UCID Letter n°3 del 2010

84
3/2010 LETTER EDITORIALE Coscienza imprenditoriale nella costruzione del Bene Comune Discernere, partecipare, accompagnare Formare la persona, formare il capitale umano Famiglia e impresa: cellule vitali della società SECONDO RAPPORTO UCID 2010/11 EMERGENZA EDUCATIVA FAMIGLIA, “PICCOLA IMPRESA“

description

UCID Letter n°3 del 2010

Transcript of UCID Letter n°3 del 2010

Page 1: UCID Letter n°3 del 2010

3/2010

l e T T e R

EDItorIalE Coscienza imprenditoriale nella costruzione del Bene Comune

Discernere,partecipare, accompagnare

Formare la persona,formare il capitale umano

Famiglia e impresa:cellule vitali della società

sEConDo rapporto UCID 2010/11

EmErgEnza EDUCatIva

FamIglIa,“pICCola ImprEsa“

Page 2: UCID Letter n°3 del 2010

l e T T e R

Periodico quadrimestrale dell’uCidUnione Cristiana Imprenditori Dirigenti

Anno XIII, 3/2010

autorizzazione del Tribunale di Roma

N. 437/05 del 4/8/2005

UCIDUCID, Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti, è un’Associazione privata, nata nel 1947, che impe-gna i propri Soci alla realizzazione del Bene Comu-ne mediante comportamenti coerenti con lo spirito evangelico e con gli indirizzi della Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica.Con questo impegno l’UCID pone al servizio della comunità civile le esperienze e le conoscenze che derivano ai propri Soci dalle loro attività imprendi-toriali e professionali.I fondamentali princípi etici ispiratori e di riferimento che l’UCID ha adottato e che propone a tutti i propri soci sono:• la centralitàdellapersona,accoltaevalorizzatanella sua globalità;• l’equilibratoutilizzodeibenidelCreato,nelpienorispetto dell’ambiente, sia per le presenti che per le future generazioni;• il sano e corretto esercizio dell’impresa e dellaprofessione come obbligo verso la società e come opportunità per moltiplicare i talenti ricevuti a bene-ficio di tutti;• laconoscenzaeladiffusionedelVangelo,appli-cando le indicazioni ideali e pratiche della Dottrina Sociale della Chiesa;• un’efficaceedequacollaborazionefraisoggettidell’impresa, promuovendo la solidarietà e svilup-pando la sussidiarietà.Da queste linee ideali e di impegno deriva una or-ganizzazione composta, a livello nazionale, di circa 4.000 soci. UCID Nazionale è articolata a livel-lo territoriale in 17 Gruppi Regionali e 89 Sezioni Provinciali e Diocesane. L’UCID Nazionale fa parte dell’UNIAPAC, “International Christian Union of Bu-siness Executives”.

Page 3: UCID Letter n°3 del 2010

3

UCID Letter • 3/2010

3/2010UCID LETTER

Periodico quadrimestrale dell’UCIDUnione Cristiana Imprenditori Dirigenti

Direttore ResponsabileGiovanni Locatelli

RedazioneSegreteria UCID Nazionale

Via della Conciliazione 15 - 00193 RomaTel. 06 86323058 - fax 06 86399535e.mail: [email protected]

site web: www.ucid.it

Anno XIII 3/2010

Autorizzazione del Tribunale di Roma

N. 437/05 del 4/8/2005

Sped. in Abbon. Postale - D.L. 353/2003 (conv. in l. 27/02/2004 n° 46)art. 1, comma 2, DCB Padova

Progetto graficoEditing

Impaginazione grafica

Germano Bertin

Tipografia Nuova GrafotecnicaVia L. da Vinci 8 35020 Casalserugo - PD

Tel.049 643195 - Fax 049 8740592site web: www.grafotecnica.it

Page 4: UCID Letter n°3 del 2010

SOMMARIO

4UCID Letter • 3/2010

Editoriale Coscienza imprenditoriale nella costruzione del bene comune 7In ricordo• Dante Toffano 15• S. Em.za Cardinale Michele Giordano 18• Massimo Moretti 18

IL SECONDO RAppORTO UCID 2010/11La coscienza imprenditoriale nella costruzione del bene comune

Abitare l’impresa e la professione con sguardo di fede

• Discernere,partecipare,accompagnare di Angelo Ferro 19• Ilrapportotrasviluppoebenecomune di Giovanni Scanagatta 23• Unrapporto“illuminato”dallafede di Riccardo Pedrizzi 28• Ilfruttodell’impegnoUCID di Antonio Bertani 28• ConsiderazionisulconcettodiBeneComune di Emilio Iaboni 29• Ildonodelcreare di Renzo Bozzetti 30• L’impresachevalorizzal’uomo di Alessandro Scelfo 31• LarilevanzadelRapportoUCID di Giampaolo Centrone 32• Farel’impresaresponsabilmente di Ruggiero Cristallo 32• L’impresanellalogicadeldono di Raffaele Bono 33• L’impresasocialmenteresponsabile di Paolo Capogrossi 33• Innovarel’impresaperilprogresso di Gian Carlo Picco 34• Ilfruttodiungrandeimpegno di Paolo Blasi 34

Page 5: UCID Letter n°3 del 2010

SOMMARIO

5

UCID Letter • 3/2010

pARTE pRIMA: TEMI GENERALI• Formarelapersona,formareilcapitaleumano del Cardinale Camillo Ruini 35

• Famigliaeimpresa:cellulevitalidellasocietà del Cardinale Ennio Antonelli 41

• Responsabilità,formazioneepassione di Manlio D’Agostino 49

pARTE SECONDA: AppROfONDIMENTI• L’Europadellamoneta edellebancheelacrisidell’euro di Angelo Ferro e Giovanni Scanagatta 57

• Investiresullungotermine di Gian Paolo Zeni 59

• FriuliVeneziaGiulia:valorizzazione della persona umana e ricerca del bene comune di Alessandro Crespi 63

• LasvoltadiFiateivaloridellapersona di Alberto Carpinetti 68

• Unapartecipazioneconsapevole e responsabile di Silvia Paoluzzi 69

pARTE TERzA: RECENSIONI a cura di Silvia Paoluzzi

• Scuolapubblicastataleeparitaria di A.M. Alfieri, M.C. Parola, M. Moltedo 72• Antiriciclaggio,Vademecumperl’operatore di Manlio D’agostino 73• L’impresavirtuosa di Roberto Lorusso 74• Leundiciregoledelbenecomune di Amedeo Nigra 76• Voisietelalucedelmondo di AA.VV 78• KeynesComeUsciredallacrisi di Pierluigi Sabbatini 79

pARTE QUARTA AttivitàNazionaleeInternazionaleUCID 81

Page 6: UCID Letter n°3 del 2010
Page 7: UCID Letter n°3 del 2010

EDITORIALE

7

UCID Letter • 3/2010

L’UCID si impegna a testimoniare da imprenditori, dirigenti e professionisti cristiani che è possibile costruire un mondo migliore, «abitando l’impresa con sguardo di fede», come affermail Rapporto Ucid 2010/2011

CosCienza imprenditoriale nella Costruzione del bene Comune

Discernere, Partecipare, Accompagnare:queste le linee guida da seguire, nel solco dell’Enciclica Caritas in Veritate, per affermare la cultura dell’offertae per costruire il bene comune

Apriamo questo numero di UCID Letter con una “fine-stra” dedicata a un’importante iniziativa della nostra associazione: la presentazione del secondo Rapporto

UCID 2010/11 “La coscienza imprenditoriale nella costruzione del bene comune”. Per sottolineare il significato di tale lavoro, frutto della collaborazione dell’UCID nazionale con i Gruppi e le Sezioni, abbiamo chiesto ai Presidenti dei Gruppi regionali di inviarci le loro valutazioni sul Rapporto. Ve le presentiamo as-sieme ai contributi del Presidente dell’UCID Nazionale, Angelo Ferro, e del Segretario Generale, Giovanni Scanagatta.

Il secondo rapporto UCID si riferisce agli anni della gravis-sima crisi: i termini “Discernere, Partecipare, Accompagnare” indicano le linee guida da seguire, nel solco dell’Enciclica Caritas in Veritate, affermando la cultura dell’offerta, operando per la costruzione del bene comune. L’UCID si impegna cosí a testimoniare da imprenditori, dirigenti e professionisti cristiani che è possibile costruire un mondo migliore, come sottolinea il Rapporto, «abitando l’impresa con sguardo di fede».

La sezione dedicata ai temi generali si apre con un articolo del Cardinale Camillo Ruini sulla “sfida educativa” che siamo chiamati ad affrontare, riconsiderando il concetto stesso e la pos-sibilità dell’educazione. Essa deve infatti essere considerata come un’attività da svolgere per la formazione della persona umana nella sua interezza. In questo senso la fede e i valori cristiani devono ispirare l’agire di coloro che si pongono come educatori, quali la famiglia e la scuola, soprattutto delle giovani generazioni. Segue l’articolo del Cardinale Antonelli sulla famiglia e l’impresa come cellule vitali della società.

Famiglia e lavoro rappresentano due dimensioni essenziali e costitutive dell’essere umano, connaturate alle sue stesse origini. La famiglia viene spesso erroneamente vista come un ostacolo alla carriera e alla realizzazione personale. Al contrario, essa costituisce una risorsa fondamentale, rappresentando essa stessa una “piccola impresa”. È necessario quindi promuovere politiche a favore dei nuclei familiari consentendo di coniugare il dono dell’amore con l’impegno nel lavoro per contribuire alla creazione del bene comune.

Manlio D’Agostino parte da tre concetti fondamentali che devono caratterizzare la vita del cristiano che svolge l’attività di imprenditore, dirigente, professionista. Formazione, Respon-

Page 8: UCID Letter n°3 del 2010

EDITORIALE

8UCID Letter • 3/2010

sabilità, Passione. Quali le linee di azione? Valorizzazione della famiglia, partecipazione attiva al mondo del lavoro e riscoperta di un’autentica fede. In tale àmbito si inseriscono le dieci proposte formulate dal Movimento Nazionale Giovani UCID, basate sulla riduzione delle disuguaglianze sociali ed economiche.

La sezione approfondimenti si apre con un articolo a due mani di Ferro e Scanagatta sulla crisi economico-finanziaria attuale che coinvolge l’euro. Per superare la crisi attuale occorre riprendere gli insegnamenti dei Padri Fondatori, che consideravano le ener-gie spirituali come un fattore di sviluppo, basandosi sulle radici cristiane dell’Europa. Per salvare l’euro dalla crisi, gli autori suggeriscono un cambiamento di rotta della BCE, affinché attui una politica attiva di mercato, aperto sui titoli del debito pubblico dei Paesi che fanno parte dell’area euro e interventi sul mercato a termine dei cambi.

Zeni ripropone un tema di grande interesse: la responsabilità sociale dell’impresa. Tale approccio combina la ricerca del profitto con l’attenzione alla dimensione etica, nel rispetto della tutela ambientale e della promozione del contesto sociale. Se, da un lato, i costi dell’impresa socialmente responsabile sono piú alti, dall’altro, “investire nell’etica” comporta, nel lungo periodo, van-taggi a livello economico per l’incremento del volume degli affari, dovuto al coinvolgimento dei dipendenti e al conseguente aumento di produttività. A ciò si aggiungono l’aumento di reputazione per l’impresa eticamente responsabile, l’aumento di fiducia da parte dei consumatori e una crescita della quota di mercato.

Crespi si occupa del legame tra impresa e territorio in cui essa opera. In particolare, il contributo riguarda il Friuli Venezia Giulia, i cui abitanti “montanari” hanno il desiderio di gestire autono-mamente la realtà in cui operano, ponendo in essere una serie di misure che consentano la crescita della competitività, in accordo con i princípi della Dottrina Sociale della Chiesa: valorizzazione della persona umana e perseguimento del bene comune.

Segue una finestra dedicata alla vicenda Fiat e al referendum che ha coinvolto i lavoratori degli stabilimenti di Pomigliano e Mirafiori. Carpinetti si interroga su come dobbiamo comportarci, in qualità di imprenditori, di fronte a tali eventi che costituiscono un forte cambiamento per il Paese. È necessario porsi in un’otti-ca nuova in cui, guidati dai valori cristiani di umiltà e di lavoro

“Investire nell’etica” comporta, nel lungo periodo, vantaggi a livello economico per l’incremento del volume degli affari, dovuto al coinvolgimento dei dipendenti e al conseguente aumento di produttività. A ciò si aggiungono l’aumento di reputazione per l’impresa eticamente responsabile, l’aumento di fiducia da parte dei consumatori e una crescita della quota di mercato

Formazione, Responsabilità, Passione: questi i tre concetti fondamentali che devono caratterizzare la vita del cristiano che svolge l’attività di imprenditore, dirigente, professionista. Quali le linee di azione? Valorizzazione della famiglia, partecipazione attiva al mondo del lavoro e riscoperta di un’autentica fede

Page 9: UCID Letter n°3 del 2010

EDITORIALE

9

UCID Letter • 3/2010

come dono, siamo chiamati a non ostacolare bensí a partecipare al cambiamento. Silvia Paoluzzi sottolinea come tale vicenda abbia creato un divario che potrebbe sembrare incolmabile tra le scelte imprenditoriali e i diritti dei lavoratori. È necessario però trovare un punto d’incontro tra le differenti esigenze e questo punto può essere trovato proprio in una proficua collaborazione tra imprenditori e lavoratori, basato sulla fiducia. In tal senso l’UCID si è espresso fin dai suoi primi anni di vita. In chiusura dell’articolo proponiamo, per questo, una mozione della nostra associazione del 1947, sui consigli di gestione.

La rubrica recensioni si apre con un volume, scritto a tre mani, da tre esperte del settore educativo. Il punto cardine su cui il libro si focalizza è la creazione di una scuola di qualità aperta a tutti. Sia essa paritaria o statale, dovrebbe comunque essere definita pubblica, in quanto una funzione pubblica può anche essere svolta da una scuola non statale. Una proposta, quella della scuola pubblica paritaria, che consente la libertà di scelta dei genitori in campo di istruzione e la creazione di progresso per la società intera.

Segue la recensione al volume di Manlio D’Agotino “Antiri-ciclaggio, Vademecum per l’operatore”. Si tratta di una guida tascabile per coloro che devono applicare la nuova normativa in tema di intermediari bancari e finanziari, all’interno della quale è necessario disporre di strumenti informativi utili ad affrontare tutte le incertezze emerse nella prassi applicativa e i nodi giuridici piú problematici.

A seguire, “L’impresa virtuosa” di Lorusso, in cui l’autore si sofferma sulla possibilità di considerare la crisi attuale come un’occasione per cambiare e rinnovare l’impresa. Quali le chiavi di questo cambiamento? Realismo, come reale comprensione delle necessità, e fiducia, come riaffermazione dei valori etici volti al perseguimento del bene comune attraverso l’affermazione del principio di sussidiarietà.

“Le undici regole del bene comune” è il titolo del volume di Amedeo Nigra, nato da riflessioni e tavole rotonde di imprenditori del Gruppo regionale UCID della Lombardia. Undici regole che definiscono e stabiliscono i punti essenziali per costruire il bene comune. Il volume affronta temi fondamentali quali la famiglia, l’impresa le professioni, il no-profit e l’economia, giungendo alla definizione del bene comune e alle sue undici regole. Punti

La crisi attuale può diventare

occasione per cambiare e rinnovare l’impresa.

Quali le chiavi di questo cambiamento?

Realismo, come reale comprensione

delle necessità, e fiducia,

come riaffermazione dei valori etici volti

al perseguimento del bene comune

attraverso l’affermazione del principio

di sussidiarietà

Il divario, che potrebbe sembrare incolmabile,

tra scelte imprenditoriali e diritti dei lavoratori

può essere superato. È necessario trovare un punto d’incontro

tra le differenti esigenze, che può essere trovato

proprio in una proficua collaborazione

tra imprenditori e lavoratori,

basato sulla fiducia

Page 10: UCID Letter n°3 del 2010

EDITORIALE

10UCID Letter • 3/2010

La famiglia, l’impresa, le professioni, il no-profit e l’economia, sono punti cardine per la costruzione del bene comune:sono ambiti e azioni che si preoccupano di valorizzare ogni persona umana

cardine della costruzione del bene comune sono l’azione e la valorizzazione di ogni persona umana.

Il titolo del sussidio, “Voi siete la luce del mondo”, è tratto dal Vangelo di Matteo. Il sussidio è frutto della collaborazione tra l’Azione Cattolica Italiana e una ventina di movimenti e associa-zioni tra cui l’UCID. Esso viene preparato in occasione di ogni anno liturgico per aiutarci a compiere una riflessione personale sui brani del Vangelo domenicale. Ogni brano è corredato da un breve commento di collegamento con l’Enciclica Caritas in Veritate.

La rubrica si chiude con la recensione del volume curato da Pierluigi Sabbatini, che raccoglie nove saggi di Keynes, scritti negli anni precedenti la stesura della sua opera fondamentale la “Teoria Generale”. Sono gli anni della grande Depressione seguiti alla crisi del 1929. Keynes, in tali saggi, con stile incisivo e brillante, affronta temi come la disoccupazione, i salari, gli investimenti, le operazioni speculative, che oggi come allora spiegano la crisi del sistema.

Seguono, infine, le consuete note sull’attività interna e interna-zionale della nostra Associazione.

Gli amici della Presidenza Nazionale

Page 11: UCID Letter n°3 del 2010

11

UCID Letter • 3/2010

EDITORIAL

UCID is committed to testify as Christian entrepreneurs, managers and professionals, that it’s possible to build a better world, as highlighted in the report, “living the firm with eyes of faith”

the entrepreneurial ConsCienCe in the ConstruCtion of the Common good

“Discerning, Participate, Accompany” are the guidelines to be followed, in the wake of the Encyclical Caritas in Veritate, affirming the culture of the offer, to build the common good

We open the latest number of UCID letter 2010 with a “window”, dedicated to a very important initiative of our association: the presentation of the second

UCID Report 2010/11 “The entrepreneurial conscience in the construction of the common good”. To emphasize the signifi-cance of this work, product of a collaboration of the National UCID with the Groups and the Sections, we asked the presi-dents of the regional groups to send their opinions on the Re-port. We present them, together the contributions of the UCID National President, Angelo Ferro, and the Secretary General, Giovanni Scanagatta.

The second UCID Report refers to the years of serious crisis: the words “Discerning, Participate, Accompany” are the guidelines to be followed, in the wake of the Encyclical Caritas in Veritate, affirming the culture of the offer, to build the common good.

UCID is committed to testify as Christian entrepreneurs, managers and professionals, that it’s possible to build a better world, as highlighted in the report, “living the firm with eyes of faith”.

The section, devoted to general themes, opens with an article, by Cardinal Camillo Ruini, on the “educational challenge” that we have to face, reconsidering the concept and the possibility of education. It has to be considered as an activity to play in the formation of the human person in his entirety. In this sense, the christian faith and values should govern the actions of those, who place themselves as educators, such as family and school, especially for the younger generation.

Following the article, by Cardinal Antonelli, on the family and the enterprise as a vital cells of society. Family and work are two essential and constitutive dimensions of the human being, ingrained in its very origins. The family is often wrongly seen as an obstacle to career and personal realization. On the contrary, it constitutes a fundamental shooting, representing itself a “small firm”. It’s therefore necessary to promote policies in favour of familiar groups, to combine the gift of love with the commitment in the work, to favour the building of the common good.

Manlio D’Agostino starts with three basic concepts, that should characterize the Christian’s life who works as an entrepreneur, manager and professional. Training, Responsibility, Passion. Which

Page 12: UCID Letter n°3 del 2010

12UCID Letter • 3/2010

While the costs of a socially responsible are higher, on the other, “investing in ethics” involves, in the long term, economic benefits for the increase in volume of business, due to the involvement of employees and the consequent raising of productivity

EDITORIAL

lines of action? Enhancement of the family, active participation in the working world and the rediscovery of an authentic faith. In this area there are the ten proposals submitted by the UCID National Youth Movement, based on the reduction of social and economic inequalities.

The deepening section opens with a two-handed article by Ferro and Scanagatta on the current economic and financial crisis, involving the Euro. To overcome the current crisis we have to incorporate the teachings of the Founding Fathers, who considered the spiritual energies as a factor of development, basing on the christian roots of Europe. To save the Euro by the crisis, the authors suggest a change in direction of the ECB, in order to implement an active market, open on public debt, of the countries that are part of the Euro area, and interventions on the exchange futures market.

Zeni purposes a topic of great interest: the corporate social responsibility. This approach combines the pursuit of profit with the attention to the ethical dimension, in respect of environmental protection and the promotion of the social context. While the costs of a socially responsible are higher, on the other, “inve-sting in ethics” involves, in the long term, economic benefits for the increase in volume of business, due to the involvement of employees and the consequent raising of productivity. In addition, the increase of reputation for the ethically responsible firm, the increase in consumer confidence and the growth of the market share.

Crespi deals with the connection between the enterprise and the area in which it operates. In particular, the contribution concerns the Friuli Venezia Giulia, whose inhabitants “mountain people” have the desire to independently manage the reality in which they operate, by creating a series of measures to facilitate the growth of competitiveness, according to the principles of the Church’s Social Doctrine: enhancement of the human person and common good.

It follows a “window” devoted to the case of Fiat and the referendum, that involved the employees of the establishments in Pomigliano and Mirafiori. Carpinetti asks how we should behave, as entrepreneurs, facing these events, that constitute a major change for the Country. We need to put ourselves in a

To overcome the current crisis we have to incorporate the teachings of the Founding Fathers, who considered the spiritual energies as a factor of development, basing on the christian roots of Europe

Page 13: UCID Letter n°3 del 2010

13

UCID Letter • 3/2010

EDITORIAL

The current crisis is an opportunity

to change and renew the enterprise.

What are the keys of this change?

Realism, as a real understanding

of the needs, and trust

as a reassertion of the ethical values,

aimed at achieving the common good,

through the affirmation of the principle of subsidiarity

It’s necessary, however, to find a meeting point

between the different needs

and this point can be found

in a successful cooperation

between employers and workers,

based on trust.

different perspective, in which, guided by Christian values of humility and work as a gift, we are called, not to hinder, but to participate in the change. Silvia Paoluzzi underlines how this case has created a gap, that might seem unbridgeable, between the entrepreneurial choices and the workers’ rights. It’s neces-sary, however, to find a meeting point between the different needs and this point can be found in a successful cooperation between employers and workers, based on trust. In this sense, UCID expressed itself from the very first years of its life. In the closing part of the article we propose, therefore, a motion of our association in 1947, on management boards.

The rubric of reviews opens with a volume, three-handed writ-ten, by three experts in the field of education. The cornerstone, on which the book focuses, is to create a quality school open to all. It is private or state, should be described as public, because a public function can also be carried out by non-state school. A proposal, that one of the private school, which allows freedom of choice of parents in the field of education and the creation of progress for the whole society.

Following the review of the volume by Manlio D’Agotino “AML Vademecum for the operator”. This is a pocket guide for those who must enforce the new regulations on banks and financial intermediaries, within which you must have informative tools to address all the uncertainties, arising in application practice and the most problematic legal nodes.

Following “The virtuous firm” by Lorusso, in which the author dwells on the possibility of considering the current crisis as an opportunity to change and renew the enterprise. What are the keys of this change? Realism, as a real understanding of the needs, and trust as a reassertion of the ethical values, aimed at achieving the common good, through the affirmation of the principle of subsidiarity.

“The eleven rules of the common good” is the title of the book by Amedeo Nigra, born from reflection and round tables of entrepreneurs, of the UCID Regional Group of the Lombar-dy. Eleven rules that define and establish the key issues for the common good. The book deals with fundamental themes such as family, firm, occupations, non-profit and economy, leading to the definition of the common good and its eleven rules. Milestones

Page 14: UCID Letter n°3 del 2010

14UCID Letter • 3/2010

EDITORIAL

The fundamental themes such family, firm, occupations, non-profit and economy, lead to the definition of the common good and its eleven rules. Milestones of the construction of the common good are the action and the development of every human person

of the construction of the common good are the action and the development of every human person.

The title of the book, “You are the light of the World”, is taken from the Gospel of Matthew. The book is a collaborative effort between the Italian Catholic Action and around twenty move-ments and associations, including UCID. The book is made at each liturgical year, to help us making a personal reflection on Gospel Sunday passages. Each track is accompanied by a brief comment, linking the encyclical Caritas in Veritate.

The section concludes with a review of the book, edited by Pierluigi Sabbatini, which contains nine essays by Keynes, written in the years preceding the writing of his seminal work “General Theory”. These are the years of the Great Depression that followed the 1929 crisis. Keynes, incisive and brilliant in style, in these books, covers issues such as unemployment, wages, investment and speculation, that now as before, explain the crisis of the system.

Finally, follow the usual known national and international activities of our association.

Friends of the National Presidency

Page 15: UCID Letter n°3 del 2010

15

UCID Letter • 3/2010

IN RICORDO

dante toffano, un amiCo sinCero, un uomo speCiale

Un proverbio dice: «Si nasce tutti belli, ci si sposa tutti ricchi, si muore tutti santi». Ma quando si desidera parlare tra amici, di un amico com’era Dante Toffano, quel proverbio sembra inap-propriato. Non posso parlare di lui che da amico, al di là della differenza di età, perché l’amicizia non conosce età e lui aveva una predisposizione rara all’amicizia. Apertura e sincerità erano le caratteristiche sue piú rilevanti. A cui aggiungere un ottimismo unico nel giudicare gli avvenimenti e le persone. Certo, vedeva i limiti degli altri e suoi, ma sempre in una prospettiva positiva.

Conobbi Dante nel 1979, quando fui nominato Assistente dei Coldiretti e degli Artigiani di Padova. Il Vescovo Mons. Girolamo Bortignon, pensò, in quel periodo, di rilanciare l’UCID che da 15 anni si trovava in fase di forte stallo. Una tra le persone piú indicate era proprio Dante Toffano, che in quegli anni, aveva, per cosí dire fatto fortuna, in quanto era uno dei tre membri che avevano costituito il Polo DESPAR del Veneto, con addentellati in Emilia. Dante aveva un’esperienza commerciale notevole, specialmente nel settore contabile come ragioniere.

Era nato in una famiglia di Chioggia (Venezia), il 20.10.1919, primo di quattro fratelli: Lino, Rita, Luigi. Gestivano un bar e con tale esperienza si spostarono a Piove di Sacco, in Provincia di Padova. Al papà fu offerta l’opportunità di un lavoro diverso presso i Molini Camillotti di Pontelongo sul Bacchiglione. I figli poterono, cosí, accedere agli studi superiori. Con il Diploma di Ragioniere, Dante avrebbe voluto proseguire all’Università, ma come primogenito, trovando un impiego presso lo Zuccherificio locale di Montesi, non poté perdere l’occasione. Anzi, vi si affe-zionò a tal punto che, per esigenze dell’Azienda, si trasferí con la famiglia ad Alessandria. Vi rimase sette anni. Quindi, un anno a Fano. E in quegli ambienti visse in profondità due dimensioni aggregative, come membro dell’Azione Cattolica e delle Acli. Sentiva queste due espressioni, vissute poi in un contesto culturale diverso da quello veneto, come un’esperienza preziosa per sé, per la sposa e per i figli. Infatti, nel 1948, si era sposato con Teresa Brugiolo, con la quale ebbe 4 figli. Teresa, che ancora oggi vive di nostalgie e mi narra i loro ricordi, è nipote di Mons. Carlo Liviero, Vescovo di Città di Castello e fondatore delle Piccole Ancelle del Sacro Cuore, dichiarato Beato il 24 maggio 2007.

Dante, quando facevo loro visita, me ne presentava le reliquie con grande fierezza. Fierezza e amore non solo per sua moglie, per la quale mi ripeteva la sua fedeltà senza incrinature, ma anche

Page 16: UCID Letter n°3 del 2010

16UCID Letter • 3/2010

IN RICORDO

per quel santo Vescovo.Quando si trovava a Fano, il cugino, Marino Puggina, gli pro-

pose di iniziare come socio, la Despar-Veneto. Un investimento economico non piccolo. Ma il piccolo-grande Dante, rischiò. Una sede alla periferia di Padova e poi a Mestrino (PD), con un’aggre-gazione a macchia d’olio di piccoli commercianti, da costituire un vasto “supermercato”, con un sistema di interscambi e di recupero dell’invenduto, imitato poi da altri supermercati.

Benché impegnato nel settore amministrativo e bancario, Dante curava i rapporti umani come esigenza primaria dell’Azienda. L’applicazione della Dottrina Sociale della Chiesa, il rispetto delle leggi economiche e dello Stato, il senso del guadagno giusto, la solidarietà dentro e fuori l’Azienda erano l’oggetto dei suoi di-battiti quotidiani, fino a impegnarsi anche economicamente per una radio-televisione locale come la RTR.

Una delle sue caratteristiche principali era il senso del bello, del buono, dell’eccellente. Centinaia di volte usava la parola “meraviglioso” nell’esaltare qualsiasi aspetto positivo della vita: dalla bellezza fisica, in particolare della donna, alla bellezza mo-rale del cristiano, all’onestà professionale dell’imprenditore, del commerciante, del dirigente, del professionista, ma anche dell’im-piegato e dell’operaio, di cui sapeva riconoscere doti e premiare prestazioni particolari. L’altra parola che sentivo ripetere spesso era: “grazie”. Il senso di gratitudine gli era innato, specialmente per la moglie e i figli, e in chi gli stava accanto nei momenti piú faticosi, o meno felici anche per la salute.

Dopo la cessione dell’Azienda, in un momento economica-mente fortunato, si dedicò all’UCID in maniera particolare, a livello Padovano prima, e poi a livello regionale, in cui anche io ero coinvolto come Consulente ecclesiastico; in seguito a livello nazionale.

La nostra amicizia crebbe con gli anni, fino ad assumere, in qualità di sacerdote, le caratteristiche di una direzione spiri-tuale personale e di un orientamento di sincera, generosissima, solidarietà umana e cristiana. Ripeteva: «Tanto Dio mi ha fatto avere, tanto voglio dare. E poi la carità copre la moltitudine dei peccati, anche di quelli commessi in gioventú». E ammiccando, sorrideva. Quasi a dire che la saggezza si acquista con gli anni, «ma - ripeteva - solo se ci si apre a Dio».

In questo contesto ebbe una venerazione speciale per la Chiesa e per la gerarchia. E fece parte di associazioni “impegnate nel sociale” come la Centesimus Annus; simpatizzò per l’Unione Apostolica del Clero fino a donarne in Roma la Sede internazio-

Page 17: UCID Letter n°3 del 2010

17

UCID Letter • 3/2010

IN RICORDO

nale. E sovente ricordava con la moglie: «È stata la donazione piú significativa che abbiamo fatto». Una volta mi confidò sottovoce, temendo quasi che qualcuno sentisse: «Tra Missionari, Istituti di suore, amici bisognosi, aiuto abitualmente una cinquantina di Istituzioni».

Ma pensiamo a tanti altri rivoli in cui scivolavano prestiti o saldi di Bilancio come nella stessa UCID.

Meritava davvero qualche riconoscimento ufficiale. E ci adope-rammo perché ne avesse. Basti citare come benemerenza, la Laurea Honoris Causa in Economia e Commercio. Fu insignito Cavaliere del Santo Sepolcro e Commendatore della Repubblica.

Da quando ebbe il primo ictus, pur recuperando due anni di discreta salute, non pensava che a prepararsi per l’aldilà. Era conscio dell’età e, tranquillizzato nella fede, si sentiva come un bambino in braccio a Dio.

La preghiera personale, la Messa domenicale e, se possibile infrasettimanale, il Sacramento della riconciliazione, il Rosario quotidiano con la moglie, per i figli e i nipoti, la frequentazione della parrocchia, di suore, preti e vescovi, di associazioni come l’Azione Cattolica, le ACLI, l’UCID, il Serra Club, il Terz’ordine Francescano, che lo spinse a contattare Padre Pio fin dall’inizio del matrimonio, la sobrietà nello stile di vita, testimoniano da dove egli attingesse e perché profondesse tanta freschezza cristiana. Ci credeva. Credeva in Dio e credeva nelle persone.

Nell’ultimo periodo della vita, esprimeva fiducia e ricono-scenza alla sua badante, Daniela, che, profondamente religiosa, lo assistette, anche spiritualmente, fino all’ultimo respiro. Lui la seguiva nelle preghiere, anche se non poteva parlare. La chia-mava “il suo angelo custode”. Dante ci ha lasciati, alle 23.30 del 21 giugno 2010. Daniela, presa dall’ammirazione, mentre lo vestiva, si permise di tagliare per sé come ricordo, una piccola ciocca dei suoi capelli.

Credo sia sufficiente per capire quale grande personalità si nascondesse dietro una altrettanto grande semplicità, sincerità e linearità di vita, nel complesso mondo dell’impresa, sia come impiegato che come comproprietario, coniugando cristianamente famiglia e mondo degli affari.

Don Giuseppe Magrin

Page 18: UCID Letter n°3 del 2010

18UCID Letter • 3/2010

IN RICORDO

sua eminenza Cardinale miChele giordano Nel ricordo della guida spirituale di Sua Eminenza Cardinale

Michele Giordano capace di accompagnare il percorso ucidino lungo i sentieri della imprenditorialità illuminata dalla fede, l’UCID si unisce al generale cordoglio con la preghiera e con sentimenti di umana riconoscenza.

Angelo Ferro

massimo moretti

Anche Massimo Moretti ci ha lasciato. Stendo queste poche righe per doveroso e mesto ricordo di una figura di alto valore professionale e umano, espresso in posti di responsabilità spesso primaria, in campo privato e pubblico, con competenza, responsabi-lità e coscienza; ove l’importanza dei compiti si è sempre espressa tramite una azione svolta con l’impegno e la dignità del rango ricoperto, ma scevra di protagonismo e di esibizione di esteriorità puramente formale.

