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Dott. Ing. Marco Regi TESI DI DOTTORATO DI RICERCA IN INGEGNERIA AEROSPAZIALE 1 UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA” Scuola di Ingegneria Aerospaziale Tesi di Dottorato di Ricerca in Ingegneria Aerospaziale (XVIII Ciclo) STRUTTURE MULTIGRID REALIZZATE CON COMPOSITI POLIMERICI RINFORZATI CON NANOTUBI IN CARBONIO PER APPLICAZIONI AEROSPAZIALI Relatore: Dottorando: Prof. Mario Marchetti Dott. Ing. Marco Regi mat. I/02363 Correlatore: Dott. Ing. Franco Mancia Anno Accademico: 2005 – 2006

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Dott. Ing. Marco Regi TESI DI DOTTORATO DI RICERCA IN INGEGNERIA AEROSPAZIALE 1

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA”

Scuola di Ingegneria Aerospaziale

Tesi di Dottorato di Ricerca in Ingegneria Aerospaziale (XVIII Ciclo)

STRUTTURE MULTIGRID REALIZZATE CON COMPOSITI POLIMERICI RINFORZATI

CON NANOTUBI IN CARBONIO PER APPLICAZIONI AEROSPAZIALI

Relatore: Dottorando: Prof. Mario Marchetti Dott. Ing. Marco Regi mat. I/02363 Correlatore: Dott. Ing. Franco Mancia

Anno Accademico: 2005 – 2006

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Ai miei genitori

“Nissuna umana investigazione si può dimandare vera scienza, s’essa non passa per le matematiche dimostrazioni ……………………………………………………”

Leonardo Da Vinci, Codice Urbinate

“E’ l’errore a mostrarci la via della verità………………………………..”

Giovanni Keplero

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INDICE

CAPITOLO I I.1 INTRODUZIONE pag. xx6 I.2 LE ANISOGRID LATTICE STRUCTURES pag. xx8 I.3 IL MODELLO DI VASILIEV pag. x14 I.4 VARIAZIONE DELLE DIMENSIONI DELLA STRUTTURA LATTICE ANISOGRID IN FUNZIONE DEI PARAMETRI DI PROGETTO SECONDO LA TEORIA DI VASILIEV pag. x17 I.5 ANALISI FEM PRELIMINARI pag. x21 I.6 CONSIDERAZIONI GENERALI SUL MODELLO DI VASILIEV pag. x30 I.7 ANALISI DI BUCKLING E DI RESISTENZA STATICA pag. x39 I.8 REALIZZAZIONE DI UN DIMOSTRATORE PIANO ANISOGRID pag. x53 I.9 PROTOTIPAZIONE RAPIDA DI STAMPI PER LA REALIZZAZIONE DI STRUTTURE LATTICE ANISOGRID pag. x58 I.10 SVILUPPO DI UN MODELLO NUMERICO PER IL DESIGN DI UNA STRUTTURA ISOGRID CON RINFORZI PARALLELI ALL’ASSE LONDITUDINALE pag. x74 I.11 LE ISOGRID LATTICE STRUCTURES pag. x81 I.12 REALIZZAZIONE DI UN PROTOTIPO ANISOGRID CILINDRICO pag. x90 I.13 DESIGN DI UN PANNELLO SOTTILE ANISOGRID pag. 107 I.14 TEST MECCANICI DI DIMOSTRATORI ANISOGRID pag. 113 CAPITOLO II II.1 INTRODUZIONE pag. 138 II.2 I LEGAMI CHIMICI pag. 141 II.3 IL CARBONIO pag. 144 II.4 LA GRAFITE pag. 146 II.5 INTRODUZIONE AI CARBON NANOTUBES pag. 147 II.6 ANALISI MORFOLOGICHE DI PROVINI DI GRAFITE E CN pag. 166 II.7 SINTESI DEI NANOTUBI IN CARBONIO pag. 194 II.8 PURIFICAZIONE DEI NANOTUBI IN CARBONIO pag. 289 CAPITOLO III III.1 COMPOSITI POLIMERICI AVANZATI pag. 333

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III.2 TEORIA E MODELLI DEI COMPOSITI NANOSTRUTTURATI pag. 359 III.3 ESPOSIZIONE DELLA GRAFITE A UN PLASMA DI ARGON pag. 369 III.4 CONTROLLI NON DISTRUTTIVI (NDT) SU COMPOSITI POLIMERICI NANOSTRUTTURATI pag. 379 III.5 CARATTERIZZAZIONE ELETTROMAGNETICA DI UN COMPOSITO POLIMERICO NANOSTRUTTURATO pag. 385 BIBLIOGRAFIA pag. 402 CONCLUSIONI pag. 417 RINGRAZIAMENTI pag. 418

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CAPITOLO I

Multigrid Lattice Structures

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I.1 INTRODUZIONE Nel settore aerospaziale [c23] le strutture rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo e la riuscita di una missione. Termini quali resistenza, affidabilità, leggerezza e costi, rappresentano i parametri sui quali si basa tutto il processo di progettazione. La missione aerospaziale è costituita da un elevato numero di fasi, in ciascuna delle quali, tutto il sistema ne è coinvolto tramite una complesso gioco di interazioni fra esso e l’environment che lo circonda. Pertanto, le sollecitazioni che agiscono su di esso sono del tipo meccanico, aerodinamico, acustico, elettrico, magnetico. E vengono applicate in maniera statica, quasi statica, dinamica, random, a fatica e con una intensità e una variazione nel tempo nota oppure no. Appare chiaro come il percorso, sintetizzabile nella frase “from concept to launch”, sia molto difficile e ancor di più lo è la fase operativa del sistema a partire dal punto di “begin of life” fino a quello di “end of life”, per poi tener conto anche del post operativo in termini di space debris. Gli elementi di una missione sono il lanciatore e il sistema aerospaziale a sua volta costituito dalla carrozza (spacecraft bus) e dal carico utile (payload) umano e non. Questi due elementi, durante il lancio, interagiscono fra loro in maniera estremamente significativa, infatti è questa una delle fasi che richiede maggiore impegno nella progettazione di entrambi. Il sistema (sonda o satellite che sia), a sua volta, è costituito da un dato numero di sottosistemi ognuno dei quali viene opportunamente progettato per gli scopi e le esigenze di missione. Tipicamente si ha: • Struttura • Protezione termica • Propulsione • Guida navigazione e controllo • Antenne • Alimentazione (pannelli solari e batterie) • Cablaggi • Computer di bordo • Ridondanze (relative a più tipologie di sottosistemi) • Serbatoi dei propellenti • Sensori e attuatori Tutti questi sottosistemi non sono entità isolate, ma in continuazione “dialogano” fra loro e con l’environment esterno dando luogo al comportamento del sistema globale. Progettare una singola unità non può essere fatto prendendo in considerazione solo le sue specifiche (requirements) di partenza, senza tener conto delle iterazioni con il “mondo” che la circonda. Questo sia per ragioni di assemblaggio del sistema aerospaziale complessivo, sia per motivi di “sopravvivenza” dello stesso in fase operativa, vale a dire per garantire il successo di missione. Anche la struttura è soggetta a tutto ciò, dovendo rispondere alle esigenze del sistema nel suo complesso. Tipicamente i compiti che essa deve svolgere nell’ambito della missione sono: • Rappresentare l’intelaiatura di tutto il sistema. • Proteggere tutti i sottosistemi dall’ambiente a loro esterno (lanciatore, spazio, ambiente aerodinamico,

etc.). • Consentire la migliore collocazione (assemblaggio e integrazione) di tutti i sottosistemi da dover

imbarcare. • Resistere alle sollecitazioni (meccaniche, termiche, elettromagnetiche, debris, etc.). • Garantire assetti e puntamenti. Ovviamente la struttura, come del resto ogni altro sottosistema, è un apparato complesso costituito da più elementi realizzati con materiali, tecniche e metodi fra loro non necessariamente uguali, ma diversificati secondo criteri di ottimizzazione ed economici.

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Nel primo capitolo della Tesi di Dottorato di Ricerca verranno studiate le Multigrid Lattice Structures (strutture reticolari iso e anisogrid) le quali rappresentano una particolare famiglia di tutte le possibili strutture impiegabili. In particolar modo la loro caratterizzazione e la maggiore implementazione viene fatta nel settore aeronautico e spaziale nei quali l’affidabilità e la leggerezza sono due parametri che camminano di pari passo nel corso dello sviluppo, progetto ed esercizio del sistema complessivo. Verranno scritte procedure di calcolo utili per il dimensionamento di tali strutture, secondo le teorie attualmente disponibili in bibliografia. Si valuterà cosa accade, al variare dei parametri di progetto, delle dimensioni e del comportamento del sistema Anisogrid. Inoltre, analisi FEM saranno eseguite in base ai seguenti parametri: • variazioni geometriche della struttura • variazione negli spettri di carico • analisi statiche, dinamiche, di carico critico • utilizzo di diversi tipologie di materiali (continui, compositi e innovativi) • tecniche di produzione fra loro diversificate. Dopo la fase di design numerico e FEM si passerà alla realizzazione di prototipi piani e cilindrici sui quali eseguire dei test meccanici utili a convalidare i modelli matematici adottati. Particolare attenzione sarà rivolta ai processi di produzione al fine di ottenere dei dimostratori a elevata qualità tecnologica secondo un ottica di industrializzazione, ovvero di realizzazione di un elemento strutturale reale in grado di poter essere integrato e utilizzato in un sistema aerospaziale operativo. Va ricordato che, parallelamente alle Multisogrid Lattice Structures, saranno studiati (Capitoli II & III della Tesi) i carbon nanotubes quale possibile futura applicazione, in termini di “new advanced composite materials”, per le suddette strutture in termini di guadagno nella leggerezza e nella resistenza alle sollecitazioni applicate.

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I.2 LE ANISOGRID LATTICE STRUCTURES

Le strutture Lattice Anisogrid [v1][v2] sono tipicamente realizzate nella forma di una sottile parete cilindrica, o conica, costituita da un sistema ±φ (rispetto all’asse longitudinale) di “costole” (rib) elicolidali e circonferenziali (fig. I.2.1).

fig. I.2.1 spaccato di una struttura lattice anisogrid a simmetria cilindrica

Una struttura anisogrid, in base alle specifiche imposte, può possedere o meno una pelle interna e/o esterna. Lo sviluppo di tali strutture ha avuto origine dalle così dette Geodetic Aircraft Frames per il WWII English Bomber Wellington. Per contro, la storia della anisogrid russe parte nel 1921 con la Moscow Radio Tower, alta 148.3 m, disegnata da Shukhov (fig. I.2.2). Poiché tali applicazioni facevano parte di un piano progettuale russo ad ampio raggio, per ragioni di segretezza non si possiedono ampie informazioni riguardo i primi sviluppi appena menzionati.

fig. I.2.2 la radio tower di Mosca

La storia americana delle Grid Stiffnened Structures ha origine con le isogrid in alluminio, sviluppate dalla McDonnell-Douglas Corporation, e usate come interstadio per il lanciatore Delta. Ottenute tramite una lavorazione alle macchine utensili, tali strutture consistono in una serie di rib a forma di triangolo equilatero con una, relativamente sottile, pelle (skin). Esse mostrano un comportamento meccanico isotropico nel piano del pannello stesso. Benché in Usa già modelli riguardanti strutture più complesse fossero stati già sviluppati, l’impiego della geometria isogrid era molto diffuso in quanto era possibile fare l’analisi e il disegno mediante l’uso di un modello, evidentemente più semplice, isotropico il quale, per contro, non permetteva di avere livelli di efficienza raggiungibili nel caso in cui non ci si limita a una teoria isotropica. Le prime pubblicazioni riguardanti le applicazioni anisogrid sono apparse non prima della fine degli anni novanta. Il primo interstadio Lattice Anisogrid è apparso nel 1981 ad opera del CRISMB (Central Research Institute of Special Machine Building) di Mosca. Avente in diametro di 1.3 m e una altezza di 1.4 m, il cilindro ha prodotto una rottura sotto l’azione di un carico di compressione ben al di sopra del carico predetto dalle teorie classiche dei gusci (shell). Il tipo di rottura (failure mode) è risultato inaspettato poiché non si è avuto buckling, ma rottura a compressione delle rib elicolidali. Ulteriori analisi hanno mostrato che una lattice structures possiede la proprietà autostabilizzante. Sotto una azione di compressione le rib elicoidali

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trasformano la compressione in una tensione circonferenziale delle rib circonferenziali inducendo un effetto simile all’azione interna di pressione. Questa “pressione” stabilizza la forma circolare, riducendo la sensibilità dello shell alle imperfezioni di forma, aumentando i carichi critici. Nel 1981 il CRISMB ha sviluppato un progetto per il disegno, la produzione, l’ispezione e i test di tali strutture (fig. I.2.3).

a a fig. I.2.3 varie anisogrid lattice structures (con e senza skin) prodotte dal CRISMB di Mosca

La struttura (fig. I.2.3 a sinistra) è una lattice structure fabbricata mediante filament winding di carbonio depositato in una scanalatura macchinata in una schiuma (solidificata) spruzzata sulla pelle interna (resina aramid-epoxy) deposta su un mandrino metallico. Quella di figura I.2.3 al centro, ha un diametro di 2.3 m, altezza: 1.8 m, carico applicato: 2.15 MN e possiede solo una pelle esterna. Quella di fig. I.2.3 a destra ha un diametro: 2.4 m, altezza: 2.6 m, carico: 3.2 MN e doppia pelle esterna/interna. Nel 1986 è stata prodotta una struttura con diametro: 2.86 m, lunga 6 m e massa: 280 Kg (fig. I.2.4 a sinistra).

a fig. I.2.4 applicazioni al settore aeronautico delle strutture lattice anisogrid

I primi metodi di analisi consistono nello “spalmare” le rib elicoidali e circonferenziali su una superficie considerando, quindi, un modello continuo per il quale scrivere le equazioni costitutive (matrice di massa, rigidezza). Le equazioni costitutive, con quelle dell’equilibrio e degli spostamenti per i gusci, consentono di eseguire il design e l’analisi della struttura lattice pensata come un continuo. Con esse è possibile eseguire una dettagliata analisi soprattutto nelle regioni più critiche della struttura vale a dire in corrispondenza di porte, giunzioni, rinforzi locali e valutare, pertanto, la presenza di instabilità locali (local buckling) come evidenziato in figura I.2.5.

fig. I.2.5 analisi FEM di instabilità locali su strutture lattice anisogrid a simmetria cilindrica e conica

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L’analisi di una struttura lattice eseguita mediante il metodo continuo può risultare particolarmente onerosa (soprattutto al crescere del numero delle rib e delle intersezioni fra esse). Pertanto, è utile impiegare una tecnica agli elementi finiti utilizzando una mesh che discretizza la struttura mediante elementi trave. Il disegno di una struttura Lattice include due fasi fondamentali: • disegno preliminare • disegno finale dettagliato. Il primo si esegue sotto le seguenti condizioni: • la struttura è costituita da un determinato numero di rib elicoidali (simmetriche e con orientazione

rispetto all’asse longitudinale di ±φ ) e circonferenziali. Quella ideale non ha pelli • le rib circonferenziali dividono i segmenti elicoidali, fra i loro punti d’intersezione, in parti uguali al fine

di minimizzarne la lunghezza • sotto l’azione di un carico di compressione assiale possono essere presenti instabilità locali. La teorica efficienza in peso di una struttura lattice anisogrid è di molto superiore a quella delle strutture tradizionali. Tutto ciò può essere spiegato in due modi. Primo, le rib forniscono una notevole rigidezza a membrana e a flessione con una massa inferiore a quella di un guscio continuo che fornisce solo resistenza a membrana e richiede ulteriori elementi di rinforzo in grado di garantire quella a flessione. Secondo, la struttura lattice è caratterizzata dalla azione autostabilizzante, già precedentemente citata, che la rende meno sensibile a possibili difetti di fabbricazione e permettendo di ottenere carichi di critici estremamente elevati e legati alla rottura delle rib elicoidali. Inoltre, nel caso in cui vengono impiegati compositi unidirezionali ad elevata resistenza allora è possibile ottenere un elevata efficienza in peso. Ovviamente una struttura reale, vale a dire con elementi aggiuntivi (doors, joints, etc.), presenta delle caratteristiche di resistenza inferiori. Nell’esecuzione della fase di “disegno dettagliato finale” le dimensione ottenute nel “disegno preliminare (tramite la teoria di Vasiliev: paragrafo I.3) sono solo dei valori indicativi di partenza da cui estrapolare i valori finali, mediante l’analisi FEM e i test di laboratorio su modelli full size. Inoltre, verranno considerati i seguenti fattori: • introdurre vincoli strutturali • considerare elementi di rinforzo • vincoli e limitazioni dovuti al “manufactoring method” (restrizione delle sezione delle rib e riduzione

nella loro lunghezza effettiva e nel loro numero, angoli ammissibili nell’impiego del filament winding). Il principale obiettivo del processo di produzione è di ottenere un elevata qualità e proprietà meccaniche delle rib elicoidali quali elementi primari nella resistenza del carico applicato. Sotto l’azione del carico si compressione, le rib circonferenziali sono soggette ad un basso valore di carico massimo e le loro proprietà sono si trovano in condizioni critiche, mentre le pelli interna/esterna (tipicamente prodotta mediante winding circonferenziale), in pratica non sopportano nessun carico assiale. Benchè le rib hanno un microstruttura unidirezionale, la loro rigidezza e resistenza sono molto diverse da quelle di un laminato unidirezionale. Tutto questo poiché, a causa dell’intersezione tra le rib, la frazione di volume nelle rib stesse è minore del 50% ed inoltre le fibre (in particolare per quelle di carbonio ad alto modulo di Young) sono danneggiate a causa del contatto con l’apparato di produzione. Tale aspetto è così significativo che le strutture lattice prodotto sotto tali condizioni hanno le rib elicoidali il cui modulo è di circa l’80% del valore nominale e la resistenza a compressione del 40% rispetto ai tradizionali compositi unidirezionali. In figura I.2.6 (parte sinistra) mostra la variazione della densità apparente della struttura al variare del tipo di materiale impiegato. Deve essere enfatizzato che la più alta frazione possibile, in volume, di fibra contenuta dalle rib non corrisponde necessariamente al massimo comportamento strutturale. In figura I.2.6 (parte destra), mentre la rigidezza specifica delle rib aumenta al crescere del volume delle fibre, la resistenza a compressione ha un massimo lavoro a circa il 35% del volume delle fibre.

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fig. I.2.6 a sinistra andamento della densità apparente (m) della struttura (guscio cilindrico) al variare del tipo di materiale (1: stinger, 2: sandwich, 3: carbon-epoxy lattice), a destra andamento della rigidezza e della resistenza al variare della percentuale di volume della fibre inserita nel composito

In figura I.2.7 si evidenzia la variazione della percentuale in volume delle fibre.

fig. I.2.7 microstrutture delle rib elicoidali con differente percentuale in volume di fibra (i numeri sono riferiti agli andamenti del grafico di destra in

fig. I.2.6)

Le proprietà delle rib dipendendono fortemente dai parametri di produzione del processo (tensione, viscosità della resina, etc.) e dai tools impiegati nella formazione delle rib stesse. Esistono diversi metodi di produzione legati: • alla presenza di una pelle esterna e/o una interna • alla deposizione sul mandrino e sua successiva essiccazione e macchinatura per realizzare il negativo

della struttura • eliminazione o meno della schiuma • al posto della schiuma si utilizza un liner metallico. Tutto questo implica costi, tempi, qualità, caratteristiche diverse da metodo a metodo. Normalmente il forming delle rib fa parte di un processo che, tipicamente, sempre prevede le operazioni di winding (fig. I.2.8), curing, machining.

a a fig. I.2.8 varie tecniche di filament winding per la deposizione di una struttura lattice anisogrid

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Nella produzione di una struttura lattice anisogrid è necessario eseguire una serie di test di verifica. Essendo realizzata mediante un sofisticato processo tecnologico, una lattice structure è caratterizzata da un set di parametri che può essere difficilmente predetto prima che la struttura venga prodotta e testata. Inoltre, molti parametri non possono essere determinati tramite i test convenzionali sui materiali, o come risultato di studi sperimentali su modelli in scala e parti della struttura testati singolarmente. Il winding su un sistema di scanalature incrociate produce una non uniformità delle rib (a causa della loro intersezione con altre) che dipende, notevolmente, dalle dimensioni delle scanalature stesse, dal numero delle deposizioni, dalla viscosità della resina, da eventuali contrazioni sia del materiale della struttura che della schiuma con cui è stata realizzato il negativo della struttura stessa. Pertanto, non soltanto le proprietà meccaniche delle rib, ma anche la loro sezione normale non sono esattamente note dopo che la struttura è stata fabbricata e testata. Per trovare tutte queste caratteristiche sono richiesti test speciali (fig. I.2.10) su modelli full size (I.2.9) da portare a rottura e sezionare in tanti campioni, ciascuno dei quali, va ulteriormente studiato.

fig. I.2.9 struttura lattice anisogrid tronco conica (interstadio)

fig. I.2.10 apparato per il test di un launchers adapter lattice anisogrid a geometria tronco conica

Come già evidenziato fino ad ora, lo sviluppo di una struttura lattice anisogrid coinvolge: un disegno integrato, produzione, test che vanno suddivisi nei seguenti step: • materiali di cui sono note le proprietà vengono impiegati per eseguire il design della struttura in due fasi

distinte che sono:

• la struttura ideale è disegnata con metodi analitici • la struttura reale è disegnata con l’aiuto di metodi numerici

• in accordo al disegno, un modello full size viene fabbricato, testato a rottura e successivamente le sue parti sono usate per determinare le dimensioni attuali e le proprietà meccaniche degli elementi strutturali

• valutazione teorica della struttura e revisione del disegno in base ai risultati ottenuti al precedente punto • una serie di Test Model vengono fabbricati al fine di studiare sperimentalmente il comportamento della

struttura in corrispondenza di un dato set di carichi applicati (statici, dinamici, random, ambientali) • valutazione teorica dei risultati e revisione finale del disegno della struttura.

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Tutto questo da luogo a una struttura lattice anisogrid che combina le proprietà dei compositi con i concetti strutturali e di produzione in termini di resistenza e rigidezza. Attualmente questo tipo di struttura non ha eguali in termini di costi e leggerezza nella classe di quelle ad alti spettri di carico applicati. Un parametro importante è la loro alta affidabilità, la scarsa tendenza a danneggiarsi e la possibilità di eseguire facili riparazioni. Carichi multipli non ne riducono la capacità di resistenza. Questo permette di eliminare ingombranti test non distruttivi per ciascun modello e ciascun carico applicato. Attualmente sono in fase di studio e realizzazione presso il CRISMB di Mosca, strutture lattice con un diametro di 4 m e lunghezza 8 m. Non esistono limitazioni nelle dimensioni massime raggiungibili [v1]. Le possibili applicazioni di tali strutture sono: • interstadi • serbatoi • fairing • sezioni di fusoliere ed elementi aeronautici in genere • space telescope bodies • applicazioni dell’ingegneria civile.

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I.3 IL MODELLO DI VASILIEV

La teoria di Vasiliev [v1] permette di eseguire un primo dimensionamento di massima di una struttura Lattice Anisogrid a simmetria cilindrica (fig. I.3.1).

fig. I.3.1 la struttura lattice anisogrid

I parametri iniziali di riferimento della struttura sono:

il raggio di curvatura R [m], l’altezza L [m] e le seguenti grandezze e dimensioni caratteristiche: • ±φ: angolo delle rib elicoidali (h) con l’asse longitudinale della struttura • ac, ah: distanza normale fra le rib circonferenziali (c) e quelle elicoidali (h) • bc, bh: spessore delle rib circonferenziali (c) e quelle elicoidali (h) • H: altezza delle rib circonferenziali (c) e quelle elicoidali (h) • h1, h2: spessore delle pelli interna/esterna (*) • d: distanza tra le rib elicoidali, in direzione normale all’asse longitudinale della struttura * una struttura anisogrid ideale non ha pelli (skin), vale a dire che h1 & h2 sono nulli. Viene assegnato il valore del carico di compressione P [N], e si definisce il materiale impiegato di cui sono noti:

densità ρ [Kg/m3] modulo di Young E [Pa] carico ultimo a compressione σu [Pa]

Il modello di Vasiliev calcola le dimensioni delle sezioni resistenti della struttura in corrispondenza di un valore minimo (ottenuto con un criterio di minimizzazione geometrico) della massa M, esprimibile come:

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛+=

c

cc

h

hh a

bab

RLM ρρπ 22

e rispettando i seguenti tre vincoli: 1. lo sforzo delle rib elicoidali non deve eccedere quello ultimo del materiale con il quale sono costituite 2. il carico di compressione (P) non deve produrre del buckling globale di tutta la struttura 3. non si deve verificare il buckling locale delle rib elicoidali. Essi rappresentano una condizione analitica utilizzata nel determinare il valore minimo della massa. Tale condizione potrebbe non trovare riscontro in termini di verifica della resistenza strutturale nel corso dell’analisi agli elementi finiti o in fase di test di laboratorio su prototipi full size.

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I vincoli si traducono, rispettivamente, nelle seguenti espressioni analitiche:

1. ( )φπσ 2cos4 h

h

u RHba

P ≤

2. ( )hc

hchccr aa

bbEEHPP

32

cos2 22 φπ=≤

3. ( ) ( )φφπ 223

3 cos234 sin

ab

RHEPh

hh ⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛≤

Esiste un sforzo di threshold [v1]:

51

24

2

28.0 ⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛= cht EE

RP

ρσ dove ρ segnato è: hc ρρρ =

il quale va confrontato con quello ultimo (σu) del materiale utilizzato:

se σu < σt allora le dimensioni della struttura vanno così calcolate:

( )5

522 6tan

EPER u

h

σρφ =

( )532

tan

u

hER

PHσ

φ=

( ) h

u

h

h

Esinab σ

φπ3

21

=

( )( ) h

u

c

c

Eab σ

φρπφ 3

costan

2=

altrimenti, considerando che le condizioni di vincolo non sono più attive [v1], vanno utilizzate le:

°= 56.26φ 101

3

24397.0 ⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛=

ch EERPH ρ

101

34

2

365.0 ⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=

h

c

h

h

EREP

ab

ρ

h

h

c

c

ab

ab

ρ2=

in questo secondo caso le grandezze non sono più funzione del carico ultimo del materiale (σu). Con il modello di Vasiliev [v1] è possibile definire alcuni parametri (di massa e di carico) di riferimento utili al calcolo dello spessore che avrebbe una struttura continua a uguale massa e materiale impiegato [v1]:

[ ]321 mKgLR

Mmπ

= [ ]22 mN

RPp

π= [ ]3

51

2

3

2 5.3 mKgEEpm

chh ⎟

⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=

ρρ

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m1 = è la densità apparente della struttura, p = è il carico specifico, m2 = è la formula “universale” di una Anisogrid e non è funzione delle shell dimension [v1]. Vasiliev [v1] sottolinea che il modello è solo un preliminary design della struttura. Partendo da un parametro noto (ad esempio: viene imposto un dato il numero delle rib elicoidali ne) è possibile, in cascata, calcolare tutte le singole dimensioni caratteristiche degli elementi rib. Va osservato che la procedura è iterativa poiché dai calcoli iniziali si ottiene un numero non intero di costole circonferenziali nc (impossibile in termini di realizzazione reale della struttura e di modellizzazione FEM). Pertanto, tale valore va arrotondato e, conosciuto il rapporto bc/ac, si ricalcola ac e quindi bc in corrispondenza di un valore intero di nc. Sulla scelta del parametro di partenza Vasiliev non da nessun suggerimento, quindi l’imporre inizialmente un determinato numero di rib elicoidali (ne) è così motivato (si veda paragrafo I.4): • i rinforzi elicoidali sono gli elementi strutturali di maggiore importanza per una elemento Lattice

Anisogrid • non imponendo un valore numerico a una specifica grandezza dimensionale, non si “forzano”

direttamente i valori di tutte le altre. Pertanto, noto ne si calcola ah e utilizzando la:

( )φsina

a hc 2

=

si determina ac e, quindi, tutte le altre grandezze in base alle formule derivanti dal confronto tra σu e σt. La procedura di calcolo (in ambiente MATLAB) è riportata nell’allegato I.1.

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I.4 VARIAZIONE DELLE DIMENSIONI DELLA STRUTTURA LATTICE ANISOGRID IN FUNZIONE DEI PARAMETRI DI PROGETTO SECONDO

LA TEORIA DI VASILIEV È interessante osservare come si modificano le dimensioni caratteristiche di una struttura anisogrid al variare dei parametri di progetto, secondo la teoria di Vasilev [v1]. Implementando il suddetto modello, in una procedura di calcolo MATLAB, si consideri l’impiego di un composito con matrice in resina epossidica, rinforzo a fibre lunga in carbonio: Hs/Ep [c1][c2], così caratterizzato:

31578 mKghc == ρρ GPaEE hc 120== MPau 1050=σ MNP 3=

Le procedure di calcolo (allegato I.2) sono state scritte e implementate, in base alla variazione dei seguenti parametri caratteristici, negli intervalli sotto riportati: 1. Variazione del raggio (R) della struttura anisogrid nell’intervallo: 1÷2 m 2. Variazione del numero delle rib elicoidali (ne) nell’intervallo: 15÷25 rib 3. Variazione dell’altezza (L) della struttura nell’intervallo: 3÷4 m 4. Variazione della percentuale in volume dei carbon nanotube (% CN), pensati uniformemente distribuiti

all’interno del composito, nell’intervallo: 0÷5 %CN Riportare tutti i plot che le procedure sono in grado di fornire, sarebbe un’inutile appesantimento. Più interessante è tabellare gli andamenti delle grandezze che, al variare dei parametri (R, ne, L, %CN), si modificano fornendo un’interessante punto di riferimento iniziale. Infatti, tutti i risultati ricavati con la teoria di Vasiliev [v1], non rappresentano un dimensionamento definitivo della struttura, bensì una stima preliminare che deve essere sempre seguita da una analisi FEM e, se possibile, da test di laboratorio su modelli full size [v1][v2].

* = valori con nc non intero ** = valori con nc arrotondato ↑ = andamento crescente, ↓ = andamento decrescente, ↑↓ = andamento crescente/decrescente, Κ = costante

tabella I.4.1Variazioni delle grandezze caratteristiche di una struttura anisogrid cilindrica al variare dei parametri di progetto (R, ne, L %CN, P)

GRANDEZZA\VARIABILE R ↑ ne ↑ L ↑ % CN ↑ P ↑ ρc/ρh K K K K K

σt ↓ K K ↑ ↑ ±Φ K K K K K H ↑ K K ↓ ↑

bh/ah ↓ K K ↓ ↑ bc/ac ↓ K K ↓ ↑

d ↑ ↓ K K K ah ↑ ↓ K K K

ac (**) ↑ ↓ ↑↓ K K nc ↓ ↑ ↑ K K bh ↑ ↓ K ↓ ↑

bc (**) ↑ ↓ ↑↓ ↓ ↑ M ↑ K ↑ ↓ ↑ m1 ↓ K K ↓ ↑ m2 ↓ K K ↓ ↑

nc1 (*) ↓ ↑ ↑ K K ac1 (*) ↑ ↓ K K K bc1 (*) ↑ ↓ K ↓ ↑

p ↓ K K K ↑ Ec K K K ↑ K Eh K K K ↑ K

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Gli andamenti riportati in tabella I.4.1, legati alle espressioni sviluppate da Vasiliev (secondo un criterio di minimizzazione geometrica della massa M), permettono che, nel corso della progettazione della struttura anisogrid, al variare dei parametri caratteristici (es: R, ne, L, %CN), si disponga immediatamente di una valutazione preliminare su come si modificano le grandezze. Va inoltre sottolineato come il modello sia legato a vincoli [v1] geometrici e strutturali (statici e dinamici) puramente analitici. Pertanto, a meno di una verifica logico – intuitiva, gli andamenti vanno sempre ulteriormente verificati anche se le procedure impiegate, analiticamente parlando, soddisfano tali vincoli. Attualmente lo sviluppo e l’impiego delle nanotecnologie trova grande interesse in molti campi dell’ingegneria. Anche il settore strutturale (aerospaziale e non solo) sta implementando tecniche d’impiego di nano elementi di rinforzo in carbonio. Tali elementi sono i carbon nanotubes (capitolo II della Tesi), ossia una particolare forma di Fullerene ottenuta partendo da un piano grafitico covalente a cella esagonale. Tutta la bibliografia è concorde nel definire i carbon nanotubes come il materiale del nuovo secolo grazie alle loro caratteristiche e all’ampio campo d’impiego (meccanico, elettronico, medico, informatico, etc.). Il dato d’interesse strutturale è che il carbon nanotube (SWNT puro) ha un modulo di Young nominale di 1 TPa. Quindi è interessante osservare la variazione (quinta colonna in tabella I.4.1) nelle dimensioni della struttura anisogrid, al variare di un quantitativo aggiunto di carbon nanotubes (dallo 0 al 5 % in volume) pensato uniformemente distribuito nel composito. Nella procedura di calcolo (basata sul modello di Vasiliev [3]) l’introduzione dei carbon nanotubes è stata implementata secondo i seguenti criteri: 1. Il valore della densità del sistema (composito + carbon nanotubes) è quella del composito di partenza

(Hs/Ep [c1][c2]) non essendo al momento disponibile, in bibliografia, il dato per i carbon nanotubes. 2. Il modulo di Young del materiale equivalente (Hs/Ep + carbon nanotubes) viene calcolato con la regola

delle miscele considerando la variazione percentuale in volume (dei rispettivi valori di Ec ed Eh) eseguendo, pertanto, una valutazione di massima del comportamento sforzi – deformazioni.

