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TO NUMERO TRE - MARZO DUEMILA14 14 INCHIESTA È quanto vorrebbero re- alizzare le istituzioni e le associazioni già pre- senti sul territorio italia- no per rispondere a que- sto fenomeno sociale di grande rilevanza. Nel frattempo, presso il Ministero del La- voro una speciale commissione sta ela- borando linee guida per fronteggiare il problema già sul tavolo delle istituzio- ni europee. Lo scorso 14 dicembre, a Milano, si è svolto il Pri- mo Convegno Nazionale su “La medicina di strada”. Una giornata di confronto e di studio, organizzata dal- la Fondazione Isacchi Samaja Onlus, che si è chiusa con un impegno concreto per i medici, i volontari e gli esperti intervenuti al simposio: l’intento di creare una rete tra le associazioni di volontariato già attive sul territorio e gli ospedali pubblici, affinché la cu- ra e l’assistenza alle persone senza fissa dimora nel- la città di Milano divenga un’azione strutturata e non lasciata alle iniziative individuali. Un progetto ambi- zioso che potrebbe e dovrebbe essere esteso all’in- PIERLUIGI ALTEA Una rete per la cura e l’assistenza alle persone senza fissa dimora

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INCHIESTA

È quanto vorrebbero re-alizzare le istituzioni e le associazioni già pre-senti sul territorio italia-no per rispondere a que-sto fenomeno sociale di grande rilevanza. Nel

frattempo, presso il Ministero del La-voro una speciale commissione sta ela-borando linee guida per fronteggiare il problema già sul tavolo delle istituzio-ni europee.

Lo scorso 14 dicembre, a Milano, si è svolto il Pri-mo Convegno Nazionale su “La medicina di strada”. Una giornata di confronto e di studio, organizzata dal-la Fondazione Isacchi Samaja Onlus, che si è chiusa con un impegno concreto per i medici, i volontari e gli esperti intervenuti al simposio: l’intento di creare una rete tra le associazioni di volontariato già attive sul territorio e gli ospedali pubblici, affinché la cu-ra e l’assistenza alle persone senza fissa dimora nel-la città di Milano divenga un’azione strutturata e non lasciata alle iniziative individuali. Un progetto ambi-zioso che potrebbe e dovrebbe essere esteso all’in-

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Una rete per la cura e l’assistenza alle persone senza fissa dimora

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tero territorio nazionale, considerando che in Italia le persone senza fissa dimora sono circa 50mila (da-ti Istat), concentrate in prevalenza nelle grandi città, Milano, Roma e Palermo, ma non solo. Perché il pro-blema della povertà e dell’esclusione sta assumendo proporzioni importanti un po’ ovunque a causa della crisi economica. Le persone che chiedono aiuto sono in aumento: al-cune di queste, purtroppo, le più vulnerabili perché prive di mezzi economici ma anche di legami familia-ri e sociali, finiscono per strada. Qui, a causa di quel-lo che gli esperti chiamano “sovra-adattamento para-dossale”, cioè quel fenomeno che consente agli esclusi di adattarsi alla vita di strada, divengono pian piano refrattari al mondo e alle cure mediche di cui sovente avrebbero bisogno. Lo sanno bene gli operatori sani-tari impegnati su questo fronte che per avvicinare le persona senza fissa dimora devono adottare partico-lari strategie di tipo psicologico. Ma non è solo que-sto il problema: spesso le persone curate e assistite in Pronto Soccorso per episodi acuti, una volta dimessi dall’ospedale non hanno un luogo dove poter trascor-rere la convalescenza, finendo per ammalarsi nuova-mente e vanificare lo sforzo delle istituzioni e delle associazioni di volontariato. Per questa ragione è necessario creare una rete che permetta alle realtà pubbliche e private di dialogare tra loro, per poter agire con maggior vigore nell’in-teresse degli ultimi, ma anche del Ssn nazionale che ha la necessità di non disperdere le proprie risorse. Un primo passo per affrontare il problema delle per-sone senza fissa dimora, una delle contraddizioni più marcate e visibili della società contemporanea che, a dire il vero, al di là di questi interventi auspicabili, ri-chiederebbe azioni ben più radicali per rimuovere le cause del fenomeno.

