Un Tutto Nepal controcorrente tra meraviglie e debolezze umane · curiosità va coltivata con...

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Un’idea: il Nepal sotto il monsone estivo Visitate il Nepal in agosto! Il monsone è un’opportunità per conoscere i nepalesi e la loro cultura.Tuttavia non di- menticate: dovete venire a patti col clima! Solo eccezio- nalmente cime innevate e cieli tersi faranno da sfondo al- le vostre foto. Quando il monsone è al culmine, imper- versa con piogge sparse, oppure incessantemente per settimane, perciò non coltivate troppe aspettative. Itinerari programmati ed eventi organizzati non sono per nulla scontati. Unica certezza: la sorpresa della scoperta, qualsiasi emozione di viaggio che accresca la vostra per- sonale ricerca. Gli spunti non mancano, la stagione stimo- la sensi e immaginazione: tutto - aromi e colori, traffico e sentieri, afa e precipitazioni, orari e mete - volge dall’ec- cessivo al misurato e viceversa. A casa criticheranno: avete speso tutti quei soldi per far- vi annaffiare a migliaia di chilometri di distanza e soppor- tare mille disagi. Perché preferire un soggiorno decisa- mente umido, all’agio di una vacanza sotto l’ombrellone, tra belle ragazze e mangiate di pesce, non troppo lontano da casa? Perché volare in Nepal, addirittura in quattro scali? Per ripassare i climi? Temperato a Francoforte,tor- rido a Dubai e Bahrain, monsonico a Katmandu, dove vi attende il fenomeno cruciale della stagione! Intraprendere viaggi di ecoturismo significa anche aver consapevolezza che nel nostro Paese le vacanze sono previste per le nostre stagioni, il nostro ambiente, le no- stre abitudini. Per destinazioni esotiche, scegliere e pre- notare non basta: occorre informarsi sul clima e la sta- gione più adatta, rispettare e conoscere il luogo che si vi- sita, atteggiarsi come ospiti curiosi ma non invadenti, dis- posti ad adattarsi. Superare la “prova trek” Determinata a fare trekking, non ho temuto alcun disagio fin dalla partenza. Ero pronta a captare ogni sensazione. Avevo stretto un’alleanza tra emotività e razionalità per rendere più viva l’attenzione e profonda la riflessione. A Pokara, terminato il trek, mi è parsa una rivelazione im- battermi in «Monsoon», il libro fotografico di Steve McCurry 1 che risponde a ogni interrogativo espresso dal gruppo in viaggio. Il monsone rende tutto un inconveniente. Per il turista è un attentato al viaggio organizzato, alla salute, ai progetti di rientro.Affrontare un trek sotto la pioggia monsonica significa camminare tra fiumi gonfi, rivoli impazziti, frane, tronchi e rami spezzati, sentieri interrotti e deviati, ma - soprattutto - restare ore e ore inzuppati fino all’anima! Le zone monsoniche sono investite da masse d’aria insta- bile, la cui posizione varia giornalmente. Quando piove continuamente da tre a dieci giorni, le precipitazioni va- riano per quantità e intensità, ma sono drammatiche e de- cise all’apice estivo. Nubi spesse e violenti acquazzoni ab- bassano la temperatura. L’umidità è insidiosa e penetran- te. La pioggia è un incubo perenne. Nemmeno il vostro capo di vestiario più impermeabile può resisterle. La prospettiva scoraggia ogni naturalista ed è tale da im- porgli più di una ragionevole rinuncia.Ho superato la pro- va senza strategie o antidoti, semplicemente accettando di vivere il monsone intensamente, ma con prudenza. La curiosità va coltivata con intelligenza, pazienza, tolleranza e immaginazione. Inoltre, mantenere la capacità d’infilarsi nei mocassini 2 dei nepalesi, aiuta a cogliere il senso dell’e- vento che rivela le leggi fondamentali della vita in quei luo- ghi. Un’esperienza che richiede un esercizio di umiltà e condivisione che affratella ai popoli che vivono qualità del- la vita e condizioni climatiche così diverse dalle nostre. Da un lato occorre rientrare in se stessi e preoccuparsi dell’essenziale per apprezzare gli agi concessi;dall’altro re- stare pronti e aperti a ciò che si presenta, dalla natura a un popolo che incarna una saggezza antica. Si tratta di assu- mere un atteggiamento filosofico, artistico, o più sempli- cemente da osservatore. McCurry sostiene che ogni con- dizione meteorologica anomala o eccezionale suscita una forte carica emotiva, resa ancor più forte dalla consape- volezza di partecipare a un’esperienza che pochi possono e pochissimi vorrebbero vivere. Allora, per chi ha lo sguar- do sensibile del naturalista, del narratore, del cronista o del fotografo attento all’attimo fuggente, il monsone è un’occasione unica e straordinaria. Un paradosso stagionale, romantico e musicale Il monsone si regge su un paradosso: per mesi non c’è ac- qua, poi - improvvisamente - ce n’è troppa. L’ambiente, piagato dalla siccità, cambia volto. Ecco il dono della piog- gia e la terra si mostra grata agli dei rinnovando il pae- saggio: monti e valli si ricoprono di vegetazione gioiosa e fosforescente. Lenti strascichi di nebbia velano montagne terrazzate e ammantano zolle brune e smeraldine, alcune vellutate, altre brillanti per il contrasto con le nubi uggio- se del fondale. Sono i colori del Nepal: un mondo fatato, sospeso tra terra e cielo. Esserci è un’esperienza roman- tica come visitare Venezia d’inverno, quando il clima sfu- ma e ingrigisce colori e dorature, svelando la misteriosa, orientale e autentica identità della città. All’alba i versanti terrazzati sembrano fiordi nordeuropei. Persone e villaggi appaiono e scompaiono, inghiottiti da atmosfere ovattate e ombrose.Il massiccio dell’Annapurna fluttua dentro la foschia, lo si può solo intuire. Un’occhiata alla cima appena apparsa e - tempo uno scatto - si rannu- vola di nuovo. Si dice che Shiva dimori nella sua corona e che da lassù mandi la pioggia vitale alla pianura.Altra neb- bia scende inesorabile sulla valle per negarci timide, ma vi- vide pennellate d’erba appena spuntata. 44 Un Tutto Nepal controcorrente tra meraviglie e debolezze umane Testo e foto di Maria Elisa Di Pietro AVVENTURE NEL MONDO • AVVENTURE NEL MONDO Nepal 1 STEVE McCURRY, Monsoon, Timeless Books, New Delhi, 1988. L’autore è fotoreporter, collaboratore del National Geographic. 2 Un detto degli Indiani d’America afferma: “Per conoscere davvero una persona bisogna camminare almeno tre lune nei suoi mocassini”. Quando si viaggia in gruppo è necessario nell’incontro con popoli e culture. E’ il modo per entrare in relazione con i locali, dialogare su storia, usi e comportamenti, infine per scandagliare significato del viaggio da più punti di vista, perché ciascuno sceglie la destinazio- ne, vive l’esperienza del viaggio e la colloca nella propria vita in modi e per motivi diversi. N el cuore dei monsoni, sono stato costret- to a immergermi nelle condizioni meteorologi- che in un modo così intenso che nient’altro ha avuto importanza – né l’arte, né la cultura, né l’intelletto. E’ stata una lezione di umiltà. [...] La mia convinzione più forte fu che avevo a che fa- re con “le leggi fondamentali della vita”. Monsoon Steve McCurry

