Dcp 87 del14.12.2005.

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toriali che continuamente si produconoa livello locale, ma l’innalzamento delvincolo a strumento principe dellatutela di cui il piano paesaggisticocostituisce il supporto non essenziale.Un processo di riaccentramento ostina-tamente settoriale, autoreferenziato eseparato dal governo del territorio chemette in discussione i concetti dellaConvenzione Europea inibendo al pae-saggio la possibilità di assumere ilcarattere di strumento di governancepartecipata, e vanificando le evoluzioniconcettuali che avrebbero portato astrumenti di gestione innovativi e dimaggiore efficacia. Il Ministro Buttiglione, nella sedutadella 13° Commissione “Territorio,Ambiente, Beni ambientali” dellaCamera, svoltasi il 7 febbraio 2006,definisce d’importanza strategica lemodifiche introdotte, dallo schema didecreto legislativo recante“Disposizioni correttive ed integrativedel Codice dei beni culturali e del pae-saggio, di cui al decreto legislativo 22gennaio 2004, n.42 in relazione al pae-saggio”. Minimizzandone immediata-mente dopo la portata nel precisareche “il decreto è finalizzato a corregge-re errori materiali, a fornire miglioriformulazioni lessicali delle disposizionio ad esprimere in termini più chiari egiuridicamente più corretti alcuni con-cetti e istituti giuridici”. Per il Ministro,rientrano in quest’ambito le modificheagli articoli 135 e 143 relativi alla pia-nificazione paesaggistica, risolte con“spostamento di parti di un articolonell’altro allo scopo di raggiungere unamigliore chiarezza espositiva e preci-sione concettuale, che non comportanosostanziali cambiamenti di regime”.In sede di riunione tecnica preliminaredella Conferenza Unificata, tutte leRegioni hanno espresso parere “total-mente negativo” in merito alle “modi-fiche di razionalizzazione” del testovigente perché la portata dell’operazio-ne è in realtà di ben diversa natura. La definizione di “paesaggio”, giàdepauperata della parte relativa alla“percezione delle popolazioni”, su cuisi fonda il significato e il senso stessodel termine attribuito dallaConvenzione di Firenze, è ulteriormen-te modificata con l’introduzione del-l’aggettivo “distintivo” riferito ai carat-

proprio dalla rilevante modifica alCodice vigente, sono omessi o violati. Un’operazione condotta da un’appositacommissione di studio ministeriale,composta esclusivamente da giuristi,che ha operato in perfetto isolamentonon coinvolgendo le Regioni e le com-petenti strutture del Ministero, con ciòinterrompendo quella positiva collabo-razione instauratasi a partire dall’ela-borazione del Codice Urbani. Dovendoci limitare al tema della piani-ficazione paesaggistica, è opportunoprecisare che il Codice Urbani, puressendo il risultato di una mediazionetra istanze ed esperienze diverse, rap-presenta il necessario passaggio tra latradizionale tutela riferita a beni pae-saggistici con caratteristiche di ecce-zionalità a quella, prospettata dallaConvenzione di Firenze, di governancedell’intero territorio e di tutti i tipi dipaesaggio. Un modello di gestione cheassegna al paesaggio il ruolo di equili-brio tra patrimonio culturale e natura-le, che lo considera riflesso dell’identitàe della diversità europea e che, parten-do dal principio di sviluppo sostenibile,è in grado di migliorare la qualità deiterritori, risvegliare il senso di apparte-nenza e imprimere la consapevolezzapubblica dei valori in gioco. Per questo motivo non si può lasciarpassare sotto silenzio la restaurazionedi un potere monocratico d’interdizio-ne dell’attività delle Regioni anche permaterie trasferite, come la pianificazio-ne paesaggistica concepita sostanzial-mente come attività di ricognizione deibeni paesaggistici, fino al sovvertimen-to degli attuali assetti gestionali con larevoca delle deleghe agli enti localiritenuti inaffidabili. Tutto ciò fa tra-sparire la volontà di alimentare unagestione burocratica, ampiamente inef-ficace nei confronti delle trasformazio-ni del paesaggio, come per altro rico-nosciuto dallo stesso Ministero deiBeni e delle Attività culturali. Una gestione che si realizza nelleforme di una “democrazia delegata” esomministrata da burocrati e saperiesperti, che ha come principali sosteni-tori membri di alcune lobby ambienta-liste. Una tutela non finalizzata almiglioramento della qualità dei pae-saggi , né funzionale al controllo delledinamiche e delle trasformazioni terri-

la tutela e la trasformazione del terri-torio.Si rivolge l’attenzione alla determina-zione di misure per la conservazione diaree tutelate ex lege e per l’inserimentodegli interventi di trasformazione nelcontesto paesaggistico; all’ individua-zione di interventi di recupero e riqua-lificazione di aree compromesse edegradate; all’elaborazione di unoStudio di Valutazione AmbientaleStrategico, unitamente alla costruzionedi un S.I.T. per garantire l’accessibilità,via telematica, alle elaborazioni pro-dotte. Analisi, ricognizione ma anche econdivisione, attraverso un sistema chemiri al superamento di forme parziali econtrapposte di conoscenza.

*Dottorando di Ricerca presso l’Università di Roma LaSapienza.**Dottoranda di Ricerca presso l’Universitàdell’Aquila.

Il paesaggio negatoGiancarlo Poli*,Patrizia Mantovani*

Il Ministro dei Beni e delle Attivitàculturali, utilizzando strumentalmentele possibilità offerte dalla legge delega6 luglio 2002, n.137, sta varando una“integrazione” alla Parte III del CodiceUrbani (Beni paesaggistici) che neifatti costituisce intervento di riappro-priazione delle competenze trasferite odelegate a Regioni ed enti locali.Questo avviene in un momento partico-larmente significativo, infatti almeno lametà delle Regioni italiane sta predi-sponendo, o ha già predisposto, le atti-vità preparatorie per l’adeguamentodella propria pianificazione paesaggi-stica alle disposizioni del Codice deiBeni culturali e del Paesaggio (Dlgs42/2004). Un’azione che ostacola la necessariaevoluzione concettuale e strumentaledella salvaguardia del paesaggio e cheè determinata dalla vivificazione delmodello Crociano, artificiosamenteassociato a quello geografico-tipologi-co della legge “Galasso”, nell’improba-bile prospettiva di attuare i principidella Convenzione Europea delPaesaggio (nel frattempo ratificata conla legge del 6 gennaio 2006, n.14) che,

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delle identità finalizzata anche ad unosviluppo alternativo, più equilibrato edurevole. Occorre tuttavia che la disci-plina paesaggistica vada oltre la fun-zione meramente conservatrice dei luo-ghi considerati eccezionali, evolvendosida strumento di settore a strategiagenerale in grado di sostenere azioni ditutela attiva e di uso sostenibile dellerisorse in funzione di diversificate esi-genze di salvaguardia, corretta gestio-ne o riqualificazione del paesaggio. Intale prospettiva, l’azione di tutela delpaesaggio diventa il momento centraledi tutte le attività che si realizzano sulterritorio, in quanto la protezione, nonpiù fatto episodico e di difesa passivadi singoli oggetti, viene vissuta comeun’azione rivolta a migliorare la quali-tà e la competitività dei sistemi locali eregionali attraverso la valorizzazionedella risorsa paesaggio. Perché si rea-lizzi questo obiettivo è necessario tut-tavia che si affermi una considerazionedel paesaggio non solo per le sue qua-lità estetiche, formali o storiche, cosìcome una gestione integrata e collabo-rativa tra tutti gli enti preposti alla suatutela (Stato, Regioni, Enti locali).

*Servizio Valorizzazione e Tutela del paesaggio dellaregione Emilia-Romagna.

saggistici debba avvenire in collabora-zione con lo Stato. Dall’art.143, relativo ai contenuti delpiano paesaggistico, è eliminato il rife-rimento agli “obiettivi di qualità pae-saggistica” adducendo la motivazioneche il termine non possiede un fonda-mento giuridico, ma appartiene al lin-guaggio dell’economia aziendale. “Gliambiti omogenei”, cui gli obiettivi diqualità erano strutturalmente associatiin quanto “aree funzionali” all’inciden-za territoriale delle politiche di trasfor-mazione del paesaggio, vengono tra-sferiti all’art.135 (Pianificazione pae-saggistica) e trasformati in vere e pro-prie zonizzazioni di piano, strutturategerarchicamente e associate a specifi-che prescrizioni. In riferimento al processo di elabora-zione o di adeguamento della pianifi-cazione paesaggistica (che non è piùfacoltativo), viene esclusa infine lapossibilità che dall’elaborazione deinuovi piani paesaggistici possa discen-dere una revisione dell’insieme dei vin-coli paesaggistici emanati dal 1939 adoggi, operazione da compiere in strettorapporto con il riconoscimento deicaratteri che connotano e distinguono inostri paesaggi. Con l’eliminazionedell’art.144, comma 2, non solo vieneimpedita la sistematizzazione dellacongerie di vincoli vigenti, la lorointegrazione funzionale nella pianifica-zione paesaggistica, ma soprattutto èpreclusa la possibilità di far rappresen-tare alle aree di interesse pubblico ivalori riconosciuti dei diversi territori,patrimonio e immagine delle comunitàlocali e dell’intero paese.In conclusione e per attenerci al filoconduttore di questo numero diUrbanistica Informazioni possiamosenz’altro affermare che nonostante laproposta di decreto del MinistroButtiglione spinga necessariamenteRegioni ed Enti locali ad opporsi aquesta iniziativa non deve interrom-persi la positiva collaborazione instau-ratasi in questi anni con gli organicentrali e periferici del Ministero cosìcome non deve vanificare la sperimen-tazione di nuovi modelli e strumenti digestione del paesaggio, necessari a tra-sformare un’attività burocratica in unapolitica di miglioramento della qualitàdei nostri territori e di rafforzamento

teri delle sole parti di territorio identi-ficabili come paesaggio. Con ciò rinne-gando il concetto secondo il qualetutto il territorio è paesaggio, circoscri-vendolo alla sola dimensione fisica e aiterritori connotati da “caratteri distinti-vi” allo scopo di isolare la tutela deibeni paesaggistici (materia di esclusivacompetenza statale) dal governo delterritorio (materia concorrente) e con-seguentemente di potere attribuire unaspecifica disciplina di tutela paesaggi-stica esclusivamente alle parti di terri-torio vincolate, cioè agli immobili ealle aree di notevole interesse pubblicoed alle aree tutelate per legge, le excategorie “Galasso”. Un paesaggio interpretato ancora unavolta come oggetto compiuto e noncome esito di relazioni dinamiche traassetti fisico-spaziali e processi d’iden-tificazione collettiva rivolti al passato eal futuro che attribuendogli significatolo connotano.Con lo scopo evidente di mantenereinalterato un potere d’intervento diret-to, la proposta ministeriale rinnega poinuovamente la transitorietà della deli-mitazione delle ex categorie Galasso,anche in presenza di una pianificazio-ne paesaggistica elaborata congiunta-mente con gli Organi periferici delMinistero e che abbia sviluppato pie-namente i contenuti dell’art.143 delCodice Urbani. E’ resa così impossibilel’integrazione del doppio livello ditutela attualmente operante, determi-nato dalla coesistenza delle tutele diderivazione statale con le zonizzazionidi tutela stabilite dalla pianificazionepaesaggistica regionale. Una situazionefonte di notevole inefficienza e digrande confusione applicativa nellagestione ordinaria delle tutele paesag-gistiche.Il Ministero si ritaglia inoltre una com-petenza nell’attività di pianificazionepaesaggistica trasferita alle Regioni colDPR n.8 del 1972. Infatti all’art.135 delCodice Urbani, la frase “le regioni assi-curano che il paesaggio sia adeguata-mente tutelato e valorizzato” vienemodificata premettendo e affiancandolo Stato alle Regioni nelle funzionichiaramenrte riferite alla pianificazionepaesaggistica. Come se ciò non bastas-se all’art.156 del Codice vigente è sta-bilito che l’approvazione dei piani pae-

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“domestica”, tipica della Mosca storica.Nel 1999 il “Programma per la rico-struzione e lo sviluppo della microre-gione 17 Ostozhenka” viene autorizza-to dall’autorità architettonica e urbani-stica della città e approvato dal gover-no cittadino con un decreto.In contrasto con quanto previsto dalpiano del 1971 - che ipotizzava granditrasformazioni legate alla localizzazio-ne di funzioni amministrative - ilnuovo programma scommette sullavocazione residenziale. Le altre funzio-ni sono previste lungo i confini delquartiere. Secondo gli ideatori, il pro-gramma punta a creare un’“armonianel paesaggio urbano” attraverso unapproccio contestuale che consiste nel“recupero dei valori estetici e struttura-li puntando a creare un ambiente incui gli edifici, pur nella loro diversità,siano integrati”. L’aspetto sociale nonviene trascurato: tutti gli abitantiattuali devono rimanere nel quartiere.Sotto la pressione immobiliare, il pro-gramma viene presto abbandonato,lasciando spazio a negoziazioni perso-nalizzate tra singoli developer e ammi-nistratori.Mentre il mercato detta le sue regole,l’“approccio contestuale” e il concettodi preservazione sfumano uno dopol’altro. Gli edifici storici sono demolitie ricostruiti, sostituiti con abitazionidalle architetture moderne.E quello che avviene nel patrimoniofisico si rispecchia nella popolazione.Gli abitanti originari sono stati allon-tanati e sostituiti da una comunitàomogenea di “nuovi ricchi”.Tra il 1992 e il 2004, 1.263 persone -

a cura di Marco Cremaschi

Il “miglio d’oro”di OstozhenkaFabiola Fratini*

Gli operatori immobiliari lo chiamanooggi “il miglio d’oro”. Di fatto,Ostozhenka era fino alla metà deglianni ’80 un quartiere degradato dellacittà storica.Con una superficie di circa mezzo chi-lometro quadro, il quartiere è collocatoa Sud- Ovest del Cremino ed è circo-scritto dal fiume a Est; dalla chiesa delCristo Salvatore, l’anello dei boulevard,la stazione della metropolitanaKropoktinskaya a Nord; dalla fermatametro Park Kultury, l’anello dei giardi-ni e via Ostozhenka a Sud.E’ proprio quest’aspetto di omogeneitàe di potenziale chiusura ad attirare lenuove élite affascinate dall’idea disigillarsi in un’isola dorata. Ed è pro-prio questo il tema chiave sul qualepuntano developer e agenzie immobi-liari per vendere il “prodottoOstozhenka”, arrivando anche a pro-porre all’amministrazione comunale unpiano per recintare a tutti gli effettialcune zone del quartiere.Finalmente nel 1989 i riflettori sem-brano illuminare di nuovo il quartiere:il “Centro di Pianificazione Scientifica”dell’“Istituto di Architettura di Mosca”,oggi “Ufficio di architetturaOstozhenka”, elabora un programma direcupero. Forse a guidare le intenzionidei pianificatori è l’atmosfera pre-rivo-luzionaria che si sprigiona dalla strut-tura urbana rimasta intatta, un’atmo-sfera che si potrebbe definire quasi

La rapida trasformazione della cittàsovietica ha più di un tratto incomune, nel bene e nel male, conquanto succede nelle cittàoccidentali. In astratto, ladelegittimazione delle praticheautoritative avrebbe dovuto lasciarampio spazio a liberalizzazioni senzaostacoli, sotto l’egida delle fortiretoriche decisioniste della cittàglobale. In pratica, la combinazionedi forze e volontà politichedetermina sia avanzamenti chearretramenti, le frizioni giuridichenon sono facilmente superabili,sviluppo e sperequazione sicombinano in modo complicato. Nelcaso di Mosca, accanto agli effettinegativi della brusca privatizzazionee della ‘gentrification’ (lasostituzione dei ceti popolari conaltri più benestanti), sono percepibilianche gli esiti causali e inaspettatidi logiche di intervento ancora nonassestate. Il cambiamento urbanoprocede rapido e con effetti vistosi.La direzione è meno ovvia: e non èscontato quale ruolo possanoassumere le politiche urbane inquesto frangente.