3. Per il carico ultimo (σu) sono stati eseguiti due test: 3.1 Il carico ultimo del sistema viene imposto uguale a quello del composito di partenza poiché il dato

relativo ai carbon nanotubes è il tensile strenght e non il carico ultimo. Inoltre, è un valore a trazione e non a compressione, e puramente teorico.

3.2 Il carico ultimo del sistema è calcolato con la regola delle miscele (dei valori del composito e dei

nanotubi) considerandone la variazione percentuale in volume (come da punto 2). Il metodo 3.1 ed il 3.2 forniscono gli stessi valori numerici poiché, in entrambi i casi, si ha la condizione σu

>σt che, nella teoria di Vasiliev, impone un dimensionamento della struttura indipendente dal σu stesso [v1]. Inoltre, lo stesso σt non dipende dal σu [v1]. Pertanto, in questo caso (sistema Hs/Ep + carbon nanotubes), gli andamenti sono legati solo alla variazione del modulo di Young come da punto 2. Se al variare della percentuale del nanorinforzo si fosse verificata la σu <σt, allora, secondo Vasiliev, le dimensioni strutturali sarebbe dipese anche dal σu. Come evidenziato in tabella I.4.1, nell’ambito di una valutazione iniziale, aggiungere come materiale di rinforzo i nanotubi in carbonio, produce quanto segue: • Le grandezze non funzione del modulo di Young non cambiano (secondo il criterio di punto 1). • Gli spessori (H, bc, bh) diminuiscono, quindi anche i rapporti bc/ac e bh/ah. • I moduli di Young (Ec, Eh) aumentano secondo la regola della miscele. • Le masse (M, m1, m2) diminuiscono e aumenta lo sforzo di soglia (σt). Per capire l’importanza dell’introduzione dei carbon nanotubes all’interno di un contesto strutturale, è necessario studiare cosa accade nel passaggio da un materiale tradizionale a uno avanzato. Nella tabella I.4.2 sono riportate le dimensioni caratteristiche di una struttura lattice anisogrid cilindrica (raggio R: 1.5 m, altezza L: 4 m, carico di compressione assiale P: 3MN, implementata secondo il modello di Vasiliev [v1]) in funzione del materiale impiegato. Vale a dire, una lega di alluminio 2024 (per un classico impiego aeronautico [c1]), il composito Hs/Hp [c1], e infine il sistema Hs/Ep + carbon nanotubes al 5% (pensati uniformemente distribuiti). Confrontando le varie dimensioni in tabella, nel passaggio dalla lega 2024 a un

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composito che presenta un piccola percentuale aggiunta di carbon nanotubes (5%), s’osserva come, almeno dal punto di vista puramente teorico, vi sia una significativa riduzione delle sezioni resistenti (H, bh, bc), della massa totale (∆M = 206.2953 - 69.7575 = 136.5378 Kg) e nei parametri m1 ed m2. Tutto ciò rappresenta una ulteriore conferma del notevole interesse internazionale (scientifico e industriale) che si ha per i nanotubi.

GRANDEZZA\MATERIALE Al (2024) Hs/Hp 5% CN

H [m] 0.0188 0.0152 0.0134 ah [m] 0.4215 0.4215 0.4215 ac [m] 0.5000 0.5000 0.5000 bh [m] 0.0175 0.0157 0.0148 bc [m] 0.0104 0.0093 0.0088 nc [1] 9 9 9

M [Kg] 206.2953 84.1373 69.7575 m1 [Kg/m3] 7.2962 2.9757 2.4672

p [N/m2] 4.2441E5 4.2441E5 4.2441E5 m2 [Kg/m3] 7.2584 2.9603 2.4544 tabella I.4.2 dimensioni della struttura anisogrid al variare del tipo di materiale impiegato

Riguardo a un loro effettivo impiego vi sono, però, tutta una serie di problemi ancora da risolvere:

• sviluppo di processi di sintesi semplici, stabili, ripetibili (a parità di parametri imposti) e in grado di caratterizzare (criteri di crescita), per ogni famiglia di nanotubi, la procedura da impiegare

• miglioramento delle tecniche di estrazione e purificazione del nanotubo dal materiale amorfo e dai catalizzatori richiesti dal processo di sintesi

• caratterizzazione (meccanica, termica, elettrica, magnetica) dei nanotubi • studio e sviluppo per la realizzazione e la funzionalizzazione di provini in composito con rinforzo in

nanotubi • test di laboratorio e formulazione di modelli che descrivano i processi sopra elencati • implementazione dei processi tecnologici per la produzione di strutture complesse impiegando

materiali compositi rafforzati con nanotubi in carbonio. Nel capitolo II della Tesi è riportata un’ampia trattazione delle problematiche appena descritte. È stato precedentemente osservato come, durante la fase preliminare del progetto della struttura anisogrid, sia utile valutare come cambiano le dimensioni caratteristiche al variare di uno dei parametri di riferimento (es: R, ne, L, %CN). Ancora più significativa è l’analisi fatta in corrispondenza della variazione simultanea di due parametri. È possibile scegliere tutte le possibili coppie dei parametri iniziali di riferimento, ma quella di maggiore interesse, nell’ambito dello studio di una applicazione aerospaziale, è quella (R, L): raggio e lunghezza della struttura In fig. I.4.1 sono riportati alcuni dei plot 3D della procedura di calcolo (allegato I.3) che, basandosi sulla teoria di Vasiliev [v1], calcola le dimensioni di una struttura anisogrid cilindrica in corrispondenza della variazione simultanea di R (1÷2 m) ed L (3÷4 m), vale a dire al variare del rapporto di snellezza (R/L).

1

1.5

2

2.5

3

3.5

4

4.540

60

80

100

120

R [m]

Vasiliev: massa complessiva della struttura, minimizzata secondo Vasiliev

L [m]

M [K

g]

1

1.5

2

2.5

3

3.5

4

4.56

8

10

12

14

R [m]

Vasiliev: numero delle ribs circonferenziali intero

L [m]

nc [1

]

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fig. I.4.1 grafici di M, nc, bh/ah, bc/ac, H, p al variare di R ed L

Dopo aver analizzato la variazione delle dimensioni di una struttura anisogrid in funzione dei parametri dimensionali e del materiale applicato, è interessante, sempre impiegando il metodo di Vasiliev [v1], studiare cosa accade al variare del carico P. Supponendo che esso vari nel range 3÷4 MN, si ottengono gli andamenti riportati nella tabella I.4.1 che evidenziano un logico aumento delle sezioni resistenti (H, bc, bh) al crescere del carico applicato.

1

1.5

2

2.5

3

3.5

4

4.50.032

0.034

0.036

0.038

0.04

0.042

0.044

R [m]

Vasiliev: rapporto bh/ah

L [m]

bh/a

h [1

]

1

1.5

2

2.5

3

3.5

4

4.50.016

0.017

0.018

0.019

0.02

0.021

0.022

R [m]

Vasiliev: rapporto bc/ac

L [m]

bc/a

c [1

]

1

1.5

2

2.5

3

3.5

4

4.50.013

0.014

0.015

0.016

0.017

R [m]

Vasiliev: altezza delle ribs circonferenziali & elicoidali

L [m]

H [m

]

1

1.5

2

2.5

3

3.5

4

4.52

4

6

8

10

x 105

R [m]

Vasiliev: carico per unità di superficie

L [m]

p [N

/m2]

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I.5 ANALISI FEM PRELIMINARI L’implementazione della teoria di Vasiliev, richiede una successiva analisi agli elementi finiti per la verifica della resistenza (statica e dinamica) dell’elemento strutturale (fig. I.5.1), alle condizioni di carico e vincoli imposti. Da osservare come il modello impiegato [v1] non impone nessuna condizione sui vincoli e, come è già stato precedentemente ricordato, fornisce solamente un preliminary design [v1].

fig.I.5.1 anisogri lattice structures

Definito il raggio (R), l’altezza (L), il materiale e il carico applicato (P), affinchè sia possibile dimensionare tutte le grandezze della struttura (tramite una procedura in “cascata”) serve definire una grandezza di riferimento iniziale dalla quale, tramite le formule in [v1], ricavare tutte le altre. In proposito, Vasiliev non suggerisce nessun parametro di partenza, quindi come dato iniziale è stato imposto, arbitrariamente, un determinato numero di rib elicoidali (ne) così motivato: • le rib elicoidali sono gli elementi strutturali di maggiore importanza per una elemento lattice anisogrid • non imponendo un valore numerico specifico a nessuna grandezza dimensionale, non si “forzano” i

valori di tutte le altre. L’elemento studiato ha le seguenti caratteristiche: raggio R = 1.5 m altezza L = 4 m numero delle rib elicoidali ne = 20 (destre e sinistre per un totale di 40)

il materiale impiegato è una lega d’alluminio Al2024 avente:

densità ρ = 2800 Kg/m3 modulo di Young E = 70 GPa coefficiente di Poisson ν = 0.33 carico ultimo σu = 400 MPa

Si pensa agente un carico assiale di compressione totale di P = 3 MN, applicato all’estremità della struttura incastrata nella estremità opposta (fig. I.5.2).

fig.I.5.2 carico e vincoli applicati

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Implementando il modello di Vasiliev (*) si ottengono le seguenti dimensioni:

DIMENSIONE VALORE [m] H 0.0188 bc 0.0104 bh 0.0175 ac 0.5000 ah 0.4125

* = vengono rispettati, almeno numericamente parlando, i tre vincoli statici e di stabilità [v1] del dimensionamento a massa minima.

tabella delle dimensioni ottenute

Con le suddette dimensioni,e, tramite l’utilizzo di Femap e Nastran, è stata eseguita l’analisi FEM ottenendo i seguenti risultati: • vengono ripettate le condizioni al contorno degli spostamenti totali secondo i vincoli imposti (fig. I.5.3 e

fig. I.5.4) • massimo sforzo di compressione (nella regione centrale della struttura) pari a 5.671E8 Pa che è superiore

a quello massimo ammesso dalla lega 2024, pertanto, secondo il modello FEM, la struttura non resiste staticamente al carico applicato (fig. I.5.5, fig. I.5.6 e fig. I.5.7)

• autovalore λ = Pcr/P pari a 0.16 vale a dire che la struttura presenta delle regioni di instabilità (buckling locale)

• a condizione di carico e vincoli nulli, le prime sei frequenze naturali di vibrazione (traslazionali e rotazionali sui tre assi del riferimento cartesiano) sono nulle e questo permettete di stabilire che la modellizzazione FEM è pressoché corretta (in fig. I.5.8 sono riportate la settima e la nona frequenza).

fig.I.5.3 andamento delle traslazioni locali

fig.I.5.4 andamento delle traslazioni locali con evidenziati gli spostamenti

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fig.I.5.5 stress a compressione

fig.I.5.6 particolare degli stress a compressione

fig.I.5.7 ingrandimento della distribuzione degli stress nella zona centrale

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fig.I.5.8 settima e nona frequenza naturale di vibrazione

Pertanto, dai dati emersi sembrerebbe confermato che il dimensionamento fatto tramite la teoria di Vasiliev, anche se numericamente rispetta le condizioni di vincolo e la minimizzazione della massa M, rappresenta una base di partenza dalla quale calcolare le dimensioni che, realmente, garantiscno la resistenza strutturale statica e dinamica. Sono state eseguiti tutta una serie di verifiche e controlli, singoli e incrociati sulla presenza di eventuali errori commessi nel dimensionamento (tramite la procedura MATLAB) e nella modellizzazione FEM, ma non sono emerse discrepanze anzi si è avuta una uniformità nei valori numerici delle grandezze confrontabili (es. verifica dell’uguaglianza tra valore numerico della massa M della struttura modelizzata FEM con quello fornito dalla teoria di Vasiliev). Il passo successivo consiste nell’aumentare la sezione delle rib elicoidali vale a dire degli elementi di maggiore importanza in una struttura anisogrid [v1][v2]. Si è passati a una sezione quadrata avente H = bh = 0.025 m (quindi con un maggior momento d’inerzia I e quindi con un carico critico ammissibile più elevato), ottenendo i seguenti risultati:

• vengono rispettate le condizioni al contorno sugli spostamenti totali secondo i vincoli imposti (fig. I.5.9)

• massimo sforzo di compressione (sempre nella regione centrale della struttura) pari a 2.57E8 Pa che è inferiore a quello massimo ammesso dalla lega 2024, pertanto, secondo il modello FEM, la struttura è in grado di resiste al carico applicato (fig. I.5.10)

• autovalore λ = Pcr/P pari a 0.35, superiore al precedente, ma ancora in condizioni di buckling locale • a condizione di carico e vincoli nulli, le prime sei frequenze naturali di vibrazione (traslazionali e

rotazionali sui tre assi del riferimento) sono ancora nulle (in fig. I.5.11 sono riportate la settima e la nona frequenza).

fig.I.5.9 traslazioni totali, traslazioni totali con relativa deformata

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fig.I.5.10 stress a compressione

fig.I.5.11 settima e nona frequenza naturale di vibrazione

Con i precedenti risultati sembrerebbe risolto il problema della resistenza statica, eseguendo a posteriori una riduzione graduale della sezione delle rib elicoidali fino al valore di sforzo massimo (della struttura) uguale a quello ultimo del materiale (per poi tenere conto dei fattori di sicurezza richiesti). Ma il problema del buckling locale e globale non lo è. Vanno eseguiti ulteriori studi per verificare se effettivamente, con il modello di Vasiliev, si ottiene una struttura anisogrid a massa minima che rispetta le tre condizioni di vincolo (statiche e di stabilità) sul carico. Analizzando le strutture realizzate presso il CRISMB di Mosca (fig. I.2.8, immagine a sinistra) sembrerebbe che il numero delle costole elicoidali (ne) impiegato in questa analisi FEM sia basso. Aumentandolo si ha un incremento del numero delle costole circonferenziali nc e quindi una diminuzione della lunghezza di quelle elicoidali tra due punti nodali. Vale a dire un aumento del carico critico che, per l’elemento trave (con il quale è stata modellizzata la struttura analogamente a come suggerito in [v1]), è inversamente proporzionale al quadrato della lunghezza dell’elemento stesso e pertanto con un presumibile miglioramento nella stabilità della struttura. L’analisi FEM a nc = 50 è stata implementata con le seguenti condizioni:

• il materiale impiegato è una lega in alluminio 2024

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• la struttura è vincolata alla base con incastri e sulla testa (punto di applicazione del carico) con un appoggio semplice che non permette le traslazioni ortogonali all’asse longitudinale

• rimangono invariati i valori del carico P, del raggio R e dell’altezza L.

Impiegando il programma di calcolo in MATLAB per il dimensionamento secondo la teoria di Vasiliev, e imponendo un numero di costole elicoidali pari a 50, sono stati ricavati i valori numerici delle grandezze caratteristiche della struttura. Ancora una volta la procedura stabilisce che i vincoli imposti [v1] sono rispettati. Sarà necessario avere una conferma mediante l’analisi agli elementi finiti.

fig.I.5.12 modello FEM con 50 costole elicoidali

Nella fase di disegno della struttura (fig.I.5.12), è stata posta molta attenzione nel riprodurre esattamente la geometria anisogrid [v1], per non introdurre elementi d’errore tali da poter, eventualmente, influenzare in modo significativo i risultati FEM. Sia l’analisi statica che di stabilità dovrebbero mostrare la sua capacità di resistere al carico applicato. Sono state eseguite due analisi. La prima disegnando la struttura con le dimensioni fornite dalla procedura di Vasiliev. I risultati ottenuti sono:

• i carichi massimi di compressione sono superiori a quelli ultimi del materiale. Pertanto, localmente la struttura presenterà dei cedimenti

• l’autovalore è uguale a λ = 0.28 (fig.I.5.13), vale a dire in corrispondenza di una condizione di carico che produce un buckling. Tale instabilità, in questo caso, è globale ed è dovuta a una sovrastima della rigidezza apparente del reticolo omogeneizzato come un continuo (rib “spalmate” su una superficie, tale che, il cilindro lattice anisogrid viene modellizzato come uno guscio continuo).

fig.I.5.13 global buckling (vista laterale e vista dall’alto) con λ = 0.289441

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Quindi, anche impiegando 50 rib elicoidali si ha un cedimento strutturale del tipo statico e instabilità. Per quanto concerne l’analisi statica l’incremento nella sezione delle costole elicoidali porta sicuramente a una distribuzione degli sforzi a livelli inferiori al valore ultimo del materiale. Questo è esattamente la stessa cosa che si è verificata con ne = 20. Per la stabilità, per contro, va fatto il seguente ragionamento: il carico critico è:

• proporzionale al momento d’inerzia (I) della sezione, quindi, dal cubo di H (fig. 1.2.1)

• inversamente proporzionale al quadrato alla lunghezza del tratto di rib elicoidale tra due nodi. Sul secondo punto già si è operato aumentando il numero delle rib, sul primo si agisce aumentando del 50% il valore di H (fig. 1.2.1). I risultati che si ottengono, mediante questa seconda analisi, sono:

• il problema statico viene risolto poiché vi sono sezioni resistenti maggiorate. Ovviamente non ci si trova più nelle condizioni, alla Vasiliev, di massa minima

• l’autovalore diventa λ = 0.68.

I questa seconda analisi l’aumento di λ (per ogni configurazione analizzata ne vengono sempre calcolati almeno cinque tutti con valori prossimi a quelli presentati) sembrerebbe essere un miglioramento delle condizioni della struttura sovradimensionata rispetto alla teoria di Vasiliev. In realtà, poiché se nel primo caso il buckling globale poteva essere interpretato come un problema di condizioni al contorno risolvibile scegliendone un set opportuno, adesso la presenza di un buckling locale evidenzia che vengono a cadere tutte le condizioni di vincolo [v1] imposte per il dimensionamento a carico critico delle rib elicoidali. Va inoltre sottolineato, come nel calcolo dello sforzo agente sulle rib elicoidali [v1] (inclinate di ±Φ rispetto alla direzione di applicazione del carico) si considera solo la componente di P che agisce lungo l’asse della rib stessa. Vale a dire che non si considera quella normale che induce un comportamento flessionale della costola quale perturbazione locale che allontanando l’elemento dalla posizione di equilibrio origina instabilità ossia local buckling. Anche eseguendo un modello della struttura considerando gli elementi non più come travi (quindi comportamento assiale e flessionale), ma come aste (flessione nulla vale a dire struttura reticolare) si verifica, nuovamente, il buckling. Quindi, sembra essere confermato quanto riportato da Vasiliev, vale a dire che la teoria impiegata altro non è che un dimensionamento di massima che dove essere, necessariamente, supportato da successive analisi FEM e di laboratorio. Ancora una volta viene ribadito che, visto la complessità della struttura, nonché l’elevato numero di incognite presenti, arrivare a un dimensionamento definitivo (partendo da uno iniziale basato su un principio di minimizzazione della massa secondo un criterio geometrico) di una struttura lattice anisogrid è un percorso non facile.

fig.I.5.14 local buckling (vista laterale e vista dall’alto) con λ = 0.202065

In fig. I.5.1.4 è mostrato un buckling locale di una anisogrid a 50 rib elicoidali (vincoli: struttura incastrata alla base). Va sottolineato che l’impiego di strutture più semplici come quelle continue (gusci) o le isogrid richieda un modello e uno sforzo di calcolo più semplice, ma per contro si ha una minore efficienza in termini di comportamento e leggerezza. Quindi, il passaggio a una configurazione anisogrid va fatto cercando di poter sviluppar un modello che sia in grado di fornire dei valori delle grandezze geometriche tali da resistere,

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staticamente e dinamicamente, ai carichi applicati rispettando tutti i vincoli imposti [v1]. Vale a dire una procedura del tipo:

• dimensionamento iniziale (preliminary design) secondo un modello alla Vasiliev che però sia in grado di fornire valori dimensionali più prossimi a quelli in cui si ha l’effettiva resistenza statica e dinamica della struttura

• analisi FEM

• disegno finale (final design) delle struttura anche in funzione di eventuali test reali su modelli in scala 1:1 (analisi dei materiali, dimensionamento statico e dinamico, studio di stabilità: local & global buckling).

Prima di riepilogare i risultati ottenuti in questo paragrafo, è utile riportare ulteriori considerazioni bibliografiche sulle strutture lattice anisogrid. Esse, evidenziano una notevole efficienza in termini di leggerezza, efficienza e comportamento statico e di stabilità. Si ha, inoltre, un incremento notevole dei carichi sopportabili dalla struttura. È stato osservato che le rib circonferenziali, sotto l’azione del carico di compressione, non sono sottoposte a un livello di stress particolarmente elevato, e le eventuali pelli, praticamente, non sopportano alcun carico assiale. Le lattice anisogrid structures presentano queste ulteriori peculiarità [v1]:

• a parità di carico normalizzato hanno una densità apparente inferiore delle strutture sandwich e dei gusci pieni

• al crescere della frazione di volume della fibra (nel caso del composito) la rigidezza aumenta costantemente, mentre la resistenza specifica dopo un aumento iniziale tende a decrescere.

Per la realizzazione viene impiegata la tecnica del Filament Winding (esistono diversi metodologie [c1]), e i parametri caratteristici della struttura, all’atto della realizzazione tendono, localmente, a subire una riduzione anche notevole (fino al 20% del modulo di Young, del 60% della resistenza a compressione [v1]) a causa:

• delle intersezioni tra le rib elicoidali e circonferenziali, • della non uniformità nella distribuzione delle fibre • del loro danneggiamento nel contatto con l’apparato di deposizione.

Inoltre, il volume delle fibre non corrisponde necessariamente al valore reale ottimale e si ha una disuniformità nella lunghezza dei vari segmenti delle rib. Pertanto, la fase di test è indispensabile a causa della complessità geometrica della struttura anisogrid, dell’elevato numero di parametri in gioco, e ricordando che l’impiego di modelli in scala possono non fornire dati attendibili. Utilizzando il modello di Vasiliev [v1] è stato sviluppato un programma di calcolo con il quale, partendo dalle specifiche (raggio e altezza dell’elemento, carico applicato, materiale impiegato) iniziali di partenza, ricavare le dimensioni preliminari della struttura. Passando poi a una successiva verifica (statica, dinamica e di stabilità) FEM. Di estrema utilità è stato lo sviluppo di ulteriori procedure con le quali, sempre basandosi sul modello di Vasilev, studiare le variazioni dimensionali della struttura al variare dei parametri di progetto (R, ne, L, %CN). Al momento l’analisi FEM ha evidenziato come il modello di Vasiliev rappresenti solo un dimensionamento di massima iniziale. Sia lo studio statico che quello di stabilità (local & global buckling) mostrano che, anche se i tre vincoli imposti [v1] vengono numericamente soddisfatti (le procedure MATLAB confermano tutto ciò), non lo sono necessariamente nell’analisi FEM. Soprattutto nel dimensionamento a condizione σu > σt, nella quale i suddetti vincoli possono non essere più validi [v1]. Pertanto, sono necessari ulteriori studi per giungere a un modello in grado di fornire un dimensionamento corrispondente alla resistenza statica (stabile) e dinamica dell’elemento, anche in funzione dell’impiego di geometrie più complesse. Note:

1. le analisi riportate in questo paragrafo sono state condotte con la seguente condizione: nel paragrafo I.3 è riportato che:

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( )φsina

a hc 2

=

con la quale, dato ah, si ricava ac. Da ac si calcola nc il quale ha un valore non intero. Quindi lo si rende intero e si determina il corrispondente valore di ac. Per chiudere il loop andrebbe rideterminato ah, ma esso, fissato ne, rimane in realtà invariato (allegato I.1). Ricordando che φ non cambia in quanto dipende da altri parametri [v1].

2. quando si indica il numero di rib elicoidali (es: 50) s’intende singolarmente il numero di quelle destre e quelle sinistre. Pertanto, per un numero complessivo di rinforzi elicoidali pari al doppio nt = 2ne.

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I.6 CONSIDERAZIONI GENERALI SUL MODELLO DI VASILIEV

Per capire e implementare le analisi numeriche condotte nei precedenti paragrafi è necessario studiare in maniera approfondita il modello di Vasiliev. Esso si basa sul calcolo delle dimensioni caratteristiche di un elemento lattice anisogrid a simmetria cilindrica rispettando le seguenti tre condizioni:

• Massa minima della struttura • Resistenza statica • Stabilità locale e globale.

Nel paragrafo I.5 è stato dimostrato mediante le analisi FEM che, apparentemente, il comportamento della struttura dimensionata a massa minima non permettere di ottenere le condizioni di resistenza statica e di stabilità. Pertanto, è richiesta una analisi dettagliata del modello. Un elemento lattice anisogrid è costituito da elementi elicoidali e circonferenziali e non da una geometria cilindrica piena. Partendo dal valore numerico della massa M fornito da Vasiliev per una asinogrid di altezza L e carico applicato P, è possibile determinare lo spessore equivalente (deq) che avrebbe un elemento continuo e non reticolale di uguale altezza. In. fig. I.6.1 è mostrata la sezione dell’elemento continuo.

fig. I.6.1 geometria e dimensioni caratteristiche della sezione della struttura continua (no anisogrid) a simmetria cilindrica

Dove:

2dRRe += 2dRRi −=

se A è la sezione resistente dell’elemento cilindrico continuo si ha:

( ) ( )( ) ( ) ( ) RddRdRddRRRRRRRRRRA ieieieieie πππππππ 2222222 =−++=+=−+=−=−=

con la densità ρ espressa come:

ρρρ MVMV

VM

=⇒=⇒=

e dove V è il volume della struttura continua. Quindi:

ρππρππ

RLM

RLMd

RLVdRdALV eqeqeq 22

12

2 ==⇒=⇒==

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Esempio: composito con matrice in resina epossidica, rinforzo a fibre lunga in carbonio: Hs/Ep [c1][c2], così caratterizzato (paragrafo I.4):

31578 mKghc == ρρ mR 5.1= mL 4= KgM 1373.84= Applicando la formula di deq appena calcolata si ricava uno spessore equivalente pari a:

''0551.04.10014.0157845.12

1373.84===

×××= mmmdeq π

È possibile operare anche partendo dal valore del momento d’inerzia I della struttura lattice anisogrid (dimensionata secondo il modello di Vasiliev) e, noto quello di una struttura cilindrica piena, ricavarne lo spessore equivalente. In questo caso non più a parità di massa M, ma a parità di caratteristica inerziale I. Ora viene dimostrata la relazione geometrica che lega ac con ah [v1]:

fig. I.6.2 relazione tra ac e ah

Ricordando che:

( ) ( )φφ sin90cos =−°

Si ha:

( ) ( ) ( )φφφ

sin2sin90cos

2h

ccch a

aaaa

=⇒=−°=

Inoltre, sia 2l la lunghezza di una rib elicoidale tra due rinforzi circoferenziali (fig. I.6.2). E con la:

( ) ( ) ( )φφφ cossin22sin =

si ha:

( ) ( ) ( ) ( )( ) ( )φφφφφ

2sin2sincos22cos2cos2 hhc

caaa

lla ===⇒=

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Nel paragrafo I.3 è stata definita la distanza d, tra due rib elicoidali (appartenenti a una stessa famiglia: o destre o sinistre) contigue, in direzione ortogonale all’asse longitudinale dell’elemento. Il legame tra d e ah è esprimibile come (fig. I.6.2):

( )φcosdah =

La distanza d, essendo la struttura a simmetria cilindrica, è un arco di circonferenza compreso tra due rib elicoidali (della stessa famiglia) i e j contigue. In realtà quando la struttura viene disegnata al calcolatore (FEMAP) per le analisi agli elementi finiti (FEM, NASTRAN), per ragioni di costruzione, d è la distanza rettilinea tra i e j, contro una distanza circonferenziale pari a lij (vedi fig. I.6.3). Quindi, s’introduce un errore di carattere geometrico. Questo errore può essere significativo quando il numero dei rinforzi elicoidali è basso. Ma, come evidenziato in [v1], poiché i dimostratori realizzati hanno un elevato numero di helical rib ne, allora l’errore tende ad annullarsi. Infatti:

fig. I.6.3 errore introdotto nel disegno FEM della struttura

Se ije ldn →↑⇒

Ora viene dimostrata la relazione che esprime gli sforzi σT agenti sulle rib elicoidali [v1]:

fig. I.6.4 schema di distribuzione dei carichi sulle rib elicoidali (vedasi fig. I.3.1)

Pi è il carico agente su ogni singolo rinforzo elicoidale. Quindi, con ne rinforzi elicoidali destri e altrettanti sinistri, il loro numero totale è nt = 2ne. Pertanto, il carico totale P vale Pi x nt. At è l’area totale resistente delle nt rib elicoidali.

tt A

P=σ

( )h

e aR

dRn φππ cos22

==

( )( ) ( ) ( ) ( ) ( )φπφπφφφ 2cos4cos2cos22coscos ⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛===

h

h

hhehtht a

bRH

aRHbnHbnbHA

( )φπσ 2cos4 h

ht RHb

Pa=

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Dove banalmente si dimostra come debba valere la relazione (5) di [v1] a seguito riportata, riguardante il vincolo della resistenza statica della struttura (relazione 1. di paragrafo I.3):

( )φπσ 2cos4 h

h

u RHba

P ≤

Con σu = carico di rottura del materiale. Nel modello di Vasiliev il valore numerico bh corrisponde alla larghezza delle rib elicoidali in direzione parallela a quelle circonferenziali (fig. I.3.1 e fig. I.6.4). Nei programmi di calcolo sviluppati in MATLAB (paragrafo I.4), invece, con bh è stato assunto la larghezza del rinforzo elicoidale in direzione ortogonale al suo asse (fig. I.6.5). Dal punto di vista del valore numerico della massa M della struttura non cambia niente in quanto le aree dei due rettangoli (uno ortogonale e l’altro no in fig. I.6.5) è la medesima. Quello che cambia è la sezione resistente al carico P, come evidenziato in fig. I.6.6 nella quale s’osserva che bh* è il bh (fig. I.6.5) adottato da Vasiliev a cui corrisponde una sezione resistente, ortogonale all’asse della rib, pari a bh*cos(φ) che è inferiore a bh** che, invece, è il bh utilizzato nelle procedure di calcolo in MATLAB. Inoltre, vale la relazione: bh* = bh**.

fig. I.6.5 schemi delle sezioni resistenti dei rinforzi elicoidali

fig. I.6.6 differenza tra le diverse sezioni resistenti adottate

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Uno degli aspetti più significativi affrontati nelle analisi dei precedenti paragrafi è stato quello della stabilità locale e globale della struttura (local and global buckling). Ora viene dimostrata la relazione [v1] riguardante la stabilità locale dei rinforzi elicoidali (formula 3. di paragrafo I.3). Pcr: carico critico di una rib elicoidale Ah: sezione di una rib elicoidale σcr: sforzo critico di una rib elicoidale

2

32

2

2

121

lHb

ElEIP h

hcr ππ==

( ) ( )φπφππσ 2sin31

12sin4

122

22

2

222

2

22

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=====

h

hh

h

hhhh

h

cr

h

crcr a

bEa

bEl

bEHbP

AP

Affinché la struttura sia localmente stabile deve essere (local buckling delle rib elicoidali):

crT σσ <=

Quindi:

( ) ( ) ( ) ( )φφπφπφπ

2sincos342sin

31

cos422

332

22

2 ⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛≤⇒⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛<=

h

hh

h

hh

h

h

ab

RHEPab

ERHb

Pa

Nella Nota 1. di paragrafo I.5 è riportato che: dal modello di Vasiliev vale la relazione:

( )φsina

a hc 2

=

con la quale, dato ah, si ricava ac. Da ac si calcola nc il quale ha un valore non intero. Quindi lo si rende intero e si determina il corrispondente valore di ac. Per chiudere il loop andrebbe rideterminato ah, ma esso, fissato ne, rimane in realtà invariato (allegato I.1). Ricordando che φ non cambia in quanto dipende da altri parametri [v1]. I programmi di calcolo in MATLAB, con i quali dimensionare una anisogrid sono strutturati secondo la procedura appena descritta (per comodità denominata procedura1). Poiché ac, ah e φ sono fra loro legati sarebbe necessario, almeno dal punto di vista numerico, dopo aver calcolato ac, in corrispondenza di nc intero, calcolare di nuovo anche le altre grandezze a esso legate. A seguire viene riportata la procedura iterativa completa (denominata procedura2):

1. fissare un numero di rib elicoidali ne = fissato = costante 2. calcolo della distanza d

ee nR

nCd π2

==

3. calcolo di ah (noto φ dal modello di Vasiliev)

( )φcosdah =

4. calcolo di ac

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( )( )( ) ( )φφφ

φ tgdda

a hc 2sin

cos2sin2

===

5. calcolo del numero delle rib circonferenziali nc (noto ac)

1+⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=

cc a

Ln ≠ intero

6. mediante un arrotondamento si rende nc intero

int=cn

7. si ricalcala in ac corrispondenza di un valore intero di nc

( )1−= cc nLa cc

cc a

ab

b =

8. mantenendo fissato l’angolo φ e noti i rapporti bh/ah & bc/ac, si calcolano nuovamente ah, bh

( )φsin2ch aa = hh

hh a

ab

b =

9. si calcola nuovo valore d (in corrispondenza della variazione di ah)

( )φcoshad =

10. quindi, di determina nuovamente ne verificando che non sia in valore frazionario

dRn

nR

nCd e

ee

ππ 22=⇒==

È stato numericamente verificato (mediante le procedure MATLAB) come ne venga mai intero, quindi con l’impossibilità di uscire dalla procedura di calcolo. I punti 1÷8 sono relativi alla procedura1, mentre da 1 a 10 sono quelli che caratterizzano la procedura2 (dove dal punto 7 in poi è il processo iterativo). È stata sviluppata anche un terzo schema di calcolo denominato procedura3. Esso consiste nel:

1. fissare un determinato numero di rib elicoidali ne e circonferenziali nc 2. calcolare φ e i rapporti bh/ah, bc/ac secondo il modello di Vasiliev 3. noto ne si calcola d

ee nR

nCd π2

==

4. quindi in cascata ah e ac

( ) ( )φφ

sin2cos h

cha

ada =⇒=

5. noti i rapporti bh/ah, bc/ac si determinano bh, & bc

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6. quindi si calcola l’altezza L della struttura

( )1−= cc naL

Questa procedura (procedura3), sempre sfruttando il modello Vasiliev, permette di non avere valori frazionari delle grandezze e di non dover iterare. È sicuramente uno schema di calcolo comodo, ma che ha lo svantaggio di non poter fissare inizialmente l’altezza della struttura. Gli schemi di calcolo procedura1, procedura2, procedura3 sono riportati all’interno dell’allegato I.1 Ora vengono riportati degli esempi numerici delle tre procedure, appena illustrate, applicate a una struttura lattice anisogrid a simmetria cilindrica di raggio R = 1.5 m e altezza L = 4 m. Il materiale impiegato è la lega di alluminio 2024 il cui data sheet è riportato nel paragrafo I.5. È stato adottato un numero di rinforzi elicoidali iniziale pari a ne = 50. Procedura1: nella tabella I.6.1 vengono riportati i dati numerici relativi al dimensionamento della struttura secondo il modello di Vasiliev.

