UNA STORIA DI ORDINARIA INGIUSTIZIA Morì per una ... la... · diritto, secondo il ... aveva...

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3 VENERDÌ 6 SETTEMBRE 2013 TELEFONO 0544 218262 FAX 0544 33793 EMAIL: [email protected] E PROVINCIA UNA STORIA DI ORDINARIA INGIUSTIZIA Morì per una trasfusione, nessun risarcimento I parenti in causa con il ministero della Salute, l’indennizzo cancellato dal governo Monti Altre tre persone infettate a Ravenna hanno intrapreso azioni legali per ottenere i danni di PATRIZIA CUPO RAVENNA. Una moglie, tre figli giovanissimi. E u- na malattia cronica im- portante che lo costringe a trasfusioni continue. E’ una di queste a ucciderlo, dopo sei anni di dolori, rabbia, e lotte quotidiane. E ancora oggi, 16 anni do- po, la famiglia aspetta dal- lo Stato il suo risarcimen- to: sono in causa contro il ministero della Salute da dieci anni e da quattro at- tendono di sapere se sono stati ammessi alla mesta lista di chi può transare con Roma per un congruo indennizzo. E’ la classica tragedia all’italiana, quella che ha visto protagonista tra il ’91 e il ’97 anche Concor- dio Lonardo, ravennate ammalato di talassemia al quale, nell’’88, fu trasfusa una sacca di sangue infet- to. Infetto di epatite C. La sua condanna a morte. Concordio morì nove an- ni più tardi quella trasfu- sione maledetta, lascian- do tre figli una dei quali ancora adolescente. Il ri- sarcimento al quale a- vrebbe dovuto avere dirit- to, secondo il governo Pro- di, è stato cancellato dall’esecutivo Monti e ora la pratica attende la lenta via maestra della giusti- zia. «Nel 2003 abbiamo in- tentato causa di fronte al tribunale di Bologna con- tro il ministero alla salute per ottenere il risarci- mento e abbiamo chiesto l’accesso alla transazione ancora quattro anni fa ma ancora non abbiamo avu- to risposta», spiega l’avvo- cato Marco Calandrino che, sempre a Ravenna, rappresenta altre tre vit- time delle trasfusioni in- fette, tutte ammalatesi di epatite ma ancora fortu- natamente in vita. Ma, al di là delle batta- glie legali, è quella morale per il rico- no sci men to dell’o m i c i- dio di Stato che la fami- glia Lonar- do sta com- battendo da anni, nel dolore, pur fiero. «E’ questa rabbia a man- darci avanti. A darci la forza. D’altronde, papà a- vrebbe voluto così: lui era fiero e forte, e ci ha sem- pre insegnato che pur con un deficit fisico importan- te, si poteva lottare per ot- tenere ciò che si desidera- va nella vita», racconta la figlia Cristiana, emozio- nata. Cri- stiana oggi ha 45 anni, ha un chio- sco di piadi- na in centro a Ravenna e un bed and breakfast a Savio. Fu lei a prendersi cura di suo pa- dre e a gestire la difficili pratiche prima e dopo la sua morte. Suo fratello di quattro anni più grande lavorava già fuori Italia, quando il padre si aggra- vò. E la sorella più picco- la, oggi parrucchiera, era una ragazzina quando la tragedia li travolse. «Io avevo 23 anni quando, nel ’91, a mio pa- dre venne diagnostica- ta l’e pa t i t e C: una sen- tenza di condanna per lui che era già talassemico. E’ stato come buttare alcol sul fuoco – racconta con lucida pacatezza -. Da su- bito, ci mettemmo a cerca- re quella sacca infetta e scoprimmo che gli era sta- ta trasfusa tre anni prima. Io non posso dire oggi co- me lui si fosse sentito, ma per noi fu difficile accetta- re quella ve- rità. Fu lui a insegnarci a combattere. E combatté davvero, co- me un leone. Non si è mai arreso, non si dava per vinto e ha provato a lavo- rare finché glielo hanno concesso»: faceva il bidel- lo in un istituto alberghie- ro. Poi, però, venne quel giorno. «C’era timore in casa a parlarne. Ma mio padre aveva la percezione di quello che gli stava ac- cadendo: quando gli dia- gnosticarono il cancro al fegato e la cirrosi, al suo ultimo ricovero, ricordo che il primario mi disse chiaramente che non c’e- ra più nulla da fare - s’in- crina la voce a Cristiana -. Tornai da mio padre fa- cendo buon viso a cattivo gioco e fu lui, alzando lo sguardo verso di me, a dir- mi: “Lo so. E’ finita”». A- veva 60 anni. Da appena sei mesi era riuscito a ot- tenere un indennizzo: il riconoscimento che fosse stata la sacca infetta a far- lo ammalare. Ma, oltre il danno la beffa, con la mor- te di Concordio l’inden- nizzo venne bloccato, «e solo dopo il mio interessa- mento, le pressioni, le rac- comandate e le telefonate continue, due anni più tardi mi diedero l’inden- nizzo che spettava di dirit- to a mia madre»: 150 mi- lioni di lire con le quali lo Stato pensava di aver ri- pagato il suo debito. «Fu devastante. Per noi figli, la malattia e la morte di mio padre furono deva- stanti – racconta Cristia- na -: mio fratello era spes- so fuori, mia sorella era giovanissima. Mi sono ac- collata l’ultimo anno di vi- ta di mio padre, ma anche mia madre fu travolta dal- la tragedia. Papà cercò di non farle mai pesare la sua condizioni, ma questo non poteva bastare. Oggi siamo uniti nella nostra battaglia. Non ci arren- diamo e non abbassiamo la guardia. Papà ci diceva: devi sempre far valere ciò che pensi sia giusto. E’ co- sì che andiamo avanti». Concordio Leonardo malato di Talassemia fu infettato nel 1988 A causa di quella trasfusione contrasse l’epatite C «Lui aveva la percezione di quello che gli stava accadendo Mi disse: “Lo so, è finita”» Il risarcimento al quale avrebbe dovuto avere diritto, secondo il governo Prodi, è stato cancellato dall’esecutivo Monti e ora la pratica attende la lenta via maestra della giustizia La famiglia già nel 2003 aveva avviato una causa civile A fianco sacche di sangue per trasfusioni in una immagine d’archivio A destra Concordio Lonardo Faceva il bidello in una scuola superiore e contrasse l’epatite C a causa di una trasfusione con sangue infetto che gli venne praticata nel 1988 Morì nove anni più tardi La figlia Cristiana non si arrende: «Fu mio padre a insegnarci a combattere, lui lo fece come un leone»