Mosca

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dagli investitori. Senza contare i premirecapitati ai funzionari più zelanticapaci di sveltire una pratica o smus-sare le regole urbanistiche. Per l’econo-mia urbana l’operazione è positiva:sono stati creati nuovi posti di lavoro,e nuove attività si sono insediate nel-l’area. In fondo anche gli abitanti possonomettere l’operazione nella colonna deipiù del proprio bilancio. Molti di lorohanno lasciato una stanza che condivi-devano con il proprio nucleo familiarein un alloggio condiviso con altrefamiglie in condizioni di forte degrado.Oggi abitano in periferia, è vero, maogni famiglia ha un alloggio e final-mente genitori e figli possono vivereseparati, e godere di una cucina e ser-vizi propri.Cosa è andato perduto, cosa ricadenella colonna dei meno di questoprimo bilancio? Il comune ha perso laproprietà del patrimonio immobiliare.La comunità dei moscoviti e la cittàtutta hanno perso una parte di storia.La “vecchia Mosca”, la sua atmosfera,il suo fascino non esiste più, almeno inquesta parte di città. Molti spazi pub-blici sono scomparsi e, forse, è sparitaanche una certa concezione di spaziopubblico.

*Docente all’Università di Roma La Sapienza.

627 famiglie - vengono ricollocatealtrove perché le loro abitazioni sonostate demolite. Per consentire l’avviodelle operazioni di rinnovo, 1.584 abi-tanti proprietari -891 famiglie- hannonegoziato con l’amministrazione eottenuto in cambio del proprio appar-tamento o stanza-abitazione denaro oun nuovo alloggio. La ricerca di unaccordo rende la negoziazione più fles-sibile e abbassa il livello di conflittua-lità.Ma non sempre è possibile scegliere. Lapossibilità di negoziare le modalità dirialloggio dipende dallo statuto pro-prietario dell’abitazione, o porzione diabitazione occupata (considerando checirca il 60% della popolazione alloggiain una komunalka). Fino al 1990, inol-tre, la forma di usufrutto maggiormen-te sviluppata nel quartiere era il “con-tratto sociale”, una sorta di “equocanone” molto basso.Con l’avvio del processo di privatizza-zione alcuni residenti convertono l’af-fitto in proprietà. La legge sulla casastabilisce che una stanza in una komu-nalka o un appartamento collocato inun edificio suscettibile di demolizionenon possa essere privatizzato. Sta difatto che il patrimonio abitativo diOstozhenka è molto degradato e l’am-ministrazione aggiorna continuamentela lista degli edifici da demolire. I resi-denti di questi edifici non possonoquindi accedere alla proprietà a menoche non l’abbiano fatto prima che l’e-dificio fosse incluso nella lista. Così gliabitanti non proprietari hanno menopotere contrattuale e meno forza pernegoziare con soddisfazione il propriotrasferimento. Molti restano insoddi-sfatti della nuova condizione abitativa.Per concludere un bilancio: chi haguadagnato, chi ha perso, cosa è anda-to perduto nell’operazione Ostozhenka?Per gli investitori il bilancio è senz’al-tro positivo i prezzi delle abitazionicontinuano a crescere, il quartiere godedi un’ottima fama e non mancanofacoltosi acquirenti pronti a pagarecash i costi strabilianti di un alloggio“esclusivo”. Per il comune il bilancio èpositivo. Un intero quartiere degradatoè stato rimesso a nuovo, la questionedelle komunalke è in via di risoluzione,le casse del comune sono state gratifi-cate con gli ottimi affari promossi

La vicenda storicaL’insediamento più antico del quartiere èil convento Zachat’evsky intorno al qualesorgeva un anello di abitazioni. E per ren-dersi conto dell’atmosfera prettamenterurale che doveva caratterizzare il luogobasta varcare le mura del convento.Rispetto al vicino e aristocratico quartieredi Prechistenka, Ostozhenka si sviluppapiù lentamente. Nel 1883 viene realizzatala cattedrale del Cristo Salvatore, nellostesso periodo vengono costruiti i primistabilimenti industriali (tra cui un’indu-stria tessile) e a partire dai primi del ‘900cominciano a insediarsi ricchi commer-cianti che realizzano quegli edifici a 5-6piani in stile art nouveau che connotanol’asse centrale. Fino agli anni ’30 l’imma-gine del quartiere rimane immutata, con-notata perlopiù dalla presenza dei tipiciedifici a due-tre piani di fine ‘800. La fun-zione principale è residenziale anche severso il fiume sono comunque presentialcune industrie. Le attività artigianali ecommerciali si localizzano prevalente-mente lungo l’asse principale, che di fattodiventa la facciata urbana di quello chepotrebbe essere definito più un villaggioche un quartiere di una grande città. Nel1930 quattro delle sette chiese vengonodemolite, la stessa sorte riservata alla vici-na chiesa del Cristo Salvatore. Al posto diquest’ultima sarebbe dovuto sorgere ilpalazzo dei soviet. Una destinazione d’usotale che avrebbe dovuto coinvolgereanche il futuro di Ostozhenka sconvol-gendolo. Tuttavia, gli architetti sovieticidecisero di lasciare in un primo momentoil quartiere intatto con l’idea di mettere apunto una operazione più complessivauna volta realizzato il palazzo. Tra le operepreviste una grande arteria che avrebbedovuto tagliare in due il quartiere, e cheavrebbe comportato la demolizione diparte delle abitazioni. Con la secondaguerra mondiale il progetto perde prioritàe nel 1950 viene definitivamente abban-donato. Una volta tramontata l’idea direalizzare il palazzo dei soviet, l’area perdel’interesse dei pianificatori. Il patrimonioedilizio resta senza manutenzione e neglianni ‘60-’70 si avviano le prime operazio-ni di demolizione. Molti lotti vuoti sialternano agli edifici degradati.

(F. F.)

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conserva il monopolio del mercatoimmobiliare, un’eredità acquisita dalpassato sovietico.La seconda strategia è legata alla dina-mica di gentrificazione urbana. L’idea èche lo sviluppo urbano orientato afavorire il capitale privato permetta dirivitalizzare i quartieri operai localiz-zati nel centro storico che hanno subi-to processi di invecchiamento e didegrado. A questi quartieri si riconosceil solo vantaggio di essere collocati inuna zona centrale. Di fatto questi costituiscono già oggidei recinti intorno ai quali si sono svi-luppati interventi di pregio riservati auna domanda di élite oppure quartieridi uffici. In definitiva la strategiapotrebbe essere così sintetizzata:meglio disporre di recinti “ricchi” chedi recinti “poveri”.

Nel caso della trasformazione diOstozhenka, quali sono gli aspetti checolpiscono maggiormente?Il cambiamento radicale della filosofiaalla base del progetto urbano, del restoun fenomeno diffuso in Russia; unacerta ostilità che si percepisce, malgra-do le intenzioni di realizzare un quar-tiere qualificato, tranquillo, rispettabi-le; la completa estraneità della popola-

orientano il prodotto verso un segmen-to di mercato alto, rimettendo in dis-cussione i principi di mixité sociale, diaccessibilità.Oggi Ostozhenka è uno dei luoghi piùcari di Mosca: il prezzo a metro quadrosupera i diecimila dollari. L’ambienteurbano è stato stravolto, lo spazio pub-blico è stato in qualche modo privatiz-zato e viene sorvegliato, per “motivi disicurezza”, da cineprese. Socialmenteomogeneo, il quartiere è ormai diven-tato un corpo estraneo che rispondepiù alla logica della decostruzione chea quella del rinnovamento. Un esempioarchitettonicamente valido ma depri-mente dal punto di vista sociale.

Quali sono le strategie perseguite dalComune nelle trasformazioni analoghea Ostozhenka?In primo luogo si tratta di una strate-gia che risponde al modello “città-impresa” che investe risorse pubblichenelle trasformazioni immobiliari con loscopo di trarre benefici da trasferirenelle casse comunali. E’ evidente che parte del profitto fini-sce per arricchire anche chi ha accom-pagnato il processo nel suo svolgimen-to dal punto di vista burocratico. Unapratica diffusa anche perché il Comune

Tre domande a OlgaVendina*

di Fabiola Fratini

Ostozhenka costituisce un modello ditrasformazione urbana o, invece, è uncaso isolato?Nel corso degli anni ’90 Ostozhenkaera considerato come un buon modellodi approccio urbanistico post-sovietico,intelligente ed equilibrato, un riferi-mento per gli altri interventi in corsoin diversi quartieri del centro città. Il gruppo di architetti guidato daAlexander Skokan e sostenuto dalConsiglio dei Ministri responsabile delprogetto parte da un presupposto: iltessuto del quartiere rappresenta unvalore in sé, un “monumento storico” edeve essere in qualche modo preserva-to insieme ai suoi abitanti. E se è impossibile salvaguardare moltidegli edifici degradati è necessario pre-servare in ogni caso lo spirito dei luo-ghi, i principi del suo funzionamento,la mixité, la scala, il carattere a misurad’uomo che contraddistingue il quar-tiere. Tuttavia, osservando le trasformazioniavvenute, nel 2006, ci si accorge diun’astuzia che non era evidente all’ini-zio del processo. L’approccio annuncia-to ha semplicemente legittimato lademolizione totale del quartiere con ilpretesto di preservare lo spirito deiluoghi. Un secondo aspetto che ha giocato unruolo importante nell’evoluzione delprogetto è la crisi finanziaria del 1998.Mentre i redditi medi perdono valored’acquisto, il mercato immobiliare sub-isce una battuta d’arresto, il segmentodelle residenze di lusso continua a cre-scere e a produrre plus-valore. In que-sto quadro Ostozhenka, così vicino alCremlino, diventa una preda ambitaper i grandi investitori. L’idea di preservare il genius loci, l’ap-proccio umanistico cede il passo allaforza di una “macchina urbana” orien-tata verso la pratica del “makingmoney”. I nuovi attori accettano alcuniprincipi posti alla base del progettocome la scala, la dimensione, la morfo-logia urbana, la conservazione dellefacciate degli edifici vincolati ma

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in realtà una debolezza. L’alta percen-tuale di lavoratori impegnati in servizie attività non industriali era in preva-lenza occupata in attività governative,poli universitari e accademici, renden-do il gap qualitativo con le città capi-tali nel resto del mondo ancora mag-giore.Mentre Mosca è alle prese con i primipassi nella transizione post-sovietica, ametà degli anni novanta, il mondoaccademico occidentale si concentrasulla Progressive City, sulle nuoveforme di partecipazione, sul rinnovatoruolo dei sindaci e su interventi e poli-tiche per il rilancio economico dellecittà. Ne emerge l’immagine idealedella “entrepreneurial city”, dinamica eflessibile, in cui il sindaco ha unimportante ruolo strategico, ma non inmano ad un mercato selvaggio.Inizialmente Mosca appare in linea:dinamica, in crescita e con grande

dell’Europa dell’Est che, nei rispettivimercati chiusi e regolati, avevano unruolo di supremazia, solo le capitalisono riuscite ad integrarsi nella reteeuropea di città ed attrarre investimen-ti. Fra queste, hanno avuto la meglioquelle con una posizione ed unadimensione (e quindi massa critica)favorevoli. Nella retorica politica, diventare unacittà globale e competitiva rappresentaancora un obiettivo primario. Mosca,se non una “acting global city” (Scholz2000), luogo di decisioni e attività rile-vanti a scala mondiale, è sicuramenteesposta all’influenza globale. Mantieneun vantaggio strutturale considerevolerispetto alle altre città russe, grazie aglistessi fattori che invece creano unostacolo nella competizione e nellagerarchia urbana europea. Guardandoper esempio il mercato del lavoro, conun apparente forte terziario, si scopre

zione autoctona rispetto al nuovoambiente di vita costruito; il caso comeprincipio di composizione urbana. Soloil caso ha permesso di mettere insiemeedifici ispirati a stili così diversi, rea-lizzati con materiali diversi, nel cuoredi Mosca.

*Accademia Russa delle Scienze, Istituto di Geografia.

In rassegna: le nuoveineguaglianzeNatasa Avljias*

Mosca -una delle capitali più grandidel mondo, con10 milioni di abitanti,oltre 11 con l’area di influenza, il siste-ma urbano monocentrico più granded’Europa (Hall 1996)- è oggetto discarsa letteratura, monografie o artico-li. Ripercorrendo la letteratura scienti-fica recente si può però ricostruire unasequenza significativa di temi e proble-mi.Modellata come vetrina dell’idealesovietico, Mosca si è successivamentetrasformata sotto una pianificazionerigida e controllata, che ha impostoalla città grandi complessi monumen-tali, un riassetto “senza classi sociali”del sistema abitativo, ma anche com-plessi industriali che dovevano dareforza economica alla città. Mosca rap-presentava, infatti, uno dei più grandicentri manifatturieri (oltre il 30% dellabase economica urbana) dell’Unione.I cittadini avevano per Costituzionediritto ad una casa a basso costo, pro-prietà dello stato con affitti rimastiinvariati dal 1928. Questo ha portatoad una mancanza cronica di abitazionie al sovraffollamento, che si è tentatodi risolvere con la coabitazione forzatao con la realizzazione frettolosa di unpatrimonio immobiliare, che risulta orafatiscente dopo soli 40 anni. A Moscain particolare, il 90% delle abitazioniera di proprietà statale, superiore allapur elevata media del 79% nelle areeurbane, e del 67% in tutta la Russia(Daniell, Struyk 1997).Con la caduta del regime, Mosca haperso almeno inizialmente il suo ruolodi centro decisionale politico, e havisto ridimensionarsi la sua area diinfluenza. Delle numerose città

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Mosca si presenta basata su due pila-stri: la “ricostruzione” del centro e lacostruzione di nuove abitazioni(Gdaniec 1997), con particolare riferi-mento all’area di Ostozhenka, che pre-senta sia edifici di pregio architettoni-co da preservare, che una complessaproblematica abitativa da risolvere. Sievidenziano già allora i problemi legatialla mancata sovranità del piano urba-nistico, descrittivo ma non prescrittivo,con qualche nota polemica contro ilsindaco, ed emerge il pericolo di unfenomeno di gentrification. Ma non cisi avvicina neanche lontanamente alquadro disastroso che si delineerà inseguito. Lo scostamento dalle previsioni inizialiè enorme (Badyina e Golubchikov,2005): per ampie porzioni del patrimo-nio edilizio esistente l’abbattimento ela sostituzione prevalgono sul recupe-ro, e i nuovi immobili hanno caratteri-stiche e densità molto differenti. Sononumerose le irregolarità, al limite dellalegalità, nell’assegnazione dei permessidi costruzione, e a questi si uniscono igià previsti fenomeni di gentrificatione sostituzione della popolazione. L’immagine di Mosca che risulta èsimile a quella di rotocalchi e settima-nali: nuovi ricchi, lusso e shopping anon finire, a pochi metri da casesovraffollate, fatiscenti e senza riscal-damento. Immagini di ordinaria dis-uguaglianza dal nuovo mondo dellemetropoli.

*Dottoranda al dipartimento di Studi Urbanidell’Università Roma Tre.