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Un’idea: il Nepal sotto il monsone estivoVisitate il Nepal in agosto! Il monsone è un’opportunitàper conoscere i nepalesi e la loro cultura.Tuttavia non di-menticate: dovete venire a patti col clima! Solo eccezio-nalmente cime innevate e cieli tersi faranno da sfondo al-le vostre foto. Quando il monsone è al culmine, imper-versa con piogge sparse, oppure incessantemente persettimane, perciò non coltivate troppe aspettative.Itinerari programmati ed eventi organizzati non sono pernulla scontati. Unica certezza: la sorpresa della scoperta,qualsiasi emozione di viaggio che accresca la vostra per-sonale ricerca. Gli spunti non mancano, la stagione stimo-la sensi e immaginazione: tutto - aromi e colori, traffico esentieri, afa e precipitazioni, orari e mete - volge dall’ec-cessivo al misurato e viceversa.A casa criticheranno: avete speso tutti quei soldi per far-vi annaffiare a migliaia di chilometri di distanza e soppor-tare mille disagi. Perché preferire un soggiorno decisa-mente umido, all’agio di una vacanza sotto l’ombrellone,tra belle ragazze e mangiate di pesce, non troppo lontanoda casa? Perché volare in Nepal, addirittura in quattroscali? Per ripassare i climi? Temperato a Francoforte, tor-rido a Dubai e Bahrain, monsonico a Katmandu, dove viattende il fenomeno cruciale della stagione! Intraprendere viaggi di ecoturismo significa anche averconsapevolezza che nel nostro Paese le vacanze sonopreviste per le nostre stagioni, il nostro ambiente, le no-stre abitudini. Per destinazioni esotiche, scegliere e pre-notare non basta: occorre informarsi sul clima e la sta-gione più adatta, rispettare e conoscere il luogo che si vi-sita, atteggiarsi come ospiti curiosi ma non invadenti, dis-posti ad adattarsi.

