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UNIVERSIT ` A DEGLI STUDI DI SALERNO Dipartimento di Fisica “E.R. Caianiello” Tesi di Laurea in Fisica Caustiche e curve critiche di una lente gravitazionale binaria Relatore: Candidato: Chiar.mo Prof. Vito Saggese Valerio Bozza Matr. 0512600368 Anno accademico: 2017-2018

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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI SALERNO

Dipartimento di Fisica “E.R. Caianiello”

Tesi di Laurea in Fisica

Caustiche e curve critichedi una lente gravitazionale binaria

Relatore: Candidato:

Chiar.mo Prof. Vito Saggese

Valerio Bozza Matr. 0512600368

Anno accademico: 2017-2018

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Indice

Indice iii

Abstract v

1 Introduzione 1

1.1 Introduzione Storica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1

2 Lente gravitazionale 6

2.1 Lente puntiforme . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

2.2 Lenti estese . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

2.3 Conservazione brillanza superficiale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

2.4 Amplificazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13

2.5 Caustiche e curve critiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

2.6 Il cielo piegato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16

2.7 Folds e cuspidi della caustica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

2.7.1 Magnificazione vicino a un fold . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

2.7.2 Magnificazione vicino a una cuspide . . . . . . . . . . . . . . 22

3 Lente gravitazionale binaria 26

3.1 Equazione della lente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

3.2 Equazione complessa della lente binaria . . . . . . . . . . . . . . . . 27

3.2.1 Equazione della lente binaria con Mathematica . . . . . . . . 29

3.3 Caustiche e curve critiche per una lente binaria . . . . . . . . . . . . 32

3.4 Grafici delle caustiche e delle curve critiche . . . . . . . . . . . . . . 33

3.4.1 Caso 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34

iii

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INDICE iv

3.4.2 Caso 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36

3.4.3 Caso 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38

3.4.4 Codice Mathematica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40

4 Lente binaria e multipla in casi estremi 41

4.1 Lente gravitazionale binaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41

4.1.1 Lente di Chang-Refsdal . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42

4.1.2 Approssimazione di quadrupolo . . . . . . . . . . . . . . . . . 44

4.2 Lente multipla . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46

4.2.1 Lente singola perturbata da masse lontane . . . . . . . . . . . 47

4.2.2 Lenti puntiformi vicine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49

4.2.3 Sistemi planetari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51

Conclusioni 54

Bibliografia 55

Ringraziamenti 59

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Abstract

Una lente gravitazionale e una distribuzione di materia, come una stella o una galas-

sia, in grado di curvare la traiettoria della luce in modo analogo a una lente ottica.

Lo scopo principale di questo lavoro e ricavare le curve critiche e le caustiche per un

particolare sistema asimmetrico, la lente gravitazionale binaria.

Per riuscire a raggiungere l’obiettivo si e partiti dalla descrizione di una lente singola

puntiforme, ricavando l’equazione della lente e il valore dell’amplificazione.

Per determinate posizioni della sorgente si verifica che l’amplificazione e divergente.

L’insieme di queste posizioni, nel piano della sorgente, individua la caustica. L’im-

magine della caustica e, invece, la curva critica.

Giunti a questo punto, e stata introdotta la lente gravitazionale binaria.

Ottenuta l’equazione che descrive questo particolare sistema, si e ricavata l’equazione

che permette di determinare la curva critica. E stato, quindi, scritto un programma

con Wolfram Mathematica che la risolvesse e permettesse di visualizzare le curve

(curva critica e caustica) del nostro sistema, forniti i parametri necessari.

Sono stati studiati 3 differenti casi di lente gravitazionale binaria mostrando, per

ognuno di loro, i diversi regimi.

Infine, sono stati trattati alcuni casi estremi, in cui, per il calcolo delle curve, e

possibile ricorrere ad opportune approssimazioni.

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Capitolo 1

Introduzione

Per decenni associato alla deflessione della luce teorizzata dalla Relativita Generale,

il fenomeno della lente gravitazionale e divenuto, nel corso degli ultimi venti anni,

talmente rilevante da costituire oggigiorno uno dei principali ambiti di ricerca del-

l’osservazione astronomica, attirando l’interesse sia di astrofisici che di cosmologi

soprattutto in virtu delle implicazioni che le scoperte in tale ambito possono avere

per la comprensione dell’universo.

I fenomeni di lente gravitazionale, infatti, possono fornire informazioni cruciali circa

la geometria dell’Universo, la sua velocita di espansione e la materia in esso conte-

nuta.

Tale fenomeno consente, altresı, di individuare corpi non luminosi quali, a titolo

esemplificativo, stelle di neutroni, nane brune e pianeti che orbitano intorno a stelle

lontane.

1.1 Introduzione Storica

La deflessione della luce fu trattata per la prima volta nel 1801 da un astronomo te-

desco, Johann von Soldner, il quale scrisse per gli Annali dell’osservatorio di Berlino

un articolo in cui, utilizzando la meccanica Newtoniana, calcolo l’angolo di deflessio-

ne per un raggio di luce soggetto al campo gravitazionale del Sole [vS01], trovando

un valore di 0.875 secondi d’arco.

La deflessione della luce, causata da un campo gravitazionale, e stata successivamen-

1

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CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 2

te predetta nella Teoria della Relativita Generale da Einstein nel 1911 e sfruttata

per una prima validazione della stessa [DED20]; Einstein giunse inizialmente agli

stessi risultati di Soldner, salvo poi rinvenire un valore per l’angolo di deflessione

pari circa al doppio rispetto a quello ottenuto in precedenza. Tra le ultime verifi-

che dell’angolo di deflessione si segnala un esperimento condotto da Fomalont et al.

[FKLB09], in cui la misura raggiunge una precisione dello 0.03%.

Nel 1920 Eddington [Edd20] noto che la deflessione della luce genera, a causa della

presenza di un corpo celeste, due immagini situate in posizioni opposte rispetto a

quest’ultimo.

Successivamente Chwolson [Chw24] evidenzio che, nel caso in cui l’allineamento tra

i corpi fosse perfetto, l’immagine che si ottiene e un anello; se non vi fosse allinea-

mento, invece, la stella in primo piano sembrerebbe binaria a causa dell’immagine

secondaria.

Nel 1936 Einstein [Ein36] pubblico la formulazione corretta dell’equazione della len-

te, concludendo che l’effetto lente gravitazionale in un sistema di due stelle e di

poca utilita pratica a causa del piccolo angolo di deflessione. In quella circostanza

Einstein riprese, con queste parole, il concetto di anello introdotto da Chwolson:

“Certo, non c’e speranza di osservare questo fenomeno direttamente. Primo, a ma-

lapena riusciremo ad avvicinarci tanto ad una linea cosı centrale. Secondo l’angolo

β sara una sfida per il potere risolutivo dei nostri strumenti.” dove con β si riferiva

all’angolo di Einstein, di seguito indicato con θE .

Negli anni a seguire Zwicky [Zwi37a][Zwi37b] dimostro che, nel caso in cui l’oggetto

deflettore fosse una galassia e non una singola stella, l’effetto lente gravitazionale

per una galassia posta sullo sfondo genererebbe immagini risolvibili (c.d. “macro-

lensing”).

Il primo caso di immagine multipla, il quasar Q0957 + 561, fu osservato da Walsh,

Carswell e Weymann nel 1979 [WCW79]; in tale caso la lente gravitazionale e una

galassia (Figura 1.1.0.1).

Un’altra manifestazione di lente gravitazionale fu scoperta nel 1986 da Lynds e Pe-

trosian [LP86] e Soucail [Sou87] nella forma di grandi archi luminosi. Cio e dovuto

all’effetto di lensing causato da un ammasso di galassie; le galassie sullo sfondo ven-

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CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 3

(a) (b) (c)

(d) (e) (f)

Figura 1.1.0.1: Immagine del quasar Q0957 + 561. La separazione ango-lare tra le immagini e di 6.1”. Le immagini (a),(b),(c) sono le immagi-ni originali nei tre filtri (H,I,V); le immagini (d),(e),(f) sono quelle elabora-te. https://www.cfa.harvard.edu/castles/Individual/Q0957.html, Fischer et all,Arizona Space Telescope Lans Survey (CASTLES).

gono distorte creando il fenomeno osservato (Figura 1.1.0.2).

Tutte queste scoperte hanno contribuito alla nascita di un nuovo filone di ricerca

oggi piu che mai attivo, dal momento che e possibile trarre importanti informazioni

dallo studio di questi fenomeni. Per esempio, dal tempo di ritardo tra le immagini

multiple di un quasar e possibile determinare la costante di Hubble.

Per quanto riguarda la lente gravitazionale dovuta a oggetti compatti (es. stelle), il

suo studio sistematico e iniziato negli anni sessanta con i lavori di Liebes [Lie64] e

Refsdal [Ref64], i quali hanno fornito il formalismo tutt’ora utilizzato.

L’effetto lente gravitazionale generato da una singola stella su una galassia, che

produce a sua volta un effetto di macrolensing su una sorgente sullo sfondo, fu in-

trodotto da Chang e Refsdal [CR79b]. Questo fenomeno, che prende il nome di

“microlensing”, e oggi usato per descrivere tutti quei casi di lente gravitazionale in

cui un oggetto compatto produce immagini non risolvibili di una sorgente, e puo

essere osservato misurando la variazione della luminosita di un’unica immagine for-

mata da un certo numero di immagini irrisolte.

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CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 4

Figura 1.1.0.2: L’immagine mostra Abell 2218, un ricco ammasso di galassie com-posto da migliaia di singole galassie. Si trova a circa 2,1 miliardi di anni luce dallaTerra (redshift 0.17) nella costellazione settentrionale del Drago. Viene utilizzatodagli astronomi come una potente lente gravitazionale; tuttavia, non solo ingran-disce le immagini delle galassie nascoste, ma le distorce in archi lunghi e sottili.Diversi archi possono essere studiati in dettaglio grazie alle nitide immagini forni-teci da Hubble. Credit:NASA, ESA, and Johan Richard (Caltech, USA) Davide deMartin and James Long (ESA/Hubble)

Nel 1981 Gott [Got81] evidenzio la possibilita di individuare i buchi neri di galassie

remote sfruttando gli effetti di microlensing su quasar lontani.

