Controcorrente 03 | Edizione nazionale

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CONTROCORRENTE odio chi non parteggia, odio gli indifferenti Numero 03 1

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Giornale di controinformazione studentesca

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CONTROCORRENTE odio chi non parteggia, odio gli indifferenti Numero 03

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CONTROCORRENTEodio chi non parteggia, odio gli indifferenti

Numero 03 | chiuso in redazione il 20 febbraio 2013

Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero:Stefano LorussoVincenza VarioGiacomo ZolezziErasmo SossichNiccolò F.

Impaginazione e grafica:Giovanni de DenaroRedazioni territoriali:FVG Cora Orlando 3482501507Liguria Alberto Vannoni 3489821122Calabria Pierpaolo Mosaico 3890377400Trentino Erasmo Sossich 3487853416

Questo giornale è pubblicato in licenza Creative Commons BY-NC-SA. Ciò significa che è possibile distribuire, modificare, creare opere derivate da questo numero, non a scopi commerciali, a condizione che venga riconosciuta la paternità dell'opera all'autore e che alla nuova opera vengano attribuite le stesse licenze dell'originale, quindi ad ogni derivato non sarà permesso l'uso commerciale.

IN QUESTO NUMERO:Editoriale

IN DIREZIONE OSTINATA E CONTRARIAdi Erasmo Sossich.................................................. 3

Invalsi

valutatinon schedatidi Vincenza Vario, Niccolò F.................................. 5

Femminismo

italia e femminicidiodi Stefano Lorusso..................................................8

Tra Vecchio E Nuovo Populismo

NON TEMO BERLUSCONI IN SE' TEMO BERLUSCONI IN MEdi Stefano Lorusso................................................11

Tra Vecchio E Nuovo Populismo

Un grillo qualunquedi Giacomo Zolezzi................................................14

Editoriale

Scegliamo la lotta della Redazione Controcorrente.........................16

Ultima

RIDIAMOCI SU................................................................................20

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ontrocorrente è un giornale studentesco di Controinformazione

scritto da studenti per gli studenti, autonomo, autofinanziato e partigiano. Inizia ora il proprio percorso, e nasce dalla volontà di un gruppo di studenti, uniti nella riflessione sui temi attuali, di dare voce agli studenti su argomenti che dalla scuola vanno ad investire la società intera. Abbiamo scelto di unirci nella scrittura di un solo giornale, che gestiamo in parte in modo unitario in una redazione nazionale e in parte autogestiamo di città in città.”

“C

Queste le prime righe del n.0 di ControCorrente. Sono passati 5 mesi. 5 mesi, 4 numeri, e decine di articoli scritti da soli studenti. Centinaia di copie distribuite. Controcorrente è un’idea che pian piano sta trasformandosi in realtà. E non intendiamo fermarci ora. Discutendo assieme gli articoli, praticando nelle riunioni una gestione diretta e democratica del

giornale ( Internet con tutti i limiti della tecnologia si è dimostrato uno strumento utilissimo) le redazioni di città distanti centinaia di chilometri hanno scritto assieme le prime pagine di un percorso pieno di ostacoli e difficoltà, ma soprattutto di determinazione, entusiasmo, socialità, le prime pagine di un giornale studentesco controcorrente.

CC è scritto oggi da studenti e studentesse molto diversi tra loro, ma uniti dalla convinzione che vi debba essere oggi nelle scuole e tra gli studenti una radicale e diffusa lotta allo stereotipo, al pregiudizio, al pensiero semplice, che vi debba essere una controinformazione e una discussione che vada oltre al sistema d’informazione e d’intrattenimento massmediatico. E’ scritto da studenti uniti dalla necessità di esprimersi, di raccontare, di avere uno spazio dove il pensiero di uno studente possa trovare espressione anche se scomodo, dove poter parlare

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Editoriale

In direzioneOSTINATA E CONTRARIAdi Erasmo Sossich | Trento

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liberamente di qualunque cosa senza essere al guinzaglio di nessuno, liberi come si può essere solo quando economicamente indipendenti ed autofinanziati, liberi come si può essere solo slegati da qualunque apparato burocratico. Perché è questo ControCorrente, un giornale studentesco, autogestito direttamente dagli studenti stessi, dove chi scrive può parlare di ciò che vuole senza censura.