Superare la “prova trek”Determinata a fare trekking, non ho temuto alcun disagiofin dalla partenza. Ero pronta a captare ogni sensazione.Avevo stretto un’alleanza tra emotività e razionalità perrendere più viva l’attenzione e profonda la riflessione.APokara, terminato il trek, mi è parsa una rivelazione im-battermi in «Monsoon», il libro fotografico di SteveMcCurry1che risponde a ogni interrogativo espresso dalgruppo in viaggio.Il monsone rende tutto un inconveniente. Per il turista èun attentato al viaggio organizzato, alla salute, ai progettidi rientro.Affrontare un trek sotto la pioggia monsonicasignifica camminare tra fiumi gonfi, rivoli impazziti, frane,tronchi e rami spezzati, sentieri interrotti e deviati, ma -soprattutto - restare ore e ore inzuppati fino all’anima!Le zone monsoniche sono investite da masse d’aria insta-bile, la cui posizione varia giornalmente. Quando piovecontinuamente da tre a dieci giorni, le precipitazioni va-riano per quantità e intensità,ma sono drammatiche e de-cise all’apice estivo. Nubi spesse e violenti acquazzoni ab-bassano la temperatura. L’umidità è insidiosa e penetran-te. La pioggia è un incubo perenne. Nemmeno il vostrocapo di vestiario più impermeabile può resisterle.La prospettiva scoraggia ogni naturalista ed è tale da im-porgli più di una ragionevole rinuncia.Ho superato la pro-

va senza strategie o antidoti, semplicemente accettandodi vivere il monsone intensamente, ma con prudenza. Lacuriosità va coltivata con intelligenza, pazienza, tolleranzae immaginazione. Inoltre, mantenere la capacità d’infilarsinei mocassini2 dei nepalesi, aiuta a cogliere il senso dell’e-vento che rivela le leggi fondamentali della vita in quei luo-ghi. Un’esperienza che richiede un esercizio di umiltà econdivisione che affratella ai popoli che vivono qualità del-la vita e condizioni climatiche così diverse dalle nostre.Da un lato occorre rientrare in se stessi e preoccuparsidell’essenziale per apprezzare gli agi concessi; dall’altro re-stare pronti e aperti a ciò che si presenta, dalla natura a unpopolo che incarna una saggezza antica. Si tratta di assu-mere un atteggiamento filosofico, artistico, o più sempli-cemente da osservatore.McCurry sostiene che ogni con-dizione meteorologica anomala o eccezionale suscita unaforte carica emotiva, resa ancor più forte dalla consape-volezza di partecipare a un’esperienza che pochi possonoe pochissimi vorrebbero vivere.Allora, per chi ha lo sguar-do sensibile del naturalista, del narratore, del cronista odel fotografo attento all’attimo fuggente, il monsone èun’occasione unica e straordinaria.

Un paradosso stagionale, romantico e musicaleIl monsone si regge su un paradosso: per mesi non c’è ac-qua, poi - improvvisamente - ce n’è troppa. L’ambiente,piagato dalla siccità, cambia volto. Ecco il dono della piog-gia e la terra si mostra grata agli dei rinnovando il pae-saggio: monti e valli si ricoprono di vegetazione gioiosa efosforescente. Lenti strascichi di nebbia velano montagneterrazzate e ammantano zolle brune e smeraldine, alcunevellutate, altre brillanti per il contrasto con le nubi uggio-se del fondale. Sono i colori del Nepal: un mondo fatato,sospeso tra terra e cielo. Esserci è un’esperienza roman-tica come visitare Venezia d’inverno, quando il clima sfu-ma e ingrigisce colori e dorature, svelando la misteriosa,orientale e autentica identità della città.All’alba i versanti terrazzati sembrano fiordi nordeuropei.Persone e villaggi appaiono e scompaiono, inghiottiti daatmosfere ovattate e ombrose. Il massiccio dell’Annapurnafluttua dentro la foschia, lo si può solo intuire.Un’occhiataalla cima appena apparsa e - tempo uno scatto - si rannu-vola di nuovo. Si dice che Shiva dimori nella sua corona eche da lassù mandi la pioggia vitale alla pianura.Altra neb-bia scende inesorabile sulla valle per negarci timide,ma vi-vide pennellate d’erba appena spuntata.

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Un Tutto Nepal controcorrente tra meraviglie e debolezze umane

Testo e foto di Maria Elisa Di Pietro

AVVENTURE NEL MONDO • AVVENTURE NEL MONDONepal

1 STEVE McCURRY, Monsoon, Timeless Books, New Delhi, 1988. L’autore è fotoreporter, collaboratore del National Geographic.2 Un detto degli Indiani d’America afferma: “Per conoscere davvero una persona bisogna camminare almeno tre lune nei suoi mocassini”.

Quando si viaggia in gruppo è necessario nell’incontro con popoli e culture. E’ il modo per entrare in relazione con i locali, dialogaresu storia, usi e comportamenti, infine per scandagliare significato del viaggio da più punti di vista, perché ciascuno sceglie la destinazio-ne, vive l’esperienza del viaggio e la colloca nella propria vita in modi e per motivi diversi.

“N el cuore dei monsoni, sono stato costret-to a immergermi nelle condizioni meteorologi-che in un modo così intenso che nient’altro haavuto importanza – né l’arte, né la cultura, nél’intelletto. E’ stata una lezione di umiltà. [...] Lamia convinzione più forte fu che avevo a che fa-re con “le leggi fondamentali della vita”.