Alden J., Beigulenko Y., Crow S. (1998) “Moscow:Planning for a world capital city towards 2000”,Cities ,15, 5, pp. 361-374.Badyina A., Golubchikov O. (2005) “Gentrification inCentral Moscow. A Market Process or a DeliberatePolicy? Money, Power and People in HousingRegeneration in Ostozhenka”, Geografiska Annaler87, 2.Daniell J., Struyk R. (1997) “The evolving housingmarket in Moscow: indicators of housing reform”,Urban Studies 34, 235-254.Gdaniec C. (1997) “Reconstruction in Moscow’sHistoric Center: conservation, planning, and financestrategies. The example of the Ostozhenka district”,GeoJournal, 42, 4, pp. 377-384.Hall P. (1996) The World Cities, World UniversityLibrary, Weidenfeld and Nicolson, LondonScholz F. (2000) “Perspektiven des Sudens im Zeitalterder Global sierung”, Geographische Zeitschrift, 1, pp1-20.

capacità di attrarre capitali, il ruolo delsuo sindaco in evoluzione. Dalla caduta del comunismo, le tra-sformazioni urbane non sono peròstate indolori. Con la nuova costituzio-ne della Federazione Russa nel 1993,cambia il quadro legislativo per la pia-nificazione, in termini di competenze,leggi sulla proprietà dei suoli, estensio-ne e confini dell’area urbana. Sarannoproprio le leggi sulla proprietà deisuoli ad influenzare maggiormente icambiamenti della città, limitando e“deformando” lo sviluppo del mercatoimmobiliare. La legge distingue la pro-prietà del suolo dai diritti di uso edalla proprietà degli immobili. E men-tre nelle città dell’Europa dell’Est siavvia un’effettiva privatizzazione, e inalcuni casi restituzione degli immobiliai precedenti proprietari, i diritti diproprietà a Mosca restano un ibrido. Ilcambiamento nel regime di proprietàdegli alloggi è comunque drammatico,con un passaggio da proprietà pubblicaa privata che va dal 9,3% al 49,1%,nel periodo dal 1990 al 1994. La limi-tazione della mobilità dei residenti èstata abolita nel resto del paese, ma èrimasta controllata a Mosca, e anchequesto ha costituito un parziale frenoalla trasformazione. Anche nelle politi-che abitative e nelle politiche urbane ilcambiamento è evidente, e dall’espan-sione e nuova costruzione dell’epoca diKhrushchev e Breznev, già negli anninovanta l’enfasi passa alla rigenerazio-ne urbana. In realtà, si tratta più spes-so di manutenzione straordinaria degliedifici, lasciando intatto il degradodelle aree circostanti, limitando cosìl’impatto su scala urbana degli inter-venti.Oggi, nonostante la crisi economica del1998, la città sembra godere di buonasalute, con l’accentramento delle atti-vità finanziarie, il florido mercatoimmobiliare e l’enorme massa di inve-stimenti esteri (il 37% sul totale nazio-nale nel 2000). Le buone intenzioni deiprimi nuovi piani sono però state spes-so disattese, e il mercato immobiliare,oltre che florido, è a tratti selvaggio. L’infelice cambiamento di paradigma siregistra facilmente anche nella lettera-tura sulla città, con toni e prospettiveproposte che tendono ad incupirsi.Inizialmente la politica urbana di

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Progetto Conspace.Esperienze per la nuovapianificazione del Venetoa cura di Franco Albertie Luca Lodatti

“È con questa esperienza, unitamentealle altre già effettuate e alle prossimeche verranno, che la Regione Venetointende dare il proprio contributo per lacostruzione di un’Europa delle Regioniche assuma come elemento fondanteuna comune visione strategica su temiche abbisognano di una risposta comu-ne, come la gestione e promozione delpatrimonio storico e naturale, lo svilup-po territoriale, il policentrismo e lamobilità”.

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D. Quali sono i canali di finanziamentoutilizzati per supportare questo tipo diiniziativa e implementarla?R. Al momento ci sono solo alcuni casiregionali, basati sui fondi della pro-grammazione per lo sviluppo rurale.Ma proprio in questi mesi di lavoro, daparte delle Regioni, per la rielaborazio-ne del rispettivo Programma alla lucedel nuovo Regolamento sullo SviluppoRurale, si può riscontrare un impegnocomune a considerare tra le misureanche l’agricoltura sociale, in linea conla riforma della PAC che, peraltro,impone all’agricoltura una riconversio-ne delle proprie finalità, anche in dire-zione dell’integrazione sociale. La PACimpone l’integrazione tra settori diversie, in quest’ottica, il settore sanitario ele politiche di welfare dovranno intera-gire con le politiche di sviluppo rurale.

D. A chi è affidata la gestione di una“fattoria sociale”?R. Ci possono essere diverse tipologiedi gestione. In Italia la gran parte delleesperienze di agricoltura sociale ègestita da cooperative o associazioniOnlus: in pratica, attraverso l’acquisi-zione o l’affitto di terreni di proprietàpubblica, si dà vita ad aziende agricolecondotte in forma associativa. Più articolato è il panorama europeo,ad esempio in Olanda numerosi sono icasi di singoli agricoltori che, attuandoun processo di diversificazione delleproprie attività aziendali (agricoltura,agriturismo, attività didattica, ecc.),stabiliscono un rapporto di collabora-zione con associazioni sanitarie, comu-ni o altri enti pubblici, finalizzato

Le fattorie sociali, un nuovo strumento di welfarenel paesaggio extraurbanoBiancamaria Rizzo*

sociale risalgono alla seconda metàdegli anni ’70, sull’onda di due movi-menti: quello che si batteva per lalegge sull’occupazione giovanile inagricoltura e quello a favore dellalegge Basaglia con l’obiettivo di chiu-dere i manicomi, individuando solu-zioni alternative per l’accoglimentodelle persone con problemi di disagiomentale. Questi due movimenti, con-fluendo, hanno portato alle primeesperienze di agricoltura sociale anchese negli anni ’80 c’è stata una battutad’arresto nelle sperimentazioni in que-sto campo. In questo quadro si inseri-sce la Rete delle Fattorie Sociali, chenasce nel 2005 dal processo di aggre-gazione di alcune esperienze di agri-coltura sociale presenti nel Lazio etende ad estendersi, come rete, sulpiano nazionale, collegandosi ad altreesperienze esistenti in numerose realtàregionali.

D. In che modo viene attuata la colla-borazione tra imprese agricole, istitu-zioni pubbliche e soggetti del “terzosettore”?R. Questi rapporti vengono stabiliti divolta in volta, a seconda delle sensibi-lità che si incontrano all’interno delleistituzioni locali. Non esiste alcunanormativa sul piano nazionale o regio-nale, ma esistono sperimentazioni fattenell’ambito dell’attuale programmazio-ne per lo sviluppo rurale 2000/2006 inToscana e nel Veneto. In nessuna altraregione esistono norme o incentivi allacollaborazione tra aziende agricole eistituzioni socio-sanitarie o socio/assi-stenziali.

Intervista ad Alfonso Pascale,Presidente della Rete delle FattorieSociali.Negli ultimi anni il paesaggio extraur-bano si è progressivamente arricchitodi nuove funzioni più o meno comple-mentari a quella agricola; tra esse èpossibile individuare un interessantecontributo alle politiche urbane di wel-fare, perseguito con l’introduzionedelle cosiddette Fattorie Sociali. Sitratta di aziende che, a quella agricola,uniscono funzioni didattico/educative,socio/assistenziali, terapeutico/sanitariee formativo/occupazionali a vantaggiodi soggetti deboli quali portatori dihandicap, persone soggette a disagimentali, tossicodipendenti, detenuti,anziani, adolescenti e bambini. Comedimostrano le esperienze finora com-piute, attraverso l’utilizzazione preva-lente di attrezzature o risorse aziendalinormalmente impiegate nell’attivitàagricola, viene avviata una collabora-zione tra imprese agricole, soggetti del“terzo settore” e istituzioni pubbliche,per migliorare la qualità della vita el’integrazione sociale dei soggettisvantaggiati e riqualificare, allo stessotempo, aree difficili (agricole urbane eperturbane, territori collinari e mon-tuosi, centri isolati).

D. Quando nasce la “Rete delle FattorieSociali” e quali sono gli obiettivi prio-ritari e le caratteristiche di questaassociazione?R. Bisogna premettere che l’agricolturasociale affonda le proprie radici in unperiodo precedente al nostro. In Italiale prime esperienze di agricoltura

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anche le aree urbane e periurbane. Ciòsignifica che, per la prima volta, leRegioni dovranno prevedere misure einterventi specifici (superando dunquela logica della semplice rendita edilizia)anche per le aree agricole incluse incontesti urbani e/o metropolitani.

D. Quali sono, attualmente, i limitimaggiori di questa esperienza?R. I limiti maggiori sono senz’altro dicarattere culturale e hanno prodottonon poche resistenze nei confronti delnuovo approccio che si cerca di solle-citare nella gestione delle politichepubbliche. Gli stessi Programmi Leader(iniziativa comunitaria per le areerurali) comprendono come parametrodi riferimento per la territorializzazionedegli interventi la “bassa densità abita-tiva”, cosa che porta automaticamentead escludere le aree urbane e perturba-ne. C’è da dire che il concetto di “ruralità”viene ormai sempre più spesso legatoal concetto di “integrazione”. Agli agri-coltori si richiede una sempre maggiorecapacità di orientarsi e confrontarsicon una politica agricola che non lisostiene più semplicemente in base alloro status, ma richiede loro anche ilperseguimento di benefici effettivi neiconfronti della collettività (integrazio-ne sociale, trattamento terapeutico, …).Si profila sempre più un tipo di agri-coltura che potremmo definire “di ser-vizio”, la cui componente produttiva,pur basilare, non è più preponderante epossibilmente viene finalizzata, perl’appunto, all’erogazione di nuovi ser-vizi.

*Dottore di ricerca Università Roma Tre.

all’erogazione di servizi di caratteresociale. In Italia, per ora, funzionano essenzial-mente le forme cooperative di caratteresociale e integrato: si tratta di struttureche offrono soprattutto inserimentolavorativo ai soggetti più deboli (dis-abili, tossicodipendenti, detenuti,anziani…), utilizzando la funzione tera-peutica e riabilitativa delle attivitàsvolte, che hanno come obiettivo finalela completa reintegrazione nella socie-tà. Si pensi, ad esempio, ai detenutiche già all’interno delle istituzioni car-cerarie possono svolgere attività dicarattere agricolo/sociale e soprattuttopossono predisporsi ad un’attività for-mativa finalizzata ad un futuro reinse-rimento nella società. Oppure si pensiai casi di tossicodipendenza: diversisono già, nel nostro Paese, casi dicomunità terapeutiche che, di fatto,svolgono funzioni di aziende agricole.

D. Ci sono casi in cui le FattorieSociali sono inserite in qualche modonegli strumenti di programmazione e/opianificazione (ad es. negli obiettivi diwelfare e/o nella normativa riferita allearee agricole)?R. Noi puntiamo essenzialmente aintrodurre, come elemento di novitànelle politiche pubbliche, una maggioreintegrazione tra strumenti di program-mazione e strumenti di pianificazione,per poter utilizzare terreni sia pubblici(come i demani) che privati, i qualiall’interno degli strumenti urbanistici(penso soprattutto alle aree urbane eperiurbane) non sono abbastanza sfrut-tati, in quanto considerati “aree diattesa” per la futura edificazione. Sequeste aree venissero inserite all’inter-no delle politiche di programmazionesi verrebbero, in qualche modo, a crea-re delle opportunità atte a farle diven-tare “competitive” rispetto ad altri usi.Un segnale positivo in tal senso si puòcogliere nell’attuale fase di predisposi-zione dei Piani di Sviluppo Rurale2007/2013: per la prima volta, anchesu indicazioni ben precise dellaComunità europea, il Piano strategiconazionale, predisposto dal Ministeroper le Politiche agricole, ha individuatoe ha indicato alle Regioni una sorta dizonizzazione, una territorializzazionedelle aree rurali che dovrà includere

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Il Piano UrbanisticoGenerale del Comune di Agerola, nella Regione Campaniadi Francesco Forte

Il percorso progettuale che haportato all'elaborazione del Pianoregolatore generale del Comunedi Agerola “fonda la disciplinad'uso del suolo su ‘criteri' dipiano, quali il paesaggio, il patri-monio culturale, il bisogno socia-le” e, di conseguenza, individua leoperazioni di conservazione otrasformazione urbanistica ededilizia ammissibili.

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nio della realizzazione della possibilerendita, rispetto all’investimento checrea lavoro e profitto, in altre parolevalore aggiunto.La rendita è creata dalle condizione dinon riproducibilità, nel presente, del-l’offerta rispetto alle dinamiche delladomanda, di un attesa speculativa diun valore crescente del capitale, indi-pendentemente dal reddito produttivoche se ne può trarre, della capacità dimonetizzare il trasferimento di valoredalla produzione di valore aggiuntoalla rendita di posizione. La rendita sirealizza, quindi, nel presente, ma trovale sue radici nelle scelte effettuate nelpassato, nei loro effetti sulle condizionidell’offerta e sulle aspettative sulle loromodifiche. Nello stesso tempo le sceltedi oggi proiettate nel futuro possonodeterminare, o meno, condizioni favo-revoli o sfavorevoli alla formazionedella rendita a medio termine. In altritermini, la realizzazione della renditaavviene nel presente, ma è frutto com-binato di scelte del passato e di aspet-tative sul futuro.Il prevalere di un’attenzione al presen-te unita ad una previsione di scarsacrescita economica nel futuro, induceun basso livello di rischio nell’investi-mento produttivo, sposta la liquidità,frutto dell’accumulazione prodottadallo sviluppo passato, verso la ricercadella realizzazione della rendita, attra-verso la monetizzazione dell’uso delterritorio e delle posizioni di controllodei flussi finanziari. E’ esperienza di questo ultimo periodola correlazione fra la stagnazione dellacrescita economica e il massimo livello

Lotta all’egemonia della renditaAlessandro Cavalieri*

re il presente come la premessa, lacostruzione di un futuro possibile,desiderato, pensato, voluto. Le sceltedell’oggi non sono viste come premes-sa della società di domani, ma comericerca dell’immediato che fa dileguareil passato e saturare la capacità diimmaginare l’avvenire.In questo clima del fare comunque,dell’azione immediata rispetto allacapacità di pensare il futuro, il rendi-mento politico, economico, finanziariodel presente prevale sulla proiezionenel futuro del piano, del programma,delle aspettative costruite intornoall’investimento nel medio e lungoperiodo. Il presente, per sua natura,ignora il passaggio intergenerazionale,uccide la proiezione futura della“visione” dell’imprenditore come delpolitico, crea l’illusione del superamen-to del tempo nella ricerca del benessereimmediato del singolo individuo, del-l’impresa, della comunità, del gruppodi interesse di appartenenza, di unasocietà intera, ai suoi diversi livelli,locali, regionali, nazionali.

La rendita come realizzazionedell’utilità del presente, frutto delpassato

In una società dove il presente dominasul progetto del futuro, tende a preva-lere la ricerca del vantaggio economicoimmediato attraverso un atteggiamentosostanzialmente speculativo delloscambio economico, che prevale sullacreazione di ricchezza reale.L’indicatore più efficace del prevaleredell’immediato e del presente rispettoall’immaginazione del futuro è il domi-

“Il mondo sarà sempre governato dal-l’interesse personale: Non dovremmotentare di fermarlo, ma solo cercare difare coincidere un poco di più l’interes-se personale degli uomini volgari conquello collettivo degli uomini onesti”.Samuel Butler, Erewhon (nowhere),1871

In un recente articolo l’antropologoMarc Augé ha affermato come sia sem-pre più invadente quella che ha defini-to come “la dittatura dell’incerto pre-sente”. In sostanza si fa sempre piùdominante un’ideologia del presente,del concreto, del contingente, del pre-sto e subito come valore in sé, chesupera il rapporto con il passato, ilpensare l’oggi come il prodotto dellastoria. Nel mentre si rendono obsolete lelezioni del passato, nel mito del pre-sente come modernizzazione e del pas-sato come conservazione, l’egemoniadell’oggi trasforma in utopia il deside-rio di immaginare il futuro, vedendonesolo il carattere ideale, come se questosi ponesse in opposizione rispetto allapresunta concretezza della realtà, o,meglio, della sua rappresentazione. La dimensione del presente divieneallora vincente, vive come liberazioneil distacco dalla prigionia del passato,diviene necessità di rottura rispetto allescelte effettuate dalla stessa società inun altro tempo, si afferma come ilvalore della decisione e della sceltadell’oggi, come un’occasione da coglie-re senza valutarne gli effetti di lungoperiodo.Questa lettura non permette di utilizza-

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vazione dell’economia e dello sviluppolocale, attraverso un insieme di attivitàconnesse. Se questo può apparire veronel breve periodo, in realtà il meccani-smo di realizzazione della renditaprende risorse dal risparmio, dal reddi-to disponibile, dalla finanza pubblica,restituendone solo una minima parte. Illivello più pericoloso per l’equilibriofuturo è quando sulle aspettative diquesto meccanismo si determinanoscelte pubbliche e private, anche fami-liari, in termini di indebitamento, ces-sione di sovranità, alienazione di vin-coli sul territorio, cedimenti sul frontedella sostenibilità ambientale. Dato il carattere tipicamente oscillatoriodelle bolle finanziarie e immobiliaridella rendita, basare progressivamentesu di esse gli equilibri finanziari di ope-ratori privati, ma anche di livelli istitu-zionali pubblici a scala locale, produceuna riduzione di risorse in una prospet-tiva di medio periodo, legando pericolo-samente gli equilibri di breve alla rea-lizzazione della rendita stessa, nel men-tre ci si propone di combatterla.L’utopia di liberare l’uso del territoriodai meccanismi della rendita si fa sem-pre più difficile quando viene menol’immaginazione di uno sviluppoproiettato nel futuro. Da qui, oggi, inquesta situazione, la necessità di unincontro sostanziale fra governo delterritorio e programmazione dello svi-luppo, anche per uscire dalla schiavitùdelle risorse distribuite dalla renditanel presente a danno di quelle disponi-bili per un progetto di sviluppo nelfuturo.

