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Editoriale

25 Febbraio 2005

Carissimi e pazienti lettori, mi è capitato recentemente di assistere ad una discussione attorno allaprofanità e al sacro. Niente di nuovo sotto il Sole, o forse in questo caso meglio sarebbe dire laLuna, visto che da secoli insigni esoterologhi si accapigliano attorno a tali concetti. Cos'è per te ilSacro, chiedeva l'uno all'altro, e questo di rimando insinuava come egli avesse una visione profanadel sacro. Se i feroci contendenti si fossero resi conto che il dissidio fra loro era causato da unduplice problema comunicativo, sicuramente la “lotta” avrebbe cessato di essere all'istante.Il primo problema risiede nella relatività di molteplici termini che usiamo, espressione dellamutevolezza del nostro essere. La comunicazione fra gli uomini è impresa ben ardua, ognuno di noiè come un albero nelle mani di un (in)capace giardiniere, dove quest'ultimo è rappresentato dallacultura, la società, la lingua, e le esperienze personali. Elementi che formano, plagiano, e rendonol'uomo quello che è, ma mai quello che crede di essere. Due, e non uno, problemi..... L'altro aspetto è dettato proprio dalla natura del Sacro, posto all'interno del recinto intimo,espressione del nostro lavoro, della nostra ascesa verso la conoscenza di noi stessi, e proprio perquesto incomunicabile. Chi mai ha compiuto le nostre fatiche, partendo dalla nostra collocazionelungo il braccio orizzontale e verticale della Santa Croce ? Neppure Ercole stesso.

Cordialmente

Filippo Goti

Lex Aurea n° 9

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Indice

Viaggio Astrale - Teoria e pratica del sogno lucido.......................................................... 4

Estendere i Confini - La Percezione della Normalità ......................................................7

Logos ...................................................................................................................... 11

Astronomia e Feng-Shui............................................................................................. 13

Breve indagine sul Serpente Piumato azteco................................................................ 14

Le Preghiere di Mere L’aspetto mistico-devozionale dello yoga integrale......................... 17

Fratellanza Universale e ricerca del Sacro.................................................................... 22

I CAVALIERI TEMPLARI.............................................................................................. 23

Il Caino Gnostico....................................................................................................... 36

Acqua e Spirito.......................................................................................................... 39

I Livelli della Pratica................................................................................................... 41

Hanno collaborato:

Luigi Paioro; Paola Magnani; Filippo Goti; Antonio D'Alonzo; Fabio Petrella, Pino Landi,Guglielmo Bottai, Loggia Solare, Carlo Caprino

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Viaggio Astrale - Teoria epratica del sogno lucido

di Luigi Paioro

INTRODUZIONE

A tutti sarà capitato, almeno una volta nellavita, di vivere un sogno talmente realistico daessere convinti di non dormire, ma di vivere incarne ed ossa tale circostanza. A volte saràcapitato anche di rendersi conto di staresognando ed in qualche modo di essere ingrado di pilotare il sogno. Bene, la pratica delsogno lucido consiste proprio nel riuscire avivere volontariamente questa condizione, e disfruttare lo stato onirico al fine di indagare imisteri dell'uomo e del creato.

In occidente, quello che la scienza chiamasogno lucido, gli ambienti esoterici lo hannochiamato viaggio astrale. Questo termine derivadal fatto che, oltre alle quattro dimensionispaziotemporali, viene considerata una ulterioredimensione, di natura sostanzialmentemisteriosa, denominata piano astrale, nellaquale soggiace l'éidolon1, detto anche corpoastrale, la quinta componente del complessocorpo umano, riconducibile ad una sorta dinatura sottile del veicolo dell'individuo. Durante ilsonno, il corpo astrale si distacca dal corpofisico rimanendone connesso mediante ciò cheviene detto cordone d'argento, e quello cheviene vissuto e sperimentato nel sonno èl'avventura del corpo astrale in questo pianodimensionale svincolato dalle leggi fisiche dellarealtà quadridimensionale. In oriente, ilbuddismo tantrico del Tibet parla del corpoastrale in termini di vajrakaya, e del viaggioastrale come di yoga del sogno2.L'allontanamento dell'éidolon dal corpo fisicoviene vissuto come un fenomeno disdoppiamento dell'individuo, pertanto si parlaanche di “sdoppiamento astrale”, specie se lacosa viene fatta coscientemente. In questi casisi parla anche di OBE (Out of Body Experience),ossia “esperienza fuori dal corpo”.

La pratica del viaggio astrale può verificarsiin due modalità: la prima (e più comune)consiste nella presa di coscienza durante il

1 In greco έιδωλον significa “immagine” oppure“simulacro”.

2 Per approfondimenti si veda l'articolo Liberarsi dallasofferenza.

sonno; la seconda, nel volontario distaccodell'éidolon a seguito di opportune pratiche dirilassamento e induzione allo sdoppiamento.

Benché entrambe le modalità si fondano suuna base comune, ossia avere piùconsapevolezza di sé, possono essere stimolatesfruttando principi differenti. Qui di seguitospiegherò tali principi.

PRESA DI COSCIENZA DURANTE IL SONNO

La presa di coscienza durante il sonnoavviene, solitamente, dopo le prime quattro oredi sonno profondo, ovvero quando il veicolofisico si è già in parte ritemprato e il riordinomentale è stato in gran parte già svolto. Inquesta fase si comincia a sognare di più ed inmaniera più lucida e può succedere che,osservando gli eventi circostanti, nel momentoin cui ci si rende conto che ciò che accade haqualcosa di strano e di non comune rispetto allaquotidianità, allora si prenda coscienza di nonessere nel piano fisico ma in quello astrale.Infatti è proprio questa una delle ragioni per cuidormiamo sognando e non viaggiando in astralecoscientemente: perché viviamo l'illusione delsogno come fosse la realtà nel piano fisico.

Ora, per stimolare questo tipo di presa dicoscienza è importante essere realmente piùcoscienti anche nel fisico: l'illusione che viviamoda svegli è la stessa illusione che viviamodormendo, per questo non ci accorgiamo delladifferenza. Quindi diventa necessario risvegliarela nostra coscienza. Risvegliare la nostracoscienza vuole dire soprattutto essere piùpresenti, pertanto è importante sforzarsi di porrecome proprio centro di gravità coscientivo ilproprio essere qui e ora. Laddove la nostraillusione e fantasticheria mentale ci proietta, là èla nostra coscienza; quindi se viviamoproiettando il nostro pensiero al passato ofantasticando sul futuro, immaginandoci alleMaldive o costruendoci mentalmente ipotetichesituazioni di vita quotidiana, lì è la nostracoscienza, imbrigliata in un turbinio di vanipensieri.

Quando si è più presenti, si è ciò che si è, ela nostra coscienza è dove noi siamo. Peressere essere più presenti si può praticarefrequentemente la cosiddetta chiave SOL(Soggetto, Oggetto, Luogo: domandarsi "Chisono? Che faccio? Dove sono?" cercando direndersi conto veramente di tutto questo), viverein continua auto-osservazione, e sfruttaretecniche di risveglio della coscienza mediante lasua alimentazione energetica. Quest'ultima puòessere effettuata attraverso la trasmutazione

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dell'energia creatrice, praticando, ad esempio,durante la giornata, il pranayama3. Quello chequalunque individuo può verificare su sé stessoè come proprio grazie all'alimentazione dellacoscienza con il pranayama, risulti essere piùnaturale e spontaneo praticare la chiave SOL el'auto-osservazione stesse, generando così unprocesso di mutua stimolazione tra la coscienzae i metodi di risveglio della stessa.

Tutto questo deve essere coaudiuvato da undiligente lavoro di eliminazione dell'ego (ossial'insieme dei costrutti psicologici, specialmentequelli negativi, che ingenerano illusione edincoscienza), lavoro che, anche in questo caso,è facilitato da quanto detto prima e siconcretizza della meditazione e nella preghierarivolte a questo scopo. Se una persona si trovaprigioniera in una stanza, come si può fare persentire cosa dice? Le cose sono due: o lapersona urla più forte e si fa in modo dirafforzare la sua voce per essere più efficace, osi assottigliano le pareti della stanza e le sipratica dei buchi; la condizione ottimale èabbattere totalmente le pareti della stanza erafforzare la voce della persona. Alimentando lacoscienza se ne rafforza la voce, distruggendol'ego la si libera dalla prigione.

Un esercizio utile è proprio quello didomandarsi continuamente: «Sono nel fisico oin astrale? Sogno o son desto?»; vedretequanto spesso questa cosa sembri dubbiaanche nel fisico. Questa abitudine a cercare diessere presenti si ripropone durante il sonno,stimolando la presa di coscienza in astrale.Bisogna ottenere più coscienza nel fisico peravere più coscienza in astrale.

SDOPPIAMENTO VOLONTARIO

Anche in questo caso l'essere più coscienti ècondizione necessaria allo sdoppiamento, madurante la pratica vera e propria devono esseresoddisfatte anche altre importanti condizioni.

Sicuramente un adeguato rilassamento delcorpo è una condizione indispensabile allapratica; è importante avere un minimo di sonnoe non avere stimoli esterni che possano inficiarela pratica di sdoppiamento astrale. Questistimoli esterni possono essere rumori vari,temperatura inadeguata (troppo freddo o troppocaldo) e posizioni scomode.

Soddisfatta questa condizione allora sipossono sfruttare alcuni elementi induttivi tipo

3 Temine sanscrito che indica delle tecniche yoga dicontrollo del respiro. In occidente troviamo qualcosa disimile nell'esicasmo.

dei mantra4 o delle preghiere. I mantra e lepreghiere hanno la funzione doppia di rilassare ilcorpo e tenere concentrata e viva la coscienzaper restare padroni di sé durante il distaccodell'eidolon. Naturalmente si possono invocaremaestri5 o parti del proprio essere6 affinchéfavoriscano la riuscita della pratica.

Un elemento importantissimo èl'immaginazione. Vorrei approfondire un po'questo tema in quanto risulta rilevante percomprendere la radice comune di alcunetecniche di sdoppiamento. L'immaginazione hala facoltà di plasmare coscientemente evolitivamente il potere operativo. Quando lanostra immaginazione è dominata dai motiturbolenti dell'ego, diventa fantasia,fantasticheria. Ma tale fantasticare trascinadietro di sé la coscienza, così come è statospiegato in precedenza: laddove ciimmaginiamo d'essere, là è la nostra coscienza.Da qui si spiega perché spesso la pratica disdoppiamento implica un esercizio diimmaginazione da parte del praticante; alcunetecniche spiegano che ci si deve immaginarefluttuanti a qualche decina di centimetri dal letto,altre in piedi nella stanza, altre ancora in unqualche luogo7. Questo perché nel momento incui noi poniamo la nostra coscienza in un puntopreciso, allora il passo successivo di migrazionedell'éidolon in quel punto risulta facilitato.

È importante sottolineare come proiettarsi inqualche luogo non significhi elaborare unaimmagine sbiadita, ma reale al punto di avere lacertezza di trovarvisi. Questa attitudine alcompleto convicimento immaginativo volontarioè qualcosa di indistinguibile dalla fede. A benriflettere, ci si può domandare quale sia ladifferenza tra la fede e l'immaginazione, tra lafede e la ferma convinzione volitiva. Da qui sicapiscono le parole di molti maestri quandoaffermano che bisogna avere una fede

4 Alcuni mantra molto noti sono il FA-RA-ON, LA-RA-S,EGIPTO, TAI-RE-RE-RE, ed altri ancora.

5 In linea di principio va bene qualunque maestro, speciequelli a cui il praticante è devoto, ma è chiaro che sonopreferibili maestri che hanno fatto voto di aiutarel'umanità.

6 Per “parti del proprio essere” si intenda quellepotenzialità illuminate dell'uomo, a lui stesso ignote inquanto connaturate con la sostanza più divina delproprio essere. Le parti dell'essere a volte simanifestano come apparizioni di entità autonome edautocoscienti rispetto l'individuo stesso, il quale leidentifica con divinità, angeli e maestri.

7 Ad esempio, durante la vocalizzazione dei mantra egiziFA-RA-ON e EGIPTO ci si può immaginare tra le piramidiegizie.

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d'acciaio, cosa che in effetti deve essereapplicata ad ogni pratica esoterica e spirituale.Questa è la chiave di comprensione del poteredella fede, che è immaginazione creativa eplasmante sotto la spinta volitiva.

LA MOTIVAZIONE

Ora, qui nasce un altro importante punto,ovvero quello della motivazione all'ottenimentodello sdoppiamento astrale indotto o della presadi coscienza nel sogno lucido. Il praticante habisogno di comprendere bene quale sia il motivoche lo spinge a voler vivere l'esperienza delviaggio astrale. Vale la pena spendere qualcheora di meditazione su questo punto, in quanto èsolo se si ha una motivazione forteall'ottenimento dello sdoppiamento o della presadi coscienza che tale esperienza ha successo;questo per i motivi sopra esposti: una fortemotivazione, stimola l'entusiasmo che diventafede incrollabile. Tale fede è l'immaginazioneattiva necessaria alla riuscita della pratica (ed inverità di ogni pratica). Spesso il fallimentodipende proprio dalla mancanza di unamotivazione forte, e quindi di un requisitofondamentale per dar forza al poteredell'immaginazione e della volontà.

Compresa la motivazione, ad essa vaassociata la determinazione al successo nellapratica e la ferma convinzione di ottenerlo. Puòessere utile darsi un obiettivo a termine, cioèdeterminare entro quanto tempo l'impegno nellapratica debba sortire il suo risultato.Tipicamente ci si pone come obiettivo quello diottenere il risultato entro la notte stessa, ma avolte qualcuno è disposto ad aspettare ancheuna settimana. Sapere che entro una certascadenza si debba avere il risultato atteso, portail praticante ad un impegno e ad uno sforzo divolontà associato ad un naturale stato di attentapercezione dei fenomeni, adatti al successonella pratica.

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Estendere i Confini - LaPercezione della Normalità

di Paola Magnani

* * *

“La mente che si apre ad una nuova ideanon ritorna mai alla dimensione precedente.”

Einstein

La percezione extrasensoriale ha sempre colpitoed affascinato l’immaginazione e, secondol’epoca o la cultura, è stata vista come segno didivinità, possessione o malattia. Solo negli ultimidecenni la scienza ha riconosciuto che alcunecapacità, al momento poco comprese, sonoconnaturate all’uomo benchè latenti.

Chi segue un percorso evolutivo attende lamanifestazione di doti ritenute superioridesiderando sperimentare la realtà ampliata chene deriva. Alcune volte, però, la tenera gemmadella loro presenza non è riconosciuta proprio acausa di quanto ci si aspetta, poichè la pienezzadi alcune capacità - nell’immaginario - è a talpunto standardizzata da impedire ilriconoscimento delle sue espressioniintermedie. E’ come vedere un albero solo daifrutti o dai fiori, e non d’inverno quando èspoglio di ogni ornamento. Mancando questoriconoscimento, si manca la possibilità disviluppare più rapidamente proprio quantomaggiormente desiderato.

Chi si accorge del suo iniziale germoglio, ha lafelice opportunità di nutrirlo osservandone lacrescita in piena consapevolezza. Laconsapevolezza che permette questoriconoscimento è direttamente proporzionalealla consapevolezza che si ha verso tutte lemanifestazioni della vita. All’interno di questoprocesso, d’altra parte, ci sono atteggiamentiinvolontari che boicottano quanto si cerca con

impegno e passione.

ESTENDERE IL CONFINE DELLANORMALITA’

La paura che l’uomo ha dell’ignoto edell’incontrollabile è connessa al suo istinto diconservazione.

La normalità è una linea di demarcazionepiuttosto arbitraria che delimita e separa ilrazionale dall’irrazionale, l’accettabiledall’inaccettabile, il conosciuto dallosconosciuto.

La normalità è come un campo arato e seminatoanno dopo anno, ben sorvegliato e recintatoaffinchè animali selvaggi e piante infestanti nonne mettano a rischio la resa prevista. Ilparanormale è tutto quello che si scorge aldilàdello steccato, a perdita d’occhio, oltre la lineadell’orizzonte.

In realtà la normalità è l’Esistere con la suamiriade infinita di trasformazioni e differenze, glisviluppi imprevedibili, i cambiamenti di stato e lemodificazioni genetiche. Quello che si è solitidefinire “normale” è un banale e limitatosottoinsieme nel più grande insieme del Tutto.

Estendere il limite del concetto di normalitàdiventa inevitabile, ad un certo punto delcammino, volendo espandere consapevolezza epercezione. La percezione extrasensoriale puòsvilupparsi solo se non considerata estranea ediversa da una supposta normalità. Per farlo ènecessario rivedere quei (pre)concetti individualisu cosa è normale o anomalo, accettabile oinaccettabile, vero o falso all’interno del propriovissuto. Non può essere semplicemente unacomprensione intellettuale, un “credere che …”,ma piuttosto un comportamento nellaquotidianità, se si vuole ampliare la percezionenella realtà e non nella fantasia.

Non accettare le differenze della vita e delle suemanifestazioni come realtà normale e legittima,inibisce nell’intimo l’espressione di quelladiversità che, in fondo, si desidera promuoverein se stessi. Essendo l’uomo uno in sè e con ilTutto, la paura proiettata ritorna di riflesso - inun gioco di specchi interiori ed esteriori – suogni aspetto della realtà individuale.

Chi vuole manifestare le proprie potenzialità,

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deve confrontarsi con l’atavica paura dellosconosciuto/imprevedibile e con il suoparametro di coerenza, allargando poi in modocontinuo e costante i limiti dell’accettazione:limiti mascherati dall’abitudine e dalleconvinzioni personali, spesso sostenuti da unalogica inoppugnabile e perfettamente coerente.Ogni cosa deve essere valutata quale aspettoapparente, temporaneo, non sostanziale esuscettibile di cambiamento, onde non perderel’opportunità di maggior sperimentazione esaggezza che la Vita sempre offre a chi le siaffida con fiducia.

SPOSTARE L’ATTENZIONE

Gli impedimenti all’espansione della percezionesono spesso dati – anche qui - più daun’abitudine mentale che da altro. All’inizio dellasua esistenza terrena, il nostro cervello registra idati in entrata e costruisce con essi un archivio,al quale poi successivamente noi ci limitiamo –anche nel senso di “auto-limitazione” –accettando solo ciò che corrispondeall’archiviato, quando - addirittura – non ne“anticipiamo la conclusione” secondo uncopione prestabilito da determinate esperienze.E’ un meccanismo dell’evoluzione utile persemplificare e rendere sicura una vita impostatasulla ripetizione e l’automatismo, ma che sitrasforma in una sfida impegnativa per chi vuoleandare oltre.

L’ovvietà è un altro meccanismo che devia ilflusso di nuove informazioni verso i reparti del“già lo so”, così del nuovo si vede solo ciò chesomiglia al già noto e tutto il resto diventainvisibile. Si dovrebbe tornare bambini peravere la spontaneità dell’osservazione,superando la dipendenza da un’autorità esternache definisce cosa e come osservare. Si trattadi tornare ad osservare smantellando quellestrutture mentali che cultura, educazione edesperienze precedenti hanno - più o menoinconsapevolmente - costruito. Si tratta di ri-verificare la realtà personale costruita dallenostre strutture mentali individuali.

L’interpretazione procede parallela alcondizionamento della percezione. Si dovrebberiuscire ad osservare quanto ci troviamo difronte senza attribuire significati o motivazioniche vengono spontanee a motivo delle strutturesu cui poggiamo, permettendoci invece di nonlasciarci ingannare dall’apparenza, laddove

l’apparenza è la nostra interpretazione.Quando ci si permette di sospenderemomentaneamente ogni aggettivo,concedendo a noi stessi, all’altro o alla cosa insé, ulteriore tempo e spazio, è possibile notareparticolari passati inosservati ad una primaocchiata o percepire sensazioni interiori cheilluminano differentemente ombre e colori dentroe fuori di noi.

Gli inganni ottici sono giochi di prospettiva cherendono bene questa idea. Negli stereogrammi,per esempio, si deve mettere diversamente afuoco lo sguardo nell’apparente caos di colori elinee, per “vedere comparire”, come per magia,quell’immagine che non esiste affattoall’osservazione normale.

ESTENDERE IL CONFINE DELLAPERCEZIONE

Il termine percezione indica sia l’atto chel’effetto del percepire ed è relativo tantoall’aspetto fisico quanto al mentale. E’ unaparola ambivalente e dalle molteplici accezioni,anche se il suo uso è in modo particolareutilizzato nella filosofia e nella fisiologia. E nonper caso.

La percezione è data da stimoli mediati sia daicinque sensi fisici che dai loro corrispondentisensi sottili. Pertanto è la percezione elaboratache definisce la realtà concepita da ciascuno.Come i cinque sensi fisici sono i sensori chemettono in contatto la coscienza con un mondodefinito “esterno e materiale”, così i sensi chedefiniscono la percezione extra-sensorialerilevano un mondo altrettanto tangibile tramitesensori dalla differente sensibilità, atti asconfinare i limiti del primo gruppo.

Chi pratica delle tecniche, sviluppanaturalmente la capacità percettiva, solo chemolte volte non ne è consapevole: nonriconoscendola, non la esercita - nonesercitandola, non la rafforza. Quando sicomincia a prendere coscienza di uno statopercettivo, a volte già qualcosa è in atto ed èquesto qualcosa che va individuato, perché puòdiventare l’aggancio verso ogni altro sviluppo. E’opportuno osservarsi per individuare la propriacaratteristica peculiare o di partenza. Tuttesono disponibili, ma - all’inizio in special modo –una o due si mostrano più consone, facili oevidenti.