MonsoonSteve McCurry

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Letteraturae tradizione in-

diana hanno intrisodi misticismo e tradotto in

musica e versi l’andatura dei monsoni. Lapioggia è la musica delle ballate nepalesi ispirate all’alter-narsi delle stagioni e allo scandire delle ore. Il ritmo nemima il battito, ma anche il passaggio del sole nel cielo. Ilmovimento musicale è rapido per effetto del vento, che fasfrecciare le nubi sul sole, per poi scoprirlo quando è or-mai giunto allo Zenith.Altre ballate ripetono il gorgoglio elo scrosciare dell’acqua nei ruscelli. Le più lente sono lepromesse disilluse dei tramonti in cui il sole scomparesoffocato dalle nubi.Tronchi e rami spezzati sono musicaquando la pioggia vi rimbalza e quando vi si posa il passo,il cui tono grave si trasmette lungo il sentiero fino alla val-le, sulle lastre, sui gradoni in pietra, sul terreno scivoloso,sui sassi poco sicuri, sull’erba tenerissima, sul fogliamemacero o secco, poi - di nuovo e più pesante - sul legnoe sui sassi. E’ una sinfonia, come il camminare insieme: an-che se non si tiene lo stesso ritmo, ma si resta accompa-gnati l’uno all’altro, si crea comunque un’armonia.I cicli del monsone estivo sono scanditi da riti propiziato-ri e feste di ringraziamento3 che descrivono il fenomenocome una metafora della passione amorosa, perché e ac-cresce il desiderio dei cuori divisi dalla lontananza e dalleintemperie. I versi parafrasati del poeta Bhartrihari sono

straordinari: luminose stringhe di luce compaiono nel cie-lo; rami di pini tropicali, spezzati dalla pioggia, vanno alladeriva lungo i fiumi, diffondendone la fragranza; la melodiaè il risuonare dei tuoni, il canto è il pianto dei pavoni intonalità amorose; intanto le innamorate si domandanoper quanto tempo dovranno soffrire l’assenza dell’amato.

La vita asiatica sotto il monsone.Osservare la vita sotto il monsone significa cogliere se-quenze raramente viste dai turisti nei mesi ideali. Gentedi ogni età percorre i sentieri montani sotto la pioggia.All’alba folti gruppi di scolaretti in divisa saltellano disin-volti sui gradoni, indifferenti alle cascatelle d’acqua che lirendono scivolosi.A volte si riuniscono tutti sotto un om-brello per ripararsi sia dal sole, sia dalla pioggia e impie-gano ore per raggiungere le scuole, dove si avvicendano aturni per la lezione.Giovani portatrici regalano sorrisi co-me se non avvertissero il peso delle ceste che sostengo-no con grosse fasce di stoffa attorno alla fronte, per bi-lanciare il carico e ridurre la fatica. Salutano a viso aper-to, senza guardare dove posano i piedi.Donne e bambine,sottratte alle opportunità scolastiche, si avviano sotto lapioggia, consacrate alla fatica del lavoro agreste.Un miraggio: il portatore col carico più pesante sbuca dauna salita, lascia alle spalle le nubi minacciose e apre unvarco su una distesa multicolore. Guide e portatori per-corrono senza posa chilometri di sassi e fango, indossan-do inconsistenti infradito, oppure scalzi, noncuranti dellesanguisughe, che eliminano premendo i tizzoni accesi del-le sigarette contro le caviglie. L’organizzazione è flessibile:cucinano, ripartiscono il carico, portano in spalla i valligia-ni affaticati, fanno da ponte tra rabbiosi ruscelli, procura-no muli o cavalli per i turisti affaticati, rallentano la mar-cia, fissano soste non programmate per rinfrancare i com-pagni più lenti e aiutarli a recuperare la distanza.L’impegno è encomiabile, le frasi poco rassicuranti: «Pioveininterrottamente da una settimana... Può continuare per gior-ni. Domani potrebbe smettere, ma abbiamo già avuto un gior-no e mezzo di sole…».Dinanzi alle condizioni meteorologiche, lo stato psicofi-sico dei compagni cede, mostrando segni di stanchez-za e nervosismo. Forse non è il caso di riporre nelleguide troppa fiducia: ragionano a modo loro, se-condo esperienze e abitudini troppo lon-tane da noi. Se mi avvicino al leaderper rassicurazioni e consigli,ot-tengo risposte sconsolanti escossoni del capo. Dal lo-ro inglese stentato ca-pisco che, ai loro oc-chi, i pazzi siamonoi:«Gli Italiani ven-gono sempre in ago-sto e vogliono vede-re l’Annapurna sottoil monsone… Ma nonè la stagione buonaper il trekking e nem-meno per il rafting!».Almeno il rafting è trascorso in al-legria, su un fiume moderatamente mosso e bat-tezzato dal sole.Tutti i componenti della spedizione si sono mostrati com-

prensivi e grati per la nostra generosità, ma non hannosmesso di considerarci degli incoscienti che sfidano la na-tura con la sola forza della volontà, senza curarsi delleammonizioni divine di cui vi è traccia in tutta la Valle. Nona caso, ci hanno salutato ripetendo: «Tornate a ottobre onovembre, oppure in aprile, mai più in agosto!».Sherpa, esploratori esperti e abitanti dell’Himalaya af-frontano il monsone come un’avversità, ma lo accettanocome una sfida inevitabile. Quando camminano hanno unobiettivo: portare l’essenziale in luoghi remoti, difficil-mente raggiungibili e incontrare persone care.Per loro vi-vere il monsone è sperimentare un prudente affidamentoal capriccio o all’ira degli dei. Si affidano al giudizio divinoe cercano di renderlo benevolo con un atteggiamentocompassionevole e operoso, preghiere e riti, pur sapendodi non poter influire in modo determinante sulle inelut-tabili leggi del creato.