Capacità di progettare il futuro,innovazione e creatività

L’incertezza determina una minore pro-pensione all’investimento di rischionon solo del sistema economico, maanche di quello sociale. Abbassa, quin-di, il livello di innovazione che il siste-ma riesce a esprimere, tende a privile-giare logiche di conservazione o direalizzazione nel presente di vantaggiimmediati a basso rischio. Il ruolo delpiano in queste situazioni è quello diriuscire a riportare una sufficientefiducia che il futuro posso basarsi suradici che si contribuisce a determinareoggi. Il piano, quindi, come costruzio-

incontrano la programmazione degliattori e delle risorse rivolte allo svilup-po, si viene a creare il circolo virtuosofra governo del territorio e investimen-to produttivo. Al contrario quando la scelta territo-riale o quella programmatica strategicarimangono sconnesse, sono frutto dilivelli e percorsi decisionali separati,non si confrontano nelle rispettive ereciproche fattibilità, sono il frutto diparti separate della società, la conver-genza verso la formazione e la realiz-zazione della rendita nel presentediviene vincente, inarrestabile, inne-stando un circolo vizioso rispetto alleprospettive dello sviluppo. Su di esso tende a convergere, per unamolteplicità di motivo, il livello ammi-nistrativo, quello imprenditoriale,finanziario, fino a interessare quellopolitico e sociale, per investire le sceltedelle comunità, delle famiglie e deisingoli, che trovano e giustificano nelpresente le ragioni dei propri compor-tamenti.In queste condizioni spetta all’incontrofra il piano territoriale e la program-mazione strategica un compito storico:rompere l’equilibrio del presente basatosulla rendita, finanziaria, immobiliare emobiliare, riuscire a produrre una“visione” del futuro basata sulla capa-cità di immaginare uno sviluppoproiettato oltre le convenienze dell’og-gi. Ritrovare l’unità del piano fra i duelivelli del governo del territorio e dellescelte strategiche dello sviluppo, legan-doli entrambi alla programmazionesettoriale, è condizione necessaria,anche se non sufficiente.

Governo del territorio e risorse perlo sviluppo

In una fase dello sviluppo di dominiodel presente rispetto al futuro, di pre-valenza della rendita rispetto al lavoroe al profitto, di maggiore peso dell’im-prenditoria finanziaria rispetto a quellareale, le risorse tendono a indirizzarsiverso il rafforzamento del circolovizioso, in quanto esso appare quellopiù remunerativo nel breve periodo. Il meccanismo descritto dà l’illusionedi creare risorse in grado di essere dis-tribuite in uno spazio apparentementepiù ampio, di essere elemento di atti-

raggiunto dalla rendita di posizionefinanziaria e immobiliare, insieme allacrescita dei profitti delle aziende diintermediazione creditizia e mobiliare.Le rendite di posizioni si allargano atendono a premiare ceti e gruppi socia-li collocati nelle aree grigie dell’inter-mediazione politica, finanziaria, socia-le, producendo un effetto di “piazza-mento” rispetto all’area della produzio-ne di ricchezza reale, attraverso lacreazione di valore aggiunto.

Il valore del piano di fronteall’incertezza per il futuro

Un dato certo delle leggi economiche èil maggiore valore dato al presenterispetto al futuro: maggiore è l’incer-tezza, tanto di più siamo disposti avalutare il presente, investendo nellarealizzazione della rendita maturata laliquidità disponibile, nell’illusione dellasicurezza di questa scelta rispettoall’investimento produttivo basato sulleaspettative di crescita economica futu-ra, le sole in grado di remunerare l’in-vestimento fatto. L’assenza di un pro-getto sociale di sviluppo nel medio elungo periodo favorisce la valorizza-zione del presente, privilegia l’imme-diato rispetto al programma, gioca sul-l’incertezza, sulla precarietà, sulla diffi-coltà di pensare il futuro.Il piano assume in sé la valenza diridurre il margine di incertezza e diindividuare traiettorie condivise di unasocietà per il futuro, specialmentequando riesce a incidere sulle destina-zioni delle risorse scarsamente rinno-vabili nel breve periodo, quali sono inprimo luogo il territorio e il capitaleumano. Quando il piano riesce a perse-guire questo obiettivo, ad essere l’e-spressione di un momento alto di pro-getto sociale, contribuisce a spostarepotenziali risorse dalla rendita allacreazione di valore aggiunto, a indiriz-zare l’investimento dalla ricerca dellarealizzazione del massimo rendimentospeculativo alla scommessa sullo svi-luppo futuro.

Il difficile incontro fra pianoterritoriale e programma di sviluppo

Nella misura in cui le scelte territorialidi sostenibilità nel medio periodo

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Structural Planning, lasciando allacreatività dei politici, aiutati da valentiprogrammatori, la scelta del nome.Questo è lo spazio delle scelte digoverno di legislatura, intorno al qualesi indirizzano e si raccolgono le tante ediverse forze che sono in grado di por-tare avanti il processo di sviluppo,entro la dimensione dei “valori” chequella comunità ha scelto come dimen-sione alta, etica, della politica.Su questa idea di convergenza fra stru-menti della pianificazione territoriale edella programmazione dello sviluppo èin corso in Toscana un interessanteconfronto, che sta trovando un vero eproprio terreno applicativo nella defi-nizione e approvazione del nuovoProgramma regionale di sviluppo (Prs)2006-2010 e nella messa a punto delPiano di indirizzo territoriale (Pit),sulla base di due leggi distinte, mapiena di reciproche relazioni e riferi-menti, premessa di possibili sviluppifuturi, nella direzione richiamata inqueste brevi note.

*Coordinatore Area Programmazione Regione Toscana.

ne di elementi di stabilità sui qualiinnestare i meccanismi del cambia-mento. Innovazione e creatività si svi-luppano laddove vi sono solide radicisui “fondamentali” della vita di unasocietà come degli individui. Il pianodiviene così la condivisione delle radicicomuni nelle scelte di fondo dello svi-luppo che una comunità riesce a darsie a crederci.La principale scelta di fondo è comeutilizzare, dove indirizzare le risorseendogene di una comunità, di un terri-torio: è questo il terreno dove la piani-ficazione territoriale e la programma-zione strutturale dello sviluppo devonoincontrarsi per potere dare fiducia allescelte di medio periodo. Scelte cherichiedono sempre un minimo diUtopia, di riferimento ad un mondoideale, apparentemente inesistente,appunto il nowhere di Butler citatoall’inizio di questa nota, intorno alquale creare le motivazioni più profon-de del piano e del programma. Su que-sta trama è poi possibile raccogliere ilcontributo di tutti i soggetti, pubblici eprivati, intorno ai progetti, intesi comeil raccordo operativo fra l’utopia delpiano e la fattibilità dell’azione nelreale.

Verso un unico strumento dipianificazione territoriale eprogrammazione strategica?

Se questo è vero, perché allora nonpensare in un prossimo futuro nontroppo lontano a due soli momentidella pianificazione strategica. Il primoè quello delle scelte statutarie sullerisorse endogene, in primo luogo il ter-ritorio nel sua lettura ampia di luogodelle risorse di una comunità: “i valo-ri”, che assumono una dimensioneatemporale, di natura costituiva di unasocietà che fa dello sviluppo sostenibi-le il proprio asse portante. Il secondo è quello delle scelte pro-grammatiche di medio periodo: “lestrategie”, dove l’incontro fra il Pianodi indirizzo territoriale nella sua partestrategica e il Programma regionale disviluppo nella sua parte programmati-ca di riferimento progettuale, arrivaalla fusione in un unico strumento dipianificazione e programmazione, la“vecchia”, ma mai applicata in Italia,

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TEMI DELLE SEZIONI PRINCIPALI

EditorialeL’immagine dell’urbanistica (P. Avarello).

Sezione Problemi, politiche, ricercheNuovi scenari infrastrutturali e di trasporto nel Mediterra-neo (a cura di N. Savarese). Interventi di M. Carta e G.P.Basol.L’Europa per le città, interventi di E. Manti e M. Cossu

Sezione Progetti e realizzazioniIl Piano strutturale di Siena, ovvero l’innovazione prudente(a cura di A. Filpa e M. Talia).Interventi di F. Valacchi, A.Corazza, V. Lingua, C. S. Giordano, R. Valentini, G. Comac-chio, P.Loglisci, A. Mugna, A. Col occhi, C. Greppi, P. Jervis, R.Pin. P. Romano, A. Tortorelli, C. Blasi, V. De Dominicis, L.Michetti, R. Copiz, C. Centi, A. Cauteruccio, W. Gasparri, G.Nigro.Indirizzi per le trasformazioni del territorio sammarinese(B.Rizzo, A. L. Palazzo, V. Fabietti).

Sezione Profili e praticheCultura e identità nelle strategie di una città di mediedimensioni (M. Besio, D. Virgilio). L’agenda strategica deisistemi locali tra piani provinciali e programmazione regio-nale (U.Baldini). Trasformazioni dell’istituto del piano rego-latore ed evoluzione della disciplina urbanistica - Parte II (C.Mazzoleni).

Sezione Metodi e strumentiTerritori contemporanei: metodi e strumenti per una lettu-ra complessa (M. Sepe).

Sezione Libri ricevuti

N. 129 (gennaio – aprile 2006) - Pagine 128, illustrazioni b/n ecolori, € 27 - Rivista quadrimestrale dell’Istituto Nazionale diUrbanistica

PER INFORMAZIONI:INU EDIZIONI, PIAZZA FARNESE 44 – 00186 ROMATEL. 06/68195562, FAX 06/68214773URBANISTICA 129 Editoriale - [email protected] www.inu.it

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residenti “ospiti”. La presenza di questiultimi ci consente di porre l’attenzionesui cambiamenti in continuo divenire edel ruolo della città di Pisa che apparesempre più un luogo di lavoro e difruizione di servizi oltre che un ambitourbano in cui risiedere.La pressione esercitata sul mercatodelle abitazioni e delle locazioni dacrescenti flussi di popolazione che incittà vengono ma non risiedono stabil-mente, sono una delle principali causedell’andamento delle quotazioni immo-biliari che, nelle aree centrali, ha rag-giunto valori maggiori rispetto allemedie nazionali e tali da comportareun mutamento radicale che induce lapopolazione residente, sempre più, aduscire dalla città per dirigersi verso icentri minori e la campagna, destinan-do la casa di città alla locazione. Èpossibile rilevare che l’andamentodemografico dagli anni ’60 del XXsecolo ad oggi ha comportato unaumento costante della popolazione“residente” e della popolazione “ospite”di tipo pendolare, ospedaliera, turistica,universitaria, militare ed altro.Dall’inizio degli anni ’80 i residentisono andati costantemente in calomentre è aumentata in modo costantela presenza degli “ospiti” (fonte: datiCENSIS) molti dei quali ex studentiche dopo la laurea hanno trovato lavo-ro e residenza in città. L’aumento delladomanda di abitazioni da parte di set-tori disposti a sopportare costi maggio-ri perché ridotti nel tempo, ha compor-tato un andamento dei prezzi in cre-scente rialzo. Tra il 1995 e il 1996 ilmercato delle abitazioni era in una

Residenze Universitarie e periferieOlimpia Niglio*

Piazza dei Miracoli. Tutto ciò rilevauno stretto e continuo dialogo istituitoda tempo tra l’Università, le Istituzioniamministrative statali nonché locali,sia provinciali che comunali e gli orga-ni di tutela. Questo sta anche a sottoli-neare come una realtà urbana cosìdelineata implica una convivenza cheva valutata in tutta la sua complessità,essendo l’esatto contrario del modelloanglosassone di “campus universitario”in cui le regole sono determinante daaltri fattori che certamente non possia-mo ricercare né impiantare su unamatrice funzionale che trova le sueorigini dettate da molteplici esigenze.Si rileva che la progettazione del rap-porto tra Città ed Università si fondasulla capacità di saper integrare strut-ture accademiche e preesistenze, iltutto nel pieno rispetto della compati-bilità delle nuove funzioni sia rispettoal singolo manufatto edilizio che inriferimento alla struttura urbana.Infatti al tema istituzionale si associanecessariamente quello della residenzauniversitaria che va a sommarsi allealte richieste determinate dalla massic-cia presenza di insediamenti militari,dall’aeroporto civile e militare e dal-l’indotto prodotto dai poli ospedalieridi riconosciuto valore internazionale1.Dunque è facile intuire il quadro com-plessivo del contesto residenziale citta-dino che deve necessariamente tenerconto delle dinamiche dei vari settoridella popolazione che sono attrattiverso il capoluogo per svolgere attivitàche hanno carattere di provvisorietà,accanto a settori di residenti “stabili”che si interfacciano con i cosiddetti

La progettazione del rapporto traCittà ed Università si fonda sullacapacità di saper integrare struttureaccademiche e preesistenze, nelpieno rispetto della compatibilitàdelle nuove funzioni sia rispetto alsingolo manufatto edilizio che inriferimento alla struttura urbana

Pisa è una Città Universitaria che conle sue 11 facoltà, 56 dipartimenti, 81corsi di laurea di primo livello, 79corsi di laurea di secondo livello, 6corsi a ciclo unico e ben 16 bibliotecheaccoglie una popolazione studentescadi circa 49.500 unità (con un ordineannuale sempre in crescita) a cui siaggiungono ben 1900 docenti e 1700unità di personale tecnico-amministra-tivo, il tutto stabilendo un rapporto dicirca uno studente ogni due abitanti.La maggior parte dei queste strutture,sin dalle antiche origini dell’Ateneo(1343 con la Bolla di Papa ClementeVII “In Supremae Dignitatis”) si sonoconcentrate nei quartieri settentrionalidi quello che oggi definiamo essere ilcentro storico della città e solo a parti-re dagli anni ’70 del XX secolo gliinterventi realizzati dall’Universitàhanno individuato nuove aree diampliamento più esterne e ai marginidella perimetrazione storica, dovehanno trovato sede i nuovi poli acca-demici di Agraria, di Economica, diChimica e Farmacia nonché diMedicina in Cisanello con la dismissio-ne in corso di programmazione delcomplesso Santa Chiara, adiacente a