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Per esempio, moltisssimi, frugando nellamemoria, hanno uno o più ricordi dimanifestazioni o stati fuori l’ordinario, poi“dimenticati”. Invece di essere mantenuti nellaconsapevolezza del proprio vissuto, sono statietichettati come stranezze accidentali oppureimmaginazioni, rifiutati come inspiegabili oirreali, e dunque non riconosciuti comemanifeste espressioni di se stessi. Questeesperienze andrebbero ri-vissute, ri-considerate ed osservate per rintracciare imeccanismi che le hanno prodotte, cercando diindividuare così quella capacità che stavatentando di uscire alla luce del sole.

ABBANDONARE ASPETTATIVA E GIUDIZIO

Ciò che può distrarre la persona dalriconoscimento delle sue capacità èl’aspettativa di una manifestazione eclatante esenza passi intermedi: cosa che in genere nonsuccede a chi opera seguendo un percorso disviluppo, dovuto appunto al modo di operareprogressivo.

Molto si svolge in sordina, nella penombra, inun’area dove la razionalità non ha accesso, maregnano creatività, imprevedibilità eirrazionalità. Ed è con questi tre aspetti dellanostra natura che occorre entrare in confidenzaal fine di nutrire l’espressione delle nostrecaratteristiche particolari.

Ad un certo punto, infatti, non si tratta più dipraticare tecniche per lo sviluppo dell’aspettosensitivo ed irrazionale in un “ambienteprotetto”, ma di osare nel concreto. Tutti glisforzi profusi nelle tecniche (aspetto razionale)possono essere inefficaci se non viene datoaltrettanto spazio ed attenzione a ciò chepotrebbe svilupparsi (aspetto irrazionale).Portare alla luce quello che è latente significatrasferirlo nella quotidianità, perché è con il suouso nella vita ordinaria che può rafforzarsi.

Per esempio, se sembra in via di sviluppol’intuizione, rafforzarla significa dare credito aquei pensieri o quelle sensazioni che potrebberoprovenire da questa facoltà. Certo, si puòconfondere come intuizione anche un pensierocampato in aria o un desiderio inconscio, ma - difatto - non si conoscerà la qualità di ciò che ci èpassato per la mente finchè non l’avremo‘manifestato’, rischiando anche grossolani errori

e situazioni imbarazzanti. Il paradosso è che senon si mette alla prova quanto sta emergendo,se non gli si dà la possibilità di temprarsi nellamanifestazione, non è possibile esercitare edaffinare la percezione di ciò che è o non è. Inquesta fase può aiutare il non prendersi tropposul serio.

Nello sviluppo della propria percezione, occorreabbandonare ogni forma di giudizio evalutazione dei risultati mentre si tenta di entrarein confidenza con questi aspetti dai contorniindefiniti. Letture sul tema ed esempi famosipossono essere di stimolo ed offrire spuntioperativi, ma tenendo presente che, sel’avvenimento visto da fuori è quello che tuttisembrano osservare, rimane assolutamenteindividuale come questo è vissuto osperimentato dalla persona che lo produce.

L’aspettativa e il giudizio poggiano e sideterminano in base a dati esterni e,nell’affrontare lo sconosciuto, il conosciuto nonha più la valenza prevalente su cui si basa tuttal’esperienza del mondo “normale”. Solo lanormalità ha parametri che la definiscono, al difuori di essa i termini di paragone sono semplicimisure approssimative.

IL TERZO E’ DATO

Il metodo scientifico poggia sulla “ripetibilità”dell’esperimento: alla logica necessita laripetibilità per poter analizzare, verificare econfrontare ciò che le sta di fronte, e secondoquesta visione solo ciò che è reiterazione rientranei parametri di “realtà”. Di nuovo, questoconcetto non è applicabile durante le fasi inizialidelle capacità latenti, che si generanonell’imprevedibile e nell’estemporaneo,sembrando soggette più alle leggi del caos chea quelle della logica.

La difficoltà nel definire la ‘qualità’ della propriaesperienza, si deve proprio alla visione delmondo cui siamo esposti sin dalla nascita. Lapretesa di conoscere in modo logico e lineare ilperché e il come entra in conflitto conl’espressione della facoltà latente che per molti,all’inizio, è svincolata dallo spazio, dal tempo e –soprattutto – dal controllo cosciente.

Per esempio, molte volte queste facoltà simanifestano spontanee in momenti di necessitào pericolo, altre volte in stati di

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semincoscienza, altre ancora durante intensisforzi fisici o mentali, cioè situazioni in cui sipuò dire che la logica e la razionalità‘collassano’ o vanno ‘in tilt’. In queste occasionici si chiede chi o cosa abbia agito, vedendolocome un intervento esterno. In realtà è unavvenimento interno, cioè messo in moto da unaspetto di noi che non conosciamo solo perchénessuno ce l’ha mai presentato.

Lo sviluppo di una percezione ampliata siottiene accettando volontariamente di‘contenere’ parte della propria razionalità perdare all’irrazionale e alla sensitività quella libertàmolto temuta, probabile fonte di sviluppiimprevedibili. La nuova capacità nasce dallacontinua interazione tra illogicità e razionalità, enon può formarsi esclusivamente da una delledue. Si genera quando questi due aspetti dellamente umana sono entrambi maturi, sviluppatied utilizzati. Per quanto improprio, si potrebbedire – a titolo di similitudine – che si forma un“terzo cervello”.

Questo terzo è dato e non condensa e nonsovrintende i due da cui si è sviluppato: cioè nonè una percezione che li riassume o li governa.Ciascuna modalità rimane distinta ed autonoma:razionalità ed irrazionalità conservano le lorocaratteristiche e le loro competenze, mentre laterza modalità esiste a sè stante e provvede inmodo autonomo e diretto al funzionamento dellapercezione extrasensoriale, delle manifestazioni‘paranormali’ ed altro. Chi ha (o ha avuto) mododi vivere una situazione o stato ‘anomalo’ può (oha potuto) sperimentare questa completaautonomia, dove l’azione intervienedirettamente, senza alcun coinvolgimentointellettuale, in assoluta libertà e perfettaconoscenza.

PER CONCLUDERE

Coloro che ci hanno preceduto in questo viaggiohanno sempre definito l’espressione dellefacoltà latenti di secondaria importanza. Faredelle facoltà paranormali un indice di evoluzionespirituale è altrettanto limitante come pensare ilmondo percepito dai cinque sensi fisici comerealtà definitiva e immutabile.

Il desiderio di sviluppare la percezione puòessere da sprone per esercitare tecniche i cuibenefici si estendono nell’invisibile, ma pensareche le manifestazioni paranormali siano il

massimo ottenimento è non avere bencompreso la grandezza della coscienza.

Tutto ciò che la mente umana può pensarecome apice dell’esperienza, della comprensionee della conoscenza, è semplicemente ungradino di una scala infinita. La percezioneextrasensoriale è utile per una comprensionepiù profonda e particolare del mondocomunemente inteso, predisponendo ilriconoscimento degli aspetti e dei processisottostanti e generanti la manifestazione,maschera visibile di realtà invisibili.

La percezione extrasensoriale, ben lungidall’essere il punto d’arrivo, è semplicemente unaltro strumento di indagine disponibile ad uncerto punto del cammino. Come il ricercatorescientifico utilizza ed acuisce i suoi sensi fisiciper approfondire ed estendere la conoscenzadelle innumerevoli meraviglie del mondo fisico,così il ricercatore metafisico può utilizzare edacuire la sua percezione per vivere sempre piùl’esperienza di quella Realtà che trascende iconcetti culturali di normalità/paranormalità -regola/eccezione - ordine/caos, e la cuiincommensurabile vastità e varietà si dispiega esi concentra nell’ “Esistere”.

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Logos di Antonio D'Alonzo e Filippo Goti

Il termine "logos" può essere tradotto in tantimodi, perché storicamente ha assuntoconnotazioni diverse. Non è quindi importantestabilire il significato originale, quanto piuttosto isignificati che esso ha di volta in volta assuntonella riflessione filosofica greca e, più ingenerale, occidentale. Presso i Greci, "Logos"può indicare sia il "discorso" (lat. ratio, o-ratio),sia il "calcolo". Già per Eraclito, però, ènecessario distinguere tra logos o ragioneindividuale e logos universale: tutti gli uomini,partecipano ad una "legge universale", ad un"ordine universale" (altro significato di "logos"),se solo distolgono lo sguardo dalle cose terrenee caduche. Questo Logos universale, èidentificato anche con il "fuoco" divino, che vivedentro tutti gli uomini. Con Platone il "Logos"diventa la capacità di fare dei discorsi veri, ingrado di resistere al fuoco confutatorio delladialettica. Nel "Sofista" le idee partecipandotanto dell'identico, quanto del diverso,comunicano tra di loro e rendono possibilequella "complicazione", "comunicazione" chesola assicura il discorso (logos), ossia ilpensiero. Con Platone si ha quindi il passaggiotra "discorso" e "ragione": il logos diventa lacapacità di fare discorsi veri. Platone poidistinguerà la conoscenza come formata dadiversi gradi di perfezionamento("Immaginazione"/eikasìa; "credenza"/pìstis;"ragione"/diànoia; "intellezione"/nòesis). Lospostamento del significato semantico deltermine "logos" dal senso originario eracliteo("fuoco divino" "Ragione universale") a quelloplatonico ("discorso vero") è perfezionato daAristotele che fonda la "logica" in quantoscienza del pensiero e del linguaggio. PerAristotele, sul piano spirituale, è invecefondamentale l'intelletto "attivo", il nous, facoltàcomune all'uomo e a Dio, che permette dipensare quel pensiero che Dio ha di se stesso(Etica Nicomachea). Per Plotino si devedistinguere tra la mera ragione "calcolante"(loghismòs) e la capacità di cogliere l'altropensiero (logos) che determina l'impulso

ascetico come cammino di progressivo distaccoverso l'Uno, ma la facoltà capace d'identificarsicon l'Uno è l'"intelletto", lo "spirito", il noùs. Fucomunque Filone d'Alessandria, ebreoellenizzato, ad elaborare le originarie concezionigiudaiche, identificando il pneuma (spirito) con ilnoùs (intelletto attivo aristotelico e delneoplatonismo). il ruah biblico fu quindiidentificato con il nòus greco ed ecco il perchédella celeberrima espressione "All'inizio era ilVerbo". Infatti la Sapienza di Dio è identificatada Filone con il mondo delle idee platoniche odegli archetipi contenuti nella mente di DIo.Questi pensieri divini ed eterni sono contenutidall'eternità (dall'inizio") nella mente di Dio, cheegli chiama logos, Ragione divina che governa ilmondo (concetto per la verità anche stoico).All'"inizio era il Verbo" si riferisce proprio allamente di Dio che contiene prima della creazionestessa, gli archetipi eterni. Erroneo però sarebbe tradurre, ricondurre, osemplicemente associare il Logos a mediazione,o numero. In quanto esso non media fraCreatore, Creato, e Creatura, è egli stesso unacreazione, e veicolo a sua volta di creazione.Mediare implica una reciproca volontà disintetizzare due posizioni antitetiche, ocomunque distanti. Può forse il Creatore,l'Origine Immanifesta, abbandonare la propriaperfezione a favore di una condizionecomunque deficitaria rispetto alla precedente ?Sicuramente ciò non è possibile. E' la creaturache trascendendo la creazione, e quindi sestessa, tende alla perfezione, e non certo ilCreatore all'imperfezione. Ancora il Logos non ènumero, o più precisamente non è solamentenumero, in quanto è anche strutturazione eregola: insieme. Cosa altro è il verbo se non unsoffio di vita, articolato in espressione sicompiuta ma anche dinamica. Il logos è l'ariache nasce dal fuoco del puro intelletto divino,che raffreddandosi si muta in delicata rugiada, asua volta destinata a dare vita all'elemento terra.Il verbo è vita, senza ancora forma, maportatore in se di ogni idea e matrice di vita. Nelsimbolismo cabbalistico la Lux Increatapromana dai tre veli negativi, e si infonde dandoforma nel Grande Anziano ( Kether ), e esso davita alla creazione, ancora animata dal soffiodivino, e dalla presenza divina. Assumendoquindi sembianze di un'onda sismica chealternativamente stagna dando vita a forme, esuccessivamente da esse, assumendoneproprie peculiarità, si irradia verso altre direzioni.Il verbo assume significato di presenza divina,

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tanto che è detto che essa non si ritiri dallaCreazione, altrimenti questa seccherebbe comeun canale in cui non scorre più acqua.Per gli egizi il Ptah era il verbo, la paroladell'inconoscibile Nut. Il dio che forgia, e da vitaad Autum, il Re Sole. Il rapporto fra questadivinità e la misterica egizia può essere dedottoattraverso la lettura di un passo rinvenuto in unastele di Shabaka, sovrano della XXV dinastia:"Perché ogni parola divina ha origine a secondadi ciò che il cuore di Ptah ha pensato e che lasua lingua ha ordinato. Allo stesso modo furonocreate le fonti di energia vitale". Ancorapossiamo leggere: "Ptah-Tatenem mise almondo per prima cosa gli dei". Ptah strisciafuori dal grande lago oscuro, dalla fonteinconoscibile della vita, e solamente quando daessa è distinto, posto oltre i suoi limiti, ascendeal ruolo di divinità creatrice, di Artigiano checrea e modella la materia, assumendo però lesembianza di Atum. Nel tempio di Menfi, cittàvotata a Ptah, il gran sacerdote del dio porta iltitolo emblematico di Decano dei MastriArtigiani, perché in quel recinto sacro eranotramandati gli insegnamenti delle arti operativee speculative: architettura, scultura, medicina,arti magiche, falegnameria, e oreficeria. Ptahdeposita ogni segreto della creazione, che poitrasfonde sia a livello celestiale, che terreno adaltri artigiani, che modellano e riproducono infunzione delle proprie capacità. Per gli gnostici alessandrini il Logos è ilpensiero, il verbo divino, la Sophia, la primaipostasi, che separata dalla coscienza che l'hapartorita, produce effetti. Essa determina unduplice disconoscimento fra Ente pensate,pensiero, e azione sottostante. L'organizzazionedella materia, la creazione nel suo complesso, èfrutto di un pensiero che non riproduce latotalità, l'unità, della fonte prima. Determinandouna difformità fra creazione, pensiero, e entepensate ( il quale è altro rispetto alla sorgente ),sia un abbandono insostenibile, che provocanell'uomo cosciente un ardente desiderio diritorno, di abbandono della manifestazione inquanto imperfetta.Nel Vangelo di Giovanni il Logos siedeeternamente accanto a Dio:Giovanni 1:1 In principio era il Verbo, il Verboera presso Dio e il Verbo era Dio.Si evince una identità assoluta fra mentepensate, e pensiero, fra unità senziente edinamismo senziente. Nel proseguodell'introduzione al vangelo, che assume valorecosmogonico leggiamo:

Giovanni 1:3 tutto è stato fatto per mezzo di lui,e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò cheesiste.Giovanni 1:4 In lui era la vita e la vita era laluce degli uomini;Giovanni 1:5 la luce splende nelle tenebre, male tenebre non l'hanno accolta.

Tale rappresentazione del verbo assume quindiuna posizione cara alla teologia gnostica, e cioèassoluta identità fra la Luce, la Conoscenza, ela Vita. La conoscenza è il pensiero superiore,l'intelletto divino, il verbo di vita, che si manifestaattraverso la luce, diffondendo e animando lacreazione.

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Astronomia e Feng-Shuidi Fabio Petrella

In tutte le antiche civiltà grande importanzaveniva attribuita al culto dei morti. Non faeccezione la Cina: dall’antico libro dellesepolture (IV sec. A.C. circa) sappiamo che ilFeng-Shui veniva utilizzato per orientare letombe. In alcuni recenti ritrovamenti di epocaneolitica nella provincia cinese di Henan sonostate rinvenute, all’interno di un sepolcro, delleincisioni che rappresentano sul lato est undrago, sul lato ovest una tigre e al centro BeiDou, la costellazione del Gran Carro.Un’altra successiva immagine del cosmo,scoperta nelle tombe della dinastia Han,rappresenta la terra con la struttura quadrata diun cocchio, protetta da una copertura circolareche ricorda la volta del cielo.Una delle prime scuole cinesi di “geomanzia” sichiama Kanyu, dove kan significa “volta” e yusignifica “telaio”, con riferimento alla strutturadel cocchio, e, nella accezione più larga, cielo eterra, rappresentati su due piatti rotanti, unocircolare (maschile) ed uno quadrato(femminile). Attorno ad essi venivano segnati inomi delle 28 costellazioni dello zodiaco cinese,ripartite in quattro macro-costellazionifondamentali, corrispondenti a quattro divinitàcinesi: la Fenice porpora, il Drago ceruleo, laTigre bianca e la Tartaruga nera. Al centro ilGran Carro, il trono di Shang Di, la divinitàsuprema. I due piatti costituivano uncosmografo, progenitore del compassogeomantico Luopan e servivano per calcolare iltempo e l’orientamento (spazio), secondo ilprincipio dell’odierno planisfero.Fondamentale importanza aveva la posizionedel Gran Carro che serviva come riferimento perindividuare la Stella Polare, indicatrice del norddella sfera celeste.Quali sono i legami fra la struttura cosmica e ilFeng-Shui?Al momento dell’equinozio di primavera lequattro macro-costellazioni fondamentali dellozodiaco cinese si trovano allineate sull’orizzontesecondo i quattro punti cardinali, determinandoun assetto energetico ottimale fra cielo e terra: è

il momento di crescita dell’energia yang.Il “drago” ha il compito di innescare il cicloannuale portando il Qi dal cielo alla terra: èinfatti nascente a est dell’orizzonte del cielocinese al momento dell’equinozio primaverile.Si spiega dunque la grande importanza che iquattro animali rivestono nella cultura cinese:sono le forme archetipiche delle quattro energiefondamentali su cui è costruito l’equilibrio, incontinua mutazione, fra cielo e terra, o per dirlain altro modo, le rappresentazioni figurate degliassetti astronomici del sistema solare cherendono manifesta e visibile la dimensionespazio-temporale del ciclo terra-sole.

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Breve indagine sulSerpente Piumato azteco

di Antonio D'Alonzo

Quetzacoatl, il Serpente Piumato,originariamente non era una divinità azteca, néchichimeca, ma più probabilmente tolteca.Teotihuacan era una civiltà sorta tra il I-VII d.C.Tula o Tollan (capitale tolteca) per gli aztechiera una città mitica, equiparabile ad una sorta di"capitale dell'Età dell'Oro". La civiltà tolteca,ovviamente, è esistita veramente (IX-XII d.C.),mentre i Chichimechi erano raffigurati dagliAztechi come un popolo rozzo e primitivo (si puòleggere negli Anales de Cuauhtitlan, il ritod'intronizzazione di Huactli, re dei Chichimechi.Nel paragrafo 30 degli Annali si racconta che iChichimechi si vestivano di pelli, che si cibavanodi serpenti, conigli, cervi, che non avevano case,ecc.).

Negli Anales, si assiste anzitutto alla fondazionedel mito della discendenza regale di TopiltzinQuetzacoatl, poi alla sua successivatrasformazione in QuetzacoatlTlahuizcalpantecutli (il Signore dell'Alba, ilpianeta Venere). La trasformazione, negliAnnali, segue ad una complessa vicenda in cuiappaiono altre divinità tra cui Tezcatlipoca(l’entità superumana più importante delpantheon tolteco, forse anche più diQuetzacoatl).

Probabilmente, l'unica entità superumanaoriginariamente azteca è Huitzilopochtli. Gliaztechi hanno subito la culturalizzazione tolteca,allo stesso modo dei Romani con i Greci. Quindinel pantheon azteco, Quetzacoatl- originario diotolteco- diventa dio azteco. Così comeTezcatilpoca, Totec, ecc. Gli aztechi hannoassorbito molto della civiltà tolteca: anche ilpantheon.

Levi-Strauss nella "Storia di Lince", ribadiscecome il termine "Quetzacoatl", richiami ben piùdi una semplice dicotomia. Per Levi-Strauss iltermine Quetzacoatl ha il doppio significato di"Serpente" (coatl) e "Uccello" (quetza). Laparola coatl significa però anche "gemello".Quetzacoatl appare dunque un'entità cheesprime in se stessa la duplicità: proprio taleduplicità costituisce, secondo EmanuelaMonaco, presupposto ed espressione della suapotenza di mediazione. Quetzacoatl esprimendocon la sua duplicità la massima opponibilità e laminima, pone in rapporto, media realtàmassimamente divergenti fino a farle diventare"gemellari", ossia minimamente divergenti. Così,si può dire di lui che è per eccellenza Signoredella comunicazione e della mediazione. Quindinon soltanto l'unione degli opposti, ma ha ancheil significato di "Gemello Prezioso".

Negli Anales de Cuauhtitlan il sacrificio diQuetzacoatl è abbastanza semplice, nonostantetutto è indotto dalle "burle" e dall'"inganno" diTezcatlipoca. Negli altri testi in cui sono narratele vicende di Quetzacoatl (mi riferisco allaRelacion de la Genealogia, all'Histoyre duMechique, all'Historia de la naciòn chichimeca diIxtiltxochitl), la dinamica cambia molto, aseconda del significato che l'autore vuole darealla conquista spagnola. In Historia de las Indiasde Nueva España, Diego Durán, identificaarbitrariamente Topiltzin Quetzacoatl con SanTommaso. Il protagonista mitico viene cosìribattezzato Topiltzin Heymac (l'altroprotagonista finale con cui negli Anales sichiude il ciclo tolteco). TopiltzinHueymac/Tommaso è costretto ad abbandonarela gente di Tula, perché perseguitato.Torneranno gli antichi discendenti di TopiltzinHueymac (che in questo testo sostituisceTopiltzin Quetzacoatl), identificati con gliSpagnoli, perché la colpa dei nativi (ci siriferisce sempre alla gente di Tula, come miticidiscendenti degli aztechi) è quella di averignorato l'insegnamento evangelico di TopiltzinHueymac-Tommaso. In altre parole,identificando il mitico protagonista di Tula(rappresentato da Topiltzin QuetzacoatlTlahuizcalpantecutli) con San Tommaso, simette in evidenza il disegno etnocentrico ecolonialista del domenicano.

