UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA · dell'epatite B (HBV – Hepatitis B Virus), l'herpes virus del...
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA
DIPARTIMENTO DI FARMACIA
Corso di Laurea Specialistica in Farmacia
Tesi di Laurea
La via PI3K/AKT/mTOR nel carcinoma mammario: ruolo eziopatogenetico e
opportunità farmacologiche
Candidato Relatore
Marco Marchi Prof. Vincenzo Calderone
Anno Accademico: 2015-2016
Indice
1-LE NEOPLASIE____________________________________________________________4
1.1-Definizione di tumore, neoplasia, carcinoma e cancro________________________4
1.2-Genetica del cancro___________________________________________________4
2-CARCINOMA AL SENO_____________________________________________________7
2.1-Fattori di rischio______________________________________________________9
2.2-Cure e terapia_______________________________________________________122.2.1-Chirurgia_____________________________________________________________122.2.2-Radioterapia__________________________________________________________132.2.3-Chemioterapia________________________________________________________132.2.4-Ormonoterapia________________________________________________________142.2.5-Terapia mirata________________________________________________________15
3-VIA DI TRASDUZIONE DEL SEGNALE PI3K-AKT-mTOR ___________________________16
3.1-Il PI3K_____________________________________________________________173.1.1-PI3K di classe I_________________________________________________________183.1.2-Inibitori del PI3K _______________________________________________________19
3.1.2.1-XL147___________________________________________________________________193.1.2.2-XL765___________________________________________________________________21
3.2-AKT/PKB___________________________________________________________223.2.1-Isoforme dell'AKT______________________________________________________223.2.2-Attivazione di AKT______________________________________________________23
3.3-mTOR_____________________________________________________________243.3.1-mTOR protagonista nel ciclo e nella crescita cellulare__________________________263.3.2-Complessi____________________________________________________________27
4-TARGHETED THERAPY CARCINOMA AL SENO_________________________________30
4.1-HR+_______________________________________________________________30
4.2-ER ________________________________________________________________314.2.1-Terapia endocrina______________________________________________________32
4.3-HER2______________________________________________________________33
4.4-PATWAY INIBITORI PI3K/AKT/mTOR______________________________________34
5-SIROLIMUS_____________________________________________________________36
5.1-Proprietà farmacodinamiche e farmacocinetiche___________________________375.1.1-Meccanismo d'azione___________________________________________________37
2
5.1.2-Assorbimento e distribuzione_____________________________________________375.1.3-Metabolismo ed eliminazione_____________________________________________38
5.2-Studio clinico_______________________________________________________38
6-RIDAFOROLIMUS________________________________________________________40
6.1-Studio clinico_______________________________________________________40
6.2-Proprietà farmacodinamiche e farmacocinetiche___________________________41
7-TEMSIROLIMUS_________________________________________________________42
7.1-Proprità farmacodinamiche e farmacocinetiche____________________________427.1.1-Meccanismo d'azione___________________________________________________427.1.2-Assorbimento e distribuzione_____________________________________________437.1.3-Metabolismo ed eliminazione_____________________________________________44
7.2-Studio clinico _______________________________________________________45
8-EVEROLIMUS___________________________________________________________46
8.1-Proprietà farmacodinamiche e farmacocinetiche___________________________478.1.1-Meccanismo d'azione___________________________________________________478.1.2-Assorbimento e distribuzione_____________________________________________488.1.3-Metabolismo ed eliminazione_____________________________________________48
8.2-Studio clinico_______________________________________________________49
9-BIBLIOGRAFIA__________________________________________________________52
3
1- LE NEOPLASIE
1.1- Definizione di tumore, neoplasia, carcinoma e cancroTumore, neoplasia, carcinoma e cancro sono 4 termini che vengono spesso utilizzati per
indicare una particolare patologia. In particolare, il termine tumore (dal latino tumor,
“gonfiore, rigonfiamento”) indica una patologia caratterizzata da un abnorme
accrescimento di un tessuto dell'organismo. I tumori vengono classifica in:
• tumori benigni: caratterizzati da cellule che conservano le caratteristiche del
tessuto di origine e non hanno la tendenza a invadere gli organi circostanti, né a
produrre metastasi in altre parti del corpo diffondendosi attraverso i vasi sanguigni
o linfatici. La massa che si forma a causa di questa crescita eccessiva resta sempre
ben delimitata;
• tumori maligni: caratterizzati da cellule che, a causa di mutazioni a carico dei geni,
tendono a staccarsi, ad invadere i tessuti vicini, a migrare dall'organismo di
appartenenza per andare a colonizzare altre zone dell'organismo. Questo processo
prende il nome di metastatizzazione e le metastasi rappresentano la fase più
avanzata della progressione tumorale.
Sinonimo di tumore è neoplasia (dal greco neo, “nuova”, e plasia, “formazione, crescita”).
Il termine carcinoma viene, nella maggior parte dei casi, utilizzato per indicare tumori
maligni che originano da tessuti epiteliali.
Infine il termine cancro viene utilizzato per indicare tutti i tumori maligni [1].
1.2- Genetica del cancroIl cancro rappresenta, dopo le malattie cardiovascolari, la seconda causa di morte nei
paesi industrializzati.
Un tumore si sviluppa quando viene alterata l'omeostasi cellulare, cioè l'equilibrio fra la
divisione cellulare (mitosi) e la morte cellulare programmata (apoptosi). Nel momento in
cui questo equilibrio viene a mancare una cellula dell'organismo perde alcune sue
caratteristiche ma ne acquisisce altre ed inizia a replicarsi in modo incontrollato.
4
Una cellula sana diventa tumorale a seguito di mutazioni genetiche a livello dei geni
coinvolti nel controllo del ciclo cellulare, della adesione, della motilità, del
differenziamento e della morte cellulare.
Tra le principali cause, responsabili delle alterazioni dei geni, ci sono le cause ambientali.
Sono stati infatti identificati numerosi agenti chimici, fisici e biologici con potere
cancerogeno.
Tra i fattori biologici i virus rappresentano la categoria più importante. I virus
maggiormente implicati nella genesi dei tumori nell'uomo sono: il virus di Epstein-Barr
(EBV – Epstein Barr Virus), il papilloma virus (HPV – Human Papilloma Virus), il virus
dell'epatite B (HBV – Hepatitis B Virus), l'herpes virus del sarcoma di Kaposi (KSHV –
Kaposi Sarcoma HerpesVirus) e il virus della leucemia umana a cellule T di tipo 1 (HTLV-1 –
Human T-cell Leukemia Virus)[1].
Tra i fattori cancerogeni di natura fisica le radiazioni sono le maggiori responsabili
dell'insorgenza di tumori. Il bersaglio più sensibile è rappresentato dagli acidi nucleici che
contengono l'informazione genetica. I danni più gravi derivano dall'interazione delle
radiazioni ionizzanti con il DNA dei cromosomi.
Tra i fattori cancerogeni di natura chimica possiamo individuare 3 classi:
1. cancerogeni ad azione indiretta o procancerogeni i quali devono essere
metabolizzati nella cellula a cancerogeni per svolgere la loro attività cancerogena.
Appartengono a questa classe idrocarburi aromatici policiclici, azocomposti,
nitrosocomposti e sostanze naturali;
2. cancerogeni ad azione diretta i quali non necessitano di attivazioni metaboliche
per esplicare la loro azione cancerogena in quanto sono già attivi. Appartengono a
questa classe i metalli e le sostanze spontaneamente alchilanti;
3. cancerogeni non-genotossici come l'asbesto e i fibrati.
Le mutazioni responsabili dello sviluppo della neoplasia possono interessare tre classi
fondamentali di geni:
1. gli oncogeni, la cui overespressione, attivazione costitutiva o modifica funzionale
5
altera la funzione regolativa di proteine coinvolte nella crescita cellulare;
2. gli antioncogeni o oncosoppressori che, mutati, portano alla perdita o inattivazione
di proteine che generalmente controllano il ciclo cellulare;
3. i geni mutatori, che non sono direttamente e funzionalmente coinvolti nelle fasi di
inizio del processo neoplastico ma la cui espressione, generalmente, serve per
mantenere l'integrità e stabilità genomica [1].
6
2- CARCINOMA AL SENOIl carcinoma al seno è un tipo di tumore dove le cellule del seno si dividono e crescono in
maniera incontrollata. Questi tumori tendono a crescere lentamente rispetto a forme
tumorali di altri organi o apparati.
Il tumore al seno colpisce 1 donna su 10 e nel sesso femminile rappresenta il 25% di tutti i
tumori [2].
I sintomi più comuni che possono far pensare ad un tumore al seno sono rappresentati
fondamentalmente dal cambiamento dell’aspetto o della consistenza del seno o del
capezzolo e/o da secrezioni dal capezzolo; altri sintomi sono:
• noduli o addensamenti di una parte del seno o ispessimenti della cute;
• gonfiore, calore e rossore della cute;
• modificazione delle dimensioni o della forma del seno;
• pelle del seno irregolarmente raggrinzita o a buccia d’arancia;
• prurito o eritema del capezzolo e o dell’areola;
• retrazione del capezzolo o della cute del seno;
• secrezioni dal capezzolo;
• persistente dolore in un punto del seno.
Il carcinoma al seno può essere catalogato in modi diversi:
7
Illustrazione 1 Andamento dei tumori nel tempo
1. dal punto di vista morfologico (o istologico) si ha il carcinoma lobulare e il
carcinoma duttale; si chiamano così perché derivano rispettivamente dai lobuli e
dai dotti della mammella.
2. a seconda della loro capacità di invadere gli altri tessuti possono essere descritti
come "invasivi" e "non invasivi".
