Un vaccino - Kataweb

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Un vaccino che si mangia Facendo produrre direttamente da alcune piante alimentari le sostanze in grado di indurre immunità da molte malattie si potrebbero salvare milioni di persone che nei paesi in via di sviluppo oggi muoiono per l'impossibilità di accedere ai preparati iniettabili tradizionali vaccini hanno quasi compiuto miracoli nella lotta con- tro le malattie infettive: hanno consegnato il vaiolo al- la storia e presto dovrebbero fare altrettanto con la poliomielite. Alla fine degli anni novanta, una campagna in- ternazionale per immunizzare tutti i bambini del mondo contro sei malattie devastanti era riuscita a raggiungere, se- condo le dichiarazioni, 1'80 per cento dei minori (essendo partita da uno striminzito 5 per cento alla metà degli anni settanta), riducendo il tributo annuale di decessi dovuti a queste infezioni di un numero stimato intorno ai 3 milioni. Eppure, queste vittorie nascondono tragiche lacune nella distribuzione. Quel 20 per cento di bambini ancora esclusi dalle sei vaccinazioni - contro difterite, pertosse, poliomieli- te, rosolia, tetano e tubercolosi - è responsabile di almeno 2 milioni di decessi evitabili ogni anno, soprattutto nelle regio- ni più remote e povere della Terra. I disordini oggi in atto in molte nazioni in via di sviluppo minacciano di sgretolare i progressi ottenuti di recente, e tuttora milioni di persone muoiono a causa di malattie infettive per le quali non esisto- no ancora vaccini, sono poco sicuri o troppo costosi. La situazione è preoccupante non solo per le regioni prive di un sistema sanitario, ma per il mondo intero. Le aree che ospitano infezioni ormai eradicate da altre aree sono para- gonabili a bombe in procinto di esplodere. Quando, per di- sastri ambientali o sociali, i sistemi sanitari risultano minati, o quando intere comunità si spostano dal loro territorio I cibi attualmente allo studio come alternativa ai vaccini iniet- tabili comprendono banane, patate e pomodori, ma anche lat- tuga, riso, frumento, soia e mais. di William H.R. Langridge mettendo a contatto con portatori popolazioni con ridotte immunità specifiche, infezioni da tempo eliminate possono subire una recrudescenza. Per di più, dal momento che i viaggi internazionali e il commercio rendono la Terra un luogo sempre più piccolo, le malattie che si sviluppano in una data località si diffondono rapidamente in tutti i conti- nenti. Fino a quando ogni abitante della Terra non sarà vac- cinato di routine, nessuno sarà del tutto al sicuro. All'inizio degli anni novanta, Charles J. Arntzen, che a quel tempo lavorava alla Texas A&M University, concepì un modo per risolvere molti dei problemi che impediscono ai vaccini di raggiungere tutti i bambini dei paesi in via di sviluppo. Non appena venne a conoscenza di un appello del- l'Organizzazione mondiale della Sanità per lo sviluppo di vaccini poco costosi, somministrabili per via orale e che non richiedessero refrigerazione, Arntzen si recò in visita a Bangkok, dove vide una madre che cercava di alleviare il pianto del suo bambino offrendogli un pezzo di banana. I biologi vegetali avevano già ideato tecniche per introdur- re geni selezionati (corrispondenti allo schema delle protei- ne) nelle piante, e per indurre le piante così modificate, o «transgeniche», a produrre le proteine codificate. Forse, pensò Arntzen, i cibi potrebbero essere geneticamente modi- ficati per produrre vaccini all'interno delle parti commestibi- li, che in tal caso potrebbero essere mangiate quando sia ne- cessario l'inoculo. I vantaggi sarebbero enormi! Le piante potrebbero essere coltivate localmente e a basso costo, utilizzando le tecniche di coltivazione standard tipiche di ogni regione. Siccome molte piante commestibili si possono rigenerare facilmente, si potrebbero in teoria ottenere nuovi raccolti a ripetizione, Gli alberi di banane e le piante di pomodoro che crescono al Boyce Thompson Insritute for Plant Research della Cornell Uni- versity sono stati modificati geneticamente in modo da produrre dei vaccini nei loro frutti. Le banane sono particolarmente allet- tanti da questo punto di vista perché crescono diffusamente in molte regioni dei paesi in via di sviluppo, possono essere man- giate crude e piacciono alla maggior parte dei bambini. senza che i contadini debbano acquistare nuove sementi o piante anno dopo anno. I vaccini «casalinghi» potrebbe- ro anche evitare i problemi logistici ed economici derivanti dal fatto di dover trasportare i preparati tradizionali per lun- ghe distanze, mantenendoli freschi sia durante il viaggio sia a destinazione. E poi, essendo commestibili, i vaccini non ri- chiederebbero l'uso di siringhe che, al di là del costo che comportano, possono provocare infezioni se si contaminano accidentalmente. I tentativi di trasformare l'intuizione di Arntzen in realtà sono ancora a uno stadio abbastanza iniziale. E tuttavia, al- cuni studi effettuati su animali nel decennio scorso assieme ad alcuni test preliminari compiuti su persone fanno ritenere che i vaccini commestibili possano funzionare. Questa ricer- ca ha anche alimentato la speranza che alcuni vaccini com- mestibili possano contribuire a sopprimere l'autoimmunità, quel processo per cui le difese dell'organismo attaccano er- roneamente i tessuti normali non infetti. Fra le malattie au- toimmuni che potrebbero essere prevenute o alleviate ci so- no il diabete di tipo I (che si manifesta comunemente duran- te l'infanzia), la sclerosi multipla e l'artrite reumatoide. Con un altro nome... Indipendentemente da come vengono somministrati, tutti i vaccini per le malattie infettive hanno lo stesso scopo: istruire il sistema immunitario a distruggere prontamente gli agenti specifici che provocano le malattie, i cosiddetti agenti patogeni, prima che possano moltiplicarsi a sufficienza e provocare sintomi. Tipicamente, questa istruzione si ottiene presentando al sistema immunitario virus interi o batteri precedentemente uccisi o indeboliti quanto basta per non riuscire più a proliferare pericolosamente. Quando individua la presenza di un organismo estraneo in un vaccino, il siste- ma immunitario si comporta come se il corpo stesse suben- do un attacco da parte di un avversario completamente inte- gro e potente: dispiega le sue diverse «armate» per sradicare e distruggere l'apparente invasore, prendendo come bersa- glio antigeni specifici (proteine che vengono riconosciute co- me estranee). La risposta acuta indebolisce immediatamente l'aggresso- re, ma lascia dietro a sé un manipolo di «sentinelle», note come cellule memoria, che restano all'erta, pronte a liberare l'intero «esercito» di difensori qualora il vero patogeno rie- sca a introdursi nell'organismo. Alcuni vaccini forniscono un'immunità che dura per tutta la vita; altri invece, come quelli per il colera e il tetano, devono essere risomministrati periodicamente. I vaccini classici presentano il rischio ridotto, ma pur sem- pre preoccupante, che i microrganismi usati per la prepara- zione riescano in qualche modo a tornare in vita, causando proprio le malattie che avrebbero dovuto prevenire. Per que- sto motivo, oggi i produttori di vaccini preferiscono le cosid- dette preparazioni di subunità, composte principalmente da proteine a carattere antigenico separate dai geni dell'organi- smo patogeno. Da sole, infatti, le proteine non riescono in alcun modo a dare inizio a un'infezione. I vaccini formati da subunità proteiche, comunque, sono costosi, in parte perché 68 LE SCIENZE 387/ novembre 2000 LE SCIENZE 387/ novembre 2000 69