"Secondo l'interpretazione da noi proposta

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Topiltzin Hueymac ha la funzione di cancellare ilsenso regale del mito di Tollan, nonché illegame tradizionalmente istituito da quel mito traregalità e pianeta Venere <...> Fare di questoprotagonista colui che preannuncia l'arrivo degliSpagnoli, farne il "padre" degli Spagnoli, far siche prospetti la soggezione agli Spagnoli comela giusta punizione attraverso la quale i Natividevono espiare le proprie colpe <...> significasottrarre completamente agli Aztechi l'anticoprotagonista del mito di Tollan e riplasmarlo exnovo tutto in funzione delle esigenze cristiane espagnole rappresentate da Duràn <...> Il nomedi quell'antichissima divinità azteca, staccato daTopliltzin (il quale assume valenze del tuttopositive tanto da poter essere identificato conSan Tommaso) è relegato ai margini,assumendo connotazioni soltanto negative. E'così negata e condannata insieme l'interacultura azteca, mentre l'evangelizzazioneacquista il senso di un riscatto offertogratuitamente dagli Spagnoli. Ai Nativi, le colpe,ai Cristiani, la doppia proposta di salvazione:quella dell'antico apostolo Topiltzin-Tommaso, equella di oggi, offerta dai missionari" (E.Monaco, "Quetzacoatl", Bulzoni).

Quetzacoatl è erroneamente identificato daldomenicano Diego Duràn con l'apostoloTommaso. Non si tratta di una svista casuale,quanto di un disegno preciso del domenicanovolto a sottrarre agli aztechi il SerpentePiumato, che negli Anales de Cuauhtitlan (iltesto, seppur posteriore alla conquista, ritenutodagli specialisti più vicino all'originale visioneazteca) si trasformava in QuetzacoatlTlahuizcalpantecutli (il Signore dell'Alba, ilpianeta Venere).

Duràn identificando Quetzacoatl con SanTommaso, otteneva, da un lato, di giustificarel'arrivo degli Spagnoli in Messico comediscendenti di Quetzacoatl/Tommaso,dall'altro di giustificare il genocidio catto-spagnolo come la giusta punizione per gliaztechi, che avevano respinto il messaggioevangelico offerto dal loro discendente apostolo.Insomma, la solita storia genocidadell'Occidente. Cortés e compagnia, silimitarono a radere al suolo Tenochtitlan perimpadronirsi dell'oro e delle donne: la solitarazzia all'occidentale.

Quetzacoatl era il simbolo di un principio dualeche autosacrificandosi attraverso un propriodoppio (di solito Nanahuatl o Nanahuatzin, oXolotl), creava il cosmo e gli esseri viventi. Gliuomini, creati attraverso una complicatanumerologia ontologica e dualistica, dovevano aloro volta mantenere in vita l'Universo ed inparticolare il 5° Sole (la realtà attuale),attraverso le c.d. "guerre fiorite". Si trattava diguerre, il cui unico scopo era la cattura diprigionieri a cui veniva aperto il petto con unafarfalla d'ossidiana. Il cuore veniva strappato alprigioniero e gettato nel fuoco, la sua pellescorticata e, qualche volta, il malcapitato eraanche divorato vivo. Tutto questo permantenere in vita il 5° sole (a volte identificatocon un Giaguaro).

Il simbolo di Quetzacoatl è il Pianeta Venere incui si trasforma, tramite il rogo, fino adidentificarsi in Quetzacoatl Tlahuizcalpantecutli.Tuttavia, Quetzacoatl è messo in connessioneanche con il Sole. Nella Historia de losMexicanos por sus pinturas, il 5° Sole ègenerato, diversamente dagli altri racconti mitici,attraverso il sacrificio del doppio di turno diQuetzacoatl. Però in Pinturas tocca anche adaltre entità sovraumane farsi sole, prima cheeffettivamente Quetzacoatl getti il proprio figlio(doppio) nel fuoco. Ma l'identificazione primariaè con Venere.

I sacerdoti aztechi non conducevano una vitamorigerata, almeno nel senso occidentale deltermine. Essendo, a volte, anche sciamani,utilizzavano i funghetti allucinogeni o altresostanze dall'effetto simile. I sacerdoti diQuetzacoatl erano preposti ai sacrifici umani(anche se negli Anales, scritti da un nativoculturalizzato la cosa è nascosta e Quetzacoatlsacrifica solo serpi, insetti ed uccelli, per timoredel giudizio spagnolo). Ai massimi livelli ilsacerdote di Huizilpochtli e quello di Tlaloc,assumevano il titolo di Quetzacoatl. Alla voce"Topiltzin" del Dicionario de la lingua nahuatl,Rémi Siméon, scrive: "Topiltzin, sostantivoreverenziale da topilli" (=bastone, verga, astadella giustizia): sacrificatore principale; era coluiche strappava il cuore della vittima mentre altricinque sacerdoti la immobilizzavano”.

David Carrasco, in Quetzacoatl and the Irony ofEmpire, riporta come i più alti sacerdoti fossero

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detti Quetzacoatl. Ad essi spettava il compito diaprire il petto delle vittime sacrificali. Per tentaredi ricostruire i riti delle origini, oltre a studiare ireperti archeologici, è necessario filtrare bene lefonti (tutte posteriori alla Conquista). Ma conalcuni accorgimenti, si può non cadere in errore.Esiste poi tutta la falsa questionedell'identificazione indigena di Cortés-Quetzacoatl. Versione assolutamente priva diattendibilità, smascherata dall'americanisticaposteriore. Menzogna colossale di Cortés perpoter sfuggire alle procedure del requerimentospagnolo e potersi così dedicare al saccheggioed al genocidio. Tutta la vicenda è trattata daAntonio Aimi in "La vera visione dei vinti: Laconquista del Messico nelle fonti azteche"Bulzoni Editore.

Concludendo...

L'identificazione tra Quetzacoatl e Cristo (o SanTommaso) è sbagliata, perché:

1) Quetzacoatl non è estraneo ai sacrificiumani.L'Anonimo compilatore degli Anales, laversione più vicina alla realtà, fu costretto adalterare in questo unico punto la realtà, per nonincorrere nel duro giudizio spagnolo.

2) Quetzacoatl, principio duale non èassimilabile al semplice principio duale (1+1=terra + cielo), ma al 2 + 2 = 4(2 gemellarità+1cielo + 1 terra). E' un principio duale che siraddoppia nei suoi doppi. Cristo è un sempliceprincipio duale.

3) Tutti le entità Mexica si trasformanoprincipalmente in Sole; Quetzacoatl, sitrasforma nel 5° sole, gettando nel fuoco ilproprio figlio; Tuttavia negli Anales si trasformaDIRETTAMENTE nel pianeta Venere. È questal'identificazione fondamentale.

4) E' stato ormai assodato come dietro tuttequeste incredibili e false identificazioni, sinasconda la mentalità etnocentrica occidentale(il ritorno di Quetzacoatl, identificato con Cristoo Tommaso, per far cadere la colonizzazionespagnola come una colpa: gli aztechi avevanocostretto Quetzacoatl a partire, ed arrivano idiscendenti del Serpente Piumato, per faregiustizia).

Bibliografia consultata

- E. Monaco, "Quetzacoatl", Bulzoni.- Levi-Strauss, Histoire de Lynx, Paris, 1991.- Antonio Aimi in "La vera visione dei vinti:

La conquista del Messico nelle fontiazteche" Bulzoni.

- E. Monaco, A. Mecchia: “Miti aztechi emaya”, Bulzoni

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Le Preghiere di MereL’aspetto mistico-

devozionale dello yogaintegrale.

di Pino Landi

Mère per molti anni, dal 1912 al 1919 scrisseogni giorno in un quaderno le frasi che Ellarivolgeva al Divino. Il suo è uno stile colloquiale:parla con il Divino come fosse un amico, unMaestro presente in carne ed ossa. Gli raccontaciò che sente, i suoi dubbi, ma soprattuttoconfida totalmente in Lui. Come dirà in seguitounisce la preghiera all’aspirazione.In seguito fece leggere i quaderni ad Aurobindoche selezionò parte dei brani, poi pubblicati nellibro “Preghiere e meditazioni”. Le preghiere non furono scritte per gli altri, peressere lette, ma in esse Mère trasfondeistintivamente e direttamente tutta la suadevozione per il Divino, tutto l’amore, il vero esincero surrender. Dice Mère nell’”Agenda” a proposito:“Alla fine della concentrazione mi mettevo ascrivere; ma non passava attraverso il pensiero:veniva giù così, e veniva evidentemente daqualcuno che aveva interesse per la bellaforma. Tenevo il mio quaderno sotto chiaveperché nessuno potesse vederlo. Solo quandosono venuta qui e Sri Aurobindo me lo hachiesto, gliene ho mostrato alcune pagine e luiha voluto vedere il resto. Altrimenti l'avrei tenutosotto chiave per sempre. Tutto il resto l'hodistrutto. Avevo cinque quaderni grossi cosìdove scrivevo tutti i giorni, tutti i giorni (con delleripetizioni ovviamente): il risultato delle mieconcentrazioni. Così ho scelto le parti dapubblicare, aiutata da Sri Aurobindo: ho fattouna cernita, ho ricopiato il tutto, poi ho ritagliatoi fogli, e tutto il resto l'ho fatto bruciare. […] Nonl'avevo scritto per nessuno, non era per essereletto”

In queste preghiere c’è l’abbandono al Divino diogni atto, di ogni pensiero e di ogni sentimentoe sensazione. L’abbandono anche nelquotidiano più banale, perché per l’entità che sifa strumento del Divino, ogni azione ed ognimomento sono sacri. Dice Mère, più tardi, quando è un Maestro erisponde alle domande ed i dubbi dei discepoli:

“…Per essere più chiari possiamo dire che lapreghiera viene sempre formulata con le parole;ma le parole possono avere valori diversisecondo lo stato nel quale le si formula. Lapreghiera è una cosa formulata e puòaccompagnarsi all’aspirazione. Ma sembradifficile pregare senza pregare “qualcuno”…L’aspirazione comporta necessariamente unafede, ma non necessariamente la fede in unessere divino; mentre la preghiera non puòesistere se non è rivolta e un essere divino.Cosa si potrebbe pregare? Non si pregaqualcosa che non ha personalità! Si pregaqualcuno che può ascoltarci. Se non c’ènessuno ad ascoltarci, chi e come si puòpregare? Se si prega, e si prega in modo daessere ascoltati vuol quindi dire che, anche neicasi in cui non lo si ammette, si ha fede inqualcosa che ci è immensamente superiore,che è infinitamente più potente di noi e che puòcambiare il nostro destino e cambiare noistessi……Perciò le persone più intellettuali ammettonol’ispirazione ma dicono che la preghiera èqualcosa inferiore. I mistici, invece, dicono chel’aspirazione è un’ottima cosa, ma che si vuoleessere davvero ascoltati, se si vuole che ilDivino ci ascolti, bisogna pregare, e pregare conla semplicità di un fanciullo, con perfettocandore, cioè con perfetta fiducia……La preghiera è una cosa personale, rivolta aun essere personale, cioè a qualcosa, una forzao un essere, che possa ascoltarvi erispondervi.”

Mère non si considera una mistica, ma nella suapratica e nell’insegnamento utilizza anche glistrumenti dei mistici. In una disciplina integralecome quella insegnata da Aurobindo ognistrumento che fa giungere al Divino è lecito e dautilizzare. Nel suo modo di pregare è in effetti una mistica,nell’essenzialità, nella semplicità e nei risultati.Esistono vari modi di pregare, determinati dalgrado di coscienza e dalla volontà di colui cheprega. Praticamente il livello di qualità dellapreghiera deriva dal piano da cui proviene. Dice

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Mère al proposito nelle “Conversazioni”:

“Vi sono diversi generi di preghiere. Vi è unapreghiera puramente meccanica, materiale,fatta di parole che s’imparano e si ripetonomeccanicamente. Essa non significa granchè eha in genere un unico effetto, quello di calmarela persona che prega; infatti se ripeteteparecchie volte una preghiera le parolefiniscono per calmarvi. Vi è una preghiera che è una formula spontaneaper esprimere una richiesta precisa: si pregaper una cosa o per un’altra, si può pregare perqualcuno, per una circostanza, oppure per séstessi. Vi è un punto in cui l’aspirazione e la preghieras’incontrano; esiste infatti una preghiera che èla formulazione spontanea di una esperienzavissuta: essa scaturisce dall’intimo dell’esserecome l’espressione di una esperienza profondae può esprimere ringraziamento perquell’esperienza, o chiederne la continuazione,o anche chiederne la spiegazione; talepreghiera è vicinissima all’aspirazione.L’aspirazione invece non si formulanecessariamente con le parole; oppure, se siformula con le parole, è quasi unainvocazione…”

“….[la vera aspirazione] si concentra nel cuorecome una forza, scaturisce e sale in un grandemovimento di ascesa, qualche volta senzaneanche l’ombra di una formulazione, senzaparole, senza espressione, come una fiammache sale. Può accadervi cento volte, mille volteal giorno se siete in quello stato nel quale voletecontinuamente progredire ed essere più veri epiù totalmente conformi a ciò che la Volontàdivina vuole da voi.La preghiera è una cosa molto più esteriore, ingenere riguarda un fatto preciso, ed è sempreformulata; infatti è la formula a costituire lapreghiera. Potete avere un’aspirazione etradurla in preghiera, ma l’aspirazione supera inogni aspetto la preghiera. Essa è molto piùimmediata e, per così dire, più dimentica di sé,poiché vive unicamente in ciò che volete esseree fare, nell’offerta totale al Divino di tutto ciò chevolete fare. Potete pregare per chiederequalcosa, potete anche pregare per ringraziareil Divino di ciò che vi ha dato, e questapreghiera è di qualità molto superiore: la si puòchiamare un’ azione di grazie. Potete anchepregare in riconoscimento dell’apparenza che ilDivino ha rivestito per voi, di quanto ha fatto pervoi, di quanto vedete in Lui, e per rivolgerGli le

vostre lodi. Tutto questo può prendere la formadi una preghiera. E’ evidentemente la preghierapiù alta, pochè non riguarda esclusivamente ilvostro io, non è una preghiera egoistica. Si può certo avere un’aspirazione in ogni pianodell’essere, ma il centro stesso dell’aspirazioneè nell’essere psichico; si può pure pregare inogni piano, ma la preghiera appartiene al pianonel quale si prega. Si possono fare preghierefisiche, puramente materiali, preghiere vitali,preghiere mentali preghiere psichiche,preghiere spirituali, e ognuna ha il propriocarattere particolare, il proprio valoreparticolare.Esiste una certa preghiera, spontanea edisinteressata insieme, che è come un grandeappello, ma in genere non è per sé stessipersonalmente; si potrebbe chiamarlaun’intercessione presso il Divino. E’estremamente efficace. Ho avuto innumerevoliesempi di cose che si sono realizzate quasiistantaneamente in seguito a questo genere dipreghiera. Essa implica una grande fede, ungrande fervore, una grande sincerità, e ancheuna grande semplicità di cuore, qualcosa chenon calcola, che non organizza, che nonmercanteggia, che non dona per ricevereun’altra cosa in cambio. Infatti la maggioranzadelle persone danno con una mano e tendonol’altra per avere qualcosa in cambio: la maggiorparte delle preghiere sono così. Ma ne esistonoaltre che sono, come ho detto, delle azioni digrazie, una specie di cantico, e queste sonoottime…”

Già da queste ultime parole si evince che Mèreconsidera la preghiera, oltre ad un mezzo dielevazione e di contatto con il divino, una vera epropria operazione “magica”, un atto creativo, dicreazione positiva, se positiva è l’intenzione, lavolontà, la sincerità di chi prega.Mère risponde ad una domanda di un discepolo:

“l’aspirazione e le preghiere assumono delleforme, come i pensieri? “

Occorre premettere che la Madre aveva detto:

“La mente è uno strumento di azione e diformazione, non uno strumento di conoscenza;ad ogni momento essa crea nuove forme. Ipensieri sono delle forme e hanno una vitaindividuale, indipendente dal loro autore; da luiinviate per il mondo, vi si evolvono verso larealizzazione della loro ragione d’essere…..E seal vostro pensiero associate una volontà che gli

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fa da supporto, la forma-pensiero uscita da voifa uno sforzo per attuarsi.”

Alla domanda la Madre risponde:

“Si a volte prendono prendono la forma dellapersona che ha l’aspirazioone o che dice lapreghiera…le aspirazioni assumono a volte laforma delle cose a cui si aspira: ma il più dellevolte, soprattutto le preghiere, prendonochiaramente la forma di colui che prega.”

Vorrei ora proporre alcune delle preghiere diMère.

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Formalizzerò, ogni giorno, parte del colloquioche ho sovente con Te; Ti farò comemeglio posso la mia testimonianza; non perchécreda di poterTi insegnare qualcosa: Tu sei ognicosa; ma il nostro modo esteriore e artificioso dicapire e percepire Ti è estraneo, se così possoesprimermi; è contrario alla Tua natura.Tuttavia, rivolgendomi a Te, illuminandomi nellaTua luce allorché rifletto su queste cose, poco apoco le vedrò piú simili alla Realtà. Fino algiorno in cui, essendomi identificata con Te, nonavrò piú niente da dirTi perché sarò Te. Questoè il fine che voglio raggiungere, verso questavittoria tenderanno sempre di piú tutti i mieisforzi. Ed io aspiro a raggiungere il giorno in cuinon potrò piú dire "io" perché sarò "Te". Quante volte al giorno, opero senza che la miaazione Ti sia consacrata; lo percepiscoimmediatamente da un malessere indefinitoche, nella mia corporeità, si manifesta con undolore al cuore. Allora la mia azione mi appareinutile, ridicola, infantile o colpevole; la deploro;per un momento mi rattristo, finché mi identifico,mi perdo in Te con la fiducia di un bambino,aspetto da Te l'ispirazione e la forza necessariaper compensare il mio errore fuori e dentro dime, parimenti eguali; perché adesso percepiscoin modo continuo e reale l'unità universale chedetermina l’identità assoluta di tutte le azioni.

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La Tua Luce è in me come un fuoco vivo e ilTuo Amore divino mi travolge: con tutto il mioessere aspiro a che Tu imperi come SommoSignore in questo corpo che vuol diventare ilTuo utile strumento e il Tuo fedele servitore.

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Sei Tu che rendi l'esperienza attiva, sei Tu cherendi la vita un progresso, sei Tu che costringil'oscurità a dissolversi davanti alla Luce, sei Tuche dai potenza all'Amore, sei Tu che solleviognora la materia in questa meravigliosa edardente aspirazione, in questa sete sublime diEternità."Tu", sempre e dovunque; solo "Tu"nell'essenza e nella manifestazione..Ombre, illusioni, dissipatevi; sofferenza sparisci:Signore Supremo, Tu non sei là.

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Tutti i miei pensieri salgono verso di Te, tutti imiei atti Ti sono consacrati; la Tua Presenza èper me un fatto reale, immutabile, invariabile, ela Tua Pace è sempre nel mio cuore. Tuttaviaso che questo stato d'Unione è limitato eprovvisorio se paragonato a quello che potròrealizzare domani, e che sono ancora lontana,senza dubbio molto lontana, da quella"Identificazione" in cui sarà possibile perderecompletamente il senso dell' "io"; di questo "io"che mi serve ancora per esprimermi, ma che,ogni volta, è un errore, una parola inadeguataad esprimere il pensiero…….Che quiete rassicurante, che serena fiducianella Tua Onnipotenza!Tu sei tutto, sei ovunque e in tutto, questo corpoche opera è il Tuo corpo, cosí come lo èl'universo materiale nella sua totalità; sei Tu cherespiri, che pensi e che ami in questa materiache essendo Te, vuol essere la Tua docileancella.

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...O Sommo Maestro che risplendi nel mioessere e in ogni cosa, fa' che la Tua Luce siamanifesta e che venga per tutti il regno dellaTua Pace.

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O Sommo Maestro, Istruttore Eterno, ancorauna volta mi è stato concesso di constatarel'efficaciasenza eguali dell'assoluta fiducia nella Tuadirezione. La Tua Luce si è manifestataattraverso la miabocca, senza che io le opponessi resistenza; lostrumento fu docile, arrendevole e ben affilato.Sei Tu che agisci in ogni cosa e in ogni essere,e colui che Ti è abbastanza vicino da vederTi inogni atto senza eccezione, sa trasformare ogniatto in benedizione.Essere sempre in Te è la sola cosa importante,sempre in Te e sempre di piú, oltre le illusioni ele sensazioni menzognere, non rifuggendo dalleazioni, rifiutandole, rigettandole, lotta vana edannosa, ma vivendo Te nell'azione, qualunqueessa sia, sempre e sempre; allora l'illusione sidissolve, la falsa sensazione sparisce, la catenadelle conseguenze cade e tutto si trasforma inunaglorificazione della Tua Eterna Presenza.Cosí sia.