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Studentesca Praticelli e viene realizzatomediante un Project Financing, proce-dura prevista dall’art. 37bis della Legge109/94 presentato nel giugno 20013. Lastruttura presenta una superficie coper-ta di 8.970 mq e un volume totale di86.948 mc.Il nuovo complesso viene ad inserirsiall’interno di un’area periferica che apartire dagli anni ’70 del XX secolo èdivenuta zona di espansione residen-ziale sia per il Comune di San GiulianoTerme che di Pisa a cui poi si sonoaggiunte anche funzioni istituzionali(nuova sede degli uffici della Provinciadi Pisa, la nuova sede del Cnr di Pisa)e strutture per il terziario. La realizza-zione del nuovo complesso residenziale“Praticelli” (in corso di costruzione) ela sua strategica posizione territoriale aconfine tra i due comuni, ha comefinalità quello di decongestionare ilcentro storico di Pisa dalla crescenterichiesta abitativa studentesca e didestinare gli spazi alla residenza ordi-naria, di riqualificare i quartieri resi-denziali limitrofi con servizi agli utenti“diretti” e soprattutto dare un valoread un’area “cerniera” che fino ad oggiè stata sempre considerata marginale.La conformazione tipologica della resi-denza universitaria prevede un’areaedificata verso la città di Pisa e ungrande Parco Urbano (11.600 mq) versola zona residenziale del Comune di SanGiuliano Terme che ha come scopoquello di integrare da un punto di vistaterritoriale e paesaggistico il complessorispetto al contesto esistente, di realiz-zare spazi di relazione esterni fruibilidagli studenti e dai residenti, nonchédi dar vita ad aree di “connessione e diinteresse” tra i residenti del centro sto-rico, della nuova città e i residenti“ospiti”, il tutto al fine di ristabilirel’antico dialogo tra Città, Università,residenti “stabili” e popolazione stu-dentesca.Il nuovo complesso residenziale da unpunto di vista funzionale si caratteriz-za in sei corpi di fabbrica disposti a“pettine” collegati tra loro da strutturea “ponte” che permettono una comple-ta permeabilità. Molto interessanterisulta il blocco servizi in cui sui dueprimi livelli si attestano le funzionicollettive fruibili non solo dagli stu-denti ma anche dagli esterni: mensa,

aree geografiche e dall’estero. (fonte:elaborazione su dati del CNSVU:Comitato Nazionale per la Valutazionedel Sistema Universitario, riferiti al2003/2004)2.Da ciò si deduce che oltre alla pianifi-cazione e alla programmazione dellesedi accademiche è sempre più incom-bente il tema della ResidenzaUniversitaria sia per docenti che perstudenti, di cui una buona parte “ospi-ti”.In riferimento a ciò va considerata, inprima istanza l’offerta residenzialemessa a bando ogni anno dall’AziendaDiritto allo Studio Universitario di Pisache ad oggi dispone di 1.204 postiletto di cui n. 1.095 in centri residen-ziali studenteschi interni e nelle imme-diate vicinanze del centro storico e 109in appartamenti di proprietà o in loca-zione. A queste si aggiungono le dis-ponibilità residenziali di esclusiva per-tinenza delle due Scuole Superiori perun totale di oltre 300 posti letto. Ma il problema degli alloggi attual-mente viene principalmente assorbitodall’offerta privata e comprendiamocosì come il tema della residenza stu-dentesca al pari di quello delle sediistituzionali accademiche è in strettorapporto con la città e con i suoi abi-tanti.La politica residenziale universitaria èoggi al centro di importanti piani ditrasformazione del Comune di Pisa,come quello di recente attuato con ilrecupero dell’Ex Forest (industriamanifatturiera) in via del Giardino percirca 177 unità residenziali, per contodella Scuola Normale e della ScuolaSuperiore Sant’Anna.A questo ultimo si associa poi unpiano di sviluppo intercomunale moltointeressante che vede collaborare insie-me il Comune di S. Giuliano Terme e ilComune di Pisa, su committenzadell’Azienda Diritto allo StudioUniversitario di Pisa, per la realizzazio-ne di una nuova sede residenziale uni-versitaria, sull’immediato confine tra idue comuni, su un comparto di 31.500mq (interamente del Comune di SanGiuliano Terme) destinato ad accogliereun edificio per 814 posti letto, di cui260 camere doppie, 234 camere singolee 30 suites per docenti esterni. Il com-plesso è denominato Residenza

fase critica poiché il tasso d’inflazionein calo non era accompagnato da unequivalente ribasso dei tassi d’interes-se. Anche le quotazioni delle locazionirisultavano stabili a causa della diffi-coltà di vendita. Il rientro nei parame-tri di Maastricht ed il calo dell’inflazio-ne e dei tassi hanno consentito soltan-to a partire dal 2000 un forte aumentodella domanda e dei prezzi che in pocopiù di un anno sono cresciuti anchedel 20% (fonte: Osservatorio delMercato Immobiliare presso l’Agenziadel Territorio di Pisa). I rincari mag-giori erano da ricercarsi soprattuttonella tipologia dei cosiddetti “villini”: iresidenti si spostavano dalla città versosituazioni periferiche o in campagna inabitazioni con giardino e maggioriconfort lasciando le case in centro perpoterle affittare ad uso ufficio o a nonresidenti la cui domanda consentiva ditenere i valori delle locazioni alti e talida parificare i ratei di mutuo. I tragiciavvenimenti dell’11 settembre 2001hanno contribuito a distogliere unagran massa di risparmiatori dagli inve-stimenti finanziari, dirottati verso ilrifugio del “mattone”. Anche questo hadeterminato un’ulteriore impennatadelle quotazioni delle abitazioni por-tandoli all’attualità a valori che ormaisono praticamente il doppio di quellicorrelati al periodo precedente all’en-trata dell’euro secondo una prassiormai consolidata che porta ad unaparità tra le due valute. (fonte:Osservatorio del Mercato Immobiliarepresso l’Agenzia del Territorio di Pisa).Di questa situazione ne hanno pagatole conseguenze soprattutto gli studentifuori-sede che rappresentano una con-sistente fetta della cittadinanza “ospi-te” a Pisa. Nel sistema universitariotoscano, l’ateneo pisano infatti ha untasso di popolazione universitariaextraregionale attestata intorno al 30%del totale degli iscritti. Confrontandoquesto dato con quello dell’Universitàdi Firenze (popolazione extra regionalepari al 23% del totale) emerge che ilsistema universitario pisano ha untasso di extraregionalità maggiore.Anche la presenza della ScuolaNormale Superiore e della ScuolaSuperiore Sant’Anna, entrambe adordinamento speciale, contribuisce cer-tamente ad attrarre studenti da diverse

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sale musica, biblioteca, sale studio,palestra, internet-caffè, auditorium,palestra, sportello bancario e postale.Tale blocco è poi caratterizzato da unampia vetrata rivolta verso il ParcoUrbano che insieme alle funzioni cheaccoglie testimonia chiaramente laforte volontà di far interagire la nuovaresidenza universitaria con il contestourbano circostante.Da questa esperienza in atto deducia-mo che risolvere i problemi derivantidalla presenza di una popolazione“ospite” ci consente di assumerecoscienza del fatto che Pisa ha un fortepotenziale attrattivo che rappresentauna “chances” produttiva enorme, nonsolo economica ma anche sociale eculturale. Non coordinare gli interventiin materia di politica residenziale tra levarie componenti pubbliche e private,anche se difficile, può consegnare lacittà ad uno scenario già ipotizzato nel1978 durante i lavori della Carta delRestauro di Machu Picchu,4 ossia diuna periferia metropolitana compostada ex residenti cittadini in grado dispostarsi in automobile, ed un centrostorico ad alto tasso di immigrazioneda aree geografiche lontane con unapopolazione che avrà la capacitàfinanziaria ma non quella culturale perpoter gestire un patrimonio storico cosìrilevante.

*Docente di Restauro Architettonico pressol’Università di Pisa, Dipartimento di Storia delle Arti.

Note1. Università di Pisa, 1343-2000 ed oltre. Idee, pro-getti e realizzazioni per una città-università, EdizioniPlus, Pisa 2000.2. O. Niglio, M. Solida, Centro Storico, IstituzioniAccademiche, Residenza, in ArchitetturePisane,Numero monografico “Residenza Universitaria. IlCollegio Alessandro Faedo nell’Ex Forest” dellaScuola Superiore S. Anna e della Scuola NormaleSuperiore, maggio 2006, ETS Pisa, pp. 22-33.3. Il progetto è stato presentato dalla scrivente, dalprogettista Arch. Salvatore Re, dai rappresentantidell’Azienda Diritto allo Studio Universitario di Pisa edai promotori all’UrbanPromo. Città trasformazioniinvestimenti, Venezia 16 novembre 2005. Dopo lapresentazione nell’agosto del 2005 del progetto esecu-tivo all’Azienda Diritto allo Studio sono iniziati ilavori di costruzione dell’intero complesso.4. O. Niglio, Documenti e Norme per la Conservazionedei Beni Architettonici ed Ambientali, Università diPisa, Ed. SEU, 2005, pp. 43-50

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quando divenne assessoreall’urbanistica nella penulti-ma giunta del sindacoDozza, una decisione fonda-mentale per la sua vita pub-blica e privata. A Bolognaha lavorato con continuità,su piani e progetti, comeassessore e consigliere, comeurbanista e osservatoreaccorato, per cui si può direche ne sia diventato unasorta di padre putativo. Eper una ventina di anni l’haorgogliosamente portata adesempio ai suoi studentimilanesi, organizzando unagita scolastica per mostrareloro i quartieri, soprattuttoquelli di edilizia economicae popolare, i nuovi parchirealizzati, i restauri nel cen-tro storico. A seconda dell’età, dell’espe-rienza e del ruolo ricopertoin città, penso che la granparte dei bolognesi coltiviuna propria immagine diCampos Venuti e del suolavoro. Proprio per questafama, che la precoce ecostante attenzione diCampos per la comunicazio-ne pubblica ha saputo man-tenere viva e informata, nonritengo necessario ripercor-rere le tappe dell’attività chegli ha meritato il premio de“il Nettuno d’oro” : che siastato l’attore decisivo per lasvolta urbanistica nella“Bologna rossa” è inconfu-tabile, che ne abbia seguitodirettamente o da moltovicino il passaggio da città a“città di città” è altrettantoindiscutibile. Con la costan-za e la verve che lo contrad-distinguono Campos Venutiè diventato un personaggio,uno degli uomini che rap-presentano Bologna, in Italiae all’estero. Vorrei sottolineare un soloaspetto: la forza strategicadei suoi piani, la loro capa-cità di agire come utopiesemantiche oltre che come

L’operazione urbanisticabolognese degli anni ’60, ipiani regolatori di Madrid eBologna della prima metàdegli anni ’80, il prg diRoma della fine degli anni‘90 hanno lanciato e svilup-pato temi capaci di segnarefasi importanti dell’urbani-stica del secondo dopoguer-ra. I libri, costruiti attraversola raccolta degli scritti prin-cipali e sempre fondati sulleesperienze di pianificazione,anche attraverso il titolorendono riconoscibili periodidiversi dell’impegno:Amministrare l’urbanistica1967, Urbanistica incostitu-zionale 1968, Urbanistica eAusterità 1978, Urbanisticaalternativa a Pavia 1978,Città, metropoli, tecnologie1983, La terza generazionedell’urbanistica 1987,L’urbanistica riformista1991, Cinquant’anni diurbanistica in Italia 1993.

L’urbanista e la “sua” città

È risaputo, tra gli addetti ailavori, che alcuni urbanististabiliscono un rapporto pri-vilegiato e duraturo con unacittà, ne fanno un laborato-rio dove diventa per loropossibile osservare la dina-mica dei fenomeni urbani egli esiti degli interventi, inparticolare dei propri, con lapossibilità, talvolta, di cor-reggere gli effetti non previ-sti e di amplificare quellivoluti. Per un urbanista è unprivilegio poter scegliere ilproprio laboratorio, dovetornare ogni volta dopo averesplorato pezzi di mondo,ma non tutti sanno o posso-no farlo: da un lato occorreuna loro dedizione partico-lare e dall’altro il riconosci-mento e la riconoscenzadella città.Per Campos Venuti il labora-torio è Bologna, dove hascelto di vivere 46 anni fa,

gnato politicamente e comeamministratore nelle istitu-zioni locali e centrali, pro-fessore e pubblicista noto aldi fuori dei circuiti speciali-stici. Attività amministrati-va, politica, professionale,didattica e culturale hannocostruito un’autorevoleimmagine pubblica.Alcune fondamentali infor-mazioni sulla produzionescientifica e professionalepossono caratterizzare que-sto profilo:circa 80 fra piani, consulen-ze e studi urbanistici: percittà grandi, medie e picco-le, per territori estesi, infra-strutture per la mobilità eservizi; nell’Italia settentrio-nale e centrale, con qualchesignificativa esperienzaall’estero e nel sud d’Italia;oltre 6oo scritti: saggi, arti-coli e interviste comparsi suriviste specializzate e quoti-diani di tiratura nazionalecome in opuscoli di orga-nizzazioni e giornali locali;in Italia e all’estero;8 libri pubblicati dai princi-pali editori italiani, tre deiquali tradotti, e altri 4 scrit-ti con il gruppo didattico edi ricerca creato alPolitecnico di Milano.

Giuseppe Campos Venuti hagià ricevuto importanti rico-noscimenti sottoforma dipremi, omaggi e onorificen-ze: nel 1996 gli spagnoli perprimi ne hanno sottolineatomeriti e statura con la lau-rea honoris causadell’Università di Valladolid,poi nel 2004 gli hanno dedi-cato un Homenaje con laraccolta di scritti “Urbanismo “; nel 1998 èarrivato il premio dellaFondazione Cervia-Ambiente e nel 1999 lamedaglia d’oro delPresidente della Repubblicaai benemeriti della scienza edella cultura, confermata nel2000 dalla sua scuola, ilPolitecnico di Milano. Dal1990 è Presidente onorariodell’Istituto nazionale diurbanistica e dal 2000 al2001 ha tenuto laPresidenza del Consigliosuperiore dei lavori pubblici.Ora viene il premio dellasua città d’elezione.Le motivazioni di questiriconoscimenti e gli articoliche i giornali hanno dedica-to al suo ultimo complean-no ne delineano il profilo:architetto che ha scelto l’ur-banistica, urbanista impe-

EventiEventiPremio“Il Nettuno d’oro”

Bologna come laboratoriodell’urbanistica di Campos VenutiPatrizia Gabellini

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urbanistica di tutti i giorni, iquali –irrisolti per la manca-ta riforma- devono e posso-no essere affrontati sul ter-reno delle modifiche parzia-li, delle correzioni transito-rie, preparando così a pocoa poco più complete e sod-disfacenti trasformazioni».Sono frasi che, anche adistanza di tanti anni, pro-babilmente Campos Venutinon cambierebbe, perchésuggellano la sua pratica e ilsuo insegnamento.E’ noto che il tema dellarendita urbana, che occupamolte pagine di quel libro, èil condensatore della rifles-sione e dell’opera diCampos. La “battaglia” con-tro il suo radicamento nelsistema economico, sociale epolitico italiano, continua-mente aggiustata nei metodie nelle motivazioni, nonsolo ha sostenuto la necessi-tà dell’impegno nelle istitu-zioni, ma ha dato anchecontinuità e senso a paroled’ordine diverse: “austerità”,“alternativa”, “riformismo”,“ecologia”, “perequazione”.Fare dell’urbanistica unostrumento ordinario, con-sueto, di organizzazione egestione del territorio, apri-va una prospettiva nuovarispetto alla cultura domi-nante. La proposta riprende-va alcuni fili di un discorsoche in Italia si era delineatonegli anni ‘30 senza potercrescere, trasferiva nelcampo urbanistico, tradu-cendoli, temi che albergava-no nella cultura politicadella sinistra riformista, sta-biliva un rapporto ineditodella professione con ilsistema politico e le struttu-re burocratiche: un rapportodi condivisione delle respon-sabilità pur nella distinzionedei ruoli. Il “pensiero fisso” di CamposVenuti è stato declinato,anche col contributo di altre

culture (delle scienze politi-che, amministrative e giuri-diche), e ha messo radici nelcorso di un periodo segnatoda trasformazioni radicalidel territorio italiano edeuropeo che riflettono quelleavvenute nell’economia,nella società, nella politica.Conferire efficienza allapubblica amministrazione,perseguire l’equità sociale,realizzare insediamenti diqualità oggi non sono sol-tanto i generosi auspici del-l’urbanistica camposiana.La decisione di conferirgli ilNettuno d’oro, proprio nel-l’anno in cui ha compiuto ilsuo ottantesimo complean-no, non può che apparire unmodo proprio della sua città,quasi “naturale”, di festeg-giarlo. E io ringrazio dell’invito fat-tomi presentarlo con la miaprolusione.

le dell’urbanistica italiana.

Amministrare l’urbanistica,il primo libro di CamposVenuti, pubblicato quandoaveva 40 anni e usciva dal-l’esperienza assessorile nelcomune di Bologna, segnal’apertura di un discorso cheoggi appare acquisito, matu-ro; in questo senso è unlibro inaugurale e fondativo,anche un “classico” se siconsidera la sua diffusione ecapacità di resistere altempo. Era il 1967 e l’autorespiegava così le ragioni diquel titolo: «Dopo aver ten-tato per cinque anni tenace-mente di far passare unaradicale riforma legislativadella nostra disciplina, senzariuscirci, (quel) tema era lagiusta parola d’ordine persdrammatizzare la situazionee nello stesso tempo perindicare a tutti noi che inuovi impegni non differi-scono dai vecchi. Era uninvito a far tesoro dell’espe-rienza e acontinuare…L’urbanisticanon è soltanto una manife-stazione della società civile,ma anche una disciplinafondamentale della culturamoderna. E in quanto talenon progredisce unicamentea mezzo di riforme legislati-ve, ma anche – e forse prin-cipalmente- attraverso losviluppo e il progresso cul-turale della disciplina in sestessa e la diffusione deipropri contenuti nell’ambitodella pubblica opinione.…Occorre … approfondire ladiscussione … estendendo laricerca ai problemi teoricidell’assetto territorialemoderno e dedicando nuovointeresse alle questioniimmediate della vita urbani-stica quotidiana… Sarebbepericoloso … sottovalutarel’importanza dei probleminormativi e attuativi, quelliche decidono della pratica

potenti selettori delle que-stioni attorni alle qualicoagulare nel tempo azioni epolitiche: la direttrice dellosviluppo a nord, l’ediliziasociale e i servizi comeperno della città pubblica, lasalvaguardia della collina edel centro storico, la ristrut-turazione della secondaBologna sono proposteampiamente assimilate e,quindi, implementate neltempo.