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Un vaccinoche si mangia

Facendo produrredirettamente da alcune piantealimentari le sostanze in gradodi indurre immunità da moltemalattie si potrebbero salvare

milioni di persone che neipaesi in via di sviluppo oggimuoiono per l'impossibilità

di accedere ai preparatiiniettabili tradizionali

vaccini hanno quasi compiuto miracoli nella lotta con-tro le malattie infettive: hanno consegnato il vaiolo al-la storia e presto dovrebbero fare altrettanto con la

poliomielite. Alla fine degli anni novanta, una campagna in-ternazionale per immunizzare tutti i bambini del mondocontro sei malattie devastanti era riuscita a raggiungere, se-condo le dichiarazioni, 1'80 per cento dei minori (essendopartita da uno striminzito 5 per cento alla metà degli annisettanta), riducendo il tributo annuale di decessi dovuti aqueste infezioni di un numero stimato intorno ai 3 milioni.

Eppure, queste vittorie nascondono tragiche lacune nelladistribuzione. Quel 20 per cento di bambini ancora esclusidalle sei vaccinazioni - contro difterite, pertosse, poliomieli-te, rosolia, tetano e tubercolosi - è responsabile di almeno 2milioni di decessi evitabili ogni anno, soprattutto nelle regio-ni più remote e povere della Terra. I disordini oggi in atto inmolte nazioni in via di sviluppo minacciano di sgretolare iprogressi ottenuti di recente, e tuttora milioni di personemuoiono a causa di malattie infettive per le quali non esisto-no ancora vaccini, sono poco sicuri o troppo costosi.

La situazione è preoccupante non solo per le regioni privedi un sistema sanitario, ma per il mondo intero. Le aree cheospitano infezioni ormai eradicate da altre aree sono para-gonabili a bombe in procinto di esplodere. Quando, per di-sastri ambientali o sociali, i sistemi sanitari risultano minati,o quando intere comunità si spostano dal loro territorio

I cibi attualmente allo studio come alternativa ai vaccini iniet-tabili comprendono banane, patate e pomodori, ma anche lat-tuga, riso, frumento, soia e mais.

di William H.R. Langridge

mettendo a contatto con portatori popolazioni con ridotteimmunità specifiche, infezioni da tempo eliminate possonosubire una recrudescenza. Per di più, dal momento che iviaggi internazionali e il commercio rendono la Terra unluogo sempre più piccolo, le malattie che si sviluppano inuna data località si diffondono rapidamente in tutti i conti-nenti. Fino a quando ogni abitante della Terra non sarà vac-cinato di routine, nessuno sarà del tutto al sicuro.

All'inizio degli anni novanta, Charles J. Arntzen, che aquel tempo lavorava alla Texas A&M University, concepìun modo per risolvere molti dei problemi che impedisconoai vaccini di raggiungere tutti i bambini dei paesi in via disviluppo. Non appena venne a conoscenza di un appello del-l'Organizzazione mondiale della Sanità per lo sviluppo divaccini poco costosi, somministrabili per via orale e che nonrichiedessero refrigerazione, Arntzen si recò in visita aBangkok, dove vide una madre che cercava di alleviare ilpianto del suo bambino offrendogli un pezzo di banana.