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Nella Pace e nel Silenzio, l'Eterno si manifesta;non permettere ad alcunché di turbarti e l'Eternosi manifesterà; sii perfettamente equanine difronte a tutto e l'Eterno sara là ... Sí, nonbisogna mettere troppa intensità né troppi sforzinel cercarTi; questa intensità e questi sforzisono un velo davanti a Te; non si devedesiderare di vederTi, è ancora l'agitazionementale che oscura la Tua Eterna Presenza.Nella Pace, nella Serenità, nell'Equanimità piúcompleta tutto è Te e Tu sei tutto, e la minimavibrazione in quest'atmosfera pura e calma è unostacolo alla Tua manifestazione. Nessunafretta,nessuna inquietudine, nessuna tensione; Te,null'altro che Te, senza analisi néoggettivazione, e Tu sei là, senza possibilità didubbio, perché tutto diventa Pace Santa eSacro Silenzio.E ciò vale piú di tutte le meditazioni del mondo.

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Come un fiamma che arde silenziosamente,come un profumo che ascende, senza vacillare,il mioamore sale verso di Te; e come il bambino chenon pensa e non si preoccupa di niente, miaffido a Te perché la Tua Volontà sia fatta, laTua Luce si manifesti, la Tua Pace sia insediatae il Tuo Amore protegga il mondo. Quandovorrai io sarò in Te, sarò Te, senza alcunadifferenza; e aspetto quest'ora benedetta senzaalcuna impazienza, andando irresistibilmenteverso essa come il placido fiume verso l'oceanosconfinat. La Tua Pace è in me ed in questaPace non vedo che la Tua presenza in tutte lecose, con la calma dell'Eternità.

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Signore, Tu sei il mio rifugio e la miabenedizione, la mia forza, la mia santità, la miasperanza ed ilmio coraggio. Tu sei la Pace suprema, la Gioiapura, la perfetta Serenità. Tutto il mio essere èprostrato davanti a Te in un'infinita gratitudineed in una incessante adorazione; equest'adorazionesale versi di Te dal mio cuore e dal mio spirito,come il fumo puro dei profumi dell'India.Permetti ch'io sia la tua messaggera fra gliuomini, affinché tutti coloro che sono prontipossanogodere le beatitudini che Tu concedi nella Tuainfinita Misericordia, e la Tua Pace regni sullaterra.

Che la Tua gloria sia proclamata,Che la vita ne sia santificata,Che i cuori ne siano trasformati,E che la Pace regni sulla terra.

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Signore, Signore, una gioia senza limiti riempieil mio cuore, canti d'allegria fanno vibrare nellamiatesta le loro vinrazioni meravigliose, e nellapiena fiducia del Tuo sicuro trionfo, trovo lapace suprema e la potenza invincibile. Tu riempiil mio essere, Tu l'animi, Tu attivi le sue energienascoste, Tu illumini la mia comprensione, Tu

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dai senso alla sua vita, Tu aumenti il suo amore;ed io non so piú se sono nell'universo o sel'universo è in me, se Tu sei in me o io sono inTe; Tu solo esisti e tutto è in Te; e le vibrazionidella Tua grazia infinita riempiono eoltrepassano il mondo.Cantate terre, cantate popoli, cantate uomini, LaDivina Armonia è là.

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Volgersi verso Te, unirsi a Te, vivere in Te e perTe, è la felicità suprema, la gioia completa, lapace immutabile; è respirare l'infinito,conquistare l’eternità, non avere piú limiti,sfuggire il tempo e sottrarsi allo spazio. Perchégli uomini sfuggono questi benefici come se litemessero? Che strana cosa è l'ignoranza,sorgente di tutte le sofferenze. Che miseriaquesta oscurità che allontana gli uomini proprioda ciò che li farebbe felici e li obbliga a questadolorosa scuola dell'esistenza comune, fatta dilotte e di sofferenza.

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La Tua voce è così tenue, cosí imparziale, cosísublime di pazienza e di misericordia, che si faudire senza autorità, senza potenza di volontà,ma come una brezza fresca, dolce e pura, comeun mormorio cristallino, che mette una notad'armonia nel concerto discorde. Solo per chi saascoltare la nota, respirare la brezza, essacontiene tali tesori di bellezza, un tale profumodi pura serenità e di nobile grandezza, che tuttele folli illusioni svaniscono e si trasformano inuna gioiosa accettazione della meravigliosarealtà intravista.

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Fratellanza Universale ericerca del Sacro.

Di Giuseppe Bufalo

La Fratellanza Universale rappresenta un idealemondiale per tutti coloro che hanno trasmutatocompletamente il fine del profitto personale inricerca del bene per la comunità.Questo può avvenire in maniera diversa, poiché,ognuno può svolgere l’opera sua in base allepossibilità inevitabilmente condizionate dallaLegge Karmica; in ogni caso, lo sforzo sincerodi Volontà di Bene deve sempre caratterizzarnei moventi.Grandi figure nella storia evolutiva dell’umanitàhanno incarnato il Simbolo di quest’ideale.Madre Teresa di Calcutta, Martin Luter King, ilMahatma Gandhi nel recente passato e KofiAnnan in questa Nuova Era Acquariana, sonosolo alcuni di Essi.Questi uomini, sensibili ai valori più elevati dellafratellanza, trasformano il destino di interenazioni grazie alla coscienza di gruppo,sviluppata in questa ed in precedentiincarnazioni.Ma quale può essere il punto in comune di tutticoloro che sentono risuonare nella parte piùprofonda del loro essere l’ideale di FratellanzaUniversale?Essi hanno compreso, hanno cioè preso con sé,la Verità inconfutabile di essere una parte delTutto infinitamente più Grande. Attraversoquesta consapevolezza hanno trovato ilcammino più breve che conduce verso gli altriuomini, il Cammino della Fratellanza Universalee della ricerca di tutto ciò che concerne leQualità Divine, ovvero la ricerca del Sacro.Questo Cammino, caratterizzato dall’amorealtruista incondizionato, include tutti gli esseriviventi ed è sempre espressione della volontàdel nostro Maestro Interiore, l’Anima. SanFrancesco d’Assisi ci ha lasciato un esempiomeraviglioso, al riguardo.Nell’ideale di fratellanza si manifestano tutte leazioni umanitarie e sociali, stimolate da unadedizione amorevole e disinteressata che sonospesso accompagnate da difficoltà, sacrificio e

coraggio.In tutto questo, la Legge d’Amore è primordiale.Nulla si può fare senza questa forzad’attrazione, poiché essa ci apre tutte le porte,anche quelle più difficili da spalancare.Per trovare Colui che ci guida attraverso ilmondo della Verità, c’è bisogno di saper amaresenza nessuna pretesa. Tutte le cellule delnostro corpo devono assuefarsi alla Legged’Amore, preparando così lo sviluppo luminosoche guida verso la Fratellanza Universale.In questo cammino di Ritorno alla Casa delPadre, non si è mai soli, ma si prosegueinsieme con altri Fratelli Maggiori che ci indicanoil Sentiero, pronti ad offrirci il bastone persostenerci e la borraccia sempre colma d’Acquadi Vita per dissetarci. Essi rappresentano dasempre l’esempio di Luce con cui tutti dobbiamoarmonizzarci.L’umanità sta cambiando; il Nuovo Mondo è giàalle porte. Tutte le nazioni sono tenute aprendere in considerazione tutto ciò, ne và dellaloro propria Luce. Ed ogni cittadino puòpromuoverne la riabilitazione, comprendendol’importanza del cambiamento interiore edirigendosi verso la Volontà di Bene e l’unitànella diversità, senza aspettare che gli altricambino.La Fratellanza Universale della Nuova Era dovràinevitabilmente essere caratterizzata da unazione dinamica volta ad un cambiamentoradicale delle coscienze umane. Il Nuovoavanza, e le vecchie forme cristallizzatedovranno necessariamente disgregarsi perlasciare il posto a tutto ciò che rappresenta lamanifestazione dell’evoluzione umanaattraverso il Piano Divino.

Possa lo Spirito di Pace affluire nella coscienzadell’umanità.Possa lo Spirito Cristico fluire nel cuore degliuomini attraverso la ricerca del Sacro.Possano le idee di condivisione, cooperazione efratellanza universale ispirare i capi dellenazioni.Ed infine, possa la Luce dell’Anima rispenderein ogni essere.

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I CAVALIERI TEMPLARIdi Guglielmo Bottai

"Poi vidi un angelo che scendeva dal cielo,tenendo in mano la chiave dell'abisso e unagrande catena. Egli afferrò il dragone, l'anticoserpente, che è il diavolo, Satana, e lo incatenòper mille anni. E quando saranno finiti i milleanni, Satana verrà sciolto; e uscirà dalla suaprigione a sedurre le nazioni che sono ai quattroangoli della terra" Queste parole dell'apocalisse non poco hannoterrorizzato i popoli che hanno vissuto gli anniprecedenti al mille, e non a torto! I tempi eranomaturi, fame e distruzione regnavano sovrani, losplendore e la civiltà romana era soltanto unpallido ricordo, tutto ciò che i romani in 1200anni erano riusciti a costruire era statosaccheggiato, quello che non poteva esseresaccheggiato era stato distrutto e abbandonato,le ville romane erano ridotte a stalle per legiumenta, la popolazione di Roma caput mundiera passata da quattro milioni a trenta-milaanime in poche centinaia di anni. Per oltretrecento anni le orde barbariche si susseguironocon tragica ricorrenza, i popoli della Germania,dell'Ungheria, delle brughiere russe siriversavano in Gallia e in Italia sotto la continuaspinta delle popolazioni asiatiche portando conloro continue stragi, epidemie saccheggi ecarestie.L'Occidente del mille si può dire che sia uscitodalla storia, certa-mente ha lasciato menotracce del suo passaggio dell'Africa del XIXsecolo. È un mondo spopolato, scosso dacarestie, fame, malattie e miseria; un mondodove le stregonerie, le credenze e le leggendeimperversano; un mondo fatto di stregoni,contadini, guerrieri barbari e incolti. I letteratitendono a scomparire perché considerati inutiliin quanto non producono nulla, non sono dialcuna utilità pratica, e contemporaneamentesono troppo deboli per potersi difendere dalleprepotenze dei guerrieri; il saper leggere escrivere, anche fra i nobili, viene considerato uninutile lusso a tal punto che l'uso della scritturarischia di scomparire.

E proprio sul tema della fame insiste nelle sue

"Cronache dell'anno mille" Rodolfo il Glabroforse calcando un po' troppo la mano: "La furiadella fame costrinse gli uomini a divorare carneumana, come solo di rado si era sentito dire inpassato. I viandanti venivano ghermiti da uominipiù forti di loro, squartati, cotti sul fuoco edivorati. Molti tra coloro che migravano da unluogo all'altro per sfuggire all'inedia, furonosgozzati di notte nelle case dove venivanoaccolti e diedero nutrimento ai loro ospiti.Moltissimi adescavano i bambini con un frutto oun uovo, li inducevano a seguirli in postiappartati, li trucidavano e li divoravano. Perfino icadaveri furono dissepolti e usati per calmare lafame.

Tanto dilagò quell'insano furore, da lasciare piùal sicuro dal rischio di sequestri il bestiameabbandonato che l'uomo. Come se ormai stessedivenendo un fatto abituale il mangiare carniumane, un tale ne portò di cotte per metterle invendita sul mercato di Tourmus, quasi sitrattasse di comune carne animale.

Arrestato, l'uomo non negò quella colpa; fuallora immobilizzato e bruciato sul rogo. Lacarne ven-ne seppellita; ma un altro ladissotterrò di notte e la mangiò, finendo eglipure bruciato".

Intorno all'anno mille le orde barbariche sifermano grazie anche all'attenuarsi dellacontinua pres-sione dei popoli asiatici, i vincitoritentano di amministrare le terre conquistate, mala classe diri-gente è formata solo da guerrieriabilissimi nella pugna, ma privi di una qualsiasiabilità amministra-tiva, economica e politica,capaci solo di combattere, di saccheggiare lemessi altrui, incapaci di co-struire una benchéminima organizzazione politica ed economica, ipochi spunti di governo non buono, ma decentesi hanno quando al potere vengono postiamministratori romani, gli unici ad avermantenuto un minimo di conoscenze tecniche inmaterie economiche ed amministrative.

L'incapacità di costruire una civiltà economica,la scomparsa della moneta a favore del baratto,le continue razzie e oppressioni, l'impossibilità ditrasportare le merci comportano una scarsità dirac-colti a cui seguono necessariamentecarestie; i contadini disperati senza avvenirecostituiscono bande di predatori che aggravanoulteriormente la miseria. L'artigianato, laqualità dell'agricoltura, le co-noscenze tecnichescendono a zero. I popoli, le comparse della

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storia, si muovono in un grigiore o-mogeneo difame, selvatichezza, barbarie, e dolore.

Il vizio che più caratterizza questo particolaremomento storico è l'accidia, che gli antichidefinivano come misantropia o odium humanigeneris, taedium vitae, e i moderni definisconoangoscia o noia; l'accidia è una sonnolenzadello spirito che non ha la forza di iniziare ilbene.L'accidia che colpisce tutti, il contadino che persfamare se stesso e la famiglia non alza unattimo il capo dal duro lavoro; l'asceta che innome della fede rinuncia agli onori, ai piaceri, aidolori della vita, senza peraltro costruire nulla diutile nella sua vita; il signorotto che pago dellesue ricchezze non ritiene importante tentare dimigliorare le condizioni di vita dei suoiamministrati mosso non solo da altruismo, maanche da una minima lungimiranza.

Quasi per assurdo questa era della fame, dellalebbra, dell'orrore, della barbarie,dell'apocalisse, questo periodo storico tantobuio e tenebroso può quasi essere consideratoanche se non un pro-gresso, un periodo dimaturazione dell'uomo le cui risorse umane espirituali risorgeranno luminosissime dal medioevo nello splendore dell'Umanesimo, come unfiore che nasce dal letame, come la Fenice cherisorge dalle sue stesse ceneri.

Anche l'architettura del tempo dimostra leprincipali occupazioni degli amministratoripolitici: la guerra e il saccheggio. Si ritrovanoesclusivamente costruzioni di carattere militare,esistono solo fortezze e castelli per difendere itesori razziati. Ma improvvisamente dal 1100 al1300 la situazione muta radicalmente, sorgononuove e bellissime chiese, costruzioni primaimpensabili vista la povertà di mezzi e divolontà, frutto di un arte e di una capacità chesembrano sorgere dal nulla. È in questo periodoche nasce lo stile Gotico che sostituisce ilRomanico; fra questi due stili non vi è unatransizione, bensì un brusco passaggio, comese il gotico nascesse dal nulla. La differenzafondamentale tra i due stili consiste nel fatto chenel Romanico la volta rappresenta solo unacopertura della struttura, che grava sulle pareti,le quali, a loro volta, devono essere spesse persopportare il loro peso e il peso della volta; lavolta Gotica, invece, è strutturata in modo taleche il peso non gravi più sulle pareti chediventano quindi più sottili e ricche di vetrate,bensì sia proiettato verso l'alto; la volta,

sostenuta da due archi rampanti, si fenderebbesotto la loro spinta se non fosse stabilizzatadalla chiave di volta. Il peso stesso degli archirampanti crea la spinta laterale. Il peso stessodelle pietre della volta crea la spinta verticale,dal basso in alto, dalla chiave di volta. E quindi ilpeso stesso delle pietre a lanciare verso l'alto, lavolta. Il peso ha la propria negazione di sestesso. Si tratta quasi di un fenomeno dilievitazione. La crociera delle ogive che èl'elemento tipico dl Gotico, costituisce uninsieme di nodi di tensione, che sono puntellatidagli archi rampanti, appoggiati ai lorocontrafforti e bloccati dal peso dei loro pinnacoli.

Il Gotico rappresenta una evoluzione improvvisaed inaspettata nell'architettura, nasce quasiall'improvviso come se le conoscenzenecessarie per realizzarlo fossero stateinsegnate ai maestri muratori e agli architetti dauna mente superiore; l'arco acuto e la volta acostoni sono già note, ma per la prima voltavengono usate nella stessa struttura.Charpentier testimonia questa rinascitaculturale-artistica degli anni seguenti il mille inFrancia riportando che nell'XI secolo sono statecostruite 326 chiese e 702 nel XII secolo. Tuttele chiese importanti della Francia sono statecostruite in questi 300 anni; quanti architetti,quanti maestri muratori, quanti scalpellini furononecessari perché ciò si realizzasse? Ma da doveè sorta una manovalanza specializzata cosìrapidamente? Forse dal contadino incolto cheoramai ha perso addirittura le conoscenze cheerano dei romani nell'arte dell'agricoltura,incapace di costruirsi una casa in muratura ecostretto a vivere in capanne fatte di fango, odal guerriero capace solo di combatteresaccheggiare, distruggere e stuprare? Esoprattutto chi li pagava? Forse fra di loro vierano anche frati, ma la maggior parte eranolaici, e quindi necessitavano di uno stipendio,anche minimo, per mantenere la famiglia e lorostessi.

Per comprendere perfettamente l'improvvisosviluppo di queste doti nascoste dell'uomo delmille dobbiamo parlare delle abbazie che sonosorte dal 600 dopo Cristo in tutta la cristianità.Durante la invasioni barbariche tutta la civiltàera relegata in abbazie situate lontano dalleprincipali vie di comunicazione, difese da altemura e profondi fossati, dove monaci solertitentavano di salvare il salvabile della cultura edella civiltà classica del sicuro naufragio nel

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mare dell'oblio, trascrivendo le opere che ogginoi possiamo tranquillamente leggere. Fraquesti si erge un uomo straordinario Benedettoda Norcia; il suo Ordine il giorno lavorava neicampi per procacciarsi il necessario per vivere,mentre la notte studiava, copiava antichimanoscritti, traduceva dal greco al latino tutti itesti dell'antichità proteggendoli esalvaguardandoli da una sicura distruzione.Questi monaci rinchiusi nel loro monasteroerano gli unici depositari della cultura, l'anello dicongiunzione fra il passato radioso e un futuroesaltante.

La civiltà passa da Montecassino a Cluny, ledue principali abbazie benedettine dove tutto ilsapere greco e romano viene gelosamentecustodito, copiato, studiato, e i cui insegnamentivengono appresi, assimilati, elaborati. Ed èproprio da questi studi che deve nascere ilsospetto che la vera fonte del sapere non sia inOccidente, non sia a Roma centro dell'impero edel mondo, ma in Medio Oriente, culla dellaciviltà più importante e più fulgida mai esistita,vera perla nel deserto, da cui è sorta anche lacultura e il sapere giudaico: la civiltà egiziana. Equesto può spiegare anche come mai un popolodi nomadi del deserto si sia ivi insediato e siastato capace di costruire un impero millenarioche comprendeva tutto il nord-Africa e buonaparte della Spagna. La scintilla della verità, ilVerbo nascosto nel deserto egiziano epalestinese. Ma quelle lontane terre erano inmano agli arabi, e solo una coalizione di tuttol'Occidente sarebbe stata in grado di strapparequella terra all'invasore, ma come creare unasimile coalizione in un mondo di signorotticapaci solo di farsi guerra fra di loro e privi diuna qualsiasi lungimiranza e ai quali non sipoteva certo svelare un simile segreto?

La soluzione è una sola, una guerra Santa ingrado di liberare il Santo Sepolcro e con esso leterre che gelosamente custodivano l'agognatosegreto. Infatti per primo l'idea della Crociata èvenuta a papa Silvestro II che, guarda caso, èun benedettino. Questo papa da novizio eradotato di eccezionali capacità matematiche efisiche a tal punto da essere inviato a studiare aToledo e Cordova università arabe. A lui si devel'introduzione dei numeri arabi in Occidente.Poco probabile appare quindi l'ipotesi che unuomo cresciuto alla luce della civiltà araba abbiaordito una guerra contro la culla della suacultura, solo per liberare un pezzo di deserto,sicuramente sacro alla religione, ma privo di

interesse strategico e sicuramente maldifendibile, completamente isolato dal restodella cristianità; la vera spinta allaorganizzazione della Guerra Santa appare laricerca di qualche segreto celato in terra araba.Sono necessari più di cento anni di preparativi,di studi, di mosse politiche per realizzare l'arditaidea, e sarà un altro papa benedettino a lanciarela prima Crociata: Urbano II. Da tutte le abbaziebenedettine della cristianità parte all'unisono ilperentorio grido "Liberate i Luoghi Santi, Dio lovuole". Finalmente il 15 luglio 1099 dopo unsanguinoso assalto Gerusalemme cade. IlTempio di Salomone è in mano ai cristiani.

Nove cavalieri compiono il loro pellegrinaggio inTerra Santa per espiare le loro colpe, ponendosicome compito principale quello di difendere ipellegrini nel loro difficile cammino dal porto diGiaf-fa alla città di Gerusalemme. Questa è lastoria, ma la storia non ci dice cosa ha spinto unapparte-nente all'aristocrazia medio alta qualeera Ugo de Payns ad abbandonare tutti i suoiaveri e a recarsi in Terra Santa per vivere dielemosine; sarebbe stato molto più logico cheavesse venduto tutto, come ha fatto Aicardo diMontmerle, per procacciarsi i denari necessariper ben equipaggiarsi, oppure avrebbe potutopiù efficacemente organizzare un piccoloesercito con il quale avrebbe certamente megliosvolto il compito da lui scelto nel difendere ipellegrini. Altrettanto inspiegabile, per glistessi motivi è l'adesione ad un Ordine nonancora completamente riconosciuto di Ugoconte di Champa-gne; tale passo vieneaddirittura duramente criticato da San Bernardoda Chiaravalle che, in seguito a misteriosimotivi, da fiero oppositore all'Ordine dei PoveriCavalieri di Cristo, altrimenti detti Tem-plari, nediventerà l'ideologo e il principale artefice delloro successo.Per ben nove anni i cavalieri restano in nove,non accettano nessuno nel loro Ordine, efrancamente mi sembra un numero esiguo dipersone per espletare un compito tanto arduoquale quello cui si erano prefissi, ovverorendere sicura una via infestata da predoni ebanditi; inoltre risulta che in que-sto periodo icavalieri non partecipano ad alcuncombattimento nonostante le numerosecampagne intraprese da Baldovino II permantenere sicuro il regno. Solamente dopo il1128, anno in cui Ugo de Payns, accompagnatoda altri cinque cavalieri torna in Francia el'Ordine viene ufficialmente riconosciuto alconcilio di Troyes, l'Ordine si trasforma in un

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vero e proprio esercito.

