Un solo mondo 4/2010...solo da 100 a 200 kg di legna. Una ventata di ossigeno per le riserve...

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Un solo mondo N. 4 / DICEMBRE 2010 LA RIVISTA DELLA DSC PER LO SVILUPPO E LA COOPERAZIONE www.dsc.admin.ch Pesci, muli, manzi e capre Gli animali rivestono un ruolo centrale nello sviluppo Mongolia, paese in cerca di una nuova identità Sicurezza sul terreno, una partita difficile

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Un solo mondoN. 4/ DICEMBRE 2010LA RIVISTA DELLA DSCPER LO SVILUPPO E LACOOPERAZIONEwww.dsc.admin.ch

Pesci, muli, manzi e capreGli animali rivestono un ruolo centrale nello sviluppoMongolia, paese in cerca di una nuova identità Sicurezza sul terreno, una partita difficile

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Sommario

3 Editoriale4 Periscopio

26 Dietro le quinte della DSC33 Servizio35 Nota d’autore con Marco Solari 35 Impressum

La Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC), l’agenziadello sviluppo in seno al Dipartimento federale degli affari esteri(DFAE), è l’editrice di « Un solo mondo ». La rivista non è unapubblicazione ufficiale in senso stretto ; presenta, infatti, ancheopinioni diverse. Gli articoli pertanto non esprimono sempre ilpunto di vista della DSC e delle autorità federali.

D S C

F O R U M

6 AnimaliSfruttati, temuti, amati e da sempre indispensabili Gli animali da reddito svolgono un ruolo centrale nell’ambito della sicurezza alimentare e della riduzione della povertà. Ma l’allevamento comporta anche rischi per l’uomo e l’ambiente

12 Agricoltura e pesca, un binomio vincente L’acquicoltura è un’alternativa valida per milioni di poveri nel mondo che a causa della diminuzione delle riserve ittiche soffrono la fame

14 Lotta intelligente contro mosche tse-tse e locuste migratorie Intervista con Christian Borgemeister dell’istituto di ricerca ICIPE di Nairobi

16 Soccorso umanitario a dorso d’asino Dopo il devastante sisma in Pakistan, la Svizzera ha fatto ricorso a dei muli per trasportare gli aiuti nelle zone montuose difficilmente raggiungibili

17 Cifre e fatti

18 « Nella steppa mi sento libera » In Mongolia dalla fine del socialismo e dall’introduzione dell’economia di mercato cresce il divario fra ricchi e poveri, fra città e campagna

21 Una giornata tipica di... Felix Fellmann, capo dell’Ufficio di cooperazione e del Consolato svizzero di Ulaanbaatar

22 Non è che gli uomini siano meno bravi…La giornalista mongola Khulan Khuderchuluun ci parla dei giovani del suo paese

23 Aiuto affidabile per profughi palestinesi La Svizzera sostiene l’agenzia onusiana UNRWA dalla sua fondazione che risale oramai a sessanta anni fa

24 Combattere ancestrali strutture di pensiero patriarcaliUn’intervista con Mariela Castro Espín, direttrice di Cenesex. La figlia di Raul Castro si batte a Cuba e nel mondo per i diritti delle donne e degli omosessuali

27 La sfida della sicurezzaNella cooperazione allo sviluppo e nell’aiuto umanitario i rischi ai quali sono esposti gli operatori aumentano e di conseguenza si intensificano i dispositivi di sicurezza

30 Un verdetto giusto, fonte di speranzaCarta bianca : Ekrem Çitaku si rallegra del verdetto della Corte internazionale sull’indipendenza del Kosovo

31 Una firma che è un impegno La convenzione Unesco sulla protezione e l’incoraggiamento della diversità culturale e delle sue forme espressive evidenzia il ruolo centrale della cultura per lo sviluppo. Spetta alla Svizzera ora implementare la convenzione

O R I Z Z O N T I

C U L T U R A

D O S S I E R

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Nella storia dell’evoluzione gli animali hanno da sempresvolto un ruolo centrale. La rivoluzione maggiore nellastoria dell’uomo è stata compiuta indubbiamente con ilpassaggio dai popoli di cacciatori-raccoglitori a quellidegli allevatori e agricoltori. Il nuovo rapporto che si ècosì istaurato fra uomini e animali (e piante) ha costituitola base per la fioritura delle alte civiltà antiche. Gli uten-sili e il fuoco, benché due tappe evolutive anch’esse im-portanti, non sono bastati per innescare questo pro-cesso.

Da sempre, in tutte le civiltà, gli animali hanno occupatoun ruolo determinante. Popolano i nostri miti, le nostreleggende e favole, e addirittura i nostri sogni. Quando liconsideriamo amici, decantiamo le loro lodi, quando cisembrano belve e mostri, li combattiamo. Gli animali or-nano i nostri stemmi e tatuaggi. A volte, nella nostra im-maginazione, uomo e animale diventano un tutt’uno :pensiamo al centauro, alla sirenetta o alla testa di me-dusa. E c’è chi porta un cognome quale Gatti, Pesce oCavalli.

Anche se oggi per sentirci protetti non dipendiamo piùdai cani, e per spostarci non ci affidiamo più in prima li-nea ai cavalli, nella nostra vita gli animali mantengonoun posto in prima fila : in quanto fornitori di cibo o com-pagni contro la solitudine. E come creature dalle capa-cità così sorprendenti da lasciarci stupefatti – un’espe-rienza che io stesso ho vissuto più di una volta.

Ero direttore del Centro internazionale di sminamentoumanitario di Ginevra, e sostenevamo la creazione diprogrammi con cani antimine in paesi come l’Afghani-stan o il Cambogia. Più tardi si sono aggiunti ancheesperimenti con ratti addestrati a individuare le mine.Nessun’altra attività del centro ha mai attirato un pub-blico così vasto e attento. Gli animali dispongono di

capacità che finora superano di gran lunga le possibi-lità della tecnologia anche più sofisticata. Un cane riesce a fiutare una bottiglia di whisky versata nel lagodi Ginevra. Nel nostro programma di addestramento, iratti sono riusciti a decodificare delle serie di cifre estre-mamente complesse, che anche per i più grandi cervelloni umani non presentavano alcuna regolaritàapparente. In questo contesto ho imparato anche moltecose che si sottraggono alla nostra comprensione. Unodei nostri esperti stava lavorando in un campo minatoin Africa, brulicante di serpenti. Abbiamo dovuto so-spendere i lavori perché temevamo che i serpenti fa-cessero saltare le mine. Alla fine abbiamo trovato unaspecie di incantatore che sapeva parlare agli animali.Parlò ai serpenti – e questi si ritirarono, permettendoagli specialisti di sminare il campo.

Questa edizione di Un solo mondo è dedicata al ruolodegli animali nella cooperazione allo sviluppo e nel-l’aiuto umanitario. Copre solo una minima parte di que-sto affascinante argomento. Il beneficio che il rapportocon gli animali ha generato per noi uomini, ci obbliga atrattarli – insieme al loro ambiente – con rispetto e re-sponsabilità. Nell’allevamento di bestiame, a propositodella biodiversità o anche semplicemente quando vo-gliamo soddisfare la nostra curiosità.

(Tradotto dal tedesco)

Martin DahindenDirettore DSC

Editoriale

Uomini e bestie, un legame ancestrale

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Periscopiodelle bestie africane non sareb-bero importanti solo perl’Africa: «Le caratteristiche ge-netiche degli animali africani»,spiega Olivier Hanotte, «potreb-bero assumere importanza ancheper l’allevamento di bestiamemondiale, poiché alcune lineed’allevamento europee, ad esem-pio, hanno già perso la loro resi-stenza a determinati parassiti gastrici e intestinali». www.nottingham.ac.uk

Selciati di plastica ( jls) Migliaia di sacchetti di pla-stica distribuiti dai commerciantiricoprono le vie di Mopti, nelMali, e la loro diffusione costi-tuisce un vero problema di sa-nità pubblica. Ispirandosi a un’e-sperienza realizzata in Niger,con il sostegno della fondazioneAga Khan la città ha deciso dicombattere questo flagello in-stallando nella periferia cittadinaun impianto di riciclaggio chetrasforma questi rifiuti in sel-ciati. Diversi artigiani sono statiistruiti in una tecnica semplice e poco costosa: indossando unamaschera per proteggersi dalleesalazioni tossiche, cuociono adalta temperatura la plastica me-scolata a sabbia; la combustioneproduce una sorta di catrameche viene versato in stampi divarie forme. I selciati così otte-

Offensiva a favore dell’igiene( jls) Con il sostegno della co-operazione internazionale, il go-verno del Burkina Faso intendecostruire 55 000 latrine all’annofino al 2015 – come annunciatolo scorso mese di giugno dopoaver constatato che, al ritmo at-tuale, non si riuscirà a colmare il

ritardo accumulato nel raggiun-gimento degli Obiettivi di svi-luppo del Millennio. Con questaoffensiva nel 2015 il 54 percento della popolazione burki-nabé avrà accesso ad impianti sanitari adeguati, contro l’attualemedia nazionale del 10 percento. Nelle città il tasso è del

30 per cento, ma precipita al-l’uno nelle zone rurali. In mancanza di latrine, gli abitantifanno i loro bisogni all’aperto,spesso di notte per non esporsiad occhi curiosi. Luoghi discretiper eccellenza, nemmeno i cimiteri vengono risparmiati.Durante la stagione delle piogge,le vie sono invase da acque lu-ride. L’assenza di impianti sani-tari è fonte di malattie – in par-ticolare dissenteriche, una delleprime cause di mortalità deibambini.

Bovini in biobanche (bf ) Circa 8000 anni fa del be-stiame addomesticato giunse inAfrica dal Vicino Oriente adat-tandosi a condizioni talvoltamolto difficili come l’aridità e i numerosi parassiti. Ma oggi in Africa le razze indigene sistanno estinguendo: troppospesso i contadini preferisconobovini «esotici» provenienti daipaesi industrializzati, che pro-mettono rese migliori, ma pocosi addicono a sopportare le con-dizioni nella terra d’accoglienza.È quanto emerge da uno studiodi Olivier Hanotte, professore di genetica presso l’Università di Nottingham, che consiglia didepositare senza indugio in ban-che genetiche la biodiversità delbestiame africano. I genomi

Crematori verdi (bf) Dei 10 milioni circa di persone che ogni anno muoionoin India, l’84 per cento è indù. Secondo la tradizione fune-raria, la salma viene arsa su una pira alta un metro – conun consumo di mezza tonnellata circa di legna. Per pagareil rito di cremazione dei loro cari, che costa l’equivalente diuna cinquantina di franchi, molti indiani poveri si indebi-tano. Inoltre, ogni anno in India vanno in fumo quattro mi-lioni di tonnellate di legna, pari a 50 milioni di alberi o 2000km2 di superficie boschiva. Il fatto che la crescita demo-grafica del paese – l’India conta oramai 1,1 miliardi di abi-tanti – stia mettendo sotto crescente pressione le risorseforestali dà da riflettere anche al governo, che ha deciso disostenere in grande stile la costruzione di «crematoriverdi». Per un rito di cremazione questi impianti richiedonosolo da 100 a 200 kg di legna. Una ventata di ossigeno perle riserve boschive dell’India – nel rispetto delle tradizionifunebri indù. www.undp.org.in (chiave di ricerca: Mokshda green crema-tion)

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nuti sono poi utilizzati per pavi-mentare i quartieri. Oltre a ri-pulire la città, questo progettorappresenta una fonte di redditoper gli abitanti più poveri.Infatti, sono numerose le donneche raccolgono i sacchetti perstrada, li caricano su carretti e liconsegnano alla fabbrica, che ri-acquista i rifiuti al prezzo di 50franchi CFA al chilo, l’equiva-lente di 10 centesimi svizzeri.

Materiali economici da rifiutiorganici (bf ) In stretta collaborazionecon l’Università Cattolica delSacro Cuore di Piacenza l’inge-gnere italiano Umberto Manolaha sviluppato un procedimentoche consente di ricavare mate-riali economici da sottoprodottiindustriali e agricoli, per il mo-mento per la produzione ali-mentare, l’industria chimica ecartacea e la fabbricazione dicombustibili sostitutivi e biocar-buranti. Il materiale utilizzatoproviene da prodotti di scartoagricoli e silvicoli come pagliadi frumento e granturco o scarti

dalla spremitura di frutti da olio,ma potrebbero essere utilizzatianche anelli di legno, segatura,alghe, scarti animali e pesce.Questo procedimento cono-sciuto come HypercriticalSeparation Technology (Hyst), chenon produce acque di scarico néemissioni di CO2, mira a riuti-lizzare la maggior quantità possi-bile di componenti di biomassa.A mostrare particolare interesseper questo metodo vi sono an-che diversi istituti di ricerca sulleenergie alternative, che vedonoun enorme potenziale nei paesiin via di sviluppo. www.biohyst.it

Morsi letali (bf ) 5 milioni di persone su-biscono ogni anno il morso di unserpente, la metà dei quali vele-noso. Secondo l’Organizzazionemondiale della sanità OMS, ognianno 100 000 morsi di serpentecausano il decesso della vittima.Recentemente, alcuni ricerca-tori della Liverpool School ofTropical Medicine hanno pro-vato che la mortalità dei morsi è

strettamente correlata alla po-vertà e rientrano nella stessa categoria delle malattie tropicalitrascurate come la malattia delsonno, il colera o la schistoso-miasi. I ricercatori hanno potutodimostrare che più una popola-zione è povera, maggiori sono leprobabilità che un incontro trarettile ed essere umano sia letale.Ora l’OMS va all’offensiva conuna piattaforma internet, cartineindicanti la diffusione e fotogra-fie di due centinaia di serpentivelenosi. Su un altro fronte esigeche in futuro gli antidoti siano

prodotti secondo direttive uniformi, e che ogni paese di-sponga del proprio allevamentodi serpenti per la produzionedei contravveleni. www.who.int/bloodproducts/snake_antivenoms

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Pecore, capre, yack, mucche, cammelli, cavalli… Loscorso inverno, 8 milioni di carcasse sono state ab-bandonate ai lupi nelle steppe della Mongolia. Be-stie morte di freddo, fame e stenti a temperatureche raggiungono i 50 gradi sotto lo zero. Un in-cubo per le migliaia di allevatori che hanno persola loro unica fonte di guadagno. Nonostante l’eca-tombe, la quantità di bestiame mongolo rimane

Sfruttati, temuti,amati e da sempreindispensabili Gli animali da reddito svolgono un ruolo chiave nello sviluppo.Contribuiscono alla sicurezza alimentare e alla riduzione dellapovertà svolgendo, nel contempo, molteplici funzioni sociali eculturali. Ma esiste anche un rovescio della medaglia. Infatti,l’allevamento comporta anche rischi sanitari e spesso ha un im-patto negativo sull’ambiente. Di Jane-Lise Schneeberger.

tuttavia elevatissima : in primavera si registravanoancora 42 milioni di capi su una popolazione di 3milioni di abitanti. Dalla caduta del comunismo, al-l’inizio degli anni 1990, il numero di pastori è vor-ticosamente aumentato. Su queste terre libera-mente accessibili, la concorrenza è efferata, e i pa-scoli sono fortemente degradati dallo sfruttamentoeccessivo.

Così come in Etiopia (in alto) e nella Repubblica Democratica del Congo (a destra), nel mondo il 70 per cento dei 1,4miliardi di persone che vivono in estrema povertà dipendono direttamente o indirettamente dall’allevamento di animalida reddito

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Animali

Con il sostegno della DSC, alcuni allevatori no-madi hanno elaborato piani di rotazione degli ani-mali e successivamente negoziato con gli enti lo-cali dei diritti di sfruttamento del territorio. «Ciònon basterà, purtroppo, a limitare il pascolo esten-sivo. Ai nomadi bisogna anche offrire altre fonti direddito», osserva Markus Bürli, incaricato di pro-gramma per la Mongolia. La DSC aiuta i pastori ariqualificarsi, ad esempio nel settore minerario.Parallelamente sostiene una campagna di lotta allabrucellosi, una malattia endemica che colpisce buo-na parte del bestiame nazionale impedendo l’e-sportazione delle carni (si veda anche Orizzonti, pagina 18).

Il ruolo multifunzionale del bestiame Come gli allevatori mongoli, nel mondo tantagente povera non possiede risorse economiche aldi fuori delle proprie bestie. Molti vivono comenomadi al ritmo delle stagioni, alla ricerca di acquae di pascoli, in regioni aride o semiaride. Sotto cie-li più clementi, altri associano allevamento esten-sivo e attività agricole. Su 1,4 miliardi di personeche vivono attualmente nella povertà estrema, il 70per cento dipende dall’allevamento per garantirela propria sussistenza. Il consumo di carne e di lat-ticini, ricchi di proteine, completa l’alimentazionea base di cereali, e la vendita di animali vivi, carne,latte e uova fornisce entrate regolari.

