UCID Letter n°2/2007

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3 2/2007 • UCID Letter 2/2007 UCID LETTER ATTIVITA’ Periodico quadrimestrale dell’UCID Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti Direttore Responsabile Giovanni Locatelli Redazione Segreteria UCID Nazionale Via Di Trasone 56 - 00199 Roma Tel. 06 86323058 - fax 06 86399535 e.mail: [email protected] site web: www.ucid.it Anno X 2/2007 Autorizzazione del Tribunale di Roma N. 437/05 del 4/8/2005 Sped. in Abbon. Postale - D.L. 353/2003 (conv. in l. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB Padova Progetto grafico e impaginazione Germano Bertin Tipografia Nuova Grafotecnica,Via L. da Vinci 8 35020 Casalserugo - Padova Tel.049 643195 - Fax 049 8740592 site web: www.grafotecnica.it

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2/2007 • UCID Letter

2/2007UCID LETTER

ATTIVITA’

Periodico quadrimestrale dell’UCIDUnione Cristiana Imprenditori Dirigenti

Direttore ResponsabileGiovanni Locatelli

RedazioneSegreteria UCID Nazionale

Via Di Trasone 56 - 00199 RomaTel. 06 86323058 - fax 06 86399535e.mail: [email protected]

site web: www.ucid.it

Anno X 2/2007

Autorizzazione del Tribunale di RomaN. 437/05 del 4/8/2005

Sped. in Abbon. Postale - D.L. 353/2003(conv. in l. 27/02/2004 n° 46)art. 1, comma 2, DCB Padova

Progetto grafico e impaginazioneGermano Bertin

TipografiaNuova Grafotecnica,Via L. da Vinci 835020 Casalserugo - PadovaTel.049 643195 - Fax 049 8740592site web: www.grafotecnica.it

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SOMMARIO

Parte Prima

Editoriale / Coscienza, responsabilità e bene comune 5

Parte Seconda

L’insegnamento sociale della Chiesadi Mons. Pompeo Piva 8

Investire nelle risorse umane di Giovanni Scanagatta 35

Alla ricerca di valori condivisidi Angiolo Trequattrini 40

Dalla crescita allo sviluppodi Carlo Simonetti 43

Dai libri all’impresadi Ruggero Cristallo 48

Un “Team” per il successodi Luigi De Bernardis 50

Centinaia di mani, di menti, di cuoridi Emilio Iaboni 54

Un segno di presenza e di speranzadi Giuseppe Lovecchio 56

UCID e UNIAPAC lanciano un appello per il futuro dell’Europa

di Franco Nava 61Gli operatori economici cristiani per il futuro dell’Europa

di Franco Nava 63

Parte Terza

Attività Presidenza Nazionale 74

Errata Corrige.Nel precedente numero di UCID LETTER, è stato attribuito il contributo“Vocazione ed etica delle strutture economiche” a Giancarlo Picco, Pre-sidente della Sezione UCID di Torino. Si tratta invece di un contributomesso a punto dal Gruppo di Imprenditori e Dirigenti dell’Ufficio dellaPastorale Sociale e del Lavoro della Diocesi di Torino.

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EDITORIALEATTIVITA’EDITORIALE

COSCIENZA, RESPONSABILITÀ

E BENE COMUNE

Nel Rapporto sulla coscienza imprenditoriale nella costruzione del bene comunesi parla molto di condivisione, di cooperazione, di persona

Nel Rapporto - presentato a Milano lo scorso 16 giugno -

si affrontano in particolare temi

come responsabilità sociale dell’impresa,

delocalizzazione, processi di

internazionalizzazionedelle imprese,

microcredito, microfinanza,

asimmetrie di mercato,lavoro come dono,

etica nel mondo dello sport …

Abbiamo presentato a Milano il 16 giugno scorso il nostroprimo Rapporto sulla coscienza imprenditoriale nella co-struzione del bene comune. È stato un evento di grande

importanza, coordinato dal nostro Presidente Nazionale AngeloFerro, cui ha fatto seguito una tavola rotonda in cui i giornalistidelle principali testate nazionali hanno commentato il nostro Rap-porto.

Si desidera sottolineare la stimolante discussione tra i giorna-listi seguita alla presentazione del Rapporto che mette in eviden-za la specificità del nostro approccio al tema della costruzione delbene comune e alla responsabilità degli imprenditori cristiani. Inquesto senso, sia consentito richiamare i punti salienti dell’inter-vento di Nicola Saldutti del Corriere della Sera. Questa nostraspecificità di imprenditori cristiani per la costruzione del bene co-mune, è stata letta da Saldutti in chiave di contrapposizione del-le parole da noi usate rispetto all’uso corrente. Nel nostro Rap-porto parliamo di condivisione e non di concertazione, di universalee non di globale, di valori per gli stakeholders dell’azienda e nonsolo di valore unico ed esclusivo per gli azionisti, di cooperazio-ne e non solo di competizione, di primato dell’offerta di beni e diservizi rispetto alla finanza, di lungo termine rispetto al breve ter-mine, di imprenditore e non solo di impresa per la centralità del-la persona umana nei processi di sviluppo, delle asimmetrie di mer-cato rispetto all’onnipresenza di mercati efficienti, di welfare so-ciety invece di welfare state.

Il Presidente Ferro nel suo intervento ha messo in evidenza duecaratteristiche fondamentali del Rapporto: la prima sul piano delmetodo e la seconda sul piano dei contenuti.

Sul piano del metodo, non si tratta di un Rapporto commissio-nato all’esterno, ma di un lavoro corale costruito con la collabo-razione di tutti i soci dell’UCID e, in particolare, dei responsabi-li dei Gruppi di lavoro che sono stati costituiti con l’avvio dellaPresidenza Ferro nel 2004.

Sul piano dei contenuti, si ricordano qui i principali temi trat-tati: la responsabilità sociale dell’impresa, la delocalizzazione ei processi di internazionalizzazione delle imprese, il microcredi-to e la microfinanza, le asimmetrie di mercato soprattutto con ri-ferimento agli anziani non autosufficienti, il lavoro come donocon sette casi aziendali di testimonianza della conciliazione trafamiglia e impresa, l’etica nel mondo dello sport, le iniziative delGruppo Giovani per formare, trasmettere e testimoniare i valori.

Prima di passare a una breve presentazione dei temi trattati nelpresente numero di UCID Letter, appare opportuno sottolineareil crescente coinvolgimento dei soci nella preparazione della Ri-vista, con analisi, approfondimenti e contributi sulle questioni dietica cristiana applicata. È una tendenza importante, già eviden-ziata nel precedente numero di UCID Letter, che testimonia la vo-

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Nella relazione tra Università e mondooperativo delle imprese,il ruolo della “formazione” è fondamentale.Ma è l’impresa stessache deve diventare “scuola di formazione”, nello spirito di libertà che stava tanto a cuore a don Luigi Sturzo

lontà di diventare una autentica comunità di persone ispirate nelvivere quotidiano ai valori del Vangelo e della Dottrina Socialedella Chiesa.

Il presente numero di UCID Letter si apre con un contributo diMons. Pompeo Piva sui contenuti teologici, filosofici e storici del-la Dottrina Sociale della Chiesa. Questa chiave di lettura di tipoverticale, che esalta il rapporto tra Dio e l’uomo fatto a sua im-magine e somiglianza, si affianca a quella di tipo orizzontale suldiscernimento dei comportamenti dei cristiani nelle diverse con-tingenze storiche, curata dal nostro Segretario Generale Giovan-ni Scanagatta.

Il contributo afronta il rapporto tra Università e mondo opera-tivo delle imprese, con una visione dello sviluppo fondata sullacrescita non solo delle imprese esistenti ma anche sulla nascita dinuove imprese soprattutto nei settori innovativi. La scuola è inquesto caso fondamentale e l’impresa deve diventare essa stessascuola di formazione, nello spirito di libertà che stava tanto a cuo-re a don Luigi Sturzo.

L’analisi di Angiolo Trequattrini allarga lo sguardo alla politi-ca, all’economia e alla società e sottolinea la necessità di un’eti-ca globale per dare una risposta ai gravi problemi che assillano ilmondo contemporaneo in termini di sviluppo e quindi di giusti-zia e di pace. Nell’era della globalizzazione, il governo del mon-do diventa sempre piú difficile, come mostra la crisi delle istitu-zioni preposte al governo politico ed economico del nostro pia-neta. Bisogna fare un salto di qualità facendo appello ai contenutietici dello sviluppo perché quelli economici sono da soli insuffi-cienti.

Carlo Simonetti affronta un problema di grande attualità nel mon-do di oggi: i limiti dello sviluppo fondato esclusivamente sullacrescita quantitativa dei beni e dei servizi attraverso gli scambisul mercato globale, piuttosto che sull’autoproduzione che sal-vaguarda l’ambiente e, in generale, tutto il creato.

Il quinto contributo è di Ruggiero Cristallo e riguarda una va-lutazione dei probabili effetti dell’applicazione del nuovo accor-do di Basilea sui coefficienti patrimoniali minimi delle banche perl’erogazione del credito sul distretto calzaturiero di Barletta. L’a-nalisi conferma il rating critico di molte nostre imprese, in granparte di piccole e medie dimensioni, che fa prevedere elevate pro-babilità di default e quindi fenomeni di razionamento del creditosia in termini di costo sia soprattutto di disponibilità di credito.Quindi razionamento per le imprese piccole e soprattutto per quel-le ubicate nel Sud del Paese.

Il contributo di Luigi De Bernardis riguarda la rivoluzione cheha investito i modelli organizzativi delle imprese in seguito allaforte accelerazione del progresso scientifico e tecnico e dei pro-cessi di globalizzazione e di competizione tra le diverse aree eco-

ATTIVITA’EDITORIALE

Uno sviluppo fondatoesclusivamente sullacrescita quantitativa dei beni e dei servizi attraverso gli scambi sul mercato globaleè inefficace se non puntaa una autoproduzione attenta a salvaguardarel’ambiente e, in generale, tutto il creato

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nomiche. Nel passaggio dai modelli organizzativi aziendali di ti-po gerarchico a quelli di tipo orizzontale, hanno giocato un ruo-lo fondamentale le tecnologie dell’informazione e della comuni-cazione, soprattutto quelle di tipo strategico che assicurano l’in-tegrazione delle diverse funzioni aziendali, delle imprese tra diloro, e delle imprese con i mercati. Emerge in questo modo l’im-portanza del capitalismo delle reti e dei servizi innovativi alle im-prese, soprattutto quelli di tipo consulenziale, per diffondere inmodo efficace le nuove tecnologie. Il team per il successo ad al-ta performance è una minoranza creativa da cui dipende moltoil futuro di ogni impresa.

Seguono due contributi di Emilio Iaboni e Giuseppe Lo Vec-chio sulla diffusione e il dibattito a livello locale del Rapporto UCID2007 su “La coscienza imprenditoriale nella costruzione del Be-ne Comune”. Ci auguriamo che queste iniziative si estendano atutti i nostri Gruppi e Sezioni.

Il contributo di Franco Nava riguarda i temi del Convegno chesi terrà a Milano a febbraio del prossimo anno in collaborazionecon l’UNIAPAC sull’integrazione europea e sulle radici cristia-ne dell’Europa. L’Europa deve costruire il suo futuro su valori chenon devono essere solo economici ma anche morali, come han-no testimoniato i grandi padri fondatori dell’Unione Europea.

Gli amici della Presidenza Nazionale

“Integrazione europea e radici cristiane

dell’Europa”.Su questo tema

- in collaborazione con l’UNIAPAC - si terrà a Milano,

nel febbraio 2008,un convegno.

L’Europa deve costruireil suo futuro su valori

che non devono esseresolo economici

ma anche morali

EDITORIALE

ATTIVITA’

Santo Natale 2007Nuovo Anno 2008

È con vero piacere che inviamo il n. 2/2007 di Ucid Let-ter in questo tempo di Natale, momento forte e pieno di spi-ritualità per noi cristiani.

Dobbiamo vivere con fede e con gioia questo Santo Nata-le, nello spirito della celebrazione del sessantesimo della no-stra Associazione che abbiamo vissuto tutti insieme a Tori-no in autunno.

Con la coscienza di imprenditori, dirigenti e professioni-sti cristiani che operano per la costruzione del bene comu-ne, inviamo a tutta la grande famiglia ucidina i piú cordia-li auguri di Buon Natale e di Buon Anno.

Gli amici della Presidenza Nazionale

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L’INSEGNAMENTO

SOCIALE

DELLA CHIESA

Analisi storica e filosofico-teologicadell’impegno del Magistero nellamediazione sociale del messaggio evangelico

Introdurre, nel senso di pre-sentare ciò che ho scrittosotto la spinta di alcuni sti-

moli culturali, non è stato nésemplice né agevole. Ho ri-flettuto a lungo su un dilem-ma: devo esporre tutti i conte-nuti della Dottrina sociale del-la Chiesa oppure è meglio evi-denziare la metodologia, o lemetodologie, secondo le qualisi operano scelte precise, nonsempre coincidenti con la com-pletezza espositiva dei conte-nuti.

Ho scelto la seconda strada.Mi è parsa piú incisiva per lacomprensione degli stessi con-tenuti. Infatti, da principio trat-to del “Sitz im leben” storicometodologico della Dottrinasociale della Chiesa. Lo scopoè capire come nasce questo fi-lone della dottrina ecclesiale.Quali sono le condizioni ester-ne che molte volte hanno in-fluenzato il pensiero dei Pon-tefici. Quali sono state le scel-te che la comunità ecclesialeha attuato nelle interpretazionidei mutamenti storici in atto.

Quindi ho voluto tracciare,per sommi capi, un quadro bi-blico sullo sfondo del quale leg-gere la metodologia della Dot-trina sociale della Chiesa.

Infine mi cimento in una pre-sentazione concreta del temadella giustizia, che ritengo es-sere pregiudiziale ad ogni altrodiscorso.

“SITZ IM LEBEN”STORICO E METODOLOGICO

DELLA DOTTRINA SOCIALE

Tra i problemi della teologiacattolica, quello della rifles-

sione sulle trasformazioni so-ciali intervenute negli ultimidue secoli, è certo uno dei piúimportanti.

La riflessione sulle respon-sabilità del cristiano di frontealla società deve cimentarsi nel-la conoscenza e nella discus-sione del pensiero storico, fi-losofico e scientifico, che ac-compagna le trasformazioni so-ciali da almeno tre secoli a que-sta parte. Addentrarsi in questaconoscenza, vuol dire allunga-re la strada che conduce a unarisposta alla domanda: di checosa deve interessarsi la Dot-trina sociale della Chiesa e l’E-tica teologica sociale?

Possiamo rilevare in modosommario e descrittivo qualisono gli argomenti etici che ilvocabolario corrente collega altermine sociale: i problemi sol-levati dall’assetto sociale del-la società, i problemi dei rap-porti relativi all’assetto econo-mico, i problemi connessi alpotere politico e alle sue fun-zioni di governo della societàstessa.

Ora, di questi argomenti laChiesa si interessata da sempre.Ma come? Con quale metodo-logia? Con quali mediazioniculturali? Rispondere in modoadeguato a queste domande èil compito delle riflessioni cheseguono.

LINEE DI SVILUPPO STORICO

La nascita della Teologia mo-rale come corpo dottrinale a séstante coincide con l’organiz-zazione post-tridentina deglistudi per la formazione del cle-ro e con la nascita delle prime

Gli argomenti etici che il vocabolario corrente collega al termine “sociale” sono: i problemi sollevati dall’assetto sociale della società; i problemi dei rapportirelativi all’assetto economico;i problemi connessi al potere politico e alle sue funzioni di governo della società stessa

ATTIVITA’DOTTRINA SOCIALEDELLA CHIESA

di Mons. Pompeo PivaConsulente Ecclesiastico

Sezione di Mantova

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Circostanze storiche rilevanti, quali la nascita

degli Stati nazionali, l’inizio dell’opera

colonizzatrice, il trafficocommerciale e

lo sviluppo del problemafinanziario internazionale,

determinarono uno sviluppo estensivo

dello studio e della riflessione teologica

dedicata alla virtú della giustizia

Institutiones Morales (inizio1600) (1). Verso la metà delXVI secolo, iniziò in Spagna unmovimento, indicato come laseconda scolastica o scolasticabarocca, che determinò piú tar-di (XVII secolo) l’orientamen-to dominante nella teologia, an-che nel Nord Europa, partico-larmente in Germania e nei Pae-si Bassi. La caratteristica delmovimento è il ritorno alla teo-logia di Tommaso, la cui Sum-ma Theologiae sostituí il LiberSententiarum di P. Lombardo,come testo nell’ insegnamentouniversitario; sicché la forma incui si esprime il pensiero deimaestri domenicani e gesuiti, èquello del Commento alla Sum-ma Theologiae.

Presupposti preparatori

L’attenzione accordata ai pro-blemi morali in genere, e a quel-li economici, giuridici e politi-ci in specie, fu enorme. Impo-nevano una tale attenzione lecircostanze storiche: la nasci-ta degli Stati nazionali, l’ini-zio dell’opera colonizzatrice,il traffico commerciale e lo svi-luppo del problema finanzia-rio internazionale. Tali circo-stanze determinarono uno svi-luppo estensivo del commentoalla sezione della “Secunda se-cundae”, dedicata alla virtúdella giustizia, fino a imporrel’enucleazione di questo com-mento come trattato separato:il De lustitia et jure.

I commentari, semplifican-do secondo il criterio dell’uti-lità per il ministero pastorale,fornirono il quadro complessi-vo della trattazione e il ma-te-

riale per il tema economico epolitico. La sistemazione rag-giunta rimase immutata finoagli anni Cinquanta del secoloscorso.

La “Summa Theologiae”di S. Tommaso

Prima che motivi storici im-ponessero alla Teologia mora-le di esistere come disciplina se-parata, Tommaso aveva già da-to al tema una sistemazione or-ganica e distinta. Il contributoche offrí alla storia della Teo-logia morale è costituito dallaPrima Secundae, cioè dall’an-tropologia teologica, posta afondamento del dovere mora-le. La Secunda Secundae, in-vece, intende «studiare ciascu-na (cosa) singolarmente: inrealtà, le considerazioni gene-riche in campo morale sonomeno utili, perché le azioni so-no particolari» (Prologo). Co-me è noto, il criterio di artico-lazione della Morale Specialeadottato da Tommaso è com-posito: egli tratta prima dei do-veri relativi alle singole virtú(teologali e cardinali), e poi deidoveri relativi ad alcuni carismie stati di vita particolari. Latrattazione di ogni virtú si esten-de anche alla considerazionedei vizi opposti, dei doni delloSpirito Santo e dei precetti cor-relati. Le corrispondenze co-stituite tra virtú, vizi, doni, pre-cetti, appare spesso complessa.Ad esempio: tutti i precetti delDecalogo sono considerati co-me relativi alla virtú della giu-stizia, la quale perde in tal mo-do ogni specificità. Lo spazioaccordato alle singole virtú è

molto differente: alle sessantaquestioni dedicate alla giustizia,corrispondono dieci dedicatealla prudenza. Nel complesso,mi pare si possa affermare cheS. Tommaso ha tentato di tro-vare nell’organismo delle virtúil criterio sistematico di tratta-zione dei doveri.

L’argomento che interessa èpresente soprattutto nella Sum-ma Theologiae, II-II, qq. 57-122. Tommaso, che pure ave-va distinto la giustizia partico-lare in commutativa e distri-butiva, non si sofferma sullaseconda, ossia ai doveri dellasocietà nei confronti del sin-golo (2). Questi ultimi rientra-

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ATTIVITA’

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L’assunzione del concettodi Legge naturale, all’interno della dottrinacristiana sulla società,avvenne già in epoca patristica, sotto l’influssodello Stoicismo. Ma lariorganizzazione di questoconcetto, la sua distinzionelogica dalla legge evangelica, risalgono a San Tommaso e allasua rielaborazione in chiave cristiana del pensiero aristotelico

dividuo con la comunità ven-gono concepiti come i rappor-ti della parte con il tutto, delmezzo al fine. In correlazione,la legge umana positiva è con-siderata come una determina-zione della legge morale e quin-di divina. L’accettazione del-l’eredità di Aristotele, che fa-ceva dell’uomo in primo luo-go un cittadino e della moraleuna politica, è facilitata dalla fu-sione plurisecolare tra Chiesae società, che induceva a con-siderare il príncipe, come colui«che gestisce la cura della co-munità», come ministro di Dioallo stesso titolo di un vescovoo del Romano Pontefice. Oc-corre approfondire il pensierodi Tommaso, analizzando ladottrina della Legge naturale.

L’assunzione del concetto diLegge naturale, all’interno del-la dottrina cristiana sulla so-cietà, avvenne già in epoca pa-tristica, sotto l’influsso delloStoicismo, soprattutto di quel-lo latino (Cicerone) e della tra-dizione giuridica romana (4).Ma la riorganizzazione di que-sto concetto, la sua distinzionelogica dalla legge evangelica,risalgono a Tommaso e alla suarielaborazione in chiave cri-stiana del pensiero aristotelico(5). La dottrina etica-sociale diTommaso può essere indivi-duata nella sua riflessione sul-la legge. Tale riflessione portachiaro il segno della dottrinaaristotelica: ossia dell’identitàche Aristotele, insieme con tut-to il pensiero greco, stabiliva tradiritto e norma etica, tra poli-tica e morale. L’identità, alme-no per l’aspetto che attribuisce

valore di espressione della vo-lontà divina alle leggi umane,era confermata dalla storia teo-rica e pratica del Cristianesimo,e dal sistema sociale sacraledella cristianità medioevale.

Tommaso definisce il con-cetto generale di legge, secon-do quattro forme: eterna, natu-rale, divina e umana. In realtànon si tratta di un concetto, chesi realizza in modo univoco nel-le quattro specie indicate, ma diun concetto analogo, piuttostocomplesso. La tradizione lin-guistica delle Auctoritates, checonosceva i quattro usi in que-stione del termine lex (e altri,come quelli di lex vetus e lexnova), impone un’unificazio-ne logica, che peraltro appareproblematica, quando si riflet-te sulla definizione rigorosaadottata da Tommaso: «Quae-dam rationis ordinatio ad bo-num commune, ab eo qui curamcommunitatis habet, promul-gata». È chiaro che la realtàsulla quale la definizione si co-struisce è soprattutto quella del-la legge umana, giuridica. Èmolto difficile definire a qua-le communitas si riferisce lalex aeterna, oppure come puòessere configurato il comanda-mento della carità, quale ordi-natio rationis. Ma ciò che im-porta dal nostro punto di vista,è l’avallo della legalizzazionedella morale e della sacraliz-zazione etica del diritto, chequesta sistemazione comporta.

Il secondo aspetto della mo-rale tomista che interessa rile-vare è quello che potremmo de-finire moralizzazione del Di-ritto. In termini tomisti, si trat-

no nella giustizia legale, con-cepita come virtú generale, os-sia come virtú che dà forma aogni altra virtú (3). Il bonumcommune, oggetto della giu-stizia legale, è, infatti, so-vraordinato rispetto a ogni be-ne particolare, e ne determinala ragione formale di bene. Sic-ché rendere il dovuto alla so-cietà e rendere il dovuto a Dioquasi coincidono. La giustiziagenerale ha il compito di fareil bene dovuto in ordine allacollettività o a Dio, e di evita-re il male contrario.

Determinante, sotto questoprofilo, è la sintonia con Ari-stotele: i rapporti del singolo in-

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Dal momento che i princípi comuni sono

per sé noti a tutti, mentre le determinazioni

piú precise della leggemorale non sono subito

evidenti, occorre la mediazione della leggeumana, la quale opera

il passaggio dai princípialle conclusioni e quindipromulga queste ultime.

La legge umana, dunque, appare concepita come

opera della ragione

ta del rapporto che c’è tra lalegge umana e la legge natura-le, ossia tra la legge giuridicae la legge morale.

Il rapporto è descritto daTommaso nei termini seguen-ti: la legge umana si rapportaalla legge naturale come le con-clusioni particolari si rappor-tano ai princípi comuni della ra-gion pratica. Dal momento chei princípi comuni sono per sénoti a tutti, mentre le determi-nazioni piú precise della leggemorale non sono subito evi-denti, occorre la mediazionedella legge umana, la quale ope-ra il passaggio dai princípi al-le conclusioni e quindi pro-mulga queste ultime. La leggeumana appare concepita comeopera della ragione: «Neceseest quod ratio humana proce-dat ad aliqua magis particula-riter» (6).

Le leggi umane derivano dal-la legge naturale «per modumconclusionis», ossia con un pro-cedimento puramente sillogi-stico: in tal caso si ha il Dirit-to delle genti, che ha valoresemplicemente dichiarativo ri-spetto alla legge naturale. Op-pure le leggi umane possonoderivare «per modum determi-nationis», ossia in modo taleche la legge umana specifichiquanto la legge naturale di-spone genericamente. Un esem-pio classico è quello delle leg-gi penali, che precisano le san-zioni dei vari delitti. In ognicaso la legge umana svolge unruolo ministeriale nei confron-ti della legge naturale, la leggemorale intesa a condurre l’ uo-mo verso il suo fine.

Ma ciò che interessa notareè l’impostazione di fondo. Es-sa diventò esemplare per la lun-ga tradizione del giusnaturali-smo cristiano, che spesso pre-sumeva di giudicare la legisla-zione umana concreta in nomedi un diritto naturale astratta-mente determinato, in nomequindi della semplice legge eti-ca. Questo modo di procederepresuppone in maniera piú omeno espressa la sostanzialegiustizia dei rapporti sociali di-sciplinati dalla legge vigente ela sensibilità del legislatore alvalore morale. Il problema del-la legge giusta diventa sempli-ce problema conoscitivo, e lacompetenza del Magistero ec-clesiastico è evidente. Mentre,in realtà, il problema della leg-ge giusta è anche problema dipotere.

Il conflitto degli egoismi, chegenera la necessità di una nor-mazione giuridica, genera an-che gli equilibri di fatto rag-giunti. Nel conflitto ciò chespesso prevale è la forza di tut-ti i generi: del denaro, delle ar-mi, della ragione e dell’evi-denza, nella misura però in cuiquesta evidenza diventa patri-monio sociale e si impone co-me fattore rilevante nel con-flitto. Il giudizio etico sui rap-porti sociali non può prescin-dere dall’esame di questa com-plessa rete di rapporti, non puòprescindere dalla considera-zione storica della società stes-sa. Certamente, la tradizioneevangelica, irriducibile all’im-postazione etica e politica diorigine greca, introduce nella si-stemazione di Tommaso ele-

menti di tensione. Tommasoconosce quale fine ultimo del-l’uomo una «aeterna beatitu-do». Alla giustizia generale siaggiunge quindi una secondavirtú generale che è la carità, eche ordina appunto alla «ae-terna beatitudo».

Il trattato “De iustitia et jure”

I teologi domenicani (De Vi-toria, Cano, Duns Scoto, DeMedina, Banez) e gesuiti (Mo-lina, Gregorio e Gabriele Va-squez, Suarez, Lessius) dellaseconda scolastica, non si po-sero il problema dell’organiz-zazione sistematica della Mo-

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Il Concilio di Trento, soprattutto con il Decretosulla Penitenza, avevaauspicato la creazione di Istituti di formazioneper futuri sacerdoti.In questo contesto l’insegnamento della Teologia morale ebbe prima di tutto un intento pastorale, di abilitazione all’esercizio del ministerodella confessione

Manuali di Teologia morale,diffusi ancora nella prima metàdel secolo scorso, furono le di-sposizioni del Concilio di Tren-to.

Il Decreto sulla Penitenza,aveva affermato la necessità,de iure divino, di confessaretutti e i singoli peccati morta-li, comprese le circostanze, chemutano la loro specie (7). Lostesso Concilio aveva auspica-to la creazione di Istituti di for-mazione per futuri sacerdoti.La realizzazione dell’auspiciofu affidata soprattutto ai Ge-suiti, che ebbero l’incarico del-l’insegnamento in molti semi-nari. In questo contesto l’inse-gnamento della Teologia mo-rale ebbe soprattutto un inten-to pastorale, di abilitazione al-l’esercizio del ministero dellaconfessione secondo le esi-genze del Decreto tridentinosulla Penitenza. La mole enor-me dei Commentari universitarialla Summa, la disposizione po-co pratica delle diverse mate-rie, indussero a una semplifi-cazione e a una rifusione, dal-le quali emersero le Institutio-nes Teologiae moralis. La pri-ma opera fu quella di Giovan-ni Azor (1559-1603). Le piú il-lustri che in seguito si affer-marono, furono quelle di DeLugo (1583-1660) e di Bu-sembaum (1600-1688). Que-st’ultima in particolare offrì loschema di fondo alle opere diS. Alfonso, di Gury (il manua-le piú diffuso all’inizio del XXsecolo), di Bellarmino. Le ca-ratteristiche piú notevoli delleInstitutiones sono la concen-trazione in poche pagine di tut-

te le questioni di morale gene-rale; e connesso alla caratteri-stica precedente, si realizzal’abbandono dello schema del-le virtú a favore di quello deicomandamenti. Schema que-st’ultimo, che meglio serviva aorganizzare la trattazione casi-stica, richiesta dallo scopo pa-storale. L’argomento della mo-rale economica, fatto rientraresotto il titolo del VII e del X co-mandamento, mantenne loschema del De Iustitia et iure.L’argomento politico, costret-to nei limiti dei doveri versol’autorità, fu trattato all’inter-no del IV comandamento, co-me caso particolare dell’obbe-dienza dovuta ai superiori. Latrattazione non affronta ex no-vo i problemi fondamentali del-la società, dei rapporti tra nor-me sociali e norme etiche; nonprevede una responsabilità at-tiva del semplice cittadino in or-dine alle istituzioni e all’evo-luzione della società. Richia-mati i princípi generali, esami-na i conflitti di ubbidienza, checaso per caso possono insor-gere per l’individuo.

All’inizio del XX secolo al-cuni autori, soprattutto di lin-gua tedesca come Lemkhul(1894) e Vermeersch (1937),tornarono allo schema tomistadelle virtú. Questo ritorno siaccompagnò a un tentativocomplessivo di restaurazionetomista, inteso a superare laframmentarietà della trattazio-ne casistica e anche il conse-guente legalismo morale, che aquesto tipo di trattazione sí ac-compagna. Il rinnovamento in-teressò, in qualche misura, an-

rale speciale. La forma del com-mentario alla Summa Theolo-giae di Tommaso li esoneravada tale compito. Le qq. 57-78della II-II offrirono loro, contutta naturalezza, un punto dipartenza per porre e risolvere lequestioni economiche, politi-co-internazionali insorgenti inquegli anni. L’edificio crescemolto e acquista un’organicitànon presente nella trattazionedi Tommaso. Ma le basi nonfurono messe in discussione.

Dalle “Institutiones morales” ai Manuali recenti

All’origine del nuovo gene-re letterario, progenitore dei

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L’emergere della Dottrina sociale della Chiesa èstrettamente legato alconflitto storico tra la

Chiesa cattolica e lo Stato laico,

all’indomani della rivoluzione liberale, e

alla presenza attiva deimovimenti cattolici nelpiú ampio movimentooperaio egemonizzato

da correnti ideologichenon cristiane:

socialismo e comunismo

che l’argomento etico e socia-le. Ma nel frattempo tale argo-mento, in rapporto alle vicen-de storiche generali della so-cietà sia europea sia nordame-ricana, assunse una comples-sità tale da trovare difficilmenteuna collocazione adeguata en-tro lo schema, sia pure rinno-vato, del trattato De iustitia etiure. È significativo il fatto cheanche manuali universalmenteapprezzati, come quello di B.Häring, dal titolo La Legge diCristo (anni Sessanta), accor-dino all’argomento etico e po-litico uno spazio contenuto (30pagine su 170 complessive perHäring). Il nuovo manuale pub-blicato da B. Häring, Liberi efedeli in Cristo (1980), mancadella parte che interessa le pre-senti riflessioni.

L’analisi sul tema della so-cietà emigra in opere di carat-tere monografico, non vincolateall’impostazione di tipo siste-matico.

Sintomo della nuova situa-zione è la nascita di un filonedottrinale nuovo, la Dottrinasociale della Chiesa, che nonsi inserisce nella trattazione tra-dizionale della Teologia mora-le, proprio per le ragioni meto-dologiche indicate.

LE TAPPE

DELLO SVILUPPO STORICO

È necessario ripercorrere al-cune tappe dello sviluppo sto-rico della Dottrina sociale del-la Chiesa. Non intendo trac-ciare una storia, ma soltantotoccare le questioni metodolo-giche e dottrinali piú signifi-cative.