Disagi? Meglio ambiente e cultura!Se cercate troppi comfort apprezzerete poco il fascino deibhatti4.Non sempre hanno stufe per scaldarvi e se la piog-gia è inesorabile vi sembreranno troppo distanti. Se è in-certo potersi asciugare al calore di una stufa, nemmenouna doccia d’acqua calda è garantita. Poco importa! Leore successive sotto l’acqua rende vana ogni asciugaturadei cambi custoditi nello zaino.Vietato innervosirsi! E’ il momento di concentrarsi sul-l’essenziale e non disperdere energie. Per riscaldarsi du-rante le soste gli escursionisti usano bere tè e intonarecanti a ritmo sincopato. “Paanko Paat”, che esprime l’en-tusiasmo di un giovane impaziente di rivedere l’amata, ècosì trascinante da coinvolgere tutti nel ritornello, condanze, strumenti a corde e percussioni.Ottimo espedien-te per riscaldare gli animi e gli abiti appesi intorno al fo-colare! Difficoltà, fretta e ansie dei compagni distraggono dalle at-trattive naturalistiche, ma non ne perdo una: bocciolibianchi, petali a stella, orchidee selvatiche, papaveri di di-

mensioni e tonalità sconosciute inOccidente, infine le corolle che preferi-sco, indaco e blu.

Persino pallide e timide farfalle si accop-piano sotto la pioggia, riparate da una foglia.Nonostante lo scrosciare e il fragore del-l’acqua si avvertono frenetici battiti d’ali. Zampette vivacisaltano frettolose da un ramo all’altro, verso il rifugio piùsicuro. Una simpatica scimmia si attarda sui rami alti, inbella mostra, a gustare una banana. Forse troppo affama-ta per scappare di nuovo! Un paio di martore concedono

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3 E’ un periodo di ricorrenze induiste: Naag Panchami celebra il serpente divino (Naag), come portatore della pioggia con riti propizia-tori e pellegrinaggi; Durante la festa di Teej le donne indossano abiti sgargianti, compiono riti benaugurali e di ringraziamento, infine sidedicano a bagni e abluzioni nelle fontane pubbliche e presso i fiumi, accompagnate da canti religiosi e popolari.

4 Sono le case da tè, locande tradizionali delle montagne nepalesi, da secoli punti di accoglienza e ristoro per i viandanti. Il tratto dell’itine-rario Jomson che abbiamo percorso, nel circuito dell’Annapurna, è conosciuto come la classica via dei ‘bhatti’.Alcuni sono stati ampliati erinnovati per competere con più recenti e attrezzati lodge, ma le famiglie offrono ospitalità con la sobrietà e la premura di un tempo.

Il gruppodurante il rafting

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un veloce saluto ammiccante per sgattaiolare subito nelbosco in cerca di cibo e riparo. E le innocue, ma fastidio-se sanguisughe? Quelle che aggrediscono il collo calando-si dai rami alti o insidiano le caviglie strisciando dal suolo?Abbiamo salutato anche quelle che ci hanno risparmiati osono sopravvissute alle stragi perpetrate coi sacchetti disale confezionati dalle guide. Alcuni cani ci hanno mole-stato nei tratti più impervi, rischiando di farci scivolare suisassi tra i ruscelli in piena. Li abbiamo detestati, poi per-donati e amati, perché il loro scodinzolare era un invito afarci guidare: quando ci hanno salutati definitivamentehanno dimostrato di conoscere perfettamente tragitto edestinazione.Un trek sotto il monsone è un’esperienza indimenticabi-le anche per chi non si atteggia a eroe per catturare im-magini eccezionali. Basta misurare le capacità e agire diconseguenza. E’ un cammino di pazienza e tolleranza cheinsegna a rispettare le leggi della vita. “Vita”, perché ogniistante è scandito da gesti che non sono mai di resa, madi ringraziamento per l’acqua ricevuta come fonte di vita.Anche nei riti sacri più violenti e toccanti, dai sacrifici aKalì, alle cremazioni, sono presenti segni di luce e di gioia,ghirlande e offerte, simboli di devozione e prosperità. Misono parse forme di accettazione della morte intesa co-me passaggio, a imitazione dell’alternarsi delle stagioni. Inepalesi non restano inerti, ma sono sempre operosi invista della stagione successiva. Ne intravvedono gli oriz-zonti e i primi segni di rinnovamento. Perciò inneggianoalla primavera e all’amore, al monsone arrivato, e a quel-lo che seguirà, portando altra acqua, altra vita, altro lavo-ro, erba dal verde più vivace e tanti altri colori.Gli Occidentali hanno motivi per agitarsi che ai Nepalesisembrano banalità. Se non ci sono soluzioni pronte e si-cure non val la pena lamentarsi.Al suono della pioggia chebatte come un tamburo sui soffitti dei piani alti non c’è unrimedio immediato. Se piove a certe altezze, il telefononon funziona. Se non ci sono acqua calda o doccia la ri-sposta è un sorriso:è un disagio prevedibile se ci sono so-lo pannelli solari e piove da giorni. Poche strutture vanta-no impianti di riscaldamento e condizionamento integra-ti.Arrabbiarsi non serve, chi vive quotidianamente questemancanze, non vi capirebbe.La natura è ostile,ma la gente inspiegabilmente lieta e gra-ta agli dei per il dono della pioggia. Per i paesi ad econo-mia rurale lungo l’Oceano Indiano e il Sud Atlantico, il ci-clo dei monsoni è vitale: se abbonda porta prosperità e