Conflitti di corridoio Nei paesi del Sahel gli itinerari dei pastori tran-sumanti attraversanospesso zone agricole,creando dissidi con i con-tadini locali. Negli ultimivent’anni violenti conflittihanno opposto le popola-zioni nomadi e sedentarie.Con l’aumento della pres-sione sulle terre, i campicoltivati si estendono inva-dendo i corridoi di tran-sumanza. Gli allevatori si lamentano di questoostruzionismo, mentre i contadini rimproveranoalle greggi di devastare lecolture. In Niger la DSCsostiene da dodici anninegoziati tra le parti (alle-vatori, agricoltori, capiconsuetudinari ed eletti locali) volti a delimitare lezone riservate ai differentiusi. Questo processo hagià permesso di tracciareoltre 4000 km di corridoi.Lungo questi itinerari sonostati allestiti dei pozzi earee di riposo per il be-stiame.

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Per le popolazioni rurali di tutto il mondo, il be-stiame riveste anche altre funzioni. È parte inte-grante di taluni riti religiosi, come il sacrificio ovi-no nei paesi musulmani. È anche un fattore di coesione sociale: si offrono animali da reddito indote, in dono o come indennizzo. Inoltre, gli ani-mali fungono da libretto di risparmio. Vendendouna gallina, una capra o una mucca, la famiglia puòdisporre di liquidità – per finanziare l’istruzione deifigli, pagare spese mediche o acquistare derrate ali-mentari nei periodi di siccità. Negli sfruttamenti misti le bestie rappresentano unapreziosa forza lavoro, in particolare per il traspor-to e l’aratura. Perfino i loro escrementi sono digrande interesse: il letame e il colaticcio, per esem-pio, vengono utilizzati per concimare le colture; inAsia lo sterco essiccato di bovino è utilizzato comecombustibile.

Qualche capra per ripartire con l’alleva-mentoL’animale da reddito può anche favorire il reinse-rimento socioeconomico, come dimostrano alcu-ni progetti realizzati in Africa da Veterinari senzaFrontiere Svizzera (VSF Svizzera), organizzazioneche si rivolge a gruppi di popolazione particolar-mente vulnerabili, in particolare alle vittime di con-flitti armati. Nella Repubblica democratica delCongo sostiene le famiglie che accolgono bambi-

ni soldato smobilitati fornendo loro sette capre eun becco. Questo piccolo gregge garantisce un red-dito di circa 80 dollari al mese. Nell’est del paese, in alcuni campi profughi sonostati installati dei pollai mobili. La vendita di uovapuò fruttare anche 50 dollari al mese. Nel Sudanmeridionale VSF Svizzera sostiene gli sfollati chefanno ritorno al villaggio dopo la guerra. Ogni fa-miglia riceve cinque capre e può così ricomincia-re l’allevamento da zero. «Il nostro obiettivo è diaiutare la gente a rifarsi una vita. Al centro dellanostra azione c’è l’individuo. L’animale è un mez-zo per generare un reddito che possa permetterealle famiglie di soddisfare le necessità elementari»,sottolinea Erika Placella, responsabile dei pro-grammi presso VSF Svizzera. Per garantire la pro-duttività auspicata, le bestie devono però essere inbuona salute. Attraverso corsi d’introduzione al-l’allevamento, l’organizzazione insegna ai benefi-ciari a nutrire e a curare correttamente gli animali.

Trattare l’animale per proteggere l’uomo Nei paesi in via di sviluppo il bestiame è espostoa molte malattie contagiose, che hanno un impat-to diretto sul reddito degli allevatori – non solo per-ché gli animali sono meno produttivi, ma ancheperché la loro carne e il loro latte possono risulta-re impropri al consumo. Se il gregge muore, l’al-levatore perde il suo unico capitale.

L’odore della vita In numerose operazioniumanitarie i cani sono ormai insostituibili. Il loroolfatto eccezionale gliconsente di localizzare lepersone rimaste sepoltesotto le macerie dopo un sisma o una frana.Quando annusano unodore umano, lo segnala-no abbaiando o raschian-do il terreno. Quarantacani sono pronti a inter-venire in qualunque mo-mento nell’ambito dellaCatena svizzera di salva-taggio. «Sono specializzatinella ricerca di personevive, poiché il nostro scopoè di salvare delle vite»,spiega Ivo Cathomen,portavoce dell’organizza-zione Redog che garan-tisce l’addestramento diquesti cani. «Ma la prepa-razione potrebbe anchemirare a individuare i ca-daveri». Altre organizza-zioni umanitarie utilizzano i cani per individuare mineo esplosivi.

L’allevamento di cavalli in Africa poggia su una lunga tradizione. Nel Senegal (in alto), per esempio, la razza autoctonafleuve è riuscita ad adattarsi bene alle difficili condizioni climatiche

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Animali

Inoltre, alcune malattie contagiose – le zoonosi –si trasmettono dall’animale all’uomo. A Basilea, l’I-stituto tropicale e di sanità pubblica svizzero (SwissTPH) lavora su queste malattie particolarmente tra-scurate a livello sia nazionale che internazionale:«Sappiamo piuttosto bene come prevenire e con-trastare le zoonosi. Del resto, in Europa sono pra-ticamente debellate. Ma molti paesi poveri nonhanno mezzi finanziari e tecnici sufficienti percombatterle», osserva Esther Schelling, ricercatri-ce presso l’Istituto tropicale. A richiesta dei gover-ni del Sud, l’istituto individua la strategia miglioreper combattere un’ondata epidemica, tenendo con-to del rapporto prezzo-efficacia. In questo modogli esperti di Basilea hanno calcolato i costi di unacampagna di lotta contro la rabbia in Ciad, dimo-

strando che vaccinare gratuitamente i 23 600 canidi N’Djaména costa molto meno che curare i pa-zienti che hanno contratto il virus a seguito di unmorso. «Nella maggior parte dei casi, il metodo dilotta più efficace consiste nel prevenire o elimina-re la malattia negli animali, poiché così si proteg-ge anche l’essere umano», osserva Esther Schelling. L’Istituto tropicale svizzero si impegna a migliora-re la collaborazione tra i responsabili della sanità ve-terinaria e umana, in particolare in Asia centrale ein Africa. «Se le zoonosi sono trascurate è ancheperché i medici e i veterinari non comunicano traloro». In particolare, questi due settori dovrebberoorganizzare il coordinamento congiunto degli in-terventi e la ripartizione dei costi in caso di zoo-nosi. In Kenia, Swiss TPH sostiene l’elaborazione

La meteo aymara Sull’altipiano boliviano, nelcorso dei secoli gli aymarahanno imparato a predirele variazioni meteorologi-che osservando gli animalie le piante. Nell’ambito diun progetto della DSC diriduzione della vulnerabilitàdei contadini rispetto ai ri-schi climatici, questo sa-pere locale è stato raccoltoe diffuso. Così, il compor-tamento del tuyu permettedi prevedere la pioggia : sequesto coniglio scava lasua tana tra il pendio e la pianura, significa che leprecipitazioni saranno de-boli. Se l’uccello liqi liqicostruisce il suo nido condei calami, l’anno sarà ba-gnato. Se vi deposita og-getti di metallo, vi sarannodelle gelate. Le macchie e il colore delle sue uovaforniscono informazioni suiperiodi di semina. Quandovedono la volpe passeg-giare nella pampa, i conta-dini sanno che potrannoseminarvi patate.

Che si tratti di suini in Ecuador, di capre nel Mali, di bufali d’acqua in Cina o di pecore in Eritrea: gli animali da redditosono un elemento importante in materia di sicurezza alimentare e spesso sono usati anche come dote, doni, forza la-voro e una specie di conto bancario

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di un piano comune di reazione alla febbre dellaValle del Rift, che provoca un’epidemia ogni die-ci anni circa.

Una rivoluzione per soddisfare la domandaRischi sanitari a parte, oggi gli allevatori devonoaffrontare profondi cambiamenti strutturali. Infat-ti, negli ultimi vent’anni la domanda di carne e dilatte è considerevolmente aumentata, soprattuttonei paesi in via di sviluppo. L’evoluzione è ricon-ducibile all’urbanizzazione, alla crescita demogra-fica e all’aumento dei redditi e ha causato una «ri-voluzione dell’allevamento» che si traduce in unarapida estensione ed intensificazione di questo set-tore. Per soddisfare la domanda, grandi unità di pro-duzione industriale si sono insediate nelle perife-rie urbane, in particolare nei paesi emergenti. Que-ste imprese commerciali non somigliano affattoall’allevamento estensivo praticato nelle campagnee orientato al proprio sostentamento e al piccolocommercio. Sono molto meccanizzate e si specia-lizzano in un solo tipo di animale, generalmente ilpollo o il maiale. L’industrializzazione dell’allevamento comportaanche un utilizzo accresciuto di cereali e oleagi-nose per nutrire il bestiame. La produzione di gra-noturco, orzo e soia da foraggio occupa sempre piùterreni coltivabili che, di conseguenza, non sonopiù disponibili per l’alimentazione umana.

Pesante impatto ambientale La rivoluzione dell’allevamento ha accentuato l’im-patto negativo di questo settore sull’ambiente.Mentre l’allevamento estensivo comporta spesso undeterioramento del suolo dovuto al pascolo ecces-sivo, la produzione intensiva è una grave fonte d’in-quinamento. Produce tonnellate di escrementi ca-richi in particolare di residui di medicine che, nonessendo riutilizzati come concime, inquinano i fiu-

mi e la falda freatica – aggiungendosi ai concimi eai pesticidi utilizzati su larga scala nella coltivazio-ne dei foraggi. Inoltre, l’allevamento contribuisce in vari modi alcambiamento climatico. La fermentazione dei pro-dotti alimentari nello stomaco dei ruminanti pro-duce metano, uno dei più potenti gas a effetto ser-ra. Lo stallatico libera perossido d’azoto. E quandole foreste tropicali vengono disboscate per adibireil suolo al pascolo o alla coltivazione di foraggio,gli alberi abbattuti producono grandi quantità diCO2. In sintesi, l’allevamento è responsabile del 18per cento delle emissioni mondiali di gas a effettoserra.

Privilegiare le carni di maiale e di pollo Per Fritz Schneider, vicedirettore della Scuola uni-versitaria svizzera di agronomia, esistono soluzio-ni per migliorare la situazione. La prima si trova neinostri piatti: «Se la domanda di carne continua adaumentare, siamo destinati alla catastrofe. I paesi ric-chi, che ne mangiano ancora quasi tre volte più deipaesi poveri, devono ridurre assolutamente il con-sumo». Ammettendo che una simile svolta alimen-tare sarà difficile da negoziare, l’agronomo racco-manda almeno di privilegiare la carne di pollo e dimaiale: «Normalmente i ruminanti dovrebberomangiare erba e fieno, ma si è iniziato a nutrirli concereali perché i pascoli non bastano più. Tuttavia,nel loro caso non è un’alimentazione efficiente.Occorrono sette chili di cereali per produrre unchilo di manzo, ma ne bastano due chili e mezzoper ottenere un chilo di maiale o di pollo».

Aumentare la produttività dei piccoli allevatoriUn’altra misura consiste nel promuovere l’effica-cia e la sostenibilità delle pratiche agricole al finedi limitare l’impatto negativo sull’ambiente. Paral-

Una pecora resistente e corpulenta La pecora djallonké è ro-busta e resistente alla tri-panosomiasi. Il suo unicodifetto: la taglia ridotta. Gli allevatori di Sikasso, nel sud del Mali, non vi trovano il loro tornaconto. Nel quadro di un progettodella DSC realizzato daIntercooperation, questarazza locale è stata incro-ciata con la bali-bali, ungrande ovino del Sahel.L’ibrido riunisce le qualitàfisiche dei due genitori. Gliallevatori, felici, vendonoora i loro animali al doppiodel prezzo. Ed anche iconsumatori sembranosoddisfatti. «In Mali lagente ha l’abitudine disgozzare una pecora per la festa musulmana delTabaski. E vogliono unariete grande e grassot-tello. Ma la razza djallonkénon offriva queste qualità»,spiega Mamadou Diarra,della delegazione di Inter-cooperation nel Mali.

Come in Kenia, in molti paesi in via di sviluppo il gregge rappresenta l’unica fonte di guadagno per un’intera famiglia –se il gregge muore, la famiglia perde la base esistenziale

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lelamente bisogna anche sostenere i piccoli alleva-tori, che finora non hanno beneficiato della rivo-luzione dell’allevamento. «La sfida maggiore con-siste nell’aumentare la loro produttività, affinchésiano competitivi e possano partecipare all’ap-provvigionamento delle città», spiega Fritz Schnei-der. Per riuscirci in questa impresa occorre garan-tire a questi allevatori l’accesso alle cure veterina-rie, alla conoscenza, alla formazione, all’informa-zione e ai mercati. Se riuscissero ad aumentare laresa pro capite, potrebbero guadagnare altrettantocon meno capi di bestiame – e ciò contribuirebbea ridurre il degrado del suolo.

Erosione delle razze locali Il miglioramento dei sistemi di produzione dovreb-be anche mirare a preservare la biodiversità de-gli animali da fattoria. La diffusione degli alleva-menti commerciali ha infatti aumentato la con-centrazione su un numero limitato di razze moltoproduttive. Oggi la vacca di razza Holstein Fri-sonne, campionessa mondiale nella produzione dilatte, è presente in 128 paesi e i maiali Large Whi-te in 117 paesi. Le razze locali, per contro, si stan-no estinguendo una dopo l’altra. «Eppure, unamucca europea che produce trenta litri di latte algiorno non è necessariamente adattabile al climatropicale, anzi: spesso è più vulnerabile ad alcunemalattie rispetto ai bovini locali», osserva EstherSchelling. L’ibridazione, ossia l’incrocio di specie diverse, per-mette di risolvere questo problema. In Africa oc-cidentale esiste ad esempio una piccola mucca, la

n’dama, che dà poco latte, ma è immune alla tri-panosomiasi bovina. Incrociandola con buonemucche da latte europee, gli allevatori ottengonouna mandria efficiente e nel contempo resistente(si veda anche Periscopio, pagina 4).

Prime razze perdute per sempreMa affinché tali ibridazioni siano possibili anchein futuro, è essenziale conservare animali di razzapura. Si deve dunque costituire una sorta di serba-toio genetico al quale si potrà sempre attingere permigliorare le caratteristiche di un’altra razza. Pur-troppo non sarà, probabilmente, il caso della kou-ri, una razza bovina in via di estinzione che vivesulle rive del lago Ciad. Questa mucca ha bisognodi molta acqua, ma non sa più dove abbeverarsi,poiché il lago si sta riducendo a causa del riscalda-mento climatico. Gli allevatori hanno iniziato adincrociarla con degli zebù, meglio adattati alla sic-cità. Presto le sontuose corna arrotondate dellakouri non saranno che un ricordo – al pari del suopatrimonio genetico, perduto per sempre. ■

(Tradotto dal francese)

Lo scompiglio dei rospi Si sapeva già che pocoprima di un sisma alcunipesci, roditori e serpenti si comportano in modostrano. Ma un biologo bri-tannico ha dimostrato chei rospi preavvertono similieventi con diversi giorni di anticipo. Nell’aprile del2009 Rachel Grant stavastudiando la riproduzionedel rospo comune Bufobufo a 74 km dall’Aquila(Italia). Cinque giorni primadel sisma che ha scosso la città, il 96 per cento deimaschi aveva abbando-nato il sito di riproduzione,un comportamento deci-samente insolito durante la stagione degli amori. Tre giorni prima del sisma,tutte le coppie avevano la-sciato lo stagno. « Siamogiunti alla conclusione chei rospi sono in grado di individuare segnali pre-sismici come esalazioni digas e di particelle, che uti-lizzano come una sorta di sistema di preallarme »,ha spiegato Rachel Grant.

Molti progetti mirano a migliorare la cura e più in generale l’allevamento del bestiame. Nell’immagine la tosatura di yak nelKashmir indiano e l’intervento di una farmacia veterinaria nel Sudan meridionale

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nano la fauna locale e gli effetti nocivi dei cam-biamenti climatici, come l’acidificazione degli oce-ani, sono tutti corresponsabili di una progressiva di-minuzione delle risorse ittiche.