Il “Sitz im leben” storico

L’emergere della Dottrina so-ciale della Chiesa è strettamentelegato alle vicende della so-cietà negli ultimi 200 anni. Ilsuo “Sitz im leben” non è quel-lo scolastico. Soltanto di re-cente, quando già si profilavaun ripensamento profondo diquesto filone dottrinale, essa èentrata a far parte delle disci-pline fondamentali nei pro-grammi dei Seminari (8). L’o-riginario “Sitz im leben” è pri-ma di tutto il conflitto storicotra la Chiesa cattolica e lo Sta-to laico, all’indomani della ri-voluzione liberale, e la presen-za attiva dei movimenti catto-lici nel piú ampio movimentooperaio egemonizzato da cor-renti ideologiche non cristia-ne: socialismo e comunismo.In rapporto a questo originario“Sitz im leben” si comprendo-no due caratteristiche, che sem-brano delle costanti nella Dot-trina sociale della Chiesa.

La tendenza apologetica

I moderni rivolgimenti so-ciali (l’egemonia della bor-ghesia, la rivoluzione industria-le, il colonialismo e i problemiconnessi, l’emancipazione delTerzo Mondo, i problemi del-lo sviluppo …) non hanno tro-vato nella riflessione dei catto-lici una immediata reazione.

Intervenne prima la com-prensione offerta dai non cre-denti, che si integrava in unaconcezione dell’uomo e dellasocietà laicista o addiritturaatea. Sicché la successiva ri-flessione cristiana si configurò

come apologetica nei confron-ti delle teorie liberali o liberi-ste, critiche verso il cristiane-simo. La confutazione degli er-rori moderni in materia socia-le prevale, quindi, decisamen-te su ogni tentativo di con-frontarsi oggettivamente conquanto stava accadendo nellasocietà, fino alla seconda guer-ra mondiale. Emblematico, sot-to questo profilo, è il fatto chela Dottrina sociale cristiana fos-se presentata, ancora negli an-ni 1950-1970, come la terzavia, a metà strada tra il libera-lismo e il comunismo.

Si può capire perché le cosesiano andate in questo modo: la

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È indubbio che nello sviluppo della riflessionecristiana sulla società negli ultimi due secoli il Magistero dei Ponteficiha avuto una posizionepolarizzante il dibattito teologico. Naturalmente non esisteEnciclica papale che non presupponga, in qualche misura, un movimento dottrinaleprecedente

suppone, in qualche misura, unmovimento dottrinale prece-dente. Ma sembra indubitabileil fatto che tali movimenti dot-trinali sono stati episodi circo-scritti per esercitare da soliun’influenza sull’opinione pub-blica cristiana, qualora non fos-sero stati recepiti dal Magiste-ro pontificio. Dei lavori del-l’Unione di Friburgo si parlain rapporto alla Rerum Nova-rum. Il corporativismo di Pesche dei suoi discepoli è cono-sciuto soltanto come presup-posto dottrinale alla enciclicaQuadragesimo anno . DiGrundlach si interessa pratica-mente solo chi studia la dottri-na sociale di Pio Xll. La stes-sa espressione Dottrina socia-le della Chiesa divenne sino-nimo di Insegnamento pontifi-cio in materia sociale; e i Ma-nuali, dedicati a questa disci-plina, presentano una riesposi-zione sistematica dei contenu-ti dei documenti papali.

I periodi del Magistero sociale

Mi limito a individuare letendenze dominanti nei diver-si periodi e a proporre alcunesottolineature (9). È possibiledistinguere due periodi nellosviluppo del Magistero ponti-ficio. Fino al 1891, data dellapubblicazione della Rerum No-varum, al centro dell’interesseè posta la questione politica, opiú concretamente le questio-ni della concezione liberale lai-ca dello stato e della società. Dal1891 in poi acquista invece ilprimato la questione sociale, ilcomplesso di problemi posti

dalla organizzazione industria-le e capitalista, dei rapporti diproduzione, dalla nascita delmovimento operaio e dalla na-scita del processo di emanci-pazione dei Paesi del Terzomondo. Certo, anche nel se-condo periodo, la questione po-litica rimane fondamentale,specie negli anni che vanno daPio Xll ad oggi. Tuttavia essaè affrontata e discussa di ri-flesso, rispetto alla piú fonda-mentale questione economica esociale. Il pensiero di Hegel edi Marx ha sollecitato l’inter-vento dei Pontefici: la societàcivile, intesa come sistema dibisogni, costituisce la struttu-ra in rapporto alla quale oc-corre valutare le Istituzioni po-litiche. Già questa caratteriz-zazione rende ragione del per-ché il tema politico sia statosvolto in forma metafisica nelMagistero precedente LeoneXIII; mentre il riferimento al-la storia sia diventato via via ri-levante e centrale in GiovanniXXIII, nel Concilio VaticanoII, in Paolo Vl. In GiovanniPaolo II e nell’attuale Pontefi-ce.

La Chiesa cattolica di frontealla rivoluzione liberale

La Chiesa reagí in manieranetta alla Rivoluzione france-se e a tutto il complesso di po-sizioni liberali che da quellascaturirono. I documenti prin-cipali della posizione pontificiasono le encicliche Mirari vos(1832) di Gregorio XVI eQuanta cura (1864) di PIO IX,con annesso il Sillabo (10).

Ma le valutazioni critiche di

Chiesa, e quindi il cristianesi-mo, aveva avuto un ruolo im-portante nella società dell’an-cien régime. Il processo di lai-cizzazione della società mo-derna costrinse la Chiesa a unatteggiamento di tendenzialedifesa.

Preminenza del Magistero pontificio

È indubbio che nello svilup-po della riflessione cristianasulla società negli ultimi due se-coli anni il Magistero dei Pon-tefici ha avuto una posizionepolarizzante il dibattito teolo-gico. Naturalmente non esisteEnciclica papale che non pre-

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Per la Chiesa, accantoal dovere dei cittadini

dell’obbedienza, esisteva anche un

dovere dei governanti di rispetto della normamorale stabilita da Dioe dichiarata dai Pastori

ecclesiastici. Ma il principio divinodell’autorità impediva

che il popolo fosse giudice dei suoi pastori

quelle encicliche attraversanoancora il Magistero di LeoneXlll e dei papi successivi finoa Pio Xll, anche se in formaprogressivamente ridotta. Ladefinitiva conciliazione dei pa-pi con i valori positivi della ri-voluzione liberale - i diritti del-l’uomo - si può dire realizzatacon la Pacem in terris (1963)(11) di Giovanni XXIII, i cui nn.1-8 contengono appunto unaproclamazione dei diritti del-l’uomo. Alcuni di tali diritti fu-rono sempre affermati dai Pon-tefici, altri saranno proclamatisolo in seguito. L’affermazio-ne del n. 3: «Ognuno ha il di-ritto di onorare Dio ad rectamconscientiae suae normam»,stabilisce il diritto proprio del-la concezione liberale, e quin-di laica, dello stato. I documentiprecedenti avevano affermatauna lecita e doverosa tolleran-za delle diverse opinioni reli-giose; ma soltanto per la verareligione avevano affermato undiritto di libertà (12). Il moti-vo per il quale hanno stimatoil diritto civile alla libertà reli-giosa come il diritto tipico del-la concezione liberale, risultachiaro, se si considera che l’a-gnosticismo e l’indifferentismocostituirono l’errore religioso alquale i documenti papali ridu-cevano il liberalismo e per que-sto lo condannavano.

Per la Chiesa, inoltre, accantoal dovere dei cittadini dell’ob-bedienza, esisteva anche un do-vere dei governanti di rispettodella norma morale stabilita daDio e dichiarata dai Pastori ec-clesiastici. Ma il principio di-vino dell’autorità impediva che

il popolo fosse giudice dei suoipastori. La non distinzione traliberalismo politico e liberali-smo religioso non fu però sol-tanto dei Papi: tutti gli stati li-beraleggianti manifestavanoambizioni di riforma ecclesia-stica, prolungando il giurisdi-zionalismo degli stati assolutidel Settecento.

Piú a fondo, il motivo di nondistinzione tra liberalismo po-litico e negazione di ogni istan-za assoluta come fondamentodella società, era iscritto nel-l’ordine dell’ancièn regime. Inquell’ordine, l’istanza assolu-ta era rappresentata dal cristia-nesimo, dalle istituzioni eccle-siastiche e dalla consacrazioneche la Chiesa accordava alleistituzioni politiche esistenti.Sicché la messa in questionedelle Istituzioni si è configura-ta come posizione antieccle-siastica. La posizione dellaChiesa conobbe due momentidistinti, rappresentati dai PapiGregorio XVI e Pio IX.

Gregorio XVI e Pio IX

Il documento che definiscel’atteggiamento di GregorioXVI è l’enciclica Mirari vosdel 16 agosto 1832 (13), una ri-sposta alle tesi dei cattolici li-berali belgi e italiani, partico-larmente del pensiero di La-menais e dell’Avenir. Il mo-mento storico vedeva la rinno-vata alleanza legittimista tratrono e altare dell’età della re-staurazione. Il contenuto del-l’Enciclica si riassume nei se-guenti punti: a) denuncia dellarichiesta di annullamento delconcordato, b) rifiuto dell’af-

fermazione che la Chiesa abbiabisogno di riforma interna, c)rifiuto dell’alleanza tra Chiesae liberalismo, d) condanna del-l’indifferentismo, e) condannadella libertà di coscienza, f)condanna della libertà di stam-pa (14). Come si vede, l’idea-le che soggiace a questo docu-mento è quello di una conce-zione sacrale della società, incui l’autorità civile, alleata conla Chiesa, svolge un compito ditutela e di direzione culturale ereligiosa dei cittadini. I fonda-menti speculativi di questoideale non sono elaborati. Fu-rono soprattutto i gesuiti, la cuiCompagnia fu ricostituita nel

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L’ideale di società delineata dalla “Quantacura” è ancora l’idealemedievale della «vicendevole società econcordia di intenti tra il sacerdozio e l’impero,che sempre riuscí vantaggiosa e salutaretanto alla Chiesa quantoallo Stato». La tesi delregime di separazione traChiesa e Stato è idea riconducibile al comuneerrore del naturalismo

viltà Cattolica siano stati tra ifautori della presa di posizio-ne del Pontefice. Mi occupo inbreve dei due documenti con-centrando la riflessione sullanatura neotomista sulla società,che accompagnò il successivoMagistero di Leone Xlll.

L’ideale di società delineatadalla Quanta cura (16) è ancoral’ideale medievale della «vi-cendevole società e concordiadi intenti tra il sacerdozio el’impero, che sempre riuscívantaggiosa e salutare tanto al-la Chiesa quanto allo Stato»(17). La concezione laica del-lo Stato, e quindi la tesi del re-gime di separazione tra Chie-sa e Stato, la pretesa che «sigoverni senza avere nessun ri-guardo alla religione, come senon esistesse o almeno senza fa-re alcun divario tra la vera e lefalse religioni», sono tutte ideericondotte al comune errore delnaturalismo.

Il fondamento dell’equazio-ne tra Stato laico e Stato natu-ralista risulta chiaro: «Rimos-sa la religione, ineluttabilmen-te è perso qualsiasi fondamen-to della giustizia e del diritto»,e «la forza materiale, la volontàdel popolo diventano leggi so-vrane. I fatti consumati, per ciòstesso che sono consumati, han-no vigore di diritto» (18). Ap-pare come, nella prospettivapontificia, la negazione delladimensione religiosa si presentacome negazione del fonda-mento etico della vita sociale.Il punto di vista del rapportoChiesa e Stato, che è nello stes-so tempo rapporto tra religio-ne e vita civile, è determinan-

te al punto tale da suggerireun’interpretazione particolaredel comunismo. Esso è pre-sentato come un’applicazionedel laicismo liberale: «Allon-tanare la religione dalla pub-blica società e dal campo del-la famiglia». La sua tesi è che«la società domestica e la fa-miglia riceve dal solo dirittocivile ogni ragione della suaesistenza» (19).

Il Sillabo, unito all’Encicli-ca, costituisce un insieme di 80proposizioni considerate erro-nee, tratte da encicliche e allo-cuzioni precedenti a Pio IX, econdannate come errori del no-stro tempo. La discussione suc-cessiva chiarí che queste pro-posizioni, sia per il significatosia per il valore autorevole del-la condanna, dovevano essereinterpretate alla luce dei docu-menti da cui erano state tratte.Sicché non comporta un’auto-nomia dottrinale, né una nuo-va condanna. Le proposizioniebbero maggiore pubblicità del-l’Enciclica stessa e sancirono,nell’opinione pubblica, la po-sizione di antiliberalismo neiconfronti della Chiesa.

È significativo il modo conil quale si tentò di colmare ilfossato tra i documenti di PioIX e le condizioni politiche con-crete in cui, di fatto, dovevanovivere i cattolici: alludo alla di-stinzione tra tesi e ipotesi in-trodotta dai gesuiti della Ci-viltà Cattolica, utilizzata daNewman per conciliare il Sil-labo con il lealismo statale deicattolici. L’argomento fu usa-to soprattutto dal vescovo Du-panloup (20). La tesi era fon-

1814 dopo la soppressione, chediedero all’antiliberalismo del-la Chiesa ottocentesca un fon-damento piú saldo di quello le-gittimista di De Maistre. Furo-no essi gli artefici del nuovoprogramma di società cristiana- meglio di civiltà cattolica, se-condo il nome della loro rivi-sta fondata nel 1850 - da con-frontare con la civiltà moder-na e il liberalismo, con i qualiil Pontefice dichiarava impos-sibile la conciliazione (15). Inrealtà il nuovo programma, chenelle intenzioni è neotomista,non appare ancora molto ope-rante nei due documenti del1864, benché i gesuiti della Ci-

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L’enciclica “Immortale Dei”

di Leone XIII, partendo dalla

concezione di una società

pienamente formata sui princípi cristiani,

invita i cattolici a non rinunciare alla vita politica, ma, al contrario,

a parteciparvi in modo attivo

data sull’oggetto dell’insegna-mento pontificio: l’afferma-zione di princípi assoluti, chedovevano idealmente gover-nare una società cristiana, in-teramente cattolica. Ma la tesinon escludeva che, qualora (equesta è l’ipotesi) si vivesse inuna società ostile al cattolice-simo, non si potesse da partecattolica giungere a un ricono-scimento di fatto e a un com-promesso pratico su tutti i pun-ti condannati dal Papa. La di-stinzione avviava al concettodi tolleranza del regime liberale.

La distinzione è particolare,perché evidenzia un aspetto me-todologico costante del Magi-stero pontificio, almeno fino aPio Xll: la tendenza a elabora-re deduttivamente il giudiziosul presente, partendo da unmodello ideale, limitando laconsiderazione storica della so-cietà reale come elemento de-cisivo per elaborare un giudi-zio etico sul presente. La di-stinzione tra tesi e ipotesi eraparticolarmente congeniale al-la teoria politica, che soprat-tutto Luigi Taparelli D’Azeglioproponeva nelle proprie operee dalle pagine della Civiltà Cat-tolica; una teoria che, senza ri-nunciare ai princípi teocratici,respingeva la vecchia edizionelegittimista dell’ideale monar-chico. Al contrario, cercava didare ad esso una forma razio-nale, capace di creare una con-ciliazione con gli aspetti tecni-ci e propositivi delle nuove sco-perte scientifiche (21).

La dissociazione della teoriapolitica cattolica dal legittimi-smo monarchico avviene tra-

mite la riscoperta della dottri-na tomista del Diritto natura-le, che vede in ogni societàun’autorità legittima, ossia unasuperiorità di diritto di un uo-mo o di un gruppo sul restodella società. Ma è soltanto ilcomplesso delle circostanze chedetermina i detentori della so-vranità; sicché i suoi fonda-menti concreti si possono rea-lizzare nei modi piú vari. Nes-suna forma di governo è, inquanto tale, contraria al prin-cipio naturale dell’autorità. Ildiritto naturale rinuncia a de-terminare un regime ideale;questo tema è lasciato alla con-tingenza storica. Tuttavia, inogni caso, il governo esercitail suo potere secondo diritto enon per pura prepotenza, inquanto il suo ministero è rico-nosciuto come volontà di Dioe non di uomini soltanto. Il go-verno ha dunque bisogno del-la Chiesa per governare se-condo giustizia. Le radici di ta-le spirito sono da ricercare nel-la Riforma protestante (22). Ècostruito un piano inclinato cheva dalla Riforma al Liberali-smo e al Socialismo, e che po-ne i pericoli dello spirito mo-dernista nella luce della con-troversia confessionale. Rima-ne la possibilità che il cattoli-cesimo restituisca alle Istitu-zioni rappresentative modernel’integrità che ad esse storica-mente manca.

Leone XIII

Il Magistero di Leone XIII inmateria politica non si allonta-na dall’impostazione prece-dente, ma recepisce l’influen-

za dell’elaborazione teologicadei gesuiti, di tendenza razio-nalistica, neotomista e soprat-tutto preoccupata di garantirepraticamente un modus viven-di con la realtà ormai afferma-ta degli Stati liberali. Partico-larmente significativa è un’al-tra enciclica di Leone XIII daltitolo Immortale Dei (1 no-vembre 1885) (23), che anco-ra oggi può utilmente essereletta come un compendio es-senziale della dottrina politicapiú comune, presente nei ma-nuali scolastici. Il documentoha una struttura ternaria: a) l’e-sposizione dottrinale circa«l’argomento di una società

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È Pio XI che propone la prima chiara formulazione del “principio di sussidiarietà”, nel contesto della difesache egli fa delle associazioni, atte a «promuovere una cordiale collaborazionedelle varie professionidei cittadini» nei confronti della non evidenza statale

dalle condizioni storiche.L’impianto lascia indetermi-

nati alcuni aspetti dell’orga-nizzazione sociale, come adesempio le forme di governo.A questo proposito è afferma-to nell’Enciclica il diritto allapluralità di opinioni tra i catto-lici (n. 21).

La conclusione è l’esorta-zione a partecipare alla vita po-litica, esortazione che trova ri-scontro in tutta l’azione pasto-rale di Leone XIII (25). La scel-ta pratica e pastorale del Pon-tefice sarà poi quella dei catto-lici europei dopo la prima guer-ra mondiale, cioè la partecipa-zione alla realtà ormai indi-scussa dello Stato laico. La scel-ta peraltro si prolunga in avan-ti rispetto alle premesse spe-culative. Il fatto non sarà sen-za rilevanza sulla partecipa-zione politica cattolica alla vi-ta degli Stati moderni. La so-luzione concordataria dei rap-porti tra Stato e Chiesa, perse-guita da Pio XI, sarà l’espres-sione paradigmatica di questoequilibrio tra la visione tra-scendente della dottrina eccle-siastica e la laicità dello Statoliberale.

Sviluppi recenti della Dottrina sociale della Chiesa

A partire dal 1891 per Leo-ne XIII e per i Papi successivi,la questione sociale prende ilposto della questione politica,come oggetto polarizzante gliinterventi in materia di società.

Questo non significa che idocumenti non si interessanopiú di questioni politiche, ma

lo fanno prevalentemente nelcontesto della piú fondamentalequestione sociale. L’acquisi-zione piú rilevante - per quan-to riguarda la materia politicanel periodo che va fino a Pio XII- è il principio di sussidiarietà,applicato in particolare ai rap-porti tra Stato e società inter-medie. È Pio XI che propone laprima chiara formulazione delprincipio, nel contesto della di-fesa che egli fa delle associa-zioni, atte a «promuovere unacordiale collaborazione dellevarie professioni dei cittadini»nei confronti della non evidenzastatale (26).

Da Giovanni XXIII in poi iltema politico riacquista un in-teresse piú spiccato e sono in-trodotte sostanziali novità dimetodo e di contenuti. Mi limitoad alcuni rilievi essenziali, chese confrontati con la dottrina finqui esposta manifestano tutta laloro potenza del nuovo corso(27). Per quanto riguarda i con-tenuti, è accolto il principio li-berale democratico della a-con-fessionalità dello Stato: prin-cipio che non riguarda soltan-to i rapporti tra Chiesa e Stato,ma è fondamentale per la con-cezione complessiva dell’ordi-ne politico e dei modi attra-verso i quali viene assoggetta-to alla norma etica. La tesi del-la tolleranza, proposta ancorada Pio Xll, suppone una com-petenza dell’autorità ecclesia-le in materia morale e religio-sa; competenza che chiede asua volta l’ancorazione imme-diata dell’agire dei poteri poli-tici a una norma ideale meta-storica (28). Paolo Vl nella Oc-

pienamente formata sui princí-pi cristiani», b) un giudizio sul-la società storica, scaturita dal«funesto e deplorevole spiritodi novità suscitatosi nel seco-lo XVI», ossia la crisi dell’au-torità iniziata con Lutero, e lepretese libertà moderne (24),c) una precisa raccomandazio-ne ai cattolici di non rinuncia-re alla vita politica ma anzi dipartecipare attivamente. Già daquesto rapido richiamo, si in-travedono le caratteristiche del-l’atteggiamento di Leone XIII.Innanzitutto, è chiara l’impo-stazione filosofica, che delineail modello ideale normativo disocietà politica a prescindere

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Paolo Vl nella “Octogesi-ma Adveniens” afferma

che: «Non spetta né alloStato né ai partiti politici,che sarebbero chiusi in sé

stessi, di tentare di imporre un’ideologia conmezzi che sboccherebbero

nella dittatura degli spiriti». Loro compito è

invece sviluppare nel corposociale convinzioni ultime sulla natura, sull’origine

e sul fine dell’uomo e del-la società

togesima Adveniens affermaesplicitamente: «Non spetta néallo Stato né ai partiti politici,che sarebbero chiusi in sé stes-si, di tentare di imporre un’i-deologia con mezzi che sboc-cherebbero nella dittatura deglispiriti, la peggiore di tutte. Ècompito dei raggruppamenticulturali e religiosi, nella li-bertà di adesione che essi sup-pongono, di sviluppare nel cor-po sociale, in maniera disinte-ressata e per le loro vie, questeconvinzioni ultime sulla natu-ra, l’origine e il fine dell’uo-mo e della società» (29).

Il testo di Paolo Vl proseguecitando la Dignitatis Humanae,la Dichiarazione del ConcilioVaticano II sulla Libertà reli-giosa, la quale afferma già il di-ritto alla libertà religiosa an-che per «coloro che non sod-disfano l’obbligo di cercare laverità e di aderire ad essa».Fondamento di tale diritto, chenon poggia «sulla disposizionesoggettiva della persona» (quin-di su una valutazione di meri-to circa il valore etico e verita-tivo di determinate credenze),ma «sulla sua stessa natura»(30). Il diritto in questione de-ve essere inteso in senso giuri-dico, ossia un diritto che le Isti-tuzioni sociali devono garanti-re, ed esclude la «coercizioneda parte di singoli individui, digruppi sociali e di qualsivogliapotestà umana» (31). In questeaffermazioni sta incoattiva-mente tutta la concezione libe-rale democratica della societàpolitica, di fatto proposta nel-la Octogesima Adveníens (32).

Concezione per cui la pro-

porzione dell’ordinamento po-litico all’ordine etico avvieneattraverso la coscienza e la scel-ta responsabile dei cittadini:coscienza e scelta alimentateda associazioni culturali e re-ligiose che sono (o dovrebbe-ro essere) senza potere. Questatesi suppone già una norma eti-ca per gli ordinamenti politici:norma che peraltro Paolo VIrileva come già acquisita allacoscienza pubblica contempo-ranea (33). Una norma per con-cretare la quale occorrono, però,modelli operativi: «La dupliceaspirazione all’uguaglianza ealla partecipazione è diretta apromuovere un tipo di societàdemocratica. Diversi modellisono proposti, taluni sono espe-rimentati; ma nessuno soddi-sfa del tutto e la ricerca restaaperta tra le tendenze ideolo-giche e pragmatiche. Il cristia-no ha l’obbligo di parteciparea questa ricerca [...]» (34).

La tesi comporta anche unmutamento dei metodi me-diante i quali la coscienza cri-stiana e il Magistero ecclesia-stico enunciano giudizi etici epolitici. I princípi ideali di taligiudizi vanno reperiti nella co-scienza collettiva della società.

Si veda a questo proposito lapuntuale rilevazione dei segnidei tempi a conclusione dellequattro sezioni della Pacem interris di Giovanni XXIII, co-stituiti appunto da quelle istan-ze ideali che in qualche modogià si sono affermate nella co-scienza del nostro tempo (35).Questo non significa che la co-scienza cristiana non può esserecritica nei confronti della co-

scienza collettiva. Suppone unprevio consenso sociale e de-nuncia la divaricazione tra que-sto consenso e la realtà dei rap-porti di fatto esistenti. Dunque,poiché la critica alle istituzio-ni è critica del divario tra rap-porti di fatto e ideali comune-mente affermati, passa neces-sariamente per un’analisi sto-rica. Di qui il riferimento allescienze umane e alla sociolo-gia in particolare (36). Esami-niamo alcuni documenti signi-ficativi a questo riguardo.

Gaudium et Spes (1965)

L’introduzione ha come tito-lo «Le condizioni dell’uomo

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Nel documento conciliare“Gaudium et spes”,nella parte prima dedicata al tema “la Chiesa e la vocazionedell’uomo”, vengono affrontati i temi della “dignità della personaumana” (cap. I), della“comunità degli uomini”(cap. II)e dell’“attivitàumana nell’universo”

della Populorum progressio. Tutte le pagine dedicate alla

«Vita economico-sociale» han-no riscontro nella prima partedella Populorum progressio,particolarmente nella terza se-zione, dove, sotto il titolo ge-nerico «L’opera da compiere»,si parla della destinazione uni-versale dei beni, del diritto diproprietà, dell’uso dei redditi,dell’industrializzazione, del la-voro, del capitalismo liberale,delle riforme, della pianifica-zione … (41).

Il capitolo dal titolo la «Pro-mozione del progresso e dellacultura» (42) può essere vistoin relazione ai numeri 35 e 40dell’Enciclica. Il capitolo rela-tivo alla promozione della pa-ce, con la condanna della cor-sa agli armamenti, la costru-zione della Comunità interna-zionale soprattutto con la coo-perazione in campo economi-co (43), trova corrispondenzanella parte seconda dell’Enci-clica; cosí come nella stessaparte indicata, trovano corri-spondenza le esortazioni dellaGaudium et Spes all’impegnoe all’azione dei cristiani nellacostruzione del mondo nellapace” (44).

Nella prima parte si ripren-de con i temi fondamentali diantropologia teologica. C’è untentativo esplicito di fondare ladottrina sociale sulla societàumana e quindi di pensare la vi-ta sociale alla luce della fede.Al n. 23 non si usa volutamen-te il termine dottrina. Nei nn.24-25 è ribadito il legame es-senziale tra individuo e comu-nità, da cui scaturiscono le for-

me della comunità politica. Nelprimo si sottolinea la chiama-ta comunitaria di Dio all’uo-mo, nel secondo l’interdipen-denza tra singolo e società. Neln. 32 è evidenziata l’unità fraamore a Dio e amore al pros-simo; si recupera un’ecclesio-logia di popolo, sottolineandola solidarietà del Verbo con l’u-manità intera. Da questa teolo-gia si cerca di ricavare un mo-dello di società. Ma si avvertela difficoltà di applicarlo al con-testo sociale odierno, ormai di-venuto eterogeneo e comples-so. Il tentativo porta in segui-to al riconoscimento della re-lativa autonomia delle realtàterrene e a una diversa impo-stazione dei rapporti tra Chie-sa e mondo: si fecondano reci-procamente secondo il loro spe-cifico (45). Questa indipen-denza va intesa nel senso chenon si deducono immediata-mente dalla Rivelazione iprincípi dell’attività politica,sociale, culturale, ecc. dell’uo-mo. Si tratta di vedere come leattività umane acquistano va-lore all’interno del piano dellasalvezza.

È da notare come il tentati-vo di fondazione teologica e disalvaguardia di alcune catego-rie teologiche porti al recupe-ro, che si basa sulla dignitàumana, della relazione tra laChiesa e il mondo e al rico- no-scimento dell’autonomia dellerealtà terrene. La dottrina siconferma nella seconda partedel documento, dove si affer-ma che i problemi sono tratta-ti alla luce del vangelo e del-l’esperienza umana (46).

nel mondo contemporaneo»; laparte prima: «La Chiesa e lavocazione dell’uomo». Il cap.I «La dignità della personaumana», il cap. II «La comu-nità degli uomini» e il cap. III«L’attività umana nell’univer-so» (37), offrono molti elementidi fondo da mettere in relazio-ne con l’introduzione e la par-te prima della Populorum pro-gressio, soprattutto là dove siespongono i dati del problemae il concetto dello sviluppo pro-prio della Chiesa (38). Il cap. Idella seconda parte, dedicatoal matrimonio e alla famiglia eal problema demografico (39),va correlato ai numeri 36 e 37

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La “Gaudium et Spes”può essere considerata

il primo grande documento di morale

sociale, introdotto e supportato da altri

documenti quali “Lumen Gentium”,

“Dei Verbum” e “Dignitatis Humanae”

Il referente non è piú la dot-trina essenzialistica dell’uomoma il vangelo: il mistero cri-stiano nella sua totalità assicu-ra la fondazione teologica eguida gli uomini nella vita so-ciale e politica. L’altro refe-rente - coordinato col vangelo- è l’esperienza umana. Il testoafferma che la soluzione deiproblemi non si può trovareadeguatamente nella pura ri-flessione sul vangelo. Vengonocosí prese le distanze dalla teo-logia sociale e si riconosce l’in-sufficienza contenutistica delvangelo in ordine alla soluzio-ne dei problemi politici, eco-nomici, sociali in genere. Inquesto contesto si riprendonoparti della Dottrina sociale del-la Chiesa, rielaborandoli nellaprospettiva del «sub luce evan-gelii et humana experientia».

Nell’indice del documento sitrova uno schema di morale so-ciale. La Gaudium et Spes puòessere considerata il primo gran-de documento di morale socia-le, introdotto e supportato daaltri documenti quali LumenGentium, Dei Verbum e Digni-tatis Humanae. In sintesi, ri-collegandosi alla tradizione, ten-de a superare il naturalismo es-senzialistico: avverte la neces-sità di rendere esplicito il fon-damento teologico in riferi-mento all’esperienza umana.

Populorum progressio (1967)

Spentosi Giovanni XIII nelpieno dei lavori conciliari, il21 giugno 1963 fu eletto papaPaolo Vl. Al Concilio, primache a ogni altro problema, eglidovette rivolgere il meglio del-

le sue preoccupazioni pastora-li. Sul piano del Magistero, ilpensiero di Paolo Vl si svilup-pa in stretta connessione con ilpensiero conciliare, che eglistesso ha concorso a formare,come vescovo e come Papa. Èutile ricordare che l’enciclicaPopulorum progressio, di cui ri-corre quest’anno il quarantesi-mo anniversario, ha avuto unperiodo di elaborazione con-temporaneo alla redazione del-la costituzione pastorale Gau-dium et Spes, della quale con-tiene ben quindici riferimenti,oltre ad ampi motivi di fondorelativi alla vita economico-so-ciale, alla cooperazione inter-nazionale, alla famiglia e al-l’incremento demografico, non-ché ad alcuni concetti sull’uo-mo (47). In realtà, però, fin dal-la sua prima Enciclica, Eccle-siam suam, Paolo Vl cominciòa meditare su questi problemi.Pur volendosi limitare a «unmessaggio fraterno e familiare»(48), nell’Enciclica avverte chenon dobbiamo «ignorare lo sta-to in cui si trova l’umanità, inmezzo alla quale si svolge la no-stra missione» (49). Egli ricor-da che non intende trattare «te-mi urgenti e gravi che interes-sano non solo la Chiesa ma l’u-manità, quali la pace fra i po-poli e fra le classi sociali, lamiseria e la fame che tuttoraaffliggono intere popolazioni,l’ascesa di giovani nazioni al-la indipendenza e al progressocivile, le correnti del pensieromoderno e la cultura cristiana,le condizioni infelici di tantagente e di tante porzioni dellaChiesa cui sono contestati i di-

ritti propri di cittadini liberi edi persone umane, i problemimorali circa la natalità e cosívia». Tuttavia li ha presenti.