A seconda della sua evoluzione il tumore può essere classificato in 5 stadi o categorie:
a) Stadio 0 o molto precoce: il tumore non è diffuso (in situ); per esempio Carcinoma
duttale in Situ (DCIS).
b) Stadio I o precoce: il tumore è più piccolo di 2 cm e non è diffuso al di fuori del
seno.
c) Stadio II: il tumore è piccolo (2-5cm) o si è diffuso nei linfonodi ascellari, o
entrambe le cose.
d) Stadio III : il tumore è più grande di 5cm e solitamente si è diffuso ai linfonodi
ascellari; può diffondersi alla parete toracica o alla cute sovrastante.
e) Stadio IV : il tumore è di qualsiasi misura, solitamente ha intaccato i linfonodi; si è
diffuso in altre parti del corpo come le ossa, i polmoni o il fegato (tumori
secondari) [3].
8
Illustrazione 2 Stadi del tumore al seno
Il tumore al seno viene classificato in diversi tipi anche in base ad alcune sue
caratteristiche molecolari. In particolare, in base ai recettori ormonali presenti sulle sue
cellule i carcinomi invasivi sono definiti HR positivi (HR – Hormone Receptors) se
possiedono molti recettori per gli ormoni femminili che possono essere estrogeno positivi
(ER+) e progesterone-positivi; sono invece chiamati HER2 positivi (HER2 – Human
Epidermal Growth Factor Receptor 2) se presentano molti recettori di tipo 2 del fattore di
crescita epidermico umano [4].
I carcinomi che non corrispondono a nessuno dei tre recettori rappresentano il quarto
sottotipo, definito comunemente "triplo negativo".
I principali sottogruppi sono dunque 4:
1. estrogeno-positivi;
2. progesterone-positivi;
3. her2-positivi;
4. triplo negativi.
Le donne con un tumore HR-positivo rispondono, in una buona percentuale di casi, alle
terapie ormonali, come ad esempio quella a base di Tamossifene [5]; mentre i carcinomi
HER2-positivi sono più aggressivi sebbene non frequenti e vengono trattati con un
anticorpo monoclonale chiamato Trastuzumab [6].
2.1- Fattori di rischioLa predisposizione allo sviluppo del tumore mammario è associata ad alcuni fattori:
1. Fattori non modificabili i quali comprendono:
• Fattori genetici: le donne che possiedono mutazioni ereditarie a livello dei geni
BRCA1 o BRCA2 (sono geni onco-soppressori localizzati sul cromosoma 17 e sul
cromosoma 13) rischiano di sviluppare un tumore alla mammella nell'87% dei
casi. Le mutazioni ereditarie a livello di tali geni determinano nelle donne un
sensibile aumento del rischio di sviluppare un tumore al seno in età precoce
(prima della menopausa). Recenti studi hanno infatti dimostrato che più della
9
metà delle donne portatrici di mutazioni a livello dei geni BRCA sviluppa un
tumore al seno prima dei 50 anni, con un'età media di diagnosi del tumore di
41 anni [7].
• Sesso: il tumore al seno è corrisposto al sesso femminile. Meno del 1% di casi
di tumori al seno colpisce gli uomini.
• Età: il rischio di cancro al seno aumenta con l'età (circa 2 tumori su 3 si trovano
nelle donne di 55 anni e più) [8].
• Storia familiare: presenza nella famiglia di componenti (madre, sorella, zia,
nonna, etc.) con tumore al seno e/o ovaie [9].
• Storia personale: menarca precoce (prima degli 11 anni); nulliparità (nessuna
gravidanza); primo figlio in età più avanzata (>35 anni); menopausa tardiva.
Inoltre una donna che ha già sviluppato la malattia in passato ha più
probabilità di sviluppare il cancro nell'altro seno o in una sede diversa dello
stesso [10][11].
2. Stile di vita:
• Sovrappeso: la dieta sembra essere la responsabile dal 30 al 40% di tutti i
tumori.
• Cibo: alcuni alimenti, rispetto ad altri, hanno dei nutrienti che rendono più
sano e forte e sono capaci di contrastare un'azione dannosa e cancerogena di
molte sostanze.
• Alcool: la ricerca dimostra che l'assunzione costante di bevande alcooliche di
10
Illustrazione 3: Rischi di carcinoma mammario con mutazioni genetiche BRCA1 o BRCA2
qualunque tipo aumenta il rischio di cancro al seno ormono-sensibile.
• Fumo: è cancerogeno ed è correlato all'insorgenza di molti tumori compreso
quello del seno.
• Attività fisica: mantenersi attivi è indispensabile per restare in buona salute [9].
3. Rischio ambientale:
• Radiazioni: sia le radiazioni ionizzanti che le radiazioni UV sono in grado di
provocare danni al DNA e quindi di agire come potenziali cancerogeni.
L’esposizione alle radiazioni include radiazioni usate nelle radiografie
diagnostiche e per le radioterapia oncologica. L'esposizione alle radiazioni
aumenta il rischio di tumori alla mammella, alla tiroide e alle leucemie [12].
• Inquinamento: certe sostanze prodotte industrialmente e pesticidi persistono
nell’ambiente e si concentrano lentamente attraverso la catena alimentare.
Alcuni composti organici come i bifenoli sono più solubili nei grassi che
nell’acqua e quindi tendono ad accumularsi, ad esempio, nei pesci come il
salmone. Attraverso questi pesci possono venir assorbiti dall’uomo ed
accumularsi nel tessuto adiposo con possibilità di sviluppare tumore, con
probabilità molto bassa.
Questi fattori di rischio, però non sono sufficienti per spiegare tutti i casi di malattia.
Infatti il 70% circa dei tumori al seno si verifica in donne per le quali non sono conosciuti
particolari fattori di rischio [13].
11
2.2- Cure e terapiaQuasi tutte le donne con carcinoma mammario, indipendentemente dallo stadio in cui si
trova il tumore, subiscono un intervento chirurgico per rimuovere i tessuti malati.
Esistono, tuttavia, ulteriori approcci che possono essere classificati in grandi gruppi in
base a come funzionano e a quando vengono utilizzati.
I principali trattamenti terapeutici utilizzati per rimuovere il tumore al seno sono:
• chirurgia
• radioterapia
• chemioterapia
• ormonoterapia
• terapia mirata, definita anche a target o a bersaglio.
2.2.1- Chirurgia
I tumori invasivi di piccole dimensioni (diametro inferiore o uguale ai 3 cm) vengono
12
Illustrazione 4: Incidenza dei fattori di rischio nel carcinoma mammario
Tabacco
Cibo
Alcool
Radiazioni
Attività fisica
0 10000 20000 30000 40000 50000 60000 70000
Numero di persone con tumore
trattati chirurgicamente con tecnica conservativa (solo una parte del seno viene rimossa),
ricorrendo a tecniche come la quadrantectomia. Con questo intervento viene rimosso il
cancro dal seno ed inoltre una piccola quantità di tessuto mammario sano che circoscrive
la neoplasia viene asportato per garantire che tutto il tumore sia stato rimosso. La
quadrantectomia, inoltre, contribuisce a confermare una diagnosi di cancro o ad
escluderla.
Alla quadrantectomia si associa contemporaneamente la dissezione completa dei
linfonodi ascellari (linfoadenectomia ascellare). Quest'ultima tecnica però provoca degli
esiti invalidanti in quanto si ha l’asportazione di tutti i linfonodi dell’ascella corrispondenti
ai tre livelli di Berg; al fine di evitare questi esiti si sta oggi sperimentando, nelle pazienti
con neoplasie in fase iniziale, una tecnica chirurgica conservativa detta del "linfonodo a
sentinella".
La diffusione metastatica ai linfonodi ascellari avviene in ordine regolare e progressivo,
cioè passando da un livello I fino ad arrivare a un livello III ascellare; quindi nelle donne
con un basso rischio di metastasi linfonodali, si è pensato di asportare con una piccola
incisione solo il primo linfonodo di drenaggio regionale.
I tumori invasivi con diametro superiore ai 3 cm vengono trattati attraverso la
mastectomia completa con dissezione ascellare totale, con o senza ricostruzione
immediata o ritardata della mammella [14].
2.2.2- Radioterapia
La radioterapia è una terapia fisica che utilizza radiazioni ad alta frequenza (in genere
raggi X) per distruggere le cellule neoplastiche, ridurre le dimensioni del tumore e al
tempo stesso di non arrecare danno ai tessuti sani [1].
2.2.3- Chemioterapia
La chemioterapia è la modalità terapeutica che distrugge le cellule tumorali attraverso la
somministrazione di farmaci, che possono essere assunti per bocca in forma di compresse,
oppure iniettati per via endovenosa. Questi farmaci interferiscono con i meccanismi legati
alla replicazione delle cellule, uccidendole durante questo processo. L'effetto della
13
chemioterapia si fa sentire, soprattutto, sui tumori che crescono velocemente, ma anche
su alcuni tipi di cellule sane soggette a rapida replicazione (come le cellule dei bulbi
pilifere, del sangue e quelle che rivestono le mucose dell'apparato digerente). A causa di
quest'effetto si hanno i più comune effetti collaterali di questo trattamento (perdita di
capelli, anemia, calo delle difese immunitarie, vomito, diarrea e infiammazione e infezione
della bocca) [15].
2.2.4- Ormonoterapia
L’ormonoterapia si può attuare se i test per valutare lo stato recettoriale accertano la
presenza di recettori per l’estrogeno e/o per il progesterone [16].
La terapia ormonale si esegue soprattutto nei tumori in fase precoce a tutte le età e in
quelli in fase avanzata dopo la menopausa. La terapia ormonale per il tumore al seno
consiste nell'assunzione per via orale di una compressa una volta al giorno.
Nei tumori in fase avanzata nelle donne più giovani, per rallentare l'andamento della
malattia occorre bloccare completamente l'attività delle ovaie (ablazione ovarica),
inducendo in pratica la menopausa. Ciò si può fare in diversi modi:
14
Illustrazione 5: Differenze di sopravvivenza con la terapia di supporto o con la chemioterapia
• con un'asportazione chirurgica delle ovaie;
• con 3-4 applicazioni di radioterapia alle ovaie;
• con iniezioni di agonisti dell'LHRH, che bloccano il rilascio di LH, l'ormone luteinizzante
prodotto dall'ipofisi che stimola l'attività dell'ovaio [16].
