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Dottorato in “Psicologia dell’Interazione, della Comunicazione e della Socializzazione” XV° CICLO TESI DI DOTTORATO IL SILENZIO E IL RITMO CONVERSAZIONALE NELL’INTERAZIONE IN CLASSE

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Dottorato in “Psicologia dell’Interazione, della Comunicazione e della

Socializzazione”XV° CICLO

TESI DI DOTTORATO

IL SILENZIO E IL RITMO CONVERSAZIONALE NELL’INTERAZIONE IN CLASSE

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Dottoranda: Supervisori:Barbara Maroni Prof.ssa Clotilde Pontecorvo

Prof.ssa Margherita Orsolini

Dott.ssa Tullia MusattiConsulente scientifico per l’analisi

quantitativa: Prof. Augusto Gnisci

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INDICE

Introduzione

Parte I Prospettive teoricheCapitolo 1. Le transizioni di turno nella conversazione

p. 11.1 I modelli del meccanismo di assegnazione del turno

p. 11.2 Gli aspetti sintattici, prosodici e pragmatici

dell’assunzione del turnop. 4

Capitolo 2. Il silenzio e il ritmo conversazionalep. 7

2.1 Il silenzio e le pause nell’interazionep. 7

2.2 Il ritmo nell’alternanza del turno: le transizioni “morbide” e “non morbide”

p. 102.3 Il ritmo all’interno del turno

p. 14

Capitolo 3. L’interazione in classep. 16

3.1 Gli studi sul ritmo conversazionalep. 17

3.2 Una tassonomia per il ritmo conversazionalep. 19

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Parte II La ricercaCapitolo 4. Metodologia

p. 224.1 Gli obiettivi e le ipotesi di ricerca

p. 224.2 I partecipanti

p. 224.3 La raccolta dei dati e la trascrizione

p. 244.4 Il turno come unità di analisi

p. 254.5 Il sistema di categorie

p. 264.6 La costruzione e l’analisi del file dati

p. 31

Capitolo 5. I risultati dell’analisi qualitativap. 34

5.1 Le pause problematichep. 34

5.2 Il tempo di latenzap. 38

5.3 Le transizioni di turnop. 42

5.4 Le pause interne al turnop. 51

5.5 Discussionep. 52

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Capitolo 6. I risultati dell’analisi descrittivap. 54

6.1 I turni dei partecipantip. 54

6.2 Le transizioni “morbide”p. 55

6.3 Le transizioni “non morbide”p. 65

6.4 Le pause interne al turnop. 69

6.5 Discussionep. 71

Capitolo 7. I risultati dell’analisi Log-Linearep. 74

7.1 Le sovrapposizionip. 74

7.2 Le interruzioni p. 767.3 Il tempo di latenza

p. 787.4 Il ritmo all’interno del turno

p. 807.5 Discussione

p. 82

Discussione e Conclusionip. 100

Bibliografiap. 108

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Appendici1. I moduli di consenso informato

p. 1182. Il testo integrale della storia

p. 1213. Le norme di trascrizione

p. 1254. Le tabelle delle durate delle pause senza risposta

p. 127

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RINGRAZIAMENTI

Il lavoro presentato di seguito è anche un po’ di tutte quelle persone che nel corso di questi tre anni mi sono state vicino, credendo non solo nella ricerca ma anche in me. Voglio, quindi, ringraziare i miei familiari, e mia sorella Monica in particolare, che per me ci sono sempre e non mancano mai di sostenermi in tutto e per tutto; la mia “famiglia romana” (Matilde, Annamaria e Nuccia), che ha sopportato i miei sbalzi di umore e le mie saltuarie inadempienze casalinghe. I miei colleghi di corso (Marco, Francesco, Vivian e Letizia), che hanno condiviso le numerose difficoltà e le altrettante soddisfazioni di questi tre anni. I più assidui frequentatori della stanza dottorandi al IV piano della facoltà (anche se a volte si sono dimenticati di chiamarmi per il pranzo!) perché continuamente sanno dimostrarmi stima e affetto. Con una piccola nota di malinconia ringrazio Helga, Nando e Marino perché mi hanno fatto sentire meno sola nella lunga estate lavorativa del 2002. Uno speciale ringraziamento a Sabine per la disponibilità con cui ha condiviso i problemi e la riuscita di parte del lavoro, e per le occasioni di confronto che lo hanno arricchito e migliorato.

Un riconoscimento ai miei supervisori, e in particolare alla prof.ssa Clotilde Pontecorvo, per i suggerimenti e le indicazioni da cui ho tratto sempre nuovo stimolo. Eterna gratitudine al prof. Augusto Gnisci, che è riuscito a darmi la carica per intraprendere, proseguire e portare a termine questa avventura.

Non posso dimenticare e ringraziare sentitamente le insegnanti, i bambini e i loro genitori senza i quali non avrei mai potuto svolgere questa ricerca, ed infine, per lo stesso

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motivo ringrazio le studentesse Antonella, Monica, Palma e Rita.

B.M.

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Valzer brillanteUn valzer di Chopin riempie la sala,

una danza selvaggia e scatenata.Alle finestre pallido chiarore,

il pianoforte adorna un’appassita ghirlanda.

Il piano sei tu, il violino io,così suoniamo e non smettiamo

e attendiamo inquieti, tu e io,chi per primo spezza la magia.

Chi per primo interrompe il ritmoe scosta da sé le candele,

e chi per primo pone la domanda,a cui non vi è risposta.

H. Hesse “Le stagioni della vita”

Il fluire del tempo è sempre scandito da un certo ritmo. Nell’interazione verbale il ritmo è definito dalla modalità con cui i parlanti assumono ed enunciano il turno, e funziona come un tipo di segnale contestualizzante, perché aiuta i partecipanti a ritrovare i presupposti per mantenere attiva la partecipazione e valutare il significato di ciò che dicono (Gumperz, 1982). Un elemento di estrema rilevanza nello studio del ritmo conversazionale è il silenzio. Nell’interazione, infatti, le pause svolgono un’importante funzione comunicativa, tanto che, come afferma Rovati (1992, pp.126-127), “…restituendo loro la pausa, l’intervallo, l’attesa, il vuoto, le parole che normalmente usiamo cominciano a perdere la loro durezza di cose: possono flettersi, attenuarsi, riacquistare mobilità, la polisemia, la nomadicità di un dire che certi poeti ci indicano”.

Nel contesto scolastico, gli interagenti assumono un ruolo specifico e l’interazione ha spesso il preciso obiettivo di far apprendere. È possibile immaginare quindi che l’interazione in classe sia caratterizzata da un ritmo particolare e che studiare tale ritmo sia un passo nella comprensione dei processi di apprendimento. In letteratura non esistono lavori specifici

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sull’argomento, pertanto l’obiettivo generale di questo studio è osservare e descrivere l’andamento dell’interazione in classe, analizzando le pause interne ai turni e le modalità di assunzione del turno da parte dell’insegnante e degli alunni.

Il lavoro è strutturato in due parti, la prima prettamente teorica in cui si presentano i modelli e gli aspetti sintattici, prosodici e pragmatici delle transizioni di turno (capitolo 1), le definizioni e le classificazioni delle pause e del ritmo nell’interazione (capitolo 2) ed, infine, il significato assunto da tali aspetti nell’interazione in classe (capitolo 3). La seconda parte del lavoro è dedicata alla ricerca. Il capitolo 4 presenta gli aspetti metodologici (gli obiettivi e le ipotesi, i partecipanti, la raccolta dei dati, l’unità di analisi, il sistema di categorie e la costruzione del file dati). Successivamente vengono presentati i risultati. Dopo aver compiuto e trascritto le registrazioni, si è passati ad un primo lavoro di analisi del materiale raccolto. Ciò ha permesso di osservare il silenzio e il ritmo conversazionale come percepiti dai partecipanti all’interazione, ed analizzare i meccanismi di assegnazione di turno secondo l’analisi della conversazione (capitolo 5). Le transizioni di turno sono poi state categorizzate secondo il sistema di categorie proposto nel capitolo metodologico. Poi si è passati ad un’analisi descrittiva (capitolo 6) e alla verifica di ipotesi specifiche attraverso i modelli log-lineari (capitolo 7). Infine, si riconducono i risultati ai lavori compiuti precedentemente e si discutono le possibili applicazioni e gli sviluppi di tale studio.

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PARTE I

PROSPETTIVE TEORICHE

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CAPITOLO 1

LE TRANSIZIONI DI TURNO NELLA CONVERSAZIONE

Sebbene il concetto di “conversazione” sia un concetto piuttosto ambiguo e difficilmente definibile, presenta alcuni caratteri costanti: i ruoli di parlante e ascoltatore cambiano, e nel caso di due soli interlocutori, si alternano; gli argomenti di conversazione non sono predeterminati ed, infine, i turni dei parlanti non sono preordinati (Psathas, 1995). In realtà in molti contesti, tra cui quello scolastico, l’interazione non presenta esattamente queste caratteristiche, ma assume proprietà tipiche del proprio ambito, come vedremo nel capitolo 3. È possibile, comunque, dedurre nella conversazione, una sistematicità nella distribuzione dei turni e un ritmo nella loro organizzazione, tanto da portare Maynard (1989) a parlare di “danza” di un insieme ritmico sincronizzato. L’alternanza dei turni, o turn-taking, gioca quindi un ruolo fondamentale nella conversazione, perché permette di tenere gli interagenti in una reciproca attenzione durante il proseguimento della situazione (Scollon, 1982), li aiuta a definire la loro relazione (Wiemann & Knapp, 1999) e ad essere d’accordo su cosa sia, oppure no, rilevante nell’interazione (Kendon, 1992). Il meccanismo di assegnazione del turno quindi, come osserva Schegloff (1987a, p.208), organizza in parte ciò che sembra essere il “primordiale luogo della socialità: l’interazione diretta tra le persone”. Il turn-taking, però non è solo una caratteristica della conversazione, ma rappresenta un sistema di organizzazione sociale e per questo è presente in numerose altre attività, come

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ad esempio nei movimenti del traffico e dei pedoni ad un incrocio stradale (Fele, 1999). Per spiegare questa sincronicità nell’organizzazione dei turni, i ricercatori hanno avanzato numerose proposte e presentato diversi modelli.

3.2 I modelli del meccanismo di assegnazione del turnoI partecipanti alla conversazione parlano uno alla volta,

alternano i loro discorsi in modo ordinato, si interrompono e si sovrappongono solo in minima parte (meno del 5% di sovrapposizioni in una conversazione fra due parlanti; Mininni e Anolli, 2002), indipendentemente da quanti siano o dalla lunghezza della conversazione, dal contenuto o dall’argomento trattato. L’avvicendamento dei turni è una struttura così costante, sistematica, e solo in apparenza casuale, che gli studiosi della conversazione non hanno potuto evitare di chiedersi il perché. In risposta a questa domanda sono state proposte diverse soluzioni, che si possono raggruppare in tre principali approcci: il modello stocastico (stochastic model), il modello dei segnali (signalling model) e il modello di produzione sequenziale (sequential production model) (Wilson, Wiemann e Zimmerman, 1984).

Il primo modello (stochastic model) si basa sull’analisi delle misure dei segnali acustici associati alla conversazione. I teorici che si rifanno a questo approccio lavorano sui segnali acustici delle conversazioni, ottenuti da alcune forme di conversione, da analogico a digitale, elaborate dal computer. I maggiori esponenti di questo approccio (Jaffe & Feldstein, 1970; Cappella, 1979, 1980) definiscono il turno come il periodo di tempo che inizia con il parlato ininterrotto di un partecipante alla conversazione e finisce con il parlato ininterrotto di un altro partecipante. Inoltre, secondo il modello

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stocastico, la transizione del turno avviene solamente come processo probabilistico. Così, per esempio, Jaffe & Feldstein (1970) trovano che il cambio di turno è associato al completamento grammaticale, suggerendo che la probabilità di transizione del turno è alta nei punti di completamento grammaticale e bassa in altri. Il modello stocastico pur avendo apportato elementi nuovi ed interessanti allo studio del meccanismo di alternanza dei turni, non tiene conto di alcuni aspetti salienti ed importanti, quali la presenza di segnali e/o di regole per l’assegnazione del turno, che sono invece i punti centrali degli altri due approcci.

Il secondo approccio (signaling model), infatti, propone un avvicendamento dei turni regolato dallo scambio di segnali. Secondo questo modello, quindi, il parlante segnala agli altri partecipanti, attraverso dei suggerimenti non verbali, la sua intenzione a cedere il turno, ed essi, riconosciuti questi segnali, possono prendere la parola. Il più ampio numero di ricerche, che approfondiscono questo modello sono state condotte da S. Duncan e collaboratori, e proseguite poi anche da altri (es. Chafe, 1994). In particolare, Duncan (1972) sostiene che ci sia una convenzione culturale regolare per la gestione della presa di turno e, studiando le interazioni diadiche faccia a faccia, formula un sistema di segnali e regole che governano l’assunzione del turno (turn system). L’unità di analisi nel turn system, come esplicitato meglio in uno studio successivo (Duncan & Fiske, 1977), è la clausola fonemica, alla fine della quale o cambia il parlante, o il parlante stesso mostra uno o più di una serie di segnali (turn signal), quali per esempio l’intonazione, i gesti, lo sguardo, o altri elementi paralinguistici. Gli autori definiscono il turno come quel periodo di tempo in cui un partecipante alla conversazione ha l’indiscusso diritto a

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parlare, ed è per questo che non considerano altri segnali verbali dell’ascoltatore, con particolare riferimento ai back channel, come tentativi di presa di turno (Duncan & Fiske, op. cit.). I turn signal sono opzionali, nel senso che la loro manifestazione permette all’ascoltatore di richiedere il turno, ma non lo obbliga ad agire così. È interessante notare, però, che i tentativi dell’ascoltatore di richiedere il turno in assenza di segnali sono violazioni al turn system. In un altro studio, Duncan, Brunner e Fiske (1979) osservano che i turn signal dovrebbero precedere ogni tentativo di presa di turno, ma in realtà non sempre i suggerimenti sono seguiti da un tentativo. Quindi, rispondere ad un segnale con un tentativo di presa di turno è una scelta influenzata da altri elementi, quali per esempio le differenze individuali nello stile conversazionale. Inoltre, secondo gli autori esistono segnali strategici aggiuntivi (es. girare la testa verso l’ascoltatore) che, in presenza dei turn signal, aumentano la probabilità del tentativo della presa di turno da parte dell’ascoltatore. Numerosissime ricerche suggeriscono l’importanza di elementi verbali e non verbali nell’organizzazione della conversazione (Goodwin, 1984; Heath, 1984), e non ci sono dubbi sul fatto che molti tipi di comportamenti non linguistici accompagnino il linguaggio e siano associati alla transizione del turno in vari contesti (Goodwin, 1981; Kendon, 1992; Wiemann & Knapp, 1999). Tuttavia, il modello dei segnali, per quanto apparentemente plausibile, non fornisce una spiegazione esauriente del meccanismo di assunzione del turno. Come suggerisce Levinson (trad.it. 1985, p.378), “esistono segnali che indicano il termine dell’unità costitutiva del turno, ma questi non sono essenziali per la organizzazione generale dei turni nella conversazione”.

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L’approccio di produzione sequenziale (sequential-production model), proposto da Sacks, Schegloff e Jefferson (1974) è considerato generalmente il più potente e rigoroso (Goodwin, 1981; Levinson, 1985). Probabilmente perché sembra funzionare in diverse culture, almeno nelle conversazioni informali (Zorzi, 1999) e sembra rispecchiare l’alternanza dei turni persino nell’interazione madre-bambino che avviene sin dalla nascita (Emiliani, Carugati, 1985; Jasnow, Feldstein, 1986; Kaye, 1989; Fasulo, 1999; Fasulo, Pontecorvo, 1999). Centrale per la comprensione di come sia organizzato il turn-taking in questo modello, è il concetto di unità costitutiva del turno, introdotta da Sacks et al. (1974). L’unità costitutiva del turno è un’unità linguistica la cui conclusione è definita punto di rilevanza transizionale, e costituisce il punto in cui è possibile una transizione del turno. Ad ogni punto di rilevanza transizionale, parlante e ascoltatore possono prendere il turno seguendo un set di regole che operano con un sistema di scelta ordinata (Psathas, 1995), cioè la regola 1° è preferita alla regola 1b e così via. Le regole possono essere riassunte come segue:

1. a) il parlante corrente seleziona il parlante successivo;b) se non c’è selezione, allora il parlante successivo

si auto-seleziona, e il primo che inizia ha la precedenza;

c) non c’è selezione e neppure auto-selezione, il parlante corrente continua;

2. nel caso venga scelta l’opzione 1c, allora il set di regole 1°-c si applica a tutti i punti di rilevanza transizionale successivi.

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Poiché le unità costitutive del turno sono costruite sistematicamente, e le regole di costruzione sono condivise dai partecipanti, il parlante è in grado di progettare i possibili punti di rilevanza transizionale e l’ascoltatore, allo stesso modo, è in grado di prevedere il successivo, iniziando il suo turno nel punto preciso in cui termina il parlante corrente. Mentre Sacks et al. (1974) si sono focalizzati sugli aspetti sintattici dell’unità costitutiva del turno, altri ricercatori hanno studiato gli aspetti intonazionali e pragmatici.

1.2 Gli aspetti sintattici, prosodici e pragmatici dell’assunzione del turnoNelle unità costitutive del turno, gli aspetti sintattici, cioè

di relazione tra i segni, prosodici, cioè intonazionali, e pragmatici, cioè del rapporto tra le forme linguistiche e i loro produttori, sono compresenti ed interdipendenti. Per questo passiamo in rassegna gli studi che si sono occupati dei tre diversi aspetti.

Sacks et al. (1974) indicano quattro possibili unità sintattiche per l’unità costitutiva del turno: la frase, la proposizione, la locuzione e l’item lessicale. Al completamento di una di queste possibili unità occorre un punto di rilevanza transizionale, a cui vengono applicate le regole di assegnazione del turno esposte precedentemente. Ford & Thompson (1996), pur riconoscendo la difficoltà di definire il completamento sintattico nel parlato, suggeriscono che esso si presenta quando una proposizione è completa, cioè “…con un predicato palese o direttamente riconoscibile” (p.143, trad. it. Mia), nel contesto del discorso.

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A parte il ruolo nell’unità costitutiva del turno, la sintassi fornisce, sia al parlante sia all’ascoltatore, uno strumento per l’organizzazione del turn-taking proposto da Sacks et al. (1974). Infatti, applicando la regola 1°, il parlante corrente può selezionare il parlante successivo al termine di una unità sintatticamente completa. Come avviene, ad esempio, nel caso delle coppie adiacenti, cioè quelle particolari sequenze (es. domanda-risposta) in cui la prima parte della coppia, espressa da un parlante, prevede che ce ne sia una seconda fornita dall’interlocutore. Applicando la regola 1b, il parlante successivo può iniziare il suo turno con degli appositivi (Sacks et al., 1974), quali ad esempio: “ma”, “allora”, “e”, ecc., che permettono al parlante di prendere il turno precisamente nel punto di rilevanza transizionale, prima che si sia costruita l’unità costitutiva del turno. Nel caso della regola 1c, infine, il parlante corrente può manifestare l’intenzione di continuare a parlare, dopo un punto di rilevanza transizionale, con dei connettivi o con particolari elementi linguistici, come per esempio il “se”, che indicano che seguirà una clausola subordinata (Coulthard, 1985).

Malgrado l’importanza e l’alta frequenza del completamento sintattico nei cambi di turno (Ford & Thompson, 1996, trovano che circa il 70% di tutti i cambi di turno coincidono con il completamento sintattico), è evidente che il cambio del parlante non avviene ad ogni punto di completamento sintattico. Infatti, gli autori suggeriscono che, dei tre aspetti (sintassi, prosodia e pragmatica), la sintassi sia il predittore meno affidabile del cambio di turno, indicando così la maggiore rilevanza degli altri due.

Il signaling model, precedentemente visto, suggerisce l’importanza delle caratteristiche prosodiche nelle unità

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costitutive del turno e nelle modalità di assunzione del turno. Duncan (1972), infatti, identifica la clausola fonemica come unità base nella costruzione del turno, mentre Ford & Thompson (1996), nell’“unità intonazionale”, che, rifacendosi anche a Du Bois, Schuetze-Coburn, Paolino, & Cumming (1993), la definiscono come quel “…frammento di parlato pronunciato secondo un singolo profilo intonazionale coerente” (p.145).

In relazione alle regole di assunzione del turno proposte da Sacks et al. (1974), una caduta sul punto finale sembra essere il maggiore contribuente all’attivazione della regola 1° (il parlante corrente seleziona il parlante successivo) come specificato da Oreström (1983). Duncan (1972), però, ne suggerisce altri due: la pronuncia strascicata nella sillaba finale e l’abbassamento e/o innalzamento nei toni paralinguistici. Per quanto riguarda la regola 1b, esiste poca letteratura relativa ai meccanismi prosodici nella presa di turno, anche se Coulthard (1985) suggerisce che un’udibile presa di respiro può indicare l’intenzione di parlare. Quando il parlante applica la regola 1c, e continua il suo turno, i meccanismi attivati sembrano essere il non abbassamento di tono in un possibile punto di rilevanza transizionale (McCarthy, 1991), la velocità del parlato, il cambio di intonazione verso il punto conclusivo e l’inizio di una nuova frase prima di aver rallentato o preso respiro (Schegloff, 1987b; 1996).

Il completamento pragmatico è il terzo importante aspetto dell’unità costitutiva del turno. Come afferma Schegloff (1996), un turno è pragmaticamente completo quando è riconoscibilmente implementabile in un’azione e il riconoscimento di questa azione avviene dai partecipanti stessi nel contesto sequenziale dell’interazione (Fele, 1999). Inoltre,

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come scrive Ten Have (1999, p.112) ripredendo i principi della teoria degli atti linguistici, “it’s the ability to do something … that makes a sound or a string of sounds into a turn construction unit”. Il ruolo del completamento pragmatico nell’assunzione del turno è confermato da altri ricercatori (Oreström, 1983; Ford & Thompson, 1996).

Relativamente alle regole di assunzione del turno, proposte da Sacks et al. (1974), è difficile separare l’aspetto pragmatico da quello sintattico e intonazionale. Così, mentre i primi analisti della conversazione tendevano ad isolare i diversi fattori coinvolti nel meccanismo del turn-taking, più recentemente i ricercatori hanno studiato come questi elementi interagiscono. Ford & Thompson (1996) hanno trovato che questi aspetti, nel 71% dei casi di assunzione del turno nei loro dati, co-occorrono e introducono il Complex Transitional Relevance Places. Il CTRP è il punto di rilevanza transizionale complesso dove, cioè, gli elementi sintattici, prosodici e pragmatici concorrono per il cambio di turno.

Dall’analisi della letteratura possiamo evidenziare, quindi, l’importanza del completamento sintattico, intonazionale e pragmatico nella costruzione e assunzione sincronizzata del turno nella conversazione. Come suggerisce Fele (1999), però due problemi possono minacciare l’andamento della conversazione: il silenzio e le sovrapposizioni/interruzioni. Nel secondo capitolo, oltre ad analizzare la vasta letteratura in proposito, affronteremo il problema di come interpretare e classificare queste due dimensioni.

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CAPITOLO 2

SILENZIO E RITMO CONVERSAZIONALE

La conversazione tende a seguire il principio “no gaps/no overlaps”, cioè niente pause e niente sovrapposizioni, come affermano i fondatori dell’analisi della conversazione (Sacks, et al., 1974). Tuttavia, silenzio e pause, sovrapposizioni e interruzioni, possono presentarsi e cambiare il ritmo della “danza” interazionale. Inoltre, mentre le sovrapposizioni avvengono nei punti di rilevanza transizionale, le pause possono presentarsi anche all’interno del turno del parlante, caratterizzando il turno stesso con un certo ritmo. Il ritmo conversazionale nell’interazione assume, quindi, due diversi significati. Uno relativo all’avvicendamento dei turni, e quindi all’andamento dell’interazione tra parlanti, l’altro si riferisce ad un solo parlante, e quindi, come suggeriscono Parisi e Castelfranchi (1979), alla fase di produzione in una unità di comunicazione. Entrambi i significati vengono esposti in quello che segue, dopo aver presentato le varie interpretazioni e definizioni date al fenomeno del silenzio.

3.2 IlsilenzioelepausenellinterazioneQuello che precede non è un errore di battitura, ma

esprime il valore dello spazio bianco tra le parole digitate in un testo, che diventerebbe incomprensibile in loro assenza. Nello stesso modo, l’interazione è possibile e comprensibile per la presenza del silenzio e delle pause. Non c’è parlato senza silenzio, quindi, ma non c’è neanche silenzio senza parlato. Scrive Clair (1998, p.38) “…silence and discourses are bound up in innumerable ways. Their many nuanced meanings and

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functions are woven together into a complex tapestry”. Silenzio e parola sembrano essere mutuamente esclusivi, in realtà il silenzio può assumere molti più significati del semplice completamento alla parola: può esprimere ostilità se è la non risposta ad un saluto, può testimoniare una situazione di accordo o di disaccordo, di dispiacere o di piacere, di presunzione e snobismo o di empatia e complicità. “Come vi sono parole parlanti e parole parlate, così esistono ugualmente silenzi parlanti e silenzi parlati” (Baldini, 1988, p. 14), tanto da portare Ponzio (1994), partendo dalla distinzione bachtiniana tra ‘silenzio’ e ‘tacere’, a proporre una linguistica del silenzio, ad un sistema cioè dominato dal silenzio piuttosto che dalla parola.

Il silenzio parla (Gilani, Bucci, Freedman, 1985), quindi come il discorso, ha una sua sintassi, una sua semantica, una sua pragmatica, può essere un atto linguistico che, per usare la terminologia austiniana, possiede una forza illocutoria e un effetto perlocutorio (Saville-Troike, 1985). Già Watzlawick, Beavin & Jackson (1971), partendo dal presupposto che non si può non comunicare, affermavano che “l’attività o l’inattività, le parole o il silenzio hanno tutti valore di messaggio, influenzano gli altri e gli altri, a loro volta, non possono non rispondere a queste comunicazioni e in tal modo comunicano anche loro” (p.42). Silenzio e parlato, secondo Jaworski (1993), formano un continuum che parte dal silenzio più prototipico, cioè la completa assenza di parole, e arriva al parlato incomprensibile, cioè la presenza di parole senza pause. L’autore esplicita che gli elementi intermedi del continuum non hanno confini chiari e rigidi, manifestano diversi gradi di intensità e in alcuni punti non sono nettamente distinti. Il silenzio, inoltre, riassume in sé i due aspetti dell’interazione: quello dell’ascolto, e quello della

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produzione (Rizzacasa, 1989). Infatti per poterla definire ‘interazione’, è necessario che qualcuno ascolti e rimanga in silenzio, mentre l’altro parla. Quando poi si analizza il silenzio all’interno della produzione del turno, si hanno allora intervalli che separano le parole, cioè le pause. Infatti come scrive Morganti (1994, p. 205) “…quando il silenzio non è un ‘buco’ cioè un ‘niente’ allora è una pausa. Qualcosa che sottolinea ciò che è stato detto e valorizza ciò che si dirà”.