GRANDEZZA VALORE NUMERICO ac [m] 0.1905 ac1 [m] 0.1885 ah [m] 0.1686 bc [m] 0.0040 bc1 [m] 0.0039 bh [m] 0.0070

bh/ah [1] 0.0415 bc1/ac1 [1] 0.0208 bc/ac [1] 0.0208

φ1 [°] 26.5595 φ [°] 26.2701

tabella I.6.1 valori delle grandezze caratteristiche della struttura calcolate con la procedura1

Con il pedice 1 si indica i valori numerici delle grandezze calcolati in corrispondenza di un valore non intero di nc. ah e bh non vengono ricalcolati.

fig. I.6.7 disegno schematico della variazione dimensionale nel passaggio da ac ad ac1

In fig. I.6.7 è riportato un disegno schematico che illustra come mantenendo costante ah, nel passaggio da ac ad ac1, vi è una variazione nell’inclinazione delle rib elicoidali (∆φ = φ1 - φ = 0.0051 rad = 0.2922°).

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Inoltre, se:

⎩⎨⎧

=↑

=

c

h

a

ta cos

e considerando la:

( )φsina

a hc 2

=

si ha che:

( ) ↓↓⇒ φφsin

come evidenziato in fig. I.6.7 e come riportato in tabella I.6.1 (φ1 > φ). Per contro, dai risultati numerici si osserva, in corrispondenza dei valori di ac & ac1, una variazione di angolo (∆φ) del tutto trascurabile. Ricordando che:

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛= −

1

11 5.0sin

c

h

aa

φ ⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛= −

c

h

aa

5.0sin 1φ

Procedura2: rimanendo invariato φ, in tabella I.6.2 vengono riportati i risultati numerici ottenuti. Con il pedice 1 si indica i valori numerici delle grandezze calcolati in corrispondenza di un valore non intero di nc.

GRANDEZZA VALORE NUMERICO ac [m] 0.1905 ac1 [m] 0.1885 ah [m] 0.1703 ah1 [m] 0.1686 bc [m] 0.0040 bc1 [m] 0.0039 bh [m] 0.0071 bh1 [m] 0.0070 ne [1] 50 ne1 [1] 49.4822 d [m] 0.1904 d1 [m] 0.1885

bh1/ah1 [1] 0.0415 bh/ah [1] 0.0415 bc1/ac1 [1] 0.0208 bc/ac [1] 0.0208

φ [°] 26.5595 R1 [m] 1.5 R [m] 1.5

tabella I.6.2 valori delle grandezze caratteristiche della struttura calcolate con la procedura2

Si osserva che calcolando nuovamente ne si ottiene un valore non intero. Inoltre i raggi della struttura calcolati con ne intero (R) e non intero (R1) non cambiano, anche se non è fisicamente possibile avere un numero di rinforzi elicoidali frazionario. Ricordando che:

π2edn

R = π2

111

endR =

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e che:

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛= −

1

111 5.0sin

c

h

aa

φ ⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛= −

c

h

aa

5.0sin 1φ

Procedura3: sono fissati i valori di ne e nc. In tabella I.6.3 sono riportati i risultati numerici. Con il pedice 1 si indica i valori numerici delle grandezze calcolati in corrispondenza di un valore non intero di nc.

GRANDEZZA VALORE NUMERICO bh/ah [1] 0.0415 bc/ac [1] 0.0208

φ [°] 26.5595 tabella I.6.3 valori delle grandezze caratteristiche della struttura calcolate con la procedura3

È interessante osservare cosa accade alla lunghezza L quando fissato uno dei due precedenti valori, l’altro aumenta. Ovviamente i valori di L sono calcolati con la procedura3 per ogni coppia ne e nc fissata (al variare di una di loro).

ne = fisso î nc› î L › nc = fisso î ne› î L fl

Procedura punti 1÷9: è stata anche studiato cosa accade, quando si applicano soltanto i punti da 1 a 9 (procedura2 non completa) cioè calcolando nuovamente, in corrispondenza di nc intero, ah e bh mantenendo, però ne invariato al valore iniziale. Con il pedice 1 si indica i valori numerici delle grandezze calcolati in corrispondenza di un valore non intero di nc. In tabella I.6.4 sono riportati i risultati numerici.

GRANDEZZA VALORE NUMERICO ac [m] 0.1905 ac1 [m] 0.1885 ah [m] 0.1703 ah1 [m] 0.1686 bc [m] 0.0040 bc1 [m] 0.0039 bh [m] 0.0071 bh1 [m] 0.0070 ne [1] 50 d [m] 0.1885

bh1/ah1 [1] 0.0415 bh/ah [1] 0.0415 bc1/ac1 [1] 0.0208 bc/ac [1] 0.0208

φ1 [°] 26.5595 φ [°] 26.5595

tabella I.6.4 valori delle grandezze caratteristiche della struttura calcolate con la procedura punti 1÷9

Ricordando che:

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛= −

1

111 5.0sin

c

h

aa

φ ⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛= −

c

h

aa

5.0sin 1φ

Per tutti i risultati numerici mostrati nelle precedenti procedure va, successivamente, verificata la fattibilità fisica del valore (es. non è fisicamente possibile avere nc e ne frazionari).

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I.7 ANALISI DI BUCKLING E DI RESISTENZA STATICA

Nel paragrafo II.5 è stata eseguita una analisi, numerica e agli elementi finiti, preliminare di una struttura cilindrica lattice anisogrid secondo il modello di Vasiliev. Tale modello, fissate le dimensioni caratteristiche dell’elemento (raggio R e altezza L), il materiale e il carico di compressione P applicato, fornisce le dimensioni delle sezioni resistenti (rib elicoidali e circonferenziali) secondo i seguenti parametri:

1. la struttura ha massa M minima 2. in ogni punto il carico agente è inferiore al carico ultimo del materiale 3. non si verifica il buckling locale e/o globale.

I primi risultati hanno permesso di fare le seguenti considerazioni che sono del tutto analoghe a quelle riportate in [v1]:

• numericamente (vedasi plot 3D delle procedure Matlab in fig. I.4.1 e gli allegati I.1, I.2 e I.3) il modello di Vasiliev soddisfa le condizioni sopra enunciate

• l’analisi FEM evidenzia la non resistenza statica della struttura quando viene dimensionata nelle condizioni di massa minima

• sempre nelle medesime condizioni si verifica il buckling locale e/o globale (secondo la configurazione vincolare adottata) con un autovalore massimo riscontrato di λ = 0.68 (ossia il carico applicato P è superiore a quello critico e non uguale come previsto dal modello di Vasiliev [v1]).

In questo paragrafo viene riportato uno studio agli elementi finiti (FEM) con il quale cercare di trovare, almeno dal punto di vista puramente numerico, quella configurazione di vincoli e di carico tale che l’autovalore λ = Pcr/P diventi unitario e che soddisfi alla condizione di resistenza statica. La struttura analizzata ha le seguenti caratteristiche:

raggio R = 1.5 m altezza L = 4 m numero delle rib elicoidali ne = 50 (destre e sinistre per un totale di 100)

il materiale impiegato è una lega d’alluminio Al2024 avente:

densità ρ = 2800 Kg/m3 modulo di Young E = 70 GPa coefficiente di Poisson ν = 0.33 carico ultimo σu = 400 MPa

carico assiale di compressione totale di P = 3 MN. È stato testato un primo set (TEST A) di configurazioni in corrispondenza delle quali il carico è pensato uniformemente distribuito sulla rib cinconferenziale di testa della struttura. Nel sistema di riferimento adottato l’asse y coincide con l’asse longitudinale della struttura. Per i vincoli imposti si adotta il seguente simbolismo: Tx, Ty, Tz: traslazioni impedite lungo l’asse x, l’asse y, l’asse z Rx, Ry, Rz: rotazioni impedite lungo l’asse x, l’asse y, l’asse z Ad esempio, l’incastro viene simboleggiato dalla dicitura: Tx, Ty, Tz, Rx, Ry, Rz. Va sottolineato che nel calcolo degli autovalori gli spostamenti sono definiti a meno di una costante (la soluzione di un sistema algebrico moltiplicata per qualsiasi costante non nulla è ancora soluzione del sistema stesso), quindi i loro valori numerici non hanno significato. Il dato indicativo è soltanto quello di λ con il quale valutare se il carico applicato rappresenta, per la struttura dimensionata secondo il modello di Vasiliev (allegato I.1), il carico critico.

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TEST A CASO 1: la struttura è vincolata alla base (primo rinforzo circonferenziale) con un incastro: Tx, Ty, Tz, Rx, Ry, Rz l’autovalore riscontrato vale λ = 0.202065 (fig. I.7.1: buckling locale sulla testa della struttura in prossimità del carico applicato).

fig. I.7.1 TEST A, CASO 1

CASO 2: la struttura è: vincolata alla base (primo rinforzo circonferenziale) con un incastro: Tx, Ty, Tz, Rx, Ry, Rz vincolata in testa (ultimo rinforzo circonferenziale) con: Tx, Tz l’autovalore riscontrato vale λ = 0.263361 (fig. I.7.2: buckling locale sulla testa della struttura in prossimità del carico applicato).

fig. I.7.2 TEST A, CASO 2

CASO 3: la struttura è: vincolata alla base (primo rinforzo circonferenziale) con un incastro: Tx, Ty, Tz, Rx, Ry, Rz vincolata in testa (ultimo rinforzo circonferenziale) con: Tx, Tz, Rx, Ry, Rz l’autovalore riscontrato vale λ = 0.289441 (fig. I.7.3: buckling globale esteso su tutta la lunghezza longitudinale della struttura).

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fig. I.7.3 TEST A, CASO 3

CASO 4: la struttura è: vincolata alla base (primo rinforzo circonferenziale) con: Ty vincolata in testa (ultimo rinforzo circonferenziale) con: Tx, Ty, Tz il Nastran non permette il calcolo dell’autovalore fornendo un messaggio di FATAL ERROR.

CASO 5: la struttura è: vincolata alla base (primo rinforzo circonferenziale) con: Ty il Nastran non permette il calcolo dell’autovalore fornendo un messaggio di FATAL ERROR. Dopo il TEST A è stato eseguito un test successivo (TEST B) dove è stata variata la distribuzione del carico come segue:

• è stato determinato il numero di nodi totali della mesh della struttura • a ogni nodo è stato applicato un carico di compressione pari al carico totale diviso il numero dei nodi

totali (in sintesi P è stato pensato uniformemente distribuito su tutta la struttura). TEST B CASO 1: la struttura è vincolata alla base (primo rinforzo circonferenziale) con un incastro: Tx, Ty, Tz, Rx, Ry, Rz l’autovalore riscontrato vale λ = 0.398641 (fig. I.7.4: buckling locale alla base della struttura).

fig. I.7.4 TEST B, CASO 1

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CASO 2: la struttura è: vincolata alla base (primo rinforzo circonferenziale) con un incastro: Tx, Ty, Tz, Rx, Ry, Rz vincolata in testa (ultimo rinforzo circonferenziale) con: Tx, Tz l’autovalore riscontrato vale λ = 0.398649 (fig. I.7.5: buckling locale alla base della struttura).

fig. I.7.5 TEST B, CASO 2

CASO 3: la struttura è: vincolata alla base (primo rinforzo circonferenziale) con un incastro: Tx, Ty, Tz, Rx, Ry, Rz vincolata in testa (ultimo rinforzo circonferenziale) con: Tx, Tz, Rx, Ry, Rz l’autovalore riscontrato vale λ = 0.398649 (fig. I.7.6: buckling locale alla base della struttura).

fig. I.7.6 TEST B, CASO 3

CASO 4: la struttura è: vincolata alla base (primo rinforzo circonferenziale) con: Ty vincolata in testa (ultimo rinforzo circonferenziale) con: Tx, Ty, Tz l’autovalore riscontrato vale λ = 0.677977 (fig. I.7.7: buckling locale alla base della struttura).

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fig. I.7.7 TEST B, CASO 4

CASO 5: la struttura è: vincolata alla base (primo rinforzo circonferenziale) con: Ty il Nastran non permette il calcolo dell’autovalore fornendo un messaggio di FATAL ERROR. CASO 6: la struttura è: vincolata alla base (primo rinforzo circonferenziale) con un incastro: Tx, Ty, Tz, Rx, Ry, Rz tutti gli altri nodi vincolati con: Rx, Ry, Rz l’autovalore riscontrato vale λ = 0.877109 (fig. I.7.8: buckling locale alla base della struttura).

fig. I.7.8 TEST B, CASO 6

fig. I.7.9 TEST B, CASO 6 particolare degli spostamenti alla base della struttura

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CASO 7: la struttura è: vincolata alla base (primo rinforzo circonferenziale) con: Tx, Ty, Tz tutti gli altri nodi vincolati con: Rx, Ry, Rz l’autovalore riscontrato vale λ = 0.958556 (fig. I.7.10: buckling locale alla base della struttura).

fig. I.7.10 TEST B, CASO 7

fig. I.7.11 TEST B, CASO 7 particolare degli spostamenti alla base della struttura

Successivamente è stato eseguito il TEST C nel quale è stata provata una diversa configurazione di carico. L’ultimo rinforzo circonferenziale in testa alla struttura è stato collegato (nello schema FEM) tramite elementi rigidi a un nodo posto sull’asse longitudinale della struttura (asse y, fig. I.7.12).

fig. I.7.12 collegamento tra l’ultimo rinforzo circonferenziale un nodo sull’asse y, tramite elementi rigidi

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Sul nodo posto sull’asse y si pensa applicato tutto il carico P, il quale tramite gli elementi rigidi viene distribuito sulla struttura (fig. I.7.13).

fig. I.7.13 applicazione del carico sul non posto sull’asse y (asse longitudinale della struttura)

TEST C CASO 1: la struttura è vincolata alla base (primo rinforzo circonferenziale) con un incastro: Tx, Ty, Tz, Rx, Ry, Rz l’autovalore riscontrato vale λ = 0.29019 (fig. I.7.14: buckling globale lungo l’asse longitudinale della struttura).

fig. I.7.14 TEST C, CASO 1

CASO 2: la struttura è: vincolata alla base (primo rinforzo circonferenziale) con un incastro: Tx, Ty, Tz, Rx, Ry, Rz vincolata in testa (penultimo rinforzo circonferenziale) con: Tx, Tz l’autovalore riscontrato vale λ = 0.291139 (fig. I.7.15: buckling locale alla base della struttura). NOTA: Va osservato che avendo collegato l’ultima rib circonferenziale (in testa alla struttura) con una serie

di elementi rigidi (quindi con rotazioni e traslazioni nulle), i nodi della suddetta rib non sono stati vincolati al fine di non creare dei messaggi di FATAL ERROR nelle analisi di buckling dovute a un sistema non esaminabile per effetto di nodi appartenenti contemporaneamente a elementi rigidi (quelli di connessione al nodo dove è applicato il carico) e non (quelli dell’ultima rib circonferenziale di testa).

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fig. I.7.15 TEST C, CASO 2

CASO 3: la struttura è: vincolata alla base (primo rinforzo circonferenziale) con un incastro: Tx, Ty, Tz, Rx, Ry, Rz vincolata in testa (penultimo rinforzo circonferenziale) con: Tx, Tz, Rx, Ry, Rz l’autovalore riscontrato vale λ = 0.29128 (fig. I.7.16: buckling locale alla base della struttura).

fig. I.7.16 TEST C, CASO 3

CASO 4: la struttura è: vincolata alla base (primo rinforzo circonferenziale) con: Ty vincolata in testa (ultimo rinforzo circonferenziale) con: Tx, Ty, Tz l’autovalore riscontrato vale λ = 0.572697 (fig. I.7.17: buckling locale sulla testa della struttura).

fig. I.7.17 TEST C, CASO 4

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CASO 5: la struttura è: vincolata alla base (primo rinforzo circonferenziale) con: Ty il Nastran non permette il calcolo dell’autovalore fornendo un messaggio di FATAL ERROR. CASO 6: la struttura è: vincolata alla base (primo rinforzo circonferenziale) con un incastro: Tx, Ty, Tz, Rx, Ry, Rz tutti gli altri nodi, tranne quelli dell’ultima rib circonferenziale in testa (vedi NOTA di CASO 2), vincolati con: Rx, Ry, Rz l’autovalore riscontrato vale λ = 0.826804 (fig. I.7.18: buckling locale in testa alla struttura).

fig. I.7.18 TEST C, CASO 6 particolare degli spostamenti del buckling locale in testa alla struttura

CASO 7: la struttura è: vincolata alla base (primo rinforzo circonferenziale) con: Tx, Ty, Tz tutti gli altri nodi, tranne quelli dell’ultima rib circonferenziale in testa (vedi NOTA di CASO 2), vincolati con: Rx, Ry, Rz l’autovalore riscontrato vale λ = 0.826805 (fig. I.7.19: buckling locale alla base della struttura).

fig. I.7.19 TEST C, CASO 7

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CONCLUSIONI (analisi di buckling): in questo paragrafo è stato riportato lo studio del carico critico di una struttura lattice anisogrid cilindrica dimensionata secondo il modello di Vasiliev [v1]. Come è stato più volte ricordato, tale modello definisce le dimensioni della struttura nelle condizioni di massa M minima nelle ipotesi di:

• resistenza statica • stabilità locale e globale (local e global buckling).

Per quanto concerne il secondo punto poiché si ipotizza che il carico P applicato sia proprio il valore critico della struttura, è necessario che l’analisi agli elementi finiti fornisca un autovalore (λ = Pcr/P) pari, o circa, uguale a uno. Nel paragrafo I.5 è stato osservato come le suddette ipotesi dal punto di vista numerico (tramite procedure MATLAB) vengano rispettate, ma non lo siano nelle analisi agli elementi finiti (FEM). Inoltre, è stato evidenziato come l’autovalore sia legato al modello (distribuzione delle forze, configurazione dei vincoli, etc.). Sono stati eseguiti tre test denominati A, B e C che differiscono fra loro secondo il criterio di applicazione del carico P. Su tutti e tre i test sono state adottate una serie di configurazioni vincolari ciascuna delle quali viene denominata CASO n° (per comodità a numero uguale, in tutti i test, corrisponde una medesima configurazione per poter confrontare fra loro gli autovalori al variare del tipo di schematizzazione del carico). In base ai risultati ottenuti, e precedentemente riportati, emerge che il modello FEM che realizza la condizione di autovalore unitario è quello del TEST B CASO 7 (λ = Pcr/P = 0.96) dove, a meno di uno scarto di 0.4 del tutto associabile a fattori di modellistica e software del calcolatore, si ha che il carico P applicato è praticamente uguale a quello critico Pcr (secondo il modello di Vasiliev e alle relative procedure MATLAB). Ovviamente il valore 0.96 può essere ulteriormente affinato, ma questo non è molto significativo in quanto, come riportato in [v1], il modello serve per una prima analisi preliminare (preliminary design) che deve essere seguita sempre da dei test (su scala 1:1) su dimostratori e/o prototipi, in quanto la complessità della struttura non permette di valutarne il comportamento e l’operatività mediante le sole analisi numeriche e FEM. Osservando le varie instabilità locali e globali dei tre test (A, B e C) si osserva come gli spostamenti siano fondamentalmente legati a delle rotazioni e incurvamenti delle rib elicoidali. Impedendo la rotazione degli elementi (CASO 6 e CASO 7) è possibile limitare tale problema è arrivare a valori unitari di λ (TEST B CASO 7). Fissare la non rotazione può essere interpretato come la presenza di una skin che ha una azione di “contenimento” delle rib elicoidali lungo tutta la lunghezza longitudinale L della struttura, in aggiunta a quella delle circonferenziali che hanno un effetto più locale e comunque legata alla riduzione della lunghezza dei rinforzi elicoidali per aumentarne il carico critico ammissibile. È comunque presente un effetto locale come riportato in fig. I.7.11, ma va ricordato che i valori degli spostamenti sono irrilevanti in quanto definiti a meno di una costante. Inoltre, poiché in fase di final design la struttura, tramite i coefficienti di sicurezza, verrà sovradimensionata e sottoposta a prove sperimentali, lo scarto di 0.4 sul valore unitario di λ non viene ulteriormente considerato. Con questo paragrafo si può ritenere conclusa l’analisi di stabilità (local e global buckling) di una struttura lattice anisogrid a simmetria cilindrica dimensionata secondo il modello di Vasiliev [v1]. ANALISI DELLA RESISTENZA STATICA: dopo aver determinato le condizioni FEM che soddisfano ai requisiti di stabilità di una struttura lattice anisogrid dimensionata secondo il modello di Vasiliev, è necessario risolvere anche il problema statico. Le analisi riportate nel paragrafo I.5 mostrano che la struttura, nelle condizioni di massa M minima e secondo la configurazione vincoli/carico adottata, è soggetta a degli sforzi superiori al carico ultimo del materiale (figure I.5.5, I.5.6, I.5.7, I.5.10). Il TEST B CASO 7 dell’analisi di stabilità consente di ottenere un autovalore unitario. Pertanto, è interessante osservare se adottando la medesima configurazione anche il problema statico è risolto. Le caratteristiche (dimensioni, materiale, carico) della struttura sono quelle riportate all’inizio di questo paragrafo. Le girate NASTRAN evidenziano che il massimo sforzo di compressione applicato è pari a circa σcm = 400 MPa che è esattamente uguale a quello ultimo del materiale impiegato (lega di alluminio 2024). Pertanto, a meno di fattori di carattere puramente software, la

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configurazione che soddisfa i requisiti di stabilità (λ unitario) permette anche di rispettare quelli di resistenza statica a massa minima [v1]. Questi risultati sono di estremo interesse in quanto hanno permesso di verificare, in termini numerici e FEM, il modello di Vasiliev. In particolare, è possibile fare alcune osservazioni sulla distribuzione degli sforzi e dei confronti con quanto riportato in bibliografia [v1] (fig. I.7.20÷25):

partendo dalla base e andando verso la testa dell’elemento si rileva una riduzione degli sforzi agenti sia sulle rib elicoidali che su quelle circonferenziali

lo sforzo agente su ciascuna rib circonferenziale è, per ovvie ragioni di simmetria, uniforme su tutto il rinforzo stesso e diminuisce nella direzione della testa della struttura (come da precedente punto)

nella parte alta dell’anisogrid, gli sforzi agenti sulle rib circonferenziali ed elicoidali tendono ad assumere un uguale valore. Vale a dire che il carico tende a uniformarsi. Questo sottolinea come l’azione autostabilizzante svolta dalle circonferenziali [v1] abbia un ruolo meno rilevante in testa alla struttura (al centro e sulla alla base è più critico).

fig. I.7.20 sforzi applicati alla base dell’elemento anisogrid cilindrico

fig. I.7.21 particolare di fig. I.7.20

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fig. I.7.22 sforzi applicati nella parte centrale della struttura

fig. I.7.23 distribuzione degli sforzi in testa all’elemento

fig. I.7.24 sforzi applicati sull’ultimo settore di testa dell’elemento anisogrid

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fig. I.7.25 particolare degli sforzi agenti su una rib circonferenziale

CONCLUSIONI GENERALI: gli studi riportati in questo paragrafo sono molto importanti poiché hanno determinato quale è la configurazione (carichi e vincoli) FEM che soddisfa alla teoria di Vasiliev. Pertanto, è possibile eseguire il design numerico e agli elementi finiti (FEM) di una struttura lattice anisogrid nelle condizioni di [v1]:

massa minima resistenza statica stabilità (local and global buckling) analisi dinamica (frequenze di vibrazione).

VERIFICA CONCLUSIVA n° 1: Quando si cambia il numero delle rib elicoidali (ne) mantenendo costante il raggio (R), l’altezza (L) e il carico di compressione applicato (P), in base al modello di Vasiliev alcune delle grandezze caratteristiche di una struttura anisogrid rimangono costanti, mentre altre variano: grandezze costanti (paragrafo I.3): M, H, m1, m2, p, bh/ah, bc/ac grandezze variate: ac, ah, bc, bh, nc esempio:

raggio R = 1.5 m altezza L = 4 m numero delle rib elicoidali ne = 25 (destre e sinistre per un totale di 50) materiale Al2024, carico di compressione applicato P = 3 MN

con condizioni alla Vasiliev dimostrate dal modello FEM nella configurazione TEST B CASO 7

Passando ad ne = 50, le grandezze variate si dimezzano. Deve essere verificato se, nella nuova configurazione (a parità di R, L, P) con ne = 50, le condizioni di Vasiliev sono ancora rispettate adottando, sempre lo schema TEST B CASO 7. Le analisi NASTRAN, evidenziano che ciò avviene. Pertanto, per qualsiasi variazione delle dimensioni caratteristiche di un elemento anisogrid, se si rispettano i valori delle grandezze fornite dal modello di Vasiliev, è possibile eseguire il design della struttura soddisfacendo, sempre, alle condizioni di resistenza statica e stabilità. VERIFICA CONCLUSIVA n° 2: la teoria di Vasiliev è stata analizzata per strutture di grandi dimensioni. Per elementi cilindrici piccoli emergono dei problemi in termini di divergenza del modello. Infatti, imponendo ad esempio:

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raggio R = 0.056 m altezza L = 4 m numero delle rib elicoidali ne = 8 (destre e sinistre per un totale di 16) materiale Anticorodal, carico di compressione applicato P = 100 Tonn

si ha:

ac: →•, ah: 0.0439 m, bc: →•, bh: 0.0197 m, nc: 1, M: 1.32 Kg, H: 0.0104 m, bh/ah: 0.0449, bc/ac: 0.0015

ovvero, si verificano delle divergenze o al più i valori delle sezioni resistenti sono talmente piccoli (decimi di millimetro) da non essere realizzabili. Pertanto, per strutture lattice multigrid di piccole dimensioni, è possibile effettuare un design conservando la geometria, ma senza l’ottimizzazione alla Vasiliev. VERIFICA CONCLUSIVA n° 3: la geometria cilindrica del tipo lattice multigrid è sicuramente più complessa di quella continua (tubolare), sia in termini di design che di manifattura. Di conseguenza, è necessario dimostrare che esiste un vantaggio sostanziale nel realizzare elementi reticolari. Si consideri la struttura analizzata nel paragrafo I.7. Nel TEST B CASO 7 (fig. I.7.10) sono state dimostrate le condizioni da Vasiliev [v1] con una massa M pari a 206.9953 Kg. È stato calcolato (paragrafo I.6) che un elemento cilindrico continuo (tubolare) di ugual massa (M), raggio medio (R) ed altezza (L) della lattice anisogrid, ha uno spessore equivalente (deq) pari a:

ρππρ RLM

RLMdeq 22

1==

Nel caso in oggetto si ha deq = 0.00195 mm. Realizzando il modello FEM (930 nodi, 930 elementi, elementi plate) è stato trovato un carico critico pari a: Pcr = 1.556.166 N, contro i 3.000.000 N della lattice anisogrid avente uguale M, R, ed L (fig I.7.26). Pertanto, è stato dimostrato, agli elementi finiti, che un elemento lattice multigrid ha una stabilità superiore al continuo equivalente tubolare.

fig. I.7.26 il modello FEM del continuo tubolare equivalente, analisi di buckling (Pcr = 1.556.166 N)

Nel caso dell’analisi statica il continuo equivalente, applicando lo stesso carico P dell’anisogrid, ha uno sforzo massimo (Plate Top von Mises Stress) inferiore al carico di rottura del materiale.

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I.8 REALIZZAZIONE DI UN DIMOSTRATORE PIANO ANISOGRID

Nei precedenti paragrafi è stato analizzato il modello di Vasiliev per il dimensionamento di una struttura lattice anisogrid. Gli studi numerici e agli elementi finiti rappresentano il primo passo necessario per arrivare alla realizzazione di un dimostratore reale su cui eseguire i test necessari a convalidare i risultati analitici. La complessità geometrica della struttura, associata ai problemi di carattere tecnologico (materiali e tecniche di produzione utilizzate), richiede che vengano inizialmente realizzati dei prototipi con geometrie semplici e dimensioni ridotte. La finalizzazione è quella di un elemento strutturale per applicazioni aerospaziali (tronchi di fusoliere, interstadi, pannelli di rinforzo, etc.). La geometria di maggiore interesse è quella cilindrica e tronco conica, ma anche elementi piani possono essere utili in termini di miglioramento nella leggerezza e rigidezza. L’introduzione dei materiali compositi rappresenta un ulteriore passo nel miglioramento delle proprietà e delle prestazioni. Il passaggio da un materiale classico (lega metallica) a uno innovativo (advanced composite material) aumenta la difficoltà intrinseca di tutto il processo. Le problematiche legate ai materiali compositi, con particolare riferimento all’uso dei carbon nanotubes, vengono descritte nel capitolo III. In questo paragrafo viene riportata tutta l’attività richiesta alla realizzazione (dal design al manufacturing) di un elemento strutturale piano del tipo lattice anisogrid. La geometria è del tipo rettangolare costituita da un determinato numero di rib trasversali e orizzontali (è intuitivo il parallelismo tra le elicoidali e le circonferenziali del caso cilindrico). Il modello impiegato per dimensionare la struttura è quello di Vasiliev [v1] implementato in una procedura MATLAB (paragrafi I.3, I.4). Inizialmente, è stato realizzato un grigliato avente una superficie rettangolare (21 cm x 17 cm) costituita da 28 rib trasversali (14 sinistre e 14 destre) e 12 orizzontali (fig. I.8.1). Preventivando una larghezza delle costole (rib) di 4 mm (equivale al bh & bc del caso cilindrico) la distanza dei vari elementi era tale da generare una loro sovrapposizione, ovviamente, fisicamente non possibile.

fig. I.8.1 schema del primo grigliato studiato per la realizzazione del dimostratore lattice anisogrid piano

Quindi, sempre tramite il modello di Vasiliev, è stata adottata un configurazione piana rettangolare (fig. I.8.2) 21 cm x 18 cm costituita da 8 rinforzi trasversali (4 + 4 inclinati di 26.56°) e 4 orizzontali.

fig. I.8.2 schema, in neretto, del secondo grigliato studiato per la realizzazione del dimostratore lattice anisogrid piano

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In questo secondo caso la sezione dei rinforzi è un quadrato di lato 6 mm. Questo si discosta dalla geometria alla Vasiliev (fig. I.2.1), ma poiché lo scopo è quello di analizzare tutte le problematiche nel realizzare un dimostratore e non eseguire un processo di ottimizzazione, tutto ciò non rappresenta un fattore discriminante. Il primo step è quello della realizzazione di uno stampo che riproduca la geometrica dell’elemento. È stata impiegata una tavoletta di truciolato pressato nella quale è stata, tramite una sega rotativa professionale, scavata la geometria richiesta (fig. I.8.3). In questo caso lo stampo verrà distrutto, ma nello sviluppo del processo di industrializzazione delle anisogrid, dovranno essere adottate delle soluzioni a stampo riutilizzabile.

fig. I.8.3 stampo in legno

Il materiale impiegato è costituito da:

• Grafite sintetizzata Aldrich con pezzatura inferiore ai 20µm • Resina epossidica (termoindurente): EPIKOTE 816 • Indurente: TRIAETHYLENTETRAMIN NH2CH2CH2(NHCH2CH2)NH2 (è un indurente

commerciale senza l’aggiunta di un flessibilizzante) • Fibre di vetro (12000 fibre per ogni fascio deposto).

Sono stati realizzate tre miscele ognuna delle quali così costituita da: 50 gr di resina sono stati mescolati con 6 gr (10% in peso della miscela totale) di grafite (filler) a cui, pochi minuti prima della deposizione nello stampo, sono stai aggiunti 10 gr di indurente. È necessario:

• per conoscere gli esatti rapporti in peso tra i componenti impiegati, che ciascuno di essi venga pesato con una bilancia elettronica di precisione di volta in volta tarata.

• evitare che la miscela indurisca (parziale polimerizzazione a temperatura ambiente) prima della sua completa deposizione nello stampo. Per questo motivo l’indurente viene messo immediatamente prima l’inizio della colata nello stampo

• ottenere un elevato grado di uniformità nella distribuzione dei componenti che costituiscono la miscela (è necessario un mescolarli per alcuni minuti).