Proteine, vitamine e una banca Di certo il crollo dell’industria della pesca avreb-be conseguenze catastrofiche sui paesi in via di svi-luppo. La salute di un miliardo di poveri dipendedal consumo di pesce che offre una forma di pro-teine animali spesso più conveniente della carne etalvolta gratuita. Il pesce contiene anche degli oli-goelementi (ferro, iodio, zinco, calcio, vitamine Ae B) assenti nell’alimentazione di base costituita dacereali o leguminose. Per la popolazione di paesicome Bangladesh, Cambogia, Laos, Sierra Leone o

(jls) La lista delle specie in via di estinzione si al-lunga di anno in anno: il pesce-gatto gigante delMekong è in buona compagnia del tonno rosso,dello storione e di molte altre specie di squali, raz-ze e cernie. Mari, laghi e fiumi si svuotano poco apoco dei loro pesci. Secondo il Programma delleNazioni Unite per l’ambiente, se non si adotte-ranno rapidamente delle misure atte a garantire unagestione sostenibile delle risorse ittiche, tutte le pe-schiere del pianeta chiuderanno bottega presumi-bilmente entro il 2050. L’assottigliamento progres-sivo delle riserve è dovuto soprattutto alla pesca in-tensiva, ma anche i danni ambientali minaccianogravemente la vita acquatica: l’inquinamento, la co-struzione di dighe, i prelievi d’acqua per l’irriga-zione, l’introduzione di specie invadenti che rovi-

Agricoltura e pesca, unbinomio vincente Le riserve di pesce selvatico si stanno esaurendo a fronte dimilioni di poveri che dipendono dalla pesca per nutrirsi e gua-dagnarsi da vivere. La sicurezza alimentare passa per l’esten-sione dell’acquicoltura, già ben impiantata nei paesi asiatici.Combinata all’agricoltura, quest’attività può anche aumentarela produttività di un appezzamento.

Un settore ad alta inten-sità di manodopera L’importanza delle pe-schiere continentali èspesso sottovalutata. Lecatture di pesce d’acquadolce sono ufficialmentedell’ordine di 10 milioni ditonnellate all’anno. In realtàsi situerebbero tra i 20 e i 30 milioni di tonnellate,dato che le prese di moltipescatori artigianali sfug-gono alle statistiche.Queste cifre sono indub-biamente inferiori alla pro-duzione della pesca dimare, che raggiunge gli 80 milioni di tonnellate, tut-tavia le peschiere continen-tali fanno vivere molte piùpersone delle peschieremarine. E molti di questiimpieghi sono occupati dadonne. Se la pesca pro-priamente detta è piuttostocosa da uomini, le donnesono fortemente rappre-sentate nelle attività secon-darie, come l’essicca-mento e la vendita delpesce.

L’acquicoltura inizia a prendere piede in Africa e contribuisce a combattere la malnutrizione creando posti di lavoro.Questa azienda in Ghana, per esempio, dà lavoro a 20 donne e 30 uomini

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Indonesia, è addirittura la principale fonte proteica.Inoltre, la pesca e le attività ad essa correlate dan-no lavoro a ben 170 milioni di persone nel mon-do, di cui l’86 per cento vive in Asia. La maggiorparte dei pescatori pratica anche l’agricoltura. Que-sta diversificazione della produzione permette diaffrontare meglio i rischi climatici ed economici –quando la siccità distrugge un raccolto, la pesca puògarantire la sopravvivenza della famiglia – e ha ilvantaggio di poter essere praticata in qualunque sta-gione. Le famiglie rurali dispongono così di una«banca acquatica»: se hanno, ad esempio, bisognodi denaro per acquistare derrate alimentari, se-menti o medicinali, in qualsiasi momento possonoadoperarsi a catturare del pesce.

Aziende ittiche per lottare contro la fame Ma la popolazione mondiale continua a crescere econsuma sempre più pesce. «La domanda è tale chele peschiere naturali non riusciranno mai a soddi-sfarla. Le catture di pesce selvaggio hanno raggiuntoil limite», avverte Patrick Dugan, vicedirettore delWorldFish Center, un’organizzazione non gover-nativa con sede in Malesia che per evitare l’aggra-varsi della crisi alimentare raccomanda di agire sudue fronti: «Da un canto occorre sostenere e pre-servare la pesca di cattura, dall’altro sviluppareovunque possibile la creazione di aziende ittiche». Già oggi la metà del pesce consumato dalla popo-lazione mondiale proviene dall’acquicoltura, unsettore in piena espansione da una ventina d’anni.Quasi tutte le aziende ittiche si trovano in Asia, so-prattutto in Cina, Vietnam, Tailandia, Indonesia eFilippine. Si tratta principalmente di piccole e me-die imprese che producono soprattutto gamberet-ti e pesce d’acqua dolce, come il tilapia o il pangasio.Nell’Africa subsahariana l’acquicoltura è ancoraagli esordi. Ma occorre assolutamente estendere laproduzione, se si vuole combattere la malnutrizio-ne in una regione dove il consumo di pesce è at-tualmente il più debole al mondo. L’allevamentoè, invece, in rapida evoluzione in una decina di pae-si fra cui l’Uganda, il Mozambico, il Malawi e laNigeria.

Pesci in mezzo ai campi «L’acquicoltura contribuisce in vari modi alla si-curezza alimentare e alla riduzione della povertà neipaesi in via di sviluppo», osserva Patrick Dugan.L’insediamento di aziende ittiche nei sobborghidelle grandi città garantisce l’approvvigionamentodelle popolazioni urbane. Si tratta generalmente dipiccole e medie imprese specializzate esclusiva-mente nella vendita di pesce. Queste imprese crea-no numerosi impieghi sia nelle aziende stesse chenei settori a valle della filiera.

Un’altra possibilità consiste nell’integrare l’acqui-coltura nell’economia rurale. Un piccolo contadi-no che colloca uno stagno ittico sulle sue terre netrae molti vantaggi. Attinge del pesce per nutrirela famiglia e può venderne una parte sul mercatolocale. Cosparge i campi con i sedimenti del baci-no, un eccellente concime naturale. Infine, questoserbatoio d’acqua gli consente di irrigare le coltu-re quando le precipitazioni sono insufficienti. «Mi-gliorando la gestione dell’acqua e del suolo, l’ac-quicoltura su scala ridotta aumenta il rendimentodell’azienda agricola», sottolinea Patrick Dugan. Ilprincipale ostacolo è d’ordine finanziario: l’intro-duzione di questi sistemi integrati richiede un sup-porto tecnico non indifferente, di rado alla porta-ta dei piccoli contadini. «Senza un sostegno ester-no l’allevamento di pesce non potrà svilupparsiappieno negli ambienti rurali». ■

(Tradotto dal francese)

Il pesce e il riso sono due generi alimentari di base inBangladesh tanto è vero che gli autoctoni usano dire diessere stati fatti con «il pesce e il riso»

Nessuna traccia delladea del Fiume Azzurro Dagli anni ’70 la popola-zione di baiji, un delfino bianco presente soltantonel Fiume Azzurro, non hafatto che diminuire. Unaspedizione scientifica in-ternazionale cofinanziatadalla DSC è stata organiz-zata nel 2006 allo scopodi registrare gli ultimiesemplari di questo mam-mifero d’acqua. I ricerca-tori hanno navigato sul fiume cinese per sei setti-mane. Nonostante gli ec-cellenti mezzi che avevanoa disposizione, non hannoindividuato un solo baiji.Quasi certamente questaspecie si è estinta persempre, probabilmenteper il forte inquinamentodel fiume, l’assenza di re-golamentazione della pe-sca e il crescente trafficofluviale – e la recente co-struzione della diga delleTre Gole, che ha rovinatodefinitivamente l’habitatdella «dea del fiumeYangtsé».

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Un solo mondo:All’ICIPE ci si occupa di in-setti nel quadro della cooperazione allo svi-luppo. Come va inteso questo nesso?Christian Borgemeister: Ai Tropici gli insettisono molto più importanti che ad altre latitudinimeno calde. Basti pensare alla famosa invasione bi-blica di locuste. In secondo luogo, gli insetti sonospesso vettori di numerose malattie infettive. L’e-sempio più eclatante è la malaria, che solo in Afri-ca uccide ogni anno un milione di persone. Ma gliinsetti possono anche essere utili – come le api, cheovunque nel mondo hanno un ruolo centrale perl’impollinazione.

L’ICIPE basa la sua lotta agli insetti nocivisu cosiddetti «metodi intelligenti». Che cosasignifica?Solo chi capisce il nemico può combatterlo abil-

Lotta intelligente contro moschetse-tse e locuste migratorie Sono così minuscoli, eppure il loro impatto sulla vita e sulla sa-lute di persone e animali è enorme, in particolare ai Tropici: vet-tori di malattie, utili o nocivi – gli insetti sono il fulcro delle at-tività dell’istituto ICIPE di Nairobi. Non per la ricerca fine a sestessa, bensì al servizio dello sviluppo e dell’ambiente. Il diret-tore dell’istituto Christian Borgemeister a colloquio con Ga-briela Neuhaus.

mente: una comprensione fondamentale e detta-gliata della biologia, dell’ecologia e in particolaredel comportamento spalanca le porte a una lottapiù intelligente e sostenibile contro gli insetti no-civi. Da quarant’anni lavoriamo a questa questio-ne, e il nostro obiettivo è sempre stato quello dicombattere gli insetti con la natura, manipolandoil loro comportamento, e non soltanto con l’uti-lizzo di insetticidi sintetici.

Come sono, nella pratica, questi metodi dilotta «intelligenti»?Le locuste migratorie, per esempio, le combattia-mo con un ferormone prodotto dallo stesso inset-to. Se usata in modo mirato, questa essenza impe-disce la famigerata formazione di sciami. Un altroesempio è la mosca tse-tse, che veicola la malattiadel sonno e causa la diffusione dell’epizoozia di na-

Christian Borgemeisterdirige dal 2005 l’Istituto in-ternazionale di entomologiaICIPE di Nairobi. Dopo aver concluso gli studiall’Università di Hannover,dal 1992 al 1997 Borge-meister è stato ricercatorepresso l’International Insti-tute for Tropical Agriculture(IITA) del Benin nell’ambitodella lotta integrata agli in-setti nocivi, per poi rientrareall’Università di Hannovernel 1998 come professoredi entomologia. L’attivitàdell’ICIPE si fonda sull’im-pegno a favore della saluteumana, animale, vegetale eambientale. Al centro vi è laricerca sugli insetti tropicalial servizio dello sviluppo.L’istituto di ricerca è finan-ziato da un consorzio didonatori costituito da orga-nizzazioni di sviluppo pri-vate, agenzie onusiane egovernative – fra cui anchela DSC.

In Africa le locuste migratorie distruggono intere piantagioni. Per combattere le cavallette, i ricercatori ora tentano di«manipolare» il loro comportamento

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gana, che ogni anno infetta tre milioni di bovini.Dalle nostre ricerche è emerso che le specie di que-sta mosca delle savane sono attratte dai colori blu-neri e dall’odore di urina delle mandrie. Così ab-biamo potuto produrre delle esche. Per i nomadie i loro animali abbiamo dovuto trovare un’altrasoluzione: anziché utilizzare una sostanza aromati-ca che attirasse le mosche tse-tse abbiamo cercatoun repellente. E l’abbiamo trovato in una specie diantilope che tiene lontane le mosche grazie a unasostanza prodotta dal suo stesso organismo. All’I-CIPE abbiamo isolato, analizzato e sintetizzato larelativa molecola per poi iniettarla in apposite cap-sule che portate al collo difendono i bovini dallemosche.

Come vengono utilizzati questi collari equeste esche?Il nostro lavoro mira a combinare la ricerca e la ga-ranzia del suo utilizzo. In altre parole ci assicuria-mo che questi prodotti raggiungano effettivamen-te i target. Non ha infatti molto senso svilupparetecnologie meravigliose, se queste non possono es-sere portate fino all’uomo. È la conclusione cui sia-mo giunti dopo 15 anni di ricerca sulla mosca tse-tse. Per la produzione delle esche, ad esempio, nelquadro di un vasto progetto sul campo abbiamoformato dei sarti in grado di cucire autonoma-mente le esche di stoffa; il componente aromaticosi trova in una semplice bottiglia di plastica. In que-

Nuovo laboratorio di ricerca a NairobiLe malattie infettive vei-colate da insetti chesucchiano il sanguesono in aumento in tuttoil mondo. Molte di esse– come la febbre den-gue, la febbre della RiftValley o l’O’nyong-nyong – sono diffuseprincipalmente nelle re-gioni tropicali, dove so-vente scoppiano epide-mie mortali. La diagnosiprecoce, le cure tempe-stive e una migliore co-gnizione delle vie d’infe-zione consentono diridurre considerevol-mente l’impatto di que-ste malattie. Tuttavia,proprio nelle regionimaggiormente colpitemancano spesso le ne-cessaire conoscenze, emolte di queste malattiesono ancora poco stu-diate. Con il sostegnodella DSC, l’ICIPE staora costituendo aNairobi un laboratorio di sicurezza biologicadestinato a promuoverele capacità di ricerca locali, facendo così unprimo, importante passoverso una lotta efficacecontro queste malattie.

«Solo chi conosce il nemico può combatterlo in

modo intelligente».

sto modo i villaggi possono appropriarsi della tec-nologia e replicarla.

Per il suo istituto sembra essere molto im-portante che le misure siano sempre realiz-zate in modo confacente al contesto…A titolo di esempio, in Kenia abbiamo tre proget-ti per lo sviluppo di portafogli ecosistemici di lot-ta alla malaria. Nell’ambito di questi progetti ab-biamo constatato che nella destinazione turistica diMalindi, sulla costa, l’acqua stagnante delle piscinegenera veri e propri covi di zanzare. Nell’ampia areairrigata attorno a Mwea, introducendo nelle risaiela soia, che prosciuga l’acqua stagnante, siamo riu-sciti a distruggere parte delle zone d’incubazione.

Nel terzo caso utilizziamo invece pesci predatoriper ridurre le popolazioni di zanzare nei piccoliguazzi che si creano con la produzione di laterizi.L’elemento comune di questi tre differenti ecosi-stemi è che il 90 per cento delle superfici d’incu-bazione è creata dall’uomo. La vecchia tesi secon-do la quale per debellare le zanzare bisognerebbeessiccare le paludi, è errata : sono principalmentegli interventi dell’uomo sulla natura a produrre lezone d’incubazione. Di conseguenza, possiamo ridurle anche con interventi antropogenici.

Per eliminare le mosche tse-tse sono stati sviluppati di-versi metodi: per esempio esche colorate di blu e nero, ecollari per le mandrie che diffondono l’odore di una parti-colare specie di antilope che funge da repellente

Quali sono al momento i progetti di ricer-ca più importanti dell’ICIPE?La crescente penuria alimentare e i cambiamenticlimatici causeranno in Africa una considerevoleestensione dell’agricoltura d’irrigazione. Affinchél’auspicato aumento dei raccolti non sia accompa-gnato da una catastrofe sanitaria causata dalla pro-liferazione di popolazioni di mosche vettori di ma-lattie, la ricerca e lo sviluppo medici e agricoli de-vono assolutamente lavorare in modo viepiùintegrato e sistemico. Un altro punto su cui stia-mo lavorando concerne il dibattito sull’esigenza diaumentare la produzione agricola. Secondo noi, allabase di questo ragionamento c’è una riflessione er-rata: in Africa il 30-40 per cento della produzionesi perde prima e dopo il raccolto a causa di paras-siti e malattie. Se si intervenisse a questo livello conpratiche intelligenti, non occorrerebbe innaffiare icampi con altri concimi né disboscare altri ettaridi terreno. Un terzo punto fondamentale della no-stra attività concerne lo studio delle malattie tro-picali e la creazione di capacità scientifiche percombatterle. ■

(Tradotto dal tedesco)

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(jls) L’8 ottobre 2005 il Pakistan fu scosso da unodei sismi più devastanti della sua storia. Il nord delpaese fu trasformato nel giro di pochi minuti inun’enorme distesa di macerie. L’aiuto umanitariodella Confederazione iniviò rapidamente 200 ton-nellate di materiale a Balakot, città particolarmen-te colpita. Sul piano logistico la principale difficoltàconsisteva nel portare aiuto ai villaggi delle mon-tagne circostanti che erano completamente isola-ti: le strade d’accesso erano tutte distrutte o bloc-cate dalle frane, e il terreno era così scosceso chegli elicotteri non riuscivano ad atterrare né a lan-ciare pacchi di prodotti alimentari, che sarebberorotolati giù per i pendii. Per raggiungere queste po-polazioni la DSC decise allora di acquistare inun’altra regione del Pakistan 18 muli – animali ro-busti, sobri e particolarmente a loro agio in mon-tagna.