I biologi vegetali avevano già ideato tecniche per introdur-re geni selezionati (corrispondenti allo schema delle protei-ne) nelle piante, e per indurre le piante così modificate, o«transgeniche», a produrre le proteine codificate. Forse,pensò Arntzen, i cibi potrebbero essere geneticamente modi-ficati per produrre vaccini all'interno delle parti commestibi-li, che in tal caso potrebbero essere mangiate quando sia ne-cessario l'inoculo.

I vantaggi sarebbero enormi! Le piante potrebbero esserecoltivate localmente e a basso costo, utilizzando le tecnichedi coltivazione standard tipiche di ogni regione. Siccomemolte piante commestibili si possono rigenerare facilmente,si potrebbero in teoria ottenere nuovi raccolti a ripetizione,

Gli alberi di banane e le piante di pomodoro che crescono alBoyce Thompson Insritute for Plant Research della Cornell Uni-versity sono stati modificati geneticamente in modo da produrredei vaccini nei loro frutti. Le banane sono particolarmente allet-

tanti da questo punto di vista perché crescono diffusamente inmolte regioni dei paesi in via di sviluppo, possono essere man-giate crude e piacciono alla maggior parte dei bambini.

senza che i contadini debbano acquistare nuove sementi opiante anno dopo anno. I vaccini «casalinghi» potrebbe-ro anche evitare i problemi logistici ed economici derivantidal fatto di dover trasportare i preparati tradizionali per lun-ghe distanze, mantenendoli freschi sia durante il viaggio siaa destinazione. E poi, essendo commestibili, i vaccini non ri-chiederebbero l'uso di siringhe che, al di là del costo checomportano, possono provocare infezioni se si contaminanoaccidentalmente.

I tentativi di trasformare l'intuizione di Arntzen in realtàsono ancora a uno stadio abbastanza iniziale. E tuttavia, al-cuni studi effettuati su animali nel decennio scorso assiemead alcuni test preliminari compiuti su persone fanno ritenereche i vaccini commestibili possano funzionare. Questa ricer-ca ha anche alimentato la speranza che alcuni vaccini com-mestibili possano contribuire a sopprimere l'autoimmunità,quel processo per cui le difese dell'organismo attaccano er-roneamente i tessuti normali non infetti. Fra le malattie au-toimmuni che potrebbero essere prevenute o alleviate ci so-no il diabete di tipo I (che si manifesta comunemente duran-te l'infanzia), la sclerosi multipla e l'artrite reumatoide.

Con un altro nome...Indipendentemente da come vengono somministrati, tutti

i vaccini per le malattie infettive hanno lo stesso scopo:istruire il sistema immunitario a distruggere prontamente gliagenti specifici che provocano le malattie, i cosiddetti agentipatogeni, prima che possano moltiplicarsi a sufficienza eprovocare sintomi. Tipicamente, questa istruzione si ottienepresentando al sistema immunitario virus interi o batteriprecedentemente uccisi o indeboliti quanto basta per nonriuscire più a proliferare pericolosamente. Quando individuala presenza di un organismo estraneo in un vaccino, il siste-ma immunitario si comporta come se il corpo stesse suben-do un attacco da parte di un avversario completamente inte-gro e potente: dispiega le sue diverse «armate» per sradicaree distruggere l'apparente invasore, prendendo come bersa-glio antigeni specifici (proteine che vengono riconosciute co-me estranee).

La risposta acuta indebolisce immediatamente l'aggresso-re, ma lascia dietro a sé un manipolo di «sentinelle», notecome cellule memoria, che restano all'erta, pronte a liberarel'intero «esercito» di difensori qualora il vero patogeno rie-sca a introdursi nell'organismo. Alcuni vaccini fornisconoun'immunità che dura per tutta la vita; altri invece, comequelli per il colera e il tetano, devono essere risomministratiperiodicamente.

I vaccini classici presentano il rischio ridotto, ma pur sem-pre preoccupante, che i microrganismi usati per la prepara-zione riescano in qualche modo a tornare in vita, causandoproprio le malattie che avrebbero dovuto prevenire. Per que-sto motivo, oggi i produttori di vaccini preferiscono le cosid-dette preparazioni di subunità, composte principalmente daproteine a carattere antigenico separate dai geni dell'organi-smo patogeno. Da sole, infatti, le proteine non riescono inalcun modo a dare inizio a un'infezione. I vaccini formati dasubunità proteiche, comunque, sono costosi, in parte perché

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COME PREPARARE UN VACCINO COMMESTIBILE

Uno dei metodi per preparare un vaccino comme-stibile si basa sull'uso del batterio Agrobacteriumtumefaciens come vettore - ossia, per introdurrenelle cellule vegetali l'informazione genetica di

antìgeni virali o batterici - di proteine che provo-cano una risposta immunitaria mirata nell'organi-smo ricevente. Lo schema illustra la produzione dipatate-vaccino.

CELLULA BATTERICA CELLULA VEGETALE

GENE PERL'ANTIGENE

PLASMIDE

2 Si espone il frammentodi foglia a batteriche trasportano un geneche codifica perl'antigene e un gene per laresistenza all'antibiotico.Si incuba in modo dapermettere al batteriodi trasferire i geninelle cellule vegetali.

3 Si espone la fogliaall'azione di un antibioticoche ucciderà solole cellule prive dei nuovigeni. Si aspetta finchéle cellule sopravvissute(modificategeneticamente) simoltiplicano e formanoun agglomerato (callo).

4 Si dà modo al callodi germogliare edemettere radici.

5 Si depone il calloin un terreno adeguato. Entrotre mesi, le plantule sitrasformeranno in pianteadulte che producono patate--vaccino dotate dell'antigene.