Numerosi autori di diverse discipline hanno provato a definire e interpretare il fenomeno delle pause nell’interazione, e altrettante classificazioni sono state proposte (Bruneau, 1973; Duez, 1982; Caprettini, 1989; Scott, 1993; Kurzon, 1995; Gurevitch, 1998; Banfi, 1999; Bazzanella, 2002), ma solo due filoni di ricerca hanno affrontato uno studio sistematico delle pause nell’interazione: la pausologia e l’analisi della conversazione.

La pausologia è un’area della psicolinguistica che si è sviluppata in Inghilterra negli anni Cinquanta, grazie soprattutto ai lavori di Frieda Goldman-Eisler (1954; 1958; 1961). La pausologia parte dal presupposto che le dimensioni temporali del parlato rivelino i più alti processi dell’attività mentale umana, e per questo motivo verrà definita, da D.C. O’Connel e S. Kowal molto dopo i primi studi (1980), come lo studio delle dimensioni temporali del linguaggio umano. Per lo stesso motivo, però, alcuni autori (Boomer, 1970; Fillenbaum, 1971) criticano la pausologia, ritenendola priva di teoria. Le ricerche condotte dai pausologi utilizzano soprattutto una metodologia sperimentale in situazioni formali di laboratorio, perché sostengono che queste siano necessarie, almeno inizialmente, per sviluppare quella che loro definiscono una metodologia pausologica (O’Connel & Kowal, 1980). I pausologi

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descrivono le pause come quei periodi di silenzio che superano i 200 millisecondi (Beattie & Shovelton, 2000), anche se originariamente il criterio usato dalla Goldman-Eisler (1958) era di 250 millisecondi. Le variabili temporali del parlato che prendono in considerazione sono, principalmente, tre:

il ritmo del parlato definito sia come rapporto tra sillabe e tempo totale del discorso in secondi sia come rapporto tra numero totale delle parole e tempo totale del discorso;

il ritmo di articolazione cioè il rapporto tra sillabe e durata del discorso meno quella delle pause;

il fenomeno delle pause silenziose.

In alcuni casi (Maclay & Osgood, 1959), però, sono state prese in considerazione anche altre misure temporali, quali ad esempio le ripetizioni, le false partenze e le pause piene (quelle pause cioè “riempite” da parole come “ehm”, “mhm”, “ah”, ecc.). Le prime ricerche condotte dalla Goldman-Eisler (1954; 1958), dimostrano che, pur dipendendo da fattori situazionali e individuali, la velocità del discorso decresce all’aumentare della lunghezza della frase. Successivamente (1967; 1972), l’autrice trova che la lunghezza e la frequenza delle pause compiute dal parlante sono correlate con i processi di selezione lessicale e semantica. Diverse critiche sono state avanzate a questi studi, come l’uso di sequenze verbali poco rappresentative del linguaggio spontaneo (Rochester, 1973; Beattie & Butterworth, 1979) e il non aver fatto distinzione fra le parole più usuali e frequenti nell’interazione e quelle invece prevedibili in un contesto specifico (Brown, 1980). Pur non studiando le conversazioni in contesti naturali, in cui due o più parlanti si trovano impegnati in un’interazione faccia-a-faccia, i lavori dei

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pausologi apportano dati interessanti allo studio del silenzio e delle pause per lo studio del ritmo all’interno del turno, come vedremo nel paragrafo 2.3.

Con l’analisi della conversazione, a partire dal lavoro di Sacks, Schegloff e Jefferson (1974), il silenzio e le pause assumono una connotazione interattiva. Gli autori, infatti, nel sistema organizzato dell’interazione, individuano tre tipi di pause: il “gap”, il “lapse” e la “pause”. Il “gap” si presenta quando la conversazione è continua, procede attraverso i punti di rilevanza transizionale, e, dopo la pausa, il parlante corrente può continuare a parlare, oppure un nuovo parlante può prendere la parola. Quando il parlante termina il turno e non continua e nessun altro prende la parola, la conversazione è discontinua e il periodo di tempo prima che qualcuno inizi a parlare è la pausa definita dagli autori con il termine “lapse”. Infine, la “pause” è la pausa che un parlante fa prima di prendere il turno, dopo essere stato selezionato da un altro partecipante. Questi tipi di pause sono contingenti alla loro collocazione nell’interazione e possono trasformarsi nell’interpretazione. Infatti, come notano gli autori, la pausa dopo un possibile punto di completamento dell’unità, è inizialmente un “gap”, che diventa “lapse” quando si prolunga. Ed è dopo un “lapse”, con il primo turno di un parlante, che ricomincia la sequenza di regole individuate da Sacks, Schegloff & Jefferson (1974). Denny (1985) dimostra, infatti, che all’aumentare della pausa, quando da “gap” si trasforma in “lapse”, cresce la probabilità del cambiamento di parlante. Le pause permettono agli interlocutori una rotazione dei turni di parola, rendendo l’interazione un processo ciclico in cui la presa di turno è possibile alternativamente per i partecipanti. Wilson & Zimmerman (1986), considerando l’interazione

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diadica, chiariscono questo aspetto ipotizzando il “gap” come uno spazio temporale nel quale ogni parlante impiega un tempo fisso x per prendere il turno. Alternandosi in questo spazio temporale, mentre un parlante avrà l’opportunità di assumere il turno negli intervalli 1x, 3x, 5x, ecc., l’altro partecipante potrà prendere la parola negli intervalli 2x, 4x, 6x, ecc. È possibile dedurre che le pause tra i turni di uno stesso parlante sono multipli dispari del tempo fisso x, mentre tra turni di parlanti diversi lo spazio temporale è riempito da multipli pari di quella stessa unità. L’interazione sociale è, quindi, un’attività di collaborazione, non solo per l’assunzione e la produzione del turno di parola, ma anche per l’assunzione del silenzio.

3.2 Il ritmo nell’alternanza del turno: le transizioni “morbide” e “non morbide”Il cambio di turno tra parlanti può avvenire in modo

ordinato e “morbido”, tramite le pause e la sincronizzazione tra parlanti, oppure possono presentarsi sovrapposizioni e interruzioni tra interlocutori che parlano contemporaneamente e cercano di sottrarsi il turno a vicenda. In questi casi si parla di transizione “non morbida” (Oreström, 1983; Bazzanella, 1984). Dopo aver preso in rassegna l’ampia letteratura relativa al significato delle pause nell’interazione, analizziamo ora quella relativa alla sincronia e alle transizioni “non morbide” tra parlanti.

La sincronia comunicativa, afferma Anolli (2002, p. 203), è “…una proprietà globale e fondamentale della comunicazione”, che si sviluppa sin dalla nascita, attraverso l’interazione con gli adulti di riferimento. La sincronia nell’interazione sociale è stata descritta in diversi modi, come la coordinazione di

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movimenti tra individui (Bernieri, Reznick & Rosenthal, 1988) o l’armoniosa e simultanea reattività senza fusione o perdita dei confini (Brown & Avstreich, 1989), e risulta fondamentale per una partecipazione 27ollaborativi e cooperativa dell’interazione. L’ascoltatore, infatti, può scegliere di “controllare” il turno del parlante, attraverso per esempio le interruzioni, ma può anche decidere di aspettare la fine del turno, dimostrando una condivisione dei punti di rilevanza transizionale con gli interlocutori. In questi casi, si parla di “latching” o “allacciamento” tra i turni. Come proposto dalla teoria dell’accomodazione comunicativa (Communication Accomodation Theory di Giles & Smith, 1979), le strategie di sincronizzazione e accomodazione consistono in una vasta gamma di segnali linguistici, e non, che permettono agli interlocutori di adattare i propri ritmi e i propri atti comunicativi in modo convergente o divergente, facendo assumere agli scambi comunicativi una forma armonica o disarmonica.

Quando gli interlocutori non condividono il punto di rilevanza transizionale, l’assunzione del turno non avviene in modo armonioso e ciò porta al parlato simultaneo, cioè quando due o più persone parlano contemporaneamente. L’ascoltatore, quindi, interrompe il turno del parlante, e si sovrappone ad esso. Dalla vasta letteratura in proposito (West & Zimmerman, 1983; Tannen, 1986; Roger, Bull, Smith, 1988; Tannen, 1991; Bazzanella, 1994; Gardner, 1997) e come già avevano proposto Duncan e Fiske (1977), è possibile osservare come non tutte le sovrapposizioni si presentino con l’intenzione di interrompere, anzi a volte segnalino attenzione, interesse e collaborazione. Questo avviene per esempio con l’uso dei cosiddetti back channel, cioè quei segnali, verbali e non, attraverso cui

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l’ascoltatore mostra la sua partecipazione attiva all’interazione. Nello stesso modo, anche se più raramente, non tutte le interruzioni comportano sovrapposizione. Può succedere, infatti, che l’ascoltatore approfitti di un momento in cui il parlante prende fiato per prendere il turno. In questo caso non c’è sovrapposizione, ma solo interruzione. Esiste quindi una sostanziale differenza tra questi due tipi di transizione.

Operativamente sovrapposizioni e interruzioni sono state definite prendendo in considerazione aspetti diversi. West & Zimmerman (1983), per esempio, codificano una sovrapposizione quando un parlante inizia a parlare durante l’ultima sillaba della frase del parlante corrente e una interruzione quando il parlato simultaneo è ad almeno due sillabe prima del possibile punto di transizione. Jefferson (1983, 1987), individua tre tipi principali di sovrapposizioni: ‘transitional’, ‘recognitional’ e ‘progressional’, riprese successivamente anche da Fasulo, Pontecorvo (1999). Le sovrapposizioni ‘transitional’ avvengono nei punti di rilevanza transizionale, quindi nei punti di completamento sintattico, e sono la maggioranza dei casi. Le sovrapposizioni ‘progressional’ si presentano quando il parlante ripete una parola, esita o ha un “intoppo” e uno o più interlocutori sfruttano questa occasione per assumere il turno. Le sovrapposizioni ‘recognitional’ sono compiute da uno o più partecipanti quando percepiscono di aver capito il senso di ciò che il parlante sta dicendo, cioè quando il parlante corrente ha raggiunto un punto di adeguatezza semantica. Le interruzioni, o ‘violative interruptions’ come proposto anche da Levinson (1985), sono invece un tipo di sovrapposizione in cui uno dei parlanti si ritira dal completamento del turno, oppure “rivaluta” il proprio turno

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aumentando il tono della voce, rallentando il ritmo e prolungando le vocali.

Relativamente al sistema di codifica per le interruzioni, Ferguson (1977) e, successivamente, Roger, Bull & Smith (1988), ne propongono uno estremamente dettagliato: l’Interruption Coding System (ICS), che comprende diciassette categorie. Bazzanella (1994), rifacendosi a questi lavori, individua tre variabili strutturali da prendere in considerazione per individuare le interruzioni: il discorso simultaneo (cioè la sovrapposizione tra parlanti), il completamento dell’enunciato da parte del primo parlante e l’ottenimento del cambio di turno da parte di chi lo interrompe. Dalla combinazione di queste dimensioni si ottengono i seguenti tipi di interruzioni:

1. interruzione silenziosa. Quando, in assenza di discorso simultaneo, il parlante corrente non ha terminato il suo turno e l’interlocutore, approfittando del silenzio altrui, assume il turno, a volte anche per supportarlo.

2. interruzione semplice. Avviene in presenza di discorso simultaneo, quando l’interlocutore ottiene il turno, mentre il parlante non ha completato il suo.

3. sovrapposizione. La sovrapposizione è caratterizzata dalla presenza di discorso simultaneo, l’interlocutore ottiene il turno e il parlante completa il proprio.

4. back channel;5. interruzione vana. I back channel e l’interruzione

vana sono molto simili in quanto sono entrambi caratterizzati dalla presenza di discorso simultaneo, dal non ottenimento del cambio di turno da parte dell’interlocutore e dal non completamento dell’enunciato da parte del parlante. Ciò che li distingue

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è che, mentre i primi sono prodotti senza l’intenzione di ottenere il turno, l’interruzione vana è un tentativo fallito dell’interlocutore di prendere il turno. Quindi, pur non essendoci il cambio di turno in nessuna delle due interruzioni, con i back channel è prevedibile, mentre non lo è con l’interruzione vana.

6. suggerimenti lessicali. Avvengono in assenza di discorso simultaneo e del completamento dell’enunciato da parte del parlante, ma gli interlocutori non cercano e quindi non ottengono il cambio di turno.

Come illustrato da Bazzanella (1994), oltre alle tre variabili (discorso simultaneo, completamento dell’enunciato e ottenimento del cambio di turno) prese in considerazione nello studio delle interruzioni, un altro importante aspetto da valutare è la funzione che assumono nell’interazione, e quindi, il motivo per cui avvengono le interruzioni. Le ragioni per cui un ascoltatore interrompe e/o si sovrappone al parlante possono, infatti, essere diverse: può, per esempio, avere intenzione di aiutare il parlante a trovare un termine, come avviene con i suggerimenti lessicali, oppure non essere d’accordo con l’interlocutore e provare a non farlo procedere. Relativamente alla loro funzione, un elemento che discrimina le interruzioni è l’intenzionalità dell’ascoltatore di prendere il turno. In presenza di intenzionalità si hanno le interruzioni “competitive”, in caso contrario, cioè in assenza di intenzionalità, si hanno le interruzioni “supportive”. Riprendendo la tipologia presentata precedentemente, rientrano nelle interruzioni competitive le seguenti categorie: l’interruzione semplice, la sovrapposizione, l’interruzione silenziosa e l’interruzione vana, con cui l’ascoltatore intende

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prendere il turno, ma fallisce nel tentativo. Le categorie di interruzioni supportive, in cui quindi non c’è intenzione, comprendono i suggerimenti lessicali e i back channel.

L’intenzionalità di ottenere il turno, però, non è l’unico elemento che differenzia il tipo di interruzione. È necessario, infatti, considerare il tipo di atto linguistico con la sua forza illocutoria e il contenuto dell’interruzione stessa, oltre naturalmente sia alle relazioni interpersonali che si stabiliscono e modificano nel corso dell’interazione, sia all’effettiva posizione sociale e/o psicologica di superiorità di un interlocutore (Bazzanella, 1994). I parametri necessari all’interpretazione delle interruzioni sono, dunque, numerosi e possono essere distinti in “contestuali” (tra cui, per esempio, lo stile individuale, le abitudini culturali, il tipo di status, ecc.) e “oggettivi”, indipendenti cioè dal particolare contesto in cui si presentano. Tra questi ultimi troviamo: tono e/o volume alto della parola o enunciato con cui si interrompe; durata della sovrapposizione; insistenza e persistenza nell’interrompere; vicinanza del punto di rilevanza transizionale, per cui tanto più si è vicini al punto di rilevanza tanto meno è il valore conflittuale attribuito all’interruzione; presenza o assenza di mitigatori, cioè quei meccanismi linguistici che tendono a ridurre la portata conflittuale dell’interruzione; accordo o disaccordo 31ollaborativi31, in caso di completo accordo, può essere considerato il proseguimento del turno precedente; cambio di topic, e quindi di argomento di conversazione; ed infine, passaggio del turno ad un terzo partecipante conversazionale.

I parametri “oggettivi” non devono essere valutati sulla base della loro presenza o assenza nell’interazione, ma sul grado di intensità relativa con cui si presentano. Il tono e il

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volume possono essere più o meno alti, così come l’accordo o il disaccordo possono essere più o meno completi. Bazzanella (1994), basandosi in parte sul lavoro di Murray (1985), propone una scala di conflittualità dei parametri “oggettivi” che, valuta il grado di conflitto in una interruzione, e, seguendo l’ordine presentato precedentemente, va dal più basso grado di conflittualità (tono e/o volume alto), al grado più alto (passaggio del turno ad un terzo partecipante della conversazione).

Dalla letteratura possiamo concludere pertanto che il ritmo nell’avvicendamento dei turni, è determinato, oltre che dalle pause e dai latching, e quindi dalle transizioni “morbide”, anche da interruzioni e sovrapposizioni che non sempre determinano la transizione del turno, e nel caso in cui la determinano, non sempre è conflittuale.

3.2 Il ritmo all’interno del turnoLa struttura ritmica del turno è caratterizzata dalla

presenza di diversi aspetti. Infatti non solo le pause, ma anche le ripetizioni, le false partenze, le pause piene e le espressioni di auto-correzione rendono il turno più o meno fluente. Un parlato fluente è una sequenza ininterrotta di parole che seguono le regole della sintassi. Quindi, come affermano Bailey, Plunkett & Scarpa (1999), il ritmo del parlato riflette un’organizzazione gerarchica delle sequenze temporali dei suoni del parlato in sillabe e in livelli più alti di unità della struttura sintattica e prosodica. Numerosi studi anche piuttosto recenti, riportati da Bortfeld, Leon, Bloom, Schober, Brennan (2001), sono stati compiuti sugli aspetti che rendono il parlato poco fluente, sui problemi che pongono per il sistema di riconoscimento del parlato, sulle informazioni metalinguistiche

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che vengono mostrate all’ascoltatore (come la confidenza con il parlante, o la difficoltà di pianificazione), o su differenze quali l’età, il sesso, l’argomento di conversazione, la familiarità tra interlocutori, ecc.

Ricerche meno recenti, invece, sono state condotte sulle pause presenti all’interno del turno e sulla loro funzione, e i risultati ottenuti fino ad ora si dimostrano estremamente interessanti. L’ipotesi da cui partono questi studi, condotti soprattutto dai pausologi, è che le pause siano utilizzate dal parlante per programmare l’espressione verbale e che, quindi, siano seguite da un incremento di informazione. In effetti, numerose ricerche hanno dimostrato un aumento di esitazioni in prossimità di scelte lessicali, sintattiche e semantiche (Goldman-Eisler, 1958; 1961). Inoltre, Henderson, Goldman-Eisler, Skarbek (1966), studiando il ritmo del parlato, hanno riscontrato nella conversazione un ciclo temporale di due fasi: esitante e fluente. La fase esitante è caratterizzata da lunghe pause e frasi brevi, mentre nell’altra sono presenti pause brevi e lunghe frasi. Inoltre, secondo gli autori la fase esitante svolge diverse funzioni: cognitiva, per compiere i processi di selezione lessicale e semantica; di programmazione della fase fluente e di facilitazione per l’ascoltatore che decodifica l’informazione verbale. Altri studi portano ad analoghe conclusioni anche in condizioni sperimentali molto diverse (Butterworth, 1975; Reich, 1980; Greene, Cappella, 1986). Questi risultati, però, non ricevono il consenso di alcuni ricercatori (Henderson, Nelms, 1980; Power, 1983) perché, non avendo riscontrato ritmi regolari nella conversazione, non sono concordi nell’affermare la presenza di queste due fasi alternate nella produzione verbale.

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Il silenzio, il ritmo conversazionale nell’alternanza dei turni e all’interno del turno, assumono significati molto specifici nel contesto scolastico, dove le interazioni avvengono non solo tra pari, ma anche e soprattutto tra ruoli asimmetrici, e dove i partecipanti all’interazione possono variare.

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CAPITOLO 3

L’INTERAZIONE IN CLASSE

Il contesto scolastico utilizza la comunicazione come medium primario per l’insegnamento-apprendimento. Storicamente, infatti, l’interazione faccia-a-faccia in classe è stata considerata un elemento chiave nello studio dell’apprendimento (Flanders, 1960, 1966; Amidon & Hunter, 1971; Brophy & Evertson, 1976), e Mehan (1979, p.6) osserva “…because educational facts are constitued in interaction, we need to study interaction in educational contexts”.

Nell’analisi dell’interazione in classe, come scrive Zorzi (1996), è importante considerare l’assunto che ha guidato gli analisti della conversazione: non è il contesto dato a priori a determinare certi comportamenti discorsivi, ma sono i partecipanti stessi, attraverso le loro azioni, a creare il contesto. Infatti, insegnanti e alunni producono e determinano i significati, di ogni evento comunicativo, attraverso processi di negoziazione e di condivisione degli universi simbolici e di riferimento (Iannaccone, Pepe, 1998).

Un altro aspetto da non dimenticare nello studio dell’interazione in classe è l’asimmetria dei ruoli assunti dagli allievi e dall’insegnante. L’interazione che avviene in classe è, infatti, un’interazione in cui “…non si realizza fra gli interagenti una parità di diritti e doveri comunicativi, ma i partecipanti si differenziano per un accesso diseguale ai poteri di gestione dell’interazione” (Orletti, 2000; p.12). L’asimmetria dei ruoli non si verifica solamente tra insegnante e alunni, ma anche in altre relazioni, non ultimo nell’interazione tra uomo e donna, come esposto in un interessante lavoro della Tannen (1991). Nell’interazione asimmetrica può esserci una

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predeterminazione nell’alternanza dei turni, con la presenza di figure che guidano l’interazione. Questo è, infatti, ciò che spesso avviene in classe, dove l’insegnante generalmente non solo attribuisce il turno di parola, ma ha il controllo dell’organizzazione tematica, proprio come in tutte le conversazioni asimmetriche e contrariamente a ciò che avviene, per esempio, nelle interazioni tra pari (Ugazio e Venini, 1978; Orletti, 1983; Candela, 1999; Gómez Alemany & Mauri Majós, 2000). In realtà, già dalla scoperta di Sinclair & Coulthard (1975) della presenza di una tipica sequenza in tre fasi dell’interazione in classe, era possibile individuare un diverso ruolo assunto dall’insegnante e dagli allievi. In ogni sequenza didattica, l’insegnante inizia la prima fase con una domanda, che può essere rivolta ad un determinato bambino oppure a chiunque della classe voglia rispondere, il bambino risponde e l’insegnante riprende la parola, valutando l’intervento del bambino e/o assegnando nuovamente il turno (Fasulo, Pontecorvo, 1999). Questa sequenza, indicata in diversi modi, come IRF, IRE o anche tripletta, è presente con grande regolarità nelle interazioni che avvengono nelle classi di ogni ordine e grado (Wells, 1993) e influenza le modalità di assunzione del turno, il valore assunto dalle pause e dal silenzio e il ritmo conversazionale di questo particolare contesto interattivo.

3.1 Gli studi sul ritmo conversazionaleOsservando una lezione in classe, è possibile notare come

spesso gli alunni, che trascorrono la maggior parte del tempo ascoltando, esprimono collaborazione e attenzione attraverso il silenzio, tanto da essere reclamato dall’insegnante, se non viene rispettato. Per l’insegnante, invece, che trasmette la

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conoscenza attraverso l’interazione verbale, il silenzio ha spesso solo la funzione di attirare l’attenzione o segnalare disapprovazione verso qualche attività. Infatti, ad esempio, il silenzio dell’insegnante dopo l’intervento di un bambino lascia intendere o un possibile disaccordo o che non era una “risposta giusta” (Zani, Selleri, David, 1994). Gilmore (1985), però, sostiene che è possibile individuare un’altra tipologia di silenzio tipica dei bambini fra i quattro e sei anni. Lo stylized silent sulking consiste nell’evitare di dare qualsiasi risposta all’insegnante, e più in generale ad una qualsiasi figura autoritaria. Secondo l’autore, i bambini in questo modo provano ad esercitare un controllo sull’interazione, che solitamente è mantenuto dall’insegnante. Pur con stili profondamente diversi, lo stylized silent sulking è manifestato sia dai maschi che dalle femmine. Quindi l’interpretazione dell’insegnante al silenzio dello studente, come ci mostra Jaworski (1993), è aperta a diverse possibilità. Può, infatti, non solo segnalare la mancanza delle conoscenze necessarie per rispondere ad una domanda, ma può esprimere la timidezza dello studente o, appunto, indicare la sua ostilità verso l’insegnante e l’intenzione a non cooperare.

Nello studio del silenzio e delle pause nell’interazione in classe, un importante lavoro longitudinale, è stato condotto dalla Rowe (1974). L’autrice ha preso in considerazione solo le pause tra la risposta dell’alunno e il successivo intervento dell’insegnante, e quelle tra la non risposta dell’alunno e la valutazione o successiva domanda. Dalla ricerca è stato trovato che, in media, se l’insegnante non riceve una risposta, reitera la domanda entro 1 secondo. Se, invece, riceve una risposta, l’insegnante reagisce normalmente entro 0.9 secondi. La Rowe (1974) ha chiamato questa variabile “wait-time” (tempo di

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latenza) ed ha osservato le variazioni che avvengono manipolando i due livelli della variabile. Attraverso un training, ha condotto gli insegnanti ad aumentare il tempo di latenza fino a 3-5 secondi. I risultati mostrano importanti cambiamenti nelle risposte degli studenti: aumenta la lunghezza in numero di parole, aumentano le risposte appropriate e non sollecitate, diminuiscono gli errori, aumentano le risposte speculative, aumenta la varietà di mosse verbali degli studenti e la frequenza delle domande. Cambiano, però, anche il numero e il genere di domanda posta dagli insegnanti, oltre ad una maggiore flessibilità nelle risposte. L’autrice conclude osservando che, nonostante lunghi tempi di latenza aumentino il coinvolgimento degli studenti, nel loro stato naturale le pause sono brevi così che gli insegnanti possano mantenere il controllo e le aspettative che hanno nei confronti dei propri alunni. Questi risultati sono stati successivamente trovati anche da altri ricercatori (Tobin, 1983; Riley, 1986; Skinner, Fletcher, Henington, 1996), e sembrano confermare l’ipotesi, sostenuta da Taylor (1969), che le pause svolgano una funzione cognitiva e siano una manifestazione dei processi cognitivi di pianificazione del discorso (Hanni, 1980; Henderson, Nelms, 1980). Tobin (1980) chiarisce che l’effetto della latenza sugli interventi dei bambini è senza dubbio indiretta, egli infatti afferma che aumentare solo il tempo di latenza non necessariamente conduce al miglioramento del risultato, ciò che importa è cosa gli alunni pensano durante il periodo di latenza. Secondo la Rowe (1974), inoltre, la classe può essere intesa come un gioco fra due squadre (l’insegnante e gli studenti), in cui la qualità della domanda cresce quando i ruoli sono distribuiti equamente fra tutti i giocatori. Tollerare un

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tempo di attesa maggiore della risposta da parte dell’insegnante rende i ruoli più paritari e meno asimmetrici.