Per l’UCID ha dato molto e a lungo; naturale che in questa sede lo si ricordi con particolare gratitudine e con affettuoso rimpianto. Socio “da sempre”; Segretario del Gruppo Regionale Lombardo dal 1982 al 1990; Vice Presidente Vicario dal 1992 al 2000; svolse questa lunga militanza, raccogliendo, per la sua generosa disponibilità e la sua serena concretezza, generale stima e largo consenso.

Era un po’ il consigliere di tutti; nelle grandi e piccole cose, sempre equilibrato e tanto paziente, anche quando a lui si ricorreva nei momenti piú delicati. In tutte le attività da lui svolte troviamo le stesse caratteristiche di eccellenza, di qualità, di sensibilità e di umanità. E ciò sia nel periodo di attività professionale: ove nel campo della produzione elettrica ricoprí posti di massima responsabilità; dapprima nel periodo di gestione privata (consigliere delegato di una fra le piú importanti aziende produttrici) poi in quello di gestione pubblica (direttore generale dell’Enel). Ed infine, quando terminata la sua attività dirigenziale in ancor piena vigoria personale e intellettuale ricoprí vari incarichi, pubblici e privati; rispondendo, con l’abituale generosa disponibilità a chi ricorreva alla sua com-petenza e alla sua apprezzata saggezza. Ed ora ci ha lasciato, man mano ritirandosi come sempre senza scalpore, quasi preparandosi nell’inevitabile tramonto, ad una Meta non umana e perenne, a cui sempre credette e alla quale ispirò tutta una vita che, ancor prima che coerente azione, fu serena, non esibita, preparazione.

Addio, caro Massimo, e grazie da noi tutti.Giovanni Giavazzi

Page 19: UCID Letter n°3 del 2010

19

UCID Letter • 3/2010

Il secondo RAppoRto UcId 2010/11

LA COSCIENzA IMpRENDITORIALENELLA COSTRUzIONE DEL BENE COMUNE

In questo numero di UCID letter vogliamo dedicare partico-lare attenzione alla pubblicazione e presentazione del secondo Rapporto UCID 2010/2011: “La coscienza imprenditoriale nella co-struzione del bene comune”. Seguiranno numerosi contributi, della Presidenza Nazionale e dei Presidenti dei Gruppi Regionali, atti ad analizzare e a proporre considerazioni su contenuti e finalità del Rapporto stesso.

In this UCID letter number we want to give particular atten-tion to the publication and presentation of the Second UCID Report 2010/2011: “The entrepreneurial consciousness in the construction of the common good”. Following several contributions, by the Na-tional Presidency and by the Presidents of the Regional Group, de-voted to analyze and offer considerations about the contents and finalities of the Report itself.

Angelo FerroPresidente Ucid Nazionale

disCernere, parteCipare, aCCompagnare

Questi i tre verbiche sintetizzanoil secondoRapporto Ucid

Come si comporta un im-prenditore, un dirigen-te, un professionista,

che - in questa tumultuosa fase di incessante cambiamento, nel mezzo di una crisi epoca-le - vuole comunque rimanere coerente con i valori cristiani, fedele alla propria identità re-ligiosa?

Con un impegno maggiore e piú profondo, dopo aver fatto discernimento: è la risposta che proviene dalle 850 pagine del Rapporto UCID “La coscienza imprenditoriale nella costru-zione del Bene Comune”(*), caratterizzato in questa seconda edizione 2010/11 dalle tre parole guida “Discernere, Partecipare, Accompagnare”.Discernere innanzitutto, perché

la realtà in cui operiamo è comple-tamente diversa - e il dinamismo non si ferma - da quella fino a ieri vissuta e considerata. E allora teorie, dottrine, modelli, politiche micro e macro che per oltre due secoli avevano rappresentato le traiettorie economiche, oggi non servono piú. Di fronte alle negative conseguenze della crisi, si pone un generale ripensamento per riportare al centro l’uomo.

Abitare l’impresa e la professione con sguardo di fede

Un’esigenza ineludibile, anche per il laico. I meccanismi, le istituzioni, gli ordinamenti creati a partire dalla Rivoluzione Indu-striale attraverso guerre, conflitti, tensioni, sacrifici, affinché con la maggior produzione di beni e servizi l’umanità crescesse non solo in consistenza (il “molti-plicatevi” si è tradotto in realtà, essendo il mondo abitato quasi 10 volte in piú di due secoli fa), ma anche in progresso (con la triplice dimensione di libertà, uguaglianza, fraternità), si sono in gran parte consumati o comun-que hanno perduto efficacia di sostanza rispetto alla centralità dell’uomo.

Il mercato è sottoposto a forze

*) Rapporto UCID “La coscienza imprenditoriale nella costruzione del Bene Comune”, IIa Ed. 2010 - Roma 19 novembre 2010-11

Page 20: UCID Letter n°3 del 2010

20UCID Letter • 3/2010

IL SECONDO RAppORTO UCID 2010/2011

Ecco il risultato del discernimento che richiama l’uomo alle proprie responsabilità di ragione e di cuore per tornare a indirizzare, promuovere, costruire lo sviluppo. Un uomo cosciente delle possibilità dell’impresa, in quanto comunità, di riuscire a fare insieme creazione di valore e Bene Comune

non è un criterio neutro; questa mistificazione ha fatto assurgere gli strumenti a ruolo di fine. Ma è il sabato per l’uomo, non l’uomo per il sabato. Ecco il risultato del discernimento che richiama l’uomo alle proprie responsabilità di ragione e di cuore per tornare a indirizzare, promuovere, costruire lo sviluppo. Spazi ce ne sono. Un uomo cosciente delle possibilità dell’impresa, in quanto comunità, di riuscire - senza indulgenti commistioni compassionevoli-assistenzialistiche - a fare insieme creazione di valore e Bene Co-mune. Un uomo che “non ci sta” di fronte a un sistema monetario impostato sulle logiche della finanza speculativa con l’assolutezza del dato quantitativo, con l’arroganza del breve termine, con la com-pressione dell’indipendenza dei mercati e invece vuole investire in prospettive di medio-lungo periodo, vuole fare nuova offerta di nuovi servizi, nuovi prodotti, nuove opportunità di utilizzo individuale e di copertura di bi-sogni collettivi, vuole esercitarsi nel dono del creare.

La prima parte del Rapporto dedicata al “discernere” compen-dia l’evoluzione dell’economia per ribadire che il suo principio e il suo fine è la vita umana e i suoi valori; il che reclama la convergenza di ogni risorsa a questa finalità primaria. Occorre un uomo nuovo, motivato di energia, di coraggio, di coscienza del limite: l’Enciclica Caritas in Veritate offre un’interpretazione esemplare per stimolare il dove

imponenti che alterano le sue capacità di premiare l’offerta migliore, di ampliare la con-sapevolezza della domanda, di rappresentare valori di scambio equivalenti.

La Borsa non è piú il veicolo che raccoglie il risparmio per trasformarlo in iniziative incre-mentative della base produttiva e dell’occupazione, ma sta diventando uno sportello di negoziazione e di trading per titoli a prezzi manovrati.

La visione della democrazia, con l’assegnare alla maggioranza la legittimazione delle scelte per la collettività, ha spinto a un marketing spasmodico per raggiungere quel livello e quindi esercitare il potere attraverso rappresentanze di interessi, relegando il voto, l’adesione a meccanismi di facciata privi di partecipazione effettiva.

Queste constatazioni - che ri-guardano anche la frammentazione del corpo sociale, il relativismo etico, l’individualismo sfrenato, ecc. - non vanno però interpretate in chiave di sconforto e rassegna-zione. Come cristiani (la “C” della nostra sigla) nei nostri comporta-menti intendiamo dar conto della speranza che è in noi: con l’aiuto di Dio, con i talenti ricevuti, con le competenze acquisite, con la coscienza orientata al Bene, pos-siamo essere testimoni credibili e autentici dell’insegnamento di Cristo abitando l’economia e l’impresa con sguardo di Fede.

Affidarsi a tecniche, a istituzioni, a regole, non basta piú; l’efficienza

Come cristiani nei nostri comportamenti intendiamo dar conto della speranza che è in noi: con l’aiuto di Dio, con i talenti ricevuti, con le competenzeacquisite, con la coscienza orientata al Bene, possiamo essere testimoni credibili e autentici dell’insegnamento di Cristo abitando l’economia e l’impresa con sguardo di Fede

LA COSCIENzA IMpRENDITORIALENELLA COSTRUzIONE DEL BENE COMUNE

Page 21: UCID Letter n°3 del 2010

21

UCID Letter • 3/2010

Ecco il partecipare: nelle dinamiche globali con l’internazionalizza-

zione responsabile; nel mettersi in gioco

con tutti i talenti per cambiare la realtà,

esercitando il lavoro come dono;

nel gestire le imprese con strategie aziendali

per il Bene Comune; nel sostenere i giovani

a fare impresa con il microcredito

e il supporto dei senior partners

IL SECONDO RAppORTO UCID

2010/2011

Ecco l’accompagnare la cultura d’impresa

fuori dei recinti dell’azienda capitalistica,

all’interno dei quali è rimasta comodamente adagiata senza portare significativi contributi

all’evoluzione del sistema

socio-economico

alcune considerazioni:- ci sono obiettivi piú alti della

massimizzazione del profitto a breve, dell’impresa come com-modity, della finanziarizzazione del sistema;

- sono gli obiettivi che attengono all’uomo, alla sua dignità, alla sua libertà, ai bisogni di giustizia e di equità per la famiglia umana universale ;

- il prevalere degli obiettivi piú bassi ed immediati ha determinato questa crisi epocale in un mondo che cambia;

- attendersi dai piani superiori, dai palazzi, una scelta decisiva con l’arrivo delle soluzioni, rap-presenta un’attesa che distrugge la voglia di fare e di costruire;

- serve un supplemento d’anima per impegnarsi in prima persona sugli obiettivi alti: una sfida che deve portare a risultati tangibili, esemplificativi del “si può”, per cui necessitano le capacità sistemiche di chi è imprenditore, dirigente, professionista, nell’esercitare la “responsabilità dei primi”: con ciò tutto si riporta all’uomo;

- la coerenza tra comportamenti e valori unita al far constatare come realizzando questi valori si superano egoismi, frammen-tazioni, disuguaglianze, produce fiducia, l’architrave della relazione positiva nel corpo sociale, produce ben-essere.

La responsabilità imprenditoriale per il Bene Comune, l’abitare l’impresa con sguardo di Fede, l’introdurre esperienze di agire donativo, divengono - per il fatto di essere tangibili e verificabili -

e il come impegnarsi di piú e meglio per uscire dalla crisi con le opportunità che si aprono, operando a tutto campo. E l’UCID raccoglie la sfida.

Ecco il partecipare: nelle dinamiche globali con l’inter-nazionalizzazione responsabile; nel mettersi in gioco con tutti i talenti per cambiare la realtà, esercitando il lavoro come dono; nel gestire le imprese con strategie aziendali per il Bene Comune; nel sostenere i giovani a fare impresa con il microcredito e il supporto dei senior partners. Un partecipare diretto, sporcandosi le mani, non declamatorio né autoreferenziale, ma vissuto, sperimentato, in ricerca.

Ecco l’accompagnare la cul-tura d’impresa fuori dei recinti dell’azienda capitalistica, all’interno dei quali è rimasta comodamente adagiata senza portare significa-tivi contributi all’evoluzione del sistema socio-economico. Anche qui raccontando di interventi concreti in alcune iniziative di natura settoriale (il Museo del Cinema e della Civiltà del Bello a Lipari, il Prestito Serenità per welfare sussidiario, l’Istituto di Certificazione Etica nello Sport, il Pronto Soccorso ove conden-sare efficienza e condivisione), di natura trasversale (la Carta delle Pari Opportunità), di natura intergenerazionale (il network UNITALIA per un’educazione alla vita e al lavoro fin dalla scuola dell’obbligo).

A questo punto (i due terzi del Rapporto) si possono trarre

LA COSCIENzA IMpRENDITORIALENELLA COSTRUzIONE DEL BENE COMUNE

Page 22: UCID Letter n°3 del 2010

22UCID Letter • 3/2010

Non basta parlare di valori per trasmetterli: in un’epoca di continuo cambiamento e di intensa complessità come l’attuale sarebbe un esercizio a rapida obsolescenza, un discredito per chi investe a medio-lungo periodo. Occorre incarnarli e testimoniarli con coerenza applicativa anche se si stratta di spazi ridotti e limitati, entusiasmandosi nel ruolo di “minoranza creativa”

IL SECONDO RAppORTO UCID 2010/2011

Un Rendiconto denso, volumi-noso, implementato di qualificati contributi scientifici focalizzato con realtà ed esperienze praticate sul campo. Perché non basta par-lare di valori per trasmetterli: in un’epoca di continuo cambiamento e di intensa complessità come l’attuale sarebbe un esercizio a rapida obsolescenza, un discredito per chi investe a medio-lungo periodo. Occorre incarnarli e testi-moniarli con coerenza applicativa anche se si stratta di spazi ridotti e limitati, entusiasmandosi nel ruolo di “minoranza creativa” che virtuosamente si alimenta.

La cifra dell’etica delle virtú sta infatti nella capacità di risolvere, superandola, la contrapposizione tra interesse proprio e interesse per l’altro, tra egoismo e altrui-smo. È questa contrapposizione, figlia della tradizione di pensiero individualista e delle logiche esclusivamente efficientiste, a non consentirci di afferrare ciò che costituisce il nostro proprio bene.

La vita virtuosa è la vita mi-gliore non solo per gli altri, ma anche per sé stessi. Sta in ciò la ragione ultima per “essere etici”. La soluzione al problema del comportamento morale del soggetto stesso non è tanto quella di fissargli vincoli, di stabilire codici, di offrirgli incentivi, quanto piuttosto di prospettargli una piú completa comprensione del suo stesso bene.

Ecco il senso - in una chiave da persona a persona - del Rapporto UCID.

veicoli di speranza per un mondo migliore senza accampare scusanti per cadute o disattese, segno di umana fragilità. Un simile esito - che valida il messaggio rivolto agli uomini di buona volontà - ri-chiede convincimento e motiva-zione profonda. È questo il tema della quarta parte del Rapporto “Formarsi per essere testimoni”: qui viene raccolto una specie di campionario delle attività delle 92 Sezioni Provinciali/Diocesane aggregate nei 17 Gruppi Regionali; viene sintetizzata l’attenzione formativa verso/con/dai Giovani con il particolare focus sull’UCID School; viene rappresentata la rete del movimento ucidino in Europa e nel Mondo; vengono ricordati gli strumenti comuni-cativi/divulgativi per in-formare. Una testimonianza cosí consape-vole rafforza il riconoscimento pubblico del cristianesimo per una società senza ferite e senza ingiustizie.

In questa azione formativa, tesa a promuovere le energie dello spirito (parte quinta del Rapporto), l’UCID si avvale dell’affiancamento di Consulenti Ecclesiastici e dei percorsi di approfondimento con la Gerar-chia, in particolare con il Forum sui valori dell’imprenditorialità illuminata dalla Fede. Il Rap-porto si chiude con una verifica dell’attività svolta in relazione alla Dottrina Sociale della Chiesa: una valutazione ecclesiale che ricorda il linguaggio della trasparenza nella accountability proprio delle prassi aziendali.

La cifra dell’etica delle virtú sta nella capacità di risolvere, superandola, la contrapposizione tra interesse proprio e interesse per l’altro, tra egoismo e altruismo. La vita virtuosa è la vita migliore non solo per gli altri, ma anche per sé stessi. Sta in ciò la ragione ultima per “essere etici”.

LA COSCIENzA IMpRENDITORIALENELLA COSTRUzIONE DEL BENE COMUNE

Page 23: UCID Letter n°3 del 2010

23

UCID Letter • 3/2010

Giovanni ScanagattaSegretario Generale Ucid

Analizziamo la prima parte del Secondo Rapporto UCID sul-

la coscienza imprenditoriale nella costruzione del bene co-mune, soffermandoci, sulla re-lazione tra sviluppo e bene co-mune nel lunghissimo periodo che copre i duemila anni di storia dalla nascita di Cristo.

Benedetto XVI, nella grande Enciclica sociale Caritas in Veritate, ci dice che per salvare il mondo abbiamo bisogno di un nuovo modello di sviluppo animato dalla Carità, che supera la giustizia, nella Verità, con al centro l’uomo, fatto a immagine e somiglianza di Dio, con i suoi valori di libertà, responsabilità, dignità e creatività.

L’uomo senza Dio non sa dove andare e non sa nemmeno chi egli sia: questo è il risultato dell’imperante riduzionismo economico che caratterizza la nostra epoca e che ha portato alla caduta dell’amore per il bene comune e all’imperante relativismo etico.

Dio esiste, Dio ha creato tutte le cose visibili e invisibili, Dio è infinitamente buono, l’uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio, tali asserzioni costituiscono i fondamenti della nostra Fede e della dimensione teologica della Dottrina Sociale della Chiesa.

Il mercato e lo Stato da soli non bastano per creare lo sviluppo e diffondere il bene comune universale: sono indispensabili i valori della gratuità e del dono, per un nuovo modello di sviluppo

di cui si parla con insistenza nella Caritas in Veritate. I valori della gratuità e del dono sono i princípi fondanti della famiglia, cellula costitutiva della società civile e titolare del primato educativo. L’investimento in capitale umano, fatto in famiglia nei primi anni di vita delle persone, è quello piú importante e determina gran parte di quello che sarà l’uomo in tutto l’arco della sua vita. Gli errori che si commettono in campo educativo nella prima fase della vita dell’uomo, difficilmente possono essere corretti nelle età successive con i vari percorsi educativi.

I valori dello sviluppo, della solidarietà, della sussidiarietà, del bene comune e della destinazione universale dei beni (funzione sociale della proprietà privata) sono i valori fondanti della Dottrina Sociale della Chiesa che dobbiamo testimoniare con le opere come imprenditori, di-rigenti e professionisti cristiani, perché, come ci ricorda San Giacomo, la Fede senza le opere non serve a nulla.

Benedetto XVI con la Caritas in Veritate innalza fortemente la dimensione teologica verticale della Dottrina Sociale della Chiesa, parlando di vocazione allo sviluppo, all’investimento e all’assunzione del rischio da parte degli imprenditori cristiani, che devono trafficare i propri talenti moltiplicandoli e non avere paura come fa colui che lo sotterra. Le tre virtú teologali della Fede, della Speranza e della Carità animano

il rapporto tra sviluppo e bene Comune

Non abbiate paura di realizzare le idee rivoluzionarie del Vangelo per una società piú giusta con la Carità nella Verità

IL SECONDO RAppORTO UCID

2010/2011

in senso trascendente questa visione, rispetto alla dimensione orizzontale immanente della Dottrina Sociale della Chiesa per il discernimento degli atti umani.

La Caritas in Veritate assegna all’impresa, all’imprenditore e all’imprenditorialità un ruolo strategico per la costruzione dello sviluppo e la diffusione del bene comune universale. La cultura cristiana è cultura dello sviluppo sostenibile per il bene comune e rifugge le moderne teorie della decrescita felice. Mai come in questa enciclica sociale sono state cosí tante volte citati i termini impresa, imprenditore e l’imprenditorialità come fattori

LA COSCIENzA IMpRENDITORIALENELLA COSTRUzIONE DEL BENE COMUNE

Page 24: UCID Letter n°3 del 2010

24UCID Letter • 3/2010

Giovanni Paolo II ritiene che l’economia di mercato e quella capitalistica, intese in senso riduzionistico, non siano in grado di creare autentico sviluppo, che non sia solo economico, per la costruzione del bene comune universale

IL SECONDO RAppORTO UCID 2010/2011

in epoca rinascimentale con la virtuosa sinergia tra l’attività manifatturiera, mercantile e bancaria che avevano fatto grande Firenze. Il legame tra il prezzo delle azioni in Borsa rispetto agli utili, da una parte, e la politica della distribuzione dei dividendi dall’altra, assieme al tasso di in-teresse reale e alla crescita attesa al netto della sua variabilità, viene scisso, impedendo ai managers di influenzare artificialmente le quotazioni di borsa per avvan-taggiarsene nel breve periodo, attraverso i meccanismi perversi delle stock option.

È l’unico modo per debellare un sistema imperante a livello mondiale che ci ha portato alla crisi perché nelle società di maggiori dimensioni l’utile degli azionisti non coincide piú con l’utile dell’azienda, in quanto le azioni rappresentative della proprietà partecipano a un mercato diverso da quello dell’azienda che obbedisce ad altre logiche. Le azioni vengono rappresentate da altri titoli o strumenti finanziari che a loro volta forniscono andamenti dei prezzi difformi da quelli delle azioni rappresentate e cosí via, secondo un meccanismo perver-so che si basa sul sopravvento dell’industria finanziaria rispetto a quella sana della produzione di beni e servizi per uno sviluppo sostenibile nel lungo periodo, finalizzato alla diffusione del bene comune.

L’interesse dell’industria finan-ziaria è che le variazioni dei prezzi

l’economia di mercato e quella capitalistica, intese in senso ri-duzionistico, non siano in grado di creare autentico sviluppo, che non sia solo economico, per la costruzione del bene comune universale.

Nella Caritas in Veritate cade il muro tra imprese profit e no profit, dove non viene escluso in misura contenuta il profitto come strumento indispensabile per l’accumulazione e lo sviluppo e la costruzione del bene comune. In questo modo si allarga enorme-mente il significato e il perimetro della funzione imprenditoriale in tutti i campi: sanità, assistenza agli anziani, istruzione, sport e intrattenimento e via dicendo. Non ha piú senso parlare di terzo settore e si evidenzia la natura multidimensionale dell’impresa, con un ruolo importante dell’eco-nomia fondata sulla gratuità e il dono che, accanto al mercato e allo stato, concorrono a creare sviluppo per il bene comune.

L’utile realizzato in questa vastissima area di attività, che in Italia coinvolge piú di tre milioni di persone, può venire totalmente trattenuto all’interno dell’impresa sociale per accrescerne il valore nel lungo periodo. Si può in que-sto modo andare in Borsa anche senza prevedere la distribuzione di dividendi per influenzare il valore delle azioni e quindi la ricchezza dei possessori. La buona conduzione dell’impresa è la migliore garanzia per l’ac-crescimento del suo valore nel lungo periodo, come avveniva

fondamentali dello sviluppo per il bene comune; nemmeno nella Centesimus Annus di Giovanni Paolo II, che segna una svolta nella Dottrina Sociale della Chiesa, attribuendo grandissima importanza nei processi di sviluppo all’economia d’impresa a decisioni decentrate (sussidiarietà). Giovanni Paolo II esprime l’opzione forte per l’economia d’impresa come comunità di persone, unite dal me-desimo obiettivo della sostenibilità dell’impresa nel lungo periodo e in cui l’autorità dell’imprenditore viene manifestata, non come potere ma come servizio agli altri per la costruzione del bene comune, con carità e disponibilità.

Giovanni Paolo II ritiene che

LA COSCIENzA IMpRENDITORIALENELLA COSTRUzIONE DEL BENE COMUNE

Page 25: UCID Letter n°3 del 2010

25

UCID Letter • 3/2010

L’Europa della moneta e delle banche

ci ha portato in un vicolo chiuso

da cui possiamo uscire solo ritornando

ai fondamenti reali dell’economia

(l’economia dell’offerta e dell’innovazione),

animati da un autentico riscatto morale ed etico fondato sulle sue lunghe

radici cristiane

IL SECONDO RAppORTO UCID

2010/2011

1950 al 1973, prima delle due gravi crisi petrolifere. Va tenuto presente, a questo riguardo, che la scala della concentrazione a livello mondiale vede il primo posto del credito, seguito dalla ricchezza e il meno concentrato risulta il reddito.

Parliamo degli anni del miracolo economico italiano in cui è nata la nostra associazione (1947) su profetica iniziativa di un gruppo illuminato di imprenditori cristiani del Nord del nostro Paese e di due grandi Cardinali: Schuster di Mi-lano e Siri di Genova. Essi hanno voluto dare un contenuto morale alla ricostruzione e allo sviluppo del nostro Paese, all’indomani della seconda guerra mondiale che

oligarchia finanziaria. Dobbia-mo ricordare che la stragrande maggioranza delle transazioni finanziarie si concentra su due piazze: Londra e New York. Lo tocchiamo con mano nel nostro vecchio continente, perché l’Europa della moneta e delle banche ci ha portato in un vicolo chiuso da cui possiamo uscire solo ritornando ai fondamenti reali dell’economia (l’economia dell’offerta e dell’innovazione), animati da un autentico riscatto morale ed etico fondato sulle sue lunghe radici cristiane.

Nel ventesimo secolo l’Europa ha perso l’egemonia economica e politica e nel ventunesimo si prevede che a perderla saranno gli Stati Uniti d’America. L’asse del mondo si è spostato in Asia, come mettono chiaramente in evi-denza i dati sulla distribuzione del prodotto interno lordo mondiale. Negli ultimi quindici-venti anni, l’Europa ha perso quasi venti punti percentuali in termini di prodotto interno lordo, guadagnati dalle aree asiatiche. Gli Stati Uniti hanno guadagnato qualche punto percentuale, mentre il Giappone ne ha perso un numero significativo. Guadagna qualcosa il continente africano, ma partendo da livelli molto bassi.

Meno sfavorevole all’Europa appare la dinamica dello sposta-mento a livello mondiale della ricchezza e del credito, potendo fare affidamento per un certo numero di anni sull’enorme ricchezza reale e finanziaria accumulata nel periodo della golden age dal

delle azioni siano sempre ampie e rapide, rifuggendo il grande valore dello sviluppo nella stabi-lità. Un tempo erano stati creati i famosi fondi di stabilizzazione, che riguardavano soprattutto il mercato dei cambi, per evitare le speculazioni selvagge che hanno invece oggi preso il sopravvento, grazie alle conoscenze di un ristretto numero di operatori finanziari (banche d’affari) che manipolano il mercato attraverso i potenti mezzi dell’informazione e della tecnologia (tecnologie dell’informazione e della comu-nicazione).

Come ci ricorda Keynes, questo ristretto numero di operatori sfrutta a suo vantaggio una conoscenza degli eventi futuri migliore di quella scontata dal mercato. Esi-ste il branco degli speculatori e dietro segue il gregge della gente comune che viene fatta preda del branco con perdite enormi sugli investimenti in Borsa. In questo modo, la finanza diventa il cervello dell’economia, con un rovesciamento valoriale che genera conseguenze nefaste per tutta la società civile. La malattia della finanza si diffonde come un’epidemia su tutto il corpo sociale, con effetti deleteri sulla crescita e sulle opportunità oc-cupazionali. Le stesse autorità monetarie centrali perdono il controllo sulla moneta, sul credito e sulle attività finanziarie che non sono piú al servizio dello sviluppo e della diffusione del bene comune, ma di interessi particolaristici di una ristretta

LA COSCIENzA IMpRENDITORIALENELLA COSTRUzIONE DEL BENE COMUNE

Page 26: UCID Letter n°3 del 2010

26UCID Letter • 3/2010

Dobbiamo ricreare la fiducia nel futuro e i valori spirituali sono indispensabili per raggiungere il vitale obiettivo dello sviluppo umano integrale, con il contributo di tutti gli uomini di buona volontà. Rendiamo in questo modo possibile un mondo migliore, soprattutto per le giovani generazioni verso cui abbiamo le maggiori responsabilità

IL SECONDO RAppORTO UCID 2010/2011

L’Italia e l’Europa sono troppo occupate nella conservazione della grande ricchezza accumulata nel periodo dello spettacolare sviluppo economico della gol-den age, con una caduta della passione e dell’amore per lo sviluppo futuro e del coraggio per il rischio verso i nuovi inve-stimenti, che deriva dalla Fede e dalla Speranza cristiane. Come ci insegna Benedetto XVI, anche i valori spirituali costituiscono un importante fattore economico, soprattutto quando si parla di vocazione allo sviluppo, al rischio e all’investimento. Dobbiamo ricreare la fiducia nel futuro e i valori spirituali sono indispensabili per raggiungere il vitale obiettivo dello sviluppo umano integrale, con il contributo di tutti gli uomini di buona volontà. Rendiamo in questo modo possibile un mondo migliore, soprattutto per le giovani generazioni verso cui abbiamo le maggiori responsabilità.

Dobbiamo tornare ai grandi insegnamenti dei padri fondatori dell’Europa: De Gasperi, Ade-nauer, Schuman. Sono stati tre grandi politici cristiani europei che ci hanno insegnato che non possiamo costruire l’Europa se non dotandola di un’anima e di una spinta morale e spirituale, che deve unire tutti i cittadini europei. L’Europa della moneta e delle banche ci ha portato in un vicolo cieco da cui possiamo uscire solo ripartendo dalle sue radici cristiane.

Non si può fare sviluppo per il bene comune senza un ruolo

reale e finanziaria a livello mon-diale è ancora molto favorevole all’Europa, come avviene per la distribuzione del credito. La distribuzione della ricchezza e del credito appare molto piú concentrata della distribuzione del reddito a livello mondiale tra le diverse grandi aree geografiche. Naturalmente, la concentrazione del credito appare intimamente legata alla concentrazione della ricchezza reale e finanziaria accumulata, costituendone la garanzia nella logica corrente della valutazione del merito del credito da parte delle banche.

Il perseguimento del bene co-mune deve coinvolgere in qualche misura tutti gli uomini, nessuno escluso, con la partecipazione ai benefici dei processi di sviluppo. Si consente in questo modo, anche ai poveri, di accrescere il loro reddito e, quindi, superata una certa soglia, di cominciare a risparmiare e ad alimentare il processo di accumulazione di ricchezza reale e finanziaria. Questa accumulazione apre la via attraverso le garanzie all’accesso ai canali normali del credito bancario. Nella maturazione di questi processi, giocano un ruolo fondamentale il microcredito e la micro finanza, di cui parla in modo preciso la Caritas in Veritate. Il microcredito e la microfinanza rappresentano degli strumenti molto importanti per superare la gravissima frattura tra economia effettiva globalizzata e bene comune universale che stiamo vivendo.

aveva portato grandi distruzioni spirituali e materiali.

Siri ricordava spesso agli im-prenditori, dirigenti e professionisti cristiani dell’UCID come, nei primi tempi del secondo dopoguerra, avesse capito che per aiutare i lavoratori occorreva rivolgersi agli imprenditori che avevano in mano le chiavi della ricostruzione e dello sviluppo per la diffusione del bene comune, perché animati dal grande spirito rivoluzionario del Vangelo e della Dottrina Sociale della Chiesa. Ironicamente, Siri ricorda che questa sua intuizione e la sua operosa e caparbia messa in pratica gli avesse procurato “un sacco di guai”.

La distribuzione della ricchezza

LA COSCIENzA IMpRENDITORIALENELLA COSTRUzIONE DEL BENE COMUNE

Page 27: UCID Letter n°3 del 2010

27

UCID Letter • 3/2010

Un’Italia migliore è possibile e gli italiani

la chiedono: i cattolici devono fare

la loro parte in politica superando le differenze

e le divisioni, come è avvenuto all’indomani

della seconda guerra mondiale con la grande

spinta morale e spirituale

per la ricostruzione e lo sviluppo

del nostro Paese

IL SECONDO RAppORTO UCID

2010/2011

Italia: occorre farlo per dare un futuro al nostro Paese e soprattutto alle giovani generazioni.

Un’Italia migliore è possibile e gli italiani la chiedono: i catto-lici devono fare la loro parte in politica superando le differenze e le divisioni, come è avvenuto all’indomani della seconda guerra mondiale con la grande spinta morale e spirituale per la ricostruzione e lo sviluppo del nostro Paese.

Dobbiamo assolutamente fare appello al grande insegnamento di Giovanni Paolo II: non abbiate paura di realizzare le idee rivo-luzionarie del Vangelo per una società piú giusta con la Carità nella Verità.

grandi tecnologie di sostituirsi alla politica, con effetti disastrosi per il bene comune universale. Ne parla in modo magistrale Benedetto XVI nel capitolo sesto della Caritas in Veritate, dedicato allo sviluppo dei popoli e la tecnica.

Occorre, come hanno insegnato Giovanni Paolo II nella Christi-fideles laici e piú recentemente Benedetto XVI, un rinnovato impegno dei cattolici in politica, senza paura e sensi di inferiorità perché è loro preciso dovere testimoniare nella società civile, con le opere, i grandi princípi del Vangelo e della Dottrina Sociale della Chiesa.

I cattolici devono uscire dal recinto in cui si sono rifugiati e impegnarsi senza paura nella partecipazione, come insegna in modo incisivo il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace del 2004.

Il Presidente della CEI, nella recente 46a Settimana sociale dei cattolici italiani di Reggio Calabria, si spinge profeticamente piú avanti, auspicando l’unità politica dei cattolici che, come affermava Luigi Sturzo nel 1959, non è mai stata raggiunta. Nel mondo cattolico ci sono molte anime e bisogna mirare all’unità per lo sviluppo e il bene comune del nostro Paese.

L’immenso mondo dei movimenti e delle associazioni ecclesiali costituisce una grandissima op-portunità per realizzare il disegno dell’unità politica dei cattolici in

alto e responsabile della classe politica e della classe dirigente, con autentico spirito di servizio, rifuggendo dall’uso della politica per propri interessi personali, secondo l’alto insegnamento di Luigi Sturzo.

La globalizzazione dell’eco-nomia si è accompagnata a una crescente debolezza della poli-tica, perché essa poteva agire in modo efficace all’interno degli Stati e delle Nazioni. Ora con la globalizzazione tutto è mobile: le persone, i beni, i servizi, i capitali, le attività imprenditoriali e cosí via. Non esiste un potere politico mondiale in grado di governare (governance mondiale) questa grande rivoluzione e sono entrate in crisi le grande istituzioni politiche ed economiche internazionali: Nazioni Unite, Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale, Banche Regionali di Sviluppo e via dicendo.