Basti dell’esercito svizzero Un primo convoglio carico di aiuti d’emergenzalasciò Balakot il 14 ottobre. I muli trasportavanotende, stuoie, coperte e attrezzature da cucina ver-so un villaggio appollaiato a 1600 metri d’altitu-dine. Ma durante il viaggio, i problemi non man-carono. La bardatura rudimentale richiedeva fre-quenti aggiustamenti, i carichi erano infatti troppopesanti e mal ripartiti, e l’attrito delle funi di fis-saggio feriva le bestie. «Mi resi conto che i nostrimulattieri non avevano le competenze necessarie,e che i basti erano inadatti. Abbiamo allora sospe-so i convogli per una settimana, il tempo di prov-vedere», ricorda Rudolf Nydegger, l’esperto di lo-gistica incaricato dell’operazione per conto dellaDSC. Nydegger si appellò allora all’esercito sviz-zero, che gli inviò finimenti di cuoio. Quanto aimulattieri, furono formati rapidamente sul posto :impararono a caricare gli animali, a guidarli e a for-nire loro le cure necessarie. In seguito vennero organizzati un’altra ventina diconvogli. Ogni viaggio durava circa una giornata.«Eravamo molto più professionali. Con un caricomassimo di 60 chili per animale e materiale di buo-na qualità, l’operazione di aiuto d’emergenza si è

Soccorso umanitario a dorso d’asino

svolta senza alcun intoppo», si rallegra RudolfNydegger. Una volta distribuiti gli aiuti, la DSC haofferto i muli agli abitanti dei villaggi, assicuran-dosi che sarebbero stati trattati bene e che avreb-bero avuto abbastanza foraggio e una stalla ade-guata. ■

(Tradotto dal francese)

In caso d’intervento in zone difficilmente raggiungibili i mulipossono essere un prezioso ausilio dell’aiuto umanitario. Dopoil terremoto che colpì il Pakistan nel 2005, la Svizzera ha fattoricorso a questi agili equidi per trasportare aiuti verso i villag-gi di montagna isolati dal mondo. Un’operazione coronata dasuccesso – a dispetto delle difficoltà iniziali.

Manodopera sfiancataCavalli, asini e muli lavo-rano duro nei paesi invia di sviluppo. 100 mi-lioni di equidi sono utiliz-zati ogni giorno per tra-sportare persone emerci, tirare aratri o veicoli. Milioni di famigliepovere vi fanno affida-mento per ricavare unmagro guadagno.Secondo Brooke, un’as-sociazione britannica di soccorso veterinario,molti di questi animalisono in cattiva salute.Soffrono di infezioni,sono feriti, disidratati,malnutriti e spossati dalpesante lavoro. Spesso i proprietari non hannoaccesso ai servizi veteri-nari, troppo costosi ogeograficamente troppodistanti. Brooke colla-bora con le comunità rurali per migliorare lecondizioni di vita e la sa-lute degli animali da tiro.

Dopo il violento sisma che ha colpito il Pakistan, i muli sonoriusciti a rifornire di viveri villaggi montani discosti – un’im-presa che era risultata impossibile per gli elicotteri e i camion

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Cifre e fatti

Qualche cifra • Nel mondo si contano oltre 1,7 miliardi di capi di bestiame. • Un terzo dei cereali coltivati nel mondo è destinato al foraggiamento del bestiame. • Il 60 per cento circa dei terreni agricoli è occupato da attività legate all’allevamento (pascoli e

produzione di foraggi). • La quota destinata all’allevamento nell’aiuto pubblico allo sviluppo, che si aggirava tra il 12 e il 15

per cento negli anni ’70, è precipitata al 2 per cento nel 2000, per poi aumentare molto leggemente. • Tra il 1961 e il 2005 il consumo annuale di pesce pro capite è passato da 17 a 24 kg nei paesi

industrializzati e da 5 a 14 kg nei paesi in via di sviluppo.

Un mondo carnivoro Tra il 1980 e il 2005, nei paesiin via di sviluppo il consumodi carne è fortemente au-mentato, passando da 14 a 31 kg pro capite l’anno.Benché queste cifre sianoancora inferiori a quelle delmondo industrializzato (da 76 a 82 kg), il divario si starapidamente colmando inpaesi come la Cina (da 14 a 60 kg) e il Brasile (da 41 a 81 kg). L’Africa subsahariana è lasola regione a registrare uncalo (da 14 a 13 kg). Se sicalcola il consumo totale perregione, i paesi in via di svi-luppo sono già ampiamentein testa, vista la loro impor-tanza demografica. Entro il2020 mangeranno quasi 200milioni di tonnellate di carneall’anno, contro i 110 milioninei paesi industrializzati.

Il futuro appartiene al cammello Con la sua costituzione partico-lare, il cammello è l’animale dareddito a sopportare meglio il riscaldamento climatico graziealla sua capacità di controllare latemperatura interna per adattarsiai forti scarti termici del deserto.

Questo animale da soma puòtrasportare carichi di 200 chilisu lunghe distanze senza averebisogno di abbeverarsi in cam-mino. Si accontenta di un’ali-mentazione frugale e può bru-care i rami situati a tre metri dalsuolo. Oltre al lavoro che forni-sce, il cammello produce latte,

Linkwww.livestocknet.chLa rete LivestockNet riunisce buona parte degli attori svizzeri interessati dall’allevamento nei paesi in via di sviluppo e in transizione.

www.worldfishcenter.orgIl WorldFish Center con sede in Malesia si prefigge di ridurre la povertà e la fame migliorando la pesca e l’acquicoltura.

www.swisstph.ch Alcuni ricercatori dell’Istituto tropicale e di sanità pubblica svizzero (TPH) studiano le correlazioni tra salute animale eumana.

carne e lana. Nelle regioniesposte alla desertificazione,molti allevatori stanno già sostituendo le mandrie di mucche o zebù con dei drome-dari, passati in trent’anni da 3 a 6 milioni in Somalia e da800 000 a 1,6 milioni in Niger.

Zoonosi emergenti e riemergenti Nel mondo il numero di zoonosi è in aumento – alcunesono nuove, come il virus Nipah, nato in allevamenti intensivi di maiali in Malesia ; altre, già presenti nell’a-nimale, si trasmettono ormai all’uomo in circostanze eccezionali. È il caso della sindrome respiratoria acutagrave (SARS). Vecchie zoonosi riappaiono o si dif-fondo in nuove regioni geografiche. L’Europa dell’Est,ad esempio, è attualmente investita da un’ondata dirabbia. Nell’Africa orientale la malattia zoonotica delsonno è ricomparsa nell’uomo in seguito al trasportovia autocarro di bovini infettati con la tripanosomiasi.La progressione delle zoonosi è dovuta in particolareall’intensificazione degli allevamenti, all’aumento dellemigrazioni umane e animali, ai cambiamenti ambientalie alla penuria di mezzi per combattere queste malattie.

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Nessuna strada asfaltata porta alla valle in cui viveGanaa. Il fuoristrada avanza su piste di fortuna, pra-ti e steppe, lungo ripidi pendii boscosi e attraver-sando fiumi. La donna vive a 35 km ad est di Ulaan-baatar, nella valle del Tuul, ma fra qui e la capitalevi è un mondo di differenze. Dal crollo del domi-nio comunista negli anni 1990, in Mongolia sonostate introdotte la democrazia e l’economia di mer-cato. Nei capoluoghi, e soprattutto nella capitaleUlaanbaatar, si sono insediate sempre più ditte pro-venienti dal paese stesso e dall’estero. La capitale cosìinizia a crescere. Appena 15 anni fa, gli abitanti diUlaanbaatar restavano stupiti ad ammirare a boccaaperta ogni macchina che li sorpassava, oggi le stra-de della capitale sono cronicamente intasate. Attratti dalla prospettiva di un posto di lavoro benremunerato in città, i nomadi che abbandonano lesteppe sono sempre più numerosi. Nel 1994 ad

Ulaanbaatar vivevano circa 350 000 persone, oggisono 1,3 milioni. In centro città aprono negozi, ri-storanti e bar, mentre gli artisti inaugurano i lorolaboratori. I giovani urbani seguono la moda occi-dentale, molte persone più anziane, invece, porta-no ancora il «deel», l’abito tradizionale fatto di numerosi strati e ornato di ricami tanto variopintiquanto elaborati.

Chi può si trasferisce in città Mentre il centro città diventa sempre più moder-no e ricco, ai bordi delle città nascono le bidonvil-le : i nomadi che hanno lasciato la steppa montanole loro tende rotonde accanto alle capanne di la-miera ondulata, i bambini giocano nel canale con-taminato, le macchine si muovono lente, evitandodi investire capre e pecore. «Ulaanbaatar non è fatta per essere assediata da una

« Nella steppa mi sento libera »

Con oltre 3 milioni di abitanti su una superficie quasi 38 volte laSvizzera, la Mongolia si annovera fra le zone del mondo a den-sità di popolazione più bassa. Tradizionalmente i mongoli vivo-no una vita da nomadi, il paese è caratterizzato dalla forte pre-senza di agricoltura e allevamento di bestiame. La fine del so-cialismo e l’introduzione della democrazia e dell’economia dimercato negli ultimi venti anni hanno portato al paese cambia-menti drammatici, aumentando il divario fra paese e città, fra ric-chi e poveri. Di Petra Aldenrath*.

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tale folla», dice Ganaa, spingendo qualche gallinaverso il pollaio. «Mancano le infrastrutture sociali,quali ospedali e scuole. In certe classi i bambini sonopiù di 60. Nei duri e freddi mesi invernali, semprepiù bambini si nascondono nel sistema di condottedi riscaldamento della città. Si rifugiano lì, per nonmorire di freddo. Durante il socialismo lavoravamotutti sei ore al giorno. Eravamo tutti uguali. Guada-gnavamo dei soldi, ma eravamo tutti uguali».

Il gelo ammazza tutte le bestieGanaa è cresciuta in città. Suo marito faceva l’inse-gnante. Dopo la sua morte ha venduto le sue cose,si è comprata un paio di pecore e vitelli e si è tra-sferita in campagna. Mentre la maggior parte deinomadi partiva alla volta della città, Ganaa andavain direzione opposta. Ha 55 anni quando decide dicondurre una vita da nomade. Come tanti mongolianche Ganaa è di famiglia numerosa. Ai tempi delsocialismo, le coppie venivano incoraggiate ad ave-re molti figli. In soli 30 anni, la popolazione è au-mentata del 30 per cento. Ganaa ha messo al mon-do 10 figli. Quando si riunisce tutta la sua famiglia– fra fratelli e pronipoti – sono più di 130 persone,dice orgogliosa. Quasi tutti vivono in città. Dei suoifigli solo il primogenito ha voluto accompagnarlain campagna e cambiare la vita di città con quellada nomade.

Così Ganaa e suo figlio iniziano a tosare le pecore,mungere le mucche, produrre formaggio e burro evendere i loro prodotti al mercato. «Oggi, nell’eco-nomia di mercato, vive bene solo chi sa darsi dafare», dice la donna. Nella valle racchiusa fra le va-ste colline color sabbia, dove vive Ganaa, vi sonoappena sei altre famiglie. Vivere nella steppa è dura. Il vento fischia ininter-rottamente, non vi è né acqua calda né telefono oelettricità. «Il più difficile è l’inverno», dice Ganaa.Negli ultimi anni, la Mongolia è stata investita daondate di freddo estremo. Per mesi, l’intero paeseera ricoperto di neve e ghiaccio, con temperatureche a volte scendevano fino ai 50° sotto lo zero. Permolti nomadi questi inverni si concludono in ca-tastrofe. Il bestiame è considerato un patrimonioprezioso. Nel periodo del grande freddo, tuttavia,muoiono intere mandrie e i nomadi perdono tut-to quel che hanno.In Mongolia vivono circa 3 milioni di persone ecirca 40 milioni di capi di bestiame. Il pascolo in-tensivo dovuto all’elevato numero di animali haportato al degrado delle steppe. Visto che negli ul-timi anni in molte zone anche la pioggia è andatasempre più diminuendo, l’erba non è cresciuta finoall’altezza necessaria, e i nomadi non hanno potu-to mietere abbastanza fieno. Le bestie dunque han-no patito la fame e sono morte di freddo.

Ulaanbaatar

Mongolia

Russia

Cina

Il retaggio di GenghisKhan Nel secolo XIII GenghisKhan unifica e rappaci-fica le vecchie tribùmongole e fonda unoStato. Con il suo eser-cito a cavallo, lui e i suoisuccessori conquistanoi regni musulmani dell’o-dierno Kasachstan, diAfghanistan, Iran eTurchia. Regnano inCina, e si spingono finoalle porte di Vienna. Nel secolo XIV il regnocrolla. Nel sud dellaMongolia, la Cina acqui-sta sempre più potere einfluenza. Nel 1911 è sti-lata una convenzionetutt’oggi in vigore, cheaffida ufficialmente allaCina il controllo sulla«Mongolia interna». Il resto della Mongolia di-chiara la propria indipen-denza, ma di fatto è po-sta sotto il controllodell’Unione sovietica.Nel 1924 la Mongolia diventa un paese comu-nista. Con il crollodell’Unione sovietica,anche in Mongolia siforma un’opposizione.Nel 1989 la Mongolia diventa una repubblicademocratica.

Pur di trovare un buon lavoro molti nomadi si trasferiscono nella capitale e piazzano le loro tende ai margini diUlaanbaatar. Ganaa (in alto a sinistra) ha intrapreso invece il cammino inverso e si è trasferita nella valle del Tuul doveha come vicino di casa Batlaa, un comunista incallito

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«Un tempo eravamo tutti uguali»I nomadi nei gelidi inverni, alla ricerca di lavoro,spesso si trasferiscono in città. « Ma molti non sonoformati, non hanno imparato niente, se non bada-re agli animali. Per loro, è difficile trovare un lavo-ro », spiega Ganaa. Anche lei ha già perso degli ani-mali, ma mai l’intera mandria.Anni fa, la donna e suo figlio si sono regalati unaJeep. Prima dell’inverno si recano in città. L’annoscorso hanno comprato 400 mazzi di erba e ton-nellate di foraggi, di modo da avere una buona scor-ta per l’inverno. Ganaa posa una schiacciata sulla stu-fa. Ce la offrirà poi assieme alla carne di castrato eallo yogurt fatto in casa. La tenda rotonda – chia-mata «ger» – viene riscaldata dall’energia solare e da una stufa che serve anche da forno. Il materialecombustibile è la legna o lo sterco di mucca secco. La donna ha arredato la tenda con cura, rendendo-la comoda e accogliente. I due letti sono ornati dacoperte ricamati a colori. Di giorno servono persedersi. Su un tavolo vi sono posati tè e biscotti fat-ti di formaggio secco arrotolato. In uno scaffale Ga-naa conserva le pentole, accanto a un comodino coni vestiti. Non mancano neanche radio e televisio-ne, che sono alimentate da un generatore di cor-rente elettrica, l’antenna satellitare assicura la rice-zione. «Voglio sapere cosa succede nel mondo», spie-ga la nomade.Che vivano in città o nella solitudine della steppa :quando i nomadi si riuniscono, la conversazioneruota sempre attorno alla politica e all’economia. Adistanza di circa 10 minuti a cavallo dalla tenda diGanaa, vive il vicino meno distante. Batlaa ha 85anni, e insieme alla sua famiglia ha piantato le ten-

de proprio sulle sponde del fiume. Batlaa è sedutonella tenda e osserva le nuore che lavano le budel-la di una pecora in una botte d’acqua. Batlaa dice di sé di essere un comunista convinto.Non sa cosa farsene di questi tempi moderni. Lolascia perplesso il fatto che i giovani di oggi nellecittà costituiscano iniziative popolari e partiti, chescendano in strada per più giustizia e più democraziae contro la corruzione e l’abuso di potere. Se po-tesse, Batlaa tornerebbe indietro nel tempo. «All’e-poca, sotto il dominio socialista, è stato introdottoil sistema scolastico gratuito, nei capoluoghi vi era-no degli ospedali, tutti erano uguali», dice. Per luierano tempi migliori. Del fatto che erano gli annidelle purghe e dei rastrellamenti, che le persone ve-nivano uccise perché avevano un’opinione diversa,che non vi era libertà di stampa e di opinione – ditutto questo Batlaa non vuole parlare. Il vecchio facenno di no con la mano.