1 Si tagliauna foglia

CELLULA MORTA CALLO

TRASFERIMENTO GENICOSOSPENSIONEBATTERICA

DNA

TERRENO SELETTIVO CON L'ANTIBIOTICO

GENE PERLA RESISTENZA AUN ANTIBIOTICO PATATE -

-VACCINO

IN CHE MODO I VACCINI COMMESTIBILIFORNISCONO UNA PROTEZIONE

Un antigene presente in un vaccino commestibileviene assorbito dalle cellule M dell'intestino (sotto,a sinistra) e trasferito a diverse cellule del sistemaimmunitario, che a quel punto avviano una rispo-sta difensiva di attacco, come se l'antigene fosse

un autentico agente infettivo, e non solo parte diesso. Questa risposta produce «cellule memoria»di lunga durata che sono in grado di neutralizzareprontamente il vero agente infettivo se esso ten-tasse di aggredire l'organismo (a destra).

, ANTICORPOY

A

CELLULA M

ANTIGENEDERIVANTE DAL \

VACCINO

1 Le cellule Mtrasferiscono

l'antigeneai macrofagi

e ai linfociti 8

MACROFAGO

2 I macrofagiespongono sulla

membrana frammentidell'antigene

per presentarliai linfociti T

RISPOSTA INIZIALE

LINFOCITAT HELPER

LINFOCITA B 4 I linfociti Battivati

produconoe liberanoin circoloanticorpiin grado

di neutra-lizzare

l'antigene

•• SECREZIONIATTIVANTI

31 linfociti Tstimolanoi linfociti Be cercanoaltri

49 frammentidell'antigenein siti distanti

3 Gli anticorpineutralizzanorapidamentel'aggressore

LINFOCITA BMEMORIA

14%0'

LINFOCITA •CITOTOSSICO° ......•••••••••

i l linfociti T LINFOCITA Thelper memoria HELPERinducono i linfociti T MEMORIcitotossici ad attaccarele cellule infette

2 I linfociti Thelper memoriastimolanoprontamentela secrezionedi anticorpi

QUANDO COMPARE L'AGENTE PATOGENO

PATATE-- VACCINO -

luppo è al momento disponibile per prevenire questo tipo dimalattie.

Nel 1995, i ricercatori che cercavano di rispondere a nu-merose domande ancora insolute avevano dimostrato che lepiante potevano effettivamente produrre antigeni estraneidotati della giusta struttura. Per esempio, Arntzen assieme aisuoi colleghi aveva inserito in piante di tabacco il gene peruna proteina derivante dal virus dell'epatite B, e ne aveva ot-tenuto la sintesi da parte del vegetale. Dopo aver iniettatol'antigene nel topo, aveva osservato che esso era in grado diattivare le stesse componenti del sistema immunitario chevengono normalmente attivate dal virus stesso. (L'epatite Bpuò danneggiare il fegato e contribuire allo sviluppo di untumore epatico.)

Semaforo verde su molti fronti

Tuttavia lo scopo finale di queste ricerche non è un'inie-zione, bensì la somministrazione di un alimento. Negli ulti-mi cinque anni, gli esperimenti compiuti da Arntzen (che nel1995 si è trasferito al Boyce Thompson Institute for PlantResearch della Cornell University) assieme ai suoi collabora-tori, e dal mio gruppo alla Loma Linda University hanno di-mostrato che il pomodoro o le piante di patata possono sin-tetizzare antigeni appartenenti al virus Norwalk, a E. colienterotossigena, a V. cholerae e al virus dell'epatite B. E chenutrire animali da esperimento con tuberi o frutta arricchiticon antigeni può evocare risposte immunitarie mucosali e si-stemiche in grado di proteggere, completamente o in parte,gli animali da una successiva esposizione all'agente patoge-no reale o, nel caso del V. cholerae e dell'E, coli enterotossi-

gena, dalla tossina microbica. I vaccini commestibili hannoanche dotato gli animali da laboratorio di una certa prote-zione nei confronti dell'infezione del virus della rabbia, diHelicobacter pylori (un batterio che provoca l'ulcera) e delvirus enterico del visone (che non infetta gli esseri umani).

Non è del tutto sorprendente che gli antigeni distribuitinelle piante commestibili sopravvivano al viaggio attraversolo stomaco integri quanto basta per raggiungere e attivare ilsistema immunitario. La robusta parete esterna delle cellulevegetali serve apparentemente da corazza temporanea per gliantigeni, mantenendoli relativamente al sicuro nei confrontidelle secrezioni gastriche. Quando alla fine la parete cellula-re incomincia a disgregarsi nell'intestino, le cellule rilascianogradualmente il loro carico antigenico.

Naturalmente, la domanda fondamentale è se i vaccinialimentari possano essere utili all'uomo. L'epoca dei trial cli-nici per questa tecnologia sta appena incominciando. Non-dimeno, Arntzen e i suoi colleghi hanno ottenuto risultatirassicuranti nel primo trial umano pubblicato, che ha coin-volto circa una dozzina di soggetti. Nel 1997, alcuni volon-tari che avevano ingerito pezzi di patata cruda senza bucciacontenente un segmento innocuo della tossina di E. coli (laparte chiamata subunità B) hanno manifestato una rispostaimmunitaria sia mucosale che sistemica. Da allora, il gruppoha anche osservato una reattività di tipo immunitario in 19pazienti su 20 tra quelli che hanno mangiato una patata-vac-cino contro il virus Norwalk. Analogamente, dopo che Hi-lary Koprowski della Thomas Jefferson University diede damangiare a tre volontari lattuga transgenica contenente unantigene dell'epatite B, osservò in due dei soggetti una buonarisposta sistemica. Se i vaccini alimentari possano effettiva-

sono prodotti in colture di batteri o di cellule animali e quin-di devono subire un processo di purificazione; in parte per-ché devono essere tenuti al fresco.