Ai lati dello stampo sono state incollate quattro asticelle di legno che permettono di depositare, in tutti i canali, un quantitativo di miscela tale da creare un sub strato di altezza pari la metà della sezione finale, vale a dire di 3 mm. Per evitare che il composto (resina + indurente + polveri) non penetri e polimerizzi con le pareti dello stampo con cui è a diretto contatto, su queste ultime sono stati applicati una serie di strati di isolante mediante uno spray siliconico e successivamente con un pennello, uno strato di vaselina. Questa operazione dovrebbe facilitare l’estrazione del dimostratore dallo stampo. È stata eseguita una prima deposizione della miscela fino al raggiungimento di una altezza pari ai suddetti 3 mm, attendendo alcuni minuti (non molti per evitare un parziale indurimento della miscela a temperatura ambiente favorito dalla presenza dell’indurente) necessari per una completa deposizione del materiale e per ridurre al minimo la presenza di bolle interne. Sono stati necessari dei rabbocchi per avere un deposito piano ad altezza costante. Su di esso sono state depositate i fasci di fibre di vetro tagliate a una lunghezza di poco

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superiore a quella del rinforzo. Prima sono stati riempiti i canali corrispondenti ai rinforzi trasversali (quelli addetti a resistere al carico applicato [v1]) e poi quelli orizzontali. Nella deposizione delle fibre è importante:

• ottenere una buona bagnabilità tra fibra e miscela ottenuta immergendo, con una bacchetta, la fibra all’interno del substrato (fig. I.8.4)

• verificare l’allineamento delle fibre • nell’intersezione tra i rinforzi trasversali e quelli orizzontali verificare che l’intreccio delle fibre

avvenga in maniera regolare. Va sottolineato che anche in corrispondenza di una loro corretta deposizione, i punti di intersezione rappresentano comunque un punto critico sia in termini di processo che di comportamento strutturale dell’elemento

• mantenere la posizione delle fibre.

fig. I.8.4 deposizione manuale e bagnazione delle fibre di vetro con la miscela resina + indurente + grafite

Successivamente ai lati dello stampo, sopra le quattro asticelle gia incollate, sono state fissate altre quattro aste di legno per bloccare le fibre deposte e colare il composto per realizzare lo strato superiore (alto 3 mm) necessario a completare la sezione resistente dei rinforzi (6 mm x 6 mm). La presenza delle fibre rende questa operazione non facile in quanto una volta raggiunto il livello richiesto, per effetto della presenza di bolle interne, sono necessari una serie di rabbocchi con i quali riempire completamente i canali dello stampo e avere una geometria del pelo libero concava. Questa operazione può divenire critica poiché, richiedendo un certo tempo (10 ÷ 20 minuti), non permette di avere un grado di polimerizzazione a temperatura ambiente uniforme tra gli strati già deposti e il materiale di rabbocco. Completata la deposizione dello strato superiore lo stampo si presenta come illustrato in fig. I.8.5.

fig. I.8.5 deposizione completa del composto e delle fibre di vetro nello stampo

Terminata la fase di riempimento dello stampo, inizia quella di curing che è stata così caratterizzata:

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1. polimerizzazione a temperatura ambiente per circa 12 ore (in questa fase si rileva un parziale riscaldamento dello stampo a causa dell’emissione del calore da parte del composito che sta reagendo chimicamente)

2. polimerizzazione in forno (a 80 °C) per circa 3 ore. Il forno già si trova a 80 °C, ma la sua apertura e l’inserimento dello stampo che è più freddo produce un calo termico di circa 10 °C. Sono necessari circa 10 minuti per termostatare nuovamente la T al valore nominale.

3. raffreddamento lento all’interno del forno spento per circa 2 ore. Questa è una fase importante in quanto la notevole differenza dei coefficienti di dilatazione termica differenziale tra lo stampo e il composito potrebbero creare, in corrispondenza di un raffreddamento veloce (elevati gradienti termici), degli stress interni all’elemento strutturale che potrebbero causarne la rottura nel corso della sua estrazione.

L’estrazione dello stampo ha rappresentato la fase più complessa in quanto la geometria dell’elemento realizzato non è semplice. L’impiego dello spray siliconico e della vaselina dovrebbe garantire una più facile separazione della struttura dallo stampo in legno. Questa fase ha richiesto circa 5 ore impiegando un trapano e un seghetto elettrico nonché scalpelli da falegname. Essendo un primo dimostratore il lavoro non è stato eseguito secondo criteri di industrializzazione del processo. Comunque sono stati ricavati dati di sicuro interesse. Infatti, il sottoporre la struttura imprigionata nello stampo a una serie di sollecitazioni meccaniche (statiche, dinamiche e vibrazionali) prodotte dalle attrezzature impiegate per l’estrazione, non ha portato alla rottura dell’elemento. Questi non sono dati ricavati da test meccanici condotti secondo le normative, ma ciò non toglie che l’ottima risposta della struttura alle sollecitazioni, rilevato nel corso dell’estrazione, sia significativa. Il comportamento, anche grazie alla presenza delle fibre di vetro, è stato del tipo tenace non fragile. Va sottolineato come tale risposta sia stata ottenuta tramite un indurente commerciale senza l’uso di un flessibilizzante. Aggiungendo anche quest’ultimo elemento, le proprietà della struttura non possono che migliorare. In fig. I.8.6 è mostrata una vista dell’elemento lattice anisogrid piano dopo la sua estrazione dallo stampo. Il grado di finitura superficiale della struttura, a parte il lato che costituisce il pelo libero nella deposizione, non è elevato, ma può essere migliorato usando carte abrasive. Sono presenti anche alcune bolle dovute al non impiego dell’autoclave. Tutte questi fattori sono importanti nella risposta strutturale dell’elemento alle sollecitazioni, ma non lo sono in questa sede essendo un lavoro preliminare per la realizzazione di un dimostratore.

fig. I.8.6 l’elemento lattice anisogrid piano dopo l’estrazione dallo stampo

Conclusioni: la realizzazione del dimostratore ha permesso di affrontare tutte le problematiche di base riguardanti la produzione di una struttura lattice anisogrid. Le fasi appena descritte in questo paragrafo sono un passaggio indispensabile per la arrivare a dimostratori aventi geometrie più complesse e dimensioni maggiori. Non è necessario parlare di margini di miglioramento in quanto non sono state impiegate soluzioni tecnologiche al massimo livello, ma procedure di carattere quasi artigianale. È più corretto dire che gli studi successivi dovranno essere condotti utilizzando tecniche più avanzate rispetto alle quali trovare un successivo miglioramento così sintetizzabile:

• implementare il processo (dal design iniziale fino all’impiego dell’elemento i test o in fase operativa)

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• industrializzare le procedure in termini di miglioramento delle caratteristiche dell’elemento e dei costi di produzione

• aumentare il grado di finitura per aumentare le proprietà della struttura • ridurre i difetti di produzione (es. bolle interne che rappresentano elementi di concentrazione degli

sforzi) • ottenere la distribuzione delle fibre e delle particelle (interfaccia fisico - chimica) programmata • abbattimento dei tempi • ottimizzare il dimensionamento strutturale secondo modelli analitici (es. modello di Vasiliev [v1]) e

FEM • eseguire test per la valutazione delle effettive proprietà dell’elemento • impiego di processi tecnologici avanzati (in particolar modo il filament winding che costituisce il

tecnologia più adatta per le geometrie cilindriche) • realizzazione di geometrie più complesse a dimensioni maggiori rispettando tutti i punti appena

descritti.

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I.9 PROTOTIPAZIONE RAPIDA DI STAMPI PER LA REALIZZAZIONE DI STRUTTURE LATTICE ANISOGRID

Nel precedente paragrafo è stata descritta tutta l’attività riguardante la realizzazione di un dimostratore piano anisogrid. L’uso di uno stampo di legno non consente di avere un manufatto finale a elevata qualità, e richiede un notevole lavoro di estrazione. Al fine di ottimizzare il processo è necessario modificare la tecnica adottata. I punti fondamentali sono:

ottimo grado di finitura dell’elemento rispettare fedelmente la geometria avere uno stampo riutilizzabile più volte e flessibile (per garantire un’estrazione del componente

semplice e che non alteri le caratteristiche del manufatto). L’uso di uno stampo in silicone rappresenta un’ottima soluzione ai problemi appena descritti. Per la sua realizzazione è possibile seguire la seguente procedura:

1. disegno della struttura 2. riproduzione, tramite fresatura, della geometria su una piastra di alluminio (stampo positivo) 3. colata del silicone nello stampo positivo per realizzare il negativo 4. estrazione dello stampo negativo dalla piastra in alluminio 5. deposizione del composito nello stampo negativo con relativo processo di polimerizzazione 6. estrazione dello stampo.

I punti 2. & 4. sono quelli più critici in quanto richiedono tempi lunghi e costi non trascurabili. Esiste una tecnica che consente di semplificare la produzione dello stampo positivo, ed è quella della prototipazione rapida. Essa consiste nel realizzare una geometria 3D mediante la costruzione dei singoli piani che la compongono, partendo da un disegno CAD 3D (fig. I.9.1). La macchina per la prototipazione è costituita da una vasca riempita di resina (isomero del polimero sensibile ad una determinata lunghezza d’onda di un raggio laser). Al suo interno è presente una base metallica forata sulla quale avviene la costruzione dell’elemento. Il software della macchina acquisisce il modello CAD 3D suddividendolo in disegni piani 2D ortogonali alla direzione di prototipazione. In pratica, la geometria tridimensionale viene suddivisa nelle sue componenti bidimensionali che, ricostruite in successione una su l’altra, forniscono nuovamente quella di partenza. Nella camera della macchina è presente un raggio laser il quale colpisce la resina, solo in corrispondenza della n-sima geometria 2D che sta ricostruendo, polimerizzandola (spessore pari a 1/10 di mm). Poi la resina non polimerizzata viene eliminata con il passaggio di un “coltello” metallico (connesso a una pompa di aspirazione per eliminare le impurità) il quale permette che lo strato di resina liquida che dovrà subire la successiva polimerizzazione laser (relativa alla geometria 2D successiva a quella appena realizzata) sia piana e non presenti menischi (concavi o convessi) prodotti dagli effetti di bordo della vasca (bagnabilità della resina).

fig. I.9.1 esempio di disegno CAD 3D di un elemento piano anisogrid

La fase successiva consiste nel pulire l’elemento prototipato con acetone per togliere le parti liquide rimaste attaccate e in un post curing di 15 minuti in una camera UV per completare la polimerizzazione. Nel caso di geometrie particolarmente complesse sono necessarie anche delle finiture manuali.

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Questa tecnica richiede anch’essa tempi e costi significativi, ma consente di:

ottenere geometrie complesse avere una precisione elevatissima non sono necessarie lavorazioni per asportazione (fresature, tornerie, etc.) il disegno della struttura viene eseguito direttamente tramite CAD e inviato direttamente al

computer che gestisce l’apparato di prototipazione. La macchina utilizzata è una 3I System Viper SI2 SLA System (fig. I.9.2) che impiega una resina sensibile ai raggi laser UV.

fig. I.9.2 macchina per la prototipazione rapida

Gli elementi realizzati sono due strutture asinogrid. La prima a geometria piana, mentre la seconda è cilindrica. Utilizzando la nomenclatura riportata nel paragrafo I.3, si ha: ELEMENTO PIANO: larghezza: 330 mm, altezza: 265 mm H: 10 mm bh: 6 mm ah: 44.723 mm bc: 6 mm ac: 50 mm d: 50 mm ne: 8 nc: 5 φ: 26.56° In fig. I.9.3 è riportato il CAD 3D della geometria finale dell’elemento.

fig. I.9.3 geometria finale dell’elemento piano anisogrid

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La piastra anisogrid è stata realizzata in due parti poiché la vasca di prototipazione ha un lato di 25 cm. Ovviamente, dovendo eseguire una colata di silicone nello stampo positivo, serve una geometria più complessa di quella finale (fig. I.9.3). Per esempio, sono necessari dei bordi di contenimento (fig. I.9.4).

fig. I.9.4 semi stampo positivo all’interno della camera di prototipazione

Inoltre, in fig. I.9.4 si distinguono: 1 piastra forata di sostegno all’elemento prototipato 2 sistema di aspirazione delle impurità 3 coltello per l’appiattimento del pelo libero della resina non polimerizzata 4 bordi di contenimento per la colata del silicone. I due semi stampi positivi sono stati incollati e le eventuali imperfezioni eliminate manualmente (in particolar modo nella regione di giunzione per evitare le sbavature prodotte dal collante) fig. I.9.5

fig. I.9.5 semi stampi positivi prima e dopo l’incollaggio

ELEMENTO CILINDRICO (fig. I.9.6): diametro interno (φi): 149.160 mm, diametro medio (φm): 159.160 mm, diametro esterno (φe): 169.160 mm raggio interno: 74.584 mm, raggio medio: 79.584 mm, raggio esterno: 84.584 mm altezza: 300.066 mm H: 10 mm bh: 6 mm ah: 44.7233 mm ** bc: 6 mm ac: 50.011 mm ** d: 49.7455 mm * d: 50 mm **

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d: 56.4156 mm *** distanza tra gli assi di due rib elicoidali successive della stessa famiglia (destre o sinistre): 46.122 mm **** ne: 10 nc: 7 φ: 26.56° * calcolato rispetto al diametro interno (fig. I.9.6) ** calcolato rispetto al diametro medio (fig. I.9.6) *** calcolato rispetto al diametro esterno (fig. I.9.6) **** calcolate rispetto lij relativo al diametro interno pari a 149.160 mm (fig. I.6.3) Le dimensioni sopra riportate sono state verificate sul modello CAD 3D, sullo stampo positivo (fig. I.9.14) e numericamente tramite il modello di Vasiliev [v1].

fig. I.9.6 disegno dell’elemento cilindrico anisogrid

In fig. I.9.7 è riportata la geometria finale della struttura lattice anisogrid cilindrica, mentre in fig. I.9.8 il disegno CAD 3D del semistampo con la skin esterna di contenimento necessaria per la colata del silicone (stampo negativo). Come nel caso piano, a causa delle ridotte dimensioni della vasca contenete la resina, l’elemento è stato realizzato in due parti (ciascuna richiede un tempo di prototipazione di circa 20 ore). La fig. I.9.9 mostra una simulazione 3D dell’assemblaggio dei due semistampi positivi.

fig. I.9.7 disegno CAD 3D della geometria finale cilindrica anisogrid

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fig. I.9.8 disegno del semistampo positivo prototipato

fig. I.9.9 disegno dei due semistampi positivi assemblati

I due semi stampi prototipati sono stati assemblati, incollati (fig. I.9.10, da notare che rispetto al modello in fig. I.9.7, a nc: 6, è stato aggiunto un settore circolare quindi una rib circonferenziale in più nc: 7) eliminando, in un secondo tempo, le sbavature. È stato necessario introdurre dei perni di connessione (fig. I.9.9) necessari a ottenere il corretto allineamento delle rib elicoidali dei due elementi.

fig. I.9.10 stampo positivo assemblato

Dopo aver spruzzato sull’elemento piano anisogrid uno spray siliconico (per favorire la successiva estrazione) è stata eseguita la colata del silicone (RTV 4428 della ALTANA Varnish - Compound) mescolato con il catalizzatore (CAT TH della ALTANA Varnish - Compound) nel rapporto 20:1. Il silicone utilizzato ha la proprietà di ridurre al minimo le bolle e quindi garantire un completo riempimento dello stampo. Richiede un tempo di solidificazione di 24 h, un completo indurimento in 3 giorni e un ritiro lineare stabilizzato dopo 30 giorni. La stabilità dimensionale dello stampo si ha utilizzandolo non prima di 4 giorni di permanenza a temperatura ambiente (allegato I.4). Lo stampo è stato estratto dopo circa 41 ore per garantire un ottima solidificazione, anche considerando la complessità della geometria. La fig. I.9.11 mostra lo stampo negativo in silicone. Da osservare come la geometria asinogrid sia stata rispettata, l’assenza di bolle in superficie (quelle interne non interessano) e la precisione degli spigoli vivi tra le intersezioni delle rib.

fig. I.9.11 stampo negativo in silicone dell’elemento piano lattice anisogrid

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Quando verrà utilizzato, lo stampo subirà gli shock termici del processo di polimerizzazione del composito. Quindi, deve avere una sufficiente resistenza termo/chimica e una elevata stabilità geometrico – dimensionale. Utilizzando i parametri di curing dei provini descritti nel paragrafo III.1.2, un campione (cubico di lato 3 cm) di silicone è stato messo in forno per 1 ora a 90 °C mostrando la completa assenza di deformazioni e/o alterazioni. Dopo un’ulteriore ciclo termico (5 ore a 90 °C), nuovamente non si sono verificate modifiche nelle caratteristiche generali del provino. Successivamente è stato realizzato lo stampo negativo in silicone relativo alla geometria cilindrica (fig. I.9.10), adottando i seguenti accorgimenti:

1. inserimento di un tubo di plastica all’interno dello stampo positivo (fig. I.9.10) per avere quello negativo a spessore costante e con la superficie interna parallela alla geometria anisogrid esterna. Questo per garantire che nel corso del processo di filament winding il manufatto, ottenuto per deposizione di fibre preimpregnate, abbia una geometria corretta. L’intercapedine tra lo stampo positivo e il tubo di plastica (che devono essere coassiali e paralleli) fornisce lo spazio utile per colare il silicone ed è lo spessore dello stampo negativo. Il tubo di plastica e lo stampo positivo sono stati connessi (alla base e alla testa di essi) tramite due flangie (a tre bracci realizzate per prototipazione, fig. I.9.15) al fine di conservare la loro posizione relativa

2. dopo la colata del silicone (circa 6 Kg) il sistema è stato messo sotto vuoto (fig. I.9.12) per evitare la formazione di bolle

3. solidificazione del silicone per circa due giorni.

fig. I.9.12 stampo positivo in silicone dell’elemento cilindrico lattice anisogrid messo sottovuoto durante la fase di solidificazione del silicone

Alcune bolle in realtà sono rimaste intrappolate nei sottosquadri (fig. I.9.13) nel corso del loro deflusso verso l’alto. Pertanto, il manufatto finale (fig. I.9.14) presenta in alcuni punti un grado di finitura (fig. I.9.13) peggiore dell’elemento piano. Questo non dovrebbe costituire un problema significativo in quanto impiegando delle fibre preimpegnate la geometria finale delle sezioni dovrebbe essere garantita (a meno di finiture comunque necessarie). Il discorso sarebbe diverso nel caso dell’elemento piano (fig. I.9.11) destinato all’uso di un composito particellato liquido prima della polimerizzazione (analogamente a quello realizzato con lo stampo in legno in fig. I.8.3).

fig. I.9.13 bolle rimaste imprigionate nei sottosquadri della struttura durante la solidificazione del silicone

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fig. I.9.14 stampo negativo in silicone dell’elemento cilindrico lattice anisogrid

L’estrazione dello stampo negativo è stata molto complessa poiché per i settori circolari di testa e alla base dell’elemento il distacco da quello positivo è avvenuto in modo relativamente semplice. Mentre non lo è stato per i settori centrali. A causa delle azioni meccaniche lo stampo positivo di prototipazione (fig. I.9.10) si è spezzato. Pertanto, andranno cercate delle soluzioni per evitare di doverlo ricostruire ogni volta. Vengono riportati alcuni disegni CAD 3D (fig. I.9.15÷17) utilizzati per la realizzazione dello stampo positivo (fig. I.9.14).

fig. I.9.15 disegno CAD 3D dell’elemento cilindrico anisogrid

fig. I.9.16 CAD 3D della semi sezione dell’elemento cilindrico anisogrid

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fig. I.9.17 particolare della geometria cilindrica anisogrid

Passo successivo è la costruzione di un mandrino necessario per la realizzazione, tramite la tecnologia del filament windings, del dimostratore lattice anisogrid cilindrico. I problemi tecnologici principali da dover affrontare sono:

• Rigidezza del mandrino • Facile introduzione ed estrazione dello stampo in silicone • Assenza di moto relativo tra il mandrino e lo stampo nel corso della deposizione.

Il mandrino realizzato è così caratterizzato (fig. I.9.18):

• Tubo in acciaio:

diametro interno = 98 mm diametro esterno = 110 mm (spessore di parete = 6 mm)

altezza = 800 mm

• Contro punta rimovibile • Doppia flangia: una fissa saldata al tubo in acciaio e una mobile filettata (per l’estrazione dello

stampo) • Afferraggio per il mandrino della macchina del filament windings.

fig. I.9.18 allestimento mandrino + stampo in silicone

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Va sottolineato come l’inserimento e l’estrazione dello stampo in silicone dal mandrino avvenga in maniera estremamente semplice.

fig. I.9.19 particolare del sistema contro punta rimovibile + flangia filettata

In fig. I.9.20 sono riportate due viste complessive del sistema realizzato.

fig. I.9.20 viste generali del sistema mandrino – stampo

Contemporaneamente è stato realizzato il dimostratore piano utilizzando lo stampo in silicone (fig. I.9.11). Il materiale impiegato è così caratterizzato:

• grafite sintetizzata Aldrich con granulometria inferiore ai 20µm • resina epossidica (termoindurente): EPIKOTE 828EL (vedi Allegato III.1) • indurente PAP8 (vedi paragrafo III.1.2) • fibre di vetro (12000 fibre per ogni fascio deposto).

La resina EPIKOTE 828EL, rispetto alla EPIKOTE 828LVEL utilizzata per realizzare i provini descritti nel paragrafo III.1.2, è:

• più viscosa • ha un maggior grado di cristallizzazione durante il curing in forno • minore tendenza alla cristallizzazione a temperatura ambiente quando è in fase liquida.

Il quantitativo di grafite adottata costituisce il 10% in peso di quello della resina più indurente. Il dimostratore è stato realizzato con la seguente procedura:

• sulla superficie dello stampo in silicone è stato applicato uno spray siliconico per favorire l’estrazione del pezzo

• deposizione nello stampo della miscela resina + indurente + polvere di grafite fino al riempimento di metà sezione utile (H/2 = 5 mm)

• deposizione delle fibre di vetro

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• deposizione nello stampo della miscela resina + indurente + polvere di grafite fino al completo riempimento (fig. I.9.21). Sono stati necessari diversi rabbocchi.

• curing a temperatura ambiente per 24 ore • curing in forno per due ore alla temperatura di 80 °C.

fig. I.9.21 dimostratore all’interno dello stampo in silicone

L’estrazione del dimostratore dallo stampo è stato immediato (fig. I.9.22) dimostrando l’utilità nell’uso del silicone (fig. I.9.11) rispetto al legno (fig. I.8.3). È stato osservato che:

• lo stampo in silicone non presenta nessun degrado quindi può essere riutilizzato • il dimostratore può essere inserito nuovamente, e in maniera molto semplice, nello stampo in

silicone per eventuali altri trattamenti • la geometria del dimostratore è molto più regolare di quella ottenuta con lo stampo in legno (fig.

I.8.6) • il grado di finitura è ottimo anche se sono nuovamente presenti dei vuoti eliminabili usando la

tecnica del sacco a vuoto • sono necessarie delle successive lavorazioni per eliminare alcune imperfezioni. In particolare

sull’elemento, in mezzeria, sono presenti delle rigature (pericolose in quanto inneschi di cricche e zone da cui parte la rottura delle rib) causate dalle strisce di collante necessario a collegare i due semi stampi positivi prototipati (fig. I.9.5).

fig. I.9.22 il dimostratore estratto dallo stampo

Il dimostratore ha una maggiore rigidezza rispetto a quello in fig. I.8.6, grazie alla cornice esterna e al maggior spessore delle sezioni resistenti. Inoltre, intorno all’asse Y ha una flessibilità superiore di quella intorno a X (fig. I.9.23).

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fig. I.9.23 il dimostratore piano dopo aver terminato il processo di curing

ANALISI FEM DELLA GEOMETRIA PIANA LATTICE ANISOGRID: utilizzando le dimensioni del dimostratore riportato in fig. I.9.23, è possibile eseguire un’analisi agli elementi finiti (FEM) di una geometria lattice anisogrid piana. Il modello di Vasiliev, descritto nei precedenti paragrafi, è sviluppato per una configurazione cilindrica, ma grazie alle notevoli proprietà meccaniche predette, anche geometrie differenti possono offrire notevoli vantaggi nello sviluppo di elementi strutturali per sistemi aerospaziali. Lo studio FEM è stato realizzato adottando come materiale la lega Al2024. Le cui caratteristiche sono:

densità ρ = 2800 Kg/m3 modulo di Young E = 70 GPa coefficiente di Poisson ν = 0.33 carico ultimo σu = 400 MPa

Il primo passo consiste nel realizzare il modello FEM della struttura piana. La mesh è caratterizzata da elementi del tipo beam anche se la geometria complessiva è simile a quella di una piastra (elemento plate). L’uso dell’elemento beam sta nel fatto che la struttura non è continua, ma è formata da un reticolo di elementi rettilinei ciascuno dei quali si comporta come una trave del tipo clamped – clamped (modello di Vasiliev). Pertanto, la scelta adottata dovrebbe fornire una descrizione sufficientemente realistica del comportamento locale e globale della struttura. Va nuovamente evidenziato come lo stesso Vasiliev, nella descrizione del suo modello [v1], affermi che le analisi FEM costituiscono solo uno studio preliminare i cui risultati debbono essere convalidati sperimentalmente su dimostratori full size. La fig. I.9.24 mostra il modello FEM realizzato, mentre la I.9.25 una vista solida 3D dello stesso.

fig. I.9.24 modello FEM della geometria lattice anisogrid piana

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fig. I.9.25 modello solido 3D della geometria lattice anisogrid piana

Il primo passo consiste nel verificare se il modello FEM (140 nodi e 235 elementi beam) è corretto. Tutto questo tramite lo studio delle prime sei frequenze (tre rotazionali, tre traslazionali) naturali di vibrazione rispetto alla terna di riferimento cartesiana (X, Y, Z) prefissata, nella configurazione di corpo libero (carichi e vincoli applicati nulli = dinamica libera). I risultati NASTRAN ottenuti sono conformi a quelli attesi, ovvero le prime sei frequenze sono nulle (in fig. I.9.26 è riportata la prima). Quindi, il modello dà risultati attendibili.

fig. I.9.26 la prima frequenza naturale di vibrazione

Per determinare il carico critico (Pcr) è stata adottata la configurazione vincolare del TEST B CASO 7 (paragrafo I.7) che soddisfa ai requisiti di stabilità nelle condizioni di massa minima (M) alla Vasiliev, nel caso di una geometria anisogrid cilindrica. Poiché l’autovalore è definito come λ = Pcr/P, per calcolare il carico critico dell’elemento, è stato applicato un carico totale di compressione unitario suddiviso su tutti i nodi della mesh (carico agente su ogni nodo i: Pi = P/140). In questo modo λ è proprio uguale a Pcr. Come mostrato in fig. I.9.27, il valore di Pcr è di 1.629E6 Pa.

fig. I.9.27 analisi di buckling per la determinazione del carico critico della struttura lattice anisogrid piana

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In fig. I.9.28 è evidenziato come la deformata (spostamenti e rotazioni definiti a meno di una costante) siano del tutto coerenti alla configurazione vincolare imposta nel calcolo di λ.

fig. I.9.28 analisi della coerenza della deformata dell’elemento (es. total translation) con i vincoli adottati

L’analisi statica non è stata eseguita in quanto consiste solo nel determinare, tramite una successione di girate NASTRAN, quale valore del carico P è tale che lo sforzo massimo applicato sull’elemento non eccede quello ultimo del materiale. Pertanto, non fornisce nessuna ulteriore informazione significativa nello studio dei modelli multigrid. Le analisi appena descritte mostrano la raggiunta capacità di eseguire il design numerico (FEM) anche di elementi anisogrid a geometria piana, e non solo cilindrica. Come indicato in fig. I.11.3 e I.11.4, una anisogrid ha sempre un peso inferiore di una isogrid (entrambe minimizzate in M secondo Vasiliev). Quindi non è significativo ripetere le analisi anche per una struttura piana a reticolo isogrid. Infatti, nello sviluppo di un prototipo non curvilineo, a meno di esigenze a carattere più tecnologico, si preferirà sempre adottare lo schema anisogrid. PROTOTIPAZIONE RAPIDA DI STRUTTURE LATTICE ISO & ANISOGRID TRONCO CONICHE: il modello di Vasiliev consente di dimensionare una struttura iso (paragrafo I.11) e anisogrid (paragrafo I.3) a geometria cilindrica. Tenendo conto delle notevoli proprietà meccaniche offerte da questo tipo di elementi, anche in corrispondenza di forme differenti possono essere sviluppate strutture reticolari con caratteristiche eccellenti. Dopo aver studiato l’elemento piano, è interessante analizzare quello tronco conico. Una possibile applicazione è nel campo degli interstadi (fig. I.2.9). Contrariamente al caso piano, il design di una struttura anisogrid tronco conica, con un piccolo angolo di conicità, può essere effettuato, con un buon grado di accuratezza, usando il modello valido per la configurazione cilindrica. Per la costruzione di un dimostratore si utilizza la prototipazione rapida di uno stampo positivo polimerico. Inizialmente, va realizzato il disegno CAD che per una geometria reticolare di forma conica è più complesso. Il problema consiste nell’ottenere delle intersezioni fra le rib che non presentino dei gradini (fig. I.9.29), ma che siano ben definite (fig. I.9.30). Questo si risolve determinando la giusta orientazione dei rinforzi elicoidali lungo la superficie tronco conica.

fig. I.9.29 intersezione non perfetta tra le rib nel modello CAD 3D

fig. I.9.30 corretta intersezione tra le rib nel modello CAD 3D

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In fig. I.9.31 vengono mostrati i CAD 3D di una geometria tronco conica isogrid. Da osservare la forma molto allungata dell’elemento (basso rapporto tra il raggio R e l’altezza L). Le rib circonferenziali non sono mostrate per meglio evidenziare il tipo di reticolo.

fig. I.9.31 modello CAD 3D di un elemento tronco conico (vista completa e semisezione longitudinale)

Aumentando R/L si realizzano i prototipi anisogrid (a differente numero di rib) mostrati in fig. I.9.32.

fig. I.9.32 modelli CAD 3D di elementi tronco conici anisogrid con un basso rapporto R/L e diversi valori nel numero dei rinforzi

In fig. I.9.33 è mostrato un altro esempio di elemento isogrid.

fig. I.9.33 elemento tronco conico isogrid

Per ottenere lo stampo negativo il modello CAD, oltre alla geometria della struttura, deve avere anche tutti gli altri elementi (mantello esterno di contenimento, gole di scarico, sistema per il centraggio del cilindro interno che definisce lo spessore dello stampo stesso) necessari per eseguire la colata del silicone. In fig. I.9.34 è mostrata una semisezione longitudinale del modello CAD completo da utilizzare per prototipare lo stampo positivo (da cui si ricava quello negativo in silicone). Inoltre, è riportata anche una semivista del mantello esterno.

fig. I.9.34 semisezione longitudinale della geometria finale da prototipare e semivista del mantello esterno

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In fig. I.9.35 vengono riportate in dettaglio tutte le parti del modello CAD 3D e nelle fig. I.9.36÷37 le due parti dello stampo prototipato (da osservare le dimensioni confrontabili con quelle di una penna).

fig. I.9.35 dettaglio di tutte le parti del modello tronco conico CAD 3D da prototipare

fig. I.9.36 stampo positivo prototipato

fig. I.9.37 stampo positivo prototipato

Con lo stesso tipo di silicone impiegato per lo stampo piano e cilindrico (fig. I.9.11÷12), è stato realizzato quello tronco conico. La forma e la disposizione orizzontale dei due semi stampi (I.9.35) dovrebbe consentire di eliminare il problema delle bolle residue (fig. I.9.13). La procedura adottata consiste nel (fig. I.9.38):

• unire e imballare con del nastro adesivo i due semi stampi • colare il silicone • mettere tutto il sistema dentro una campana all’interno della quale viene praticato il vuoto per tentare

di eliminare il più possibile l’aria disciolta nella gomma (durante il suo mescolamento con il catalizzatore e nel corso della colata stessa), compresa quella presente nell’intercapedine dei due stampi

• curing • estrarre lo stampo positivo.

L’estrazione della gomma è avvenuta in maniera ottimale, tuttavia nonostante il procedimento utilizzato sono rimaste delle bolle d’aria soprattutto in prossimità delle zone geometricamente più complesse e di piccole dimensioni.

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Nel paragrafo I.12 sono descritte tutte le problematiche tecnologiche che ne conseguono nell’utilizzo di questo tipo di stampo. Però, vanno nuovamente sottolineati tutti i vantaggi che si hanno nell’impiego di questa metodologia (riutilizzo, facile estrazione, stabilità chimica e geometrica, etc.).

fig. I.9.38 colata del silicone per realizzare lo stampo tronco conico (a destra)

I quattro semi stampi fanno a formarne uno tronco conico con: raggio interno di testa = 38.97 mm, raggio interno di base = 50.66 mm, altezza = 144.25 mm, angolo di inclinazione = 4.6°. La loro connessione avviene tramite delle scanalature presenti su entrambi i bordi di tutti i semistampi (fig. I.9.39 (a) & (b)). Nella realizzazione del mandrino porta stampo (fig. I.9.39 (c)), le suddette dimensioni possono essere anche approssimate, in quanto il silicone impiegato tende ad avere dei cedimenti (notevole elasticità/flessibilità). Inoltre, alle estremità sono presenti due fori per l’alloggiamento (tra punta e contro punta) su un sistema di filament windings automatizzato a controllo numerico.

fig. I.9.39 scanalature per la connessione dei quattro semistampi e il relativo mandrino metallico: (a) scanalature, (b) accoppiamento tra due

semistampi, (c) assemblaggio su un mandrino tronco conico metallico

Le dimensioni del reticolo anisogrid sono: 10 rib elicoidali destre e 10 sinistre, 8 rib circonferenziali, H = 6 mm, bh = 3 mm, ac = 18.75 mm, ah = 13.86 mm, d = 16.10 mm, φ = 36°. Va ricordato che tutti gli stampo positivi prototipati devono essere inseriti, per circa due ore, in una camera U.V. (fig. I.8.40) per completare il ciclo di polimerizzazione (iniziato tramite l’azione del laser di prototipia).

fig. I.9.40 stazionamento di uno stampo positivo prototipato all’interno della camera U. V.