Siamo al quarto numero e se CC resta ancora un giornale di nicchia, di bassa diffusione e conosciuto in poche zone dell’Italia, crediamo però in questo progetto e crediamo negli studenti e nelle studentesse. Perché sono in tanti e in tante e in tutta Italia, nelle città dove CC ancora non esiste, che non ci stanno ad accettare il bavaglio, che non accettano di essere costretti ad urlare in silenzio, e con loro e per loro, vogliamo scrivere controcorrente ●

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nche quest'anno gli studenti di tutta Italia dovranno svolgere le Prove Invalsi,

anche quest'anno i professori di tutta Italia saranno costretti a somministrarle. Anche quest'anno molti di noi le boicotteranno. Le prove invalsi sono dei test a crocette standardizzati che vengono distribuiti ogni anno nelle seconde e quinte elementari, nelle prime e terze medie (perfino all'esame di terza media) e in tutte le seconde superiori,con prove di matematica ed italiano. Sul loro obiettivo sono state dette molte cose. Se inizialmente

A dovevano servire per motivi statistici, ora sempre più spesso si sente che queste prove devono essere sfruttate per valutare e “migliorare” le scuole, dove miglioramento significa adeguamento ad un certo standard. Volenti o nolenti.La legge di stabilità prevede che dal 2014 siano stanziati maggiori finanziamenti alle scuole “migliori”. Certamente questi premi non incentivano nessun miglioramento reale, perché il rendimento di uno studente è determinato da innumerevoli fattori socio-culturali ed essendoci situazioni differenti in

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Invalsi

ValutatiNon schedati

di Vincenza Vario, Niccolò F. | Trieste

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ogni scuola, i risultati saranno necessariamente differenti. Inoltre assegnando finanziamenti alle scuole ritenute migliori e togliendoli a quelle ritenute peggiori si svantaggiano queste ultime e si creano grandi differenze tra le scuole di serie A, per i ricchi, per chi si può permettere un'istruzione di alto livello, e quelle di serie B, dove vengono relegati tutti gli altri, come già succede in altri paesi come gli Stati Uniti o l'Inghilterra. Questo porterà anche a un'omologazione dei programmi nel tentativo di ottenere risultati migliori, riducendo così la libertà di insegnamento e gli approfondimenti che vengono svolti. Ma come è possibile valutare oggettivamente le scuole? Abbiamo ragione di pensare che il criterio che verrà utilizzato sarà quello delle Invalsi, che si ripropone di essere oggettivo, ma che non può che fallire.Non è pensabile, infatti, valutare “oggettivamente” una cosa come la scuola, che è costruita da persone sempre diverse, con esigenze sempre diverse. Valutare oggettivamente vuol dire valutare senza tener conto della personalità dello studente, mettendo la sua identità, il suo percorso, il suo essere una persona, in secondo piano.Le crocette però non riguardano soltanto conoscenze scolastiche ma vi è un'intera parte di questi test dedicata a informazioni personali dello studente e della sua famiglia, informazioni private che vanno a

formare una vera e propria schedatura e che vengono rese disponibili non solo ai professori della classe ma anche al dirigente scolastico della scuola presa in considerazione.Inoltre la scuola, con le Invalsi impone ai suoi studenti dei test a crocette, assolutamente nozionistici, dove il pensiero critico è banalizzato. Dove una persona non ha la facoltà di creare una risposta propria perché ogni suo pensiero deve essere ricondotto a una scelta tra opzioni pensate da qualcun altro. Intorno a questi test poi si è formato un grosso business tra libri di testo, test di verifica e istruzioni per l'uso e lo stesso istituto che li organizza accetta finanziamenti dai privatiLa scuola delle Invalsi, inoltre, è una scuola che, invece di accogliere, respinge. Infatti il dirigente scolastico di ogni scuola può decidere che gli studenti con disturbi specifici dell'apprendimento siano condotti fuori dalla classe durante queste prove perché “non standardizzabili” additandoli di fatto come diversi ed emarginandoli.Il processo che fa della scuola un istituzione addetta sempre più all'omologazione, al disciplinamento, all'indottrinamento degli studenti tramite un insegnamento puramente nozionistico, assolutamente inadeguato a fornire allo studente gli strumenti critici necessari alla comprensione della realtà in cui è inserito è finalizzato alla produzione