Il senso del riformismocamposiano

Se Bologna è stato il princi-pale incubatore dell’urbani-stica di Campos Venuti,l’Emilia ne è stato il conte-sto fondamentale, perché inEmilia ha progettato e conti-nua a progettare numerosipiani, in pianura in monta-gna e sulla costa, anche perpiccoli comuni e per l’interoterritorio regionale, spessoritornando a distanza ditempo, come a ReggioEmilia. Molte ragioni con-sentono di affermare cheBologna e l’Emilia sono leculle del “suo” riformismourbanistico.Un’ormai ampia letteraturaci ha consegnato l’idea del-l’urbanistica come disciplinaassociata (per alcuni indis-solubilmente) al pensieroriformistico, alla modernità,al welfare. Giuseppe CamposVenuti, nei suoi scritti e neisuoi piani, incarna questasimbiosi e la sua elaborazio-ne teorica è tutta volta atradurre in urbanistica l’ideadel riformismo politico, atrovare un linguaggio disci-plinare per una parola cheha tanti significati e di cuicontinua a caricarsi. Il suc-cesso di questa elaborazioneè stato tale che oggi il rifor-mismo urbanistico è daalcuni considerato il main-stream, la corrente principa-

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quello che più si confacevaalle mie aspettative e allemie esigenze. E questo spiri-to mi stava cambiando apoco a poco.Indubbiamente fui aiutato inquesta mia trasformazione,dalla eccezionalità dellacondizione politico-ammini-strativa in cui mi trovai adoperare. Credo che oggi siamaturo il tempo, perché glistorici della politica torninoad approfondire l’ecceziona-le esperienza della ammini-strazione comunale bolo-gnese degli anni Sessanta edi quelle contemporanee intutta l’Emilia Romagna.Riconoscendo a quella ope-razione, il valore di primoesperimento organico digoverno locale riformistarealizzato in Italia nel dopo-guerra. Anche se il termine“riformista” - oggi spessoabusato e attribuito perfinoa chi andrebbe correttamen-te definito “controriformista”- , allora era perentoriamen-te rifiutato dagli stessicomunisti bolognesi che lopraticavano concretamente,con quello che ho chiamatopragmatismo operativo etensione ideale.Il riformismo praticato daquella amministrazione nonsi limitò certamente alleinnovazioni di portatanazionale proposte per l’ur-banistica, ma riguardò l’in-tero sistema di governo: dal-l’applicazione comunale del“deficit spending” che molti-plicò gli investimenti per lacittà, al decentramentoamministrativo nei quartieripoi diventato legge delloStato, dalla anticipazionedella scuola media unica,alle prime esperienze dipolitiche sociali per l’infan-zia e per gli anziani, allainvenzione di una vera epropria, organica politicaculturale del Comune. In unclima politico che - come

era successo anni prima inParlamento per laCostituzione - permetteva aipartiti di combattersi acer-bamente, ma di lavorareinsieme alle innovazionistrategiche per la città.Quel clima fu decisivo ancheper il mio inserimento, inuna città che fino ad alloraera per me sconosciuta.Scelsi di abitare nel centrostorico ed ebbi la fortuna ditrovare una casa in viaCastiglione, che anni doposono riuscito a comprare,cioè in una strada che certa-mente è una delle più belledi Bologna; dalla mia ter-razza vedo da un lato laTorre degli Asinelli, di fronteSan Giovanni in Monte edall’altro lato il verde dellacollina. Devo aggiungere peri più giovani, che allora l’in-dirizzo non era certamenteambito come oggi; qualchecompagno mi disse che, infondo, un buon comunistanon doveva abitare perforza in una vecchia casasenza ascensore. Poi la miapolitica di salvaguardia delcentro storico, ha valorizza-to fra la altre anche la mia“vecchia casa”; e l’ascenso-re, per fortuna, ho potutoistallarlo.In quella casa, per anni, hoospitato i miei amici spa-gnoli e francesi, inglesi, por-toghesi e americani; e daquella casa ho potuto facil-mente illustrare le scelteurbanistiche di questa città,di cui ho dovuto anche rac-contare nei miei corsi uni-versitari a Berkeley o aValladolid. Certo, quandoquesti amici venivano a tro-varmi, dopo via Castiglionevolevano vedere il verdequartiere del Fossolo e natu-ralmente la collina; e tutti sidomandavano come maiquella di Bologna fosse l’u-nica collina urbana rimastaverde in Italia. Così come,

circostanza profetica - ad uncongresso nazionaledell’Istituto di Urbanistica.Comunque, ieri come oggi,sono abituato a dedicarmifino in fondo a tutti gliimpegni che prendo; e cosìfu per il mio nuovo lavorodi assessore comunale, cheaveva lo scopo ambizioso diriformare l’urbanistica bolo-gnese e da Bologna diimprimere la stessa svoltaall’urbanistica regionale,tentando infine di influen-zare anche la politica urba-nistica nazionale della sini-stra. E fu proprio facendoquesto lavoro appassionante,che imparai lentamente aconoscere Bologna.L’interesse per il lavoro dalquale fui presto assorbito,non fu però tale da nascon-dermi che questa città equesta regione, stavanocambiando la mia vita e mestesso. Non ero certo unintellettuale da salotto,avevo partecipato alla guer-ra di liberazione a 17 anni,nel PCI non mi ero accon-tentato della sezione univer-sitaria, ma ero andato a diri-gere una grande sezione diquartiere, l’insegnamento ela professione non mi inte-ressavano come operazionida tavolino, ma piuttostocome azioni per cambiaregli uomini e le cose.E’ proprio per questa mianatura, che fui affascinatodall’intreccio di pragmati-smo operativo e di tensioneideale, che trovai in questacittà e in questa regione.Senza perdere l’amore el’ammirazione per Roma,dove ero nato e cresciuto,capii che stavo diventandobolognese, perché lo spiritoche qui avevo trovato, era

Dalla motivazione: IlNettuno d’oro riproduce lanota statua del Giambolognache fronteggia Palazzod’Accursio, sede delMunicipio. E’ il riconosci-mento che il Comune diBologna conferisce “ai citta-dini che abbiano onorato lacittà con la propria attivitàprofessionale e pubblica…Giuseppe Campos Venutiarchitetto, progettista edocente di chiara fama haun ruolo di primo pianonella storia dell’urbanisticadella città di Bologna,d’Italia e d’Europa…Per imeriti culturali, innovativi,formativi, maturati nel corsodi lunghi decenni…ha saputoportare all’urbanistica ele-menti assolutamente innova-tivi e ha saputo avviare eformare all’urbanisticanumerose generazioni di gio-vani, la città gli è grata”.

Oggi non parlerò di urbani-stica, ma dirò come hoapprezzato l’onore che mi èstato fatto conferendomi ilNettuno d’oro. Per questoonore ringrazio di cuore ilSindaco Sergio Cofferati el’intera AmministrazioneComunale. E voglio farloricordando come sonodiventato cittadino bologne-se; in quest’aula e in questopalazzo, dove ho lavoratodurante i miei primi diecianni di Bologna, dove oggimi sento di nuovo, piena-mente a casa mia. Quando 46 anni fa, io fuiletteralmente “paracadutato”a Bologna, questa era unadelle città italiane che menoconoscevo. L’ultimo mioincontro con la città eraavvenuto, infatti, due anniprima, per partecipare - una

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Il pragmatismo operativoe la tensione idealeGiuseppe Campos Venuti

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formazione culturale chealla città manca ancor oggi.Così, quando tornai all’inse-gnamento, io fui chiamatoal Politecnico di Milano, peril quale ho lavorato 33 anni,dove ho trovato tanti amicie dove ho ricevuto i più altiriconoscimenti. Ma a lavora-re per una facoltà di archi-tettura bolognese ci ho pro-vato, concorrendo ad unacattedra con un curriculumche, in verità, era propriodifficile da respingere.Eppure l’attuale Rettore, cheallora votò per me, rimasein assoluta minoranza; forsela mia è stata al Politecnicomilanese una carriera uni-versitaria più prestigiosa, maio avevo tentato di farlanell’ateneo petroniano.Devo poi confessare, oggi,che nel 1980 il Sindaco diRoma Petroselli, mi chiese ditornare nella mia città nata-le, per fare l’assessore all’ur-banistica, forte della miaesperienza bolognese; ed iorisposi che per dare il via altanto atteso PianoRegolatore, ero anche dispo-sto a tornare a Roma. Maallora un nuovo PianoRegolatore per Roma, nonera considerato dalla sinistrapoliticamente maturo e cosìio rifiutai tranquillamentel’assessorato. Fu il SindacoRutelli, molti anni dopo, arilanciare il nuovo piano perRoma e a chiamarmi, questavolta per una consulenzaurbanistica, che poi ho con-cluso con Veltroni; così nonfu necessario abbandonarela mia residenza bolognese,che già non avevo lasciatoper collaborare al piano diMadrid e neppure per inse-gnare al Politecnico diMilano.Quando, però il governo dicentro sinistra mi proposequale Presidente delConsiglio Superiore deiLavori Pubblici, un pied à

terre a Roma dovetti pren-derlo per forza; naturalmen-te nel centro storico, fra ilColosseo e il Foro Romano.Ma ogni settimana, imman-cabilmente, come fanno iparlamentari e tanti altripendolari, tornavo per ilweek end nella mia casa divia Castiglione. Allora hocapito di essere diventatodefinitivamente bolognese.Forse “un bolognese conaccento trasteverino”, comeun giornalista ha scrittoricordando la mia incancel-labile tonalità romanesca,ma un bolognese che hafatto propri, insieme, “ilpragmatismo operativo e latensione ideale”.

Bologna, 15 settembre 2006

che la città allora sentivaverso una politica di salva-guardia per il centro storico,con essi che spesso eranocresciuti nelle antiche casedella città, sopportandone idisagi e le inadeguatezze.Ricordo le nostre passeggia-te serali per vedere in modonuovo le strade del centrostorico, che spesso finivanoin conviviali bevute in qual-che osteria; questa amiciziaperipatetica maturò in quelgruppo di operai una nuovacultura della città e i lorointerventi politici mi furonoassai utili negli organismidecisionali del PCI. Non sto dipingendo unricordo a tinte rosa, perchégli scontri anche duri nonmi mancarono. La vertenzapolitica da me aperta sulladrastica riduzione delle pre-visioni immobiliari aBologna e in Regione, arrivòad arricchirsi di un manife-sto “ contro questi Campos…venuti da Roma”. E anchenel mio partito e con glialleati, non furono “tutterose e fiori”; sia nel mioperiodo di più attiva miliziapolitico-amministrativa, siaquando il mio impegno sifece più limitato a livellourbanistico e culturale.Fortunatamente per me, ionon ero venuto a Bolognasperando in un avvenirepolitico, ma piuttosto conprecisi obbiettivi culturali eoperativi da raggiungere; equesto mi permise di scam-biare quegli obiettivi conuna carriera che non deside-ravo. Sapevo da prima, chenella vita ci stanno le soddi-sfazioni e le amarezze, levittorie e le sconfitte; ed ioho imparato a recuperaresempre, dopo queste ultime.Certamente fu una sconfittanon essere riuscito ad aprirenell’Università di Bolognauna vera e propria Facoltàdi Architettura, centro di

purtroppo, continuano achiedermi sempre più spes-so, come mai una politicaurbanistica apprezzata ericonosciuta come quella diBologna, non abbia saputodarsi anche un servizio ditrasporti su ferro modernoed efficiente, come hannofatto Zurigo o Stoccarda.I miei primi amici bolognesi,furono naturalmente i com-pagni della giunta comunalee dei partiti di sinistra con iquali lavoravo giornalmen-te; ma presto ebbi la fortunadi stabilire rapporti di ami-cizia con amministratoridell’opposizione, lavorandoanche con loro e talvoltapassando con essi le ferie.Purtroppo la maggior partedi questi compagni ed amicinon ci sono più; né a tuttiloro sono stati riconosciuti imeriti che indiscutibilmenteavevano. Naturalmente lacerchia delle mie conoscenzesi allargò presto agliambienti intellettuali e uni-versitari, ma anche a quelliche 40 anni fa, una partedel PCI ancora definiva“borghesi”, ricambiata peraltro da una pari diffidenzaclassista. Fra i miei nuoviamici bolognesi ed emiliani,ci furono per primi i giovaniurbanisti che, appena uscitidalle università, si dedicaro-no con entusiasmo a ricer-care le soluzioni concreteper l’urbanistica riformista;tutti quei giovani si sonopoi affermati come tecnici dialta qualità e numerosihanno fatto anche una bril-lante carriera politica.Una amicizia tutta specialefu quella che strinsi con ungruppo di operai fra i piùrappresentativi delle fabbri-che bolognesi negli anniSessanta, quando le fabbri-che a Bologna ancora c’era-no. Ero stato io stesso a cer-carli, perché proprio con essivolevo vincere la riluttanza

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gie possibili da parte degli entilocali, per governare la comples-sità delle politiche socio-econo-miche, delle relazioni multifun-zionali della città e dei fattori disviluppo e di crescita del territo-rio.Un processo certamente difficilema di grande fascino perchédelinea i compiti del nuovo tec-nico, interno o esterno alle dota-zioni organiche degli enti, nonpiù riconducibili alla sola spe-cializzazione tecnica professio-nale, ma proiettati ad acquisirecompetenze manageriali chepossano mettere in grado il tec-nico di rispondere, con maggiorepossibilità di successo, alla sfidadi governare la complessità dellarealtà circostante.

Le politiche e gli strumenti diprogrammazione epianificazione

Le prospettive assolutamentenuove che emergono dal proces-so di riforma in atto in tuttaEuropa indicano alcuni passaggiobbligati nella gestione dell’am-ministrazione pubblica. In estre-ma sintesi:- la necessità, l’obbligo di rela-zionare le attività e i soggettiproponenti, caratterizzati daforme e linguaggi tradizional-mente diversi; fare sistema peraumentarne il rendimento dellediverse iniziative;- la necessità di connettere

so di modifica della Costituzioneper la realizzazione di unarepubblica “orizzontale” di paridignità istituzionale tra lo stato,le regioni, le province e i comu-ni;- lo sviluppo del processo disemplificazione e trasparenzacontestualmente alle esigenze digarantire la privatezza dei datisensibili personali;- io sviluppo del rapporto pub-blico-privato che vede l’entelocale personalizzare in modooriginale al proprio interno iprocessi privatistici del rapportodi lavoro dei dipendenti.In questo generale processo diriforma sono state molto carat-terizzate le funzioni degli organipolitici (definizione delle strate-gie, indirizzi, programmi, sceltestrategiche, ecc.) da quelle degliorgani gestionali (attività gestio-nali, progettazione, supporto algoverno locale, ecc.) e soprattut-to è emersa con forza la volontàdel legislatore di mettere al cen-tro di tutte le attività promosseil cittadino, facendogli recupera-re quella centralità di riferimen-to che con il tempo era diventa-ta sempre più sbiadita. Nasconocosì gli sportelli unici, gli ufficirelazioni con il pubblico, le cartedei servizi, ecc. E dal cittadino,destinatario principe di tutte leiniziative e delle politiche locali,alla città e al territorio, il passoè breve ed obbligato: si tratta dimettere in campo tutte le ener-

Gianfranco Buttarelli*, Augusto Ruggia**

rare degli attori locali. Grandiidee-forza e nuovi principi inno-vativi hanno spinto gli entilocali verso una progressivamodernizzazione e un continuoprocesso di miglioramento criti-co. Basti pensare alla principalee strutturale scelta legislativache ha portato alla distinzionedella politica, facente capo agliorgani di governo, dalla gestio-ne, affidata pienamente allaresponsabilità dei relativi organi. Da questa scelta sono scaturiti,conseguentemente, tutta unaserie di cambiamenti dei quali, asolo titolo di esempio, se neelencano alcuni:- l’attività di programmazione,restituita alla sfera politica, inrapporto dialettico con l’attivitàdi gestione, di competenza deidirigenti dell’ente;- l’implementazione della cultu-ra del risultato in un contestodove il rispetto di norme edadempimenti era stato semprevissuto come fine e non comepunto, certamente imprescindi-bile, di partenza e di rispetto dinorme e regolamenti;- l’affermazione della necessitàdi una efficace politica di“aziendalizzazione” dell’enteche, nel garantire processi dieconomicità ed efficienza, salva-guardasse il carattere solidaristi-co e mutualistico;- il pieno sviluppo della potestàstatutaria e regolamentare del-l’ente in coerenza con il proces-

Il tema sulle problematichedel nuovo ente locale è statooggetto di tre incontri semi-nariali svolti presso la facoltàdi ingegneria dell’Universitàdegli Studi di Roma “LaSapienza”, con gli studentidel corso di Urbanistica II deidocenti P. Colarossi e D.Cecchini.Il seminario ha preso le mossedalla necessità di restituire aglistudenti la complessità del siste-ma programmatico pianificato-rio e di inquadrare le problema-tiche degli enti locali a partiredalla “grande riforma dellaPubblica Amministrazione” che,dall’inizio degli anni novanta,ha posto le premesse per unforte cambiamento positivo nel-l’organizzazione delle autonomielocali.La prassi rileva nei comuni dipiccole e medie dimensioniconoscenze ed organizzazioninon adeguate al conseguimentodegli obiettivi socio-economiciindividuati dalla riforma.