salute; se è scarso è un presagio di fame e morte. E’ vis-suto come l’esito di un giudizio divino, una grazia o un fla-gello. La popolazione dipende completamente dalle con-dizioni meteorologiche: per lo più abita baracche dove isoffitti grondano di umidità; lavora incessantemente e sidestreggia in mille abilità nelle botteghe artigiane, sullepiazze e nelle strade. Non pensa ai disagi: lavora, prega eagisce in modo compassionevole per vincere povertà emorte con la virtù. Quando c’è siccità, attende; quando cisono alluvioni o inondazioni, lotta; quando si ammala, sa didover morire, tanto costose o lontane sono le possibilitàdi cura. Forse per questo sembra più interessata all’aldilà,o a una migliore rinascita, piuttosto che al presente.In tutte le regioni monsoniche la vita ruota intorno al lan-guoroso passaggio delle stagioni. Durante il monsone leruote dei carri e delle auto imbottigliate nel traffico scor-rono più lentamente delle lancette delle ore.Al contrario,noi occidentali viviamo e lavoriamo sotto la pressione deltempo, servi dell’orologio, presi da fretta, piani di volo e te-lefonate, tanto che per noi le lancette sono piccole, madolorose ghigliottine di tanti momenti di vita che avrem-mo voluto gustare diversamente, in tempi giusti e calibra-ti, come il rito del tè.Siamo stranieri, ma per abitudini e comportamenti chel’ospite non può fare a meno di notare siamo anche unpo’ nevrotici. I turisti occidentali, soprattutto Italiani, ma-ledicono ciò per cui i Nepalesi sorridono o lodano i lorodei. Quando si tratta di tacere e osservare con rispettoun rito tradizionale, più di un Italiano sorride sboccato ourla per scaldare gli amici dinanzi all’imminente sacrificiodella capra all’altare di Kalì. L’esibizione termina con unvolgare trionfo di grida per aver fotografato lo sgozza-mento della capra più grossa. Intanto, dall’alba, in silenzioreligioso, uomini, donne e bambini si sono disposti in fileordinate per portare le loro coloratissime e aromaticheofferte: anche le più modeste, ma le migliori di cui dis-pongono.

Questioni ambientaliL’aspetto poetico è drasticamente superato dalla serietàdelle condizioni ambientali e climatiche. La ComunitàScientifica Internazionale5 concorda che l’emergenza piùimportante del Pianeta sono i cambiamenti climatici.Disastri continui, cicloni e inondazioni di proporzioni im-prevedibili, anche fuori dai cicli stagionali, ne sono la ma-nifestazione, perciò i ricercatori collaborano a modelli