Nel 1998 Paczynski [Pac98] monitoro per piu di un anno le curve di luce di milioni

di stelle nella nuvola di Magellano (LMC) al fine di verificare se il bordo della nostra

galassia sia formato per la maggior parte da oggetti compatti con massa tra 10−6

e 102 masse solari. Diversi gruppi di ricerca nel 1993 osservarono nella Nuvola di

Magellano i primi eventi di microlensing [Alc93][Aub93][Uda93] (Figura 1.1.0.3).

Negli ultimi anni e stata organizzata una rete di telescopi con l’obiettivo di migliorare

l’analisi di questa tipologia di eventi.

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CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 5

(a)

(b)

Figura 1.1.0.3: (a) Diversi frame della CCD centrata sul fenomeno, prima, durantee dopo l’evento. I numeri in ogni frame indicano i giorni trascorsi dalla data del 2Gennaio 1993. (b) Raffigurazione dei dati raccolti, con corrispondente fit eseguitosul modello teorico; nel grafico in fondo e rappresentato il rapporto tra i due colori[Alc93].

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Capitolo 2

Lente gravitazionale

Il modo in cui un osservatore vede le sorgenti luminose dell’Universo puo essere

modificato da un evento di lente gravitazionale.

Il fenomeno alla base di ogni effetto di lente gravitazionale e la deflessione della luce,

causata dalla presenza di materia; il calcolo della deflessione e trattato nella teoria

della Relativita Generale.

In questo capitolo sara introdotta l’equazione della lente, si discutera la formazione

di immagini multiple e si analizzeranno le curve critiche e le caustiche per un modello

di lente singola.

2.1 Lente puntiforme

Si consideri inizialmente la situazione piu semplice.

Il sistema e formato da due oggetti puntiformi, la sorgente e la lente.

La lente e posizionata in prossimita della linea di vista, il percorso ottico in linea

retta tra osservatore e sorgente (Figura 2.1.0.1).

Nella figura descrivente il sistema, L indica l’oggetto deflettore, O l’osservatore, S

la sorgente e I l’immagine.

L’angolo β e l’angolo θ individuano la posizione della sorgente e della sua immagine

rispetto all’asse ottico, linea retta che lega osservatore e lente.

Il campo gravitazionale generato dalla lente modifica la traiettoria del raggio di luce,

che e deflesso di un angolo α (angolo di deflessione).

6

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CAPITOLO 2. LENTE GRAVITAZIONALE 7

Figura 2.1.0.1: Geometria di un sistema con lente puntiforme.

Le distanze osservatore-lente, osservatore-sorgente e lente-sorgente sono denotate

rispettivamente con DOL, DOS , DLS .

Si procede analizzando il sistema descritto.

Gli angoli, nel caso in esame, sono molto piccoli a causa delle distanze osservatore-

lente e lente-sorgente molto grandi. E possibile, quindi, effettuare le approssimazioni

sin(θ) ≈ θ, sin(β) ≈ β, sin(α) ≈ α, ottenendo la relazione

θDOS = βDOS + αDLS (2.1.0.1)

Dividendo ognuno dei due membri per DOS e introducendo l’angolo di deflessione

ridotto

α = αDLS

DOS(2.1.0.2)

l’ Equazione (2.1.0.1) diventa

β = θ − α (2.1.0.3)

L’ Equazione (2.1.0.3) e chiamata equazione della lente e pone in relazione la posi-

zione apparente della sorgente con quella reale.

Dalla teoria della Relativita Generale si sa che l’angolo di deflessione, nel caso di

una lente puntiforme, assume il valore

α =4GM

rmc2(2.1.0.4)

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CAPITOLO 2. LENTE GRAVITAZIONALE 8

in cui con G si e indicata la costante di gravitazione universale, con M la massa

della lente, con c la velocita della luce e con rm la distanza minima tra il raggio di

luce e la lente.

Notando dalla rappresentazione del sistema che rm = θDOL e possibile riscrivere

l’angolo α

α =4GMDLS

c2θDOSDOL(2.1.0.5)

Introducendo l’angolo di Einstein θE

θE ≡√

4GMDLS

c2DOSDOL(2.1.0.6)

l’equazione della lente (2.1.0.3) diventa

θ2 − βθ − θ2E = 0 (2.1.0.7)

Sfruttando l’equazione della lente e possibile ottenere le posizioni delle immagini,

una volta che sia stata fissata la posizione della sorgente.

Un interessante risultato si ha, come e stato gia accennato nel primo capitolo, quan-

do lente e sorgente sono perfettamente allineati.

Grazie alla simmetria l’immagine che ne risulta e un anello (anello di Einstein) di

raggio angolare θE , come e possibile vedere in Figura 2.1.0.2.

Questo particolare anello e visibile anche in situazioni di lenti estese con simmetria

sferica, quando l’osservatore, la sorgente e il centro di simmetria della lente si tro-

vano allineati.

Figura 2.1.0.2: Anello di Einstein.

Nel 2011 il telescopio Hubble ha catturato un’immagine in cui e possibile notare

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CAPITOLO 2. LENTE GRAVITAZIONALE 9

l’effetto prima descritto. In questo caso la lente e la galassia LRG 3-757 (Figu-

ra 2.1.0.3).

Figura 2.1.0.3: Anello di Einstein, Hubble. La lente e una galassia rossa moltoluminosa, LRG 3-757. Autori e editori: Robert Nemiroff e Jerry Bonnell (UMCP).Image Credit: ESA/HUBBLE and NASA.

Ritornando alla descrizione del sistema mostrato in Figura 2.1.0.1, e possibile otte-

nere le posizioni angolari delle immagini risolvendo l’Equazione (2.1.0.7):

θ± =β

2± θE

√1 +

β2

4θ2E

(2.1.0.8)

Le immagini che si ottengono nel sistema in esame sono due e sono posizionate in

modo opposto rispetto alla lente, la loro separazione angolare e

∆θ = θ+ − θ− = 2θE

√1 +

β2

4θ2E

(2.1.0.9)

Nel caso in cui la lente sia un oggetto con una massa relativamente piccola, ad esem-

pio una stella, la separazione angolare risulta essere molto piccola (dell’ordine dei

milliarcosecondi) e non e risolvibile con i nostri attuali strumenti. Questo fenomeno

e chiamato “microlensing”. Qualora, invece, la lente sia un oggetto con una gran-

de massa, ad esempio una galassia, l’angolo di separazione e abbastanza grande da

permetterci di distinguere le immagini. In questo caso parleremo di “macrolensing”.

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CAPITOLO 2. LENTE GRAVITAZIONALE 10

Figura 2.1.0.4: Posizione delle due immagini per una lente puntiforme.

2.2 Lenti estese

Si consideri il caso in cui la lente e un oggetto esteso, ad esempio una galassia, un

ammasso o un insieme di corpi puntiformi.

Si ritenga la massa della lente distribuita su un piano perpendicolare all’asse otti-

co. Apportiamo questa semplificazione perche le distanze osservatore-lente e lente-

sorgente sono molto grandi in confronto alle dimensioni della lente (Figura 2.2.0.1).

Figura 2.2.0.1: Lente estesa.

Nella situazione attuale, se si vuole generalizzare l’Equazione (2.1.0.3) bisogna ren-

derla vettoriale.

Si indica con ρ(~x) la distribuzione di massa della lente e con Σ(~ξ) la densita di massa

superficiale.

Σ(~ξ) e la proiezione della distribuzione di massa sul piano perpendicolare all’asse

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CAPITOLO 2. LENTE GRAVITAZIONALE 11

ottico e passante per il centro di massa della lente:

Σ(~ξ) =

∫dzρ(~ξ, z) (2.2.0.1)

in cui ~ξ e il vettore bidimensionale che individua la posizione di un generico punto

nel piano della lente e z e la coordinata dell’asse ortogonale al piano dell’oggetto

deflettore.

L’angolo di deflessione, nella situazione di lente estesa, e fornito dalla relazione

~α =4G

c2

∫d2ξ′Σ(~ξ′)

~ξ − ~ξ′∣∣∣~ξ − ~ξ′∣∣∣ (2.2.0.2)

Si introduce la proiezione del potenziale gravitazionale sul piano della lente (ψ(~ξ)):

ψ(~ξ) ≡∫

dzφ(~ξ, z) (2.2.0.3)

Sfruttando l’equazione di Poisson si riscrive

∇2ψ(~ξ) = 4πGΣ(~ξ) (2.2.0.4)

e, infine, impiegando la funzione di Green, il potenziale gravitazionale proiettato si

riduce a

ψ(~ξ) = 2G

∫d2ξ′Σ(~ξ′) ln

∣∣∣~ξ − ~ξ′∣∣∣ (2.2.0.5)

L’angolo di deflessione risulta proporzionale al gradiente del potenziale proiettato:

~α =2

c2~∇ξψ(~ξ) (2.2.0.6)

L’equazione della lente diviene:

~β = ~θ − ~α (2.2.0.7)

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CAPITOLO 2. LENTE GRAVITAZIONALE 12

in cui ~α = ~αDLSDOS

, con ~θ =~ξ

DOLe ~α fornito dall’Equazione (2.2.0.6).

Si introduce, ora, il potenziale poiettato riscalato

Ψ ≡ 2DLS

c2DOSDOLψ (2.2.0.8)

ottenendo ~α = ~∇θΨ. L’Equazione (2.2.0.7) puo essere, dunque, riscritta:

~β = ~θ − ~∇θΨ(~θ) (2.2.0.9)

Si nota che per ogni valore di ~θ vi e un’unica posizione della sorgente (~β) che soddisfi

l’Equazione 2.2.0.9. Per ogni valore della posizione della sorgente, invece, e possibile

trovare piu soluzioni per la posizione dell’immagine. Cio e dovuto al fatto che

l’equazione non e lineare in ~θ.

2.3 Conservazione brillanza superficiale

Un concetto centrale, nello studio dei fenomeni di lente gravitazionale, e la brillanza

superficiale I(ν).