Il governo svende le ricchezze del sotto-suolo La Mongolia, con la sua democrazia ancora moltogiovane, sta attraversando una fase di cambiamen-to. Verso la fine degli anni 1980 e inizio degli anni1990, sono stati introdotti un sistema pluripartiticoe riforme economiche. «Ma nella democrazia e conl’economia di mercato, oggi si fa presto a cadere nel-la più nera povertà», dice Ganaa. Anche lei si ar-rabbia parlando del governo, che è corrotto e lon-tano anni luce da una democrazia vera ; parla delleingiustizie nelle miniere, del fatto che il governo stapromuovendo la svendita delle ricchezze del sotto-suolo e che è solo interessato ad attirare i soldi de-gli investitori esteri, piuttosto che sostenere le im-prese mongole. Eppure non vorrebbe tornare aivecchi tempi socialisti come il suo vicino. Nella Valle del Tuul pian piano scende la sera. Ga-naa fa rientrare gli animali dai pascoli nelle stalle.Domani vuole andare al mercato in città per ven-dere uova, formaggio e latte. Ne approfitterà ancheper andare a trovare qualcuno dei suoi figli. Ma tor-nare a vivere nella capitale Ulaanbaatar – questoproprio no, Ganaa vuole restare una nomade. «Inquale altro posto si sente il profumo dello sterco divacca che brucia, in quale altro posto si ha una tran-quillità come questa? Nella steppa – dice – mi sen-to libera». ■

(Tradotto dal tedesco)

*Petra Aldenrath, nata a Basilea, ha lavorato per cinqueanni e fino all’estate scorsa a Pechino come corrisponden-te per la radio ARD dalla Cina e dalla Mongolia

Materie prime moltoambite La Mongolia è un paesericco in materie prime. Visono giacimenti di car-bone, rame, petrolio,zinco, oro e argento,che in parte non sonosfruttati, ma sono og-getto di accaniti conflitti.Imprese estere cercanodi accaparrarsi i dirittisulle miniere. Negli ultimianni, l’economia dellaMongolia è cresciuta inparte di oltre il 10 percento all’anno, un incre-mento anzitutto dovutoai prezzi più alti pagatisul mercato mondiale,per esempio per l’oro eil rame. Ma le popola-zioni più povere non ap-profittano di questa ri-presa economica.Ancora oggi, il 40 percento dei mongoli vivesotto il limite di povertà.Le iniziative popolari ealcuni partiti denuncianola svendita del propriopaese ai paesi come laCina o la Russia, non-ché la corruzione e l’a-buso di potere. Lo scon-tento della popolazionein passato ha già por-tato a scontri in parteanche violenti.

Per gli ex nomadi la vita nella capitale è dura, molti finiscono in povertà

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Una giornata tipica di... Felix Fellmann, capo dell’Ufficio di cooperazione e del Consolatosvizzero di Ulaanbaatar

La nostra giornata lavorativa inizia alle nove quan-do insieme alla segretaria del consolato visiono gliaffari pendenti. Il programma prevede in seguitouna riunione con il mio sostituto Matthias Meier,responsabile delle attività operative. Oggi, all’ordi-ne del giorno vi è la valutazione del nostro pro-getto con i cercatori d’oro, la pianificazione dellafase 2011 – 2013, nonché il reclutamento di unnuovo projectmanager. Già da tre anni, la DSC siadopera per la piccola industria mineraria, che quiin zona dà lavoro a circa 100 000 persone e che finoa poco tempo addietro era proibita. Due giorni fa,il Parlamento ne ha approvato la legalizzazione. Pernoi è un successo che richiede degli adeguamentinella pianificazione.

Per le undici, il Segretario di Stato mi ha invitatoal Ministero degli Esteri. Vuole che nel nostro pro-gramma di borse di studio siano considerati i me-stieri di interesse strategico per la Mongolia: peresempio l’ingegnere minerario, il meccanico o lospecialista del settore medico. Il secondo argo-mento a cui accenna è lo sviluppo lento e titubantedel mercato locale. Discutiamo dunque eventualiapprocci per migliorare questa situazione.

Nel frattempo si è fatto mezzogiorno. La ONGamericana Mercy Corps ci presenta un progettoche conduce per noi. Gli allevatori di bestiame si

uniscono per vendere i loro prodotti, quali carnee lana, ad un prezzo migliore, e al contempo peracquistare carburante, zucchero o sale a condizio-ni più favorevoli. Un principio semplice, quellodella cooperativa, e di successo garantito. Durantela colazione di lavoro con il direttore della MercyCorps Mongolia parliamo di tendenze di svilup-po. La domanda, in quale misura i programmi disviluppo rurale di questo tipo abbiano ancoraun’opportunità di successo, considerato che in fu-turo i miliardi generati dalla miniera andranno ariempire la cassa dell’erario, rimane senza risposta.

Alle due torno in ufficio, dove i nostri incaricatidell’informazione presentano le idee per una cam-pagna di sensibilizzazione alle questioni ambien-tali. La televisione mongola ci ha contattati per ilcofinanziamento di un programma sullo sfrutta-mento sostenibile dei pascoli. Grazie a cellule fo-tovoltaiche, gli allevatori di bestiame oggi vedonola tele anche nei vicoli più remoti del paese - uncontatto assai gradito dunque. Decidiamo di con-ferire a giovani artisti il mandato di realizzare deibrevi documentari. Alle quattro e trenta mi ritironel mio ufficio per redigere la richiesta di entratain materia per un nuovo programma di coopera-zione. Visto che per farlo ho bisogno di calma as-soluta, attacco alla porta il cartellino con la scritta«Please do not disturb». All’inizio i miei collabora-tori mongoli non apprezzavano questo comporta-mento – oggi accettano il mio bisogno di privacy.In fondo ne approfittano tutti, se le richieste inol-trate a Berna vengono accolte. Ma occorre primarendere compatibili le nostre idee con il sistema dipensiero svizzero: un lavoro di traduzione che ri-chiede la mia massima concentrazione.Alle sei e trenta, la giornata lavorativa si conclude.Rispetto rigorosamente i tempi, perché i nostri fi-gli sono ancora piccoli. Ben presto dopo la cenavanno a letto. Mentre mia moglie chiacchiera conla sua famiglia nelle Honduras con Skype, io midedico alla lettura. Per aggiornarci su quello chesuccede nel mondo, guardiamo il canale tedesco,finché finisce anche il nostro giorno. ■

(Tradotto dal tedesco)

(Trascritto da Gabriela Neuhaus)

Il programmaL’impegno della DSC inMongolia inizia nell’anno2001: allora la Svizzerapresta aiuto d’emergenzaper gli allevatori di be-stiame che a causa di uninverno estremamentefreddo e nevoso, definito«dzud», hanno perso i loroanimali e con ciò la lorobase di sussistenza. Da al-lora, l’aiuto umanitario èstato integrato gradual-mente nei programmi dicooperazione allo sviluppoe ampliato continuamente.Nel 2004, la DSC inauguraa Ulaanbaatar un ufficio dicooperazione. I temi cen-trali della collaborazionesono il sostegno agli alle-vatori di bestiame, il miglio-ramento della sicurezza ali-mentare attraverso unprogramma di coltivazionedi patate, nonché la pro-mozione dei settori secon-dari e terziari, per esempioattraverso programmi diformazione professionale. www.deza.admin.ch (Paesi; Mongolia) www.swiss-cooperation.admin.ch/mongolia

«Grazie a cellule fotovoltaiche gli alleva-tori vedono oggi la teleanche negli angoli più

remoti del paese».

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Una voce dalla Mongolia

A Zamyn Uud, la punta sud della Mongolia, legiornate di caldo estremo con temperature di ol-tre 50° persistono – e quasi minacciano la vita del-le persone. Da tre anni, passo le mie vacanze esti-ve qui, ma non ha mai fatto così cal-do. I meteorologi sembrano averragione: poco dopo la catastrofe cau-sata dall’inverno gelido, il cosiddetto«dzud», avevano previsto un’estateparticolarmente calda. Forse si trattadi una conseguenza del riscaldamen-to globale, che da noi, rispetto ad al-tri paesi, si manifesta tre volte più ve-loce. E così anche il numero degliecologisti aumenta di giorno in gior-no. Inoltre quest’anno, su decreto delpresidente e a grande piacere dellapopolazione, sono state introdotte legiornate di piantagione di alberi.

Se sono finita qui in questo paesino,praticamente circondato da un ocea-no di sabbia, c’è un buon motivo : ilmio fidanzato tre anni fa è stato tra-sferito qui per lavoro. Così, non ap-pena iniziano le mie vacanze estive,parto per Zamyn Uud e vengo a tro-varlo. Benché il rispetto per i maschisia profondamente radicato nella no-stra cultura, le donne mongole godo-no di maggior autorità rispetto alledonne di altri paesi asiatici. L’indivi-dualismo e l’indipendenza finanziariada noi sono altamente sviluppati. Nelnostro ufficio, ad esempio, noi donnesiamo in maggioranza. Probabilmen-te da noi vi sono anche più donne infunzioni dirigenziali. Questo perònon significa che gli uomini sianomeno bravi. Voglio solo evidenziareche le donne qui fanno quel che vogliono, che nondipendono e non sono controllate da nessuno. Aquesto proposito la mentalità dei mongoli mo-derni è molto simile a quella degli europei.

La gioventù mongola si suddivide in tre catego-rie: rurale, urbana, e estera. Molti giovani sono cre-sciuti all’estero, dove vivono e lavorano ancoraoggi. Tanti giovani emigrano, attratti dalla forma-zione migliore e dai salari più alti. Fra questi c’èchi torna in patria, una volta conclusa l’ottima for-mazione. Altri ritengono che i salari di qui sonotroppo modesti e quindi preferiscono nasconder-si all’estero più a lungo. Ma tutti dicono la stessa

cosa: «Prima o poi vivrò soltanto nella mia terra».

La maggior parte dei giovani urbani sono studen-ti provenienti dalle zone rurali, che dopo la scuo-

la secondaria hanno abbandonato illoro paesino e sono fuggiti in città.Come del resto ho fatto anch’io. Nel-la capitale, a me ragazza di campagna,sin dal primo giorno tutto sembravapiù colorato, più vivace, più trendy : lestrade, le automobili, le persone. Dopoquattro anni di studio in città, ogginon riesco più a vedere nessuna dif-ferenza fra me e le altre ragazze di cit-tà. Ci penso sempre, con un sorrisosulle labbra, quando ogni anno in au-tunno osservo le nuove studentesse ei nuovi studenti che si iscrivono al-l’università.

I giovani cresciuti in campagna ri-mangono fedeli alla loro terra ancheuna volta finiti gli studi. Lavoranonella regione oppure decidono di dar-si all’allevamento di bestiame. Resta-no in paese per molte ragioni, peresempio perché non sono riusciti adiscriversi ad una scuola superiore. Mafra i giovani di campagna, e questo lonoto nel mio lavoro di giornalista,colpiscono soprattutto le qualità uma-ne. Molti di loro sono di un’ospitali-tà estrema, sono alla mano e di spiri-to aperto. Nelle zone rurali della Mongolia si incontrano tanti giovanidi animo candido e generoso. Da noisi dice che queste persone hanno unapersonalità indomita.. ■

(Tradotto dall’inglese)

Non è che gli uomini siano meno bravi…

Khulan Khuderchuluun

è giornalista a Ulaanbaatar

per la testata «Zuuny me-

dee» (tradotto: notizie del

secolo), uno dei quotidiani

più importanti della

Mongolia. Prossimamente

vorrebbe, oltre che conti-

nuare a dedicarsi alla sua

attività professionale,

crearsi una famiglia in-

sieme al suo fidanzato.

Ma «i soldi non bastano

ancora». Per la ventot-

tenne, tuttavia, non è un

motivo per gettare la

spugna: «Noi giovani

siamo convinti di aver

ereditato dai nostri antenati

la pazienza e la capacità

di superare ogni

difficoltà».

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vi. Nel 2004 UNRWA e DSC hanno organizzatoa Ginevra una conferenza congiunta dove si è di-scusso dell’orientamento futuro dell’aiuto interna-zionale. I differenti attori hanno deciso di miglio-rare la collaborazione e ottimizzare insieme l’or-ganizzazione dei programmi dell’UNRWA. Daallora la Svizzera riveste un ruolo di punta nell’at-tuazione del piano di riforme dell’Agenzia. «La riforma si propone di migliorare le capacità ge-stionali dell’intera organizzazione con lo scopo dioffrire ai rifugiati aiuti più efficaci», spiega Véroni-que Bourquin, incaricata di programma della DSCper i Territori occupati palestinesi. L’impegno del-la Svizzera è ampiamente diversificato – spazian-do dagli aiuti urgenti dopo la guerra tra Israele e gli hezbollah nel 2006 a quelli dopo la distru-zione del campo profughi Nahr el-Bared durante i combattimenti tra l’esercito libanese e ilgruppo islamico Fatah al-Islam nel 2007, dal fi-nanziamento dell’Ufficio di collegamento del-l’UNRWA a Ginevra al distaccamento di espertidel Corpo svizzero di Aiuto umanitario. ■

(Tradotto dal tedesco)

(mr) A 62 anni dalla proclamazione dello Stato d’I-sraele, la questione palestinese è lungi dall’essere ri-solta, anzi : la situazione si sta nuovamente acutiz-zando – come dimostrato una volta di più a finemaggio di quest’anno dal fallito tentativo di forni-re beni di prima necessità alla popolazione dellaStriscia di Gaza da parte di alcune navi pro pale-stinesi. Il sostegno ai profughi palestinesi è impor-tante, oggi più che mai. Per la loro assistenza, giànel 1948 venne creato un fondo speciale delle Na-zioni Unite. Ma poiché non era sufficiente, nelmaggio del 1950 l’ONU creò l’Agenzia delle Na-zioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei pro-fughi palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA),che sin dagli esordi beneficia del sostegno finan-ziario della Svizzera. Oggi l’UNRWA soddisfa i bi-sogni primari di 4,7 milioni di persone attraversoistituzioni in Siria, Libano, Giordania Cisgiordaniae nella Striscia di Gaza.

Dall’aiuto urgente al distaccamento diesperti La Svizzera contribuisce al budget globale del-l’UNRWA con all’incirca dieci milioni di franchil’anno e finanzia inoltre singoli progetti innovati-

Aiuto affidabile per profughi palestinesi

A sessant’anni dalla sua creazione, l’Agenzia delle Nazioni Uni-te per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi nelVicino Oriente (UNRWA) è, purtroppo, ancora più che mai ne-cessaria. Per la Svizzera il sostegno a questa agenzia dell’ONUrappresenta l’impegno umanitario più lungo finora assunto.

Istruzione di base e servizi sanitariLe attività dell’UNRWAportano principalmentesull’istruzione di base e suservizi sanitari gratuiti. Il 6 per cento dei profughinon riesce a provvedereautonomamente al propriofabbisogno e beneficia di servizi sociali. Un pro-gramma di microfinanzaeroga crediti a piccole im-prese e famiglie povere.Beneficiano di finanzia-menti regolari anche gliaiuti urgenti nella Striscia di Gaza, in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, inparticolare dall’inizio dellaseconda Intifada nel set-tembre del 2000.

L’UNRWA soddisfa i bisogni primari di 4,7 milioni di persone. Nell’immagine la distribuzione da parte dell’UNRWA di generialimentari

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Un solo mondo : In America centrale la vio-lenza contro le donne è più diffusa che in al-tre regioni del mondo. Soprattutto la vio-lenza domestica. Che cosa bisogna fare perarginare questo fenomeno?Mariela Castro Espín: Sono in primo luogo igoverni chiamati a reagire. Devono creare delle leg-gi e sviluppare delle politiche sociali tese a frena-re questo fenomeno. Vanno implementate dellepolitiche di promozione del rispetto nei confron-ti delle donne per prevenire gli abusi. Prima di tut-to bisogna fare delle leggi tese a far rispettare tut-ti i diritti delle donne. Anche quelli economici, cosache in molti paesi del mondo non sta ancora av-venendo. Anche in Europa in merito alla parità sa-lariale non vi sono stati ancora grandi progressi.Questa realtà che vige nei paesi ricchi, si sente tan-to più nei paesi poveri. Inoltre bisogna creare deiservizi che permettono alla popolazione di cerca-re aiuto professionale e denunciare gli abusi.

Mariela Castro Espín, 48anni, è direttrice del CentroNacional de EducaciónSexual (Cenesex) e attivistaper i diritti degli omoses-suali. È figlia del Presidentecubano Raúl Castro eVilma Espín. È conosciutaa livello internazionale per il suo impegno a favore dimatrimoni gay e operazioniper il cambio del sesso.Mariela Castro è inoltrepresidente della Societàcubana multidisciplinareper lo studio della sessua-lità (Socumes), e membrodell’Associazione per lalotta contro l’Aids nonchémembro dell’esecutivodella World Association forSexual Health (WAS). Dallamorte della madre è inoltrepresidente della Federaciónde Mujeres Cubanas, associazione femminista cubana. Mariela Castro è editrice della rivistaSexología y Sociedad eautrice di molti libri e pub-blicazioni scientifiche.