previsionali computerizzati, mirati alla prevenzione. Altrielementi aggravano le condizioni dell’ambiente nepalese.Giovani pianure,dove piante sono state abbattute per de-cenni per ricavarne legna ardere o da costruzione, sonosgretolate e scivolate nei fiumi di montagna a ritmo acce-lerato, ingrossandoli e provocando inondazioni.Terrazzedi riso e lenticchie sono state costruite sempre più in al-to, su versanti troppo ripidi e scoscesi per trattenere ilsuolo durante le piogge monsoniche. Nelle stagioni piùcritiche interi villaggi sono stati spazzati via o sono in pe-renne pericolo. Il suolo franato ostruisce il corso dei fiu-mi e getta fango nella pianura del Gange6.Ad ogni stagio-ne monsonica, in Nepal, India settentrionale e Bangladesh,milioni di persone affrontano alluvioni sempre più gravi eprolungate.Programmi di gestione integrata del territorio che com-prendono controllo dell’erosione, riforestazione, dighe dicontrollo per fermare la sedimentazione possono salvarel’Himalaya. Gli abitanti promuovono iniziative per evitareche rocce e frane invadano i campi coltivati e per recu-perare il controllo dei versanti montani. Comitati localiproteggono i boschi e gestiscono i vivai. Scarpate e crina-li sono state riforestate, altre recintate. La pascolazione èridotta o delimitata dove si provvede a piantare erba edalberi, che a loro volta frenano l’avanzamento dell’ariditàe i fenomeni franosi.Oggi fresche piantagioni di pino si ag-grappano e si moltiplicano come licheni su fianchi mon-tuosi in fragile equilibrio.La prima ong di guide femminili per trekking, Empoweringthe Women of Nepal, utilizza i proventi per offrire forma-zione, occupazione e aiuto a donne sole e giovani orfaneincontrate nelle escursioni o che si rivolgono a loro dallezone più lontane e disagiate del Paese. L’8 marzo di ognianno organizza la ripulitura del Lago di Pokara, celebran-do la Giornata Internazionale della Donna. Inoltre forniscead alberghi e rifugi ogni informazione ecologica utile apreservare il patrimonio naturalistico e assicurare rac-colta e smaltimento dei rifiuti. Un’iniziativa necessaria,perché in Nepal, come in molti paesi arretrati, la corsaprofitti ai profitti e ai miraggi di benessere dei paesi avan-zati ha svelato l’equivoco dello sviluppo con una profon-da sfasatura tra crescita economica e progresso umano,con esiti caotici e insostenibili.Tipiche località rurali o cit-tadine della Valle di Katmandu si stanno trasformando inpattumiera e latrine all’aperto, mentre ilcentro della capitale è un

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Nepal AVVENTURE NEL MONDO • AVVENTURE NEL MONDO

5 Joint science academics statement: Global response to climate change, Gleneages G8 Summit, luglio 2005.6 Le piogge monsoniche scendono rapidamente durante la maggior parte dell’estate e convergono nel

Gange e nel Brahmaputra, che a loro volta sfociano in laghi immensi, le cui acque, ogni estate fuorie-scono dagli argini, distruggono le proprietà, seppelliscono i campi e sono abbandonati dalle comuni-tà per i quali sono l’unica risorsa vitale.

7 Le costituzioni asiatiche si sono adeguate allo sviluppo sostenibile prima della Dichiarazione di Rio(1992) e tendono ad affermare il diritto umano all’ambiente.Tuttavia sono uno strumento debole,perché il continente asiatico è l’unico a non avere una carta dei diritti umani e un corrispondente si-stema di tutela.

8 Nell’estate 2007 testate nazionali e internazionali riferivano di centinaia di migliaia di persone senzatetto, morti e dispersi in zone rurali prive d’infrastrutture, infestate e a rischio di malattie.

Fumi delle cremazioni a Pahupatinath

Colori a Dashink

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Page 4: Un Tutto Nepal controcorrente tra meraviglie e debolezze umane · curiosità va coltivata con intelligenza,pazienza,tolleranza e immaginazione. Inoltre, ... 2 Un detto degli Indiani

intricato e trafficato nodo di vicoli e strade, per lo piùdanneggiati, impianti privi di sicurezza, edifici in maltenutio in decadenza.Un segno di ripensamento e speranza è la Costituzionedel 1990, il cui art. 26 menziona il dovere dello Stato diperseguire una politica di gestione del patrimonio natu-rale nell’interesse della nazione, anche se dimentica di ci-tare la sostenibilità e il diritto all’ambiente. Inoltre dichia-ra prioritari la tutela dell’ambiente e la prevenzione deidanni da attività di sviluppo, con l’impegno di favorire laconsapevolezza pubblica delle questioni ambientali7.

L’altra faccia del trekkingDopo aver realizzato di aver scelto una destinazione inpieno monsone estivo, la tensione del gruppo è aumenta-ta da notizie allarmanti diffuse alla vigilia della partenza:vaste zone di India, Nepal e Bangladesh erano in stato diemergenza8. Sono stata bombardata di domande e richie-ste. Si è aperto il cartello delle contestazioni, per poi pas-sare alle reazioni: cancellazioni, propositi di adattamento,inviti al coraggio, ammissioni di leggerezza e, dulcis in fun-do, pretese da “turista consumista” che - avendo sempreragione perché paga - esige lo stesso viaggio,ma senza pe-ricoli, in tutta comodità.Mi sono confrontata con chi di monsoni e camminate inNepal ne sapeva più di me e benché l’atmosfera non fos-se promettente, ho raccolto una mole di informazioni in-coraggianti: avremmo evitato facilmente ogni pericoloconcentrando l’itinerario nella Valle, dove non si segnala-va alcuna emergenza e saremmo stati assistiti quotidiana-mente dal corrispondente locale, che secondo le condi-zioni meteorologiche avrebbe suggerito variazioni al pro-gramma. Così è stato, anche se il viaggio non si è svoltoperfettamente in armonia, benché il gruppo fosse giova-ne, vario e simpatico.Fare trekking in zone himalayane durante un monsone ri-chiede una totale immersione, fisica e psicologica.Quando mi era concesso distaccarmi, anche solo psico-logicamente, dal gruppo -, mettevo alla prova la mia mas-sima misura di tolleranza e salute, per immergermi nel-l’ambiente e rigenerarmi, cosicché ho visto, vissuto e fo-tografato molto più di quanto possa ricordare qui. Forseanche le mie immagini e sensazioni sono emerse a pocoa poco nei ricordi dei compagni di viaggio,anche se in mo-di e momenti diversi.In circostanze simili è difficile coordinare e alleggerire ladiffidenza del gruppo. Ho prestato un’attenzione non in-vadente, ma prudente, eppure sono stata fraintesa. Hopercorso chilometri per ricongiungere il gruppo e riceve-re rassicurazioni dalle guide su come comportarsi e se-gnalazioni sulle necessità di chi era corso troppo avanti orimasto troppo indietro. Inoltre avevo annotato rifugi,punti telefonici e posti di polizia per ognievenienza.