Quest’ultima e definita come il flusso di energia, a una certa frequenza ν, che attra-

versa un’area unitaria perpendicolarmente alla direzione di propagazione per unita

di tempo, per unita di angolo solido e per unita dell’intervallo di frequenza.

I(ν) =dE

dtdAdΩdν(2.3.0.1)

La radiazione emessa da una sorgente puo essere studiata come un flusso di fotoni,

caratterizzato da una densita nello spazio delle fasi f(~x, ~p, t).

f(~x, ~p, t) fornisce il numero di fotoni presenti all’interno di un determinato volume

nello spazio delle fasi:

f(~x, ~p, t) =dN

d3~xd3~p(2.3.0.2)

Sia il fascio di energia dE = EγdN , dove l’energia individuale del fotone e Eγ = hν =

cp (p = |~p| e il modulo del momento caratterizzante il fotone), allora d3~p = p2dpdΩ

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CAPITOLO 2. LENTE GRAVITAZIONALE 13

e d3~x = cdAdt, ottenendo:

f(~x, ~p, t) =I(ν)

hcp3(2.3.0.3)

Il teorema di Liouville, applicato al fascio di fotoni, richiede che, se non prendono

luogo effetti di assorbimento o emissione, la densita f nello spazio delle fasi non

cambi durante la propagazione del fotone.

Cio comporta l’importante risultato che I(ν)p3

rimane costante per tutta la traiet-

toria compiuta dal fascio di fotoni e non e quindi influenzato dalla deflessione

gravitazionale della luce.

2.4 Amplificazione

Il valore del flusso ricevuto da una sorgente e ricavabile moltiplicando la brillanza

superficiale e l’angolo solido sotteso.

Da quello che e stato scritto in precedenza, la brillanza superficiale si conserva.

L’angolo solido, invece, cambia a causa della deflessione che la luce subisce.

La brillanza della sorgente e, quindi, amplificata dall’effetto di lente gravitazionale

di un valore A

A =dΩ

dΩ0(2.4.0.1)

in cui Ω e l’angolo solido osservato mentre Ω0 e l’angolo solido in assenza di lente.

Si studia, ora, cosa si verifica nel caso particolare di lente puntiforme.

Una sorgente, con posizione angolare ~β, presenta due immagini situate alle posizioni

angolari θ+ e θ−, ricavate dall’Equazione (2.1.0.8).

L’angolo solido sotteso ad un elemento di superficie dS (sorgente) e dΩ0 = dSD2

OS=

βdφdβ±. L’angolo sotteso, invece, agli elementi di superficie dS± (immagini) e

dΩ± = dS±D2

OL= θ±dφdθ±. Uno schema raffigurante cio che e stato descritto e visibile

in Figura 2.4.0.1.

Il valore dell’amplificazione, quindi, e:

A± =dΩ±dΩ0

=θ±dθ±βdβ

(2.4.0.2)

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CAPITOLO 2. LENTE GRAVITAZIONALE 14

Figura 2.4.0.1: Traiettoria dei raggi di luce di una sorgente dS.

Sostituendo i valori di θ± dall’Equazione (2.1.0.8)

A± =1

β2 + 2θ2E

2β√β2 + 4θ2

E

(2.4.0.3)

Per l’immagine che appare al lato opposto della lente, posizione angolare θ−, il valore

di dΩ−dΩ0

e negativo perche l’immagine e invertita.

L’immagine (θ−) ha, quindi, parita negativa.

In un sistema in cui le immagini sono risolvibili, puo essere calcolato il valore relativo

A+

A−.

Nel caso in cui, invece, le immagini non sono risolvibili si puo solamente misurare il

flusso totale. L’amplificazione che ne risulta e

A = A+ + |A−| =β2 + 2θ2

E

β√β2 + 4θ2

E

(2.4.0.4)

La determinazione dell’amplificazione non puo essere eseguita su una singola misura

perche il flusso originale della sorgente non e quasi mai conosciuto. Tuttavia, nel

caso in cui la lente si muove rispetto alla linea di vista, l’amplificazione cambia nel

tempo e si puo misurare la variazione della brillanza.

Nel caso piu generale di una lente con distribuzione di massa estesa, senza assi di

simmetria, l’equazione della lente (2.2.0.7) coinvolge la deflessione ~α.

L’equazione della lente vettoriale puo essere interpretata come una mappa tra la

posizione delle immagini ~θ e la posizione della sorgente nel cielo ~β, la quale altro

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CAPITOLO 2. LENTE GRAVITAZIONALE 15

non e che la posizione dell’immagine in assenza della lente.

Denotando con J il determinante dello Jacobiano di questa mappa

J = det∂~β

∂~θ(2.4.0.5)

l’angolo solido nel piano delle immagini dΩ = d~θ1 ∧ d~θ2 puo essere legato all’angolo

solido nel piano della sorgente dΩ0 = d ~β1 ∧ d ~β2 con la relazione dΩ = J−1dΩ0.

L’amplificazione, rapporto tra gli angoli solidi, sara:

A = J−1 (2.4.0.6)

2.5 Caustiche e curve critiche

Si consideri un sistema di lente gravitazionale. E possibile che per alcune posizioni

della sorgente si verifichi che l’amplificazione sia divergente.

L’insieme di queste posizioni, nel piano della sorgente, individua una curva denomi-

nata caustica.

L’ immagine della caustica e conosciuta con il nome di curva critica.

Nel caso in cui il sistema sia reale, tuttavia, l’amplificazione non diverge ma assume

un valore finito.

Nel sistema ideale di lente puntiforme l’amplificazione diverge solo quando la sor-

gente e perfettamente allineata con la lente. In questa situazione la caustica e il

singolo punto ~β = 0, mentre la curva critica corrisponde all’anello di Einstein.

In una descrizione piu generale le caustiche e le curve critiche sono linee chiuse. Esse

sono determinate dai valori di ~β, o rispettivamente di ~θ, per i quali il determinante

dello jacobiano (J), riferito alla mappatura della lente, si annulla.

Le caustiche e le curve critiche hanno un ruolo importante nello studio dei fenomeni

di lente gravitazionale. Ad esempio, in una situazione in cui la sorgente si trova

lontana dall’asse ottico, l’immagine e solamente una; quando la sorgente, invece,

attraversa la caustica compaiono, in coppia, immagini aggiuntive. Il numero totale

delle immagini prodotte, se la lente e considerata trasparente, e dispari. Quanto

detto e dimostrato nel teorema di Burke [Bur81].

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CAPITOLO 2. LENTE GRAVITAZIONALE 16

Il teorema, inoltre, evidenzia che una delle due nuove immagini ha parita positiva,

mentre l’altra parita negativa.

Quando la sorgente si allontana dalla caustica, le immagini si separano dalla linea

critica in modo opposto. La curva critica, quindi, divide il cielo, individuando le

regioni in cui le immagini hanno una parita definita.

Nel caso di lenti non singolari osservare tutte le immagini presenta una difficolta

molto elevata. Cio accade perche almeno un’immagine appare molto debole e pros-

sima al centro della distribuzione della lente. Questa immagine nel limite di una

lente puntiforme non compare. Per lenti singolari, infatti, il teorema di Burke non

necessariamente vale. Un esempio e la lente puntiforme, caso in cui le immagini, per

ogni posizione della sorgente, sono due con parita opposta.

2.6 Il cielo piegato

In questa sezione si introduce una rappresentazione grafica della mappatura della

lente, la quale permette una semplice visualizzazione di molte proprieta della lente

gravitazionale [MR00].

L’equazione della lente lega la posizione angolare della sorgente con quella delle im-

magini. La mappatura dal piano delle immagini al piano della sorgente ammette un

singolo valore; fissata la posizione dell’immagine, un unico risultato e ammesso per

la posizione della sorgente. La mappatura dal piano della sorgente al piano delle

immagini, invece, puo avere valori multipli.

Per avere la possibilita di visualizzare, nel migliore dei modi, le proprieta di un siste-

ma con molte immagini si consideri il cielo dell’osservatore (piano delle immagini)

come se fosse un foglio deformabile (sky sheet). Nel caso in cui vi siano immagini

multiple, la mappatura dal piano delle immagini a quello della sorgente trasformera

questo foglio deformandolo e piegandolo.

Si puo vedere cio nell’esempio unidimensionale in Figura 2.6.0.1.

Come si nota dalla Figura 2.6.0.1, fissata una posizione β della sorgente, il numero

di volte che lo sky sheet si piega fornisce indicazioni sul numero di immagini. Ogni

piega comporta la comparsa di due immagini aggiuntive, con parita opposta.

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CAPITOLO 2. LENTE GRAVITAZIONALE 17

Figura 2.6.0.1: “Sky sheet” rappresentante il piano delle immagini proiettato sulpiano della sorgente, in una situazione di strong lensing.

Nel caso in cui non siano presenti pieghe, sara visibile solamente un’immagine.

I punti dove il foglio presenta la piega corrispondono alla caustica, magnificazione

divergente. Per una lente singolare la mappatura sara discontinua negli stessi punti.

In questa situazione una delle immagini puo essere persa, non valendo piu il teorema

di Burke.

Nella pratica la mappatura con lo sky sheet si ottiene osservando i raggi di luce che

arrivano all’osservatore. Si considera una griglia regolare (in ~θ) e si seguono i raggi

all’indietro, fino al piano della sorgente.

La griglia definisce il cielo bidimensionale dell’osservatore (~θ1, ~θ2) e l’immagine di

questa griglia definisce lo sky sheet proiettato nel piano della sorgente ( ~β1, ~β2). Le

pieghe sulla superficie proiettata definiscono le caustiche, le quali sono linee chiuse

nel piano della sorgente. Le caustiche possono essere regolari o avere cuspidi nei

punti in cui due pieghe si incontrano.

Per visualizzare in modo efficace le piegature e utile assegnare una terza coordinata

(h) alla mappatura. Una convenzione e scegliere h come la differenza tra il tem-

po impiegato da un raggio di luce per compiere il percorso corrispondente a una

determinata immagine e un tempo di riferimento. Il tempo di riferimento spesso

utilizzato e quello che impiega un raggio di luce per giungere all’osservatore dalla

sorgente, in assenza di lente.