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I.10 SVILUPPO DI UN MODELLO NUMERICO PER IL DESIGN DI UNA STRUTTURA ISOGRID CON RINFORZI PARALLELI ALL’ASSE

LONDITUDINALE

In questo capitolo sono state studiate le strutture lattice anisogrid secondo il modello di Vasiliev, nelle condizioni di massa minima, resistenza statica e stabilità (local & global buckling). Il design e la realizzazione di questo tipo di strutture innovative richiedono processi tecnologici di test (su prototipi in scala 1:1) e di produzione (filament windings) non semplici. Pertanto, può essere utile sviluppare un modello per il dimensionamento di strutture simili, ma geometricamente più semplici. La procedura che viene presentata in questo paragrafo è sicuramente meno raffinata di quella realizzata da Vasiliev, ma come verrà a seguito dimostrato, consente un design nelle condizioni di resistenza statica e stabilità dell’elemento. Ciò sta a indicare che, in corrispondenza di un metodo di calcolo semplificato, è possibile tramite le analisi FEM determinare la configurazione che soddisfa i requirements operativi imposti. Il tipo di struttura è una isogrid nella quale i rinforzi elicoidali del modello di Vasiliev vengono sostituiti da elementi paralleli all’asse longitudinale. In fig. I.10.1 sono riportate due immagini FEM che mostrano la geometria analizzata.

fig. I.10.1 geometria isogrid studiata

In fig. I.10.2 è riportato un particolare della configurazione isogrid.

fig. I.10.2 particolare delle geometria isogrid

A seguire viene descritta la geometria caratteristica dell’elemento strutturale. I parametri iniziali di riferimento della struttura sono:

il raggio di curvatura R [m], l’altezza L [m] Il reticolo è costituito dall’intersezione di rinforzi circonferenziali e altri paralleli all’asse longitudinale e si hanno le seguenti grandezze e dimensioni caratteristiche (fig. I.10.3):

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fig. I.10.3 caratterizzazione geometria della struttura

• ±φ: angolo delle rib parallele all’asse longitudinale della struttura = 0° • a, b: dimensioni delle sezioni resistenti dei rinforzi • l: distanza tra due rinforzi circonferenziali • d: distanza tra due rinforzi paralleli all’asse longitudinale della struttura (per comodità detti verticali) • ne: numero dei rinforzi verticali • nc: numero dei rinforzi circonferenziali Viene assegnato il valore del carico di compressione P [N], e si definisce il materiale impiegato di cui sono noti:

densità ρ [Kg/m3] modulo di Young E [Pa] carico ultimo a compressione σu [Pa]

La sezione resistente dei rinforzi è, banalmente: baA ×= Da un primo confronto tra questa configurazione geometrica e quella lattice anisogrid (fig. I.3.1) s’intuisce come il processo tecnologico di produzione della prima sia sicuramente più semplice di quello richiesto per la seconda. Si definisce “singolo tratto di un rinforzo verticale” (di altezza pari a l) il segmento compreso tra le intersezioni con due circonferenziali (fig. I.10.4).

fig. I.10.4 singolo tratto di un rinforzo verticale

Il numero totale (N) dei “singoli tratti di rinforzo verticale” è dato dalla seguente espressione:

( )1−= ce nnN

L’altezza L di tutta la struttura è definibile come:

( )1−= cnlL

quindi:

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( )1−=

cnLl

È possibile ricavare l’espressione della circonferenza C della struttura e della distanza d:

ee n

RdndRC ππ 22 =⇒×==

IL MODELLO MATEMATICO: Fissata una sezione resistente quadrata (a = b, quindi A = a2), il modello si basa sulla seguente procedura:

• calcolo della sezione resistente dei rinforzi verticali nella condizione di resistenza statica (as) • calcolo della sezione resistente dei rinforzi verticali nella condizione di stabilità (ab) • definizione della sezione resistente prendendo il massimo tra as e ab • la sezione del rinforzo circonferenziale è posta uguale a quella dell’elemento verticale.

In sostanza, analogamente al modello di Vasiliev per una lattice anisogrid, è stato imposto che:

1. i rinforzi verticali svolgono il compito di resistere alle sollecitazioni applicate 2. quelli circonferenziali “spezzano” la lunghezza dei verticali (per l’aumento del carico critico) e

hanno, una azione (tipo pressione autostabilizzante) di correzione di eventuali imperfezioni di forma (dovuti al processo tecnologico di produzione), con il conseguente incremento della resistenza e della stabilità reale della struttura.

Questa analisi consente di realizzare un dimensionamento a massa minima con il confronto tra le due condizioni, o vincoli che dir si voglia, di resistenza statica e di stabilità. La semplificazione di questo approccio, oltre alla schematizzazione riportata nei punti 1. e 2., sta nel fatto che in quello di Vasiliev, con un criterio di minimizzazione geometrica, i due vincoli sono imposti contemporaneamente. Calcolo della sezione as: si suppone che il carico P sia uniformemente distribuito (Pi) su ciascun “singolo tratto di rinforzo verticale” i, che è schematizzato come una trave incastrata di sezione Ai = a2 (fig. I.10.5).

fig. I.10.5 distribuzione del carico in un generico “singolo tratto di rinforzo verticale”

Il carico applicato (Pi) si calcola come:

NPPi =

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lo sforzo (σi) agente sulla sezione dell’elemento i-esimo (fig. I.10.5) vale:

2NaP

AP

i

ii ==σ

ipotizzando che lo sforzo applicato sia proprio uguale a quello ultimo del materiale (σu), ovvero σi = σu, si ha:

5.02

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=⇒===

uss

ui

ii N

PaaN

PPA

σσσ

Calcolo della sezione ab: nella configurazione riportata in fig. I.10.5, il carico critico Pcri è espresso come:

2

2

lEI

P icri

π=

dove Ii è il momento d’inerzia della sezione resistente, e vale:

12121 4

3 abhIi ==

da cui:

ElP

I crii 2

2

π=

Imponendo che il carico (Pi) applicato al “singolo tratto di un rinforzo verticale” sia proprio uguale a quello critico (Pcri) si ha:

41

2

2

2

24

2

2

2

24 121212 ⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛=⇒⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛=⇒===

ENPla

ENPla

El

NP

ElPaI b

crii ππππ

Calcolo della sezione finale a dei rinforzi: in base a quanto appena determinato, la dimensione a della sezione resistente è calcolata come:

),max( bs aaa =

Ovviamente, è richiesta un’analisi agli elementi finiti (FEM) per verificare il soddisfacimento delle condizioni di resistenza statica e stabilità nelle condizioni di massa M minima (analogo al modello di Vasiliev). Calcolo della massa M della struttura: il volume complessivo V della struttura è dato dalla somma di quello dei rinforzi verticali (Ve) e di quelli circonferenziali (Vc):

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( )RnLnaRanLanVVV cecece ππ 22 222 +=+=+=

quindi:

( ) ( )CnLnaRnLnaVMVM

cece +=+==⇒= 22 2 ρπρρρ

Analisi FEM del modello: il modello appena descritto è stato tradotto in un programma di calcolo MATLAB (riportato nell’allegato I.5). Con i dati numerici determinati con esso è necessaria una verifica agli elementi finiti (FEM) per capire se la procedura soddisfa ai requisiti di resistenza e stabilità, e quali debbono essere le eventuali modifiche e variazioni. La struttura analizzata ha le seguenti caratteristiche:

raggio R = 1.5 m altezza L = 4 m

ne = 100 nc = 60

il materiale impiegato è una lega d’alluminio Al2024 avente:

densità ρ = 2800 Kg/m3 modulo di Young E = 70 GPa coefficiente di Poisson ν = 0.33 carico ultimo σu = 400 MPa

carico assiale di compressione totale di P = 3 MN. Viene imposto:

• una sezione resistente quadrata (a = b) • configurazione di vincoli e carichi uguale a quella del TEST B CASO 7 del paragrafo I.7, ovvero:

il carico è uniformemente distribuito su tutti i nodi e la struttura è: vincolata alla base (primo rinforzo circonferenziale) con: Tx, Ty, Tz tutti gli altri nodi vincolati con: Rx, Ry, Rz

con cui sono state ottenuti seguenti risultati numerici (tab. I.10.1):

GRANDEZZA VALORE d [m] 0.0942 l [m] 0.0678 a [m] 0.0025 λ [1] < 1

σmax [Pa]* O(9E9) M [Kg] 16.891

* massimo sforzo applicato sulla struttura tab. I.10.1 grandezze determinate

I dati riportati nella tabella I.10.1 mostrano come l’autovalore sia inferiore a uno e il massimo sforzo applicato sia un ordine di grandezza superiore a quello ultimo del materiale (σu = 400 MPa = O(4E8)Pa). Pertanto, sono necessarie delle correzioni dimensionali. Ossia con il modello FEM è necessario, tramite iterazioni trovare il valore di a che soddisfa alle specifiche di resistenza statica e di stabilità. In fig. I.10.6 è mostrata l’analisi di buckling.

fig. I.10.6 analisi di buckling

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È stata adottata una sezione resistente quadrata (fig. I.10.7).

fig. I.10.7 configurazione a sezioni resistenti quadrate

Nel modello di Vasiliev le sezioni non sono quadrate, ma rettangolari con il lato maggiore ortogonale all’asse longitudinale della struttura (fig. I.2.1). Pertanto, è stato imposto, conservando il valore di A e, quindi, della massa M della struttura:

5.05.02

22

222 ⎟

⎠⎞

⎜⎝⎛=⇒⎟

⎠⎞

⎜⎝⎛=⇒=×=⇒=

AaAbbbaAba

In questo caso si ottiene la configurazione riportata in fig. I.10.8 che è analoga a quella adottata da Vasiliev nelle strutture lattice anisogrid e dove a assume il ruolo di H. Ovviamente, varia il momento d’inerzia della struttura rispetto al suo asse longitudinale.

fig. I.10.8 configurazione delle sezioni resistenti alla Vasiliev

I risultati ottenuti con la configurazione di fig. I.10.8 sono riportati nella tabella I.10.2.

GRANDEZZA VALORE d [m] 0.0942 l [m] 0.0678 a [m] 0.0035 b [m] 0.0017 λ [1] < 1

σmax [Pa]* O(E10) M [Kg] 16.891

* massimo sforzo applicato sulla struttura tab. I.10.2 grandezze determinate

Anche in questo caso non sono soddisfatte le condizioni di resistenza statica e stabilità. Allora imponendo la configurazione di sezione quadrata (fig. I.10.7) si maggiora la dimensione a di un ordine di grandezza, ottenendo i seguenti risultati (tabella. I.10.3):

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GRANDEZZA VALORE d [m] 0.0942 l [m] 0.0678 a [m] 0.025 λ [1] >> 1

σmax [Pa]* O(9E6) M [Kg] 1689.1

* massimo sforzo applicato sulla struttura tab. I.10.3 grandezze determinate

In questo caso la struttura resiste staticamente (σmax < σu ) ed è stabile (λ >> 1). Adottando la configurazione di figura I.10.8 (sezioni alla Vasiliev) si ha (tabella I.10.4):

GRANDEZZA VALORE d [m] 0.0942 l [m] 0.0678 a [m] 0.035 b [m] 0.017 λ [1] >> 1

σmax [Pa]* O(E6) M [Kg] 1689.1

* massimo sforzo applicato sulla struttura tab. I.10.4 grandezze determinate

Nuovamente vengono garantiti i requisiti imposti. Pertanto, s’osserva come l’aumento di un ordine di grandezza della sezione resistente consente di dimensionare la struttura nelle condizioni di resistenza e stabilità. Iterando, e con il FEMAP-NASTRAN l’operazione è estremamente semplice, tra i due valori numerici di a (tabella I.10.1 e tabella I.10.3) è possibile determinare la sezione resistente in cui lo sforzo applicato è ≤ a quello ultimo del materiale e l’autovalore è unitario o di poco maggiore. Questo è necessario anche considerando il fatto che la massa M va con il quadrato di a quindi in corrispondenza di un aumento di un ordine di grandezza di quest’ultima si ha un incremento significativo nel peso della struttura. Va ricordato che anche il modello di Vasiliev rappresenta un preliminary design. Se si riduce i numero di rinforzi circonferenziali (nc fl) si ha:

• le sezioni resistenti (a) e la massa (M) la distanza l aumentano • d rimane costante • la struttura è meno stabile in quanto la lunghezza l dei rinforzi verticali aumenta.

CONCLUSIONI: il modello realizzato in questo paragrafo è alquanto interessante poiché consente, in maniera molto semplice, di eseguire un calcolo preliminare delle sezioni resistenti dell’elemento isogrid cilindrico. Con tali valori, mediante il NASTRAN è possibile eseguire delle analisi molto rapide che consentono di determinare la configurazione ottimizzata (rispetto delle specifiche di resistenza statica e di stabilità). Questo modo di procedere è presente in molti campi dell’ingegneria (si pensi al problema di Reimann in gas dinamica) dove per studi e fenomeni complessi è necessario avere dei modelli di calcolo che forniscano dei valori preliminari che siano prossimi il più possibile a quelli finali che verranno, quindi, determinati con poche iterazioni successive. Nel caso in cui i valori preliminari non fossero disponibili, e si analizzasse il fenomeno con dei valori iniziali scelti casualmente, potrebbero servire un numero di iterazioni notevoli (con tempi di calcolo estremamente più lunghi) e con il rischio di non arrivare a convergenza. Quindi, il modello sviluppato è molto utile e di facile applicazione per il design di una struttura isogrid che rispetto a una anisogrid presenta un maggior grado di esemplificazione in termini geometria e di processi tecnologici richiesti per la sua produzione.

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I.11 LE ISOGRID LATTICE STRUCTURES

In questo paragrafo viene descritto il design di una struttura lattice isogrid. La geometria anisogrid (fig. I.2.1) e quella isogrid a cella rettangolare (fig. I.10.2) sono state illustrate nei precedenti paragrafi. Un elemento isogrid (fig. I.11.1 e fig. I.11.2) è caratterizzato da celle costituite da triangoli equilateri e da rinforzi (rib) circonferenziali (hoop) ed elicoidali (helical) aventi la stessa larghezza (b). Questa configurazione può essere ottenuta traslando, lungo l’asse longitudinale, i rinforzi circonferenziali di una anisogrid fino ai punti d’intersezione di due rib elicoidali.

fig. I.11.1 la geometria lattice isogrid

Anche nel caso dell’elemento isogrid lo scopo è quello di sviluppare un modello teorico/numerico con il quale progettare la struttura nelle condizioni di resistenza statica e stabilità, rispettando il vincolo di massa minima. Pertanto, è possibile partire dal modello di Vasilev valido per la geometria anisogrid [v1], per studiare quella isogrid.

fig. I.11.2 modello FEM della geometria lattice isogrid

Le grandezze caratteristiche di un elemento isogrid sono (analogamente alla geometria anisogrid di fig. I.3.1):

il raggio di curvatura R [m], l’altezza L [m] con le seguenti grandezze e dimensioni caratteristiche:

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• ±φ = 30°: angolo delle rib elicoidali (h) con l’asse longitudinale della struttura • ac, ah: distanza normale fra le rib circonferenziali (c) e quelle elicoidali (h) * • bc, bh: spessore delle rib circonferenziali (c) e quelle elicoidali (h) ** • H: altezza delle rib circonferenziali (c) e quelle elicoidali (h) • h1, h2: spessore delle pelli interna/esterna *** • d: distanza tra le rib elicoidali, in direzione normale all’asse longitudinale della struttura * con ac = ah = a (come verrà a dimostrato successivamente) ** con bc = bh = b *** anche nel caso delle geometria isogrid, la struttura ideale non ha pelli (skin), vale a dire che h1 & h2 sono

nulli. In questo caso il modello di Vasiliev [18] esegue il design calcolando due sole variabili: H e b. La minimizzazione della massa viene ottenuta esprimendo le equazioni in termini di fattori di sicurezza. Ciascuno dei quali deve essere > 1 per garantire che non si abbia il failure e l’instabilità della struttura. Come nel caso delle anisogrid, anche per le isogrid il modello rappresenta solo un preliminary design. IL MODELLO DI VASILIEV [18]: inizialmente devono essere fissate le seguenti grandezze:

• il raggio R della struttura • l’altezza L • il carico P di compressione applicato.

Va scelto il materiale da utilizzare, ovvero:

• il modulo di Young Eh delle rib elicoidali • il modulo di Young Ec delle rib circonferenziali • la densità ρh delle rib elicoidali • la densità ρc delle rib circonferenziali • lo sforzo ultimo σu.

L’equazione che descrive il buckling di una isogrid è:

1232

0

=ch EEHPn

δπ (I.11.1)

dove:

ab

ed n0 è il fattore di sicurezza associato al buckling globale. Per quanto concerne gli sforzi applicati si ha:

123

=δσπ HDPn u

s

(I.11.2)

dove ns è il fattore di sicurezza associato agli sforzi agenti sulla struttura. L’equazione che descrive il buckling locale, nel piano tangente al punto dell’elemento isogrid, è espresso come:

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1323 33

=δπ DHEPn

kh

l

(I.11.3)

dove: nl è il relativo fattore di sicurezza. k è il coefficiente di buckling definito nell’intervallo [1,4]. Si assume k = 4 che corrisponde alla configurazione incastro – incastro di ogni tratto di rib elicoidale compreso tra due nodi. La massa M della struttura vale:

( )chRLHM ρρδπ += 22 (I.11.4)

Dalla equazione (I.11.2) si ricava:

u

s

DPn

Hσπ

δ32

= (I.10.5)

che sostituita nella (I.11.4) da:

( )u

sch D

PnDLM

σπρρπ

32

2 += (I.11.6)

È banale osservare come la minimizzazione di M si abbia per ns = 1, ovvero:

( )u

choptLPMσ

ρρ322 += (I.11.7)

e

( )u

opt DPHσπ

δ3

2= (I.11.8)

Dall’equazione (I.11.1) si ricava:

( ) ch

u

optchopt EE

nDHEE

PnH 00

231

32 σ

δπ== (I.11.9)

Dalle equazioni (I.10.8) (I.10.9) si giunge alla:

0223

232

nP

DEE

u

chopt

πσδ = (I.11.10)

Partendo dalla (I.11.3):

154

132

32

32

323

20

2

54

22

022

3

=⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛⇒=⎟

⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

nnP

DEkE

nP

DEE

DPDE

Pnk

lu

ch

u

ch

uh

l σπσσππ

si ricava:

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54

2220 54 u

chl D

EEkPnn

σ= (I.11.11)

no e nl possono essere facilmente determinati dalla (I.11.11) pre-assegnando uno dei due. Il valore ottimizzato di b vale:

optopt ab δ= (I.11.12)

con:

hnDa π3

= (I.11.13)

dove nh è il numero totale delle rib elicoidali (destre + sinistre). Ovviamente, il numero delle rib elicoidali destre è uguale a quello delle sinistre e vale:

2h

eseden

nnn ===

Con ne si esprime il numero dei rinforzi elicoidali destri e sinistri. Inoltre, valgono le seguenti relazioni (fig. I.11.1):

°= 30coslac °= 30coslah

quindi, con ac = ah = a. Il final check consiste nel verificare che:

optopt bH >

Tale condizione si ottiene scegliendo una ragionevole densità di rinforzi (nh ed nc). È possibile introdurre le espressioni del carico normalizzato (p) e della massa minima normalizzata (m):

2

4DPp

π=

LDMm 2

= (I.11.14)

L’espressione “universale” della massa minimizzata (miso) di una isogrid lattice structure vale:

( )u

chisopm

σρρ

322 += (I.11.15)

Da osservare come miso, analogamente alla geometria anisogrid (paragrafo I.3), non sia funzione delle dimensioni delle rib. Tutto il modello appena descritto vale se e solo se:

ch

ut EkE

DPP 2

5454 σ=≥ (I.11.16)

dove Pt è un valore di threshold simile al σt del caso anisogrid (paragrafo I.3). Nella fig. I.11.3 è mostrato come, a parità di carico di compressione applicato, la configurazione anisogrid sia migliore di quella isogrid in termini di massa minima.

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Isogrid/Anisogrid Minimum Mass

50556065707580859095

100

2,2 2,4 2,6 2,8 3 3,2 3,4 3,6 3,8

Load (MN)

Kg

Isogrid

Anisogrid

fig. I.11.3 confronto tra le masse minime di un elemento isogrid e di uno anisogrid al variare del carico di compressione applicato

La fig. I.11.4 sottolinea come al crescere del carico applicato si ha un aumento nel guadagno di massa (weight saving) dell’elemento isogrid e anisogrid.

Isogrid-Anisogrid cell

468

10121416182022

2,2 2,4 2,6 2,8 3 3,2 3,4 3,6 3,8

Lo ad ( M N )

%

weight saving

fig. I.11.4 weight saving al crescere del carico applicato

LA PROCEDURA DI CALCOLO: per il dimensionamento di un elemento strutturale lattice isogrid (cilindrico) è stata sviluppata una procedura di calcolo il MATLAB (Allegato I.6), secondo il metodo di Vasiliev descritto in questo paragrafo. La procedura è cosi strutturata:

• vengono fissate: il raggio (R), l’altezza (L), il numero di rib elicoidali totali (nh), il materiale utilizzato (Ec, Eh, ρc, ρh, σu), il coefficiente di buckling (k)

• i coefficienti nl e ns sono posti uguali a 1 • calcolo del carico di threshold Pt • il carico di compressione applicato P è posto uguale a quello di threshlod (P = Pt) • calcolo di: a, no, H, δ , b, M nelle condizioni ottimizzate secondo il modello di Vasiliev • calcolo dei valori normalizzati del carico (p) e della massa (m) • calcolo della formula “universale” della massa minimizzata (miso) • calcolo del numero delle rib circonferenziali (nc = L/a+1) il cui valore è non intero • calcolo, tramite arrotondamento, del valore intero di nc • calcolo del nuovo valore dell’altezza L = a(nc - 1) corrispondente al numero intero di rib

circonferenziali (nc) • calcolo della variazione dei due valori dell’altezza L della struttura corrispondenti a nc intero e non.

Quella appena descritta è solo una delle possibili procedure da utilizzare per il dimensionamento di una struttura isogrid cilindrica (secondo il modello di Vasiliev). In particolare, la necessità di dover ricalcolare L è legata al valore di a che a sua volta dipende da nh ed R. Se, per motivi di design, non si vuole modificare il valore di L, partendo da esso, è possibile seguire il percorso inverso a quello appena descritto. Ovvero, da L e nc si calcola a e quindi nh. L’espressione matematica (I.11.13) che consente il calcolo di a è stata cosi determinata:

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hee n

DnDlnlDDRC 2

222 πππππ ==→×====

dove C è la circonferenza dell’elemento cilindrico e D il suo diametro. Con:

°×= 30cosla

si ha:

hhe nD

nD

nDa πππ 32

23

23

===

ESEMPIO NUMERICO: analogamente a quanto fatto per le strutture anisogrid (paragrafi I.5÷I.7) e quelle isogrid a maglia rettangolare/quadrata (I.10), anche nel caso dell’elemento isogrid triangolare è necessario verificare il modello di Vasiliev tramite un’analisi agli elementi finiti. La struttura studiata ha le seguenti caratteristiche:

raggio R = 1.5 m altezza L = 4 m numero totale delle rib elicoidali nh = 50 (ne = 25)

il materiale impiegato è una lega d’alluminio Al2024 avente:

densità ρ = 2800 Kg/m3 modulo di Young E = 70 GPa coefficiente di Poisson ν = 0.33 carico ultimo σu = 400 MPa

Con la procedura di calcolo appena descritta sono state calcolate le grandezze caratteristiche dell’elemento (tab. I.11.1).

GRANDEZZA Pt [N] P = Pt [N] a [m] H [m] b [m] M [Kg] p [N/m2] VALORE 5.7136E6 5.7136E6 0.3265 0.0210 0.0157 319.9634 8.0831E5

GRANDEZZA m [Kg/m3] miso [Kg/m3] nc non int. [1] nc int. [1] Lfin [m] * ∆L [m] ** l [m] VALORE 11.3164 11.3164 13.2518 13 3.9178 -0.0822 0.37701

* Lfin = altezza della struttura corrispondente a nc intero ** ∆L = L - Lfin

tab. I.11.1 dimensioni caratteristiche dell’elemento lattice isogrid cilindrico a cella triangolare Da osservare come sia verificata la condizione: H > b. L’espressione della formula “universale” di una struttura anisogrid è:

51

2

3

5.3 ⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=

chh

chani EE

pmρρ

ρ

da cui si ricava, utilizzando i dati relativi all’esempio in oggetto, che: mani = 10.6418 Kg/m3 < miso = 11.3164 Kg/m3. Questo risultato conferma quelli riportati in fig. I.11.3. nota: mani, nei paragrafi I.3, I.4 e negli allegati I.1, I.2, I.3 e I.6, è indicata con il simbolo m2. Con i dati riportati in tabella I.11.1 è possibile costruire il modello FEM della struttura verificando:

• la resistenza statica • la stabilità (local & global buckling) • le frequenze naturali di vibrazione.

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È stata adottata la configurazione di vincoli e carichi utilizzata nel TEST B CASO 7 di paragrafo I.7, ovvero: la distribuzione del carico P è caratterizzata come segue:

• è stato determinato il numero di nodi totali della mesh della struttura • a ogni nodo è stato applicato un carico di compressione pari al carico totale diviso il numero dei nodi

totali (in sintesi P è stato pensato uniformemente distribuito su tutta la struttura). la struttura è:

• vincolata alla base (primo rinforzo circonferenziale) con: Tx, Ty, Tz • tutti gli altri nodi vincolati con: Rx, Ry, Rz.

L’analisi di buckling fornisce un autovalore pari a λ = 1.22 (fig. I.11.5) che definisce una condizione di stabilità globale e locale dell’elemento.

fig. I.11.5 analisi di stabilità: autovalore > 1

In fig. I.11.6 è mostrato come, in corrispondenza della zona dove cambia il tipo di vincoli (tra la prima e la seconda rib cinconferenziale della base della struttura), ci siano dei spostamenti locali delle rib (definiti a meno di una costante, quindi, da non considerare in termini di valori assoluti, ma solo in termini di tipo di deformazione locale).

fig. I.11.6 analisi locale di stabilità

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Pertanto la configurazione adottata per le strutture anisogrid (TEST B CASO 7 di paragrafo I.7) rappresenta anche una condizione di stabilità nel caso dell’elemento lattice isogrid a maglia triangolare e geometria cilindrica. L’analisi statica (medesima configurazione di vincoli e di carico) mostra che il massimo sforzo (sia di compressione ∼ 3.5E8 Pa, che di trazione ∼ 1.8E8 Pa) agente sulla struttura è inferiore al σu del materiale (400 MPa). Pertanto, anche l’analisi statica è soddisfatta (fig. I.11.7).

fig. I.11.7 analisi locale di stabilità

Nelle fig. I.11.8÷10 è mostrato come, nell’analisi statica, le traslazioni e le rotazioni siano compatibili con i vincoli imposti.

fig. I.11.8 traslazioni totali relative dell’analisi statica

fig. I.11.9 traslazioni totali relative dell’analisi statica

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fig. I.11.10 rotazioni totali relative dell’analisi statica

Per verificare se il modello FEM è corretto, è stata eseguita l’analisi delle frequenze naturali di vibrazione (vincoli e carichi applicati nulli). I risultati mostrano che le prime sei frequenze (tre traslazionali e tre rotazionali) sono nulle. Dunque, il modello FEM è corretto. CONCLUSIONI: in questo paragrafo è illustrato il design (teorico, numerico e FEM) di un elemento lattice isogrid (a maglia triangolare e geometria cilindrica) secondo il modello di Vasiliev. È stata determinata la configurazione di vincoli e di carichi che, nelle condizioni di massa (M) minima, soddisfa alle specifiche di resistenza statica e stabilita (local e gobal buckling). Inoltre, è stato numericamente dimostrato come, utilizzando le espressioni “universali” delle masse delle configurazioni asinogrid e isogrid, la prima è più vantaggiosa della seconda (mani < miso). In fig. I.11.3 s’osserva come al crescere del carico applicato la differenza di massa M tra la geometria isogrid e quella anisogrid diventa sempre maggiore (fig. I.11.4). Pertanto, con i dati disponibili è possibile realizzare dei dimostratori (piani e cilindrici) di strutture isogrid, in maniera del tutto simile a quanto fatto per le geometrie anisogrid (paragrafo I.9).

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I.12 REALIZZAZIONE DI UN PROTOTIPO ANISOGRID CILINDRICO

NOTA: tutte le attività descritte in questo paragrafo sono state realizzate in collaborazione con il Dott. Ing. Mario Sarasso, il Dott. Ing. Angelo Franciosa e il Sig. Benedetto Collacchi della SISTEMA COMPOSITI S.p.A. La realizzazione di un prototipo lattice anisogrid a simmetria cilindrica, con il quale effettuare dei test utili a studiare sperimentalmente il modello di Vasiliev, richiede un processo tecnologico accurato. Quello descritto nel paragrafo I.8 rappresenta solo un primo step che consente di analizzare i problemi tecnologici di base, ma che non fornisce un dimostratore molto accurato in termini di grado di finitura e rispetto delle dimensioni prefissate. Pertanto, occorre utilizzare un procedimento più raffinato (paragrafo I.9) che prevede:

realizzazione di un disegno CAD 3D dell’elemento strutturale prototipazione rapida della struttura da realizzare (stampo positivo in resina) realizzazione di uno stampo negativo in silicone.

Dallo stampo negativo s’ottiene la struttura finale. Nel caso dell’elemento cilindrico la tecnologia più adatta da impiegare è quella del Filament Winding (FW). In fig. I.12.1 è mostrato il mandrino in acciaio sul quale è stato sistemato lo stampo negativo.

fig. I.12.1 allestimento mandrino – stampo negativo in silicone

Tecnologicamente parlando, esistono una serie di problemi che debbono essere risolti e che vengono a seguito descritti. È necessario determinare la sequenza di deposizione che consenta, in un ciclo completo, di coprire tutte le cavità dello stampo (rib elicoidali e circonferenziali) partendo da un punto iniziale, ritornando alla fine sul medesimo punto senza passare per più di due volte in un stesso tratto (serve per evitare uno eccessivo ispessimento in corrispondenza delle intersezioni tra le rib). Va sottolineato, come non convenga “riempire” prima tutti gli elementi elicoidali e poi quelli circonferenziali (o viceversa) in quanto, come è del tutto intuitivo, questo comporta delle significative difficoltà nel realizzare il processo e un degrado nelle caratteristiche meccaniche della struttura. La soluzione migliore consiste nel depositare la fibra tramite un percorso che passi alternativamente sia sui rinforzi elicoidali e sia su quelli circonferenziali. Il mandrino, per ragioni di deposizione delle fibre e relative proprietà meccaniche ottenute, è preferibile che ruoti sempre nella stessa direzione. Prima di realizzare la deposizione con la macchina del FW, è necessario farne una manuale con la quale individuare la sequenza di deposizione ottimizzata. Per questa attività è stato utilizzato un prepreg secco in fibra di vetro. La figura geometrica che nella configurazione anisogrid si ripete periodicamente, e che viene presa come riferimento, è l’esagono. La prima sequenza studiata prevede che, partendo dal primo rinforzo circonferenziali di base, la fibra esegua un percorso a zig – zag con uno spostamento orizzontale di un esagono in direzione circonferenziale e uno verticale in quella elicoidale, fino ad arrivare alla circonferenziale di testa e riprendere il percorso verso il basso (fig. I.12.2). Questa sequenza viene denominata 1-1-1. Il primo indice indica il numero di esagoni della rib circonferenziale di base prima di piegare la fibra. Il secondo il numero di esagoni circonferenziali ed elicoidali riguardanti il piegamento della fibra nella parte centrale dell’elemento. Il terzo è relativo al rinforzo circonferenziale di testa. Anche per le altre sequenze verrà adottata la dicitura: x-x-x.

fig. I.12.2 sequenza 1-1-1

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La sequenza 1-1-1 consente di ottenere (vincoli di deposizione):

1. il mandrino gira sempre nella stessa direzione 2. partendo da un punto della rib circonferenziale di base, dopo un ciclo completo si ritorna allo stesso

punto 3. tutte le cavità della parte centrale (tutto lo stampo escluso le rib circonferenziali di base e di testa)

della struttura vengono “riempite” con un numero di sovrapposizioni massimo delle fibre non superiore a due (fig. I.12.3 e fig. I.12.4)

4. le rib circonferenziali di base e di testa presentano delle lacune (fig. I.12.5, frecce in nero), ovvero ci sono dei tratti dove la fibra non passa.

fig. I.12.3 riempimento delle cavità centrali dello stampo negativo in silicone

fig. I.12.4 particolare delle sovrapposizioni (massimo due) delle fibre nella sequenza 1-1-1

fig. I.12.5 assenza della fibra in alcuni tratti delle rib circonferenziali di testa e di base

Il problema del non riempimento completo dei rinforzi circonferenziali di testa e di base, nella sequenza 1-1-1, dipende dal fatto che si ha un numero pari di elementi elicoidali e disparo per quelli circonferenziali. La sequenza 2-1-2 non consente di ovviare al problema. È stata testata la 3-1-3 (piegamento della fibra dopo tre esagoni per le rib circonferenziali di testa e di base, piegamento della fibra dopo un esagono per la parte centrale della struttura). Con tale sequenza:

1. il mandrino gira sempre nella stessa direzione 2. partendo da un punto della rib circonferenziale di base, dopo un ciclo completo si ritorna allo stesso

punto 3. tutte le cavità della parte centrale (tutto lo stampo escluso le rib circonferenziali di base e di testa)

della struttura vengono “riempite” con un numero di sovrapposizioni massimo delle fibre non superiore a due (fig. I.12.6 e fig. I.12.7)

4. le rib circonferenziali di base e di testa vengono completamente riempite e la piegatura della fibra dopo tre esagoni consente di avere un sovraspessore utile per un incremento di resistenza meccanica nei punti di applicazione delle sollecitazioni, dei vincoli e di integrazione della struttura con altri componenti (fig. I.12.8, frecce in nero più particolare a destra).