2.2.5- Terapia mirata
La terapia mirata o ‘target’ o a bersaglio molecolare consiste nel riconoscimento delle
proteine coinvolte nella regolazione della proliferazione e trasformazione tumorale.
Le proteine che regolano la proliferazione, la differenziazione, l’apoptosi e l’invasività
cellulare sono alla base della trasformazione neoplastica e sono il bersaglio di questo
nuovo approccio terapeutico.
I maggiori sforzi si sono concentrati nel trattamento delle neoplasie più frequenti, quali il
tumore della mammella, del colon-retto e del polmone, ma anche nel trattamento di
tumori meno frequenti, come il carcinoma del rene [17].
15
Illustrazione 6: Evoluzione dei farmaci per la terapia mirata
3- VIA DI TRASDUZIONE DEL SEGNALE PI3K-AKT-mTOR
In questi ultimi anni il carcinoma mammario sta aumentando esponenzialmente rispetto
al recente passato a causa di diverse mutazioni genomiche. Molte di queste mutazioni si
vengono a instaurare nelle vie di trasduzione del segnale della cellula, tra cui il
fosfatidilinositolo-3-chinasi (PI3K – phosphatidylinositol-3-kinases), AKT, il bersaglio della
rapamicina nei mammiferi (mTOR – mammalian Target Of Rapamycin), la RAF e la
proteina chinasi mitogeno-attivata (MEK o MAPK o ERK) [18].
Queste vie di trasduzione svolgono un ruolo importante nella cellula “normale” e anche,
nel processo di cancerogenesi, vengono utilizzate per trasmettere segnali di trasduzione.
Esse svolgono, inoltre, un ruolo fondamentale anche in diversi processi cellulari quali
proliferazione cellulare, progressione del ciclo cellulare, metabolismo cellulare,
angiogenesi ed apoptosi [19].
Attualmente vi è uno sviluppo clinico di molti composti che hanno come bersaglio l’asse di
sopravvivenza di PI3K/AKT/mTOR. In particolare sono state sviluppate molecole che vanno
ad inibire il PI3K, AKT e il recettore mTOR, sia a livello del sito allosterico (rapamicina e
derivati) che in quello catalitico.
Recenti relazioni della Cancer Genome Atlas (TCGA) hanno dimostrato che vi è una
notevole differenza di mutazioni che coinvolgono il pathway PI3K/AKT/mTOR tra i diversi
sottotipi di tumore.
16
3.1- Il PI3KIl fosfatidilinositolo-3-chinasi (PI3K) è stato identificato come obiettivo importante nella
ricerca sul cancro al seno [20].
Il PI3K è una famiglia di chinasi, la cui funzione principale in campo biochimico è quella di
fosforilare l'idrossile in posizione 3 presente sull'anello inositolico del fosfatidilinositolo.
Il PI3K è un eterodimero costituito da una subunità di regolazione e da una subunità
catalitica, in cui esistono diverse isoforme tissutali specifiche [21].
Sono distinte in tre classi di PI3K (classe I, II e III) in base ai domini proteici che le
costituiscono e ne determinano la specificità [22].
17
Illustrazione 7: Via di trasduzione del segnale PI3K-AKT-mTOR
Illustrazione 8: Struttura PI3K
3.1.1- PI3K di classe I
Il PI3K di classe I viene suddiviso in due sottoclassi , IA e IB. La classe IA è costituita da una
subunità regolatoria (p85) e una subunità catalitica (p110). La subunità p110 è codificata
da tre differenti geni (p110α, p110β, p110δ) e contiene diversi domini tra cui quello per il
legame alla subunità regolatrice p85 [22].
Il complesso p85-p110 è in forma inattiva e l'attivazione avviene a seguito della
stimolazione del recettore tirosina-chinasi affine (RTK) da parte di un fattore di crescita o
un ligando [23]. L'attivazione del recettore RTK e il reclutamento alla membrana plasmatica
del complesso p85-p110 catalizza la fosforilazione del fosfatidilinositolo-bi-fosfato (PIP2)
in fosfatidilinositolo-tri-fosfato (PIP3). A seguito della fosforilazione si attiva una cascata di
serine-treonine chinasi, comprendenti AKT, che rappresenta un elemento chiave nella
trasduzione del segnale [24]. L'AKT fosforilata stimola la sintesi proteica e la crescita
cellulare andando ad attivare il bersaglio della rapamicina nei mammiferi (mTOR).
Il percorso PI3K è parte integrante di diverse funzioni cellulari, tra cui il metabolismo
cellulare, la proliferazione, la differenziazione e la sopravvivenza cellulare [20].
Come accade in altre proteine, anche la PI3K è regolata da un importante fattore di
"frenata" denominato PTEN (Phosphatase and tensin homolog) [25]. In diversi tipi di cancro
sono state riscontrate delle alterazioni che coinvolgono con maggior frequenza il PI3K e il
suo antagonista PTEN. Le mutazioni del PI3K colpiscono le subunità catalitiche e in genere
danno inizio ad un aumento dell'attività enzimatica [26].
Circa il 30% dei carcinomi mammari, per esempio, presentano mutazioni funzionali che
interessano l'isoforma alfa della subunità catalitica PI3K. PTEN è un gene oncosoppressore
la cui funzione si perde in molti tipi di cancro a causa di una mutazione [27].
Sono stati sviluppati numerosi farmaci in grado di inibire varie isoforme del PI3K, che oggi
sono testati in ambito clinico.
Mutazioni al PI3K possono anche svolgere un ruolo nella resistenza ad alcune terapie che
bloccano i recettori tirosina chinasi a monte, come ad esempio gli agenti anti-HER2 [28].
Uno studio ha esaminato che i pazienti con delezione di PTEN e mutazione di PI3K hanno
risposto in maniera poco efficiente al Trastuzumab e al Lapatinib [29].
18
Ulteriori studi hanno dimostrato che le mutazioni a livello del PI3K potrebbero mediare la
resistenza agli inibitori mTOR a valle.
3.1.2- Inibitori del PI3K
Nell'oncologia umana, la via della PI3K è una delle prime vie che presenta anomalie.
In particolare, l’attivazione della via PI3K è un evento frequente nei tumori umani, che
favorisce la proliferazione cellulare, la sopravvivenza cellulare e la resistenza alla
chemioterapia e radioterapia. Si ritiene pertanto che nuovi trattamenti capaci di agire, da
soli o in associazione, sulla via della PI3K abbiano un alto potenziale terapeutico.
Gli inibitori del PI3K sono in fase di sviluppo e sono raggruppati per la loro specificità in:
1) inibitori PI3K selettivi
2) dual inibitori (bloccano PI3K e mTOR)
3) inibitori selettivi mTOR
4) inibitori selettivi di AKT.
In modo specifico analizziamo due agenti, in fase di sviluppo, da parte di Exelixis e Sanofi-
Aventis: XL147 e XL765.
3.1.2.1- XL147
L'agente XL147 è un potente inibitore micromolecolare orale della PI3K. L'agente ha
dimostrato un'efficacia preclinica in PI3K e PTEN; inoltre ha mostrato un profilo di
sicurezza adeguato.
19
"XL147 è la classe principale di inibitore selettivo PI3K ed ha un significativo potenziale, sia
clinico, sia commerciale; inoltre fornisce una varietà di indicazioni sul cancro", ha detto
Michael M. Morrissey, Ph.D., presidente di ricerca e sviluppo a Exelixis.
Sono stati ottenuti risultati, attraverso uno studio di dose-escaletion di fase 1, di prova di
XL147 in pazienti con neoplasie avanzate.
I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi di trattamento: ad un gruppo è stato
somministrato il farmaco per 21 giorni e sospeso per 7 giorni (21/7); mentre all'altro
gruppo è stato somministrato il farmaco in modo continuo (CDD) [30].
La dose massima tollerata (MTD) sia per il 21/7 e il CDD, con la formulazione in capsule, è
di 600 mg. La dose massima tollerata in compresse non è stata ancora determinata.
L'attività antitumorale è stata valutata su 75 pazienti. Di questi, 14 sono stati trattati per
un periodo maggiore di 16 settimane: a 10 persone il periodo di trattamento è stato
maggiore di 24 settimane; mentre a 4 persone il trattamento è stato maggiore di 40
settimane [30].
I dati sulla sicurezza erano disponibili per 62 pazienti.
La maggior parte degli eventi avversi (EA) è stata di grado 1 o 2. Gli effetti collaterali sono
stati eruzioni cutanee e ipersensibilità.
Per quanto riguarda la farmacocinetica, le analisi indicano che l'esposizione aumenta
attraverso una relazione dose dipendente 30-400 mg, con la formulazione in capsule, e le
20
Illustrazione 9: Struttura XL147
esposizioni sono simili per i dosaggi 400 mg, 600 mg e 900 mg. L'emivita medio è stato di
5 giorni.
I dati di farmacodinamica rilevano un'inibizione efficace delle vie di segnalazione PI3K e
ERK [30].
3.1.2.2- XL765
Un altro composto, XL765, è un doppio inibitore micromolecolare orale di PI3K e mTOR.
Per quanto riguarda mTOR, è un inibitore catalitico di TORC1 e TORC2. L'agente ha
dimostrato un'efficacia clinica in una varietà di modelli [31].
Ci sono diversi studi clinici in corso con XL765. Un primo studio sta indagando sulla
combinazione XL765 con Temozolomide (agente alchilante) in pazienti con glioblastoma
multiforme [32]; mentre un altro studio riguarda la combinazione di XL765 con Erlotinib per
il carcinoma polmonare non microcitico (NSCLC) [33].