Abbiamo assistito alla globaliz-zazione dell’economia e non alla globalizzazione della politica. Si tratta della seconda grande sfida a cui si trova di fronte l’umanità, all’inizio del terzo millennio, e di cui parla il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa: la comprensione e il governo delle differenze che sono esplose con la globalizzazione sul piano storico, culturale, religioso, eco-nomico e dei modelli di sviluppo e cosí via.

Questa debolezza della politica a livello nazionale e soprattutto mondiale ha consentito alle tecnocrazie finanziarie e delle

LA COSCIENzA IMpRENDITORIALENELLA COSTRUzIONE DEL BENE COMUNE

Page 28: UCID Letter n°3 del 2010

28UCID Letter • 3/2010

Un rapporto “illuminato” dalla fede

La pubblicazione del Secondo Rapporto UCID 2010/2011 “La coscienza imprenditoriale nella costruzione del Bene comune, Abitare l’impresa e la professione con sguardo di fede” e la sua diffusione non solo nell’àmbito del mondo cattolico, ma anche, in genere, della produzione e del lavoro e, soprattutto, tra gli uomini di buona volontà laici o cattolici che siano, cade nel mo-mento preciso in cui la cosiddetta comunità finanziaria internazionale (ministri economici e autorità monetarie, studiosi e organismi internazionali, ecc.) sta cercan-do - a quanto sembra dai primi risultati con poco successo - di dare e di darsi nuove regole per evitare di incorrere negli errori che hanno determinato la crisi piú grande e piú devastante che si sia verificata nel mondo dal 1929 ad oggi.

Oltretutto, cadendo questi “soloni economisti”, col segui-re questa strada, nell’illusione ideologicamente fallace che le sole regole bastino a evitare tutto quello che è successo in questi ultimi decenni, procurando i danni che stanno pagando famiglie, imprese e risparmiatori.

Il “Rapporto” si è ispirato fin dal suo sottotitolo, “Discernere, Partecipare, Accompagnare”, a tre grandi direttrici di marcia e si è sviluppato, alla luce della

metodologia proposta da sempre dalla Dottrina Sociale Cattolica e mirabilmente sintetizzata da S.S. Pio XI nel motto: “osser-vare, giudicare e agire”. E cosí come il Magistero nel corso della storia non si è limitato a sostenere le sue verità di sem-pre: la centralità dell’uomo nei processi di produzione, la dignità del lavoro e la sua prevalenza rispetto alle cose. Il principio di sussidiarietà, secondo il quale lo Stato può e deve intervenire solamente quando i privati e i singoli o le varie comunità naturali non sono in grado di raggiungere i propri scopi. La corresponsabilità nella gestione aziendale e la partecipazione ai benefici e ai frutti dell’attività di impresa. Il principio della giustizia distributiva dello Stato per eliminare le situazioni di ingiustizia esistenti nella società. Il principio dell’“amicizia”, diventata con Pio XI “carità sociale”, con Paolo VI “civiltà dell’amore”, con Giovanni Paolo II “solidarietà” e con Benedetto XVI ancora “carità nella verità”, l’UCID ha voluto fornire criteri e chiavi d’interpretazione per giudicare le singole situazioni, le strutture sociali, i comportamenti umani, persino le istituzioni, in modo che tutti gli uomini di buona volontà, e in particolare la comunità cristiana, possano passare all’azione concreta scendendo dal piano dottrinale a quello pratico.

E cosí l’UCID ha “osservato” attentamente la realtà che ci è

intorno, ha espresso i propri giudizi e poi ha offerto le proprie soluzioni e avanzato le proprie proposte. In conclusione, questo lavoro dell’UCID è un invito a ciascuno di noi a prendere co-scienza della nostra responsabilità e a vivere in maniera matura e adulta la nostra fede, evitando il pericolo del divorzio dalla vita e dalle opere.

Riccardo PedrizziPresidente Gruppo Regionale

UCID Lazio

Il frutto dell’impegno UCID

Il secondo Rapporto UCID 2010/2011 rappresenta un pon-deroso frutto dell’impegno delle migliori risorse del “Nazionale”; queste hanno ben saputo mobilitare e coordinare la partecipazione delle numerose personalità che hanno contribuito alla formazione dell’opera.

Mi auguro e ritengo che i sin-goli contributi del Rapporto, sia relativi all’organizzazione interna dell’UCID, sia relativa ai numerosi trattati, costituiscano una solida base e un utile riferimento per il lavoro che le sezioni UCID svolgono sul territorio. Non posso infine esimermi dal complimentarmi e ringraziare personalmente il Dott. Giovanni Scanagatta per il lavoro svolto.

Antonio BertaniPast President Gruppo Regionale

UCID Lazio

IL SECONDO RAppORTO UCID 2010/2011

LA COSCIENzA IMpRENDITORIALENELLA COSTRUzIONE DEL BENE COMUNE

Page 29: UCID Letter n°3 del 2010

29

UCID Letter • 3/2010

posta sotto azione permanente dello Spirito Santo.

Allo spirito innovativo, creati-vo e di giustizia degli operatori cristiani, che maggiormente deb-bono sentirsi impegnati in uno sviluppo sociale che valorizzi la persona umana, è lasciato dunque il compito di interpretare e met-tere in pratica, assieme ai propri collaboratori, questo strumento partecipativo, adeguandolo e in-novandolo secondo le esigenze e le esperienze culturali ed aziendali del luogo e del tipo di società in cui si opera.

La nostra vera vocazione nell’impresa come cristiani, deve tendere al bene comune, considerando che primariamente dobbiamo sentirci gelosi custodi dei beni di questa terra che Dio ci ha affidato e al Quale dovremo permanentemente rispondere, quando saremo chiamati a ren-dere conto della nostra opera, per verificare se avremo fatto fruttificare quei beni che abbiamo avuto da Lui, in pegno del Suo amore verso gli uomini.

Con questo spirito, in cui ri-conosciamo che Dio è il nostro padrone e che noi siamo suoi servi, dobbiamo assolvere il compito che Lui ci ha assegnato, esercitando anche l’autorità come servizio agli altri.

Emilio IaboniPresidente Sezione UCID

Frosinone

Considerazioni sul concetto di Bene Comune

Filo conduttore delle tematiche affrontate dal II Rapporto UCID 2010/11 è quello della ricerca e dell’affermazione del bene comune. Il bene comune è di fatto il fine ultimo delle persone che vivono in una collettività: fine della collettività come tale e fine dei singoli in quanto as-sociati; fine naturale, oggettivo, intrinseco ed essenziale della vita sociale.

Quantunque sia costituito e alimentato dai beni particolari, esso non s’identifica col bene delle singole persone, né risulta dalla semplice addizione o da una combinazione arbitraria dei beni particolari, ma è un “tutto” vitale e dinamico che scaturisce dall’armonica coordinazione delle attività e funzioni sociali, di cui è il termine di convergenza e il principio costitutivo di unità nella molteplicità e varietà delle componenti della società.

La misura del bene comune è la perfezione dell’uomo, che l’individuo raggiunge solo nell’agire per lo sviluppo di tutte le sue capacità, in collaborazione con altri individui nell’àmbito della società o comunità.

È al bene comune che tutti dobbiamo tendere e per quanto ci concerne, come imprenditori e dirigenti, è nostro compito precipuo contribuire a tale ricerca nella nostra attività d’impresa.

La trasformazione epocale dei nostri tempi ha però rapidamente mutato la figura dell’imprenditore facendo coincidere il suo unico obiettivo con la massimizzazione del profitto.

È invece un nuovo modello di imprenditore, quello descritto dal II Rapporto UCID: egli infatti prende l’iniziativa, raccoglie il capitale necessario e assume il rischio finanziario inerente un sistema di produzione, in cui i prezzi vengano determinati dal libero mercato, salvaguar-dando però regole sociali e valori umani. Egli si fa quindi fautore di un’attività “creativa di ricchezza”.

Per costruire il bene comune è di fondamentale importanza il perseguimento e l’affermazione del principio solidaristico. In base alla solidarietà, che è una virtú specificatamente cristiana, tutti i beni della creazione sono destinati a tutti: ciò che l’industria umana produce con la lavorazione delle materie prime, con il contributo del lavoro, deve egualmente servire al bene comune.

Alla luce della fede, la solida-rietà, unita allo sviluppo, tende a superare sé stessa, a rivestire le dimensioni specificatamente cristiane della condivisione, della gratuità totale, del perdono e della riconciliazione, in cui il prossimo non è soltanto un essere umano con i suoi diritti e la sua fondamentale eguaglianza davanti a tutti, ma diviene la viva immagine di Dio Padre, riscattata con il sangue di Gesú Cristo e

IL SECONDO RAppORTO UCID

2010/2011LA COSCIENzA IMpRENDITORIALENELLA COSTRUzIONE DEL BENE COMUNE

Page 30: UCID Letter n°3 del 2010

30UCID Letter • 3/2010

una costante nel tempo, nei vari Gruppi territoriali, che hanno visto le singole Sezioni impegnate in attività culturali e spirituali. In quest’ottica, il Gruppo Regionale Lombardo ha operato con efficacia, tra-mite le singole Sezioni e anche attraverso le attività svolte dalla “Commissione Cultura”, che ha organizzato nel triennio due convegni per ciascun anno, sul tema del Bene Comune, giun-gendo poi alla pubblicazione delle “Undici Regole”, in cui si dà conto del lavoro svolto dalla Commissione. Ogni convegno è stato commentato e segnalato dagli organi di stampa, aumen-tando cosí la diffusione della presenza UCID, e, soprattutto, aumentando la testimonianza operativa e concreta, del pensiero cristiano.

Sul Rapporto UCID 2007-2011, va sottolineata l’esattezza e l’opportunità del titolo prescelto: “La coscienza imprenditoriale nella costruzione del Bene Comune. Abitare l’impresa e la professione con sguardo di Fede”. Si tratta di un cammino introspettivo, caratterizzato dal binomio spiritualità-operatività. Infatti, il primo Rapporto UCID 2007 si apriva dicendo che «Dove soffia il vento imprenditoriale», trattando appunto del binomio economia e morale e si chiude-va dicendo: «... è stata operata una saldatura fra due divisioni, quella imprenditoriale e quella spirituale-religiosa, che erano lontanissime e si considerano

operanti su livelli e campi di-versi ... E qui viene in mente senza troppi percorsi, un solo obiettivo: essere corresponsabili e testimoni di un dono, il dono del creare». Cosí, in questo secondo Rapporto si dà atto dell’itinerario di questi tre anni per dare concretezza all’essere «corresponsabile testimone del dono» espressione della sog-gettività cristiana identificativa dell’imprenditore, dirigente, professionista d’impresa.

Si ricerca, sempre in primo piano, lo spazio di Bene Comune da perseguire insieme al profitto e alla crescita del valore economico e si segnala la libertà/discrezio-nalità del management; l’essere dentro i processi, sottolineando «il quid superest come dono per andare oltre. Gli effetti di com-pattamento del management; la unificazione di obiettivi interni ed esterni».

È molto bella e va sottolineata la parte conclusiva dell’introdu-zione in cui si dice: «Il nostro pragmatismo ci dice che atten-dersi dai piani alti, dai palazzi, l’arrivo della soluzione della crisi che viviamo, è una sem-plice illusione alimentata da chi vuole che le persone si sentano dipendenti. L’attesa distrugge la voglia di fare e di costruire; non è questo l’atteggiamento di chi ha avuto il dono di recepire il messaggio rivolto agli uomini di buona volontà».

Renzo BozzettiPresidente Gruppo Regionale

UCID Lombardo

Il dono del creare

Questo triennio 2007-2010 è passato in un soffio. Ed è bene documentare il lavoro dell’UCID Nazionale e dei singoli Gruppi, per dare conto dell’opera svolta e per dare una testimonianza sul pensiero cristiano.

Come dice il Vangelo «non chi dice Signore, Signore, entrerà nel Regno dei Cieli, ma solo chi fa la volontà del Padre mio». Cosi, fare e dare conto di ciò che si fa, diventa importantissimo.

In quest’ottica, dobbiamo mettere in rilievo la grande opera innovatrice, compiuta dall’UCID Nazionale, sotto la guida del Presidente Professor Angelo Ferro, il quale ha dato impulso e vigore all’attività della nostra Associazione, pen-sando per la prima volta nella storia dell’UCID, appunto, a un “rapporto” che mettesse in luce le attività spirituali e culturali compiute.

Come dice un grande sociologo, Niklas Luhmman, le persone sanno e conoscono solo ciò che i media comunicano. Cosi, immaginando a grandi linee anche la produzione libraria nel piú vasto concetto di “media”, dobbiamo dire che il rapporto UCID rende esistenti, reali e conosciute, le attività dell’UCID, consentendo cosi una loro materiale “esistenza” presso il pubblico.

Una diffusione delle nostre attività, a dire il vero, è stata

IL SECONDO RAppORTO UCID 2010/2011

LA COSCIENzA IMpRENDITORIALENELLA COSTRUzIONE DEL BENE COMUNE

Page 31: UCID Letter n°3 del 2010

31

UCID Letter • 3/2010

lealtà reciproca e su un comune “patto” d’onore.

È questa l’Impresa “viva” che valorizza l’uomo, lo eleva e che costruisce le solide ossa della Società, praticando, non solo predicando, l’idea stessa del Bene Comune.

Perché ciascun imprenditore possa dire con Pietro di Craon, senza iattanza alcuna, ma con serenità assoluta al mondo che lo guarda «Possa vedere io presto uscire da me, come dalle mie ossa, dalla mia carne e dal mio sangue, questa cosa tutta mia, che Dio abita».

È questo che ho “riconosciuto” e ritrovato nel libro-rapporto dell’UCID : la voglia e il gusto di rendere onore al Creatore attraverso le opere, attraverso un Lavoro che non sia “dannazione”, ma grande occasione per mettere in campo le energie positive generate da uno Scopo comune che crea, fisiologi-camente, coesione sociale e rapporti di interdipendenza, collaborazione e solidarietà.

Ecco perché è un libro “speciale”. Perché, se a molti di noi “racconta” il senso di scelte già fatte per le ragioni del cuore e dell’Anima, a molti altri servirà per comprendere non solo che questa è la Diritta Via, ma anche l’Unica capace di diradare le nubi che si addensano sul nostro tempo, spesso cosí problematico e doloroso.

Alessandro ScelfoPresidente Gruppo Regionale

UCID Sicilia

L’impresa che valorizza l’uomo

Ci sono libri e libri. Ve ne sono taluni che nascono per la divulgazione di massa e che sono “costruiti” per risultare otticamente gradevoli, accattivanti, attraenti e altri per spiegare e cercare sapere, rivolti a un pubblico ristretto di “amatori”.

Questo volume dell’UCID, inve-ce, pur costruito da una equipe di specialisti appassionati e incentrato su argomenti di assoluto rilievo, spesso di non facile approccio, ha l’immenso pregio di essere, allo stesso tempo, accattivante e chiaro nell’esposizione

Fulcro di tale rapporto è la figura degli imprenditori catto-lici, che devono assolutamente aver coscienza del loro ruolo in un mondo che letteralmente, mentre agogna a uno sviluppo senza scopo e limiti, rischia di ritrovarsi con l’anima essiccata, prosciugata.

Perché essi si trovano nelle migliori condizioni, non per produrre solo sterili “analisi” piú o meno dotte, ma per fornire la merce piú preziosa di cui abbia bisogno il mondo moderno; e cioè esempi, azioni concrete, gesti riconoscibili, testimonianze vive, operose di trasparenza, di equità e di solidarietà potenzialmente contagiose.

Eccola la Fede come “certezza di ciò che sarà”: noi sappiamo che vale la pena sudare e procurarsi

piaghe per dissodare un terreno. Sappiamo che dopo bisognerà fare solchi, concimare, irrigare, faticare ancora per la semina. Ma sappiamo con assoluta sicurezza che, anche nel terreno piú difficile i semi a lungo sepolti nel buio al primo sole, germoglieranno a ricordarci che “Nulla è inutile”.

E sappiamo anche che accanto alle sementi buone ne germineranno di cattive, “sbagliate”, dannose.

E lí, dopo la Fede, deve scattare la Scelta di tutti e di ciascuno. Ecco perché è giusto iscrivere in lettere d’oro, sulla copertina del nostro ideale Album, la di-citura “Discernere, Partecipare, Accompagnare”.

In questa società globalizzata, in cui ogni problema è interdipen-dente e interconnesso con mille e mille altre questioni sociali, l’imprenditore cattolico può e deve muoversi con l’autocoscienza perfetta d’essere un piccolo-grande faro nel buio della notte, accom-pagnato dall’acclarata esattezza del principio di San Tommaso, secondo cui “Bonum diffusivum sui”, il Bene tende per sua stessa natura a propagarsi, a estendersi nel segno di quel riconoscimento delle varietà e delle distinzioni che sono prerogativa originale e feconda della Dottrina sociale della Chiesa e fondamento della sua stessa presenza “organizzata” nel mondo degli uomini.

L’impresa non è e non deve essere solo una fabbrica di “cose” e una fonte di reddito: essa vive, invece, se crea una comunità armoniosa e solidale retta sul rispetto, sulla

IL SECONDO RAppORTO UCID

2010/2011LA COSCIENzA IMpRENDITORIALENELLA COSTRUzIONE DEL BENE COMUNE

Page 32: UCID Letter n°3 del 2010

32UCID Letter • 3/2010

La rilevanza del II° Rapporto UCID 2010/2011

Non posso che esprimere un parere piú che entusiasta sul nuovo sforzo che la Presidenza Nazionale UCID ha sviluppato attraverso il lavoro di definizione, costruzione ed ora di diffusione del II° Rapporto UCID intitolato “La coscienza imprenditoriale nella costruzione del Bene Comune”.

Anzitutto perché il II° Rapporto UCID è una coerente continuazione dell’importante impegno di studio economico e socioculturale già intrapreso con il Rapporto UCID 2007 sul bene comune.

Si tratta, infatti, di un’analisi rigorosa del campione significa-tivo di 1400 aziende italiane che hanno deciso di assumere l’etica come “core business” e nelle quali l’imprenditore, o il dirigente d’azienda, viene chiamato a di-ventare nuovo soggetto attivo in grado di creare “valori” oltreché “valore” e a operare per diffondere tali valori all’interno dell’azienda e nella società civile tutta.

Ci si sofferma poi sulla ricerca di quei mezzi, da porre accanto a quelli attualmente predisposti dallo Stato per la salvaguardia delle libertà individuali e collettive, continuando in una forte azione di formazione di una coscienza etica e di diffusione e promozione di iniziative di alto profilo morale, radicate in azioni di sussidiarietà e di solidarietà ravvicinate.

Nel II° Rapporto vi è tuttavia

un ulteriore quanto rilevante valore aggiunto, accanto alla dimostrazione, tramite rilevazione sul campo, che la diffusione della cultura del “capitalismo etico”, basata sui valori fondanti della morale cristiana, è la risposta piú coerente per abbattere ogni barriera imposta al percorso imprenditoriale per affermare una autorevole nuova economia sociale di mercato. Accanto alla documentazione, assolutamente non scontata, che nelle imprese socialmente responsabili au-mentano la produzione e gli investimenti per il miglioramento della qualità della produzione e che sono riscontrabili una piú elevata quota dei prodotti inno-vativi sul fatturato totale e una maggior quota delle esportazioni sui ricavi, vi è anche una rigorosa illustrazione di una metodologia innovativa per perseguire gli obiettivi aziendali secondo una prospettiva etica. Metodi come quello della “balanced score card” vengono rivisti e reinter-pretati dando una “nuova vita”, intrisa di valori etici, a strumenti che l’imprenditore e il manager odierno usa, o dovrebbe usare co-stantemente. Quindi, in definitiva, una encomiabile concretezza nel supportare chi realmente desidera essere un imprenditore diverso, ma ormai grazie a questo lavoro, non piú raro e isolato, in quanto impegnato della costruzione del Bene Comune.

Giampaolo CentronePresidente del Gruppo Regionale

UCID Friuli Venezia Giulia

fare l’impresa responsabilmente

Vale sempre la pena, impegnarsi per migliorare il mondo!

Questo II° nostro Rapporto UCID permette di verificare l’apporto positivo che viene dato alle diverse problematiche che oggi sono particolarmente oggetto di dibattito pubblico e politico.

In esso abbiamo dato prova di aver saputo coniugare l’Etica della vita aziendale con l’Etica Sociale.

Gli Ucidini, percorrendo la strada del fare impresa in modo responsabile, indicano il proprio metodo di partecipare da laici impegnati e formati alla Nuo-va Evangelizzazione; attività questa, che da oggi potrà essere alimentata e rinnovata non solo attingendo al Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, ma anche al Nostro Rapporto, che consegniamo a tutti coloro che cercano punti di riferimento nell’esaminare le questioni, nell’elaborare progetti, nel cer-care soluzioni per i complessi problemi del mondo del lavoro e dell’economia.

Ruggiero CristalloPresidente Gruppo Regionale

UCID Puglia

IL SECONDO RAppORTO UCID 2010/2011

LA COSCIENzA IMpRENDITORIALENELLA COSTRUzIONE DEL BENE COMUNE

Page 33: UCID Letter n°3 del 2010

33

UCID Letter • 3/2010

L’impresa socialmente responsabile

Le sezioni del gruppo regio-nale UCID Marche, nel corso del 2010, si sono piú volte riunite per discutere su temi di grande rilevanza in relazione ad approfondimenti della Dottrina Sociale Cattolica. Tra questi incontri assumono un ruolo pe-culiare quelli relativi alla lettura, all’analisi e alla discussione del II° Rapporto UCID 2010/2011: “La coscienza imprenditoriale nella costruzione del bene comune” e il costruttivo confronto di idee, fra i presenti, sui vari contributi offerti dai prestigiosi nomi che hanno partecipato alla relativa stesura.

Il rapporto si articola in un’ap-profondita analisi sul rapporto tra sviluppo e bene comune e sul ruolo dell’imprenditore come creatore di sviluppo per il progresso della società, da iniziare all’interno dell’impresa stessa, combinan-do il profitto con una precipua attenzione alla valorizzazione della persona umana. Appare dunque necessario sottolineare come il Rapporto miri a recu-perare una dimensione di beni e servizi che diano valore alle persone, definendo l’impresa vera: «quella che adempie alle sue responsabilità verso cittadini e territorio».

In questo senso, come eviden-ziato dal Rapporto, sono mirabili le iniziative dell’UCID su tutto

L’impresa nella logica del dono

Di ogni opera scritta affascina sempre il principio e la fine: nel mezzo sta la storia. È però l’inizio che individua il percorso cronologico del pensiero, il suo divenire e la sua fine, che nel nostro caso si concluderà nel giorno in cui cieli nuovi e terra nuova si manifesteranno. La Parola ha dato inizio al tempo e lo chiude.

Ecco che la 1a parte del Rapporto ha inizio con l’incarnazione del Verbo e presenta in modo univer-sale le dinamiche storico-sociali dello sviluppo economico, in tutto il mondo, e i mille rivoli del pensiero economico che ne deriva. Esso è condizionato dall’andamento dell’economia e a sua volta la condiziona. La Dottrina Sociale della Chiesa si incunea nella storia del sudore umano ma anche nelle diverse teorie economiche, forte della sua perenne missione di servire gli ultimi, senza trascurare i primi, dai quali pretende un utilizzo delle fortune e dei talenti allo scopo che il giusto profitto, ben reimpiegato, renda parte-cipi al Bene Comune sempre maggiori fasce di fratelli meno fortunati.

La 5a parte del Rapporto pro-muove le energie dello Spirito: il magistero della Chiesa è ponte tra le cose di questo mondo, che ci sono state affidate pur

non appartenendoci, e la meta finale del grande disegno di Amore del Creatore. La missione dei Consulenti ecclesiastici è quella di convincerci che noi stessi siamo dei seminatori, che siamo un lievito buono e vitale in questo periodo storico che dà solo importanza al terra-terra, al tutto e subito, al qui e ora, senza pensare a un futuro non solo immanente.

Incoraggiando la capacità dell’imprenditore, del manager, del professionista di produrre anche con il cuore, con il senso del Dono, i Pastori troveranno il conforto nell’intravedere che se il Figlio dell’uomo tornasse in questo momento troverebbe ancora la Fede sulla terra. Una Fede non rivolta all’interno dell’anima, ma una Fede che si unisce alla Carità grazie al lavoro, all’intraprendere, che divengono Preghiera e, appunto, Dono.

Queste due parti rappresentano i confini entro i quali troviamo i restanti capitoli del volume con le esperienze concrete, numero-sissime e adeguate ai territori in cui si attuano: esperienze che dovrebbero essere studiate e analizzate singolarmente dalle Sezioni UCID, traendone spunti per una diffusione ed una mol-tiplicazione delle Buone Opere elencate nel Rapporto.

Raffaele Bono Presidente Gruppo Regionale

UCID Veneto

IL SECONDO RAppORTO UCID

2010/2011LA COSCIENzA IMpRENDITORIALENELLA COSTRUzIONE DEL BENE COMUNE

Page 34: UCID Letter n°3 del 2010

34UCID Letter • 3/2010

bene comune, tenendo al centro l’uomo, in tutto, nella vita di tutti i giorni, nell’azienda, nelle responsabilità di management, nelle professioni.

È da evidenziare che il “Rapporto” incoraggia e indirizza a:

• innovare senza sosta in azienda;

• porre grande attenzione a mettere in gioco ogni risorsa propria a favore della persona, rispettando massimamente il principio di sussidiarietà, cosí come enunciato dalla “Quadra-gesimo Anno”, evitare la finanza fine a sé stessa, quella chiamata “creativa” che pretende il frutto a breve e ad ogni costo;

• lavorare per realizzare rela-zioni ampie e costruttive;

• aiutare l’uomo a tornare a “desiderare”, cosí come recen-temente indicato dal Presidente De Rita del Censis nel Rapporto annuale.

Gian Carlo PiccoPresidente Gruppo Regionale

UCID Piemonte-Valle d’Aosta

Il frutto di un grande impegno

Il volume, di oltre 850 pagine, raccoglie pregevoli interventi sulle tematiche specifiche di interesse dell’UCID articolati in cinque grandi capitoli;

1) Discernere: il Rapporto tra Sviluppo e Bene Comune;

il territorio nazionale. Non si può dunque non esprimere ammirazione per l’opera e per tutte le persone che vi hanno alacremente lavorato.

Paolo CapogrossiPresidente Gruppo Regionale

UCID Marche

Innovare l’impresa per il progresso

Nello scorrere, con una prima lettura e poi con l’approfondi-mento, di alcuni punti di mio grande interesse, le cinque parti del “Rapporto”, ci si trova di fronte uno strumento veramente operativo che aiuta a fare bene, anzi meglio l’ UCID, con quella tensione che mosse i padri fon-datori, che - piú di sessant’anni fa - fissarono nei princípi ispiratori dell’Unione: la centralità della persona umana, l’equilibrato utilizzo dei beni della terra, il corretto esercizio dell’impresa e delle professioni, l’impegno per il progresso economico e sociale, la trasmissione dei valori dell’insegnamento sociale della Chiesa.

Come la Dottrina Sociale della Chiesa si è evoluta, nei suoi oltre cento anni di vita, esprimendo il magistero pontificio sociale, sino alla “Caritas in Veritate”, allo stesso modo, con il “Rap-porto”, ci troviamo di fronte a uno strumento maturo che aiuta a non perdere di vista la rotta che è quella di perseguire il

IL SECONDO RAppORTO UCID 2010/2011

LA COSCIENzA IMpRENDITORIALENELLA COSTRUzIONE DEL BENE COMUNE

2) Partecipare: le quattro declinazioni strutturali del nostro impegno;

3) Accompagnare;4) Fermarsi per essere

testimoni;5) Promuovere le energie

dello spirito.Il volume testimonia la grande

e qualificata attività, svolta in questo triennio dal Presidente Angelo Ferro e dai suoi colla-boratori, sia sul piano culturale che su quello organizzativo, pur in un contesto oggettivamente difficile per istituzioni come l’UCID.

Certo il Rapporto si presta piú a una pacata meditazione che a una frettolosa consultazione e presenta delle carenze nella rappresentazione dei gruppi regionali.

Per il prossimo rapporto po-trebbe dunque, a mio avviso, essere utile predisporre uno schema unico da riempire, da parte di ogni gruppo regionale, in modo da fornire un quadro leggibile e reale della presenza UCID nelle varie Regioni e delle relative attività.

Paolo Blasi Presidente del Gruppo Regionale

UCID Toscana

Page 35: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE pRIMA

TEMI GENERALI

35

UCID Letter • 3/2010

La nostra società si trova a fronteggiare una vera emergenza edu-cativa che investe il concetto stesso e la possibilità dell’educazione. Occorre dunque considerare l’educazione come una vera e propria sfida per formare la persona. In tal senso, la fede e i valori cristiani devono ispirare l’agire di coloro che si pongono come educatori, quali famiglia scuola, soprattutto delle giovani generazioni.

Our society is facing a true educational emergency that involves the concept and the possibility of education. It is, therefore, necessary to consider education as a challenge to train the person. In this sense, the Christian faith and values should govern the action of those, who pose as teachers, such as family and school, especially for the younger generations.

Cardinale Camillo RuiniPresidente del Progetto Culturale CEI

formare la persona, formare il Capitale umano

Il contributo dell’impresa alla sfida e all’alleanza educativa non si esaurisce all’interno delle aziende. Comprende anche attenzione e sostegno a famiglia e scuola

Il tema di questo Forum, “La sfida educativa”(*), corrisponde al titolo del

Rapporto-proposta, che il Co-mitato per il Progetto cultura-le della CEI ha pubblicato un anno fa con l’editrice Laterza. Partecipando alla sua elabo-razione ho avuto modo di en-trare nel problema e già prima me ne ero interessato quando, dal 2006 al 2008, la diocesi di Roma ha messo l’educazione al centro dei suoi programmi pastorali.

Questa sfida, ossia “l’emergenza educativa” (espressione che si è diffusa dopo che Benedetto XVI l’ha usata ripetutamente rivolgendosi alla diocesi di Roma) vuole indicare non una situazione eccezionale e tran-sitoria, bensí una crisi di lungo periodo, profonda e sempre piú acuta. Si tratta di un’esperienza, o di una sensazione, largamente partecipata e condivisa, anzitutto dai genitori, dagli insegnanti e in genere da coloro che si occupano di educazione - compresi noi sacerdoti -, ma anche dal piú ampio corpo sociale.

È interessante però cogliere la sua specificità. In ogni epoca, infatti, l’educazione delle nuove generazioni ha rappresentato, per ciascun gruppo umano, un com-pito fondamentale a cui dedicare risorse ed energie, dando vita a percorsi, regole, usanze e anche riti formativi. Con l’accumula-zione del sapere e la nascita di

sistemi sociali piú complessi si sono rese necessarie nuove realtà, come le scuole, specificamente dedicate all’educazione, e negli ultimi secoli la società industriale ha richiesto la scolarizzazione di massa, con tutti i problemi connessi. La novità del nostro tempo, quella che chiamiamo “emergenza educativa”, sembra consistere in una problematicità assai piú radicale, che investe il concetto stesso e la possibilità dell’educazione.

Non si tratta di una crisi delle tecniche educative, oggi sempre piú abbondanti e raffinate, e non saranno queste tecniche a poterla superare, per quanto esse possano essere utili e feconde nel loro àmbito. Per cogliere il senso di questa crisi sembra infatti indispensabile aver chiaro che l’educazione è ben piú di una tecnica o di un insieme di tecniche. Essa è piuttosto un processo umano globale, e vorrei dire “primordiale”, paragonabile in certo senso alla gestazione

EMERGENzA EDUCATIvA

(*) Relazione del Cardinale Ruini, al Forum UCID, Roma 20/10/2010

Page 36: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE pRIMA - TEMI GENERALI

36UCID Letter • 3/2010

e generazione del bambino: si tratta cioè di aiutarlo a nascere sul piano della consapevolezza di sé, della relazionalità e socia-lità, della cultura, della libertà e responsabilità.

La formula classica per indicare l’educazione cosí intesa è “for-mazione della persona”. Perciò, nel Rapporto-proposta della CEI, abbiamo posto all’inizio un capitolo che approfondisce questo concetto di educazione, per proseguire con una serie di altri capitoli che prendono in esame i principali agenti e fattori dell’edu-cazione, secondo un approccio globale e non settoriale. Abbiamo trattato quindi delle specifiche e fondamentali strutture educative,

come la famiglia, la scuola e anche la Chiesa, ma abbiamo subito allargato il discorso a realtà come il lavoro, l’impresa, il consumo, e poi i mass media, lo spettacolo, lo sport, luoghi fondamentali di esperienza di vita, o di rappresentazione e interpretazione della vita, che contribuiscono, in maniera spesso determinante, a formare e “plasmare” la persona e le relazioni tra le persone.

Accenniamo ora ad alcuni di quelli, che chiamerei “fattori prossimi”, dell’attuale emergenza educativa. Di essi si parla ogni giorno e non posso approfondirli: quindi mi basterà richiamarli. Uno, e forse il piú importante di essi, è la crisi della famiglia, primo e decisivo àmbito dell’edu-cazione. Il ruolo educativo dei genitori sembra soffrire oggi di una tensione tra quella spe-cie di narcisismo degli adulti, per il quale i genitori tendono spesso a vedere il figlio come la realizzazione dei propri desideri e, dall’altra parte, l’eccessiva centralità che viene attribuita al bambino, con il rischio di monopolizzare le energie e le preoccupazioni soprattutto della madre. Questa tensione tra due diverse centralità, dell’adulto e del bambino, oltre a danneggiare il processo educativo, è una delle cause che spingono molte coppie a fermarsi al figlio unico.