Il nuovo Ente locale: dalcittadino alla città

Sotto la spinta dell’Europa edella volontà del legislatore diriformare l’asfittico apparatoburocratico italiano, sono statiprodotti molti interventi legisla-tivi, che generalmente vannosotto il nome di leggi Bassanini,i quali hanno profondamenteinciso nel modo di fare e di ope-

Eventi

Governo e gestionedei processi urbani

Figura 1 - Il sistema programmatico pianificatorio dell’ente locale

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Urbanistica INFORMAZIONI

programmazione economico -finanziaria che rivestono unimportanza decisiva per orienta-re le politiche complesse dell’en-te: dalla relazione previsionaleal bilancio economico, al Pianoesecutivo di gestione attraversoil decisivo apporto del Pianoeconomico finanziario posto inparallelo con lo strumento urba-nistico operativo sede delle pre-visioni infrastrutturali pubbliche.Il Piano economico finanziario èuno strumento diretto ad accer-tare l’equilibrio economico,finanziario dell’investimento edella connessa gestione.Nell’ultima colonna le politicherelazionate in alto con la rela-zione previsionale ed il Pianogenerale di Sviluppo ed in bassocon le specifiche declinazioni(sociali, immobiliari, economi-che, culturali), con gli strumentidella pianificazione.Il “sistema di relazioni”costitui-sce il tentativo di organizzare idiversi strumenti conoscitivo-politico-gestionali mediante l’in-dividuazione di alcuni nodi rite-nuti fondamentali: il quadroconoscitivo e gli scenari strate-gico strutturali che integrano ilquadro strumentale previstodalla vigente normativa nazio-nale e regionale.Nel reticolo relazionale è possi-bile individuare due sub-sistemigerarchici: uno con intersezionenel Piano generale di sviluppo(sub-sistema d’indirizzo) e l’altrocon intersezione nella program-mazione dei lavori pubblici(sub-sistema di gestione).Il sistema è circolare e l’utilizzoconsente di rimodulare le moda-lità operative per aumentareprogressivamente il rendimento.Le relazioni sopra descritte sononumerose e complesse e richie-dono grande competenza nellaindividuazione dello strumentodi intervento fra i molteplici adisposizione, è necessaria unagrande capacità relazionale perguidare ed orientare gli inter-venti che si realizzano con l’au-silio del capitale privato.

Le criticità emergenti del sistemaprogrammatico pianificatoriodell’ente locale sono rappresen-tate:- la mancata affermazione delquadro conoscitivo quale cardi-ne delle attività dell’ente;- dall’incongruenza dei diversitermini temporali degli strumen-ti con i tempi del mandato delsindaco;- dalla rapida evoluzione dellecompetenze a cui non corri-spondono conoscenze e d orga-nizzazioni adeguate.

Il ruolo del comune nellaprogrammazione

La grande riforma della Pubblicaamministrazione porta all’am-pliamento del concetto di servi-zio ed incrementa il numero deisoggetti che possono realizzarlie gestirli.Punto di partenza risulta esseresempre il quadro conoscitivo delterritorio a cui si collega il Pianodei servizi, interfaccia ottimaledella programmazione triennaledei lavori pubblici in quantoriassume le necessità ed i biso-gni di tutti gli strumenti di rife-rimentoAlla programmazione dei Llpprisultano relazionati da un latogli interventi realizzabili concapitale privato e dall’altro ilBilancio economico, atto con ilquale si decide la programma-zione dell’ente e si individuanole risorse e gli interventi per iquali le stesse saranno utilizzate.Dalla programmazione dei Llppdipendono la progettazione, larealizzazione e la gestione dellestrutture e delle infrastrutturedel territorio.

* Direttore generale e dirigente dei setto-ri: Gestione urbana e programmazionestrategica del comune di Cisterna diLatina.** Specialista in ingegneria gestionale.

sando per il Piano dei servizi,cardine della nuova pianifica-zione.La programmazione dei lavoripubblici è fondamentale perdare impulso alla dotazioneinfrastrutturale del territorio eper garantire la manutenzionedel patrimonio dell’ente; il Pianodei servizi è uno strumento stra-tegico-strutturale che sviluppaobiettivi e strategie per conse-guirli, ed al contempo associa atali obiettivi azioni di medio elungo termine destinate ad inci-dere stabilmente sull’assetto el’organizzazione fisica del terri-torio. E’ fortemente connessocon lo strumento urbano strut-turale, con le verifiche di fattibi-lità afferenti gli interventi pub-blici compresi nello strumentooperativo.Nella seconda colonna del siste-ma le pianificazioni e le pro-grammazioni, dal quadro cono-scitivo alla programmazione deilavori pubblici, attraverso ilPiano generale di sviluppo (oPiano stategico, costituito dellelinee programmatiche di manda-to del sindaco verificate con unostudio di pre-fattibilità) relazio-nato con la relazione previsio-nale e programmatica, gli scena-ri strategico strutturali, il Pianourbanistico nelle due componen-ti strutturali ed operativo.Il Piano strutturale delinea l’as-setto di lungo periodo del terri-torio, mentre il piano operativoche traduce gli obiettivi delpiano strutturale in atti precisa-mente identificati con efficaciaconformativa della proprietà.Nell’accennata dinamica norma-tiva si prefigurano quindi scena-ri strategico strutturali ipotesi, diassetto probabili, possibili oauspicabili del territorio o dellacittà o parti di città che delinea-no l’assetto dei luoghi e dellefunzioni che sono definite diinteresse primario e che servonoper guidare le politiche e l’azio-ne dell’amministratore.Nella terza colonna sono ordina-ti gli strumenti canonici della

sinergicamente politiche, pro-grammi e piani per l’efficacegoverno del territorio;Gli strumenti di programmazio-ne e pianificazione si sono pro-gressivamente sviluppati inparallelo con il processo di rifor-ma pur in assenza di una leggeorganica, accrescendo a dismi-sura la complessità del quotidia-no agire.Si opera in un contesto in conti-nua ed accentuata trasformazio-ne in rapporto di necessariacooperazione e di obbligatacompetizione territoriale.Di contro l’organizzazionegestionale degli enti appareancora lontana dalle esigenzesottese negli obiettivi.Le relazioni fra strumenti (sinte-ticamente rappresentate nellafig. 1) e fra amministrazione estruttura tecnico/amministrativa(sinteticamente rappresentatenella fig. 2) rimangono fra lenecessità tanto condivise quantoimpraticate.Le attività si sviluppano verti-calmente esasperando conflitticon scarsa attenzione alle possi-bili convergenze. La affermazio-ne della figura del direttoregenerale, tradizionalmente pre-sente nelle aziende private sten-ta ad affermarsi.La figura 1 sintetizza il sistemaprogrammatico pianificatorioemergente dal processo di rifor-ma per l’efficace governo delterritorio.Caposaldo del sistema è il “qua-dro conoscitivo” contenenteoltre le ricognizioni di legge(fabbisogno sociale, stato dellapianificazione, potenzialità dellerisorse naturali) lo stato e lepotenzialità dell’economia, delterritorio e dell’ente.Il grafico nella prima colonnaindividua gli strumenti innovati-vi (caratterizzati dalla generalefattibilità); dalle verifiche di fat-tibilità afferenti il Piano genera-le di Sviluppo, all’ampia stru-mentazione pubblico privatarelazionata con la programma-zione dei lavori pubblici, pas-

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legata ad attività di innova-zione scientifica e ricercatecnologica. In sintesi, una “due giorni”di riflessione sul ventagliodi strumenti, attuali epotenziali, che permettonoai centri storici minori difarsi portatori di modelli diintegrazione e di sistemi peril governo della complessi-tà.

*Senior Manager Monti & Taft.

cipato professionisti, docen-ti universitari e operatorilocali. Complesse, spessocritiche le questioni sultavolo: quali le logiche diintervento coerenti con losviluppo industriale e com-merciale? come possono lerisorse territoriali soddisfareun turismo sempre più esi-gente? come competere conaltri territori che presentanoun’offerta analoga? I risultati, ipotesi di svilup-po e suggerimenti per l’am-ministrazione, hanno defi-nito una traiettoria di pro-poste che vanno dal model-lo di sviluppo industrialepost-fordista basato su unaforte integrazione tra lediverse economie - indu-striale, agricola, legata aiservizi - ai distretti formati-vi, ricalcati sul modello diquelli industriali per l’inte-grazione di formazione edimpresa pur con una forteinfrastruttura tecnologica dibase, alle soluzioni di townmanagement per il centrostorico, alla partecipazionea contesti territorialisopraordinati, esistenti o diprospettiva. Questi ultimipostulano un riposiziona-mento che consentirebbe adAtessa di inserirsi nel con-testo di grandi direttricidefinite attraverso le piatta-forme territoriali del nuovoPiano strategico nazionale.Non sono mancate interes-santi proposte provocatorieche hanno messo in dubbiola validità del turismo comeunico presidio per mantene-re e conservare il patrimo-nio e che hanno spostato itermini della questione sulpotenziale industriale nonin crisi, sulla strutturaoccupazionale forte e suuna probabile, oltre cheauspicabile, tenuta del tes-suto produttivo in grado diattrarre forza-lavoro forte-mente professionalizzata e

Giulia Agusto*

ca capace di generare pro-cessi di rivitalizzazione siasociale che culturale. Punto di partenza dei lavoriun dossier di diagnosticacritica dal quale emerge ilposizionamento di Atessa inun contesto che guarda, dauna parte al territorio in cuiè collocata e del quale,nella prospettiva di analisi,è idealmente centro e dal-l’altra, al ricco e articolatoquadro di influenze e inte-razioni - politiche, econo-miche, sociali, urbanistiche- in grado di determinaresostanziali modifiche al suomodello di sviluppo. Laprospettiva delle reti, chiaveinterpretativa sia del dossierche del convegno, offreproposte e modelli di svi-luppo che passano per lacostruzione dell’integrazio-ne e del suo governo comefattore di successo nellepolitiche e nelle strategieterritoriali, nella consape-volezza che valorizzare uncentro storico significainserirlo in un sistema disviluppo a scala ampia chedia necessario peso allediverse componenti territo-riali e alla loro capacità diintegrazione.Cinque le sessioni tematichelungo le quali si è snodatala discussione, workshopparalleli a cui hanno parte-

Atessa, provincia di Chieti,una popolazione di pocopiù di dieci mila abitanti,un centro storico collinarecontrapposto ad un’areaindustriale a fondo valle,ineguale, disordinata evivace collocata nella Valledel Sangro. Un convegnotenutosi il 14 e 15Settembre, organizzato dalComune di Atessa, in colla-borazione con il Master in“Pianificazione e gestionedei centri storici minori edei sistemi paesistico-ambientali” dell’Università“La Sapienza” di Roma e lasocietà di management cul-turale Monti&Taft, ha fattoil punto della situazione eha cercato di individuare lelinee guida per un possibileprocesso di valorizzazione.Idealmente, il convegno hacostituito tappa intermediadei lavori dellaCommissione Consiliare perlo studio delle problemati-che del Comune e delCentro Storico: una “duegiornate” per sintetizzare ilsenso del lavoro compiuto eper discutere in misuraampia di valorizzazione ter-ritoriale; tema centrale deldibattito, la riqualificazioneurbana e territoriale intesanon solo come pura valo-rizzazione di spazi o distrutture, ma come dinami-

Eventi

Atessa: per la rinascita diun centro storico

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valore aggiunto apportato dalpianificatore all’avvio e alcoordinamento del processodi pianificazione;- il livello e il successo dellapartecipazione comunitaria;- il livello e i benefici dell’in-tegrazione interdisciplinarenel processo di pianificazio-ne.Per quanto concerne la parte-cipazione italiana, (sei casi),va segnalato come, accantoad alcuni fattori positivi,siano emersi in particolaredue aspetti negativi. Da unlato la eccessiva autoreferen-zialità di gran parte dei pianiselezionati (tutti di livellocomunale), che venivano pre-sentati dai diversi enti propo-nenti come un grande esitonell’applicazione di principi eindicazioni delle nuove Lur.Una volta messi a confrontocon la realtà europea, questipiani apparivano esempi diordinaria applicazione diprincipi ormai consideratistandard a livello europeo,senza che emergessero ele-menti di particolare eccezio-nalità (outstanding) o signifi-catività, tali da giustificarneun primato. Dall’altra, eranoassenti esempi di pianifica-zione di area vasta, proprio illivello di pianificazione cheinvece, a giudizio unanimedella giuria, ha rappresentatouna delle sorprese positivedel Premio, con piani checontenevano diversi elementidi innovazione e di eccezio-nalità.

Note1. Il premio, interamente organizzato dalConsiglio Europeo degli Urbanisti, sisvolge regolarmente dal 1990-1991.2. Il Ceu è composto da 23 associazioniin rappresentanza di 21 stati europei;l’Italia è rappresentata dall’Assurbanisti edall’Inu. 3. A volte organizzando premiazioninazionali che servono come meccanismodi selezione.4. La giuria era composta da: RachelKenny (Irlanda, presidente), MaciejChojnacki (Polonia), Enrico Fontanari(Italia), Georges Phedonos (Cipro), JorisScheers (Belgio).

sinergie e convenienze dellaconcertazione tra i diversiattori;- illustrare il valore crescentedel concetto di “territorialcohesion” e mostrare bestpractice nel campo della pia-nificazione “transfrontaliera”.Dopo un lungo lavoro diselezione iniziato nel 2005,nel corso della primavera diquest’anno si è conclusa lasesta edizione del Premio, cheha visto la partecipazione dinumerosi paesi europei, iviinclusi alcuni paesi che solorecentemente sono entrati afar parte dell’Unione Europea. La giuria4 si è riunita aSiviglia per esaminare i pianiselezionati (in tutto 35 inrappresentanza di 13 nazio-ni). Va sottolineato comealcuni paesi, che pure hannopartecipato alla prima fase diselezione, non hanno ritenutoopportuno inviare alcunpiano o progetto urbanistico,non riscontrando nei pianisottoposti al loro esame que-gli elementi di eccezionalità erappresentatività tali da per-mettere di considerarli comeun buon modello da genera-lizzare.Dopo un processo di selezio-ne progressiva, i vincitori e iprogetti segnalati o menzio-nati (che verranno comunica-ti a novembre a Siviglia)sono stati scelti sulla base deiseguenti criteri:- applicazione dei principidello sviluppo sostenibile, intutti gli aspetti ambientali,economici e sociali;- originalità e innovazionedel processo di realizzazione;- alta qualità del lavoro pro-fessionale di progettazione,sviluppo e applicazione diconcetti e tecniche di pianifi-cazione;- la validità del piano inquanto modello riproducibilee come riferimento per futuripiani;- il ruolo significativo e il

proprie o con il supporto diprofessionisti esterni, le pub-bliche amministrazioni didiverse entità territoriali (dalcomune alla regione).Vengono inviati i piani oprogetti urbanistici che sonoin grado di:- mostrare, al pubblico ma inparticolare al mondo profes-sionale, pratiche di pianifica-zione e di sviluppo innovati-ve e in grado di migliorareeffettivamente, da un puntodi vista sociale, economico eambientale, la qualità di vitadei cittadini europei;- promuovere una visiondelle future città europee cherisponda ai criteri elencatinella “Nuova Carta di Atene”,in grado di favorire la crea-zione di condizioni che per-mettano uno sviluppo urbanosostenibile;- rappresentare la diversità el’ampiezza degli obiettivi edelle azioni della pianifica-zione contemporanea indiversi campi: riqualificazio-ne di aree urbane e non,gestione economica, culturalee ricreativa della città, gestio-ne del traffico e dei trasporti,così come promozione dellasolidarietà e coesione econo-mica e sociale e della costru-zione di identità culturale;- dimostrare i vantaggi delprocesso di pianificazionepartecipata, evidenziando