A dosaggi alti di XL765 si è riscontrato un aumento delle transaminasi; mentre è stato
eccellente per quanto riguarda l'attività farmacodinamica. Oltre ad inibire PI3K e mTOR
inibisce in modo considerevole anche ERK (extracellular-signal-regulated kinases).
Sulla base di questi dati clinici iniziali promettenti, gli studi di fase II sono stati fatti su
pazienti con tumore alla mammella: ER+, PR+ e HER2+.
In studi di fase I XL147 e XL765 hanno dimostrato di bloccare efficacemente le vie PI3K e
ERK; mentre per quanto riguarda quelli di fase II sono ancora in corso e si sta attendendo
risultati per determinare il ruolo di questi nuovi agenti nella pratica clinica.
21
Illustrazione 10: Struttura XL765
3.2- AKT/PKBLa serina/treonina chinasi AKT è una proteina chinasi, nota anche come "proteina chinasi
B" o "PKB".
AKT viene attivata attraverso una doppia fosforilazione. Nella sua forma inattiva AKT è
localizzata a livello citoplasmatico, perciò, il primo passo necessario alla sua attivazione
consiste nel reclutamento della proteina alla membrana cellulare [34].
AKT gioca un importante ruolo in molte risposte biologiche, incluso metabolismo,
sopravvivenza e crescita cellulare, attraverso la fosforilazione e l'inattivazione di diversi
target [35].
La famiglia di chinasi AKT è altamente conservata tra gli eucarioti, con un'identità di
sequenza aminoacidica del 95% tra le specie umana, ratto e topo. È una proteina di 57
kDa, citosolica e altamente solubile.
3.2.1- Isoforme dell'AKT
Esistono tre isoforme di AKT: Akt 1 o PKBα, Akt 2 o PKBβ, Akt 3 o PKBγ.
22
Illustrazione 11: Isoforme AKT
AKT1 è espresso in diversi tessuti. AKT2 è espresso soprattutto nei tessuti soggetti
all'azione dell'insulina, come il fegato e il tessuto adiposo, mentre AKT3 è maggiormente
espresso nel cervello e nei testicoli.
Le isoforme dell'AKT possiedono tutte la stessa organizzazione strutturale: nella parte
centrale della proteina è presente il dominio catalitico, un domionio N-terminale o
dominio PH (Plekstrin Homology), un dominio regolatorio C-terminale contenente una
sequenza idrofobica [36].
Il dominio PH, lega con alta affinità il fosfatidilinositolo 3, 4, 5 trisfosfato (PIP3) prodotto
dal fosfatidilinositolo-3-chinasi (PI3K).
Il dominio chinasico è localizzato nella parte centrale della molecola. Esso contiene una
treonina, conservata nelle tre isoforme, la cui fosforilazione è necessaria per la completa
attivazione di Akt; la treonina in questione è: Thr308 in Akt1, Thr 309 in Akt2 e Thr 305 in
Akt3.
Il dominio C-terminale, costituito da circa 40 amminoacidi, contiene il caratteristico
motivo idrofobico delle AGC chinasi: Phe-X-X-Phe/Tyr-Ser/Thr-Tyr/Phe, dove X è un
amminoacido qualsiasi. La sequenza è particolarmente importante, in quanto una sua
delezione determina la perdita dell’attività enzimatica.
Per la completa attivazione di Akt, in tutte e tre le sue isoforme, è necessario che venga
fosforilata una serina presente in questa regione.
Inoltre, una serie di stress cellulari quali lo shock termico, l’ipossia, lo stress ossidativo,
l’ipoglicemia e la luce ultravioletta determinano l’aumento dell’attività di AKT. Questo
fenomeno di iperattivazione stress-indotto risulta di particolare interesse in quanto viene
messo in atto dalle cellule come meccanismo compensativo per evitare la morte [37].
3.2.2- Attivazione di AKT
Il fosfatidilinositolo-3-chinasi (PI3K), regolatore chiave di molti processi di fondamentale
importanza per la cellula, promuove la fosforilazione di una serie di proteine chinasi tra le
quali vi è anche AKT. Esso fosforila in posizione 3' l’anello del fosfatidilinositolo, andando a
formare PIP3 (fosfatidilinositolo-trifosfato).
23
Il fosfatidilinositolo-trifosfato è in grado di modulare l'attività delle sue proteine bersaglio
legandosi ad esse, a livello di un preciso segmento denominato dominio PH (Pleckstrin
Homology).
Tali modifiche rendono possibile la fosforilazione, operata dalla chinasi PDK1, del residuo
Thr308 (dominio catalitico centrale) dell'AKT , attivandola parzialmente. Inoltre mediante
un altro meccanismo di autofosforilazione, viene aggiunto un gruppo fosfato al dominio
idrofobico della regione C-terminale (Ser473), portando così all'attivazione dell' AKT.
L'AKT attivata si stacca dalla membrana e si dirigerà verso il citoplasma dove sarà in grado
di fosforilare diverse proteine del citoplasma e del nucleo. Questo processo di
fosforilazione cesserà solo quando una fosfatasi, la PTEN, andrà ad inibire l'attività di PI3K.
Lo stato di attivazione dell'AKT nelle cellule, potrebbe dipendere da un equilibrio tra
segnali di attivazione generati da elevati livelli di PIP3 e segnali di quiescenza che
inducono una defosforilazione dell'AKT [38].
3.3- mTORmTOR (mammalian target of rapamycin, bersaglio della rapamicina nei mammiferi) è un
enzima scoperto nel 2006 al centro di ricerche sull’obesità dell’Università di Cincinnati
(Ohio-USA) dalla ricercatrice italiana Daniela Cota.
Il target della rapamicina nei mammiferi (mTOR), è uno tra gli elementi di regolazione più
24
Illustrazione 12: Via di attivazione dell'AKT
importanti della sintesi proteica [39]. Nelle cellule eucariotiche la sintesi proteica è un
processo che svolge un ruolo fondamentale nella differenziazione, nella crescita cellulare
e nell'apoptosi [40]. Questi processi fondamentali per il corretto sviluppo di un organo sono
regolati in modo diverso. Ad esempio, la proliferazione cellulare, che induce ad un
aumento di numero di cellule è regolata da una chinasi ciclina dipendendente (CDK –
Cyclin-Dipendent Kinase), invece la crescita cellulare è regolata dalla chinasi mTOR [39]. È
stato dimostrato che TOR nel lievito può regolare la crescita cellulare controllando la
trascrizione, traduzione e biogenesi dei ribosomi; di conseguenza l'attività di TOR è
essenziale per determinare la dimensione cellulare finale [41].
mTOR era identificato come il bersaglio cellulare della rapamicina, un antibiotico noto
inizialmente per le sue attività antifungine [42]. Successivamente, diversi studi eseguiti sia
in vitro sia in vivo su modelli sperimentali, hanno evidenziato infatti come il farmaco sia in
grado di interferire sulla crescita tumorale [43]. L'effetto antitumorale della rapamicina è
dovuta alla sua citostatica. Infatti la rapamicina andando ad inibire mTOR, impedisce la
sintesi proteica, arrestando il ciclo cellulare in fase G1 [44] [45].
La funzione inibitoria della rapamicina si ha quando essa si lega ad un recettore
citoplasmatico FKB12 generando un complesso, FKB12-rapamicina, che inibisce la
funzione di mTOR interagendo con il dominio FRB [46][47].
Strutturalmente mTOR contiene nella regione C-terminale un dominio catalitico,
responsabile dell'attività tirosin-chinasica, che si trova tra il dominio FRB e un dominio
"repressore", che regola negativamente l'attività catalitica di mTOR. La regione c-
terminale mostra una forte omologia con il dominio catalitico del fosfatidilinositolo-3-
chinasi (PI3K) [48]. Infatti mTOR appartiene alla famiglia Phosphatidylinositol 3-kinase-
related kinases (PIKK), i cui membri sono coinvolti nel controllo della crescita cellulare,
proliferazione cellulare e danni al DNA [39].
Gli altri due domini, chiamati FAT (FRAP-ATM-TRAPP) e FATC (C-terminale), sono utilizzati
25
Illustrazione 13: Rappresentazione schematica dei domini strutturali di mTOR
per mediare le interazioni in complessi multiproteici. Le grandi dimensioni di mTOR ci
fanno capire che può interagire con altre proteine regolatorie, che possono modulare
l'attività e il segnale [49].
3.3.1- mTOR protagonista nel ciclo e nella crescita cellulare
La via mTOR viene regolata da stimoli provenienti da una grande varietà di segnali
cellulari, tra cui mitogeni, fattori di crescita (come IGF-1 e IGF-2), ormoni come l’insulina,
nutrienti (aminoacidi, glucosio), livelli di energia cellulare e le condizioni di stress [50].
mTOR ha un ruolo cruciale sia nella sintesi proteica, sia all'inizio della traduzione [51]. La
proteina mTOR controlla anche la trascrizione delle proteine ribosomali e la sintesi di RNA
ribosomale [52][53].
Gli obbiettivi principali di mTOR sono due, la ribosomal protein S6 kinase (p70S6K) e il
fattore d'inizio della traduzione eIF4E (4E-BP1). La chinasi mTOR, in risposta agli
amminoacidi e ai fattori di crescita fosforila 4E-BP1 inducendo la sua dissociazione dal
eIF4E, che pùò legare mRNA consentendo l'inizio dei meccanismi di traduzione cap-
dipendente [39].
Un altro obbiettivo di mTOR è la PP2A fosfatasi. Infatti è stato dimostrato che mTOR
fosforila PP2A in vitro, inibendone l'attività, mentre il trattamento con rapamicina
aumenta l'attività della fosfatasi in vivo [54].