In alcuni interessanti lavori, Erickson (1982; 1996), partendo da una prospettiva neo-vygotskiana di partecipazione e influenza congiunta tra insegnante e allievo, e sottolineando la struttura sequenziale dell’interazione, arriva a concludere che la mutua influenza tra interlocutori succede simultaneamente e consecutivamente mentre loro conversano. Quindi, interagendo in classe, insegnanti e studenti costruiscono “…an ecology of social and cognitive relations in which influence between any and all parties is mutual, simultaneous, and continuous” (Erickson, 1996; p.33). L’autore, inoltre, osserva come la sincronizzazione sembri essere ciò che tiene insieme l’intera ecologia dell’interazione. La sincronizzazione dell’interazione sociale permette l’azione nella conversazione e l’organizzazione sociale dell’attenzione. Inoltre, la sincronizzazione dell’esecuzione interattiva è accompagnata da suggerimenti contestualizzati di enfasi verbale e non verbale (cambi di volume e di tono, di postura, di sguardo, ecc.), che mettono in grado di anticipare cosa accadrà nei momenti immediatamente successivi. Poiché questi suggerimenti tendono a riunirsi insieme in intervalli regolari di occorrenza, i punti di enfasi nel parlato e nel movimento del corpo spesso possono essere percepiti come un ritmo, che mette in grado i partecipanti allo scambio conversazionale di anticipare le azioni degli interlocutori individuali e dell’intero gruppo di conversazione. La localizzazione temporale delle diverse azioni degli interlocutori, pur non essendo assolutamente prevedibile e calcolabile, è un elemento importante dell’attività collettiva, reciproca e complementare, della conversazione. L’autore riporta queste riflessioni

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all’interazione in classe e introduce la metafora dei ‘turn sharks’ per indicare le frequenti sovrapposizioni e interruzioni che avvengono non solo tra insegnante e studenti, ma anche tra pari. Se i turni, però, non avvengono con questi ‘attacchi’, possono diventare ‘rescuers-conversational dolphins’ e cambiare la sincronizzazione e la cadenza ritmica conversazionale, che sembra essere un elemento importante della comprensione del significato (Erickson, 1996).

Dalla letteratura analizzata, è possibile dedurre, quindi, un particolare ritmo, dell’interazione che avviene in classe, sia relativo alla produzione dei turni da parte dell’insegnante e degli alunni, sia all’avvicendamento dei turni stessi. Un ritmo che, pur essendo stato studiato da diversi punti di vista, può essere ulteriormente indagato per una comprensione più approfondita del processo didattico di insegnamento-apprendimento.

3.2 Una tassonomia per il ritmo conversazionaleDopo aver presentato i vari aspetti dell’assunzione del

turno e del ritmo conversazionale, ed aver analizzato ed esposto l’ampia letteratura in proposito, proponiamo un sistema tassonomico che consideri il particolare contesto interattivo a cui verrà applicato.

Gli interlocutori nell’interazione in classe sono: l’insegnante e i bambini, che però in alcuni casi sono considerati dall’insegnante come singolo alunno, mentre in altri si riferisce a tutti i bambini indifferentemente, in quanto classe. Quindi, con interlocutore ‘classe’ si intende sia quando molti o tutti i bambini della classe rispondono insieme, oppure quando è l’insegnante che si rivolge a tutta la classe e non ad un singolo bambino. Inoltre, pur consapevoli dell’influenza della

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variabile sesso degli interlocutori nell’interazione, per gli obiettivi che ci proponiamo con questo lavoro, non abbiamo ritenuto essenziale tenerne conto.

Il ritmo conversazionale nell’interazione in classe prevede le categorie di transizione del turno e le pause interne ad ogni turno dell’interazione ‘rilevante’, e non delle possibili interazioni parallele che avvengono in aula soprattutto tra pari.

Definiamo latching la transizione in cui gli interlocutori condividono il punto di rilevanza transizionale e, quindi, i turni risultano perfettamente sincronizzati.

Definiamo sovrapposizione o overlap la transizione in cui, in presenza di discorso simultaneo, gli interlocutori non cedono il turno. In un’interazione diadica, per esempio, in cui A e B sono i partecipanti, A completa il proprio enunciato e B ottiene il cambio di turno. Un particolare tipo di sovrapposizione è la partenza simultanea, in cui entrambi i parlanti assumono contemporaneamente il turno, entrambi possono terminare il proprio turno oppure un interlocutore rinuncia al proprio.

Definiamo sovrapposizione collettiva quando più partecipanti parlano contemporaneamente, non c’è un’interazione comprensibile, ma la situazione conversazionale è continua.

Definiamo interruzione semplice la transizione in cui, in presenza di discorso simultaneo, il parlante A non finisce il proprio enunciato, il parlante B ottiene il cambio di turno, ed entrambi possono mettere in atto uno o più elementi della scala di conflittualità. Si differenzia dalla partenza simultanea in quanto gli interlocutori non iniziano contemporaneamente, ma il parlante B si inserisce nel turno di A.

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Definiamo interruzione silenziosa la transizione che avviene in assenza di discorso simultaneo, il parlante A si trova in un momento di difficoltà o di pausa e B ne approfitta per prendere il turno.

Definiamo interruzione supportiva l’interruzione in cui il parlante B non è intenzionato ad ottenere il cambio di turno, indipendentemente dalla presenza o assenza di discorso simultaneo. Può essere un’interruzione collaborativa, come nel caso dei suggerimenti lessicali, oppure una semplice dimostrazione di attenzione e comprensione, come accade con i back channel.

Definiamo interruzione fallita l’interruzione che un parlante fa con l’intenzione di assumere il turno, ma che non ha esito positivo. Può avvenire in presenza o in assenza di discorso simultaneo.

Le transizioni di turno, come abbiamo visto nella letteratura, avvengono a volte anche attraverso le pause. Definiamo, quindi, pausa tra i turni la pausa in cui non c’è selezione, l’interazione procede attraverso i punti di rilevanza transizionale e i parlanti possono assumere il turno senza violare le aspettative degli interlocutori. Corrisponde a quello che gli analisti della conversazione definiscono ‘gap’.

Definiamo pausa con selezione la pausa del parlante che, dopo essere stato selezionato attende prima di prendere la parola. È considerata da alcuni autori una pausa interna al turno di parola del parlante selezionato, e corrisponde ad uno dei due livelli della variabile ‘wait-time’ studiata dalla Rowe (1974). Particolari tipi di pause con selezione sono: la pausa con selezione con risposta non verbale, e la pausa con selezione senza risposta. La differenza presente tra i tre tipi di pausa con selezione è che nella prima il parlante selezionato,

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dopo un periodo di latenza, risponde verbalmente alla domanda dell’interlocutore. Nel secondo caso, può non esserci latenza e la risposta è non verbale, come per esempio quando un parlante annuisce o nega solo con la testa. Infine, nella pausa con selezione senza risposta, il parlante B pur essendo stato selezionato non assume il turno e, questo, viene preso da un altro partecipante.

Per lo studio del ritmo conversazionale interno al turno, consideriamo le pause interne al turno (pausa within), cioè tutte quelle pause ed esitazioni che un parlante fa durante il proprio turno di parola. Un particolare tipo di pause within sono quelle che, da alcuni autori, vengono definite ‘pause di demarcazione narrativa’, quelle pause cioè compiute dal parlante durante la narrazione. La letteratura in proposito (Bazzanella, 2002; Oliveira, 2002) suggerisce la particolare funzione svolta da questo tipo di pause per creare attesa nell’ascoltatore, che però assume poca rilevanza a livello di scambio interattivo. Per questo motivo, le pause di demarcazione narrativa, quelle cioè che avvengono durante la lettura del brano, non verranno prese in considerazione.

Infine, definiamo errore tecnico quando c’è qualche problema tecnico legato alla situazione di osservazione (scarsa qualità audio e video, problemi con la videoregistrazione, ecc.).

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PARTE II

LA RICERCA

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CAPITOLO 4

METODOLOGIA

La metodologia scelta per lo studio del ritmo conversazionale nell’interazione in classe è quella osservativa, pur essendo consapevoli degli aspetti sia positivi sia negativi che la caratterizzano (Bonichini, Axia, 2001; Venuti, 2001).

4.1 Gli obiettivi e le ipotesi di ricercaLe pause e il ritmo conversazionale nel contesto scolastico

non sono stati oggetto di numerosi studi, come abbiamo potuto osservare analizzando la letteratura. Il presente studio ha quindi un carattere esplorativo e si pone i seguenti obiettivi:

a) Studiare le pause e il ritmo interazionale attraverso l’analisi della conversazione, per poterli interpretare dal punto di vista degli interlocutori. L’analisi è condotta alla luce della letteratura presentata, facendo riferimento al concetto di punto di rilevanza transizionale complesso (CPRT). Un primo obiettivo è osservare se lunghi tempi di latenza hanno sempre un effetto positivo, come mostrano i risultati di altri studi (Rowe, 1974). Un secondo obiettivo è individuare se esistono particolari modalità di assunzione del turno tipiche dell’interazione che avviene in classe.

b) Presentare l’interazione in classe attraverso un’analisi descrittiva (frequenze e percentuali) delle categorie presenti nel ritmo conversazionale tra turni e all’interno del turno. Il fenomeno della modalità di presa di turno e delle pause interne ai turni è analizzato prendendo in

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considerazione separatamente i diversi anni scolastici (seconda, terza e quarta).

c) Verificare, infine, attraverso analisi più specifiche, le seguenti ipotesi:

1. individuare se esistono differenze nelle sovrapposizioni tra i ruoli dell’interazione in classe.

2. Analizzando la letteratura abbiamo visto che l’insegnante ha più potere conversazionale perché regola l’attività, i turni, ecc. Le interruzioni sono indice di potere (Okamoto, Rashotte, Smith-Lovin, 2002). Ci aspettiamo quindi una maggiore presenza di interruzioni semplici, silenziose e supportive da parte dell’insegnante rispetto ai singoli bambini. Ci aspettiamo inoltre una maggiore presenza di interruzioni fallite da parte dei bambini rispetto all’insegnante.

3. all’aumentare della pausa di presa di turno (latenza) del bambino interviene sempre l’insegnante per la poca tolleranza al silenzio (Rowe, 1974).

4. una durata diversa delle pause interne al turno per le insegnanti rispetto ai bambini.

4.2 I partecipantiIl presente studio si inserisce in un programma di ricerca

COFIN 2000 dal titolo “Discorso e apprendimento”, coordinato dalla prof.ssa C. Pontecorvo e finalizzato allo studio della gestione del discorso in classe. Il corpus di dati utilizzato per la ricerca è costituito da 12 classi di scuole elementari statali di diverse località italiane (classi seconda, terza, e quarta) (tab. 4.1).

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Classe LocalitàII RomaII Savignano sul

Rubicone (FC)II Savignano sul

Rubicone (FC)II Ardea (Roma)III RomaIII RomaIII RomaIII Lanciano (CH)IV TarantoIV TarantoIV RomaIV Lanciano (CH)

Tab. 4.1 Le sedi delle classi osservate.

La scelta di osservare classi di seconda, terza e quarta, con esclusione delle prime e delle quinte, è dipesa dalla difficoltà ad ottenere la disponibilità da parte delle insegnanti di quelle specifiche classi.

Ogni classe è stata registrata tre volte, esclusa una classe di seconda (scuola di Roma) che ha dato la disponibilità solo per due registrazioni. Per gli obiettivi della ricerca non si è considerata la prima registrazione. Il nostro corpus di dati è, quindi costituito da 12 classi e 23 registrazioni, per un totale di circa 15 ore di registrazione. Le insegnanti sono tutte di sesso femminile e il numero di bambini presenti varia per ogni classe per ogni registrazione (tab. 4.2). Le osservazione sono state effettuate tutte nell’anno scolastico 2001/2002.

Classe Insegnante Num. Alunni

Date Durata

II – Roma Annarita 17 10/12/2001 00:36:05II – Laura 14 13/02/2002 00:30:50

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Savignano 14 19/02/2002 00:31:37II – Savignano

Maura 1818

05/02/200208/02/2002

01:01:3401:13:45

II – Ardea Carla 2021

30/05/200206/06/2002

00:35:3100:21:15

III – Roma Adelaide 109

23/01/200224/01/2002

00:15:3900:45:35

III – Roma Giorgia 2120

30/01/200231/01/2002

00:22:0200:26:00

III – Roma Renata 1313

30/01/200231/01/2002

00:28:3700:47:23

III – Lanciano

Silvia 2323

23/01/200225/01/2002

00:23:0000:47:30

IV – Taranto Loretta 2019

21/11/200124/11/2002

00:56:5401:02:12

IV – Taranto Giovanna 1617

20/11/200122/11/2001

01:19:0701:06:10

IV – Roma Stefania 1414

23/01/200224/01/2002

00:23:0100:56:34

IV – Lanciano

Maria 2222

24/01/200226/01/2002

00:24:1400:54:57

Tab. 4.2 Classi registrate, luoghi, nome dell’insegnante, numero degli alunni, date e durate delle registrazioni.

4.3 La raccolta dei dati e la trascrizioneLe scuole sono state contattate direttamente dal

ricercatore che, dopo aver ottenuto l’autorizzazione dal direttore scolastico, si è presentato alle insegnanti che avevano dato la loro disponibilità all’osservazione. Dopo aver ottenuto l’adesione delle insegnanti, è stato chiesto loro e ai genitori di tutti i bambini di firmare il modulo di consenso informato (vedi Appendice 1).

Per raggiungere gli obiettivi era utile avere dati omogenei in tutte le classi, e quindi scegliere per tutti una stessa attività da registrare. Era auspicabile, inoltre, scegliere un’attività che permettesse ai bambini di intervenire e discutere. È stata scelta la lettura di un testo dal titolo “Il pifferaio e le automobili” (vedi

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Appendice 2 per il testo integrale della storia) come attività e si è chiesto all’insegnante di interrompersi in alcuni momenti concordati (indicati in grassetto nel testo) e uguali per tutti, per far avanzare ipotesi ai bambini sul possibile proseguimento del brano e stimolare la discussione.

Sono state, quindi, previste tre date per le registrazioni. La prima di familiarizzazione con l’osservatore e le telecamere, in cui si è lasciato l’insegnante libero di scegliere l’attività e il momento da registrare. La seconda registrazione prevedeva la lettura da parte dell’insegnante del brano con la consegna di interrompersi nei punti indicati. Il testo è stato dato all’insegnante il giorno precedente la registrazione, con la richiesta di non anticipare nulla ai bambini. Dopo aver consegnato all’insegnante il trascritto degli interventi fatti dai bambini durante la lettura (registrazione 2), si è proceduto alla terza registrazione. Quest’ultima fase prevedeva il confronto tra le alternative avanzate dai bambini ed il vero proseguimento della storia, e la discussione sulle varie proposte.

Le tre fasi di osservazione sono state videoregistrate con l’uso di due telecamere, una posta di fronte all’insegnante e l’altra per riprendere gli alunni. La prima telecamera era fissa su un cavalletto, mentre la seconda era manovrata dall’osservatore che riprendeva il parlante corrente. L’uso della telecamera, oggetto inevitabilmente intrusivo, non è risultato tuttavia eccessivamente disturbante.

Successivamente, la seconda e la terza registrazione sono state integralmente trascritte negli aspetti verbali e non verbali, secondo le norme dell’analisi conversazionale (vedi Appendice 3) e riviste da un secondo osservatore.

4.4 Il turno come unità di analisi

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La scelta dell’unità di analisi è fondamentale per la progettazione della ricerca, perché condiziona la rilevazione del fenomeno che si intende studiare. Rispetto agli interessi teorici, agli obiettivi e alle ipotesi del nostro studio, l’unità di analisi più appropriata sembra essere il “turno”. Si definisce turno una stringa di parole appartenenti allo stesso parlante delimitato da due punti di rilevanza transizionale. Nel primo punto il parlante prende la parola, mentre nel secondo la perde. Questa unità costitutiva dell’interazione, non è specifica del contesto scolastico, ma si ritrova anche nella conversazione ordinaria, e quindi in tutte le situazioni di conversazione informale (Sacks, et al., 1974). Nell’interazione in classe, il turno come unità di analisi sembra essere estremamente pertinente, in quanto la successione dei turni, come abbiamo visto nella letteratura specializzata (cfr. cap.3), è spesso regolata dall’insegnante e i ruoli interattivi sono facilmente identificabili. Questo è vero anche per i casi di turno “multi-unità”, cioè quei turni in cui sono presenti più punti di rilevanza transizionale, perché pur avendo una struttura più complessa, sono sempre definiti dalla presenza di due transizioni realmente accadute.

4.5 Il sistema di categorieIn classe, oltre all’interazione principale che solitamente è

guidata dall’insegnante, avvengono spesso in parallelo, soprattutto tra gli alunni, anche altre conversazioni. Pur consapevoli dell’importanza e dell’informatività, la qualità audio e le difficoltà di trascrizione non hanno permesso lo studio di queste interazioni. Si è presa in considerazione, quindi, solo l’interazione principale, cioè quella condotta dall’insegnante.

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Al fine di studiare e analizzare il ritmo conversazionale nell’alternanza dei turni e all’interno del turno, è stato costruito un sistema di categorie che tenesse conto dello specifico contesto considerato.

Riportiamo di seguito le categorie utilizzate per l’osservazione sistematica1 e le rispettive definizioni operative con relativo esempio. Gli esempi delle categorie sono stati tratti dai reali trascritti, ma avendo uno scopo puramente esemplificativo non ne verrà specificato il contesto di produzione.

I partecipanti all’interazione in classeL’interazione in classe può avvenire tra l’insegnante e i

singoli bambini, oppure tra pari. A volte, però, l’insegnante non si rivolge ad un singolo bambino, ma all’intera classe. In questo caso, qualunque bambino può prendere la parola. Abbiamo quindi considerato tre partecipanti all’interazione in classe: l’insegnante (T), un bambino o bambina (B), e l’intera classe (C). Per il raggiungimento degli obiettivi e la verifica delle ipotesi, si è scelto di riferirsi alla categoria “bambino” indipendentemente dal sesso e senza individuare ogni singolo bambino caratterizzato da un nome ed un cognome.

Si è inoltre inserita una categoria “altri” (A) che si riferisce ai partecipanti che si inseriscono nell’interazione occasionalmente (es. ricercatore, insegnante di sostegno, ecc.).

Le categorie del ritmo conversazionale

1 “…definiamo l’osservazione sistematica un approccio particolare alla quantificazione del comportamento. Questo approccio di solito si occupa di comportamento naturalmente occorrente osservato in contesti naturalistici. Lo scopo è definire in anticipo forme diverse di comportamento – codici comportamentali – e poi chiedere agli osservatori di compiere una registrazione tutte le volte che il comportamento corrispondente ai codici predefiniti ricorre” (Bakeman, Gottman, 1986, p.4).

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Dall’analisi della letteratura e da un primo sguardo ai trascritti, il ritmo conversazionale nell’alternanza dei turni è stato definito come la presenza di una delle seguenti categorie:

Latching (LAT). La perfetta sincronizzazione tra turni, e quindi la totale assenza di pause, interruzioni e sovrapposizioni tra parlanti.

Valerio: maestra?Ins: eh. dimmi Valerio.

Pausa tra i turni (BW). Una pausa viene definita tra i turni se è condivisa da tutti i partecipanti all’interazione; occorre in un punto di rilevanza transizionale; il parlante precedente ha concluso il proprio turno; non è avvenuta una selezione diretta del parlante nel turno che precede la pausa e il turno dopo la pausa avviene tramite un’autoselezione.

Salvo: lo stesso.pau: (0.5)Nancy: lo stesso però almeno potevano gioca:re:

Pausa con selezione (PC; PB; PT, PA). La pausa con selezione occorre in un punto di rilevanza transizionale, è attribuibile ad un parlante in quanto è all’inizio del turno del parlante che è stato selezionato nel turno precedente.

Ins: che la gente?Martina: (2.5) non poteva andare da nessuna parte.

Pausa con selezione con risposta non verbale (NC; NB; NT; NA). La pausa con selezione con risposta non verbale, occorre in un punto di rilevanza transizionale ed è caratterizzata dal fatto che nel turno precedente viene selezionato un parlante, il quale risponde e riempie il turno con un gesto, o comunque non verbalmente (esempio annuendo, negando con la testa, indicando, ecc).

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Ins: <un signore> qualunque?Aurora: (0.5) ((annuisce con la testa))

Pausa con selezione senza risposta (PR). La pausa con selezione senza risposta occorre in un punto di rilevanza transizionale. Il parlante, selezionato nel turno precedente, rinuncia a prendere la parola e il turno torna al parlante che lo ha selezionato, o viene assunto da un altro partecipante.

Ins: che le macchine una mattina?Giuseppe: (1.0)Ins: si sono?

Sovrapposizione o Overlap (SOV). La sovrapposizione o overlap si verifica quando un partecipante si inserisce nel turno del parlante corrente ed entrambi terminano il proprio turno.

Jack: che erano pure scocci perché anche loro [vivevano nella città].

Ins: [erano pure scotch]? ((ironica))

Sovrapposizione collettiva (SCO). La sovrapposizione collettiva avviene quando molti partecipanti parlano contemporaneamente rendendo incomprensibile il parlato. L’interazione non viene però percepita come discontinua dai partecipanti.

Ins: e la slitta dove la metteva?pau: (10.5) ((parlano tutti insieme))Ins: ALTRImenti un’altra soluzione l’ha trovata

Valerio (…)

Partenza simultanea (ASB; BST; BSB; BSC; CSB; CST; TSB; TSC). La partenza simultanea avviene in presenza di discorso simultaneo, quando due o più partecipanti iniziano il turno contemporaneamente, per esempio dopo una pausa oppure in risposta ad una domanda. I parlanti che partono

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simultaneamente possono decidere di cedere il turno e interrompersi oppure terminare il turno.

pau: (0.5)Valentino: [il cara]-Ins: [un cara]biniere?

Interruzione semplice (ISE). L’interruzione semplice avviene in presenza di discorso simultaneo quando un partecipante tenta e riesce ad ottenere il turno intervenendo nel turno del parlante corrente.

Ins: diceva [di far spostare]-William: [po- (>così<) poteva] passare.

Interruzione silenziosa (ISI). Si ha interruzione silenziosa quando il parlante viene interrotto da un altro partecipante senza sovrapporsi.

Alberto: >oppure quando tu<-Ins: >dico< era giusto fargli la multa?

Interruzione supportiva (IUB; IUT). L’interruzione è supportiva quando un parlante viene interrotto da un altro partecipante senza mostrare l’intenzione di prendere il turno, ma per mostrare segni di partecipazione e comprensione (come nel caso dei back channel) oppure semplicemente per fornire un suggerimento (come nel caso dei suggerimenti lessicali). Può avvenire sia in presenza sia in assenza di discorso simultaneo.

Flo: e gli diceva di eliminare tutteIns: mh.Flo: le macchine per suonare:

Interruzione fallita (IFB; IFT). L’interruzione è definita fallita, quando un partecipante si inserisce nel turno del parlante corrente, e fallisce nel tentativo di assunzione. Può essere sia in presenza sia in assenza di discorso simultaneo.

Ins: oh. >[allora]<,

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Girolamo: [mae’]Ins: >questo fatto di andare con la bicicletta o a

pie:di< secondo voi, va >be:ne o non va bene<?

Errore tecnico (ETC). È errore tecnico ogni transizione non codificabile per problemi tecnici legati ala situazione di osservazione (scarsa qualità del video e dell’audio, interruzione della registrazione, ecc.).

Pausa interna al turno. La pausa interna al turno è attribuita ad un parlante e non avviene in un punto di rilevanza transizionale. Il parlante si ferma, mostrando l’intenzione di voler continuare a parlare. L’intenzionalità è mostrata attraverso l’incompletezza grammaticale della clausola, oppure dall’intonazione o dalla presenza di elementi non verbali, come lo sguardo, la mimica facciale, o i gesti.

La durata delle pauseConsiderando l’unità di misura minima delle pause

(inferiore a 0.5 secondi) e la frequenza con cui si presentano (tab. 4.3), la durata di ogni pausa è stata espressa in nove categorie (tab.4.4).

Durata Pausa

Frequenza %

(.) 1777 23.70(0.5) 2409 32.13(1.0) 1599 21.33(1.5) 680 9.07(2.0) 465 6.20(2.5) 138 1.84(3.0) 175 2.33(3.5) 53 0.71(4.0) 76 1.01(4.5) 22 0.29(5.0) 31 0.41

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(5.5) 10 0.13(6.0) 15 0.20(6.5) 7 0.09(7.0) 8 0.11(7.5) 2 0.03(8.0) 6 0.08(8.5) 1 0.01(9.0) 8 0.11(9.5) 1 0.01

(10.0) 3 0.05(10.5) 1 0.01(11.0) 1 0.01(11.5) 0 0(12.0) 5 0.07

(12.5) 5 0.07TOTALI 7498 100

Tab. 4.3 Frequenze e percentuali di durata delle pause.

Come è possibile notare dalla tabella 4.3, le pause di durata superiore ai 12.5 secondi sono state accorpate perché presenti con una bassissima frequenza e quindi con perdita di significato ai fini statistici. Comunque, la pausa di durata massima è di 17.0 secondi, osservata nella seconda registrazione di una classe del terzo anno.

Quindi le categorie delle pause sono 9:

Durata Pausa

Frequenza % Codice

(.) 1777 23.70 1(0.5) 2409 32.13 2(1.0) 1599 21.33 3(1.5) 680 9.07 4(2.0) 465 6.20 5(2.5) 138 1.84 6(3.0) 175 2.33 7(3.5) 53 0.71 8

≥(4.0) 202 2.69 9Totali 7498 100

Tab. 4.4 Frequenze, percentuali e codici delle categorie di durata.

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Gli schemi riassuntivi dei sistemi di categorie dei partecipanti all’interazione e delle transizioni, con relativa definizione operativa e codice utilizzato, sono riportati rispettivamente nelle tabella 4.5 e 4.6.

La percentuale di accordo sulla comparsa del “parlante” è 97.71%. L’indice di accordo (K di Cohen) è pari a 0.97.

PARLANTE CODICE

DEFINIZIONE OPERATIVA

Insegnante TBambino/a B Indipendentemente dal sesso.Classe C Quando molti o tutti i bambini della

classe rispondono insieme, oppure quando l’insegnante si rivolge a tutta la classe e non ad un singolo bambino.

Altri A Ricercatrice o insegnante di sostegno.Tab. 4.5 Categorie di partecipanti, codici e definizioni operative.

TRANSIZIONE

CODICE

DEFINIZIONE OPERATIVA

Latching LAT Perfetta sincronizzazione tra turni.Pausa tra i turni oPausa Between

BW+durata

Pausa in cui non c’è selezione del parlante, condivisa dagli interlocutori.

Pausa con Selezione

PC;PB;PT; PA+ durata

Pausa del parlante che viene selezionato e poi prende il turno. PC: se la pausa è della classe; PB: se la pausa è di un singolo bambino; PT: se la pausa è dell’insegnante; PA: se la pausa è di “Altri”.

Pausa con Selezione con risposta non verbale

NC;NB;NT; NA+ durata

Il parlante selezionato risponde in modo non verbale, quindi la pausa è riempita da gesti, movimenti del corpo (es. annuire o negare con la testa e/o con le mani).

Pausa con Selezione

PR+durata

Il parlante selezionato non risponde e il turno viene preso o dal parlante

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senza risposta precedente o da un altro partecipante.Sovrapposizione o Overlap

SOV Presenza di discorso simultaneo; B si inserisce nel turno di A, ma entrambi terminano il proprio turno

Sovrapposizione Collettiva

SCO Interazione non comprensibile, i bambini parlano tutti insieme, a volte anche con l’insegnante.