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3VENERDÌ

6 SETTEMBRE 2013

TELEFONO0544 218262FAX 0544 33793EMAIL:ravenna@corr iereromagna.it E PROVINCIA

UNA STORIA DI ORDINARIA INGIUSTIZIA

Morì per una trasfusione, nessun risarcimentoI parenti in causa con il ministero della Salute, l’indennizzo cancellato dal governo MontiAltre tre persone infettate a Ravenna hanno intrapreso azioni legali per ottenere i danni

di PATRIZIA CUPO

RAVENNA. Una moglie,tre figli giovanissimi. E u-na malattia cronica im-portante che lo costringea trasfusioni continue. E’una di queste a ucciderlo,dopo sei anni di dolori,rabbia, e lotte quotidiane.E ancora oggi, 16 anni do-po, la famiglia aspetta dal-lo Stato il suo risarcimen-to: sono in causa contro ilministero della Salute dadieci anni e da quattro at-tendono di sapere se sonostati ammessi alla mestalista di chi può transarecon Roma per un congruoindennizzo.

E’ la classica tragediaall’italiana, quella che havisto protagonista tra il’91 e il ’97 anche Concor-dio Lonardo, ravennateammalato di talassemia alquale, nell’’88, fu trasfusauna sacca di sangue infet-to. Infetto di epatite C. Lasua condanna a morte.Concordio morì nove an-ni più tardi quella trasfu-sione maledetta, lascian-do tre figli una dei qualiancora adolescente. Il ri-sarcimento al quale a-vrebbe dovuto avere dirit-to, secondo il governo Pro-di , è stato cancellatodall’esecutivo Monti e orala pratica attende la lentavia maestra della giusti-zia.

«Nel 2003 abbiamo in-tentato causa di fronte altribunale di Bologna con-tro il ministero alla saluteper ottenere il risarci-mento e abbiamo chiestol’accesso alla transazioneancora quattro anni fa maancora non abbiamo avu-to risposta», spiega l’avvo -cato Marco Calandrinoche, sempre a Ravenna,rappresenta altre tre vit-

time delle trasfusioni in-fette, tutte ammalatesi diepatite ma ancora fortu-natamente in vita.