Vediamone un esempio semplice, anche se singolare: il caso della lente puntiforme

(Figura 2.6.0.2).

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CAPITOLO 2. LENTE GRAVITAZIONALE 18

Figura 2.6.0.2: “Sky sheet” per una lente puntiforme.

Le coordinate orizzontali sono (β1, β2). Il numero di intersezioni di una linea vertica-

le con la superficie fornisce il numero di immagini, in corrispondenza delle posizioni

della sorgente. Come si evince dallo sky sheet, una lente puntiforme presenta sem-

pre due immagini per ogni posizione della sorgente. L’immagine principale e molto

amplificata mentre l’altra non lo e, cio e riflesso dal fatto che la superficie conica

diviene molto estesa quando ci si allontana dalla posizione occupata dalla lente.

2.7 Folds e cuspidi della caustica

E stato piu volte ripreso il significativo ruolo delle caustiche. Esse hanno una fun-

zione importante nella determinazione del numero delle immagini. Una coppia di

immagini, infatti, appare o scompare quando la sorgente attraversa la caustica.

Questo tipo di situazioni sono oggetto di studio della teoria delle catastrofi [PS78].

Tale teoria studia sistemi in cui un cambiamento continuo della variabile di ingresso

produce un cambiamento discontinuo di quella di uscita.

Le caustiche sono caratterizzate da tratti concavi chiamati fold che si incontrano in

punti detti cuspidi. Le proprieta che la lente presenta in prossimita di questi tratti

sono universali e possono essere descritte analiticamente.

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CAPITOLO 2. LENTE GRAVITAZIONALE 19

2.7.1 Magnificazione vicino a un fold

Si analizzi il comportamento, per un effetto di lente gravitazionale, in prossimita di

un fold [GP02].

Usando una forma generica per la mappatura, in prossimita del fold, si possono

determinare le proprieta possedute dalle immagini.

Si dimostra che, per una sorgente prossima ad un fold, si creano due immagini con

uguale magnificazione, parita opposta e uguale distanza dalla curva critica.

Si considera come origine del sistema di riferimento un punto sulla caustica nel-

la zona in analisi, (β1, β2) = (0, 0). Il punto sulla linea critica corrispondente sara

(θ1, θ2) = (0, 0).

L’asse β2 e posto lungo la direzione della caustica, mentre l’asse β1 e ortogonale

all’asse β2. Nel piano delle immagini, invece, gli assi θ1 e θ2 sono le immagini degli

assi β1 e β2; si nota che non sono necessariamente tra loro ortogonali.

Per visualizzare il fold si sceglie una coordinata verticale h = θ1. Con questa scelta

la mappatura in prossimita dell’origine, nella direzione ortogonale al fold, e quella

mostrata in Figura 2.7.1.1.

Figura 2.7.1.1: Aspetto generico di una mappatura vicino ad un fold, nella direzioneortogonale a esso.

In prossimita dell’origine si puo sviluppare in serie di Taylor, ottenendo

β1 ' aθ21 (2.7.1.1)

β2 ' bθ22 (2.7.1.2)

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CAPITOLO 2. LENTE GRAVITAZIONALE 20

Si indica con η l’angolo formato dagli assi θ1 e θ2.

L’angolo solido nel piano della sorgente (dΩβ = dβ1dβ2) si puo riscrivere nel piano

delle immagini come dΩθ = cos ηdθ1dθ2.

L’amplificazione, dunque, e

A =dΩθ

dΩβ' cos η

2baθ1(2.7.1.3)

Si nota, dall’Equazione (2.7.1.1), che θ1 assume due valori opposti in segno. Le

immagini, quindi, hanno parita opposta.

Se nell’Equazione (2.7.1.3) si sostituisce θ1 dall’Equazione (2.7.1.1), facendo compa-

rire la distanza tra sorgente e fold β1, si ottiene:

A ' ± cos η

2b√aβ1

(2.7.1.4)

Dall’equazione (2.7.1.4) si nota che la magnificazione, formalmente, diverge quando

la sorgente intercetta la caustica; per sorgenti reali non avviene.

Nel caso in cui la sorgente si avvicina alla caustica dall’interno, una coppia di im-

magini tende a fondersi. Le immagini scompaiono quando la sorgente attraversa

la caustica. Gli andamenti delle immagini rimaste (dette anche non critiche) sono

continui.

Nella figura sottostante e mostrato cosa accade per un caso di microlensing in pros-

simita di un fold.

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CAPITOLO 2. LENTE GRAVITAZIONALE 21

Figura 2.7.1.2: [GP02] Illustrazione delle proprieta di un effetto di microlensingin prossimita di un fold. (a) u1 e u2 sono le coordinate della sorgente (β1,β2), ipallini rappresentano la sorgente al variare del tempo, la linea spessa rappresenta ilfold e uc e il punto in cui la sorgente interseca la caustica. (b) Rappresentazionedelle immagini in corrispondenza delle posizioni assunte dalla sorgente in (a). Ilpunto θf,c e l’immagine di uc ed e dove le due immagini extra compaiono. (c)Magnificazione in funzione del tempo per una sorgente puntiforme. La linea continuae la magnificazione totale (µtot), la linea punteggiata e la magnificazione di tutte leimmagini non associate alla caustica (µ0) e la linea tratteggiata e la magnificazionedelle due immagini che si creano quando la sorgente attraversa il fold (µf ). (d)Stessa cosa di (c) ma per una sorgente uniforme e finita. La linea rappresentatacon punti e tratti e la magnificazione per una sorgente che e 2 volte piu grande.(e)(f) Le due componenti del baricentro in funzione del tempo; la linea punteggiatae per una sorgente puntiforme, quella continua per una sorgente uniforme e finita,l’ultima linea per una sorgente 2 volte piu grande della precedente. (g) Il percorsodel baricentro di tutte le immagini.

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CAPITOLO 2. LENTE GRAVITAZIONALE 22

2.7.2 Magnificazione vicino a una cuspide

Si analizzi il comportamento, per un effetto di lente gravitazionale, in prossimita di

una cuspide [SW92][Zak95].

Per sorgenti prossime a una cuspide si formano due immagini ingrandite, nello stesso

posto del cielo in cui si trova l’immagine originale.

Il sistema di coordinate usato e sempre un sistema locale, definito cosı come e stato

fatto nel caso del fold.

L’asse β2 e posto lungo la direzione della cuspide mentre l’asse β1 e ortogonale al

primo (Figura 2.7.2.1).

Figura 2.7.2.1: Curva critica e caustica per una cuspide.

Utilizzando lo sviluppo in serie di Taylor, una cuspide puo essere descritta nel modo

seguente:

β1 ' aθ31 + bθ1θ2 (2.7.2.1)

β2 'b

2θ2

1 + cθ2 (2.7.2.2)

L’assenza del termine quadratico in θ1, nell’Equazione (2.7.2.1), evidenzia che la

cuspide e simmetrica rispetto all’asse β1 = 0. Indicato con J il determinante dello

jacobiano J = det ∂βi∂θj, l’amplificazione in prossimita della cuspide diviene:

A = J−1 =1

(3ac− b2)θ21 + bcθ2

(2.7.2.3)

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CAPITOLO 2. LENTE GRAVITAZIONALE 23

e la curva critica sara

θ2 =b2 − 3ac

bcθ2

1 (2.7.2.4)

la quale altro non e che una parabola.

La caustica, invece, e data da:

β32 =

27c3

8b3(b2 − 2ac

)β2

1 (2.7.2.5)

Combinando le espressioni (2.7.2.1) e (2.7.2.2) con (2.7.2.3) si nota che l’amplifica-

zione al di fuori della cuspide e notevole. Si vuole ora ricercare la relazione legante

l’amplificazione delle tre immagini, quando la sorgente e posizionata all’interno della

cuspide. Per dedurre tale relazione calcoliamo, per prima cosa, la posizione delle im-

magini per un’arbitraria posizione della sorgente. Si combina l’Equazione (2.7.2.1)

con la (2.7.2.2) ottenendo:

θ31

(a− b2

2c

)+ θ1

bβ2

c− β1 = 0 (2.7.2.6)

da cui le tre soluzioni

θ(k)1 =

√8bβ2

3(b2 − 2ac)cos

(α+ 2kπ

3

)(2.7.2.7)

con

cosα = −3cβ1

2bβ2

√3(b2 − 2ac)

2bβ2(2.7.2.8)

L’amplificazione ottenuta e

A(k) =1

bβ2

[1− 4 cos2

(α+2kπ

3

)] (2.7.2.9)

da cui si ricava, sviluppando il coseno, che

A(0) +A(1) +A(2) = 0 (2.7.2.10)

in cui si e tenuto conto che una delle immagini ha parita opposta rispetto alle altre.

Riassumendo, data una sorgente situata all’interno di una cuspide, si hanno tre

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CAPITOLO 2. LENTE GRAVITAZIONALE 24

immagini che, mano a mano che la sorgente si avvicina alla cuspide, vengono ampli-

ficate e tendono a fondersi.

La somma delle amplificazioni delle immagini con la stessa parita e uguale al modu-

lo dell’amplificazione dell’immagine con parita opposta. Un’applicazione di questa

proprieta e il teorema di Kovner [Kov90]. Quando la sorgente fuoriesce dalla cuspi-

de, due delle tre immagini scompaiono e l’amplificazione dell’immagine rimanente e

continua.

Come nel caso del fold il comportamento delle immagini non critiche e continuo.

Calcolare l’amplificazione per sorgenti estese e complicato, ma molti lavori sono stati

fatti in questa direzione.

Nella figura sottostante e mostrato cosa accade per un caso di microlensing in

prossimita di una caustica.