Partenza Simultanea

BST;CST;BSB;BSC;CSB;TSB;TSC; ASB

Presenza di discorso simultaneo; A e B iniziano insieme, e possono finire o non finire il proprio turno. La terza lettera indica il parlante che continua o che finisce per ultimo.

Interruzione Semplice

ISE Presenza di discorso simultaneo; B si inserisce nel turno di A, A non finisce il turno e B ottiene il cambio di turno.

Interruzione Silenziosa

ISI Assenza di discorso simultaneo; A si trova in un momento di difficoltà o di pausa e B prende il turno

Interruzione Supportiva

IUT;IUB

Sia in presenza sia in assenza di discorso simultaneo, ma assenza di intenzione di prendere il turno da parte di B (quindi presenza di suggerimenti lessicali o di back channel).

Interruzione Fallita

IFB; IFT Presenza o assenza di discorso simultaneo, intenzione non riuscita di assumere il turno.

Errore Tecnico ETC Problema legato alla situazione di osservazione (problemi di ripresa, mancanza o scarsa qualità dell’audio, ecc.).

Tab. 4.6 Categorie di transizione di turno, codici e definizioni operative.

La percentuale di accordo sulla comparsa della “transizione” è 97.70%. L’indice di accordo (K di Cohen) è pari a 0.85.

4.6 La costruzione e l’analisi del file dati

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L’analisi dei dati per questo studio è basata su due programmi informatici, SGUI (Bakeman, Quera, 1995) e ILOG (Bakeman, Robinson, 1994). L’analisi dei dati ha previsto 4 fasi:

1. costruzione del file dati (SDIS di SGUI);2. correzione del file dati (SDIS di SGUI);3. costruzione di tabelle di contingenza e analisi (GSEQ

di SGUI);4. analisi dei dati (ILOG).

La prima fase di costruzione del file dati segue le direttive SGUI e si riferisce al tipo di dati a disposizione (Eventi). In ciascuna riga vengono indicati il codice del parlante, il codice della transizione del turno (che nel caso delle pause contiene il codice della durata), e poi ancora altre tre volte parlante e transizione. Ogni riga corrisponde a 4 turni di parola e le relative transizioni. Ne riportiamo un esempio:

%ArdeaII-2C%T IFB T BW3 B PT4 T SOV %001-006%B IFB T LAT B LAT T SOV %007-011%

……La prima riga (%ArdeaII-2C%) corrisponde alla località di

registrazione (Ardea), alla classe (II elementare) e al numero della registrazione (2). La riga successiva indica i parlanti e le transizioni, quindi questa registrazione inizia con un turno dell’insegnante (T), segue un’interruzione fallita del bambino (IFB) che non riesce a prendere il turno, e che viene mantenuto dall’insegnante (T). Poi c’è una pausa condivisa tra i turni di durata 1 secondo (BW3), dopo la pausa il turno viene preso da un bambino (B) che seleziona l’insegnante, la quale fa una pausa di 1.5 secondi (PT4) e poi prende il turno (T). La transizione di turno avviene poi tramite sovrapposizione (SOV) da parte di un bambino (B), come si vede dal primo codice della

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riga successiva. Al termine di ogni riga, vengono riportati tra i simboli di percentuale i numeri dei turni presi dai trascritti relativi a quella riga del file dati, quindi in questo caso la prima riga corrisponde ai turni dall’uno al sei (%001-006%).

Una volta costruito il file dati è stato sottoposto a verifica attraverso il programma SDIS di SGUI che, dopo aver dichiarato tutti i codici e le loro caratteristiche di mutua esclusività, indica gli errori di digitazione manuale e invita a correggerli.

Successivamente, attraverso il programma GSEQ di SGUI, sono state costruite le tabelle di contingenza, utilizzate per l’analisi descrittiva.

A questo punto si è proceduto alla traduzione per la lettura di queste tabelle tramite ILOG, che ha permesso il compimento più agevole di analisi più complesse. In seguito sono state effettuate le analisi dei dati per rispondere alla specifica domanda di ricerca: è stato individuato il modello esplicativo (comprensione di eventuali effetti principali e interazioni) per vedere se c’era una relazione tra le variabili e si è proceduto all’analisi della relativa tabella di contingenza tramite residui standard per comprendere i pattern associativi tra livelli della variabile.

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CAPITOLO 5

I RISULTATI DELL’ANALISI QUALITATIVA

Un primo obiettivo di questo lavoro è analizzare attraverso l’analisi conversazionale i diversi tipi di pause e transizioni che si presentano nell’interazione in classe. Il punto di partenza dell’analisi della conversazione è considerare il parlato come attività, e in particolare come attività ordinaria e ordinata. Inoltre l’analisi conversazionale afferma una relazione tra interazione e contesto sociale, considerando quest’ultimo come precostituito rispetto alla conversazione (Orletti, 1994). Nell’affrontare, quindi, l’analisi dell’interazione in classe non abbiamo potuto evitare di considerare il punto di vista dei parlanti, che negoziano i vari aspetti del contesto sociale attraverso la conversazione stessa. A volte, però, la negoziazione non è semplice e risulta problematica specialmente in quei contesti, come appunto la scuola, in cui i parlanti assumono ruoli particolari.

5.1 Le pause problematicheNell’analizzare i trascritti sono emerse alcune

problematiche relative soprattutto alle pause specifiche dell’interazione nel contesto scolastico.

Come abbiamo visto dalla letteratura, l’interazione in classe avviene non solo tra pari, ma anche e soprattutto tra ruoli asimmetrici. Il contesto scolastico ha regole sociali condivise e l’insegnante svolge un ruolo ben specifico all’interno di tale contesto. Per questo si creano, a volte, situazioni in cui le pause non sono condivise dai partecipanti, o sono difficilmente attribuibili.

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Pause non condiviseNell’interazione in classe, i partecipanti hanno aspettative

particolari rispetto alla gestione della conversazione. Così, gli alunni si aspettano che sia l’insegnante ad assegnare il turno e a condurre l’interazione, scegliendo tempi e modi. Non sempre però avviene così per la difficoltà nella negoziazione del contesto.

Estratto 1 – Scuola di Lanciano, Classe IV, Insegnante Maria, Registrazione 3

L’insegnante ha appena finito di leggere la storia, devono discutere le diverse alternative proposte dai bambini durante la registrazione precedente.

62. Ins: >volete che ve lo legga cosa avete detto<?63. Gir: sì.64. Bam: sì. ((in coro))65. Bm: °sì°.66. Ins: ↑allo:ra, (2.0) >Luana< ha detto,

fece volare alcune ma:cchine. ((alcuni bambini si voltano verso di lei))

67. pau: (4.0)68. Ins: Giorgia. ((Gir sorride)) fece volare alcune

ma:↑cchine come ha detto Luana. ↑altre le fecero camminare. (1.0) ((Gir si volta verso Ale che la guarda)) alla rotonda, ((Gir sorride di nuovo e si nasconde il viso con la mano)) chi prendeva una strada per di qua↑ chi per di là. ((Vin si gira dietro per guardare Gir)) chi andava dritto. e così, si risolse il problema delle macchine.

69. pau: (3.0)70. Ins: Tania, un pifferaio che stava

passando suonò. ((Al si volta verso Tan)) e un po’ di macchine riuscirono a muoversi. e >raggiunsero la meta<. (1.5) Gioia. all’improvviso apparve un fiore giga↑nte, e un pifferaio uscì dal fiore e incominciò a suonare. (1.0) alcune macchine cominciarono a muo↑:versi, così sulla strada c’era più spazio. (.) e poche

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macchine. (1.5) Eugenio, (0.5) un giorno, >passando un pifferaio. vide tutto questo traffico<. suonò il suo flauto ma↑gico e fece apparire una gru di circa dieci metri. (.) poi suonò il flauto un’altra vo↑lta, e fece muovere la gru. (.) e prese un po’ di macchine. le spostò e >così si liberò del traffico<. (1.5) ↑allora, che vi sembra.

Nell’estratto riportato sopra, l’insegnante chiede alla classe se è d’accordo a leggere le alternative proposte dai bambini (turno 62). I bambini sono d’accordo (turni da 63 a 65) e l’insegnante inizia la lettura (turno 66). Dopo aver letto la prima alternativa di una bambina, l’insegnante si interrompe per 4 secondi (turno 67). In questa pausa i bambini sembrano aspettare che l’insegnante continui a leggere, mentre l’insegnante sembra in attesa di un intervento dei bambini. Infatti la stessa situazione si ripresenta dopo che l’insegnante ha finito di leggere la seconda alternativa (turno 69). La pausa è più breve (3 secondi) e l’insegnante riprende a leggere le altre alternative, non fermandosi così a lungo al termine della lettura di ogni alternativa (turno 70). I partecipanti all’interazione non avevano attribuito, inizialmente, lo stesso significato alle pause; successivamente, l’insegnante sa che i bambini non prenderanno la parola anche se si interromperà con una lunga pausa, quindi finisce di leggere le alternative senza violare le aspettative.

Riportiamo di seguito un estratto in cui, invece, l’interazione avviene tra l’insegnante e una sola bambina.

Estratto 2 – Scuola di Savignano, Classe II, Insegnante Laura, Registrazione 2

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L’insegnante sta leggendo la storia, è alla terza interruzione e alcuni bambini hanno già proposto le loro alternative. In classe è presente una bambina cinese e l’insegnante le ha chiesto di proporre la sua alternativa. Lei ha usato un’onomatopea (bro::m) e l’insegnante ha esplicitato al resto della classe questa espressione dicendo che le macchine partono.

228. Ins: eh? >allora<, ve↑diamo se abbiamo [indovinato].

229. Fra: [a me non] me l’hai chiesto °maestra°. ((è appoggiata coi gomiti sulla sedia ed è quasi seduta per terra))

230. Ins: non me l’hai ancora detto?231. Fra: (.)232. Ins: dimmi sentiamo.233. Fra: a me-234. Ins: non ti parlo però. non mi piace che

tu mi parli di laggiù a terra.235. Fra: <le macchine partono>.236. Ins: mhm237. pau: (1.5) ((si continuano a guardare))238. Fra: che partono.239. Ins: va bene. >vediamo<.

L’insegnante è pronta a continuare la lettura (turno 228), e Francesca la interrompe e chiede esplicitamente di poter proporre la sua alternativa (turno 229). L’insegnante le assegna il turno (turno 232), e Francesca inizia a parlare (turno 233), poi l’insegnante la interrompe per riprenderla su una regola di comportamento (turno 234). Francesca ricomincia (turno 235) e l’insegnante supporta il suo intervento, senza però avere l’intenzione di prendere il turno (turno 236). Successivamente c’è una pausa perché entrambe si aspettano che l’altro interlocutore assuma il turno. Infatti Francesca ha finito, ma non è stato capito dall’insegnante che continua a guardarla in attesa che termini il turno. Francesca “realizza” questa aspettativa e riprende il turno, ma ripetendo ciò che aveva già detto (turno 238). L’insegnante esprime il suo consenso,

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conclude la sequenza e ne comincia un’altra (turno 239). Nell’estratto riportato sopra, le aspettative vengono violate probabilmente perché l’insegnante, dopo una richiesta così diretta, si aspetta da Francesca un contributo innovativo e non la ripetizione di ciò che lei aveva già detto esplicitando l’intervento della bambina cinese. Francesca, invece, sembra chiedere il turno più per avere anche lei la possibilità di parlare, che per aggiungere qualche nuovo elemento alle alternative già proposte.

Il significato che i partecipanti attribuiscono alle pause non è sempre condiviso, come abbiamo visto negli estratti riportati sopra, e ciò comporta una violazione delle aspettative che gli interlocutori hanno rispetto alle “mosse” interazionali nel contesto scolastico.

Pause di difficile attribuzioneLa problematica presentata qui di seguito è legata

anch’essa all’asimmetria dei ruoli nel contesto scolastico, ma a differenza degli estratti presentati precedentemente, non si riferisce alla condivisione del significato attribuito ad alcune pause da parte degli interlocutori, piuttosto alla percezione che l’osservatore ha di tali pause. Riportiamo un solo esempio di una situazione che però si verifica frequentemente nell’interazione in classe.

Estratto 3 – Scuola di Taranto, Classe IV, Insegnante Loretta, Registrazione 2

È il giorno della lettura della storia, l’insegnante si interrompe per far proporre le diverse alternative ai bambini.

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13. Nicola:così la gente:: (1.0) poteva:: (0.5) cammi:nare.

14. ins: poteva camminare. (.) Jasmine?…42. ins: dobbiamo immaginare cosa sarà

successo a questo punto. (0.5) Alex?…54. Diego: e in un'altra città!55. ins: in un’altra città. (0.5) un’altra ipotesi.

(0.5) Jasmine?

L’insegnante sta raccogliendo le varie proposte date dai bambini, in alcuni casi ripete ciò che ha detto il bambino (turni 14 e 55), mentre in altri interviene per riformulare una frase o una domanda che aveva enunciato precedentemente (turno 42). L’insegnante gestisce l’interazione e qui è particolarmente evidente dal momento che seleziona sempre il parlante successivo e assegna il turno al bambino che potrà parlare. La pausa, che segue la ripetizione o la riformulazione, si trova in un punto di rilevanza transizionale complesso (CPRT), quindi in un contesto extrascolastico chiunque potrebbe prendere il turno. Nell’interazione in classe, però, vigono regole di assunzione del turno particolari, in cui è l’insegnante che spesso attribuisce il turno e raramente i bambini si auto-selezionano (si noti che gli alunni interrompono con l’intenzione di prendere il turno, ma chiedono prima l’autorizzazione a parlare). Quindi, in questo caso, i bambini non prendono il turno dopo la pausa perché aspettano che l’insegnante selezioni uno di loro, scegliendo probabilmente tra coloro che si sono proposti alzando la mano. Le pause sono quindi attribuibili all’insegnante, perché gli interlocutori (cioè insegnanti e bambini) non le percepiscono nei punti di rilevanza transizionale complessi.

5.2 Il tempo di latenza

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L’interazione nel contesto scolastico è caratterizzata da tanti aspetti. Tra questi assume un significato molto particolare il tempo di latenza, cioè il tempo lasciato all’interlocutore per rispondere ad una domanda. Come abbiamo visto in letteratura (Rowe, 1974), la pausa lasciata al bambino è tendenzialmente molto breve. Aumentandola si riscontrano cambiamenti positivi sia nelle risposte degli alunni sia nel numero e nel tipo di domande poste dall’insegnante. Nell’analizzare i nostri trascritti, abbiamo cercato di riscontrare se questo avviene sempre, o se invece si verifica anche in associazione ad altri elementi e aspetti.

Estratto 4 – Scuola di Roma, Classe III, Insegnante Renata, Registrazione 2

L’insegnante sta leggendo la storia, è alla seconda interruzione e qualche bambino ha già proposto la sua alternativa. Giuseppe ha appena detto che dal sindaco si presenta un chitarrista.

152. Ins: un chitarrista. e cosa dice al sindaco? (.) cosa propone?

153. Giu: SE TU (.) LEVI eh:: se io ti [aiuto]154. Ro: [uh::] ((alzando

la mano))155. Giu: a levare le ma↑cchine tu devi costrui↑re, (2.5)

((battendo ritmicamente la mano sul banco))156. Ro: °palazzi° ((rivolgendosi a Giu))157. (…): ah!158. Ro: ih! ((alzando la mano)) ((Do, Va alzano la

mano))159. Giu: (0.5) ((la pausa è sua perché non ha finito

e l’ins aspetta))160. Do: >un (monopattino) a rotel[la]<.161. Giu: [un] corso d’acqua!

((alzando la mano))

Nell’estratto sopra riportato, l’insegnante ripete l’alternativa proposta da Giulio e chiede al bambino di ampliare e specificare meglio il contenuto della sua alternativa (turno 152), il bambino inizia e pur venendo brevemente interrotto

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(turno 154), continua fino a quando non si ferma e riflette su come terminare il turno (turno 155). La pausa è piuttosto lunga (2,5 secondi) e gli altri bambini si sentono autorizzati ad intervenire cercando di ottenere dall’insegnante il permesso di parlare (turni 157, 158) o addirittura suggerendo a Giulio una possibile conclusione (turni 156, 160). Giulio non raccoglie i suggerimenti degli altri bambini e conclude esprimendo la sua idea (turno 161). L’insegnante ha aspettato che Giulio fosse pronto a terminare il suo turno, senza assegnarlo agli altri bambini che invece lo chiedevano sia alzando la mano sia verbalmente (turno 158). Giulio, però non è sicuro che il turno sia rimasto a lui, infatti quando interviene, sovrapponendosi ad un altro bambino, alza la mano, come per avere la certezza che il turno sia ancora suo.

Estratto 5 – Scuola di Roma, Classe IV, Insegnante Stefania, Registrazione 3

È il secondo giorno di registrazione, e l’insegnante sta leggendo le alternative proposte dai bambini. Manuele aveva proposto il pifferaio, come altri bambini, perché nel titolo si parlava del pifferaio.

150. Ins: perché nel titolo si parlava del pifferaio. ma se tu non avessi ascoltato il titolo (.) secondo te? chi era (.) forse la persona più adatta per presentarsi davanti sindaco. ((domanda con tono discendente)) (.) o meglio (.) quella che ti sarebbe piaciuto (.) che si fosse presentato davanti al sindaco.

151. Ma2: (1.0)152. Ins: chi ti sarebbe piaciuto?153. Ma2: (1.0) eh: (3.0)154. Ins: chi ci avresti mandato dal sindaco >in poche

parole<?155. Ma2: (2.0)156. Ins: invece del pifferaio, 157. Ma2: (0.5)158. Ins: chi poteva andare a protestare dal sindaco.

((domanda con tono discendente))159. Ma2: (3.0)

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160. Ins: per quella [situazione].161. Ma2: [qualcuno che] sapeva: risolvere

u:- questo problema.162. Ins: e chi poteva essere? un personaggio reale o

un personaggio fantastico? 00:09:04163. Ma2: (2.0) e boh! ((sorridendo))164. Ins: vedi un po’. pensaci!165. Ma2: (1.0)166. Ins: chi è?167. Ma2: (.)168. Ins: che sarebbe stato in grado di risolvere il

problema secondo te? ((Li alza la mano))169. Ma2: (3.0)((qualche bambino parla a bassa

voce))170. Ins: stz! h? dai! 171. Ma2: (2.0)172. Ins: non ti viene in mente nessuno?173. Ma2: (.) ((fa cenno di no col capo))174. Ins: possibile?175. Li: io maestra, ((tenendo le braccia alzate))176. Ins: Livia?177. Li: un mago °maestra°.178. pau: (1.0)179. Ins: Livia ci avrebbe mandato un mago. mh? un mago

ma: una persona (.) vestita già da mago? o una persona <vestita normale> (.) però con poteri magici?

180. Li: (2.0)181. Ma2: per me era vestita da °( )°-182. Ins: come: come- come te la immagini questa

persona che va dal sindaco. ((domanda con tono discendente a Livia))

183. Li: (.)((alza la testa verso l’alto))184. Ma2: io? io me la immagino-185. Ins: vestita da mago o vestita normalmente?186. Li: °da mago°.187. Ins: [>vestita da mago<]188. Ma2: [invece no io da-] 189. Ins: cappello? ((con le mano mima un cappello

a cono)) s::::t190. Bam: (.)((mimano il cappello a cono con le

braccia))191. Ins: eh? proprio: 192. Ma2: ci manderei:193. Ins: ah ecco! vedi c’ha pensato! chi c’avresti

mandato?194. Ma2: (1.0)((si porta una mano alla testa))195. Dav: non ti vergognare! ((rivolgendosi a Ma2))196. Ins: DAI:! dai vediamo un po’ se- 00:10:09197. Ma2: c’avrei mandato un: un bambino. 198. Ins: e perché no? 199. Li: >volevo dirlo< [io un bambino]200. Ins: [e perché no]! e perché no un

bambino un bambino? che magari, cosa poteva dire al sindaco?

201. Ma2: che:: (1.0) poteva creare:: mh:: (1.0) >come dire< (.) qualcosa che no::n mh:: (0.5)

202. Ins: non provocasse più [tutto] 203. Ma2: [eh]!204. Ins: quel- quel [caos. eh]?

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205. Ma2: [°quel ca-°] eh.206. Ins: perchè no!207. pau: (0.5)208. Ma2: [tipo: un bambino]-209. Ins: [quindi un bambi]no: però da solo? o un

bambino che magari era: come di:re-210. Li: in compagnia.

Nel lungo estratto riportato sopra, l’insegnante fa una domanda a Ma2 (turno 150) e, dopo aver lasciato poco tempo per rispondere (turno 151), inizia con insistenza una serie di piccole modifiche alla stessa domanda senza dare “effettivamente” l’opportunità a Ma2 di rispondere e assumere il turno (dal turno 152 al turno 160). Successivamente Ma2, sovrapponendosi all’insegnante, riesce a fornire una risposta (turno 161) alla quale però l’insegnante chiede ulteriori chiarimenti (turno 162). Ricomincia così la stessa sequenza di prima: l’insegnante, senza lasciare il tempo a Ma2 di rispondere, interviene riformulando la domanda a Ma2 (dal turno 163 al turno 174). Poi una bambina (Livia), interrompendo l’insegnante, chiede di assumere il turno (turno 175) e l’insegnante la seleziona (turno 176). L’interazione si sposta quindi tra Livia e l’insegnante, in cui però Ma2 tenta di intervenire senza essere selezionato (turni 181, 184, 188) e l’insegnante sembra non accorgersene, lo interrompe per far continuare Livia (turni 182 e 185). Ad un ulteriore tentativo di presa di turno da parte di Ma2 (turno 192), l’insegnante nota l’intervento e lo interrompe prima per sottolineare il fatto che “c’ha pensato”, poi per rifare la domanda iniziale (turno 193), domanda a cui peraltro Ma2 aveva già iniziato a rispondere. L’insegnante però ripete la stessa sequenza dei turni precedenti: non lascia il tempo per prendere il turno e interrompe suggerendo (turni 196, 202, 209). In questo caso, probabilmente, lasciando al bambino più tempo per riflettere ed

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intervenire, l’insegnante avrebbe ottenuto una risposta. A volte, però, ciò non è sufficiente, come è possibile notare osservando l’estratto che segue.

Estratto 6 – Scuola di Roma, Classe III, Insegnante Adelaide, Registrazione 2

L’insegnante sta leggendo la storia e si interrompe per sentire le alternative dei bambini, nella prima parte è alla terza interruzione, mentre nella seconda parte è all’ultima interruzione.

105. Ins: °fece spostare tutte le macchine°. secondo te Sara?

106. Sara: (10.0) ((tutti i bambini si girano verso Sara))

107. Ins: Chiara?108. Chia: (4.0)109. Ins: non ti viene in mente. …132. Ins: ((riprende a leggere la storia)) le

automobili correvano tutte verso il fiume. (0.5) qua↑ndo arrivò la prima macchina, che per combinazione >era proprio quella< del sindaco, il ponte crollò e la macchina, finì subito dentro l’acqua. (1.0) la piazza era gremita di bambini che giocavano. i bambini erano conte↑nti, ma i genitori e il sindaco, secondo voi? Giovanni secondo te i genito:ri che facevano?

133. Gio: (6.0) ((alcuni bambini si girano verso Giovanni))

134. Ins: lo chiediamo:: al tuo compagno. a Andrea. ((i bambini si girano verso Andrea))

135. And: (5.0)136. Ins: secondo te? ((a Elisa))

Nell’estratto riportato sopra, dopo aver ripetuto un’alternativa proposta da un bambino, l’insegnante seleziona il parlante successivo (turno 105). Il turno è di Sara perché è stata selezionata e, nonostante trascorrano 10 secondi, lei non risponde (turno 106). L’insegnante riprende il turno per assegnarlo ad un’altra bambina, Chiara (turno 107), ma neppure lei risponde (turno 108) e, dopo 4 secondi, l’insegnante

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prende nuovamente il turno (turno 109). La stessa sequenza si ripete successivamente. L’insegnante seleziona Giovanni (turno 132), Giovanni non risponde (turno 166), dopo 6 secondi, l’insegnante riprende il turno per assegnarlo ad Andrea (turno 134), il quale non risponde (turno 135), e dopo 5 secondi l’insegnante seleziona un altro parlante ancora, Elisa (turno 136). Pur lasciando pause piuttosto lunghe ai parlanti selezionati, prima della presa di turno, l’insegnante non stimola l’intervento dei bambini e non riformula la domanda, ma al contrario assegna immediatamente il turno ad un altro parlante.

Il tempo di latenza, quindi, come abbiamo visto favorisce il coinvolgimento dei bambini e la qualità della loro partecipazione, in particolare se associato ad interventi dell’insegnante volti ad incoraggiare la collaborazione discorsiva dei bambini.

5.3 Le transizioni di turnoDalla letteratura presentata precedentemente abbiamo

osservato come le transizioni di turno possano avvenire in modo “morbido” o “non morbido”. Riportiamo di seguito alcuni estratti esemplificativi delle transizioni che avvengono in classe, evidenziandone in alcuni casi anche le eventuali particolarità.

Transizioni “morbide”: latching e pauseEstratto 7 – Scuola di Lanciano, Classe III, Insegnante Silvia, Registrazione 2

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I bambini stanno proponendo le loro alternative alla seconda interruzione della lettura della storia.

227. Wil: e quindi: così: si:: (.) fa meno rumo:re perché se: se=se:- >(così)- se si fa meno rumore< non:: (.) c’è tan- non c’è tanto caos come prima.

228. Ins: mhm. ((annuendo))229. pau: (1.0) ((Dario alza la mano e l’Ins con un

cenno della testa gli dà la parola))230. Dar: il pifferaio chiede al <sindaco> (.)

((Ins annuisce)) di togliere tutte le macchine. ((Ins annuisce)) e chi voleva andare a piedi andava a piedi. chi- e chi no (0.5) ((Ins annuisce)) andava in bicicletta.=

231. Ins: =andava in bicicletta. ((guardando i bambini))

Un bambino (Wil) propone la sua alternativa (turno 227) e l’insegnante assume il turno per confermare il suo ascolto e la comprensione dell’intervento di Wil (turno 228). Successivamente c’è una pausa che, trovandosi in un punto di rilevanza transizionale, non è attribuibile a nessun parlante e chiunque può assumere il turno (turno 228). Infatti, alzando la mano Dario chiede il turno che l’insegnante assegna in modo non verbale. In questo caso, quindi, durante la pausa avviene una sorta di scambio interattivo silenzioso: il bambino non parla, ma alzando la mano avverte l’insegnante della sua intenzione ad assumere il turno, l’insegnante a sua volta non lo nomina e fa un cenno a Dario, che inizia lo scambio interattivo verbale. Non sempre le pause sono riempite da scambi non verbali, anzi molto spesso sono semplicemente pause di silenzio condiviso. Dario presenta la sua alternativa (turno 230) e, successivamente, l’insegnante assume il turno, individuando perfettamente il punto di rilevanza transizionale e sincronizzandosi quindi a Dario (turno 231). Pertanto i parlanti,

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individuando i punti di rilevanza transizionale, riescono anche in classe a sincronizzarsi e a non sovrapporsi al turno del parlante che li precede.