Anzi si sente impegnato a ri-prenderli in seguito. «Alla gran-de e universale questione del-la pace nel mondo, Noi dicia-mo fin da ora che ci sentiremoparticolarmente obbligati a ri-volgere non solo la Nostra vi-gilante e cordiale attenzione,ma l’interessamento altresí piúassiduo ed efficace» (50). Chivolesse, perciò, delineare il pen-siero di Paolo Vl, potrebbe confrutto sfogliare la raccolta deisuoi discorsi, dai quali emergeil molteplice suo intervento tan-

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Nella “Popolorum progressio” si afferma:«all’indomani del Concilioecumenico Vaticano II,una rinnovata presa dicoscienza delle esigenzedel messaggio evangelicoimpone di mettersi al servizio degli uomini,onde aiutarli a coglieretutte le dimensioni di taleproblema e convincerli diun’azione solidale in questa svolta della storia dell’umanità»

cita: «All’indomani del Con-cilio ecumenico Vaticano II,una rinnovata presa di co-scienza delle esigenze del mes-saggio evangelico le impone dimettersi al servizio degli uo-mini, onde aiutarli a coglieretutte le dimensioni di tale pro-blema e convincerli di un’a-zione solidale in questa svoltadella storia dell’umanità» (52).

Come risposta poi al voto delConcilio, è stata creata una nuo-va commissione postconcilia-re proprio per questi problemi,la commissione Justitia et Pax(53). Non è possibile racco-gliere tutti i passi dei documenticonciliari e post-conciliari neiquali si trovano elementi dot-trinali collegati alla Populorumprogressio. Mi limito a indica-re i documenti principali.

Decreto sull’apostolato dei Laici

Con il capitolo IV della Co-stituzione dogmatica sulla Chie-sa nel Decreto sono presentipiú di un motivo da tenere pre-sente, anche in relazione alla se-conda Parte della Populorumprogressio, soprattutto sotto l’a-spetto della cooperazione e del-l’impegno dei cristiani. Trat-tandosi di dottrina socio-eco-nomica ispirata al cattolicesi-mo, o per meglio dire, trattan-dosi di applicazione dei principidel Vangelo al campo socio-economico, tutto non può esserenuovo. La Dottrina sociale del-la Chiesa non esiste da oggi.Giustamente perciò è stato mes-so in rilievo, non solo l’esi-stenza di precedenti dottrinalisul tema specifico, ma si è fat-

to notare anche quali sono sta-ti accentuati, quali sviluppati,quali ancora ampliati, ed infi-ne quali formano gli elementicaratteristici della presente En-ciclica paolina (54).

Possiamo dire che l’Encicli-ca ha raggiunto un equilibrio si-stematico di elementi e di par-ti da farne un tutto organico. In-fatti, centrato il problema, losviluppo dei popoli, partico-larmente di quelli che lottanoper liberarsi dal giogo della fa-me, della miseria, delle malat-tie endemiche, dell’ignoranza,e mirano a una piú attiva valo-rizzazione delle loro qualitàumane (55), il discorso corre su-bito all’essenziale: come pro-muovere lo sviluppo? Assoda-ti i dati del problema, l’Enci-clica espone la visione cristia-na dello sviluppo, che nella suaessenza può essere riassuntanel modo seguente: sviluppodi tutto l’uomo e di tutti gli uo-mini da condizioni meno uma-ne a condizioni piú umane (56).

Da tale concetto generale ilPontefice passa a considerare idiversi aspetti particolari: i be-ni e la loro destinazione uni-versale, il diritto all’esistenzae il diritto di proprietà, l’uso deiredditi e l’espropriazione, l’in-dustrializzazione e il capitali-smo liberale, il lavoro e le rifor-me, la programmazione e la pia-nificazione, la lotta con-tro l’a-nalfabetismo, la tutela della fa-miglia e i problemi demografi-ci, l’organizzazione professio-nale, la cultura e la civiltà.

Nella seconda parte si passaa indicare concrete direttive diazione, raggruppabili intorno

to in campo internazionale,quanto nel settore specifico del-la promozione dei popoli nuo-vi. Troverebbe chiare prese diposizione sulle teorie econo-miche, sociali e umanistiche,presenti poi nella Populorumprogressio (51).

L’Enciclica cita esplicita-mente la costituzione pastora-le Gaudium et Spes quindicivolte. Cita ancora la costitu-zione dogmatica sulla ChiesaLumen gentium e il decreto sul-l’apostolato dei laici Apostoli-cam actuositatem. Ma è tutto ildocumento che si apre nel se-gno del Concilio. Nel primonumero è detto in maniera espli-

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Il Sinodo dei vescovi del1971 con il documento

“La giustizia nel mondo”insiste sull’imprescindibileunità tra l’agire cristiano

e la giustizia nel mondo(realtà politica) e sulla

necessità di trasmetterealla coscienza cristiana

la preoccupazione perl’impegno della giustizianei rapporti tra uomini,

non solo a livello personale ma anche

nelle forme istituzionali

a un triplice ordine di doveri deipopoli in avanzato stato di svi-luppo verso quelli arretrati: a)dovere di solidarietà, in altreparole, programmazione, fon-do mondiale, destinazione delsuperfluo, b) dovere di giusti-zia sociale, ossia il ricomponi-mento in termini piú correttidelle relazioni commerciali trapopoli forti e popoli deboli, c)doveri di carità universale. Chilavora per lo sviluppo - è la te-si di fondo - lavora per la pa-ce; lo sviluppo è oggi «il nuo-vo nome della pace».

De justitia in mundo (1971)

Un altro documento interes-sante è quello del Sinodo dei ve-scovi del 1971: La giustizia nelmondo. Questo testo sottolineal’imprescindibile unità tra l’a-gire cristiano e la giustizia nelmondo (realtà politica): tra-smettere alla coscienza cristia-na la preoccupazione per l’im-pegno della giustizia nei rap-porti tra uomini, non solo a li-vello personale ma anche nel-le forme istituzionali. Il testo siinterroga inoltre sul rapportotra fede e impegno per la giu-stizia e fa proprio il supera-mento di una fondazione natu-ralistica dell’impegno socialedei cristiani e della Dottrina so-ciale della Chiesa.

Il problema della fondazioneè posto in prospettiva teologi-ca. Ci si chiede quale fonda-zione della giustizia sociale siarintracciabile nel nucleo delvangelo. «L’agire per la giusti-zia e il partecipare per la tra-sformazione del mondo ci ap-paiono chiaramente come di-

mensione costitutiva della pre-dicazione del vangelo, cioè del-la missione della Chiesa per laredenzione del genere umano ela liberazione da ogni stato dicose oppressivo» (57).

La prima parte pone in rilie-vo la nuova situazione, cui se-gue una breve denuncia delleingiustizie che opprimono mol-ti popoli. La seconda parte pre-senta il messaggio evangelicoe la missione della Chiesa: ilproblema del rapporto tra l’a-zione della Chiesa e la promo-zione umana, e l’annunzio delVangelo e la giustizia sociale.L’unità tra amore a Dio e amo-re al prossimo implica la giu-stizia, che richiede almeno ilriconoscimento della dignità edei diritti del prossimo. Dun-que, l’impegno per la giustiziaè visto come esigenza della mis-sione della Chiesa di predica-re il vangelo.

All’interno del rapportoChiesa - promozione umana, sirilevano tre ordini: a) chiama-ta dal peccato all’amore del Pa-dre, b) fraternità universale, c)giustizia. Ognuno di questi or-dini è inserito e implicato dalprecedente. La Chiesa è tenu-ta a dare testimonianza: la suaresponsabilità, nei confrontidella giustizia, si attua nel man-dato di affermare le esigenzedell’amore e della giustizia con-tenute nel vangelo. Permane ilproblema della divisione deicompiti tra gerarchia e laici.

Infatti, alla Chiesa, in quan-to gerarchia e comunità di fe-de, non spetta il compito di for-nire soluzioni sociali, politiche.È sottesa l’idea che spetta ai

laici la missione temporale;mentre ai ministri competequella spirituale, religiosa.

Annoto alcune osservazionicirca il problema centrale cheil testo propone. La questionerisiede nell’espressione ratioconstitutiva e riguarda l’inter-pretazione del ruolo che l’im-pegno per la giustizia ha nellamissione della Chiesa: questoimpegno è una conseguenza orisiede al centro della missio-ne della Chiesa? Il significatodell’espressione sembra chia-ro: l’azione per la giustizia è unaforma autentica e costitutivadella predicazione del vangelo.

In questo senso, il vangelo è

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La lettera “Octuagesimaadveniens” (1971) evidenzia la necessità chele comunità diventino il soggetto che elabora la propria testimonianzadi fede nei confronti dei problemi sociali. La comunità cristiana è invitata ad analizzarecon occhi aperti la propria realtà sociale

Vl. Il Sinodo ribadisce che iltermine costitutivo non signifi-ca unico e si sposta l’accentosull’aspetto morale: la giusti-zia appartiene alla credibilitàdel vangelo e costituisce unaparte integrale dell’annunzio.Il problema è aperto: integralepuò significare che integra op-pure che è parte costitutiva. Siribadisce che l’impegno per lagiustizia conferma l’annunciodel vangelo, perciò tra questiesiste un’intima connessione;non si specifica di che tipo.

Octuagesima Adveniens (1971)

Si avverte un cambio di tonosignificativo, anche perché ildocumento è presentato comelettera apostolica (58). Non siparla piú di Dottrina sociale del-la Chiesa ma di Insegnamentosociale. La lettera diventa unsegnale chiaro del nuovo inse-gnamento sociale: si opera ilpassaggio a una nuova prospet-tiva, percepibile soprattutto nel-l’introduzione. Dopo l’introdu-zione si passa al rilevamento deinuovi problemi sociali.

L’analisi condotta a livellofenomenologico è ritenuta si-gnificativa per il giudizio delcristiano. Si tratta anche un di-scernimento intorno alle cor-renti di pensiero, alla società eai problemi internazionali. Aln. 3 il Papa prende atto della di-versità dei problemi nel mon-do, ai quali la Chiesa è chiamataa rispondere: al n. 4 scrive chenon è sua ambizione e neppu-re sua missione pronunciareuna parola unica o una solu-zione di portata universale. Ilproblema non è da collocarsi

tanto nella complessità delmondo, quanto nel fatto chenon è affrontabile questa ela-borazione da un singolo indi-viduo. È necessario che le co-munità diventino il soggettoche elabora la propria testimo-nianza di fede nei confronti deiproblemi sociali. La comunitàcristiana è invitata ad analizzarecon occhi aperti la propria so-cietà, la propria realtà sociale.

Non si dice con quali stru-menti si deve realizzare questaanalisi; si introduce comunquel’idea che non ci si potrà limi-tare alla semplice proposta diprincípi, in quanto il termine ul-timo è quello di una testimo-nianza operativa. Si evidenzia ilruolo della comunità cristiana ol-tre a quello del Magistero. Que-st’ultimo non è escluso ma in-serito nella riflessione teorica enell’azione pratica delle comu-nità. È chiaro l’intento: evitaredi fare della Dottrina socialedella Chiesa un capitolo a séstante, quasi separato, dalla teo-logia e dalla prassi ecclesiale.

Nella seconda parte il Pon-tefice si chiede se sia possibi-le ricondurre a matrici fonda-mentali l’orientamento teoricodella prassi sociale. In questaparte fa capolino un metodoche chiamo dialettico: porre inrilievo una certa situazione permeglio illuminarne la sua com-plessità, e la difficoltà conse-guente di impostare un’azione.

Il criterio di discernimento,cioè la capacità di porre a giu-dizio le teorie e le relative pras-si, elimina il sospetto che laDottrina sociale della chiesasia una terza via, rispetto al

proclamazione dell’ interventodi Dio a favore della giustizia,che non è sola dedotta dalla fe-de. La storia dell’interpretazio-ne mostra, tuttavia, un cammi-no assai tormentato. Tanto è ve-ro che l’espressione ratio con-stitutiva in seguito non fu piú ci-tata. Lo stesso Paolo Vl chiesedi approfondire il rapporto fraevangelizzazione e impegno perla giustizia, vista come parte in-tegrante ma non costitutiva del-la evangelizzazione. La tensio-ne crebbe negli anni tra il 1971e il 1974. Nel 1974 viene cele-brato il III Sinodo dei vescoviche fu di preparazione allaEvangelii Nuntiandi di Paolo

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Nella “Evangelii Nuntiandi”, Paolo Vl

affronta il sociale comenucleo simbolico della

promozione umana e dell’evangelizzazione. Nel documento precisa che l’evangelizzazionenon è completa senza

la predicazione sui diritti e sui doveri

della persona e della famiglia,

sulla pace, sulla liberazione

marxismo e il liberalismo. Il n.42 riprende e completa ciò cheè stato detto al n. 4: la Chiesanon deve fare tutto; essa non haun modello prefabbricato di uo-mo o di società da applicare eneppure vuole attenersi solo adalcuni princípi generali, ma in-tende sviluppare il suo inse-gnamento sociale a partire dal-le situazioni mutevoli del mon-do, alla luce della totalità delmistero cristiano. Un ulterioresviluppo del pensiero del Papaconsiste nel richiamare a unagiustizia piú grande. Al n. 46 ri-conosce l’autonomia dellarealtà politica; i cristiani si sfor-zeranno di raggiungere coe-renza tra il loro essere e la realtàpolitica. Accetta quindi un le-gittimo pluralismo, che non si-gnifica solo differenza ma an-che opposizione.

Le problematiche che si con-centrano attorno agli anni Set-tanta sono fondamentali: av-viene il superamento della Dot-trina sociale della Chiesa nellasua formulazione classica e si haun rinnovamento metodologi-co. Nella Octuagesima Adve-niens (59) l’accento è spostatodalla Dottrina sociale della Chie-sa alla capacità di discernimen-to dei cristiani e delle comunitàin rapporto alle diverse situa-zioni in cui si vengono a trova-re. Con il n. 50 si sviluppa la pro-blematica del pluralismo delleopzioni, dove non significa so-lo differenza ma anche opposi-zione, superabile con uno sfor-zo di convinzione.

Evangelii Nuntiandi (1975)

Nell’Evangelii Nuntiandi, il

papa Paolo Vl affronta il so-ciale come nucleo simbolicodella promozione umana e del-l’evangelizzazione (60). Loschema sottostante può esserecosí delineato: a) l’evangeliz-zazione ha il centro nell’azio-ne redentrice di Cristo e nellasalvezza, b) l’evangelizzazio-ne non è completa se non in ri-ferimento alla famiglia, alla pa-ce, alla liberazione, c) esistonolegami profondi tra evangeliz-zazione e promozione umana.Nel n. 24 è scritto che l’evan-gelizzazione è un fatto com-plesso e perciò non può essereridotto a un solo aspetto (61).Nei nn. 25-26 si dice che il con-tenuto dell’evangelizzazionerisiede nell’amore Trinitario enella Redenzione: evangeliz-zare è anzitutto testimoniareDio, rivelato da Gesú. Il n. 27afferma che la salvezza è tra-scendente e non immanente. Iln. 28 proclama che la predica-zione dell’amore fraterno deri-va dall’amore di Dio e si col-loca nel centro del vangelo. Es-so completa il concetto di evan-gelizzazione fino ad arrivarealla testimonianza dell’amore diDio nell’amore ai fratelli.

Il n. 29 spiega che l’evange-lizzazione non è completa sen-za la predicazione sui diritti edoveri della persona e della fa-miglia, la pace, la liberazione(62). Il n. 31 recupera, in mo-do piú preciso, il rapporto traevangelizzazione e promozio-ne: è di ordine antropologico,teologico, evangelico. Nel n.32 il pontefice si oppone alla li-berazione intesa come solo pro-getto temporale. L’evangeliz-

zazione non va ridotta o intesain modo ambiguo.

Laborem exercens (1981) (63)

Tutto il discorso dell’enci-clica di Giovanni Paolo II pren-de l’avvio da un’intuizione difondo: «Il lavoro umano è unachiave, probabilmente la chia-ve essenziale, di tutta la que-stione sociale» (64). Il Papastesso spiega che questa intui-zione fondamentale non è na-ta casualmente o all’improvvi-so, ma è il frutto d’un lungoprocesso di maturazione, du-rato quasi un secolo. QuandoLeone Xlll scriveva la RerumNovarum, l’orizzonte della que-

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Giovanni Paolo II nella“Laborem exercens”scrive: «Se la soluzione,o meglio, la graduale soluzione della questionesociale, che continuamentesi ripresenta sempre piúcomplessa, deve esserericercata nella direzionedi rendere la vita umanapiú umana, allora la chiave che è il lavoroumano acquista un’importanza fondamentale e decisiva»

proletariato industriale, ma era-no assunti nella visione piú am-pia del sistema socio-economi-co, da realizzare nell’àmbitodelle singole nazioni, dopo chela grande depressione del 1929aveva segnato il fallimento delliberismo classico. Si pone l’ac-cento sul salario, sulla funzio-ne sociale della proprietà pri-vata, sul socialismo moderato,sull’economia mista. Insomma,sul lavoro come perno della vi-ta sociale ed economica dellanazione.

Nel tempo in cui GiovanniXXIII e Paolo VI scrivono ri-spettivamente la Mater et Ma-gistra e la Octogesima Adve-niens, l’orizzonte della que-stione sociale è mutato di nuo-vo, profondamente. I problemisuperano i confini delle societànazionali industrializzate e ac-quistano dimensioni mondiali.I poveri non sono piú soltantoi proletari della classe operaia;a loro si aggiungono i nuoviproletari della società del be-nessere: emarginati, disadatta-ti, handicappati, tossicodipen-denti, anziani lasciati a sé stes-si come interi popoli del TerzoMondo. Non è piú in discus-sione solo la concezione del la-voro e dell’economia nel capi-talismo e nel socialismo, ma laquestione del lavoro si ampliafino a diventare il problema del-lo sviluppo, della pace, dell’e-quilibrio internazionale nei rap-porti tra Nord e Sud, tra Paesiindustrializzati e Terzo Mondo.

Giovanni Paolo II scrive laLaborem exercens, quando or-mai la questione sociale si tro-va a una svolta ancora piú de-

cisiva. Essa supera gli stessi con-fini del mondo, non si pone sol-tanto in termini di sviluppo eco-nomico e di equilibrio interna-zionale, ma coinvolge lo stessosignificato umano del lavoro,all’interno del discorso piú am-pio sulla qualità della vita. Perrisolvere la questione sociale bi-sogna ormai sapere qual «è il si-gnificato che oggi si deve dareagli sforzi che tendono a co-struire la giustizia sulla terra»(65). Dunque, l’intuizione dacui muove l’Enciclica è frutto diuna lunga evoluzione storica:«Se la soluzione, o meglio, lagraduale soluzione della que-stione sociale, che continua-mente si ripresenta sempre piúcomplessa, deve essere ricerca-ta nella direzione di rendere lavita umana piú umana, allora lachiave che è il lavoro umanoacquista un’importanza fonda-mentale e decisiva» (66).

Un secondo elemento che ca-ratterizza l’Enciclica, è la nuo-va coscienza che la Chiesa haacquisito della sua missione nelmondo. La Chiesa è semprestata consapevole di dover da-re un contributo alla soluzionedella questione sociale. Ma,quale tipo di contributo? Primadi giungere a coglierne piena-mente la specificità, è stato ne-cessario un lungo processo dimaturazione. Ai giorni di Leo-ne XIII, di fronte alla letturaideologica che liberismo emarxismo facevano della que-stione operaia, la Chiesa reagíformulando una risposta ideo-logica (67), ponendosi sullostesso piano deduttivo delleideologie classiche. Infatti, agli

stione sociale coincideva conquello della classe proletaria.

Piú propriamente si trattavadella questione operaia, i cuiproblemi erano: il conflitto tracapitale e lavoro, la determina-zione del salario, l’interventodello stato in economia, la le-gittimità del sindacalismo; inuna parola, le condizioni del la-voro industriale. Quando PioXl scriveva l’enciclica Qua-dragesimo anno l’orizzonte eragià cambiato: non piú la classema la società nazionale, la que-stione operaia era diventata, insenso pieno, questione sociale.Certamente, erano ancora pre-senti i problemi del lavoro, del

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La “Laborem Exercens”offre una visione

non ideologica, ma autenticamente umana,

su cui fondare una solidarietà nuova,

richiamando sempre la dignità e i diritti

degli uomini al lavoro estigmatizzando

le situazioni in cui essi vengono violati

inizi la questione operaia fuconsiderata come un capitolodell’etica sociale, e si ritenneche per risolverla bastasse tra-durre in pratica i princípi del di-ritto naturale, illuminati dallarivelazione cristiana, senza met-tere un accento particolare sul-la necessità delle analisi stori-che e senza dare troppo credi-to ai risultati delle scienze esat-te e sociologiche.

Bisognò attendere GiovanniXXIII, il Concilio Vaticano IIe Paolo Vl per giungere a unacomprensione piú chiara dellaspecificità del contributo datodalla Chiesa alla soluzione del-la questione sociale, che nelfrattempo aveva assunto dimen-sioni mondiali. Grazie ancheall’ecclesiologia del ConcilioVaticano II, si capí che l’ap-porto della Chiesa non stavanel proporre soluzioni, ponen-dosi sullo stesso piano delleideologie o dei sistemi socio-economici, bensí nel riscopri-re la natura trascendente e re-ligiosa dell’evangelizzazione.

La Chiesa, quindi, dovevaporsi al di là di ogni ideologiae di ogni sistema, scegliere l’uo-mo, per illuminarne i problemidall’interno e per orientarne lescelte, restando sul piano eticoe alla luce del Vangelo.

Giovanni Paolo II mostra diaver assimilato questa matura-zione ecclesiale, e affronta laquestione sociale di oggi re-stando rigorosamente attesta-ta sul piano religioso ed etico.Ciò consente all’enciclica di ri-volgersi a tutti, al di là dei bloc-chi che dividono il mondo. Lesue indicazioni valgono per i

credenti e per i non credenti, perle democrazie dell’Occidentee per i regimi socialisti, per iPaesi economicamente svilup-pati e per quelli del Terzo Mon-do. Cosí, il contributo dellachiesa può esser recepito datutti coloro che sono lealmen-te alla ricerca d’un senso da da-re alla vita e al lavoro umano.

La Laborem Exercens offreuna visione non ideologica, nonlegata all’uno o all’altro siste-ma, ma autenticamente uma-na, su cui fondare una solida-rietà nuova, capace d’ispiraree orientare modelli e sistemidiversi. Dunque, la coscienzapiú matura, che la Chiesa hadella sua missione nel mondo,consente all’enciclica di attua-lizzare il contributo alla solu-zione della questione operaia,che è quello di «richiamaresempre la dignità e i diritti de-gli uomini del lavoro e di stig-matizzare le situazioni in cui es-si vengono violati, e di contri-buire ad orientare i cambia-menti per aprire la via versouna nuova solidarietà» (68).

Infine c’è un terzo importan-te elemento: il riconoscimentodel ruolo di mediazione dei lai-ci. Alla fine del XIX secolo, eanche oltre, il compito di ela-borare una risposta alla que-stione operaia prima e socialepoi era riservato alla sola ge-rarchia. Infatti, i problemi socialierano considerati una questio-ne di natura essenzialmente mo-rale, e perciò di sola compe-tenza del Magistero. I laici nondovevano che essere esecutorifedeli delle indicazioni della ge-rarchia. Ma, nonostante questa

concezione della funzione lai-cale, Leone XIII ebbe il gran-de merito di comprendere cheai laici competesse un ruolo dimediazione tra etica, economiae politica, tra fede e storia. Fuun germe, che si sarebbe in se-guito sviluppato.

Quaranta anni dopo, Pio Xlintrodusse un’importante di-stinzione. Compete unicamen-te alla gerarchia elaborare iprincípi che riguardano l’azio-ne sociale: mentre i laici con-corrono alla realizzazione, inquanto “ausiliari della chiesa”(69). La consapevolezza che iproblemi sociali, accanto alladimensione etica, ne avevano

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Nel “Documento finaledi Puebla”, al paragrafoin cui i vescovi latino-americani riassumono il Magistero piú recentein tema di dottrina socialesi legge: «Nella sua elaborazione e applicazione, i laici non devono essere esecutori passivi, ma attivi dei pastori, ai quali apportano la loro esperienza e competenza professionalee scientifica»

(1965); e Paolo Vl con la let-tera Octogesima Adveniens(1971) lo codificò nel n. 4, pre-cisando che il soggetto di que-sto nuovo metodo doveva es-sere tutta insieme la comunitàcristiana: gerarchia e laici, cia-scuno con la propria specificafunzione. Cosí, il ruolo di deilaici è riconosciuto come deci-sivo non solo nel momento ope-rativo dell’applicazione del-l’insegnamento sociale dellaChiesa ai casi concreti, ma an-che nel momento precedentedell’elaborazione dottrinale.

La gerarchia, in quanto tale,non ha la specifica competen-za professionale e scientifica,necessaria per una corretta ri-levazione dei segni dei tempi,per efficaci scelte operative dinatura economica, politica esociale. I laici, quindi, non si po-tranno piú considerare esecutoripassivi delle disposizioni del-la gerarchia nel campo tempo-rale (71). Di qui, l’affermazio-ne perentoria del Documentofinale di Puebla, nel paragrafoin cui i vescovi latino-americaniriassumono il Magistero piú re-cente in tema di dottrina so-ciale: «Nella sua elaborazionee applicazione, i laici non de-vono essere esecutori passivi,ma attivi dei pastori, ai quali ap-portano la loro esperienza ecompetenza professionale escientifica» (72).

Un ultimo aspetto, ma nonper importanza, riguarda il si-gnificato del lavoro: un attodella persona umana. Il mes-saggio centrale dell’Enciclica sipuò cosí riassumere: la chiaveessenziale della questione so-

ciale, divenuta sempre piú com-plessa e qualitativamente di-versa, sta nel lavoro umano.

Perciò, per risolverla, occor-re innanzitutto liberare il lavo-ro dalle diverse interpretazio-ni ideologiche, date nel corsodel tempo, risultate tutte parzialio devianti, e ristabilire il ge-nuino significato umano; e poifondare su di esso una nuova so-lidarietà del mondo del lavoro.

Ma come determinare il si-gnificato vero del lavoro? L’En-ciclica afferma: «Il fondamen-to per determinare il valore dellavoro umano non è prima ditutto il genere di lavoro che sicompie, ma il fatto che coluiche lo esegue è una persona. Lefonti della dignità del lavoro sidevono cercare soprattutto nonnella dimensione oggettiva, manella sua dimensione soggetti-va (...). Il lavoro è per l’uomo,e non l’uomo per il lavoro» (73).Il documento sviluppa questoprincipio fondamentale, dedu-cendone le dimensioni essen-ziali a ogni lavoro umano: fisi-co o intellettuale, autonomo o di-pendente, svolto in qualsiasi cir-costanza o situazione esterna.

Sollecitudo rei socialis (1987)

L’insegnamento fondamen-tale dell’Enciclica Populorumprogressio ebbe una grande ri-sonanza per il suo carattere dinovità. Il contesto sociale, nelquale si vive oggi, non si puòdire identico a quello divent’anni fa. Per questo è ne-cessario soffermarsi su alcunecaratteristiche del mondo odier-no al fine di approfondire l’in-segnamento dell’Enciclica di

altre di natura diversa (storica,economica, politica, ecc.) im-poneva un metodo nuovo: «Ve-dere, giudicare e agire» (70);partire, cioè, dalla rilevazionedei segni dei tempi nella lorocomplessità, per poi interpre-tarli alla luce della Parola diDio e del Magistero, e trarreorientamenti operativi non so-lo di natura etica, ma anche,grazie alla mediazione profes-sionale dei laici, di natura so-cio economica e politica.

La Pacem in terris (1963) fula prima Enciclica a inaugura-re ufficialmente questo meto-do. Il Concilio Vaticano II lo fe-ce suo con la Gaudium et Spes

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Lo sviluppo non è un processo rettilineo,

quasi automatico e per séillimitato. Esso non puòconsistere solo nell’uso,

nel dominio e nel possessoindiscriminato delle cose

create e dei prodotti dell’industria umana, mapiuttosto nel subordinareil possesso, il dominio e

l’uso alla somiglianza divina dell’uomo

e alla sua vocazione all’immortalità

Paolo Vl, sempre dal punto divista dello sviluppo dei popo-li. Il primo fatto da rilevare èche le speranze di sviluppo, al-lora cosí vive, appaiono oggiancora lontane dalla realizza-zione. Non si può dire che al-cune iniziative non siano statevalide; ma in linea generale nonsi può negare che la presente si-tuazione del mondo, sotto ilprofilo dello sviluppo, offra unaimpressione piuttosto proble-matica. Per questo occorre ri-chiamare l’attenzione su alcu-ni indici generali, senza esclu-derne altri specifici.

La persistenza e l’allarga-mento del fossato tra l’area delNord sviluppato e quella delSud in sviluppo: abbondanza eassenza di beni economici. Svi-luppo sottosviluppo culturale.Livelli superiori di istruzione eanalfabetismo. Diritto di ini-ziativa economica e sfrutta-mento. Indipendenza politicae dipendenza politica ed eco-nomica. Urbanizzazione. Di-soccupazione. Carenza di al-loggi. Politica di fame e di ma-lattie facilmente debellabili nelmondo occidentale. Debito in-ternazionale delle nazioni piúpovere e colonialismo econo-mico e finanziario da parte del-l’Occidente. Le guerre nei di-versi punti del globo, l’im-mensa massa dei profughi e deiperseguitati politici o razziali.Sviluppo della umanità e il pro-blema demografico.

Lo sviluppo non è un pro-cesso rettilineo, quasi automa-tico e per sé illimitato, come se,a certe condizioni, il genereumano debba camminare spe-

dito verso una specie di perfe-zione indefinita. Qualità e ge-rarchia che scaturiscono dallasubordinazione dei beni e del-la loro disponibilità all’esseredell’uomo e alla sua vera vo-cazione. Quindi lo sviluppo nonpuò consistere solo nell’uso,nel dominio e nel possesso in-discriminato delle cose createe dei prodotti dell’industriaumana, ma piuttosto nel su-bordinare il possesso, il domi-nio e l’uso alla somiglianza di-vina dell’uomo e alla sua vo-cazione all’immortalità. Aque-st’analisi generale si possonoaggiungere alcune considera-zioni particolari: la brama esclu-siva del profitto, la sete di po-tere a qualsiasi prezzo, cui sicontrappone la solidarietà tra isingoli, le nazioni e i popolitutti (74).

La Chiesa e la questione sociale

Dal 1891, data della pubbli-cazione dell’Enciclica RerumNovarum, la questione socialediventa la magna quaestio de-gli interventi magisteriali. Ta-le centralità corrisponde a unfatto obiettivo: i rapporti di pro-duzione con l’avvento dell’in-dustrializzazione, non soltantohanno determinato un muta-mento dei rapporti sociali, mahanno acquistato nella deter-minazione di tali rapporti unpeso specifico assolutamentepredominante, rispetto a ciòche accadeva nella società agri-cola. Ma c’è un motivo piú spe-cifico, connesso con i rapportiparticolari venutisi a creare traChiesa e società civile all’in-

domani delle rivoluzioni libe-rali. I cattolici (specie in Fran-cia e in Italia) si sentirono ten-denzialmente estraniati e con-siderati in modo ostile a livel-lo della vita politica; tuttaviamantennero sempre una pre-senza a livello di rapporti so-ciali. Il passaggio dalla formaassistenziale della prima metàa quella cooperativistica dellaseconda metà dello stesso se-colo, fino alla presenza sinda-cale affermatasi al volgere delsecolo, fu graduale e senza so-luzioni di continuità.

Con la questione sociale, dun-que, la Chiesa cattolica si con-frontò ancor prima di avere su-

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All’origine dell’intervento di Leone XIII in materiaeconomica sociale c’è un duplice ordine di motivi: a) la situazioneobiettiva degli operai e b) il rimedio che il socialismo suggerivaper tale situazione. Leone XIII ricorda econdanna la soluzionesocialista, sviluppandoin questo contesto la dottrina sulla proprietà privata come diritto di natura

l’arco di insegnamento socia-le che va da Leone XIII a PioXII un periodo relativamenteomogeneo, durante il quale ogninuovo documento arricchisce dideterminazioni ulteriori un qua-dro che, nelle linee fondamen-tali, rimane uguale.