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fig. I.12.6 riempimento delle cavità centrali dello stampo negativo in silicone

fig. I.12.7 particolari delle sovrapposizioni (massimo due) delle fibre nella sequenza 3-1-3

fig. I.12.8 completo riempimento delle rib circonferenziali di testa e di base

Con il metodo 3-1-3 il problema della sequenza ottimale di deposizione è risolto. Il passo successivo consiste nel realizzare la struttura completa o con un processo manuale, o direttamente in macchina. Per la produzione del primo dimostratore è preferibile eseguire una deposizione manuale della fibre al fine di poter valutare tutte le problematiche, di tipo tecnologico, che dovranno essere risolte nella prospettiva di realizzare un elemento anisogrid con valenza prototipale. Inoltre, l’avvolgimento in macchina richiede la realizzazione di un software complesso. Conviene, quindi, implementarlo solo nel momento in cui verrà raggiunto un livello tecnologico adeguato. Sono state utilizzate delle fibre di vetro (tipo E) con la resina commerciale termoindurente DISTITRON 1629 NT. Nota: Le fibre inorganiche, tra cui quelle di vetro, metalliche e non, sono più resistenti, più rigide, hanno un più elevato punto di fusione, resistono meglio al calore rispetto alle fibre tradizionali. Sono, inoltre del tutto ininfiammabili, per contro, eccetto le metalliche, sono fragili. Il diametro della fibra è critico rispetto alla resistenza: come tutti i materiali fragili, mostrano un incremento della resistenza al diminuire delle dimensioni trasversali. Le fibre di vetro, in quanto materiale a comportamento fragile, vengono generalmente provate a compressione (solitamente il loro campo di impiego avviene proprio in tali condizioni di carico). Nel vetro la rottura è istantanea senza la presenza di regioni di deformazione plastica (curva σ - ε lineare). La resistenza a compressione è paragonabile a quella di alcuni acciai. Il modulo elastico di Young è di un ordine inferiore a quello dell’acciaio e praticamente uguale a quello dell’alluminio. Quindi, l’accoppiamento termo meccanico con quest’ultimo sarà più idoneo rispetto all’acciaio. Lo scopo è ridurre le concentrazioni degli sforzi e ottimizzare il trasferimento delle sollecitazioni nelle regioni di interfaccia. Inoltre, il basso coefficiente di dilatazione termica consente un eccellente comportamento agli sbalzi termici. L’impregnazione delle fibre con la resina è stata effettuata manualmente (fig. I.12.9) nel corso delle deposizione.

fig. I.12.9 bagnazione manuale delle fibre

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La sequenza di deposizione adottata è la 3-1-3. Dopo avere riempito le cave dello stampo in tutta la loro altezza, a causa del tensionamento delle fibre alcune di esse hanno evidenziato la tendenza a uscire dalla loro sede. Pertanto, è stato necessario fare degli avvolgimenti esclusivamente circonferenziali (3 per ogni circumferential rib) per “schiacciare” le fibre e riportarle nella loro posizione corretta. In fig. I.12.10 è mostrato l’avvolgimento appena terminato.

fig. I.12.10 avvolgimento delle fibre bagnate

La sequenza di deposizione ottimizza 3-1-3 presenta dei problemi tecnologici relativi al riempimento delle cave (elicoidali in particolar modo). Come evidenziato in fig. I.12.1 (dai numeri 1 e dalle frecce), per effetto della tensione della fibra, la stessa tende ad “appoggiarsi” sulla parete laterale degli esagoni dello stampo producendo delle lacune. Il problema è risolvibile riducendo la larghezza della cava. Questo introduce dei vincoli troppo restrittivi nel design poiché o si riduce il carico massimo applicabile, o si aumentano il numero delle rib elicoidali per avere una stessa sezione resistente totale. Altre soluzioni sono:

aumentare la larghezza delle fibre deporre due fibre allineate (questa soluzione intuitivamente sembra non risolvere il problema in

quanto sarebbe estremamente difficile mantenere due fibre parallele, e non sovrapposte, nella direzione longitudinale della cava, senza che esse tendano a sovrapporsi e, quindi, a schiacciarsi sulle pareti degli esagoni)

cambiare il tipo di silicone considerare l’altezza finale della sezione resistente pari alla metà di quella della cave, poiché negli

strati più bassi di deposizione (ovvero i primi) si ha un maggior grado di compattazione dovuto alla pressione esercitata su di essi da quelli sovrastanti.

Un’ultra soluzione consiste nel realizzare un composito particellato con fibre corte di vetro, ovvero una “pasta” che riempie sicuramente tutto lo spazio definito dalle cave. Questo, però, non consente di avere la continuità delle fibre lungo la direzione di distribuzione degli sforzi. Oppure, è possibile usare un multistrato pieno, successivamente scavato di macchina (come si faceva per i primi prototipi) che potrebbe costituire una buona soluzione sia per il caso cilindrico/conico che per l’elemento piano.

fig. I.12.11 incompleto riempimento delle cave interne dello stampo in silicone (1) e sovra spessore delle rib circonferenziali di testa e di base (2)

Dopo la deposizione manuale, è richiesta la fase di curing nella quale il materiale deve polimerizzare cercando di (tecnica del sacco a vuoto):

eliminare la resina in eccesso ottenendo il giusto rapporto fibra/resina uniformemente distribuito su tutto il volume

compattare l’elemento garantendo le dimensioni di progetto ottenere le caratteristiche (meccaniche, termiche, etc.) desiderate.

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Nel caso in oggetto, essendo un primo dimostratore, non è stato realizzato un sacco a vuoto classico (si consideri la teoria dei flussi di resina, il ciclo pressione – temperatura – tempo), ma un sistema più semplificato (fig. I.12.12) costituito da:

peel Ply (rosa in fig. I.12.12) nastro di carta per bloccarlo nastro trasparente speciale che si contrae quando viene riscaldato (serve a realizzare l’azione

eseguita dal ciclo di pressione).

fig. I.12.12 preparazione al processo di curing

Va ricordato che il sacco a vuoto tradizionale prevede:

• peel Ply (non fa attaccare il pezzo con la lana) • strato di materiale bucherellato (fa passare la resina in eccesso) • lana (assorbe la resina in eccesso).

Il processo di polimerizzazione è stato effettuato in forno (fig. I.12.13) per 1h a 100 °C (la DISTITRON 1629 NT inizia a polimerizzate a 80 °C, quindi considerando l’inerzia termica della massa, non piccola, del mandrino d’acciaio è necessario lavorare su livelli termici superiori).

fig. I.12.13 polimerizzazione in forno

In fig. I.12.14 è mostrato l’elemento polimerizzato ancora inserito all’interno dello stampo in silicone. Sono evidenti (indicati con il numero 1) le lacune descritte precedentemente (fig. I.12.11).

fig. I.12.14 l’elemento anisogrid dopo la polimerizzazione

La separazione del blocco stampo – struttura dal mandrino cilindrico è stata estremamente facile e rapida. Per contro, l’estrazione della struttura dal mandrino è risultata un operazione non banale. Inizialmente, si è tentato di estrarre l’elemento senza tagliare il silicone, creando il vuoto nella sua cavità cilindrica interna

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dopo averlo raffreddato in acqua. Quest’ultima operazione serve per farlo contrarre, mentre il composito non ha variazioni dimensionali significative grazie alla sua maggiore stabilità termica. Le azioni appena descritte non hanno consentito di estrarre la struttura. È stato necessario eseguire un taglio longitudinale interno allo stampo per poterlo arrotolare su se stesso e toglierlo. L’operazione sarebbe risultata ancora più semplice se la parte interna dello stampo stesso avesse avuto uno spessore inferiore. Dopo la separazione con la struttura, lo stampo è stato rimontato sul mandrino cilindrico, risultando perfettamente riutilizzabile. In fig. I.12.15 è mostrata la struttura al termine del ciclo di produzione.

fig. I.12.15 il dimostratore lattice anisogrid cilindrico alla fine del processo di fabbricazione

Il tempo impiegato a produrre la struttura è di circa quattro ore. Va tenuto conto che, essendo questo il primo dimostratore, ci sono stati tutta una serie di problemi tecnici da affrontare e risolvere. Migliorando il processo, e con a disposizione un bagaglio di conoscenze ormai acquisito, si può pensare a un tempo complessivo di produzione (deposizione manuale + curing + finiture finali) di poco superire alle due ore (“tempi morti” compresi). Con una deposizione mediante macchina i tempi possono sicuramente scendere, anche in funzione di un processo di produzione industrializzato. Ovviamente, la realizzazione di elementi strutturali in ambito aerospaziale sarà sempre caratterizzata da processi non su grandi numeri, ma su poche unità. Lo step successivo riguarda l’analisi delle caratteristiche dell’elemento prodotto. Dal punto di vista di un Dottorato di Ricerca è stato raggiunto un livello di sicuro interesse Accademico/Scientifico, ma va sottolineato che la realizzazione di un oggetto che abbia valenza prototipale richiede una sicura implementazione. È necessario ottenere contemporaneamente (da considerarsi queste come le specifiche di fabbricazione):

1. una sequenza ottimizzata di deposizione 2. un completo riempimento delle sezioni delle rib 3. avere una continuità nella distribuzione delle fibre nella direzione della distribuzione degli sforzi (in

particolare per le rib elicoidali) 4. un’eccellente grado di finitura.

Il punto 1. viene risolto con la sequenza 3-1-3, la quale, come già precedentemente osservato (fig. I.12.11 e I.12.14), non risulta soddisfare in pieno i restanti tre punti. Come mostrato in fig. I.12.16, la sequenza 3-1-3 non consente di avere una continuità delle fibre lungo la direzione delle rib elicoidali (linea nera), ma presenta una curvatura (evidente nel punto A).

fig. I.12.16 curvatura delle fibre lungo la direzione delle rib elicoidali

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Tale curvatura crea, tra due rinforzi circonferenziali (linea nera in fig. I.12.17), una serie di geometrie del tipo • che non garantiscono la continuità elicoidale delle fibre. Per contro, tutto ciò potrebbe costituire una sorta di smorzatori in serie intercalati da elementi circolari. La sequenza di deposizione va ripensata prevedendo che la fibra venga deposta lungo le elicoidi per ovviare al problema appena descritto. Anche il processo tecnologico deve offrire delle soluzioni che consentano di rispettare le quattro specifiche di produzione descritte in precedenza.

fig. I.12.17 geometria tra due rinforzi circonferenziali

Il grado di finitura della superficie interna è soddisfacente (fig. I.12.18). Questo risultato era del tutto prevedibile (analogamente al caso piano discusso nel paragrafo I.9, fig. I.9.22), in quanto essa è a contatto con quella liscia dello stampo, ed è soggetta anche alla pressione degli strati superiori che esercitano un’azione di compattazione.

fig. I.12.18 grado di finitura della superficie interna

Utilizzando lo stesso tipo di fibra (vetro tipo E, 4800 TEX, 24 µm) e la medesima resina, è stato realizzato un altro prototipo, al fine di risolvere tutte le problematiche tecnologiche appena descritte e soddisfare alle quattro specifiche di fabbricazione sopra elencate. Lo stampo, dopo essere stato tagliato, va nuovamente richiuso facendo combaciare perfettamente i due lembi. Essendo in silicone l’uso di collanti non è un scelta ottimale. Pertanto, è stato chiuso tramite un unico tratto continuo di fibra di vetro, non bagnata, fatto passare su tutte le rib circonferenziali, partendo da quella di base fino ad arrivare a quella di testa. Il passaggio da una circonferenziale all’altra avviene sfruttando un tratto di rib elicoidale. Inoltre, la fibra verrà bagnata dalla resina in eccesso del primo strato di deposizione. Per rispettare le quattro specifiche di fabbricazione e i vincoli di deposizione, è stata sviluppata una diversa sequenza di stratificazione (3-L-3). Essa consiste nel (fig. I.12.19):

• partire da un punto della circonferenziale di base e percorrere tre esagoni • deporre la fibra lungo tutta un elicoidale fino a raggiungere la circonferenziale di testa • su quest’ultima percorre altri tre esagoni e riscendere lungo l’elicoidale fino alla circonferenziale di

base • dopo un ciclo completo 3-L-3 si eseguono delle deposizioni sulle rib circonferenziali centrali (no

base e no testa) per compensare, con n giri per ciascuna, i sovra spessori di quelle di testa e di base (causati dal 3-3) e avere un effetto di schiacciamento dello stratificato non polimerizzato.

Con la 3-L-3:

• con un ciclo si coprono tutte le cave • si minimizzano le sovrapposizioni

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• la fibra viaggia lungo tutta la rib elicoidale.

fig. I.12.19 sequenza 3-L-3

Notazione: e = un ciclo 3-L-3 c = un ciclo di deposizione sulle circonferenziali centrali. Costituito da un solo giro di fibra per ogni circonferenziale, ognuna connessa con la successiva tramite un passaggio attraverso un tratto elicoidale es. la dicitura ne indica che sono stati eseguiti n cicli 3-L-3 es. la dicitura nc indica che sono stati eseguiti n giri di fibra per ogni circonferenziale centrale dopo che è stata eseguita la sequenza 3-L-3. Da osservare che, tramite la deposizione nc, il ciclo ne una inizia, alternativamente, una volta dalla rib circonferenziale di base e una volta da quella di testa. Quindi, la deposizione effettuata è stata: 2e, 2c, 2e, 1c, 2e, 1c, 2e, 2c, 1e, 3c (terminata con un giro di fibra sulla circonferenziale di testa). In fig. I.12.20 è mostrato quanto appena descritto.

fig. I.12.20 riempimento delle cave alla fine della deposizione

Da notare (fig. I.12.21), l’ottimo riempimento (precuring) delle cave rispetto al caso 3-1-3 (fig. I.12.11).

fig. I.12.21 particolari del completo riempimento delle cave elicoidali e circonferenziali

La fase successiva è il curing (fig. I.12.22), eseguito con la stessa modalità (60 min. a 100 °C in forno areato) impiegata per il primo dimostratore (fig. I.12.12).

fig. I.12.22 preparazione al processo di curing

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La fig. I.12.23 mostra il blocco stampo – prototipo dopo il curing. Da notare la compattazione del composito (riduzione dell’altezza della sezione resistenza della struttura) e la presenza di alcune cavità (bolle).

fig. I.12.23 stampo – struttura dopo il curing e l’estrazione dal mandrino metallico

Con lo stampo già tagliato, dopo il suo raffreddamento, l’estrazione della struttura è risultata essere relativamente semplice. Il dimostratore presenta:

• un grado di finitura non eccellente (sono presenti sovra spessori e residui di resina in eccesso eliminabili tramite finitura successiva), ma migliore del precedente

• un buon grado di finitura della superficie interna, tranne alcune filamenti (provenienti dalle fibra usata per la chiusura iniziale dello stampo) non bagnati

• la geometria è rispettata • è necessario un maggiore riempimento di fibra (l’altezza finale della sezione resistenza sarà sempre

inferiore di quella delle cave dello stampo) eliminando i vuoti (uso del sacco a vuoto). L’uso di un prepreg potrebbe migliorare ulteriormente le caratteristiche dell’elemento. Con un lima e della carta vetrata, sono state parzialmente rimosse le parti in eccesso, notando una soddisfacente qualità del manufatto. Se si completa la fase di finitura sia ha, sicuramente, un ulteriore perfezionamento. Il target è quello di conseguire un livello di eccellenza nel processo tecnologico utilizzato. Fino ad arrivare a una produzione completamente automatizzata (filament winding). La fig. I.12.24 mostra il secondo dimostratore e la continuità della fibra lungo le rib elicoidali (linea in nero). Solo nei punti di piegamento della fibra (alla fine dell’elicoide in corrispondenza delle circonferenziali di testa e di base, linea nera ad u capovolta in fig. I.12.24) si ha l’effetto tipo smorzatore presente, invece lungo tutto l’elemento del primo dimostratore (fig. I.12.17). Avere un fibra che viaggia con continuità lungo le rib elicoidali (3-L-3) dovrebbe dare una maggiore resistenza dell’elemento rispetto alla 3-1-3.

fig. I.12.24 il secondo dimostratore prodotto e la continuità (linea in nero) delle fibre lungo le rib elicoidali

L’uso di uno stampo metallico smontabile, grazie alla sua rigidità, può rappresentare una soluzione nella risoluzione delle problematiche affrontate nel corso della realizzazione dei due prototipi (stampo in silicone). In generale, si può affermare che la sequenza di deposizione 3-L-3 consente di realizzare un prototipo migliore rispetto a quello ottenibile con la 3-1-3. Tutto verrà a seguito dimostrato anche sperimentalmente. ANALISI FEM: per avere un’indicazione preliminare delle caratteristiche meccaniche dei due dimostratori, è stato realizzato un modello FEM in scala 1:1 (fig. I.12.25÷26). Come ricordato più volte, Vasiliev sottolinea che la

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complessità della geometria lattice (iso e anisogrid) non consente di fare valutazioni (numeriche/sperimentali) attendibili quando si usano modelli no “full scale”. Le caratteristiche dei due prototipi sono tali che i risultati conseguiti con le prove sperimentali saranno, sicuramente, diversi da quelli numerici (FEM). Ci si attende un comportamento meccanico peggiore di quello stimato.

fig. I.12.25 modello FEM

fig. I.12.26 modello FEM

Migliorando il processo tecnologico di manifattura, ci si avvicinerà sempre di più al comportamento ideale della struttura. Il modello FEM è costituito da 310 nodi e 440 elementi (del tipo beam). Il materiale è considerato isotropo continuo e omogeneo. Questa ipotesi, ovviamente, non rispecchia fedelmente la realtà della stratificazione unidirezionale delle fibre di vetro dei due dimostratori. Ma se si considera la complessità delle due diverse sequenze di deposizione (3-1-3 & 3-L-3), appare evidente la quasi impossibilità nell’andare a riprodurle in un modello FEM. Pertanto, l’ipotesi di materiale isotropo e continuo viene adottata, unicamente, per avere dei risultati preliminari di riferimento. Lo stesso modello FEM (in elastostatica linearizzata) rappresenta una esemplificazione della realtà fisica delle due strutture. La configurazione carico/vincoli adottata è la 7 B (paragrafo I.7, fig. I.7.10) che soddisfa alle condizioni di Vasiliev: vincoli: alla base no traslazioni e no rotazioni a tutti gli altri nodi carico: uniformemente distribuito su tutti i nodi del modello. Per verificare il modello FEM sono state calcolate le prime sei frequenze naturali di vibrazione (no vincoli, no carichi), le quali sono risultate esser nulle. Il modello FEM richiede la conoscenza delle caratteristiche e delle quantità usate dei due materiali (vetro, resina).

• Il primo prototipo pesa 685 gr. Non avendo pesato il vetro il rapporto fibra/resina è stato stimato in: 50% fibra & 50 % resina (in wt).

• Il secondo dimostratore pesa 735 gr. Il peso del vetro è di 400 gr (ottenuto misurando quello iniziale e finale di tutta la “matassa”). Quindi, quello della resina è di 335 gr. Con un rapporto: 54.42% fibra & 45.58% resina (in wt). Ciò dimostrata che la stima relativa al primo dimostratore è attendibile.

Va ricordato, che la sequenza di deposizione ha un ruolo importante nella capacità di utilizzare il maggior quantitativo possibile di fibra e il giusto tenore di resina (“bagnabilità”).

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In tab. I.12.1 sono riportate le proprietà delle fibre di vetro e della resina DISTITRON 1629NT [v3][v4][v5].

MATERIALE/PROPRIETÀ ρ [Kg/m3] ν [1] E [Pa] σu [Pa] Fibre di vetro 2500 0.23 65E9 3000E6 Resina 1629 1080 0.23 3900E6 60E6

tab. I.12.1 proprietà delle fibre di vetro e della resina

Le analisi eseguite sono relative a tre diverse configurazioni di materiale (Hp: isotropo e continuo):

1. costituito da solo vetro 2. vetro + resina nelle percentuali (in wt) relative al primo dimostratore 3. vetro + resina nelle percentuali (in wt) relative al secondo dimostratore.

Pertanto, con i dati di tab. I.12.1 e utilizzando il metodo delle medie ponderali, le proprietà del materiale composito “equivalente” utilizzato nelle tre analisi sono quelle mostrate in tab. I.12.2.

MODELLO/PROPRIETÀ ρ [Kg/m3] ν [1] E [Pa] σu [Pa] 1. 2500 0.23 65E9 3000E6 2. 1790 0.23 34.45E9 1530E6 3. 1846.8 0.23 36.894E9 1647.6E6

tab. I.12.2 proprietà del materiale composito “equivalente” utilizzato nelle tre analisi FEM

L’analisi di buckling eseguita sui tre modelli fornisce i seguenti risultati: Modello 1. Carico critico (Pcr): 2013141.99 N = 205283.35 Kg (fig. I.12.27)

fig. I.12.27 carico critico (solo vetro)

Modello 2. Carico critico (Pcr): 1068513.18 N = 108958.02 Kg (fig. I.12.28)

fig. I.12.28 carico critico (vetro + resina = primo dimostratore)

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Modello 3. Carico critico (Pcr): 1142845.4 N = 116537.8 Kg (fig. I.12.29)

fig. I.12.29 carico critico (vetro + resina = secondo dimostratore)

Come era del tutto intuitivo, il modello 1. presenta il carico critico più elevato. Tra il modello 2. e il 3. il maggiore è il secondo, dove la percentuale di vetro è maggiore. Nella descrizione della produzione dei due dimostratori, è stato osservato il non completo riempimento delle cave dello stampo. Questo significa che i due dimostratori hanno delle sezioni resistenti più piccole rispetto ai valori nominali (10 x 6 mm). Con il FEMAP è possibile calcolare il peso della struttura, ovvero del modello, e confrontarlo con quello dei due dimostratori. In tab. I.12.3 sono mostrati i risultati ottenuti, dove con PF si indica il peso calcolato con il FEMAP, mentre con PR quello reale dei due dimostratori, misurato tramite bilancia.

MODELLO/PESO PF [gr] PR [gr] ∆P = PF – PR [gr] 1. 1558 - - 2. 1116 685 431 3. 1151 735 416

tab. I.12.3 calcolo dei pesi teorici e reali dei dimostratori

I dati ripostati in tab. I.12.3 mostrano che:

• i dimostratori hanno un peso, e quindi una sezione resistente, inferiore del modello che considera un completo riempimento delle cave (sezione nominale). Pertanto, anche in funzione dei problemi legati ai difetti tecnologici di fabbricazione, il modello FEM fornisce una sovrastima dei risultati che verranno ottenuti con le prove sperimentali

• il secondo dimostratore (modello 2.) ha un ∆P inferiore rispetto al primo (modello 2.). Quindi, anche dal punto di vista numerico, è dimostrato come la sequenza 3-L-3 sia migliore della 3-1-3. Cosa del resto già precedentemente evidenziata.

Lo scopo è di annullare il ∆. Successivamente, è stata eseguita l’analisi statica, utile a determinare il carico massimo di compressione applicabile (MC). Ovvero, quello in corrispondenza del quale il massimo sforzo agente sulla struttura (MS) è uguale a quello di rottura del materiale (σu). La configurazione dei vincoli e dei carichi impiegata è quella che soddisfa alle condizioni di Vasiliev (vedi TEST B CASO 7 descritto nel paragrafo I.12). Per calcolare MC conviene adottare la seguente procedura (tab. I.12.4):

• si fissa un carico iniziale qualsiasi • si determina il relativo sforzo massimo applicato alla struttura (che risulterà essere diverso da σu) • con i precedenti dati, si estrapola un valore del carico applicato P, tale che MS = σu. Quindi, P è

l’MC cercato.

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MODELLO CARICO INIZIALE P [N]

MASSIMO SFORZO APPLICATO ALLA STRUTTURA [Pa]

CARICO ESTRAPOLATO P = MC [N]/[Kg]

MASSIMO SFORZO APPLICATO ALLA STRUTTURA, MS

[Pa] 1. 2E6 ∼ 1.1E10 > σu 543700.6 / 55442 3000E6 = σu 2. 2E6 ∼ 1.1E10 > σu 277287.3 / 28275 1530E6 = σu 3. 2E6 ∼ 1.1E10 > σu 298491.6 / 30438 1647E6 = σu

tab. I.12.4 analisi statica Come evidenziato dalla tab. I.12.4, il modello 1. presenta il massimo valore di MS. Con il carico iniziale (seconda colonna di tab. I.12.4), il massimo sforzo agente sulla struttura è superiore a quello di rottura del materiale, ed è applicato in corrispondenza delle prime due rib circonferenziali di base (fig. I.12.30, freccia bianca). Cioè, dove cambiano i vincoli (vedi TEST B CASO 7 descritto nel paragrafo I.12). Mentre, con quello estrapolato (quarta colonna di tab. I.12.4) si ottiene la condizione MS = σu.

fig. I.12.30 regione di applicazione del massimo sforzo agente sulla struttura (> σu)

Confrontando i dati della tab. I.12.4, con i valori del carico critico (Pcr) dei tre modelli, s’osserva come quest’ultimo sia sempre superiore ad MS. Tale risultato, almeno dal punto di vista puramente numerico, indica che la struttura prima di rompersi non presenterà mai delle instabilità locali e/o globali. Da sottolineare la coerenza con la teoria di Vasiliev che, oltre alle condizioni di massa minima e resistenza statica, si basa principalmente sul soddisfacimento dei requisiti di stabilità. I due dimostratori (fig. I.12.15 & I.12.24), hanno delle caratteristiche non perfettamente identiche a quelle dei modelli FEM (isotropia del materiale, imperfezioni, volumi, etc.). Pertanto, nel corso delle prove sperimentali, potrebbero presentare delle instabilità locali precedenti alla rottura, che avverrà per valori del carico applicato P, presumibilmente inferiori a MC. Il terzo prototipo è stato realizzato utilizzando un prepreg in fibra di vetro (E773/E773FR EPOXY RESIN [c252]). Il materiale è costituito da una resina avente le seguenti proprietà:

• Tensile Strength (carico di rottura σr) = 64 MPa • Tensile Modulus (modulo di Young E) = 3.5 GPa • Minimum Viscosity (µ) = 5 poise a 110 °C.

Quelle complessive del roving, a temperatura ambiente (RT), sono elencate nella tab. I.12.5.

PROPRIETÀ σr [MPa] E [GPa] Trazione 0° * 1724÷1930 48÷62

Compressione 0° * 1172÷1310 48÷62 Trazione 90° ** 48÷69 7÷14

* in direzione longitudinale della fibra ** in direzione ortogonale all’asse longitudinale della fibra

tab. I.12.5 proprietà del roving E773/E773FR EPOXY RESIN S2 glass fiber reinforced [c252]

Prima di iniziare la deposizione, il mandrino e lo stampo in silicone sono stati puliti, ed è stata messa della cera tra i due per evitarne il bloccaggio. La sequenza di avvolgimento, preceduta dalla chiusura del mandrino tramite due giri di prepreg intorno a tutte le rib circonferenziali, è identica a quella del secondo prototipo. La quantità di roving impiegata è di 371 gr. In fig. I.12.31 (a) e in fig. I.12.32, s’osserva come l’uso di un preimpregnato consenta di ottenere una migliore deposizione e riempimento delle cavità dello stampo, rispetto alla bagnazione in situ delle fibre (prototipo 1 & 2). Inoltre, la sequenza 3-L-3, garantisce che le fibre viaggino lungo le elicoidi, ossia nella

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direzione massima degli sforzi. Le prove meccaniche (paragrafo I.14) mostreranno che questa configurazione è migliore della 3-1-3. Come sottolineato in bibliografia [v1][v2], le zone più critiche di un struttura lattice multigrid sono quelle base – testa. In fig. I.12.31 (b) s’osserva che la sequenza di deposizione (sia la 3-L-3 che la 3-1-3) crea dei vuoti (frecce nere). Per di più, è presente una curvatura delle fibre e delle difettosità introdotte dalle imperfezioni dello stampo.

fig. I.12.31 deposizione del roving dentro lo stampo: (a) vista generale, (b) particolare della rib circonferenziale base - testa

fig. I.12.32 caratteristiche finali della sequenza di deposizione prima del curing

Successivamente è stato preparato il sacco a vuoto così caratterizzato (fig. I.12.33 (a)(b)):

• Peel ply • Tessuto plastico bucherellato (serve a separare il peel ply con la lana che, altrimenti nel processo di

cura, tenderebbero a fare corpo unico) • Lana (per il passaggio dell’aria all’interno del sacco durante la fase di vuoto) • Sacco tubolare (Nylon Vacuum Bag) chiuso da un Bag Sealant • Valvola di aspirazione.

Il tessuto di lana, in corrispondenza della valvola, viene inserito con uno spessore maggiorato in quanto, nel corso dell’aspirazione, la resina in eccesso del prepreg potrebbe ostruire la valvola stessa.

fig. I.12.33 il sacco a vuoto: (a) peel ply + tessuto bucherellato, (b) configurazione finale del sacco

Il processo di cura prevede, in base alla caratteristiche del prepreg [c252], un ciclo in forno a T = 125 °C per un tempo effettivo di due ore*, nelle condizioni di sotto vuoto (sacco connesso a un sistema di aspirazione interno al forno). Durante la polimerizzazione è necessario che non si verifichi la rottura del sacco. * la temperatura iniziale del forno è circa di 80 °C. Quindi serve un certo tempo affinché raggiunga i 125 °C e, considerando la massa notevole del mandrino in acciaio, è necessario un ulteriore intervallo di tempo affinché quella del composito raggiunga il valore necessario a far partire il processo di polimerizzazione. Per cui, il tempo complessivo di permanenza in forno si aggira all’incirca sulle quattro ore.

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In fig. I.12.34 (a)(b)(c) è mostrato il prototipo dopo il processo di cura. Avendo utilizzato un prepreg, il grado di finitura è buono. La sezione delle rib, rispetto ai primi due dimostratori, si avvicina di più a quella rettangolare nominale (fig. I.12.34 (b)). Anche in questo caso, la superficie interna (fig. I.12.34 (c)) è estremamente regolare.

fig. I.12.34 il terzo prototipo: (a) vista generale, (b) vista dall’alto, (c) vista della superficie interna

In fig. I.12.31 s’osserva il non completo riempimento delle cave dello stampo. Questo comporta che nel corso della polimerizzazione in sacco non si è verificato un totale schiacciamento delle fibre, introducendo delle difettosità sulla struttura. Per ottimizzare il suddetto schiacciamento, ovvero fare in modo che le fibre facciamo “corpo unico”, è necessario utilizzare l’autoclave (ciclo di pressione), oppure depositare un quantitativo di fibre che riempiano pienamente (preferibilmente in eccesso) le cave dello stampo. Quest’ultima soluzione non è molto praticabile, poiché a partire da un certo grado di riempimento, le fibre tendono, per effetto della loro tensione e delle non eccessiva rigidità del silicone, a fuoriuscire dalla loro sede. Le difettosità del dimostratore sono evidenziate in fig. I.12.35 (a): nei punti a e b s’osserva che la sequenza di deposizione porta a una sovrapposizione alternata (fig. I.12.35 (b)) delle fibre sui nodi delle rib elicoidali. Questo comporta che, nell’intersezione con una circonferenziale, può verificarsi la separazione tra i vari strati deposti (punto d in cui si hanno molteplici distacchi). La sequenza di deposizione prevede che dopo n passaggi 3-L-3 (ne) si esegua un ciclo, o più cicli, di deposizione sulle circonferenziali centrali (nc). Ciò consente di schiacciare le fibre delle elicoidali e compensare il sovraspessore delle circonferenziali base – testa (causato dal 3-L-3 stesso). In questo modo, però, le rib circonferenziali centrali presentano una sezione leggermente superiore a quella delle elicoidali (punto c). Cosa che non si ha alle estremità dell’elemento (punto e).

fig. I.12.35 morfologia del terzo prototipo: (a) vista generale, (b) particolare

La fig. I.12.36 mostra ulteriori particolari della struttura. In particolare, nella (d) si rileva la presenza di una notevole separazione tra gli strati di una rib elicoidale nel punto di intersezione con una circonferenziale (vedi punto d in fig. I.12.35 (a)).

fig. I.12.36 morfologia del terzo prototipo: (a) (b) (c) (d) particolari

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Precedentemente, è stato osservato che le zone più critiche di un struttura lattice multigrid sono quelle base – testa. Essendo esse punti di estremità della struttura (condizione al contorno) e per effetto della curvatura delle fibre e delle difettosità prodotte dallo stampo (fig. I.12.31 (b)). I test meccanici dimostreranno quanto appena sottolineato (paragrafo I.14). La fig. I.12.37 (a), nei punti indicati con la X, mostra la curvatura delle fibre e come la cavità triangolare a diretto contatto con la circonferenziale (base o testa) sia più grande di tutte le altre . Quindi, i bordi della struttura sono regioni meccanicamente più deboli. L’unico vantaggio (frecce nere in fig. I.12.37 (b)) che si riscontra è l’assenza della variazione di sezione nel punto d’intersezione tra una rib elicoidale e una circonferenziale (vedi punto c in fig. I.12.35 (a)). Soprattutto rispetto alla dimensione H, e un po’ meno rispetto a bh.

fig. I.12.37 caratteristiche del prototipo nella regine della prima rib circonferenziale base – testa: (a) vista generale, (b) particolare

Questo prototipo, tecnologicamente parlando, sembra essere “migliore” dei primi due (fig. I.12.15 & .24). Vanno, però, risolti tutti i problemi appena descritti (fig. I.12.35 & .37) implementando il processo tecnologico di produzione. Lo scopo è di arrivare alla realizzazione di una struttura con caratteristiche molto vicine a quelle di un elemento integrabile su un sistema reale. Anche per il terzo prototipo sono state eseguite delle analisi FEM. Il data sheet disponibile [c252] non fornisce i valori della densità (ρ) e del coefficiente di Poisson (ν) del prepreg. Pertanto, si considerano i valori impiegati per il secondo prototipo (modello 3. in tab. I.12.2), in quanto il rapporto resina/fibra e pressoché identico a quello nominale della E773/E773FR EPOXY RESIN. Per contro, sono noti il carico di rottura e il modulo di Young (tab. I.12.5). Considerando la complessità dell’avvolgimento, il materiale viene nuovamente considerato isotropo, omogeneo e continuo. Per analizzare il comportamento meccanico della struttura è utile studiare due configurazioni (tab. I.12.6):

• Modello 1.: considera le massime proprietà del prepreg a compressione nella direzione 0° • Modello 2.: considera le massime proprietà del prepreg a trazione nella direzione 0°.