Estratto 8 – Scuola di Ardea, Classe II, Insegnante Carla, Registrazione 2

L’insegnante sta leggendo la storia ed è alla seconda interruzione, assegna il turno ai bambini affinché propongano le loro alternative.

77. Ins: ↑allora le automobili hanno- hanno- quando (.) ↓hanno sentito il suono del pifferaio ↓decisero che smettevano di guidare. Emanuela?

78. Ela: (2.0)79. Ins: di lì a un momento? 00:08:0080. Ela: (0.5) di lì a un momento il sindaco

non vedeva più le- le automobili.

L’insegnante riformula un’alternativa proposta da un bambino, e seleziona il parlante successivo (turno 77). L’opportunità di parola non viene raccolta da Emanuela, che non risponde alla selezione (turni 78), il turno viene allora ripreso dall’insegnante per ricordare alla stessa bambina la domanda (turno 79). Emanuela è ancora una volta selezionata, ma in questo caso, dopo una breve pausa, prende il turno (turno 80). Mentre la pausa al turno 78 è una pausa per selezione senza risposta, quella al turno 80 è una semplice pausa per selezione, in quanto il parlante selezionato assume il turno dopo una pausa. A volte, l’insegnante rivolge la domanda a tutta la classe e non ad un singolo bambino, anche se poi non si aspetta necessariamente che sia l’intera classe a rispondere. In questi casi, le pause per selezione sono dell’interlocutore “classe”, indipendentemente dalla presenza di una risposta e, quindi, da

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chi assuma il turno successivamente (a volte un solo bambino, altre volte ancora l’insegnante).

Estratto 9 – Scuola di Lanciano, Classe III, Insegnante Silvia, Registrazione 3

L’insegnante ha riletto la storia ai bambini e insieme stanno discutendo le motivazioni delle alternative proposte nella registrazione della volta precedente.

51. Ins: eh, mi sembra che tu, prima avevi detto quello che vende il piffero.

52. Ale: (2.0) ((perplessa))00:07:0153. xx: sì, è ve[ro l’ha detto].54. Flo: [sì, sì] ((Wal fa sì con la testa))55. Ins: eh. come mai? >come ti era venuto in mente

quello che vende il piffero<.56. Ale: (2.0) ((non risponde e sorride))57. Ins: pifferaio, come::58. xx: °(smetti)°59. Ale: (2.0) ((continua a non rispondere))60. Ins: tipo negoziante?61. Ale: (5.5) ((con un’esplicita espressione del

viso risponde che non lo sa))62. Ins: °ah, va bene°. (…)

La sequenza inizia con un turno dell’insegnante che seleziona Alessia e cerca di ricordare insieme a lei la proposta che aveva fatto (turno 51), Ale è stupita e non prende la parola (turno 52), ma altri tre bambini rafforzano il ricordo dell’insegnante, due bambini in modo verbale (turni 53 e 54) e Wal non verbalmente. Il ricordo dell’insegnante non è dunque confermato dall’interlocutore selezionato, ma è solo supportato da altri partecipanti. L’insegnante non coglie questa differenza e si rivolge ancora ad Ale. Le chiede il motivo di quella opzione (turno 56), Ale non risponde (turno 56), e l’insegnante insiste (turno 57). Non ricevendo risposta (turno 59), l’insegnante riformula ancora una volta la domanda (turno 60). Dopo

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quest’ultimo tentativo, Ale prende il turno e risponde, ma in modo non verbale (turno 61). Questo turno è una pausa per selezione riempita da una risposta non verbale e assume lo stesso valore di un turno verbale. Infatti, l’espressione del viso di Ale viene interpretata correttamente dall’insegnante, che conclude la sequenza ed è pronta ad iniziarne un’altra (turno 62). L’esempio riportato è piuttosto atipico, in quanto spesso, nell’interazione che avviene in classe, la risposta non verbale fornita durante una pausa per selezione è o una negazione o un’affermazione, raramente un’ammissione di non conoscenza.

Transizioni “non morbide”: sovrapposizioni e interruzioniLe transizioni non morbide avvengono quando gli

interlocutori non individuano il punto di rilevanza transizionale. Non è solo questa la ragione delle assunzioni di turno conflittuali, infatti a volte nel contesto scolastico come nella conversazione informale quotidiana tra più parlanti tutti hanno lo stesso diritto ad assumere il turno. Negli estratti che riportiamo di seguito, osserviamo infatti sia transizioni di turno in cui insegnante e bambini non colgono il momento preciso in cui è possibile il cambiamento di parlante, sia transizioni che risultano “non morbide” anche se gli interlocutori condividono il punto di rilevanza transizionale.

Estratto 10 – Scuola di Taranto, Classe IV, Insegnante Giovanna, Registrazione 3

È l’ultimo giorno delle registrazioni, l’insegnante e i bambini sono ormai alla conclusione della discussione, si sono già confrontati sulle prime quattro interruzioni della storia ed ora stanno affrontando l’ultima.

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1070. ins: eh! e quindi lui elimina il problema. il traffico. non le persone. (0.5) e sennò i bambini non sarebbero stati felici. (1.0) eh? (.) perché.

1071. bam: (1.5)1072. ins: perché non sarebbero stati felici i bambini?1073. pau: (3.5) ((parlano tutti insieme))1074. ins: sarebbero rimasti? ((ha colto solo

l’intervento di Davide))1075. Dav: or[fani].1076. ins: [ORFA]ni. sarebbero morti tutti ( ).

Nel primo turno della sequenza precedente, l’insegnante, dopo un ampliamento di un intervento di un bambino, rivolge una domanda all’intera classe (turno 1070). Nessuno dei bambini prende il turno per fornire una risposta all’insegnante (turno 1071) e l’insegnante riformula la domanda (turno 1072). I bambini iniziano più o meno contemporaneamente ad intervenire, sovrapponendosi in modo incomprensibile (turno 1073). Infatti, l’insegnante coglie solo una parte dell’intervento di un bambino e si rivolge a lui per comprendere la parte di turno non percepita (turno 1074). Davide prende il turno e ripete ciò che l’insegnante non ha capito (turno 1075). L’insegnante intuisce l’intervento di Davide prima che abbia finito, e senza aspettare il punto di rilevanza transizionale si sovrappone a lui, ripetendo ciò che Davide sta dicendo (turno 1076). La sovrapposizione del turno 1073 è una sovrapposizione collettiva, in cui tutti i bambini (o molti) intervengono e, in un certo senso vengono autorizzati implicitamente dall’insegnante, che rivolgendo una domanda all’intera classe concede ad ognuno l’opportunità di prendere il turno. Opportunità che, teoricamente, chiunque può sfruttare, ma in pratica questo non avviene sempre, sia perché, come già Sacks, Schegloff & Jefferson (1974) affermavano, gli interlocutori tendono a non sovrapporsi, sia perché nel contesto scolastico, come già abbiamo ribadito più volte, l’assegnazione

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del turno è spesso regolata dall’insegnante. Nel turno 1076, invece, la sovrapposizione avviene tra due soli interlocutori, l’insegnante e un bambino. L’insegnante si sovrappone al turno del bambino, ma quest’ultimo non si interrompe e termina il proprio turno.

Un particolare tipo di sovrapposizione si ha quando due parlanti assumono il turno contemporaneamente. Ne riportiamo un breve esempio.

Estratto 11 – Scuola di Roma, Classe III, Insegnante Giorgia, Registrazione 2.

La seconda registrazione è iniziata da pochi minuti, l’insegnante ha letto la prima parte della storia e si è interrotta. Sta chiamando i bambini perché propongano le loro alternative, e ha appena dato la parola a Claudia.

127. Cla: che::prendono la macchina solo quando devono:- cioè vanno sempre a piedi e quando devono anda’ in posti più lontani prendono la macchina.

128. Ins: prendono la macchina. 129. Da: eh ma è sempre occupato,-130. Ins: Luca c’ha un’idea.

L’estratto riportato sopra inizia con l’intervento di Claudia (turno 127), che propone di andare a piedi e prendere la macchina solo quando si deve andare in posti lontani. Claudia ha terminato il suo turno, e infatti due partecipanti all’interazione prendono la parola contemporaneamente: l’insegnante e un altro bambino (Davide). Mentre l’insegnante ripete l’ultima parte del turno di Claudia (turno 128), Davide ribatte che, anche se prendono la macchina solo per andare in posti lontani, “è sempre occupato” (turno 129). Nessuno

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raccoglie l’osservazione di Davide, al contrario l’insegnante lo interrompe per dare la parola a Luca (turno 130). Ciò che osserviamo, comunque, da questo estratto è che il punto di rilevanza transizionale è condiviso e due partecipanti prendono la parola contemporaneamente, proprio come avviene a volte anche nella conversazione quotidiana e informale, in cui tutti hanno lo stesso diritto a prendere la parola.

Riportiamo, di seguito, alcuni estratti che illustrano i diversi tipi di interruzioni, e alcune loro particolarità. Iniziamo dall’interruzione semplice, interruzione silenziosa e interruzione fallita. La prima è quella in cui un partecipante all’interazione si inserisce nel turno del parlante sovrapponendosi, non lo lascia terminare ed assume il turno. Nel secondo tipo di interruzione, il partecipante che interrompe si inserisce nel turno del parlante corrente senza sovrapporsi, ma riuscendo comunque ad ottenere il turno. Infine, nell’interruzione fallita il partecipante che interrompe, pur avendone l’intenzione, non riesce ad assumere il turno.

Estratto 12 – Scuola di Lanciano, Classe IV, Insegnante Maria, Registrazione 3

È il giorno della discussione sulle proposte avanzate dai bambini durante la lettura del giorno precedente. Sono alle alternative esposte durante la terza interruzione e l’insegnante ha chiesto alla classe se era stato il pifferaio che si era presentato dal sindaco.

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532. Bam: [sì:]533. Fra: [ah] >gli chie[se]< ((alzando la mano))534. Ins: [e] voi avete detto che

andò >anche il pifferaio, e anche Gianni Ro- Rodari ha detto che a- >che è andato il pifferaio<. ((qualcuno tossisce))

535. Gir: >no. io no<.=536. Ins: =>però, voi::< avete, (.) >da:to<

quella versio:ne, di co:sa ha chiesto >questo piffera:io. e Gianni Rodari< ne ha data un’altra.

537. Bf: eh.=538. Gir: =mae’, >ma io<-539. Ins: è vero o no?540. Fra: mae’, ((con la mano alzata))541. Gir: mae’ (.) >se io bene ricordo, io non

avevo messo che andava il pifferaio, al sindaco<.

L’insegnante ha rivolto una domanda all’intera classe e molti bambini rispondono affermativamente in coro (turno 532). Contemporaneamente anche Francesca prende il turno provando a fornire una riposta più elaborata (turno 533), ma viene interrotta dall’insegnante, la quale assume il turno sovrapponendosi a Francesca (turno 534). Nel suo turno, l’insegnante afferma che tutti i bambini abbiano proposto la stessa alternativa offerta dall’autore della storia, ma Giorgio interviene per controbattere l’affermazione dell’insegnante (turno 535). L’insegnante non raccoglie l’obiezione di Giorgio, e riprende il turno per raggiungere il suo obbiettivo, cioè di far osservare ai bambini le differenze tra la versione proposta da loro e quella dell’autore (turno 536). L’insegnante ottiene la conferma da una bambina (turno 537), ma Giorgio riprova a far notare che lui aveva dato una soluzione diversa (turno 538). L’insegnante, però, ancora una volta lo interrompe per chiedere una conferma alla sua osservazione (turno 539). Approfittando della domanda, un bambino (Franco) prova a

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prendere il turno, ma non ci riesce perché Giorgio lo interrompe per riportare finalmente la sua versione (turno 541). Sono presenti numerose interruzioni in questa sequenza, la prima e la seconda sono dell’insegnante mentre la terza è di un bambino. Le prime due sono un’interruzione semplice (turno 534) e un’interruzione silenziosa (turno 539), mentre l’ultima è un’interruzione fallita (turno 540), in quanto Franco ha intenzione di prendere il turno e chiede l’autorizzazione all’insegnante, ma Giorgio lo interrompe e assume il turno senza autorizzazione.

Nell’estratto che segue, prima è l’insegnante che interrompe un bambino con un’interruzione silenziosa, ma poi è lo stesso bambino che prende il turno inserendosi nel parlato dell’insegnante senza sovrapporsi.

Estratto 13 – Scuola di Roma, Classe II, Insegnante Annarita, Registrazione 2

In questa classe, la lettura e la discussione della storia sono avvenute nello stesso giorno. L’insegnante ha terminato la lettura e ora sta analizzando le diverse alternative per poterne discutere.

654. Ins: Valerio?655. Val: spostarle con il carro=attrezzi.656. Ins: le sposti tutte con il carroattrezzi. però il

problema è un altro. e dove le porti?657. Val: (2.0) eh:::658. Ins: se tu le <sposti> le devi mettere in un altro

posto. se le metti in un altro posto occupi un’altra strada, un’altra piazza, [un’altra città]. ((gesticolando))

659. XX: [è ve:ro]!660. Ins: ehe. ((annuisce)) e dove-661. Val: °dentro al fiume°.

La sequenza inizia con un turno dell’insegnante che seleziona il bambino che potrà prendere la parola (turno 654).

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Valerio risponde e propone la sua soluzione (turno 655), l’insegnante contesta tale proposta e gli rivolge un’altra domanda (turno 656). Il bambino, dopo una pausa di pochi secondi, prova a prendere la parola, ma prima di riuscire a parlare viene interrotto dall’insegnante (turno 657). L’insegnante, infatti, temendo forse che Valerio non abbia compreso, lo interrompe e riformula l’obiezione (turno 658). Anche un altro bambino ha riflettuto sull’osservazione dell’insegnante e la sovrappone esplicitando la sua comprensione (turno 659). L’insegnante continua a parlare, perché vuole avere da Davide la risposta alla domanda che aveva fatto già precedentemente (turno 660). Questa volta però è Davide che la interrompe, per sovrapporsi, e prende il turno per rispondere all’insegnante (turno 661). Dall’analisi di questa sequenza, possiamo osservare come, in alcuni casi, non sia solo l’insegnante a dare il ritmo all’interazione e a regolare l’assunzione del turno, ma anche gli alunni possano e riescano ad ottenere il turno con le stesse modalità dell’insegnante.

Osserviamo infine le interruzioni supportive, quelle interruzioni cioè in cui un partecipante interrompe senza l’intenzione di assumere il turno. L’interruzione può essere in presenza o in assenza di sovrapposizione.

Estratto 14 – Scuola di Taranto, Classe IV, Insegnante Giovanna, Registrazione 2

I bambini stanno facendo le loro proposte dopo la prima interruzione della lettura della storia fatta dall’insegnante. Un bambino ha proposto di mandare via gli stranieri per fare più posto, ma Marina non è d’accordo.

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254. Mar: perché- perché tanto ormai fanno parte di quella città. perché se ne dovrebbero [andare].

255. Alex: [maestra], (0.5) oppure,-256. ins: [Alex].257. Katia: [vattene]- vattene tu allora.258. ins: vattene tu allora. ((ridendo))259. Alex: maestra![oppu]re260. ins: [Alex]261. Alex: potevano costruire, altri palazzi all’infuori

a- per allungare la città.

La sequenza inizia con il turno di Marina che giustifica il suo disaccordo alla proposta di mandare via gli stranieri (turno 254), e Alex si sovrappone a Marina per chiedere il turno all’insegnante. L’insegnante non interviene e lui prende la parola (turno 255). Alex, però, prima di aver completato il turno, viene interrotto contemporaneamente dall’insegnante e da un’altra bambina (Katia). L’insegnante lo interrompe per dargli la parola (turno 256), mentre Katia prende il turno per rispondere al bambino che ha proposto di mandare via gli stranieri (turno 257). L’insegnante interpreta ironicamente il turno di Katia e lo ripete ridendo (turno 259). Alex, allora, cerca nuovamente di richiamare l’attenzione dell’insegnante e inizia il suo turno (turno 259). Ancora una volta, però, viene interrotto dall’insegnante per dargli la parola (turno 260). Alex, legittimato a parlare, riesce finalmente ad esplicitare il suo pensiero e proporre la sua alternativa (turno 261). In questa sequenza, due volte l’insegnante interrompe Alex (turni 256 e 260), ma in entrambi i casi l’insegnante non ha intenzione di ottenere il turno. Al contrario, in questi due casi l’interruzione ha proprio lo scopo di cedere e autorizzare il turno. L’insegnante, quindi, fornisce una sorta di supporto all’intervento del bambino, sancisce il parlante e contemporaneamente mantiene la posizione di controllo della regolazione dei turni di parola. Le interruzioni di questo tipo,

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pur essendo molto diverse dai suggerimenti lessicali o dai segnali di attenzione e comprensione (back channel), rientrano nella categoria delle interruzioni supportive, proprio per il loro scopo.

L’alternanza dei turni nell’interazione in classe, spesso, è

“prestabilita” perché l’insegnante assegna il turno e controlla il ritmo (si osservi ad esempio l’estratto 14), ma a volte gli alunni escono da questo schema e riescono a regolare l’andamento dell’interazione (come abbiamo visto, per esempio nell’estratto 13).

5.4 Le pause interne al turnoIl ritmo conversazionale, come abbiamo visto analizzando

la letteratura, è caratterizzato non solo dalle modalità di assunzione del turno, ma anche dalle pause che gli interlocutori fanno all’interno del proprio turno. In alcuni casi l’insegnante sfrutta la pausa all’interno del proprio turno per ottenere silenzio e attenzione da parte degli alunni, come avviene nell’estratto riportato sotto (estratto 15).

Estratto 15 – Scuola di Savignano, Classe II, Insegnante Maura, Registrazione 3

È il giorno in cui si discutono le alternative proposte, un bambino ha avanzato l’ipotesi che dal sindaco si presenti un giudice e qualcuno ha chiesto all’insegnante chi è il giudice.

654. ins: è il capo del tribunale quando ci sono i processi, (3.5) ((confusione))

655. Tom: cosa fa Matteo? 00:44:00656. ins: il GIUDICE è quello, è quella persona che ti

dice (2.5) ((aspetta che ci sia silenzio e guarda Matteo che parla sottovoce)) è il giu- è il:: il giudice è quella persona che guida i processi. quando (0.5) si fa un

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processo a qualcuno ( ) °(aver) fatto qualcosa°. è quello che guida il processo e che decide alla fine.

L’insegnante inizia a rispondere al bambino che le ha chiesto chi fosse il giudice, in classe c’è confusione e l’insegnante si ferma (turno 654). Un bambino fa una domanda che non viene raccolta (turno 655) e l’insegnante ricomincia la sua risposta (turno 656). All’inizio del turno c’è un tentativo dell’insegnante di riportare silenzio in classe attraverso l’innalzamento del tono della voce. Il tentativo fallisce, la confusione continua e l’insegnante si ferma ancora una volta. In questo caso lo sguardo dell’insegnante rivolto al bambino che parla sottovoce è fondamentale e rende chiaro agli interlocutori il motivo della sua pausa. Infatti, nessuno prende il turno e l’insegnante può continuare a spiegare chi è il giudice (turno 656). In questo caso la pausa interna al turno ha una funzione ben specifica che caratterizza il contesto scolastico e, diversamente da quello che propongono i pausologi, non serve ad organizzare il pensiero. Al contrario, sembra quasi che fermarsi conduca l’insegnante ad una esitazione, il turno continua infatti con una riformulazione e un prolungamento del suono, tutti elementi tipici di un turno poco fluente e che caratterizzano il ritmo del turno. Nell’estratto che segue (estratto 16), osserviamo proprio le fasi esitante e fluente del turno come proposto dai pausologi e come le pause siano utilizzate dal parlante per programmare l’espressione verbale.

Estratto 16 – Scuola di Lanciano, Classe IV, Insegnante Maria, Registrazione 2

È il secondo giorno di registrazione, l’insegnante sta leggendo la storia e i bambini stanno avanzando le loro proposte.

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330. Lua: pensavano::=mh: (.) che:: (.) arrivavano:: che arrivavano altre macchine, (1.0) che:: (0.5) >che i bambini non li sentivano, per tutto il fracasso che facevano<, e le macchine investi:vano i bambini.

Il breve estratto riportato sopra si riferisce al turno di una bambina che sta proponendo la sua alternativa. È interessante osservare come l’inizio del turno sia caratterizzato da pause, prolungamenti del suono e ripetizioni di parole, mentre nella seconda parte non solo c’è un notevole incremento di informazione, ma cambia anche la velocità di enunciazione. La prima, quindi, è la fase detta esitante in cui il parlante compie le scelte lessicali, sintattiche e semantiche e programma la seconda fase, quella fluente in cui vengono messe in atto le scelte compiute.

5.5 DiscussioneL’interazione didattica e sociale che si realizza in classe e

nella scuola è una delle variabili che più influiscono sugli esiti educativi e risulta quindi centrale in quanto elemento di scambio e di influenza reciproca tra comportamenti di insegnamento e comportamenti di apprendimento (Pontecorvo, 1975; Boscolo, 1979, 1986). Partendo da questo presupposto, abbiamo cercato di analizzare uno degli aspetti fondamentali dell’interazione: il ritmo conversazionale, e in particolare le pause e le assunzione del turno. L’obiettivo principale era individuare se il cambiamento di parlante nell’interazione didattica avviene con le stesse modalità dell’interazione quotidiana informale, o se invece esistono transizioni di turno particolari dovute allo specifico contesto. Si è voluto inoltre osservare se lunghi tempi di attesa nella presa di turno da parte

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del bambino dopo la selezione dell’insegnante ha sempre effetti positivi come altri studi precedenti hanno mostrato (Rowe, 1974). L’analisi è stata condotta facendo riferimento al concetto di punto di rilevanza transizionale complesso (CTRP), introdotto da Ford e Thompson (1996). Nel CTRP co-occorrono gli aspetti sintattici, prosodici e pragmatici dell’unità costitutiva del turno, creando aspettative negli interlocutori in relazione al cambiamento di parlante.

Le pause e le transizioni di turno nell’interazione didattica spesso si presentano nelle stesse modalità della conversazione informale (cfr. per esempio gli estratti 7, 11, 12, 13, 14, 16), ma esistono elementi che caratterizzano l’interazione che avviene in classe (cfr. per esempio gli estratti 6, 9, 15). Tali elementi sono dovuti, a volte, all’asimmetria dei ruoli presente nel particolare contesto analizzato. Altre volte, però, è proprio la stessa asimmetria condivisa dai partecipanti a creare non condivisione nelle modalità di presa di turno, come mostrato per esempio negli estratti 1 e 2.

Nell’osservare i tempi di latenza dei bambini dopo essere stati selezionati dall’insegnante, abbiamo notato che altri elementi oltre alla durata influiscono nel coinvolgimento e nella qualità della partecipazione all’interazione (cfr. estratti 4, 5 e 6). Bisogna, quindi, riconoscere il valore assunto dalle pause, senza annullare però l’importanza degli interventi degli insegnanti che possono cambiare la struttura partecipativa dei bambini.

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CAPITOLO 6

I RISULTATI DELL’ANALISI DESCRITTIVA

L’alternanza dei turni nell’interazione in classe nel contesto italiano non ha ricevuto fino ad ora uno studio specifico, risulta quindi importante descrivere tale fenomeno, attraverso frequenze e percentuali, per averne una visione generale. Il secondo obiettivo infatti era proprio presentare l’interazione in classe attraverso questo tipo di analisi. Nel riportare i risultati2 ci è sembrato utile e interessante descrivere l’alternanza dei turni nell’interazione considerando separatamente le classi scolastiche osservate (II, III, e IV anno). In questo modo è possibile avere non solo un quadro generale dei diversi tipi di transizione, ma anche l’alternanza dei turni che caratterizza le diverse classi.

Analizzando i risultati, è importante ricordare che in una classe del II anno, è stato possibile effettuare una sola registrazione. Ciò rende più difficili i confronti con le altre classi, ma può essere comunque interessante osservare il fenomeno e descriverlo nei diversi aspetti con cui si presenta e se contraddistingue i diversi anni considerati.

6.1 I turni dei partecipanti

L’alternanza dei turni è strettamente connessa a quanto i partecipanti intervengono nell’interazione, e quindi a quanti 2 Le tabelle che si riferiscono ad singolo fenomeno (come i turni dei partecipanti o i diversi tipi di pause, ecc) sono stati riportati i totali di riga e di colonna per individuare velocemente la rilevanza del fenomeno (tabb. 6.1; 6.3; 6.4; 6.5; 6.6; 6.7; 6.8; 6.9; 6.10; 6.14; 6.15; 6.16; 6.17; 6.18). Per lo stesso motivo, negli altri casi (tabb. 6.2; 6.11; 6.12; 6.13) sono stati riportati solo i totali di riga.

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turni ottiene ogni parlante. Per questo motivo, prima di procedere alla presentazione dei risultati dell’analisi descrittiva sulle modalità di presa di turno, ci è sembrato importante riportare il numero dei turni dei diversi partecipanti all’interazione nelle diverse classi (tab. 6.1).

ClassePartecipante

II III IV Totale%

Insegnante (T)

177311.39%

271317.44%

236215.18%

684844.01%

Bambino (B) 190212.22%

344022.11%

310119.93%

844354.26%

Classe (C) 370.24%

730.47%

1320.85%

2421.56%

Altro (A) 10.01%

200.13%

50.03%

260.17%

Totale%

371323.86%

624640.15%

560035.99%

15559100%

Tab. 6.1 Frequenze e percentuali dei turni dei parlanti nelle diverse classi.

Il primo risultato che si può osservare è che in un totale di 23 registrazioni i partecipanti all’interazione hanno prodotto oltre a 15.500 turni, con una media di 676,48 turni a registrazione. Di tutti i turni prodotti, il 54.26% sono dei singoli bambini, seguiti dall’insegnante (44.01%), mentre i turni della classe sono nettamente inferiori (1.56%). In tutte le classi la percentuale dei turni di “altri” è praticamente irrilevante, con il picco più alto in III (0.13%), che è anche la classe con il maggior numero di turni (40.15%), seguiti dalla IV (35.99%) ed

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infine la II (23.86%). Un altro risultato interessante è che i singoli bambini hanno sempre la percentuale più alta di turni, anche se la differenza con le insegnanti non è molto alta, soprattutto in II (12.22% per i bambini e 11.39% per le insegnanti).