È noto che mTOR invia segnali che portano alla crescita cellulare. Infatti mTOR appartiene
al pathway PI3K, attivata da insulina e fattori di crescita [50]. Questo percorso prevede l'AKT
(proteina chinasica B o PKB), un regolatore a monte di mTOR [55]. Infatti AKT fosforila
direttamente mTOR su Ser2448 [46].
26
Nelle cellule di mammifero mTOR stimola anche l'attivazione trascrizionale STAT3, una
volta diventata attiva regola l'espressione di geni bersaglio coinvolti nella sopravvivenza,
proliferazione e auto-rinnovamento[56]. Si è constatato, inoltre, che mTOR regola
positivamente RNA polimerasi I e III [57].
3.3.2- Complessi
mTOR è una subunità catalitica di due complessi multiproteici, mTORC1 sensibile alla
rapamicina e mTORC2 insensibile alla rapamicina se non in seguito a trattamento
prolungato.
mTOR Complex 1 (mTORC1) è composto da mTOR, dalla proteina G regolatoria di mTOR
chiamata Rheb, da una proteina simile alla subunità beta della proteina LST8/G dei
mammiferi (mLST8/GβL) e da PRAS40 e DEPTOR, recentemente identificati [58][59]. mTORC1
si trova a valle di AKT e la sua attività è controllata da una serie di segnali che include
Ras/Raf/MEK/ERK e una cascata di segnale LKB/AMPK. Questo complesso è caratterizzato
dalle interazioni tra mTOR e le sue proteine regolatorie associate che ne regolano la
funzione creando una specie di “impalcatura” per reclutare i substrati di mTORC1 [60].
L’attività di questo complesso è stimolata da insulina, fattori di crescita, siero, acido
27
Illustrazione 14: Meccanismo di trasduzione del segnale mediato da mTOR
fosfatidico, aminoacidi (in particolare la leucina) e stress ossidativo.
mTORC1 è inibito da un basso livello di nutrienti, da una carenza di fattori di crescita, da
stress reduttivo, dalla caffeina, dalla rapamicina, dall’acido farnesiltiosalicilico e dalla
curcumina. La rapamicina e i suoi analoghi sono inibitori allosterici di mTORC1; non si
legano al dominio catalitico ma si associano a FKB-12 portando al disassemblaggio del
complesso mTORC1, inducendo l'inibizione della sua attività [61].
mTORC1 regola una serie di passaggi critici coinvolti nella sintesi proteica. I due bersagli di
mTORC1 meglio caratterizzati sono la proteina chinasi p70S6 (p70S6K) e 4E-BP1. A sua
volta P70S6K fosforila la proteina ribosomiale p40, S6, che partecipa alla traduzione di
mRNA, e fosforila anche eIF4B (eucariotic initiation factor 4B) che è coinvolto nella
traduzione. La fosforilazione di 4E-BP1 risulta nel rilascio di eIF4E, che in associazione con
eIF4G stimola l’inizio della traduzione. Infatti 4E-BP1 non fosforilato interagisce con il
fattore eIF-4E e previene la 20 formazione del complesso eIF4F, bloccando l’interazione tra
eIF-4G e eIF-4E [62][63].
28
Illustrazione 15: Meccanismo di attivazione di mTORC1 & mTORC2
mTORC1 regola diversi passaggi chiave della sintesi proteica, controllando l’espressione di
proteine che promuovono la proliferazione e la sopravvivenza cellulare.
AKT regola il complesso mTORC1 fosforilando e inibendo il gene TSC-2 (Tuberous Sclerosis
2), che è una proteina GAP (GTP-ase activating protein) che si lega a TSC-1 (Tuberin)
formando un complesso e bloccando la proteina G Rheb. L’inibizione di TSC-2 permette
alla proteina Rheb di accumularsi in uno stato legato a GTP e di attivare mTORC1 [64].
In aggiunta agli aminoacidi ed al glucosio, anche gli acidi grassi possono regolare il
complesso mTORC1. Nel cuore, ad esempio, gli acidi grassi liberi sono potenti attivatori
della cascata che conduce alla sua attivazione. In questo caso l’attivazione di mTOR
provoca l'inibizione della proteina chinasi attivata dall’adenosina monofosfato (AMPK-
alpha), implicata nel controllo energetico cellulare.
Il meccanismo che controlla mTORC2 non è ancora ben noto; l’attivazione di questo
complesso è comunque collegata alla via di segnale PI3K [65].
29
4- TARGHETED THERAPY CARCINOMA AL SENOSulla base dei recettori, i carcinomi invasivi sono clinicamente suddivisi in :
a) HR positivi (HR – Hormone Receptors) se possiedono molti recettori per gli ormoni
femminili; possono essere estrogeno-positivi (ER +) o progesterone-positivi;
b) HER2 positivi (HER2 – Human Epidermal Growth Factor Receptor 2) se presentano
molti recettori di tipo 2 del fattore di crescita epidermico umano.
I tumori al seno possono risultare contemporaneamente HR e HER2 positivi.
Con il passare del tempo, sono stati identificati nuovi target terapeutici. In particolare gli
inibitori PI3K/mTOR come l'Evelorimus, hanno mostrato dei buoni risultati negli studi
clinici [4].
Il recettore degli estrogeni (ER) e del fattore di crescita epidermico (HER2) sono dei
bersagli terapeutici ben consolidati e sono stati l'obbiettivo principale dello sviluppo di
farmaci per il trattamento del carcinoma mammario.
Un certo numero di terapie ormonali sono state approvate per il trattamento del
carcinoma mammario, tra cui quella con Tamoxifene, inibitori dell'aromatasi e Fulvestrant.
Per il cancro HER2+ un crescente numero di agenti HER2 mirati si sono resi disponibile, tra
cui Trastuzumab, Lapatinib, Pertuzumab e Trastuzumab emtansine.
Per quanto riguarda i tumori al seno triplo negativo (TNBC) non esistono ancora dei
determinati farmaci per questo tipo di tumore, in quanto sono ancora in fase di sviluppo.
4.1- HR+Il cancro mammario positivo ai recettori ormonali (HR) è trattato attraverso la terapia
endocrina . Tuttavia alcune pazienti mostrano resistenza intrinseca alla terapia endocrina
e altre sviluppano resistenza acquisita.
Modelli preclinici hanno indicato un'associazione tra resistenza endocrina e un'aumentata
espressione dei fattori di crescita transmembrana o attivazione di varie vie intracellulari
coinvolte nella trasduzione del segnale e nella sopravvivenza cellulare [66].
30
Alcuni dati suggeriscono che, malgrado dati preclinici incoraggianti, studi clinici con la
combinazione della terapia endocrina con Trastuzumab o inibitori delle tirosin-chinasi
(Gefitinib, Erlotinib e Lapatinib), hanno ottenuto risultati non convincenti; mentre risultati
più promettenti derivano da studi clinici focalizzati su nuovi agenti come l'inibitore di
mTOR, Everolimus [67][68].
Due studi randomizzati, in particolare BOLERO-2 e TAMRAD, hanno valutato l'associazione
di Everolimus con la terapia endocrina, in un gruppo selezionato di pazienti con cancro
metastatico della mammella HR-positivo, dimostrando una migliore sopravvivenza libera
da progressione rispetto a quella osservata con sola terapia endocrina. Una buona attività
è stata osservata inoltre negli inibitori delle chinasi ciclino-dipendenti 4 e 6 (CDK4/6), ma
gli studi sono ancora in fase di sperimentazione.
4.2- ER Gli estrogeni sono ormoni sessuali steroidei che giocano un ruolo importante nella
proliferazione cellulare e la sopravvivenza cellulare.
Gli estrogeni sono formati a partire dal colesterolo e l'androstenedione o il testosterone
sono i precursori immediati [69].
31
Illustrazione 16: Meccanismo di attivazione della via ER e di resistenzaendocrina
4.2.1- Terapia endocrina
La terapia endocrina è utilizzata nel trattamento per il carcinoma mammario HR+. Essa fa
uso di farmaci che riducono la concentrazione di estrogeni, uno di questi è il Tamoxifene.
Il Tamoxifene è una molecola che agisce a livello mammario in senso antiestrogenico
attraverso l’inibizione competitiva del legame degli estrogeni con i loro recettori nucleari.
L’introduzione di questo farmaco ha consentito, nel tempo, di ridurre il ricorso a terapie
chirurgiche aggressive (ovariectomia, ipofisectomia o adrenalectomia), finalizzate al
blocco della produzione endogena di estrogeni e, conseguentemente, alla riduzione dello
stimolo proliferativo sulle cellule carcinomatose mammarie [16].
Il Tamoxifene rappresenta il farmaco più importante nella terapia endocrina adiuvante
nelle pazienti operate per cancro mammario. Tale trattamento segue generalmente quello
chemioterapico, tranne in donne molto anziane, nelle quali si tende a non praticare la
chemioterapia adiuvante e si ricorre direttamente alla endocrinoterapia adiuvante. Va
ricordato, inoltre, che la terapia adiuvante con Tamoxifene determina il massimo del
beneficio nelle pazienti con tumori ad elevata positività per il recettore estrogenico. Non
esistono invece studi prospettici che dimostrino in senso assoluto l’utilità del Tamoxifene
come terapia adiuvante nelle donne con recettori negativi [70].
La terapia adiuvante con Tamoxifene prevede la somministrazione giornaliera orale del
farmaco ad una dose di 20 mg, per un periodo di 5 anni. Prolungare il trattamento con
Tamoxifene oltre i 5 anni sembra essere non solo inutile, ma anche dannoso.
Il Tamoxifene è in grado di ridurre il rischio di recidive neoplastiche e di morte per cancro
mammario quando somministrato come terapia adiuvante in pazienti già trattate
chirurgicamente [71].
L’utilizzo del Tamoxifene è indicato particolarmente in tutte le donne, in pre o post-
menopausa, con carcinoma mammario infiltrante dotato di recettori per gli estrogeni [16].