Non mi soffermo sulle difficoltà del sistema scolastico e universi-tario, anche perché sono incline a pensare che la situazione italiana,

almeno per quanto riguarda le scuole pre-universitarie, pur con tutti i suoi problemi, rimanga una delle migliori del mondo occidentale.

Mi limito a osservare che la qualità degli insegnanti è, ov-viamente, l’elemento decisivo per la qualità della scuola e che oggi la questione cruciale sem-bra essere quella di convincere intellettualmente e di motivare esistenzialmente e concretamente gli insegnanti, che il loro ruolo non può mettere al primo posto l’uso delle tecniche educative, ma riguarda l’educazione nel senso pregnante di formazione della persona: la loro è pertanto una professione di grandissima importanza e rilievo sociale.

Man mano che crescono, le nuove generazioni diventano sempre piú protagoniste e responsabili della propria edu-cazione. Al riguardo esiste oggi un diffuso fattore di crisi: in Italia e in Europa sembra finito il tempo delle attese crescenti, nel quale era forte la speranza, per non dire la certezza, che le generazioni successive avrebbero avuto maggiori e migliori oppor-tunità delle precedenti. Adesso prevalgono piuttosto l’attesa e l’esperienza contrarie: quando parliamo dei nostri giovani e della condizione giovanile sarà bene non perdere di vista questo cambiamento di prospettive e il peso che esso fatalmente esercita su di loro.

C’è poi, molto rilevante, la questione della società di oggi,

L’educazione è ben piú di una tecnica. Essa è un processo umano globale, “primordiale”, paragonabile in certo senso alla gestazione e generazione del bambino: si tratta cioè di aiutarlo a nascere sul piano della consapevolezza di sé, della relazionalità e socialità, della cultura, della libertà e responsabilità

EMERGENzA EDUCATIvA

Page 37: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE pRIMA - TEMI GENERALI

37

UCID Letter • 3/2010

L’attuale emergenza educativa è una crisi

della cultura e dell’antropologia,

della concezione e interpretazione

dell’uomo. Una prima evidenza

è costituita dalla scissione tra il mondo

“oggettivo” della razionalità e il mondo

“soggettivo” ed emotivo dei sentimenti e degli affetti

EMERGENzA EDUCATIvA

un’autonomia tendenzialmente autoreferenziale: in concreto dominio del singolo ragazzo o giovane, oppure del gruppo in cui i ragazzi si inseriscono, cercano sicurezza e spesso si appiattiscono.

La seconda tappa, che sta sviluppandosi proprio in questi anni, sulla spinta degli straordi-nari progressi delle neuroscienze e delle biotecnologie, supera quella scissione riducendo tutte le espressioni della sfera emotiva, affettiva e morale, compresa la nostra libertà, a pure attività e pro-cessi cerebrali che, in prospettiva, potrebbero forse essere riprodotti anche artificialmente.

Cosí il soggetto umano viene

di consapevolezza critica e di impegno morale non sono suscet-tibili di analoga accelerazione. Gli effetti di spaesamento e disorientamento che ne possono derivare rischiano di compro-mettere, negli educatori prima che negli “educandi”, la fiducia e la voglia di educare.

Giungiamo cosí al fattore, che ritengo piú profondo e determinante dell’attuale emergenza educativa. Si tratta di una crisi della cultura e in particolare dell’antropologia, della concezione e interpretazio-ne dell’uomo. Questa crisi ha grosso modo due tappe, come ha precisato il Cardinale Angelo Scola in un intervento pubblicato su L’Osservatore Romano del 21-22 giugno scorso.

La prima tappa è costituita dalla scissione tra il mondo “oggettivo” della razionalità e il mondo “soggettivo” ed emotivo dei sentimenti e degli affetti. Solo la prima sfera sarebbe di pertinenza dell’educazione (o almeno dell’educazione scola-stica), che consisterebbe quindi in una corretta trasmissione di informazioni, tecniche, abilità e competenze: l’educazione significherebbe dunque adde-stramento all’uso della ragione, e di una ragione circoscritta alla sua dimensione scientifica e strumentale.

Fuori dall’àmbito dell’edu-cazione, come della stessa ragione, resterebbe invece il mondo degli affetti, dominio esclusivo di un soggetto che inventa e costruisce sé stesso in

che spesso appare un ambiente diseducativo piuttosto che educativo. In prima battuta questo carattere diseducativo si manifesta nel primato che viene attribuito al successo e al denaro, fino alla violenza come via per affermare sé stessi. Nella stessa direzione spinge purtroppo quell’erotismo diffuso e perva-sivo per il quale l’esaltazione della sessualità è onnipresente e sganciata dall’amore autentico e dal rispetto per le persone. A un livello piú profondo, la società attuale appare incerta di sé stessa e del suo futuro e pertanto non propizia per una vera educazione.

Un fattore ancora piú generale, di per sé tutt’altro che negativo, che influisce sui processi educativi va individuato nella velocità, enormemente piú grande che nel passato e sempre crescente, con la quale si verificano oggi i cambiamenti delle condizioni concrete entro cui si svolge la nostra vita. All’origine di questo fenomeno stanno chiaramente i progressi delle scienze e delle tecnologie. Il problema che ne deriva è, per cosí dire, quello della sostenibilità antropolo-gica, cioè umana, di una tale accelerazione.

In altre parole, dobbiamo domandarci come sia possibile “metabolizzare” e padroneggiare, culturalmente e moralmente prima ancora che socialmente, il cambiamento generalizzato e sempre piú accelerato, ben sapendo che le nostre risorse

Page 38: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE pRIMA - TEMI GENERALI

38UCID Letter • 3/2010

Il filosofo Galimberti ritiene analogamente che il nichilismo, ossia il venir meno di tutti i fondamenti, i valori e le certezze, sia la causa profonda dell’attuale disagio giovanile: tra relativismo e nichilismo esiste una parentela davvero stretta. La sfida educativa si gioca in realtà anzitutto a questi livelli

EMERGENzA EDUCATIvA

unica nell’universo visibile. Poi bisogna naturalmente

rendere concreto tutto ciò nella vita quotidiana e in particolare nei processi educativi. Indico brevemente alcuni “fondamen-tali” dell’educazione (per usare il linguaggio della preparazione ai vari sport).

Un primo “fondamentale” è costituito dalla vicinanza e dall’amore, a cominciare da quella fondamentale esperienza dell’amore che i bambini fan-no, o almeno dovrebbero fare, con i loro genitori. Ogni vero educatore sa che per educare occorre donare qualcosa di se stessi: soltanto cosí si possono aiutare i piú giovani ad acquistare fiducia e a diventare a propria volta capaci di amore autentico e generoso.

Un secondo “fondamentale” consiste nel non evitare le do-mande che i ragazzi ci pongono, in maniera esplicita o implicita, anche quando si tratta di do-mande delicate e impegnative che non possono avere una risposta puramente informativa ma toccano l’orientamento da dare alla propria vita e quindi anche le nostre scelte personali. Si dovrà certamente rispondere in maniera rispettosa, senza prevaricare, ma anche senza eludere il problema che ci viene posto: soltanto cosí si fa una vera opera educativa.

Il terzo “fondamentale” ri-guarda la questione forse piú controversa e dibattuta in am-bito educativo: il rapporto tra

simile delle origini dell’emer-genza educativa è stata formulata da Benedetto XVI nei discorsi e nella lettera sull’educazione rivolti alla diocesi di Roma nel 2007-2008: qui tale origine è individuata nel relativismo, o piú esattamente nella “dittatura del relativismo”, che toglie ogni certezza e ogni sicuro punto di riferimento e per conseguenza impedisce di trasmettere da una generazione all’altra delle regole di vita, un significato e degli obiettivi consistenti per i quali impegnarsi, delle fondamenta solide su cui costruire la propria vita personale e sociale.

Il filosofo Umberto Galimberti, in un libro, che ha avuto molta fortuna, pubblicato da Feltrinelli nel 2007, L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani, ritiene analogamente che il nichilismo, ossia il venir meno di tutti i fon-damenti, i valori e le certezze, sia la causa profonda dell’attuale disagio giovanile: tra relativismo e nichilismo esiste infatti una parentela davvero stretta.

La sfida educativa si gioca in realtà anzitutto a questi livelli. La via per affrontarla è stata indicata chiaramente da Benedetto XVI: “allargare gli spazi della razio-nalità”. La ragione umana non è fatta cioè soltanto di scienze e di tecnologie, ma di sapienza e di fede. In questo modo non vi è piú una separazione tra la conoscenza e gli affetti, tra la ragione e la libertà. La persona ritrova la sua unità, ma anche la sua dignità e la sua grandezza,

ridotto alla razionalità scientifica e strumentale e diventa, come è stato affermato dal filosofo tedesco Marc Jongen, “l’esperimento di sé stesso”.

Se cambia però in modo tanto radicale il nostro concetto di uomo entrano necessariamente in crisi, o comunque in grande movimento, tutti i nostri parametri educativi, dato che l’educazione è, essenzialmente, formazione dell’uomo, della persona umana, finora intesa non come qualcosa di puramente biologico e in qualche modo meccanico o automatico, bensí come soggetto libero e responsabile, aperto alla realtà e capace di perseguire la verità.

Una diagnosi sostanzialmente

Page 39: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE pRIMA - TEMI GENERALI

39

UCID Letter • 3/2010

Nella mentalità diffusa la sofferenza

- fisica o morale - è quell’aspetto oscuro della vita che è meglio

mettere tra parentesi e da cui in ogni caso

bisogna preservare il piú possibile le giovani

generazioni. La sofferenza fa parte della realtà della vita.

Cercando di tenere i giovani al riparo

da ogni prova rischiamo di far crescere persone

fragili, poco realiste e poco generose

EMERGENzA EDUCATIvA

risurrezione, una risposta forte e affidabile a quegli interrogativi che la nostra ragione si pone ma per i quali da sola può difficilmente trovare delle soluzioni.

Di fronte a una sfida cosí impe-gnativa e anche cosí radicale, come quella che l’attuale emergenza educativa pone all’intero corpo sociale, il Rapporto-proposta della CEI invita alla realizzazione di una “alleanza educativa” di lungo periodo, che coinvolga tutte le realtà le quali, a diverso titolo, hanno responsabilità educative, andando al di là del variare delle maggioranze politiche come delle tendenze culturali e anche degli interessi costituiti.

A questa alleanza la Chiesa

caso bisogna preservare il piú possibile le giovani generazioni. La sofferenza però fa parte della realtà della vita. Cercando di tenere i giovani al riparo da ogni prova (comprese le prove interne allo stesso cammino educativo) rischiamo perciò di far crescere persone fragili, poco realiste e poco generose. La capacità di amare e di donarsi corrisponde infatti alla capacità di soffrire e di soffrire insieme. Per essere completa e pienamente umana l’educazione deve piuttosto cercare di non lasciare senza risposta gli interrogativi che la sofferenza, in particolare la sofferenza innocente, e la morte stessa pongono alla nostra coscienza.

Quest’ultimo “fondamentale” dell’educazione, ma anche gli altri tre, ci pongono dunque di fronte alle domande piú radicali sul senso e la direzione della nostra vita: in concreto di fronte al bisogno di un fondamento solido su cui si possa costruire. Proprio la mancanza o l’incertezza riguardo a un simile fondamento paralizza gli educatori, rende fragili i giovani, toglie slan-cio alla società intera. Perciò Benedetto XVI ha affermato che una speranza affidabile è l’anima dell’educazione. In questa prospettiva si compren-de facilmente il ruolo decisivo che la fede cristiana può avere per l’educazione, come per la persona, la società, la cultura: la fede, infatti, ci dà, con Gesú Cristo, con la sua vita, morte e

libertà e disciplina. Non per niente tutte le grandi tradizioni educative fanno leva su precise regole di comportamento e di vita: senza di esse infatti non si forma il carattere e non si viene preparati ad affrontare la realtà. Personalmente ritengo quindi un errore gravido di conseguenze negative, che ormai sono sotto gli occhi di tutti, quella brusca svolta per la quale, una quaran-tina di anni fa, si è cominciato a pensare che la disciplina sia una forma di autoritarismo nocivo allo sviluppo della persona.

D’altra parte, il rapporto tra l’educatore e l’allievo non può non essere l’incontro tra due libertà e l’educazione ben riuscita è formazione al retto uso della libertà. Man mano che il bambino cresce, diventa un adolescente e poi un giovane, bisogna dunque accettare il rischio della libertà, rimanendo però sempre attenti a correggere le scelte sbagliate. Non dobbiamo invece assecon-dare gli errori, fingendo di non vederli o, peggio, considerandoli espressione di creatività e di libertà personale.

L’ultimo “fondamentale” ri-guarda qualcosa di cui di solito non si parla, o meglio si parla solo in termini negativi. Mi riferisco al rapporto tra l’educazione e le prove della vita, compresa la sofferenza e l’esperienza del dolore. Nella mentalità diffusa la sofferenza - fisica o morale - è quell’aspetto oscuro della vita che è meglio mettere tra parentesi e da cui in ogni

Page 40: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE pRIMA - TEMI GENERALI

40UCID Letter • 3/2010

intende offrire il proprio convinto contributo, non solo attraverso le sue specifiche iniziative educa-tive ma anche con la sua intera azione pastorale, che per sua natura contribuisce a formare la mentalità e i comportamenti e quindi a educare e a generare cultura, nei bambini, ragazzi e giovani ma anche negli adulti.

Abbiamo già visto come tra gli àmbiti che contribuiscono all’educazione rientrano a pieno titolo il lavoro, l’impresa e il consumo. È chiaro perciò che specifiche responsabilità educative e un ruolo tutt’altro che secon-dario nella realizzazione della predetta “alleanza educativa”, competono agli imprenditori e ai dirigenti, a titolo speciale a voi membri o simpatizzanti dell’UCID. Cercherò, per finire, di individuare, piú in concreto, alcuni spazi e caratteristiche di questa vostra responsabilità. Essa ha chiaramente a che fare con l’etica dell’impresa e ne costituisce un aspetto essenziale.

Riguarda anzitutto l’organiz-zazione interna dell’impresa, che deve considerare la formazione delle persone che vi lavorano (o, se vogliamo, del proprio “capi-tale umano”) come una priorità decisiva per lo sviluppo stesso dell’impresa, oltre che per il con-tributo della medesima impresa al bene comune della società. Si tratta certo di promuovere la formazione e qualificazione

EMERGENzA EDUCATIvA

propria influenza sulle politiche economiche, sociali e fiscali.

Riguardo alla scuola mi limiterò a osservare come la preparazione dei giovani, che le imprese giustamente si attendono dal sistema scolastico, debba riguardare la “qualità umana” dei futuri lavoratori, non meno delle loro specifiche formazioni professionali.

È essenziale, infine, che le imprese facciano in maniera convinta la propria parte per orientare l’intero sistema sociale, e la rappresentazione che ne viene data attraverso i media e le varie forme di intrattenimento e di spettacolo, in un senso piú favorevole, o meno contrario, alle esigenze di un’autentica educazione.

La sfida educativa pone dunque ciascuno di noi, nella diversità dei nostri ruoli, di fronte a compiti assai impegnativi, anzi sicura-mente ardui. È indispensabile, pertanto, non perdere la fiducia e non dimenticare che, qui come in ogni altra dimensione o circostanza della vita, «chi crede non è mai solo», parole di Benedetto XVI che richiamano quelle dette da Giovanni Paolo II all’inizio del suo Pontificato: “Non abbiate paura”.

Anche di fronte all’emer-genza educativa vale dunque il principio che il futuro non è già segnato e prestabilito: è invece aperto davanti a noi, affidato alla provvidenza di Dio che opera attraverso la nostra libera e responsabile iniziativa.

professionale dei propri dipen-denti, ma anche, e ancor prima, di curare la loro crescita umana, attraverso una gestione del per-sonale che favorisca e premi il senso del dovere, l’assunzione di responsabilità, la disponibilità a collaborare. Dimostreremo cosí di prendere sul serio l’insegnamento della Centesimus annus, n. 32, secondo la quale “la principale risorsa dell’uomo”, e di tutto il sistema sociale ed economico, “è l’uomo stesso”, e anche la forte presa di posizione della Caritas in Veritate che pone la “questione antropologica” al centro della questione sociale.

Il contributo dell’impresa alla sfida e all’alleanza educativa non si esaurisce però all’interno delle aziende. Comprende anche un atteggiamento di attenzione e di sostegno verso quelle primarie “agenzie educative” che sono la famiglia e la scuola. Riguardo alla famiglia è importante, in particolare, tener conto, nell’or-ganizzazione del lavoro, delle esigenze di cura dei figli che incombono sui genitori e special-mente sulle madri, almeno nei primi anni di vita del bambino. Quando ciò sia concretamente possibile e utile, l’impresa stessa può inoltre promuovere o facilitare la realizzazione di strutture di accoglienza per i bambini piú piccoli.

Ugualmente importante è che il sistema delle imprese, anche attraverso le proprie organizza-zioni, tenga conto delle esigenze delle famiglie nell’esercitare la

Page 41: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE pRIMA

TEMI GENERALI

41

UCID Letter • 3/2010

Cardinale Ennio AntonelliPresidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia

famiglia e impresa:Cellule vitali della soCietà

Servono efficaci politiche familiari, affinché si possa coniugare il dono dell’amore con l’impegno nel lavoro, per la creazione del bene comune

fAMIGLIA ,“pICCOLA IMpRESA”

Famiglia e lavoro de-rivano dalle origini dell’umanità; sono di-

mensioni essenziali e costituti-ve dell’umano; sono due bene-dizioni, due doni di Dio, prima che compiti e doveri; appar-tengono alla persona umana in quanto immagine di Dio.

La famiglia è l’immagine primordiale della comunione trinitaria tra le persone divine. Perciò è il germe, il modello e l’attuazione esemplare di tutta la socialità umana nelle sue varie forme. Soprattutto l’armonia e la gioia dei rapporti familiari (uomo-donna, genitori-figli) consentono di sperimentare un riflesso di Dio Amore e un anticipo della festa nuziale nell’eternità.

Il lavoro (e la tecnica) è a immagine di Dio creatore. Dio consegna all’uomo un cosmo ordinato da sviluppare, governare e umanizzare; consegna un giar-dino da custodire e da coltivare. Nella misura in cui farà questo, non in modo arbitrario, ma ra-zionale, l’uomo prolungherà e perfezionerà l’opera iniziata da Dio creatore e parteciperà della sua energia creatrice.

Ambedue, la famiglia e il lavoro, sono sfigurati e stravolti dal peccato. «Alla donna (Dio) disse: … Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ed egli ti dominerà … All’uomo disse … Maledet-to il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te … Con il

sudore del tuo volto mangerai il pane…» (Gen 3, 16-19).

Il Figlio di Dio viene a rinno-vare e salvare tutti gli uomini e tutte le dimensioni della vita umana, in particolare la famiglia e il lavoro. È significativo che, facendosi uomo, abbia voluto assumere fino a 30 anni la condi-zione ordinaria della gran parte degli uomini, la vita di famiglia e l’attività lavorativa. Ambedue però devono essere subordinate al primato del regno di Dio (cfr. Mt 6, 24.26-33; Mc 3, 35; Lc 9, 59-62; 10, 4; 12, 15-33).

Prima e dopo la rivoluzione industriale

Per molti secoli, nella società rurale e artigianale, il lavoro si trasmetteva come un’eredità

Famiglia e lavoro costituiscono le basi dello sviluppo dell’umanità fin dai suoi primordi. Realtà che negli ultimi decenni sono apparse come incompatibili tra loro. Avere una famiglia viene infatti conside-rato da molti, come un ostacolo alla carriera e all’efficienza produtti-va. Non si comprende invece, come la famiglia stessa costituisca una “piccola impresa” da cui viene prodotto valore aggiunto per la società intera. È necessario quindi promuovere politiche a favore dei nuclei familiari, consentendo di coniugare il dono dell’amore con l’impegno nel lavoro per contribuire alla creazione del bene comune.

Family and work constitute the basis of the development of hu-manity from his origins. Reality that, in the last decades, appeared as mutually incompatible. Having a family is in fact considered by many, as an obstacle to the carrier and the production efficiency. It’s not clear, instead, that the family itself constitute a “small enterprise” from which it’s produced added value to the whole society. It’s there-fore necessary to promote policies for the familiar units, allowing to combine the gift of love with the work commitment, to contribute in the building of the common good.

Page 42: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE pRIMA - TEMI GENERALI

42UCID Letter • 3/2010

tantomeno si prestava a discri-minare la posizione economica dell’uomo e della donna.

Negli ultimi secoli, a partire dalla rivoluzione industriale, la produzione di beni e servizi è passata dalla famiglia alla fab-brica, al centro commerciale, allo studio professionale, all’ufficio burocratico. Ha provocato una forte urbanizzazione, la dissolu-zione della famiglia patriarcale, la diffusione generalizzata della famiglia nucleare.

Il lavoro extradomestico viene scambiato con denaro e viene considerato produttivo di reddi-to, mentre il lavoro domestico non è retribuito in denaro e non viene computato nel PIL, quasi si trattasse di un “non lavoro”. È paradossale che il lavoro di cura fatto da una baby-sitter o da una badante sia produttivo di reddito, mentre lo stesso lavoro fatto da una donna di famiglia non sia considerato tale.

Al lavoro extradomestico, come finora è stato organizzato, è piú funzionale l’individuo che non la famiglia, perché l’individuo è in grado di offrire piú mobilità, piú disponibilità di tempo, piú propensione ai consumi. Non fa meraviglia che il benessere indi-viduale sia spesso pubblicizzato come ideale di vita.

La famiglia a volte viene avvertita come un ostacolo all’efficienza produttiva del sistema e allo sviluppo sociale. Secondo un recente saggio(1), in Italia le giovani coppie di sposi preferiscono un lavoro

campi intorno a casa oppure nel laboratorio annesso alla casa o comunque vicino.

Ben pochi beni e servizi venivano scambiati con denaro; la gran parte di essi veniva scambiata direttamente. Perciò non aveva molta rilevanza la distinzione tra lavoro produttivo di reddito e lavoro domestico non retribuito;

all’interno della famiglia (patriar-cale). Si trattava di lavoro in casa o vicino a casa, cosicché i tempi del lavoro non si distinguevano dai tempi della vita familiare. Non per niente la parola “econo-mia” etimologicamente significa “governo della casa”.

La donna svolgeva la sua attività in casa, nel cortile, nell’orto. Le sue mansioni, oltre la procrea-zione e l’educazione dei figli e l’assistenza agli anziani, erano la cucina, le pulizie, il bucato, la filatura, la tessitura, la confezione dei vestiti, l’allevamento degli animali da cortile, la coltivazione dell’orto.

L’uomo, eccettuati i militari, i mercanti, i politici, lavorava nei

«Dio disse: facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la no-stra somiglianza: domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli anima-li selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra. E Dio creò l’uomo a sua immagine; a im-magine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e Dio disse loro: Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra».

(Gen, 1, 26-28)

«Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. Il Si-gnore Dio diede questo comando all’uomo: Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi man-giare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire. E il Signore Dio disse: Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrispon-da. Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali... Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvati-ci, ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse… Il Signore Dio formò con la costo-la, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse: Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne… Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne».

(Gen 2, 15-20, 22-24)

campi intorno a casa oppure nel laboratorio annesso alla casa o comunque vicino.

Ben pochi beni e servizi ve-

fAMIGLIA ,“pICCOLA IMpRESA“

Page 43: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE pRIMA - TEMI GENERALI

43

UCID Letter • 3/2010

Il lavoro extradomestico è stato centrato

sull’individuo maschile e ha contribuito ad allontanare

il padre dai figli e dalla sua responsabilità

educativa, fino a oscurare l’importanza

decisiva della figura paterna. Le indagini

sociologiche rilevano dati impressionanti sui danni provocati

dall’assenza del padre

fAMIGLIA ,“pICCOLA IMpRESA“

come un ostacolo alla sua riu-scita personale. Altre donne, e sono molte, rinunciano al lavoro o al livello professionale piú elevato, per dedicarsi ai figli e alla famiglia; comunque anche queste percepiscono, e soffrono, un incompatibilità tra famiglia e lavoro.

Da questa difficoltà di conciliare famiglia e lavoro, trae vantaggio l’ideologia del gender. Non conta il sesso biologico, ma l’orien-tamento sessuale, che ognuno liberamente sceglie, costruisce, cambia secondo le proprie pulsio-ni, desideri, preferenze. Mentre i sessi biologici naturali sono due soltanto, i generi elaborati culturalmente possono essere

degenerazione di essa?).Il lavoro extradomestico è

stato centrato sull’individuo maschile e ha contribuito ad allontanare il padre dai figli e dalla sua responsabilità educati-va, fino a oscurare l’importanza decisiva della figura paterna. Le indagini sociologiche rilevano dati impressionanti sui danni provocati dall’assenza del padre. Negli USA i figli cresciuti senza padre sono il 90% dei senza fissa dimora, il 72% degli adolescenti omicidi, il 60% degli stupratori, l’85% dei giovani in carcere. In caso di divorzio i figli, nella percentuale dell’85%, sono affidati alla madre e spesso per-dono ogni contatto con il padre. Un quarto dei figli di divorziati non riesce a ritrovare un sereno equilibrio e continua a presentare problemi psicologici, scolastici, sociali, lavorativi, mediamente in misura del doppio rispetto ai figli di genitori uniti.

L’assenza della figura paterna, secondo gli psicologi, espone a varie patologie: narcisismo, mancanza di realismo, scarsa autostima, depressione, pensieri di suicidio, carenza di progettualità, passività, dipendenza da alcol e droga, senso di impotenza, ag-gressività, violenza (cfr. Istitute of American Values).

La donna è tentata dall’omo-logazione al modello maschile. Spesso cerca la autorealizzazione nel lavoro, nella carriera, nel successo sociale, a costo di rinunciare al matrimonio e ai figli; percepisce la famiglia

vicino alla residenza dei loro anziani genitori, anche se meno produttivo e meno retribuito, perché possono affidare loro la cura dei bambini, possono dare loro assistenza in caso di bisogno, possono ricevere da loro un contributo in denaro in caso di difficoltà economica (ma è proprio negativa questa sinergia tra generazioni, che tra l’altro fa anche risparmiare risorse pubbliche?). Le donne italiane spesso preferiscono dedicarsi ai figli e rinunciano alla carriera professionale, sottraendo energie e capacità all’impresa e alla società (ma il lavoro domestico non è anch’esso prezioso per la società?).

Il persistere di tante piccole imprese a carattere familiare, prive di risorse finanziarie per investire in ricerca e innova-zione, non favorisce la crescita economica del Paese (ma non hanno tali imprese dimostrato anche creatività e duttilità? Non possono ovviare anch’esse ai loro limiti, collegandosi in rete tra loro e rinunciando all’anacronistica pretesa di autosufficienza?).

È malcostume italiano quello di assegnare i posti di lavoro per motivi di parentela o in seguito a raccomandazioni, anziché basarsi unicamente sulla competenza; analogamente è una grettezza diffusa in varie zone italiane quella di limitare le donazioni di sangue ai propri parenti (ma questi danni sociali sono da imputare alla famiglia o non piuttosto al familismo, che è una

Page 44: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE pRIMA - TEMI GENERALI

44UCID Letter • 3/2010

Secondo la Dottrina sociale della Chiesa, mentre la soluzione al problema della povertà va cercata nella riforma del mercato, l’equilibrio demografico va raggiunto attraverso la procreazione responsabile

a rendere il pianeta invivibile.Un programma neomaltusiano

è quello lanciato da un’agenzia dell’ONU (UNFPA) e denomi-nato “Obiettivi di sviluppo del millennio”. Una minore fertilità significa minore crescita della popolazione e piú crescita econo-mica, piú lavoro, uguaglianza e valorizzazione per le donne.

Meno bambini significano piú risorse per l’educazione di ogni bambino, piú scuola e meno lavoro minorile, meno mortalità infantile e minore degrado dell’ambiente.

Diritto alla salute riproduttiva significa sesso senza procre-azione, in concreto mediante contraccezione, aborto, diffu-sione dell’omosessualità (fino al traguardo di una popolazione omosessuale al 50%) (gli USA investiranno su questo pro-gramma 63 miliardi di dollari in sei anni).

Secondo la Dottrina sociale della Chiesa, mentre la soluzione al problema della povertà va cercata nella riforma del mercato, l’equilibrio demografico va rag-giunto attraverso la procreazione responsabile.

Equilibrio demografico in Paesi sovrappopolati (ad es. Bangladesh, 156 milioni di abitanti su Km2 144.000, piú di mille abitanti per Km2) significa limitazione delle nascite (metodi eticamente onesti sono quelli naturali). Ma in Europa, dove è in atto una grave crisi demogra-fica (indice medio di fecondità molto al di sotto dell’indice di

cialmente delle donne, e causa di ingiustizie sociali. La donna dovrebbe realizzarsi nella pro-fessione, nella cultura e nella politica e dovrebbe liberarsi dal matrimonio, che comporta subordinazione all’uomo, e addirittura dalla maternità me-diante la procreazione artificiale e la gestazione tecnologica del bambino con apposita macchina che si auspica possa diventare presto disponibile. Si incoraggia l’esercizio puramente ludico della sessualità.

La prospettiva del gender è portata all’estremo in un recente saggio di grossa risonanza(2): in-distinzione dei sessi, separazione delle relazioni sessuali dalla riproduzione, libera soddisfazione dei desideri, poli-amore senza vincoli, matrimonio di gruppo, simultanea appartenenza a piú gruppi (poli-famiglia), cura dei minori affidata a tutti gli adulti, affetto dei bambini per tutti gli adulti considerati genitori adot-tivi. Il primo passo, possibile fin d’ora, verso questo futuro ideale dovrebbe essere l’istituzione del matrimonio provvisorio come contratto a tempo.

L’esercizio ludico della ses-sualità, separato dalla funzione riproduttiva, viene appoggiato dalla mentalità neo maltusiana, ossessionata dall’incremento della popolazione nel mondo, specialmente nei Paesi sotto sviluppati (nel 2050 si prevede un picco di 9 miliardi, di cui 2 miliardi in Africa), con il conse-guente degrado ambientale, fino

piú numerosi: eterosessuale, omosessuale, bisessuale, transes-suale, polimorfo. Tutte le pratiche sessuali sono rispettabili e da legittimare socialmente, cam-biando la mentalità e le regole, combattendo le discriminazioni. Si rivendicano i cosiddetti diritti sessuali e riproduttivi: legalizzazio-ne delle convivenze, matrimonio gay, repressione dell’omofobia, adozione di bambini da parte di omosessuali, diritto all’aborto, diritto alla procreazione artifi-ciale, promozione della cultura omosessuale.

La famiglia tradizionale, a mo-tivo dei legami stabili di coppia e di genitorialità, è considerata oppressiva degli individui, spe-

fAMIGLIA ,“pICCOLA IMpRESA“

Page 45: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE pRIMA - TEMI GENERALI

45

UCID Letter • 3/2010

L’aumento del reddito, oltre una certa soglia,

non accresce piú la felicità, perché i beni

utili, che permette di acquistare, creano presto assuefazione e

noia, perché il reddito degli altri può crescere

piú del nostro, perché con il reddito aumentano

anche le nostre aspirazioni. L’aumento

del reddito può comportare una perdita

di beni relazionali e di beni gratuiti

che valgono per sé stessi

fAMIGLIA ,“pICCOLA IMpRESA“

spesso dal peccato e dall’errore). Piú precisamente la famiglia è l’istituzione del dono reciproco totale e della comunione integrale di vita.

Pur essendo lecito e perfino necessario cercare negli altri il proprio utile, è però grave disor-dine morale ridurre il rapporto con loro alla sola dimensione utilitaria. Si rispetta la dignità delle persone nella misura in cui esse sono considerate un grande bene in sé stesse e si vuole sin-ceramente il loro bene. Solo la logica dell’amore, della gratuità, del dono è all’altezza della loro dignità di persone.

In famiglia gli altri sono visti non solo come una risorsa da

fica ancora diventare piú felici. Anzi, a un maggior reddito può corrispondere una diminuzione di felicità.

L’aumento del reddito, oltre una certa soglia, non accresce piú la felicità, perché i beni utili, che permette di acquistare, crea-no presto assuefazione e noia, perché il reddito degli altri può crescere piú del nostro, perché con il reddito aumentano anche le nostre aspirazioni, soprattutto perché l’aumento del reddito può comportare una perdita di beni relazionali (famiglia, amicizia, solidarietà) e di beni gratuiti che valgono per sé stessi (musica, poesia, arte, contemplazione della natura, spiritualità, preghiera, festa, gioco, sport).

Investire tempo ed energie in beni relazionali e di gratuità ge-nera sempre benessere soggettivo (percezione di soddisfazione, felicità).

Il mercato tende a dilatare gli spazi dell’utile e ad introdurre la mentalità utilitarista anche nella famiglia e nella festa. Ma forse si potrebbe vivere con piú serenità e gioia se si investisse di piú nei beni di relazione e di gratuità e di meno nella produzione di beni strumentali «Non di solo pane vivrà l’uomo» (Mt 4, 4).

Come il mercato è l’istituzione dello scambio utilitario secondo giustizia (istituzione purtroppo deformata spesso dal peccato e dall’errore), cosí la famiglia è l’istituzione della gratuità e del dono reciproco tra le persone (purtroppo anch’essa deformata

ricambio generazionale; previ-sione di rapido invecchiamento della popolazione con un terzo composto di anziani sopra i 65 anni, con diminuzione di forze produttive e forte aumento di spese per le pensioni, la sanità e l’assistenza), significa rilancio della natalità, rivalutazione culturale della paternità e della maternità, adeguato sostegno economico. «L’accoglienza della vita tempra energie morali e rende capaci di aiuto recipro-co» (Benedetto XVI, Caritas in Veritate, 28). «L’apertura moralmente responsabile alla vita è una ricchezza sociale ed economica» (Benedetto XVI, CV, 44).