A questo periodo appunto siriferiscono in maniera perti-nente i vari Manuali di Dottri-na sociale della Chiesa, i qua-li combinano insieme le dueintenzioni: l’esposizione delladottrina pontificia, e la tratta-zione organica, scientifica del-la materia. Il programma fupossibile in quanto i Ponteficistessi presentarono i loro con-tributi come arricchimenti pro-gressivi di una costante dottri-nale (75). A partire da Giovan-ni XXIII i documenti accorda-no uno spazio via via piú co-spicuo all’analisi della situa-zione storica, ricorrendo ai da-ti delle scienze socio-econo-miche. A questa nuova atten-zione della dottrina ecclesia-stica corrisponde una mutazio-ne di vocabolario, che diventasempre meno tributario dellatradizione filosofica scolasticae giusnaturailistica, e piú vici-no a quello delle scienze con-temporanee della società. Almutato vocabolario corrispon-de anche un mutato metodo ar-gomentativo.

Il diritto di proprietà privata

Molte dottrine economichee sociali, proposte da LeoneXIII fino a Pio XII, conserva-no oggi un interesse prevalen-temente documentaristico. Nonè quindi il caso di riprenderle

in questa breve sintesi: ad esem-pio le dottrine sul sindacalismoconfessionale o no, sulle cor-porazioni, sulla liceità del con-tratto salariale, sul giusto sala-rio, sulla cogestione e l’azio-nariato operaio.

Richiamo invece alcuni trat-ti essenziali dell’evoluzionedottrinale sulla proprietà pri-vata. Innanzitutto perché que-sta evoluzione è un paradigmasignificativo del mutamento diprospettiva metodologica; e poiperché si tratta della dottrinaforse piú qualificante del pas-sato Magistero in materia eco-nomico-sociale e ancora oggitra le piú dibattute.

All’origine dell’intervento diLeone XIII in materia econo-mica sociale c’è un duplice or-dine di motivi: la situazioneobiettiva degli operai e il ri-medio che il socialismo sug-geriva per tale situazione. Cre-do si debba onestamente rico-noscere che il secondo ordinedi motivi è quello piú rilevan-te. Molti indici lo confermano.

La struttura dell’Enciclica pri-ma di tutto: delineata la condi-zione disagiata degli operai edel conflitto sociale conse-guente, prima di suggerire le vieper il superamento del conflit-to e le responsabilità dei variprotagonisti (76), Leone XIII ri-corda e condanna la soluzionesocialista, sviluppando in que-sto contesto la dottrina sulla pro-prietà privata come diritto di na-tura. Ancora: l’Enciclica inter-viene nella questione sociale nel1891, ossia dopo gli inizi delmovimento sindacale della clas-se operaia, dopo che si è avvia-

perato il problema della rivo-luzione politico-borghese. Que-st’aspetto mi sembra molto ri-levante anche dal punto di vi-sta propriamente dottrinale. Ilmovimento di pensiero critico-sociale conosce al di fuori del-l’area cattolica, questi tre mo-menti: Ancien régime, stato li-berale, stato sociale o sociali-smo; e le soluzioni del proble-ma sociale si configurano comesuperamento critico della con-cezione iiberale della società.

Quanto si osserva per la Re-rum Novarum rimane tenden-zialmente vero per tutti i do-cumenti di Pio XI e Pio XII: sic-ché è possibile individuare nel-

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Pio XII integra l’insegnamento di Pio XI,indicando esplicitamente

lo scopo sociale «Destinazione dei beni atutta la famiglia umana»,che il regime di proprietà

privata deve realizzare,insistendo con forza

ancora maggiore sul fine sociale

che il regime di proprietàprivata deve garantire

to quel processo di coscientiz-zazione che espone chiaramen-te la classe stessa alle sugge-stioni del verbo marxista (77).

Questa prospettiva critica del-l’Enciclica determina appuntol’insistenza sul tema della pro-prietà privata: insistenza chediventerà una costante di tuttii documenti fino a papa Gio-vanni XXIII (78). In seguito, laGaudium et Spes non riaffer-merà piú in maniera esplicita ildiritto di proprietà privata aproposito dei mezzi di produ-zione; mentre si appellerà allafunzione sociale che deveadempiere il regime di proprietàprivata dei beni di produzione,per censurare alcune esperien-ze storiche, quale il latifondi-smo. La Populorum progres-sio (n. 23) affermerà che «laproprietà privata non è un di-ritto incondizionato e assoluto».

Nessuno è autorizzato a ri-servare a suo uso esclusivo ciòche supera il suo bisogno. L’af-fermazione del diritto di pro-prietà privata, come diritto na-turale inviolabile, ignora la di-stinzione tra beni produttivi ebeni di consumo, come ignoraogni analisi dei rapporti socia-li istituiti dall’incipiente societàindustriale. L’argomentazionein difesa della proprietà priva-ta allude con tutta evidenza auna società agricola, in cui laproprietà fondamentale è quel-la della terra; e il lavoro e la col-tivazione sono ordinati alle ne-cessità della piccola società fa-miliare. Ancora: l’uomo, a dif-ferenza dell’animale, non uti-lizza soltanto dei beni, ma di-spone ragionevolmente degli

stessi. E questo dominium nonpuò essergli garantito che dal-la proprietà privata.

La tesi è mutuata da S. Tom-maso, ma con una curiosa tra-sposizione: è trasferito a van-taggio della proprietà privataciò che Tommaso dice a favo-re della semplice proprietà.Tommaso - che pure ritenevanecessario il regime di proprietàprivata - giustificava questa ne-cessità soltanto con considera-zioni di ordine storico e la li-mitava alla «potestas procu-randi et dispensandi», esclu-dendone l’usus. Sicché la fe-deltà al suo insegnamentoavrebbe imposto di verificare latrasferibilità e il senso di que-sta distinzione nel nuovo regi-me di produzione (79).

Pio XII integra l’insegna-mento di Pio XI, indicandoesplicitamente lo scopo socia-le: «Destinazione dei beni a tut-ta la famiglia umana», che il re-gime di proprietà privata deverealizzare (80). Con questa in-dicazione è coerente l’even-tualità - prevista nella encicli-ca Quadragesimo anno - che«certi beni siano riservati allostato dal momento che com-portano tanto potere, quale lasicurezza dello stato non puòpermettere che si conceda aiprivati cittadini» (81).

Pio XII insisterà con forzaancora maggiore in ripetuti do-cumenti sul fine sociale che ilregime di proprietà privata de-ve garantire; affermerà il dirit-to di tutti alla proprietà, e nonsolo dei beni di consumo ma an-che dei mezzi di produzione.

Ma come questo diritto pos-

sa comporsi con l’organizza-zione industriale dei rapportiproduttivi, che esige enormeconcentrazione di capitale, nonviene analizzato nella dottrinadi questo Pontefice.

IL METODO DELLA TRADIZIONE

MAGISTERIALE

E DELLA MANUALISTICA

Dalle analisi fin qui condot-te si possono tratteggiare i trat-ti caratteristici della metodolo-gia della Dottrina sociale del-la Chiesa. Il punto di partenzaè costituito dal concetto, con-siderato come una categoriaprima alla quale la realtà è sot-toposta. Il concetto agisce co-

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La morale si costituisceentro il cerchio della natura umana e della ragione: le norme morali che vincolano l’uomo sono il riflesso delle necessitàinsite e immanenti alla natura umana. Tutta la vita morale scaturisce perciò dallacorrelazione essenzialeesistente fra la natura e la ragione

funzione isolante nei confrontidei vari aspetti della realtà, cheè assoggettata alle esigenze diuna definizione per atomum. Ilprocesso del sapere è concluso,quando a un concetto corri-sponde una sua realtà, o unaspetto della stessa, separato dalcomplesso organico (83).

Il senso e la portata di que-sto atteggiamento metodologi-co procede dal fatto che la fun-zione regolatrice dell’attivitàumana è attribuita ai soli con-cetti. La razionalità della vitasociale consiste nel sottoporrei processi sociali alle indero-gabili esigenze di una ragionecostituita da norme universali.La natura umana, scrutando séstessa tramite la ragione, sco-pre la sua legge, testimone del-la legge eterna. La morale sicostituisce entro il cerchio del-la natura umana e della ragio-ne: le norme morali che vinco-lano l’uomo sono il riflesso del-le necessità insite, immanentialla natura umana.

Tutta la vita morale scaturi-sce perciò dalla correlazioneessenziale esistente fra la naturae la ragione, quest’ultima con-siderata come struttura dellanatura stessa. La morale puòessere perciò definita come ilretto ordine delle relazioni es-senziali tra la ragione cono-scente e la natura umana ra-zionale. Questo è, in breve, ilpunto nodale del metodo clas-sico usato dai manuali di Teo-logia morale (84). Tuttavia, ègiusto notare che anche l’idea-lismo metafisico si è mosso so-stanzialmente in questa pro-spettiva formale e astratta.

1) La nascita e lo sviluppo dellaTeologia morale, separata dalle al-tre discipline teologiche, precede digran lunga la nascita e la struttura-zione della Dottrina sociale dellaChiesa. È noto a tutti che i temi so-ciali, economici e politici sono pre-senti da sempre nella Teologia mo-rale, basta consultare i grandi sco-lastici dell’età barocca.2) S. Th, Il-II, q. 61, a. 3. 3) Cfr S. Th, lI-II, q. 58, a. 6. 4) Per la storia del Diritto naturale,vedi due opere classiche: G. Fasso,Storia della filosofia del diritto vol.I, Bologna 1985; H. Rommen, L’e-terno ritorno del Diritto naturale,Roma 20054. 5) Tommaso ha commentato l’E-tica a Nicomaco e la Politica di Ari-stotele, le due opere principali del Fi-losofo. Tuttavia mi rifaccio soprattuttoalla dottrina della Summa Theolo-giae, perché più completa e matura.6) S Th, I-II, q. 91, a. 3.7) Cfr DH 1707.8) Nel maggio dell’anno 1961 laCongregazione per i Seminari e leUniversità pubblicava un program-ma dettagliato dal titolo significati-vo: Le 100 tesi per l’insegnamentodella Dottrina sociale della Chiesanei Seminari diocesani e nelle Uni-versità pontificie. E il 13 dicembre1988 la Congregazione per l’edu-cazione cattolica, pubblicava il te-sto dal titolo Orientamenti per lo stu-dio e l’insegnamento della Dottri-na sociale della Chiesa nella for-mazione sacerdotale. Se questo nonè ritardo imperdonabile!9) Alla storia dell’insegnamentopontificio è dedicata una sezione intutti i manuali di Dottrina sociale del-la Chiesa. Cfr. per esempio Autori ap-partenenti a diversi periodi, che in-

me un canone fisso, al quale lavariabilità del singolare è sot-tomessa (82).

Il concetto diventa allora ilmodello regolatore che, sco-perto nel mondo della raziona-lità, si applica alla realtà comeregola esterna. È questo forseuno degli aspetti piú caratteristicidella metodologia manualisticadi impronta scolastica. Infatti, ilprocesso base del metodo è ladistinzione o la divisione tra-mite l’analisi: il concetto è di-viso nei suoi elementi fonda-mentali; la successiva elimina-zione di tutti i contrari forniscela prova come verità dimostra-ta. Il concetto assume cosí una

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dicano sensibilità a volte molto di-verse. G. Van Gestel, La Dottrinasociale della Chiesa, Roma 1965; J.Y. Calvez, Chiesa e società econo-mica, Milano 1967; J. Villain, L’in-segnamento sociale della Chiesa,Milano 1987; P. Bigo, La doctrine so-ciale de l’Eglise. Recherche et dia-logue, Paris 1996, e molti altri. Di re-cente è stato pubblicato dal Pontifi-cio Consiglio della Giustizia e dellaPace, Il Compendio della Dottrina so-ciale della Chiesa, Roma 2004.10) Le due Encicliche e il Syllabussi trovano in Enchiridion, EdizioneDehoniane, vol. 2, Bologna 1996,pp. 26ss., p. 600, p. 520.11) Cfr. Enchiridion, vol. 7, pp.380-469.12) Cfr. Pio XII in AAS 38 (1946)393 ammette una giusta laicità ed èproposta «una tolleranza politica, ci-vile e sociale verso i seguaci di altreconfessioni, che in tali circostanze(stato pluriconfessionale) è per i cat-tolici un dovere morale». Cfr. ancheil Discorso ai Giuristi cattolici, riu-niti a Roma per il loro congresso na-zionale del 1953 (AAS 45 (1953)797ss.), dove si afferma: «Ciò che noncorrisponde a verità e alla norma mo-rale non ha oggettivamente alcun di-ritto né all’esistenza né alla propa-ganda né al-la azione».13) Cfr. Enchiridion, vol. 2, pp.26-33.14) Vale la pena leggere le espres-sioni dell’Enciclica: «Atque ex hocputridissimo indifferentismi fonteabsurda illa fluit ac erronea sen-tentia, seu potius deli-ramentum,asserendam esse ac vindicandamcuilibet libertatem conscientiae». 15) Cfr. proposizione LXXX delSillabo, in Enchiridion, vol. 2, pp.520-545.16) Enchiridion, vol. 2, p. 505.

17) Pio IX cita a questo punto la Mi-rari vos. Vedi in Enchiridion, vol. 2,p. 505. Si noti come il vocabolariousato sia quello medievale e alquantoestemporaneo alla cultura del XIXsecolo: sacerdozio e impero.18) Enchiridion, vol. 2, p. 507.19) Ibid.20) Discute la tesi soprattutto inun pamphlet del 1865, dal titolo Laconvention du 15 septembre et la En-cyclique du 8 décembre.21) In questo senso, alquanto ge-nerico, si intravede la possibilità diintrodurre storiograficamente, ac-canto alle due tendenze alternativedel cattolicesimo liberale e di quel-lo intransigente, la terza via del cat-tolicesimo gesuitico, caratterizzatoappunto dal programma di conciliarela tradizione dottrinale metafisica,religiosa, cattolica, con la civiltàmoderna.22) Anche questa tesi passerà nelMagistero di Leone Xlll.23) Enchiridion, vol. 3, p. 330. 24) È un giudizio molto negativo,ma è accompagnato dalla preoccu-pazione seria di respingere l’accu-sa che «la Chiesa vede di malocchiole moderne Istituzioni degli Stati erigetti tout court i frutti maturati dal-l’impegno dei contemporanei».25) Cfr. la soluzione del Kul-turkampf tedesco e la pressione suicattolici francesi per un “reliement”con la società civile, ecc.26) Cfr. Quadragesimo anno, inEnchiridion, vol. 5, p. 705.27) Vedi l’articolo O Dio re con lalibertà, o l’uomo re con la forza, inCiv. Catt. del 1853, come esempioemblematico da confrontare con ilpensiero di Giovanni XXIII.28) Cito di nuovo il Discorso aiGiuristi cattolici del 6 dicembre1953. «1.1: Dovere di reprimere le

deviazioni morali e religiose nonpuò essere quindi una norma ultimadi azione. Esso deve essere subor-dinato a più alte e generali norme,le quali in alcune circostanze per-mettono, e forse fanno apparire co-me partito migliore il non impedi-re l’errore, per promuovere un be-ne maggiore».29) Dal contesto si deduce il sen-so dell’espressione «progetto di so-cietà coerente (...) alimentato da unacon-cezione totale della vocazionedell’uomo». Paolo VI chiama que-sto progetto ideologia solo quandovuole alludere al suo carattere di so-spetto, per la fonte interessata chelo propone.30) DH. n. 2b. 31) DH. n. 2a. 32) Cfr. il n. 24. 33) Cfr. il n. 22.34) N. 24.35) Si devono leggere i nn. 20, 32,45, 52.36) Si può vedere a questo propo-sito lo schizzo del processo di so-cializzazione tracciato dalla Materet Magistra al n. 13, i nn. 4-10 del-la Gaudium et Spes, i nn. 8-21 del-l’Octogesima Adveniens. Una do-cumentazione solo esemplificativadell’importanza che l’analisi stori-ca acquista come supporto delle di-rettive magisteriali. 37) GS nn. 4-39. 64. 38) PP nn. 1-22, in Enchiridion,vol. 7.39) GS nn. 47-52 e n. 87.40) GS nn. 63-72. 41) PP nn. 22-34, in Enchiridion,vol. 7.42) GS nn. 53- 62. 43) GS nn. 77- 86.44) GS nn. 88-93.45) Cfr n. 36.

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46) Cfr n. 46.47) T. Sorgit, Sviluppo della dot-trina sociale cristiana nell’Encicli-ca. Testo e commento dell’Encicli-ca Populorum progressio, Roma1967, p. 24.48) Paolo VI, Ecclesiam suam, inEnchiridion, vol. 8, p. 481.49) Ibid, n. 5.50) Ibid, n. 16-17.51) Cfr. ad es. L’Enciclica nei com-menti della stampa, in Aggiorna-menti sociali 18 (1967) 373-416; Icommenti della stampa internazio-nale e degli ambienti qualificati, Re-gno 12 (1967) 199-207.52) Paolo VI, Populorum pro-gressio, n. I e 62, in Enchiridion, vol.7, pp. 647ss. 53) Ibid, n. 5. 54) Cfr. T. Sorgi, op. c., pp. 20-34.55) Cfr. pp n. 1.56) Cfr. pp nn. 42-43.57) Ibid58) Enchiridion delle Encicliche,vol 7, pp. 899ss.59) Cfr. il n. 4.60) Cfr. i nn. 24-34.61) È interessante ricordare che iltema si ritrova nella Summa Theo-logiae, là dove Tommaso tratta laquestione del rapporto tra il vange-lo e la legge.62) Questi elementi non apparten-gono al nucleo dell’evangelizza-zione.63) M. Toso, Giovanni Paolo II ela Dottrina sociale della Chiesa, inLa Società, 3 (2006), 366-381.64) LE n. 3, in Enchiridion, vol. 8, 65) LE n. 2, ibid.66) LE n. 3, ibid67) Si tratta della “filosofia cri-stiana”, per usare le parole dell’en-ciclica.68) LE n. 1, ibid

69) QA nn. 8-9, in Enchiridion,vol. 7.70) MM n. 249.71) AA n. 31b.72) Documento di Puebla, n. 249.73) LE 6. L’enciclica introducendola distinzione tra lavoro in senso og-gettivo l’insieme delle attività, deglistrumenti delle risorse dl cui si ser-ve l’uomo per produrre i beni ne-cessari alla vita) e lavoro in senso sog-gettivo (l’uomo stesso come perso-na, al quale occorre subordinare ogniattività), non intende affatto sminui-re l’importanza della professionalità,né tanto meno negare le differenzedi valore e di qualità che la specia-lizzazione tecnica e scientifica obiet-tivamente introduce nelle diverseprestazioni la-vorative, quasi che diqueste differenze non si debba tene-re il giusto conto. L’Enciclica vuolesoltanto ri-badire che il primo fon-damento deve essere sempre l’uomostesso, la cui dignità è uguale in ognipersona (cfr n. 6).74) Cfr. Sollecitudo rei socialis, par-ticolarmente le parti III e IV. Altri do-cumenti del Magistero piú recente sa-ranno esaminati in una futura se-conda pubblicazione, all’in-terno del-le problematiche proprie. La varia-zione e la pluralità dei temi si sonoampliate enormemente, assieme an-che a qualche variázione sostanzia-le in relazione ad alcune tematichespecifiche. È il caso dell’enciclicaCentesimus annus di Giovanni Pao-lo II. Il testo sarà commentato so-prattutto in relazione alla complessarealtà dell’azienda moderna. 75) L’espressione Dottrina socia-le della Chiesa (o cattolica) è di PioXII, che l’applica anche agli inse-gnamenti dei Pontefici precedenti.Pio XI usava come sinonimo Filo-sofia sociale, oppure Dottrina sul-

la questione sociale ed economica,e opponeva questa dottrina, «im-mutata ed immutabile», alla scien-za sociale cattolica coltivata daglistudiosi sotto la guida del Magiste-ro, e tesa ad applicare la dottrinaimmutabile alle necessità sociali.Cfr. Calvez-Perren, op. c. pp. 15-24.76) Vedi i nn. 8ss.77) La proibizione delle associa-zioni operaie venne meno sul conti-nente soltanto negli anni 1860-1870;ma una loro diffusione sociologica-mente apprezzabile si realizza sol-tanto nel decennio 1880-1890. Nel1889 nasce a Parigi, con il concorsodei massimi partiti socialisti di Eu-ropa, la II Internazionale.78) Cfr. Mater et Magistra n. 23.79) Cfr. J. Dez Alegria, La letturadel Magistero pontificio in materiasociale, in Aa.Vv., Magistero e mo-rale, Bologna 1971, pp. 211-255.80) Cfr. l’insegnamento di Pio XIin Quadragesimo anno in Enchiri-dion, vol. 5.81) Ibid. n. 46.82) A. Manaranche, Esiste un’eti-ca sociale cristiana?, Bologna 19913,in modo particolare le pp. 97- 204.83) Cfr. per esempio Giovanni diS. Tommaso, Commentarium inSumma Theologiae, q. 17, d. 9, a 1:«Respectus trascendentalis non pe-tit rem existentem».84) Cfr. D. Capone, Introduzionealla Teologia morale, Bologna 1992,pp. 29-69: ottima discussione sulmetodo in Teologia morale. Cfr. an-che R. Garrigou-Lagrange, Du ca-ractère mètaphisyque de la théolo-gie morale di St. Thomas, in RTh 8(1925) 343ss. I due scritti citati, perla diversità di impostazione meto-dologica, danno la possibilità di unapprofondimento del problema in-dicato; la bibliografia è curata.

ATTIVITA’DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

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lano da soli. Nei primi diciot-to secoli dell’era cristiana, la po-polazione è cresciuta in mediadell’8% ogni 100 anni. La pro-duttività del 2,3%. Negli ulti-mi due secoli, la popolazionemondiale è cresciuta in mediadel 145% ogni 100 anni e laproduttività del 267%.

Per coniugare positivamen-te progresso scientifico e tec-nico e sviluppo economico, oc-corre investire in capitale uma-no. Abbiamo pertanto una nuo-va teoria dello sviluppo nel sen-so di Romer, con una visioneendogena della crescita e unruolo cruciale delle spese del-l’istruzione come investimen-to nelle diverse fasi di vita del-la persona (età prescolare, sco-lare, università, periodo lavo-rativo). Il modello di Romerindica che un raddoppio degliaddetti alle attività di ricerca esviluppo assicura un raddop-pio del tasso di crescita.

Sulla natura delle spese del-l’struzione come investimentofin dagli economisti classici, sipossono vedere J.S. Mill e suc-cessivamente A. Marshall. Mar-shall cosí si esprime: «Il piúprezioso di tutti i capitali è quel-lo negli esseri umani». E ancorail nostro Marco Fanno che neisuoi princípi di scienza econo-mica del 1951 fornisce unaspiegazione molto incisiva del-l’investimento per l’istruzione,compresa quella spirituale.Un’analisi stimolante dell’i-struzione come capitale si tro-va in Antonio Marzano in un la-voro del 1961.

Un aspetto interessante delcapitale umano riguarda il ren-

INVESTIRE

NELLE RISORSE

UMANE

Al di sopra di tuttola formazione continua. Poi, il presupposto di una sana politica d’impresa sta in una efficace politica familiare

dimento dell’investimento nel-le persone nelle diverse fasi del-la vita. Il premio Nobel 2000 perl’Economia, James Heckman,mostra nelle sue analisi che ilrendimento maggiore dell’in-vestimento in capitale umanosi ha nel periodo prescolare. Ri-mane alto ma decresce nel pe-riodo scolare e scende ancoranel periodo dell’Università.

Il rendimento piú basso si hanella formazione e specializ-zazione relative al periodo del-l’attività lavorativa. Ne di-scende l’importanza fonda-mentale per la formazione delcapitale umano della famigliae delle altre istituzioni che la af-

UNIVERSITÀ EMONDO IMPRESA

ATTIVITA’

di Giovanni ScanagattaSegretario Generale UCID

Il tema del rapporto tra Uni-versità e mondo delle im-prese riveste una rilevanza

strategica per il futuro della no-stra società e soprattutto dellegiovani generazioni. Partico-larmente importante, poi, è ilrapporto tra il mondo dell’U-niversità e quello della crea-zione d’impresa, soprattutto neisettori innovativi dei beni e deiservizi.

Stiamo vivendo un’epoca digrandi trasformazioni strutturalilegate alla forte accelerazionedel progresso scientifico e tec-nico e della globalizzazione deimercati, soprattutto finanziari.Le aree principali di tale pro-gresso scientifico e tecnico ri-guardano le tecnologie del-l’informazione e della comu-nicazione (la rivoluzione digi-tale) le biotecnologie, le nano-tecnologie, i nuovi materiali.

Stiamo assistendo a una cre-scente integrazione e conver-genza tra queste aree e assiste-remo in futuro a una accelera-zione del fenomeno, con con-seguenze che è ora difficile im-maginare. In questo modo, ilprogresso scientifico e tecnicoè diventato, soprattutto nei Pae-si ricchi, il principale motoredello sviluppo economico, at-traverso spettacolari aumentidella produttività rispetto aquelli della popolazione. Ilmondo dell’Università e dellaricerca in stretta relazione conquello operativo ha consentitodelle vere e proprie rivoluzio-ni. I dati sullo sviluppo secolaremondiale della popolazione edella produttività nei primi duemillenni dell’era cristiana par-

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Il trasferimento della conoscenza dalle Università e dai centri di ricerca al mondo operativo delle imprese diventa un momentostrategico, per tradurrele idee in nuovi beni e servizi, accrescendo lo sviluppo economico e sociale

e intellettuale delle persone neiprimi anni di vita. Ne derivaquindi la necessità di svilup-pare una politica estremamen-te attenta alla famiglia, desti-nando a essa risorse e mezzi inlinea con il rendimento del-l’investimento in capitale uma-no. Le politiche per la forma-zione e e i sistemi di istruzio-ne, soprattutto ora che vivia-mo nella società della cono-scenza, necessitano quindi diun cambia mento di rotta, rial-locando gli investimenti nellediverse fasi della formazione:prescolare, scolare, universita-ria, periodo lavorativo.

DALLE IDEE AI SERVIZI

La conoscenza avanzata sisviluppa per eccellenza nelleUniversità, nei centri di ricer-ca pubblici e privati e nelle im-prese. Il trasferimento della co-noscenza dalle Università e daicentri di ricerca al mondo ope-rativo delle imprese diventapertanto un momento strategi-co, per tradurre le idee in nuo-vi beni e servizi, accrescendolo sviluppo economico e so-ciale.

I dati sugli investimenti intecnologie dell’informazione edella comunicazione ci devonofar riflettere. L’Italia continuaa occupare una posizione di re-troguardia in Europa. I dati Ei-to indicano per il 2005 una spe-sa pari al 5,3% del prodotto in-terno lordo, e la parte prepon-derante riguarda la spesa in te-lecomunicazioni (3,4%).

La media Europea (EU 15)della spesa in tecnologie del-l’informazione e della comu-

nicazione come percentuale delprodotto interno lordo è pari al6,4%. I Paesi nordici sono quel-li che investono maggiormen-te in tecnologie dell’informa-zione e della comunicazione,con la Svezia che si collocaall’8,6%. Molto interessanti ri-sultano i dati relativi ad alcuniPaesi dell’Est europeo: nel 2005l’Estonia ha investito in tecno-logie dell’informazione e del-la comunicazione il 9,7% delprodotto interno lordo; l’8,2%l’Ungheria, il 9,6% la Letto-nia.

INVESTIRE SULLA FORMAZIONE

Il rapporto tra Università emondo operativo delle impre-se dipende in modo crucialedalla qualità dell’offerta for-mativa e dal rendimento for-mativo in relazione alle speseper investimento. I dati indica-no un quadro deludente per ilsistema di formazione italiano.

Circa la capacità di lettura, ilvalore relativo all’Italia, postouguale a 500 il punteggio me-dio conseguito dai giovani deiPaesi Ocse, risulta pari a 487,con uno scarto di 13 punti. Di-vari ancora piú rilevanti sepa-rano il nostro Paese dal Giap-pone (78 punti) e Regno Uni-to (sempre 78 punti).

Differenze simili appaionodall’analisi dei dati relativi al-la capacità dei giovani di ri-solvere problemi matematicicomplessi. Si tratta di un àm-bito particolarmente importan-te per valutare la capacità deisistemi di istruzione nel pre-parare i giovani alle sfide deisistemi produttivi sempre piú

fiancano nei primi anni di vitadella persona.

Il Professor Heckman espri-me nel contempo preoccupa-zione per il processo di disgre-gazione a cui è soggetta questafondamentale istituzione basi-lare della società. Egli ci ri-corda che negli anni Quarantadel secolo scorso i figli nati aldi fuori del matrimonio nella so-cietà americana rappresenta-vano appena il 2-3% del tota-le, mentre oggi si è superata lapreoccupante soglia di un ter-zo. L’ambiente familiare in-contra quindi sempre maggio-ri difficoltà nell’offrire il luo-go adatto alla crescita morale

ATTIVITA’UNIVERSITÀ E MONDO IMPRESA

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Nel nostro Paese esiste un problema

di efficienza e di efficacia dell’investimento

nell’istruzione. Occorremigliorare la relazione

tra mondo dell’universitàe mondo della produzione di beni e servizi. Si tratta

di un obiettivo indispensabile per un

salto di produttività e di competitività

evoluti, complessi e specializ-zati.

A fronte di questi risultati,l’investimento in istruzione inItalia si colloca ai livelli piúelevati in àmbito Ocse. Infatti,l’ammontare della spesa pub-blica nel sistema formativo ita-liano, compresa l’istruzioneuniversitaria, calcolata a paritàdi potere d’acquisto, è pari qua-si a 8 mila dollari per studen-te, un investimento che risultasuperiore a quello della Fran-cia (7 mila dollari), Germania(6,7), Regno Unito (6) e Giap-pone (7).

Esiste pertanto nel nostroPaese un problema di efficien-za e di efficacia dell’investi-mento in istruzione, a cui oc-corre porre mano per migliorarela relazione tra mondo dell’u-niversità e mondo della produ-zione di beni e servizi. Si trat-ta di un obiettivo indispensabileper un salto di produttività e dicompetitività del nostro siste-ma economico.

L’evidenza empirica mostrauna correlazione positiva si-gnificativa tra livello di for-mazione e opportunità di lavo-ro. La correlazione positiva tralivello di istruzione è opportu-nità di lavoro è ancora piú ele-vata se si considerano i per-corsi universitari piú impegna-tivi (facoltà scientifiche) in re-lazione alle sfide tecnologichein atto nello scenario della glo-balizzazione e della crescenteconcorrenza.

Un discorso analogo vale perla scelta delle sedi universita-rie piú impegnative per il rigo-re della selezione e dell’offer-

ta formativa.

LE ISTITUZIONI FINANZIARIE

Un punto delicato del rap-porto tra Università e mondooperativo dell’impresa riguar-da il ruolo delle banche e del-le istituzione finanziarie nel so-stenere questa fondamentale si-nergia per la crescita e lo svi-luppo. Esiste nel nostro Paeseun problema di cui si parla po-co che riguarda il sostegno delnostro sistema bancario e fi-nanziario per un nuovo mo-dello di sviluppo. I processi diconcentrazione e di fusione acui stiamo assistendo sono cer-tamente importanti per crearein Italia dei Gruppi bancari ingrado di sostenere la concor-renza a livello europeo e mon-diale, ma questo non basta eoccorre considerare la filosofiae l’azione a sostegno dei pro-cessi di sviluppo. È quindi ine-vitabile affrontare il tema delcomportamento etico della ban-ca e, in particolare, i suoi obiet-tivi dichiarati. L’obiettivo de-ve essere unicamente quellodella massimizzazione del va-lore per gli azionisti, oppureoccorre considerare anche altriobiettivi in linea con la re-sponsabilità sociale dell’im-presa bancaria per lo sviluppocomplessivo del Paese?

Come è noto, il sistema eu-ropeo e, in particolare, quelloitaliano orientati all’interme-diazione, rispetto ai sistemi an-glosassoni orientati ai mercatifinanziari, soffrono di notevo-le debolezzea nel campo chequi interessa: il sostegno alla na-scita e allo sviluppo di nuove

imprese, soprattutto nei setto-ri a piú elevata tecnologia perla produzione di beni e servi-zi.

I sistemi finanziari anglo-sassoni sono dotati di una se-rie di strumenti e di operatorimolto efficaci per il sostegno dinuove imprese fin dalla nasci-ta dell’idea imprenditoriale, alsuo sviluppo, alla costituzio-ne, all’avvio dell’impresa e al-la sua crescita dimensionale.