32
4.3- HER2HER2 (ErbB2) appartiene ad una famiglia composta da quattro recettori di fattori di
crescita : HER1, più noto come EGFR (Epidermal Growth Factor Receptor), HER3 (ErbB3) e
HER4 (ErbB4).
I fattori di crescita che legano i recettori ErbB3 e ErbB4 provocano una
eterodimerizzazione di HER2 e successiva trasduzione del segnale.
HER2 non è in grado di legarsi a fattori endogeni, ma forma dimeri con altri recettori della
famiglia, già legati, stabilizzandoli ed innescando la trasduzione del segnale chinasi-
mediata.
Essenzialmente, tutte le combinazioni dei quattro recettori possono essere indotte da
dieci specifici ligandi di ErbB, generando segnali molto diversi fra loro. In alternativa,
l’iperespressione di recettori che può essere osservata in alcuni tumori, inclusi quelli della
mammella, promuove la dimerizzazione spontanea in assenza di ligando e quindi
attivazione costitutiva.
ErbB2 è amplificato in circa il 20-30% dei tumori al seno e sono associati ad un decorso
clinico sfavorevole ed a diminuzione del tempo di sopravvivenza [71].
L’espressione di ErbB2 risulta associata ad una sovraregolazione di molecole anti-
apoptotiche BCL2 e BCL-XL. Il segnale apoptotico risulta ridotto, viene favorita l’instabilità
genomica e compare resistenza agli agenti chemioterapici.
Un esempio di farmaco che viene utilizzato per inibire la proliferazione delle cellule
tumorali umane che iperesprimono HER2 , sia in vitro che nell'animale, è il Trastuzumab.
Trastuzumab si lega con un’elevata affinità e specificità al subdominio IV, una regione
perimembranosa del dominio extracellulare di HER2. Il legame di Trastuzumab con HER2
inibisce la segnalazione ligando-indipendente di HER2 e impedisce il clivaggio proteolitico
del suo dominio extracellulare, un meccanismo di attivazione di HER2. Inoltre
Trastuzumab è un potente mediatore della citotossicità anticorpo dipendente cellulo-
mediata (ADCC). In vitro, la ADCC mediata da Trastuzumab ha dimostrato di essere
esercitata in maniera preferenziale sulle cellule tumorali con iperespressione di HER2,
rispetto alle cellule tumorali che non iperesprimono HER2 [72].
33
Inoltre Trastuzumab ha dimostrato di indurre scarsi effetti collaterali e di essere dotato di
un profilo di tossicità favorevole.
Studi clinici conclusi nel 2005 hanno evidenziato che Trastuzumab somministrato a donne
con carcinoma mammario HER2 positivo, in combinazione con agenti citotossici usati
comunemente nella terapia adiuvante di carcinoma mammario, come Ciclofosfamide,
Doxorubicina e Paclitaxel, riduce di circa la metà le recidive neoplastiche
indipendentemente dallo stato dei recettori ormonali delle pazienti [72].
4.4- PATWAY INIBITORI PI3K/AKT/mTOR
Mutazioni della via PI3K/AKT/mTOR sono frequenti in diversi tumori, tra cui il cancro al
seno. Questa via ha un ruolo importante nella regolazione del ciclo cellulare, il
metabolismo, l'angiogenesi e la sopravvivenza cellulare [26].
mTOR è una chinasi serina-treonina, che svolge un ruolo chiave nel ciclo cellulare, tra cui
la risposta a stimoli sia singoli che multipli come ad esempio sollecitazioni di energia e
ossigeno.
Nel cancro al seno, alterazioni dei recettori tirosin-chinasi possono attivare il percorso
PI3K-AKT a monte con iperattivazione della via mTOR [19]. Esempi di mutazioni possono
34
Illustrazione 17: Via PI3K & inibitori
essere delle attivazioni anomale del fattore di crescita insulino simile (IGF-1 – Insulin-like
Growth Factor-1), oppure anomalie del fattore di crescita epidermico (EGF – Epidermal
Growth Factor) in particolare il fattore di crescita epidermico umano 2 (HER2). Si possono
osservare anche anomalie a livello del PTEN con perdita della sua funzione inibitoria o
anomalie dell'AKT stesso [73].
Molti farmaci in processo di sviluppo e di ricerca sono il bersaglio della via PI3K-AKT-
mTOR, ma solo l'inibitore Everolimus è attualmente approvato per l'uso del cancro della
mammella in combinazione con Exemestane in pazienti con carcinoma mammario
avanzato HER2-negativo ed ER-positivo.
Altri inibitori come Sirolimus, Temsirolimus e Ridaforolimus sono ancora in via di
sperimentazione.
35
5- SIROLIMUSSirolimus (Rapamune®) è un antibiotico macrolide con un peso molecolare di 914,172
g/mol; la sua formula chimica è: C51H79NO13.
Sirolimus fa parte della categoria degli immunosopressori selettivi. Sirolimus è stato il
primo farmaco utilizzato per prevenire il rigetto nel trapianto d'organo.
Il Sirolimus è il farmaco “progenitore” di altri tre farmaci: Temsirolimus, Ridaforolimus ed
Everolimus. Questi ultimi farmaci differiscono dal Sirolimus per la posizione del carbonio
in posizione 42 (C-42) il quale conferisce a questi farmaci una migliore attività
farmacocinetica che consiste nell'inibizione del mTORC-1 (mTOR complesso 1) [74].
Questi farmaci presentano attività clinica ed effetti collaterali simili, ma differiscono nel
metabolismo, nella formulazione e nella modalità di somministrazione.
Di questi nuovi farmaci l'unico approvato è l'Everolimus in quanto è stato l'unico ad aver
superato la resistenza alla terapia endocrina.
36
Illustrazione 18: Struttura chimica del Sirolimus
5.1- Proprietà farmacodinamiche e farmacocinetiche
5.1.1- Meccanismo d'azione
Sirolimus inibisce l’attivazione delle cellule T, indotta dalla maggior parte degli stimoli,
bloccando il segnale di trasduzione intracellulare calcio-dipendente e calcio-indipendente.
I suoi effetti sono mediati da un meccanismo che differisce da quello della ciclosporina,
del Tacrolimus e di altri agenti immunosoppressivi.
Sirolimus si lega alla proteina citosolica specifica FKPB 12 e il complesso FKPB 12-Sirolimus
inibisce l’attivazione del bersaglio della Rapamicina specifico per i mammiferi (mTOR), una
chinasi critica per la progressione del ciclo cellulare. L’inibizione dell' mTOR determina il
blocco di diversi segnali specifici delle vie di trasduzione. L’effetto finale è l’inibizione
dell’attivazione del linfocita, che ha come risultato l’immunosoppressione [75].
5.1.2- Assorbimento e distribuzione
Dopo somministrazione della soluzione orale, Sirolimus viene rapidamente assorbito con
una tmax (tempo per raggiungere la concentrazione plasmatica massima, Cmax) di circa
un'ora in soggetti sani che hanno ricevuto dosi singole, e di circa 2 ore in pazienti
trapiantati di rene stabilizzati che hanno ricevuto dosi multiple.
La disponibilità sistemica di Sirolimus in associazione con la somministrazione
contemporanea di ciclosporina (Sandimmun) è circa del 14%.
A seguito di somministrazione ripetuta, la concentrazione ematica media di Sirolimus
risulta aumentata di circa 3 volte.
Il rapporto sangue/plasma (S/P) pari a 36 e ciò indica che Sirolimus è ampiamente
ripartito all'interno della componente corpuscolata del sangue.
La biodisponibilità di Sirolimus varia se viene somministrato con il cibo. In particolare un
pasto ricco di grassi provoca una diminuzione del 34% della concentrazione plasmatica
massima (Cmax), un aumento di 3,5 volte nel tempo di raggiungimento della
concentrazione di picco (tmax) ed un aumento del 35% dell'area sotto la curva (AUC – Area
Under the Curve).
37
Si raccomanda di assumere Sirolimus sempre nelle stesse condizioni, o in coincidenza dei
pasti o lontano dai pasti [75].
5.1.3- Metabolismo ed eliminazione
Sirolimus viene metabolizzato dal citocromo P450 (CYP450), in particolare dall'isoforma
CYP3A4, e dalla pompa di efflusso P-glicoproteina (P-gp) situata nell'intestino tenue.
Sirolimus è ampiamente metabolizzato attraverso una O-demetilazione e/o idrossilazione.
Sono stati identificati nel sangue sette metaboliti maggiori, compresi l'idrossi, il demetil e
l'idrossidemetil. Sirolimus è il componente maggiore nel sangue umano intero e
contribuisce per più del 90% all'attività immunosoppressiva.
L'assorbimento e l'eliminazione di Sirolimus possono essere influenzati dalle sostanze che
interagiscono con il CYP3A4 e la P-gp. In particolare, gli inibitori del CYP3A4, come
Ketoconzolo ma anche il succo di pompelmo, provocano un aumento della concentrazione
sistemica di Sirolimus con aumento degli effetti collaterali. Viceversa, gli induttori del
CYP3A4, come la Rifampicina, provocano una riduzione della concentrazione plasmatica di
Sirolimus con rischio di fallimento terapeutico.
Dopo somministrazione orale di Sirolimus la maggior parte del farmaco (91,1%) viene
eliminato attraverso le feci e solo in piccola parte (2,2%) viene eliminato con le urine [75].
5.2- Studio clinicoL'efficacia del Sirolimus è stata valutata in uno studio di fase 3 attraverso l'eliminazione di
ciclosporina e mantenimento del Sirolimus. Hanno preso parte allo studio pazienti a
rischio immunologico da lieve a moderato sottoposti a trapianto renale da donatori
cadaveri o donatori viventi. In aggiunta, sono stati inclusi pazienti ri-trapiantati nei quali il
trapianto precedente era durato per almeno 6 mesi. La ciclosporina non è stata sospesa in
pazienti che hanno avuto episodi di rigetto acuto di grado Banff 3, pazienti in dialisi,
pazienti con un livello di creatinina sierica > 400 mmol/l o pazienti con una funzione
renale inadeguata per permettere l'interruzione della ciclosporina.