«Occorre riscoprire l’importanza sociale della famiglia, che produce beni essenziali per la società nel suo insieme e in particolare per il mercato e per le imprese, anzi a suo modo è essa stessa una “piccola impresa”»(3).

La famiglia e il Mercato

Un aumento di reddito ac-cresce il benessere oggettivo: “confort”, durata media della vita, istruzione, servizi sanitari, tutela dell’ambiente.

Un aumento di reddito non sempre accresce il benessere soggettivo (la soddisfazione percepita dalle persone, la feli-cità). Secondo studi sociologici fatti in vari Paesi negli ultimi trent’anni, esiste un “Parados-so della felicità in economia”. Oltre una certa soglia di reddito, diventare piú ricchi non signi-

Page 46: UCID Letter n°3 del 2010

46UCID Letter • 3/2010

pARTE pRIMA - TEMI GENERALI

La famiglia genera persone e beni relazionali primari che costruiscono l’identità personale, beni senza prezzo, senza assuefazione, senza competizione, senza svalutazione.La famiglia produce virtú indispensabili per la coesione e lo sviluppo integrale della società, indispensabili anche per il lavoro produttivo, l’impresa e il mercato

fAMIGLIA ,“pICCOLA IMpRESA“

non solo l’autenticità dell’atto coniugale, ma l’autenticità di tutta la vita di coppia e di famiglia. I coniugi guardano insieme verso i figli (cura, educazione) e al di là dei figli e con loro verso la Chiesa e la società, mediante obiettivi, progetti, impegni concordati.

La famiglia genera persone e beni relazionali primari che costruiscono l’identità personale, beni senza prezzo, senza assue-fazione, senza competizione, senza svalutazione.

La famiglia produce virtú indispensabili per la coesione e lo sviluppo integrale della società, indispensabili anche per il lavoro produttivo, l’impresa e il mercato. Ecco un elenco esemplificativo di esse: gratuità, reciprocità, fiducia, solidarietà, responsabilità, cooperazione, progettualità, capacità di sacrificio, sobrietà, propensione al risparmio, rispetto dell’ambiente.

«La Dottrina sociale della Chiesa ritiene che possano essere vissuti rapporti autenti-camente umani, di amicizia e di socialità, di solidarietà e di reciprocità, anche all’interno dell’attività economica e non soltanto fuori di essa o dopo di essa» (Benedetto XVI, CV, 36). «Anche nei rapporti mercantili il principio di gratuità e la logica del dono come espressione della fraternità, possono e devono trovare posto entro la normale attività economica» (ivi). «La vita economica ha senz’altro bisogno del contratto, per regolare

fondamentali dell’essere umano, quella dei sessi (uomo-donna) e quella delle generazioni (genitori-figli).

La sessualità è altruismo scritto nel corpo e nell’anima, differenza nell’uguaglianza in vista del dono reciproco e della comunione. L’uomo e la donna sono ambedue esseri umani, di pari dignità, ma hanno anche importanti diversità. Sono di-versi nel corpo (organi genitali, aspetto, forza fisica, volto, voce). Generano ambedue ma in modo diverso: l’uomo fuori di sé, la donna dentro di sé. Coerentemente con questa differenza basilare, hanno attitudini, interessi, in-telligenza, sensibilità, desideri diversi; comprendono, amano, comunicano, operano in modo diverso. Ciò che è piú spontaneo per uno, l’altro deve impegnarsi ad apprenderlo.

La differenza nell’uguaglianza non crea di per sé discrimina-zione; ma interazione, scambio, complementarietà, collabora-zione. Soprattutto l’uomo e la donna danno, l’uno all’altro, il potere di procreare e diventare genitore. Il rapporto sessuale tra i coniugi ha due significati oggettivi, unitivo e procreativo. Mentre si donano l’uno all’altro, i coniugi si aprono a una even-tuale ulteriore alterità e unità, a un’ulteriore novità di vita e di bene. Il figlio che nascerà da loro sarà il loro essere “una sola carne”, in senso pieno e permanente.

Unità e apertura caratterizzano

cui ricavare vantaggi, ma anche e soprattutto come un bene in sé stessi, come persone insostitui-bili, non intercambiabili, senza prezzo e con valore assoluto. Con la stessa serietà con cui si vuole il proprio bene, si vuole anche quello degli altri e ci si fa carico della loro crescita umana integrale, portandone il peso. Se c’è un’attenzione preferenziale, è per i piú deboli: i bambini, i malati, i disabili, gli anziani. Si costruiscono cosí legami profondi di comunione tra le persone, rispettando la loro libertà e valo-rizzando la loro originalità.

L’amore comporta unità e alte-rità. In famiglia si armonizzano e si valorizzano le differenze

Page 47: UCID Letter n°3 del 2010

47

UCID Letter • 3/2010

pARTE pRIMA - TEMI GENERALI

Il mercato, istituzione dello scambio utilitario,

ha bisogno di una componente di gratuità

e di solidarietà, che gli può essere

comunicata da altre istituzioni, specialmente

dalla famiglia, istituzione del dono.

Chi ha fatto esperienza della gratuità in famiglia,

è in grado di percepire anche il lavoro produttivo

come dotato di senso umano e religioso;

perciò è in condizione di compierlo con piú

gusto e gratificazione

fAMIGLIA ,“pICCOLA IMpRESA“

pre-pensionamento).Per numerosi lavoratori, per

gli immigrati, ma non solo per essi, occorre agevolare i ricon-giungimenti familiari.

Per incentivare la natalità, occorre rendere il prelievo fiscale equo e commisurato non solo al reddito, ma anche al numero delle persone a carico (deduzioni, detrazioni, quoziente familiare per l’IRPEF; tassa sulla casa calcolata non solo in base alla superficie, ma anche in base alle persone che vi abitano) (cfr. Francia e Germania, dove le famiglie con 3 figli pagano 2 o 3 mila euro in meno).

Le famiglie numerose meritano speciali sconti e agevolazioni, perché sono una preziosa risorsa

idee, capacità di progettare e lavorare insieme. Anzi è sempre piú necessario che le imprese, rinunciando all’illusione di autosufficienza, si mettano in rete tra loro.

Oggi, nell’era della globalizza-zione, è necessario piú che mai ricordare che i ricchi rimangono ricchi se anche i poveri diventano ricchi. Non basta dare ai poveri l’elemosina per sopravvivere; non basta attivare il “commercio etico” o il “commercio etnico” con i popoli sottosviluppati. Bisogna inserire i poveri nel processo economico produttivo e i Paesi poveri nel mercato globale (cfr. Giovanni paolo II, CA, 33). «È interesse del mercato promuovere emancipazione, ma per farlo veramente, non può contare solo su se stesso … esso deve attingere energie morali da altri soggetti, che sono capaci di generarle» (Benedetto XVI, CV, 35). Uno di questi altri soggetti, il piú idoneo, è la famiglia.

Conciliazione tra famiglia e lavoro

Essendo un soggetto di grande rilevanza sociale, e anche eco-nomica, la famiglia ha diritto a ricevere sostegno culturale, giuridico ed economico.

Per fare un progetto di fami-glia, occorre una ragionevole sicurezza economica. Bisogna supportare il lavoro intermittente con meccanismi di protezione, con ammortizzatori sociali estesi anche alle piccole aziende (cassa integrazione, mobilità,

i rapporti di scambio tra valori equivalenti. Ha altresí bisogno di leggi giuste e di forme di redistribuzione guidate dalla politica, e inoltre di opere che rechino impresso lo spirito del dono» (Benedetto XVI, CV, 37). «Nell’epoca della globalizza-zione, l’attività economica non può prescindere dalla gratuità che dissemina e alimenta la solidarietà e la responsabilità per la giustizia e il bene comune nei suoi vari soggetti ed attori. Si tratta, in definitiva, di una forma concreta e profonda di democrazia economica» (Be-nedetto XVI, CV, 38).

Il mercato, istituzione dello scambio utilitario, ha bisogno di una componente di gratuità e di solidarietà, che gli può essere comunicata da altre istituzioni, specialmente dalla famiglia, istituzione del dono.

Chi ha fatto esperienza della gratuità in famiglia, è in grado di percepire anche il lavoro produttivo come dotato di senso umano e religioso; perciò è in condizione di compierlo con piú gusto e gratificazione.

Chi ha fatto esperienza di beni relazionali in famiglia, è abilitato a edificare l’impresa come “comunità di uomini” (Giovanni Paolo II, CA, 35) e a promuovere il bene comune della società.

Oggi, nell’era informatica, l’impresa diventa sempre piú immateriale e relazionale; ri-chiede, piú che capitale fisico, risorse umane, conoscenze,

Page 48: UCID Letter n°3 del 2010

48UCID Letter • 3/2010

pARTE pRIMA - TEMI GENERALI

Occupazione delle donne e procreazione dei figli sono compatibili.Occorre attivare servizi per le famiglie: per i bambini occorrono nidi familiari, condominiali, aziendali, di quartiere; per gli anziani e i disabili servono servizi di assistenza. È importante riattivarela cooperazione tra le famiglie

caristia, preghiera, conversione permanente), dal quale attingere un di piú di speranza, di gioia, di motivazioni, di verità, di ener-gia, per farsi carico degli altri e portare la croce nelle relazioni e nelle attività di ogni giorno (in famiglia, nel lavoro, in tutte le realtà terrene).

L’evangelizzazione, che è mis-sione comune di tutti i cristiani, consiste fondamentalmente nel trasmettere agli altri l’amore di Cristo, attraverso la fede professata e testimoniata, cioè operante per mezzo della carità (Gal 5, 6), manifestando cosí la sua presenza e consentendogli di incontrare le persone attraverso di noi, per attirarle a sé.

1) A. Alesina, A, Ichino, L’Italia fatta in casa, Mondadori.2) J. Attali, Amours. Histoire des relations entre les hommes et les femmes, Fayard, Paris 20073) Cfr. G. L. Becker, A treatise on the family.

famiglia.La conciliazione delle respon-

sabilità familiari e professionali di ambedue i coniugi comporta che all’interno della casa siano riequilibrati i ruoli domestici. Attualmente in casa gli uomini hanno tempo libero e le donne un secondo turno di lavoro. La distribuzione dei compiti, fatta di comune accordo, deve evitare sia il rigido dualismo, sia la piena omologazione dei ruoli.

La conciliazione riguarda anche e soprattutto il lavoro esterno alla casa. Premesso che anche il lavoro domestico merita un riconoscimento economico, occorre offrire una varietà di opportunità nel lavoro profes-sionale (tempo pieno, part-time, tele lavoro, flessibilità di orari, congedi e permessi) e incoraggiare le scelte condivise da ambedue. Quanto alle attività da svolgere, non bisogna assolutizzare né l’omologazione, né la differenza dei sessi, dato che le differenze ci sono (ad es. la forza fisica), ma molte capacità possono es-sere acquisite con l’istruzione e l’esercizio, malgrado la minore propensione naturale.

Spiritualità ed Evangelizzazione

L’amore coniugale e parentale, e il lavoro, domestico e profes-sionale, sono doni di Dio prima che doveri da compiere.

La spiritualità dei laici com-porta un rapporto sincero e personale con il Signore Gesú Cristo (ascolto della Parola, Eu-

per la società e non un attentato al benessere e all’ecologia.

Occupazione delle donne e procreazione dei figli sono com-patibili (nei Paesi nordici, in Gran Bretagna e Irlanda sono ambedue piú elevate che in Italia).

Occorre attivare servizi per le famiglie: per i bambini occorro-no nidi familiari, condominiali, aziendali, di quartiere; per gli anziani e i disabili servono servizi di assistenza. La cooperazione tra le famiglie (reti di famiglie), può svolgere funzioni analoghe a quelle che un tempo svolgevano le reti parentali.

Il territorio e, in particolare, il lavoro, andrebbero gradual-mente riorganizzati a misura di

fAMIGLIA ,“pICCOLA IMpRESA“

Page 49: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE pRIMA

TEMI GENERALI

49

UCID Letter • 3/2010

IL WELfARE SUSSIDIARIO

Responsabilità, formazione e passione: le tre caratteristiche che deve possedere ogni imprenditore per la costruzione del welfare. Collaborazione tra pubblico e privato, valorizzazione della famiglia, partecipazione attiva al mondo del lavoro e riscoperta di una Fede autentica, costituiscono carte vincenti per la realizzazione del bene comune. In questo scenario si inseriscono le dieci proposte del Movimento Na-zionale dei Giovani UCID basato sul miglioramento delle condizioni sociali e la riduzione delle diseguaglianze sociali ed economiche.

Responsibility, training and passion: the three characteristics that every entrepreneur must have for the construction of welfare. Collaboration between public and private sectors, enhancement of the family, active participation in the working world and the rediscovery of an authentic Faith, are trump cards for the realization of the common good. In this scenario, we have the ten proposals by National UCID Move-ment of Young, based on the improvement of social conditions and the reduction of social and economic inequalities.

Manlio D’AgostinoVicepresidente UCID NazionalePresidente del Movimento Nazionale UCID Giovani

responsabilità, formazione e passione

Dieci le proposte del Movimento Nazionale Giovani UCID: è basato sul miglioramento delle condizioni sociali e sulla riduzione delle diseguaglianze sociali ed economiche

Siamo arrivati alla secon-da edizione della UCID School(*): un evento im-

portante (e lo si vede anche dall’incremento di adesioni) perché in questi due giorni, nel trattare il tema del Welfa-re Sussidiario, essenzialmente tratteremo tre aspetti impor-tanti per la vita di un cristia-no che svolge l’attività di imprenditore, dirigente o pro-fessionista: la responsabilità, la formazione, la passione.

La Responsabilità: la nostra capacità di rispondere, in ma-niera adeguata e sulla base di determinati presupposti, alle istanze di tutte le persone con cui ci relazioniamo.

La Formazione: credo che la citazione tratta dalla Caritas in Veritate e utilizzata negli inviti alla nostra School («La libertà umana è propriamente se stessa solo quando risponde al fascino della tecnica con decisioni che siano frutto di responsabilità morale. Di qui, l’urgenza di una formazione alla responsabilità etica nell’uso della tecnica») renda già l’idea del peso di quanto ci accingiamo a fare in questi giorni.

La bontà d’animo può essere un dono per alcuni, ma deve certamente essere coltivata e accresciuta.

La dedizione ai piú “deboli” si sviluppa da una chiara, paziente e specifica opera formativa.

S. Em. Card. Dionigi Tet-

tamanzi affermava «le stesse virtú umane non bastano da sole per fare di una persona un buon amministratore. Non ci si può improvvisare, o presentarsi con un aspetto rinnovato. Serve altro, perché le responsabilità personali di chi lavora per il “Bene Comune” sono grandi ed impegnative. Certamente tra questi vi è lo stile di vita: non limitandoci a ricercare la coerenza, ma piuttosto andando in cerca dell’impegno quotidiano. Per coinvolgere e convincere è necessario essere “credibili»: questo consentirà di poter essere incisivi, basandosi su una traspa-renza dei valori che lo animano e lo guidano: la moralità di chi si mette al servizio delle persone, non ammette separazioni tra

(*) Intervento sui risultati della UCID Law School, San Marino 25-26 settembre.

Page 50: UCID Letter n°3 del 2010

50UCID Letter • 3/2010

pARTE pRIMA - TEMI GENERALI

Il Welfareè il sistema che punta a dare benessere alle persone, ovvero è il sistema con il quale si cerca di eliminare le diseguaglianze sociali ed economiche. Dobbiamo prendere atto e comprendere, tuttavia, che tale concetto di Welfare oggi è molto cambiato

IL WELfARE SUSSIDIARIO

la creazione di una prima forma di assicurazione e di previdenza sociale, sia la creazione della prima forma di sanità pubblica (Gran Bretagna, 1942), sia la “prima” riforma del mercato del lavoro a cura del sindacalista e Ministro marchigiano Giacomo Brodolini (1968-1969), hanno contribuito alla creazione delle fondamenta essenziali di un sistema fino a qualche anno fa, forse, efficiente.

Probabilmente una inefficien-za, non solo legata al passare dei tempi, ma anche - e sono d’accordo con il Prof. Michele Tiraboschi - a un uso non-proprio (forse sarebbe meglio definirlo abuso) degli strumenti a disposizione.

Il mio pensiero va a chi ha sacrificato la propria vita e con sincero spirito di servizio ha portato avanti il proprio incarico, e oggi, noi indegna-mente, li ripaghiamo solo con un ricordo un giorno l’anno: il Prof. Marco Biagi e il Prof. Massimo D’Antona!

Il ruolo del pubblico Nella tradizione, il principale

attore è lo Stato: uno Stato che è ormai appesantito da una condizione di peggioramento dei conti pubblici, e che tende sempre di piú a tagliare, inter-venendo in larga parte sulla “spesa corrente”: sono circa 113 miliardi per la sanità e 287 per le prestazioni sociali su un totale di 800 miliardi di uscite, su cui gravano 83 mi-

Strategia del Bene Comune, fissando come obiettivo la predisposizione di una o piú proposte per disegnare un nuovo sistema di Welfare.

Va sottolineato però che questa non è una scuola di business, anche se tutti noi a diverso titolo operiamo nel mercato economico: dobbiamo essere coscienti che la nostra “indicazione” (contributo alle idee per uscire dalla crisi) deve avere al centro la “persona umana”.

Da qui il titolo “Sempre piú verso il welfare sussidiario: pubblico o privato? il not-for-profit!”

Il Welfare: cenni sull’evoluzione

In primo luogo, dovremmo condividere il significato e il perimetro di “Welfare”: è il sistema che punta a dare benessere alle persone, con il quale si cerca di eliminare le diseguaglianze sociali ed economiche. Sebbene possiamo tutti concordare sul significato dobbiamo - allo stesso modo - prendere atto e comprendere come il concetto di Welfare sia molto cambiato: un processo di evoluzione che ha visto una progressiva inte-grazione delle varie tipologie di interventi.

Dalla Poor Law (Inghilterra, 1601), finalizzata alla riduzione della povertà come strumento di contenimento della criminalità, sia gli interventi di Otto Von Bismarck (Germania, 1883) per

“pubblico” e “privato”. Questo comporta “passione”

La Passione: il terzo termine. Attenzione perché ha due significati opposti. Un «trasporto totale per una idea o un’opinione, un impegno che viene da dentro», ma anche quello di sofferenza, patimento che è nato traducendo il greco dei Vangeli, nei quali con pathos si indicava appunto il martirio di Gesú. Insomma un sacrificio, delle rinunce che tendono a una grande soddisfazione!

Il welfare sussidiario parte della strategia del bene comune

Dunque, tre elementi che compongono il quadro della

Page 51: UCID Letter n°3 del 2010

51

UCID Letter • 3/2010

La crisi ha messo in luce molti nuovi campi

di confronto nella società avanzata:

i lavoratori con contratto a termine contro

quelli anziani e protetti; dipendenti pubblici

(forse) eccessivamente tutelati e un andamento

economico incerto che influisce

direttamente sui salari e sulla stabilità degli altri

IL WELfARE SUSSIDIARIO

Il dato di fatto è che l’attuale modello economico (non solo italiano) ha una vision che non ha come fulcro la “persona umana” (come richiamata dalla Costituzione Italiana): lo Stato riesce a offrire un livello di Wel-fare che si limita a soddisfare le esigenze minime, quelle che vengono definite LEA -“Livel-lo Essenziale Assistenziale”, secondo una concezione non piú attuale.

In tal senso, sono molti i tentativi imprenditoriali di rea-lizzazione di forme di assistenza che puntano al miglioramento della condizione sociale del singolo e della comunità in cui vive.

Rischiamo di correre dietro a un modello fortemente in-fluenzato dal ritorno mediatico degli interventi, circoscrivendo le azioni esclusivamente a quanto - in quel momento - maggiormente in rilievo.

La crisi ha messo in luce molti nuovi campi di confronto nella società avanzata: i lavo-ratori con contratto a termine contro quelli anziani e protetti; dipendenti pubblici (forse) eccessivamente tutelati ed un andamento economico incerto che influisce direttamente sui salari e sulla stabilità degli altri; dalle piccole imprese in difficoltà di accesso al credito e alcuni “grandi” che speculano finanziariamente sulla loro pelle! Anche queste sono disuguaglianze sociali: e non si può pensare di cavalcare l’onda sull’emotività del momento.

La collaborazione pubblico-privato

Dobbiamo superare una “vecchia” visione burocratico-pianificatrice che affida alla regolamentazione le linee di intervento, anche spesso prescindendo dai reali bisogni delle persone.

È necessario tendere a una dimensione socio-economica che pone al centro l’uomo e la sua articolazione relazionale.

È stato definito il “secondo Welfare” oppure il “Welfare sussidiario”: non è un problema formale di ricercare un termine adatto!

liardi di interessi per il debito accumulato.

Nonostante gli sforzi, manca un progetto organico, non solo a livello nazionale!

Un progetto che veda fianco a fianco il pubblico e il privato (e mi ritorna in mente il modello della concertazione che l’allora Presidente del CNEL, Giuseppe De Rita) con l’intento di evi-tare inutili sprechi di risorse e di energie, ripensando a quali siano i “nuovi bisogni”, magari proprio ridisegnando quella Piramide di Maslow che, a mio parere, riesce ancora bene a rappresentare le priorità e il modello evolutivo.

Una strada che viene richiamata nel titolo di questa edizione della School, è nell’Enciclica Caritas in Veritate «non si tratta di un terzo settore, ma di una nuova ampia realtà composita, che coinvolge il privato e il pubblico e che non esclude il profitto, ma lo considera stru-mento per realizzare le finalità umane e sociali».

Il ruolo del privatoAllora è necessario, come sta

avvenendo, che il privato diventi parte attiva: ma facciamo molta attenzione perché un Welfare condizionato dalla “filantropia privatistica” rischia di non avere un indirizzo responsabile: non può essere guidata dalla volontà risarcitoria o “penitenziale” di grandi ricchi, spinti da una sorta di rimorso per un percepito eccessivo arricchimento!

pARTE pRIMA - TEMI GENERALI

Page 52: UCID Letter n°3 del 2010

52UCID Letter • 3/2010

Molti imprenditori e dirigenti illuminati hanno investito sulla creazione e sul miglioramento delle condizioni di benessere delle persone con le quali lavorano: si sono accorti come l’innalzamento del livello di benessere (non solo economico) individuale consente anche un proporzionale miglioramento della produttività lavorativa, senza gravare su altri fattori

IL WELfARE SUSSIDIARIO

Genova - maggiore è l’atten-zione per la persona, migliore è la qualità (e quantità) della produttività aziendale.

E le imprese, infatti, hanno svariati modi per contribuire: ci sono aziende che si dedicano alla ricerca di presidi e supporti tecnologici al miglioramento delle condizioni di vita di chi ha uno svantaggio; chi stipula convenzioni bancarie per con-sentire l’accesso al credito a chi se lo vedrebbe negato; e, negli anni del Boom economico, le imprese (soprattutto grandi ad onor del vero) costruivano anche gli alloggi per i propri dipendenti (nel caso specifico, città come Milano e Torino, hanno modificato il loro assetto urbanistico).

Contribuire al Bene Comune fa parte del DNA degli im-prenditori, di quelli con la “I” maiuscola: e permettetemi di sottolineare che ho parlato di imprenditori e non di imprese ..., quelli che considerano i propri collaboratori (e non dipendenti) al pari dei familiari.

Un aspetto “basilare” del welfare

La famiglia... appunto!Già gli antichi romani poneva-

no come nucleo essenziale e al centro della società, la famiglia: e oggigiorno abbiamo ancora un retaggio positivo con locuzioni che a quella fanno riferimento (“con la diligenza del buon padre di famiglia”).

La famiglia, basata su forti

obiettivo. È necessario cambiare rotta ricercando nella strategia dell’alleanza pubblico-privato un nuovo modello di equilibrio, ottimizzando le risorse ed evi-tando le speculazioni.

La nostra azione si basa su saldi valori ed è guidata dalla Fede, per cui oltre a gettare il cuore oltre l’ostacolo e scom-mettere anche sull’incertezza del risultato, sappiamo che vi è una speranza, che è sopran-naturale!

Conveniamo sul fatto che una qualunque impresa per poter vivere deve garantirsi le entrate e la produzione di valore aggiunto: allo stesso modo, il Welfare si deve poter sostenere allo stesso modo. Lo stesso Benedetto XVI, nella Caritas in Veritate, non esclu-de (e lo fa esplicitamente) la creazione di valore aggiunto: il problema è però il suo impiego, torniamo alla logica dell’uso e dell’abuso!

L’intervento del privato non può ridursi esclusivamente a una mera contribuzione economica delle marginalità residuali: deve esserci una partecipazione attiva alla costruzione di un modello, in cui la creazione di valore aggiunto deriva dalla capacità di ottenere una soddisfazione per la sua attività di impresa, che non sia esclusivamente economica o finanziaria, ma abbia anche il carattere sociale.

D’altronde - e lo sentiremo anche dai risultati che emergono dalle attività del Centro SIRI di

Molti imprenditori e dirigenti illuminati hanno investito sulla creazione e sul miglioramento delle condizioni di benessere delle persone con le quali la-vorano: si sono accorti come l’innalzamento del livello di benessere (non solo economico) individuale consente anche un proporzionale miglioramento della produttività lavorativa, senza gravare su altri fattori.

Questa viene vissuta come una forma di investimento aziendale (il modello americano ha espres-so l’esempio della Corporate Family Responsibility): vi sono casi, anche nel nostro Paese, di neonate aggregazioni di imprese che convergono verso questo

pARTE pRIMA - TEMI GENERALI

Page 53: UCID Letter n°3 del 2010

53

UCID Letter • 3/2010

In questi ultimi mesi è stata proprio

la “famiglia” - intesa come sistema relazionale

ed affettivo naturale - ad avere assorbito

in modo significativo ed efficace l’impatto

della frenata economica. Il Pubblico sta facendo

grandi sforzi per tamponare i buchi

creatisi in relazione alla crisi ma non basta.

Nonostante tutto, manca un progetto

organico e transnazionale

per il futuro

IL WELfARE SUSSIDIARIO

nare un buon sistema di Welfare, costruire quel tassello “sociale” che è il nucleo essenziale, la famiglia, che gioca un ruolo strategico (ovvero di medio lun-go termine) rinnovando i valori nel breve (appunto attraverso azioni tattiche), e al quale non si può prescindere nei momenti di necessità.

Ritorna ancora una volta quel comportamento cristiano che ruota intorno ad un concetto dinamico (anche nel termine): l’agire donativo.

Un altro aspetto essenziale: la partecipazione attiva

E tra le tattiche di Welfare per il Bene Comune dobbiamo

10% nel triennio 2008-2010. I dati disponibili indicano in 8 miliardi e 830 milioni di euro il disavanzo accumulato dal sistema pensionistico italiano, di cui 7,2 miliardi ascrivibili al sistema pensionistico pubblico» (Edoardo Narduzzi, Ciascuno per sé, vivere senza welfare).

Come fare? Ad esempio investendo sulla

famiglia (e sul suo consolida-mento): una istituzione che, secondo una recentissima ricerca condotta da Confcommercio, è la prima “istituzione” su cui i giovani ripongono fiducia per costruire il proprio futuro (49,6%)!

La famiglia è, quindi, uno dei principali fulcri del sistema di Welfare.

E nonostante ciò i dati parlano di una Italia fanalino di coda nella UE a 15 nella spesa in rapporto al prodotto interno lordo. Infatti, per la famiglia e la maternità l’Italia spende infatti solo l’1,2% del Pil, quando in Europa si spende decisamente di piú (2,1% nella Ue a 15 e 2,0% nella Ue a 27)!.

Proprio alla famiglia, in quanto società naturale della persona, don Sturzo affida un ruolo essenziale nell’educazio-ne alla virtú che diviene quasi spontaneamente un’educazione civica. La capacità nell’agire e interagire nella sfera pubblica si sviluppa nella famiglia attraverso l’educazione primaria.

Quindi, ritorna ancora una volta la necessità, per immagi-

valori, è l’essenza della relazione “disinteressata” da un punto di vista economico e “interessata” da quello sociale, permettetemi di richiamare il termine “passio-ne”: quanti sacrifici e rinunce hanno fatto i nostri genitori per noi e quanti ne faremo noi per i nostri figli.

In questi ultimi mesi è stato piú volte sottolineato come sia stata proprio la “famiglia” - in-tesa come sistema relazionale ed affettivo naturale - ad avere assorbito in modo significativo ed efficace l’impatto della frenata economica.

Onestamente, il Pubblico sta facendo grandi sforzi per tampo-nare i buchi creatisi in relazione alla crisi ma non basta.

Nonostante tutto, manca un progetto organico e transnazio-nale per il futuro: e soprattutto con quali effetti per le prossime generazioni?

Queste saranno in grado di pagare i debiti contratti oggi? Come?

«Secondo i calcoli effettuati dal nucleo di valutazione della spesa previdenziale, solo per mantenere stabile il rapporto tra la spesa pensionistica e il pro-dotto interno lordo, l’economia dovrebbe crescere dell’1,8% all’anno.

Risultato impegnativo, conside-rata la performance piú recente. Se poi il PIL, come nel 2009, si contrae del 5% il risultato è l’esplosione del valore del rapporto fra spesa pensionistica e ricchezza prodotta di circa il

pARTE pRIMA - TEMI GENERALI

Page 54: UCID Letter n°3 del 2010

54UCID Letter • 3/2010

Afferma don Sturzo: «il costume di un Paese che ha la struttura di uno Stato di diritto, in regime libero e democratico, non può ancora essere inficiato da un sistema incivile.Bisogna provvedervi con l’educazione [...] e con la convinzione di una libertà basata sulla verità e resa efficace dal soffio della coscienza di personalità etica e civile; che per noi credenti è anche e principalmente, coscienza di personalità cristiana»

IL WELfARE SUSSIDIARIO

mercato del lavoro, il livello di tassazione, l’incompletezza del mercato del benessere oltre alla forma di distribuzione, che appare ineguale nei diversi Paesi.

In questo senso, non posso non condividere l’affermazione che noi italiani, troppo spesso, siamo molto bravi a compiere analisi ma non altrettanto nell’indivi-duare la terapia giusta.

Credo che uno degli obiettivi di medio lungo termine dell’UCID e della sua School sia proprio quello di avere il coraggio di cambiare questo trend!

Una nuova metodologiaA me sembra particolarmente

interessante richiamare alcuni passi del documento di prepa-razione alle Settimane sociali (che si svolgeranno a Reggio Calabria dal prossimo 14 Ot-tobre): «Di fronte all’agenda di problemi prioritari che pro-poniamo in vista dei lavori di Reggio Calabria, la domanda non dovrebbe essere “manca qualcosa?” o “c’è tutto?”.

Piuttosto, tenendo ben salda la responsabilità per il bene comune e il tempo e il luogo in cui siamo chiamati a eserci-tarla, si dovrebbe partire dalla domanda: “si tratta di problemi realisticamente affrontabili?”

E ancora: “realisticamente, se ne possono individuare altri in qualche misura previi rispetto a quelli indicati nella lista?”».

Credo sia da mutuare il me-

ed eliminano anche le barriere all’ingresso che sono cause di esclusione sociale.

Nella recente indagine con-dotta dal prof. Ascani emerge come, tra le cinque principali attese dei giovani nei confronti della politica, vi siano anche “la diminuzione degli adempimenti burocratici” e la “Facilitazione nell’accesso al credito”.

Dal quantitativo al qualitativo

Da una osservazione degli studi emerge, come in altri ambiti, che non vi sia stata una evoluzione metodologica nell’osservazione ed analisi scientifica del Welfare.

Infatti, gli studi sulla disegua-glianza nelle condizioni di vita a livello mondiale si concentrano perlopiú e principalmente sulle differenze nei PIL pro capite tra Paesi.

Sarebbe invece auspicabile che venissero effettuate valutazione piú affidabili delle disuguaglianze nei livelli di benessere fra Paesi e fra individui dovrebbe tenere conto, oltre che del reddito, di altri fattori rilevanti come, ad esempio, lo stato di salute.

Addirittura da uno studio pubblicato da Banca d’Italia (ottobre 2009) emerge la necessità di approfondire ulteriormente (quindi, rivedere) la metodologia utilizzata per misurare il Welfare estendendo a alcuni fattori che appaiono molto differenti tra i diversi Paesi: tra questi vi è certamente la struttura del

certamente prevedere anche la partecipazione attiva al mondo del lavoro, passando per un sistema formativo moderno, piú efficace ed al passo con i tempi.

Afferma don Sturzo: «il costume di un Paese che ha la struttura di uno Stato di diritto, in regime libero e democratico, non può ancora essere inficiato da un sistema incivile [...]. Bisogna provvedervi con l’educazione [...] e con la convinzione di una libertà basata sulla verità e resa efficace dal soffio della coscien-za di personalità etica e civile; che per noi credenti è anche e principalmente, coscienza di personalità cristiana».

Eliminando le disuguaglianze

pARTE pRIMA - TEMI GENERALI

Page 55: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE pRIMA - TEMI GENERALI

55

UCID Letter • 3/2010

«... se mi chiedete - scriveva Aldo Moro -fra qualche tempo che cosa accadrà, io dico:

può esservi qualche cosa di nuovo.

Se fosse possibile dire: saltiamo questo tempo

e andiamo direttamente a questo domani, credo che tutti accetteremmo di farlo, ma cari amici,

non è possibile; oggi dobbiamo vivere,

oggi è la nostra responsabilità.

Si tratta di essere coraggiosi e fiduciosi,

si tratta di vivere il tempo che ci è stato dato»

IL WELfARE SUSSIDIARIO

di San Marino) ha avuto come tema “La Strategia del Bene Comune”, focalizzando la pro-pria attenzione su una società che tende «sempre piú verso il welfare sussidiario» mirando a una piú forte collaborazione tra il pubblico e il privato.