Un fenomeno in crescitaIn oltre cinque anni di attività, l’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Mi-granti per il contrasto delle malattie e della Povertà (Inmp), ente pubblico nato nel 2007, oggi centro di riferimento nazionale per l’assistenza socio-sanitaria alle popolazioni migranti e alle fragilità sociali, non-ché centro nazionale per la mediazione transcultura-le in campo sanitario, ha assistito oltre 10mila perso-ne, per la maggior parte immigrati, ma non solo. «Il problema delle persone senza fissa dimora», spiega

Antonio Fortino, direttore sanitario dell’Inmp, «sta assumendo proporzioni importanti e ormai da alcuni anni non interessa più soltanto gli immigrati, ma an-che tanti italiani, già in condizioni di fragilità, che a causa della crisi sono entrati a far parte di questa fa-scia di popolazione ancor più debole e vulnerabile». Secondo l’ultima indagine realizzata dall’Istat alla fi-ne del 2012, in collaborazione con la Federazione Ita-liana degli Organismi per le Persone Senza Dimora, il Ministero del Lavoro e la Caritas italiana, le persone senza fissa dimora nel nostro Paese sono circa 50mila. «Sebbene sia solo una stima questa», fa notare Forti-

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Antonio FortinoGianfranco De Maio

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ve che, se non adeguate, possono indebolire l’organi-smo, le sue difese immunitarie: trovarsi un uno stato di povertà e di carenza alimentare, non avere lega-mi familiari, più in generale trovarsi in uno stato di esclusione sociale espone le persone a rischi rilevan-ti per la salute». Chi vive in strada solitamente soffre di malattie respiratorie, fa sapere il medico dell’Inmp, di tubercolosi e patologie gastroenteriche, così come di scabbia e di ulcere della pelle a volte anche molto

gravi, e ancora di tabagismo e alcolismo, oltre che di problematiche psicologiche e psichiatriche. «Per queste persone è tut-to più difficile», spiega Fortino, «un bana-le disturbo agli occhi o ai denti può tra-sformarsi in un problema molto grave, ma non solo: tra i nostri pazienti non manca-

no neppure persone provenienti da contesti segnati da violenze etniche e da torture, da abusi sessuali di cui sono vittime le donne o da malattie contratte du-rante viaggi interminabili condotti in condizioni disu-mane». Per il medico e l’equipe che si prende cura del paziente senza fissa dimora non sempre è facile fare la diagnosi. «La percezione e i sintomi che lamentano queste persone», spiega Fortino, «sono più sfumati e imprecisati di quelli di un qualsiasi altro paziente, il

no, «considerando la difficoltà che si ha nel censire un fenomeno di per sé sotterraneo, anche perché in par-te volutamente nascosto proprio dalle persone stes-se che si trovano a vivere questa esperienza, tuttavia l’ordine di grandezza del dato è sufficiente a mostrare la gravità del fenomeno che per il 40% circa dei casi interessa cittadini italiani, sebbene la proporzione di stranieri nella nostra realtà, Roma, sia un po’ più al-ta della media nazionale, arrivando sino all’83%». Le persone senza fissa dimora vivono preva-lentemente nelle metropoli: solo Milano ne conta circa 13mila, Roma 8mila, seguite a ruota da Palermo, Torino, Firenze e Bolo-gna, tuttavia il fenomeno si sta allargando in modo preoccupante anche ad altre cit-tà più piccole e nelle zone periferiche del Paese. Un problema sociale grave, dunque, che inte-ressa in modo particolare il mondo sanitario per ra-gioni evidenti. «Innanzitutto perché le persone che vivono in strada o in ambienti comunque inadeguati per grado di confort e igiene», spiega il direttore sa-nitario dell’Inmp, «sono più vulnerabili alle malattie. L’individuo, infatti, ormai è risaputo, non si ammala solo per effetto dei microbi, ma anche e soprattutto a causa delle condizioni socio-economiche in cui vi-

Un’immagine della struttura

in via Mambretti a Milano

inaugurata di recente a opera di Medici Senza

Frontiere e Fondazione

Progetto Arca

Si stima che i ricoveri delle persone

senza fissa dimora siano più lunghi di almeno il 25%

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no più esimersi dal fornire risposte stabili e organizza-te a fenomeni come quello dell’assistenza e della cura delle persone senza fissa dimora sul quale si gioca il diritto fondamentale all’uguaglianza delle persone».