I vaccini commestibili assomigliano alle preparazioni disubunità, perché sono ingegnerizzati in modo da contenereantigeni, ma non geni che consentano la formazione di unorganismo patogeno completo. Dieci anni fa, Arntzen com-prese che i vaccini commestibili sarebbero stati perciò altret-tanto sicuri dei preparati a base di subunità, evitandone alcontempo i costi elevati e la necessità di un processo di puri-ficazione e di refrigerazione. Ma prima che egli e altri ricer-catori potessero studiare gli effetti dei vaccini alimentari sul-le persone, era necessario ottenere risposte positive a un cer-to numero di domande.

Le piante ingegnerizzate per trasportare geni a carattereantigenico avrebbero prodotto copie funzionali delle protei-ne specificate dal gene? Quando le piante commestibili fos-sero state date da mangiare ad animali da esperimento, gliantigeni sarebbero stati degradati nello stomaco prima diriuscire ad agire? (I tipici vaccini formati da subunità devonoessere introdotti nell'organismo mediante un'iniezione, pro-prio a causa della degradazione a cui altrimenti andrebberoincontro.) E se gli antigeni fossero riusciti a superare questoostacolo, avrebbero effettivamente richiamato l'attenzionedel sistema immunitario? E la risposta sarebbe stata suffi-cientemente intensa da proteggere gli animali nei confrontidell'infezione?

In aggiunta, i ricercatori volevano sapere se i vaccini ali-mentari avrebbero suscitato quella che è chiamata immunitàmucosale. Molti agenti patogeni penetrano nel corpo attra-verso il naso, la bocca o altri orifizi. Di conseguenza, le pri-me difese che incontrano sono quelle presenti nelle membra-ne mucose che rivestono le vie respiratorie, il tratto digestivoe quello riproduttivo; queste membrane costituiscono la su-

perficie più estesa in grado di arrestare i patogeni del nostrocorpo. Quando la risposta immunitaria mucosale funzionagenera molecole chiamate anticorpi secretori, che si precipi-tano nelle cavità di questi corridoi di passaggio neutralizzan-do ogni organismo patogeno che incontrano. Una reazioneefficace attiva anche una risposta sistemica in cui le cellulecircolanti del sistema immunitario contribuiscono a distrug-gere gli invasori in siti lontani.

I vaccini iniettati, inizialmente, scavalcano le membranemucose, svolgendo solitamente una modesta azione di sti-molo a livello di risposte immunitarie mucosali. Al contra-rio, i vaccini alimentari entrano in contatto con il rivesti-mento del tratto digestivo. In teoria, quindi, dovrebbero atti-vare sia l'immunità mucosale sia quella sistemica. Questoduplice effetto dovrebbe, a sua volta, contribuire ad aumen-tare la protezione nei confronti di molti microrganismi peri-colosi, fra i quali di particolare importanza quelli che provo-cano la diarrea.

Quelli fra noi che stanno cercando di mettere a punto vac-cini alimentari ritengono sia altamente prioritario combatte-re la diarrea. Complessivamente, i principali agenti patogenidella diarrea - il virus Norwalk, i rotavirus, il Vibrio chole-rae (agente eziologico del colera) e l'Escherichia coli entero-tossigena (un ceppo batterico produttore di una tossina re-sponsabile della “ diarrea del viaggiatore») - sono responsa-bili di quasi 3 milioni di morti infantili ogni anno, principal-mente nei paesi in via di sviluppo. Questi agenti patogeni di-struggono le cellule dell'intestino tenue in maniera tale daprovocare l'afflusso di acqua dal sangue e dai tessuti verso ivisceri. La disidratazione che ne consegue può essere com-battuta somministrando per via endovenosa od orale unasoluzione di elettroliti, ma spesso si rivela mortale quandonon è possibile accedere alla terapia reidratante. Nessun vac-cino suscettibile di ampia diffusione nei paesi in via di svi-

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Una mossa controla malnutrizione•••

Amano a mano che le ricerche suivaccini commestibili stanno conti-

nuando, si osservano anche progressinegli sforzi per produrre cibi più nutrien-ti. Un esempio significativo, quello del«riso giallo» (o golden rice), ha comeobiettivo la deficienza di vitamina A cheè diffusa in molte regioni dell'Asia, dell'A-frica e dell'America Latina. Questa caren-za, quando è grave, può portare a cecità,e a un indebolimento del sistema immu-nitario corresponsabile della morte dimoltissimi bambini ogni anno.

Il riso potrebbe essere un veicolo op-portuno per distribuire la vitamina ne-cessaria, perché questo cereale rappre-senta l'alimento giornaliero principaleper un terzo o più degli esseri umani sul-la Terra. Le varietà naturali di riso, però,non forniscono la vitamina A. Il riso gial-lo, perciò, è stato modificato genetica-mente in modo da produrre beta-carote-ne, un pigmento precursore che il corpotrasforma in vitamina A.