Combattere ancestrali strutture di pensiero patriarcaliNegli scorsi anni le donne cubane sono riuscite ad imporsi a livello sociale con grande impeto, ma la violenza contro le don-ne resta un problema serio al quale andrebbe dato maggior attenzione. Mariela Castro Espín, direttrice di Cenesex, tira unbilancio in chiaro e scuro. Intervista di Maria Roselli.

Un rapporto del 2000 della Commissionedell’ONU per i diritti umani lamentava chea Cuba non vi erano sufficienti dati statisti-ci sulla violenza contro le donne…È vero, purtroppo sono stati fatti finora solo studiqualitativi e non quantitativi. I dati statistici ci per-metterebbero di capire fino in fondo l’entità delproblema e quindi ci permetterebbero anche dicombatterlo meglio. Questo è un suggerimentoche anche noi facciamo alla nostra amministrazio-ne. Ma sono comunque stati registrati anche deiprogressi in materia di violenza, per esempio conl’istituzione di appositi tribunali di famiglia e cen-tri d’assistenza per vittime di violenza.

Spesso la violenza avviene nell’ambito dellastessa famiglia. Che tipo di politiche socialirichiede la violenza domestica per poter es-sere arginata?Oltre a normative ad hoc occorre una buona for-

Secondo Mariela Castro Espín, il maschilismo a Cuba è ancora molto diffuso…

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mazione dei giudici e degli avvocati. Infatti, ab-biamo constatato che spesso queste categorie pro-fessionali non sanno affrontare adeguatamente la si-tuazione. Spesso, infatti, colpevolizzano le donne ei bambini che sono in realtà vittime della violen-za. Bisogna inoltre lavorare nell’ambito educativoper produrre un cambiamento culturale rispetto aiproblemi del genere. Insegnare a uscire da ancestralistrutture di pensiero patriarcali. Gli uomini godo-no di maggiori libertà e tendono a risolvere i pro-blemi con l’uso della violenza; questo è un pro-blema sociale a cui vanno date risposte forti. In que-sto senso l’educazione è fondamentale.

Cosa sta facendo Cuba per arginare il feno-meno?Siamo un paese con una cultura patriarcale, ma cisono contesti storici che cambiano lo scenario. ACuba dagli anni ’60 ci sono leggi tese a favorire idiritti delle donne. Ma purtroppo c’è ancora ungran maschilismo. Sono stati fatti degli studi chedimostrano che le strutture comunitarie che sonostate create aiutano la gente in difficoltà. Donne ebambini maltrattati si possono rivolgere a questestrutture. Nelle realtà urbane le strutture funzio-nano bene. Invece in zone rurali è più difficile cercare aiuto. È stato fatto tanto negli ultimi anni,ma non è ancora sufficiente. Anche con Cenesexstiamo lavorando in questo senso.

Quali sono i progetti prioritari che Cenesexvuole portare avanti?Bisogna fortificare tutta la politica dell’educazionesessuale, soprattutto nelle scuole. Va sostenuto conmaggiore impeto il lavoro con la famiglia e con imezzi di comunicazione. Quest’ultimo è fonda-mentale perché i media hanno una grande in-fluenza sulla capacità di pensare e ragionare dellagente. Inoltre, bisogna contribuire a cambiare il Co-dice di famiglia per introdurre alcuni nuovi ele-menti per migliorare la protezione delle donne edei bambini rispetto alla violenza domestica.

Cenesex si occupa anche dei diritti delle cop-pie omosessuali. Negli ultimi dieci anni, aCuba, in merito ai diritti dei gay sono statifatti grandi progressi. Come è stato possibi-le?Tutto il lavoro che dagli anni Sessanta in poi ab-biamo fatto rispetto ai diritti delle donne ci è ser-vito come base. Siamo riusciti ad ampliare questodibattito ad altri ambiti per portare avanti anche idiritti delle persone omosessuali e transessuali. Sia-mo riusciti a portare questo dibattito fino in par-lamento. Lo abbiamo portato avanti con i deputa-ti, con i dirigenti del partito comunista, con i fun-

CenesexIl Centro Nacional deEducación Sexual(Cenesex) è un ente finan-ziato dal governo cubano.Alcune delle attività svolteda Cenesex nell’ambito delrispetto per le diversitàsono sostenute dalla DSC.Il centro è conosciuto a li-vello internazionale per ilsuo impegno a favore deidiritti di omosessuali, bi-sessuali e transessuali.Obbiettivo primario diCenesex è quello di contri-buire «allo sviluppo di unacultura sessuale completa,piacevole, responsabile etesa a promuovere il pienoesercizio dei diritti ses-suali». Il centro ricopre inoltre un ruolo fondamen-tale nell’ambito dell’educa-zione alla contraccezione ealla prevenzione dell’Aids.

zionari statali e con la società civile. Ed inoltre abbiamo lanciato delle campagne pubbliche persensibilizzare la popolazione e invitarla a superarequesti tipi di pregiudizi.

Qual è la posizione delle donne oggi a Cuba?Negli ultimi anni le donne sono riuscite semprepiù a entrare nei centri di potere, a ricoprire postidi responsabilità, sia a livello amministrativo che

scientifico e pubblico. Le donne che occupano in-carichi di alto rango sono in costante aumento. Cisono professioni in cui le donne oramai sono mag-gioritarie, per esempio nel mondo giuridico, nel-la sanità, nel mondo scientifico, e anche nelle uni-versità. Ma resta ancora molto da fare.

È possibile ipotizzare che in un recente fu-turo sarà una donna la nuova Presidente?Certo perché ci sono tante donne capaci, molto sti-mate, sia nel mondo politico che scientifico e re-ligioso. A me andrebbe bene chiunque di loro perdivenire il prossimo Presidente di Cuba. ■

… per combatterlo bisogna promuovere campagne disensibilizzazione soprattutto nelle scuole

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Dietro le quinte della DSCanni, 30 000 bambini tra i 6 e i 12 anni saranno informati sul rischio di abusi sessuali,conosceranno i loro diritti esapranno come difendersi.Inizialmente limitato alle princi-pali città – Maputo, Nampula e Nacala – il progetto verràpresto esteso ad altre regionialfine di ridurre gli abusi ses-suali e migliorare la salute fisica e psichica dei bambini

La Svizzera a capo di ungruppo umanitario di dona-tori (unz) Dal 1° settembre 2010, e per la durata di un anno, laSvizzera presiede il gruppoGood Humanitarian Donorship(GHD), una commissione infor-male che riunisce tre dozzinedi Stati finanziatori con loscopo di affermare a livellomondiale i principi umanitari eoperativi dell’aiuto umanitarioe di migliorarne il coordina-mento. È inoltre un’importantepiattaforma per lo scambiod’informazioni. Con questoanno di presidenza la Svizzera,tra l’altro, evidenzia la sua volontà di potenziare la suapresenza in ambito umanitarioanche a livello internazionale.Uno dei suoi primi obiettivi èquello di sensibilizzare gli altriStati donatori sulla necessitàdi professionalizzare l’aiutod’urgenza (Rapid Response)delle organizzazioni umanita-rie, un tema tornato d’attualitàcon l’intervento parzialmentescoordinato di migliaia di ONGdopo il terremoto di Haiti.Viene inoltre posto l’accentosulla protezione dei civili neiconflitti armati. www.goodhumanitariando-norship.org

Mozambico: il mio corpom’appartiene (bm)Nonostante gli enormi pro-gressi in materia di tutela del-l’infanzia, in Mozambico gliabusi sessuali su minori sonoancora un problema maggiore.Lanciato lo scorso mese di lu-glio, il progetto «Este corpo émeu» («questo corpo è mio») è un’iniziativa innovatrice de-stinata alle scuole elementariche, in un’esposizione itine-rante, sensibilizza per questaproblematica e presenta le mi-sure di protezione. Entro due

di tutto il paese. Durata: luglio 2010 – giugno2012Budget: 1,14 milioni di franchi

Programma di formazioneper un’architettura efficiente (mqs) Per fronteggiare la penu-ria di abitazioni per le classi direddito basse, il governo sud-africano promuove la costru-zione di case a buon mercato.Purtroppo, però, questi edificieconomici causano enormisprechi energetici e costi di riscaldamento elevati. Ora ilgoverno vincola i mandati dicostruzione a presupposti diedilizia efficiente. Finestre conuna buona tenuta, isolazioni e impianti solari per la produ-zione di acqua calda concor-rono infatti al risparmio ener-getico. Ma i costruttori e iperiti non dispongono dellenecessarie conoscenze e ca-pacità tecniche. In collabora-

zione con unioni professionalilocali la DSC sostiene un pro-gramma di formazione perun’architettura efficiente e l’installazione a regola d’arte di impianti solari per l’acquacalda. Durata: agosto 2010 – dicem-bre 2013Budget: 1,1 milioni di franchi

Protezione dei giovani mi-granti (mqs) Nell’Africa occidentalenumerosi bambini e giovani ol-trepassano le frontiere dellamadrepatria nella speranza diun futuro migliore.L’integrazione negli Stati limi-trofi si presenta però spessomolto difficile. Privi di uno sta-tuto legale e di mezzi finanziariin un paese straniero, questigiovani sono facili prede dellosfruttamento. Nel quadro del«Programme Afrique del’Ouest», organizzazioni localie internazionali cercano di in-dividuare questi ragazzi, li aiu-tano a rimpatriare e li accom-pagnano durante la reinte-grazione sociale e professio-nale nella terra d’origine. Alprogramma hanno finora ade-rito dieci nazioni dell’Africa oc-cidentale. Con il sostegno diuna fondazione svizzera incari-cata dalla DSC, presto si ag-giungerà un undicesimo Stato,la Nigeria.Durata: 2010 – 2013 Budget: 3 milioni di franchi www.ssiss.ch

Bosnia e Erzegovina: servizisanitari per pazienti psichia-trici (lrf) Dopo la guerra del 1992-1995, la Bosnia e Erzegovinaha dovuto riorganizzare com-pletamente i servizi sanitaridestinati ai pazienti psichia-trici. Una grossa sfida è costi-tuita non soltanto dai tratta-

menti per pazienti psichiatrici,ma anche dalla prevenzione di patologie psichiche, in au-mento soprattutto fra i giovani.Il governo di Bosnia e Erze-govina ha chiesto assistenzaalla Svizzera, che in questoambito sanitario vanta una no-tevole esperienza. L’obiettivoprefisso è quello di migliorare il quadro legale in Bosnia eErzegovina, facilitare l’accessoagli istituti psichiatrici e sensi-bilizzare la popolazione suquesta tematica. Durata: 2009 – 2012Budget: 3,5 milioni di franchi

Tutela degli ecosistemi ma-rittimi (lrf) A Cipro la Svizzera so-stiene un progetto di promo-zione della ricerca marina checontribuisce alla tutela degliecosistemi marittimi e alla pre-venzione di disastri ambientali.Il progetto finanzia l’installa-zione di stazioni fisse e mobiliper l’osservazione degli ecosi-stemi marittimi. Questi impiantisono dotati di sensori e si-stemi di telecomunicazionesatellitare che consentono l’analisi qualitativa di enormiquantità di dati. Viene inoltrefinanziata l’istruzione all’uti-lizzo della strumentazione e all’osservazione dei mari ingenerale. I dati sono regolar-mente pubblicati in internet esono dunque a disposizione di tutti gli istituti di ricerca –quindi anche delle universitàsvizzere – per l’utilizzo e l’ana-lisi.Durata: 2010 – 2012Budget: 4 milioni di franchi

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« Il mio obiettivo è realizzare, insieme ai nostri partner, un programma di sviluppo davvero all’a-vanguardia », dice Willi Graf, responsabile dell’uf-ficio di cooperazione della DSC a Kabul. Visti i ri-schi di sicurezza acuti, insieme ai suoi collaborato-ri, Graf si piega alle esigenze : ad ogni spostamento,che sia privato o di servizio, prestano la massimaattenzione alla sicurezza. L’aggiornamento conti-nuo della valutazione del rischio coinvolge tutti icollaboratori dell’ufficio di cooperazione. Su unpiano più generale, sono stati investiti mezzi addi-zionali nella sicurezza e nella formazione. « Sonoconsapevole del fatto che ogni decisione può an-che essere una decisione sbagliata – si tratta di ri-durre la probabilità che succeda qualcosa » ! affer-ma Willy Graf. Sotto il profilo della sicurezza, l’Afganistan è par-ticolarmente delicato, conferma anche KasparGrossenbacher di Helvetas. «I luoghi in cui ope-riamo sono diventati più instabili – sempre più

gruppi di interessi si contendono il potere, i Tale-bani sono solo uno fra i numerosi fattori». Un gran-de problema, secondo Grossenbacher, è costituitodalla strumentalizzazione della cooperazione perscopi militari. I Provincial Reconstruction Team ame-ricani, ad esempio, non perdono occasione percercare il contatto con i collaboratori di Helvetas,per approfittare delle reti di conoscenza di cui dispone l’ente. «Per noi, distinguerci chiaramentedalle organizzazioni statunitensi è un principio sa-cro-santo ed una questione vitale di security», evi-denzia Kaspar Grossenbacher.

Rischi multipliLa cooperazione e l’aiuto umanitario hanno luo-go in un contesto che, per natura, presenta rischimaggiori, rispetto ad un lavoro in Svizzera. Chi siimbarca in questa avventura dovrebbe disporre diuna preparazione adeguata. «La sicurezza è sempreindividuale. Chi arriva in un ambiente nuovo, deve

La sfida della sicurezzaLa sicurezza è diventata una tematica sociale assai discussa.Anche nella cooperazione allo sviluppo e nell’aiuto umanitario,sempre più spesso gli operatori sul campo sono esposti a ri-schi, ai quali si cerca di rispondere intensificando le misure disicurezza. Per esempio con la costituzione di un nuovo Grup-po tecnico Sicurezza in seno al Corpo svizzero di aiuto umani-tario della DSC.

Emblemi come quello della Croce Rossa dovrebbero servire a proteggere i propri dipendenti. In realtà negli scorsianni i pericoli per il personale umanitario attivo sul campo hanno segnato un netto aumento. Nell’immagine Basra, Iraq

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comprendere il nuovo contesto e adattare il suocomportamento», dice Peter Lehmann, direttoresostituto della sezione Sicurezza all’estero delDFAE. Lehmann ha sviluppato un piano di sicu-rezza incentrato sulla responsabilità individuale diogni persona e basato sul confronto con tutte leeventualità. Proprio in una realtà come l’Afghani-stan, dinanzi al pericolo dell’esplosione di unabomba, troppo spesso si rischia di dimenticare, adesempio, l’eventualità di un incidente stradale o diuna malattia infettiva. Un esempio classico di come gestire i pericoli nel-le aree di conflitto è dato dal CICR, il cui emble-ma serve da simbolo di riconoscimento che do-vrebbe proteggere coloro che operano sotto la suabandiera. Ma ciò funziona soltanto se l’organizza-zione viene considerata e rispettata come partnerneutrale importante. Ciononostante, ad intervalliregolari, assistiamo ad attacchi mirati contro i vo-lontari del CIRC.Stando alle statistiche, il pericolo al quale si espo-

ne il personale nel settore umanitario che prestaservizio in primissima linea, è addirittura in forteaumento. Grazie ai mezzi di comunicazione mo-derni, i sequestri di persona e i ricatti sono diven-tati molto più attrattivi – promettono infatti visi-bilità e il pagamento di altissime somme di riscat-to. Un altro motivo per il quale la percezione dei pericoli nel servizio umanitario è cresciuta, èsenz’altro l’importanza maggiore che oggi la societàattribuisce alla sicurezza.