MODELLO/PROPRIETÀ ρ [Kg/m3] ν [1] E [Pa] σu [Pa]

1. 1846.8 0.23 82E9 1310E6 2. 1846.8 0.23 62E9 1930E6 tab. I.12.6 proprietà del materiale composito “equivalente” utilizzato nelle analisi FEM del secondo dimostratore

Il modello 1. tiene in considerazione le massime proprietà a compressione del prepreg nella direzione longitudinale delle fibre. Mentre il secondo, esaminando le caratteristiche a trazione, serve per avere un’indicazione di riferimento rispetto alle massime proprietà del materiale. Il modello FEM è lo stesso di quello usato per i primi due prototipi:

• 310 nodi e 440 elementi (del tipo beam) • configurazione carico/vincoli 7 B (paragrafo I.7, fig. I.7.10) che soddisfa alle condizioni di Vasiliev.

Per calcolare il carico massimo di compressione applicabile (MS) e il relativo massimo spostamento (MTT), s’impiega la stessa procedura adottata per i prototipi 1 & 2 (vedi tab. I.12.4). In tab. I.12.7 e tab. I.12.8 sono riportati i risultati ottenuti. Anche in questo caso, il modello FEM fornisce valori estremamente interessanti di MC.

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MODELLO CARICO INIZIALE P [N]

MASSIMO SFORZO APPLICATO ALLA STRUTTURA [Pa]

CARICO ESTRAPOLATO P = MC [N]/[Kg]

MASSIMO SFORZO APPLICATO ALLA STRUTTURA, MS

[Pa] 1. 2E6 ∼ 1.104E10 > σr 237318.84 / 24199.80 1309E6 = σr 2. 2E6 ∼ 1.104E10 > σr 349637.68 / 35653.12 1930E6 = σr

tab. I.12.7 analisi statica degli sforzi per il terzo prototipo

MODELLO CARICO INIZIALE P [N]

MASSIMO SPOSTAMENTO

STRUTTURA [mm]

CARICO ESTRAPOLATO P = MC [N]/[Kg]

MASSIMO SPOSTAMENTO

STRUTTURA [mm] (RELATIVO A MC)

1. 2E6 0.0108 237318.84 / 24199.8 0.0012814 2. 2E6 0.0143 349637.68 / 35653.12 0.0025

tab. I.12.8 analisi statica degli spostamenti del terzo prototipo

In fig. I.12.38 sono evidenziate le posizioni del MS e dell’MTT di entrambi in modelli. Esse sono del tutto coerenti con quanto riportato in bibliografia [v1][v2] e con i test sperimentali.

fig. I.12.38 posizione del MS e del MTT

Per i primi due prototipi, con il modello FEM è stato calcolato il peso della struttura e confrontato con quello reale (tab. I.12.3). In questo caso, avendo ipotizzato un valore della densità (ρ), il calcolo è meno attendibile.

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I.13 DESIGN DI UN PANNELLO SOTTILE ANISOGRID

La geometria lattice anisogrid può essere utilizzata nel design di piastre e panelli sottili per impieghi aerospaziali. In fig. I.13.1 sono riportate alcune viste degli elementi in oggetto.

fig. I.13.1 la geometria lattice anisogrid per piastre e pannelli sottili

Le dimensioni caratteristiche di questo tipo di elemento strutturale sono mostrate in fig. I.13.2.

fig. I.13.2 dimensioni caratteristiche della geometria lattice anisogrid per piastre e pannelli sottili

L’elemento ha un’altezza pari a Lv e una larghezza Lo (fig. I.13.3). È stata scelta la geometria quadrata, quindi Lv = Lo = L. Inoltre, per ragioni strutturali è necessario che in tutti e quattro gli spigoli vi siano due rib elicoidali (punti A, B, C e D in fig. I.13.3) e non una lacuna (vedasi il dimostratore di fig. I.9.23). Le sezioni resistenti sono: (H, bh) e (H, bc).

fig. I.13.3 caratterizzazione della struttura (modello FEM), esempio di lacune sugli spigoli

Sia per la piastra che per il pannello valgono le seguenti relazioni:

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2)(

)(2

φφ

tgahtg

ah c

c

×=→= e )()(

22 φφ tgaatg

aa

cc

×=→=

( ))sin(2 φhc aa = e )cos()cos( φφ hh adda =→×=

adnLo +×= e cv amL ×=

dove: n = numero delle rib destre (o sinistre) inclinate. Quindi, il numero totale delle rib inclinate è 2n m = numero dei settori compresi tra due rib orizzontali. Devono essere un numero dispari affinché non si abbiamo sugli spigoli le lacune sopra descritte (fig. I.13.3). Il pannello ha un raggio di curvatura pari ad R. Pertanto, la sua curvatura vale C = 1/R e sottende un angolo α = L/R = LC. Sia per la piastra che per il pannello, sono state imposte le seguenti dimensioni nominali:

Lv = Lo = L = 0.3 m H = 5 mm bh = bc = 3 mm fi H/bh = H/bc = 1.6 φ = 26.56° α = 0.1 rad = 5.7296° (pannello)

Fissati l’angolo φ ed m, le dimensioni caratteristiche dell’elemento vengono calcolate con la seguente procedura:

( )d

aLnhada

mL

a oh

vc

−=→→→= ),,(

ma n viene non intero. Con la legge degli arrotondamenti lo si rende intero e si ricalcola Lofin (larghezza finale della piastra e del pannello) che è differente dal valore iniziale nominale (Lo). Esiste cioè un ∆Lo = Lo – Lofin che va minimizzato con una scelta opportuna di φ.

adnLnnn iofini +×=→=→ )int(

In tab. I.13.1 è mostrato come l’angolo φ che minimizza ∆Lo non sia quello caratteristico del modello di Vasiliev (26.56°), ma 25.57° (valore adottato per lo studio agli elementi finiti).

φ [°]/grandezza L [m] m [1] ac [m] ah [m] d [m] a [m]

26 0.3 11 0.027 0.02391 0.02660 0.013302 25.5 0.3 11 0.027 0.02348 0.026014 0.013008 25.57 0.3 11 0.027 0.023543 0.026099 0.013049

φ [°]/grandezza h [m] n [1] ni [1] Lofin [m] ∆Lo [m] - 26 0.0066509 10.77 11 0.305 0.005 -

25.5 0.006504 11.032 11 0.2991 9E-4 - 25.57 0.0065247 10.9947 11 0.3001 1E-4 -

tab. I.13.1 calcolo del valore di φ che minimizza ∆Lo = Lo – Lofin

La fig. I.13.4 mostra i modelli FEM della piastra e del pannello.

fig. I.13.4 il modello FEM della piastra e del pannello (curvatura: C = 0.3 m)

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ANALISI AGLI ELEMENTI FINITI: la resistenza strutturale dei due elementi è stata studiata mediante due modelli FEM (ciascuno a 415 nodi e 1436 elementi beam). Il materiale usato è la lega di alluminio Al2024 (vedi il data sheet riportato nel paragrafo I.5) Sia per la piastra che per il pannello, le prime sei frequenze naturali di vibrazione (no vincoli, no carichi) fornite dal NASTRAN, sono risultate nulle. Questi risultati costituiscono il primo test di verifica della correttezza di entrambi i modelli FEM. - spostamenti: vincoli: incastro su tutti i nodi (68) del perimetro esterno del pannello e della piastra (fig. I.13.5).

fig. I.13.5 configurazione vincolare

carico (fig. I.13.6):

• caso A: il carico P è applicata al nodo centrale • caso B: il carico P è suddiviso su tutti i nodi dell’elemento esclusi quelli vincolati (347) fi Pi =

P/347 (con i = 1,…….,347). Per quanto riguarda il pannello, P è applicato nella direzione della concavità (fig. I.13.7).

fig. I.13.7 distribuzione del carico: caso A & caso B

fig. I.13.7 direzione di applicazione del carico P nel caso del pannello

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Sia nel caso A che nel B, le analisi FEM mostrano che, nella piastra e nel pannello, il massimo spostamento (Max Total Translation: MTT) sia ha in corrispondenza del nodo centrale. In tab. I.13.2 sono riportati i valori di tali spostamenti in corrispondenza di un carico P di 10000 N.

Elemento Caso MTT [m] Piastra A 0.0254296 Piastra B 0.00616938

Pannello A 0.0228339 Pannello B 0.00533638

tab. I.13.2 Max Total Translation (MTT) del nodo centrale della piastra e del pannello

Da notare come l’MTT del caso A sia maggiore di quello di B (cosa del resto del tutto intuitiva). Ciò evidenzia come i risultati dei modelli FEM siano strettamente legati al configurazione adottata. In fig. I.13.8 e in fig. I.13.9 sono presentate alcune immagini FEM delle traslazioni totali. Anche il tipo di deformata è influenzata da come viene applicato il carico P (a parità di valore).

fig. I.13.8 andamento delle traslazioni totali nella piastra e nel pannello nel caso A

fig. I.13.9 andamento delle traslazioni totali nella piastra e nel pannello nel caso B

- resistenza statica: passo successivo consiste nel determinare il carico massimo ammissibile (MP), ovvero quello in corrispondenza del quale il massimo sforzo (Max Stress: MS) di trazione e di compressione, agente sulla struttura, è esattamente uguale a quello ultimo del materiale. Naturalmente, i carichi operativi dovranno essere inferiori (introduzione dei coefficienti di sicurezza). Il carico ultimo della lega Al2024 è: σu = 400 MPa. vincoli: incastro su tutti i nodi (68) del perimetro esterno del pannello e della piastra (fig. I.13.5). carico:

• caso A: il carico P è applicata al nodo centrale • caso B: il carico P è suddiviso su tutti i nodi dell’elemento esclusi quelli vincolati (347) fi Pi =

P/347 (con i = 1,…….,347). Inizialmente, il valore di MP è stato calcolato per la piastra, relativamente al caso B. La tab. I.13.3 mostra che MP vale 7757 N. Questo valore è stato testato anche sul pannello arrivando, per estrapolazione e successiva verifica FEM, a un valore di MP pari a 7568 N (tab. I.13.3, sempre caso B). Successivamente, i rispettivi valori di MP della piastra e del pannello, sono stati studiati nella configurazione di carico relativa al caso A (tab. I.13.4). È possibile osservare che, sia per la piastra che per il pannello, l’aver concentrato tutto il carico sul nodo centrale, porta ad avere un MS > σu. Tale risultato è del tutto attendibile. Inoltre in entrambi casi, l’MS, si ha in corrispondenza del nodo centrale (analogamente al MTT).

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Elemento P [N] MS [Pa] Stato Piastra 3E6 1.547E11 MS > σu Piastra 1E6 5.1541E10 MS > σu Piastra 7757 = MP 3.99E8 MS = σu

Pannello 7757 410M MS > σu Pannello 7658 = MP 401M MS = σu

tab. I.13.3 Max Stress (MS) del nodo centrale della piastra e del pannello per il caso B

Elemento P [N] MS [Pa] Stato Piastra 7757 1.893E9 MS > σu

Pannello 7568 2.08E9 MS > σu tab. I.13.4 Max Stress (MS) del nodo centrale della piastra e del pannello per il caso A

In fig. I.13.10 s’osserva che nel caso A gli sforzi sono concentrati principalmente al centro, mentre nel B (fig. I.13.11) sia ha una distribuzione più uniforme su tutta la superficie dell’elemento. Nuovamente, entrambe le condizioni valgono sia per la piastra che per il pannello.

fig. I.13.10 distribuzione degli sforzi nella piastra e nel pannello nel caso A

fig. I.13.11 distribuzione degli sforzi nella piastra e nel pannello nel caso B

- stabilità: per il buckling sono state studiare le due configurazioni (A & B) illustrate in fig. I.13.12.

fig. I.13.12 configurazioni A & B per lo studio del buckling

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Nel caso del pannello, il carico è diretto in direzione ortogonale alla curvatura (fig. I.13.13).

fig. I.13.13 direzione di applicazione del carico P nel caso del pannello

Il carico di complessione P, nei due casi A & B, è applicato sui 24 nodi di testa della struttura (fig. I.13.12). Nella tab. I.13.5 sono riportati i valori del carico critico (Pcr) della piastra e del pannello. Naturalmente, Pcr è inferiore all’MP (tab. I.13.4÷5). Inoltre, nella tab. I.13.5 sono indicati i valori del MTT che, differentemente all’analisi statica (tab. I.13.2), non si ha nel nodo centrale dell’elemento, ma sul punto di mezzeria della linea di applicazione del carico P (fig. I.13.14). La stabilità di un elemento lattice anisogrid piano (piastra e/o pannello) è meno “ottimizzata” di quella che si ha nella geometria chiusa (cilindrica e/o tronco conica). Tutto ciò, come spiegato anche da Vasiliev, è dovuto al fatto che la presenza di una forma chiusa induce sulle rib circonferenziali, all’atto dell’applicazione del carico P di compressione, delle forze di pressione (dirette ortogonalmente all’asse longitudinale e verso l’interno dell’elemento stesso), le quali forniscono un’ulteriore contributo di stabilità, oltre a quello fornito dalla geometria lattice anisogrid stessa (vedasi paragrafi I.1÷5).

Elemento Caso Pcr [N] MTT [m] Piastra A 2251.822 0.190404 Piastra B 27245.45 0.0836997

Pannello A 3235.252 0.182952 Pannello B 32397.2 0.0716683

tab. I.13.5 risultati delle analisi di buckling (Pcr)

I risultati inseriti nella tab. I.13.5 evidenziano come la distribuzione dei vincoli, a partirà di quella di carico P, influenzi il valore del carico critico (Pcr). Sia nella piastra che nel pannello, passando dal caso A al B si verifica un incremento di un ordine di grandezza del carico critico Euleriano, e una riduzione (sempre dell’ordine O(101)) dell’MTT. Questo dimostra che l’elemento è più stabile nel caso B (cosa del tutto prevedibile avendo una configurazione vincolare più “restrittiva”). Queste analisi hanno lo scopo di valutare quale potrebbe essere il comportamento strutturale di tale elementi se integrati in sistemi aerospaziali, quali i pannelli delle fusoliere degli aeromobili o quelli dei lanciatori. Naturalmente, studiando ulteriori configurazioni (vincoli e carichi) possono essere simulate tutta una serie di condizioni operative reali. In fig. I.13.14 sono presentate le deformate (Total Translation: TT) corrispondenti all’analisi di stabilità, nei due casi analizzati.

fig. I.13.14 Total Translation, nelle configurazioni A & B, dello studio di buckling

Conclusioni: in questo paragrafo è stato descritta la procedura per il design (analisi numerica, resistenza statica dinamica, stabilità) di un elemento piano lattice anisogrid (piastra e pannello) per applicazioni aerospaziali. Chiaramente, possono essere studiati ulteriori spettri di carico caratteristiche di una missione. Può essere effettuata anche un’analisi termo – meccanica. Dopo il design il lavoro deve essere finalizzato alla realizzazione di un dimostratore/prototipo (come fatto nei paragrafi I.9 e I.12).

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I.14 TEST MECCANICI DI DIMOSTRATORI ANISOGRID

I dimostratori lattice anisogrid prodotti (vedi paragrafo I.12) sono stati testati meccanicamente. Lo scopo è quello di:

• eseguire un confronto tra i risultati numerici/FEM e quelli sperimentali • analizzare il comportamento reale della struttura per implementare il processo di produzione, e

quindi, le proprietà meccaniche generali • confrontare quanto riportato in bibliografia [v1][v2] con i dati ottenuti.

Un primo set di prove di compressione è stato eseguito tramite la macchina MTS810 (fig. I.14.1 (a)). Essa lavora controllando lo spostamento (S) e registrando il relativo carico applicato (P). In fig. I.14.1 (b) è mostrata la configurazione di prova, ovvero il campione inserito tra due piastre. Quella superiore è fissa, mentre quella inferiore sale con un ratio fissato per tutte le prove al valore di v = 1 mm/min. I dimostratori presentano, inoltre, una leggera mancanza di parallelismo delle rib circonferenziali di testa rispetto la piastra superiore (frecce nere in fig. I.14.1 (c)). Il problema si risolve applicando un pre-carico (Ppre) che ha lo scopo di creare un contatto completo, a 360°, tra le piastre e il campione.

fig. I.14.1 set-up sperimentale: (a) la macchina MTS810, (b) configurazione di prova, (c) particolare del contatto tra il dimostratore e la piastra fissa

L’apparato di prova è collegato a un software così caratterizzato:

• prima di ogni prova esegue una calibrazione/verifica di tutto il sistema • monta un dispositivo per la definizione del fondo scala (massimo valore di P registrabile) e della

massima corsa (s) della piastra inferiore di spinta (in tutte le prove è stato fissato s = 10 cm) • eseguire il campionamento dei dati a intervalli prestabili (in tutte le prove è stato fissato 0.5

campionamenti/sec) • fornisce un output costituito da un file excel (tempo t, carico P, spostamenti S) dei dati campionati e

il relativo grafico su carta. I dimostratori hanno un’altezza nominale (distanza tra gli assi delle rib circonferenziali di testa e di base) pari a 300 mm, e un’altezza effettiva (considerando lo spessore della sezione: bc = 6 mm) di 306 mm. A seguire viene descritto il primo set di prove realizzato. Prototipo n° 1, Prova 1: (rif. fig. I.12.15) Cella di carico: 10 KN (1019.71 Kg) Precarico (Ppre): 65 N (6.63 Kg) Durata della prova: 211 sec Massimo carico (Pmax) registrato: 10 KN (1019.71 Kg) a t = 211 sec Massimo spostamento (Smax) registrato: 2859 µm (2.859 mm) a t = 211 sec Utilizzando una cella di carico di 10 KN, il campione non presenta nessuna rottura locale. Si è verificato soltanto il distacco di alcune schegge di resina in eccesso (vanno eliminate immediatamente dopo il manufacturing delle struttura per migliorarne il grado di finitura). In fig. I.14.2 è mostrato il grafico (P – S).

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Prototipo 1 Prova 1

-15000

-10000

-5000

0-4000 -3000 -2000 -1000 0 1000

Spostamenti [micron]

Car

ico

[N]

fig. I.14.2 Prototipo 1 Prova 1

Prototipo n° 1, Prova 2: (rif. fig. I.12.15) Cella di carico: 100 KN (10197.1 Kg) Precarico (Ppre): 65 N (6.63 Kg) Durata della prova: 410 sec Massimo carico (Pmax) registrato: 19.176 KN (2010.47 Kg) a t = 264 sec e S = 4483 µm (4.483 mm) Massimo spostamento (Smax) registrato: 7018 µm (7.018 mm) a t = 410 sec Anche in questo caso, il prototipo non presenta dei danneggiamenti macroscopici, ma soltanto dei distacchi di schegge di resina in eccesso. Tutto ciò (vedi frecce nere in fig. I.14.3) provoca una riduzione improvvisa del carico P. Tale fenomeno si è verificato in ogni test. Va sottolineato, che una riduzione istantanea di P equivale anche a una rottura locale della struttura. E tanto maggiore sarà il ∆P e tanto più sarà imputabile a rotture e non a semplici distacchi del polimero.

fig. I.14.3 Prototipo 1 Prova 2

Prototipo n° 2, Prova 1: (rif. fig. I.12.24) Cella di carico: 100 KN (10197.1 Kg) Precarico (Ppre): 65 N (6.63 Kg) Durata della prova: 338 sec Massimo carico (Pmax) registrato: 44.063 KN (4493. 18 Kg) a t = 223 sec e S = 3704 µm (3.704 mm) Massimo spostamento (Smax) registrato: 5704 µm (5.704 mm) a t = 338 sec Il secondo dimostratore presenta un comportamento a compressione molto interessante. Come riportato in fig. I.14.4, dopo un primo tratto di assestamento iniziale, al crescere dello spostamento c’è un incremento del carico fino ad arrivare, in corrispondenza di Pmax, a un ∆P improvviso (freccia bianca in fig. I.14.4). La netta riduzione del carico è legata a un cedimento locale verificatosi tra la prima e la seconda rib circonferenziale di base. Ovvero, quelle in corrispondenza della piastra di spinta. Per contro, quelle di testa a contatto con la piastra fissa non hanno subito danneggiamenti. Proseguendo con la prova, sono presenti dei piccoli salti (∆P), ma il carico (P) tende a stabilizzarsi a un valore di poco superiore ai 21KN (2141.4 Kg).

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Il comportamento reale del dimostratore è fortemente legato alle difettosità locali (di volta in volta differenti e presenti in punti diversi della struttura) e al processo di manifattura (es. sequenza di deposizione). Più avanti si mostreranno dei risultati che sottolineeranno, ad esempio, come la piegatura delle fibre in corrispondenza delle rib circonferenziali base – testa provoca cedimenti proprio in corrispondenza di tali regioni.

Prototipo 2 Prova 1

-60000

-40000

-20000

0

20000

-6000 -5000 -4000 -3000 -2000 -1000 0

Spostamenti [micron]

Car

ico

[N]

fig. I.14.4 Prototipo 2 Prova 1

È utile fare un primo confronto tra il comportamento meccanico dei due dimostratori. In fig. I.14.5 è riportata la sovrapposizione delle curve di fig. I.14.3 e fig. I.14.4. Dopo una prima fase comune di assestamento (quasi perfetta sovrapposizione dei due andamenti), il secondo dimostratore presenta, rispetto al primo, una maggiore pendenza del tratto continuo iniziale della curva (P – S). Ovvero, una resistenza meccanica superiore. Inoltre anche i valori assoluti del carico registrato sono nettamente più elevati, dimostrando che la sequenza di deposizione 3-L-3 è migliore della 3-1-3 (paragrafo I.12). Infatti, quando le fibre viaggiano lungo le elicoidi, quindi lungo la direzione di applicazione del carico, si ha un comportamento meccanico migliore. In perfetta analogia ai modelli teorici/sperimentali di Vasiliev [v1].

-50000-40000-30000-20000-10000

010000

-8000 -6000 -4000 -2000 0 2000

Spostamenti [micron]

Car

ico

[N]

PROT. 1 PROT. 2

fig. I.14.5 confronto tra Prototipo 1 & 2

fig. I.14.6 analisi del danneggiamento locali della strutture in corrispondenza delle rib circonferenziali a contatto con la piastra di spinta

Dopo i test è necessario analizzare fisicamente le due strutture. Come mostrato nelle fig. I.14.6 (a)(b)(c), in corrispondenza delle prime due rib circonferenziali connesse alla piastra di spinta, si hanno dei

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danneggiamenti della struttura (indicati con le X in nero). Essi consistono in una sorta di bridge (in bianco nelle figure) presenti nella regione interna del punto di curvatura del fascio di fibre. Quest’aspetto è presente in entrambi i dimostratori, in quando sia la sequenza 3-1-3 che la 3-L-3 prevedono la piegatura delle fibre in corrispondenza delle rib circonferenziali base – testa. Anche se nella 3-L-3 il numero di piegature è inferiore. I suddetti bridge non sono presenti nella regione opposta, ovvero quella a contatto con la piastra fissa. Pertanto, il problema sembra essere un fenomeno caratteristico solo delle estremità della struttura (condizione al contorno) connesse a parti mobili. Infatti, generalizzando, i bridge non si hanno sia nella parte centrale della struttura, che nell’estremità connessa alla piastra fissa. Come evidenziato dalla fig. I.14.6 (b), dopo la prova le strutture presentano una notevole conservazione della geometria iniziale (elevata stabilità) e un quasi completo ritorno elastico. Tutto questo soprattutto nella regione centrale. In fig. I.14.7 (a)(b) sono presentate ulteriori viste dei prototipi dopo i test.

fig. I.14.7 immagini dei due dimostratori dopo i primi test meccanici di compressione

Con la prima serie di test non è stato possibile valutare il massimo carico P di compressione applicabile ai dimostratori. Quindi, servono ulteriori prove sperimentali, utilizzando un apparato sperimentale più grande (fig. I.14.8, macchina MTS AST29). Sono, inoltre, necessari sistemi di protezione per la sicurezza degli operatori nel caso di un’eventuale rottura di schianto del campione o per le schegge di resina rilasciate durante l’applicazione del carico.

fig. I.14.8 la macchina di prova utilizzata per le successive prove sperimentali di compressione (MTS AST29)

Prima di eseguire i nuovi test è stata calcolata l’altezza (effettiva, non nominale) dei due prototipi a seguito delle prime prove appena descritte. Per ognuno di essi sono state effettuate quattro misurazioni (ognuna sfalsata di 90°, punti A, B, C e D in fig. I.14.9) e ricavato un valore medio (tab. I.14.1).

fig. I.14.9 punti per la misurazione dell’altezza dei prototipi

Prototipo / Altezza nel punto A [mm]

nel punto B [mm]

nel punto C [mm]

nel punto D [mm]

Altezza media [mm]

1 298 297.8 298.7 299 298.375 2 299.7 298.6 298 298.6 298.725

tab. I.14.1 misure dell’altezza effettiva dei prototipi

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Quindi, rispetto all’altezza effettiva iniziale di 306 mm, il primo prototipo ha subito un accorciamento di 7.625 mm, mentre il secondo di 7.275 mm. A seguire viene descritto il secondo set di prove realizzato. Prototipo n° 1, Prova 3: (rif. fig. I.12.24) Cella di carico: 100 KN (10197.1 Kg) Precarico (Ppre): 65 N (6.63 Kg) Durata della prova: 5382 sec Massimo carico (Pmax) registrato da file: 19 KN (1937.46 Kg) a t = [2338, 2348] sec e S = [48.996, 49.106] mm Massimo carico (Pmax) da grafico: 18.9 KN (1927.26 Kg) a S = 49.036 mm (vedi punto C in fig. I.14.10) Massimo spostamento (Smax) registrato da file: 88.492 mm a t = 5382 sec Prototipo n° 2, Prova 2: (rif. fig. I.12.15) Cella di carico: 100 KN (10197.1 Kg) Precarico (Ppre): 65 N (6.63 Kg) Durata della prova: 4593 sec Massimo carico (Pmax) registrato da file: 39 KN (3976.89 Kg) a t = [2224, 2228] sec e S = [43.002, 43.121] mm Massimo carico (Pmax) da grafico: 39.7 KN (4048.27 Kg) a S = 44.55 mm (vedi punto G in fig. I.14.10) Massimo spostamento (Smax) registrato da file: 76.556 mm a t = 4593 sec Nota: osservare, per entrambe le prove, l’ottima corrispondenza tra i set di valori, relativi al Pmax, forniti dal software e quelli ricavati dal grafico (fig. I.14.10). L’assenza di uno scostamento significativo sui valori di S si ottiene tenendo conto, nel calcolo analitico da grafico, del disallineamento dello zero delle curve rispetto a quello della carta millimetrata (vedi punto indicato come START in fig. I.14.10). In fig. I.14.10 sono riportati gli andamenti relativi alle due prove.

fig. I.14.10 Prototipo 1 Prova 3 & Prototipo 2 Prova 2

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La macchina è stata così calibrata (rif. fig. I.14.10): asse X = fondo scala di 100 mm e a 299 mV/cm asse Y = fondo scala di 100 KN e a 200 mV/cm. Prototipo n° 1, Prova 3: (rif. fig. I.14.10) Nel tratto START-A non verificano delle rotture presumibilmente per effetto di un carico P non sufficiente per provocarle. Inoltre, il notevole incremento di P indica una notevole rigidezza della struttura. Nel tratto A-B il prototipo inizia a presentare (fig. I.14.11 (a)) delle deformazioni alla base (dove si erano verificati i bridge delle precedenti prove), seguite da una serie di rotture asimmetriche rispetto all’asse longitudinale (fig. I.14.11 (b) & (c)) e progressive (fig. I.14.11 (d)). Il carico si riduce gradualmente con la presenza di improvvisi salti di carico (∆P) provocati da cedimenti in corrispondenza di difettosità locali.

fig. I.14.11 tratto A-B: (a) deformazione della base, (b) primi cedimenti della base, (c) asimmetria nei cedimenti della base, (d) rotture progressive

Nel punto B si ha la quasi totale sovrapposizione della prima e seconda rib circonferenziale a contatto con la piastra mobile di spinta. Pertanto, come precedentemente sottolineato, si è verificato un cedimento strutturale in una regione di estremità (condizione al contorno) connessa a una parte in movimento. A tale sovrapposizione corrisponde uno spostamento S pari a 39 mm che è coerente con la distanza d nominale tra le facce di due circonferenziali contigue (d = ac – bc = 50 – 6 = 44 mm)

fig. I.14.12 punto B: (a) sovrapposizione delle prime due rib circonferenziali a contatto con la piastra mobile, (b) vista generale della sovrapposizione

Nel tratto B-C il carico aumenta, probabilmente per effetto della compattazione delle prime due rib circonferenziali di base. Sono presenti anche una serie di rotture locali, quindi, con degli improvvisi salti di carico (∆P). In questo intervallo il corpo centrale della struttura presenta una notevole stabilità geometrico dimensionale. Questo dovrebbe essere causato dall’effetto della pressione stabilizzante esercitata dalle rib circonferenziali (come suggerito da Vasiliev [v1]). In C si raggiunge il Pmax e iniziano a verificarsi delle deformazioni/rotture tra le prime due rib circonferenziali di testa (fig. I.14.13 (a)), ovvero quelle a contatto con la piastra fissa.