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CAPITOLO 2. LENTE GRAVITAZIONALE 25

Figura 2.7.2.2: Illustrazione delle proprieta di un effetto di microlensing in prossimitadi una cuspide, nel caso in cui una sorgente passa in prossimita ma all’esterno dellacuspide. (a) u1 e u2 sono le coordinate della sorgente (β1,β2). La linea continuaspessa e la caustica e l’area evidenziata indica la regione interna alla caustica, luogoin cui si formano 3 immagini. La linea punteggiata e la traiettoria della sorgente.(b) La linea continua e la curva critica, la quale ha una forma parabolica, mentre lalinea punteggiata e la traiettoria dell’immagine. (c) Magnificazione dell’immagine infunzione del tempo. La linea continua e la magnificazione totale. (e)(d) Componentidel baricentro in funzione del tempo. (f) La linea continua e la curva critica, mentrela linea punteggiata e il percorso del baricentro di tutte le immagini.

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Capitolo 3

Lente gravitazionale binaria

La teoria sulle lenti gravitazionali, sebbene concettualmente semplice nella sua for-

ma standard, nel caso in cui la distribuzione di massa della lente perde la simmetria,

comporta difficolta computazionali considerevoli . In questo capitolo si trattera uno

specifico modello di lente non simmetrica, un sistema formato da due masse punti-

formi.

Sara trattata l’equazione della lente per questo particolare sistema e la relazione che

consente di ricavare le immagini. Il fine ultimo sara quello di risolvere computa-

zionalmente le equazioni in diversi casi per poter visualizzare le curve critiche e le

caustiche associate a questo sistema.

3.1 Equazione della lente

Nel sistema in esame si hanno due lenti. L’angolo di deflessione e fornito dalla

sovrapposizione della deflessione vettoriale che ognuna delle due lenti produce.

Nel caso di lenti puntiformi, con massa MA e MB e con posizioni nel piano delle

lenti, rispetto all’asse ottico, rispettivamente ~θA e ~θB, l’equazione della lente diviene

[SW86]:

~β = ~θ − µA(~θ − ~θA

) θ2E∣∣∣~θ − ~θA

∣∣∣2 − µB(~θ − ~θB

) θ2E∣∣∣~θ − ~θB

∣∣∣2 (3.1.0.1)

26

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CAPITOLO 3. LENTE GRAVITAZIONALE BINARIA 27

Figura 3.1.0.1: Rappresentazione di una lente binaria con masse puntiformi.

in cui µA,B = MA,B/M , M = MA +MB e θE e ottenuto dall’espressione dell’angolo

di Einstein (Equazione (2.1.0.6)), usando come valore per la massa totale M .

3.2 Equazione complessa della lente binaria

Si procede estendendo, al caso in esame, i risultati ottenuti per la lente singola

puntiforme.

In questo studio le variabili angolari sono definite nel piano complesso e normalizzate

rispetto all’angolo di Einstein θE [Wit90].

Le coordinate della sorgente sono

ζ ≡ β1 + iβ2

θE(3.2.0.1)

e le coordinate dell’immagine

z ≡ θ1 + iθ2

θE(3.2.0.2)

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CAPITOLO 3. LENTE GRAVITAZIONALE BINARIA 28

Si puo riscrivere l’Equazione (3.1.0.1) nel modo seguente:

ζ = z − µAz − zA

− µBz − zB

(3.2.0.3)

in cui µi ≡ MiM e zi indica la posizione delle singole lenti; i assume i valori A e B.

L’amplificazione, relativa ad una singola immagine, e fornita dall’inverso del deter-

minante dello Jacobiano (J):

Ai = J−1 (3.2.0.4)

J(z, z) = det

∂ζ∂z

∂ζ∂z

∂ζ∂z

∂ζ∂z

=

∣∣∣∣∂ζ∂z∣∣∣∣2 − ∣∣∣∣∂ζ∂z

∣∣∣∣2 (3.2.0.5)

Dall’equazione della lente (3.2.0.3) si ricava che ∂ζ∂z = 1. Dunque, l’Equazione (3.2.0.5)

diviene:

J = 1−∣∣∣∣∂ζ∂z

∣∣∣∣2 (3.2.0.6)

in cui

∂ζ

∂z=

µA

(z − zA)2 +µB

(z − zB)2 (3.2.0.7)

I punti in cui lo Jacobiano si annulla costituiscono la curva critica.

Questa condizione e soddisfatta, osservando l’Equazione (3.2.0.6), da:

∂ζ

∂z= eiϕ. (3.2.0.8)

Combinando (3.2.0.7) e (3.2.0.8) si ottiene:

z4 − z2(2zA

2 + eiϕ)− 2zzA (µA − µB) eiϕ + zA

2(zA

2 − eiϕ)

= 0 (3.2.0.9)

in cui e stato posto zA = −zB, affinche l’origine delle coordinate si trovi nel punto

medio tra le due lenti.

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CAPITOLO 3. LENTE GRAVITAZIONALE BINARIA 29

3.2.1 Equazione della lente binaria con Mathematica

E stato usato Mathematica per determinare l’equazione (3.2.0.9). Di seguito sono

trascritti i passaggi eseguiti (in grassetto e riportato il codice di Input mentre in

carattere normale l’output).

Coordinata della sorgente (3.2.0.1):

sourcecoordinate = (β1 + I ∗ β2)/ϑEsourcecoordinate = (β1 + I ∗ β2)/ϑEsourcecoordinate = (β1 + I ∗ β2)/ϑE

β1+iβ2ϑE

Coordinata dell’immagine (3.2.0.2):

imagecoordinates = (ϑ1 + I ∗ ϑ2)/ϑEimagecoordinates = (ϑ1 + I ∗ ϑ2)/ϑEimagecoordinates = (ϑ1 + I ∗ ϑ2)/ϑE

ϑ1+iϑ2ϑE

Equazione della lente (3.2.0.3), in cui zc, zac e zbc sono i coniugati rispettiva-

mente di z, za e zb :

ζ[z , zc ]:=z − µa/(zc− zac)− µb/(zc− zbc)ζ[z , zc ]:=z − µa/(zc− zac)− µb/(zc− zbc)ζ[z , zc ]:=z − µa/(zc− zac)− µb/(zc− zbc)

ζ[z, zc]ζ[z, zc]ζ[z, zc]

z − µa−zac+zc −

µb−zbc+zc

Derivata parziale di ζ rispetto a z:

dpartialz = D[ζ[z, zc], z]dpartialz = D[ζ[z, zc], z]dpartialz = D[ζ[z, zc], z]

1

Derivata parziale di ζ rispetto a zc (3.2.0.7):

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CAPITOLO 3. LENTE GRAVITAZIONALE BINARIA 30

dpartialzc = D[ζ[z, zc], zc]dpartialzc = D[ζ[z, zc], zc]dpartialzc = D[ζ[z, zc], zc]

µa(−zac+zc)2

+ µb(−zbc+zc)2

Equazione (3.2.0.9) in cui si pone zA = −zB, zA = d, µA/µB = q:

eqncriticallines = dpartialzc− Exp[I ∗ ϕ]eqncriticallines = dpartialzc− Exp[I ∗ ϕ]eqncriticallines = dpartialzc− Exp[I ∗ ϕ]

−eiϕ + µa(−zac+zc)2

+ µb(−zbc+zc)2

zc:=Conjugate[z]zc:=Conjugate[z]zc:=Conjugate[z]

zac:=Conjugate[za]zac:=Conjugate[za]zac:=Conjugate[za]

zbc:=− zaczbc:=− zaczbc:=− zac

za:=dza:=dza:=d

eqncriticallines1 = Simplify[Together[eqncriticallines], µa + µb == 1]eqncriticallines1 = Simplify[Together[eqncriticallines], µa + µb == 1]eqncriticallines1 = Simplify[Together[eqncriticallines], µa + µb == 1](−eiϕConjugate[d]4 + 2(1− 2µb)Conjugate[d]Conjugate[z] + Conjugate[z]2−

eiϕConjugate[z]4 + Conjugate[d]2 (1+

+2eiϕConjugate[z]2))/(Conjugate[d]2 − Conjugate[z]2

)2eqncriticallines2 = Conjugate[eqncriticallines1]eqncriticallines2 = Conjugate[eqncriticallines1]eqncriticallines2 = Conjugate[eqncriticallines1]

−d4e−iConjugate[ϕ]+z2−e−iConjugate[ϕ]z4+d2(1+2e−iConjugate[ϕ]z2)+2dz(1−2Conjugate[µb])

(d2−z2)2

eqncriticallines3 = eqncriticallines2 ∗ ((d∧2− z∧2)∧2)eqncriticallines3 = eqncriticallines2 ∗ ((d∧2− z∧2)∧2)eqncriticallines3 = eqncriticallines2 ∗ ((d∧2− z∧2)∧2)

−d4e−iConjugate[ϕ] + z2 − e−iConjugate[ϕ]z4 + d2(1 + 2e−iConjugate[ϕ]z2

)+ 2dz(1 −

2Conjugate[µb])

eqncriticallines4 = Expand[eqncriticallines3]/−e−iConjugate[ϕ]eqncriticallines4 = Expand[eqncriticallines3]/−e−iConjugate[ϕ]eqncriticallines4 = Expand[eqncriticallines3]/−e−iConjugate[ϕ]

−eiConjugate[ϕ](d2 − d4e−iConjugate[ϕ] + 2dz + z2 + 2d2e−iConjugate[ϕ]z2+

−e−iConjugate[ϕ]z4 − 4dzConjugate[µb])

eqncriticallines5 = Expand[eqncriticallines4]eqncriticallines5 = Expand[eqncriticallines4]eqncriticallines5 = Expand[eqncriticallines4]

d4 − d2eiConjugate[ϕ] − 2deiConjugate[ϕ]z − 2d2z2 − eiConjugate[ϕ]z2 + z4 +

4deiConjugate[ϕ]zConjugate[µb]

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CAPITOLO 3. LENTE GRAVITAZIONALE BINARIA 31

µb:=1/(q + 1)µb:=1/(q + 1)µb:=1/(q + 1)

µa:=q/(q + 1)µa:=q/(q + 1)µa:=q/(q + 1)

eqncriticallines5eqncriticallines5eqncriticallines5

d4−d2eiConjugate[ϕ]−2deiConjugate[ϕ]z−2d2z2−eiConjugate[ϕ]z2+z4+ 4deiConjugate[ϕ]z1+Conjugate[q]

Si nota che gli unici parametri sono la semidistanza d e il rapporto tra le masse q.