Il Pontefice Onorio II, dopo aver ricevuto icavalieri inviatigli dall'allora patriarca diGerusalemme Stefano, concede loro specialiguarentigie e la veste bianca di lana in forma dimanto che ricopre l'armatura, li invia quindi aTroyes ed incarica San Bernardo di stilare laRegola dell'Ordine. Sarà invece Stefano,patriarca di Gerusalemme a concedere alnovello Ordine la croce doppia alla patriarcalecolor vermiglio poi cambiata nel 1163 in crocerossa, che i cavalieri portano ricamata sul mantoall'altezza della spalla destra. Tutti onoriabbastanza strani per dei cavalieri che ancoranon si sono resi particolarmente indispensabili odegni di simili trattamenti.

È probabile che il principale compito deicavalieri non sia stato la difesa dei pellegrini,bensì la ricerca di un qualcosa celato, perchéno, proprio nel Tempio di Salomone. Nondimentichiamoci che il luogo più accanitamentedifeso di Gerusalemme dai mori è stato proprioil Tempio, e forse non solo per motivi strategici.Tali privilegi possono essere spiegati seammettiamo che dopo nove anni dediti allericerche e non alla difesa della Palestina,Ugo de Payns torni in Francia dopo averritrovato il tesoro tanto agognato dai cistercensi;che tipo di tesoro fosse non è dato sapere,Charpentier afferma che il tesoro è costituitodall'Arca dell'Alleanza e dalle Tavole dellaLegge, altri autori dal Sacro Graal che secondoalcuni sarebbe rappresentato da un vassoiod'oro, secondo altri da una pietra preziosa, edinfine da una coppa dove Giuseppe d'Arimateaavrebbe raccolto il sangue di Gesù. Sono ipotesidifficilmente valutabili, certo qualcosa devonoaver trovato, qualcosa che racchiuda il sapereEgiziano ed ebraico; non bisogna comunqueperdere di vista il significato simbolico, infatti ilGraal rappresenta un importante simbolomistico nella tradizione iniziatica cristiana e asua volta sembra derivare dal Toson d'oro,altrimenti noto come Vello d'oro degli argonauti,dall'Arca del-l'Alleanza e da altri oggetti miticiche hanno come comune denominatore l'oro, ilmetallo rilucente da sempre ricercato daglialchimisti; questo simbolo, che nelle diverseculture ha cambiato nome, ma non significato,potrebbe rappresentare l'illuminazione dellaverità, lo strumento di conoscenza, il Verbo, laLuce, tutto ciò che è in grado di illuminarel'intelligenza umana; pertanto secondo alcuniautori il Toson d'Oro, l'Arca dell'Alleanza o il

Sacro Graal non sarebbero altro che il simbolodi una conoscenza iniziatica che muta nome nelcorso dei secoli.

Non si sa da dove derivi la civiltà egiziana, essaè comparsa improvvisamente senza genitori;Salo-mone possedeva tutta la sapienza degliEgiziani; la civiltà Islamica è comparsaimprovvisamente come una fiammata per poidecadere lentamente, ma inesorabilmente comeuna pianta recisa dalle sue radiciimmediatamente dopo le crociate; la civiltàoccidentale rinasce dalle sue ceneri improvvisa-mente negli anni seguenti il XIV secolo. Sonosolamente casi, corsi e ricorsi storici, o la fontedel sapere è passata di mano in mano fra questitre popoli illuminandoli?

Di sicuro sappiamo che in quegli anni ibenedettini proteggevano nei loro monasteristudiosi ebrei, esperti cabalisti, certamente nonper amore del prossimo (gli ebrei nel Medio Evoerano perseguitati perché accusati della mortedi Gesù Cristo), più probabilmente perpermettere una pronta interpretazione delmessaggio che Ugo de Payns avrebbe portatodalla Palestina e che con grande probabilitàsarebbe stato cifrato.

Curioso è anche l'atteggiamento di SanBernardo da Chiaravalle, da prima si mostraestremamente ostile alla costituzione di unOrdine di monaci-guerrieri, in quanto in nettocontrasto con le sue idee sulla violenza e sullaguerra, a tal punto da malcelare, in una letteradi congratulazioni indirizzata al conte diChampagne in occasione del suo ingressonell'Ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo, ilrammarico che il conte avesse preferito iTemplari ai Cistercensi di Clairvaux nonostanteche Ugo de Payns fosse lo zio di San Bernardo!Solamente dopo il concilio di Troyes SanBernardo muta improvvisamente idea,schierandosi con il nuovo Ordine, difendendoloda ogni accusa, e addirittura stendendo laRegola dell'Ordine. Questo mutamentoimprovviso può essere spiegato considerandoche il giovane benedettino era una delle mentipiù fervide dell'epoca e solamente durante ilconcilio sarebbe stato reso edotto della veramissione che i Poveri Cavalieri di Cristoavevano compiuto in Terra Santa affinchélui stesso prendesse le redini del gioco percompletare al meglio l'opera già iniziata.

Ugo di Champagne sembra essere colui che per

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primo individua il luogo in cui viene custodito ilse-greto; infatti al ritorno dal suo primo viaggionella Terra Santa subito dopo la prima crociata,fa do-no all'abate di Citeaux Stefano Harding diun vasto terreno dove costruire una nuovaabbazia dedita allo studio della lingua e dellafilosofia ebraica di cui, guarda caso SanBernardo diventa abate; ed è proprio in questafondazione che i sapienti ebrei vengono accoltie protetti; è ovvio che se qualcosa deve essereportato in Occidente dalla Palestina, questoqualcosa sarà probabilmente scritto in chiavecabalistica, in una sorte di cifrario che puòessere interpretato solamente da esperti rabbini,e per-tanto è necessario preparare il terrenoadatto alla perfetta comprensione dellasapienza degli antichi.

Ugo, conte di Champagne, dopo un altro viaggio"di controllo" in Terra Santa non resiste più nel-l'attesa, e finalmente nel 1125 ripudia la moglie,rinnega il figlio, e raggiunge i nove cavalieri aGe-rusalemme; è poco probabile che Ugo, cheaveva il rango di feudatario, provasse unirresistibile de-siderio di curare i pellegrini, seinfatti per motivi di adulterio, o di disgusto delmondo temporale, avesse cercato l'ascetismo,più facilmente sarebbe entrato nel monastero diCiteaux il cui abate co-nosceva bene, se invecelo attirava la gloria e il martirio della GuerraSanta, molto più efficacemente avrebbecostituito un piccolo esercito che, data la cronicapenuria di uomini di cui soffriva la Pale-stinaFranca, sarebbe stato molto più utile di un solocavaliere quarantacinquenne dedito alla prote-zione della via di Giaffa.

Ma se i cavalieri hanno trovato immediatamentel'oggetto della ricerca che senso ha istituire unordi-ne monastico-cavalleresco come quello deiTemplari? Il messaggio riportato in Franciasicuramente è un messaggio cifrato, cherichiede anni e anni di studi per poter esserecompreso, tutta la filosofia ebraica usa infatti uncodice estremamente complesso,assolutamente incomprensibile senza unachiave di accesso; inoltre anche una voltatradotto il messaggio, i tempi sarebbero potutiessere non maturi per una simile rivelazione.L'Ordine del Tempio rappresenta il risultato diun tentativo di incivilimento dell'Occidente; ladifesa della Terra Santa non è altro che unostrumento, un mezzo per compiere il noviziato,per acquistare potere e fama, il vero compito èquello di creare uno stato nello stato in grado diaiutare gli artigiani, gli architetti, i muratori, i

costruttori di edifici religiosi, i contadini, in gradodi migliorare le tecniche di costruzione, con ilGotico, di coltivazione, con colture differenziatee a rotazione, di migliorare e rendere più sicuri itrasporti e quindi con essi il commercio; inparole povere l'arduo compito svolto dal Tempioè quello di risvegliare l'umanità in generale el'Occidente in particolare, dal torpore, dal-l'accidia del Medio Evo, da cui sembra nonsapere o volere uscire. A fianco dell'Ordine veroe pro-prio, infatti, si raccolgono tutta una serie dicorporazioni di artigiani, ma soprattuttocostruttori di cattedrali che finiscono perottenere delle franchigie reali in loro favore, mache lavorano per il Tem-pio ricevendo in cambioprotezione e, forse, insegnamenti tecnico-iniziatici derivanti dagli antichi costruttori delTempio di Salomone, e questo può spiegarel'improvviso rifiorire dell'arte sacra nel XII e XIIIsecolo in Europa in generale ed in Francia inparticolare. Queste corporazioni sopravvi-veranno alla caduta in disgrazia dell'Ordine nel1307 e si diffonderanno in tutta Europamantenendo sempre le loro franchigie, e i lororituali iniziatici.

Un ruolo non indifferente in ogni civilizzazione èrappresentata dalla costruzione di vie dicomunica-zione. Intorno al mille lecomunicazioni fra le varie città, o fra le varieprovince erano presso o che impossibili, inquanto le strade erano infestate da bande dicontadini affamati che si trasformavano inbanditi e che depredavano qualsiasi cosa educcidevano i malcapitati; in una situazione delgenere ovviamente i commerci eranoimpossibili, era pertanto sufficiente un raccoltoandato male per de-terminare una terribilecarestia, in quanto i rifornimenti non potevanoraggiungere la regione colpita. I Templari nonsolo costruirono una fitta rete di strade dicomunicazione ma ne garantirono anche ladifesa con un continuo pattugliamento,permettendo ai commercianti e ai pellegrinispostamenti sicuri da un paese ad un altro, dauna città ad un'altra; infatti grazie alla particolaredislocazione delle commende i Cavalieri eranoin grado di controllare tutte le vie dicomunicazione svolgendo un im-portante ruolodi polizia, di vigilanza sulle strade in modo darenderle sicure ed impedire l'aggressione deipellegrini da parte di bande di briganti. Conquesti presupposti il commercio diventò nonsolo possibile, ma fiorente; sulle strade Templarii commercianti potevano trasportare la loromerce indisturbati, sicuri, inoltre potevano

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usufruire delle commende per riposare la notte,il tutto, ovvia-mente, con un "modico" compensoche incrementava i forzieri del'Ordine. Questamaggior sicurezza nel trasferimento delle mercifavorì enormemente il fiorire di mercati, di città,nonché allontanò lo spettro di carestie, inquanto qualora in una regione venisse amancare una materia prima necessaria allasopravvivenza, dal mercato più vicino, in "brevetempo", si potevano trasferire le merci neces-sarie. Inoltre se un commerciante o unpellegrino aveva necessità di trasferire denarida un luogo ad un altro, o addirittura in TerraSanta, versava la somma in una commenda incambio di una lettera di credito, e poi riscuoteva,in Terra Santa o dovunque ci fosse una casaTemplare, il dovuto, meno una piccolapercentuale "per il disturbo".

In brevissimo tempo i Templari si trasformaronoda dieci cavalieri quasi nullatenenti che vivevanograzie alle elemosine di Baldovino II, in unaformidabile armata organizzata in manierastupefacente, in una multinazionale di unapotenza economica senza rivali, con unaorganizzazione piramidale. A capo dell'ordinec'era un Gran Maestro che appariva come unsovrano dagli estesi poteri, tuttavia non assoluti,come una monarchia illuminata, semprecontrollato dal Capitolo, dal quale, tramite unrituale estremamente complesso, viene eletto. Ilsecondo dignitario era il Siniscalco chedeteneva il sigillo del Tempio e portava ilgonfalone, il Baussant, stendardo metà bianco emetà nero su cui campeggia la vermiglia crocetemplare; segue il Maresciallo del Tempio cheera il depositario di tutte le armi e armature delconvento, a lui spettava il compito di acquistare imuli e i cavalli; il Capitano della terra diGerusalemme era il Tesoriere del Tempio; infinevengono gli ufficiali di grado inferiore i Capitanidelle singole case, il Turcopoliero, che comandai turcopoli, i cavalieri indigeni, il Vice-marescialloche era incaricato delle salmerie e comandava ifratelli addetti ai servizi e il Gonfaloniere che eracapo degli scudieri, delle sentinelle e degliesploratori. I cavalieri vestivano sopral'armatura, un mantello bianco con la crocevermiglia all'altezza della spalla destra, gliaiutanti avevano un mantello nero. Il loro mottoera Non Nobis Domine, sed Nomini tuo dagloriam riportato anche sul vessillo.

Le donazioni alla causa Templare diventaronoenormi; il successo fu immediato e sembraaddirittura incredibile, anche considerando

l'apporto di indiscutibile importanza di SanBernardo; certa fu la corsa quasi frenetica alledonazioni e agli aiuti sia materiali che spiritualial novello Ordine monasti-co. Addirittura nel1131 Alfonso I re d'Aragona e di Navarra lasciò iTemplari come unici eredi te-stamentari del suoregno. È vero che re Alfonso non aveva eredi,ma una simile eredità appare addi-ritturaincredibile; una spiegazione di tale arcano puòessere il tentativo del re di lasciare in buonemani il compito della riconquista della SpagnaCristiana. Certo è che in questo caso lalungimiranza e l'accortezza hanno preso ilsopravvento sulla tristemente nota e troppospesso criticata avidità degli amministratoritemplari i quali hanno preferito cedere il regno alfratello di Alfonso, Ramiro, in cambio di un"misero" compenso, solamente il possesso di1/5 delle terre riconquistate in terra di Spagnacon l'aiuto del Tempio.

Ben presto anche la Santa Sede si associa inquesta frenesia filo-templarista concedendo deiprivilegi enormi; i Templari infatti erano del tuttoindipendenti dalla giurisdizione dei cardinali edelle altre autorità ecclesiastiche, dovevanorendere conto solamente al papa, e ciò li ha resinon poco invisi al clero; nessun re o imperatoreaveva giurisdizione sui cavalieri o sulle proprietàdel Tempio; l'Ordine era pertantocompletamente svincolato da ogni poteretemporale o religioso che fosse; non dovevapagare tasse né all'autorità religiosa, néall'autorità civile, anzi poteva riscuotere tasse egabelle nei suoi territori, come uno statosovrano. Tutti questi privilegi furono regolati il 29marzo 1139 quan-do il papa Innocenzo IIpubblicò la bolla Omne datum optimun, unpasso fondamentale che riunisce in un unicotesto tutti i privilegi, i vantaggi e le esenzioniottenute dai Templari fino a quel momento. La bolla di fatto sottrae l'Ordine ad ogni autoritàepiscopale (ed in modo particolare a quella delpa-triarca di Gerusalemme), ecclesiastica elaica, per porlo sotto la protezione diretta dellaSanta Sede. Di fatto con l'emissione di questabolla l'Ordine diventa quasi uno stato sovranoche deve rendere conto solamente al papa, neconsegue che l'elezione del Grande Maestroavviene esclusivamente da parte dei monacisenza alcuna influenza esterna, il rafforzamentodel potere del Grande Maestro sui monaci chegli devono obbedienza cieca ed assoluta,l'impossibilità da parte di alcuno, salvo il Ca-pitolo generale del Tempio, di modificare glistatuti, la possibilità di avere sacerdoti propri,

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l'esen-zione dalle decime dovute al clerosecolare da parte dei coloni abitanti le terrepossedute dai Templari; vieta a chiunqueecclesiastico o laico di variare gli statutidell'Ordine, eventuali modifiche posso-noessere apportate solo dal Grande Maestro con ilconsenso del Capitolo. Questa bolla non fa altroche rendere ufficiale una situazione di fatto chegià esisteva da molto tempo grazie a privilegicon-cessi per risolvere ora una controversia, oraun sopruso presunto o vero nei confronti delTempio.

Questa situazione anomala per un Ordine sortoda così poco tempo mette in grado i CavalieriTem-plari di accumulare con estrema abilità econ estrema facilità immense ricchezze chevengono ammi-nistrate con accortezza eadeguatamente fatte fruttare; i monaci sono ingrado di concedere prestiti, di inventarel'assegno circolare, di gestire con profittoimmense fattorie, sono in grado addirittura dimantenere un esercito in continua guerra inPalestina, con un flusso pressoché continuo diarmi, ca-valieri, cavalli, denari che partono daiporti di Marsiglia e Genova per raggiungereGerusalemme. Questa potenza economica equesti privilegi ecclesiastici rendono i Templariestremamente invisi ai potenti e ai re chevedono sminuito il loro potere politico edeconomico sui loro stati. Infatti grazie alle lorocapacità, alla loro intraprendenza e fiuto negliaffari nonché ai privilegi accumulati nel corsodegli anni, nelle retrovie, ovvero in Occidente, ingenerale, ed in Francia, in particolare, l'Ordineriesce addirittura a creare uno stato nello statomolto più organizzato, efficiente e potente dellostesso stato ufficiale, dimostrando capacitànotevolissime di gestione della res publica, dellericchezze, della politica, dimostrando unaincredibile capacità manageriale e diplomaticaestremamente rara al-l'epoca. La loro potenzaraggiunge vertici impensabili in meno di centoanni, nella seconda parte del XII secolodiventano l'unico vero baluardo al completodisfacimento del regno di Gerusalemme.

Nel giudicare l'eccessiva avidità troppo spessocontestata degli amministratori templari nonbisogna comunque mai perdere d'occhio laprincipale funzione del Tempio, ovvero la difesadella Terra Santa dai mussulmani, la difesa diuna terra perennemente in guerra, dilaniata nonsolo dalle scorre-rie mussulmane, ma anche daicontinui dissidi interni fra i vari baroni franchi,che, in alcune occa-sioni, sono addirittura giunti

ad allearsi con sceicchi mussulmani per poterprevaricare sull'avversa-rio o raggiungere lacorona di re di Gerusalemme. Una guerrasanguinosa, dispendiosa, ma soprat-tuttocontinua in grado di prosciugare qualsiasi tesororeale, una guerra finanziata in gran parte an-chedai tesori che le province d'Occidente erano ingrado di accumulare, il fronte Orientale inghiotti-va come un meldstrom uomini, cavalli e denari.Appare pertanto ovvio l'attaccamento al denaro,tal-volta eccessivo, dimostrato dai Templari, maogni loro sforzo era incentrato alla difesa deglistati la-tini d'oltremare. Sicuramente unaorganizzazione perfetta che ha fatto progredirel'agricoltura e il commercio permettendo un piùrazionale e più efficace sfruttamento della terra,un sistema di riscos-sione delle impostecapillare, una vera "multinazionale".

Il compito assegnato al Tempio è sempre statosvolto in modo irreprensibile, sempre i Cavalieriso-no stati sinonimo di lealtà e coraggio, hannosempre costituito le avanguardie degli esercitifranchi impegnati in combattimento in TerraSanta, lo dimostra anche il fatto che dei 21Maestri del Tempio che si sono succeduti daUgo di Payns a Guglielmo di Beaujeu setteperirono in combattimento, cinque in seguito alleferite riportate in battaglia ed uno in cattività;non mancano battaglie storiche, vere pietremiliari nella storia templare; la difesa di Gaza(1171), la battaglia di Tiberiade (1187); ilsacrificio di Damietta (1219), l'epopea diMansourah (1250), il martirio di Sephet (1262),e l'estre-ma difesa di Acri (1291) dove ilsacrificio da parte dei Cavalieri all'interno dellaloro casa madre permise alla popolazione diAcri di mettersi in salvo, fino al crollo del Tempiostesso che seppellì per sempre attaccanti edifensori. Anche quella che molti storicidefiniscono una pagina discutibile della storiadelle crociate l'assedio di Ascalona (1153), inrealtà deve essere vista come un estremosacrificio Templare per impedire una clamorosadisfatta. La versione di Guglielmo di Tiro vienestupendamente riportata da Umberto Eco nelPendolo di Foucault:

"un giorno il re di Francia, l'imperatore tedescoBaldovino III di Gerusalemme e i due GrandiMaestri dei Templari e degli Ospitalieri decidonodi assediare Ascalona. Partono tutti perl'assedio, il re, la corte, il patriarca, i preti con lecroci e gli stendardi, gli arcivescovi di Tiro, diNazareth, di Cesarea, insomma, una gran festa,con le tende rizzate davanti alla città nemica, e

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le orifiamme, i gran pavesi, i tamburi [Š].Ascalona era difesa da centocinquanta torri e gliabitanti si erano prepa-rati da tempo all'assedio,ogni casa era traforata di feritoie, tante fortezzenella fortezza. Dico, i Templari, che erano cosìbravi, queste cose avrebbero dovuto saperle.Ma niente, tutti si eccitano, si costruisconotestuggini e torri in legno, sapete quellecostruzioni a ruote che si spingono sotto le muranemiche e lanciano fuoco, sassi, frecce, mentreda lontano le catapulte bombardano coi maci-gni. Gli ascaloniti cercano di incendiare le torri, ilvento gli è sfavorevole, le fiamme si attacca-noalle mura, che almeno in un punto crollano. Labreccia! A questo punto tutti gli assedianti si but-tano come un sol uomo, e accadde il fattostrano. Il Gran Maestro dei Templari (Bernardodi Tré-melay) fa fare sbarramento, in modo chein città entrino solo i suoi. I maligni dicono che facosì af-finché il saccheggio arricchisca solo ilTempio i benigni suggeriscono che temendo unagguato vo-lesse mandare in avanscoperta isuoi ardimentosi. In ogni caso non darei a costuida dirigere un scuola di guerra, perché quarantaTemplari fanno tutta la città a centottanta all'ora,sbattono contro la cinta dal lato opposto,frenano con un gran polverone, si guardanonegli occhi, si chiedono cosa fanno lì, invertonola marcia e sfilano a rotta di collo tra i mori, cheli tempestano di sassi e verretto-ni dalle finestre,li massacrano tutti Gran Maestro compreso,chiudono la breccia, appendono alle mura icadaveri e squadrano le fiche ai cristiani trasghignazzamenti immondi."