Associazioni di volontariato e istituzioni in rete«La strada non è soltanto causa di malattie: è essa stessa una malattia». Ne è convinta Paola Arzenati, di-rettore generale e scientifico della Fondazione Isacchi Samaja Onlus di Milano, associazione di volontariato

racconto dei loro disturbi è frammentario: spesso uti-lizzano simbolismi che al medico o all’operatore sani-tario, soprattutto se non abituati a operare in questo ambito, appaiono poco chiari». Le persone senza fis-sa dimora poi, aggiunge l’esperto, hanno un rappor-to ambivalente con le strutture sanitarie: da un lato le evitano il più possibile, dall’altra le cercano perché sanno che negli ambulatori e negli ospedali possono trovare aiuto, ma anche solo un ascolto. «Purtroppo, però, di fatto», precisa Fortino, «soven-te giungono al Pronto Soccorso quando il quadro pa-tologico è diventato davvero complesso: qui trovano operatori sanitari capaci che lottano con abnegazio-ne lodevole per prendersi carico delle loro problema-tiche che però, purtroppo, non sempre si possono ri-solvere perché richiederebbero un approccio diverso, multidisciplinare». Così, può accadere che il pazien-te venga dimesso, quando invece avrebbe bisogno di un ulteriore aiuto, di farmaci e di un luogo dove fare la convalescenza, o al contrario che venga trattenuto impropriamente in ospedale. «Si stima che i ricoveri delle persone senza fissa dimora siano più lunghi de-gli altri di almeno il 25%», spiega Fortino, «d’altronde non potrebbe essere diversamente, almeno che non si trovino alternative alle degenze improprie». Purtroppo, ricorda il dirigente dell’Inmp, dopo la Leg-ge Turco, la 328, che ha dato un grande impulso al te-ma dell’integrazione socio-sanitaria ed è tuttora un punto di riferimento, le politiche successive non sono state coerenti, né sufficienti a dare risposta a questo come ad altri problemi. «Ci sono state iniziative im-portanti che hanno consentito la nascita di progetti di grande rilievo, come l’Inmp, per esempio», ammet-te Fortino, «tuttavia è mancata una strategia stabile e duratura per affrontare il problema delle persone senza fissa dimora. Attualmente è in corso un tavolo nazionale presso il Ministero del Lavoro per elabora-re delle linee guida sul tema e contemporaneamente lo scorso 13 gennaio è stata avanzata in sede europea una proposta di risoluzione comune sulla strategia per i senzatetto». Dal punto di vista pratico, le associazioni di volon-tariato, che storicamente rappresentano l’elemento fondamentale che ha spinto le politiche pubbliche a occuparsi di temi che altrimenti sarebbero stati com-pletamente trascurati, secondo Fortino dovrebbero uscire dal proprio isolamento per lavorare insieme alle istituzioni che, a questo punto, aggiunge, «non posso-

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stanze funziona da raccordo con gli ospedali cittadi-ni, ma purtroppo in modo non ancora strutturato. «Il coordinamento tra le risorse presenti sul territorio è uno dei nostri obiettivi», spiega Arzenati, «perché, sebbene già ora la nostra Fondazione si metta a di-sposizione delle istituzioni e delle altre associazioni, per esempio per trovare una degna sistemazione alle persone dimesse dagli ospedali cittadini, c’è ancora molto da fare a livello di sistema. Insieme, pubblico e privato, dovremmo costruire una rete permanente capace di dare risposte soprattutto alle emergenze mediche, perché un ammalato senza dimora è poco mobile, anche psicologicamente, nel senso che se ha bisogno di essere messo al riparo per-ché indebolito dalla malattia non può più stare sul suo giaciglio di strada, ma difficilmente si convince-rà a spostarsi, a lasciare il suo angolo e le sue cose, a meno che non ci sia modo di mandarlo in una strut-tura che lo possa accogliere, come per esempio quel-la inaugurata poche settimane fa in via Mambretti, a opera di Medici Senza Frontiere e Fondazione Proget-to Arca, ma che possibilmente non sia molto lontano da quella che è la sua casa». Secondo Arzenati, molto si sta facendo, ma ancor di più e in modo più incisivo si potrebbe operare per far fronte ai problemi prati-ci, ma anche psicologici e morali di chi vive in stra-da. «Dobbiamo cercare di creare una cultura del re-cupero», dice, «che coinvolga soprattutto le persone che ormai non credono più di poter ritrovare dignito-

che in sinergia con il Centro di ascolto della Stazione Centrale e il Comune di Milano ha preso parte al “pia-no emergenza freddo” 2013. «Dal febbraio dello scor-so anno abbiamo attivato un’unità mobile, un cam-per con il quale raggiungiamo le persone senza fissa dimora per distribuire cibo e vestiario e tanto ascol-to», spiega Arzenati, «dallo scorso aprile il camper si trasforma ogni domenica sera in “unità medica”: un piccolo studio attrezzato nel quale i nostri medici vo-lontari erogano prestazioni sanitarie di vario genere e di primo aiuto oltre a fornire informazioni sugli am-bulatori specializzati che operano a Milano». Un ser-vizio quello offerto dalla Fondazione Isacchi Samaja e da altre realtà presenti in città che in alcune circo-