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di una nuova generazione manipolabile, incapace di capire il mondo ed agire all'interno di esso in base alle proprie necessità ed ai propri bisogni. Questo processo per quanto legale e in parte già legge va fermato, e siamo noi studenti a dover agire per primi, coinvolgendo dove possibile i professori meno integrati e proni alle regole della scuola, ricorrendo a forme legittime di boicottaggio, di disobbedienza, organizzando l'informazione e il conflitto nelle piazze e negli istituti. Già l'anno scorso le prove Invalsi sono state in buona parte fermate, e migliaia di studenti sono scesi in piazza per chiedere un altro modello di scuola, e questa è la direzione verso cui agire nei prossimi mesi. VALUTATI NON SCHEDATI! ●

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emminicidio: un neologismo per descrivere la condizione della donna nel 2012.F

Il termine, coniato per la prima volta da Diana Russel nel 1992, (quando pubblicava il suo libro " Femicide: The politics of woman killing"), vuole descrivere non solo la singola uccisione della donna, ma la condizione che la stessa si trova ad affrontare quotidianamente in quanto Donna. Il termine fu usato ufficialmente per la prima volta nel 2009 dalla Corte interamericana dei Diritti Umani

per condannare gli episodi ( 500! ) di donne violentate e poi uccise a partire dal 1993 in Messico, nella totale indifferenza del governo di Ciudad Juarez. Per dare la misura delle atrocità subite dalle donne messicane, basta dire che nel corso dell'inchiesta furono trovati cadaveri di donne sciolte nell'acido e buttate nella spazzatura.In Italia di certo la situazione ha sembianze più " umane ", se ma di " umano " si possa parlare accostando il termine a quello di Femminicidio o più banalmente di uccisione o

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Femminismo

italiaE femminicidio

di Stefano Lorusso| Torino

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omicidio.Nel 2011 in Italia sono state uccise 137 donne, con una media di una donna uccisa ogni 3 giorni.Sarebbe giusto a questo punto interrogarsi sulla natura e sulle motivazioni di tale fenomeno.Per Femminicidio si intende ogni forma di discriminazione, violenza (fisica e psicologica), vessazione fino ad arrivare al caso estremo: l' uccisione.Nella quasi totalità dei casi poi, è il "partner" o "ex-partner" a commettere il reato (anche la violenza è un reato!): quali le motivazioni?“Troppo amore”, “l'amavo più della mia vita stessa”... Ebbene, non è possibile uccidere per troppo Amore.Il Femminicidio e la violenza di genere sono legati ad un fattore di tipo culturale che vede la donna (e in questo il parroco di Lerici, il buon Don Piero Corsi, è una cima) sottomessa al capo maschio, alla mercé di un oggetto da poter sacrificare fisicamente e psicologicamente per dimostrare la virilità del maschio Alfa. Nel nostro paese siamo ancora lontani dalla reale parità di genere ed è la figura dell' uomo e fidanzato padrone che regola i rapporti della coppia, ad imporre questo modello antico e sessista. In parallelo è andata sempre di più normalizzandosi l'idea dell'impegno esclusivamente domestico della donna, come levatrice e padrona

dello spazio domestico.È un problema, socialmente prima e familiarmente poi, molto diffuso nel nostro Paese.È un fenomeno che ormai in prosegue come un flusso inarrestabile: nel 2012 sono state assassinate più di 100 donne e la maggior parte di loro (il 70%) è stata precedentemente vittima di violenze all'interno della propria relazione amorosa e della propria famiglia: una vera e propria mattanza.Non serve citare altri dati per capire quanto la considerazione culturale e sociale della donna sia in Italia alla stregua di un oggetto, mercificata da anni di " fallocentrismo " da parte delle politiche di comunicazione dell' On. Berlusconi, portatore " sano " di un'idea della donna che ha poco a che fare con la dignità che le spetterebbe.Si tratta di un fenomeno culturale che ha a che fare con un concetto di donna che si è fermato al Medioevo e che ha a che fare con una misoginia diffusa che sembra essere particolarmente diffusa in Italia: solo negli ultimi tre anni si è potuta vedere una seppur timida svolta verso la regolamentazione e la penalizzazione del reato di Femminicidio. E' possibile, dire con certezza che l'Italia è ancora un paese che odia le donne, che continua a perpetuare un fenomeno assolutamente antisociale, dimostrato anche dai dati sulla