La versione di Guglielmo di Tiro appare un po'troppo tendenziosa, è pur sempre vescovo diTiro, e già abbiamo spiegato quanto i Templarifossero invisi al clero; più realistica mi pareinvece l'ipotesi proposta da George Bordonovesecondo il quale il Maestro del Tempio, già sullabreccia, vedendo gli ascaloniti che sipreparavano a tendere un agguato ai crociatiche come un sol uomo si sarebbero catapultatiattraverso la breccia, sbarra la strada con i suoicavalieri all'orda insensata mentre i suoi tentanodi stabilire una salda posizione. Nessuna altraipotesi mi pare altrettanto soddisfacente. L'e-stremo sacrificio dei cavalieri del Tempio; d'altraparte la versione di Guglielmo di Tiro è l'unicapervenutaci, in quanto Bernardo di Trémelay, lecui spoglie pendevano con quelle dei suoi fratellidalle mura di Ascalona, non ha, ovviamente,avuto la possibilità di dire la sua; qual cosa piùfacile che far ricadere la colpa di una sconfittasu coloro che non possono più replicare?

Viene spontanea a questo punto una domanda,come fanno dei monaci soldati impegnati, nondi-mentichiamolo mai, per oltre due secoli in unacontinua, dispendiosa e sanguinosa lotta controgli infedeli in Terra Santa o in Spagna senzamai abbandonare il loro incrollabile tabù "nonrifiutare mai il combattimento" ad accumularetale saggezza? Il regno di Gerusalemme non hamai conosciuto la pace; da quel 15 luglio 1099fino al 17 maggio 1291, caduta di Acri, iTemplari hanno dovuto combattere in manieracontinua gli infedeli ora in battaglie ciclopiche alfianco del condottiero Franco o Sassone diturno, ora in scaramucce per difendere unastrada insidiata dai predoni sarace-ni, ora perdifendere i loro castelli dalla continua pressionemussulmana. Monaci soldati colti si (an-che sepochissimi di loro conoscevano il latino, linguadei dotti di allora, lo dimostrano i regola-mentiscritti in volgare francese) ma quando trovavanoil tempo di studiare l'economia e la politica?

Inoltre il Gran Maestro del Tempio, colui che atutti gli effetti era l'imperatore di un tale regno,l'unica vera autorità dei Templari e che perstatuto doveva risiedere a Gerusalemme, era unmilitare, un uomo che doveva essere in grado dicondurre i suoi Cavalieri in battaglia, unostratega dotato di grandi capacità; un uomocostantemente impegnato in battaglia, o indifficili trattative con il re di Gerusalemme, con ilGran Maestro dell'Ospedale e con i saraceni.Era pressoché impossibile governa-re un imperoin queste condizioni, mi risulta difficile capirecome un soldato potesse governare con profittoun impero economico mentre era impegnato inuna guerra, lo dimostra il fatto che più di unavolta gli imperatori o i re impiegati in TerraSanta sono stati costretti ad un precipitosoritorno in pa-tria per impedire che il loro regnovenisse dilaniato da guerre interne o dasignorotti intriganti.

L'arcano potrebbe essere ricercato nel famoso,sempre supposto, ma mai dimostrato, ordinesegreto, il nucleo di monaci cavalieri. Se infattil'Ordine ha come scopo principale la difesa delSanto Se-polcro con le armi di cui in più di unaoccasione hanno dimostrato di conoscereperfettamente l'uso, si rende necessario ilreclutamento non di preti o frati che hannoscarsa dimestichezza con le armi, ma dicavalieri provetti, gente non solo abituata dasempre ad usare armi, ma anche in grado di

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sop-portare le fatiche di una guerra nel deserto,sotto un sole cocente, con indosso pesantissimearmatu-re. Mi è difficile credere che degli uominidi chiesa, abituati a trascrivere e a studiare gliantichi testi, abbiano avuto la volontà e la forzadi imbracciare le armi, e se anche ciò fosse, mirisulta difficile credere che in uno o due anni dicontinui esercizi fossero riusciti ad acquistareuna abilità e una forza tale da maneggiare dellespade del peso di diversi chili, da cavalcaredentro pesantissime armature per ore ed oresotto il pressante sole africano, in breve dicostituire la cavalleria pesante forse più ef-ficiente, disciplinata e potente dell'intero mondoconosciuto. Ugualmente impensabile, misembra, che l'eloquenza di San Bernardo abbiaconvinto uomini d'arme a rinunciare a tutto soldi,donne, fama, vino, per diventare monaci chenulla possedevano, che mangiavano in due inuna scodella, che avevano fatto voto di castità,e il cui unico privilegio era quello di farsiimpalare alla prima occa-sione dal Saladino.

Molto più probabile mi sembra l'ipotesidell'esistenza di due ordini all'interno deiTemplari: un or-dine combattente fatto disoldatacci duri, abili nell'uso delle armi, chebevevano, che bestemmiava-no (bestemmiare ebere come un Templare), che nondisdegnavano il saccheggio e perché no anchelo stupro di qualche bella beduina, l'altro fatto dimonaci abili nella politica e nell'economia,studiosi appositamente creati nelle abbaziebenedettine, veri e propri saggi forgiati a classedirigente. Man-giavano insieme, possedevano lestesse armi, obbedivano agli stessi ordinidormivano nelle stesse celle, avevano gli stessidoveri civili e religiosi, erano del tuttoindistinguibili agli occhi profani, ma nel segretodella casa, gli uni studiavanno i loro preziosimanoscritti, si occupavano di politica, eco-nomia, architettura, gli altri si esercitavanoall'uso delle armi. Anche gli stessi regolamentidegli Or-dine i Retains sono validi solamente perdisciplinare in maniera ferrea dei soldati, manon sono in grado di fornire dottrine utili perl'amministrazione di un impero economico qualequello Templare. Più probabile è l'esistenza diuna regola segreta nota solo ad alcuni iniziati.

Un segnale di riconoscimento fra i monacicavalieri e i cavalieri laici poteva essere laconformazione della croce, infatti, al contrariodegli Ospitalieri (divenuti poi Cavalieri di Malta),la croce Templare, che i Cavalieri portavanosulla spalla destra, non è univoca e ne esistono

numerosissime versioni, ad ogni tipo di crocesarebbe potuto corrispondere un determinatogrado iniziatico. Quasi a confer-ma di questodualismo tutta l'organizzazione Templaresembra giocare sul numero due: l'imperotemplare è diviso in nove province, tre semplicie sei doppie, le province semplici sono quelle acontatto con i mussulmani, nelle provincedoppie le commende sono poste a coppie. Ciònon sem-bra un semplice caso, bensì unafilosofia binaria che pervade tuttal'organizzazione templare, la re-gola prevedevainfatti che i cavalieri dovessero mangiare in duenello stesso piatto, che dovessero uscire daicastelli solo a coppia, perfino il Gran Maestronon si spostava mai senza il suo compagnod'arme, il più famoso sigillo raffigura duecavalieri armati di scudo e di lancia sulmedesimo destriero. Un sistema dualista, volutodallo stesso San Bernardo, che inizia nelladivisione Oriente-Occidente e termina nellostemma Baussant dell'Ordine (una bandieramezza bianca e mezza nera che richiama ilpavimento del Tempio di Salomone). Questodualismo può rappresentare il simbolo di unadivisione dicotomica all'interno dell'Ordine, inparole povere due ordini ben distinti sotto lostesso tetto.

Se i monaci erano accuratamente selezionati inquanto dovevano custodire il Gran Segreto inpos-sesso dell'Ordine, e dovevano perseguire ilvero fine dell'Ordine, i militi non lo erano affatto;il proselitismo che viene attuato in Occidente èestremamente sviluppato, si tende ad arruolarequalsia-si cavaliere, anche se di non rettiprincipi, addirittura possono arruolarsi anche icavalieri scomuni-cati, talvolta è lo stesso papache obbliga qualche signorotto particolarmente"turbolento" ad arruo-larsi nell'Ordine, si cercaquindi di convogliare tutte le energie negativedell'Occidente nella "giusta" causa della guerrasanta. Dobbiamo a questo punto considerare ilTempio come una sorta di legione straniera?L'immagine è anacronistica, ma chiarificatrice; iTemplari agiscono ai margini della so-cietàcristiana. È un atteggiamento coraggioso, mapericoloso!

Tutto andò bene fino alla caduta di Acri e aldissolvimento del regno franco in Palestina, finoad al-lora ogni stranezza, ogni avidità dimostratadal Tempio era ben accetta, in quanto dovevanoprocac-ciarsi i denari necessari a finanziare laguerra, e le ricchezze accumulate venivanopresto dilapidate per le ingenti spese militari; ma

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quando la guerra contro i mori era ormaidefinitivamente persa, e l'idea di una nuovacrociata era a dir poco anacronistica, i privilegi ele ricchezze di un Ordine i cui componentiavevano fatto voto di povertà appaiono iniqui,insensati, ingiusti. Se a questo si ag-giungel'astio provato delle autorità civili e religiose neiconfronti di un Ordine troppo potente, con troppiprivilegi, ritenuto il principale responsabile delladisfatta in Terra Santa, facilmente si puòcomprendere l'aurea di diffidenza e di astio chesi è creata nei primi anni del XIV secolo intornoal Tempio.A questo punto sorgono due domande: comemai i Templari non hanno reagito all'attacco diFilippo il Bello? Quali sono i veri motividell'apocalisse templare?

Moltissimi autori hanno tentato negli anni dispiegare perché un Ordine tanto potentemilitarmente si sia arreso senza colpo ferire quelfatidico venerdì 13 ottobre 1307, quando, perordine di Filippo il Bello re di Francia, i soldatiincreduli arrestano i Cavalieri Templaricontemporaneamente in tutto il regno.Altrettanto incomprensibile è come mail'informazione di un arresto incipiente non siatrape-lata e giunta all'orecchio del Gran Maestrodell'Ordine. Sono domande che purtroppo nonhanno ancora una risposta, e che pertantohanno generato una ridda di ipotesi alcune dellequali addirittura ridicole. C'è chi afferma chel'Ordine dei Templari si sia fatto massacrare alfine di nascondersi nel-l'ombra e di potercontinuare la sua opera di conquista del mondoindisturbato.Alla seconda domanda è invece possibileproporre una risposta: ragioniamo un attimo perassurdo: se Filippo il Bello nel 1307 non avessedecretato con mezzi leciti o meno la finedell'Ordine cosa sa-rebbe successo? Neiduecento anni di splendore templare i monacierano riusciti a possedere nella sola Franciacirca due milioni di ettari che sfuggivano ad ognitassa e decima, senza contare le im-mensericchezze gelosamente custodite nei loro castelliche nessuno è mai riuscito a calcolare conprecisione e gli ingenti debiti che lo stesso re diFrancia aveva contratto con loro; ma durantequesti duecento anni il fronte Orientale era unavero pozzo senza fondo che ingoiava gran partedei guada-gni dell'Ordine. Ora che il fronte era"chiuso", che le spese di guerra non gravavanopiù sull'eco-nomia Templare, in brevissimotempo i possedimenti dell'Ordine sarebberoraddoppiati, triplicati, centuplicati.

Un potere temporale si conserva solo grazie alpotere politico ed economico, ma come èpossibile creare un potere centrale forte, comequello che Filippo il Bello si era prefissato dicreare in Francia, se nel cuore dello stato èpresente una potenza economico-militare forsepiù potente dello stesso stato e che gode di ogniimmunità e facilitazione? Un esercito comequello Templare forgiato da duecento anni diguerre continue rappresentava un pericolotroppo grande, non solo per la Francia, maanche per tutto l'Occidente; e dato che non erapossibile attaccarlo frontalmente l'unico sistemache rimaneva al re per disfarsi dell'Ordine era lacalunnia e quella terribile arma rappresentatadal-l'inquisizione contro cui non esiste alcunapossibilità di difesa.Senza entrare nel merito del processo aiTemplari così intriso di argomentazioniteologiche create in modo tale da far caderequalsiasi persona non esperta di taleargomento, nell'eresia, cerchiamo di analizzarele principali accuse rivolte al Tempio.

L'accusa più assurda è senza dubbio quella diconnivenza con il nemico, di essersi fatti spessoalle-ati dell'infedele. Fra tutte questa è senzadubbio l'accusa più facilmente confutabile, lodimostra il fatto che dei 22 Maestri del Tempioche si sono succeduti da Ugo di Payns aGiacomo de Molay sette perirono incombattimento, cinque in seguito alle feriteriportate in battaglia, uno in cattività, ed infinel'ultimo Maestro è stato bruciato sul rogo comerelapso; lo dimostra anche il fatto che i morihanno sempre trucidato i cavalieri catturati inquanto sapevano benissimo di non poterrichiedere un riscatto per la loro vita, e che, unavolta liberati, avrebbero ripreso a combattereper la loro fede. Di estremo interesse a taleproposito mi appare l'atteggiamento delSaladino nei confronti dei Templari: "Vogliopurgare la terra da questo Ordine immondo lecui pratiche sono prive di utilità, e che nonrinunceranno mai alla loro ostilità e non sarannomai utili come schiavi". Lo stesso Vecchio dellaMontagna, il capo degli assassini giudicavainutile perdere il proprio tempo a far sparire iMaestri dell'Ordine, poiché ne venivano subitoeletti altri senza che ciò scalfisse la coesionedell'Ordine stesso. Solamente un atteggiamentopoteva essere confuso con il tradimento, ovverola diplomazia. Il regno di Gerusalemme sireggeva non solo sulla forza militare, ma anchesulle alleanze che riusci-va a stipulate con i vari

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sultani dei regni mussulmani circostanti, seinfatti si fosse realizzata, come infatti si realizzònella seconda metà del XIII secolo, l'unificazionedi tutto il mondo mussulmano, i possedimentifranchi in Terra Santa sarebbero stati spazzativia in breve tempo. Quindi la diplomazia erafondamentale per la sopravvivenza dello stato.Questo atteggiamento lungimirante, spesso pru-dente e leale nei confronti degli alleatimussulmani, definita più volte CavalleriaSpirituale, è stato confuso dai barbari crociatiassetati di gloria e di ricchezze che venivanodall'Occidente senza ren-dersi assolutamenteconto della politica e della realtà locale, comecodardia o, peggio, tradimento. Durante tutta ladurata della dominazione franca in Terra Santainfatti è sempre esistito un continuo conflitto fra icrociati che provenivano dall'Occidente e chedesideravano solamente combattere sempre edovunque, salvo poi, vista la mala parata,ritornarsene in salvo in Occidente, e i poulains,ovvero i latini che abitavano in Terra Santa cheben comprendevano come un sottile giocopolitico di alleanze con i signorotti circostantifosse di gran lunga più efficace e importante diuna fugace e spe-so incerta vittoria sul campo. ITemplari si sono sempre fatti garanti di una talepolitica cercando continue alleanze, stipulandotregue non sempre rispettate dal principeoccidentale di turno. Certa-mente dopoduecento anni di permanenza in Palestina leinfluenze arabe ci sono state, i Templari si-curamente sono venuti a contatto con setteiniziatiche mussulmane, i sufi, gli ismaeliti, imotocalle-min, gli haschischin guidati dalVecchio della Montagna, dai quali, forse, hannoimparato il signifi-cato esoterico del Graal, ilsegreto del Tempio di Salomone, o altriinsegnamenti iniziatici o comun-que dei qualihanno subito una profonda influenza che ha poiportato all'accusa di connivenza.L'accusa principale, ma anche l'accusa piùdifficilmente interpretabile e più difficilmenteanalizzabile è quella di eresia. La difficoltàdell'analisi di tale accusa è insita sianell'argomentazione teologica che è di unacomplessità straordinaria, ma anche dal fattoche, nonostante la tortura, dagli atti delprocesso non è mai scaturito nulla di univoco;molti fratelli hanno confessato di aver rinnegatoCri-sto sputando sulla Croce durante lacerimonia di iniziazione, di aver sentito parlaredi sodomia, ma di non esserne mai statitestimoni, di aver dato e ricevuto baci in postipoco consoni del loro corpo, ma nessun datosicuro è mai trapelato, sempre per sentito dire,

sempre tutto nel vago. Le domande che gliinquisitori ponevano ai cavalieri la cui luciditàmentale era ormai completamente annebbiatasotto la tortura, erano di tale complessità,presupponevano una cultura teologica tale dafar cadere nell'eresia anche un Santo, e icavalieri, molti dei quali neppure conoscevano illatino, non erano certo in grado di riconosceretali tranelli filosofici. Dei semplici scherzi, deisemplici atti di "nonni-smo" fra commilitoni, degli"errori" dei singoli sono stati strumentalizzati alfine di far cadere la col-pa e l'ignominiasull'intero Ordine: "E ricordati che qui siamo tuttipederasti, ed ora fammi prendere la chiave delcampo di tiro e vieni a dimostrare il tuocoraggio".

Lo stesso Ugo de Molay dichiara di aver dettodurante una cerimonia di investitura "E se vai incalore rinfrescati con i tuoi fratelli", ma ha ancheaggiunto "Lo dicevano con le labbra, non con ilcuore, era solo la pratica dei nostri statuti".

Anche le confessioni sono spessocontraddittorie, chi dice una cosa, chi ne diceun'altra, ma quello che veramente accadeva nelsegreto del Capitolo non è trapelato; nulla diveramente iniziatico ed e-soterico è mai statoconfessato. Stoicamente i cavalieri hannoresistito alle torture senza rivelare il lorosegreto, hanno preferito la morte fisica e lacompleta distruzione dell'Ordine piuttosto che lamorte spirituale. Certo non tutti i Templari eranoa conoscenza del segreto, ma i veri iniziati delnu-cleo dei monaci-cavalieri, coloro che eranoaddentro alle segrete cose, hanno saputocelarsi, mime-tizzarsi con gli altri, e sotto torturahanno confessato solamente verità marginali,spesso contraddit-torie, al fine di rendereingarbugliata ancor di più la scena. Sono stati ingrado di riferire quello che gli accusatorivolevano sentirsi dire, ovvero la presenzadell'eresia catara all'interno dell'Ordine. Inquesto sono stati aiutati dal fatto che l'interoprocesso ai Templari è stata esclusivamenteuna mossa politica, con esso, infatti, si volevacolpire la potenza economico-militaredell'Ordine, e non strap-pare ai Cavalieri il lorosegreto. L'intero gioco di potere fra Filippo ilBello e Clemente V può essere visto comel'inizio della secolare battaglia control'autonomia dei corpi intermedi di ogni tipo frastato e suddito indispensabile per l'affermazionedegli stati nazionali e dell'assolutismo chetrionferà poi nel XVII e XVIII secolo.

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L'accusa di eresia è un'arma estremamenteefficace in mano all'inquisizione, in quanto nonpermette repliche, è infatti estremamente facilecadere in eresia di fronte ad un tribunaledell'inquisizione gra-zie anche alla tortura, eduna volta condannati, la pena va dal carcere avita (e che carcere!!), al rogo; se poi qualchedisgraziato tenta di ritrattare la confessioneviene definito relapso, e come tale bru-ciato sulrogo. Sempre gli inquisitori hanno condotto laloro inchiesta al fine di far ricadere l'accusa dieresia non sui singoli fratelli, ma sull'interoOrdine, infatti non si voleva solamente colpiredei fratelli, dei monaci, ma l'intera istituzione, edesclusivamente un'accusa che coinvolgeva ilTempio nella sua interezza avrebbe permessolo scioglimento dell'Ordine e quindil'eliminazione del pericolo che essorappresentava.Certamente il venir a contato con popolazioni lacui filosofia deriva dal manicheismo, dalladottrina gnostica, il contatto continuo con icostruttori di cattedrali e le corporazioni deitessitori che apparte-nevano all'eresia catara,ha profondamente impregnato l'Ordine di unsottile substrato eretico. Inol-tre nelle fila deiTemplari potevano entrare anche gliscomunicati e molti cavalieri e signorotti appar-tenenti agli Albigesi, dopo la crociata contro talesetta, sono sicuramente penetrati nell'Ordinepor-tando con loro la filosofia catara.

Indicativa dell'eresia catara che era penetratanel Tempio, era la venerazione dei Templari perla Pentecoste e per la festa dello Spirito Santo ela loro quasi totale indifferenza per il Natale, laPasqua e l'Eucarestia, che addirittura veniva"dimenticata", durante l'officiazione della SantaMessa, in quanto per i catari, la cui filosofiaderiva sempre dallo gnosticismo, il Regno delloSpirito Santo do-veva succedere a quello delPadre e a quello del Figlio. Anche lo stesso attodi rinnegare il Cristo sputando sulla Crocedurante l'iniziazione è da ricondursi all'eresiacatara, in quanto questa setta non riconoscevala divinità di Gesù Cristo. O meglio si ritiene checredessero nella presenza di due entità distintenella figura di Gesù, una che può esserericondotta alla Parola Divina incarnata e poiassunta al cielo, l'altra costituita da un essereumano morto crocifisso.