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siderando che lo sforzo di associazioni e istituzioni è grande e anche la buona volontà, ma il cammino non è facile». Anche sul fronte delle informazione tra cit-tadino e istituzioni si potrebbe fare di più. «I cittadi-ni spesso segnalano i casi di presunta difficoltà rav-visabili nelle persone senza fissa dimora, soprattutto nel periodo invernale», fa sapere Arzenati, «ma ci vor-rebbero sollecitazioni costanti. Dovremmo investire sull’informatizzazione del nostro servizio, mettere in rete le informazioni e condividerle con gli altri opera-tori. L’auspicio è che in futuro ci possano essere più risorse per le istituzioni pubbliche, ma anche per le associazioni perché anche noi soffriamo per la crisi. In ogni caso, è necessario mettere da parte i partico-larismi e avere un atteggiamento più aperto, più eu-ropeo a questo che è un problema grave a cui dobbia-mo riuscire a dare risposta». ■

samente un posto nella società: per questo è neces-sario trovar loro un rifugio e trasformare ogni incon-tro in un progetto». Per fortuna, fa sapere Arzenati, c’è grande interesse da parte delle istituzioni perché nella sola città di Milano sono molte le riunioni e gli incontri organizzati sul tema, ma anche i bandi del Comune per concorrere all’erogazione dei servizi di supporto a queste persone. «Il fatto è che le istituzioni, ma anche le associazioni di volontariato», spiega, «sono più orientate a risolvere l’emergenza che non a investire in un progetto di più ampio respiro. Poi, ci vorrebbe la volontà di comuni-care: chi si occupa di ospitare le persone la notte nei dormitori, per esempio, dovrebbe avere un contatto costante con gli ospedali che a loro volta dovrebbero averlo con le comunità e quest’ultime, infine, con chi opera nel campo del reinserimento lavorativo: tutto ciò rappresenterebbe un passo avanti notevole, con-

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UN’INTERESSANTE SPERIMENTAZIONE, LA PRIMA IN ITALIAA Milano, lo scorso 31 gennaio, è stata inaugurata una nuova struttura per l’assistenza medica alle persone senza dimora ricoverate e dimesse dagli ospedali della città. Nata da un’iniziativa di Medici Senza Frontiere e Fondazione Progetto Arca, nell’ambito dell’Azienda Sanitaria Locale e in collaborazione con il Comune di Milano, la struttura, prima ed unica in Italia, dispone di 20 posti letto e può contare su un’equipe di 11 operatori sanitari e medici. «È dal 1999», spiega Gianfranco De Maio di Medici Senza Frontiere, «che la nostra organizzazione è attiva anche nel nostro Paese con il programma “Missione Italia” per fornire assistenza agli immigrati e ad altri gruppi di vulnerabili presenti sul territorio italiano, come i senza dimora, che non hanno accesso regolare alle cure mediche. Questa iniziativa promossa a Milano è nata sulla scia di quanto è già stato fatto in Inghilterra ormai 10 anni fa, ma anche in Francia nel 2008». Il vantaggio di poter disporre di una struttura in grado di prendersi cura delle persone senza fissa dimora dimesse dall’ospedale è duplice. «Da una parte», spiega De Maio, «consente ai pazienti privi di un’abitazione di poter ricevere in un ambiente confortevole i servizi sanitari di base, dall’altro evitare ricadute che hanno poi come conseguenza un nuovo accesso all’ospedale, con l’ulteriore beneficio, anche di tipo economico per Ssn, di evitare ospedalizzazioni più lunghe del necessario». Il costo della degenza in questa nuova struttura, fa sapere De Maio, è il linea con i costi complessivi di una degenza in una Rsa, ma anche nelle strutture analoghe presenti in Francia. «La sperimentazione durerà per tutto il 2014», conclude De Maio «dopodiché l’Asl Milano dovrebbe assumere la piena titolarità dell’intervento, identificando un gestore accreditato della struttura, i cui costi reali saranno nel frattempo rilevati e monitorati anche grazie al contributo di Istituti di ricerca indipendenti cui MSF, in accordo con i partner, sta affidando l’incarico».

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