La ricerca - finanziata dalla Unione Eu-ropea e coordinata da Giovanni Giuliano,dell'ENEA-CR di Roma - sta dando ottimirisultati, come riferiscono sul numero del14 gennaio di «Science» Ingo Potrykusdell'Istituto federale svizzero di tecnolo-gia e Peter Beyer dell'Università di Frei-burg, in Germania. In maggio, un'azien-da di biotecnologie agrarie - la Zeneca -ha acquistato i diritti per il suo sfrutta-mento e ha accettato di permettere difornirlo a strutture di ricerca che tente-ranno di incrociarlo con le specie di risopiù diffuse nei paesi poveri (così da pas-

sare loro il carattere relativo al beta-caro-tene) e di distribuire gratuitamente aicontadini i prodotti risultanti. (La Zenecaconta di ricavare vantaggi economicidalla vendita del riso arricchito nei paesieconomicamente forti, i cui abitanti po-trebbero apprezzare le proprietà anti-os-sidanti del beta-carotene.)

Tuttavia, il riso giallo non è ancorapronto per essere immesso sul mercato.E necessario compiere ancora molte spe-rimentazioni, anche per verificare la ca-pacità dell'organismo umano di assorbi-re il beta-carotene del riso in modo effi-ciente. Le sperimentazioni dovrebberodurare fino al 2003.

Nel frattempo, i ricercatori stanno cer-cando di arricchire il riso con quantitàsempre maggiori di beta-carotene, e conaltre vitamine e minerali. Lo scorso annoPotrykus ha anche annunciato di aver ot-tenuto un risultato soddisfacente con ilferro. (Non va dimenticato che più di duemiliardi di persone al mondo soffrono dicarenze di questa sostanza.)

I ricercatori stanno però tentando di

Il «riso giallo» contiene heta-carotene,che rende i chicchi più colorati, oltreche più nutrienti.

arricchire anche altri cibi. In giugno, peresempio, un gruppo di ricercatori inglesie giapponesi ha riferito di aver prodottoun pomodoro contenente un gene ingrado di fornire una quantità di beta-ca-rotene tre volte superiore rispetto allaconcentrazione normale. Si usano alloscopo anche i metodi di coltivazione tra-dizionali, come nel caso di un progettointernazionale che ha come obiettivol'incremento del contenuto di vitaminee minerali nel riso e in altre quattro spe-cie alimentari: frumento, mais, fagioli ecassava.

Non tutti sono entusiasti per i recentiprogressi della genetica. I cibi genetica-mente modificati continuano a essereargomento di controversie. Alcuni op-positori obiettano che il problema dellamalnutrizione potrebbe essere combat-tuto già adesso in altri modi, per esem-pio costruendo nuove strade per l'ap-provvigionamento di cibo. E temonoche le grandi compagnie vanteranno ibenefici dei nuovi cibi per distoglierel'attenzione dai timori relativi ai raccoltigeneticamente modificati, molti deiquali (come per esempio le piante inge-gnerizzate per resistere al danno dei pe-sticidi) offrono vantaggi meno evidential consumatore. In cima alla lista dei ti-mori ci sono i rischi per l'ambiente e perla salute della gente. I sostenitori dei cibiarricchiti dal punto di vista nutritivo spe-rano, comunque, che il riso non vengaeliminato con l'acqua del risciacquo.

RICKI RUSTINGredazione di «Scientific American»

mente proteggere contro le malattie umane, comunque, èancora un punto da dimostrare.

Dalla teoria alla pratica...In breve, gli studi finora compiuti sugli animali e sull'uo-

mo hanno fornito una dimostrazione fondamentale: indica-no che la strategia è perseguibile. E tuttavia devono essereaffrontati ancora molti punti controversi. Uno, per esempio,riguarda il fatto che la quantità di vaccino prodotta da unapianta è scarsa. Questa produzione può essere aumentata inmodi diversi, per esempio clonando vicino ai geni antigenicivari elementi regolatori in grado di attivare più prontamentei geni. Una volta vinta questa sfida, i ricercatori dovrannoanche garantire che ogni data quantità di vaccino alimentarefornisca una dose quantificabile di antigene.

Inoltre, i ricercatori potrebbero cercare di aumentare leprobabilità che gli antigeni attivino il sistema immunitarioinvece di attraversare l'organismo senza essere utilizzati. So-stanze ad attività stimolante generica (adiuvanti), e un'azio-

ne maggiormente mirata sul sistema immunitario potrebbe-ro in parte compensare la scarsa produzione antigenica.

Una strategia per centrare il bersaglio consiste nel coniu-gare gli antigeni a molecole che si legano con alta affinità adalcune componenti del sistema immunitario, le cellule M delrivestimento intestinale. Le cellule M fagocitano porzioni dimateriale entrato nell'intestino tenue (compresi gli agenti pa-togeni) e le trasferiscono alle altre cellule del sistema immu-nitario, per esempio alle cellule che presentano l'antigene. Imacrofagi e altre cellule che presentano l'antigene fanno apezzi questo materiale ed espongono i frammenti proteici ri-sultanti sulla loro superficie cellulare. Se i linfociti T helperriconoscono questi frammenti come elementi estranei, pos-sono stimolare i linfociti B (le cellule B) a secernere anticorpineutralizzanti e possono anche aiutare ad avviare un'aggres-sione più massiccia nei confronti del nemico avvistato.