Ma tutti i cerimoniali Templari sembranorichiamarsi a movimenti iniziatici orientali, adesempio il bacio sulla regione perianale cheveniva dato al neofita durante il cerimoniale di

iniziazione, non era altro che un atto simbolicoche rappresenta il tentativo di risvegliare ilSerpente Kundalini assopito sul fondo dellacolonna vertebrale; la forza rappresentata dalserpente, una volta ridestata doveva es-sereconvogliata senza sprechi e deviazioni versol'esterno, ecco il perché della castità, verso ilcer-vello, e precisamente alla ghiandola pineale,la quale a sua volta rappresenta il terzo occhiodell'uo-mo, che permette la visione direttaattraverso il tempo e lo spazio.

Ancora più misteriosa è la storia del Bafometto,di cui poco o nulla sappiamo, dalle sconnessecon-fessioni dei Templari il Bafometto sarebbeuna testa barbuta orribile a vedersi che iCavalieri avreb-bero adorato; su questomisterioso idolo sono state fatte numerosissimeipotesi, la testa di Satana, la testa di Maometto,un reliquiario in forma di testa; certamente non èmai stato ritrovato in nessuna casa templare, equesto fa dubitare della sua esistenza reale, piùfacilmente potrebbe essere solo un simbolo, eprecisamente un simbolo alchemico ("Bapheusmeté" ovvero tintori della luna, che indicaalchemisticamente coloro che possonotrasformare l'argento in oro, vale a dire gli adeptipervenuti a realizzare la grande opera), epertanto potrebbe essere un'ulteriore provadell'esistenza di un nucleo iniziatico-alchemiconel cuore dell'Ordine Templare. Ma nessunaprova della loro esistenza è mai statadimostrata, tantomeno al processo.

A questo punto le ipotesi sono due, o i veriiniziati sono riusciti a confondersi con gli altrifratelli e hanno resistito alla tortura, o alcunifratelli iniziati sono riusciti a sfuggire prima dellapersecuzione portando con loro tutti i documenticompromettenti. Questa seconda ipotesi appareforse più proba-bile anche perché non sono statiritrovati mai documenti sicuri riguardantil'Ordine, come se qualcu-no si fosse preso labriga di distruggere le prove, anche le immensericchezze dei forzieri delle commende templarisono spariti per sempre. Una leggenda cara aiMassoni afferma che due giorni prima delfatidico 13 ottobre una carretta di fieno tirata dabuoi e guidata dai Cavalieri più fidati ab-biaabbandonato il Tempio di Parigi perdestinazione ignota; sicuramente molti Templarisi unirono ad una loggia massonica appenacreata a Kilwinning in Scozia, e che cosa vietache i documenti ini-ziatici siano stati trasferiti daParigi in Scozia? Forse la carretta di fieno è unametafora, un simbolo, ma certamente è

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impensabile che gli alti ufficiali Templari nonsapessero della spada di Damocle che pendevasulla loro testa e che non abbiano preso i loroprovvedimenti per la salvezza dell'insegna-mento iniziatico che custodivano.

La storia dei Templari si conclude il 3 aprile1312 quando con la bolla Vos Clamantis il papaCle-mente V sopprime, l'Ordine; molti Cavalieriin Francia avevano trovato la morte tra atrocitorture o in numerosi roghi; fuori dalla Francia iCavalieri Templari o erano entrati a far partedegli Ospitalie-ri, o dei benedettini deicistercensi, o infine avevano fondato nuoviordini di tipo cavalleresco-monastico come iCavalieri di Montesa in Spagna, e i Cavalieri diCristo in Portogallo. Giacomo di Molay morendosul rogo il 18 marzo 1314 lancia la suamaledizione sul re e sul papa; il papa Cle-menteV muore in circostanze misteriose il 20 aprile e ilre Filippo il 29 novembre durante un inci-dentedi caccia, così come, nello stesso anno muore ilprincipale artefice dell'olocausto templareGuglielmo di Nogaret, ed infine quando LuigiXVI viene ghigliottinato c'è chi urla "Giacomo diMolay, sei vendicato!!!".

Bibliografia

GEORGE BORDONOVE: "I Templari"; ed.SugarCo Milano 1989.LOUIS CHARPENTIER: "I Misteri dei Templari";ed Atanòr Roma 1985.ALAIN DEMURGER: "Vita e Morte dell'Ordinedei Templari"; ed. Garzanti Milano 1988.RODOLFO IL GLABRO: "Cronache dell'annomille"; ed.UMBERTO ECO: "Il pendolo di Focault"; ed.Bompiani Milano 1988.GABRIELE PEPE: "Il medio evo barbaricod'Italia"; ed. Einaudi Torino 1963.G. VENTURA: "Templari e Templarismo"; ed.Atanòr Roma 1984.ROSARIO VILLARI: "Storia Medioevale"; ed.Laterza Roma

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Il Caino Gnostico

di Filippo Goti

Colui che si cimenta nello studio degli antichitesti gnostici, si può imbattere in una singolareinversione di ruoli, qualità, attribuzioni, checolpiscono in modo inesorabile protagonisti,comparse, e divinità dell'Antico Testamento.L'impressione che il poco accorto lettorepotrebbe riceverne, è quella di essere innanziad un qualche gioco di specchi intento arovesciare le verità in cui da sempre crede,oppure il passatempo di un narratore colto daimprovvisa volontà di scandalizzare. Non di rado, specie nello gnosticismo di matricebarbelotiana, i nomi del Dio dell'AnticoTestamento, del Dio che ha designato il popoloebraico a popolo eletto, sono i nomi dellepotenze che legano, inebriano, e asservanol'uomo. Potenze demoniache, che portano inomi di Jaldabaoth, di Sabbaoth, e di Samael,le quali hanno forgiato le catene che imbriglianogli uomini al dolore e all'ignoranza infinita. E'utile dire immediatamente che non siamoinnanzi ad una provocazione intellettuale, eneppure ad un deliro, bensì naturaleconseguenza del modo in cui lo gnostico vive elegge ogni aspetto della Creazione. Per lo gnostico la Creazione è frutto di un Diominore, cieco e arrogante, di un Demiurgopartorito da una fatalità, e che di errore in errorecontamina ogni azione e manifestazione.L'uomo spirituale immagine e somiglianza delDio prima di Dio, ingelosisce il Demiurgo,scatenandone l’odio, che si concretizza in unafarsesca tragedia ambientata in un cosmoparodia dell'ordine superiore. Un cosmo dove loSpirito è prigioniero e stordito nella, e dalla,carnalità per il diletto delle potenze che loinganno sulla sua vera origine.

Natura di questo semplice lavoro non è undisquisizione sul simbolismo e la reale filosofiagnostica, per cui rimando ad altri testisicuramente maggiormente soddisfacenti sottotale profilo, ma bensì evidenziare il meccanismopsicologico e didattico dell'inversione gnostica

che trova in Caino il suo campione.

Se il mondo è una prigione, se il mondo è fontedi corruzione e turbamento dello Spirito, eccoche non appare adesso più parto di un folle, ilgioco di specchi che come un sisma investe ilDio, il serpente, gli attori e le comparse,dell'Antico Testamento. In quanto è lo stessomondo il riflesso di una realtà ultracosmica, checamuffa la verità con il simulacro della verità, eammanta l'ingiustizia dei panni della giustizia.Cosa sono le antiche scritture, se non il verbodell'Avversario per eccellenza il Creatore delcielo, della terra e dell'uomo fisico, da cuiemergono però anche dei brandelli di verità, percolui che saprà leggere attraverso la lucedell'intelletto ? Tutto è rovesciato, per cui ne discende l'odio ela condanna per i servi del Demiurgo, e delDemiurgo stesso, e di conseguenza lapredilezione, l'innalzamento a simbolo edesempio per tutte le figure delle antiche scrittureche si ribellano al Dio creatore, che sono daesso giudicate, emarginate, costrette anascondersi. Essi altro non sono che eroipneumatici (dotati di Spirito, e consapevoli nelloSpirito) che coraggiosamente hanno cercato dirompere il perverso giogo a cui, assiemeall'umanità intera, sono asserviti. A tale stutus di guida e simbolo è ovviamenteasceso Ciano, tanto che da lui prese nome lacomunità gnostica, del secondo secolo d.c( cainiti) gruppo che propugnava una radicalecontrapposizione fra i due testamenti.Utile per meglio comprendere la psicologiadell'inversione, leggiamo, fra parentesi alcunichiarimenti, un brevissimo estratto da un testognostico:<< Questo serpente ( principio di movimento, disovversione alla stasi, di intelligenza )universale ( presente ovunque ) è anche laParola (Logos, Verbo) sapiente ( che porta laconoscenza che libera ) di Eva. Questo è ilmistero ( riservato agli adepti, a coloro chesanno essere cosa unica con il simbolo, a viverein loro il Mito ) dell'Eden: questo è il fiume ( lalinea iniziatica, che porta la vita dove altrimentivi sarebbe solamente la morte ) che scorredall'Eden. Questo è anche il segno ( la Gnosimodifica intimamente l'uomo ) con cui è statomarchiato Caino ( il pneumatico ), il cui sacrificionon fu accettato dal dio del mondo, mentre egliaccettò il sacrificio sanguinoso di Abele: perchèil signore di questo mondo si diletta del sangue..( è frutto di carnalità ).>>

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Quindi il Serpente portatore di Luce, emissariodel vero Dio ovunque presente, si manifestanell'Eden, nella prigione costruita dal Dio delleScritture, per potare il Verbo che salva, cherompe le catene dell'ignoranza. Il serpente vieneaccolto da Eva, la quale a sua volta insegna adAdamo quanto appreso. Attraverso di loro, iprimi ribelli, il verbo viene perpetuato etramandato in tutta la creazione, benchèriservato solamente a coloro che possonocomprendere. Come conseguenza dellosvelamento della verità suprema, abbiamol'allontamento dell'uomo dalla carnalità( rappresentata dai sacrifici cruenti ) dalle basseemozioni di cui è pregna, dall'asservimentodell'uomo al rito, e dalla comunione dello stessocon lo Spirito.

Può forse lo gnostico, il pneumatico, lo spiritualeaccettare un Dio che pretende sangue dai suoidiletti ? Che si riconosce in un popolo che comerito di iniziazione, di appartenenza e diriconoscimento, necessità di sangue versatodall'organo sessuale, attraverso la fredda pietra,fra urla e gemiti di un bimbo incosciente diquanto sta accadendo ? Lo gnostico disgustatoallontana da se questo calice, questacomunione di dolore e barbarie, e si rifugianell'estasi filosofica, nella trascendenzadall'ordalia di carne e sangue. In una fratellanzaspirituale, acquisibile solamente attraverso la piùtotale e completa ribellione: il rifiuto del sacrificiodel sangue, e quanto esso esprime esimboleggia.

Leggiamo i passi della Genesi, che investano ilrapporto fra Caino ed Abele, e fra essi e Dio.

Genesi 4:1 Adamo si unì a Eva sua moglie, laquale concepì e partorì Caino e disse: «Hoacquistato un uomo dal Signore».Genesi 4:2 Poi partorì ancora suo fratelloAbele. Ora Abele era pastore di greggi e Cainolavoratore del suolo.Genesi 4:3 Dopo un certo tempo, Caino offrìfrutti del suolo in sacrificio al Signore;Genesi 4:4 anche Abele offrì primogeniti delsuo gregge e il loro grasso. Il Signore gradìAbele e la sua offerta,Genesi 4:5 ma non gradì Caino e la sua offerta.Caino ne fu molto irritato e il suo volto eraabbattuto.Genesi 4:6 Il Signore disse allora a Caino:«Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuovolto?

Genesi 4:7 Se agisci bene, non dovrai forsetenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato èaccovacciato alla tua porta; verso di te è il suoistinto, ma tu dòminalo».Genesi 4:8 Caino disse al fratello Abele:«Andiamo in campagna!». Mentre erano incampagna, Caino alzò la mano contro il fratelloAbele e lo uccise.Genesi 4:9 Allora il Signore disse a Caino:«Dov'è Abele, tuo fratello?». Egli rispose: «Nonlo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?».Genesi 4:10 Riprese: «Che hai fatto? La vocedel sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!Genesi 4:11 Ora sii maledetto lungi da quelsuolo che per opera della tua mano ha bevuto ilsangue di tuo fratello.Genesi 4:12 Quando lavorerai il suolo, essonon ti darà più i suoi prodotti: ramingo efuggiasco sarai sulla terra».Genesi 4:13 Disse Caino al Signore: «Troppogrande è la mia colpa per ottenere perdono!Genesi 4:14 Ecco, tu mi scacci oggi da questosuolo e io mi dovrò nascondere lontano da te; iosarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunquemi incontrerà mi potrà uccidere».Genesi 4:15 Ma il Signore gli disse: «Peròchiunque ucciderà Caino subirà la vendettasette volte!». Il Signore impose a Caino unsegno, perché non lo colpisse chiunque l'avesseincontrato.Genesi 4:16 Caino si allontanò dal Signore eabitò nel paese di Nod, ad oriente di Eden.

Emerge come Caino è il primogenito di Adamoed Eva, a lui va la proprietà delle terre, mentreal fratello minore il governo del bestiame. Cainolavora la terra, ne regola la produzione, vive deifrutti della stessa, in armonia e pace, mentreAbele trae il proprio sostentamento dalbestiame, che pascola sulle terre del fratellomaggiore. Interessante, anche se viene ad altridemandata, una lettura in chiave sociologica eantropologica del racconto biblico. Che puòessere interpretato come il tentativo disovversione da parte di Abele dell'ordinedinastico, che lo vedeva secondo rispetto aCaino, mediante il sacrificio di sangue allaDivinità-Autorità, di cui è richiesto l'intervento.Una lettura in chiave religiosa, potrebbesuggerire il rifiuto alla circoncisione,simboleggiata dal sacrificio degli animaliprimogeniti, come purificazione e ammissionealla comunità, e la contemporanea presenza diun'altra realtà sociale e religiosa che trovafondamento in altri riti non legati alla carne e alsangue, e quindi di diversa elevazione spirituale.

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La narrazione della Genesi, può avvenire inchiave psicologica dove Caino ed Abele altronon rappresentano che i due aspetti dellacomposita e conflittuale condizione dell'uomo. La Natura Superiore (Caino), legata allametodica armonia, al rispetto dei cicli solari elunari, e la Natura Inferiore (Abele) che si nutredegli aspetti della carnalità, entrano in conflitto.Attraverso la morte iniziatica, la prima trionfasulla seconda, attirandosi però le ire dellepotenze che lavorano affinchè l'uomo rimangalegato a questo mondo. Ecco quindi che l'uomognostico, rinato da questa catarchica prova è"diverso" fra i suoi simili, in quanto vive nonattraverso i sensi materiali, ma attraverso ilsegno, il marchio della Gnosi, fuggiasco dallecose di questo mondo, estraneo ed alieno allacomunità carnale, in perenne antagonismoverso l'ovvio e costante tributo di sensi che deveessere capitolato al Signore del Mondo. In taleottica ecco come lo Spirito, rappresentato daCaino, ha primogenitura rispetto alla carne,rappresentata da Abele, e come sia bandito,osteggiato, ingiuriato in questo mondo, senzaperò giungere alla sua distruzione, in quanto dacontenuto alla forma, animando la materia.Siamo forse innanzi ad un'identificazione inCaino della componente spirituale, nobile,elevata dell'animo umano, in Abele della naturacarnale, e nel Dio li rappresentato degli agitipsicologici legati alle pulsioni e compulsioni chepiù ci legano ad una dimensione mondana ?Lascio ad ognuno di noi la risposta a questoquesito.

Alla luce di quanto detto, siamo innanzi ad unavolontà degli gnostici di esegesi del testooriginale ? Ad un'allegoria ? Ad una pretesa dimostrare l'errore del Demiurgo e dell'estensoredel verbo del Demiurgo ? Sicuramente questetriplici inflessioni possono essere presenti nellevarie scuole gnostiche, che si sono cimentate intali sottili inversioni, ma non dobbiamodimenticarne una quarta che per importanzasopravanza le precedenti. Essa è rappresentatadall'anelito salvifico, che trova viatico nella solaconoscenza, e che rende lo gnostico degno ditale essere tale. Un ardente desidero che nonpuò non concretizzarsi in una rivolta verso lecose di questo mondo, verso le convenienze, eincarnarsi in un doloroso processo diautocoscienza ed abiura di quei comportamentiche ci rendono più simili ad animali, piuttostoche a figli di un Dio di puro Spirito.

Il sacrificio animale quale allegoria del ciclo della

vita e della morte, dell'esplosione emotiva esensoriale, del potere inebriante e oscurantedella carne, ma anche del coito sessuale. Dellacecità che anima il gesto di distruggere, ditogliere, di sprecare la vita in virtù di uncomandamento, di un impulso cieco e nonragionato, che ottenebra la mente dell'uomo,costringendolo ad un barbarico scempio. Ilsacrifico è l'olocausto che ogni giorno l'uomoimpone a se stesso, al proprio corpo, allapropria mente, e alla propria anima. Attraversola corruzione della carne, i bassi pensieri , lesuperstizioni e il cattivo uso delle facoltàintellettive, ed infine l'avvelenamentoemozionale dell'anima.

Non è impossibile ravvisare nel racconto biblicodi Caino, una similitudine di messaggio con leparole che compongono i seguenti passi delVangelo di Matteo:

Matteo 10:34 Non crediate che io sia venuto aportare pace sulla terra; non sono venuto aportare pace, ma una spada.Matteo 10:35 Sono venuto infatti a separareil figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuoradalla suocera:Matteo 10:36 e i nemici dell'uomo sarannoquelli della sua casa.

Dove il Cristo, il portatore del verbo del Dioprima di Dio, restauratore della comunione fra lavera fonte e i suoi figli dispersi, indica proprio inciò che più ci lega a questo mondo, comerisieda il veleno del mondo, e la causa diseparazione da Dio.

Prima di concludere, un'ultima riflessione legataal luogo dove Caino va ad abitare, dopol'abbandono della propria terra. Egli prendedimora a Nod, nelle terre di oriente, dove quindisorge il Sole. Ecco quindi un Caiano legato alculto solare, e portatore di una verità, di unsegno che assume il valore di un simbolo diconoscenza, acquisibile solamente attraverso laribellione, e la morte interiore: le Portedell'Eterno Oriente si aprono, donando la Luce acolui che ha dominato la propria natura inferiore,e viene ammesso ai riti del fuoco.

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Acqua e Spiritodi Loggia Solare

«In verità, in verità ti dico, se uno non nasce daacqua e daSpirito, non può entrare nel regno di Dio.>>

L’acqua rappresenta l’aspetto più adattabile emutevole della materia, cristallizzata in unavarietà di forme, ma malgrando questa indistintae cangiante gamma di reltà in cui si incarna,essa è fondamento della vita.Nell’interiore umano l’acqua rappresenta isentimenti, l’intuizione, l’immaginazione, la partemeno stabilizzata e rigida; infatti i nostrisentimenti, come l'acqua, variano in virtùall'oggetto-soggetto con cui ci poniamo inrelazione. Il nostro corpo fisico è un involucro,un vaso, e l'acqua ne rappresenta il contenuto,e al contempo il segno di distinzione e distintivo,che rende ogni uomo diverso dall'altro. Eccoperchè è necessario che le acque incontrino loSpirito, trasmutino, affinchè sia possibile ilcambiamento.

Occorre che l’uomo nasca dall’acqua,rendendosi puro, abbandonando scorie e residuiCome l'acqua disponibile e malleabile, prontoper la nascita allo spirito. Se l’acquarappresenta ciò che si ha, che si eleva, lo Spiritorappresenta ciò che viene donato e cheproviene dall’alto. Nessuna salvezza, nessunasperanza senza l’intervento dall’alto, senza loSpirito.

Occorre nascere all’acqua con l’aspirazione ed illavoro di purificazione, occorre nascere alloSpirito arrendendoci ad esso: essendo vuoti edisponibili ad accoglierlo. L’acqua diviene unmezzo puro per una nuova nascita, la nascita adun mondo spirituale tutto da scoprire e datracciare. E’ il rito iniziatico nel quale vedosimbolicamente l’ingresso di un fratello in uncerchio di fratelli che respirano assieme l’alito

Divino. E’ anche la purificazione della materia, latrasformazione della nostra stessa materiaattraverso un bagno divino. E se ci lasceremoattraversare da questo fiume spirituale, potremocominciare un cammino di conoscenza delRegno di Dio, potremo prima intravedere, poiassaporare e immergerci nel regno di Dio cheinfine è tutto ciò che ci circonda, è la realtàstessa trasformata dallo Spirito, vista da noi conocchi nuovi e vissuta nel segno dellatrasformazione.

Una frase questa che in se armonizza Analogiae Contraddizione

Analogia, perché l'acqua (l'anima) è "come" loSpirito ( Il Padre).

Contraddizione, perché l'acqua è incompatibilecon lo Spirito, questa infatti, a causa dellanecessità della propria crescita è legata agliaspetti, anche più deleteri, della manifestazione.

1. Vedo un fiume in cui sono immersa, tra dueanse che mi impediscono di vedere a monte e avalle. Il fiume si trova in una gola , intorno a mesolo boschi e pareti di roccia. E’ quasi sera:quell’ora vicina al tramonto in cui i contorni sisfumano e tutto è ammorbidito. Mi sento comein una bolla, in una sfera magica. Sento lacorrente che mi scivola addosso, l’acqua miaccarezza e sembra quasi entrare nella pelle.Ho la sensazione di avere la mente vuota; il miocorpo si allarga pian piano, si disgrega e scivolavia con l’acqua del fiume: ma io esistougualmente, anche se in forma diversa, sonol’acqua stessa, il sasso da questa toccato,divento le radici degli alberi intorno ….divengo iostessa la sfera magica, ma a poco a poco anchequesta si allarga, i contorni si sfaldano fino adessere il tutto, la materia stessa in qualunqueforma si presenti. E in quell’attimo io sento chetutto è Divinità, che Dio è dentro di me e fuori dime. E’ come un contatto, un attimomeraviglioso.