Ma, al di là delle batta-glie legali, è quella moraleper il rico-no sci men todell’o m i c i-dio di Statoche la fami-glia Lonar-do sta com-battendo daanni, nel dolore, pur fiero.«E’ questa rabbia a man-darci avanti. A darci laforza. D’altronde, papà a-vrebbe voluto così: lui erafiero e forte, e ci ha sem-

pre insegnato che pur conun deficit fisico importan-te, si poteva lottare per ot-tenere ciò che si desidera-va nella vita», racconta lafiglia Cristiana, emozio-

n a t a . C r i-stiana oggiha 45 anni,ha un chio-sco di piadi-na in centroa Ravenna eun bed and

breakfast a Savio. Fu lei aprendersi cura di suo pa-dre e a gestire la difficilipratiche prima e dopo lasua morte. Suo fratello diquattro anni più grande

lavorava già fuori Italia,quando il padre si aggra-vò. E la sorella più picco-la, oggi parrucchiera, erauna ragazzina quando latragedia li travolse.

«Io avevo2 3 a n n iquando, nel’91, a mio pa-d r e v e n n ediagn ostica-ta l’e pa t i t eC: una sen-tenza di condanna per luiche era già talassemico. E’stato come buttare alcolsul fuoco – racconta conlucida pacatezza -. Da su-bito, ci mettemmo a cerca-

re quella sacca infetta escoprimmo che gli era sta-ta trasfusa tre anni prima.Io non posso dire oggi co-me lui si fosse sentito, maper noi fu difficile accetta-

re quella ve-rità. Fu lui ainsegnarci ac om ba t te re .E combattédavvero, co-me un leone.Non si è mai

arreso, non si dava pervinto e ha provato a lavo-rare finché glielo hannoconcesso»: faceva il bidel-lo in un istituto alberghie-ro. Poi, però, venne quel

giorno. «C’era timore incasa a parlarne. Ma miopadre aveva la percezionedi quello che gli stava ac-cadendo: quando gli dia-gnosticarono il cancro alfegato e la cirrosi, al suoultimo ricovero, ricordoche il primario mi dissechiaramente che non c’e-ra più nulla da fare - s’in -crina la voce a Cristiana -.Tornai da mio padre fa-cendo buon viso a cattivogioco e fu lui, alzando losguardo verso di me, a dir-mi: “Lo so. E’ finita”». A-veva 60 anni. Da appenasei mesi era riuscito a ot-tenere un indennizzo: ilriconoscimento che fossestata la sacca infetta a far-lo ammalare. Ma, oltre ildanno la beffa, con la mor-te di Concordio l’ind en-nizzo venne bloccato, «esolo dopo il mio interessa-mento, le pressioni, le rac-comandate e le telefonatecontinue, due anni piùtardi mi diedero l’i n de n-nizzo che spettava di dirit-to a mia madre»: 150 mi-lioni di lire con le quali loStato pensava di aver ri-pagato il suo debito.

«Fu devastante. Per noifigli, la malattia e la mortedi mio padre furono deva-stanti – racconta Cristia-na -: mio fratello era spes-so fuori, mia sorella eragiovanissima. Mi sono ac-collata l’ultimo anno di vi-ta di mio padre, ma anchemia madre fu travolta dal-la tragedia. Papà cercò dinon farle mai pesare lasua condizioni, ma questonon poteva bastare. Oggisiamo uniti nella nostrabattaglia. Non ci arren-diamo e non abbassiamola guardia. Papà ci diceva:devi sempre far valere ciòche pensi sia giusto. E’ co -sì che andiamo avanti».

Concordio Leonardomalato di Talassemiafu infettato nel 1988

A causa di quellatrasfusionecontrasse l’epatite C

«Lui aveva la percezione di quelloche gli stava accadendoMi disse: “Lo so, è finita”»

Ilrisarcimentoal qualeavrebbedovutoaverediritto,secondo ilgovernoProdi, èstatocancellatodall’esecutivoMonti e orala praticaattende lalenta viamaestradellagiustiziaLa famigliagià nel 2003avevaavviato unacausa civile

A fiancosacche disangue pertrasfusioniin unaimmagined’archivioA destraConcordioLonardoFaceva ilbidello inuna scuolasuperiore econtrassel’epatite C acausa di unatrasfusionecon sangueinfetto chegli vennepraticata nel1988Morì noveanni più tardi

La figlia Cristiana non si arrende:«Fu mio padre a insegnarcia combattere, lui lo fece come un leone»