Gruppo tecnico SicurezzaOgni anno, la DSC mette a disposizione 650 000franchi per progetti di sicurezza. Questo impegnoora sarà ulteriormente ampliato: nell’ambito delCorpo svizzero di aiuto umanitario (CSA), attual-mente una trentina di specialisti seguono una for-mazione di preparazione al loro servizio di aiutoumanitario: «È importante che imparino a cono-scere il mondo della cooperazione», dice FranziskaHeizmann, responsabile del nuovo Gruppo tecni-

I sette pilastri del CICR Il concetto di sicurezza deicollaboratori e delle colla-boratrici sul campo è statorealizzato nel 1998 dall’al-lora delegato alla sicurezzaPhilippe Dind e oggi servea molte organizzazioniumanitarie come base perle proprie misure di sicu-rezza. Il principio supremoè che il proprio personale è sempre disarmato.La cultura del piano di sicurezza sul campo delCICR poggia su sette pila-stri:1. Gradimento e appro-vazione dell’organizza-zione da parte di tutti gliattori coinvolti, grazie allarigida politica di neutralitàperseguita e alle buoneconoscenze della situa-zione in loco. 2. Identificazione – l’ap-provazione porta alla pro-tezione dei collaboratori edelle collaboratrici che de-vono essere chiaramentericonoscibili come tali. 3. L’informazione è unelemento fondamentaledella sicurezza in una si-tuazione a forte presenzadi rischio. 4. Il Regolamento sullasicurezza definisce le re-gole di condotta e vieneredatto direttamente inloco, dalla delegazionestessa. 5. Personalità – ogni col-laboratrice e ogni collabo-ratore è responsabile di sestesso ed è tenuto alla so-lidarietà con i suoi colleghie con le sue colleghe. 6. La telecomunicazionepromuove la messa in retee la diffusione di informa-zioni nelle aree di conflitto.7. Misure di protezionepassive e attive – fedelealla massima: l’assai bastae il troppo guasta!

In caso di catastrofi come quelle verificatesi nel Sudan meridionale (in alto a sinistra) e in Indonesia (in alto a destra), glioperatori sono esposti a seri pericoli. Se la situazione lo richiede, la Svizzera intende ora inviare degli specialisti dellasicurezza umanitaria che accompagnano gli operatori sul campo come a Haiti (tutto in alto) a seguito del terremoto

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co Sicurezza. «Questi mondi si differenziano com-pletamente da quello della polizia o del militare: lasicurezza nell’ambito umanitario è basata sulla au-toresponsabilità di tutti i soggetti coinvolti. I ma-nager della sicurezza in questo contesto sono sol-tanto dei consulenti, la responsabilità per la strate-gia di sicurezza è e resta del teamleader».In futuro è previsto, se necessario, l’invio di specia-listi della sicurezza umanitaria che accompagne-ranno dunque i servizi di aiuto d’emergenza. Unprimo test durante l’intervento del CSA, dopo ilterremoto di Haiti, ha dato risultati positivi, affer-ma Christine Tobler, Liaison Officer e capo di Sta-to maggiore sostituto del CSA. Gli specialisti del-la sicurezza fra l’altro hanno assunto anche altricompiti, quali il Security Briefing per i nuovi arri-vati del CSA, la realizzazione di analisi continue re-lative alla sicurezza e la messa in rete con i consu-lenti sulla sicurezza delle altre organizzazioni.Con l’aiuto dei nuovi specialisti in materia di si-curezza umanitaria, Christine Tobler spera di po-ter effettuare più spesso le analisi del rischio e leformazioni di sicurezza, così come sono state at-tuate negli ultimi anni da Peter Lehmann e la suasquadra – non solo nell’ambito del Corpo svizze-ro di aiuto umanitario, ma per tutti gli uffici di co-operazione della DSC interessati, nonché per le or-ganizzazioni partner attive sul campo e le amba-sciate svizzere all’estero. Anche se Peter Lehmannvede il nuovo gruppo tecnico come una «grandeopportunità», mette in guardia da un entusiasmo

eccessivo: «La sicurezza non deve mai diventare finea se stessa – è sempre parte di un insieme e deverestare snella e flessibile. Se una situazione di minac-cia si attenua, bisogna rimuovere anche i recinti».

Protezione armata per gli operatori?Sollevano regolarmente scalpore anche le richie-ste di disporre di personale di sicurezza armato perla protezione degli operatori umanitari sul campo,anche se in molte regioni da tempo è ormai unaprassi di normale amministrazione. Tuttavia, glispecialisti della sicurezza del nuovo gruppo tecni-co del CSA presteranno i loro servizi senza arma.«Preferisco che i nostri collaboratori siano vera-mente ben addestrati in merito alla sicurezza e chesi attengano alle regole, piuttosto che cullarmi nella falsa sicurezza che mi può offrire un’arma», spiega Willi Graf. Invece, si è riveduto su uno de-gli strumenti di sicurezza che all’inizio guardavacon scetticismo e che oggi considera essenziale :dopo ogni periodo di servizio di otto settimane, ilpersonale svizzero dell’ufficio di cooperazione aKabul è tenuto a lasciare il territorio per una set-timana. Solo così si può sopportare la pressione èsolo così si riesce a raccogliere l’energia necessariaper un’analisi ininterrotta e per le continue misu-re di protezione. ■

(Tradotto dal tedesco)

Garantire la sicurezza in Afghanistan è particolarmente difficile. Chi si sposta per la capitale Kabul è continuamenteesposto al pericolo di attentati e rapimenti

Informazioni strategicheIn realtà belliche e di crisi,le informazioni e la loro affi-dabilità possono diventareuna questione di vita o dimorte. Nell’ambito del pro-getto di coordinamentoAfghanistan NGO SafetyOffice ANSO vengono ar-chiviati documenti e messea disposizione informazionidi approfondimento.Inoltre, tutti gli eventi conimpatto sulla sicurezza e le segnalazioni di rischiovengono aggiornati in continuazione e girati per SMS al personale sulcampo. Lo EuropeanInteragency SecurityForum EIFS, messo inpiedi da 46 organizzazionieuropee attive nelle regionidi conflitto allo scopo dicontrastare in tutto ilmondo le aggressioni con-tro il personale umanitarioattivo sul campo e miglio-rare così l’accesso allepersone nelle aree a ri-schio, è una piattaforma simile. La DSC sostiene sia ANSO che EIFS concontributi finanziari. www.afgnso.orgwww.eisf.eu

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Ekrem Çitaku, 32 anni, ènato a Pristina, capitale delKosovo, dove vive e lavoracome dentista in una clinicaprivata e come direttore e caporedattore di una emit-tente radio. «Questi due set-tori», dice «sono le due pas-sioni della mia vita». EkremÇitaku faceva il giornalista giàdurante gli studi di medicina.Nel 2000 fonda la sua propriaradio. Oggi «Radio ValaRinore» (Onda giovane) è l’emittente più amata diPristina. Nel 2005 EkremÇitaku costituisce la rete radiofonica «Human RightsRadio Network». Nove sta-zioni radio da ogni regione del Paese partecipano a questo progetto mediatico interetnico e plurilingue che si prefigge l’obiettivo di migliorare la comunicazionefra i vari gruppi etnici e pro-muovere la comprensione e la tolleranza reciproca. www.radiovalarinore.com

Fra la popolazione di tutto ilKosovo è percettibile un grandesenso di ottimismo. E lo confer-mano anche i sondaggi realizzatiannualmente da diverse orga-nizzazioni estere. La realtà eco-nomica e sociale, invece, offreun quadro della RepublikaKosovo piuttosto cupo – conso-lidato segnatamente dallo scarsoriconoscimento dello Stato ko-sovaro da parte degli Stati mem-bri delle Nazioni Unite. Si capisce da sé che tutte questecircostanze talvolta sembranoeffettivamente sostenere che ikosovari non dovrebbero consi-derarsi uno dei popoli più otti-misti del pianeta.

Ma i kosovari di ottimismo esperanza ne avevano anche du-rante i momenti più neri delconflitto degli anni Novanta.Sarà per questo motivo che ilsuperamento dei problemi men-zionati e il compito di essereuno Stato funzionante ed eco-nomicamente progredito, nel

Un verdetto giusto, fonte di speranzaquale regnano innanzitutto l’or-dine e la legge, sono consideratidalla maggior parte della popo-lazione delle sfide semplici daaffrontare.

E proprio come la maggiorparte della popolazione koso-vara, anche io sono convintoche vi sia motivo per essere ot-timista. In particolare dopo unevento eccezionale – non soloper il mio Paese – come quellodel 22 luglio 2010, quando laCorte internazionale ha emessoun verdetto giusto. È il verdettodella lotta contro il male, dellaforza consolidata della legge edel rispetto del diritto. È unverdetto di speranza per i gio-vani europei e per l’intera uma-nità. È il verdetto che stabilisceche la proclamazione d’indipen-denza del Kosovo non viola ildiritto internazionale.

Ce l’abbiamo fatta dunque –non solo la gente del mio Paese,ma tutte le persone di questo

mondo. La notizia che il Tribu-nale internazionale ha dato almondo è chiara: giustizia primadi tutto.

Il risultato di 10 voti dei giudiciinternazionali contro 4 a favoredel Kosovo rispecchia la storia,le vittime, la realtà e il caso suigeneris del Kosovo. E il popolokosovaro può andarne giusta-mente fiero.

Il nuovo ruolo del Kosovo nellaregione dovrebbe ora essere vi-sto come forza innovatrice conun impatto positivo sulle que-stioni politiche regionali ecome modello per le giovanigenerazioni, come esempio ditrionfo del diritto. Ecco perchéi giovani devono preservarel’ottimismo riguardo al loro futuro nell’Unione europea econtinuare ad agire affinché anche il Kosovo con il suo sistema di valori umani venga riconosciuto. Così come ilmondo intero portò e porta

ancora grande stima verso unagrande figlia albanese qualeMadre Teresa di Calcutta.

Abbiamo buoni motivi per es-sere ottimisti e fieri, e così comela vedo, ce l’abbiamo fatta. ■

(Tradotto dall’albanese)

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Una firma che è un impegno

Che si tratti di musica africana,di film latinoamericani o disculture asiatiche - sono tuttiambasciatori ideali per suscitareinteresse e comprensione per lepopolazione dei paesi in via disviluppo. Almeno così si dice. Eper anni è stato questo l’argo-mento a sostegno dell’impegnoculturale della cooperazione allosviluppo. Tuttavia, la cultura e lapromozione della diversità cul-turale hanno una loro valenzapropria, sia per lo sviluppo in-terno di una società, sia in

quanto fattori economici nelmondo globalizzato. «Con que-sta definizione di cultura, la con-venzione Unesco sulla prote-zione e l’incoraggiamento delladiversità culturale innesca uncambiamento di paradigmi»,dice Mauro Abbühl dell’Ufficioper la cooperazione culturaleArtlink. Abbühl è esperto pressola Coalizione svizzera per la va-rietà culturale che si adopera perl’attuazione della convenzioneUnesco e che ha presentato conil rapporto «Varietà culturale, più

di un semplice slogan» tutta unaserie di proposte concrete.

Meno mezzi rispetto a 10 anni faNel capitolo sulla cooperazioneinternazionale, la coalizione critica che sia i mezzi di ProHelvetia sia quelli stanziati dallaDSC per la promozione dellacultura e la cooperazione cultu-rale con il Sud e con l’Est sonodiminuiti rispetto a 10 anni fa.In netta contraddizione alla rati-fica della convenzione, che pre-

vede un impegno culturale a fa-vore dei paesi in via di sviluppo,evidenzia Mauro Abbühl.Ma per definire le azioni neces-sarie, innanzitutto sarebbe ne-cessario rilevare i dati. Ad ini-ziare dalla DSC, dove dal 2002vige il principio secondo cui almeno l’1 per cento dei mezzidei programmi destinati ai varipaesi, devono essere riservati aprogetti culturali. Questa ali-quota finora, a seconda dei paesie dei programmi, è stata impie-gata con modalità diverse, e a

La convenzione Unesco sulla protezione e l’incoraggiamento della diversità cul-turale e delle sue forme espressive evidenzia il ruolo centrale della cultura perlo sviluppo. La Svizzera ha ratificato la convenzione nell’anno 2008, riducendoperò al contempo il suo impegno internazionale. Quest’è la critica di un gruppodi lavoro - che ora mette sul tavolo le proprie proposte. Di Gabriela Neuhaus.

L’esposizione «Modalities» (immagini su questa e la prossima pagina), tenutasi in Tagikistan la scorsa primavera, intende sensibilizzare i visitatori sultema delle pari opportunità. Con delle sculture viventi (in alto) sono stati rappresentati i diversi modi di intendere una famiglia

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perché rischiano di lasciare amani vuote importanti organiz-zatori di eventi culturali, quali ilZürcher Theaterspektakel, men-tre altri come il Festival interna-zionale del Film di Locarno op-pure Visions du Réel di Nyoncontinueranno a beneficiare deicontributi. «In questo settore la Svizzeradovrebbe mettere a disposizionepiù mezzi per attuare la conven-zione – la Coalizione non avràremore a rivendicarli», annunciaAbbühl e rivendica che la prio-rità va data alla creazione di or-ganizzazioni per gli artisti e allarealizzazione di strutture di di-stribuzione a Sud e ad Est. Conl’obiettivo di permettere aglioperatori del Sud di poter pre-sentarsi al Nord in quanto part-ner equivalenti e diffondere leproprie opere. ■

(Tradotto dal tedesco)

volte non è stata sfruttata ap-pieno. Nell’ambito dei pro-grammi DSC, per il lavoro disensibilizzazione si ricorre inol-tre a numerosi progetti culturali,come ad esempio una produ-zione teatrale di attualità inTadschikistan sulla violenza do-mestica. «Naturalmente ciò non basta per dare il sostegno voluto dallaConvenzione al settore culturalenei paesi in via di sviluppo», fanotare Abbühl. Si tratta piuttostodi migliorare le condizioni qua-dro che permettono lo sviluppodi un settore culturale vivace.Per quanto riguarda la sua vo-lontà di avere voce in capitolo infuturo, la Coalizione sembra es-sere sulla buona strada. Vi sonogià stati degli incontri fra specia-listi dello sviluppo e della cul-tura. «La Coalizione lavora bene– è un lavoro di lobbying im-portante volto a creare unacomprensione più ampia dellacultura in relazione allo svi-luppo», afferma Sophie Delessert,per anni responsabile dei pro-grammi e progetti culturali dellaDSC.

Strategia nuova La convenzione Unesco costi-tuisce una base importante perl’impegno culturale della DSC,in passato più volte criticato dagli ambienti politici. Con il

nuovo orientamento strategico2010 – 2015, tutti i contributi aiprogetti che servivano «solo» allavoro di sensibilizzazione nelNord e che non presentavanoun’utilità diretta per gli opera-tori culturali del Sud e dell’Estsono stati depennati dal budgetdella DSC.Anche le condizioni quadrosono state ridefinite e oggi of-frono meno spazio di manovra.Questo per garantire un im-piego più efficace dei mezzi:nella promozione di progetticulturali nei paesi partner, adesempio, si vuole focalizzare l’attenzione sui paesi prioritari -la responsabilità per l’attuazionedei progetti incombe ai vari uf-fici di cooperazione. Dall’85 al90 per cento dei mezzi per lapromozione dell’accesso al mer-cato svizzero in futuro andrannoagli operatori culturali dei set-tori film e musica. «In questi settori disponiamo di grandeesperienza, competenze ade-guate e valide organizzazionipartner», spiega SophieDelessert. «Inoltre, il film e lamusica raggiungono un pub-blico più ampio rispetto ad unacostosa produzione teatrale o adun’esposizione d’arte. Vogliamoraggiungere più persone possi-bili». Queste restrizioni non piac-ciono molto alla Coalizione

L’impegno culturale dellaDSC :Asse A promuove l’accesso almercato culturale e al pubblicosvizzero per operatori culturalidel Sud e dell’Est. Asse B promuove la creazioneculturale nei paesi partner. Asse C sostiene lo sviluppo dicompetenze interculturali. PerReto Wieser, responsabile delladivisione processi di cono-scenza e di apprendimentopresso la DSC, la diversità cul-turale costituisce la base di unacollaborazione allo sviluppo sostenibile : « La spesso lodatacooperazione allo sviluppo incentrata sul principio dellapartnership così come vienegestita dalla Svizzera, si basasulla competenza interculturale.Al centro vi sono valori, prin-cipi etici, l’autoriflessione e lagestione consapevole del di-verso ».