Di fatto, un segmento innocuo della tossina del V. chole-rae - la subunità B - si lega con elevata efficienza a una mole-cola sulle cellule M, la quale fa sì che il materiale estraneopenetri al loro interno. Unendo a questa subunità della tossi-

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BLOCCARE L'AUTOIMMUNITA

La reazione autoimmune responsabile del diabete di tipo I si svi-

luppa quando il sistema immunitario scambia per elementi estra-nei (autoantigeni) le proteine secrete dalle cellule beta del pan-creas e attacca, distruggendole, le cellule beta. Per ragioni ancorapoco chiare, l'ingestione da parte di topi di laboratorio diabetici dipiccole quantità di questi autoantigeni attenua tale risposta. Leproteine agirebbero attivando alcune cellule che fungono da sop-pressori e bloccano l'azione distruttrice delle loro «cugine».

i9

Cellule chefungono dasoppressoridirette a!

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LINFOCITAT HELPER

SECREZIONESTIMOLATORIA

LINFOCITA T \ •CITOTOSSICO

AUTOANTIGENE

LINFOCITA —SECREZIONESOPPRESSIVA

NATURALKILLER

DOPO IL TRATTAMENTOPRIMA DEL TRATTAMENTO

AREADANNEGGIATA

CELLULA BETAATTACCATA

NEL PANCREAS

ANTICORPO

MACROFAGOCELLULA BETACONSERVATA

Api

SECREZIONIDANNOSE

CAVITAINTESTINAli

ALITO-ANTIGENETRASPORTATODAL CIBO

CELLULA TSOPPRESSORE

CELLULAM

na gli antigeni provenienti da altri organismi patogeni, do-vrebbe essere possibile migliorare il processo di internalizza-zione degli antigeni da parte delle cellule M, aumentandoanche la risposta immunitaria verso gli antigeni aggiunti. Lasubunità B tende anche ad associarsi con se stessa, per for-mare una struttura a ciambella, una sorta di anello a cinqueelementi con un foro nel centro. Queste caratteristiche ali-mentano la prospettiva di produrre un vaccino che veicolialle cellule M diversi antigeni contemporaneamente, e cheperciò risolva l'urgente bisogno di produrre un vaccino uni-co che sia in grado di fornire protezione nei confronti di piùmalattie simultaneamente.

I ricercatori stanno anche lottando col fatto che talvolta lepiante, quando incominciano a produrre grandi quantità diuna proteina estranea, crescono con difficoltà. Una soluzionepotrebbe essere quella di dotare le piante di elementi regola-tori in grado di attivare i geni antigenici, vale a dire, di far lo-ro produrre le proteine antigeniche specificate, solo però inmomenti ben determinati (per esempio, dopo che una piantaè quasi completamente cresciuta, o quando viene esposta aqualche molecola esterna con attività stimolante), o solo nel-le porzioni commestibili. Questi studi sono in corso.

Per di più, ciascuna varietà vegetale pone problemi speci-fici. Le patate sono ideali sotto molti aspetti perché si posso-no moltiplicare a partire dalle escrescenze chiamate «occhi»,e si possono conservare a lungo senza refrigerazione. Ma lepatate vengono solitamente cotte per essere mangiate senzaproblemi, e la cottura può denaturare le proteine. In effetti,come invece accade per le piante di tabacco, all'inizio non sipensava di usare le patate come veicolo per i vaccini: le siutilizzava come strumento di studio in quanto facili da ma-nipolare. Sorprendentemente, però, alcune varietà di patata

vengono effettiva-mente mangiate cru-de in Sud America einoltre, contraria-mente alle attese, ilfatto di cuocerle nondistrugge sempre l'in-tero complementoantigenico. Così, lepatate potrebberoavere un valore prati-co superiore a quelloche la maggior partedi noi si aspettavainizialmente.

Le banane nonhanno bisogno di es-sere cotte e sono col-tivate diffusamentenei paesi in via di svi-luppo; tuttavia i loroalberi richiedono al-cuni anni per matura-re completamente, e ifrutti marciscono ab-bastanza rapidamen-te una volta maturati.I pomodori cresconopiù rapidamente e so-no ampiamente colti-vati, ma anch'essipossono marcire ra-pidamente. Metodipoco costosi per con-servare questi cibi -

come per esempio l'essiccamento - potrebbero far superare ilproblema del deperimento. Fra gli altri cibi presi in conside-razione per questo scopo ci sono la lattuga, le carote, le ara-chidi, il riso, il grano, il mais e la soia.

Per quanto riguarda un altro aspetto, gli scienziati devonoessere certi che i vaccini ideati per aumentare le risposte im-munitarie non abbiano invece un'azione contraria, e piutto-sto non le sopprimano. Le ricerche relative a un fenomenochiamato tolleranza orale hanno dimostrato che l'ingestionedi certe proteine può a volte indurre l'organismo a bloccarele proprie risposte nei confronti di queste proteine. Per deter-minare quali siano le dosi sicure ed efficaci e individuare unaposologia adeguata per i vaccini alimentari, i produttori do-vranno acquisire una conoscenza migliore sul tipo di mani-polazioni che determinano se un vaccino somministrato oral-mente stimola o, piuttosto, deprime l'attività immunitaria.

Un punto finale che vale la pena prendere in esame è se ivaccini alimentari ingeriti dalla madre possano immunizzareindirettamente il suo bambino. Teoricamente, mangiandouna o due banane, una madre potrebbe indurre la produzio-ne di anticorpi in grado di raggiungere il feto attraverso laplacenta, o il neonato mediante il latte che succhia.