Esistono figure di operatorispecializzati come business an-gels, seed capital, start up, ven-ture capital che costituiscon ilsegreto del dinamismo im-prenditoriale di quelle econo-

UNIVERSITÀ E MONDO IMPRESA

ATTIVITA’

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È importante puntare sui servizi innovativi alle imprese che mostranouna significativa vitalità,soprattutto nella piccolae media dimensione. Si tratta soprattutto di imprese che operanonei settori della consulenza e delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione

capitale di rischio delle impre-se di nuova o recente costitu-zione nei settori a piú elevatatecnologia. Un discorso analo-go vale per gli incentivi aglispin-off che costituiscono unindicatore importante del pro-ficuo rapporto tra Università emondo delle imprese, in una vi-sione dinamica dell’economia.

Il nuovo accordo di Basilea(Basilea 2) sui requisiti patri-moniali minimi delle bancheper l’erogazione del credito inbase alla valutazione quantita-tiva dei rischi di mercato, dicredito e operativi con il metododel rating, non migliora la si-tuazione per l’Europa e so-prattutto per l’Italia. Le proba-bilità di default vengono infat-ti calcolate sulla base di indi-catori finanziari ricavati dai bi-lanci delle imprese, spiazzan-do totalmente le nuove impre-se che non hanno né storia nébilanci. I modelli econometri-ci sono utili ma non hanno an-tenne sufficienti per distingue-re le imprese buone da quellecattive e, soprattutto, i proget-ti buoni da quelli cattivi per lacreazione di nuove imprese.

Per questo è indispensabilel’arte del banchiere e risultalargamente privo di futuro iltentativo di risolvere tutto conl’introduzione di procedure ri-gide e valide per tutti i casi.

Con Basilea 2 risultano for-temente svantaggiate anche lepiccole imprese esistenti, a cau-sa del loro basso livello di ca-pitalizzazione rispetto alle pic-cole imprese europee e all’ele-vato grado di indebitamento(leva finanziaria). Diventano

per questo cruciali, con l’av-vento delle nuove regole di Ba-silea 2, una incisiva politicadelle garanzie e l’impiego del-la leva fiscale per favorire la dif-fusione del capitale di rischio.

LA MICROECONOMIA

Per rendere esteso ed effica-ce il rapporto tra Università emondo operativo delle impre-se, al fine di avviare nel nostroPaese una nuova stagione disviluppo, si ritiene importantepuntare sui servizi innovativi al-le imprese che mostrano unasignificativa vitalità, soprattut-to nella piccola e media di-mensione. Si tratta soprattuttodi imprese che operano nei set-tori della consulenza e delletecnologie dell’informazione edella comunicazione.

Gli indicatori indiretti sul pia-no microeconomico che mo-strano un maggior dinamismodella produttività del settore deiservizi alla produzione rispettoa quello della manifattura ri-guardano l’incidenza dei lau-reati sul totale degli addetti, ilpeso dei dipendenti che parte-cipano ai corsi di formazione,la percentuale di addetti in at-tività di ricerca e sviluppo, gliinvestimenti in tecnologie del-l’informazione e della comuni-cazione sul fatturato, le speseper l’innovazione sul fatturato.

Solo qualche dato riguardantel’incidenza dei laureati sul to-tale dei dipendenti. Tale inci-denza è del 18% nelle impresedi servizi alla produzione, del4% nei settori tradizionali delmanifatturiero, del 6% nei set-tori di scala, del 7% nei setto-

mie (la famosa “distruzionecreatrice” di cui parla il gran-de economista austriaco A. J.Schumpeter).

Pensiamo ancora alle opera-zioni di spin-off dalle Univer-sità e dai centri di ricerca pub-blici e privati che sono fonda-mentali per la creazione di nuo-ve imprese per portare sul mer-cato i risultati di innovazionitecnologiche nate in ambitouniversitario.

Tutto questo in Europa e inparticolare in Italia esiste inmodo largamente insufficiente,pur in presenza di significativiinterventi di politica industria-le come quelli del sostegno al

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ri specializzati, del 17% nei set-tori ad alta tecnologia del ma-nifatturiero.

Il notevole dinamismo chemostrano in terminino di effi-cienza e produttività le nostrepiccole e medie imprese deiservizi innovativi alla produ-zione può pertanto costituireuna importante leva per la dif-fusione dell’innovazione in tut-to il tessuto produttivo, in pri-mo luogo in quello manifattu-riero, per un vero e proprio sal-to di produttività e di competi-tività di cui abbiamo bisognoper uscire dalla crisi.

L’era di forte accelerazionedel progresso scientifico e tec-nico che stiamo vivendo sta ri-voluzionando i modelli orga-nizzativi delle imprese, pas-sando da modelli di tipo gerar-chico in cui prevale la mansio-ne e la scarsa responsabilitàdella persona a modelli di tipoorizzontale in cui prevalgono lacompetenza e la responsabilitàper raggiungere determinatiobiettivi a cui sono sempre piúlegate le remunerazioni. Bastipensare a questo riguardo alruolo delle tecnologie del-l’informazione e della comu-nicazione: da quelle piú sem-plici di tipo informativo, sa-lendo a quelle di tipo transa-zionale (commercio elettroni-co), fino ad arrivare a quellepiú complesse di tipo strategi-co come il management, l’en-terprise resource planning, ilconcurrent engineering in realtime su rete, il customer rela-tionship management. Questeforme strategiche rivoluziona-no letteralmente i modelli or-

ganizzativi aziendali tradizio-nali, integrando le diverse fun-zioni aziendali, le imprese tradi loro, e le imprese con i mer-cati interni e internazionali. Iservizi innovativi alle impresegiocano qui un ruolo crucialenei processi di diffusione deinuovi modelli organizzativi intutto il sistema produttivo dibeni e servizi e risulta fonda-mentale la consulenza. Penso adesempio ai team per il succes-so, cioè a gruppi altamente spe-cialistici per progettare e ge-stire modelli organizzativi ad al-ta performance (v. volume cu-rato da Luigi De Bernardis e al-tri sul team per il successo, pre-sentato a cura della sezioneUCID di Roma il 18 giugno2007). Si tratta di minoranzecreative, come ci insegna il Pa-pa Benedetto XVI, da cui di-pende il futuro di ogni società.

Solo qualche dato. L’evi-denza empirica disponibile in-dica che nel triennio 1995-1997solo il 5% delle imprese mani-fatturiere italiane facevo uso ditecnologie dell’informazione edella comunicazione di tipostrategico. Tale quota saleall’8% nel triennio 1998-2000e al 10% nel triennio 2001-2003. Con riferimento a que-st’ultimo triennio, si tratta di363 imprese manifatturiere conpiú di 10 addetti, piú della metàdelle imprese quotate nella bor-sa italiana. Si tratta di un pic-colo gruppo di imprese eccel-lenti: la famosa minoranza crea-tiva che dovrebbe trascinaretutto il sistema verso un nuovomodello di sviluppo in cui ilcapitale umano riveste un ruo-

lo strategico. È interessante no-tare che questo piccolo nume-ro di imprese eccellenti è lar-gamente indipendente dai fat-tori di competitività che ri-guardano la dimensione, il set-tore di appartenenza e l’ubica-zione territoriale.

PIÚ FAMIGLIA, PIÚ IMPRESA

Per rendere efficace il rap-porto tra Università e mondooperativo delle imprese perl’avvio di una nuova stagionedi sviluppo nel nostro Paese, ènecessario, da un lato, premia-re gli studenti che svolgono conottimi risultati percorsi univer-sitari impegnativi in relazionealle grandi trasformazioni strut-turali che stiamo vivendo sulpiano del progresso scientificoe tecnologico nell’era della glo-balizzazione e, dall’altro, fa-vorire l’eccellenza delle sediuniversitarie in termini diperformance dell’offerta for-mativa e di risultati nel campodella produzione di idee, dellaricerca e dell’innovazione.

Occorre, nel contempo, comeabbiamo visto, investire di piúe meglio nella famiglia perchéè in questo ambito che inizia-no a maturare le migliori ca-pacità della persona che con-dizioneranno poi tutte le fasidella vita. Una sana politica perla famiglia è il migliore pre-supposto per una sana politicaper l’impresa.

Quindi se vogliamo riassu-mere il nostro messaggio in unsintetico appello, possiamo di-re: «Piú famiglia, Piú impre-sa».

UNIVERSITÀ E MONDO IMPRESA

ATTIVITA’

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ALLA RICERCA

DI VALORI

CONDIVISI

Per contribuire a garantire ad ogniessere umano livelli dignitosi di libertà, di convivenza pacifi-ca, di prosperità e di qualità della vita

per contribuire a garantire adogni essere umano livelli di-gnitosi di libertà, di conviven-za pacifica, di prosperità e diqualità della vita.

ATTRAVERSO IL DIALOGO

È opinione controversa se iltermine religione derivi da “re-ligare”, cioè legarsi a Dio e agliuomini, come ritengono i cri-stiani o da “relegare”, cioè os-servare i riti, secondo la tesidella Chiesa romana pre-cri-stiana; fondendo le due acce-zioni si configura una originedella religione che lega il rite-gno, il timore, l’osservanza diciò che è sacro all’elementodella fede nei confronti di unapromessa che va oltre qualsia-si calcolo.

Le religioni dovrebbero so-stenersi reciprocamente nel dia-logo, che è l’arte paziente diascoltarsi, di riconoscere il pro-filo umano e spirituale dell’al-tro.

Dal seme delle tradizioni re-ligiose, capaci al dialogo, emer-ge l’arte del convivere cosí ne-cessaria in una società plurali-stica come la nostra. È certa-mente falso che i cosiddetti con-flitti religiosi siano sempre ve-ramente lotte di religione; mol-ti conflitti nascono invece per-ché gli uomini non mettono inpratica la loro fede.

Quelli che un po’troppo sem-plicisticamente vengono defi-niti religiosi, spesso sono con-flitti politici, etnici ed econo-mici, anche se occorre riflette-re sulle interpretazioni sbagliatedella propria religione che pos-sono condurre a fenomeni di

Le religioni dovrebbero sostenersireciprocamente nel dialogo, che è l’arte paziente di ascoltarsi edi riconoscere il profilo umano e spirituale dell’altro

ATTIVITA’ECONOMIA E RELIGIONI

di Angiolo Trequattrini Presidente Collegio dei Probiviri

Sezione di Roma

L’alba del nuovo millen-nio ha trovato, in tutti iPaesi occidentali, la pre-

coce precarietà dell’esistenzain buona parte scongiurata, legrandi epidemie debellate, mol-te malattie considerate in pas-sato inguaribili vinte, la dura-ta media della vita sensibil-mente aumentata.

Il secolo si è che si è chiusoera stato dominato da unostraordinario progresso tecnico,dal miglioramento dei mezzidi trasporto e di comunicazio-ne, dall’intensificarsi degliscambi, anche culturali e dellerelazioni finanziarie.

Ma la coscienza dell’occi-dente è sempre scossa dai di-sastri umani che accompagna-no ancora una volta la guerrain un’epoca in cui molta partedel mondo si illudeva di poterdedicare tutte le proprie forzealla costruzione della pace.

Prosegue la tensione tra i po-poli del Medio Oriente e dopola tragedia delle “torri gemel-le” dell’11 settembre 2001 e lareazione degli Stati Uniti sfo-ciata nelle due guerre contro italebani dell’Afghanistan e l’I-rak di Saddam Hussein, si an-nunciano all’orizzonte semprenuove minacce belliche. In ta-le quadro, un dialogo tra le re-ligioni senza negare i princípidi nessuno, da sviluppare nel-la ricerca della convergenza suivalori fondamentali e nella con-vinzione che sia possibile rin-tracciare valori comuni fonda-ti sulla libertà e sulla dignitàdell’uomo, sembra costituireuna necessità primaria per co-stituire una necessità primaria

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2/2007 • UCID Letter

I popoli hanno sempre ricercato

il senso della vita e dell’universo;

le religioni danno risposta ai bisogni piú profondi della

persona, danno il senso della vita,

danno risposta al bisogno di

appartenenza che legainsieme le persone

fanatismo e di superstizione,che nulla hanno a che vederecon l’essenza della religione.

Il paradosso delle religioni ècostituito dal fatto che per quan-to esse siano preziose, quandoentra il fanatismo possono ri-velarsi strumenti di arroganzadel potere; e ogni fondamenta-lismo è capace di provocarereazioni violente. Anche perciò David Hume ha affermatoche mentre gli errori della fi-losofia sono sempre ridicoli,quelli della religione sono sem-pre pericolosi.

I popoli hanno sempre ricer-cato il senso della vita e del-l’universo; le religioni danno ri-sposta ai bisogni piú profondidella persona, danno il sensodella vita, danno la risposta albisogno di appartenenza chelega insieme le persone, allastregua di famiglie allargate.

Le religioni sono la fonte diispirazione delle piú importan-ti manifestazioni dell’umanità;sono coloro che portano la lu-ce nelle tenebre, che combat-tono il male e la morte, che do-nano desiderio, visione e spe-ranza per ciò che nasconde ilmero presente.

Anche se oggetto di ridi-mensionamenti, di emargina-zioni e di persecuzioni, le reli-gioni hanno retto alle diversefurie distruttrici e tre quarti del-la popolazione mondiale si con-sidera appartenente a una reli-gione.

Hanno carattere circoscrittoe limitato costellazioni di ideedel tipo «sacro sí, religione no»,in cui sparisce la nozione clas-sica di religione per essere so-

stituita da forme alternative chein realtà recuperano rapporticon il sacro diversi dalla reli-gione, come la magia o i mo-vimenti di tipo iniziatici ed eso-terico.

LE RELIGIONI MONOTEISTE

L’Ebraismo, il Cristianesimoe l’Islamismo hanno inciso cer-tamente nelle modalità con cuigli uomini si relazionano aglialtri uomini e nelle ricerca deltrascendente riconosciuto co-me Dio e come suprema fontedi ogni vita e di ogni creatura.

La religione ebraica non co-nosceil concetto di Dogma; è lapiú antica tra quelle monotei-ste e si fonda sul patto tra Dioe Abramo, regolato sulle Ta-vole custodite per lungo tem-po nell’Arca dell’Alleanza,confluite poi nella Bibbia.

Dall’obbedienza di Abramoal comando del Signore di la-sciare tutto e di andare versouna terra promessa inizia quelpellegrinaggio che farà di Israe-le un popolo sempre in marciadi “stranieri e pellegrini”.

Nell’Europa cristiana del Me-dioevo gli ebrei furono ogget-to di pregiudizi come popolodeicida e di discriminazioni so-ciali e politiche; il divieto dipossedere terre e di partecipa-re alle corporazioni li spinseverso l’attività finanziaria e ilprestito a interesse, vietato aicristiani, da cui derivò la tra-dizionale accusa di usura.

L’intolleranza si accentuò altempo delle crociate, portò al-l’istituzione dei ghetti; segui-rono persecuzioni ed espulsio-ni dalla Germania, dall’Inghil-

terra, dalla Francia, dalla Spa-gna, che in parte rallentaronocon l’Illuminismo e la rivolu-zione francese; si riaccentua-rono nella Russia Sovietica econ l’olocausto del periodo na-zista. I dieci comandanti sonole leggi fondamentali degliebrei.

Nell’antico testamento, testosacro agli ebrei, trova le sue ra-dici anche l’aspetto tradizio-nale del Giubileo: la riconci-liazione, il ristabilimento di unrapporto con gli uomini attra-verso la sanatoria del debito,l’amicizia con Dio attraverso ilperdono dei peccati hanno unsenso per tutti gli uomini, cre-

ECONOMIA E RELIGIONI

ATTIVITA’

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ni di fedeli; nel mondo ve ne sa-rebbero attualmente circa unmiliardo; in Italia alcune fontili stimano in piú di settecento-mila. In un futuro non moltolontano, per effetto dell’immi-grazione anche illegale, Romapotrebbe diventare una dellepiú grandi città musulmane eu-ropee. In assenza di interventiadeguati, l’attuale implosionedemografica dei Paesi islami-ci, unite alla difficoltà di fon-dere, biologicamente e cultu-ralmente, musulmani e segua-ci di altre religioni, fanno an-che temere seriamente circa ilfuturo dei popoli.

UNITI

PER UNA SPERANZA NUOVA

Nel “Nuovo testamento”, te-sto sacro del Cristianesimo, sirinviene la radice della carità edell’uso e del termine “agape”,che introduce una nuova con-cezione dell’amore, che trovail suo modello nella croce diCristo, configurandosi comeamore disinteressato, gratuito,perfino ingiustificato, al di fuo-ri di ogni reciprocità, superio-re perfino alla fede, fondatosulla convinzione che tutto pas-serà tranne l’amore.

Il Cristianesimo ha segnatoculturalmente i secoli attraver-so l’età delle abbazie, quelladelle cattedrali, le stagioni del-la dottrina domenicana e delmovimento francescano, la frat-tura della riforma e la rispostadella controriforma, il tempodei mistici e quello dei predi-catori, l’impegno dei gesuiti,le opere di carità e le missioni.

All’inizio del secondo mil-

lennio fu la carità a ridare vi-gore al Cristianesimo; la caritàunita alla povertà fu all’origi-ne della riforma della Chiesa diinizio millennio; i monasterierano, non solo sotto il profiloculturale, ma anche dal puntodi vista economico, le unità piúefficienti mai esistite in Euro-pa e forse nel mondo.

Secondo Max Weber, comeafferma ne “L’etica del Prote-stantesimo”, è stata la Chiesaa mettere in atto le condizionipreliminari per il capitalismo:il principio di legalità, la buro-crazia amministrativa, forze la-voro mobili e specializzate,l’accumulo di capitali da rein-vestire, un linguaggio unico (illatino).

Al momento dell’ingressodel mondo nel terzo millennioi cattolici rappresentano il 18%della popolazione mondiale e icristiani insieme circa il 33%.

È auspicabile che la Chiesacattolica sia sempre piú pre-sente con il suo insegnamentonell’àmbito del nuovo ordineeconomico, contribuendo cosía sollevare i poveri di questomondo dalla loro condizioneprecaria; che le diverse reli-gioni si sostengono reciproca-mente nel dialogo e nel rispet-to delle diversità; che guidinogli uomini verso il trascenden-te e il “traguardo finale”, inco-raggiandosi reciprocamente perconseguire il meglio che le lo-ro diverse tradizioni consento-no; che si uniscano e si accor-dino sui mali che l’affliggonol’umanità per combatterli piúefficacemente.

Nella cultura odierna si os-

denti e non credenti, perché se-gnano l’ingresso nella storiadel principio del perdono, del-la misericordia, dell’amore peril nemico.

LA “REGOLA” CHE UNISCE

Il bacino del Mediterraneo èl’ambiente della rivelazionedell’unico Dio in cui credonoMusulmani, Ebrei e Cristiani;le sue città e campagne, un tem-po popolate da tante divinità,hanno cambiato l’atteggia-mento religioso attraverso lapredicazione monoteista.

Quindi un unico Dio, ma trecomunità, tra le quali e al cuiinterno si nasconde un mosai-co di diverse congregazioni,islamici e Cristiani hanno unastessa visione della scienza ecioè che essa senza la sapien-za è un animale pericoloso: ilnuovo millennio sarà domina-to dalla discussione sui limiti daporre alla scienza.

In tutte tre le religioni mo-noteiste esiste la Regola d’oroche indica l’esigenza base diogni comportamento umano.Maometto ha detto: «Nessunodi voi è un credente finché nonamate per il vostro vicino quel-lo che voi amate per voi stes-si»; un precetto ebreo recita:«Quello che è odioso per te nonfarlo per gli altri»; Gesú non so-lo ha detto: «Fa agli altri tuttoquello che vorresti facessero ate», ma «amatevi gli uni gli al-tri come io vi amo e do la vitaper voi».

Le statistiche rivelano chel’Islam è ormai religione e sti-le di vita per grosse moltitudi-

ATTIVITA’ECONOMIA E RELIGIONI

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serva un grande ritorno dell’a-spetto religioso e il Giubileodel Duemila, forse la piú im-portante manifestazione di re-ligiosità sentita e sincera ditutta la cristianità, ne ha costi-tuito una specie di “banco diprova”; cresce la religiosità dif-fusa e la consapevolezza delfatto che milioni di persone si-lenziosamente traducono nellaloro vita la “Regola d’oro” e lealtre richieste della loro Fede.

E cosí come ogni anima è re-ligiosa, lo è anche ogni società.L’incontro delle religioni diChicago del 1993, con la reda-zione di un’“etica globale”,aveva proprio lo scopo di riu-nire tutti i credenti sulla basedelle loro esperienze in quan-to religiosi, di lavorare insiemeper il bene di tutti per dare almondo una nuova speranza; lanecessità dell’incontro venneaffermata con vigore nell’am-bito degli orientamenti del Con-cilio Vaticano II, purtroppo nonsufficientemente conosciuti.

È stato affermato che sonosoprattutto religiosi i fattori diquello sviluppo economico chein un millennio ha portato unmondo di 200 milioni di esse-ri viventi per la maggior partein condizioni di estrema po-vertà a un mondo di 6 miliardidi persone, che vivono in ge-nerale in condizioni di gran lun-ga superiori a quelle di mille an-ni prima.

DALLA

CRESCITA

ALLO SVILUPPO

La Dottrina socialedella Chiesa indica i “beni relazionali” come beni in gradodi produrre un realebeneficio per l’uomo

za limiti e le sue immani con-seguenze sull’ambiente, è og-gi sostenuta dalla maggioran-za della comunità scientifica.

Se osserviamo l’evoluzionedella concentrazione di CO2

nell’atmosfera da 400.000 an-ni fino ai nostri giorni e l’evo-luzione della curva delle tem-perature durante lo stesso pe-riodo, si nota che la correla-zione fra la proporzione di ani-dride carbonica contenuta nel-l’atmosfera e l’incremento del-la temperatura a livello globa-le - cosí come dimostrato dalGruppo Intergovernativo sulCambiamento del Clima - èunanimemente riconosciuta

ECONOMIA E BENESSERE SOCIALE

ATTIVITA’

di Carlo Simonetti

Il 19 giugno scorso si è te-nuta una conferenza pressola CEI (Conferenza Epi-

scopale Italiana) su come viverel’impresa e sul significato del-la crescita economica e umana.Il dottor Pallante, autore del-l’opera “La Decrescita Felice”e il Professor Leonardo Bec-chetti, economista noto per isuoi lavori sulla responsabilitàsociale d’impresa, hanno con-dotto il dibattito.

Il dottor Pallante ha intro-dotto l’argomento sulla decre-scita, basandosi sulla divisionefra merci e beni e mostrando co-me mentre le merci corrispon-dono solitamente a beni com-merciabili, questi ultimi nonnecessariamente corrispondonoa merci; possono infatti esserenon mercificabili, come l’au-toproduzione, o non quantifi-cabili, essendo dei beni rela-zionali.

Sul problema di una cresci-ta economica illimitata, SergeLatouche e Georgescu-Roes-sen, il padre della bio-econo-mia, sostengono che la decre-scita è necessaria, pure se ognu-no di loro la interpreta in mo-do diverso, in quanto è una con-seguenza inevitabile dei limitidelle risorse naturali su cui sifonda la crescita stessa.

Pertanto, la decrescita, oggi-giorno, non appare neanche piúcome una scelta, ma come unanecessità, per evitare un col-lasso economico e ambientaleche, oltre a conseguenze im-mediate e disastrose, compor-terebbe gravissime crisi socia-li e politiche. L’insostenibilitàdi una crescita economica sen-

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Secondo gli esperti, con il ritmo di crescitaattuale e senza prevederela scoperta di nuove fontienergetiche, resterebbero all’umanità41 anni di riserve petrolifere (senza contare la scoperta di nuovi giacimenti), 70 anni di gas e 55 anni di uranio

le, terre coltivabili, foreste. Secondo gli esperti, con il

ritmo di crescita attuale e sen-za prevedere la scoperta di nuo-ve fonti energetiche, restereb-bero all’umanità 41 anni di ri-serve petrolifere (senza conta-re la scoperta di nuovi giaci-menti), 70 anni di gas e 55 an-ni di uranio (1). Pur se conte-stabili, questi dati danno un’i-dea del sistema economico glo-bale. Tuttavia, sostiene Pallan-te, il pericolo oggi non è tantol’esaurimento delle risorse ener-getiche quanto l’impatto sul cli-ma.

LE RISORSE

NON SONO ILLIMITATE

Nonostante la teoria della de-crescita centri il problema ine-rente allo sfruttamento illimi-tato delle risorse, questa appa-re piuttosto frammentata e conun nucleo teorico non diversoda quello dell’economia piútradizionale, da cui però si di-scosta.

Serge La Touche, celebreeconomista, nonché lo studio-so piú conosciuto sulla “de-crescita sostenibile” prende ledistanze da un’ideologizzazio-ne del concetto di decrescita. ladecrescita, secondo l’econo-mista, non sarebbe un proget-to concreto quanto uno sloganche si fonda sulla critica del-l’economia dominante.

La contraddizione di questosistema di valori sarebbe quan-to piú evidente nel movimentoaltermondialista: se il Nord delmondo deve ridurre i suoi con-sumi e azzerare la sua cresci-ta, i suoi sostenitori si rendono

ben conto dei benefici della cre-scita economica di cui potreb-bero giovare i Paesi in via disviluppo.

Alcuni economisti della de-crescita sostengono che solouna crisi economica su scalamondiale è in grado di evitareun collasso ecologico del pia-neta. Questo è il punto di vistadi Edwards Goldsmith, fonda-tore della rivista The Ecologi-st, che sostiene che «solo tra-mite una riduzione del 4% an-nuo della produzione e del con-sumo mondiale per 30 anni sipuò scampare a una catastrofeecologica» (2).

Ciò nonostante, la storia cimostra che le crisi economicheraramente hanno virtú pedago-giche e che nella maggior par-te dei casi generano conflitti edistruzioni. Parametri di de-crescita come quello diEdwards Goldsmith non pos-sono che comportare asprissi-me crisi sociali che rimette-rebbero in causa democrazia eumanismo. Se il prezzo paga-to dall’umanità per preservarel’ecosistema globale fossel’affondamento della società edella persona, questo non ser-virebbe a molto.

VERSO NUOVI

MODELLI ECONOMICI

Introdurre misure forzate didecrescita dell’economia com-porterebbe delle conseguenzeenormi, soprattutto a livello po-litico e sociale. tra i vari casi didecrescita economica, troviamola Russia. Dalla caduta del mu-ro di Berlino questa si è rapi-damente deindustrializzata e ha

dalla comunità scientifica. Lacurva delle temperature sale al-l’improvviso con l’entrata nel-l’era industriale.

Non si tratta esclusivamentedel rischio di una possibile ca-tastrofe ecologica, ma anche diun problema di sostenibilitàdella stessa economia. La pro-duzione industriale si basa sul-lo sfruttamento di risorse na-turali, che come sappiamo nel-la maggior parte non sono rin-novabili, oppure hanno un tem-po di rinnovamento estrema-mente lento. Quando si parlad’esaurimento delle risorse si fariferimento a tante realtà: ri-sorse minerarie, acqua potabi-

ATTIVITA’ECONOMIA E BENESSERE SOCIALE

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Fino ad ora, tutti i modelli economici

si sono basati su unacrescita economica

in cui le risorse naturalisono inestinguibili.

I modelli economici moderni di stampo

utilitaristico, siano essineoclassici o marxisti,

hanno sempre considerato la variabile

delle risorse naturali come infinite

ridotto le sue emissioni di CO2

del 35% (3). Da un punto di vi-sta strettamente ambientale sipotrebbe dire che si tratta di unsuccesso.

Tuttavia le conseguenze so-ciali sono state ingenti: secon-do le fonti statistiche dell’OC-SE, la speranza di vita per gliuomini è passata da 64 anni nel1989 a 58 anni nel 2004. Co-me si vede la strada della de-crescita forzata comporta per-tanto grosse rinunce individualie una drastica riduzione del red-dito procapite, difficilmente ac-cettabili in un regime demo-cratico.

È altrettanto vero che il pro-blema ambientale impone unmodo diverso di intendere l’e-conomia. Fino ad ora, tutti imodelli economici si sono ba-sati su una crescita economicain cui le risorse naturali sonoinestinguibili. L’economia tut-tavia non è un universo chiusoretto esclusivamente dalle leg-gi, dalla morale, dalla politicae dal sociale, ma opera in uncontesto ambientale che tendea esaurirsi sempre di piú e lacrescita economica si arresta làdove finiscono i limiti fisici delpianeta. I modelli economicimoderni di stampo utilitaristi-co, siano essi neoclassici omarxisti, hanno sempre consi-derato la variabile delle risor-se naturali come infinite.

Jean- Baptiste Say, l’ultimogrande economista classico,riassume con queste parole laquestione della risorse natura-li: «le ricchezze della naturasono inestinguibili e se non lofossero, non potremmo otte-

nerle gratuitamente. Non po-tendo essere né moltiplicate néestinte, non sono oggetto del-la scienze economica».

Il legame fra ecologia ed eco-nomia, a cui danno risalto glieconomisti della decrescita, nonderiva dalle leggi della mecca-nica ma da quelle della termo-dinamica e in particolare dallalegge dell’entropia.

La termodinamica nasce da-gli studi di Sadi Carnot che sta-bilisce che nell’universo laquantità libera di energia (su-scettibile di essere trasformatain lavoro meccanico) diminui-sce col tempo. Si tratta perciòdi una legge di evoluzione tem-porale che ci rimanda al mo-mento della “morte del calo-re”, cioè dell’energia. L’entro-pia viene interpretata come unamisura del disordine di un si-stema fisico applicabile anchea qualsiasi altro sistema, comead esempio la società.

In base a questa definizionesi può dire, in forma non rigo-rosa ma esplicativa, che quan-do un sistema passa da uno sta-to ordinato ad uno disordinatola sua entropia aumenta. Sottol’impulso di Nicholas George-scu-Roegen, precursore dellateoria della decrescita, che mi-se in luce il rapporto fra processieconomici e fisica, molti auto-ri cercarono una soluzione alproblema “entropico” dell’e-conomia, interpretandolo co-me un problema fisico, vale adire come l’impatto dell’indu-strializzazione sulla biosfera.

La legge dell’entropia ci ri-corda che la crescita economi-ca è limitata dai termini fisici

del pianeta e che lasceremo al-le generazioni future un patri-monio naturale sempre menoadatto ai lori bisogni. Inoltre,l’utilizzo di risorse non rinno-vabili accelera il ritmo di de-grado della biosfera con delleconseguenze disastrose su diessa.

La decrescita o la non-cre-scita non sono soluzioni possi-bili per i Paesi sviluppati. Di-fatti, ciò implicherebbe una se-rie di scelte politiche contrariealla volontà delle persone, chetendono a voler continuamen-te migliorare le proprie condi-zioni di vita; alla lunga si po-trebbe incorrere in una sorta di

ECONOMIA E BENESSERE SOCIALE

ATTIVITA’

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Se il consumo di risorse per unità di prodotto è effettivamente diminuito nei Paesi piúsviluppati, il consumo in termini assoluti continua ad aumentare.Fino a che punto le nuove tecnologie possano sostituire le tecnologie tradizionali?

“dematerializzazione del capi-tale”, ha suscitato un vivo in-teresse per gli economisti del-la New Economy.

Il settore delle tecnologieinformatiche, ma anche di al-tri settori come esposizioni d’ar-te e spettacolo, sono in gradodi produrre un determinato red-dito con un utilizzo minimodelle risorse naturali.

Tuttavia, è importante chie-derci fino a che punto le nuo-ve tecnologie possano sostitui-re le tecnologie tradizionali e sequesto è possibile in ogni cam-po.

Se il consumo di risorse perunità di prodotto è effettiva-mente diminuito nei Paesi piúsviluppati, il consumo in ter-mini assoluti continua ad au-mentare.

Ecco alcuni dati: «Una unitàè prodotta oggi con meno ener-gia di quanta veniva utilizzatanegli anni Settanta. Il consu-mo di energia difatti (misuratocome quantità di energia perunità) è diminuito del 25% neiPaesi dell’OCSE dal 1970 al1988. Ma questa diminuzionedell’energia impiegata non haportato a una riduzione del con-sumo totale di energia. Il con-sumo di energia infatti è au-mentato del 30% durante lostesso periodo» (4).

L’aumento dei consumi è do-vuto in parte all’aumento de-mografico ma anche dal fattoche le nuove tecnologie, comeogni bene di produzione, ne-cessitano un flusso continuo dirisorse per essere mantenuto incondizioni di efficienza.

Le infrastrutture, il traspor-

to, i beni intermedi, gli hardwa-re e tutti i beni necessari per lamanutenzione e il corretto fun-zionamento degli impianti, im-plicano un utilizzo delle risor-se naturali.