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condizione lavorativa femminile che lievita attorno al 46 % del totale (ventisettesimi su ventisette in Europa! Ultimi, quindi). Denuncia e socializzazione del problema sono solo due delle armi per combattere il Femminicidio.Chi tace è complice ●

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on temo Berlusconi in sè, temo Berlusconi in me. ( Giorgio Gaber )N

Quel sorriso che sa sempre di fresco, sempre vestito di tutto punto, i capelli (in silicone) sempre in ordine, quella mano portata sempre ad abbottonare i bottoni della giacca, le battute (volgari e quasi sempre a sfondo sessuale) e l'immancabile verve dell'uomo che vuole sedurre qualunque essere vivente che abbia due gambe e due braccia.Si, sto parlando di lui: Silvio

Berlusconi.

Dopo il crollo del suo ultimo governo nel 17 novembre del 2011 e l'avvento di Monti avevamo un po' tutti sperato che se ne fosse andato per sempre, che avesse finalmente intrapreso l'ascetica via della costruzione di ospedali per bambini in paesi del terzo mondo, che si dedicasse ai suoi sette nipoti di cui fa tanto sfoggio in questo periodo di campagna elettorale.E invece no. Il Caimano è tornato con le migliori intenzioni di

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Tra Vecchio E Nuovo Populismo

Non temo berlusconi in se'Temo berlusconi in meDi Stefano Lorusso | Torino

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spappolarci il cervello (come se non avesse centrato l'obiettivo in questi 20 anni di proto-dittatura) e indovinate in che modo?La risposta è ovvia. Come due inseparabili, B. non può vivere senza la sua beneamata televisione.La stessa televisione berlusconiana che ha lo stesso impatto sui cervelli degli italiani, che l'Ilva di Taranto ha sui polmoni dei tarantini.

In quest'ultimo periodo di campagna elettorale prima delle elezioni, B. è davvero ovunque: da Giletti su Rai1 poi dalla fedelissima Barbara d'Urso al calduccio di Canale 5, passando addirittura per l'unico canale nazionale sul quale non ha ancora messo le mani: la 7.Tralasciando i particolari della serata e tutti i commenti che da li son nati, vorrei soffermarmi a riflettere sullo tsunami mediatico che B. sta portando avanti.Il suo personalissimo (e sottolineo personalissimo) partito a Novembre dello scorso anno era dato al 10 % scarso nei sondaggi, l'alleanza con la Lega, sua compagna di malefatte, in vista delle future elezioni era sempre più lontana ( viste anche le percentuali bassissime nei sondaggi della Lega stessa ) e per un attimo ci si era illusi che il Caimano fosse, se non morto, almeno morente.Poi in men che non si dica ha iniziato la procedura di ricostruzione della verginità politica.Tanti sorrisi, tante battute, ma

pochi contenuti e quei pochi contenuti hanno margini di populismo da far arrossire anche Beppe Grillo:, come l' abolizione dell' IMU, che lui stesso ha votato e sostenuto quando c'erano i tecnici al governo, la solita, arrogante e assurda pretesa di modificare la Costituzione, passando ovviamente per il refrain della Magistratura comunista.Sembra davvero di vivere in uno di quei film dell'orrore che sembrano non finire mai. Ha giurato però, che non si candiderà alla Presidenza del Consiglio, ma in caso di vittoria elettorale sarà Ministro dell'Economia, perché giustamente il progetto di far affondare l'Italia va portato fino in fondo (in vista di un'uscita di scena sullo stile del capitan Schettino). Resta da capire perché sul simbolo elettorale campeggia ancora una bella scritta che recita: " Berlusconi Presidente " e perché a circa un mese dalle elezioni la coalizione di centro-destra, che pare essere costituita dal PDL e basta, non abbia ancora un candidato premier… Il sospetto cresce naturale.Il Cavaliere ripropone nei suoi comizi televisivi un micidiale mix di battute e una linea politica alla " vogliamose bene ", ma soprattutto (fatta eccezione per Servizio Pubblico di Santoro) c'è da sottolineare la totale assenza del contraddittorio nelle trasmissioni a