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CAPITOLO 3. LENTE GRAVITAZIONALE BINARIA 32

3.3 Caustiche e curve critiche per una lente binaria

Le curve critiche, per una lente binaria, si ottengono risolvendo l’equazione comples-

sa (3.2.0.9). Si hanno 4 soluzioni per ogni valore del parametro ϕ, che si fara variare

da 0 a 2π.

Le caustiche, invece, sono ottenute applicando l’equazione della lente (3.2.0.3), una

volta ricavate le soluzioni dell’ Equazione (3.2.0.9).

La forma delle curve dipende solamente dal rapporto di massa q = µAµB

e dalla sepa-

razione tra le lenti D = 2d = |zA|.

Queste curve possono essere classificate in tre principali regimi del sistema binario:

ampio, intermedio, stretto. La transizione tra questi regimi si ha quando due linee

critiche si fondono in un punto.

Nei punti di fusione, oltre ad annullarsi il determinante dello Jacobiano, si annulla

anche il gradiente di tale determinante [ES93a][Rhi00].

Risolvendo il sistema di equazioni J = 0 e ∂J∂z = 0, e possibile ricavare la relazione

che lega la semidistanza critica, valore di d per cui si ha transizione di regime, e il

rapporto di massa q.

Dato che∣∣∣∂ζ∂z ∣∣∣ = 1 (da J = 0), la condizione ∂J

∂z = 0 implica che ∂2ζ∂z2

= 0.

Si ottiene:

z + zA = 2zA

[1−

(−µAµB

) 13

]−1

(3.3.0.1)

Da questa espressione si ricavano 3 valori distinti per z. Inserendo questi risultati

in (3.2.0.7) e richiedendo che J = 0, si ottiene l’espressione finale, la quale lega la

separazione tra le lenti e i punti di transizione.

La separazione tra il regime ampio e quello intermedio(corrispondente alla radice

-1) si ha con

dAI =1

2

13A + µ

13B

) 32

(3.3.0.2)

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CAPITOLO 3. LENTE GRAVITAZIONALE BINARIA 33

Le altre due radici e±iπ/3 corrispondono ai due punti critici in cui si ha transizione

tra regime intermedio e stretto:

dIS =1

2

13A + µ

13B

)− 34

(3.3.0.3)

Di seguito si riporta un grafico che permette di evidenziare la transizione tra regimi.

Sugli assi sono posti i parametri q e d.

Figura 3.3.0.1: Grafico q-d. (a) Regime Ampio. (b) Regime intermedio. (c) Regimestretto.

3.4 Grafici delle caustiche e delle curve critiche

Con l’utilizzo del programma Mathematica si e scritto un codice che permette di

ricavare le curve critiche e le caustiche, una volta che siano forniti i parametri neces-

sari (semidistanza d e rapporto di massa q). Sono stati, quindi, evidenziati i diversi

regimi che abbiamo avuto modo di descrivere nella sezione precedente.

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CAPITOLO 3. LENTE GRAVITAZIONALE BINARIA 34

3.4.1 Caso 1

In questo caso si e posto posto q = 1 facendo variare la semidistanza, la quale e

riportata nella descrizione delle figure.

(a) (b)

Figura 3.4.1.1: d = 1.2

(a) (b)

Figura 3.4.1.2: dAI = 1.

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CAPITOLO 3. LENTE GRAVITAZIONALE BINARIA 35

(a) (b)

Figura 3.4.1.3: d = 0.6

(a) (b)

Figura 3.4.1.4: dIS = 0.3536

(a) (b)

Figura 3.4.1.5: d = 0.3

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CAPITOLO 3. LENTE GRAVITAZIONALE BINARIA 36

3.4.2 Caso 2

Si e posto q = 0.1.

(a) (b)

Figura 3.4.2.1: d = 1.0

(a) (b)

Figura 3.4.2.2: dAI = 0.8446

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CAPITOLO 3. LENTE GRAVITAZIONALE BINARIA 37

(a) (b)

Figura 3.4.2.3: d = 0.6

(a) (b)

Figura 3.4.2.4: dIS = 0.3847

(a) (b)

Figura 3.4.2.5: d = 0.3

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CAPITOLO 3. LENTE GRAVITAZIONALE BINARIA 38

3.4.3 Caso 3

Si e posto posto q = 0.01.

(a) (b)

Figura 3.4.3.1: d = 0.8

(a) (b)

Figura 3.4.3.2: dAI = 0.66667

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CAPITOLO 3. LENTE GRAVITAZIONALE BINARIA 39

(a) (b)

Figura 3.4.3.3: d = 0.5

(a) (b)

Figura 3.4.3.4: dIS = 0.43301

(a) (b)

Figura 3.4.3.5: d = 0.38

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CAPITOLO 3. LENTE GRAVITAZIONALE BINARIA 40

3.4.4 Codice Mathematica

Codice utilizzato per trovare i grafici delle curve critiche:

data:=data:=data:=

Do[sol = Solve[eqncriticallines5 == 0, z];Do[sol = Solve[eqncriticallines5 == 0, z];Do[sol = Solve[eqncriticallines5 == 0, z];

Do[a = Re[z/.sol[[i]]], Im[z/.sol[[i]]];Do[a = Re[z/.sol[[i]]], Im[z/.sol[[i]]];Do[a = Re[z/.sol[[i]]], Im[z/.sol[[i]]];

AppendTo[data, a], i, 0, 4, 1], ϕ, 0, 2 ∗ Pi, 0.01]AppendTo[data, a], i, 0, 4, 1], ϕ, 0, 2 ∗ Pi, 0.01]AppendTo[data, a], i, 0, 4, 1], ϕ, 0, 2 ∗ Pi, 0.01]

plotcriticallines:=ListPlot[data,PlotStyle→ Directive[Blue]]plotcriticallines:=ListPlot[data,PlotStyle→ Directive[Blue]]plotcriticallines:=ListPlot[data,PlotStyle→ Directive[Blue]]

points:=ListPlot[za, 0, −za, 0,PlotMarkers→ x, 15,points:=ListPlot[za, 0, −za, 0,PlotMarkers→ x, 15,points:=ListPlot[za, 0, −za, 0,PlotMarkers→ x, 15,

PlotStyle→ Directive[Black]]PlotStyle→ Directive[Black]]PlotStyle→ Directive[Black]]

graph1 = Show[plotcriticallines, points,PlotRange→ −1.5, 1.5, −1.3, 1.3,graph1 = Show[plotcriticallines,points,PlotRange→ −1.5, 1.5, −1.3, 1.3,graph1 = Show[plotcriticallines, points,PlotRange→ −1.5, 1.5, −1.3, 1.3,

AspectRatio→ Automatic,FrameLabel→ “ϑ x”, “ϑ y”,Frame→ True,AspectRatio→ Automatic,FrameLabel→ “ϑ x”, “ϑ y”,Frame→ True,AspectRatio→ Automatic,FrameLabel→ “ϑ x”, “ϑ y”,Frame→ True,

FrameTicks→ Automatic,FrameTicksStyle→ Directive[Italic,Thick,Black, 11],FrameTicks→ Automatic,FrameTicksStyle→ Directive[Italic,Thick,Black, 11],FrameTicks→ Automatic,FrameTicksStyle→ Directive[Italic,Thick,Black, 11],

GridLines→ Automatic,FrameStyle→ Directive[Black, 12],AxesStyle→ Black]GridLines→ Automatic,FrameStyle→ Directive[Black, 12],AxesStyle→ Black]GridLines→ Automatic,FrameStyle→ Directive[Black, 12],AxesStyle→ Black]

Codice utilizzato per trovare i grafici delle caustiche:

datac:=datac:=datac:=

Do[sol = Solve[eqncriticallines5 == 0, z];Do[sol = Solve[eqncriticallines5 == 0, z];Do[sol = Solve[eqncriticallines5 == 0, z];

Do[a = Re[ζ[z/.sol[[i]],Conjugate[z/.sol[[i]]]]], Im[ζ[z/.sol[[i]],Do[a = Re[ζ[z/.sol[[i]],Conjugate[z/.sol[[i]]]]], Im[ζ[z/.sol[[i]],Do[a = Re[ζ[z/.sol[[i]],Conjugate[z/.sol[[i]]]]], Im[ζ[z/.sol[[i]],

Conjugate[z/.sol[[i]]]]];Conjugate[z/.sol[[i]]]]];Conjugate[z/.sol[[i]]]]];

AppendTo[datac, a], i, 0, 4, 1], ϕ, 0, 2 ∗ Pi, 0.01]AppendTo[datac, a], i, 0, 4, 1], ϕ, 0, 2 ∗ Pi, 0.01]AppendTo[datac, a], i, 0, 4, 1], ϕ, 0, 2 ∗ Pi, 0.01]

Flatten[datac, 1]Flatten[datac, 1]Flatten[datac, 1]

plotcaustiche:=ListPlot[datac,PlotStyle→ Directive[Blue]]plotcaustiche:=ListPlot[datac,PlotStyle→ Directive[Blue]]plotcaustiche:=ListPlot[datac,PlotStyle→ Directive[Blue]]

points:=ListPlot[za, 0, −za, 0,PlotMarkers→ x, 15,points:=ListPlot[za, 0, −za, 0,PlotMarkers→ x, 15,points:=ListPlot[za, 0, −za, 0,PlotMarkers→ x, 15,

PlotStyle→ Directive[Black]]PlotStyle→ Directive[Black]]PlotStyle→ Directive[Black]]

graph2 = Show[plotcaustiche,points,PlotRange→ −1.3, 1.3, −1.3, 1.3,graph2 = Show[plotcaustiche, points,PlotRange→ −1.3, 1.3, −1.3, 1.3,graph2 = Show[plotcaustiche,points,PlotRange→ −1.3, 1.3, −1.3, 1.3,

AspectRatio→ Automatic,FrameLabel→ “β x”, “β y”,Frame→ True,AspectRatio→ Automatic,FrameLabel→ “β x”, “β y”,Frame→ True,AspectRatio→ Automatic,FrameLabel→ “β x”, “β y”,Frame→ True,

FrameTicks→ Automatic,FrameTicksStyle→ Directive[Italic,Thick,Black, 11],FrameTicks→ Automatic,FrameTicksStyle→ Directive[Italic,Thick,Black, 11],FrameTicks→ Automatic,FrameTicksStyle→ Directive[Italic,Thick,Black, 11],

GridLines→ Automatic,FrameStyle→ Directive[Black, 12],AxesStyle→ Black]GridLines→ Automatic,FrameStyle→ Directive[Black, 12],AxesStyle→ Black]GridLines→ Automatic,FrameStyle→ Directive[Black, 12],AxesStyle→ Black]

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Capitolo 4

Lente binaria e multipla in casi

estremi

4.1 Lente gravitazionale binaria

Il modello di lente gravitazionale binaria e usato per descrivere sistemi di stelle

binarie o un sistema in cui una stella e circondata da un pianeta.