Perciò, la produzione di tec-nologia implica un flusso con-tinuo di beni provenienti da unprocesso di trasformazione ditipo tradizionale, che a loro vol-ta richiedono quantità crescen-ti di risorse naturali.

Il progresso tecnologico può,in ogni caso, diminuire l’im-patto ambientale ma è diffici-le immaginare come i Paesi invia di sviluppo possano passa-re direttamente ad un’econo-mia High Tech senza una pro-lungata fase di industrializza-zione.

Data la scarsa praticabilitàdella decrescita economica e lamancata sostenibilità del mo-dello economico di produzio-ne “classico”, la tecnologia puòsenza alcun dubbio fornire lachiave per uno sviluppo piú du-raturo.

PER UNA MIGLIORE QUALITÀ

DI VITA, PER TUTTI

Di notevole importanza aquesto riguardo è il diverso ap-proccio verso il sistema pro-duttivo, che viene consideratoin termini strettamente fisicidagli economisti della decre-scita come Georgescu-Roegene in termini di valore prodottodagli economisti neoclassici.

Il valore indica il prezzo eperciò il beneficio che si traedall’utilizzo di un bene o di unservizio, mentre l’impatto fisi-co si riferisce solo al consumo

“dittatura ecologica”.La legge dell’entropia può

essere spezzata grazie a un im-piego diverso e piú sostenibiledelle risorse naturali, in parti-colare attraverso l’uso della tec-nologia nei processi produttivi.

PIÚ BENI CON MENO ENERGIA

Il peso della tecnologia neiprocessi produttivi è al centrodel discorso del Professor Bec-chetti. L’idea principale è cheil progresso tecnologico per-metterebbe di produrre unaquantità maggiore di beni uti-lizzando una quantità minore dienergia.

Questo fenomeno, noto come

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di risorse naturali. Considera-re la produzione in termini divalore rovescia la questione: ilproblema consiste piú che al-tro nella possibilità di sostitui-re i beni intermedi di produ-zione con una forte improntaambientale.

Un’economia sostenibile ri-chiede pertanto una revisioneprofonda del senso di valore diun bene, che equivale alla suautilità, e all’utilizzo della tec-nologia per diminuire l’impat-to ambientale del processo pro-duttivo.

Come già accennato, una po-litica ecologica che mira esclu-sivamente alla riduzione delladomanda globale di beni, al-dilà del suo probabile falli-mento, comporterebbe fortis-sime tensioni sociali e disoc-cupazione. La decrescita dellaquantità prodotta di beni noncorrisponderà in tal caso alla de-crescita del valore della pro-duzione. Questo deve compor-tare una trasformazione profon-da del valore che si attribuiscead un bene.

In particolare come cattolici,è importante distinguere fraquei beni di cui si può usufrui-re isolatamente e quei beni dicui si può usufruire solo in re-lazione con gli altri.

Vista la differenza inizialefatta dal dottor Pallante fra be-ni e merci, è importante tene-re a mente che il valore devecorrispondere all’utilità ed alreale giovamento che si trae daun bene, e che sono proprioquesti “beni relazionali” cherendono l’uomo piú felice.

Nelle società avanzate, si as-

siste a una crescente attenzio-ne verso i servizi che miglio-rano la qualità di vita, che im-plicano una partecipazione deicittadini e delle comunità percreare nuovi spazi di libertà espiritualità.

In particolare la Dottrina So-ciale della Chiesa indica i “be-ni relazionali”, di cui si gode inseno alla propria comunità, co-me quei beni che possono da-re un reale beneficio.

Ovviamente, questo tipo dibeni implica un impatto ecolo-gico bassissimo, se esiste.

Educare a condividere e aintrattenere delle relazioni al-l’interno di una comunità nonsolo sostituisce beni e servizicon una forte impronta ecolo-gica, ma costituisce il mezzoattraverso il quale realizzareuna economia e società piúgiusta, riducendo il malesseresociale.

1) Statistical Review of WorldEnergy: http://www.bp.com/pro-ductlanding.do2) The Ecologist, N. 2, Winter2000.3) Bundesministerium fürUmwelt, Naturschultz und Reak-torsicherheit (Ministero Tedescod e l l ’ A m b i e n t e )http://www.bmu.de/allgemein/ak-tuell/160.php4) M. Binswanger, From micro-scopic to macroscopic theories: en-tropic aspects of ecological and eco-

ECONOMIA E BENESSERE SOCIALE

ATTIVITA’

Un’economia sostenibilerichiede una revisione

profonda del senso di valore di un bene,

che equivale alla sua utilità, e all’utilizzo

della tecnologia per diminuire

l’impatto ambientale del processo produttivo

Educare a condividere e a intrattenere delle relazioni

all’interno di una comunità non solo

sostituisce beni e servizicon una forte impronta

ecologica, ma costituisce il mezzo attraverso il quale

realizzare una economiae società piú giusta,

riducendo il malessere sociale

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DAI LIBRI

ALL’IMPRESA

“Passo avanti” è un esempio concreto e riuscitodi integrazione tra il mondo della scuola e quello dell’impresa

di forza e di debolezza, le levedi intervento utili a radicarne lapresenza sul mercato, l’uso del-le piú moderne tecniche ma-nageriali.

Non possiamo che approva-re e lodare questa iniziativa de-gli studenti e di chi li ha gui-dati, in quanto il loro lavororientra a pieno merito tra quel-le iniziative che creano valore,arricchendo le competenze de-gli studenti e diffondendo infor-mazioni utili all’ambiente cir-costante.

Questo documento conse-gnato dagli studenti al mondodelle imprese e delle profes-sioni, quasi come un testimo-ne, lega tutti gli stakeholder inuna staffetta virtuale che li spin-ge a continuare la corsa, a por-si nuove domande e nuovi tra-guardi, ad accendere un seriodibattito sull’apparato produt-tivo territoriale.

PER UNA FORMAZIONE

SISTEMATICA E CONCRETA

Il mutamento è la caratteri-stica piú vistosa degli anni chestiamo vivendo; rapido e im-prevedibile crea continui sfa-samenti tra i problemi che ciaffliggono e i mezzi di cui l’in-dividuo dispone per risolver-li.

La scuola non è esente da ta-li trasformazioni e cerca di rea-gire come può o come sa fare,ma da sola non potrà mai mi-gliorarsi di molto.

Coloro che lavorano inazienda da anni e i giovani chene sono entrati da poco, con-statano continuamente quantoè grande il divario tra la pre-

Il Progetto rappresentaun’occasione unica per imparare a conoscerela realtà produttiva locale, il suo tessuto socio-economico, la sua storia, le strategiedi intervento, i punti di forza e di debolezza, le leve di intervento utilia radicarne la presenzasul mercato, l’uso delle piú modernetecniche manageriali

ATTIVITA’PROGETTO “PASSO AVANTI”

di Ruggero CristalloPresidente UCID Gruppo Regionale Puglia

Si parla e si scrive spessodel rapporto tra scuola emondo del lavoro, di al-

ternanza scuola-lavoro, dellanecessità di una formazione inlinea con le richieste del mer-cato del lavoro.

A Barletta per il secondo an-no consecutivo è stata attuatacon successo una sperimenta-zione che introduce gli alunniin procinto di conseguire un di-ploma nei problemi di gestio-ne aziendale.

Si chiama infatti “PassoAvanti” la ricerca effettuata da-gli alunni del quinto anno (Sez.A) dell’Istituto Tecnico Com-merciale “M. Cassandro” nel-l’àmbito del Progetto Sirio eche ha avuto come tema “I Cal-zaturifici di Barletta alla provadel rating di Basilea 2”.

Diversi gli stakeholder delprogetto:

• UCID, Sezione Arcidioce-si di Trani-Barletta-Bisceglie;

• ITC “M. Cassandro” diBarletta;

• Ordine Dottori Commer-cialisti di Trani;

• Collegio dei Ragionieri diTrani;

• Associaz. Profess. Consu-lenti di Direzione (APCO);

• Gazzetta dell’Economia

UNA STAFFETTA VIRTUALE

Il Progetto in questione, coor-dinato dal Presidente UCIDSez. di Trani, Ruggiero Cri-stallo, rappresenta un’occasio-ne unica nel suo genere per im-parare a conoscere la realtà pro-duttiva locale, il suo tessuto so-cio-economico, la sua storia, lestrategie di intervento, i punti

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“Passo Avanti” punta a far crescere

il “sapere” della Scuola,il “saper fare” delle Imprese,

il “sapere cosa fare” delle Professioni.

Aiuta a identificare, con creatività e metodo

il “sapere cosa bisogna fare”

parazione che la scuola ha da-to loro e le conoscenze che ilmondo del lavoro e delle pro-fessioni richiedono. Questospinge i piú ad auspicare unaformazione sistematica, ricor-rente e concreta.

In linea con tutto ciò, il Pro-getto “Passo Avanti” è un va-lidissimo esempio, di integra-zione delle realtà del territorio,di formazione attenta costrui-ta sulle esigenze di una parti-colare realtà aziendale, indi-rizzata a una ben precisa fasciadi individui e incentrata su prio-rità e valori radicati sul territo-rio.

In questo Progetto, la lungi-miranza del Presidente Rug-giero Cristallo, merita un pie-no consenso, per essere riusci-to a far acquisire agli studentila consapevolezza dell’opera-re da protagonisti, del non es-sere solo spettatori, del capiree vivere i problemi del mondoesterno alla loro scuola.

Ci auguriamo che tale ini-ziativa, possa rivestire un ca-rattere di continuità, dando luo-go alla collaborazione tra le or-ganizzazioni presenti nellarealtà locale, sapientementecoinvolte nel Progetto, in quan-to è solo dalla cooperazione traScuola - Imprese - Professioni,che potrebbe nascere l’impul-so giusto, per una visione ra-gionevolmente ottimista del fu-turo.

Questi tre ambienti diversipossono essere il vero motoredell’innovazione, ciascuno diessi porta in dono un bagagliodi esperienza ed energia per af-frontare un viaggio insieme.

I viaggi non dimentichiamoche sono processi di trasfor-mazione.

SAPERE, SAPER FARE, SAPER COSA FARE

“Passo Avanti” sembra tuttoquesto, un lievito che facendocrescere il “sapere” della Scuo-la, il “saper fare” delle Impre-se, il “sapere cosa fare” delleProfessioni, ci aiuta a identifi-care, con creatività e metodo il“sapere cosa bisogna fare”.

I nostri imprenditori stannoaspettando soluzioni, il “Siste-ma Barletta” è in ritardo percause provenienti sia dall’in-terno che dall’esterno delle lo-ro stesse aziende. Alcune di es-se stanno affrontando il “pas-saggio generazionale” e i varicontinuatori non sempre sonoall’altezza dei compiti che liattendono. Un problema, que-sto, non solo specifico di Bar-letta.

Non i cinesi né gli extra-co-munitari minacciano il futurodelle genti italiche, ma la stan-chezza dei neo-giovani-im-prenditori fiaccati da televisio-ni inutili che promettono be-nessere senza lavoro e li ren-dono vacui abitanti di terre chenon conoscono piú.

Cari studenti del Progetto“Passo Avanti”, il vostro esem-pio rincuora noi tutti, lo studiodel territorio, delle sue realtà edei problemi che li attendono(il tema della vostra ricerca), èsintomo di attaccamento alleradici e speriamo con la vostraenergia di risvegliare lo spiri-to imprenditoriale dal letargo diquesti ultimi decenni.

Il futuro è minacciatodalla stanchezza

dei giovani-imprenditorifiaccati da televisioniinutili che promettono

benessere senza lavoro e li rendono vacui

abitanti di terre che non conoscono piú

PROGETTO “PASSO AVANTI”

ATTIVITA’

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UN “TEAM” PER IL SUCCESSO

Una soluzione efficace e concretaper la competitivitàd’impresa. Servono consapevolezza, interazione, progettualità

lavoro in team non dal punto divista delle capacità dei singolima da quello dell’impegno didirigenti e imprenditori nelcreare le condizioni organiz-zative favorevoli al lavoro digruppo (spazi, ambienti vir-tuali, meccanismi manageriali,…).

Oggi imprenditori e dirigen-ti sono costretti a ricercare so-luzioni organizzative piú crea-tive e innovative per poter vin-cere le sfide con l’ambienteesterno e per gestire uomini chenon sono piú motivabili con leleve tradizionali. Il coinvolgi-mento del personale, realizza-to per mezzo di rapporti di col-laborazione, comunicazioniaperte, processi decisionali par-tecipativi, è fondamentale peril miglioramento della produt-tività e della qualità.

Il discorso sui Team, tutta-via, va affrontato con moltacautela poiché esiste il rischiodi essere considerati troppo teo-rici o, addirittura, di non riuscirea far comprendere che esso rap-presenta una entità concreta erilevante anche sul piano orga-nizzativo e, quindi, come talepuò e deve essere concepito,progettato, sostenuto, abilitatocome qualsiasi altro meccani-smo atto a contribuire al per-seguimento delle finalità d’im-presa. Purtroppo, nella culturamanageriale prevalente si è an-cora poco abituati a considera-re un “gruppo” come entità con-creta, come modalità di rela-zionarsi, come mentalità e co-me metodologia.

Troppo spesso prevale nelleimprese la tendenza a struttu-

Il coinvolgimento del personale, realizzatoper mezzo di rapporti di collaborazione, comunicazioni aperte, processi decisionali partecipativi, è fondamentale per il miglioramento della produttività e della qualità.Il discorso sui Team, tuttavia, va affrontatocon molta cautela

ATTIVITA’IMPRESA E LAVORO DI GRUPPO

di Luigi De BernardisTesoriere Gruppo Regionale Lazio

IGiovani dell’UCID di Ro-ma discutono del lavoro inteam come concreta solu-

zione per la competitività del-le imprese

I giovani dell’UCID dellaCapitale si sono confrontati agiugno scorso su un tema checonferma la volontà dell’U-nione di dare concreta attua-zione alla Dottrina Sociale del-la Chiesa nelle imprese.

Nella cornice della sede ro-mana di Tesigroup Consultinge alla presenza del Vice Presi-dente Nazionale UCID Gian-carlo Abete e del Presidentedella Sezione di Roma Giu-seppe Cornetto Bourlot, si è di-scusso dei contenuti del librodel socio Luigi De Bernardis“Team per il successo” pubbli-cato per l’Editore Franco An-geli.

Le relazioni di Antonio Ber-tani (Presidente del Gruppo La-zio) e del Segretario Naziona-le Giovanni Scanagatta sonostate affiancate da quella delProfessor Eugenio Nunziata(Docente di OrganizzazioneAziendale presso la Scuola Su-periore Economia e Finanze“Vanoni”) e hanno approccia-to il tema da diversi punti di vi-sta.

L’affermazione che «Oggipiú che mai lavorare è un la-vorare con gli altri e un lavo-rare per gli altri: è un fare qual-cosa per qualcuno» - tratta dal-la “Centesimus annus” - po-trebbe essere senza dubbio unbrano del libro oggetto dellapresentazione.

La peculiarità del testo è quel-la di affrontare la tematica del

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Il Team opera se sono fissati ed esplicitati

obiettivi quali: condivisione,

collaborazione e integrazione. Un Team

pone attenzione e provvede ai bisogni

e alle aspettative dell’individuo, ne

stimola l’iniziativa e negestisce lo sviluppo

professionale in funzionedegli obiettivi

e delle strategie

rare Team attraverso le regoledell’organizzazione formale,condizione necessaria, ma nonsufficiente per la identificazio-ne e il buon funzionamento diun Team: non basta mettere del-le persone nello stesso luogo (fi-sico o “virtuale” che sia) perconseguire risultati significati-vi.

“TEAM”, NON È SOLO GRUPPO

La resistenza a riconoscere ladimensione sociale di “grup-po”, che sottostà alla micro-struttura Team, deriva dalla re-sistenza dell’uomo contempo-raneo alla vita di gruppo. Spes-so, nelle organizzazioni, ai fe-nomeni di gruppo non vienedato diritto di cittadinanza: tut-to viene ricondotto a problemidi persone. Ripensare la propriasituazione, mettersi in discus-sione, condividere e coopera-re, sentirsi una parte di un tut-to risulta assai problematico eindesiderato ai singoli individui.

«Il gruppo è qualcosa di piúe di diverso della somma deisuoi singoli elementi»: questoaffermava Kurt Lewin, uno deiprimi ricercatori scientifici del-lo studio psicologico dei grup-pi, suggerendo di pensare algruppo come a qualcosa di or-dine diverso, con qualità e conrisorse nuove rispetto ai sin-goli elementi che lo compon-gono.

Dunque, accanto al modo“oggettivo”, “sociologico” didescrivere il gruppo ne esisteanche uno “psicologico”, se-condo il quale noi percepiamocome “gruppo” una certa entitàin funzione di una qualità rela-

zionale che si sviluppa tra i pro-pri componenti. Da un punto divista psicologico, per “esseregruppo” è fondamentale “sen-tirsi nel gruppo”. È necessarioche i membri del gruppo ab-biano la consapevolezza,espressa dal “noi”, di apparte-nere a un’entità che trascendale singole individualità. Il grup-po psicologico esiste quando isuoi membri sono condiziona-ti, nel loro agire, dal “senti-mento di appartenenza”.

Il “gruppo di lavoro” o Teamè, però, soggetto diverso dal“gruppo”. Mentre un gruppo èuna pluralità in “interazione”,un gruppo di lavoro è una plu-ralità in “integrazione”. Nel-l’interdipendenza si comincia aconfigurare il Team in cui imembri acquisiscono la con-sapevolezza di dipendere gliuni dagli altri, con il relativosviluppo della rappresentazio-ne della rete di relazioni. L’in-terazione, dunque, si fonda sul-la percezione della presenza,mentre l’interdipendenza sifonda sulla percezione della“necessità reciproca”.

Si può dedurre, quindi, che lacostituzione del Team necessi-ta al suo interno di condizioniche permettano ai singoli di“unirsi” agli altri su basi defi-nite e chiare. Il Team, infatti, siattiva sulla base di un “con-tratto” implicito che lega i com-ponenti e che chiarisca qualisono le ragioni, gli scopi e gliobiettivi della microstruttura acui danno vita, ed espliciti atutti i soggetti le direttive ne-cessarie per una efficace com-prensione degli impegni reci-

proci.Un Team si fonda su un si-

stema di regole di funziona-mento eque e condivise, idoneeal raggiungimento degli obiet-tivi stessi. Il Team opera se so-no fissate ed esplicitate al suointerno obiettivi quali: condi-visione, collaborazione e inte-grazione. Un Team pone atten-zione e provvede ai bisogni ealle aspettative dell’individuo,ne stimola l’iniziativa e ne ge-stisce lo sviluppo professiona-le in funzione degli obiettivi edelle strategie.

L’ambiente fisico e l’am-biente sociale (clima) diven-gono elementi strutturanti la

IMPRESA E LAVORO DI GRUPPO

ATTIVITA’

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Il miglior lavoro di gruppo deriva dalladiversità dei singoli individui e dei rispettiviruoli. La parola d’ordine in un grupponon è l’uguaglianza. Un lavoro di gruppo qualificato scaturisce dalle differenze.La collaborazione è riconosciuta come un fattore fondamentale per l’apprendimento degli individui nei gruppi

nenti acquisiscano quelle desi-derate. Il gioco dei ruoli com-plementari e interconnessi creainterdipendenza fra i membridel gruppo.

Il miglior lavoro di gruppoderiva dalla diversità dei singoliindividui e dei rispettivi ruoli.La parola d’ordine in un grup-po non è l’uguaglianza. Un la-voro di gruppo qualificato sca-turisce dalle differenze.

Il coordinamento di un Teampuò essere definito in molti mo-di diversi, a seconda degli obiet-tivi, delle responsabilità, deicompiti o del punto di vista dichi osserva il Team in azione;può essere affidato a una re-sponsabilità manageriale, op-pure appartenere all’azione diun leader, di un coach, di unascoltatore attento, di un tutor,di un formatore e cosí via. Ilcoordinatore svolge un ruolorilevante nella formazione diun gruppo efficace, ma si trat-ta solo del punto di partenza.Tutti i membri dovrebbero es-sere consapevoli del buon fun-zionamento del Team e sentir-sene responsabili.

COLLABORAZIONE, INTEGRAZIONE, COMUNICAZIONE

Formare un Team non signi-fica automaticamente promuo-vere un vero lavoro di Team. Lacollaborazione è riconosciutacome un fattore fondamentaleper l’apprendimento degli in-dividui nei gruppi. Numerosisono i vantaggi che la collabo-razione può portare in terminidi arricchimento dell’espe-rienza, e quindi nella forma-zione e nello sviluppo delle per-

sone: in primo luogo un mag-giore coinvolgimento dei par-tecipanti nello sviluppare rela-zioni interpersonali, sia per laconsapevolezza che il loro la-voro è un tassello necessarioper il progredire del lavoro de-gli altri.

L’interazione, inoltre, forni-sce uno strumento di valuta-zione implicita che permette dicapire quanto la persona abbiaeffettivamente appreso e comesia in grado di mettere in gio-co la propria competenza in vi-sta di un obiettivo comune. Ècon questa consapevolezza, al-lora, che le nuove tecnologiedella comunicazione, con glistrumenti di dialogo, di condi-visione, di supporto al lavoroin rete, potranno essere utiliz-zati in modo efficace, per crea-re spazi che, seppure virtuali,siano densi di vita e di cono-scenza.

Nel Web based cooperativeworking, la comunicazione frai componenti di un gruppo av-viene attraverso strumenti che,in forma sincrona o asincrona,consentono quello scambio diesperienze, di materiali, e infor-mazioni che costituiscono ilpresupposto per un apprendi-mento collaborativo.

Ma tutto ciò non avviene inmodo automatico: si diceva, in-fatti, che non basta mettere del-le persone nello stesso luogo (fi-sico o “virtuale” che sia) per ot-tenere una reale collaborazio-ne, specialmente quando l’o-rientamento al lavoro in Teamnon fa parte della cultura e del-la storia formativa di ciascu-no. Occorre predisporre, allo-

vita del Team.I ruoli rappresentano la “par-

te” assegnata a ciascun mem-bro sulla base delle proprie co-noscenze e capacità; racchiu-de anche l’insieme dei com-portamenti che ci si attende dachi occupa una certa posizio-ne all’interno del Team stesso.

IL GIOCO DEI RUOLI

Assegnare i ruoli significaridurre la possibilità che uno opiú componenti si rifiuti di con-tribuire al gruppo o che unmembro cerchi di dominare glialtri. Assicura che le abilità es-senziali per il lavoro di gruppovengano usate e che i compo-

ATTIVITA’IMPRESA E LAVORO DI GRUPPO

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L’interazionefornisce uno strumentodi valutazione implicita

che permette di capirequanto la persona

abbia effettivamente appreso e come

sia in grado di metterein gioco la propria

competenza in vista di un obiettivo comune.

Il Team efficace si basa sulla fiducia

tra i membri

ra, condizioni piú appropriateper lo sviluppo di una organiz-zazione del lavoro basata sul“Team”, ovvero progettare or-ganizzazioni in grado di “abi-litare” i Team.

Il libro cerca di risponderead alcune domande quali: a qua-li condizioni è possibile unaprogettazione organizzativa del-le microstrutture? Cosa signi-fica “successo” nelle organiz-zazioni? Quando il Team non èuna soluzione efficace? In qua-li contesti di mercato è invecevincente?

I “DRIVE” DEL CAMBIAMENTO

Se non sono ammissibili ri-sposte definitive e conclusioniinconfutabili, il libro afferma al-cuni “punti fermi” che delimi-tano l’àmbito entro il quale ciappare lecito parlare di “Team”come entità significative sulpiano organizzativo, e che di-vengono i “drive” della cam-biamento :

1) Il Team è un soggettoriconoscibile nell’organizza-zione ed è portatore di interes-si e diritti autonomi.

2) Il Team come autono-mo soggetto organizzativo è ef-ficace solo in presenza di unasituazione macro-organizzativadi attenzione ai risultati e mi-cro organizzativa di reale de-lega.

3) Il Team è una soluzioneorganizzativa efficace in pre-senza di fattori chiave di suc-cesso che richiamano la adat-tività, la flessibilità, la tempe-stività, la innovatività.

4) Il Team ha disponibilitàcostante di informazioni sulle

proprie performance e sull’u-so delle risorse. Tali informa-zioni sono sempre evidenti ne-gli spazi fisici o virtuali dovelavora il team.

5) I componenti del Teammantengono una chiara indivi-dualità e responsabilità che simanifesta con forme di lea-dership situazionale.

6) Il Team è aperto versol’esterno mantenendo però unachiara individuazione dei com-ponenti del “nucleo” stabile di“membri chiave”.

7) Il Team deve avere unacomposizione eterogenea dalpunto di vista delle competen-ze funzionali di provenienza(per “parlare” tante lingue nel-le relazioni inter-organizzati-ve) e dell’anzianità dei parte-cipanti (per favorire grazie aipiú esperti il contatto con le al-tre funzioni dell’organizzazio-ne, e grazie ai piú giovani l’a-pertura con l’esterno).

8) Il Team efficace si basasulla fiducia tra i membri, chedipende dall’intensità della re-lazione (aumentata soprattuttonei team virtuali da strumentidi contatto face-to-face).

9) Al Team deve essere ga-rantita una continuità rispetto altempo (membri che cambiano,leader con impostazioni diver-se, …) anche grazie a un siste-ma di corporate memory, ov-vero di una memoria collettivadei membri del Team, condivi-sa e basata sulle esperienze esulle competenze del Team edei singoli individui.

10) Il Team deve avere “spa-zi-contesti” dedicati a una azio-ne condivisa tesa a «collocare

gli elementi all’interno di cor-nici». Possono essere war-roomdedicati a Team con membrinon full-time, o riunioni (o, nelcaso di Team virtuali, forum oaltri strumenti) durante le qua-li si prendono decisioni (dovela cosa importante non è la de-cisione ma il modo in cui essaè presa).

Ha chiuso i lavori un inter-vento del Coordinatore delGruppo Giovani UCID di Ro-ma Giuseppe di Giamberardi-no che ha rimarcato l’impegnodel Gruppo nella ricerca di so-luzioni e applicazioni impren-ditoriali, preannunciando nuo-ve interessanti iniziative.

IMPRESA E LAVORO DI GRUPPO

ATTIVITA’

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CENTINAIA

DI MANI, DI MENTI, DI CUORI

Un Rapporto non delegato a terzi,ma partecipato.Espressione direttadella volontà di coscienze singole e collettive

cativa, anche se si tratta di spa-zi ridotti, marginali, limitati,ma non per questo meno nobi-li quando si è spinti dalla co-scienza di fare il proprio dove-re professionalmente e cristia-namente.

Da laici che ricercano le op-portunità per la costruzione delBene Comune, contrastandocon la coscienza le “minacce”di una rendita - che sembra at-trarre sempre piú adepti - e diuna logica del “business” - sem-pre piú pervasiva. La qualitàdello sviluppo dipende dal tas-so di coscienza di innovatoriresponsabili e partecipi a un di-segno universale.

Parte da qui il Bene Comu-ne».

Esso consiste di tre elemen-ti. Il primo è la responsabilitàdi proteggere la dignità e i di-ritti di ciascuna persona, in-clusa la libertà per ognuno direalizzare il proprio potenzia-le nella vita.

Il secondo è lo sviluppo diquelle risorse che la società ri-conosce come basilari per lavita: l’educazione dei figli, imezzi di tutela della salute, lasicurezza e la protezione deicittadini ne sono esempi.

Infine, il Bene Comune de-ve includere il rispetto per lacultura di un popolo; ciò com-prende la storia di un popolo;quegli usi ed esperienze chehanno generato la sua identitàe le sue tradizioni sociali, eti-che e religiose, che hannorafforzato la vita comune e han-no costituito un’eredità da tra-smettere.

Da questo deriva quanto S.

Il sottotitolo è “abitarel’impresa e la professionecon sguardo di Fede”.Perché non basta trasmettere valori, in un’epoca di continuocambiamento e d’intensacomplessità. Occorre incarnarli e testimoniarne una coerenza applicativa,anche se si tratta di spazi ridotti, marginali, limitati

ATTIVITA’RAPPORTOUCID 2007

di Emilio IaboniPresidente Sezione Ucid, Frosinone

Il Rapporto della UCID Na-zionale, presentato in occa-sione dell’Assemblea Or-

dinaria e Straordinaria a Mila-no il 16 giugno 2007, è cosísintetizzato a pagina 17 del te-sto stesso: «Un Rapporto nondelegato a terzi, né eseguito daun Centro Studi specialistico,ma partecipato (i due questio-nari hanno ottenuto una re-demption a tre cifre, con per-centuali di risposte quanto maisignificative) e quindi espres-sione autentica, diretta, non in-termediata, della volontà dellecoscienze singole e collettive,mettendo insieme le esperien-ze, senza cercare omogeneità dilinguaggio.

Insieme - centinaia di mani,di menti, di cuori - cosí comesiamo, ciascuno con le proprieinclinazioni e sensibilità, peruna piú diretta assunzione diresponsabilità e per poter con-statare meglio il cammino per-corso e da percorrere.

NON BASTA TRAMETTERE VALORI

Pensiamo, infatti, di ripetereperiodicamente questa tipolo-gia di rendiconto - ad esempio,tre/quattro anni - per stimolar-ci a un impegno progressivo, si-stematico, concreto.

Per questo il sottotitolo è“abitare l’impresa e la profes-sione con sguardo di Fede”.

Perché non basta trasmette-re valori: in un’epoca di conti-nuo cambiamento e d’intensacomplessità, sarebbe un eser-cizio destinato a rapida obso-lescenza.

Occorre incarnarli e testi-moniarne una coerenza appli-

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Agostino ha chiamato pace so-ciale e politica.

È lo scopo del nostro impe-gno: costruire un mondo in cuile comunità che lo compongo-no possano vivere internamen-te ed esternamente in pace.

“La tranquillità dell’ordine”è la definizione di S. Agostino.Questo ordine non è qualcosadi imposto, ma è il prodottodella collaborazione di vari set-tori che compongono la società.

È una pace che si riconoscecome un dono di Dio per il qua-le dobbiamo pregare, anche sela disposizione della nostramente e la nostra volontà de-vono impegnarsi a fare i passinecessari per realizzare e ga-rantire la pace.

Questa pace onora le perso-ne e le famiglie, riconosce lacomplementarità dei legittimiinteressi, promuove il poten-ziale degli uni e degli altri evede profitto e potere, non co-me fini in sé stessi, ma come oc-casioni di ottenere maggiori be-ni per tutti.

IMPARARE E DONARE

Ci sono molti problemi chedobbiamo affrontare insieme:argomenti di dignità umana elibertà politica, di iniziativeeconomiche e di sviluppo cul-turale e sociale.

Saranno capaci gli impren-ditori cristiani, oltre a comuni-care la propria capacità pro-fessionale a questa società, didiffondere anche quelle qualitàche li contraddistinguono comecristiani e di far apprezzare ladignità di essere uomini d’af-fari con standard etici e con-

vinzione morale? Viviamo oggi in un mondo il

cui mercato è globale, dovel’ordine dell’economia è inter-nazionale e dove perciò ognu-no di noi deve dare al propriolavoro una prospettiva mon-diale. Molto dobbiamo impa-rare e molto dobbiamo donare.

Nella Centesimus Annus, ildefunto Pontefice GiovanniPaolo II parla dei nostri com-piti come persone di fede chedevono portare il proprio con-tributo al mondo: «La fede nonaiuta soltanto le persone a tro-vare le soluzioni; rende le si-tuazioni di sofferenza soppor-tabili, in queste situazioni lepersone non si perderanno enon dimenticheranno la pro-pria dignità e vocazione.

Il mondo oggi è sempre piúconscio che risolvere proble-mi nazionali e internazionalinon è solo un problema di pro-duzione economica o di orga-nizzazione giuridica o sociale,ma richiede standard etici e va-lori religiosi, come pure cam-bi di mentalità, comportamen-ti e strutture.

La Chiesa sente una partico-lare responsabilità di offrire ilproprio contributo».

Dobbiamo valutare con rea-lismo ciò che sta avvenendo.Troppo spesso le nostre spe-ranze sono state deluse da even-ti politici e sociali che rivela-no la paura e l’ostilità che af-fliggono il mondo e dividono ipopoli. Molto si parla circa unnuovo ordine mondiale. Ma checosa dovrà e potrà sostituire ta-li regimi? Vi è chi ha fatto al-lusione alla Torre di Babele.