Una differenza statisticamente significativa si è verificata a 48 mesi nella sopravvivenza del
trapianto; in particolare, è risultata maggiore nel gruppo trattato con Sirolimus dopo
38
eliminazione della ciclosporina rispetto al gruppo trattato con Sirolimus e ciclosporina.
Durante il periodo post-randomizzazione a 12 mesi, si è verificata un'incidenza
significativamente più elevata di primo rigetto, confermato da biopsia, nel gruppo con
eliminazione della ciclosporina rispetto al gruppo in mantenimento con ciclosporina
(rispettivamente 9,8% vs 4,2%). In seguito, la differenza tra i due gruppi non è stata
significativa.
Il tasso di filtrazione glomerulale (GFR) medio calcolato a 12, 24, 36, 48 e 60 mesi è stato
significativamente più elevato nei pazienti trattati con Sirolimus a seguito
dell'eliminazione della ciclosporina rispetto al gruppo trattato con Sirolimus e
ciclosporina. Basandosi sull'analisi dei dati a partire dai 36 mesi e oltre, che mostrava una
differenza crescente nella sopravvivenza del trapianto e nella funzione renale, così come
una pressione del sangue statisticamente inferiore nel gruppo con eliminazione della
ciclosporina, si è deciso di interrompere il trattamento ai pazienti trattati con Sirolimus e
ciclosporina.
A 60 mesi, l'incidenza di neoplasie non cutanee è stata significativamente più elevata nel
gruppo che continuava ciclosporina rispetto al gruppo in cui veniva interrotta la
ciclosporina (rispettivamente 8,4% vs 3,8%,). Per il carcinoma della pelle, il tempo
mediano di prima insorgenza è stato significativamente ritardato [75].
39
6- RIDAFOROLIMUSRidaforolimus è una piccola molecola con un peso molecolare di 990.22 g/mol; la sua
formula chimica è: C53H84NO14P .
Ridaforolimus è un analogo del Sirolimus ed è ancora in fase di sperimentazione nel
trattamento del cancro al seno.
6.1- Studio clinicoL'efficacia di Ridaforolimus è stata valutata in uno studio clinico associandolo ad un
inibitore altamente selettivo della Akt1, Akt2 e Akt3 (MK-2206).
Sono stati somministrati 10mg/die di Radaforolimus per 5 giorni alla settimana più 90 mg
di MK-2206 alla settimana [76].
La durata media del trattamento è stata di due cicli ed è stata definita come risposta
completa la scomparsa delle lesioni target non linfonodali o una riduzione delle lesioni
nodali a meno di 10 mm sull’asse breve . È stata definita, invece, come risposta parziale
una diminuzione rispetto al basale di almeno il 30% della somma dei diametri/volumi
delle lesioni target.
La percentuale di risposte obiettive secondo i criteri RECIST 1.1 (RECIST – Response
Evaluation Criteria In Solid Tumors) è stata del 12,5% (2 pazienti su 16) che hanno
40
Illustrazione 19: Struttura chimica del Ridaforolimus
mostrato solo risposte parziali e nessuna risposta completa. Effettuando una valutazione
volumetrica della massa tumorale in 3D, si sono osservate risposte obiettive in 4 pazienti
su 14 (28,6%), di cui due complete e due parziali; inoltre, in una paziente si è osservata
una stabilizzazione della malattia per almeno 6 mesi.
La combinazione è risultata ben tollerata e i principali eventi avversi sono stati rash
cutaneo (44,4%), stomatite (38,9%), diarrea (27,8%), anoressia (27,8%) e affaticamento
(22,2%).
Si può concludere che il trattamento combinato ha portato a una risposta in alcune
pazienti ed è stato generalmente ben tollerato, con un’incidenza degli aventi avversi di
grado 3 che non ha superato il 6% [77].
6.2- Proprietà farmacodinamiche e farmacocineticheEssendo il Ridaforolimus ancora in fase di sperimentazione non sono disponibili dati
relativi alle sue proprietà farmacodinamiche e farmacocinetiche.
41
Illustrazione 20: Eventi avversi del Ridaforolimusrash cutaneo stomatite diarrea anoressia affaticamento
%
5%
10%
15%
20%
25%
30%
35%
40%
45%
7- TEMSIROLIMUSTemsirolimus ( Torisel® ) è un farmaco somministrato per via endovenosa con un peso di
1030.28 g/mol; la sua formula chimica è:C56H87NO16 .
7.1- Proprità farmacodinamiche e farmacocinetiche
7.1.1- Meccanismo d'azione
Temsirolimus è un inibitore selettivo dell' mTOR (target della rapamicina nei mammiferi).
Temsirolimus si lega ad una proteina intracellulare (FKBP-12), ed il complesso proteina-
Temsirolimus lega ed inibisce l’attività dell' mTOR che controlla la divisione cellulare.
In vitro, ad alte concentrazioni, il Temsirolimus può legare e inibire l’mTOR in assenza
dell’FKBP-12. Alte concentrazioni hanno portato a completa inibizione della crescita
cellulare in vitro, mentre l’inibizione mediata dal complesso FKBP-12/Temsirolimus da solo
ha portato ad una diminuzione approssimativamente del 50% della proliferazione
cellulare.
L’inibizione dell’attività dell' mTOR determina nella fase G1 del ciclo cellulare un ritardo ed
un arresto della crescita cellulare nelle cellule tumorali trattate a causa di un' interruzione
selettiva della traduzione di proteine che regolano il ciclo cellulare, come le cicline di tipo
42
Illustrazione 21: Struttura chimica del Temsirolimus
D, c-myc e la ornitina decarbossilasi.
Quando l’attività dell'mTOR è inibita risulta bloccata la sua capacità di fosforilare, cioè di
controllare l’attività dei fattori di traduzione proteica (4E-BP1 e S6K, entrambi a valle di
mTOR nella via di P13 chinasi/AKT) che controllano la divisione cellulare.
Inoltre, mTOR è in grado di regolare la traduzione dei fattori indotti dall’ipossia, HIF-1 e
HIF-2 alfa. Questi fattori di transcrizione regolano la capacità dei tumori di adattarsi ai
microambienti in ipossia, e di produrre il fattore angiogenico: il fattore di crescita
endoteliale vascolare (VEGF – Vascular Endothelial Growth Factor).
L’attività antitumorale di Temsirolimus, quindi, può essere dovuta in parte alla sua
capacità di abbassare i livelli di HIF e VEGF nel tumore o nel microambiente tumorale,
impedendo quindi lo sviluppo vascolare [78].
7.1.2- Assorbimento e distribuzione
In seguito alla somministrazione di una singola dose di 25 mg per via endovenosa di
43
Illustrazione 22: Meccanismo d'azione Temsirolimus
Temsirolimus in pazienti con cancro, è stata ottenuta una concentrazione plasmatica
massima (Cmax) di 585 ng/ml ed un'area sotto la curva (AUC – Area Under the Curve) di
1627 ng·h/ml.
Nei pazienti che ricevevano 175 mg settimanali di Temsirolimus per 3 settimane seguiti da
75 mg settimanali, la Cmax stimata nel sangue al termine dell’infusione è stata di 2457
ng/ml durante la 1° settimana e di 2574 ng/ml durante la 3° settimana.
Temsirolimus mostra una diminuzione poliesponenziale nelle concentrazioni ematiche
totali e la sua distribuzione è attribuibile al legame preferenziale a FKBP-12 nelle cellule
del sangue.
La distribuzione di Temsirolimus è dose-dipendente con un valore medio del legame
specifico massimale nelle cellule ematiche di 1,4 mg (da 0,47 a 2,5 mg).
In seguito alla somministrazione di un'unica dose di Temsirolimus per via endovenosa, il
valore medio del volume di distribuzione allo steady state nel sangue dei pazienti affetti
da cancro è di 172 litri [78].
7.1.3- Metabolismo ed eliminazione
Sirolimus, un metabolita altrettanto potente del temsirolimus, è stato osservato come
metabolita principale negli uomini in seguito a somministrazione endovenosa. Durante gli
studi in vitro sul metabolismo del Temsirolimus, sono stati rilevati tra i suoi metaboliti il
Sirolimus, il seco-temsirolimus e seco-sirolimus. In seguito a somministrazione
endovenosa di Temsirolimus il metabolita pincipale risulta essere il Sirolimus. In
particolare, l'AUC del Sirolimus risulta essere maggiore rispetto a quella del Temsirolimus
in quanto il Sirolimus presenta una maggiore emivita; infatti dopo somministrazione
endovenosa di 25 mg di Temsirolimus, le emivite medie di Temsirolimus e Sirolimus sono
rispettivamente di 17,7 ore e di 73,3 ore.
Vie addizionali di metabolizzazione sono: idrossilazione, riduzione e demetilazione.
L’escrezione del Temsirolimus avveniene principalmente attraverso le feci (78%);
l’eliminazione del principio attivo e dei suoi metaboliti attraverso la via renale riguarda
esclusivamente il 4,6% della dose somministrata.
44
Poiché nei campioni di feci umane non sono stati rilevati solfati o glucuronidi coniugati, si
suppone che la solfatazione e la glucuronidazione non siano le principali vie di
metabolizzazione coinvolte nell’escrezione di Temsirolimus. Pertanto, non ci si aspetta che
gli inibitori di queste vie metaboliche influenzino l’eliminazione del Temsirolimus [78].
7.2- Studio clinico
Per valutare l'efficacia, la sicurezza e la farmacocinetica del Temsirolimus è stato creato
uno studio randomizzato.