In questa sezione si analizzano le proprieta di una lente binaria, nei casi limite per

il rapporto q e per la la distanza D, mostrando sotto quali condizioni si possono

apportare semplificazioni al modello della lente binaria.

Erdl e Schneider [ES93b], come e stato gia detto, mostrarono che vi sono 3 tipologie

di curve critiche e caustiche per un rapporto di massa arbitrario. Da un altro lato,

Chang e Refsdal [CR84], discussero un modello di lenti, conosciuto come “Chang-

Refsdal lens”, nel quale un termine di distorsione, caratterizzato da due parametri,

la convergenza k e lo shear γ, e aggiunto a una lente puntiforme. Il loro scopo

era discutere l’effetto causato da una stella in prossimita di una galassia. La stella

divide una delle immagini formate dalla galassia in microimmagini alterando il flusso

ricevuto dall’osservatore.

La lente di Chang e Refsdal, inoltre, puo essere sfruttata per studiare l’effetto di un

pianeta che orbita intorno a una stella [GL92][GG97].

Nel capitolo si tratteranno alcuni casi limite che possono essere studiati con il ricorso

alla teoria perturbativa [Dom99].

41

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CAPITOLO 4. LENTE BINARIA E MULTIPLA IN CASI ESTREMI 42

4.1.1 Lente di Chang-Refsdal

L’equazione della lente di Chang-Refsdal, nel caso in cui la lente sia singola e

puntiforme, [CR79a][CR84] e:

y1(x1, x2) = (1 + γ)x1 −x1

x21 + x2

2

y2(x1, x2) = (1− γ)x2 −x2

x21 + x2

2

(4.1.1.1)

in cui

(x1, x2) = (θ1

θE,θ2

θE)

(y1, y2) = (β1

θE,β2

θE)

|γ| 6= 1

Un cambio del segno di γ e equivalente a un cambio di assi, per questo ci si pone nella

condizione di γ > 0. La condizione per ottenere le curve critiche e l’annullamento

del determinante dello Jacobiano. Cio permette di ottenere l’equazione che descrive

le curve critiche, che si riveleranno essere gli ovali di Cassini.

La trasformazione di queste curve nel piano della sorgente fornisce le caustiche.

Si riportano in figura 4.1.1.2 e 4.1.1.1 le caustiche e le curve critiche per diversi valori

del parametro γ. I due principali regimi si hanno quando 0 < γ < 1 e quando γ > 1.

Per una piu dettagliata analisi si rimanda al testo di Dominik [Dom99].

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CAPITOLO 4. LENTE BINARIA E MULTIPLA IN CASI ESTREMI 43

Figura 4.1.1.1: Curve critiche al variare del parametro γ.

Figura 4.1.1.2: Caustiche al variare del parametro γ.

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CAPITOLO 4. LENTE BINARIA E MULTIPLA IN CASI ESTREMI 44

4.1.2 Approssimazione di quadrupolo

Si consideri il caso in cui la distanza tra lenti e sorgente e molto piu grande della

distanza che intercorre tra le lenti stesse. Il potenziale di deflessione puo essere

approssimato usando l’espansione di multipolo [Jac75][LL71]. Il potenziale avra,

quindi, questa forma (per approfondimento si rimanda a [Dom99]):

ψ = ln |~x| − ~x · ~p|~x|2

+1

2

1

|~x|42∑i=1

2∑j=1

xixjQij (4.1.2.1)

in cui ~p e il momento di dipolo

~p =

N∑r=1

mrx(r) (4.1.2.2)

e Qij denota le componenti del momento di quadrupolo Q

Qij =N∑r=1

mr(|~x(r)|2δij − 2x(r)i x

(r)j ) (4.1.2.3)

dove Q e simmetrica e invertibile.

Ricordando l’equazione (2.2.0.9) e scegliendo il centro di massa come origine, in modo

che il momento di dipolo si annulli, l’equazione della lente nel limite di quadrupolo

sara:

y1(x1, x2) = x1 −x1

x21 + x2

2

+ Q3x1x

22 − x3

1

(x21 + x2

2)3

y2(x1, x2) = x2 −x2

x21 + x2

2

+ Qx3

2 − 3x21x2

(x21 + x2

2)3

(4.1.2.4)

Nella figura 4.1.2.1 sono illustrate le diverse tipologie di curve critiche e caustiche

ottenute con l’approssimazione di quadrupolo [Dom99].

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CAPITOLO 4. LENTE BINARIA E MULTIPLA IN CASI ESTREMI 45

Figura 4.1.2.1: Raffigurazione di curve critiche (sinistra) e caustiche (destra) di unalente in approssimazione di quadrupolo per Q < 1

12 , Q = 112 , Q > 1

12 .

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CAPITOLO 4. LENTE BINARIA E MULTIPLA IN CASI ESTREMI 46

4.2 Lente multipla

Nella ricerca di buoni metodi di approssimazione ha un ruolo importante lo studio

della lente multipla [Boz00].

Questi sistemi permettono di analizzare molte situazioni, ad esempio i sistemi pla-

netari, in particolare quelli con una magnificazione molto alta.

Nella sezione tutte le masse saranno normalizzate a M0, che e la massa totale del

sistema.

In accordo con la teoria standard del gravitational lensing, la deviazione indotta

dal sistema e la somma delle deviazioni prodotte dai singoli oggetti. Gli n corpi

deflettori, le cui posizioni nel piano della lente sono ~x1, . . . , ~xn, sono denotati con

m1,m2, . . . ,mn.

~y = ~x−n∑i=1

mi(~x− ~xi)

|~x− ~xi|2(4.2.0.1)

La magnificazione di un’immagine e fornita dal valore assoluto dell’inverso del de-

terminante dello Jacobiano, calcolato nella posizione dell’immagine. I punti dove il

determinante dello Jacobiano si annulla individuano le curve critiche e le corrispet-

tive caustiche nel piano della sorgente.

Trovare le curve critiche e le caustiche per una lente multipla risulta essere veramen-

te complesso.

Tuttavia, se e possibile isolare alcuni parametri molto piu grandi rispetto agli altri,

si puo utilizzare un approccio perturbativo.

Le situazioni trattate spesso si riferiscono a una lente singola, per la soluzione al-

l’ordine zero. La curva critica per una lente con massa m posta nell’origine e un

cerchio con raggio√m, mentre la caustica e ridotta all’origine stessa ~y = 0

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CAPITOLO 4. LENTE BINARIA E MULTIPLA IN CASI ESTREMI 47

4.2.1 Lente singola perturbata da masse lontane

Si consideri una singola lente isolata. La presenza di altre masse, sebbene lontane,

causano la deformazione della curva critica.

Si colloca la massam1 nell’origine e, usando coordinate polari, si pone ~xi = (ρicosϕi; ρisinϕi).

L’ipotesi che viene implementata e che ρi √mj per ogni i e j. Cio permette di

sviluppare in serie di Taylor il determinante dello Jacobiano [Boz00].

La soluzione per l’ordine zero e il raggio di Einstein. La soluzione completa puo

essere scritta come una serie infinita in 1/ρi:

r =√m1(1 + ε1 + ε2 + ε3 + . . . ) (4.2.1.1)

dove εj ∼ 1/ρji .

I primi tre ordini sono:

ε1 = 0

ε2 =

n∑i=2

micos(2θ − 2ϕi)

2ρ2i

ε3 =

n∑i=2

√m1micos(3θ − 3ϕi)

ρ3i

(4.2.1.2)

Richiamando il parametro γi = mi

ρ2i, il secondo ordine puo essere riconosciuto come

la somma nell’espansione di Chang-Refsdal.

In questo modo la lente di Chang-Refsdal fornisce una prima approssimazione per

la curva critica di una lente lontana, non solo nel caso di una lente binaria ma anche

in quello di lente multipla.

Il modello di Chang-Refsdal descrive il gravitational lensing per una massa che si

trova in un campo gravitazionale uniforme. Per γ < 1, la caustica di questo modello

e a forma di diamante e presenta, quindi, quattro cuspidi, le quali sono indipendenti

dal verso del campo gravitazionale.

L’approssimazione di campo uniforme nel caso in esame e ragionevole, tuttavia, e

necessario abbandonarla quando le distanze tra gli oggetti non sono molto elevate.

Accade, infatti, che la lente inizia a subire la non uniformita del campo e le caustiche

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CAPITOLO 4. LENTE BINARIA E MULTIPLA IN CASI ESTREMI 48

perdono la loro simmetria, allungandosi nella direzione delle altre masse. Il terzo

ordine descrive questo allungamento molto bene, permettendoci di estendere il range

di applicazioni per l’approssimazione perturbativa.

In figura 4.2.1.1 vediamo le differenze tra i diversi ordini di approssimazione.

Figura 4.2.1.1: Le curve punteggiate sono le caustiche esatte, le curve a tratti sonoquelle determinate al secondo ordine perturbativo mentre le curve con linea continuasono quelle determinate al terzo ordine perturbativo.

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CAPITOLO 4. LENTE BINARIA E MULTIPLA IN CASI ESTREMI 49

4.2.2 Lenti puntiformi vicine

Si consideri un set di n lenti puntiformi molto vicine tra loro. Le distanze sono

piccole se confrontate con il raggio di Einstein del sistema.