6.2 Le transizioni “morbide”

Nell’alternarsi dei turni, come abbiamo visto dalla letteratura esposta precedentemente (cap.2), le transizioni “morbide” avvengono quando i partecipanti all’interazione individuano il punto di rilevanza transizionale e assumono il turno in modo ordinato attraverso la perfetta sincronizzazione o le pause. Riportiamo prima i risultati relativi alla sincronizzazione tra turni nelle diverse classi e agli errori tecnici presenti. Successivamente prenderemo in considerazione le pause tra i turni con le rispettive durate ed infine i vari tipi di pause per selezione e loro durate.

ClasseTransizione

II III IV Totale%

Sincronia(LAT)

201425.26%

322940.50%

272934.24%

7972100%

Errore Tecnico(ETC)

411.43%

2262.86%

925.71%

35100%

Tab. 6.2 Frequenze e percentuali delle transizioni sincronizzate e degli errori tecnici nelle diverse classi.

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Nelle interazioni analizzate, come mostrato dalla tabella 6.2, l’assunzione del turno sincronizzata avviene soprattutto nelle classi di III (40.50%), seguito dalla IV (34.24%) ed infine la II (25.26%). La tabella 6.2, inoltre, mostra come non ci siano stati grossi problemi di audio e/o tecnici. È possibile osservare infatti la bassissima frequenza di errori soprattutto in II e in IV.

Prendiamo ora in considerazione le pause che avvengono tra i turni (o pause between) e le loro durate.

ClasseDurata

(Pausa Between)

II III IV Totale

%

(.) --

90.77%

90.77%

181.54%

(0.5) 463.94%

867.37%

11910.20%

25121.51%

(1.0) 716.08%

15112.94%

18015.43%

40234.45%

(1.5) 504.29%

484.11%

726.17%

17014.57%

(2.0) 342.91%

655.57%

635.40%

16213.88%

(2.5) 151.28%

90.77%

121.03%

363.08%

(3.0) 90.77%

272.32%

161.37%

524.46%

(3.5) 60.51%

20.18%

60.51%

141.20%

≥ (4.0) 292.48%

211.80%

121.03%

625.31%

Totale%

26022.26%

41835.83%

48941.91%

1167100%

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Tab. 6.3 Frequenze e percentuali delle durate delle pause tra i turni

nelle diverse classi.

Osservando la tabella 6.3 è possibile notare come le pause tra i turni di durata 1 secondo siano le più frequenti (34.45%) e ciò è vero per tutte le classi. Sono seguite dalle pause di 0,5 secondo (21.51%), anche se nella classe di II hanno una frequenza minore delle pause di durata 1.5 secondi (rispettivamente di 3.94% e 4.28%). Seguono le pause di 1.5 e di 2.0 secondi (14.57% e 13.88%). È interessante notare che la classe con la maggior frequenza di pause è la IV (41.91%), seguita dalla III (35.83%) ed infine la II (22.26%) che addirittura non ha pause inferiori a 0.5 secondi.

Riportiamo di seguito le tabelle relative alle pause per selezione rivolte alla classe (tab. 6.4), ai singoli bambini (tab. 6.5) e all’insegnante (tab. 6.6). Come abbiamo visto (tab.6.1), il partecipante “altri” ha un frequenza bassissima di turni, per questo motivo non ci sembra utile e interessante ai fini del nostro studio, riportare gli specifici risultati.

ClasseDurata

(P. per selez. alla Classe)

II III IV Totale

%

(.) --

10.60%

42.39%

52.99%

(0.5) 63.60%

169.58%

2213.17%

4426.35%

(1.0) 116.59%

1710.18%

2213.17%

5029.94%

(1.5) 74.18%

137.79%

158.99%

3520.96%

(2.0) 2 13 3 18

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1.19% 7.79%

1.80%

10.78%(2.5) 3

1.80%-

-1

0.60%4

2.40%(3.0) -

-5

2.99%3

1.80%8

4.79%(3.5) -

-1

0.60%-

-1

0.60%≥ (4.0) -

-2

1.19%-

-2

1.19%Totale

%29

17.36%68

40.72%70

41.92%167

100%Tab. 6.4 Frequenze e percentuali delle durate delle pause

per selezione della classe nelle diverse classi.

Dalla tabella 6.4 è possibile osservare che le pause per selezione rivolte alla classe di durata di 1 secondo sono le più frequenti (29.94%), questo si verifica in tutte le classi (6.59% in II, 10.18% in III e 13.17% in IV). La stessa frequenza nelle classi di IV si trova anche per le pause di durata 0.5 secondi. In generale, possiamo quindi rilevare che prima di assumere il turno, la classe aspetta da 0.5 secondi a 2.0 secondi, anche se soprattutto nelle classi di III l’attesa è a volte più lunga. Inoltre, dalla tabella 6.4 possiamo osservare che la IV è la classe con la frequenza più alta di pause rivolte alla classe (41.92%), seguita dalla terza (40.72%) ed infine la seconda (17.36%).

ClasseDurata

(P. per selez. Bambino)

II III IV Totale

%

(.) 112.28%

91.87%

132.70%

336.85%

(0.5) 387.88%

275.61%

7715.97%

14229.46%

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(1.0) 326.64%

5110.58%

6313.07%

14630.29%

(1.5) 296.02%

81.66%

326.64%

6914.32%

(2.0) 81.66%

214.36%

122.49%

418.51%

(2.5) 61.24%

61.24%

61.24%

183.72%

(3.0) 10.21%

91.87%

30.62%

132.70%

(3.5) 51.03%

10.21%

10.21%

71.45%

≥ (4.0) 40.83%

91.87%

--

132.70%

Totale%

13427.79%

14129.27%

20742.94%

482100%

Tab. 6.5 Frequenze e percentuali delle durate delle pause per selezione dei singoli bambini nelle diverse classi.

Le pause dei singoli bambini sono più numerose rispetto alle pause rivolte all’intera classe, come è possibile osservare confrontando le tabelle 6.4 e 6.5 (482 le pause dei bambini e 167 quelle della classe). È però interessante osservare che anche le pause dei bambini di durata di 1 secondo, come abbiamo visto per le durate delle pause dell’intera classe, sono quelle con la frequenza più alta (30.29%). Analizzando le diverse classi, notiamo che questo si verifica solo nelle classi di terza (10.58% le pause di durata di 1 secondo e 5.61% quelle di durata di 0.5 secondi), mentre in seconda e in quarta le pause di durata di 0.5 secondi sono più frequenti (7.88% e 6.64% in seconda; 15.97% e 13.07% in quarta). Come per le pause per selezione dell’intera classe, anche le pause dei singoli bambini hanno la frequenza più alta nelle classi di IV (42.94%) seguite dalle terze (29.27%) ed infine le seconde (27.79%). La

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distribuzione delle frequenze delle durate delle pause per selezione dei singoli bambini è, però, un po’ più omogenea. In tutte le classi, infatti, sono presenti pause fino a 3.5 secondi e nelle classi di II e III sono presenti anche pause di durata maggiore o uguale a 4 secondi (rispettivamente di 0.83% e 1.87%).

ClasseDurata

(P. per selez. Insegnante)

II III IV Totale

%

(.) 48.89%

24.44%

--

613.33%

(0.5) 36.67%

36.67%

1022.23%

1635.57%

(1.0) 12.22%

36.67%

920.00%

1328.89%

(1.5) 36.67%

12.22%

24.44%

613.33%

(2.0) --

12.22%

--

12.22%

(2.5) --

--

--

--

(3.0) 12.22%

--

12.22%

24.44%

(3.5) 12.22%

--

--

12.22%

≥ (4.0) --

--

--

--

Totale%

1328.89%

1022.22%

2248.89%

45100%

Tab. 6.6 Frequenze e percentuali delle durate delle pause per selezione dell’insegnante nelle diverse classi.

Come ci si poteva aspettare, le pause per selezione dell’insegnante hanno una bassa frequenza rispetto sia alle

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pause dell’intera classe che dei singoli bambini (cfr. tab. 6.4, 6.5 e 6.6). Inoltre, analizzando la tabella riportata sopra, possiamo osservare che oltre ad essere in numero inferiore, le pause per selezione dell’insegnante hanno anche una durata minore. La frequenza più alta, infatti è nelle pause di durata 0.5 secondi (35.57%) seguite da quelle di 1 secondo (28.89%). Di seguito ci sono sia le pause inferiori a 0.5 secondi sia quelle di 1.5 secondi che si trovano entrambe con una percentuale di 13.33%. La distribuzione, quindi, è soprattutto concentrata nelle pause di durata tra (.) (pause inferiore a 0.5 secondi) e 1.5 secondi. In nessuna classe l’insegnante ha una pausa per selezione maggiore o uguale a 4.0 secondi, mentre è presente una sola pausa di durata di 3.5 secondi in una classe di II. Come per le pause per selezione della classe e dei singoli bambini, le pause delle insegnanti sono più frequenti nelle classi di IV con il 48.89%. A differenza però delle pause della classe e dei singoli bambini, dopo le classi di IV, le pause per selezione delle insegnanti più frequenti sono in II con il 28.89% ed infine le classi di III con il 22.22%.

Analizziamo ora un particolare tipo di pause, quelle riempite da azioni che svolgono il ruolo di turno perché vengono compiute dal parlante rispettando le aspettative dell’interlocutore senza prendere effettivamente la parola. Così come per le pause per selezione osservate precedentemente, riportiamo le pause riempite da azioni non verbali con le rispettive durate della classe (tab. 6.7), dei singoli bambini (tab. 6.8) e dell’insegnante (6.9).

ClasseDurata

(P. con risp. non verbale

II III IV Totale

%

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della classe)(.) -

-2

6.06%-

-2

6.06%(0.5) -

-2

6.06%3

9.09%5

15.15%(1.0) -

-8

24.25%3

9.09%11

33.34%(1.5) -

-1

3.03%2

6.06%3

9.09%(2.0) -

-1

3.03%1

3.03%2

6.06%(2.5) 1

3.03%-

-3

9.09%4

12.12%(3.0) -

-2

6.06%2

6.06%4

12.12%(3.5) 1

3.03%-

-1

3.03%2

6.06%≥ (4.0) -

--

--

--

-Totale

%2

6.06%16

48.49%15

45.45%33

100%Tab. 6.7 Frequenze e percentuali delle durate delle pause

con risposta non verbale della classe nelle diverse classi.

Le pause riempite da azioni non verbali della classe sono soprattutto presenti in III (48.49%), mentre sono quasi del tutto assenti in II (6.06%). La durata con maggior frequenza, come possiamo rilevare osservando al tabella riportata sopra, è di 1.0 secondo (33.34%), seguita da 0.5 secondi (15.15%). Di seguito troviamo sia le pause di durata 2.5 secondi sia quelle di durata 3.0 secondi (entrambe presenti per il 12.12%) però, mentre le pause di 2.5 secondi non sono presenti nelle classi di III e il 9.09% è in IV, le pause di durata 3.0 secondi non sono presenti nelle classi di seconda e sono equamente distribuite in terza e in quarta con il 6.06% in ognuna. Un altro risultato interessante

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da rilevare riguarda le pause riempite da azioni non verbali rivolte alla classe di durata di 1 secondo nelle classi di terza, che hanno la frequenza più alta in assoluto (24.25%).

Passiamo ora alle pause riempite da azioni non verbali dei singoli bambini e delle insegnanti.

ClasseDurata

(P. con risp. non verb. del bambino)

II III IV Totale

%

(.) 2111.54%

3519.22%

31.65%

5932.41%

(0.5) 147.70%

3921.43%

105.48%

6334.61%

(1.0) 116.04%

126.59%

94.95%

3217.58%

(1.5) 42.20%

21.10%

10.55%

73.85%

(2.0) 21.10%

42.20%

10.55%

73.85%

(2.5) 10.55%

--

10.55%

21.10%

(3.0) 10.55%

21.10%

10.55%

42.20%

(3.5) 10.55%

--

--

10.55%

≥ (4.0) 31.65%

31.65%

10.55%

73.85%

Totale%

5831.88%

9753.29%

2714.83%

182100%

Tab. 6.8 Frequenze e percentuali delle durate delle pause con risposta non

verbale dei singoli bambini nelle diverse classi.

La tabella sopra riportata (6.8) mostra innanzitutto una distribuzione delle frequenze concentrata soprattutto nelle

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durate più brevi, fino a 1.0 secondo, con un picco nelle pause di durata di 0.5 secondi (34.61%), anche se con pochissima differenza rispetto alle pause di durata inferiore (34.41%). Questo risultato può essere interpretato considerando che spesso l’azione che riempie la pause è immediata e velocemente comprensibile (si pensi per esempio ai movimenti della testa o delle mani per annuire o negare). Le pause riempite da azioni non verbali sono presenti soprattutto nelle classi di terza (53.29%), seguite dalle seconde (31.88%) ed infine dalle terze (14.83%).

ClasseDurata

(P.con risp. non verb. dell’inseg.)

II III IV Totale

%

(.) 16.67%

213.33%

16.67%

426.68%

(0.5) 16.67%

213.33%

319.99%

639.99%

(1.0) --

213.33%

--

213.33%

(1.5) 16.67%

--

--

16.67%

(2.0) 16.67%

--

16.67%

213.33%

(2.5) --

--

--

--

(3.0) --

--

--

--

(3.5) --

--

--

--

≥ (4.0) --

--

--

--

Totale%

426.68%

639.99%

533.33%

15100%

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Tab. 6.9 Frequenze e percentuali delle durate delle pause con risposta non

verbale dell’insegnante nelle diverse classi.

Le pause con risposta non verbale da parte dell’insegnante, come mostra la tabella 6.9, hanno una frequenza molto bassa, rispetto soprattutto a quelle dei singoli bambini (rispettivamente 15 e 182). Inoltre, è possibile osservare che la durata massima di questo tipo di pause è di 2.0 secondi, ma la distribuzione delle frequenze è piuttosto omogenea, pur presentando un picco nella durata di 0.5 secondi (39.99%). Le insegnanti che compiono azioni non verbali riempiendo delle pause con maggior frequenza sono quelle del terzo anno (39.99%), anche se la differenza con le altre insegnanti è poca (rispettivamente 26.28% per le insegnanti di seconda e 33.33% per quelle di terza).

Nelle transizioni “morbide” rientrano anche le pause per selezione che non sono seguite da una risposta da parte dell’interlocutore selezionato, e il turno viene ripreso dal parlante che precede la pausa, o da un altro partecipante. Riportiamo quindi la tabella (6.10) relativa a questo tipo di pause, senza considerare però i diversi ruoli (classe, bambino e insegnante).

ClasseDurata

(P. per selez. senza risposta)

II III IV Totale

%

(.) 71.48%

61.28%

20.42%

153.18%

(0.5) 11 20 41 72

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2.34% 4.25% 8.70% 15.29%(1.0) 20

4.25%51

10.83%39

8.27%110

23.35%(1.5) 19

4.03%11

2.34%30

6.37%60

12.74%(2.0) 11

2.34%28

5.95%24

5.09%63

13.38%(2.5) 13

2.76%5

1.06%9

1.91%27

5.73%(3.0) 9

1.91%16

3.40%13

2.76%38

8.07%(3.5) 6

1.28%4

0.85%2

0.42%12

2.55%≥ (4.0) 7

1.48%46

9.77%21

4.46%74

15.71%Totale

%103

21.87%187

39.73%181

38.40%471

100%Tab. 6.10 Frequenze e percentuali relative alle durate delle

pause senza risposta nelle diverse classi.

Le pause per selezione senza risposta sono presenti soprattutto nelle classi di terza (39.73%), seguite dalle quarte con un piccolo scarto (38.40%) ed infine le seconde (21.87%). Osservando le durate di questo tipo di pause, possiamo notare innanzitutto che la frequenza più alta si ha nelle durate di 1.0 secondo (23.35%), seguite da quelle maggiori o uguali a 4.0 secondi (15.71%) e da quelle di 0.5 secondi (15.29%). La distribuzione delle durate delle pause per selezione senza risposta è quindi molto omogenea ed ha la frequenza più bassa nella durata di 3.5 secondi (2.55%). Si osservano distribuzioni più o meno analoghe nelle diverse classi, con la variazione maggiore nelle classi di seconda. Si notano le pause per selezione senza risposta più frequenti di durata di un secondo nelle classi di terza, presenti per il 10.83%.

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Riassumendo questi primi risultati possiamo dire che le transizioni “morbide” che avvengono nelle registrazioni analizzate sono un fenomeno molto rilevante in tutte le classi, e che i partecipanti all’interazione all’interno della classe hanno simili modalità di assunzione “morbida” del turno, nonostante la evidente diversità di ruoli.

6.3 Le transizioni “non morbide”

Le transizioni “non morbide” avvengono quando i partecipanti all’interazione, non condividono il punto di rilevanza transizionale e assumono il turno sovrapponendosi e/o interrompendo il parlante in corso. Come abbiamo visto dalla letteratura (cfr. cap. 2 e 3) esistono diverse tipologie di sovrapposizioni e interruzioni. Analizziamo di seguito le frequenze e le relative percentuali delle diverse categorie di transizioni “non morbide” considerate, distinguendole per le diverse classi e, ove possibile, per i diversi ruoli.

Iniziamo dai due diversi tipi di sovrapposizione (tab.6.11). Ricordiamo che la sovrapposizione avviene quando, in presenza di parlato simultaneo, gli interlocutori terminano entrambi il proprio turno. La sovrapposizione collettiva, invece, è tipica del contesto scolastico perché si verifica quando molti bambini con o senza l’insegnante parlano contemporaneamente rendendo difficile la comprensione, in alcuni casi anche per i partecipanti stessi.

ClasseTransizione

II III IV Totale%

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Sovrapposizione(SOV)

28517.21%

71743.30%

65439.49%

1656100%

Sovrapp. Collett.(SCO)

6722.48%

14347.99%

8829.53%

298100%

Tab. 6.11 Frequenze e percentuali delle sovrapposizioni nelle diverse classi.

Osservando la tabella 6.11 possiamo notare come le due tipologie di sovrapposizione siano presenti in modo diverso, anche se le due distribuzioni nelle classi sono molto simili. Infatti sia la sovrapposizione sia la sovrapposizione collettiva sono presenti soprattutto nelle classi di terza (rispettivamente 43.30% e 47.99%), seguite dalla quarta (39.49% e 29.53%) ed infine nelle classi di seconda (17.21% le sovrapposizioni e 22.48% le sovrapposizioni collettive).

Riportiamo ora i risultati di un particolare tipo di sovrapposizione: la partenza simultanea che si verifica quando due parlanti prendono contemporaneamente la parola e si sovrappongono. In alcuni casi uno dei due parlanti cede il turno, mentre in altri entrambi terminano il proprio turno parlando simultaneamente. Nel riportare la tabella ricordiamo che i codici della categoria si riferiscono ai parlanti che assumono il turno contemporaneamente. Così per esempio AST indica la partenza simultanea del parlante A (“altri”) e del parlante T (“insegnante”). L’ordine con cui si presentano le lettere nei codici è lo stesso con cui si presentano nei trascritti codificati. Quindi, per esempio, il codice BST è stato inserito quando nel trascritto si presentava una partenza simultanea in cui nell’ordine si presentava prima il bambino e poi l’insegnante.

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ClassePartenza Simultanea

II III IV Totale%

Altro-Bambino(ASB)

--

2100%

--

2100%

Bambino-Insegnante(BST)

86.25%

7155.47%

4938.28%

128100%

Bambino-Bambino(BSB)

3615.93%

12957.08%

6126.99%

226100%

Bambino-Classe(BSC)

342.86%

228.57%

228.57%

7100%

Classe-Bambino(CSB)

333.33%

333.33%

333.34%

9100%

Classe-Insegnante(CST)

--

654.55%

545.45%

11100%

Insegnante-Bambino(TSB)

109.80%

4545.92%

4343.88%

98100%

Insegnante-Classe(TSC)

1100%

--

--

1100%

Tab. 6.12 Frequenze e percentuali delle partenze simultanee nelle diverse classi.

Nell’analizzare la tabella 6.12, possiamo subito osservare la bassa frequenza con cui si presenta la partenza simultanea in cui è presente il partecipante “altro”, questo risultato era piuttosto prevedibile guardando il numero di turni prodotti da questo ruolo (cfr. tab. 6.1). In realtà anche la partenza simultanea tra insegnante e l’intera classe (TSC) si presenta molto poco (in un solo caso), mentre è molto più frequente la situazione di assunzione di turno contemporanea tra l’insegnante e un singolo bambino (TSB), soprattutto nelle classi di terza e di quarta (rispettivamente 45.92% e 43.88%).

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Anche la situazione contraria (BST) è molto frequente soprattutto in terza (55,47%), ma la più frequente in tutte le classi è la partenza simultanea tra due singoli bambini (BSB). Questo risultato è probabilmente spiegato dal fatto che l’insegnante spesso si rivolge alla classe in generale senza selezionare uno specifico partecipante e così due bambini assumono il turno contemporaneamente.

Passiamo ora ad analizzare tra le transizioni “non morbide”, i fenomeni delle interruzioni: semplice e silenziosa (tab. 6.13); supportava (tab. 6.14) e fallita (tab. 6.15).3

ClasseTransizione

II III IV Totale%

Inter. Semplice(ISE)

9320.08%

20544.28%

16535.64%

463100%

Inter. Silenziosa(ISI)

30431.02%

34735.41%

32933.57%

980100%

Tab. 6.13 Frequenze e percentuali di interruzioni semplici e silenziose

nelle diverse classi.

Le interruzioni semplici e silenziose, che differiscono solo per la presenza o l’assenza di parlato simultaneo, sono fenomeni molto presenti nell’interazione quotidiana, come abbiamo visto in letteratura. Anche nel contesto scolastico, questi fenomeni sembrano avere una certa rilevanza, soprattutto per le interruzioni silenziose che presentano un’assoluta omogeneità nelle tre classi (31.02% in seconda, 35.41% in terza e 33.57% in quarta). Le interruzioni semplici,

3 Per le specifiche definizioni e gli approfondimenti teorici si rimanda al cap.2.

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invece sono più presenti nelle classi di terza (44.28%), seguite dalle quarte (35.64%) ed infine dalle seconde (20.08%).

ClasseInterr. Supportiva

II III IV Totale%

Classe(C)

20.36%

30.54%

40.71%

91.61%

Bambino(B)

254.48%

7513.44%

7012.55%

17030.47%

Insegnante(T)

9116.31%

12622.58%

16028.67%

37767.56%

Altri(A)

--

20.36%

--

20.36%

Totale%

11821.15%

20636.92%

23441.93%

558100%

Tab. 6.14 Frequenze e percentuali di interruzioni supportive nelle diverse classi.

Il risultato più evidente che emerge analizzando la tabella è l’alta frequenza di interruzioni supportive compiute dall’insegnante rispetto a quelle degli altri partecipanti considerati (67.56% dell’insegnante, rispetto al 30.47% dei bambini e all’1.61% della classe). Questo risultato si verifica in tutte le classi ed è dovuto, probabilmente, al ruolo che l’insegnante riveste nel condurre l’interazione in classe. Le classi di quarta hanno la frequenza più alta di interruzioni supportive (41.93%), seguite dalle terze con una leggera differenza (36.92%) ed infine le seconde (21.15%).

ClasseInterr.Fallita

II III IV Totale%

Bambino(B)

15228.95%

15028.57%

17633.53%

47891.05%

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Insegnante(T)

61.14%

112.10%

305.71%

478.95%

Totale%

15830.09%

16130.67%

20639.24%

525100%

Tab. 6.15 Frequenze e percentuali di interruzioni fallite nelle diverse classi.

Esattamente l’opposto del fenomeno precedente (l’alta frequenza delle interruzioni supportive da parte dell’insegnante, tab. 6.14), ma probabilmente per lo stessa ragione, avviene per le interruzioni fallite, in cui un partecipante all’interazione prova ad assumere il turno ma non ci riesce. Come è possibile osservare in tabella 6.15, infatti, un’altissima frequenza di interruzioni fallite vengono compiute dal bambino (91.05%). Questo si verifica in tutte le classi e, in tutte le classi, avviene con una notevole differenza tra le interruzioni del bambino e quelle dell’insegnante. Il fenomeno si presenta soprattutto in quarta (39.24%) mentre nelle classi di terza e di seconda ha una frequenza molto simile, rispettivamente 30.67% e 30.09%.

Riassumendo, possiamo concludere che le transizioni “non morbide” che avvengono nell’interazione a scuola si presentano frequentemente e in modo simile in tutte le classi. Un ulteriore risultato è che, anche nell’alternanza dei turni, si rileva l’asimmetria dei ruoli già osservata nella letteratura del presente lavoro, soprattutto in relazione alle interruzioni.

6.4 Le pause interne al turno

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Il ritmo conversazionale che caratterizza i turni di insegnanti e alunni, come abbiamo visto in letteratura, dipende anche dal numero e dalla durate delle pause che essi fanno. Iniziamo, quindi, a osservare le pause degli interlocutori nelle diverse classi. In tabella 6.17 sono riportate le frequenze delle durate delle pause compiute dai bambini all’interno dei loro turni nelle diverse classi.

Una prima osservazione è l’altissima frequenza delle pause dei bambini nelle classi di IV (65.22%). I bambini delle classi di II e di III, invece, compiono all’interno dei loro turni, molte meno pause, anche se tra loro c’è poca differenza. Osservando invece le durate possiamo notare che, come era prevedibile, le pause interne al turno sono soprattutto di 0.5 secondi (41.09%) e inferiori a mezzo secondo (31.77%). Aumentando la durata diminuisce la frequenza con cui si presentano le pause anche se, in tutte le osservazioni, c’è una sola pausa di 3.5 secondi, mentre le pause uguali o maggiori di 4.0 secondi sono più presenti. In realtà, ciò è sicuramente dovuto all’accorpamento di questo tipo di pause.

Inoltre possiamo osservare le pause maggiormente presenti, cioè quelle di 0.5 secondi compiute dai bambini nelle classi di IV (34.07%). Questa frequenza rende la distribuzione della classe di IV diversa dalle distribuzioni delle altre classe, dove infatti le classi di II e di III il maggior numero di pause hanno una durata inferiore a 0.5 secondi.

ClasseDurata

(P.interne al turno del bambino)

II III IV Totale

%

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(.) 1155.08%

28912.75%

31613.94%

72031.77%

(0.5) 893.93%

703.09%

77234.07%

93141.09%

(1.0) 542.38%

652.87%

25211.12%

37116.37%

(1.5) 220.97%

170.75%

934.11%

1325.83%

(2.0) 130.57%

150.66%

220.97%

502.21%

(2.5) 60.26%

30.13%

90.40%

180.79%

(3.0) 20.09%

110.49%

80.35%

210.93%

(3.5) --

--

10.04%

10.04%

≥ (4.0) 40.18%

130.57%

50.22%

220.97%

Totale%

30513.46%

48321.32%

147865.22%

2266100%

Tab. 6.16 Frequenze e percentuali di durate delle pause interne

ai turni dei bambini.