2. Ho guardato dentro e ho visto che la cerasulla parte superiore si era sciolta ed eradiventata trasparente come l'acqua. Così hovisto la fiammella che sembrava usciredall'acqua. Poi mi sono detto che forse tutto è

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acqua.

3. è stata una corrente che mi ha percorsa dalbasso ventre, alla sommità del capo per finirenel cuore e ricominciare tracciando decisamenteun triangolo; nel cuore, il Regno di Dio.. nonaltrove, ma qui. Quando qualcosa in me ha fattoquesto collegamento ho sentito una forteenergia nel cuore.

4. scendo i gradini che conducono dentro aduna grande vasca piena d'acqua, immersa finoltre alla testa la attraverso e ne esco risalendogradini dalla parte opposta. Questa vasca èsituata fra l'utero e l'ombelico di un grandecorpo immaginario che "percepisco". All'altezzadel cuore di questo corpo c'è della cenereancora fumante ed un falco che si alza in volo esi dirige verso la testa/mente

5. Un lago profondo, incassato tra i monti, conacque assolutamente immote, elimpide. Specchio del terso cielo sovrastante.Coscienza di acque profonde e di emersione inuna quiete perfetta. Sulle acque aleggia unfuoco invisibile, un “qualcosa” che ècontestualmente sceso sulle acque e scaturitodalla medesima essenza dell’ acqua.

Come in due anfore vi sono due distintielementi, che versati all'unisono formano unnuova essenza. La quale è cosa diversa emigliore dei precedenti genitori: L'acqua e loSpirito trovano il loro compimento in unanascita. Quindi in un nuovo essere che non è neMadre, ne Padre, ma Figlio., ma è talesolamente quanto la Madre e il Padre siincontrano, e lui si distingue da essi.

“Laudato sii, mio Signore, per sora acqua, laquale è molto utile e umile e preziosa ecasta”

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I Livelli della Pratica

di Carlo Caprino

Un noto detto recita: “Quando l’allievo èpronto, il Maestro arriva”; a volte non si tratta diun istruttore in carne ed ossa, a volte colui chearriva, come intuizione o fulminea decisione, è ilnostro Maestro Interiore, che ci mostra unaVerità da sempre sotto gli occhi eppure maivista, che ci aiuta a guardare in modo nuovouna situazione, un concetto, una realtà checredevamo conosciuta e familiare.Succede a volte che questo avvenga grazie adepisodi o strumenti che apparentemente nullahanno a che fare col risultato conseguito: lamela di Newton, il bagno di Archimede, la muffadi Fleming sono alcuni tra i tanti esempi che sipossono fare a questo proposito.

Qualche tempo fa, riflettendo sui sacrifici che unpraticante marziale deve affrontare lungo il suocammino, l’ho paragonato ad una katana, lacelebre spada giapponese orgoglio dei guerrierisamurai. Lo spadaio nipponico, per dare vita allelame che ancora oggi restano ammirate edineguagliate, partiva da sabbia ferrosa (satetsu)ottenendo quello che veniva chiamato “metallogioiello” (tamahagane) grazie all’azione delfuoco ed all’incessante lavoro del martello. Pergiungere ad essere perfetto il ferro dovevaessere lavorato con impegno e costanza, alprezzo di sudore e fatica.

Ma se il praticante può essere paragonato alMetallo, a cosa possiamo paragonare gli altricomponenti dell’universo secondo la filosofiatradizionale, ovvero Terra, Acqua, Aria eFuoco? Alla pratica stessa, è stata la miarisposta, ovvero ai vari livelli di questa.

Questo è vero, ritengo, per qualunque pratica edisciplina; io pratico Aikido e la scelta è cadutasu questa Arte marziale di origine giapponese,probabilmente un danzatore, un pittore o unoscultore potrebbero trovare le stessecorrispondenze con le rispettive Arti. Quindi ilpresente tentativo di relare la pratica dell’Aikidocon una serie di simboli del macrocosmouniversale e del microcosmo umano, daglianimali simbolo degli evangelisti cristiani agliorgani anatomici, se da una parte sfiora ilsincretismo, dall’altra vuole essere ssolo uno deitanti percorsi che ciascuno di noi può percorrere

per trovare il simile nel dissimile.

L’idea, poco originale in verità, è quella dievidenziare come alcune pratiche, simboli esignificati siano collegati a dispetto delle enormidistanze segnate nel tempo e nello spazio,marcando una Via che si presenta sempreuguale a sé stessa, pur nelle sue differenze, agliocchi di chi sappia guardare. O’Sensei Ueshiba,il fondatore dell’Aikido, diceva: “Io sonol’Universo!” ed in questo non peccava dimegalomania ma riprendeva il messaggio che,nei secoli, i Maestri illuminati offrivano ai lorodiscepoli: “Conosci te stesso e conoscerai ilmondo e gli Dei” affermava l’oracolo di Delfi;l’anima di ogni uomo, scintilla caduta ma nonperduta, può tornare godere dell’ineffabileDivino, predicavano sia Krishna che gli gnosticidel cristianesimo primitivo; “Ascoltate dentro divoi, e guardate nell’infinito dello Spazio e delTempo. … Cosa fanno gli Astri? Cosa dicono iNumeri? Cosa valgono le Sfere? O anime,perdute o salvate, essi narrano, cantano,valgono – il vostro destino!” è riportato nelFrammento di Ermete Trimegisto che ci guidanei misteri dell’Egitto. Se è vero il detto “En toPan” – Tutto in uno – ogni nostra azione ci famuovere lungo la Via, ogni minuscoloorganismo è parte e specchio, componente efrattale, del macrocosmo universale. Parlodell’Aikido ma questo è solo il mio dito, checiascuno dei lettori scelga la luna da ammirare.

L’argomento richiederebbe per la sua naturaspazio e conoscenza che non possiedo, se nonin minima parte; spero comunque che questebrevi note possano essere da stimolo e sproneai lettori di buona volontà per un maggioreapprofondimento. Prima di cominciare, alcuneprecisazioni: parlare di Aikido è parlare di fisico,mente e spirito nello stesso tempo; non vi ècorretto addestramento dell’uno senza ilcoinvolgimento degli altri così, quando parlo dicorpo, si intenda con questo una indicazione enon una limitazione, comprendendo in questadefinizione il corpo fisico, quello mentale equello animico, che ciascuno potrà e vorràsviluppare secondo le proprie capacità epossibilità

Ancora, in queste note cito Ercole, il mitico eroedella mitologia classica figlio del divino Zeus edella mortale Alcmena, che rappresentasimbolicamente l’uomo mortale con la suaessenza divina che Dante Alighieri (e non solo)considera il prototipo dello studioso, dell’iniziato

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e, per traslato, del praticante che respinge unavita facile e comoda ed affronta un viaggiolungo e faticoso alla scoperta di sé stesso edell’Universo.

GO-TAI, IL “CORPO RIGIDO”Il primo livello della pratica è quello del “GO-TAI”, del praticante dal corpo rigido rigido eimpacciato che poco o nulla si adatta all’azionedall’avversario, limitandosi a reagire a questabasandosi soprattutto sulla forza muscolare.Questo livello è caratterizzato da una sorta di“egocentrismo” che vede l’avversario come“altro”, come entità distinta e separata da séstesso.A questo livello possiamo far corrispondere lostadio “terra”, che è l’emblema stesso dellamaterialità e della consistenza, un elementosolido che ha un suo peso ed un suo volume eche conserva una forma che può esseremodificata solo a prezzo di grandi sforzi e conl’aggiunta dell’elemento “acqua”, che la rendepiù plastica e malleabile. La “terra” rappresentaquindi la sostanza grezza e bruta, la pietra dasgrossare come principio dell’opera diperfezionamento del praticante.Alla stato “terra” possiamo far corrisponderecome organo anatomico lo stomaco: come laterra fornisce nutrimento agli esseri viventi, cosìlo stomaco provvede al nutrimento dell’essereumano, rappresentando la prima e piùimportante tappa nella elaborazione che vede lamateria trasformarsi in energia. Oltre che allostomaco, lo stadio “terra” può riferirsi alla milza,che produce globuli bianchi e globuli rossi delsangue, questi ultimi incaricati di distribuirel’ossigeno, e quindi il nutrimento, l’energia e lavita stessa, fino nei più reconditi recessi delcorpo umano.Ancora lo stadio “terra” può riferirsi al Toro, unodegli animali che insieme ad Aquila e Leone piùspesso ricorrono nella mitologia di tutti i tempi edi tutti i popoli, considerazione questa chemerita di essere approfondita prima diproseguire in queste note.Da tempo immemorabile questi animali sonoesempio di qualità e difetti dell’Uomo, liritroviamo nello zodiaco di Rama, nella Sfingeegiziana, nella Apocalisse di Giovanni, nellevisioni profetiche di Ezechiele e come simbolodegli evangelisti canonici. Si puo beneimmaginare quanto ci sarebbe da dire inproposito e quindi perché questi animali sianoparte dell’immaginario collettivo oramai da secoli

e perché non sia poi così pellegrina la lorocitazione in queste righe.Il Toro quindi, animale che è protagonista dellaottava fatica di Ercole nell'isola di Creta, doveNettuno, aveva punito Minosse per non avereseguito i sacrifici a lui dedicati mandandonell'isola un toro ferocissimo, che l'eroe catturòvivo e condusse a Micene. Nello zodiaco ilsegno del Toro rappresenta gli istinti in genere el'istinto sessuale in particolare, la brutale forzaanimale della lotta per la sopravvivenza, quindila parte più rozza e animalesca dell’uomo.Ma il Toro è anche Bue, il placido compagno dilavoro dell’agricoltore; più forte, docile eresistente del cavallo nel tirare l’aratro che, nona caso, dissoda la terra e la rende fertile epronta alla coltivazione. Il Bue è uno deglianimali che, nel presepe classico, riscalda ilCristo bambino; il bue, o meglio il vitello, è lavittima che nel corso dei secoli i sacerdotisacrificavano sull’altare per implorare labenedizione divina.In uno sforzo di sintesi tutto ciò ci dice cheperché l’Uomo possa tendere al divino deveiniziare a sacrificare i suoi istinti, la sua parteanimale, non tanto negandola/eliminandola,poiché questa è e rimane parte di sé, quantodomandola e facendola lavorare a propriovantaggio. Traformare il Toro feroce in Buemansueto perché questo ci aiuti a dissodare lanostra Terra intima rendendola pronta a dare ifrutti che meriteremo col nostro lavoro costante.Ma neppure la terra più fertile può dare frutto senon irrigata con l’acqua che da’ la vita, e questaconsiderazione ci porta al livello successivo.

JU-TAI, IL “CORPO FLESSIBILE”A questo livello l’azione del praticante diventamorbida e plastica, apparentemente cedevole; siadatta all’avversario (anche se con un certosforzo cosciente) come l’acqua, che ha un suopeso e un suo volume ma assume la forma delcontenitore (ovvero non si contrappone inmaniera ostinata) pur senza rinunciare a séstessa (l’acqua, come tutti sanno, èincomprimibile). Ci si adegua all’altro, purrimanendo ben distinti da questo. Diminuisce l’uso della forza fisica pura esemplice e inizia a farsi strada il concetto di“awase”, di armonia, di unione con l’avversario,con la sua forza, con la sua intenzione, perguidarla e indirizzarla, come si farebbe con unfiume di cui si vuole sfruttare la corrente.Come insegna il Tao-te-ching, il forte vince ildebole, il morbido vince il duro, e la placidaacqua può trasformarsi in una potenza

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inarrestabile che distrugge e travolge la piùimponente delle dighe.L’acqua quindi che può essere guidata eincanalata “accordandoci” con lei, che puòessere contenuta in una mano aperta a coppama non stretta in un pugno; acqua che puòessere foriera di prosperità, come nelle risaiecinesi o nelle pianure del Nilo, se guidata edaccettata, o portatrice di lutti e distruzioni se ci siillude di poterla dominare, come ci ricordano latragedia del Vajont, o le alluvioni di Firenze o diSarno, solo per rimanere nell’ambito dellacronaca attuale.Alla stato “acqua” possiamo far corrispondere ireni e la vescica urinaria, che provvedono afiltrare ed espellere le impurità, a “lavare via”quanto di negativo e dannoso abbiamo dentro dinoi, mentre tra gli animali citati in precedenza èil Leone quello che corrisponde a questo livello,il leone come l’acqua, placido e maestoso macapace di passare in un attimo alla azione piùferoce e spietata.Questo animale è il protagonista della primadelle fatiche di Ercole, che lottò col leone diNemèa, invulnerabile mostro nato da Tifone eda Echidna. Per vincerlo l'eroe lo colpì con lefrecce con la clava per poi soffocarlo, scuoiarloe servirsi della sua pelle come abito,ricoprendosi il capo con la testa della fiera.Secondo l'interpretazione della studiosa Alice A.Bailey, il leone rappresenta la personalità egoicache bisogna uccidere per far posto aldisinteresse. mentre secondo il filosofo O.M.Aivanhov, l’atto indica che bisogna "vincere lafierezza orgogliosa e l'ostinazione del Leone, esviluppare la sua nobiltà, la sua grandezza, lasua rettitudine", trasformando, come nelpassaggio da Toro a Bue, i difetti in virtù.È da notare come la pelle del leone diventil’abito di Ercole, il che significa che il praticante,giunto a questo stadio potrà, anzi dovrà,“mettersi nei panni” del suo avversario,comprenderne le sue ragioni, le sue paure, isuoi pregiudizi, e solo una volta fatto questo,solo una volta “entrato in lui” come acqua nelcontenitore, potrà non vincerlo ma con-vincerlo,guidandolo sulla retta Via.In Aikido questo concetto è alla base, comedetto in altra nota, della fondamentale praticadel “Tai-na-henko”, letteralmente “il corpo che siadatta”, l’esercizio con cui si aprono tutte lesedute di allenamento che nell'aspetto pratico èla base per tutte le tecniche di evasione econtrollo circolari e nell'aspetto spirituale è unoffrire una mano all'avversario, accettare ilcontatto senza subire la sua forza, ruotare

assumendo il suo punto di vista senza essernesoggiogati, controllare senza violenza ma condecisione, al fine di mostrare all'avversario (ed anoi stessi!) la vanità dell'attacco senza perquesto ispirare in lui rancorosi desideri divendetta e rivalsa.Se il cammino del praticante proseguirà nellagiusta direzione, egli potrà aspirare araggiungere allora il livello successivo.

RYU-TAI, IL “CORPO FLUIDO”Giunta a questo livello la tecnica, purconservando la sua fisicità, è libera e mobile epossiede quindi, come l’aria, un suo “peso”, maperde forma e volume; in altri termini, non soloci si adatta all’altro, ma si lo permea e vi simiscela in maniera quasi indistinguibile. Se siversa olio nell’acqua i due liquidi rimangonoidentificabili ancorchè mescolati ma liberando ungas nell’aria risulta impossibile separare poil’uno dall’altra.Aumenta l’impiego dello “awase”, in cui ilpraticante tende a diventare un tutt’uno conl’avversario e quasi scompare l’uso della forzafisica, “quasi” perché, pure se impalpabile edinvisibile, l’aria conserva una sua minima fisicità,ed in quanto tale una sua forza che si puòtrasmettere e impiegare, come ben dimostrano itanti impieghi dell’aria compressa nelleapplicazioni industriali o la potenza devastantedi tifoni e cicloni.All’aria possiamo far logicamente corrispondereil polmone, l’organo attraverso cui avviene larespirazione, ed il fegato, che invece,producendo la bile, consente il processo delladigestione; entrambi sono fenomeni cheprevedono uno “scambio” tra esterno e internodel corpo umano, l’uno per prelevare ossigenoed emettere anidride carbonica, l’altro perelaborare i cibi e trarne nutrimento ed energia.L’animale che associamo all’aria non può cheessere l’Aquila, la regina dei cieli, chesimbolicamente è la versione antica delloScorpione, conosciuto anche come Serpente,Drago o Fenice.Sotto questa forma la ritroviamo nelle fatiche diErcole, come Idra di Lèrna, mostro il cui corpoera per metà quello di una bella ninfa e permetà quello di un serpente o drago con setteteste (numero che già ai tempi della filosofiapitagorica era considerato il simbolo dell’unionedel mondo umano con quello divino) cherinascevano appena recise. Ercole l'affrontò edopo aver bruciato le teste mortali per impedireche si riproducessero, finì il mostro. L'Idra diLerna rappresenta nello zodiaco lo Scorpione,

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sede astrologica dell'istinto sessuale. E’ un passo avanti rispetto alla forza istintuale ecieca del Toro; mentre questo si manifesta inmodo rozzo ed evidente, qui abbiamo a che farecon un “modus operandi” più sottile ed ambiguo,invisibile ed impercettibile proprio come l’aria.Suggestioni, malìe, fascinazioni di cui non cirendiamo quasi conto che richiedono il dominioattento e costante dell'istinto: l'Idra benrappresenta la forza della lussuria, alla quale,nonostante si cerchi di tagliare le sue numeroseteste, queste ricrescono con vitalità frustante.Lottare contro l'istinto, servendosisemplicemente della repressione e cercando diannientare questa potente forza soltanto con lavolontà o peggio, con la coercizione, non portaalla vittoria: è necessario trasformare l'istinto inqualcos'altro, raffinarlo, elaborarlo e depurarlodelle sue scorie nocive. Come Ercole pervincere usa il fuoco, simbolo dall'amore sacro,così il praticante deve far si che il Tanden, ilpunto vitale nell'addome da cui emana l'energiavitale e spirituale (corrispondente all'incirca alManipura chakra) diventi un atanor, una fornacedove le nostre virtù come comburente e lenostre paure ed i nostri difetti come combustibilealimentino la fiamma capace di fondere eforgiare un uomo nuovo.

KI-TAI, IL “CORPO SPIRITUALE”E’ l’ultimo livello, quello in cui scomparecompletamente la parte fisica e si afferma laparte spirituale. L’avversario non vieneneutralizzato “dopo” o “durante” il suo attaccoma addirittura “prima” che questo abbiafisicamente luogo. E’ l’immensa forza del fuoco,insieme di luce e calore, che si esprimenonostante non abbia nessuna consistenzamateriale, nonostante non abbia peso, volume eforma. Il fuoco distruttore e purificatore, il fuocoche ha divorato capolavori ed intere città e cheha permesso il progresso dell’uomo,consentendogli di elevarsi dalla primitivacondizione di cavernicolo a quella di viaggiatoredelle stelle.Il fuoco, rubato da Prometeo agli dei, è laconoscenza che questi fornisce agli uomini aprezzo della sua vita, è l’Uomo che si sacrificaper il bene degli altri, è l’Uomo che annulla sèstesso, rinunciando ad essere un Uno egoistaperché si riconosce nel Tutto universale.L’organo del corpo umano legato a questolivello è il cuore, sede delle emozioni e fonte esimbolo della vita stessa, il sacro cuore di Gesùdonato per la salvezza degli uomini, il cuoredella vittima sacrificale immolata sugli altari delle

piramidi dei popoli precolombiani per invocarel’aiuto divino.A questo livello c’è l’uomo, unico animale ingrado di produrre e dominare il fuoco, di usarloper cucinare il cibo, per forgiare i metalli, percuocere il vasellame d’argilla, per illuminare eriscaldare la sua casa.Dall’Uomo-metallo siamo partiti ed all’Uomo-fuoco siamo arrivati, in un ciclo che si chiude susé stesso come un ouroboros, dove il l’adeptoritrova un sé stesso per sempre cambiato, doveil praticante, partito con una candida cinturabianca, la vede via via scurirsi con l’uso, fino afarla diventare nera per poi vederla ancorasfilacciarsi e tendere al bianco, segno e simbolodi una purezza primigenia raggiunta, come nelromanzo “L’Alchimista” di Coelho, dopo unlungo viaggio dentro e fuori sé stesso.Il Divino a cui aneliamo alberga nel nostrointimo, la scintilla d’essenza è in noi da sempre;è quanto ricorda Krishna ad Arjuna nellaimminenza della battaglia decisiva; è quantoGesù in Cristo insegna ai suoi discepoliparlando del Regno dei Cieli; è quanto ciascunodi noi deve scoprire, con i suoi tempi ed i suoimodi, grazie ad una pratica costante ed attenta,ricordando il fondamentale insegnamento diO’Sensei Ueshiba: “Masakatsu Agatsu,Katsuhayabi!” ovvero “La vera vittoria è lavittoria sul sé, oh giorno della fulminea vittoria!”

Con una equazione simbolica che riassuma iltutto, possiamo quindi dire che l’Uomo-Metallopotrà forgiarsi alimentandosi dalla Terra,ristorandosi con l’Acqua, depurandosi nell’Aria epurificandosi col Fuoco (1) in un procedimentoche, è bene dirlo, non avanza con una serie disalti ad intermittenza ma avviene concambiamenti lenti e spesso impercettibili, vissuticon la consapevolezza che il compimento di unafase non è altro che l’inizio della successiva,situazione che, lungi dall’essere scoraggiante,riserva invece il piacere della scoperta el’entusiasmo del progresso anche al praticantepiù esperto.

(1) Non è forse un caso che l’acronimo deitermini Terra, Aqua, Aer, Igni che in latinoindicano gli elementi da me citati sia T.A.A.I.ovvero lo stesso della Takemusu AikidoAssociation Italy.

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