Si nota che, se la massa fosse tutta concentrata nel baricentro, si avrebbe una lente

puntiforme semplice.

Le separazioni tra le masse fanno sı che ci si allontani da questo caso ideale e costi-

tuiscono i parametri della nostra approssimazione perturbativa.

A differenza del caso precedente, si sceglie come origine il centro di massa del siste-

ma. In questo caso oltre alla curva critica principale si hanno anche curve critiche

secondarie in prossimita del centro di massa.

Siano le masse m1, . . . ,mn posizionate in ~x1, . . . , ~xn, si usano come prima le coordi-

nate polari e si pone ~xi = (ρicosϕi, ρisinϕi).

Si assume ρi √M per ogni i. Si puo, quindi, sviluppare in serie di Taylor il

determinante dello Jacobiano [Boz00].

Il termine di ordine zero fornisce l’Anello di Einstein per una massa M che si trova

nell’origine del nostro sistema di riferimento. Le interferenze compaiono nel secon-

do ordine ed e, quindi, ragionevole fermarci a studiare fino al secondo ordine dello

sviluppo in serie.

La coordinata radiale r potra quindi essere scritta come:

r =√M(1 + ε1 + ε2 + . . . ) (4.2.2.1)

dove εj ∼ ρji .

I termini dello sviluppo sono:

ε1 =1

M32

n∑i=1

miρicos(θ − ϕi)

ε2 =1

4M3

6

n∑i=1

Mmiρ2i cos(2θ − 2ϕi)−

n∑i,j=1

mimjρiρj [5cos(2θ − ϕi − ϕj) + cos(ϕi − ϕj)]

(4.2.2.2)

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CAPITOLO 4. LENTE BINARIA E MULTIPLA IN CASI ESTREMI 50

Usando l’equazione della lente e possibile trovare la curva critica.

Il primo ordine mostra solamente la caustica del centro di massa, il secondo ordi-

ne mostra le deviazioni dalla lente singola. E possibile vedere quanto detto nella

Figura 4.2.2.

(a) (b)

(c)

Figura 4.2.2.1: Caustica centrale di una lente binaria con i corpi m1 = 0.75 em2 = 0.25 ad una distanza di (a) 0.2 (b) 0.1 (c) 0.05, la curva a tratti e la causticaesatta mentre quella continua e la caustica determinata con la teoria perturbativa

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CAPITOLO 4. LENTE BINARIA E MULTIPLA IN CASI ESTREMI 51

In prossimita del centro di massa del sistema possono apparire alcune curve critiche

nella forma di piccoli ovali. Il numero di queste curve non e fissato dal numero di

lenti ma dipende dalla loro posizione e dal valore delle masse che compongono il

sistema. Un esempio e visibile in Figura 4.2.2.2.

Figura 4.2.2.2: Curve critiche secondarie generate da quattro masse uguali,rappresentate, in figura, dalle croci.

4.2.3 Sistemi planetari

Un caso di particolare importanza, per la lente multipla, e quello dei sistemi plane-

tari. In un sistema di questo tipo un corpo principale, la stella, e circondato da altri

con massa molto minore, i pianeti. La loro influenza puo essere studiata in modo

perturbativo.

Nello studiare questo sistema bisogna distinguere la caustica centrale e le caustiche

planetarie, che possono essere approssimate con il modello si Chang-Refsdal.

La caustica centrale per una stella m1 posizionata nell’origine, circondata da pianeti

con massa m2, . . . ,mn, nelle rispettive posizioni ~x2, . . . , ~xn, e espressa dalla seguente

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CAPITOLO 4. LENTE BINARIA E MULTIPLA IN CASI ESTREMI 52

forma parametrica:

y1(θ) = 2√m1ε(θ) cos θ −

n∑i=2

mi∆0i1

(∆0i1)2 + (∆0

i2)2

y2(θ) = 2√m1ε(θ) sin θ −

n∑i=2

mi∆0i2

(∆0i1)2 + (∆0

i2)?2

(4.2.3.1)

in cui

ε(θ) =1

2cos 2θ

n∑i=2

mi(∆0

i1)2 − (∆0i2)2[

(∆0i1)2 + (∆0

i2)2]2 + sin 2θ

n∑i=2

mi∆0i1∆0

i2[(∆0

i1)2 + (∆0i2)2]2

(4.2.3.2)

e con

∆0i = (

√m1 cos θ − xi1;

√m1 sin θ − xi2) (4.2.3.3)

Generalmente, la caustica centrale e una curva che si auto-interseca, fanno eccezione

i casi in cui si ha un singolo pianeta, in cui la caustica ha la forma a diamante gia

incontrata.

Calcolando l’area della caustica [Boz00] si nota che diverge positivamente per ρ2 →√m1. Cio accade perche in questo limite l’approccio perturbativo non e piu valido

e si ha fusione tra la caustica centrale e quella planetaria. Per il limite ρ2 → 0 o

ρ2 →∞, invece, si riottiene la lente singola e la caustica si riduce a un punto.

La curva critica planetaria e localizzata in prossimita del pianeta e assume la forma

di un anello allungato, quando il pianeta si trova all’esterno dell’anello di Einstein

generato dalla stella. Nel caso in cui il pianeta si trovi all’interno, invece, la curva

critica e formata da due ovali speculari.

L’ordine zero dell’espansione di questa curva critica e la posizione ~x2 del pianeta

considerato. Il primo ordine significativo si ha per |~x− ~x2| ∼√m2, in cui la curva

critica non e altro che il suo anello di Einstein con raggio√m2.

Considerando le coordinate polari, centrate nella posizione del pianete ~x2, si ha

~x− ~x2 = (r cos θ; r sin θ). Si puo espandere la coordinata radiale:

r = ε1 + ε2 + . . . (4.2.3.4)

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CAPITOLO 4. LENTE BINARIA E MULTIPLA IN CASI ESTREMI 53

dove εi ∼ mi22 . L’ordine piu basso corrisponde alla curva critica di Chang-Refsdal.

ε1 =

√√√√√√m2

m1

ρ22cos(2θ − 2ϕ2)±

√1− m2

1

ρ42sin2(2θ − 2ϕ2)

1− m21

ρ42

(4.2.3.5)

In accordo con il doppio segno, due rami sono presenti. Per un pianeta esterno solo

il piu grande e reale mentre per un pianeta interno lo sono entrambi. Il secondo

ordine perturbativo descrive gli effetti dovuti agli altri pianeti.

ε2 = −m1ε

41

[m1ε

21 cos(θ − ϕ2) +m2ρ

22 cos(3θ − 3ϕ2)

]m2ρ3

2

[m1ε21 cos(2θ − 2ϕ2) +m2ρ2

2

] (4.2.3.6)

Usando l’equazione della lente e possibile ricavare l’equazione della caustica; per

dettagli [Boz00]. La figura riportata di seguito mostra un confronto tra i risultati

perturbativi e quelli esatti per la caustica di un pianeta esterno.

Figura 4.2.3.1: [Boz00]Caustica planetaria di un pianeta gioviano (m2 = 10−3) posi-zionato in (1.2;0). La caustica e perturbata dalla presenza di un pianeta dello stessotipo posizionato in (0;1.5). La curva a tratti e l’approssimazione al primo ordine,la curva continua l’approssimazione al secondo ordine mentre la curva punteggiatarappresenta la caustica esatta.

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Conclusioni

L’analisi effettuata in questo lavoro di tesi mostra la grande importanza delle curve

critiche e delle caustiche per un effetto di lente gravitazionale.

Nel caso di una lente singola si e dimostrato che la caustica e un singolo punto,

mentre la curva critica corrisponde all’anello di Einstein. Successivamente, si sono

ricavate tali curve nel caso di una lente gravitazionale binaria, evidenziando la pre-

senza di 3 regimi: ampio, intermedio e chiuso. I regimi, fissato il rapporto di massa

q, dipendono dalla semidistanza angolare d. Sono, infine, stati mostrati alcuni casi

particolari (es. sistemi planetari) in cui le caustiche e le curve critiche possono essere

ricavate attraverso determinate approssimazioni.

Conoscere le caustiche e le curve critiche e cruciale per la comprensione di eventi sia

di microlensing che di strong lensing.

Nei casi di strong lensing avere informazioni sulla caustica permette di comprendere,

nel migliore dei modi, cio che si osserva. Una sorgente che si trova lontano dalla

caustica genera solamente un’immagine, mentre se la sorgente attraversa la caustica

si generano immagini multiple. Nella situazione in cui la sorgente si trova in prossi-

mita della caustica, invece, si generano i cosiddetti archi gravitazionali.

Informazioni sulla caustica e sulla curva critica permettono, inoltre, di comprendere

le variazioni della curva di luce di una sorgente soggetta a un fenomeno di microlen-

sing. Le variazioni della curva di luce sono, infatti, dovute alla creazione di nuove

immagini, che si generano quando la sorgente attraversa la caustica. Nei casi di

microlensing dei quasar, dove la lente gravitazionale e una galassia, la curva di lu-

ce e modificata dagli oggetti compatti presenti all’interno della galassia stessa (es.

ammassi stellari).

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Ringraziamenti

Desidero ringraziare tutti coloro che mi hanno fornito supporto prezioso nella ste-

sura di questa tesi con suggerimenti, critiche e osservazioni.

Ringrazio, anzitutto, il professore Valerio Bozza che, con grande disponibilita, ha

scelto di accettare il ruolo di Relatore, sia per l’aiuto fornitomi in quest’ultimo pe-

riodo, sia per l’impagabile sapere che mi ha elargito.

Provo, ovviamente, un’immensa gratitudine verso la mia famiglia, alla quale voglio

dedicare tutto il mio lavoro, perche ha saputo donarmi calore e sostegno instancabili,

senza i quali non sarei mai riuscito a raggiungere questa meta.

Infine, ma non meno importante, un pensiero affettuoso ad amici e colleghi, i quali

hanno avuto un peso rilevante nel conseguimento di questo risultato, incoraggian-

domi e spendendo parte del loro tempo per leggere e discutere le bozze del lavoro.

Un sentito grazie a tutti!

Vito Saggese

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