Allo studio hanno preso parte pazienti con cancro avanzato alle cellule renali
precedentemente trattati. I pazienti sono stati suddivisi in maniera casuale in 3 gruppi, in
rapporto 1:1:1, a ricevere Temsirolimus 25mg, 75mg o 250mg per via endovenosa
settimanalmente [79].
L’endpoint primario di efficacia era il tasso di risposta oggettiva (ORR – Objective Response
Rate) ed è stata valutata anche la sopravvivenza complessiva (OS – Overall Survival).
I pazienti (8n=36) ai quali è stato somministrato Temsirolimus 25mg presentavano tutti
metastasi: 4 pazienti (11%) non avevano ricevuto precedentemente chemio o
immunoterapia, 17 pazienti (47%) avevano già ricevuto un trattamento precedentemente,
e 15 pazienti (42%) erano stati sottoposti a due o più trattamenti in precedenza per il
carcinoma a cellule renali.
Per i pazienti trattati settimanalmente con 25mg di Temsirolimus, l’OS è stato di 13,8 mesi
mentre l’ORR è stato del 5,6% [78].
Gli effetti collaterali si sono mostrati, più frequentemente, ai pazienti che ricevevano
250mg di Temsirolimus [79] .
45
8- EVEROLIMUSEverolimus ( Anfinitor® ) è una molecola con un peso molecolare di 958.224 g/mol; la sua
formula chimica è: C53H83NO14 .
L'Everolimus (Anfinitor®) è un derivato semisintetico della rapamicina con effetto
soppressivo sul sistema immunitario. Everolimus è indicato nel trattamento del carcinoma
mammario avanzato con stato recettoriale ormonale positivo, nel carcinoma mammario
HER2/neu (recettore 2 per il fattore di crescita epidermico umano) negativo e in
combinazione con Exemestane in donne in postmenopausa in assenza di malattia
viscerale sintomatica dopo recidiva o progressione a seguito di trattamento con un
inibitore dell’aromatasi non steroideo. Inoltre Everolimus è indicato nel trattamento di
tumori neuroendocrini di origine pancreatica (non operabili o metastatici) ed anche per il
trattamento di pazienti con carcinoma renale avanzato.
La dose raccomandata di Everolimus è di 10 mg una volta al giorno. Il trattamento deve
continuare fino a quando si osserva un beneficio clinico o finché non compaia tossicità
inaccettabile. Il farmaco viene assunto per via orale sotto forma di compresse, con un
dosaggio determinato sulla base del cancro, il piano di terapia generale e il peso del
paziente. Gli effetti immunosoppressivi di questo farmaco sono una fonte di
preoccupazione, in quanto vi è la possibilità che i pazienti su questo farmaco potrebbero
sviluppare infezioni gravi. Inoltre Everolimus è stato anche utilizzato per il trattamento di
46
Illustrazione 23: Struttura chimica dell'Everolimus
artrite reumatoide e malattie infiammatorie intestinali[80] .
8.1- Proprietà farmacodinamiche e farmacocinetiche
8.1.1- Meccanismo d'azione
Everolimus è un inibitore selettivo della proteina chinasi mTOR (mammalian target of
rapamycin). mTOR è una serina-treonina chinasi chiave, la cui attività è nota per essere
sovraregolata in diversi tumori nell’uomo. Everolimus si lega alla proteina intracellulare
FKBP-12, formando un complesso che inibisce l’attività di mTOR complex-1 (mTORC1).
L’inibizione della via del segnale di mTORC1 interferisce con la traduzione e la sintesi di
proteine riducendo l’attività della proteina chinasi S6 ribosomiale (S6K1) e la proteina
eucariotica che lega il fattore 4E di allungamento della traduzione (4EBP-1), le quali
regolano le proteine coinvolte nel ciclo cellulare, nell’angiogenesi e nella glicolisi.
Si ritiene che S6K1 fosforili il dominio funzionale 1 di attivazione del recettore per gli
estrogeni, che è responsabile dell’attivazione ligando-indipendente del recettore.
47
Illustrazione 24: Meccanismo d'azione Everolimus
Everolimus riduce i livelli del fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF), il quale
potenzia i processi angiogenici tumorali. Everolimus è un potente inibitore della crescita e
della proliferazione delle cellule tumorali, delle cellule endoteliali, dei fibroblasti e delle
cellule muscolari lisce associate ai vasi sanguigni e ha mostrato di ridurre la glicolisi nei
tumori solidi in vitro e in vivo [80].
8.1.2- Assorbimento e distribuzione
Nei pazienti con tumori solidi in fase avanzata, la concentrazione plasmatica massima
(Cmax) di Everolimus si raggiunge in media 1 ora dopo la somministrazione di 5 e 10
mg/die di Everolimus a digiuno. Il tmax (tempo per raggiungere la Cmax) si raggiunge 1-2
ore dopo l’assunzione del farmaco.
In soggetti sani, pasti ad alto contenuto di grassi riducono l’esposizione sistemica di
Everolimus del 22% e i picchi di concentrazione plasmatici della Cmax del 54%. Pasti a
basso contenuto di grassi riducono l’AUC del 32% e la Cmax del 42%.
Il cibo, tuttavia, non presenta un evidente effetto sul profilo concentrazione-tempo della
fase post-assorbimento.
Il legame con le proteine plasmatiche è pari a circa il 74% nei soggetti sani e nei pazienti
con insufficienza epatica moderata [80].
Nei pazienti con tumori solidi in fase avanzata la velocità di distribuzione è di 191 litri nel
compartimento centrale apparente e di 517 litri nel compartimento periferico apparente.
8.1.3- Metabolismo ed eliminazione
Everolimus è un substrato del CYP3A4 e della PgP. In seguito a somministrazione orale,
Everolimus è il principale componente circolante nel sangue umano.
Sei metaboliti principali di Everolimus sono stati identificati nel sangue umano,
comprendenti tre metaboliti monoidrossilati, due prodotti formati per apertura idrolitica
dell’anello ciclico e una fosfatidilcolina coniugata di everolimus. Questi metaboliti sono
stati identificati anche nelle specie animali utilizzate negli studi di tossicità, e hanno
48
mostrato un’attività approssimativamente 100 volte inferiore a quella di Everolimus. Ciò
significa che Everolimus contribuisce alla maggior parte dell’attività farmacologia
complessiva.
La clearance orale (CL/F) media di Everolimus dopo una dose di 10 mg/die in pazienti con
tumori solidi in fase avanzata è di 24,5 l/h.
L’emivita media di eliminazione di Everolimus è approssimativamente di 30 ore.
Everolimus viene eliminato soprattutto attraverso le feci (80%), mentre il 5% viene escreto
attraverso le urine [80].
8.2- Studio clinicoL'attività di Everolimus è stata valutata attraverso uno studio di fase III chiamato BOLERO-
2: uno studio randomizzato, in doppio cieco e multicentrico. Attraverso questo studio
viene valutata l'attività di Everolimus in associazione ad Exemestane rispetto all'attività del
placebo + Exemestane.
Lo studio è stato condotto in donne in postmenopausa con carcinoma mammario con
stato recettoriale ormonale positivo, HER2-negativo in stadio avanzato con recidiva o
progressione dopo una precedente terapia con letrozolo o anastrozolo [81][82].
La randomizzazione è stata stratificata per la documentata sensibilità alla terapia
ormonale precedente e in base alla presenza di metastasi viscerali. La sensibilità alla
terapia ormonale precedente è stata definita come beneficio clinico documentato
(risposta completa [RC], risposta parziale [RP], malattia stabile ≥24 settimane) ad almeno
una terapia ormonale precedente nel setting avanzato oppure ad almeno 24 mesi di
terapia ormonale adiuvante prima dell’insorgenza della recidiva [83][84].
L’endpoint primario dello studio è stata la sopravvivenza libera da progressione (PFS –
Progression Free Survival) valutata secondo i criteri RECIST (Response Evaluation Criteria
in Solid Tumors) basata sulla valutazione dello sperimentatore (valutazione radiologica
locale). Le analisi di supporto per la PFS erano basate sulla revisione radiologica
centralizzata indipendente.
Gli endpoints secondari comprendevano la sopravvivenza globale (OS – Overall Survival), il
49
tasso di risposta obiettiva, il tasso di beneficio clinico, il profilo di sicurezza, il
cambiamento nella qualità di vita (QoL – Quality of Life) e il tempo al peggioramento
dell’ECOG-PS (Eastern Cooperative Oncology Group Performance Status).
Un totale di 724 pazienti sono state randomizzate in rapporto di 2:1 alla combinazione
Everolimus (10 mg al giorno) + Exemestane (25 mg al giorno) (n=485) o a placebo +
Exemestane (25 mg al giorno) (n=239) [85].
Al momento dell’analisi finale per l’OS, la durata media del trattamento con Everolimus è
stata di 24,0 settimane. La durata media del trattamento con Exemestane è stata
maggiore nel gruppo Everolimus + Exemestane pari a 29,5 settimane rispetto a 14,1
settimane nel gruppo placebo + Exemestane.
I risultati di efficacia per l’endpoint primario sono stati ottenuti dall’analisi finale di PFS. Le
pazienti del braccio placebo + Exemestane non effettuavano il cross over ad Everolimus al
momento della progressione.
Questo studio ha mostrato un aumento della sopravvivenza libera da progressione (da
4,17 mesi a 11,7 mesi) nei pazienti che hanno ricevuto una terapia con inibitori
dell'aromatasi nel trattamento adiuvante e non hanno ricevuto alcun trattamento per la
50
Illustrazione 25: Analisi finale Bolero 2
malattia avanzata. Da questi dati si deduce che i pazienti non hanno bisogno di essere
pretrattati prima di eseguire la terapia con Everolimus in associazione con Exemestane.
La somministrazione combinata di Everolimus con Exemestane offre un'importante
alternativa alla chemioterapia nei pazienti con metastasi viscerali [80].
51
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