Sfide di carattere non scientifico accompagnano quelle dinatura più tecnica. Non sono molti i produttori di compostifarmaceutici ansiosi di finanziare ricerche per prodotti mira-ti principalmente a mercati diversi rispetto al redditizio Oc-cidente. Le organizzazioni di aiuti internazionali assieme adalcuni Governi nazionali e a privati stanno sforzandosi dicolmare questa lacuna, ma i tentativi di mettere a punto vac-cini alimentari rimangono ancora sottofinanziati.

Per di più, i vaccini commestibili rientrano nella semprepiù impopolare categoria delle piante «geneticamente modi-

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Semplici cure per un bambino somalo affetto da diarrea. Per i paesidel Terzo Mondo i vaccini commestibili sarebbero la soluzione ideale.

EP

ficate». Una compagnia inglese, la Axis Genetics, che stavafinanziando ricerche sui vaccini alimentari, recentemente èfallita; uno dei suoi direttori attribuisce almeno una partedelle colpe ai timori dei finanziatori riguardanti le aziendecoinvolte nel settore dei cibi geneticamente modificati. Miauguro, comunque, che questi vaccini siano in grado di pas-sare indenni attraverso le polemiche, dal momento che sonopensati per salvare vite umane e che le piantagioni che li pro-ducono occuperebbero un'estensione di terreno molto mino-re rispetto a quella di altre specie commestibili (ammesso chevengano coltivate al di fuori delle serre). Inoltre, in quantofarmaci, sarebbero soggetti a un esame accurato da parte de-gli organismi di controllo.

Combattere l'autoimmunitàLe considerazioni relative a una delle sfide esposte in

precedenza - il rischio di indurre una tolleranza orale -hanno recentemente portato sia il mio gruppo sia altri aperseguire l'obiettivodei vaccini commestibilicome strumenti persconfiggere l'autoimmu-nità. Sebbene la sommi-nistrazione orale di an-tigeni derivanti da agen-ti infettivi spesso stimoliil sistema immunitario,la somministrazionesempre per via orale di«autoantigeni» (pro-teine derivate da tessutinon infettati apparte-nenti a un individuovaccinato) può talvoltasopprimere l'attività im-munitaria - un fenome-no che si osserva fre-quentemente negli ani-mali di esperimento.Nessuno ha ancoracompreso completa-mente le ragioni di que-sto differente comportamento del sistema immunitario.

Alcune prove del fatto che l'ingestione di autoantigeni, o«antigeni contro il sé», possa sopprimere l'autoimmunitàprovengono dagli studi sul diabete di tipo I, che è causatodalla distruzione autoimmune delle cellule che produconoinsulina (le cellule beta) del pancreas. Questa distruzioneprogredisce silenziosamente per un certo periodo. Alla fine,però, la perdita delle cellule beta porta a una drammatica ca-renza di insulina, un ormone necessario per aiutare le cellule

a immagazzinare il glucosio ematico a scopo energetico. Ta-le perdita ha come conseguenza un'elevata concentrazione dizuccheri nel sangue. Le iniezioni di insulina aiutano a con-trollare il diabete, ma non rappresentano assolutamente unacura: i diabetici devono affrontare un elevato rischio di com-plicazioni gravi.

Negli ultimi 15 anni, i ricercatori hanno identificato diver-se proteine prodotte dalle cellule beta le quali possono pro-vocare l'autoimmunità nelle persone predisposte al diabetedi tipo I. I colpevoli principali, comunque, sono l'insulina euna proteina chiamata GAD (acido glutammico decarbossi-lasi). I ricercatori hanno anche compiuto progressi, indivi-duando il momento in cui il diabete inizia a svilupparsi. Ilpasso successivo, dunque, è trovare i modi per arrestare que-sto processo sotterraneo prima che si manifestino i sintomi.

Alla fine i miei colleghi e io, così come altri gruppi, abbia-mo sviluppato vaccini per il diabete basati su piante, comeper esempio patate contenenti insulina o GAD coniugate al-l'innocua subunità B della tossina del V. cholerae (allo scopo

di aumentare l'endocito-si degli antigeni da partedelle cellule M). Il fattodi aver dato da mangia-re i vaccini a un ceppo ditopi transgenici predi-sposti a sviluppare il dia-bete ha contribuito a eli-minare in essi l'attaccoimmunitario, e a preve-nire o a ritardare l'esor-dio del processo di accu-mulo di zuccheri nel san-gue. Le piante transgeni-che non possono per oraprodurre le quantità diautoantigeni che sareb-bero necessarie per unvaccino efficace contro ildiabete umano, o altremalattie autoimmuni.Ma così come accadecon le malattie infettive,i ricercatori stanno esa-

minando un certo numero di progetti promettenti per supe-rare questa e altre sfide.

I vaccini commestibili per combattere l'autoimmunità e lemalattie infettive devono fare ancora molta strada prima diessere pronti per sperimentazioni su larga scala nell'uomo.Gli ostacoli tecnici, tuttavia, sembrano tutti superabili. Nul-la sarebbe più soddisfacente del fatto di proteggere la salutedi molti milioni di bambini che ora sono senza difese in tut-to il mondo.

WILLIAM H. R. LANGRIDGE insegna al Di-partimento di biochimica e presso il Center forMolecular Biology and Gene Therapy alla LomaLinda University School of Medicine. Dopo lalaurea in biochimica presso l'Università del Mas-sachusetts ad Amherst, nel 1973, ha svolto ricer-che sui virus degli insetti e sulle piante al BoyceThompson Institute for Plant Research della Cor-nell University. Nel 1987 si è trasferito al PlantBiotechnology Center di Edmonton, e infine si èunito allo staff della Loma Linda nel 1993.

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