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cui prende parte.Nella quasi totalità dei casi Silvio Berlusconi è " ospite " in casa sua di trasmissioni a basso contenuto intellettuale, libero di pontificare e manipolare la realtà a sua discrezione. Sembra che la sua campagna elettorale sia incentrata sui sorrisi, sulle battute e sugli scherzi. Non sarebbe la prima volta, del resto.Parlando del recente passato italiano, il Caimano si scrolla da dosso tutte le colpe della crisi economica e politica, prima accusando le banche tedesche di aver dato inizio alla vendita-domino dei Titoli di Stato italiani, poi urlando al complotto europeo cambiando la verità dei fatti alla stessa velocità con cui spara balle.Il suo agire ricorda un po' quello del celebre romanzo di G. Orwell, 1984.Nel libro i cittadini di Oceania sono obbligati volontariamente ( è un ossimoro, ma è così ) ad assistere ai soli programmi che il Partito manda in onda, con il solo fine di manipolare le menti e i ragionamenti della comunità a scopi politici. Cosa accade poi nel romanzo di Orwell? Una fitta rete di burocrazia ha il compito di manipolare la memoria storica e la realtà a piacimento del Partito, attraverso gli archivi di giornali e televisione.Ecco, capita spesso di pensare che il paese in cui viviamo non è poi così lontano dalla distopia descritta da

Orwell e che B. abbia manipolato a suo piacimento la memoria degli italiani predicando amnesia storica, ricostruendosi (in tutti i sensi) di volta in volta una nuova faccia, salvo poi riproporre di campagna in campagna gli stessi, identici e ripetitivi argomenti proposti nella campagna elettorale precedente.E adesso, che è ritornato per la settima volta, quanti saranno gli italiani che crederanno ancora alle sue favole?Non temo Berlusconi in sè, temo Berlusconi in me (G. Gaber) ●

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n un momento come quello at-tuale, in cui le forze partitiche non sono in grado di rappre-

sentare il volere, le necessità del po-polo italiano, osserviamo la diffusio-ne virulenta di movimenti antipoliti-ci, anticasta che cavalcano l'onda del malcontento popolare.

I

Una di queste forze è il movimento 5 stelle, di cui si è molto parlato ne-

gli ultimi mesi, esso si pone come al-ternativa alla politica del "palazzo" formando una contrapposizione tra noi e loro proponendo come soluzio-ne una forma di democrazia diretta che in realtà è piuttosto una demo-crazia inmediata che crea una con-nessione diretta tra seguaci e leader. IL problema principale che si va a palesare con questa forma di "gover-

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Tra Vecchio E Nuovo Populismo

UN grilloQualunque

Di Giacomo Zolezzi | Genova

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no" è che si vuole dare una parvenza di controllo diretto da parte dei cit-tadini, attraverso il web, anche se poi in realtà le decisione vengono prese da una ristrettissima cerchia di persone, spesso solo una: Beppe Grillo!Ma analizziamo più precisamente la strategia e il programma di Beppe Grillo: esso assume caratteri fonda-mentali del berlusconismo come la retorica meritocratica e l'elogio pri-vatistico in connubio con un uso sa-piente dei media per cui va a distor-cere una realtà che già di per se è di-storta una delle principali caratteri-stiche del berlusconismo.Uno dei punti cardine della sua poli-tica è l'essere antisistemico anche se in realtà le posizioni del movimento sono principalmente volte ad una re-staurazione del sistema in quanto at-tribuisce i problemi alla mala ammi-nistrazione e non alle problematiche insite nel sistema.Un'altra tattica utilizzata dal Movi-mento 5 Stelle è quella di inserirsi in lotte specifiche (come il NoTav) in modo totalmente propagandistico e strumentale al fine di creare consen-si da una parte e dall'altra di fortifi-care la presenza sul territorio.In questi mesi si è anche svolto un dibattito molto interessante e sen-z’altro esplicativo delle tendenze di Grillo, quello sull’espulsione di alcu-ni membri per esser intervenuti in un talk show che a quanto pare viola lo statuto del movimento. Il proble-ma di questo avvenimento, non è