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Nel tratto C-D si hanno delle rotture locali e una deformazione asimmetrica del corpo centrale della struttura (fig. I.14.13 (b)). L’asimmetria della deformazione è imputabile sicuramente a delle difettosità locali generate da un processo di manifattura non ottimizzato. La loro entità, associata alle rotture locali, è tale che l’azione stabilizzante delle rib circonferenziali non è in grado di compensare il fenomeno, che diviene progressivamente più accentuato (fig. I.14.13 (c)). Nell’ultimo tratto D-E si ha un ultimo cedimento locale prima dell’interruzione della prova (in E).

fig. I.14.13 tratto C-D: (a) rotture tra le prime due rib circonferenziali di testa, (b) deformazione del corpo centrale della struttura, (c) ulteriore

deformazione asimmetrica del corpo centrale del prototipo

Dopo il test, il prototipo presenta le seguenti caratteristiche (fig. I.14.14 (a)):

• le prime due rib circonferenziali di base rimangono pressoché sovrapposte, mentre quelle di testa hanno un quasi totale ritorno elastico e delle rotture locali (freccia rossa)

• il corpo centrale presenta anch’esso un notevole ritorno elastico (con una significativa stabilità geometrico dimensionale) e rotture locali (freccia nera).

fig. I.14.14 il Prototipo 1 dopo il test: (a) vista generale, (b) particolare delle rotture alla base

In fig. I.14.14 (b) è evidenziata le rottura dei fasci di fibre alla base del prototipo. Prototipo n° 2, Prova 2: (rif. fig. I.14.10) Il tratto START-A, rispetto al primo prototipo, ha una pendenza maggiore (resistenza meccanica superiore) e un limite superiore più elevato. In A iniziano una serie di rotture locali tra le prime due rib circonferenziali di base, con una conseguente riduzione del carico fino al punto B. In quest’ultimo, la distanza tra le due circonferenziali di base si dimezza (per S = 19.5 mm che è del tutto coerente alla loro semi distanza nominale). Nel tratto B-C il carico aumenta (stessa pendenza di START-A) grazie a un assestamento della struttura dopo le precedenti rotture locali. Mentre nel C-D diminuisce progressivamente (accompagnato da dei piccoli salti ∆P prodotti da distacchi di resina) per effetto di rotture di fibre che avvengono nelle zone d’intersezione tra le elicoidali e la prima circonferenziale di base (punti X in fig. I.14.15).

fig. I.14.15 intersezione delle rib elicoidali con la prima circonferenziale di base

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Dopo tali rotture, si ha un assestamento della struttura e un incremento del carico (tratto D-E). In E le prime due circonferenziali di base si sovrappongono e si raggiunge il Pmax (per S = 43.5 mm che è del tutto coerente con d = ac – bc = 50 – 6 = 44 mm). In E-F si verifica un brusco salto ∆P che sta a indicare un cedimento improvviso di intensità significativa (rottura in zone con difettosità notevoli). Poi, in F-G, il carico P ritorna al valore massimo. Immediatamente si ha una drastica riduzione del carico caratterizzata, in G-H-I, da un doppio salto ∆P (con un singola ampiezza uguale a quello del tratto E-F) separato da una breve oscillazione in H. Questo può essere interpretato come un primo cedimento significativo (G-H), seguito da un breve tratto di assestamento e di rilascio di schegge di polimero (piccole oscillazioni in H), e da una seconda rottura locale di notevole intensità (H-I). In I-L-M si hanno delle rotture tra le prime due rib circonferenziali di testa e, quindi, il carico P diminuisce. Nel segmento M-N il carico aumenta (esattamente in mezzeria del tratto, la distanza tra le due rib circonferenziali di testa si è dimezzata). In N raggiunge un massimo locale (per S = 72 mm, ovvero la quasi sovrapposizione delle due circonferenziali di testa, con quelle di base già a diretto contatto). Poi il carico gradualmente diminuisce (rotture locali) fino in P dove si conclude il test. In fig. I.14.16 (a) è mostrato lo stato del prototipo in corrispondenza del punto N, mentre in fig. I.14.16 (b) quello a fine prova (da osservare sulla piastra di spinta tutte le schegge di resina emesse dal prototipo).

fig. I.14.16 Prototipo 2: (a) punto N, (b) stato del sistema appena terminata la prova

Il secondo prototipo presenta valori di carico superiori al primo, per effetto della sequenza di deposizione 3-L-3. Inoltre, nel corso della prova mostra una maggiore stabilità (geometrico/dimensionale) della regione centrale. Da sottolineare, che in queste analisi va tenuto conto non solo della semplice sequenza di deposizione, ma anche di tutti i difetti di produzione che sono diversi da campione a campione, e che possono influenzare in modo notevole i risultati ottenuti [v1]. In fig. I.14.17 è riportata una vista dei due prototipi dopo i test di compressione.

fig. I.14.17 Prototipo 1 & 2 dopo i test

Entrambi i prototipi, dopo le prove, hanno un forte ritorno elastico della parte centrale, grazie alla geometria anisogrid e a un eccesso di resina nel materiale. Un aspetto importante, che ha caratterizzato i test delle due strutture, è quello delle notevoli deformazioni alle estremità, accompagnate da un comportamento molto stabile della regione centrale (soprattutto per il secondo campione). È interessante notare che la prima parte a deformarsi è quella a contatto con la piastra di pressione in movimento, e non l’estremo opposto connesso a quella fissa. Vasiliev [v1] conferma che le due estremità di una struttura lattice multigrid sono quelle più critiche in termini di comportamento meccanico, in

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base alla configurazione carichi/vincoli adottata. Possono verificarsi scostamenti importanti tra i risultati teorico/numerici e quelli FEM/sperimentali. Per esempio, in fig. I.14.18 è presentato uno studio [v2] dove, nella valutazione degli sforzi, in corrispondenza delle estremità della struttura si ha una grande differenza (soprattutto alla base vincolata) tra i risultati numerici (linea tratteggiata) e quelli FEM (linea continua). Mentre nella regione centrale i due andamenti sono identici.

fig. I.14.18 confronto tra lo studio teorico e quello FEM ai bordi e al centro di un elemento lattice multigrid

Risultati analoghi sono stati ottenuti nella definizione delle condizioni vincoli/carico che soddisfano ai requisiti di Vasiliev. I modelli FEM mostrano che le regioni più critiche sono quelle comprese tra le prime due rib circonferenziali di testa e di base, ovvero gli estremi dell’elemento strutturale (vedi fig. I.7.9÷11 e fig. I.7.17÷18). Anche per il terzo prototipo (fig. I.12.34) è stata effettuata una prova meccanica di compressione, utilizzando gli stessi parametri delle prove descritte in fig. I.14.10. Prototipo n° 3, Prova 1: (rif. fig. I.12.34) Cella di carico: 100 KN (10197.1 Kg) Precarico (Ppre): 65 N (6.63 Kg) Durata della prova: 772 sec Massimo carico (Pmax) da grafico: 11 KN (1121.69 Kg) a S = 4.784 mm a t = 287 sec Massimo spostamento (Smax) registrato: 12.86 mm a t = 772 sec In fig. I.14.19 è riportato il grafico della prova.

fig. I.14.19 Prototipo 3 Prova 1

La struttura presenta un comportamento meccanico peggiore di quello dei primi due, anche se apparentemente sembra avere delle caratteristiche morfologiche e tecnologiche migliori.

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I difetti presenti nella regione base – testa (fig. I.12.31(a), I.12.37 (a)(b)), ed in particolare quelli dovuti alla sequenza di deposizione e al processo di polimerizzazione (fig. I.12.35 (a)(b)), influenzano in maniera determinante i risultati ottenuti. Dopo un primo incremento del carico P, la struttura inizia a presentare delle distorsioni progressive nella regione di testa (fig. I.14.20 (a)(b)(c)), ovvero un avvicinamento tra le rib circonferenziali superiori (quelle connesse con la piastra fissa). A questo si accompagna una progressiva riduzione del carico (fig. I.14.19). Contrariamente a quanto osservato in precedenza, le prime parti a deformarsi sono quelle a contatto con l’elemento fisso del set – up di prova. Ovviamente, il comportamento del dimostratore è legato alla collocazione delle difettosità più significative (fig. I.14.20 (c)).

fig. I.14.20 (a)(b)(c): progressivo avvicinamento tra le rib cinconferenziali di testa

In fig. I.14.21 (a) è evidenziato come la base e il corpo centrale della struttura rimangano stabili nel corso dell’applicazione del carico e della deformazione della parte di testa. In (b) s’osserva la notevole deformazione delle rib elicoidali, dovuta ai difetti descritti nel paragrafo I.12 (fig. I.12.35 (a)(b)). A fine prova (P = 0), la struttura presenta un quasi istantaneo e completo ritorno elastico. Con una altezza finale di 303 mm. Quindi, con una deformazione plastica permanente, lungo l’asse longitudinale, di 3 mm (altezza effettiva iniziale = 306 mm). Le rib elicoidali deformate si sono comportate come delle molle elastiche, in assenza di rotture macroscopiche della struttura. Solo nella fase iniziale di salita del carico (fig. I.14.19), sono state registrate delle emissioni acustiche stanti ad indicare delle micro rotture locali.

fig. I.14.21 deformazione della struttura: (a) stabilità della base e della parte centrale, (b) particolare della deformazione di due rib elicoidali, (c)

ritorno elastico della struttura dopo l’applicazione del carico I risultati appena illustrati mostrano che tutti i problemi tecnologici di produzione, descritti nel paragrafo I.12, influenzano in maniera determinante il comportamento meccanico del terzo dimostratore. Il quale dovrebbe presentare delle caratteristiche meccaniche eccellenti. Queste tematiche rientrano in quella che è la cosiddetta fase di industrializzazione del componente, finalizzata alla realizzazione di un elemento specifico da integrare su un sistema reale.

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ALLEGATI DEL CAPITOLO I

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ALLEGATO I.1 Viene a seguito riportata la procedura di calcolo, implementata in ambiente MATLAB, per il dimensionamento di una struttura lattice anisogrid a simmetria cilindrica. Nota: i simboli impiegati, per ragioni informatiche, sono differenti da quelli utilizzati nel paragrafo I.3 e nel

paragrafo I.6. Comunque rimane del tutto intuitivo il loro significato. %programma per la determinazione delle caratteristiche geometriche di una %struttura anisogrid lattice assialsimmetrica, secondo il metodo di Vasiliev %inserimento delle grandezze note R=1.5;, P=3*10^6;, L=4;, ne=20;, rh=1578;, rc=1578;, Eh=120*10^9;, Ec=120*10^9;, su=1050*10^6;, %calcolo del rapporto delle densità delle rib elicoidali e quelle circonferenziali r=rc/rh;, %calcolo dello sforzo limite (threshold) st=0.28*(((P^2)*(Eh^2)*Ec)/(r*(R^4)))^(1/5);, %calcolo dei rapporti dimensionali in funzione del confrontro tra gli sforzi if su<st f=atan((((6*(R^2))/(P*Eh))*((r*(su^5)/Ec)^0.5))^0.5);, H=(1/(2*R))*P*tan(f)*(Eh/(3*(su^3)))^0.5;, Rh=(1/(pi*sin(2*f)))*(3*su/Eh)^0.5;, Rc=(1/(pi*r*((cos(f))^2)))*tan(f)*(3*su/Eh)^0.5;, else f=0.46355;, H=0.97*((r^3)*(P^4)*(R^2)/(Eh*(Ec^3)))^0.1;, Rh=0.365*((P^2)*Ec/(r*(R^4)*(Eh^3)))^0.1;, Rc=Rh*0.5/r;, end %calcolo della distanza interib (elicoidali) secondo il numero delle costole elicoidali (ne) %e secondo il valore della circonferenza (C) della struttura C=2*pi*R;, d=C/ne;, ah=d*(cos(f));, %calcolo della distanza interib (circonferenziali) in base al valore, precedentemente %calcolato, della distanza ah ac=ah/(2*sin(f));, %calcolo delle grandezze dimensionali bc & bh bh=Rh*ah;, bc=Rc*ac;, %calcolo del numero delle rib circonferenziali nc=(L/ac)+1;, %calcolo della massa (minima) della struttura M=2*pi*R*L*H*(2*rh*Rh+rc*Rc);, %calcolo delle grandezze adimensionali m1=M/(pi*L*(R^2));, p=P/(pi*(R^2));, m2=3.5*rh*((r*(p^3))/(Ec*(Eh^2)))^(1/5);, %prima di iterare memorizzo i dati di partenza di nc ac e bc con nc non intero nc1=nc;, ac1=ac;, bc1=bc;, %iterazione per ottenere i valori di ac & bc relativi a un numero intero di rib %circonferenziali nc=round(nc);, %calcolo del nuovo valore di ac ac=L/(nc-1);, %calcolo del nuovo valore di bc bc=Rc*ac;, % metto f in gradi f1=360*f/(2*pi);, %visualizzazione delle grandezze calcolate disp('Materiale della struttura:composito epossidica/carbonio') disp(' ') esempio di visualizzazione di una delle grandezze: disp('Raggio della struttura [m]')

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R %verifica e visualizzazione dei vincoli del comportamento strutturale Pcr1=su*4*pi*R*H*Rh*((cos(f))^2);, if P<Pcr1 disp('Il carico sulle rib elicoidali non eccede quello ultimo del materiale') disp('Carico di compressione applicato [N]') P disp('Carico di riferimento sul vincolo delle rib elicoidali [N]') Pcr1 else

disp('ATTENZIONE: il carico sulle rib elicoidali ECCEDE quello ultimo del materiale') disp('Carico di compressione applicato [N]') P disp('Carico di riferimento sul vincolo delle rib elicoidali [N]') Pcr1 end Pcr2=2*pi*(H^2)*((cos(f))^2)*((2/3)*Ec*Eh*Rc*Rh)^0.5;, if P<Pcr2 disp('La struttura non và in carico critico') disp('Carico di compressione applicato [N]') P disp('Carico critico della struttura [N]') Pcr2 else disp('ATTENZIONE: la struttura VA in carico critico') disp('Carico di compressione applicato [N]') P disp('Carico critico della struttura [N]') Pcr2 end Pcr3=(4/3)*(pi^3)*R*H*Eh*(Rh^3)*((cos(f))^2)*((sin(2*f))^2);, if P<Pcr3 disp('Localmente le rib elicoidali non vanno in carico critico') disp('Carico di compressione applicato [N]') P disp('Carico critico delle rib elicoidali [N]') Pcr3 else disp('ATTENZIONE: localmente le rib elicoidali VANNO in carico critico') disp('Carico di compressione applicato [N]') P disp('Carico critico delle rib elicoidali [N]') Pcr3 end

Il programma di calcolo appena riportato segue il seguente schema: dal modello di Vasiliev vale la relazione:

( )φsina

a hc 2

=

con la quale, dato ah, si ricava ac. Da ac si calcola nc il quale ha un valore non intero. Quindi lo si rende intero e si determina il corrispondente valore di ac. Per chiudere il loop andrebbe rideterminato ah, ma esso, fissato ne, rimane in realtà invariato. Ricordando che φ non cambia in quanto dipende da altri parametri. Questo schema, nel paragrafo I.6, è l sequenza di calcolo denominata procedura1. Poiché ac, ah e φ sono fra loro legati sarebbe necessario, almeno dal punto di vista numerico, dopo aver calcolato ac, in corrispondenza di nc intero, calcolare di nuovo anche le altre grandezze a esso legate. Questa procedura di calcolo, nel paragrafo I.6, viene denominata procedura2 di cui a seguire viene riportato il programma di calcolo sviluppato in MATLAB. %programma per la determinazione delle caratteristiche geometriche di una %struttura anisogrid lattice assialsimmetrica, secondo il metodo di Vasiliev %che con nc intero ricalcola ac bc ah bh d ne %inserimento delle grandezze note R=1.5;, P=3*10^6;, L=4;,

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ne=50;, rh=2800;, rc=2800;, Eh=70*10^9;, Ec=70*10^9;, su=400*10^6;, %calcolo del rapporto delle densità delle ribs elicoidali e quelle circonferenziali r=rc/rh;, %calcolo dello sforzo limite (threshold) st=0.28*(((P^2)*(Eh^2)*Ec)/(r*(R^4)))^(1/5);, % calcolo dei rapporti dimensionali in funzione del confrontro tra gli sforzi if su<st f=atan((((6*(R^2))/(P*Eh))*((r*(su^5)/Ec)^0.5))^0.5);, H=(1/(2*R))*P*tan(f)*(Eh/(3*(su^3)))^0.5;, Rh=(1/(pi*sin(2*f)))*(3*su/Eh)^0.5;, Rc=(1/(pi*r*((cos(f))^2)))*tan(f)*(3*su/Eh)^0.5;, else f=0.46355;, H=0.97*((r^3)*(P^4)*(R^2)/(Eh*(Ec^3)))^0.1;, Rh=0.365*((P^2)*Ec/(r*(R^4)*(Eh^3)))^0.1;, Rc=Rh*0.5/r;, end %calcolo della distanza interibs (elicoidali) secondo il numero delle costole elicoidali (ne) %e secondo il valore della circonferenza (C) della struttura C=2*pi*R;, d=C/ne;, ah=d*(cos(f));, %calcolo della distanza interibs (circonferenziali) in base al valore, precedentemente %calcolato, della distanza ah ac=ah/(2*sin(f));, %calcolo delle grandezze dimensionali bc & bh bh=Rh*ah;, bc=Rc*ac;, %calcolo del numero delle ribs circonferenziali nc=(L/ac)+1;, %calcolo della massa (minima) della struttura M=2*pi*R*L*H*(2*rh*Rh+rc*Rc);, %calcolo delle grandezze adimensionali m1=M/(pi*L*(R^2));, p=P/(pi*(R^2));, m2=3.5*rh*((r*(p^3))/(Ec*(Eh^2)))^(1/5);, %prima di iterare memorizzo i dati di partenza di (nc ac bc bh ah ne d) con nc non intero nc1=nc;, ac1=ac;, bc1=bc;, bh1=bh;, ah1=ah;, d1=d;, ne1=ne;, %iterazione per ottenere i valori di (ac bc ah bh) relativi a un numero intero di ribs %circonferenziali nc=round(nc);, %calcolo del nuovo valore di (ac bc ah bh) ac=L/(nc-1);, bc=Rc*ac;, ah=ac*(2*sin(f));, bh=Rh*ah;, %calcolo del nuovo valore di (d ne) per nc intero d=ah/(cos(f));, ne=2*pi*R/d;, % metto f in gradi f1=360*f/(2*pi);, %verifica e visualizzazione dei vincoli del comportamento strutturale Pcr1=su*4*pi*R*H*Rh*((cos(f))^2);, if P<Pcr1 disp('Il carico sulle ribs elicoidali non eccede quello ultimo del materiale') disp('Carico di compressione applicato [N]') P disp('Carico di riferimento sul vincolo delle ribs elicoidali [N]') Pcr1 else disp('ATTENZIONE: il carico sulle ribs elicoidali ECCEDE quello ultimo del materiale') disp('Carico di compressione applicato [N]') P disp('Carico di riferimento sul vincolo delle ribs elicoidali [N]') Pcr1 end

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Pcr2=2*pi*(H^2)*((cos(f))^2)*((2/3)*Ec*Eh*Rc*Rh)^0.5;, if P<Pcr2 disp('La struttura non và in carico critico') disp('Carico di compressione applicato [N]') P disp('Carico critico della struttura [N]') Pcr2 else disp('ATTENZIONE: la struttura VA in carico critico') disp('Carico di compressione applicato [N]') P disp('Carico critico della struttura [N]') Pcr2 end Pcr3=(4/3)*(pi^3)*R*H*Eh*(Rh^3)*((cos(f))^2)*((sin(2*f))^2);, if P<Pcr3 disp('Localmente le ribs elicoidali non vanno in carico critico') disp('Carico di compressione applicato [N]') P disp('Carico critico delle ribs elicoidali [N]') Pcr3 else disp('ATTENZIONE: localmente le ribs elicoidali VANNO in carico critico') disp('Carico di compressione applicato [N]') P disp('Carico critico delle ribs elicoidali [N]') Pcr3 end Con la procedura2 si ha un sistema iterativo che porta a determinare un numero di rinforzi elicoidali ne non interi (come descritto nel paragrafo I.6). Cosa ovviamente fisicamente non possibile. Inoltre, il processo iterativo non si conclude mai. Pertanto, è stato sviluppato o schema di calcalo, denominato procedura3, il quale sempre utilizzando il modello di Vasiliev, fissati il numero di rinforzi elicoidali e circonferenziali (ne & nc), permette di calcolale le dimensioni caratteristiche dell’elemento anisogrid (sezioni e distanze fra i rinforzi) fino a determinare il valore numerico dell’altezza L della struttura. Come sottolineato nel paragrafo I.6, tale schema consente di non eseguire iterazioni e di non dover elaborare valori numeri non interi di ne ed nc. A seguito viene riportato il programma di calcolo (in MATLAB) relativo alla procedura3. %programma per la determinazione delle caratteristiche geometriche di una %struttura anisogrid lattice assialsimmetrica, secondo il metodo di Vasiliev %dove fissati ne e nc si calcola l'altezza L della struttura %inserimento delle grandezze note R=1.5;, P=3*10^6;, %L=;, ne=60;, nc=20;, rh=2800;, rc=2800;, Eh=70*10^9;, Ec=70*10^9;, su=400*10^6;, %calcolo del rapporto delle densità delle ribs elicoidali e quelle circonferenziali r=rc/rh;, %calcolo dello sforzo limite (threshold) st=0.28*(((P^2)*(Eh^2)*Ec)/(r*(R^4)))^(1/5);, %calcolo dei rapporti dimensionali in funzione del confrontro tra gli sforzi if su<st f=atan((((6*(R^2))/(P*Eh))*((r*(su^5)/Ec)^0.5))^0.5);, H=(1/(2*R))*P*tan(f)*(Eh/(3*(su^3)))^0.5;, Rh=(1/(pi*sin(2*f)))*(3*su/Eh)^0.5;, Rc=(1/(pi*r*((cos(f))^2)))*tan(f)*(3*su/Eh)^0.5;, else f=0.46355;, H=0.97*((r^3)*(P^4)*(R^2)/(Eh*(Ec^3)))^0.1;, Rh=0.365*((P^2)*Ec/(r*(R^4)*(Eh^3)))^0.1;, Rc=Rh*0.5/r;, end %calcolo della distanza interibs (elicoidali) secondo il numero delle costole elicoidali (ne) %e secondo il valore della circonferenza (C) della struttura

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C=2*pi*R;, d=C/ne;, ah=d*(cos(f));, %calcolo della distanza interibs (circonferenziali) in base al valore, precedentemente %calcolato, della distanza ah ac=ah/(2*sin(f));, %calcolo delle grandezze dimensionali bc & bh bh=Rh*ah;, bc=Rc*ac;, %calcolo dell'altezza della struttura L=ac*(nc-1);, %calcolo della massa (minima) della struttura M=2*pi*R*L*H*(2*rh*Rh+rc*Rc);, %calcolo delle grandezze adimensionali m1=M/(pi*L*(R^2));, p=P/(pi*(R^2));, m2=3.5*rh*((r*(p^3))/(Ec*(Eh^2)))^(1/5);, %metto f in gradi f1=360*f/(2*pi);, %verifica e visualizzazione dei vincoli del comportamento strutturale Pcr1=su*4*pi*R*H*Rh*((cos(f))^2);, if P<Pcr1 disp('Il carico sulle ribs elicoidali non eccede quello ultimo del materiale') disp('Carico di compressione applicato [N]') P disp('Carico di riferimento sul vincolo delle ribs elicoidali [N]') Pcr1 else disp('ATTENZIONE: il carico sulle ribs elicoidali ECCEDE quello ultimo del materiale') disp('Carico di compressione applicato [N]') P disp('Carico di riferimento sul vincolo delle ribs elicoidali [N]') Pcr1 end Pcr2=2*pi*(H^2)*((cos(f))^2)*((2/3)*Ec*Eh*Rc*Rh)^0.5;, if P<Pcr2 disp('La struttura non và in carico critico') disp('Carico di compressione applicato [N]') P disp('Carico critico della struttura [N]') Pcr2 else disp('ATTENZIONE: la struttura VA in carico critico') disp('Carico di compressione applicato [N]') P disp('Carico critico della struttura [N]') Pcr2 end Pcr3=(4/3)*(pi^3)*R*H*Eh*(Rh^3)*((cos(f))^2)*((sin(2*f))^2);, if P<Pcr3 disp('Localmente le ribs elicoidali non vanno in carico critico') disp('Carico di compressione applicato [N]') P disp('Carico critico delle ribs elicoidali [N]') Pcr3 else disp('ATTENZIONE: localmente le ribs elicoidali VANNO in carico critico') disp('Carico di compressione applicato [N]') P disp('Carico critico delle ribs elicoidali [N]') Pcr3 end

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ALLEGATO I.2 Viene a seguito riportata la procedura di calcolo, implementata in ambiente MATLAB, per il dimensionamento di una struttura lattice anisogrid a simmetria cilindrica al variare del raggio R. Le procedure che considerano le variazioni rispettivamente di ne, L, %CN, R/L sono del tutto analoghe. Nota: i simboli impiegati, per ragioni informatiche, sono differenti da quelli utilizzati nel paragrafo I.4.

Comunque rimane del tutto intuitivo il loro significato. %programma per la determinazione delle caratteristiche geometriche di una %struttura anisogrid lattice assialsimmetrica, secondo il metodo di Vasiliev %con iterazione al variare di R %inserimento delle grandezze note %R=1.5;, P=3*10^6;, L=4;, ne=20;, rh=1578;, rc=1578;, Eh=120*10^9;, Ec=120*10^9;, su=1050*10^6;, %definisco i vettori dove memorizzare le grandezze r=zeros(20,1);, st=zeros(20,1);, f=zeros(20,1);, H=zeros(20,1);, Rh=zeros(20,1);, Rc=zeros(20,1);, d=zeros(20,1);, ah=zeros(20,1);, ac=zeros(20,1);, bh=zeros(20,1);, bc=zeros(20,1);, nc=zeros(20,1);, M=zeros(20,1);, m1=zeros(20,1);, p=zeros(20,1);, m2=zeros(20,1);, nc1=zeros(20,1);, ac1=zeros(20,1);, bc1=zeros(20,1);, C=zeros(20,1);, f1=zeros(20,1);, R=0.9;, for i=1:1:11 R=R+0.1;, r(i)=rc/rh;, st(i)=0.28*(((P^2)*(Eh^2)*Ec)/(r(i)*(R^4)))^(1/5);, if su<st(i) f(i)=atan((((6*(R^2))/(P*Eh))*((r(i)*(su^5)/Ec)^0.5))^0.5);, H(i)=(1/(2*R))*P*tan(f(i))*(Eh/(3*(su^3)))^0.5;, Rh(i)=(1/(pi*sin(2*f(i))))*(3*su/Eh)^0.5;, Rc(i)=(1/(pi*r(i)*((cos(f(i)))^2)))*tan(f(i))*(3*su/Eh)^0.5;, else f(i)=0.46355;, H(i)=0.97*((r(i)^3)*(P^4)*(R^2)/(Eh*(Ec^3)))^0.1;, Rh(i)=0.365*((P^2)*Ec/(r(i)*(R^4)*(Eh^3)))^0.1;, Rc(i)=Rh(i)*0.5/r(i);, end C(i)=2*pi*R;, d(i)=C(i)/ne;, ah(i)=d(i)*(cos(f(i)));, ac(i)=ah(i)/(2*sin(f(i)));, bh(i)=Rh(i)*ah(i);, bc(i)=Rc(i)*ac(i);, nc(i)=L/ac(i)+1;, M(i)=2*pi*R*L*H(i)*(2*rh*Rh(i)+rc*Rc(i));, m1(i)=M(i)/(pi*L*(R^2));, p(i)=P/(pi*(R^2));, m2(i)=3.5*rh*((r(i)*(p(i)^3))/(Ec*(Eh^2)))^(1/5);, nc1(i)=nc(i);, ac1(i)=ac(i);,

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bc1(i)=bc(i);, nc(i)=round(nc(i));, ac(i)=L/(nc(i)-1);, bc(i)=Rc(i)*ac(i);, f1(i)=360*f(i)/(2*pi);, end

esempio del plot di una delle grandezze: for i=1:11 R(i)=0.9+i/10;,

end x1=1:11; y1=r(x1); figure(1), plot(R,y1), xlabel('R [m]'), ylabel('ρ [m]'), title('Vasiliev: rapporto delle densità delle rib elicoidali & corconferenziali')

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ALLEGATO I.3 Procedura di calcolo, implementata in ambiente MATLAB, per il dimensionamento di una struttura lattice anisogrid a simmetria cilindrica al variare, simultaneo del raggio R e dell’altezza L. Nota: i simboli impiegati, per ragioni informatiche, sono differenti da quelli utilizzati nel paragrafo I.4.

Comunque rimane del tutto intuitivo il loro significato. %programma per la determinazione delle caratteristiche geometriche di una %struttura anisogrid lattice assialsimmetrica, secondo il metodo di Vasiliev %con iterazione al variare del rapporto R/L (rapporto di snellezza) %inserimento delle grandezze note %R=1.5;, P=3*10^6;, %L=4;, ne=20;, rh=1578;, rc=1578;, Eh=120*10^9;, Ec=120*10^9;, su=1050*10^6;, %definisco i vettori dove memorizzare le grandezze R=zeros(11,1);, L=zeros(11,1);, rap=zeros(11,11);, r=zeros(11,11);, st=zeros(11,11);, f=zeros(11,11);, H=zeros(11,11);, Rh=zeros(11,11);, Rc=zeros(11,11);, d=zeros(11,11);, ah=zeros(11,11);, ac=zeros(11,11);, bh=zeros(11,11);, bc=zeros(11,11);, nc=zeros(11,11);, M=zeros(11,11);, m1=zeros(11,11);, p=zeros(11,11);, m2=zeros(11,11);, nc1=zeros(11,11);, ac1=zeros(11,11);, bc1=zeros(11,11);, C=zeros(11,11);, f1=zeros(11,11);, Rv=0.9;, for i=1:1:11 Rv=Rv+0.1;, R(i)=Rv;, Lv=2.9;, for j=1:1:11 Lv=Lv+0.1;, L(j)=Lv;, rap(i,j)=R(i)/L(j);, r(i,j)=rc/rh;, st(i,j)=0.28*(((P^2)*(Eh^2)*Ec)/(r(i,j)*(R(i)^4)))^(1/5);, if su<st(i,j) f(i,j)=atan((((6*(R(i)^2))/(P*Eh))*((r(i,j)*(su^5)/Ec)^0.5))^0.5);, H(i,j)=(1/(2*R(i)))*P*tan(f(i,j))*(Eh/(3*(su^3)))^0.5;, Rh(i,j)=(1/(pi*sin(2*f(i,j))))*(3*su/Eh)^0.5;, Rc(i,j)=(1/(pi*r(i,j)*((cos(f(i,j)))^2)))*tan(f(i,j))*(3*su/Eh)^0.5;, else f(i,j)=0.46355;, H(i,j)=0.97*((r(i,j)^3)*(P^4)*(R(i)^2)/(Eh*(Ec^3)))^0.1;, Rh(i,j)=0.365*((P^2)*Ec/(r(i,j)*(R(i)^4)*(Eh^3)))^0.1;, Rc(i,j)=Rh(i,j)*0.5/r(i,j);, end C(i,j)=2*pi*R(i);, d(i,j)=C(i,j)/ne;, ah(i,j)=d(i,j)*(cos(f(i,j)));, ac(i,j)=ah(i,j)/(2*sin(f(i,j)));, bh(i,j)=Rh(i,j)*ah(i,j);,

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bc(i,j)=Rc(i,j)*ac(i,j);, nc(i,j)=L(j)/ac(i,j)+1;, M(i,j)=2*pi*R(i)*L(j)*H(i,j)*(2*rh*Rh(i,j)+rc*Rc(i,j));, m1(i,j)=M(i,j)/(pi*L(j)*(R(i)^2));, p(i,j)=P/(pi*(R(i)^2));, m2(i,j)=3.5*rh*((r(i,j)*(p(i,j)^3))/(Ec*(Eh^2)))^(1/5);, nc1(i,j)=nc(i,j);, ac1(i,j)=ac(i,j);, bc1(i,j)=bc(i,j);, nc(i,j)=round(nc(i,j));, ac(i,j)=L(j)/(nc(i,j)-1);, bc(i,j)=Rc(i,j)*ac(i,j);, f1(i,j)=360*f(i,j)/(2*pi);, end end

esempio del plot 3D di una delle grandezze: figure(1), mesh(R,L,r), xlabel('R [m]'), ylabel('L [m]'), zlabel('r [m]'), title('Vasiliev: rapporto delle densità delle rib elicoidali & corconferenziali')

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ALLEGATO I.4 Bollettino Tecnico della resina siliconica RTV 4428 e del catalizzatore CAT TH prodotti dalla ALTANA Varnish – Compounds e gentilmente forniti dalla Camattini S.p.A. di Collecchio (Parma).

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ALLEGATO I.5 Procedura di calcolo, implementata in ambiente MATLAB, per il dimensionamento di una struttura isogrid con rinforzi paralleli all’asse longitudinale secondo il modello sviluppato nel paragrafo I.10. Nota: i simboli impiegati, per ragioni informatiche, sono differenti da quelli utilizzati nel paragrafo I.10.

Comunque rimane del tutto intuitivo il loro significato. %programma per la determinazione delle caratteristiche geometriche di una %struttura isogrid assialsimmetrica con angolo di ribs elicoidali nullo %inserimento delle grandezze note R=1.5;, P=3*10^6;, L=4;, ne=100;, nc=60;, rh=2800;, rc=2800;, Eh=70*10^9;, Ec=70*10^9;, su=400*10^6;, %calcolo della circonferenza (C),della distanza (d) tra le rib elicoidali, della distanza (l) % tra li ribs circonferenziali C=2*pi*R;, d=C/ne;, l=L/(nc-1);, %calcolo del numero totali delle travi elicoidali N=ne*(nc-1);, %calcolo del lato (as) della sezione (A=as*as) delle ribs circonferenziali e elicoidali %secondo l'analisi statica as=(P/(N*su))^(0.5);, %calcolo del lato (ab) della sezione (A=ab*ab) delle ribs circonferenziali e elicoidali %secondo l'analisi di stabilità locale ab=((12*P*l*l)/(pi*pi*N*Ec))^(1/4);, %calcolo della sezione resistente prendendo il valore maggiore tra as e ab ovvero %tra l'analisi statica e quella di stabilità if as>ab a=as;, else a=ab;, end %calcolo della massa della struttura M=rc*a*a*(ne*L+nc*C);, % esempio di visualizzazione di una grandezza calcolata disp('sezione calcolata con il confronto tra as e ab [m]') a

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ALLEGATO I.6 Procedura di calcolo, implementata in ambiente MATLAB, per il dimensionamento di una struttura isogrid a cella triangolare secondo il modello di Vasiliev (paragrafo I.11). Nota: i simboli impiegati, per ragioni informatiche, sono differenti da quelli utilizzati nel paragrafo I.11.

Comunque rimane del tutto intuitivo il loro significato. %programma per la determinazione delle caratteristiche geometriche di una %struttura isogrid lattice assialsimmetrica (cilindrica), secondo il metodo di Vasiliev %inserimento delle grandezze note R=1.5;, D=2*R;, L=4;, nh=50;, ne=nh/2;, rh=1578;, rc=1578;, Eh=120*10^9;, Ec=120*10^9;, su=1050*10^6;, k=4;, ns=1;, nl=1;, % calcolo del carico di compressione limite (threshold) Pt=((54*(D^4)*(su^5))/(k*Ec*(Eh^2)))^0.5;, % calcolo del valore di a a=(pi*D*(3^0.5))/nh;, % il carico applicato alla struttura è esattamente uguale a % quello di threshold P=Pt;, % calcolo di no avendo posto nl unitario no=((k*Ec*(Eh^2)*P^2)/(54*(D^4)*(su^5)))^0.5;, % calcolo di H ottimizzato H=(1.5^0.5)*((D*su*no)/((Eh*Ec)^0.5));, % calcolo di delta (de) ottimizzato de=(2/3)*(P/(pi*no))*(((2*Eh*Ec)^0.5)/((3^0.5)*(D^2)*(su^2)));, % calcolo di b ottimizzato b=a*de;, % calcolo della massa ottimizzata M=(2*rh+rc)*(2*L*P)/(3*su);, % calcolo del carico adimensionale p=4*P/(pi*D^2);, % calcolo della massa adimensionale m1=4*M/(pi*L*D^2);, % calcolo della massa universale di una isogrid cilindrica m2=(2*rh+rc)*(2*p)/(3*su);, % calcolo di nc non intero nc1=L/a+1;, % calcolo di nc intero nc=round(nc1);, % calcolo del nuovo valore di L fissato a e fissato nc intero L1=a*(nc-1);, % calcolo della differenza di altezza con il modello di Vasiliev DL=L1-L;, % esempio di visualizzazione di una grandezza calcolata disp('Coefficiente di buckling [1]') k