Tutto l’itinerario del trekking è stato compiuto, non c’èstato alcun incidente, tuttavia non ho potuto evitare in-comprensioni e spiacevolezze. Il gruppo era stanco e fra-stornato dalla settimana precedente per varie ragioni: dacambi di programma,a tempi e spostamenti in pullman.Ledinamiche innescate da stanchezza, intemperie e disagisono imprevedibili, il passo dal nervosismo alla lite è mi-nimo. Per chi vive il viaggio serenamente e il trek comeun’amichevole competizione, precauzioni e avvisi sonotroppi; chi avverte disagi rispetto alle abilità di altri si sen-te insicuro e trascurato;chi affronta per la prima volta unasgambata in Himalaya e non ha fatto i conti con dislivellie sentieri, rischia di entrare in crisi e contagiare gli altri.Sul volo di rientro, quando ho capito di essermi seria-mente ammalata,ho provato rammarico per non esser ri-uscita a trasmettere al gruppo la bellezza di un popolo edi un ambiente ai quali l’ecoturismo giova più del turismotradizionale.A parte il trekking, abbiamo soggiornato prevalentemen-te nei borghi rurali e nella Valle di Katmandu, dove bre-vissimi acquazzoni e lievi pioggerelline non hanno turba-to visite a monumenti, centri storici e luoghi di culto.Abbiamo rinunciato a visitare il Terai, di cui abbiamo indi-viduato le aree colpite dalle inondazioni durante il volo dirientro, fino al confine con l’India occidentale e nelBangladesh. In quei luoghi il monsone è il Diluvio e i dis-astri sono cronache annunciate ogni anno, perchésono zone rurali ad alta densitàdemografica,

difficilmente raggiungibili e prive d’infrastrutture, dovesmottamenti e frane disintegrano le baracche di assi efango in cui la gente abita.Il volo panoramico sull’Himalaya, firmato Yeti Airlines,ha ri-scaldato gli animi! Intrapreso prima o dopo il trek, è unacarica d’energia da assumere in una mattina assolata o va-riabile. Il velivolo squarcia la coltre di nubi e conduce inpochi minuti all’anticamera del Paradiso, dai verdi brillan-ti delle vallate agli azzurri del cielo, catapultati in un so-gno! E’ possibile ammirare il Tetto del Mondo da ogni pro-spettiva, con le sue cime innevate e la maestosa coronadell’Annapurna. Quando si atterra, le nubi inghiottisconole vette fino a farle scomparire in tempo reale.Rinunciarea questo volo significa rimpiangere una delle ragioni perle quali vale la pena visitare il Nepal almeno una volta nel-la vita.

Dalla ricerca all’incontroIl viaggio è vacanza, ma anche ricerca, un’esperienza daconciliare con esigenze personali e collettive, con le pos-sibilità e la disponibilità di chi ospita. Dinanzi all’impreve-dibilità di eventi e persone che si presentano, dovremmomigliorare la nostra prontezza nel saperle accogliere anostra volta. L’esperienza più entusiasmante è imparare acondividere la quotidianità con chi ci accoglie e così il suotempo, il suo ambiente, la sua cultura. Viaggiare non èun’avventura caotica e casuale, ma significa vivere la veri-tà dei luoghi, incontrare i popoli nella loro vita reale, nonin una pellicola fotografica o cinematografica, carica di pa-thos e col finale che più ci aggrada.Jeevan, la nostra guida nepalese, ci ha invitato a non la-mentarci del monsone e a non guardare con curiositàmorbosa riti e tradizioni locali, come la cremazione sullepire a Pashupatinath o i sacrifici alla dea Kalì a Dashinkali.Ci ha esortato a osservarli mantenendo un atteggiamen-to mite e rispettoso, interrogandoci sul senso e i valoriche il suo popolo vi riconosce. Significa immedesimarsi inchi ci ospita e sperimentare la nostra capacità di adatta-mento, trasformarci da ospite inatteso a ospite gradito, ac-colto e accogliente. L’incontro tra diversità, come il mi-stero o il dubbio della scelta, richiede coraggio. Pazienza,tolleranza e benevolenza aiutano, ma in termini più prati-ci, si tratta di rispettare l’universale Regola Aurea dell’a-more per il prossimo.

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