LinkCommissione svizzera perl’Unescowww.unesco.ch

Coalizione svizzera per la di-versità culturale www.coalitionsuisse.ch

Diversità culturale, più di unsemplice sloganwww.kulturellevielfalt.ch

Strategia per la cultura dellaDSC 2010-2015 www.deza.admin.ch (temi, stato di diritto, democrazia, impegno culturale) (Non è disponibile initaliano)

La convenzione Unesco sulla protezione e l’incoraggiamento della di-versità culturale e delle sue forme espressive evidenzia il ruolo centraledella cultura per lo sviluppo

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Veri galantuomini(bf ) A Kinshasa (RepubblicaDemocratica del Congo) e aBrazzaville (Repubblica delCongo) negli anni 1970 è natoil movimento dei sapeur. Sonomigliaia di uomini che aderi-scono a Sape (Société desAmbianceurs et des PersonnesElégantes), vestono in modotanto elegante quanto appari-scente, e vivono così questo loro originale dandismo. Il movimento affonda le sue radici nell’epoca coloniale fran-cese. La popolazione autoctona,affascinata dallo stile e dall’ele-ganza dei francesi, inizia a svi-luppare una propria chiave diinterpretazione e tutto un si-stema di regole specifiche : anzi-ché portare abiti confezionati,gli uomini indossano creazionitessili griffate. In questa misepasseggiano nei quartieri poveridelle loro città. Questo abbigliamento elegantee curato fino all’ultimo detta-glio per loro assume un’impor-tanza fondamentale poiché è in contrapposizione totale conla povertà dell’ambiente in cuivivono. Il fotografo italianoDaniele Tamagni ha fotografatola vita dei «Gentlemen ofBacongo», immortalando le loro regole e le loro storie nelsuo libro. «Gentlemen of Bacongo » diDaniele Tamagni; Edizioni Trolley,Londra 2009,disponibile solo ininglese

Ripensare lo sviluppo (bm) Cosa si può dire sugli ap-procci seguiti in America latina,in Africa o in Asia a sessant’annidi distanza dai primi dibattitisullo sviluppo e sulla coopera-zione internazionale? Per alcunisono un clamoroso fallimento.Agli occhi degli altri, il quadroappare perlomeno fosco, fatto disuccessi e delusioni. Dinanzi allaportata delle sfide persistenti, èpiù che mai necessario ripensarelo sviluppo. È questo il compitoche ci invita ad assumereGilbert Etienne, professore ono-rario presso l’Istituto degli studiinternazionali superiori e dellosviluppo di Ginevra. Da cin-quant’anni il ricercatore per-corre l’Asia e l’Africa. Basandosisullo studio di quattro paesiasiatici dagli sviluppi contrastati,ci illustra perché le condizionidello sviluppo sono o non sonopossibili. Etienne preferisce letestimonianze e l’approccio sulterreno. È un approccio iscrittonella tradizione della fedeltàgeografica e istituzionale: lestesse regioni sono visitate a più riprese, al fine di esprimereun giudizio sui progressi segnatio sulla loro assenza.«Repenser le développement.Messages d’Asie», Gilbert Etienne,Éditions Armand Colin, Parigi2009, non è disponibile in italiano

Vivere, sognare, sperare (bf ) Cosa le provoca la gioia piùgrande, cos’è la sua paura mag-giore? Cosa sogna? Vi è un mo-tivo per cui potrebbe ucciderequalcuno? Conosce una pre-ghiera? Cosa c’è dopo la morte?Queste e altre 34 domandesono state poste dal fotografofrancese Yann Arthus-Bertrand

e dalla sua équipe a 5000 per-sone in 75 paesi. Il risultato di questa inchiesta articolata su cinque anni può essere letto non solo sul sito web www.6millardsdautres.org, ma anche nel libro «Einer unter 6Milliarden». Oltre 500 personein tutto il mondo parlano diquello che ci tocca, sia nel beneche nel male. Dichiarazioni checommuovono per la loro inti-mità e immediatezza e che costituiscono uno stimolo di riflessione sulla condizioneumana nelle più svariate circo-stanze di vita. Il volume integra

anche bellissime fotografie cheritraggono gli intervistati inprimo piano, mentre ci guar-dano dritti negli occhi. «Einer unter 6 Milliarden» di Yann Arthus-Bertrand, EdizioniKnesebeck 2010«6 milliards d’Autres», Editions La Martinière

Pesciolino incontra cane chedorme(bf ) Hsiao-Yü vive in una cittàdi Taiwan e il suo nome in ci-nese significa «pesciolino». Laragazzina passeggia per le strade,come fa spesso. Il padre la sera

Approccio globale all’educazione (bf) Nelle scuole, i ragazzi vogliono capire cosa succedenel mondo. La Fondazione Educazione e Sviluppo, su in-carico della DSC, ha realizzato una guida online per gli insegnanti che li aiuta ad utilizzare un approccio di «edu-cazione globale» nelle varie materie e nei diversi settori.Questo metodo d’insegnamento permette di mettere in relazione le esperienze maturate nella propria quotidianitàcon gli sviluppi a livello globale, incita ad imparare a ve-dere le relazioni, ad apprendere a mettere in questione iluoghi comuni e ad assumere prospettive estranee per infine riconoscere la necessità del rispetto nella convi-venza con le persone, gli animali e le piante. Due esempidedicati alla tematica «la città come spazio vitale» – unoper il livello primario e uno per le scuole professionali – illustrano l’uso pratico della guida da parte di due in-segnanti. La guida è completata da alcuni brevi testi chespiegano da diverse prospettive il metodo dell’approccioglobale per un’educazione sostenibile. www.globaleslernen.ch

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Johnny Clegg, MoZuluart, StaffBenda Bilili, The Dizu PlaatjiesLbuyambo Ensemble e HughMasekela.Various: «Paléo Festival Nyon,Village du Monde 2010; Ubuntu»(Paléo Festival Nyon/RSR/Disques Office)

Il fascino esplosivo dellacumbia colombiana (er) Melodie armoniose di fisar-monica, beat e punchline dibasso incalzanti, chitarre vi-branti, ottoni latini avvincenti,una cascata di suoni di organocreati alla tastiera e acute sirene.E poi ancora: voci appassionatemaschili, interrotte da voci fem-minili, esigenti e tenere, spokenwords taglienti come lame,trance-loop psicadeliche o intrecci raffinati di scratching –

vuole preparare riso fritto euova e la manda a comprare una dozzina di uova. Ma primadi arrivare al negozio, la ragazzane vede di tutti i colori: letteral-mente, perché prima il mondodi Hsiao-Yü si tinge di blu, poiperde contorni e contrasti, piùtardi Hsiao-Yü incontra la gattadelle ombre e Harry, il cane chedorme. Scopre piccoli miracolinelle cose di ogni giorno.L’illustratore taiwanese ChenChih-Yuan, 35 anni, in «KleinerSpaziergang» racconta con im-magini teneri e divertenti unastoria bella, discreta e persinotransculturale. L’artista ha vintoper tre volte il prestigioso pre-mio Hsin Yi Picture Book Award.Con le sue storie illustrate riesce a coprire di magia lastrada che la ragazzina Hsiao-Yüpercorre ogni giorno. «Kleiner Spaziergang» di ChenChih-Yuan, in tedesco e cinese;Edizioni NordSüd/Baobab, Zurigo2010

Corsi post diploma Il NADEL (Diploma Postgra-duate per paesi in via di svi-luppo) del Politecnico diZurigo nel semestre di prima-vera 2011 propone i seguenticorsi di perfezionamento :Pianificazione e monitoraggiodi progetti e programmi (21.-25.02.)Gestione finanziaria di progettiper lo sviluppo (1.-4.03.)Capacity Development nella

cooperazione internazionale :dall’apprendimento individualeall’apprendimento organizzazio-nale (9.-11.3. e FeedbackWorkshop il 9.5.)Sviluppo rurale – sfide, strategiee approcci (15.-18.03.)Corruzione e controllo dellacorruzione nei paesi in via disviluppo (29.3.-1.04.)Decentralizzazione e buongo-verno locale nel processo di sviluppo (19.-21.4.)Questioni strategiche di attua-lità nella cooperazione allo sviluppo (4.-6.5.)Policy making in internationalcooperation: the role of civil society (10.-13.5.)Valutazione di progetti e pro-grammi (17.-20.5.)Per informazioni e iscrizioni:ETH Zurigo, Nadel, tel. 044632 42 40 o suwww.nadel.ethz.ch

Effervescenze musicali cone per bambini (er) Sono stati dei bambini a se-lezionare secondo il loro gustoquesto documento musicale al-lestito con grande cura e amore.Ci accompagnano in un allegroviaggio musicale che parte dallaColombia, passa da Istanbul e siconclude in Mongolia. Gruppimusicali quali Los Fulanos(Spagna), Amsterdam KlezmerBand o Mabulu (Mozambico),la cantante Saba (Somalia) oDean Martin celebrano gypsygroove, mambo, samba o anchefolk rock britannico. Le melodiestimolanti, le armonie scanditedai ritmi incalzanti della percus-sione, i canti sinuosi e una riccadotazione di strumenti rispec-chiano una gioia di vita meravi-gliosa, che non piace soltanto aibambini – anche perché questoviaggio musicale continua sulbonus CD allegato. E qui è lavolta di salsa, flamenco, bhangra(ballo popolare indiano) o ba-ladi (danza del ventre egiziana).È un album che invita vecchi e

bambini a scendere in pista e ad abbandonarsi alle note dellamusica del mondo. Various: «World Music ForChildren» con Bonus CD: «DanceThe World» (World MusicNetwork/Musikvertrieb)

Umanità in arrivo dal PaleoFestival(er) Sono storie musicali ina-spettate, toccanti e straordinarie i 14 brani della compilation «Ubuntu», una documentazionemusicale della vita nel Village du Monde dell’edizione odiernadel Paléo Festival di Nyon.Sono fotografie acustiche accat-tivanti delle mille sfaccettaturedei paesaggi musicali del Suddell’Africa. Il mbaquanga soulricorda l’Apartheid, l’hip-hop ciporta nell’epoca moderna: unapiattaforma per presentare nessianche azzardati fra sound digi-tali e melodie e ritmi africani.Che a dilettare l’orecchio sianoinni o funk jazz – la musicasprigiona «ubuntu», che in zulùsignifica «umanità», intesa comesinonimo di una filosofia basatasu rispetto reciproco e apprez-zamento. Ad infonderci questonobile sentimento ci pensanofra l’altro Mahotella Queens,

da ascoltare su un CD in 16 variazioni realizzate da unanuova generazione di band, DJe produttori latinoamericani.Che soccombono al fascinoesplosivo della cumbia, la mu-sica variegata e intrigante dellaColombia, elaborata con allu-sioni e analogie colonialistiche,afrocaraibiche e indigene. I musicisti fondono musicacumbia e sound urbano, accom-pagnandolo con house, techno,hip-hop, reggaetón, dancehall,rock e pop sui global dancefloordel secolo XXI. Di rigore la segnalazione del pericolo di incendio: i track sul samplerdella riuscita compilation sonoad alto tenore esplosivo!Various: «Cumbia! Bestial»(Chusma Records/Disques Office)

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Impressum:«Un solo mondo» esce quattro volte l’anno in italiano, tedesco e francese.

Editrice:Direzione dello sviluppo e della cooperazione(DSC) del Dipartimento federale degli affariesteri (DFAE)

Comitato di redazione:Martin Dahinden (responsabile) Catherine Vuffray (coordinamento globale) Marie-Noëlle Bossel, Marc-André Bünzli, Beat Felber, Thomas Jenatsch, Roland Leffler,Sabina Mächler, Nicole Suhner

Redazione:Beat Felber (bf – produzione)Gabriela Neuhaus (gn) Maria Roselli (mr)Jane-Lise Schneeberger (jls) Ernst Rieben (er)

Progetto grafico: Laurent Cocchi, Losanna

Litografia e Stampa: Vogt-Schild Druck AG,Derendingen

Riproduzione di articoli:La riproduzione degli articoli è consentita previa consultazione della redazione e citazione della fonte. Si prega di inviare una copia alla redazione.

Abbonamenti:La rivista è ottenibile gratuitamente (solo in Svizzera) presso: DFAE, Servizio informazioni, Palazzo federale Ovest,3003 BernaE-mail: [email protected]. 031 322 44 12Fax 031 324 90 47www.dsc.admin.ch

860215346

Stampato su carta sbiancata senza cloro per la protezione dell’ambiente

Tiratura totale: 54 200

Copertina: Sudan meridionale NSF-Suisse

ISSN 1661-1683

Vari

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Film

Nota d’autore

I due lati del turismo

Marco Solari, 66 anni,Presidente di Ticino Turismononché del Festival internazio-nale del film di Locarno.

Avevo 20 anni quando mi an-nunciai in un’agenzia viaggicome guida e la mia prima mis-sione mi portò in India. L’arrivoa Calcutta di notte (siamo neglianni ’60) è stato un colpo allostomaco. Vedere nelle stradedei grandi carri di legno tirati dabuoi con un campanello e genteche li seguiva a piedi, lungo ilmarciapiede, dove in fila dormi-vano delle persone. Tiravanoloro i piedi e se le persone simuovevano, dormivano, se nonsi muovevano più, venivano ca-ricati sul carro perché morti. Miricordo poi le facce affamate dichi ci guardava a colazione e miaccorsi che, come la sera primaalla vista dei monatti e dei lorocarri, pochi dei miei turisti ne ri-manevano impressionati.Questa indifferenza mi turbava.Avevo capito che la povertà e lamiseria esistevano davvero eche il turismo è un arma a dop-pio taglio, utile certamente maaccompagnato troppo soventeda un’indifferenza per la culturao per la miseria rivoltanti. Agliappassionati di queste latitudiniconsiglio vivamente la lettura di «La voie royale» di AndréMalraux, scritto nel 1930, ma di intramontabile fascino.(Trascritto da Maria Roselli)

Superstiti in un campo profu-ghi nel CiadIn aprile 2006, 13 000 dajos fug-gono da Darfur, trovando riparonella pianura di Gouroukounnel Ciad orientale. Sono tuttisuperstiti della guerra di Darfur.Isolati dal mondo, rimediano unaccampamento di fortuna nellazona del Sahel, si insediano e siinventano una forma di soprav-vivenza. I profughi raccontano, i bambini disegnano la guerra,le ragazze cantano canti bellici: «Au loin des Villages» un film diguerra senza una sola immaginedi guerra. Olivier Zuchuat, originariodella Svizzera francese, si è re-cato in questa prigione senzamura, e pian piano si è gua-dagnato la fiducia degli sfollati.Dopo due anni nel campo, oggi sono prigionieri dei lororicordi. Ricordi di paura, incisinei loro corpi e nei lorosguardi. Incubi, accoppiati allapaura che tutto possa riprendereda capo. Un documento forteda una parte del mondo ormaicaduta nell’oblio. «Au loin des Villages» di OlivierZuchuat; DVD uscita pressoEdition Trigon-Film;lingua dajocon sottotitoli in italiano, per infor-mazioni: tel. 056 430 12 30 ewww.trigon-film.org

Donne battagliere, forti sicure di séLa keniota Wangari Maathai,

Nobel per la pace nel 2004, è laprima donna africana ad essereinsignita di questo prestigiosopremio; nel 2006 la liberianaEllen Johnson Sirleaf presta giu-ramento come prima Presidentedonna di uno Stato africano. I due film del DVD «Kämpfenfür Demokratie – Frauen-Powerin Afrika» (Battersi per la demo-crazia – potere femminile inAfrica) ritraggono due donneforti e sicure di sé, che hannoscelto di dedicare la loro vitaalla lotta per la giustizia e per lademocrazia. All’osservatore cheaccompagna la Presidente libe-riana si offre una visione unicanel lavoro di governo di unpaese segnato dalla violenza.L’impegno coraggioso e altruistadell’attivista ecologica e premioNobel per la pace Maathai evidenzia l’impatto di una resi-stenza instancabile e impegnata.Le due donne lottano per il loropaese, cambiando così anche unpezzo di mondo. «Kämpfen für Demokratie –Frauen-Power in Afrika»; DVD eDVD-ROM con materiale di ap-profondimento e schede di lavoro.Ottenibile anche in versione fran-

cese. Per informazioni e consulenza:film per un solo mondo, tel. 031 389 20 21, www.filmeeinewelt.ch

DFAE: esperti a vostra dispo-sizioneDesiderate ottenere informa-zioni di prima mano su temi dipolitica estera? Le specialiste egli specialisti del Dipartimentofederale degli affari esteri DFAEsono a disposizione di scuole,associazioni e istituzioni perconferenze e discussioni su numerosi temi di politica estera. Il servizio è gratuito, ma è offerto solamente in Svizzera.All’incontro devono parteciparealmeno 30 persone.Per informazioni: Servizio delleconferenze DFAE, Palazzo federaleovest, 3003 Berna; tel. 031 322 31 53 o 031 322 44 12; e-mail: [email protected]

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«I paesi ricchi devono assolutamenteridurre il loro consumo di carne».Fritz Schneider, pagina 10

«Anche in Europa in merito alla paritàsalariale non vi sono stati ancora gran-di progressi».Mariela Castro Espín, pagina 24

«Preferisco che i nostri collaboratorisiano veramente ben addestrati in merito alla sicurezza e che si attenganoalle regole, piuttosto che cullarmi nellafalsa sicurezza che mi può offrireun’arma».Willi Graf, pagina 29