Forse sarà bene riflettere suquel passo del libro della Ge-nesi: esso ci insegna che glisforzi fatti nell’erigere una tor-re tanto alta che nessuna inon-dazione avrebbe mai potuto toc-carne la sommità e che avreb-be dovuto essere un sicuro ri-fugio di fronte a pericoli futu-ri, furono un’impresa condot-ta al di fuori di una fiduciosadipendenza da Dio, con un at-teggiamento di orgoglio, di di-sobbedienza e di autosuffi-cienza. Riflettendo sui risulta-ti, vediamo che i costruttori fu-rono confusi e dispersi proprioa causa della loro consapevolepresunzione.

Ammoniti da questo esem-plare castigo, non dobbiamoignorare il mistero dell’iniquitàche si annida nel mondo e delpeccato personale che minac-cia il retto rapporto dell’uomocon Dio.

Anche gli imprenditori, i di-rigenti e i professionisti cri-stiani hanno scelte impegnati-ve da fare. Proprio a motivodella loro fede hanno una basesolida su cui costruire e un do-no da condividere con altri.

Tutti i piani utopistici e uti-litaristici che non siano fonda-ti su retti princípi, sicuramen-te falliranno, mentre l’unico or-dine duraturo del mondo è quel-lo che si fonda sul retto rap-porto dell’uomo con Dio.

RAPPORTO UCID 2007

ATTIVITA’

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UN SEGNO

DI PRESENZA

E DI SPERANZA

La nascita della nuova sezione diConversano-Monopolirappresenta un momento di nuovoslancio spirituale e associativo

re la nostra associazione, coin-volgendo i primi soci nell’in-travedere il senso e il perchédella presenza dell’UCID nel-la nostra Diocesi.

Questa prima assemblea av-viene in un momento storicoin cui l’UCID è in crescita sututto il territorio nazionale, co-me dimostra il rapporto dal ti-tolo “La coscienza imprendi-toriale nella costruzione del Be-ne Comune” presentato al con-vegno nazionale del 16 giugno2007 a Milano, che verrà di-stribuito a tutti i soci, e già di-sponibile sul sito Internet del-l’UCID.

Si riportano per brevità al-cune frasi pronunciate dai gior-nalisti presenti al convegno, eche danno l’idea del valore chel’associazione sta acquisendo:«Meno finanza e piú traspa-renza, da oggi dobbiamo farei conti con l’agenda dell’UCID(Antonio Quaglio, Il Sole 24Ore); «Solo in fabbrica si com-prende e si vede davvero cos’èla globalizzazione (Dino Sor-gonà, TG1)»; «L’impresa ha ildovere di conoscere ed intera-gire con i processi di disugua-glianza sociale (Carlo Bastasin,La Stampa)»; «Siate sentinel-le che anticipano il domani (Di-no Boffo, Avvenire).

SEGNO DI UNA SVOLTA

L’UCID sta sempre piú as-sumendo un ruolo forte e in-novativo nel tessuto economi-co e sociale italiano: “un’inat-tesa gradita sorpresa” l’ha de-finita Dino Boffo, direttore diAvvenire, dove il suo contri-buto si basa sull’“offerta” an-

L’UCID sta sempre piú assumendo un ruoloforte e innovativo nel tessuto economico e sociale italiano, “una inattesa graditasorpresa” l’ha definitaDino Boffo. Il suo contributo si basasull’ “offerta” anzichésulla “domanda”, sulla “costruzione” anziché sul “consumo”,sull’ ”investimento” anziché sulla “rendita”

ATTIVITA’UNA NUOVA SEZIONE UCID

di Ing. Giuseppe LovecchioPresidente Sezione Ucid, Conversano-Monopoli

Si è costituita il 9 marzo2007 la nuova sezioneUCID di Conversano-

Monopoli. Attraverso la rela-zione del suo Presidente allaprima assemblea, ne ripercor-riamo i motivi della sua nasci-ta e la spinta che sta avendo lasua attività grazie anche al con-tributo del Rapporto UCID2007: la coscienza imprendi-toriale nella costruzione del Be-ne Comune.

La nascita di una nuova se-zione, quale quella di Conver-sano-Monopoli costituitasi il 9marzo 2007, rappresenta sem-pre un momento particolare dislancio spirituale e associati-vo, specie se in un territorio,quello pugliese, dove l’UCIDè ancora poco conosciuta.

La prima assemblea dellanuova sezione UCID di Con-versano-Monopoli, tenutasi il29 giugno 2007, pochi giornidopo la presentazione del Rap-porto UCID a Milano è già diper sé un segno di presenza edi speranza per la crescita spi-rituale, culturale ed imprendi-toriale dei soci, della comunitàe delle persone vicine al nostroCredo.

I primi passi sono stati mos-si proprio un anno fa: il pa-ziente lavoro avviato dal Vica-rio Generale Diocesano Mons.Vito Domenico Fusillo e daldott. Paolo Muolo, l’incontrodel 15 settembre 2006 con ilnostro Vescovo S.E. Mons. Do-menico Padovano, con il dott.Paolo Capogrossi, consiglierenazionale e il sig. Ruggiero Cri-stallo, referente pugliese, han-no sancito l’avvio per costitui-

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2/2007 • UCID Letter

Centralità della personanel contesto economico-

produttivo, esigenza di andare oltre la

deontologia, bisogno di spiritualità

e di avvicinarsi alla Parola di Dio,

i valori e i princípi dellaDottrina Sociale della

Chiesa: questi sono statigli elementi che hanno

fatto nascere la nuova sezione di

Conversano-Monopoli

ziché sulla “domanda”, sulla“costruzione” anziché sul “con-sumo”, sull’”investimento” an-ziché sulla “rendita”.

È proprio questo salto inavanti (“breakthrough”, direb-bero gli inglesi) che sta spin-gendo l’associazione, sapien-temente guidata dal suo corag-gioso presidente Prof. AngeloFerro insieme ai massimi re-sponsabili, verso l’etica del fa-re, del proporre, dell’essere te-stimoni concreti di come si pos-sono cambiare - nel Vangelo -i corsi della nostra vita socialeed economica, pur restando“minoranza creativa”.

Il messaggio è alto ma arduoal tempo stesso: in un panora-ma dove “l’aria è irrespirabile”,noi Ucidini possiamo essere se-gno di una svolta, anche se nelnostro piccolo.

Occorre coraggio, forza e de-terminazione per uscire dal no-stro “particolare” dove la spe-ranza di un futuro non può ba-sarsi su rendite acquisite e cor-porative, ma sulla costruzionedi un mondo piú giusto per lenuove generazioni, investendoe innovando.

Ricordiamo in merito un pas-saggio della Centesimus Annus(Giovanni Paolo II, 5) in cui ilPapa afferma: «La nuova evan-gelizzazione, di cui il mondomoderno ha urgente necessitàe su cui ho piú volte insistito,deve annoverare tra le sue com-ponenti essenziali l’annunciodella Dottrina Sociale dellaChiesa, idonea tuttora, come aitempi di Leone XIII, a indica-re la retta via per rispondere al-le grandi sfide dell’età con-

temporanea, mentre cresce ildiscredito delle ideologie.

Come allora, bisogna ripete-re che non c’è vera soluzionedella “questione sociale” fuo-ri dal Vangelo, e che d’altraparte le “cose nuove” possonotrovare in esso il loro spazio diverità e la dovuta impostazio-ne morale».

ESSERE UCIDINI:UNA SCELTA, UN’IMPEGNO

Centralità della persona nelcontesto economico-produtti-vo, esigenza di andare oltre ladeontologia, bisogno di un mo-mento spirituale di riflessioneper avvicinarsi alla Parola diDio, fonte inesauribile per qual-siasi azione ispirata ai valori eai princípi della Dottrina So-ciale della Chiesa, nostro cate-chismo sociale: tutti elementiche hanno convinto il gruppofondatore a formalizzare la na-scita della sezione il 9 marzo2007, dopo aver ottemperato aogni adempimento formale enon per la propria costituzione,a testimonianza di un convin-cimento profondo a incammi-narsi sulla strada del Vangelo.

Tutti sono qui per persegui-re le stesse finalità, dove ci ac-comuna il desiderio di riscattareuna situazione di “stallo”, di“non-speranza”, in un qualco-sa dove la Fede e la formazio-ne religiosa facciano da primogradino per un serio rilancio.

Essere Ucidini è innanzitut-to una scelta e un impegno per-sonale: non siamo né saremouna lobby, una congrega, un“service” o un’associazione vi-cina a quel partito o a quella cor-

rente politica. Anzi, proprio inquesto periodo, forte è il gridodella società civile di moraliz-zare il costo e i comportamen-ti della politica, laddove il “be-ne comune” non è piú la di-scriminante tra una sana azio-ne politica e altro.

Ecco perché, oltretutto, sta anoi Ucidini rilanciare il signi-ficato del Bene Comune nellasocietà, dargli il giusto valore,portare degli esempi e delle te-stimonianze, come depositaridel suo piú profondo signifi-cato, e interpretare con garboma fermezza dove esso attec-chisce o meno.

Siamo un gruppo di persone

UNA NUOVA SEZIONE UCID

ATTIVITA’

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È un momento storicoimportante e delicato:l’UCID può diventaremotore e promotore, innovazione e testimonianza, “cinghia di trasmissione” tra la comunità ecclesiale e le azioni nel contesto socio-economico

nella eterogeneità delle prove-nienze, delle esperienze e deipercorsi di vita. La nostra pri-ma grande ricchezza è questa:un vissuto ricco, uno scambiodi testimonianze e di esperien-ze che non possono che diven-tare patrimonio comune e nonsoltanto per l’UCID.

FEDE E TESTIMONIANZA

Sicuramente la buona vo-lontà, la saggezza e l’ascoltodell’altro saranno alla base percatalizzare i nostri percorsi ver-so un cammino comune, conuno spirito di servizio versol’altro, e non potrebbe essere di-versamente in un’associazionecristiana come la nostra.

Ognuno, come sempre, met-terà gratuitamente e disinte-ressatamente a disposizione ipropri talenti, il proprio tempo,la propria capacità di ascolto edi azione per far crescere, nel-la massima naturalezza e nelrispetto di tutti gli altri, il va-lore del nostro stare insieme al-la luce di Cristo.

L’aiuto insostituibile che DonCarlo Latorre, il nostro consu-lente ecclesiastico, ci sta dan-do negli incontri formativi èproprio rivolto a farci crescerenella Fede e nella conoscenzadell’essere veri Ucidini. Un mo-mento imprescindibile per po-ter intraprendere con forza qual-siasi azione verso l’esterno.

Fede e testimonianza: duecardini su cui poggiare il nostroappartenere all’UCID. Siamopartiti da poco, non possiamosubito “volare alto” ma sicura-mente, rinforzati nella Fede enell’approfondimento formati-

vo, possiamo dire di “esistere”e di “ascoltare” chi ci circon-da. Di qui, un primo approccioper affrontare gli impegni equindi far conoscere la nostraassociazione al di fuori del no-stro ambito.

È un momento storico im-portante e delicato, e il mes-saggio dell’UCID sta semprepiú suscitando molto interessee attenzione nella società civi-le a tutti i livelli, laddove c’èmolto bisogno di rilanciare inostri valori, applicandoli. Equi l’UCID diviene motore epromotore, innovazione e te-stimonianza, “cinghia di tra-smissione” tra la comunità ec-clesiale e le azioni nel contestosocio-economico.

MONDO AZIENDA

E MONDO SCUOLA

I gruppi di lavoro costituitisono i seguenti: a) azienda:“etica e profitto: sono compa-tibili?”, coordinato da FrancoLacerenza; b) scuola: “valori ecomportamenti”, coordinato daFederico Albanese.

È un modo, anche questo, perconoscersi innanzi tutto tra dinoi, per sperimentarsi, innova-re e, perché no, rimettersi ingioco alla luce, sempre, dei no-stri valori guida.

Un impegno futuro anche perfar conoscere l’associazioneanche all’intera diocesi; anchequi la ponderazione e la misu-ra delle cose faranno da guidaper affrontare ogni passo con ilmassimo rispetto e la massimaattenzione verso il nome del-l’UCID e di chi incontreremo.

Stiamo insieme perché cre-

che vogliono ripartire dal farevera “Chiesa”, e con la forzadella condivisione vivere congli altri i nostri valori.

Ma questo è solo l’inizio. L’esigenza di approfondire

la conoscenza e la stima reci-proca, e quindi la vera fratel-lanza cristiana, è subito emer-sa come prerequisito impre-scindibile per poter cementareun gruppo di persone che, finoad ora, in parte si conosceva disfuggita, pur condividendo imedesimi ideali e propositi.

Ecco che l’associazione giàassolve questo primo ma basi-lare scopo: farci sentire uniti,Chiesa, comunità di intenti, pur

ATTIVITA’UNA NUOVA SEZIONE UCID

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2/2007 • UCID Letter

Stiamo insieme perché non serviamo

a due padroni, perchécrediamo che la ricercadell’Etica è un esercizio

continuo e perfettibile.Crediamo che

la diversità sia sempreuna ricchezza,

se vissuta nel rispettoreciproco, nel dialogo enel confronto alla luce

della Parola di Dio

diamo tutti nel rispetto reci-proco, nel dialogo, nel con-fronto, nella messa in discus-sione anche dei propri e perso-nali convincimenti se, alla lu-ce della Parola di Dio e del con-fronto fraterno, ci accorgiamoche altre strade sono megliopercorribili. Qui è la nostra ric-chezza e la nostra forza, que-sto è ciò che ci contraddistin-gue e che ci farà crescere inuna comunità che ha tanto bi-sogno di cambiare, ma soprat-tutto di trovare testimonianzecoraggiose e talvolta contro-corrente.

Stiamo insieme perché nonserviamo a due padroni con-temporaneamente, perché cre-diamo che la ricerca dell’Eticaè un esercizio continuo e per-fettibile, dove la forza del grup-po e dei punti di vista anchediversi, ma liberamente apertial confronto e alla crescita re-ciproca, possono diventare unamisura del valore del nostrocontributo nel contesto in cuioperiamo.

ETICA ED IMPRESA

I VALORI INFLUISCONO

SUI RISULTATI AZIENDALI?

Stiamo vivendo negli ultimianni profondi sconvolgimentinel panorama economico-pro-duttivo nazionale sul rapportotra etica e impresa: Parmalat,Cirio e scandali similari hannomesso in luce un rapporto dif-ficile tra l’imprenditore e la suacoscienza etica.

Le conseguenze sono statepoi nefaste: posti di lavoro sal-tati, risparmiatori sul lastrico,competitività ridimensionata,

e cosí via.Se questa è magari la punta

dell’iceberg, il fenomeno si puòdire molto diffuso a tutti i livellie in tante forme: lavoro nero,sfruttamento incondizionato,inquinamento ambientale, inconsiderazione degli aspetti fa-miliari …

Si può andare avanti cosí? Molti dicono che non ci so-

no altre soluzioni per far qua-drare i conti, e specie per le so-cietà quotate in borsa le rela-zioni trimestrali diventano qua-si un’ossessione, altro che pro-spettive a medio-lungo termi-ne!

Ma se poi cominciamo aguardare nel tempo le impreseche continuano a crescere equindi a essere generatrici di be-nessere non solo economico,emergono nomi che fondano illoro successo su valori e mis-sioni inossidabili: Merloni,Averna, Guzzini, sono alcuniesempi in tal senso.

All’impresa, oggi, non bastapiú l’utile per sopravvivere du-rante gli anni. Esso diventa unacondizione sí necessaria, manon sufficiente.

Occorre fondarsi su valoriforti e certi, condivisi, accetta-ti ed applicati.

L’imprenditore, mosso daquesti valori, non limitandosi airisultati economico-produttividella propria attività, allarga ilsuo orizzonte alle implicazio-ni sociali del proprio agire - fa-miglie, ambiente, società civi-le -: la sua azienda viene cosíriconosciuta come portatrice eproduttrice di “valori” e nonsolo di beni e servizi, si apre un

circolo virtuoso in cui questa vi-sione a medio-lungo periodoconsente di aprire nuovi fron-ti della domanda, piú qualificati,piú evoluti, e di conseguenzaanche il risultato economico negiova.

Ma questi passaggi passanodal valorizzare e rispettare ilcapitale piú importante nell’e-ra della conoscenza: quelloumano, legato indissolubil-mente al destino stesso del-l’impresa.

ESEMPLARITÀ

Quando parliamo di innova-zione, etica cristiana e respon-sabilità sociale dell’impresa,

UNA NUOVA SEZIONE UCID

ATTIVITA’

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UCID Letter • 2/2007

Se non c’è l’esempio dell’imprenditore o del professionista, non c’è speranza di progredire. Se non c’è il rispetto per l’uomo, fiducia reciproca, trasparenza,non si va veramente da nessuna parte. L’UCID può risultare un punto di forza, un coagulo di esperienzecondivise, un momento diformazione e di crescita

senza che vi sia l’esempio del-l’imprenditore o del professio-nista, non c’è speranza di pro-gredire.

C’è un bilancio anche su que-sti aspetti, non fatto da cifre, mache tiene conto della ragiond’essere e della missione del-l’impresa stessa.

Quando si vogliono tradurrevalori cristiani in concreto, ec-co che la rete dell’UCID(www.ucid.it) può risultare unpunto di forza, un coagulo diesperienze condivise, un mo-mento di formazione, un per-corso di crescita da fare insie-me anche con il semplice fre-quentarsi, conoscersi meglio,e aiutarsi secondo i dettamievangelici di fronte ai tanti pro-blemi che le imprese devono af-frontare quotidianamente.

L’UCID può essere un rife-rimento qualificato e qualifi-cante, costituto da persone cheseguono l’insegnamento evan-gelico attraverso la DottrinaSociale della Chiesa, dalla Re-rum Novarum di Leone XIIIalla Centesimus Annus di PapaGiovanni Paolo II.

Con l’umiltà di partire da ze-ro, in un percorso di conoscenzareciproca, fiducia, approfondi-mento, e riscoperta di valoribasati sull’etica cristiana pos-siamo risvegliare il bisogno dispiritualità, di crescita attiva.

UN PERCORSO NUOVO

CHE ESIGE GRADUALITÀ

Oggi per progredire non ba-stano le reti economico-pro-duttive e di fornitura, le alleanzestrategiche, se prima non si farete di valori, forti e condivisi;

chi con la logistica e la produ-zione lavora da tanto tempo saperfettamente che, nella civiltàdell’informazione, della cono-scenza e della globalizzazionese non c’è il rispetto per l’uo-mo, la fiducia, la trasparenza,non si va veramente da nessu-na parte. Questa potente tec-nologia che abbiamo tra le ma-ni non funziona, porta solo dan-ni e frustrazione se non è so-stenuta da questi valori.

Iniziative se ne possono fa-re tante, dipende dal contribu-to attivo di ciascuno: dall’in-contrarsi e allo stare insieme, al-la formazione religiosa, allaconvivialità, alla promozionedi eventi e momenti qualifi-canti (lo studente meritevole ebisognoso di una borsa di stu-dio, l’impresa distintasi sullaresponsabilità etica, ecc.), e damille altre forme che la volontàdei singoli avrà modo di far fio-rire e divulgare.

Un invito a essere “sale del-la terra”, a non tenere nascostie inutilizzati i “talenti ricevu-ti”, a investire con fiducia nelfuturo piuttosto che conservar-si dietro le rendite.

È giunto il momento di esseregli artefici di un nuovo percor-so, senza aspettarsi che solodall’alto arrivino le soluzioni ainostri problemi.

Siamo invitati a essere“sale della terra”, a non tenere nascosti e inutilizzati i “talenti ricevuti”, a investire con fiducia nel futuropiuttosto che conservarsidietro le rendite. È giunto il momento di essere gli artefici di un nuovo percorso,senza aspettarsi che solo dall’alto arrivino le soluzioni ai nostri problemi

ATTIVITA’UNA NUOVA SEZIONE UCID

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brare le reciproche responsabi-lità dei loro componenti.

È infatti compito delle singo-le famiglie - come primi sog-getti a tale riguardo - di provve-dere all’educazione dei proprifigli, potenziandone in tal modoi rispettivi talenti naturali ed ècompito della società di orga-nizzare corsi di insegnamentonelle discipline scientifiche eumanistiche, allo scopo di for-mare i concittadini alla vita, piúche alle pure attività lavorative.

L’educazione ha come primafinalità lo sviluppo delle cono-scenze, piuttosto che delle me-re capacità tecniche.

I FLUSSI MIGRATORI

Rispetto ai decenni passati, iflussi di persone da un Paese al-l’altro e da una regione all’altra,hanno assunto caratteristiche etendenze completamente nuo-ve. Le popolazioni europee e gliimmigrati dovrebbero condivi-dere il fondamentale valore del-la famiglia, come fondamentodella loro crescita spirituale emateriale.

D’altra parte, alcuni degli im-migrati in Europa sono essi stes-si imprenditori, il che consentedi avviare con loro un dialogosulle regole comuni in tema dietica degli affari.

Poiché l’aiuto e la coopera-zione europei all’Africa conti-nuano a essere vitali per quelContinente, l’Europa ha la spe-cifica responsabilità di esprimereuna politica estera finalizzata al-la riduzione delle enormi soffe-renze di un Continente che è al-l’origine della nostra cultura e ci-viltà e potrebbe trovarsi al cen-

UCID E UNIAPACLANCIANO

UN APPELLO

PER IL FUTURO

DELL’EUROPA

In memoria di Alberto Falck

L’Europa, con la sua storia, le sue realizzazioni

e la sua diversità, ha il precipuo dovere

di proclamare al mondo i propri valori fondanti,

nella convinzione che la famiglia sia

al cuore dell’umanità.Le popolazioni europee

e gli immigrati dovrebbero condividere il fondamentale valore

della famiglia, come fondamento della loro crescita

spirituale e materiale

UN APPELLOPER L’EUROPA

ATTIVITA’

di Franco NavaPresidente Sezione UCID, Milano

Noi, nella qualità di ope-ratori economici cristia-ni, associati all’UCID

(Unione Cristiana Imprenditorie Dirigenti) e all’UNIAPAC(Union International des Asso-ciationes Patronales Chrétien-nes), riteniamo di avere, comecittadini europei, una specificaresponsabilità verso il contestosociale nel quale operiamo, chesi colloca nell’àmbito dei princí-pi della Responsabilità Socialed’Impresa.

Riteniamo altresí che il crite-rio di considerare l’uomo comefine, anziché come puro stru-mento ai fini della massimizza-zione del profitto - profitto cherappresenta comunque un para-metro necessario seppure nonesclusivo - possa contribuire al-la maggiore efficienza del siste-ma economico. Lo sviluppo rap-presenta infatti la miglior ga-ranzia di benessere della societàe puo’ essere orientato, oltre iconfini dei singoli Paesi, al mi-glioramento delle condizioni divita dell’intera comunità mon-diale.

LA FAMIGLIA

L’Europa, con la sua storia, lesue realizzazioni e la sua diver-sità, ha il precipuo dovere di pro-clamare al mondo i propri valo-ri fondanti, nella convinzioneche la famiglia sia al cuore del-l’umanità.

Gli operatori economici cri-stiani d’Europa si impegnano adapprofondire un nuovo tipo di or-ganizzazione flessibile degli ora-ri di lavoro, che consenta allefamiglie di dedicarsi all’educa-zione dei figli e meglio equili-

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tro delle opportunità di svilup-po economico e sociale del-l’Europa.

LA SUSSIDIARIETÀ

Lo sviluppo umanitario e so-ciale costituisce un imperativoper il futuro dell’umanità. Piúspecificamente, nel quadro del-la globalizzazione dell’econo-mia, il conseguimento del benecomune è affidato a un sistemadi agenzie internazionali e re-gionali nelle quali gli interessidell’intera famiglia umana sonoequamente rappresentati.

Gli operatori economici cri-stiani d’Europa danno in pri-mo luogo concreta applicazioneal principio della sussidiarietàquando gesticono e sviluppanocorrettamente e con successo leproprie imprese, siano esse “pro-fit” o “no profit”, adottando stra-tegie di lungo termine rivolte albene comune. Le imprese “pro-fit” e “no profit” devono colla-borare tra loro, per realizzareiniziative concrete rivolte al mi-glioramento del tenore e dellaqualità di vita.

È nostra responsabilità, comeimprenditori e dirigenti cristia-ni, indirizzare la ricerca scienti-fica applicata all’autentico benedella società, salvaguardandol’ambiente e le risorse naturalidonateci da Dio.

Gli operatori economici cri-stiani d’Europa si impegnanonella promozione di uno svi-luppo economico sostenibile nel-le varie regioni del mondo, sul-la base di una responsabilità eti-ca condivisa tra imprenditori ericercatori scientifici rispetto aglieffetti delle loro attività sul ge-

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Lo sviluppo umanitario e sociale costituisce un imperativo per il futuro dell’umanità. Il conseguimento del bene comune è affidato a un sistema di agenzie internazionalie regionali nelle quali gli interessi dell’interafamiglia umana debbono essere equamente rappresentati, dando applicazione al principiodella sussidiarietà

nere umano.Fede, scienza e industria de-

vono avviare un dialogo e ap-prendere a comunicare tra loroal fine di impedire lo sviluppodi tecnologie, seppure ad altaredditività, dannose per vita ebenessere dell’uomo e di rivol-gere un comune impegno di ri-cerca rivolto alla salvaguardia eal prolungamento della vita dimilioni di esseri umani che, og-gi come oggi, non vivono un’e-sistenza realmente umana, non-ché al miglioramento della qua-lità della vita nel mondo attra-verso una politica dell’ambien-te globale e condivisa.

PER UN SISTEMA ECONOMICO

CHE VALORIZZI

LA PERSONA UMANA

Rivolgiamo un pressante ap-pello a tutti gli operatori econo-mici d’Europa, indipendente-mente dal loro credo religioso,affinché possiamo incontrarci eaprire un dialogo reciproco suifondamentali problemi sopraesposti, allo scopo di individua-re possibili linee guida che con-sentano di avviare concrete ini-ziative verso l’obiettivo di un si-stema economico che valorizzi,anziché strumentalizzare, la per-sona umana.

È nostra responsabilità,come imprenditori e dirigenti cristiani, indirizzare la ricercascientifica applicataall’autentico bene dellasocietà, salvaguardandol’ambiente e le risorsenaturali donateci da Dio,con l’impegno di promuovere uno sviluppoeconomico sostenibile,sulla base di una responsabilità etica condivisa tra imprenditori e ricercatori scientifici

ATTIVITA’UN APPELLOPER L’EUROPA

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2/2007 • UCID Letter

l’importanza della centralitàdella persona nel lavoro.

Anziché persone che lavori-no per produrre qualcosa, si ri-chiede che le persone collabo-rino tra loro nella produzionedi qualcosa. La collaborazionedeve progressivamente sosti-tuire la reciproca competizio-ne.

Affronteremo di seguito unaserie di rilevanti problemati-che sociali dal punto di vista diimprenditori, dirigenti e pro-fessionisti cristiani che riten-gono opportuno prospettare so-luzioni nuove e forse provoca-torie in chiave europea, rite-nendosi comunque testimonidi speranza.

LA FAMIGLIA

COME FONTE DI SVILUPPO

1) La famiglia rappresenta at-tualmente la principale fontedi effetti e implicazioni con-crete nel campo economico esociale.

Il sostegno economico allefamiglie non è altro quindi cherestituzione o compensazionerispetto al contributo da esseprestato e non, come si conti-nua a pensare, mera espressio-ne di solidarietà e paternali-smo. Tale sostegno economico,sul presupposto del ruolo atti-vo del soggetto famiglia, puòesplicarsi in quattro aree.

La prima riguarda il creditoal consumo. La famiglia infat-ti non è come tale consideratacome soggetto bancabile ed èdi conseguenza esclusa dallefacilitazioni creditizie.

Ne consegue che in alcuni

GLI OPERATORI

ECONOMICI

CRISTIANI

PER IL FUTURO

DELL’EUROPA

Un appello rivoltoagli imprenditori edirigenti d’Europasu fondamentali temi sociali

Il sostegno economico alle famiglie

non è altro quindi che restituzione

o compensazione rispetto al contributo

da esse prestato e non mera espressione

di solidarietà e paternalismo.

La famiglia rappresentaattualmente

la principale fonte di effetti e implicazioni

concrete nel campo economico e sociale

UN APPELLOPER L’EUROPA

ATTIVITA’

di Franco NavaPresidente Sezione UCID, Milano

In collegamento con altre as-sociazioni aderenti all’U-NIAPAC (International Ch-

ristian Union of Business Exe-cutives), la Sezione di Milanodell’UCID (Unione CristianaImprenditori e Dirigenti) hacommissionato a un gruppo diprofessori universitari un rap-porto, che potesse rappresentarela base per un appello rivoltoagli imprenditori, dirigenti eprofessionisti d’Europa su al-cuni fondamentali temi socia-li nell’ambito della Responsa-bilità Sociale d’Impresa.

UCID - Sezione di Milano eUNIAPAC si sono poste l’o-biettivo di organizzare con-giuntamente il testo di un ap-pello condiviso da rendere pub-blico nel corso di un Conve-gno organizzato dall’UCIDstessa presso l’Università Cat-tolica del Sacro Cuore di Mi-lano in programma per i gior-ni 1 e 2 febbraio 2008.

INTRODUZIONE

L’Europa rappresenta un’opportunità!

L’attuale scenario politico,economico e culturale solleci-ta gli imprenditori, dirigenti eprofessionisti cristiani d’Euro-pa ad assumere le responsabi-lità che loro competono sul pia-no della sociale.

In primo luogo e soprattuttoessi intendono riavviare un pro-cesso virtuoso per lo sviluppodell’occupazione, dei redditi edella qualità di vita, con tuttele relative implicazioni sul be-ne comune.

Il presente rapporto sottolinea

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UCID Letter • 2/2007

La creazione di nuoveiniziative e strutture nel campo della solidarietà sociale e il conseguente miglioramento degli standards di vita hanno da sempre determinato la riduzionedella sensazione di incertezza da partesia delle famiglie come degli individui

aree d’Europa si siano ampia-mente diffuse le pratiche del-l’usura. Potrebbe essere inte-ressante introdurre nel sistemabancario europeo delle linee dicredito specificamente desti-nate alle famiglie.

Una seconda area di inter-vento consiste nella creazionedi nuove forme di assistenzasanitaria integrativa, con la par-ticolarità di considerare la fa-miglia come possibile agenteerogatore delle prestazioni, abi-litata cioè a gestire offerta e do-manda di specifiche prestazio-ni sanitarie, come il ricoverosanitario a domicilio e il trat-tamento di riabilitazione dellemalattie psichiche (oggi in cre-scita esponenziale.

In sostanza, l’obiettivo di bre-ve termine da perseguire è laformazione di un innovativomercato di servizi sociali, nelquale le prestazioni di assi-stenza sanitaria gestite dalla fa-miglia, siano da un lato soste-nute economicamente dallo Sta-to o comunque da altre istitu-zioni pubbliche e dall’altro con-trollate a livello pubblico o subase contrattuale (come avvie-ne in Olanda e Francia) o at-traverso l’obbligo di seguirespecifiche procedure ammini-strative da seguire (come av-viene in Germania).

Una terza area si riferisce al-la fiscalità. Lo scarso interes-se verso un approccio fiscale ditipo orizzontale, deriva da unamentalità e una cultura marca-tamente individualistiche, inforza delle quali la decisione dimettere al mondo e mantenerefigli compete unicamente al-

l’àmbito delle scelte soggetti-ve dei genitori, senza alcun ruo-lo da parte del governo.

Al contrario delle politichefamiliari adeguate ai tempi do-vrebbero privilegiare l’eroga-zione di contributi di cassa.

La quarta area di interventoriguarda provvedimenti chepossano ridurre lo strutturalecontesto di incertezza che og-gigiorno affligge le famiglie,soprattutto le giovani coppie.

La creazione di nuove ini-ziative e strutture nel campodella solidarietà sociale e il con-seguente miglioramento deglistandards di vita hanno da sem-pre determinato la riduzionedella sensazione di incertezzada parte sia delle famiglie co-me degli individui.

Il passaggio in atto verso unasocietà globale comporta l’esi-genza, per ogni ulteriore pro-gresso, di trovare soluzioni al-le difficoltà economiche chesono all’origine delle sensa-zioni di incertezza.