tanto l'espulsione in se quanto essa sia stata decisa solamente da Beppe Grillo e non da un qualsiasi organo decisionale del movimento. Riguardo a ciò è senz’altro interessante una delle poche interviste concesse dal guru informatico Casaleggio rispon-dendo a una domanda sulla mancan-za di democrazia all’interno del mo-vimento: "Lo statuto del 5 stelle contiene le regole, se volete cambiar-le potere fondare un altro movimen-to.”In conclusione si può comprendere come questo movimento non sia tra-scurabile e bollabile come un fattore effimero nella politica italiana ma che sia frutto degli errori della poli-tica e della sinistra italiana che non ha saputo porre una vera alternativa antisistemica ●

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orremmo un cambiamento. Vorremmo da oggi cominciare a vivere una società giusta,

dove poter essere liberi, nel lavoro, nello studio, nel costruire per noi la vita che desideriamo. Vorremmo essere liberi di muoverci. Vorremmo la certezza di avere sempre una casa, vorremmo la certezza di poter sempre soddisfare i nostri bisogni essenziali, i nostri diritti. Vorremmo una società da costruire assieme, per tutti, di tutti, senza confini, militari

V o culturali. Vorremmo una società dove il lavoro sia lo strumento di tutti per liberare e per costruire attorno a sé il mondo che si vuole costruire, con le proprie passioni, le proprie capacità ed i propri saperi, qualunque esse siano, perché ci sarà sempre qualcosa da costruire. Che sia un lavoro dignitoso, sicuro, i cui ritmi e orari siano umani e regolati dalle necessità dell’uomo e non del profitto, dove non esista precariato dove non si sia costretti a vendere la

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Editoriale

ScegliamoLa lotta

della Redazione Controcorrente Trento

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propria forza lavoro fino a 70 anni. Vorremmo una società dove il tempo libero sia libero anche dalle logiche del profitto, dalle logiche del consumo che alienano ciascuno di noi. Vorremmo un'informazione non centralizzata, direzionata, censurata, svincolata dal sistema mass-mediatico, dal controllo statale e delle multinazionali. Vorremmo sapere che ciò che mangiamo e consumiamo non passa attraverso lo sfruttamento di lavoratori che saranno sempre nostri compagni, e non concorrenti in una guerra, in un mercato internazionale, in cui il capitale vince sempre, e uomini e donne perdono, vita, diritti, sangue, e dignità. Vorremmo vedere scuole che forniscano gli strumenti per l'emancipazione dell'individuo, in cui i saperi vengano elaborati criticamente e siano lo strumento che spezzi le catene dell’oppressione religiosa, fascista, autoritaria, e ridia forza alle nostre idee e alle nostre lotte. Vorremmo vedere le risorse di questo pianeta ridistribuite e utilizzate razionalmente, fuori dalle logiche di un consumo malato e rapace, perché siamo in 7 miliardi, e ce n’è per tutti, ma non per andare tutti in automobile, o per avere tutti un tablet. Vorremmo vedere in fiamme le sedi della finanza globale, vorremmo vedere i carri armati di ogni esercito di invasione rovesciati, vorremmo vedere le basi americane di tutto il pianeta svuotarsi dai cacciabombardieri che per mezzo

secolo hanno segnato morte in nome della democrazia. Vorremmo vedere i parlamenti svuotati dagli uomini e dai partiti che ci hanno governato difendendo i privilegi di pochi per tutti questi 60 anni di “Democrazia” prima Cristiana, poi solo teatrale spettacolo di agghiacciante squallore politico liberale e riformista, di questa Xenofobia razzista leghista, di questo Berlusconismo, di questo pantano mafioso. Vorremmo rendere il più diretta e partecipativa possibile la gestione dei beni comuni. Vorremmo vedere i luoghi della produzione materiale e immateriale, le fabbriche come le università, autogestite dai lavoratori stessi, dagli stessi studenti. Vorremmo città senza ghetti sociali, senza aree dove vengano segregati i reietti, scuole in cui il sapere e il saper fare abbiano pari dignità, dove il figlio dell’operaio e del dottore possano studiare assieme e scegliere rispettivamente di fare l’ingegnere e l’artista di strada.