Osserviamo ora le frequenze delle pause interne ai turni delle insegnanti (tab. 6.17). Il primo interessante risultato è che circa la metà delle pause sono nei turni delle insegnanti di IV, anche se una percentuale rilevante è presente anche nelle classi di II (rispettivamente 52.44% e 29.09%). Per quanto riguarda la durata, possiamo notare che le frequenze più alte sono per le pause di 0.5 secondi e inferiori, anche se le pause di 1.0 secondo hanno un certo peso (35.83% per le pause inferiori a 0.5 secondi; 33.68% per le pause di 0.5 secondi e 17.56% per

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le pause di 1.0 secondo). Si può inoltre osservare che le pause di 3.5 secondi sono presenti solo in II con lo 0.37%.

ClasseDurata

(P. interne al turno dell’insegnante)

II III IV Totale

%

(.) 2128.76%

28011.57%

37515.50%

86735.83%

(0.5) 2038.39%

813.35%

53121.94%

81533.68%

(1.0) 1174.83%

572.36%

25110.37%

42517.56%

(1.5) 913.76%

90.37%

702.89%

1707.02%

(2.0) 371.53%

160.66%

311.28%

843.47%

(2.5) 180.74%

10.04%

50.21%

240.99%

(3.0) 90.37%

20.08%

50.21%

160.66%

(3.5) 90.37%

--

--

90.37%

≥ (4.0) 80.33%

10.04%

10.04%

100.41%

Totale%

70429.09%

44718.47%

126952.44%

2420100%

Tab. 6.17 Frequenze e percentuali di durate delle pause interne ai

turni dell’insegnante.

Confrontando le pause interne ai turni di insegnanti e bambini (tab. 6.16 e tab.6.17), possiamo osservare che le distribuzioni sia delle classi sia delle durate sono simili.

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Dall’analisi delle frequenze e delle percentuali sembra non ci siano sostanziali differenze tra i due interlocutori. Infatti anche il numero delle pause, pur essendo leggermente superiore per le insegnanti (2420 per le insegnanti e 2266 per i bambini), conduce allo stesso risultato.

6.5 Discussione

L’interazione in classe, come abbiamo visto analizzando la letteratura in proposito, si presenta con particolari caratteristiche ed è gestita spesso dall’insegnante. Infatti, osservando la tabella relativa alla distribuzione dei turni (tab. 6.1), abbiamo evidenziato che, su circa 15500 turni, quasi la metà sono prodotti dall’insegnante. È interessante, quindi, notare il ruolo che assume nell’interazione, perché, nonostante sia da sola in classe rispetto ai bambini che, come abbiamo visto (cap.4) sono da un minimo di 9 (nella seconda registrazione di una classe III di Roma) fino ad un massimo di 23 (nelle registrazioni della classe III di Lanciano), è sempre l’interlocutore più attivo.

Relativamente alle assunzioni di turno, riassumiamo in tabella 6.18 le transizioni che avvengono nelle 23 registrazioni analizzate per uno sguardo generale di come si alternano i turni nell’interazione in classe.

ClasseTransizione

II III IV Totale%

Sincronia(LAT)

201412.97%

322920.79%

272917.57%

797251.33%

Pausa tra i turni

2601.67%

4182.69%

4893.15%

11677.51%

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(BW)Pause x selezione(P+N+R)

3432.21%

5253.38%

5273.39%

13958.98%

Sovrapposizioni(SCO+SOV)

3522.27%

8605.54%

7424.77%

195412.58%

Partenza simultanea

610.39%

2581.66%

1631.06%

4823.11%

Interruzioni(ISE+ISI+IU+IF)

6734.33%

9195.92%

9346.01%

252616.26%

Errore Tecnico(ETC)

40.03%

220.14%

90.06%

350.23%

Totale%

370723.87%

623140.12%

559336.01%

15531100%

Tab. 6.18 Frequenze e percentuali delle transizioni di turno nelle diverse classi.

Un primo interessante risultato da osservare è che oltre il 51% delle transizioni di turno avviene tramite la perfetta sincronizzazione tra parlanti. Questo risultato, che si verifica tra l’altro in tutte le classi, è in linea con il principio “no gaps/no overlap” (niente pause/niente sovrapposizioni) proposto dagli analisti della conversazione per le interazioni che avvengono in contesti quotidiani non formali. I partecipanti all’interazione in classe, dunque, sembrano proprio percepire il punto di rilevanza transizionale complesso e sembrano riuscire ad assumere il turno senza sovrapporsi, interrompere o fare delle pause. Possiamo inoltre osservare che anche i fenomeni delle interruzioni e delle sovrapposizioni, nelle loro diverse manifestazioni, sono piuttosto presenti in tutte le classi (16.26% di interruzioni e 12.58% di sovrapposizioni sul totale delle transizioni). La presenza di tali percentuali di interruzioni e sovrapposizioni può essere anche dovuta al tipo di metodologia

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proposta alle insegnanti, cioè di invito alla discussione. Possiamo inoltre rilevare che, pur avendo una frequenza relativamente inferiore nelle classi di seconda, la distribuzione nelle diverse classi è piuttosto omogenea. In riferimento alle transizioni di turno morbide che avvengono tramite le pause, sia quelle tra i turni sia quelle per selezione, possiamo osservare che si presentano con una bassa percentuale sul totale delle transizioni (rispettivamente 7.51% e 8.98%) e questo si verifica in tutte le classi. In generale, possiamo affermare che in nessun fenomeno relativo all’alternanza dei turni, sono presenti particolari differenze legate alle classi. Quindi, insegnanti e bambini del II°, III° e IV° anno assumono il turno nelle interazioni in modo analogo, senza contraddistinguersi in nessuna tipologia di transizione.

È possibile concludere che l’interazione che avviene nel particolare contesto della scuola presenta sia caratteristiche peculiari di questo particolare ambito, sia elementi che si ritrovano nei contesti di interazione informale. Le caratteristiche peculiari presentate dall’assunzione di turno nell’interazione si riflettono soprattutto nei ruoli e nell’asimmetria che essi assumono in tale contesto in relazione per esempio al fenomeno delle interruzioni. Il principale elemento in comune tra il contesto scolastico e i contesti informali, invece, è la consistente presenza di sincronizzazioni tra i turni dei parlanti. A proposito delle pause interne al turno, invece, non risultano differenze tra insegnanti e alunni, in questo caso quindi non sembra avere rilevanza l’asimmetria dei ruoli. Le fasi che, secondo i pausologi, caratterizzano i turni (esitante e fluente) non sembrano differenziarsi tra gli interlocutori del contesto scolastico.

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CAPITOLO 7

I RISULTATI DELL’ANALISI LOG-LINEARE

Dopo aver analizzato il ritmo conversazionale attraverso l’analisi della conversazione, e dopo averlo osservato in modo generale attraverso l’analisi descrittiva, passiamo ora alla verifica di ipotesi più specifiche attraverso l’applicazione dell’analisi log-lineare sequenziale4, cioè “… una tecnica multivariata di analisi di variabili categoriali” (Gnisci, Bakeman, 2000). I modelli Log-Lineari sono applicati a dati che possiedono una informazione temporale o a dati ad intervalli non temporali. L’origine di tale tipo di analisi è legata alle teorie matematiche della comunicazione (Gottman, 1979) e il principio teorico fondamentale si cui si basa è: “il comportamento di un individuo ha un valore comunicativo in un senso sociale se riduce l’incertezza nel comportamento di un altro organismo” (Gottman, 1979, p.31). Questo significa che, se A mette in atto un comportamento di tipo X e B un comportamento di tipo Y, esiste un’associazione tra il comportamento X di A e quello Y di B solo se l’occorrenza di X senza Y è minore di quella di X con Y. La logica, quindi, su cui si basa questo tipo di analisi, da un punto di vista procedurale si traduce nella misura del grado di associazione sequenziale (e non) tra variabili e tra livelli di variabili diverse in termini di significatività statistica.

Nel riportare i risultati viene mostrato un quadro descrittivo delle frequenze e delle relative percentuali con cui si

4 I modelli Log-lineari sono tecniche statistiche altamente raccomandate per variabili categoriali. L’approccio dei Log-lineari produce dei risultati che possono essere espressi in termini di effetti principali e di effetti interattivi, proprio come l’analisi della varianza (Bakeman, Robinson, 1994).

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presenta lo specifico fenomeno considerato. In seguito vengono presentati i risultati, con le tabelle relative al modello che si adatta meglio all’ipotesi, e una discussione degli stessi.

7.1 Le sovrapposizioniUn primo obiettivo delle nostre analisi era individuare se

esistono differenze nelle sovrapposizioni tra i ruoli dell’interazione in classe.

Analizziamo le sovrapposizioni dal punto di vista di chi sovrappone o di chi assume il turno dopo la sovrapposizione collettiva. Osserviamo prima le frequenze e le probabilità di questi eventi.

Ruolo seguente

Transizione

Insegnante

Bambino

Classe Altro Totale%

Sovrapposizione(SOV)

45423.25%

116159.45%

351.79%

60.30%

165684.79%

Sovrapp. Collett.(SCO)

19610.03%

985.01%

10.05%

20.12%

29715.21%

Totale%

65033.28%

125964.46%

361.84%

80.42%

1953100%

Tab. 7.1 Frequenze e percentuali dei ruoli dopo le sovrapposizioni

Osservando la tabella sopra riportata, possiamo notare l’altissima percentuale dell’insegnante e dei singoli bambini (rispettivamente 33.28% e 64.46%).

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Fig. 7.1 L’assunzione del turno di insegnante e bambino nelle

sovrapposizioni (SOV)e sovrapposizioni collettive (SCO)

Riportiamo in figura 7.1 le percentuali di assunzioni di turni nelle sovrapposizioni di insegnante e bambino. Date le bassissime frequenze, i ruoli “classe” (C) e “altri” (A) non verranno considerati per la successiva analisi. Il disegno quindi risulta essere 2x2 (Sovrapposizioni x Ruoli), cioè (SxR).

Modello Q² Q² G² gdl Termine

G² gdl

> [SR] 1.00 0.0 0.0 0 -----[S][R] 0.89 0.11 155.8

*1 [SR] 155.8

*1

Tab. 7.2 Analisi log-lineare per sovrapposizioni con ruolo seguente (SxR); N=1909;

* p<.001; in neretto è evidenziato il modello che si adatta meglio ai dati.

Il modello che si adatta meglio ai dati è [SR] (G² (1)=155.8, p<.001). Esiste quindi un effetto interattivo tra sovrapposizioni e ruoli. Possiamo osservare, infatti nella tabella 7.3, un interessante risultato. Mentre è il bambino che

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sovrappone un altro bambino o l’insegnante, dopo le sovrapposizioni collettive è l’insegnante che assume il turno (G² (1)=155.8, p<.001, s>2). Questo risultato è visibile in figura 7.1.

Ruolo seguenteTransizione

Insegnante

Bambino

Sovrapposizione -12.83 +12.83

Sovrap. Collettiva

+12.83 -12.83

Tab. 7.3 Valori residui standard, G²=155.8; X²=164.6

Possiamo concludere che la proposta fatta agli insegnanti di stimolare la discussione in classe, può aver incentivato la partecipazione degli alunni all’interazione, aumentando gli interventi e di conseguenza le sovrapposizioni da parte dei bambini. Il confronto animato tra gli alunni può risultare, in alcuni casi, un momento di confusione secondo l’insegnante che rischia di perdere il controllo della gestione dell’interazione. Per evitare che ciò accada, interviene e torna a condurre e coordinare la conversazione.

7.2 Le interruzioniLe interruzioni sono indice di potere (Okamoto, Rashotte,

Smith-Lovin, 2002). Analizzando la letteratura abbiamo visto che l’insegnante ha più potere perché regola l’attività, i turni, ecc. Ci aspettiamo quindi una maggiore presenza di interruzioni semplici, silenziose e supportive da parte dell’insegnante rispetto ai singoli bambini. Ci aspettiamo inoltre una maggiore

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presenza di interruzioni fallite da parte dei bambini rispetto all’insegnante.

Ruolo Interruzioni

Insegnante

Bambino

Classe Altro Totale%

Semplice(ISE)

1877.40%

27310.82%

30.11%

--

46318.33%

Silenziosa(ISI)

52220.66%

44517.62%

80.32%

50.20%

98038.80%

Supportiva(IU)

37714.92%

1706.73%

90.36%

20.08%

55822.09%

Fallite(IF)

471.87%

47818.91%

--

--

52520.78%

Totale%

113344.85%

136654.08%

200.79%

70.28%

2526100%

Tab. 7.4 Frequenze e percentuali delle interruzioni per i diversi ruoli.

La distribuzione delle frequenze delle interruzioni è piuttosto omogenea, come possiamo osservare dalla tabella 7.4. Di contro è possibile subito notare le bassissime frequenze delle interruzioni da parte dei ruoli “classe” e “altri” (rispettivamente 0.79% e 0,28%). Così, per la successiva analisi, questi ruoli interattivi non vengono presi in considerazione. Il disegno di ricerca risulta essere 4x2 (Interruzioni x Ruoli), cioè (IxR).

Individuiamo ora il modello che meglio si adatta ai dati (tab. 7.5).

Modello Q² Q² G² gdl Termine

G² gdl

> [IR] 1.00 0.0 0.0 0 -----[I][R] 0.34 0.66 492.2

*3 [IR] 492.2* 3

Tab. 7.5 Analisi log-lineare per interruzioni e ruoli (IxR); N=2499; * p<.001; in neretto è evidenziato il modello che si adatta meglio ai dati.

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Analizzando la tabella, osserviamo che il modello che si adatta meglio ai dati è il modello saturo [IR] (G² (1)=155.8, p<.001). Infatti, come indicato dal valore di Q², l’effetto [IR] spiega il 66% della variabilità totale. Scegliendo questo modello, troviamo che esiste un effetto interattivo tra le interruzioni e i ruoli. Per meglio individuare quali pattern associativi risultano significativi, andiamo quindi ad analizzare la tabella dei residui corretti, riportata di seguito.

Ruolo

Interruzione

Insegnante

Bambino

Semplice -2.24 +2.24Silenziosa +6.90 -6.90Supportiva +12.54 -12.54

Fallita -18.84 +18.84

Tab. 7.6 Valori residui standard, G²=155.8; X²=164.6

La tabella mostra associazioni positive significative con tutti i diversi tipi di interruzioni, alcune con l’insegnante e altre con il bambino. In particolare, ci sono pattern altamente significativi tra le interruzione fallite e il bambino (18.84, s>2) e tra le interruzioni supportive e l’insegnante (12.54, s>2). Risultano, comunque, significative anche le associazioni tra le interruzioni semplici e il bambino (2.24, s>2) e tra le interruzioni silenziose e l’insegnante (6.90, s>2).

Riprendendo le ipotesi avanzate precedentemente, possiamo dire che sono verificate quelle relative alle interruzioni silenziose, supportive e fallite, mentre risulta un fenomeno inatteso quello dei bambini che compiono più

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interruzioni semplici. L’insegnante, quindi, interrompe sia per supportare il turno del bambino sia per ottenere il turno, ma in questo caso prende la parola senza sovrapporsi al bambino. Il bambino, invece, fallisce nel tentativo di assumere il turno, ma quando ci riesce, ottiene il turno sovrapponendosi al suo interlocutore.

7.3 Il tempo di latenzaRiprendendo l’interessante lavoro della Rowe (1974), un

importante obiettivo del nostro studio era vedere se dopo aver selezionato il parlante successivo, l’insegnante riprende il turno in breve tempo, lasciando brevi pause. L’ipotesi è quindi che all’aumentare della pausa di presa di turno (latenza) del bambino interviene sempre l’insegnante per la poca tolleranza al silenzio.

In Appendice 4 è possibile osservare le tabelle con le frequenze e le relative percentuali. Notiamo che il ruolo “classe” non ha nessuna frequenza per nessuna durata, mentre il ruolo “altri” seleziona l’insegnante, la quale fa una pausa di 2.0 secondi e poi non risponde. Entrambi i ruoli, oltre a non essere utili alla specifica ipotesi, non hanno neppure frequenze tali da essere considerate per le analisi successive. Il disegno sperimentate per questa ipotesi è, quindi, 9x2x2 (tempo x ruolo precedente x ruolo seguente, cioè TxPxS).

Modello Q² Q² G² gdl Termine

G² gdl

[TPS] 1.00 0.0 0 -----[SP][ST]

[PT]0.77 0.23 13.4 7 [SPT] 13.4 7

> [SP][ST]

0.65 0.13 21.1 16 [PT] 7.6 9[ST][T] 0.39 0.25 36.3* 17 [SP] 15.2**

*1

[S][P][T] 0.00 0.39 59.6***

25 [ST] 23.3** 8

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Tab. 7.7 Analisi log-lineare per pause per selezione senza risposta e ruoli (TxPxS); N=470; * p<.05; ** p<.01; *** p<.001; in neretto è evidenziato il modello che si adatta meglio ai dati.

Osservando la tabella 7.7, possiamo notare che il modello che offre il migliore adattamento, non è il modello saturo e neppure il modello di associazione omogenea, ma bensì un modello di indipendenza condizionale, cioè il modello [SP][ST].

Possiamo rappresentare tale modello in questo modo:

Fig. 7.2 Rappresentazione del modello di pause per selezione senza risposta, durata e ruoli.

Non esiste, quindi, un effetto interazione di terzo ordine tra le variabili, ma ci sono due effetti di secondo ordine: il parlante che segue una pausa per selezione senza risposta è associato alla durata della pausa stessa ed è associato anche al parlante che precede la pausa.

Per meglio interpretare questi risultati, osserviamo i valori dei residui corretti per entrambi gli effetti. Iniziamo con l’effetto [ST], il ruolo seguente è associato alla durata della pausa senza risposta.

Ruolo Durata

Insegnante

Bambino

(.) -2.24 +2.24(0.5) -1.32 +1.32(1.0) -2.01 +2.01(1.5) +1.38 -1.38(2.0) +0.78 -0.78

Tempo

Ruolo Precedente Ruolo Seguente

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(2.5) +0.97 -0.97(3.0) +0.38 -0.38(3.5) -2.15 +2.15

≥(4.0) +2.76 -2.76 Tab. 7.8 Residui standard effetto [ST],

G²=23.3; X²=23.6

Dalla tabella 7.8 possiamo osservare la presa di turno da parte dell’insegnante avviene solo dopo una pausa molto lunga (2.76, s>2), mentre il bambino assume il turno anche dopo pause brevissime (2.24, s>2), brevi (2.01, s>2) o piuttosto lunghe (2.15, s>2).

L’effetto [SP] si riferisce all’associazione tra il ruolo che segue la pausa per selezione senza risposta e il ruolo che la precede, e quindi colui che seleziona il parlante successivo. Osserviamo la tabella:

SeguentePrecedente

Insegnante

Bambino

Insegnante +4.38 -4.38Bambino -4.38 +4.38

Tab.7.9 Residui effetto [SP], G²=15.2; X²=19.2

Come si può notare, la tabella 7.9 è una tabella 2x2, è quindi possibile individuare la forza di associazione tra le due variabili con il valore del Q di Yule, che risulta Q=0.65. Il Q di Yule conferma l’associazione, abbastanza consistente (.65), tra insegnante come ruolo precedente e ruolo seguente, e l’associazione tra bambino come ruolo precedente e ruolo seguente. Possiamo pertanto concludere che, indipendentemente dalla durata, il ruolo che seleziona il parlante successivo riprende il turno se non riceve risposta,

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così se l’insegnante seleziona il bambino A e questo non risponde, il turno non viene assunto dal bambino B, ma ancora una volta dall’insegnante. Nello stesso modo, se il bambino A seleziona il bambino B e il bambino B non risponde, il turno viene ripreso dal bambino A e non dall’insegnante.

7.4 Il ritmo all’interno del turnoLe pause che i parlanti fanno all’interno del proprio turno

svolgono, come abbiamo visto in letteratura, diverse funzioni, tra cui quella di programmazione dell’espressione verbale. Nelle interazioni in classe, e soprattutto in quelle da noi osservate, gli interlocutori svolgono ruoli molto diversi. Mentre l’insegnante, infatti, conduce l’attività e fa da mediatore alla discussione, i bambini sono partecipanti attivi della discussione stessa e la animano proponendo e sostenendo le proprie alternative. Possiamo quindi ipotizzare una durata diversa delle pause interne al turno per le insegnanti rispetto ai bambini, dovuta proprio alla funzione che esse svolgono all’interno del turno.

Prima di verificare in modo inferenziale questa ipotesi, osserviamo come si distribuiscono le frequenze delle durate delle pause nei turni delle insegnanti e nei turni dei bambini (tab. 7.10).

Ruolo Durata

(pause interne al turno)

Insegnante

Bambino

Totale

%

(.)867

18.50%720

15.37%158733.87%

(0.5)815

17.39%931

19.87%174637.26%

(1.0)425

9.07%371

7.92%79616.99%

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(1.5)170

3.63%132

2.81%302

6.44%

(2.0)84

1.79%50

1.07%134

2.86%

(2.5)24

0.51%18

0.39%42

0.90%

(3.0)16

0.34%21

0.45%37

0.79%

(3.5)9

0.19%1

0.02%10

0.21%

≥(4.0)10

0.22%22

0.46%32

0.68%Totale

%2420

51.64%2266

48.36%4686

100%Tab. 7.10 Frequenze e percentuali delle durate delle

pause interne ai turni di insegnanti e bambini.

Analizzando la tabella 7.10, è possibile fare due osservazioni in particolare. La prima è relativa al numero di pause compiute dai parlanti, e possiamo notare che fanno più pause le insegnanti (51.64%) dei bambini (48.36%). La seconda interessante osservazione è relativa alle durate di queste pause. Oltre il 70% (71.13%) di tutte le pause interne ai turni hanno una durata uguale o inferiore a 0.5 secondi. Infatti le pause più brevi di 0.5 secondi sono il 33.87% e le pause di 0.5 secondi sono il 37.26%. Anche le pause di durata 1.0 secondo hanno comunque una frequenza abbastanza rilevante, il 16.99%.

Passiamo ora a verificare la nostra ipotesi. Risulta: X²=45.8 (GdL=8, p<.001) è statisticamente significativo, quindi insegnanti e bambini compiono pause interne al turno di durate diverse. Analizziamo ora i residui per individuare quali categorie contribuiscono maggiormente a rendere significativo il test statistico (tab. 7.11).

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Ruolo Durata

Insegnante

Bambino

(.) +2.93 -2.93(0.5) -5.24 +5.24(1.0) +1.08 -1.08(1.5) +1.67 -1.67(2.0) +2.60 -2.60(2.5) +0.72 -0.72(3.0) -1.03 +1.03(3.5) +2.43 -2.43≥(4.0) -2.32 +2.32Tab. 7.11 Residui relativi alle pause interne al

turno di bambini e insegnanti.

Osservando la tabella 7.11, otteniamo i seguenti risultati: i bambini compiono pause maggiori uguali a 4 secondi (z=2.32), quindi le più lunghe e pause di 0.5 secondi (z=5.24). Le insegnanti invece compiono le pause più brevi, cioè quelle inferiori a 0.5 secondi (z=2.93), pause di 2.0 secondi (z=2.60) e pause di 3.5 secondi (z=2.43). Possiamo quindi concludere che entrambi i parlanti oltre a compiere quelle pause minime di intervalli tra parole, hanno anche pause di altre durate che li differenziano. Infatti, mentre le insegnanti fanno pause di durata media, i bambini o compiono pause abbastanza brevi (0.5 secondi) oppure lunghissime (≥4.0 secondi).

7.5 DiscussioneIl ritmo conversazionale è deciso dai partecipanti

all’interazione perché sono loro che lo modificano attivamente. Per questo motivo, abbiamo voluto verificare ipotesi specifiche

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relativamente alla gestione del ritmo conversazionale da parte dei due interlocutori dell’interazione in classe: insegnanti e bambini.

Gli studi compiuti precendemente in questo ambito hanno più volte mostrato come sia l’insegnante a gestire l’interazione, ad attribuire i turni e a regolare l’andamento. I nostri risultati confermano in gran parte queste aspettative. Infatti, è l’insegnante che dopo un momento di sovrapposizioni contemporanee assume il turno, oppure interrompe silenziosamente gli interventi dei bambini, o ancora li supporta, mantenendo quindi il ruolo di “amministratore” dell’interazione. A conferma di questo ci sono anche le assunzioni del turno fallite che vengono più spesso compiute dai bambini. Inaspettatamente, però, i bambini sovrappongono il parlante che lo precede, oppure ottengono il cambio di turno, inserendosi nel turno precedente con una sovrapposizione.

Altri interessanti risultati riguardano la gestione del ritmo attraverso le pause, sia di quelle che non ricevono risposta, sia di quelle compiute all’interno dei turni. A proposito di chi assume il turno all’aumentare di una pausa per selezione, abbiamo trovato che se le pause sono inferiori a 0.5 secondi, uguali a 1.0 secondo o a 3.5 secondi, sono i bambini ad assumere il turno, invece dopo pause molto lunghe (superiori o uguali a 4.0 secondi) assume il turno l’insegnante. Confermando l’idea che indipendentemente da chi seleziona, aumentando la durata della pausa per selezione il turno l’insegnante assume il turno. Inoltre risulta un’associazione tra il parlante che seleziona e il parlante che assume il turno dopo una pausa. Se è l’insegnante che seleziona, è l’insegnante stessa che assume il turno, allo stesso modo, se è un bambino che seleziona, è un bambino che prende il turno. Infine abbiamo

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analizzato le pause che i parlanti compiono all’interno del proprio turno. Abbiamo osservato che sia i bambini che l’insegnante hanno nei loro turni pause piuttosto brevi, in particolare i bambini di 0.5 secondi, mentre l’insegnante ha pause più brevi. I parlanti dell’interazione in classe compiono anche pause più lunghe, e in particolare l’insegnante ha pause di 2.0 e 3.5 secondi, mentre le pause molto lunghe (superiori o uguali a 4.0 secondi) avvengono nei turni dei bambini. Questo risultato può essere dovuto al fatto che le osservazioni sono state compiute durante una particolare attività, in cui dovevano essere proprio i bambini i maggiori protagonisti dell’interazione perché dovevano prima inventare e proporre delle alternative sulla storia letta dall’insegnante e poi discuterne. Questo può aver contribuito ad aumentare le fasi esitanti dei turni dei bambini rispetto a quelli dell’insegnante.

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DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

I tempi e i modi in cui gli interagenti prendono e gestiscono il turno sono particolarmente rilevanti nello studio dell’interazione, perché permettono di analizzare il coinvolgimento e il ruolo che essi assumono nella conversazione. Le regole che guidano i cambi di turno, infatti, sono state un importante oggetto di interesse sia per gli studiosi dell’interazione stessa sia per coloro che si sono focalizzati su cosa la conversazione rivela dei rapporti interpersonali.

Il ritmo conversazionale, come abbiamo visto in letteratura, è definito sia dalle modalità di assunzione del turno sia dalle pause interne al turno.