Il Movimento Nazionale dei Giovani UCID crede fermamente che il gratuito contributo per il miglioramento delle condizio-ni sociali e la riduzione delle diseguaglianze - siano esse sociali che economiche - sia un dovere di ciascun cittadino, a maggior ragione quando si ricopre un ruolo di responsabilità imprenditoriale, dirigenziale o professionale.

Tendere all’uso intelligente e corretto delle novità per integrare e non per isolarci o isolarli.

Richiamando il nostro amico e direttore scientifico della School, Prof. Stefano Zamagni è necessario che a tutti i livelli si apprenda e si applichi l’ars combinatoria, ovvero la capacità relazionale di impiegare nel migliore dei modi i talenti a disposizione.

È fuor di dubbio che la nostra azione (non solo degli Ucidini ma di tutti i cristiani) è quella di ritrovare nella Fede il vero motore di ogni azione conferendo allo slogan “la strategia del Bene Comune” un significato ancor piú pregnante!

In sostanza guardare avanti con Fede: mi ritorna in mente una affermazione di un Santo dei nostri giorni (San JoseMa-ria) «queste crisi hanno una soluzione (…) non bisogna essere pessimisti: tra le macerie dell’umanità dolente vi sono uomini che conservano il segreto della soluzione per formare un popolo nuovo e grande. Cuori pieni di Dio, uomini di coraggio, estremamente appassionati di Cristo, uomini pazzi, pieni di fede, pieni di speranza, pieni di amore» (riportata da Jesus Urteaga Loidi).

Nello spirito cristiano del dono disinteressato economicamente e interessato socialmente - la seconda edizione dell’UCID School (svoltasi lo scorso 24-26 settembre in Repubblica

todo dell’AGENDA: scalettare e programmare per rendere operativa ogni idea, pur nella consapevolezza delle difficoltà e delle debolezze che caratterizzano questo momento storico.

D’altronde noi siamo caparbi e pragmatici, e quindi siamo abituati “a fare” ogni giorno.

Non si può non richiamare quanto, nell’ormai lontano 1978, affermò il Presidente Prof. Aldo Moro «... se mi chiedete fra qualche tempo che cosa accadrà, io dico: può esservi qualche cosa di nuovo. Se fosse possibile dire: saltiamo questo tempo e andiamo direttamente a questo domani, credo che tutti accetteremmo di farlo, ma cari amici, non è possibile; oggi dobbiamo vivere, oggi è la nostra responsabilità. Si tratta di essere coraggiosi e fiduciosi al tempo stesso, si tratta di vivere il tempo che ci è stato dato con tutte le sue difficoltà».

È, dunque, prendere coscienza che non si può piú progettare il futuro esclusivamente con le logiche del passato, senza prendere in considerazione l’evoluzione del contesto so-ciale, e soprattutto dello stile di vita dei giovani.

Non possiamo demonizzare tout-court il comportamento e le scelte di chi sarà adulto domani: è necessario uno sforzo per capire cosa prendere dall’espe-rienza passata, e riproiettarlo nel futuro, magari aiutandoci con le tecnologie.

Page 56: UCID Letter n°3 del 2010

56UCID Letter • 3/2010

IL WELfARE SUSSIDIARIO

una marginalità economica.

7) La razionalizzazionedellatassazioneedellafiscalitàsulle“donazioni”esullacontribuzionediretta al Sistema di Welfare, come forma di incoraggiamento a un senso di responsabilità sociale, che si inserisce nella cultura dell’agire donativo quotidiano

8) La creazione (da parte del pubblico) e l’utilizzo (da parte del privato) di“strumentitecnici” coerenti, specifici ed adeguati, anche di carattere finanziario, che possano completare il qua-dro complessivo della Strategia (ad esempio, Social Impact Bonds).

9) Garantiremaggiorestabi-litàedequilibrioalprocessonormativoelegislativo, per-ché esiste - ed è fortemente percepita - una asimmetria tra i tempi di approvazione e quelli di adeguamento, che disorienta e aumenta le difficoltà operative (anche definita “schizofrenia legislativa della politica”).

10)Ladefinizioneelacreazio-ne - promossa sia dal pubblico che dal privato anche in forma congiunta -, dimodalitàdifinanziamentodeiprogettiimprenditorialinelcontestodelWelfaresussidiario: ad esempio, la semplificazione dell’accesso agli specifici fondi, la creazione di fondi di garanzia (sia pubblici che privati), l’avvio della cosid-detta Borsa Sociale.

maggiore e sana competitività, finalizzata al compimento della vera “meritorietà”.

3) L’individuazionedeglistrumenti che possono rendere facilmente operativo il “Welfare di Secondo Livello Universalistico”, anche nello spirito cristiano di fraternità, e nel contesto di un piano strategico organico.

4) La partecipazioneresponsabiledelprivato e il suo coinvolgi-mento alle Politiche di Welfare, nella e per la individuazione dei bisogni reali, nuovi ed emergenti, nel tentativo - per il pubblico - di superare le quantificazioni ma-tematiche dei livelli essenziali, nonché evitando che il privato protenda principalmente verso azioni con un forte ritorno me-diatico, tralasciando i problemi strutturali.

5) La creazionediunsistemamultilivello - stabile ma leggero - di confronto e di scambio per l’individuazione dinamica dei problemi, con il diretto coinvol-gimento di persone “meritevoli” che si basano su valori saldi - ad esempio, dei giovani - evitando la creazione di quote riservate di qualsivoglia natura

6) La partecipazioneattivaepersceltavolontariadelprivatoallePolitichediWelfare, non limitandosi alla mera attività di outsourcing oppure alla destina-zione filantropica di finanziamenti risultanti in ultima istanza da

Le dieci proposteOltre all’obiettivo prettamente

formativo, il Comitato dirigen-te - all’inizio dei lavori - ha preso l’impegno di elaborare un documento finale che po-tesse raccogliere le istanze e le considerazioni emerse nel corso dei lavori, sia dai relatori che dai partecipanti: dieci punti che, con spirito costruttivo, scalettano le esigenze e le proposte quanto piú tangibili e realizzabili, nel tentativo di rispondere ai bisogni (vecchi e nuovi) di una società in evoluzione.

Un richiamo e un impegno che si rivolge al senso di responsabilità e alla diligenza tanto dell’am-ministratore pubblico quanto di quello privato, senza distinzione alcuna, ciascuno per il proprio ambito di competenza.

1)Porrealcentrola“personaumana”, valorizzando la co-noscenza dei diretti interessati (ad esempio, giovani, anziani, detenuti, stranieri, ecc.) come strumento per meglio interpretare le esigenze ed i bisogni, e fissare obiettivi e strategie.

2) Nella consapevolezza del valore della diversitàecom-plementaritàindividualedellapersona, la riduzione delle barriere al mercato economico e del lavoro (non solo di natura burocratica), come tattica per ridurre le “disuguaglianze in ingresso”, come garanzia per una

pARTE pRIMA - TEMI GENERALI

Page 57: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE SECONDA

AppROfONDIMENTI

57

UCID Letter • 3/2010

Angelo Ferro Presidente UCID Nazionale Giovanni Scanagatta Segretario Generale UCID

Per superare la crisi attuale occorre riprendere gli insegnamenti dei Padri Fondatori, considerando le energie spirituali come fattore di sviluppo. Per salvare l’Euro dalla crisi gli autori suggeriscono un cambiamento di rotta della BCE, affinchè attui una politica attiva di mercato aperto sui titoli del debito pubblico, dei Paesi dell’area Euro, e interventi sul mercato a termine, in rapporto a quelli sul mercato a pronti.

To overcome the current crisis we should affirm the teachings of the Founding Fathers, considering the spiritual energies as a develop-ment factor. To save the Euro by the crisis, the authors suggest a change in direction of the ECB, to implement an active policy of open market operations on government securities, of countries that are part of the Euro-area, and intervention on the futures market, compared with those on the spot market.

uscire dalla difficile situazione in cui ci troviamo e che trova manifestazione negli enormi squilibri dei bilanci pubblici di alcuni Paesi che fanno parte dell’Euro.

Sulle fragili fondamenta dell’Unione Europea si è scaricata la crisi finanziaria internazionale e delle banche, mettendo in evidenza tutti i limiti della sua costruzione. In questo scenario dell’esplosione dell’indebitamento a livello mondiale senza freni e controlli, le banche centrali hanno incontrato crescenti difficoltà nel governo dei flussi finanziari, attraverso la creazione di moneta e il governo dei tassi di interesse, con aggiustamenti obbligati ex post (enorme creazione di base monetaria) per impedire il collasso del sistema.

La moneta europea è sotto attacco e i mercati nutrono seri dubbi che alcuni paesi dell’Euro possano farcela, senza aiuti con-

La crisi che sta attraver-sando l’Unione Euro-pea e l’Euro conferma

l’inganno dell’idea di potere costruire l’Europa partendo dalla moneta e dalle banche.

Non avevano fatto cosí i Padri Fondatori dell’Europa, Adenauer, De Gasperi, Schuman, che erano invece partiti dall’integrazione e dall’allargamento dei mercati, a cominciare da quello del carbone e dell’acciaio. Lungimirante è stata anche la visione dei nostri Padri Fondatori dell’Europa, riguardante l’energia e la necessità della diversificazione delle fonti verso l’energia atomica, con la creazione dell’Euratom.

Sono stati tre grandi politici cristiani, che non si sono mai stancati di richiamare la necessità di dare un’anima all’Europa, fondata sulle nostre radici cri-stiane. Erano convinti che anche le energie spirituali fossero un importante fattore economico per lo sviluppo e la diffusione del bene comune e che il mer-cato, senza una comune base morale, non potesse funzionare e sarebbe stato soggetto a gravi fallimenti.

I nostri costruttori dell’Unione Europea hanno purtroppo dimen-ticato questi grandi insegnamenti e si sono illusi di poter costruire l’Europa partendo dalla mo-neta e dalle banche, pensando illuministicamente che il resto sarebbe poi seguito con una sorta di meccanismo automatico. Non è stato purtroppo cosí e dobbiamo ora darci da fare per

l’europa della moneta e delle banChe e la Crisi dell’euro

Per salvare l’Euro dalla crisi occorre riprendere gli insegnamenti dei Padri Fondatori, considerando le energie spirituali come fattore di sviluppo

EUROpA E CRISI DELL’EURO

Page 58: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE SECONDA - AppROfONDIMENTI

58UCID Letter • 3/2010

Noi pensiamo che, se si vuole salvare l’Euro, la funzione di preferenza della BCE debba cambiare, soprattutto in due direzioni, sul piano degli interventi: una politica attiva di mercato aperto sui titoli del debito pubblico, dei Paesi che fanno parte dell’euro; interventi sul mercato a termine dell’euro in rapporto a quelli sul mercato a pronti. Le due politiche dovrebbero essere adeguatamente collegate

EUROpA E CRISI DELL’EURO

controllare la base monetaria, ma anche la struttura per scadenza dei tassi di interesse e, quindi, la struttura per scadenza dei cambi a termini dell’Euro.

Gli interventi sul mercato a termine dell’Euro possono svolgere l’importante funzione di lanciare al mercato precise informazioni su quello che la BCE ritiene il livello del tasso di cambio sostenibile al di là del breve periodo. A questo riguar-do, alcune autorevoli fonti di previsione ritengono che il tasso di cambio dell’euro rispetto al dollaro possa scendere intorno a 1,2. Noi, provocatoriamente, possiamo dire che si potrebbe scendere anche alla parità con il dollaro, se vogliamo difendere fino in fondo la grande idea di Europa unita, che stava nel pro-fondo dell’animo dei fondatori, all’indomani della seconda guerra mondiale.

Si tratta di valorizzare le ope-razioni sul mercato a termine dei cambi che, sul piano storico, sono nate in Italia nel 1400 ad opera dei mercanti banchieri di Firenze, grazie alla grande forza del fiorino come valuta internazionale. Operazioni su cui il grande economista Keynes aveva richiamato l’importanza per irrobustire gli strumenti in mano alle banche centrali per il controllo del valore della propria moneta. È un meraviglioso ca-pitolo del Trattato sulla Riforma Monetaria del 1923 che tutti coloro che si occupano di economia dovrebbero leggere.

sopravvento. A questo riguardo, non dobbiamo mai dimenticare il volume delle transazioni che si svolgono sul mercato dei cambi a livello mondiale: migliaia di miliardi di dollari al giorno.

Per quanto riguarda la politica della BCE, in rapporto alle altre banche centrali, va sottolineata la sua particolare funzione di preferenza rispetto a due obiettivi fondamentali: il controllo del potere d’acquisto della moneta e il sostegno alla crescita. Non vi è dubbio che finora la BCE abbia privilegiato il primo obiet-tivo rispetto al secondo, ma il problema è se le cose possano andare in futuro come sono andate in passato. La risposta è certamente negativa, alla luce delle note difficoltà di bilancio e di debito pubblico, soprattutto dei Paesi del Sud dell’Europa. Ma il sostegno della BCE dovrebbe riguardare, in modo particolare, lo sviluppo, in un’Europa che non cresce o cresce poco per ridurre il tasso di disoccupazione.

Noi pensiamo che, se si vuole salvare l’Euro, la funzione di preferenza della BCE debba cambiare, soprattutto in due dire-zioni, sul piano degli interventi: una politica attiva di mercato aperto sui titoli del debito pub-blico, dei paesi che fanno parte dell’euro; interventi sul mercato a termine dell’euro in rapporto a quelli sul mercato a pronti. Le due politiche dovrebbero essere adeguatamente collegate. Le operazioni di mercato aperto sui titoli pubblici servono non solo a

sistenti e una politica della Banca Centrale Europea (BCE) molto piú accomodante di quanto non sia avvenuto finora. Come mostra il grafico che segue, l’euro in meno di due mesi, ha perso piú del 7% rispetto al dollaro.

Ma il problema sono le aspettative dei mercati, perché se l’Unione Europea e la BCE non prendono iniziative appropriate e credibili per fronteggiare l’attuale situazione, la speculazione avrà purtroppo il

Page 59: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE SECONDA

AppROfONDIMENTI

59

UCID Letter • 3/2010

La responsabilità sociale d’impresa (CSR, acro-nimo dell’inglese Cor-

porate Social Responsability) non ha trovato fin qui una de-finizione univoca negli studi di management.

Nel 1979, Carrol ha proposto una definizione di CSR, secondo cui essa «comprende ciò che la società civile si aspetta da un’organizzazione in un dato periodo di tempo con riguardo alla dimensione economica, legale ed etica».

La componente economica richiama uno dei princípi cardine del sistema economico di matrice capitalista, che attribuisce all’im-presa il preminente obiettivo di produzione di ricchezza.

Alle aspettative di natura economica sono strettamente legale quelle del rispetto della legalità.

A parere di Carrol, sono altre due le responsabilità che un’impresa ha nei confronti della società: una responsabilità etica, definita da princípi e valori di matrice etica, sul cui rispetto da parte delle imprese la società ripone notevoli aspettative, benché non vi siano obblighi e prescrizioni di legge in tal senso; e una responsabilità discrezionale, definita dalle azioni e dalle regole di compor-tamento a cui volontariamente manager e imprese decidono di ispirarsi.

Attualmente, quando si fa riferimento al concetto di CRS, è largamente condivisa la logica

del cosiddetto “triplice approccio” (Elkington 1997) in base al quale le performance di un’impresa vanno valutate in funzione del suo contributo combinato alla prosperità economica, alla tutela dell’ambiente e alla promozione del contesto sociale.

Secondo la Commissione delle Comunità Europee del 2001, la CSR è «l’integrazione su base volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali e ambientali nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate».

Anche la Dottrina sociale della Chiesa, in particolare il n. 40 dell’enciclica “Caritas in Veritate”, afferma che «si va sempre piú diffondendo il convincimento in base al quale la gestione dell’impresa non può tenere conto degli interessi dei soli proprietari della stessa, ma deve anche farsi carico di tutte le altre categorie di soggetti che contribuiscono alla vita dell’impresa: i lavoratori, i

L’impresa socialmente responsabile combina la ricerca del profitto con la tutela ambientale e la promozione del contesto sociale. Tale approccio comporta sicuramente dei costi maggiori ma produce, nel lungo termine, benefici economici, dati dall’incremento del volume de-gli affari, motivazionali, per la gratifica dei dipendenti, e reputazionali per l’incremento di fiducia da parte dei consumatori..

The social responsible firm combines the reach of profit with the environmental protection and the promotion of the social context. This approach surely, determines major costs but produces, in the long run, economic benefits, given by the increase of the businesses volume, motivational, for the gratification of the employees, and reputational for the increase of trust by consumers.

Gian Paolo ZeniPresidente Sezione UCID di Brindisi

investire sul lungo termine

La ricerca del profitto deve assicurare la tutela ambientale e la promozione del contesto sociale, con attenzione alla gratificazione dei dipendenti e alla fiducia dei consumatori

RESpONSABILITà SOCIALE D’IMpRESA

Page 60: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE SECONDA - AppROfONDIMENTI

60UCID Letter • 3/2010

Aree interne della CSR riguardano iniziative a favore dell’ambiente e dei collaboratori, quali programmi di sviluppo di energie rinnovabili, utilizzo di energie pulite, smaltimento rifiuti, attivazione di sistemi di comunicazioni con i dipendenti, forme di tutela delle pari opportunità nei confronti di donne, minoranze etniche, disabili, immigrati, ex detenuti, interventi a favore dell’integrazione, la promozione della formazione di tutto il personale, ...

RESpONSABILITà SOCIALE D’IMpRESA

una causa sociale, a favore dei fornitori quali necessità di tutelare i diritti dei lavoratori e rispetto dell’ambiente lungo tutta la filiera produttiva, la sele-zione di fornitori che rispettino standard di eticità e correttezza ambientale.

I beneficiA fronte di costi certamente

incrementali, la CSR non ga-rantisce ritorni certi, misurabili e, soprattutto, riscontrabili nel breve termine.

Si identificano tre categorie di benefici: economici, motiva-zionali e reputazionali.

I benefici economici si realizzano con un incremento del volume d’affari e con la riduzione di voci di costo, quali la riduzione dei rischi di disastri ecologici o scandali sociali, quelli connessi ai problemi di salute e sicurez-za, sia per la riduzione degli infortuni e dei contenziosi con lavoratori e Enti esterni, sia per il decremento dell’ammontare dei premi assicurativi, la riduzione dei consumi energetici connessi allo sviluppo di processi pro-duttivi eco-efficienti.

Le altre due categorie di benefici sono di natura intangibile cioè immateriale e perciò distinte dalle risorse fisiche e da quelle monetarie.

Per quanto concerne i benefici motivazionali, occorre consi-derare che molte iniziative di CSR generano benefici diretti

al capitale umano, alla coesione tra il personale, alla reputazione, alla fiducia nelle relazioni con clienti e fornitori, considerati asset fondamentali per ottenere e sostenere il vantaggio compe-titivo, del consumo responsabile, degli scandali finanziari che hanno travolto grandi imprese statunitensi ed europee.

Le aree della CSRAdottando la classificazione

proposta dalla Comunità Europea, si includono nella dimensione interna le iniziative a favore dell’ambiente e dei collaboratori, quali programmi di sviluppo di energie rinnovabili, utilizzo di energie pulite, smaltimento rifiuti, attivazione di sistemi di comunicazioni e dialogo con i dipendenti, forme di tutela delle pari opportunità nei confronti di donne, minoranze etniche, disabili, immigrati, ex detenuti, interventi a favore dell’inte-grazione, la promozione della formazione di tutto il personale, funzionamento di infrastrutture interne quali mense e asili, ed esterne quali case, trasporti, as-sistenza sanitaria, il non ricorso al lavoro minorile.

Si includono nella dimensione esterna le iniziative a favore dei clienti, quali temi connessi alla tutela del consumatore come l’integrità nelle pratiche com-merciali, la cura nell’evitare abusi di posizione dominante, la chiarezza sugli alimenti modifi-cati geneticamente, campagne promozionali che sostengono

clienti, i fornitori dei vari fattori di produzione, la comunità di riferimento”.

I moventi della CSRA partire dalla seconda metà

degli anni Novanta l’attenzione alla CSR è stata alimentata da alcuni grandi fenomeni in ascesa nel contesto internazionale.

Si tratta, in particolare, della globalizzazione, della tutela dell’ambiente, del rispetto dei diritti umani, del processo di integrazione dei mercati finan-ziari, della diffusione a livello internazionale delle attese di trasparenza, degli studi di mana-gement che attribuiscono un peso crescente alle risorse intangibili,

Page 61: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE SECONDA - AppROfONDIMENTI

61

UCID Letter • 3/2010

La diffusione della responsabilità sociale,

può essere occasione per rinforzare o rinnovare

i valori aziendali, alimentando il senso

di appartenenza dei collaboratori.

Si consideri che le iniziative di CSR possono innalzare

il grado di soddisfazione del personale anche

grazie al fatto che l’impegno in alcuni

progetti è fonte di sviluppo di nuove competenze e abilità

RESpONSABILITàSOCIALE D’IMpRESA

La Responsabilità Imprenditoriale per il Bene Comune. Le differenze della visione UCID rispetto alla Corporate Social Responsability

L’UCID, e in particolare il Centro Siri, hanno colto gli in-dirizzi della Caritas in Veritate per definire la RIBC, Respon-sabilità Imprenditoriale per il Bene Comune.

Secondo la visione UCID occorrono modalità di gestione delle imprese fondate sulla RIBC che le rendono assimilabili alle imprese civili in termini di valori/princípi orientati al bene comune e fondati sulla dignità della persona, impegno personale

to della reputazione in chiave socio-ambientale sono variamente connessi numerosi altri benefici di ordine relazionale:

- per quanto riguarda il ver-sante commerciale, in presenza di un universo di consumatori sempre piú sensibile alle valenze sociali e ambientali dei prodotti, l’incremento di reputazione alimenta un vantaggio competi-tivo, favorendo la fidelizzazione dei clienti esistenti nonché la conquista di nuovi, a beneficio dello sviluppo delle vendite;

- nei confronti dei fornitori, la credibilità sociale dell’impresa costituisce un potente fattore di promozione di politiche di intensa collaborazione (co-creation).

Infine, come ricorda Papa Benedetto XVI nella Caritas in Veritate, è doveroso rivolgere l’attenzione anche alla questione del consumo e dei consuma-tori che, mentre da una parte sono portatori di interessi di un’impresa, dall’altra devono poter sviluppare una propria responsabilità sociale.

Ciascuno di noi è dunque attore protagonista nella scena economica e, per lo meno in quanto consumatore, è chiamato a prendere sul serio la propria responsabilità nella scelta dei prodotti da acquistare, non limitandosi ad una sterile cri-teriologia estetica, al richiamo della “griffe” di moda e, nei limiti del possibile, neppure alla sola logica del risparmio a tutti i costi.

per i dipendenti (si pensi alle iniziative per conciliare vita lavorativa e vita familiare) oppure li coinvolgono in attività gratificanti (per esempio, inizia-tive di volontariato d’impresa o campagne di cause relate marketing).

La diffusione della respon-sabilità sociale, inoltre, può essere occasione per rinforzare o rinnovare i valori aziendali, alimentando il senso di appar-tenenza dei collaboratori.

Si consideri inoltre che le iniziative di CSR possono in-nalzare il grado di soddisfazione del personale anche grazie al fatto che l’impegno in alcuni progetti (come, per esempio, un processo di certificazione o un’azione a favore della co-munità strettamente connessa ai business) è fonte di sviluppo di nuove competenze e abilità.

L’innalzamento dei livelli di motivazione dei collaboratori può contribuire alla diminuzione del turnover, all’aumento della produttività, alla riduzione del tasso di assenteismo, con evidenti riflessi sul conto economico.

I benefici reputazionali, infine, riguardano l’incremento della stima che gli interlocutori (in primis i clienti, ma anche i forni-tori, i finanziatori, i partner, gli enti pubblici, le associazioni di categoria, le ONG, le università ecc.) nutrono verso l’impresa, anche in comparazione con la percezione che essi hanno dei diretti concorrenti. All’incremen-

Page 62: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE SECONDA - AppROfONDIMENTI

62UCID Letter • 3/2010

Secondo la visione UCID occorrono modalità di gestione delle imprese fondate sulla RIBC che le rendono assimilabili alle imprese civili in termini di valori/prin-cípi orientati al bene comune e fondati sulla dignità della persona, sull’impegno personale dell’imprenditore per comportamenti virtuosi a beneficio di tutti gli stakeholders

RESpONSABILITà SOCIALE D’IMpRESA

dell’imprenditore per compor-tamenti virtuosi a beneficio di tutti gli stakeholders, risultati da creazione di valore economico e sociale per tutti gli stakehol-ders, condivisione trasparente dei risultati da parte di tutti gli stakeholders.

Sono questi i quattro aspetti della visione UCID che con-sentono un preciso riferimento operativo fondato su quattro elementi :

1) Principio di reciprocità come vincolo dell’obbiettivo di efficienza/redditività senza scambio degli equivalenti.

L’Impresa (o meglio l’impren-ditore) che persegue la RIBC, pur realizzando il profitto (o meglio il valore) attraverso una gestione efficiente, rispetta le qualificazioni che caratterizzano “l’impresa civile”. Ciò in quanto viene incontro alle esigenze non solo degli azionisti, ma anche degli altri stakeholders.

2) Aspettativa senza obbliga-zione = interesse a relazione.

La decisione di un investimento in RIBC rappresenta un atto che non è effettuato in base a un contratto, ma sulla base degli interessi degli stakeholders verificati tramite le relazioni.

3) Proporzionalità in funzione delle capacità (e non dell’equi-valenza).

L’impresa deve realizzare risultati economici positivi (non si deve distruggere ricchezza),

Quattro aspetti della visione UCID:1) principio di reciprocità come vincolo dell’obbiettivo di efficienza/redditività senza scambio degli equivalenti;2) aspettativa senza obbligazione = interesse a relazione.3) Proporzionalità in funzione delle capacità (e non dell’equivalenza).4) Iniziare con un atto di gratuità-dono (e non con un affare)

non solo a favore degli azionisti, ma anche a favore degli altri stakeholders in termini di ritorno economico positivo, riduzione del rischio di impresa, aumento della competitività.

4) Iniziare con un atto di gratuità-dono (e non con un affare).

La decisione da parte dell’im-presa di perseguire la RIBC rappresenta un atto volontario gratuito a favore di tutti gli stakeholders, attraverso il suo inserimento nella pianificazione strategica della impresa secondo il modello UCID.

Applicando questi percorsi ci sentiamo protagonisti di un’economia autenticamente umana che non può prescindere dalla gratuità.

Page 63: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE SECONDA

AppROfONDIMENTI

63

UCID Letter • 3/2010

Importante appare il legame tra l’impresa e il territorio in cui essa opera. In questo senso, il “montanaro” del Friuli vuole gestire auto-nomamente la realtà in cui vive, dimostrando che in montagna si può e si deve vivere bene, ponendo in essere una serie di misure che gli consentano la competitività adeguata, in accordo con i principi della Dottrina sociale cattolica: valorizzazione della persona umana e perse-guimento del bene comune. Important is the link between the firm and the territory in which

it operates. In this sense, the “mountain-man” of Friuli wants to in-dependently manage the reality he lives, showing that in mountain we can and we must live well, by creating a series of measures that allow an adequate competition, according to the principles of Church’ s social doctrine: enhancement of the human person and pursuit of the common good.

Alessandro CrespiCoordinatore delle Giornate Wojtyla

friuli venezia giulia:valorizzazione della persona umana e riCerCa del bene Comune

Essenziale è il legame tra impresa e territorio.Il “montanaro” del Friuli, attingendoalle radici cristiane, sa essere competitivo

L’accelerazione di cam-biamenti che ha subito l’Europa, dopo la caduta

del comunismo, è senza pre-cedenti, e chi vive sulla fascia confinaria è piú interessato di altri.

Sappiamo che ogni cambia-mento produce traumi e necessari momenti di adattamento e di ambientamento, ma è indispensa-bile adeguarsi alla nuova realtà, soprattutto le istituzioni, spesso basate su statuti e regolamenti datati e superati dagli eventi.

L’affrettata istituzione dell’Euro e un modello di Europa in conti-nua evoluzione (con la Turchia arriviamo in Asia), non sono certo estranei alla profonda crisi che attanaglia proprio e solo la zona euro. Il resto del mondo, Oriente, USA, Cina, ma anche i Paesi europei, fuori dalla zona euro, quali Gran Bretagna, Nor-vegia, Svezia e Danimarca, sta marciando a un PIL che è da 3 a 5 volte superiore al PIL della zona euro. Siamo praticamente in stagnazione, se consideriamo l’inflazione reale e percepita.

Tutto ciò deve farci riflettere sull’urgenza di adeguare le istituzioni ai cambiamenti della società. Lo sfasamento è netta-mente percepito dalla popola-zione; cresce sia la perplessità sul modello di Europa che ci viene proposto (vedi sondaggi sul referendum in Francia e Olanda), e cresce la voglia di localismo, di autonomia, di decentramento e autogoverno.

Lo si nota benissimo anche nella

nostra Regione, il Friuli Venezia Giulia. Ora però siamo nell’éra della conoscenza, le informazioni sono globali e la gente ha visto che in altre parti, in montagna, vivere si può. Austria, Svizzera, Veneto, ma anche Slovenia, ne sono la dimostrazione e quindi la gente non accetta piú l’emar-ginazione.

Ora il montanaro, che si è reso conto di avere la capacità di gestire l’ambiente in cui vive, non è piú disposto ad accettare disposizioni che vengono da fuori, ma vuole essere protagonista del proprio futuro. Ha capito che mentre prima la concorrenza avveniva fra singole imprese, piú o meno grandi, ora la concorrenza è sempre piú tra sistemi locali e, quindi, tra sistemi di imprese che sono localizzati su un territorio. La regolazione politica dello sviluppo locale diventa pertanto determinante. Ormai non è piú tanto rilevante la capacità produttiva di una singola impresa, quanto quella

SvILUppO E BENE COMUNE

Page 64: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE SECONDA - AppROfONDIMENTI

64UCID Letter • 3/2010

Vanno elaborati progetti a breve e a lungo termine, che siano poi fatti propri dall’intera comunità e dalle istituzioni. Come cristiani dovremmo dotarci di strumenti espliciti di discernimento comunitario da attivare periodicamente, sia per individuare e focalizzare problemi concreti, sia per non perdere di vista la missione

SvILUppO E BENE COMUNE

al centro la persona umana);• il principio di solidarietà,

abbinato a quello sopra detto di sussidiarietà, che deve presiedere alle politiche sociali e alla cura delle situazioni di disagio;

• il principio di partecipazione, anche questo abbinato a quello di sussidiarietà, implica la par-tecipazione delle persone, delle famiglie, dei corpi intermedi alla vita della comunità.

Compito dei Cristiani per la montagna è promuovere una rivoluzione che parta dall’an-nuncio e dalla consapevolezza che l’uomo, la vita e l’impegno hanno senso perché “il Regno è già tra noi” e ha il volto di una persona, Gesú Cristo. Questo diventa la base per una “moraliz-zazione”, e quindi per stimolare l’elaborazione di progetti a breve e a lungo termine, che siano poi fatti propri dall’intera comunità e dalle istituzioni. Come cristiani dovremmo dotarci di strumenti espliciti di discernimento comuni-tario da attivare periodicamente, sia per individuare e focalizzare problemi concreti, sia per non perdere di vista la missione.

Prima di illustrare sommaria-mente alcune delle proposte che sono nate dalle riflessioni dei gruppi, ci soffermiamo su due temi che sono centrali in questo nostro discorso (aspetti socio-sanitari e scolastici) e su alcuni progetti da subito realizzabili per far fronte a questioni parti-colarmente urgenti. Quanto alle problematichesocio-sanitarie

essere. Risulta evidente che il problema può essere risolto solo ricorrendo a una proposta che sia davvero innovatrice, ma anche realistica. Il territorio montano del FVG costituisce il 57% dell’intero territorio regionale, ma in esso vive meno del 15% della popolazione. 84 sono i Comuni interamente montani, dei quali solo 6 hanno piú di 3.000 abitanti e ben 41 meno di 1.000. Un territorio particolare che va dotato, sul piano politico e istituzionale, di uno strumento specifico, forte e autorevole, che compensi l’inevitabile debolezza dovuta alla frammentazione del livello comunale e possa com-petere con altre zone piú forti della Regione.

In tal senso l’azione non può che essere ispirata dalla Dottrina sociale cattolica quale strumento di lettura della realtà e di azione.

Elenchiamo solo alcuni princípi cardine da seguire.

• il principio della ricerca del bene comune (che deve stare alla base di ogni politica, non solo in àmbito montano, ovviamente, e deve essere il faro dell’agire poli-tico e sociale di ogni cristiano);

• il principio della dignità della persona umana (che riguarda l’amore per la vita, la sua tutela dall’inizio alla fine, l’attenzione al lavoro, al ruolo e alla dignità delle donne ...);

• il principio di destinazione universale dei beni (che attiene alla tutela e alla salvaguardia dell’ambiente, con modelli di sviluppo che abbiano comunque

di un territorio cui l’impresa fa riferimento. Il territorio, per essere competitivo a livello europeo e globale, deve sempre piú essere un territorio di qualità. Oggi per misurare il concetto di sviluppo non basta piú il PIL, ma quello di sviluppo diventa un termine multi dimensionale. Sviluppo vuol dire qualità della vita, di chi produce, consuma e vive dentro un determinato territorio.