6° Premioeuropeo diPianificazioneurbana e regionaleEnrico Fontanari

Consiglio Europeo degliUrbanisti - Siviglia 2006 Tra le diverse manifestazioniche a livello europeo si svol-gono con l’intento di identifi-care e premiare i lavori meri-tevoli nel campo della piani-ficazione e progettazioneurbanistica, il PremioEuropeo di PianificazioneUrbana e Regionale organiz-zato dal Consiglio europeodegli urbanisti ha ormaiassunto un grande rilievo1.Il Premio ha come obiettivola segnalazione delle bestpractices realizzate, in diversisettori della pianificazioneurbana e regionale, nei paesimembri del Ceu2. La competi-zione si articola in due fasi:la prima fase si svolge alivello nazionale, le associa-zioni di ciascun paese sele-zionano i candidati da invia-re al premio3; nella secondafase, una giuria internaziona-le sceglie tra i candidati pro-posti quelli da premiare o dasegnalare in base a diversecategorie.Possono inviare i lavori urba-nistici, realizzati con forze

ASSOCIAZIONE NAZIONALE URBANISTIPIANIFICATORI TERRITORIALI E AMBIENTALI

Membro effettivo del Consiglio Europeo degli Urbanistiwww.urbanisti.it

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ginalmente toccata dai con-sueti fenomeni di inurba-mento della costa, molto piùsimile ad una “periferia”urbana, dove finiscono tuttiquegli oggetti e pratiche chenecessitano di spazio e dimigliore accessibilità. Inquesto residuo di naturalitàsembra darsi la possibilità dipredisporre un progetto fie-ramente trasformativo edimostrativo per un territo-rio più vasto. Il quadrato2kmX2Km tra Ascoli Porto eMartinsicuro diviene illuogo di esercizi progettualicontemporaneamente speci-fici o locali e generalizzabilio sovracomunali.Una terza parte del testo,non meno importante dellapecedente raccoglie ineditedescrizioni di ambiti costierisottoposti a recenti ed inten-se trasformazioni in formadi racconti; dalla costa alba-nese dove i processi risulta-no meno regolativi alle poli-tiche e strategie di trasfor-mazione che sottendono laprogressiva colonizzazionedella spiaggia da parte deiprogetti di costruzione per l’espansione della città di TelAviv. In tutti i casi esse con-sentono anche di compararestrategie e progetti avviatiin differenti contesti, tutticompresi nel medesimoambito geografico e cultura-le quale è il mare/fiumeAdriatico.

Sabina Lenoci

tà. Figura determinata dalcontinuum urbanizzato cheinveste quasi senza soluzio-ni di continuità ampi trattidella costa Adriatica, esitodel “rotolamento a valle” dioggetti e funzioni oltre chedi progetti urbani condivisidel “lungomare”, comemateriale di derivazioneurbana.In tutti i casi l’area costierasi ritrova compressa in unambito compreso tra la lineadi costa (soggetta a progres-sive erosioni), ed un fascioinfrastrutturale composto daalcune strade litoranee rea-lizzate una dopo l’altra perby-passare i nuclei dellemarine in continua espan-sione e la linea ferroviarianord-sud. Il secondo è, invece, sguardodal mare che consente dicogliere piuttosto le fratture,le interruzioni, le intersezio-ni, date dai punti di appro-do, ma anche dalle foci deifiumi o comunque dei siste-mi ambientali e da tuttoquel sistema di trasversalitàche comunque solo dal mareè possibile cogliere. Questi due tipi di sguardiorganizzano differenti ordinidi “materiali” consentendodi selezionare alcuni temi diprogetto. I temi: permeabili-tà, coabitazione, infrastrut-turazione, sono espressi sot-toforma di parole chiave,dense ed evocatrici chefanno chiaramente riferi-mento a filoni di ricercaconsolidati nelle disciplinedel progetto, che, qui, enun-ciati come temi-progetto perla città costiera adriaticaassumono inediti sensi eaprendo a nuovi scenari perricerca stessa.L’esercizio progettuale veroe proprio, condotto su unluogo-residuo, incrocio tra idue differenti sistemi, valli-vo e costiero, si tratta diuna sorta di “enclave” mar-

condotto verso progetti cheappiattiti sulle descrizionirisultano confusi e mimeticima anche perché questedescrizioni che si sforzavanodi comprendere ciò cheapparentemente risultavaincomprensibile sono stateinterpretate non come il ten-tativo di comprendere i temie i caratteri delle trasforma-zioni ma come una forma dicompiacimento da parte dichi le effettuava e propende-va verso il caos e la com-plessità. Il dubbio è che lacritica provenisse da coloroche avrebbero voluto impor-re a questi luoghi strategiedescrittive già collaudate eperciò acquietanti e sicure opeggio, progetti autoreferen-zialiAl centro delle riflessioni edei progetti presentati inquesto libro c’è lo spaziocostiero dell’Adriatico. Sortadi città-lineare che seppurnella sua attuale condizionedi luogo affollato da nume-rosi oggetti e molteplici usie significati appartiene adun ambito geografico di persé unitario e culturalmenteomogeneo, quello Adriaticoappunto.Due i principali punti divista. Il primo deve dirsiuno sguardo da terra cheporta a rilevare la prevalen-za della figura della lineari-

Antonio di Campli (a curadi), Interfacce costiere,Kappa Edizioni, Roma 2006,ill. b/n, pp. 85, euro 8

Lo sguardo rivolto ad untratto del territorio costieroadriatico da parte diAntonio di Campli insiemead alcuni altri giovani stu-diosi e a numerosi studentidi architettura, raccontato inquesto testo è di tipo “laico”.Vale a dire che il territorioviene letto e rappresentatoattraverso modalità tecnicheanalitiche che realizzanodescrizioni e consentonoconcettualizzazioni scevreda facili moralismi e tese amettere in luce i caratteridelle trasformazioni consu-mate ed in atto, con la con-vinzione, anche maturata inaltri campi disciplinari che ilcaos e la molteplicità figura-tivi di certi territori contem-poranei siano solo apparen-ti. Questo tipo di atteggiamentoin anni recenti è stato spes-so frainteso oltre che, inalcuni casi persino mala-mente utilizzato. Sono statespesso male interpretate lericche ricognizioni di spazi-territori sempre meno ricon-ducibili e rappresentabilicon le tradizionali categorieanalitiche. Non soltanto per-ché queste hanno spesso

Librie altro

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Urbanistica INFORMAZIONI

voli equilibri economici epolitici, in cui spesso contail legame forte del progetti-sta con uno dei poteri coin-volti nelle contrattazioniurbane.L’autore analizza in modoestremamente dettagliato ilrapporto tra il progetto diampliamento della città e lediverse istanze che vi con-corrono, da quelle istituzio-nali a quelle private, decli-nandole su casi di studioillustri, come dimostra l’am-pio spazio dedicato alla pro-gettazione della piazza di Po(l’attuale piazza VittorioEmanuele I), preso comecaso emblematico e rappre-sentativo.La seconda parte analizza iltortuoso processo decisiona-le legato alla formazione del“piano generale” per l’am-pliamento di Torino, unlungo iter iniziato nel 1842e conclusosi con l’approva-zione del piano dieci annidopo. Il decennio preso inconsiderazione (tra i primianni quaranta e i primi annicinquanta) rappresenta unpossibile momento di svoltaper alcuni dei fili interpreta-tivi che percorrono il lavoro.Le due parti stabiliscono traloro un rapporto complesso,fatto di dialoghi a distanza,rinvii, approfondimenti, e diintrecci di storie che hannotempi e scansioni diverse.Alcune delle domande che illibro pone toccano aspettidella società torinese chehanno ricevuto poca atten-zione da parte degli storici:le culture e le strategie delleelite urbane; le reti di rela-zione che le attraversano; leforme e gli equilibri delgoverno municipale, soprat-tutto negli anni dellaRestaurazione; le politichedello Stato per la città enella città. Si possono leg-gere queste pagine come uncontributo alla storia della

costruzione di una serie disaperi, pratiche, identitàburocratiche e amministrati-ve, reti sociali, modi di rap-presentare e affrontare laquestione urbana i cui filipercorrono i tempi lunghidella contemporaneità,prima e dopo il consolida-mento di un sapere discipli-nare dell’urbanistica e la suacrisi. Questi fili e percorsisono forse più visibili oggiche la gestione del rapportotra governo del territorio,trasformazioni urbane esocietà, sembra passare sem-pre meno attraverso il ricor-so a strumenti come quellodel piano. Nel testo si parla molto diprogetti urbani, di burocra-zie, di processi decisionali,ma il centro dell’attenzionedel lavoro è costituito dauna serie di distanze.Distanza tra il modo in cuiil governo urbano vienepensato e le pratiche attra-verso cui una città vienegovernata. Distanza tra larappresentazione che vienedata di alcune burocrazie ele forme della loro organiz-zazione e del loro funziona-mento. Distanza tra sistemidi regole codificate e logi-che, equilibri, pressioni chespingono la costruzionesociale dello spazio in altredirezioni. Queste distanzerappresentano uno dei trattipiù caratteristici e menoosservati di molte cittàdell’Ottocento e costituisco-no anche, probabilmente,una delle eredità più signifi-cative che quel secolo halasciato alla nostra culturaurbana.

Francesco Gastaldi

tra il modo in cui il proces-so della decisione si svolse eil modo in cui è stato rac-contato. L’analisi dei proget-ti di ampliamento di Torino,in questo periodo storico,consente di individuare iprocessi spesso tortuosiattraverso cui i progettiprendono forma, gli attoriche entrano in gioco, ilruolo e la crescita delleburocrazie, gli scontri trapoteri urbani.Il testo si organizza intornoad un nucleo problematico:il rapporto tra processi diburocratizzazione e processidi formazione delle decisioninel governo delle trasforma-zioni urbane. Le due parti incui è suddiviso il testo decli-nano il tema ragionando adiverse scale di osservazionee conferendo di volta involta preminenza analitica auno dei due termini: leburocrazie e le decisioni.La parte introduttiva indivi-dua alcuni concetti chiavedi riferimento per poter leg-gere, nei due capitoli suc-cessivi, le sottili sfumaturedei giochi di potere che l’au-tore descrive. Viene analiz-zato, ad esempio, il ruolosvolto dai terreni pubblicinella crescita della città: laprima fase di espansioneavviene su importanti riser-ve demaniali, ricavate dallademolizione delle fortifica-zioni, mentre la secondafase riguarda per lo più ter-reni di proprietà privata, inuna continua tensione trastrategie di valorizzazionedei terreni pubblici e sceltecompiute per l’alienazione diquelli privati. Anche i per-corsi individuali compiuti inquesto periodo storico daesperti, architetti e ingegne-ri, forniscono un’illustrazio-ne efficace dei processi dicrescita urbana: il conflittotra saperi, tecniche e profes-sioni si combina con i mute-

Filippo De Pieri, Il controlloimprobabile. Progetti urbani,burocrazie, decisioni in unacittà capitale dell’Ottocento,FrancoAngeli, Milano 2005,ill. b/n , pp. 207, euro 22,00

Il nucleo originario di que-sto libro proviene dalla tesielaborata da Filippo De Pierinell’ambito del dottorato inStoria dell’architettura e del-l’urbanistica svolto presso ilPolitecnico di Torino. Il cor-pus principale del volumeriguarda l’analisi degli equi-libri politici, economici eburocratici sottesi alla piani-ficazione della città ottocen-tesca: in particolare in unacittà come Torino, investitadel ruolo di città simbolodel Regno sabaudo e, suc-cessivamente, del Regnod’Italia.L’autore compie un’indagineche va oltre l’immaginedella città ottocentesca comeambito di controllo, di ordi-ne e di regole, peraltro indi-spensabili in un’epoca digrande espansione urbana,per esplorare invece unarealtà nascosta, di giochi dipotere e di processi decisio-nali meno limpidi e raziona-li, di come sono stati rac-contati dalla storiografiatradizionale. Essi smentisco-no l’ipotesi di un ferreo con-trollo da parte delle istitu-zioni sui progetti di amplia-mento, controllo che, secon-do De Pieri, è quantomenoimprobabile.Il libro indaga il rapportofra burocrazie, regole, pro-cedure, formazione delledecisioni prese nel processodi espansione di una cittàcapitale nel periodo compre-so tra la Restaurazione el’Unità d’Italia. Lo spuntoper questo saggio nasce dalsospetto che, se si osservanoquesti fenomeni con suffi-ciente attenzione, si puòscorgere una serie di fratture

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Urbanistica INFORMAZIONI

dimensioni fisica (space) esociale (activity) – diventa ilcontesto entro il quale è pos-sibile valutare l’efficacia del-l’azione dell’urban design e lasua capacità di generare pro-cessi di riqualificazione urba-na ecologicamente e social-mente sostenibili. Il libro propone una signifi-cativa mole di teorie, pratichee metodi, organizzati secondouna scansione per ‘contesti’(locale, globale, economico eregolativo) e per ‘dimensioni’(morfologica, percettiva,sociale, visuale, funzionale etemporale). Gli autori condu-cono il lettore attraverso unarilettura di riferimenti teorici- il contributo più significati-vo dell’opera – con accosta-menti in alcuni casi inediti:la dimensione processuale delpolicy making di matriceanglosassone con le compo-nenti tradizionali dell’urbandesign statunitense, il socialusage di Lynch, della Jacobse di Alexander con la tradi-zione dell’art urbaine di inzio‘900 e con quella del town-scape britannico, il recuperocritico della cultura tecnicadell’urbanistica con quelladell’ingegneria municipalista. Il processo di affermazionedell’urban design come prati-ca professionale autonoma -che ambisce a diventare parteintegrante di tutti i livellidell’urbanistica e dell’archi-tettura - necessita di percorsiformativi specifici, giàampiamente riconosciutidalle università britanniche.La struttura manualistica del-l’opera, la ricchezza dei rife-rimenti, dei casi studio edelle tecniche proposte collo-cano Public places urbanspaces tra i testi di riferimen-to per gli studenti e i profes-sionisti dell’urban design.

Alessandro Santoro

Matthew Carmona, StevenTiesdell, Tim Heath, Taner Oc,Public Places - UrbanSpaces. The Dimensions ofUrban Design, ArchitecturalPress, London 2003, ill. b/n ecolori, pp. 320

I molti testi che negli ultimianni affrontano il tema del-l’urban design in GranBretagna pongono come ine-ludibile la questione delladefinizione. Una costanteoscillazione disciplinare tracompetenze diversificate eposizioni contrapposte fa del-l’urban design un campo daiconfini tuttora incerti. Gliautori confermano l’esistenzadi un alto livello di confusio-ne, che porta ad associaresbrigativamente l’urbandesign al townscape o alrestauro urbano e a identifi-carlo con le battaglie delprincipe Carlo sulla qualitàestetica dello spazio costrui-to. La necessità degli autoridi ricorrere a numerosi sche-mi, box riassuntivi e tabelleesplicative, rivela la difficoltàdi giungere ad una sintesicondivisa su temi, metodi eriferimenti. Public places urban spacespropone una lettura dell’ur-ban design in chiave proces-suale, nella quale il termine‘design’ assume i contorni diuna pratica esplorativa didecision making più che diuna mera applicazione diprincipi compositivi. Un taleapproccio (che gli stessi auto-ri definiscono olistico) richie-de una visione integrata dellapratica progettuale in cuiconvergano una molteplicitàdi saperi, in grado di coniu-gare gli aspetti visivi ed este-tici della forma urbana conuna forte consapevolezzasociale delle domande espres-se dai gruppi di utenti. Laripresa del concetto di publicrealm come luogo e scenadella vita pubblica - nelle sue

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Nel prossimo numero:

Una rinnovata stagioneper la pianificazioneterritoriale intercomunale

Multifunzionalità esostenibilità per unapproccio territorialealle politiche comunitarie disviluppo rurale

Urbanistica DOSSIER90VISIONIEsperienze urbanistichedal Comune di Vicenza

a cura diLorella Bressanello,Franco Zanella,Daniele Rallo

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