Tra i modelli dei meccanismi di cambio di turno nell’interazione, quello proposto dall’analisi della conversazione è sicuramente il più puntuale e rigoroso. Il modello di produzione sequenziale, proposto da Sacks, Schegloff e Jefferson (1974), è governato da un sistema a gestione locale che prevede la presenza di punti, all’interno dell’enunciazione, in cui è possibile il cambiamento del parlante. Questi punti, definiti di rilevanza transizionale, delimitano le unità costitutive del turno e vengono facilmente riconosciuti dall’ascoltatore, che una volta identificato il punto può prendere il turno sincronizzandosi con il parlante. Negli studi successivi, si è osservato che nell’individuazione dei punti di rilevanza transizionale occorrono non solo gli aspetti sintattici del linguaggio, ma anche quelli pragmatici e prosodici, per questo è stato recentemente introdotto il concetto di punto di rilevanza transizionale complesso (Ford & Thompson, 1996).

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All’interno di un turno, invece, è possibile osservare momenti di parlato fluente e momenti silenti. Quindi, secondo alcuni studiosi, in particolare i pausologi (Goldman-Eisler, 1958; 1961), i turni sono caratterizzati da un andamento ritmico in cui si alternano ciclicamente parole e pause, che svolgono una funzione di programmazione dell’espressione verbale.

Nell’interazione in classe, le considerazioni esposte fino ad ora assumono un ruolo del tutto particolare, non solo per la presenza di ruoli interattivi asimmetrici ma anche per il valore che l’interazione stessa ha in questo contesto. È, infatti, il principale mezzo di comunicazione, e attraverso l’interazione è possibile favorire i processi di apprendimento (Pontecorvo, Ajello & Zucchermaglio, 1991; Pontecorvo, 1993; 1999; Carugati, 1998; Fasulo & Pontecorvo, 1999). Ed è probabilmente proprio questo il motivo per cui l’analisi dell’interazione in classe ha sempre ricevuto molta attenzione da parte di teorici e ricercatori. Ciononostante esistono pochi studi sulla gestione dell’interazione in classe e sul ritmo conversazionale.

Partendo da questi presupposti e dall’analisi della letteratura, l’obiettivo generale di questo lavoro era analizzare il ritmo e la gestione dell’interazione nel contesto scolastico, tenendo conto sia degli elementi che caratterizzano la conversazione sia del particolare ambito in cui tali interazioni avvengono.

Le interazioni analizzate sono state raccolte attraverso videoregistrazioni in classi di seconda, terza e quarta di scuole elementari statali situate in varie località italiane. Le 12 classi contattate (4 per ogni anno) sono state riprese con due telecamere, previa autorizzazione, in tre momenti: il primo di

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familiarizzazione con l’osservatore e le telecamere, il secondo di lettura di un brano con interruzioni concordate per far intervenire i bambini sul possibile proseguimento della storia e il terzo momento di discussione sulle diverse alternative proposte e la reale conclusione. La prima videoregistrazione di ogni classe non è stata presa in considerazione, mentre tutte le altre sono state integralmente trascritte secondo le norme dell’analisi della conversazione, metodo jeffersoniano (cfr. Fasulo, Pontecorvo, 1999). Una classe di seconda ha dato la disponibilità solo per i primi due momenti di osservazione, quindi il corpus di dati è costituito da 23 registrazioni, per un totale di circa 15 ore di interazione.

Un primo livello di analisi è di tipo qualitativo e ha permesso di interpretare le pause e il ritmo conversazionale dal punto di vista degli interlocutori. Gli obiettivi erano principalmente due: osservare se lunghi tempi di latenza hanno sempre un effetto positivo, come mostrano i risultati di altri studi (Rowe, 1974), e individuare se esistono particolari modalità di assunzione del turno tipiche dell’interazione che avviene in classe. In relazione al primo obiettivo, i risultati mostrano che non sempre lunghi tempi di attesa da parte dell’insegnante hanno come effetto una risposta pertinente e di co-costruzione dell’apprendimento. È necessario, infatti, che le pause concesse all’alunno per fornire una risposta siano corredate da interventi volti a incoraggiare la loro partecipazione collaborativa. I risultati trovati in questo lavoro, quindi, non discordano dagli studi compiuti precedentemente perché non escludono la necessità di prolungati tempi di latenza, ma ne suggeriscono la combinazione con turni di parola appropriati.

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Relativamente al secondo obiettivo di questo primo livello di analisi, è possibile osservare che esistono numerose e diverse modalità di transizione di turno, alcune simili a quelle dell’interazione informale e quotidiana, altre più specifiche del particolare contesto analizzato, proprio come sostenuto anche da Orletti (1981). Tra le prime troviamo tutti i tipi di interruzioni (semplice, silenziosa, fallita e supportava), mentre per esempio esiste nell’interazione in classe un tipo di sovrapposizione che difficilmente si riscontra in altri contesti: quella che è stata definita in questo lavoro come sovrapposizione collettiva. La sovrapposizione collettiva si riferisce a quei frammenti di interazione in cui molti o tutti gli alunni e, a volte anche l’insegnante parlano insieme, sovrapponendosi in modo incomprensibile. Questo tipo di sovrapposizione si riscontra quando c’è un alto coinvolgimento da parte degli alunni, ma può anche essere indice di un calo di attenzione. Nella letteratura presa in considerazione, il fenomeno delle frequenti e contemporanee sovrapposizioni presenti nell’interazione in classe è stato descritto da Erickson (1996) e identificato nel ‘turn sharks’ proprio per indicare la bramosia dell’assunzione del turno che a volte coinvolge gli alunni.

Nell’analizzare i dati, inoltre, sono emerse interessanti considerazioni, relative soprattutto alle pause, sulle peculiarità delle interazioni in classe. Infatti si presentano a volte situazioni in cui alle pause vengono attribuiti dagli interagenti significati diversi, nonostante la condivisione delle regole sociali che governano l’interazione didattica e del ruolo assunto dall’insegnante all’interno di tali interazioni. La presenza di tali pause può essere dovuta alla non condivisione tra i partecipanti del frame discorsivo (così come definito da Bateson, 1972) o

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alla mancata negoziazione della situazione. Tra i risultati emerge inoltre una particolare tipologia di pause che caratterizza l’interazione in classe: quelle compiute dall’insegnante tra l’enunciato e la selezione del bambino che potrà prendere il turno successivamente. Nell’interazione informale ordinaria, queste pause indurrebbero al cambiamento di parlante perché presenti in un punto di rilevanza transizionale, mentre nell’interazione in classe il formato conversazionale viene specificamente modificato per quel contesto, come suggerisce Bercelli (1999) e gli alunni non assumono il turno, ma aspettano che sia l’insegnante ad attribuirglielo, inserendo così le pause all’interno del proprio turno. McHoul (1978), infatti, osserva che la selezione dello studente avviene dopo l’intervento o la domanda dell’insegnante per non escludere gli altri alunni dall’episodio. A questo proposito, i risultati ottenuti con questo lavoro, concordi con la letteratura precedente (Fasulo & Pontecorvo, 1999), mostrano come il silenzio e le pause siano in alcuni casi utilizzati dall’insegnante per ottenere attenzione da parte degli alunni o segnalare la propria disapprovazione. Dimostrano, inoltre, in alcune situazioni la presenza all’interno del turno di due fasi cicliche, quella esitante e quella fluente, come sostenuto dai pausologi.

Dopo un’analisi di tipo più qualitativo, le interazioni sono state codificate secondo un sistema di categorie che tiene conto degli schemi già presenti in letteratura e delle particolari transizioni di turno che avvengono nel contesto scolastico. Sulla base dell’applicazione di tale sistema, si è proceduto ad un secondo livello di analisi, descrittivo delle diverse tipologie di transizione e delle pause interne ai turni dei partecipanti all’interazione. Per rendere la descrizione del ritmo

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conversazionale più esaustiva sono stati differenziati i diversi anni scolastici (cioè le classi di seconda, terza e quarta).

I risultati trovati sono simili in tutte le classi e confermano il carattere combinato dell’interazione in classe, con alcuni elementi tipici della conversazione informale ed altri peculiari di tale contesto. Come tutte le conversazioni, infatti, quella che avviene a scuola segue prevalentemente un andamento sincronico e i partecipanti, insegnante e alunni, sembrano agire condividendo il punto di rilevanza transizionale. Il principio “no gaps/no overlaps” proposto da Sacks, et al. (1974) è valido, quindi, anche per l’interazione verbale in classe. Quando però non viene seguito questo principio, emergono le differenze con le altre tipologie di conversazioni. Infatti, per esempio, il turno di parola non è equamente distribuito tra i partecipanti, ma viene prevalentemente assunto dall’insegnante, che produce circa la metà di tutti i turni (44.01%). L’interazione in classe ha, quindi, potenzialmente numerosi interlocutori, cioè l’insegnante e ogni singolo alunno, ma in realtà si svolge spesso come un’interazione diadica tra l’insegnante e la classe, che a volte è interpellata come singolo e altre volte come un tutto unitario.

Gli altri elementi che contraddistinguono l’interazione in classe riguardano le pause tra i turni (pause between) e le transizioni “non morbide” dei turni. Le pause tra la fine del turno di un parlante e l’inizio di un altro sono, infatti, presenti con una bassa frequenza rispetto alle altre modalità di transizione. Le frequenze relative ai diversi tipi di interruzioni e sovrapposizioni sono piuttosto interessanti. Infatti, per esempio, le insegnanti hanno la più alta percentuale di interruzioni supportive, mentre quelle fallite sono per lo più dei bambini. Nell’affrontare la discussione di questi risultati bisogna, però, prendere in considerazione due aspetti: la metodologia di

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osservazione proposta e l’asimmetria dei ruoli tra insegnanti e bambini. È stato chiesto, infatti, alle insegnanti di interrompersi durante la lettura per dare la possibilità agli alunni di intervenire per proporre delle ipotesi di continuazione e, successivamente, di discutere le diverse alternative. La richiesta da noi avanzata ci suggeriva a priori un andamento dell’interazione piuttosto dinamico e diverso da quello della conversazione ordinaria, con una partecipazione attiva da parte non solo dell’insegnante ma anche di tutti i bambini e con una bassa presenza di pause tra i turni, proprio come è stato riscontrato. L’altro aspetto fondamentale da prendere in considerazione è la relazione asimmetrica tra ruoli che, come abbiamo visto in letteratura, è presente in classe, e non solo, e caratterizza l’interazione per il diverso accesso alla partecipazione e per la disparità nei diritti e nei doveri comunicativi (Orletti, 2000). L’insegnante, quindi, assume il ruolo di chi gestisce l’interazione, determinando non solo i contenuti ma anche i turni di parola. A questo proposito McHoul (1978) ha osservato che le conversazioni ordinarie, diversamente da quelle che avvengono in classe, sono gestite localmente ad ogni turno, perché non è necessario per il parlante successivo rimanere strettamente legato al topic e il corso della conversazione è spesso imprevedibile. È evidente, quindi, il motivo per cui l’insegnante controlla l’assegnazione dei turni e gestisce l’interazione.

Un ulteriore risultato riguarda le pause presenti all’interno dei turni, che si presentano circa con la stessa frequenza sia nei turni delle insegnanti sia in quelli dei bambini. Ciò probabilmente è legato al numero dei turni prodotti dai partecipanti, che come abbiamo visto precedentemente, è simile. È interessante osservare le

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frequenze delle durate delle pause interne ai turni. Infatti, mentre i bambini producono pause di 0.5 secondi, le insegnanti producono soprattutto pause ancora più brevi, inferiori cioè al mezzo secondo. Questo risultato, però, non si verifica con gli altri tipi di pausa, dove le più alte percentuali sia per gli alunni che per le insegnanti si trovano nelle durate di mezzo secondo e di un secondo. Proprio come osservato dalla Rowe (1974) le pause nell’interazione in classe sono, quindi, piuttosto brevi forse perché, scrive Doyle (1986; p. 404), “…there is virtually no focal activity during these gaps”.

Per approfondire alcuni dei risultati presentati precedentemente, sono state verificate alcune ipotesi specifiche attraverso l’applicazione dei modelli log-lineari.

Una primo aspetto esaminato si riferisce ai parlanti che prendono il turno sovrapponendosi. I risultati ottenuti mostrano che sono i bambini a sovrapporsi al parlante precedente, ma è l’insegnante che dopo una sovrapposizione collettiva prende il turno. Per l’insegnante condurre l’interazione è un modo per coordinare e gestire l’attività. Probabilmente quindi da una parte sollecita gli interventi dei bambini tollerandone anche le sovrapposizioni, dall’altra invece assume il turno quando troppi bambini parlano contemporaneamente, per evitare di perdere il controllo della conversazione. Come suggerisce Schegloff (1995), l’insegnante coordina le transizioni di turno e assume il ruolo di colui che dirige l’interazione, nello stesso tempo, però l’alternanza dei turni si organizza sulla base del numero di partecipanti.

Successivamente sono stati presi in considerazione i diversi tipi di interruzione e i parlanti che le compiono. Si ipotizzava da parte dell’insegnante una maggior produzione di interruzioni semplici, silenziose e supportive, mentre da parte

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dei bambini più tentativi falliti di assunzione del turno. Dal punto di vista teorico, l’ipotesi nasce dall’assunto che è l’insegnante a gestire l’interazione e i turni di parola, utilizzando anche queste strategie e dimostrando in questo modo il suo potere (Green, 1983; Gómez Alemany, Mauri Majós, 2000; Okamoto, Rashotte, Smith-Lovin, 2002). Dall’analisi compiuta è possibile osservare che l’insegnante interrompe silenziosamente, cioè senza sovrapporsi, oppure per supportare il bambino, quindi senza l’intenzione di assumere il turno ma solo per dimostrare attenzione o per un suggerimento lessicale. Le interruzioni dei bambini o falliscono oppure avvengono con la sovrapposizione al turno del parlante che li precede. I risultati ottenuti confermano solo in parte le ipotesi, le interruzioni semplici non sono tipiche delle strategie interattive dell’insegnante, ma del bambino. Ciò può essere dovuto alla maggiore competenza conversazionale, legata agli aspetti sintattici, prosodici e pragmatici (Ford & Thompson, 1996), necessaria nell’assunzione del turno. Infatti, il bambino della scuola elementare, pur avendo raggiunto una buona competenza, può considerare la presenza di rivali conversazionali come un ostacolo (Fasulo, 1999).

Lo studio delle pause nell’interazione in classe, come abbiamo visto in letteratura, non ha ricevuto molta attenzione. Per questa ragione è stato approfondito questo aspetto soprattutto attraverso lo studio delle pause tra la selezione di un parlante e la presa di turno successiva, e l’analisi delle pause interne ai turni. In riferimento alla prima tipologia di pause, la nostra ipotesi era che all’aumentare della pausa di latenza (presa di turno) del bambino, interviene sempre l’insegnante per la poca tolleranza al silenzio. Pur non essendosi verificata l’ipotesi, è emerso un risultato

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interessante: non esiste un effetto di interazione tra il parlante precedente, la durata della pausa e il parlante seguente, ma esistono due effetti indipendenti, quello tra ruolo precedente e ruolo seguente e quello tra durata della pausa e ruolo seguente. In particolare, possiamo osservare che l’insegnante assume il turno solo dopo pause per selezione senza risposta molto lunghe, mentre i bambini prendono il turno dopo pause brevissime, brevi o piuttosto lunghe. Inoltre, è interessante notare che il parlante selezionato non prende la parola dopo la pausa, il turno viene ripreso dal parlante che precede la pausa. Si verifica cioè un’autotransizione in cui se l’insegnante seleziona e non riceve risposta, riprende il turno, ma lo stesso fa il bambino se non riceve risposta dal suo interlocutore, sia esso l’insegnante o un altro bambino. In questo caso, quindi, il bambino dimostra la sua capacità di gestire l’interazione proprio come l’insegnante.

Infine, relativamente alle pause interne ai turni delle insegnanti e dei bambini, l’ipotesi era che gli interlocutori avessero pause di durate diverse per lo specifico ruolo assunto in classe. Sulla base della letteratura analizzata (Goldman-Eisler, 1958, 1961; Henderson, Goldman-Eisler, Skarbek, 1966), le pause interne ai turni svolgono una funzione cognitiva di programmazione dell’espressione verbale e anticipano la fase fluente del turno. I risultati mostrano che nei turni dei bambini, le pause o sono brevi, cioè di 0.5 secondi, oppure lunghissime, superiori o uguali a 4.0 secondi. Le insegnanti, invece, compiono pause o brevissime (inferiori a 0.5 secondi), o medie (pari 2.0 secondi) o molto lunghe (pari a 3.5 secondi). L’ipotesi è quindi confermata solo in parte, in quanto le pause nei turni di insegnanti e alunni hanno durate diverse, ma non in modo

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sostanziale perché entrambi hanno sia pause brevi sia pause molto lunghe.

Possiamo quindi concludere che gli elementi da prendere in considerazione nello studio dell’interazione in classe e, in particolar modo nelle modalità di assunzione del turno, sono diversi e numerosi. La struttura partecipativa, l’asimmetria dei ruoli, l’importanza dell’interazione nel processo dell’apprendimento ci conducono ad affermare che l’interazione verbale in classe è governata da un sistema misto di alternanza di turni, in alcuni casi l’allocazione del turno è predeterminata, come nelle interviste e in altri, invece, è gestita localmente come la conversazione naturale.

Il presente lavoro trova nella formazione agli insegnanti un possibile risvolto applicativo per il miglioramento delle loro strategie comunicative nell’interazione con la classe. È, però, solo un punto da cui partire per sviluppare e approfondire questi aspetti con ulteriori studi sia sulle interazioni considerate in questo lavoro, sia raccogliendo altre osservazioni. Sarebbe, infatti, interessante studiare i diversi atti linguistici di insegnanti e allievi e metterli in relazione alle transizioni di turno qui analizzate. Si potrebbe, inoltre, con ulteriori registrazioni compiere uno studio longitudinale al fine di osservare lo sviluppo evolutivo e la socializzazione alle modalità di assunzione del turno. Uno sviluppo particolarmente utile e interessante della ricerca potrebbe individuare dei pattern di andamento dell’interazione che caratterizzano le strategie impiegate dall’insegnante per regolare il processo di insegnamento-apprendimento, e cercare di stabilire quale di esse crei un miglior clima di classe e un’atmosfera più

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cooperativa e di coinvolgimento, componenti cruciali della motivazione degli studenti e dell’apprendimento.

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APPENDICE 1

I MODULI DI CONSENSO INFORMATO

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RICHIESTA DI AUTORIZZAZIONE (per genitori)

Gentile Sig.ra, Sig.re,

l’Università “La Sapienza” di Roma sta conducendo una ricerca sull’interazione

in classe. In particolare, la Dott.sa Barbara Maroni sta raccogliendo videoregistrazioni

di lezioni nelle scuole per la sua tesi di dottorato di ricerca.

Con la presente, chiediamo la Sua autorizzazione perché sua/o figlia/o partecipi a

lezioni, durante il normale orario scolastico, che saranno videoregistrate con l’accordo

dell’insegnante della classe.

Con la presente la/il sottoscritto/a………………………………….concede

l’autorizzazione a che mia/o figlia/o partecipi alle lezioni che saranno videoregistrate a

scopo unicamente scientifico, con la garanzia del completo anonimato dei dati ottenuti.

Roma,…………………

Firma del genitore o di chi ne fa le veci

…………………………………………

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RICHIESTA DI AUTORIZZAZIONE (per insegnante)

Gentile Sig.ra, Sig.re,

l’Università “La Sapienza” di Roma sta conducendo una ricerca sull’interazione

in classe. In particolare, la Dott.ssa Barbara Maroni sta raccogliendo videoregistrazioni

di lezioni nelle scuole per la sua tesi di dottorato di ricerca.

Con la presente, chiediamo la Sua autorizzazione a videoregistrare come presentato nel

progetto alcune lezioni condotte da Lei durante il normale orario scolastico.

Con la presente, la/il sottoscritto/a…………...…………………….concede

l’autorizzazione a videoregistrare a scopo unicamente scientifico, alcune Sue lezioni

con la garanzia del completo anonimato dei dati ottenuti.

Roma, lì……….………………

Firma…………………………………..

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APPENDICE 2

IL TESTO INTEGRALE DELLA STORIA

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IL PIFFERAIO E LE AUTOMOBILI

C’era una volta una città invasa dalle automobili. Ce n’erano nelle strade, sui

marciapiedi, nelle piazze, sotto i portoni. C’erano automobili dappertutto.

C’erano automobili, autotreni, furgoni, furgoncini. Ce n’erano tante che si

muovevano a fatica, urtandosi, fracassandosi i parafanghi, schiacciandosi i

paraurti, strappandosi le marmitte.

E alla fine ce ne furono talmente tante che non ebbero più lo spazio per muoversi

e rimasero ferme.

Così la gente…

Così la gente doveva andare a piedi.

Ma non era facile, con le macchine che occupavano tutto il posto disponibile.

Bisognava aggirarle, scavalcarle, passarci sopra. E dalla mattina alla sera si

sentiva:

- Ahi! (questo era un pedone che aveva battuto la testa contro un cofano).

- Ohio! Ahia! (questi erano due pedoni che si erano scontrati strisciando sotto un

camion).

La gente si capisce diventava matta dalla rabbia.

- E’ ora di finirla!

- Bisogna fare qualcosa!

- Perché il sindaco non ci pensa?

Il sindaco sentiva quelle proteste e borbottava:

- Pensarci ci penso. Ci penso giorno e notte. Ci ho pensato anche tutto il giorno

di Natale. Il fatto è che non mi viene in mente nulla.

Un giorno si presentò dal sindaco…

Un giorno si presentò dal sindaco uno strano giovane.

Portava una giacca di pelle di pecora, gli zoccoli ai piedi, un berretto a cono con

un gran nastro. Insomma pareva proprio uno zampognaro. Uno zampognaro

senza zampogna, però.

- Buongiorno signor sindaco.

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- Eh si fa presto a dire buongiorno. Per me sarà un buon giorno solamente quello

in cui…

- … la città sarà liberata dalle automobili. Vero sindaco? (disse il giovanotto) E

io conosco il sistema.

Il sindaco non voleva credere alle sue orecchie:

- Tu conosci il sistema? E chi te lo ha insegnato?

- Chi me lo ha insegnato non importa. Se voi mi promettete una certa cosa, entro

domattina non avrete più grattacapi.

- Sentiamo, che cosa ti dovrei promettere? (chiese il sindaco)

- Che da domani in poi in piazza grande ci potranno giocare sempre i bambini, e

ci saranno per loro giostro, altalene, scivoli, palle di gomma e aquiloni.

- In piazza grande?

- In piazza grande.

- E non vuoi altro?

- Niente altro.

- Allora, qua la mano, promesso. Quando cominci?

- Subito signor sindaco.

- Dai non perdere un minuto.

Lo strano giovanotto non perdette un secondo. Si mise una mano in tasca e ne

cavò un piccolo piffero. E addirittura lì, nell’ufficio del sindaco, attraversò la

piazza, si avviò verso il fiume.

Di lì a un momento…

Di lì a un momento le macchine cominciarono a muoversi.

- Guardate, che quella macchina? Si è messa in moto da sola!

- Anche quell’altra!

- Ehi! Ma quella è la mia! Chi è che mi ruba la macchina? Al ladro! Al ladro!

- Ma non c’è nessun altro, non vede? Tutte le automobili si sono messe in

moto…

Da ogni punto della città le macchine correvano, in un frastuono di motori,

scappamenti, trombe, sirene, clacson. Correvano, correvano da sole.

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A far bene attenzione, però, si sarebbe sentito sotto il frastuono, eppure più forte,

più resistente del frastuono, il suono del…

A far bene attenzione, però, si sarebbe sentito sotto il frastuono, eppure più forte,

più resistente del frastuono, il suono del piffero, la sua bizzarra, bizzarra

cantilena.

Le automobili correvano tutte verso il fiume. Quando arrivò la prima macchina,

che per combinazione era proprio quella del sindaco, il ponte crollò e la

macchina finì subito dentro l’acqua.

La piazza era gremita di bambini che giocavano. I bambini erano contenti, ma i

genitori e il sindaco…

La piazza era gremita di bambini che giocavano, i bambini erano contenti, ma i

genitori e il sindaco erano molto arrabbiati perché non sapevano come fare

senza le loro automobili.

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APPENDICE 3

LE NORME DI TRASCRIZIONE SISTEMA JEFFERSONIANO

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E’ opportuno utilizzare il carattere Courier, che assegna lo stesso spazio a tutti i caratteri, inclusi gli spazi e le tabulazioni.: Prolungamento del suono che precede

sì:: in una certa misu::ra è forse possibile ma::= mancanza di scansione tra due parole

senti=senti quello che dice.°h /h° inspirazione /espirazione

mah° io scrivo°h: cominciamo.

>testo< tono accelerato>andiamo presto< che ci aspettano

<testo> tono deceleratoche devi fare? <avvisalo>.

(0.5)/ (.) durata della pausa in secondi/pausa inferiore a 0.5 secondiperché lei (0.5) è lei che è andata a Milano.

. tono discendenteoggi mi sa che non esco.

, tono ascendente (tipico degli elenchi o liste)e allora, dobbiamo aspettarla.

? tono ascendente (tipico delle domande)hai freddo?

! tono animatosta attento! È bagnato.

↓ caduta del tononon lo pensa↓vo possibile.

↑ innalzamento del tonoera ↑o:ra

testo enfasie invece è ancora tra noi.

TESTO aumento di volumeMa almeno siamo NOI che dobbiamo andare.

°testo° sottovoce°facciamo piano°

- staccatoperché non ha potu- non ha voluto esprimersi

[testo] inizio e fine della sovrapposizione tra parlantiA: io le ho chiesto se voleva u[scire con me]B: [e che cosa] ti ha detto

(testo) frasi o parole non perfettamente intelleggibiliadesso possiamo (finalmente) partire

( ) turno bianco, in caso di parlato comprensibileadesso possiamo ( ) partire

((testo)) commenti paralinguistici o extralinguisticiA: Mi passi il sale ((a bocca piena guardando B))?

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APPENDICE 4

LE TABELLE DELLE DURATE DELLE PAUSE PER SELEZIONE SENZA RISPOSTA

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PR1 T B C A tot PR2

T B C A tot

T 18 8 26 T 53 13 66B 4 4 B 2 4 6C CA Atot 18 12 30 tot 55 17 72Durata (.): codice 1 Durata (0.5): codice 2

PR3 T B C A tot PR4

T B C A tot

T 79 21 100

T 53 6 59

B 4 6 10 B 1 1C CA Atot 83 27 11

0tot 53 7 60

Durata (1.0): codice 3 Durata (1.5): codice 4

PR5 T B C A tot PR6

T B C A tot

T 50 9 59 T 25 2 27B 3 3 B 1 1C CA 1 1 Atot 54 9 63 tot 25 3 28Durata (2.0): codice 5 Durata (2.5): codice 6

PR7 T B C A tot PR T B C A tot

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8T 29 6 35 T 7 5 12B 3 3 BC CA Atot 32 6 38 tot 7 5 12Durata (3.0): codice 7 Durata (3.5): codice 8

PR9 T B C A totT 65 4 69B 5 1 6CA

70 5 75Durata (≥4.0): codice 9