2) Il principale ostacolo allaformazione di nuove famigliee alla ripresa della natalità ri-siede nel fatto che un rilevan-te numero di coppie ritiene im-possibile raggiungere un ac-cettabile equilibrio tra avanza-mento in carriera e migliora-mento della formazione pro-fessionale e l’indispensabile re-sponsabilità di seguire l’edu-cazione dei propri figli.

Dei genitori responsabili de-vono poter contare su un legit-timo grado di autonomia tra cu-re familiari e lavoro.

Essi soffrono la divarica-

Il principale ostacolo alla formazione di nuovefamiglie e alla ripresadella natalità risiede nel fatto che un rilevantenumero di coppie ritieneimpossibile raggiungereun accettabile equilibriotra avanzamento in carriera, miglioramento della formazione professionalee l’indispensabile responsabilità di seguire l’educazione dei propri figli

ATTIVITA’UN APPELLOPER L’EUROPA

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2/2007 • UCID Letter

Una politica di flessibilità negli orari

di lavoro comporta profondi cambiamenti

negli stili di vita e un significativo

progresso culturale, dal momento che

l’impegno nell’attività di lavoro risulterebbe

riequilibrato in rapportoalle esigenze personali

e ai piani di vita

zione tra aspettative di carrie-ra e difesa della famiglia.

Gli imprenditori e dirigentipossono sotto questo aspettoaiutare i casi famiglia nelle lo-ro scelte. Tali scelte hanno pe-raltro un costo per le aziende.Si tratta di stabilire dove fini-sca la responsabilità personalee dove inizi la responsabilitàsociale.

È comunque urgente indivi-duare nuovi moduli di gestio-ne degli orari di lavoro, cheprevedano non tanto la ridu-zione delle ore settimanali omensili, quanto un obiettivoben piú complesso, adattare loscaglionamento nel tempo de-gli orari di lavoro in funzionedelle diverse esigenze di im-pegno nelle varie fasi della vi-ta lavorativa, agevolando le im-prese nella sopportazione deicosti di riorganizzazione deiprocessi produttivi.

3) Indubbiamente una politi-ca di flessibilità negli orari dilavoro comporta profondi cam-biamenti negli stili di vita e unsignificativo progresso cultu-rale, dal momento che l’impe-gno nell’attività di lavoro ri-sulterebbe riequilibrato in rap-porto alle esigenze personali eai piani di vita.

Infatti, la libertà di scelta deilavoratori dovrà proprio esse-re gradualmente estesa ai pia-ni di vita. E, sotto questo aspet-to, i continui aumenti della pro-duttività e il ricorso alle nuovetecnologie - a condizione chele tecnologie siano utilizzatecon razionalità e saggezza -rendono possibile l’acquisi-

zione di un tale obiettivo.

GLI IMMIGRATI

COME FONTE DI SVILUPPO

4) La globalizzazione delleeconomie, mentre consentel’accelerazione e l’ampliamentodella libertà di scambio dellemerci e dei capitali, sembra tut-tavia in qualche modo ostaco-lare i movimenti delle persone,mettendo a rischio tale fonda-mentale diritto umano.

Parrebbe invece logico con-siderare gli immigrati come ri-sorsa ai fini di un migliora-mento delle opportunità di svi-luppo. Eppure, quando la cul-tura economica prende in con-siderazione i movimenti dellepersone, le espressioni ricor-renti sono quelle di espulsione,razionalizzazione degli ingres-si, permessi speciali, ecc.

Non è difficile scoprire la ra-dice di tali inadeguati atteg-giamenti.

Gli impedimenti e gli ostacoliai movimenti delle persone nonsi applicano nei confronti del-la generalità degli immigrati,ma unicamente a quelli cheprovengono da determinate areegeografiche e che esprimonospecifiche esigenze.

Si tratta della tipica manife-stazione della cosiddetta “sin-drome di Johannesburg”, se-condo la quale “i ricchi” do-vrebbero difendersi dai “pove-ri”, riducendo od ostacolandoi loro movimenti.

Si stanno perciò diffondendouna nuova mistificazione e ti-mori generalizzati, per cui gliimmigrati sarebbero responsa-

La globalizzazione delle economie, mentre

consente l’accelerazionee l’ampliamento

della libertà di scambio delle merci e dei capitali,

sembra tuttavia in qualche modo

ostacolare i movimentidelle persone,

mettendo a rischio tale fondamentale

diritto umano

UN APPELLOPER L’EUROPA

ATTIVITA’

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UCID Letter • 2/2007

Sviluppo e crescita globali sono un obiettivo fondamentale, ma certamente inadeguato, almeno nel breve termine, a moderare la forte propensione delle popolazioni del terzo mondo a emigrare

bili delle crisi sociali e rappre-senterebbero una grave minac-cia alla salvaguardia dell’iden-tità nazionale. In realtà gli im-migrati non sono altro che per-sone e famiglie.

5) Con la globalizzazione iflussi di immigrati sono desti-nati a crescere per ragioni strut-turali che hanno poco a che ve-dere con quelle che hanno ana-lizzato le migrazioni del pas-sato.

Vi sono profonde caratteri-stiche di discontinuità. Una diqueste è costituita dalla nuovaprossimità dei Paesi e delle areegeografiche a seguito del pro-gresso tecnologico, anche sesono aumentate le distanze cul-turali.

In effetti, finché si richiede al-l’immigrato di svolgere attivitàdi pura routine, la distanza cul-turale tra Paese d’origine e Pae-se ospitante non sarà rilevata.Ma ciò non avverrà quando gliimmigrati devono acquisire co-noscenze tecniche e organiz-zative che implichino una par-ticolare formazione professio-nale.

D’altra parte, le rimesse de-gli immigrati consentono di faraffluire risorse finanziarie di-rette - senza la mediazione del-le agenzie governative - neiPaesi d’origine. L’emigrazio-ne rappresenta pertanto, per iPaesi poveri, una forma piú ra-pida e meno costosa di acqui-sizione di quelle capacità eknow how che sono richiestidagli attuali modelli degli scam-bi commerciali.

Inoltre, i forti squilibri so-

ciali ed economici che caratte-rizzano strutturalmente le fasiiniziali dei processi di svilup-po, sospinge fatalmente cospi-cui segmenti della popolazio-ne di quei Paesi a emigrare edè sulla famiglia, piuttosto chesui singoli individui, che oc-correrebbe rivolgere l’atten-zione, dato che la decisione diemigrare è frutto di una strate-gia di diversificazione del ri-schio: alcuni membri della fa-miglia emigrano, per consenti-re agli altri migliori condizio-ni di vita.

Sviluppo e crescita globalisono un obiettivo fondamenta-le, ma certamente inadeguato,almeno nel breve termine, amoderare la forte propensionedelle popolazioni del terzomondo a emigrare.

6) Un ultimo aspetto da con-siderare è quello degli immi-grati che interagiscono con leimprese europee.

Siamo a conoscenza di nu-merose esperienze di successoda parte di imprenditori immi-grati. A tale riguardo, nei rap-porti con loro varrebbe la pe-na di introdurre e riferirsi aiprincípi dell’etica degli affari,favorendo in tal modo la con-divisione delle regole di com-portamento.

LA FORMAZIONE

PROFESSIONALE

7) I programmi di formazio-ne professionale variano con-siderevolmente da Paese a Pae-se e, per quanto riguarda il set-tore manifatturiero, sono stret-

L’emigrazione rappresenta per i Paesipoveri, una forma piú rapida e meno costosadi acquisizione di quellecapacità e know how che sono richiesti dagli attuali modelli degli scambi commerciali.Le rimesse degli immigrati consentono di far affluire importantirisorse finanziarie direttenei rispettivi Paesi d’origine

ATTIVITA’UN APPELLOPER L’EUROPA

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Nel lungo periodo, lo sviluppo è possibile

solo se le risorse umanepossono accrescere

le potenzialitàintellettive.

Come imprenditori, dirigenti e professionisti

richiediamo persone formate nella logica

delle conoscenze, piuttosto che nelle mere

capacità tecniche

tamente collegati alle diversestrategie di prodotto.

Nel lungo periodo, lo svi-luppo è possibile solo se le ri-sorse umane possono accre-scere le loro potenzialità intel-lettive.

Come imprenditori, dirigen-ti e professionisti propendia-mo per (e richiediamo) perso-ne formate nella logica delleconoscenze, piuttosto che nel-le mere capacità tecniche.

Da questo punto di vista, giàil tipo di insegnamento impar-tito ai bambini dei primi annidi scuola avrà importanti ef-fetti sulle loro future capacitàe contributo nel lavoro.

Anche se il livello medio difrequentazione scolastica ri-sulta costante nel tempo, il nu-mero delle persone formatequalitativamente potrebbe ri-sultare maggiore, con relativieffetti positivi su produzione eredditi in alcuni settori profes-sionali di punta, come sanità,informatica ed economia. Ciòin funzione del fatto che i sin-goli possono accrescere le lo-ro capacità cognitive, dedican-do a tale scopo parte del lorotempo libero residuo.

La propensione dei lavora-tori dipendenti al perfeziona-mento autonomo delle proprieconoscenze e quelli delle im-prese a investire in ricerca esviluppo sono interdipendenti.

Occorre pertanto evitare si-tuazioni bloccanti nelle quali iridotti livelli di capacità tecni-che e di innovazione tecnolo-gica possano derivare dal man-cato coordinamento dei fattoritestè accennati.

8) L’educazione e la forma-zione sono determinanti ai fi-ni dei tassi, anche in presenzadi lunghi intervalli di tempo,qualora una scarsa efficacia nelcoordinamento delle attività la-vorative possa dar luogo a fa-si transitorie di bassa crescitarispetto agli obiettivi ottimali.

I rappresentanti politici do-vrebbero, per favorire lo svi-luppo, promuovere e incenti-vare alcuni tipi di formazione,con speciale riguardo a quelleche potrebbero condurre, intempi successivi, all’impegnoin ricerca e sviluppo.

9) L’ottimizzazione del rap-porto di collaborazione tra im-prese e lavoratori si svolge at-traverso un processo imperfet-to di graduale aggiustamentonel tempo, laddove si conside-ri che ricerca e assunzione delpersonale idealmente adegua-to sono costosi.

Poiché dunque il processo èimperfetto, non è detto che leimprese che investono mag-giormente alla fine siano an-che quelle che incontrano i la-voratori che hanno pure inve-stito di piú nella propria quali-ficazione.

Ne conseguirà che altri la-voratori potranno trarre bene-ficio dai suddetti maggiori in-vestimenti delle imprese nelcampo della ricerca e forma-zione e in questo senso il li-vello medio di educazione eformazione beneficierà di unapporto positivo esterno.

Riteniamo comunque op-portuno ribadire che il “cuore”della formazione non consiste

Anche se il livello mediodi frequentazione scolastica risulta

costante nel tempo, il numero delle persone

formate qualitativamente potrebbe risultare

maggiore, con relativi effetti positivi su

produzione e redditi in alcuni settori

professionali di punta, come sanità,

informatica ed economia

UN APPELLOPER L’EUROPA

ATTIVITA’

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Il “cuore” della formazione non consiste solo nell’acquisizione di capacità tecniche che si limitano a strumentalizzare l’uomo, ma nell’arricchimentodelle conoscenze, tra le quali la consapevolezza delle tradizioni culturali dell’Europa e delle sue radici religiose

solo nell’acquisizione di capa-cità tecniche che si limitano astrumentalizzare l’uomo, manell’arricchimento delle cono-scenze, tra le quali la consape-volezza delle tradizioni cultu-rali dell’Europa e delle sue ra-dici religiose.

L’IMPEGNO DELL’EUROPA

PER L’AFRICA

10) L’Africa appare a prima vi-sta una questione difficile, da-ta la scarsa presenza di im-prenditori europei. D’altra par-te, è il continente con il piú al-to potenziale di sviluppo so-stenibile.

Oggi, in particolare, rispettoalle strategie cinesi di svilup-po in Africa, la perdurante in-differenza morale dell’Europaè anche un errore economicocapitale.

L’Africa Sub-Sahariana(ASS) è travolta dai malanni edai problemi dello sviluppo,soprattutto in àmbito sanitario.Non riesce a realizzare molti de-gli obiettivi previsti dal Mil-lennium Development, inclusiquelli fondamentali relativi al-lo sviluppo, alla salute e all’e-ducazione. Il tasso di crescitadell’economia dovrebbe esse-re almeno del 7 per cento perla durata di non meno di una ge-nerazione. Escluse le Mauri-tius, di fatto la maggior parte deiPaesi dell’ASS non riuscirà araggiungere nessuno degliobiettivi previsti per il 2015.

11) I proventi fiscali dei Paesiafricani derivano in gran partedalle tariffe sulle importazioni,

mentre le imposte sul redditoforniscono un gettito molto li-mitato e le imposte indirette(sul valore aggiunto) sono in viadi introduzione.

Pertanto, l’abolizione delletariffe, richiesta dagli Accordidi Partenariato Economico(APE), comporta una grave per-dita fiscale per i Paesi africani.Le compensazioni promesse aquesto fine dalla UE sono mol-to incerte e comunque indebo-liranno gravemente la struttu-ra fiscale degli stati africani.

Inoltre, gli APE prevedono lareciprocità, ma, dato che lamaggior parte dei Paesi africa-ni ha già accesso ai mercati UE,il beneficio aggiuntivo sarà mi-nimo; la UE potrà invece au-mentare molto le sue esporta-zioni nei mercati africani.

Infine, i benefici per la UE ele perdite per l’Africa sono po-tenzialmente maggiori perchégli APE prevedono reciprocitàanche nei servizi commerciali,finanziari, bancari e assicura-tivi, che nell’economia africa-na sono molto deboli e ri-schiano quindi di essere distruttida quelli piú efficienti europei.Identica è la situazione del set-tore manifatturiero che in Afri-ca è caratterizzato da piccole epiccolissime imprese.

Gli APE prevedono la com-pleta liberalizzazione delle ac-quisizioni e degli appalti an-che nel settore delle infrastrut-ture e dei grandi lavori pubbli-ci, rispetto ai quali l’Africa haun ritardo storico.

Tuttavia, la UE ha elaboratoanche una diversa strategia eco-nomica per numerosi Paesi afri-

I proventi fiscali dei Paesi africani derivanoin gran parte dalle tariffesulle importazioni, mentre le imposte sul reddito forniscono un gettito molto limitato e le imposte indirette (sul valore aggiunto) sonoin via di introduzione. Pertanto, l’abolizionedelle tariffe, richiesta dagli Accordi di PartenariatoEconomico (APE), comporta una grave perdita fiscale per i Paesi africani.

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Con tutti i suoi limiti,l’EBA sembra un punto

di partenza migliore per stabilire buone

relazioni economiche tra Africa ed Europa, ma ora l’attenzione è

rivolta ai negoziati APE.Via d’uscita decente

è che la UE riveda a fondo il suo

approccio economico verso l’Africa

cani. Nel febbraio 2001 il Con-siglio Affari Generali UE haadottato un’iniziativa denomi-nata Everything-but-Arms(EBA), che prevede il liberoaccesso sul mercato europeodelle esportazioni - escluse learmi e le munizioni - dei cin-quanta Paesi piú poveri delmondo, trentaquattro dei qua-li sono nell’Africa Sub-Saha-riana.

Con tutti i suoi limiti, l’EBAsembra un punto di partenzamigliore per stabilire buone re-lazioni economiche tra Africaed Europa, ma ora l’attenzioneè rivolta ai negoziati APE. Unavia d’uscita decente è che laUE riveda a fondo il suo ap-proccio economico verso l’A-frica, sia a breve termine con al-cune iniziative politiche im-mediate, sia a lungo terminesull’intero arco delle relazioniafro-europee.

12) La UE può migliorare l’in-tero sistema dei negoziati EPAcon alcuni provvedimenti im-mediati.

Primo: bisogna riconoscere lalimitata capacità negoziale deiPaesi africani, i cui pochi ne-goziatori africani hanno tal-volta di fronte dozzine di esper-ti negoziatori europei.

Secondo: la UE interpreta re-strittivamente le regole WTO,che comprendono specificheclausole di favore per i Paesimeno sviluppati. In particola-re, tali clausole consentono unaattuazione graduale del princi-pio di reciprocità da parte deiPaesi africani. Gli APE devo-no applicare integralmente que-

ste clausole. Terzo: molti esperti chiedo-

no che il WTO rinunci ai ne-goziati APE spostandone i ter-mini oltre la conclusione pre-vista per dicembre e prorogan-do il regime di non reciprocitàa tutto il 2008.

Quarto: la UE deve ormaicoordinare le proprie politicheed i propri programmi di svi-luppo e politica commerciale,che al momento stanno provo-cando una grande confusionefra i partner, specialmente afri-cani.

Dobbiamo riconoscere il fat-to che il punto di partenza è ca-ratterizzato da profonde asim-metrie. Se l’obiettivo è lo svi-luppo dei Paesi piú poveri, perrealizzarlo dobbiamo accettare,almeno in una prima fase, po-litiche asimmetriche di non re-ciprocità.

Senza farci impressionare dainominalismi, dobbiamo sem-plicemente prendere atto delledifferenze esistenti. Il concet-to e le pratiche di libero com-mercio devono essere comple-tamente riesaminati.

Il partner piú debole deveavere la possibilità di irrobustirela propria economia adottandopolitiche appropriate e realiz-zandole in un adeguato perio-do di tempo.

LE IMPRESE NO PROFIT

13) I criteri di ottimizzazionee massimizzazione del profit-to inducono processi di produ-zione e consumo che non ri-flettono le priorità e i bisognidi una vasta parte della popo-

Il concetto e le pratichedi libero commercio

devono essere completamente

riesaminati. Il partner piú debole

deve avere la possibilità di irrobustire la propria

economia adottando politiche appropriate

e realizzandole in un adeguato

periodo di tempo

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Le economie finalizzateal solo profitto non garantiscono l’uso ottimale delle risorse e delle conoscenze disponibili. Non v’è ragione alcuna per unasterile contrapposizionetra imprese profit e no profit.Entrambe sono in gradodi realizzare obiettivi a medio termine che contribuiscono al bene comune

lazione del mondo. In altre parole, le economie

finalizzate al solo profitto nongarantiscono l’uso ottimale del-le risorse e delle conoscenzedisponibili. Non v’è comunqueragione alcuna per una sterilecontrapposizione tra impreseprofit e no profit.

Non v’è dicotomia tra le dueforme di impresa, entrambe ingrado di realizzare obiettivi amedio termine che contribui-scono al bene comune. Ilmarketing dei servizi di cura,ad esempio, si basa su valori chefanno delle organizzazioni noprofit delle imprese di succes-so.

Un sistema economico deverecuperare il suo compito ori-ginario di stabilire delle prio-rità in coerenza con l’impor-tanza dei bisogni, qualora lescelte e i comportamenti indi-viduali siano guidati da altricriteri e altri valori: a) chi ha lacapacità, la competenza e l’a-bilità di anticipare il futuro, diassumersi dei rischi e di gesti-re in modo efficiente i fattoriproduttivi, avvia e gestisceun’impresa non per ottenere ilproprio profitto massimo e ot-timale, ma per generare il livellopiú elevato possibile di utilità(valore) a favore di chi, per ra-gioni diverse, non riesce a en-trare nell’“economia tradizio-nale”; b) la persona non è un es-sere “frammentato” (consu-matore, cliente, lavoratore o“fattore produttivo”, “cervelloda utilizzare”, simbolo sessua-le, mito dello sport, intratteni-tore, opinionista, ecc.) e il pun-to di vista ridiventa dominan-

te; c) la persona nella sua unitàe unica identità torna a essereil centro delle decisioni e degliinterventi economici non me-no che politici e sociali, l’ori-gine e il fine di ogni relazionee processo anche economici.

14) L’economia no profit è unsistema di scelte economicheispirate all’annuncio di Cristoduemila anni fa - “Io sono laVia, la Verità, la Vita” - e al-l’invito a farsi servitori dei “fra-telli e sorelle in Dio”’, rifiu-tando la schiavitú verso i benimateriali, il benessere, il pro-fitto.

L’economia no profit signi-fica utilizzare la razionalità eco-nomica per operare con effi-cienza senza assumere il pro-fitto come principio di realtà,ma per aiutare le altre personea liberarsi dalle costrizioni ma-teriali, a vivere meglio e avereil tempo e la volontà di colti-vare il proprio spirito.

15) Nel suo ritorno alle origi-ni, la razionalità economica de-ve essere la via per servire lapersona e ampliare la libertàdal bisogno del maggior nu-mero possibile di persone, nonun sistema di regole volte ad au-mentare e accumulare il be-nessere delle nazioni a pre-scindere dalla sua distribuzio-ne.

LA CURA DEL CREATO

16) Gli aspetti positivi del-l’ambientalismo vanno consi-derati senza cedere alla sterilelogica della paura.

Chi ha la capacità, la competenza e l’abilità di anticipare il futuro, di assumersi dei rischi e di gestire in modo efficiente i fattori produttivi, avvia e gestisce un’impresanon per ottenere il proprio profitto massimo,ma per generare il livellopiú elevato possibile di utilità (valore) a favoredi chi, per ragioni diverse, non riesce a entrare nell’“economiatradizionale”

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Va sottolineato il legametra la parola “ecologia”e l’ambiente inteso come

“casa”, consapevoli del pericolo insito nel

contrapporre i concetti diambiente come “casa”

e come “risorsa”. Il mancato rispetto di

questa interdipendenza èla ragione prima della

parziale inefficienza delmeccanismo del mercato

Di fatto, il compito di pre-servare il creato richiede la ri-cerca e lo sviluppo di tecnolo-gie sostenibili, che produconoricchezza e insieme un mondomigliore.

Va sottolineato il legame trala parola “ecologia” e l’am-biente inteso come “casa”, con-sapevoli del pericolo insito nelcontrapporre i concetti di am-biente come “casa” e come “ri-sorsa”. Il mancato rispetto diquesta interdipendenza è la ra-gione prima della parziale inef-ficienza del meccanismo delmercato, che considera i solibenefici individuali, di per séinsufficienti a coprire i costi dieliminazione dell’inquinamen-to. Soprattutto, se c’è chi be-neficia di miglioramenti am-bientali pagati da qualcun altro,è forte l’incentivo a chiedere ul-teriori miglioramenti senza pa-garne il costo. Un ambiente sa-no e una positiva interazione tral’umanità e il suo ecosistemasono aspetti essenziali di unabuona qualità della vita.

17) Lo sviluppo economico so-stenibile è correlato con il di-ritto delle future generazioni dipoter usare le risorse naturali.

In questo senso, un forte so-stegno sia al mercato che allepolitiche pubbliche viene dapreferenze di consumo orientateverso beni e processi produtti-vi ecologicamente efficienti.

Se i consumatori inviano al-le imprese segnali chiari dellaloro preferenza per prodotti eprocessi produttivi piú rispet-tosi dell’ambiente - in quantomeno dannosi e piú facilmen-

te riciclabili - la risposta delleimprese sarà tempestiva e coe-rente. È una tendenza già in at-to, soprattutto nei Paesi svi-luppati, come dimostra il cre-scente consenso nei confrontidella responsabilità socialed’impresa. La cultura ambien-tale può essere anche una buo-na cultura imprenditoriale e iconsumatori attenti alla qualitàdell’ambiente sono interlocutorimolto importanti.

18) Il fine del creato è la per-sona umana, richiesta a sua vol-ta di cooperare al compimentodella creazione.

Non vogliamo arrestare losviluppo, un prezzo troppo al-to soprattutto per i poveri. In-tendiamo invece promuoverela speranza. Lo sviluppo so-stenibile è uno degli obiettivifondamentali di ogni accordointernazionale sull’ambiente,non solo nei Paesi economica-mente avanzati, bensí in tuttoil mondo.

Saranno cosí evidenti i be-nefici per tutti i Paesi, condi-zione indispensabile per ren-dere concreto e stabile un ac-cordo. Inoltre, sarà possibileampliare le opportunità dei tra-sferimenti dai Paesi beneficia-ri dei miglioramenti ambienta-li verso i Paesi che dovrannosopportarne i costi, in modo ta-le da assicurare a ogni partnerun beneficio netto.

IL DIALOGO TRA FEDE, SCIENZA E ECONOMIA

19) Se la ricerca fondamenta-le dipende in larga misura dai

Il fine del creato è lapersona umana.

Non vogliamo arrestarelo sviluppo, un prezzo

troppo alto soprattuttoper i poveri.

Intendiamo invece promuovere la speranza.

Lo sviluppo sostenibile è uno degli obiettivi

fondamentali di ogni accordo internazionalesull’ambiente, non solo

nei Paesi economica-mente avanzati

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La scienza è un bene che va coltivato in pienalibertà. La ricerca fondamentale deve essere indipendente sia dalla politica siadall’economia, che devono cooperare al suo sviluppo senzaperò limitarne la creatività e senza piegarla ai loro scopi. La verità scientifica risponde di fatto solo alla verità, a Diocreatore di tutto

fondi pubblici, la ricerca ap-plicata dipende invece dal mer-cato.

Gli imprenditori devono per-ciò assumersi la responsabilitàdi tali applicazioni. La scienzaè un bene che va coltivato inpiena libertà. La ricerca fon-damentale deve essere indi-pendente sia dalla politica siadall’economia, che devono coo-perare al suo sviluppo senzaperò limitarne la creatività esenza piegarla ai loro scopi.

La verità scientifica rispon-de di fatto solo alla verità, aDio creatore di tutto. La scien-za si trasfonde anche nelle ap-plicazioni pratiche delle diver-se tecnologie e in questo mo-do è indispensabile per soddi-sfare le giuste esigenze di vitadell’umanità, a cominciare dal-la eliminazione dei malanni chela minacciano.

La scienza applicata ha resoe fornisce tuttora immensi ser-vizi alla persona umana, a con-dizione che sia ispirata dall’a-more, regolata dalla saggezzae accompagnata dal coraggio didifenderla dalle interferenzedei poteri tirannici.

La scienza applicata è unaquestione di coscienza: il tri-nomio scienza-tecnologia-co-scienza è la leva di ogni veraconquista umana.

20) Le donne e gli uomini discienza e cultura hanno un co-spicuo potere morale. Ogni es-sere umano deve essere consi-derato e rispettato come per-sona fin dal suo concepimen-to.

Pertanto, l’uso dell’embrio-

ne come puro e semplice og-getto di analisi e sperimenta-zione è un attacco alla dignitàdella persona e dell’umanità.

In effetti, nessuno ha il dirit-to di stabilire la soglia di uma-nità di una persona, perché èuna pretesa esorbitante di po-tere sui propri simili.

La risposta alla domanda fon-damentale della ragione e delsignificato della vita umana nelmondo può venire solo dallaricerca scientifica protesa ver-so la verità, la libertà, la mora-lità, il servizio all’umanità e al-la pace, alla Verità.

Non si può fare del corpoumano un mero oggetto di spe-rimentazione, in ossequio ai so-li criteri della ricerca scientifi-ca e dell’abilità tecnologica. Irisultati cosí ottenuti sono illu-sori.

Pertanto, è necessario il sen-so del limite dei ricercatori e deiloro finanziatori. Analizzare ecapire le cause culturali, eco-nomiche e politiche dello svi-luppo insufficiente, indicandoi modelli di sviluppo adatti al-le attuali circostanze storiche;individuare modi e tempi ido-nei per intervenire, condizio-ni, mezzi e strumenti atti a tra-sformare il sottosviluppo in cre-scita equilibrata, questo è losviluppo in un contesto di so-lidarietà.

21) La ricerca industriale e leapplicazioni produttive devonoprocedere di pari passo in unospirito di reciproca coopera-zione.

Non dobbiamo mai perderedi vista la dignità suprema del-

La scienza applicata ha reso e fornisce tuttora immensi servizialla persona umana, a condizione che sia ispirata dall’amore, regolata dalla saggezza e accompagnata dal coraggio di difenderla dalle interferenze dei poteri tirannici. La scienza applicata è una questione di coscienza

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La società umana è innanzitutto e soprattutto

una società di persone, della quale dobbiamo

sempre rispettare i diritti inalienabili. L’appello al senso

di responsabilità di ciascuno di noi

è ormai indifferibile. Il dialogo tra fede,

scienza e economia è decisivo per il

futuro dell’umanità

la persona umana, nella qualeil credente riconosce nulla me-no che l’immagine di Dio.

È in gioco il significato stes-so della ricerca scientifica etecnologica, della vita associa-ta e della cultura, ma ancor piúnel profondo è in gioco il si-gnificato stesso della personaumana.

La società umana è innanzi-tutto e soprattutto una societàdi persone, della quale dobbia-mo sempre rispettare i dirittiinalienabili. L’appello al sensodi responsabilità di ciascuno dinoi è ormai indifferibile. Il dia-logo tra fede, scienza e econo-mia è decisivo per il futuro del-l’umanità.

DIRIGENTI CRISTIANI

PER IL FUTURO DELL’EUROPA

L’UCID (Unione CristianaImprenditori e Dirigenti) haproposto all’organizzazione in-ternazionale della quale fa par-te, l’UNIAPAC (Union Inter-national des Associations Pa-tronales Chrétiennes), di con-dividere, come Imprenditori eDirigenti Cristiani Europei, unAppello finalizzato ad attuarein Europa i princípi base del-l’insegnamento sociale cristia-no, calati nell’àmbito della Re-sponsabilità Sociale d’impre-sa.

L’Appello deriva dalla con-sapevolezza degli Imprendito-ri e Dirigenti di impegnarsimaggiormente per il futuro del-l’Europa, superando la logicadelle pure relazioni d’affari.

In altri termini, essi inten-dono aggiungere alle motiva-

zioni di tipo economico, com-merciale e di convenienza in-dividuale, quelle attinenti te-matiche prioritarie quali fami-glia, lavoro, ricerca scientificae solidarietà verso la vicina l’A-frica, che rappresentano, a lo-ro avviso, la “via maestra” ver-so la realizzazione del bene co-mune in un mondo globaliz-zato.

Queste fondamentali tema-tiche sociali sono state propo-ste e argomentate in un docu-mento analitico commissiona-to dall’UCID a un gruppo disaggi, esperti in economia,scienze sociali e ricerca scien-tifica. Da tale documento pren-de spunto l’Appello che sarà alcentro del Convegno (febbraio2008).

L’UCID ha proposto all’organizzazione

internazionale dellaquale fa parte,

l’UNIAPAC, di condividere,

come Imprenditori e Dirigenti Cristiani Europei, un Appello

finalizzato ad attuarein Europa i princípi

base dell’insegnamento sociale cristiano, calati nell’àmbito

della Responsabilità Sociale d’impresa

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RAPPORTI CON L’UNIAPAC

• I Rapporti con L’UNIAPAChanno visto la nostra partecipa-zione ai Board che si sono tenutinel periodo. La partecipazione dell’UCID na-zionale è stata assicurata dal Dott.Giovanni Facchini Martini, ViceSegretario aggiunto per i rappor-ti internazionali. Ai Board ha inoltre partecipato ilDott. Franco Nava, Presidente del-la Sezione UCID di Milano, in re-lazione all’organizzazione di unConvegno che sta curando conl’UNIAPAC e l’UCID Nazionale sul-l’integrazione europea. Il Convegno si terrà a Milano ilmese di febbraio prossimo. • L’UNIAPAC sta preparandoun Rapporto sulla ResponsabilitàSociale dell’Impresa. L’UCID Nazionale partecipa a que-sta iniziativa con un suo contributoin inglese sul tema, che nasce dalcapitolo del Rapporto UCID 2007sulla coscienza imprenditoriale nel-la costruzione del bene comune,dedicato alla responsabilità socia-le dell’impresa alla luce della Dot-trina Sociale della Chiesa.

RAPPORTI CON LA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

• L’UCID Nazionale ha parteci-pato a tutte le riunioni dell’Uffi-cio Nazionale per i Problemi So-ciali e il Lavoro della ConferenzaEpiscopale Italiana. Ha inoltre partecipato a tutte le riu-nioni della Consulta.• L’UCID Nazionale ha presoparte a tre incontri del Comitatoscientifico e organizzatore delleSettimane Sociali dei Cattolici chesi sono tenuti a Treviso, a Roma ea Bari.

RAPPORTI CON GLI ALTRI ENTI E ASSOCIAZIONI

• L’UCID Nazionale ha parteci-pato a incontri e convegni orga-nizzati dai vari movimenti e asso-ciazioni ecclesiali, con particolareriferimento ai temi della DottrinaSociale della Chiesa. In occasionedi tali convegni, sono stati pre-sentati contributi e relazioni.

ATTIVITA’ATTIVITÀ PRESIDENZA NAZIONALE