Ne deriva che al governo locale spetta un ruolo chiave di coordi-namento degli attori che operano sul territorio. È facilmente intuibile che, senza un decentramento di tutte le funzioni amministrative alle Autonomie, questa Regione davvero speciale non potrà mai

Page 65: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE SECONDA - AppROfONDIMENTI

65

UCID Letter • 3/2010

Vanno stimolate, forme di incentivo

non solo economico per i docenti che

insegnano nelle aree montane, ad esempio ristabilendo il doppio punteggio per coloro che scelgono le sedi

in montagna, unito però a un vincolo

di permanenza. Occorre investire

in formazione (a lungo termine) per avere docenti stabili e radicati

SvILUppO E BENE COMUNE

didattiche della scuola in montagna, in modo che vengano garantiti docenti qualificati, in tempi certi e adeguati, con un turnover che non confligga con le esigenze della continuità di insegnamento e con la creazione di uno spirito di mutua e creativa appartenenza tra scuola (dirigenza e corpo docente) e comunità.

Vanno stimolate, perciò, forme di incentivo non solo economico per i docenti che insegnano nelle aree montane, ad esempio rista-bilendo il doppio punteggio per coloro che scelgono le sedi in montagna, unito però a un vincolo di permanenza. Occorre investire in formazione (a lungo termine) per avere docenti stabili e radicati

realtà piú piccole o piú frammen-tate; priorità assoluta è la tutela dell’esistenza e della funzionalità dei nostri ospedali e, contempo-raneamente, il rafforzamento (in stretta compenetrazione con gli ospedali) dei servizi che erogano salute e assistenza a domicilio.

Altra esigenza fondamentale, non solo in questo àmbito, è il rapido completamento delle infrastrutture che consentano un accesso alla banda larga a tutta la montagna. Nel caso specifico della sanità, ciò permetterebbe la migliore trasmissione di dati dagli ospedali ai medici di Medicina Generale operanti sul territorio, con innegabile miglioramento del servizio offerto; il futuro potrebbe essere la possibilità della trasmissione delle immagini da alcune sedi staccate (i punti salute) agli specialisti operanti all’interno dell’ospedale. Questo permette di portare i servizi vici-no al cittadino, e non viceversa, facilitando e rendendo piú eco-nomicamente efficace il lavoro degli operatori.

Esaminiamo infine letematichelegateallascuola: periodica-mente le riforme nazionali fanno temere per il futuro della scuola in montagna.

Appare indispensabile l’aper-tura di un tavolo di confronto tra istituzioni scolastiche, enti locali e Regione per la pianificazione del servizio scolastico in montagna, che abbia come principale scopo il rilancio della qualità del governo delle funzioni amministrative e

si rende evidente la necessità di una banca dati univoca che sia in grado di fornirci in tempi utili dati necessari per progettare o proporre soluzioni.

L’azienda sanitaria, per le sue caratteristiche organizzative, la sua competenza e la sua diffusione sul territorio, potrebbe essere il soggetto coordinatore di questa banca dati. Spesso infatti non si è a conoscenza degli stili di vita diffusi nelle varie realtà dell’am-biente montano e della loro corre-lazione con gli anni di vita persi, della composizione della società, del numero di soggetti “deboli”, dell’incidenza del numero di im-migrati, del mercato del lavoro, della distribuzione del reddito e dei costi per le famiglie, e cosí via. Da qui la necessità di interfac-ciarsi tra azienda e assemblea dei sindaci per promuovere progetti che vengano pensati e realizzati direttamente sul territorio. Alcuni esempi di progetti validi che sarebbe necessario diventassero permanenti sono:

• l’uso dei voucher, che sono dei buoni che vengono utilizzati dai privati cittadini per “acquistare” servizi da soggetti che necessitano di un percorso di reinserimento nel mondo del lavoro o comunque si trovano in difficoltà;

• la creazione di nuove pro-poste di cura ed assistenza dei bambini in età pre-scolare, figli di madri lavoratrici (micro-nidi o tagesmutter, con possibilità di lavoro in loco per le mamme).

• il trasporto pubblico cosiddetto a chiamata, unica possibilità per le

Page 66: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE SECONDA - AppROfONDIMENTI

66UCID Letter • 3/2010

SvILUppO E BENE COMUNE

territorio come modelli, testimo-niando con la loro vita i valori della famiglia, ma è necessario che si inseriscano attivamente anche nel dibattito culturale sui cosiddetti “nuovi diritti”, difen-dendo la cultura della famiglia della vita, dell’amore, pena il rischio di un’egemonia laicista, spesso portatrice e promotrice di culture di morte.

Nell’ambito Ecclesiale–Pastorale si è voluto soprattutto sottolineare l’importanza di credere che in montagna si può vivere bene, si deve vivere e dare la possibilità concreta di vivere in modo di-gnitoso. Il cristiano è chiamato a dare la sua testimonianza come persona che, in qualsiasi luogo, in qualsiasi situazione, riesce a trovare le radici della propria speranza e, con questa, riappro-priarsi di motivi e situazioni adatti alla propria e altrui realizzazione umana e cristiana.

Per analizzare la realtà delle nostre vallate abbiamo usato la griglia di riflessione del Concilio Vaticano II:

1) imettere Cristo al centro del Cristianesimo (valorizzando e riscoprendo la liturgia);

2) corresponsabilità nella missione della Chiesa (in virtú del Battesimo).

3) la missione laicale (che è la terza via della santificazione).

4) apertura al mondo (…quello che Dio ha tanto amato da dare il suo unico Figlio).

5) ecumenismo (nelle nostre vallate comincia ora a farsi sentire

PDZ degli àmbiti socio-sanitari ai PAL delle Comunità Montane), anche per invertire la tendenza detta sopra ad attendersi tutto dall’alto e riprendere un ruolo da protagonisti.

• Riconoscimento delle identità, non come chiusura ma come cosciente valorizzazione delle risorse del territorio.

• Accoglienza dei “nuovi mon-tanari” (immigrati) come risorsa, senza per questo mettere in secondo piano o perdere la propria identità culturale e valoriale.

• Accoglienza è anche accoglienza e tutela della vita, dalla vita nascente (sviluppo e incentivazione dei Centri di Aiuto alla Vita in tutto il territorio montano) e della vita in difficoltà: vanno incentivate le ricerche che in questi anni si sono fatte nella direzione della cosiddetta “autonomia possibile”, sia per anziani che per persone diversamente abili.

• Nel settore della natalità e della famiglia si è sottolineata la necessità di conoscere realmente e approfonditamente la situazione, anche per comprendere in che modo i progetti possono essere calibrati sulla necessità.

Alcune idee:• creazione di gruppi di auto

aiuto tra le famiglie;• realizzazione di un centro di

assistenza per le famiglie proposto e animato dai cristiani (collegato eventualmente con il Centro di Aiuto alla Vita);

• promozione di una rinnovata cultura della famiglia: i cristiani devono sí essere presenti sul

sul territorio.Nei rapporti con le università, va

detto che è possibile innanzitutto istituire delle specie di “percorsi guidati” per la formazione uni-versitaria, integrati col territorio (e finanziati con borse di studio, ecc..), sfruttando in questo modo le risorse già presenti. Gli atenei devono poi programmare l’attività e l’organizzazione accademica in modo tale da dare risposte alle ne-cessità del territorio, cosí da favorire il reinserimento dei laureati nelle loro realtà di provenienza.

Quelli appena tratteggiati sono gli aspetti, i problemi che riteniamo abbiano maggior rilievo, e quelle suggerite sono soluzioni concrete e da subito attuabili. Ma la nostra riflessione non si è fermata a questo e ha abbracciato una serie notevole di questioni, di progetti e di proposte. Abbiamo quindi suddiviso i risultati del nostro lavoro in quattro sotto àmbiti, che interessano trasversalmente sia gli aspetti sociali che quelli culturali. Abbiamo consultato e incontrato alcuni esperti, che ci hanno informato di alcune buone pratiche già esistenti.

Elenchiamo quindi, per ciascun sotto-ambito, i progetti (da cui abbiamo peraltro già estrapolato quelli di maggior respiro sopra descritti) che ci pare possano essere fruttuosamente elaborati:

• Partecipazione attiva dei cri-stiani alle programmazioni sociali ed economiche sul territorio (dai

Page 67: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE SECONDA - AppROfONDIMENTI

67

UCID Letter • 3/2010

SvILUppO E BENE COMUNE

• proposte di esperienze di fede “forti” e percorsi di formazione condivisi tra piú comunità, facendo esperienza delle iniziative forti foraniali, delle proposte diocesane, dei movimenti ecclesiali;

• porre attenzione a costrui-re la Comunità: dare rilevanza all’“essere” e al vivere da cristiani, che si misura nella vita della Comunità, evitando di ridursi a un solo “fare”;

• costruire percorsi che “educhino” i cristiani ad acco-gliere, entrando in empatia con il prossimo;

• favorire la corresponsabi-lità attraverso una frequentazione assidua dei sacerdoti con i laici (discernimento delle diverse mi-nisterialità);

• la Comunità deve offrire, oltre alla Celebrazione liturgica, altri momenti di preghiera (Lectio, Veglia, preghiera per e con la famiglia, rosario itinerante nelle famiglie, …);

• riflessione all’interno delle Comunità delle esperienze positive che vi si svolgono e loro condivi-sione con le altre Comunità.

La Chiesa deve riscoprire il suo ruolo educativo all’interno di una società sempre piú se-colarizzata dove il relativismo etico ímpera: deve formare cioè ai “valori cristiani” perché le scelte di ciascuno siano il piú possibile consapevoli, frutto di un discernimento morale e spirituale alla luce del Vangelo.

confronti di chi non vive la dimensione della fede;

• giudizio sui fatti e sulla storia, ma mai sulle persone;

• correzione fraterna, che apra a percorsi di conversione;

• gratuità nel donare so-prattutto il proprio tempo;

• ricerca, nell’esprimere la fede, di linguaggi adeguati, che tengano conto delle persone che si hanno di fronte, in particolare se giovani;

• ascolto della Parola di Dio, in famiglia e nelle piccole e grandi comunità;

• una liturgia viva, che celebri la pienezza della vita, trasformandola in impegni con-creti d’amore verso il prossimo (carità).

Ecco infine alcune proposteoperative concrete:

• dare nuova forza ai Consigli Pastorali parrocchiali e soprattutto foraniali: luogo di comunione, partecipazione e responsabilità;

• riscoperta e corretta valo-rizzazione delle espressioni delle tradizioni locali, riscoprendone il messaggio di fede;

• valorizzare le antiche pievi come centri che riuniscono insieme piú comunità;

• seguire uno stile “itine-rante” nel proporre iniziative a livello di comunità piú ampia, che riconosca e valorizzi quelle piú piccole;

• proporre nuovi percorsi di evangelizzazione orientati alle famiglie, piuttosto che solo ai piccoli, anche attraverso la preparazione ai sacramenti;

come necessità …).6) la continuità della Tradi-

zione.

Quali caratteristiche deve dunque assumere la Chiesa nella nostra montagna? I fondamenti sono la fedeltà a Cristo e al suo messaggio di speranza e di salvezza rivolto a ogni uomo (missione) e la fedeltà all’uomo, che va ac-colto in tutte le dimensioni della sua esistenza, quindi nelle varie fasce di età e condizioni di vita oggi (incarnazione). Tra queste va assunto in particolar modo il vissuto delle singole comunità e il loro modo di esprimere la fede (tradizioni). Occorre acquisire la consapevolezza che la Chiesa non si esaurisce nella dimen-sione gerarchica, ma si esprime soprattutto in quella comunitaria, in cui anche i laici si sentono responsabili dell’espressione e della trasmissione della fede, in risposta alla propria specifica vocazione che trae forza dal sacramento del Battesimo.

Oggi dobbiamo formare co-munità cristiane che sono “chiese di pietre vive”, fatte di persone che sanno dare ragione alla propria fede; persone che sono responsabili nelle loro comunità cristiane, ma anche in quelle civili di appartenenza.

La nostra Chiesa è chiamata oggi ad assumere un nuovo stile, nuovi modi di porsi, che le permettano di aprirsi e di portare il messaggio di Cristo anche, e forse soprattutto, a chi ne è lontano:

• accoglienza, anche nei

Page 68: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE SECONDA

AppROfONDIMENTI

68UCID Letter • 3/2010

Per affrontare la questio-ne occorre partire da al-cune premesse:

1) Il mondo sta cambian-do. Quelli che consideravamo Paesi emergenti ora sono dei giganti affamati di benessere e miglioramento della qualità della vita, ma restano a dieta per quanto riguarda diritti, sicurezza, rispetto della persona e ed etica professionale, almeno in base alla nostra accezione valoriale.

2) Il mercato sta cambiando. La domanda di auto è ormai stabilmente ben al di sotto della capacità produttiva dei costrut-tori. Ma poiché nessuno vuole rinunciare ad avere, nel proprio territorio, un’industria impor-tante e qualificante come quella della costruzione di autovetture, ogni governo difende il proprio orticello, sprecando energie e risorse verso un falso concetto di bene comune che non conosce i significati di riconversione e diversificazione verso settori a

maggior valore aggiunto.3) Le imprese stanno cambian-

do. Solo la fantasia di un italiano, l’ingenuità di un canadese e la determinazione di uno svizzero, racchiuse in una stessa persona, potevano fare diventare Fiat (per parole dell’Avvocato, a rischio di diventare la prima esclusa tra i grandi player mondiali dell’auto) padrona di una delle Bigh Three americane (Ford, General Motors e Chrysler) senza sborsare un euro, ma pagando in conoscenza e management.

Marchionne ha scelto la via di un referendum vincolante tra i dipendenti. E a Mirafiori ha otte-nuto, nel gennaio di quest’anno, una esigua maggioranza di 9 operai (su circa 5.000), oltre alla approvazione della quasi totalità dei 400 impiegati. Insomma la fabbrica simbolo di Fiat si spacca piú o meno a metà sul tema “lavoro certo, investimenti sul futuro e salario migliore”, a fronte di “piú flessibilità negli orari e maggior rispetto delle regole definite”.

Come si può colmare questa distanza? Come si può trovare questo giusto accordo? Ancora una volta basterebbe guardare alla nostra storia, alla nostra cultura e soprattutto ai nostri valori cristiani.

La centralità della persona è quanto Fiat ha affermato per giustificare il proprio ritorno economico. Lavoro certo, paga migliore, rispetto degli accordi. Poiché la fiducia si dimostra e non si promette, ora è il mo-

Con l’uscita di Fiat da Confindustria e la proposta ai lavoratori degli stabilimenti, di Pomigliano prima e Mirafiori poi, di un nuovo accordo di lavoro, si sono aperti nuovi scenari per il Paese. Come va-lutare da imprenditori questo cambiamento repentino a cui forse in Italia siamo poco abituati? Non possiamo fare a meno di riconsiderare il modello classico delle relazioni industriali non ostacolando, ma bensì “cavalcando”, tale cambiamento nel rispetto dei valori fondamentali alla base della nostra società. With the Fiat exit from Confindustria and the proposal to the em-

ployees of establishments, of Pomigliano first and then Mirafiori, of a new labor agreement, have opened up new scenarios for our Country. How to assess as entrepreneurs this sudden change, that perhaps we are not used in Italy? We need to reconsider the traditional model of industrial relations, not hindering, but “riding” this change, respecting the fundamental values of our society.

Alberto Carpinetti

la svolta di fiat e i valori della persona

Come valutare da imprenditori questo cambiamento repentino a cui forse in Italia siamo poco abituati?

vICENDA fIAT

Page 69: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE SECONDA

AppROfONDIMENTI

69

UCID Letter • 3/2010

una parteCipazione Consapevole e responsabile

È necessario adeguarsi al cambiamento del mercato e creare un’impresa fondata su fiducia e collaborazione tra imprenditori e lavoratori

La vicenda FIAT ha profondamente toccato le nostre coscienze, di fronte ad un divario che potrebbe sembrare incolmabile tra scel-te imprenditoriali e diritti dei lavoratori. Occorre tuttavia trovare una conciliazione delle differenti esigenze, comprendendo che è neces-sario adeguarsi al cambiamento delle dinamiche di mercato e creare un’impresa, in cui la fiducia e la collaborazione tra imprenditori e la-voratori sia un elemento fondante. Punto questo sul quale l’UCID, sin dalla sua nascita, si è sempre concentrato. The FIAT event has deeply impressed our consciences, facing a

gap, that may seem unbridgeable, between entrepreneurial decisions and worker’s rights. However we should find a reconciliation of the different needs, understanding that it’s necessary adapting to chan-ging market dynamics and create a firm, where trust and collaboration between entrepreneurs and employees, is a fundamental element. That’s a point on which UCID, since its birth, has always focused on.

Alcune brevi conside-razioni sulla comples-sa vicenda FIAT che

presenta molti aspetti sicura-mente meritevoli ciascuno di approfondita trattazione e/o valutazione.

Il primo aspetto, la “madre” di tutti i problemi, riguarda ovviamente la necessità dell’Azienda Fiat di mantenere e conquistare quote di mercato, vincendo le sfide poste, sia dalla situazione globale sia dallo specifico contesto italiano nel quale si collocano molti dei suoi punti di produzione. Ne è conseguita l’adozione di una strategia che ha comportato, al suo interno, una scelta di rottura, anche coraggiosa, con la disdetta del CCNL e l’uscita da Confindu-stria. La formazione di una newco e la trattativa con le OOSS, per addivenire alla stesura “condivisa” di un nuovo sistema di regole (con la significativa mancata adesio-ne della FIOM), hanno quindi consequenzialmente portato alla

mento di dimostrare con i fatti che davvero sono i lavoratori il principale capitale di una azienda. L’esempio e la testimonianza dell’intendere il lavoro come un dono, da parte di chi ha votato a favore dell’accordo, deve essere l’indispensabile viatico per ri-compattare i lavoratori che, pur diversi nelle opinioni politiche e talvolta nella fede, dovranno ritrovare insieme l’umiltà, la gioia e l’orgoglio di essere partecipi della rivincita di una azienda e di una città. Il bene comune, non l’ottimale per qualcuno, non il massimo in assoluto, ma il meglio per tutti dovrà essere l’obiettivo delle istituzioni e della comunità cittadina.

Come valutare da imprenditori questo cambiamento repentino a cui in Italia, siamo forse poco abituati? Il mondo cambia. La sfida non è ostacolare, ma caval-care il cambiamento. Una sfida che dal top manager all’operaio tutti devono giocare, vigilando affinché questo cambiamento avvenga, sempre nel rispetto dei valori fondamentali alla base della nostra società.

Silvia PaoluzziCollaboratrice UCID

vICENDA fIAT

Esito referendum tra i lavoratori sull’accordo di riorganizzazione della produzione tra fiat e SindacatiMirafiori (14 gennaio 2011)

Aventi diritto 5.431Votanti 5.119 94,2%Sì 2.735 54,1%NO 2.325 45,9%Nulle/Bianche 59

pomigliano (22 giugno 2010)Aventi diritto 4.881Votanti 4.642 95%Sì 2.888 63,2%NO 1.673 36,8%Nulle/Bianche 81

Page 70: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE SECONDA - AppROfONDIMENTI

70UCID Letter • 3/2010

vICENDA fIAT

soffrono, rischiano, forse a volte sbagliano, ma ogni giorno, con la loro intelligenza, con il loro coraggio, con la loro quotidiana assunzione di responsabilità contribuiscono ad accrescere la ricchezza del Paese.

Giova anche ricordare che se il tessuto economico di una collettività è saldo ma, soprattutto, se esso è vivo, ed è capace di esprimere nuove idee, capaci di adeguarsi subitamente alle convulse dina-miche del mercato, sarà anche piú saldo il tessuto sociale e quindi la stessa democrazia. Infine un ultimo argomento, a corollario di questa vicenda, è venuto in luce negli ultimi giorni.

È sicuramente emersa l’ob-solescenza del vecchio schema retributivo legato alle rigidità del CCNL, se pur temperato da con-solidata prassi di quote di salario legate alla produttività aziendale. Non per rivendicare un diritto di primogenitura, ma per ricordare, con legittimo orgoglio, che già dal 1946 i Dirigenti d’impresa Cattolici « ... ravvisavano l’istituzione di organi aziendale di collaborazione come uno dei mezzi atti a favorire l’instaurazione di una reciproca fiducia fra lavoratori, dirigenti e capi d’impresa ...».

Ci piace quindi allegare l’inte-grale comunicato (datato 10 marzo 1946) in particolare per il richiamo alla Dottrina della Chiesa, che ci ha sempre guidato, affinché, con l’aiuto del Signore, la nostre quotidiane scelte contribuiscano anche a realizzare il Suo progetto nel mondo.

del “sacrificio” di pochi. Si vuole sottolineare come, nella specificità e gravità del momento, i lavoratori fossero comunque tenuti a una assunzione di responsabilità, collettiva e individuale, su scelte che avrebbero influenzato la loro vita ma anche la vita di molti altri, situazione nella quale, qualsiasi individuo può essere chiamato, nella propria esistenza, a dover affrontare.

Per quanto poi attiene invece considerazioni di carattere piú generale si vuole anche porre alla ribalta un aspetto che la quasi totalità dei commentatori ha ignorato (salvo un bell’articolo di Bedeschi sul Il Corriere della Sera). Ed è un aspetto che l’UCID in particolare, ha sempre curato con molta attenzione.

Come detto, la vicenda FIAT è stata illustrata con una attenzione preponderante, e anche obietti-vamente giustificabile, verso il soggetto lavoratore, sezionandone attentamente problemi e angosce, ma anche i comportamenti a volte poco trasparenti in situazioni di “assenze di massa”, precisandone con puntiglio diritti ma anche doveri. Questo, ovviamente, da diverse angolazioni e con diversi punti di vista , ma sempre avendo come target la persona “reale”.

Sulla sponda opposta, però tro-viamo sempre l’“Azienda”. Non viene spesso presa in considerazione, né apprezzata, quella che è la vera realtà industriale italiana, ossia il tessuto delle centinaia di piccole e medie imprese, e, di conseguenza, delle centinaia di imprenditori che

necessità di un referendum su tale atto. Questo fatto è stato l’ultimo, quindi, di una lunga e complessa catena di eventi, sul quale si è però in prevalenza accentrata l’attenzio-ne, mediatica e politica, cercando in tal modo di dimostrare anche le tesi piú disparate. Vale infatti a proposito ricordare come si sia arrivato, finanche a perorare forme di nuovo luddismo, invitando i consumatori a organizzarsi per boicottare i prodotti delle Aziende che avessero, a loro dire, operato con “violenza” per cambiare le regole della società.

Indubbiamente, come è stato fatto notare, è stato l’ultimo anello della catena FIAT, il piú debole, ossia il lavoratore, colui che è stato costretto a dover scegliere sotto il peso della responsabilità di dover provvedere a sé stesso e ai propri cari: dal punto di vista umano va ugualmente rispettata sia la sofferenza di chi ha espresso un coraggioso NO, ma anche il dubbio di chi ha manifestato un poco convinto SI.

Ma il nostro pensiero deve anche andare, soprattutto, a tutti quei lavoratori che hanno aderito, consapevolmente e responsabilmen-te al progetto loro proposto, alle difficili sfide e ai gravosi impegni che andavano a sottoscrivere: po-nendosi cosí in quel cammino di continuo adattamento che l’uomo ha percorso infinite volte nella propria storia, per fare in modo che altri uomini, enormemente maggiori come numero, fruiscano

Page 71: UCID Letter n°3 del 2010

71

UCID Letter • 3/2010

A conclusione del terzo Convegno dí Studi tenuto a Milano il 10 marzo 1946 i Dirigenti d’impresa Cattolici hanno votato e approvato la seguente mozione:I Dirigenti d’impresa Cattolici riuniti a convegno:riconoscendo l’esistenza per legge di natura della associazione tra lavoratori, dirigenti e capi d’impresa nel comune fine dell’attività economica;richiamando l’insegnamento dei Pontefici, che si può compendiare nel suggerimento preciso contenuto nel Messaggio di Pio XII del 1 Settembre 1944: «Deve essere offerta la possibilità di temperare il contratto di lavoro con un contratto di società»;convengono sull’esigenza che la tecnica organizzativa delle aziende sia confermata ai suddetti princípi affinché, nel riconoscimento della dignità della persona dei lavoratori, risulti favorita la valorizzazione di tutte le attitudini a vantaggio della produzione, e sia possibile incrementare la quota di reddito a favore dei lavoratori;ravvisano circa l’avvio della realizzazione di tali princípi in questo particolare momento, l’istitu-zione di organi aziendali di collaborazione (elettivi con modalità e garanzie da stabilirsi, dei quali facciano parte lavoratori delle varie categorie, e aventi funzioni consultive) come uno dei mezzi atti a favorire l’instaurazione di una reciproca fiducia fra lavoratori, dirigenti e capi d’impresa;constatano che la denominazione di consigli di Gestione, può creare equivoci per il significato che la parola gestione ha di effettiva amministrazione, e che dagli equivoci derivano danni alla funzionalità delle aziende con pregiudizio di una felice graduale attuazione nel tempo delle piú progredite forme di collaborazione;indicano essere precipuo compito degli accennati organi di collaborazione, a cui si può affidare il nome di Consigli Consultivi, di cooperare con l’imprenditore:

a) in genere per lo svolgimento del processo tecnico della produzione con visione degli interessi sociali, cosí ad esempio per mantenere ed accrescere l’efficienza produttiva dell’impresa, per l’attuazione di una razionale organizzazione che risparmi lo sforzo fisico del lavoratore, per la realizzazione tecnica dei programmi di produzione;b) per migliorare le condizioni generali di lavoro e di vita dei lavoratori;c) per concordare la erogazione di premi di produzione che compensino l’apporto di produttività, di speciali capacità ed altri meriti dei lavoratori,

ritengono che tale organo, a secondo delle particolari esigenze d’azienda, senza mai incidere sull’autorità di comando riservata al capo responsabile dell’impresa, debba per la sua stessa efficacia:

1) risultare composto da lavoratori che per esperienza, capacità e rettitudine siano i piú adatti a prescindere da criteri politici;2) godere il favore delle organizzazioni sindacali; 3) dare affidamento di equità di giudizio nella comprensione delle diverse esigenze dell’azienda;4) essere obbligatoriamente e periodicamente sentito;

affermano il dovere di promuovere nelle aziende che comportino l’esperimento di tali organi di collaborazione e di appoggiare ogni iniziativa che serva a migliorare le condizioni religiose, mo-rali, igieniche ed economiche dei lavoratori con riguardo al perfezionamento della preparazione professionale e all’elevazione culturale;dichiarano di voler attingere alle sapienti direttive della Chiesa, impulso e guida nella esplicazione del loro compito per la ricostruzione dell’economia nazionale e di conformare a tale intendimento la loro azione nelle singole aziende e in seno alle organizzazioni di categoria.

MOzIONE DEI DIRIGENTI D’IMpRESA CATTOLICA SUI CONSIGLI DI GESTIONE 10 MARzO 1946

Page 72: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE TERzARECENSIONI

72UCID Letter • 3/2010

Un libro scritto a tre mani: da tre esperte del settore scolastico educativo. Tre donne, che hanno scelto di dare il loro contributo, pro-ponendo un percorso volto ad individuare la fattibilità di una buona scuola pubblica, paritaria e statale, una scuola di qualità per tutti.

A book three hands-written, by three experts in the field of edu-cation. Three women, who have chosen to give their contribution by proposing a path, aimed at identifying, the feasibility of a good public school, a quality school for everyone.

Scuola pubblica Statale e paritaria

Anna Monia AlfieriMaria Chiara ParolaMiranda Moltedo,La buona scuola pubblica per tutti statale e paritaria, Ed. Giuseppe Laterza, 2010

Un libro che raccoglie le opinioni e le proposte di tre donne, Suor Anna Monia Alfieri, gestore di una scuola pubblica paritaria, Suor Miranda Moltedo, dirigente scolastico e Maria Chiara Parola, una mamma, ex alunna dell’ Istituto Suore Marcelline di Milano.

Il testo parte dall’analisi della scuola e dell’educazione dalle origini: una scuola non pubblica, non statale, ma familiare, basata sulla famiglia, a cui anche oggi come allora, spetta il diritto di scegliere l’educazione e l’istru-zione dei propri figli.

A dieci anni dall’approvazione della legge n. 62/2000 sulla parità scolastica, si evince come questo percorso sia ancora in itinere, per far sí che i genitori

e al diritto di scelta, che però si scontra nella pratica con un vincolo finanziario, in quanto gli oneri sono a carico delle famiglie. La scuola paritaria, negli anni, ha contribuito all’affermazione di un modello di scuola di qua-lità, che ben si attaglia anche a quella statale.

Le autrici, ripercorrendo i passi dell’Accreditamento, evidenziando i limiti e i punti di forza del sistema scolastico nazionale, tentando di individuare delle linee guida che favoriscano l’affermazione di una scuola che fornisca un livello di istruzione di alta qualità.

Le difficili condizioni econo-miche attuali comportano una necessaria rivalutazione nelle scelte, onde razionalizzare l’uso delle risorse evitando qualunque spreco.

In conclusione si auspica l’affermazione di una scuola pubblica statale e paritaria che consenta la piena libertà di scelta e che sia efficiente ed efficace, in quanto essa è un fondamentale strumento di crescita e di progresso della società intera.

Ci piace concludere con un pensiero di Luigi Berlinguer, il quale afferma che «La libertà di istituire scuole e l’equipollenza di trattamento degli alunni sono aspetti fondamentali dell’istitu-zione in uno stato democratico e laico».

a cura di Silvia Paoluzzi

possano scegliere liberamente la via educativa, a loro avviso migliore, per i loro figli.

Il libro prende in considerazione i vantaggi sostanziali e nascosti della scuola pubblica paritaria, che sarebbe meglio denomi-nare “pubblica non statale”, in quanto una funzione pubblica può anche essere svolta da una scuola non statale.

Che cosa rende “buona” una scuola? La qualità è data da un’armonica sintesi di tutte le componenti necessarie.

Esse sono individuate nella: • “Mission” dell’ente, ossia

il perché dell’esserci della scuola, esprimendo la propria identità carismatica nelle scelte concrete.

• Gestione del personale (formazione professionale e retribuzione);

• Gestione dell’utenza primaria: gli alunni;

• Gestione dell’utenza secon-daria: le famiglie.

Una proposta libera, quella della scuola pubblica paritaria, che contribuisce al bene pubblico

Page 73: UCID Letter n°3 del 2010

73

UCID Letter • 3/2010

pARTE TERzA

Il libro rappresenta una guida tascabile sull’applicazione della nor-mativa antiriciclaggio negli intermediari bancari e finanziari, un piccolo strumento, pratico ed operativo che può aiutare a capire e supportare il lavoro di quanti si confrontano con gli aspetti applicativi della nor-mativa, che sono spesso alla ricerca di riscontri nella fase di compren-sione delle novità introdotte.

The book is a pocket guide on the application of the money-laun-dering legislation in the banking and financial intermediates, a small tool, practical and operational, that can help to understand and sup-port the work of thos,e who face with the aspects of the legislation which are often looking for feedback in the process of understanding the changes introduced.

antiriciclaggio

Manlio D’AgostinoAntiriclaggio, Vademecum per l’operatore, Bancaria Editrice, 2010

«Il sistema normativo antirici-claggio non è scevro da lacune e criticità. Ne sono testimonianza le numerose integrazioni e correzioni ad esso apportate in questi tre anni. Tali interventi non hanno però potuto risolvere tutte le incertezze emerse nella prassi applicativa, né affrontare i nodi giuridici piú problematici. È, inoltre, un sistema in rapido e continuo divenire».

Con queste parole l’avv. Giovanni Castaldi (Direttore generale dell’Unità di Infor-mazione Finanziaria di Banca d’Italia, la massima autorità preposta in materia nel nostro Paese) introduce al tema nella prefazione al libro di Manlio d’Agostino “Antiriciclaggio” (edito da Bancaria, casa editrice dell’ABI).

Il dott. Giovanni Sabatini (Direttore Generale dell’Asso-ciazione Bancaria Italiana, ABI), in una nota di presentazione alle banche e intermediari finanziari, ha evidenziato come «diventa quindi essenziale disporre di strumenti informativi utili ad affrontare tutte le incertezze emerse nella prassi applicativa e i nodi giuridici piú problematici, per una maggiore qualificazione professionale degli operatori al

espressiva: l’obiettivo è di avere tutto “a portata di mano”, per una consultazione veloce ed esaustiva. Gli argomenti seguono la logica applicativa, per dare risposta ad eventuali specifici quesiti che possono nascere nel corso dell’assolvimento degli obblighi.

Il Santo Padre Benedetto XVI nella recente lettera Enciclica (in forma di “Motu Proprio”) per l’istituzione delle nuove norme antiriciclaggio della Santa Sede, ha evidenziato che «la Sede Apostolica ha sempre levato la sua voce per esortare tutti gli uomini di buona volontà, e soprattutto i responsabili delle Nazioni, all’impegno nell’edi-ficazione, anche attraverso una pace giusta e duratura in ogni parte del mondo, della universale città di Dio verso cui avanza la storia della comunità dei popoli e delle Nazioni (cfr.: Benedet-to XVI, Lett. enc. Caritas in Veritate - 29 giugno 2009, 7:

fine di accrescerne l’efficacia nell’azione di prevenzione.

A queste finalità vuole rispon-dere il nuovo volume appena pubblicato da Bancaria Editrice: Antiriciclaggio. Vademecum per l’operatore, a cura di Manlio d’Agostino, economista specia-lizzato in Business & Financial Intelligence.

Il libro è una guida tascabile sull’applicazione della nor-mativa antiriciclaggio negli intermediari bancari e finan-ziari, senza pretesa alcuna di levarsi al livello di “trattato”: un piccolo strumento, pratico ed operativo - che possa tornare di aiuto a capire e supportare il lavoro di quanti si confrontano con gli aspetti applicativi della normativa, che sono spesso alla ricerca di riscontri nella fase di comprensione delle novità introdotte.