Vorremmo un cambiamento. Che fosse radicale, che investisse la società intera e le nostre vite. Un cambiamento che l’attraversi tutta, che passi dall’economia e dall’organizzazione del lavoro, ai valori, ai comportamenti, al modo di ragionare che questa società ha su se stessa, fino al senso stesso che hanno assunto la nostra quotidianità, il nostro tempo, le nostre relazioni.

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Per questo, siamo Partigiani. Per questo siamo per la Resistenza, per la Rivoluzione. Per questo lottiamo dal basso, ci organizziamo, costruiamo spazi autogestiti, occupiamo strade, piazze e stazioni, scriviamo, lanciamo assemblee, volantiniamo la mattina, il pomeriggio. Per questo siamo militanti. E non ci accontentiamo di volerlo. Ogni giorno cerchiamo di costruirlo assieme, impegnandoci in prima persona, nella nostra scuola come dappertutto. Partiti di centrosinistra, destra, oppure Grillo, la Lega, e chiunque ci chieda di votare, e ci dice che votare loro è l’unico strumento nelle nostre mani per cambiare le cose, ci sta dicendo di non lottare per questo cambiamento, di non creare realmente nessun cambiamento, di legittimare qualcuno a rappresentarci mentre in realtà manterrà intatti i rapporti economici e sociali in cui siamo costretti e legittimerà la tua sottomissione. Sono davvero così rivoluzionari i loro programmi? Nessuno di loro ci consegnerà il futuro che vogliamo. Sono perfettamente coerenti alle logiche di questo sistema, il sistema capitalistico, che noi critichiamo, e a cui cerchiamo un’alternativa. Servono cambiamenti economici e sociali strutturali, serve un altro modello di sviluppo. In una società dove esiste la libertà di sfruttare l’altro ogni altra libertà è illusoria:

questo modello non può essere riformato, gli interessi e i bisogni di oppressori e oppressi saranno sempre contrastanti e proporre di risolvere questa contraddizione con una riforma all’interno di questo stesso sistema è retorico e nei fatti inattuabile. Credere che votare sia l’unico modo per cambiare le cose, significa rinunciare a tutti gli altri. Guardando alla storia, non c’è partito che sia riuscito a raggiungere il potere tramite il voto e dopo questo essere riuscito a creare il cambiamento realmente necessario, economico, culturale e sociale. L’alternativa va costruita e praticata dal basso.

Mai, in cento anni di parlamento italiano, un Partito con un programma radicale è riuscito a vincere le elezioni, e da lì innescare un cambiamento. Si sono ottenuti e potrebbe essere possibile ottenere grazie ad una rappresentazione all'interno degli organi istituzionali del conflitto portato avanti al di fuori di questi, vittorie su obiettivi parziali, ma queste devono rimanere funzionali alla lotta portata avanti dai movimenti sociali, culturali, che coinvolgono direttamente decine e centinaia di migliaia di persone, e sono in grado di cambiare il loro modo di vivere e di pensare. Lo sono stati i movimenti di Seattle e Genova, che hanno saputo criticare un sistema globale coinvolgendo milioni di persone, lo è stato il 68’ e

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i migliaia di giovani donne e uomini che mettevano in crisi un sistema scolastico logoro, lo sono stati gli operai e i lavoratori che negli anni 70’ si sono presi i diritti sul lavoro e nella vita che ora ci vengono tolti, lo sono state le donne che hanno lottato per il diritto al divorzio, all’emancipazione, il diritto al proprio corpo. Lo è stato L’onda, lo è stato la Pantera, che hanno cambiato la vita di migliaia, e hanno fermato la privatizzazione della scuola pubblica. Lo sono oggi i guerriglieri maoisti in India, gli Zapatisti in Messico, i palestinesi sulla striscia di Gaza, il movimento studentesco cileno. Dentro e per questo cambiamento costruiamo l’alternativa, creiamo controcultura, liberiamo spazi, difendiamo diritti, ci organizziamo. Il dibattito eletto-rale mostra quanto questi partiti sia-no promotori di cambiamento solo fino a quando questo sarà comodo agli interessi economici della finan-za, dell’industria e della mafia italia-na e straniera. Non ci basta. Noi sce-gliamo la Lotta ●

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