In questo senso è stato pen-sato sia il formato che la logica espositiva, nonché la modalità

RECENSIONI

Page 74: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE TERzA RECENSIONI

74UCID Letter • 3/2010

AAS 101 /2009, 645). La pace purtroppo, ai nostri tempi, in una società sempre piú globa-lizzata, è minacciata da diverse cause, fra le quali quella di un uso improprio del mercato e dell’economia e quella, terribile e distruttrice, della violenza che il terrorismo perpetra, causando morte, sofferenze, odio e insta-bilità sociale».

Con questo spirito cristiano, Manlio d’Agostino (economista, autore del libro, e Vicepresidente nazionale dell’UCID) ha deciso di destinare una parte dei pro-venti derivanti dai diritti delle vendite alla Fondazione Antiu-sura Beato G. Tovini (Verona) per incrementare il Fondo di Garanzia, proprio nello spirito indicato dal Santo Padre nella lettera Enciclica “Caritas in Veritate”: «il profitto è utile se, in quanto mezzo, è orientato a un fine che gli fornisca un senso tanto sul come produrlo quanto sul come utilizzarlo».

a cura di Silvia Paoluzzi Valutare la crisi come occasione per cambiare e rinnovare l’impre-sa. E’ quanto afferma Lorusso nel libro in oggetto, riportandosi alle parole di benedetto XVI. La crisi economico-finanziaria ha prodotto e continua a produrre danni ingenti. Le chiavi per il rinnovamento sono realismo, come reale comprensione delle necessità, e fiducia come ri-affermazione dei valori etici volti al perseguimento del bene comune, tramite l’affermazione del principio di sussidiarietà.

To assess the crisis as an opportunity for changing and renewal of the firm. It’s what Lorusso says in his book, by reference to Benedict XVI’s words. The economic and financial crisis has produced and con-tinues to produce great damages. The keys for the renewal are: realism, as a real understanding of needs, and trust as a reassertion of ethical values, in order to pursue the common good, trough the affirmation of the principle of subsidiariety.

impreSa VirtuoSa

Roberto Lorusso L’impresa virtuosa,Ed. Riuniti University Press

Può un’impresa essere definita virtuosa? Questo interrogativo apre il libro di Lorusso che si sofferma sul concetto di virtú e sulla sua applicabilità al con-testo imprenditoriale. La virtú è una disposizione stabile, che un soggetto ha, di perseguire il bene morale anche se incontra difficoltà e ostacoli. Virtuosa è dunque la persona che realizza la vita buona considerando che le scelte di oggi devono correlarsi a quelle di ieri in quanto saranno le basi per quelle del domani.

Affinché l’impresa stessa possa addivenire virtuosa non è sufficiente la virtú del singolo imprenditore ma occorre altresí una profonda riflessione sulle relazioni interne ed esterne dell’azienda stessa.

È necessario che l’impresa

stessa si collochi in un’ottica di crescita e perché ciò avvenga è necessario realizzare determinati sforzi di natura economica, ossia gli investimenti. Gli investimenti aziendali si concretizzano con l’impiego di risorse finanziarie, e non solo, al fine di raggiungere un obiettivo utile all’azienda. Prima di fare un investimento si valutano i rischi e i benefici nonché il tempo di ritorno.

Quando si parla di crescita viene spontaneo parlare di mercato. Ma perché esista il mercato è neces-sario il solo scambio delle merci? La risposta non può che essere negativa. Come afferma Benedetto XVI infatti, «il mercato lasciato al solo principio dell’equivalenza di valori e dei beni scambiati, non riesce a produrre quella coesione sociale di cui ha bisogno per funzionare. Senza forme interne di solidarietà e fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la sua funzione econo-

Page 75: UCID Letter n°3 del 2010

75

UCID Letter • 3/2010

pARTE TERzARECENSIONI

crisi senza precedenti che ha san-cito il fallimento dell’economia di mercato incapace di essere il motore dello sviluppo.

Come ripartire? Come possiamo cambiare lo stato attuale delle cose? Come ci suggerisce il Santo Padre l’attuale crisi costituisce un banco di prova, un’occasione per modificare e modificarsi. La crisi attuale è sicuramente un momento difficile nella vita delle imprese, ma deve essere vista come un’opportunità, sottolinea Lorusso, per compiere una seria valutazione sul come e perché facciamo impresa, con un’at-tenzione particolare alle piccole medie imprese, che costituiscono una preziosissima risorsa.

Realismo e fiducia sono i due atteggiamenti richiesti dai Vescovi europei al mondo politico e finan-ziario per superare la crisi. La crisi è un’occasione di discernimento e nuova progettualità. È necessario un realismo che cerca di capire cosa è veramente successo e cosa è possibile cambiare.

Un realismo impegnato che diventi una forma di solidarietà con chi, in questo momento soffre a causa della crisi.

«Urge dunque la necessità di scoprire di nuovo il significato del lavoro la promozione della funzione sociale dell’impresa e la necessità di riproporre il principio di sussidiarietà» (Vescovi Euro-pei, La crisi chiede “realismo e fiducia, Agenzia Sir).

a cura di Silvia Paoluzzi

negativo delle borse; c) crollo domande e consumi; d) capacità produttiva inutilizzata.

Le conseguenze macroscopiche della recessione sono: 1) perdita di risparmi, 2) difficoltà nel vi-vere quotidiano, 3) difficoltà nel creare e mantenere una famiglia, 4) disoccupazione.

Siamo di fronte a una crisi senza precedenti, stiamo subendo «il danno che il sottosviluppo procura allo sviluppo autentico, quando è accompagnato dal sottosviluppo morale» (CV, n. 29).

Quali le fasi della crisi?Nel febbraio 2009, a Londra,

l’autorità di vigilanza britannica, la Financial Service Authority ha identificato le seguenti fasi: 2006-luglio 2007: prime avvisaglie per il settore subprime; agosto 2007: prima caduta di fiducia all’interno del sistema bancario internazionale; settembre 2007: alcune banche iniziano a perdere, iniziano i sospetti su solidità di banche ritenute insospettabili; agosto-settembre 2008: assenza totale di fiducia, fallimento della Lehman Brother; da ottobre 2008 ad oggi: interventi pubblici per salvare le banche.

Cupidigia e avidità hanno agito senza freni nella mente e nelle azioni dell’uomo. Profitto da inseguire subito e in qualsia-si modo. Interessi individuali che hanno sopraffatto quelli di carattere generale, con questo comportamento sia privati che pubblici hanno determinato una

mica. E oggi questa fiducia che è venuta a mancare, e la perdita della fiducia è una perdita grave» (Caritas in Veritate, n. 35).

Per crescere è necessario inno-varsi e innovare. L’innovazione fa infatti parte di un circolo virtuoso che da sempre permette alle realtà imprenditoriali, piccole o grandi, di funzionare, di essere produttivi, di svilupparsi. La creatività è la fonte dell’innovazione, esercitata da chiun-que appartenga all’impresa. Paolo VI ha affermato che ogni lavoratore è un creatore e che il lavoro, fatto in modo creativo, contribuisce alla crescita della persona rendendola allo stesso tempo, partecipe artefice del proprio destino e del proprio essere uomo.

Suggestiva la teoria delle “tre T dello sviluppo” proposta da Richard Florida nel suo libro “L’ascesa della nuova classe creativa”. Talento, Tecnologia, Tolleranza, ciascuna di esse è indispensabile, ma da sola non sufficiente. Lorusso passa poi all’analisi della recessione. Essa è definita dalla Borsa Italiana come «quella condizione nella quale i livelli dell’attività produttiva risultano inferiori a quelli che potrebbero essere raggiunti, utilizzando completamente, ed in maniera efficace, tutti i fattori produttivi a disposizione».

Le conseguenze che un periodo di recessione genera sulle imprese sono diverse, tra le maggiori Lorusso individua: a) difficoltà di accedere al credito; b) andamento

Page 76: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE TERzA RECENSIONI

76UCID Letter • 3/2010

Il volume riassume e commenta le opinioni raccolte su cinque temi fondamentali quali la famiglia, l’impresa, le professioni, il no-profit e l’economia giungendo alla definizione del bene comune e alle sue un-dici regole. Punto centrale nella costruzione del bene comune è rappre-sentato dall’azione di ogni singola persona umana.

The book summarizes and comments the opinions collected on five key issues such as: family, business occupations, no-profit and economy, coming to the definition of the common good and its eleven rules. Central point in the construction of the common good is repre-sented by the action of every human person.

particolari, per esempio i soggetti deboli, o della ricchezza del patrimonio sociale.

È importante sottolineare che il perseguimento del bene comu-ne non deve riguardare solo le imprese ma ognuno nel proprio settore. Con questo assunto si vuole sottolineare il carattere personale della responsabilità sociale, in quanto il vero fattore di crescita è l’uomo. La capacità spirituale della persona è l’ele-mento che consente di arrivare all’organizzazione delle cose, nel modo migliore. La spiritualità dell’uomo è il plus che trasfor-ma le cose disordinate, in Bene Comune organizzato.

Sulla formulazione delle undici regole del bene comune, riportiamo alcune considerazioni critiche di Nicola Petrolino, membro della Commissione Cultura, il quale afferma che, a suo avviso, «appaiono condivi-sibili e apprezzabili le intuizioni espresse nei punti 3), 4),6) e 7) dell’elaborato, mentre invece sembrerebbero in certo modo scontate quelle di cui al punto 1) (insieme alla Chiesa anche la Dottrina si è espressa piú volte sul “giusto profitto”, del quale si discute da tempo immemorabile), non del tutto veritiero il punto 8) (è comune opinione che non sempre i metodi organizzativi adottati dall’impresa siano coerenti con il Bene Comune), ridondanti le riflessioni di cui ai punti 5) 9) e 10) anche alla luce

bene comune in undici regole

Amedeo Nigra Le Undici Regole del Bene Comune, 2010

Il libro nasce da un lavoro di studio e introspezione sull’eco-nomia, compiuto da un team di dirigenti, professionisti e di imprenditori dell’UCID, Gruppo Regionale Lombardo, nel corso di vari incontri e tavole rotonde, svoltesi dal 2006 al 2009. Da questi incontri sono scaturite “undici regole” per dare indicazioni su come costruire il bene comune. Esso si può definire come tutti i benefici immateriali che danno all’uomo un appagamento spirituale, come i sentimenti, la famiglia, la pace la cooperazione.

È l’uomo a essere il vero “cuore pulsante” del bene comune, in tutti gli àmbiti in cui si esplica il suo agire.

Primo àmbito di analisi è certa-mente la famiglia, che purtroppo è stata attratta nella logica dei beni di consumo, rendendola

quindi un “prodotto sostituibile” e quindi instabile.

Al contrario è necessario che si riaffermi la sua stabilità in quanto essa costituisce il primo modello di organizzazione naturale da proteggere e da utilizzare come modello economico per l’impresa e per i mercati. L’impresa è di vitale importanza per la vita di tutti perché organizza i beni, il lavoro e l’attività e perché ci fornisce un modello.

È però necessario che l’orga-nizzazione sia orientata al bene, facendo sí che il profitto abbia come condizione il vantaggio generale.

Essa è chiamata a gestire le professionalità e le competenze che devono alimentare, a livello di sistema d’impresa, la capacità innovativa che è uno dei principali vantaggi competitivi.

Fra le imprese, un encomio particolare a quelle no-profit in cui i risultati economici non vengono attribuiti a particolari soggetti, ma il cui valore viene messo a disposizione di gruppi

Page 77: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE TERzARECENSIONI

77

UCID Letter • 3/2010

5) L’uomo ha appunto il compito di realizzare il bene comune e, per far questo, dovrà adottare le azioni utili a produrre la cooperazione, la pace, la mi-gliore economia, l’organizzazione sociale, con lo scopo di rendere vantaggiose per tutti, le proprietà, gli enti pubblici, le imprese e il mondo economico in generale.

6) Nel loro lavoro, gli operatori dovranno ispirarsi all’opera del Creatore che ha impresso nella natura, le “speranze”, le aspira-zioni e i meccanismi, con cui i singoli beni vivono, si rinnovano e si combinano tra di loro. Il bene comune realizza se stesso, appunto, quando le speranze e le aspirazioni individuali, impresse dal Creare in ciascuna individualità, si soddisfano reciprocamente, cooperando e interagendo.

7) Per orientare il bene comune, bisognerà utilizzare come leva, le leggi, i provvedimenti e le azioni, che siano in grado di raccogliere e di comprendere le speranze dell’uomo ossia quei mezzi che siano in grado di rendere sempre meno ardue e sempre piú facili le attività che realizzano il bene comune, utilizzando, appunto come leva, la incentivazione e la comprensione antropologica delle aspettative dell’uomo.

8) Storicamente l’impresa è la piú grande produttrice di beni e servizi utili alla collettività, come i medicinali, gli alimenti, i trasporti, gli ospedali, nella cui produzione ha sviluppato i piú

2) Ricevuto, cosí, con il con-cetto di bene comune, un criterio guida di carattere generale, si evidenzia subito la necessità di offrirne una definizione sintetica, proprio per poter diffondere e condividere il messaggio, con semplicità

3) Ora, tentando una possibile sintesi, occorre dire come nel concetto bene comune debba-no rientrare anzitutto tutte le entità materiali necessarie alla vita dell’uomo, come il sole, la terra, gli animali, la flora, senza dimenticare anche le entità ela-borate dal diritto e dall’economia, come le proprietà, le comunità internazionali, nazionali, le istituzioni, le borse valori e le imprese. Ma, soprattutto, occorre dire come per bene comune, si debbano intendere tutti i benefici immateriali che danno all’uomo un appagamento spirituale, come i sentimenti, l’ingegno, la famiglia, l’amicizia, la pace, la cooperazione.

4) Chiarito quanto precede, bisogna subito dire come l’uomo sia il cuore pulsante e il “centro”, del bene comune. In pratica, come Nostro Signore è il motore del creato, in cui ha instillato i mec-canismi della vita, cosí l’uomo, fatto a immagine e somiglianza di Dio, ha un ruolo centrale e primario, nella organizzazione e nella valorizzazione del bene comune, in quanto soggetto pro-motore e contemporaneo oggetto destinatario, del bene stesso.

degli approfondimenti contenuti nel “Rapporto UCID 2007- La coscienza imprenditoriale nella costruzione del Bene Comune”. Quanto al punto 11), non trova-no rispondenza nella realtà né risultano felici nella forma le considerazioni ivi formulate dal momento che lo Stato, e per esso la politica (da polis) e le pubbli-che istituzioni, sono strutture destinate a perseguire finalità di interesse superiore e quindi del Bene Comune, ponendo le basi affinché l’attività dei singoli e delle imprese stesse si svolga nelle migliori situazioni possibili, operando come arbitri tra la legge del mercato e il Bene Comune poiché l’economia di mercato senza controllo conduce a una opzione contro i poveri (Michel Albert, già membro comitato monetario Banca di Francia)».

Riportiamo, per completezza e chiarezza, le undici regole scaturite da tali riflessioni.

1) Secondo il pensiero piú volte espresso dalla Dottrina sociale della Chiesa Cattolica, il “bene comune” costituisce un preciso criterio guida di carattere generale. In base a questo pensie-ro, infatti, il profitto (e, quindi, l’attività economica in senso lato) sarà giusto, solo quando e solo se, l’attività economica abbia incrementato il bene comune. Questo primo principio andrà tenuto presente, in ogni ulteriore valutazione per la sua modernità e attualità.

Page 78: UCID Letter n°3 del 2010

UCID Letter • 3/2010

78

pARTE TERzA RECENSIONI

avanzati metodi organizzativi, ragion per cui occorrerà tenere presente questo fenomeno e queste capacità dell’impresa, nelle proprie valutazioni, sui metodi da utilizzare.

9) L’impresa non è di per sé contrapposta alla solidarietà proprio perché, oltre a detenere tanti primati, risulta essere la effettiva creatrice dei beni utili alla solidarietà: proprio per questo valorizzando prioritariamente le imprese che sono orientate a rea-lizzare il bene comune e a creare beni e servizi di sostentamento dell’uomo, significherà ottenere un giovamento diffuso a favore di tutta la collettività.

10) Non tutto il bene comune dipende dagli imprenditori e questo va detto proprio perché, a proposito della solidarietà, si rivolgono le proprie esortazioni, quasi sempre e solo all’impresa, mentre al contrario, tutti gli ope-ratori in genere saranno chiamati a collaborare e a lavorare per la realizzazione del bene comune, sopratutto al miglior risultato generale.

11) Per contribuire a loro volta alla migliore realizzazione del bene-comune, anche lo Stato e le istituzioni pubbliche, nel rispetto e nella valorizzazione del criterio della sussidiarietà, dovranno com-piere le innovazioni necessarie, attuando quelle metodologie che la gran parte delle imprese hanno ormai collaudato da anni.

a cura di Silvia Paoluzzi

Questo sussidio nasce dalla collaborazione di alcune associazioni, tra cui l’UCID, offerto per aiutare ognuno di noi alla riflessione perso-nale sui brani del Vangelo domenicale dell’anno liturgico 2010-2011. Prepararsi alla domenica e svilupparne il tema è un modo per custodire e coltivare la dimensione pasquale della vita cristiana.

This subsidy was born from a collaboration of organizations, inclu-ding UCID, offered to help each of us to personal reflection on Sunday Gospel passages, of the liturgical year 2010-2011. Preparing to de-velop the theme of the Sunday it’s a way to preserve and cultivate the Easter dimension of the Christian life.

Voi Siete luce del mondo

Voi Siete Luce del MondoSussidio 2010-2011a cura della Presidenza Nazionale di Azione Cattolica, testo di meditazione personale per la preparazione domenicale

«Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lu-cerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Cosí risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli» (Mt 5,13-16).

Il brano del vangelo di Matteo dà il nome a questo testo, ribadendo il fatto che il nostro essere fedeli ci fa divenire il riflesso della luce di Cristo, Luce verso la quale dobbiamo orientare il nostro agire in modo che essa appaia con chiarezza e che per questo motivo gli uomini rendano gloria al Padre. Il testo è frutto di un’in-

tensa e proficua collaborazione tra diverse associazioni, tra le quali figura l’UCID, a cura della Presidenza Nazionale dell’Azione Cattolica.

È il segno di una comunione fraterna che unisce nel Signore, pur nella salvaguardia della spe-cificità di ciascuna aggregazione. Il volume costituisce un sussidio per aiutare a centrare la settimana sulla domenica, culmine e sorgente della vita cristiana.

L’inizio di un nuovo anno litur-gico, in questo caso 2010-2011, è un ripercorrere un cammino già svolto in precedenza, ma allo stesso tempo ricco di cose nuove e mai viste. Il mistero di Cristo della sua nascita, del suo farsi uomo, del suo passaggio tra gli uomini di questa terra, della morte e risurrezione, dell’attesa della sua venuta, giorno dopo giorno ci svela sotto una luce nuova il trascorrere del tempo.

Il ciclo A, dell’anno liturgico in esame, ci offre ogni domenica brani del Vangelo di Matteo, Vangelo molto ricco e allo stesso tempo molto misurato, vicino sia

Page 79: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE TERzARECENSIONI

79

UCID Letter • 3/2010

alla cultura ebraica sia a quella dell’impero. Ogni brano del Vangelo è seguito da un breve commento, che offre numerosi spunti di ri-flessione, e il collegamento con un passaggio della Caritas in Veritate di Benedetto XVI.

Il libro si chiude con uno sguardo rivolto alla vita di uomini e donne che, in differenti epoche storiche, hanno costituito un esempio vivo e vero della Fede e dell’amore cristiano: Armida Barelli, Antonio Bargiggia, Alcide De Gasperi, Giorgio La Pira, Alberto Marelli, Giuseppe Toniolo e Giuseppe Tovini.

La santità laicale va conside-rata nel suo aspetto di servizio e responsabilità nel costruire la Chiesa e nell’edificare il mondo secondo il progetto di Dio. I laici sono dunque chiamati, sulla scorta dell’esperienza delle persone sopranominate e di altri, a tenere insieme armonicamente due cittadinanze quella terrena e quella celeste. È proprio dei laici, uniti in associazioni, come quelle che hanno partecipato alla stesura del sussidio, vivere con passione il proprio territorio, guardare con attenzione e competenza alle vicende del Paese, lasciarsi interrogare dalle grandi dinamiche che riguardano il mondo intero. È nostro compito precipuo por-tare il Vangelo in tutti gli àmbiti della vita umana per contribuire concretamente all’edificazione del bene comune.

a cura di Silvia Paoluzzi

bilancia commerciale, cosa che puntualmente accadde, secondo le previsione keynesiane.

Come uscire dunque dalla crisi? Keynes si esprime sul tema del “laissez faire” evidenziandone i limiti. La “mano invisibile” di Smith costituisce ancora il modo migliore con cui le risorse possono essere allocate tra i vari agenti economici, ma occorre altresí eliminare il gap tra la produzione potenziale e quella effettiva, problema che deve essere risolto dall’intervento statale.

Nel “Problema degli alti salari” Keynes contraddice la tesi secondo la quale un metodo per uscire dalla crisi potrebbe essere la riduzione dei salari. Egli afferma infatti che occorre commisurare il salario a una piú elevata efficienza, la soluzione non è quindi quella di ridurre il salario, ma di mantenere il salario inalterato rendendo però i lavoratori piú efficienti.

Un altra via per tentare di uscire dalla crisi è quella di aumentare l’attivo della bilancia

uScire dalla criSi

Keynes, Come uscire dalla Crisi, a cura di Pierluigi Sabbatini, Editori Laterza, pp.141

Convenzionalmente l’inizio della crisi viene identificato col crollo di Wall Street dell’ottobre 1929. Tuttavia è da notare che la produzione industriale negli Stati Uniti era già in calo negli anni precedenti e il settore agricolo era da tempo entrato in crisi, trascinandosi un gran numero di banche che avevano concorso al suo finanziamento.

In Inghilterra la crisi aveva fatto da tempo apparizione, po-tendosi affermare che l’economia britannica non si era piú ripresa dalla crisi del ’21.

Il periodo 1925-31 segna il ritorno al gold standard dell’Inghilterra, a cui Keynes si oppose fin da subito, chiedendo di rinviare tale scelta. Il ritorno alla parità aurea pre-bellica com-portava infatti una rivalutazione della sterlina di circa il 10%, rischiando l’indebolimento della

Il volume riassume e commenta le opinioni raccolte su cinque temi fondamentali quali la famiglia, l’impresa, le professioni, il no-profit e l’economia giungendo alla definizione del bene comune e alle sue un-dici regole. Punto centrale nella costruzione del bene comune è rappre-sentato dall’azione di ogni singola persona umana.

The book summarizes and comments the opinions collected on five key issues such as: family, business occupations, no-profit and economy, coming to the definition of the common good and its eleven rules. Central point in the construction of the common good is repre-sented by the action of every human person.

Page 80: UCID Letter n°3 del 2010

commerciale: a) razionalizzando l’industria; b) rendendo i lavoratori piú efficienti; c) aumentando il commercio mondiale nel suo insieme; d) applicando un sag-gio di interesse piú basso, ove possibile, per i prestiti.

Nella “Pianificazione statale” Keynes sottolinea che tale pia-nificazione non dovrebbe essere controllata, nel dettaglio, dai corpi eletti democraticamente. La scelta dei settori in cui svi-luppare l’iniziativa pubblica

pARTE TERzA RECENSIONI

dovrebbe essere lasciato al capitale privato.

I corpi eletti dovrebbero dunque essere giudici non di prima, ma di ultima istanza, forza di riserva, capaci di effettuare cambiamenti, laddove siano stati commessi grossi errori.

Egli vede nel New Deal di Roosvelt un ottimo esempio del modo d’intendere il rapporto fra Stato e meccanismo economico. Se pur non esente da alcune critiche, Keynes considera in-

fatti il New Deal come un vero tentativo di ripresa dalla crisi e di attuazione di riforme sociali a lungo attese.

Possiamo affermare, in con-clusione, che l’economista, con stile polemico e brillante, ma altresí di facile comprensione, affronta temi quali disoccupazione, salari, investimenti, operazioni speculative che oggi come allora costituiscono gli elementi di crisi del sistema economico.

a cura di Silvia Paoluzzi

UCID Letter • 3/2010

80

Page 81: UCID Letter n°3 del 2010

81

UCID Letter • 3/2010

pARTE QUARTA ATTIvITàNAzIONALE

E INTERNAzIONALE

RAppORTI CON LA CONfERENzA EpISCOpALE ITALIANA

Sono proseguiti nel corso di questo periodo i rapporti con la Conferenza Episcopale Italiana e, in particolare, con l’Ufficio Nazionale per i Problemi Sociali e il Lavoro, diretto da Mons. Angelo Casile. Si è riunita una Consulta dell’Ufficio Nazionale dei Problemi Sociali e il Lavoro, dedicata ai risultati della Settima-na Sociale dei Cattolici Italiani di Reggio Calabria alla metà di ottobre del 2010.

RAppORTI CON LA pRESIDENzA NAzIONALE DELL’AzIONE CATTOLICA

Si sono svolti a Roma numerosi incontri presso la Presidenza dell’Azione Cattolica per la predisposizione del sussidio per la lettura del Vangelo e della Dottrina sociale della Chiesa per l’anno liturgico 2011-2012. All’iniziativa partecipano una ventina di movimenti e associazioni che diffondono al loro interno il sussidio. L’UCID ha curato il commento di quattro bra-ni domenicali del Vangelo e collegato tutti i brani dei Vangeli dell’anno liturgico con citazioni di passi significativi, delle Encicliche sociali: Rerum

rappresentata dal Segretario Generale Giovanni Scanagatta e dal Dott. Manlio D’agostino, ha partecipato al Comitato Pro-motore per la Carta delle Pari Opportunità.

Si ricorda che nel secondo Rapporto UCID 2010/11 “La coscienza imprenditoriale nella costruzione del bene comune”, figura un capitolo dedicato alla Carta delle Pari Opportunità.

Il Dott. D’Agostino nel mese di dicembre ha partecipato a Bruxelles, assieme ad altri rappresentanti del Comitato promotore della Carta, a un incontro a livello europeo per coordinare e armonizzare le iniziative con gli altri Paesi dell’Unione.

La cerimonia, presieduta dalla Presidente di Sodalitas, Dott.ssa Diana Bracco, ha visto vari interventi dei rappresentanti dei Ministeri del Lavoro e delle Pari Opportunità e di associazioni dirigenziali.

Nel mese di dicembre il Se-gretario Generale ha partecipato alla celebrazione del quinto anniversario dell’Associazione giovani per Papa Giovanni Paolo II, che verrà beatificato il 1° maggio prossimo. Nello stesso mese il Segretario Generale ha partecipato all’inaugurazione a Roma di un incubatore per avviare all’attività di impresa giovani di una casa famiglia. L’incubatore è gestito da “Mi-noranze creative” di Pierluigi

Novarum, Quadragesimo Anno, Mater et Magistra, Laborem Exercens, Centesimus Annus, di cui ricorrono gli anniversari nel 2011.

RAppORTI CON LA CONSULTA NAzIONALE DELLE AGGREGAzIONI LAICALI

In novembre si è svolta a Roma l’Assemblea Nazionale delle Aggregazioni Laicali (CNAL) a cui hanno parte-cipato il Segretario Generale dell’UCID, Giovanni Scana-gatta, e il responsabile delle Relazioni Istituzionali, Carlo Grassetti. Si sono inoltre svolti a Roma due Comitati Direttivi della CNAL di cui l’UCID fa parte. Alla riunione di gennaio ha partecipato il Consulente Ecclesiastico della CNAL, Mons. Sigalini. Nel corso degli ultimi Comitati, l’UCID ha proposto di inviare ai 70 movimenti e alle associazioni aderenti alla CNAL un semplice questionario per aggiornare l’indirizzario, le cariche, i siti e gli indirizzi di posta elettronica e conoscere il numero degli iscritti.

RAppORTI CON ALTRE ASSOCIAzIONI ED EvENTI

In questo periodo l’UCID,

Page 82: UCID Letter n°3 del 2010

pARTE QUARTA

82UCID Letter • 3/2010

ATTIvITàNAzIONALE

E INTERNAzIONALE

Sassi e Marina Placido. Nel mese di gennaio, il Segretario

Generale Giovanni Scanagatta ha partecipato ad un seminario sull’impegno dei giovani per il bene comune, organizzato a Cor-tina, dal Movimento Nazionale Giovani UCID, presieduto dal Dott. Manlio D’Agostino.

INIzIATIvE DEI GRUppI REGIONALI E DELLE SEzIONI

Nel mese di ottobre, il Se-gretario Generale ha parteci-pato ad Avellino, assieme al Presidente nazionale, Angelo Ferro, all’inaugurazione della nuova Sezione dell’UCID. Erano presenti all’incontro il Presidente del Gruppo Re-gionale Campania, Aurelio Fedele e il Presidente della Sezione di Avellino, Stefano Vecchione.

Il Segretario Generale ha partecipato nel mese di gen-naio ad un incontro a Bari con il Gruppo Regionale per l’organizzazione della IVa Giornata Wojtyla, dedicata al tema della solidarietà e alla coesione sociale con il Mezzogiorno. All’incontro era presente il coordinatore delle giornate Wojtyla, Alessandro Crespi.

Nel mese di novembre, il Segretario Generale ha par-tecipato all’inaugurazione del nuovo anno sociale della

ATTIvITà INTERNAzIONALI UCID

L’attività internazionale dell’UCID si è svolta in pre-valenza attraverso i rapporti con l’UNIAPAC Europe e con l’UNIAPAC International, assicurati dal nostro rappresentante Dott. Giovanni Facchini Martini.

Il Dott. Facchini Martini ha partecipato a tutti i Board dell’UNIAPAC Europe, che si sono svolti durante questo pe-riodo a Parigi o in altre capitali europee.

I prossimi eventi prevedono la partecipazione, nel marzo prossimo, di una delegazione dell’UCID composta da Giovanni Scanagatta, Manlio D’Agostino e Giulia Giudici al meeting organizzato dall’UNIAPAC a Beirut sul tema della finanza islamica.

Nel mese di aprile è infine previsto un Convegno orga-nizzato a Roma dall’UCID con l’UNIAPAC, con lo svolgimento dei Board di UNIAPAC Inter-national, UNIAPAC Europe, UNIAPAC Africa e UNIAPAC America Latina. Alla cena di chiusura del Simposio parteciperà il Cardinale Turkson, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace.

Sezione UCID di Frosinone, alla presenza del Vescovo Mons. Ambrogio Spreafico.

Il tema del Convegno è stato l’Enciclica sociale di Benedetto XVI, Caritas in Veriate. Gli Atti, con i vari contributi, sono stati raccolti, a cura del Presidente Iaboni, in un volume che la Presi-denza Nazionale dell’UCID ha provveduto a diffondere presso i Gruppi e le Sezioni della nostra associazione.

Nel mese di dicembre Gio-vanni Scanagatta ha parte-cipato all’incontro natalizio organizzato dalla Sezione UCID di Latina, alla presenza del Vescovo di Latina, Mons. Giuseppe Petrocchi.

Nel mese di gennaio, il Segre-tario Generale ha partecipato a Vibo Valentia all’inaugurazione della rinnovata Sezione locale, alla presenza del Vescovo della Diocesi e del Sindaco. Con l’occasione sono stati consegnati una quarantina di distintivi dell’UCID a nuovi soci, in prevalenza giovani e con una forte presenza femminile.

Page 83: UCID Letter n°3 del 2010

UCID 2010

17 gruppi regionali89 sezioni provinciali e Diocesane4.000 soci

I gruppi regionaliGruppo Regionale lombardoGruppo interregionale Piemonte e Valle d’aostaGruppo Regionale ligureGruppo Regionale VenetoGruppo Regionale Trentino alto adigeGruppo Regionale friuli Venezia Giulia Gruppo Regionale emiliano RomagnoloGruppo Regionale ToscanoGruppo Regionale umbroGruppo Regionale del lazioGruppo Regionale marchigianoGruppo Regionale CampanoGruppo Regionale basilicataGruppo Regionale abruzzo moliseGruppo Regionale PugliaGruppo Regionale CalabroGruppo Regionale siciliano

le sezioni provinciali e Diocesane

AltAmurA - GrAvinA - AcquAvivAAnconA Ascoli Piceno - s. BenedettoArezzoAstiBellunoBerGAmoBiellABoloGnABolzAnoBresciABresciA - mAnerBioBresciA - vAlle cAmonicABrindisiBusto Arsizio - vAlle olonA - Alto milAnesecAltAnissettAcAsAle monferrAtocAtAniAcAtAnzArochieticivitAvecchiAcomoconversAno monoPolicosenzAcremonAcuneo

fermoferrArAfidenzAfiesolefirenzeforlí - cesenAfrosinoneGenovAGoriziA - monfAlconeimolAlA sPeziAlAtinAlodiluccAmAcerAtAmAntovAmAterAmessinAmilAnomodenAmonzAnAPolinovArAPAdovAPAlermoPArmAPAviAPesAroPiAcenzAPordenonePotenzAPrAto

rAvennAreGGio cAlABriAreGGio emiliAriminiromAroviGosAn mArinosAvonAsondrioterAmothiene sAn GAetAnotiGullio Golfo PArAdisotivolitolmezzotorinotrAni - BArlettAtrentotreviGliotrevisotriesteudineuGentovAldArno inferiorevAreseveneziA - mestrevercelliveronAviBo vAlentiAvicenzAviGevAnoviterBo

Page 84: UCID Letter n°3 del 2010

Unione Cristiana Imprenditori DirigentiPresidenza Nazionale - Via della Conciliazione 15 - 00193 RomaTel 06 86323058 - fax 06 86399535 - e.mail: [email protected]

TaR. assoCiazioNi seNza fiNi di luCRo: PosTe iTaliaNe s.P.a. - sPediz. iN abboN. PosTale - d.l. 353/2003 (CoNV. iN l. 27/02/2004 N° 46) aRT. 1, Comma 2, dCb PadoVa