UCID Letter n°1 - 2009

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1/2009 LETTER Uscire “rinnovati” dalla crisi EDITORIALE L’imprenditore cristiano e la crisi CRISI FINANZIARIA INTERNAZIONALE Per una Europa aperta al dialogo EUROPA E RADICI CRISTIANE Favorire il riscatto del Mezzogiorno NUOVI MODELLI DI SVILUPPO

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UCID Letter n°1 - 2009

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L E T T E R

Uscire “rinnovati” dalla crisiEDITORIALE

L’imprenditore cristiano e la crisiCRISI FINANZIARIAINTERNAZIONALE

Per una Europa aperta al dialogoEUROPAE RADICI CRISTIANE

Favorire il riscatto del MezzogiornoNUOVI MODELLIDI SVILUPPO

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Periodico quadrimestrale dell’UCIDUnione Cristiana Imprenditori Dirigenti

Anno XII, 1/2009

Autorizzazionedel Tribunale di RomaN. 437/05 del 4/8/2005

L E T T E R

UCID, Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti, èun’Associazione privata, nata nel 1947, che impe-gna i propri Soci alla realizzazione del Bene Comu-ne mediante comportamenti coerenti con lo spiritoevangelico e con gli indirizzi della Dottrina Socile del-la Chiesa Cattolica.Con questo impegno l’UCID pone al servizio dellacomunità civile le esperienze e le conoscenze che de-rivano ai propri Soci dalle loro attività imprendito-riali e professionali.I fondamentali princípi etici ispiratori e di riferimen-to che l’UCID ha adottato e che propone a tutti i pro-pri soci sono:• la centralità della persona, accolta e valorizza-ta nella sua globalità;• l’equilibrato utilizzo dei beni del Creato, nelpieno rispetto dell’ambiente, sia per le presenti cheper le future generazioni;• il sano e corretto esercizio dell’impresa e del-la professione come obbligo verso la società e co-me opportunità per moltiplicare i talenti ricevuti abeneficio di tutti;• la conoscenza e la diffusione del Vange-lo,applicando le indicazioni ideali e pratiche della Dot-trina Sociale della Chiesa;• un’efficace ed equa collaborazione fra i soggettidell’impresa, promuovendo la solidarietà e svilup-pando la sussidiarietà.Da queste linee ideali e di impegno deriva una or-ganizzazione composta, a livello nazionale, di circa4.000 soci. UCID Nazionale è articolata a livello ter-ritoriale in 17Gruppi Regionali e 83 Sezioni Provincialie Diocesane. L’UCID Nazionale fa parte dell’UNIA-PAC,“International Christian Union of Business Exe-cutives”.

U C I D

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Periodico quadrimestrale dell’UCIDUnione Cristiana Imprenditori Dirigenti

Direttore ResponsabileGiovanni Locatelli

RedazioneSegreteria UCID Nazionale

Via Di Trasone 56 - 00199 RomaTel. 06 86323058 - fax 06 86399535e.mail: [email protected]

site web: www.ucid.it

Anno XII 1/2009

Autorizzazionedel Tribunale di RomaN. 437/05 del 4/8/2005

Sped. in Abbon. Postale - D.L. 353/2003(conv. in l. 27/02/2004 n° 46)art. 1, comma 2, DCB Padova

Progetto grafico e impaginazioneGermano Bertin

TipografiaNuovaGrafotecnica,Via L.daVinci 835020 Casalserugo - PadovaTel.049 643195 - Fax 049 8740592site web: www.grafotecnica.it

ATTIVITA’ 1/2009UCID LETTER

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EDITORIALE

Uscire “rinnovati” dalla crisi 2

Ricordo di Mons. Pompeo Piva 11

PARTE PRIMA: TEMI GENERALI

Favorire il riscatto del Mezzogiornodi Angelo Ferro 12

UCID e sviluppo economicodi Antonio Bertani 18

Lemolteplici dimensioni dello sviluppodi Giovanni Scanagatta 22

Un progetto culturalevivificato dai valori cristianidi Emilio Iaboni 27

La coscienza imprenditorialee il bene comunedi Giuseppe Lovecchio 31

Impresa eticamente responsabiledi Giancarlo Picco 34

PARTE SECONDA: APPROFONDIMENTI

Per una Europa aperta al dialogoe fedele alle proprie radicidel Cardinal Carlo Caffarra 37

L’imprenditore cristiano e la crisidi Padre Giuseppe Pirola 41

Sempre a favore della vitadi Roberto de Mattei 44Un Piano strategico di rinnovamentodi Gianfranco Vanzini 50

Come fronteggiare la crisi da autentici cristianidi Marco Gorini 53

Il Togo: le caratteristiche della povertàdi Napoiga Mokondji 58

PARTE TERZA: RECENSIONI

Mezzogiorno a tradimento di Gianfranco Viestia cura di Silvia Paoluzzi 62

PARTE QUARTA

Attività Nazionale UCID 63Attività Internazionale UCID 66

SOMMARIO

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EDITORIALE

Il concetto di “sviluppo”deve essere inteso

non solo come crescitaeconomica, ma comesviluppo complessivodell’uomo con i suoi

valori di libertà,responsabilità e dignità.

Occorre ricercareinsieme il valore

dell’efficienza e quellodell’equità, il valore

dello sviluppo e quellodella solidarietà

per la costruzionedel bene comune

ATTIVITA’

USCIRE“RINNOVATI”DALLA CRISI

Per usciredall’attuale crisifinanziaria occorrepromuovereun nuovo modellodi sviluppo basatonon solo sullecomponentieconomiche,maanchesui fattori morali,etici e culturali

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L’attuale crisi finanziaria e delle banche, con le pesanti ri-cadute sull’economia reale, in termini di reddito e occu-pazione, è una situazione con cui tutti dobbiamo confron-

tarci e sulla quale siamo chiamati a compiere una profonda ri-flessione.Essa costituisce il tema centrale del presente numero di UCID

Letter con diversi contributi.Il Presidente Angelo Ferro, nel suo intervento incentrato sul te-

ma del riscatto del Mezzogiorno, sostiene che per uscire dall’at-tuale crisi finanziaria occorre promuovere un nuovo modello disviluppo basato non solo sulle componenti economiche ma an-che sui fattori morali, etici e culturali.Don Sturzo individua tre malebestie che affliggono la società

e in particolare il Mezzogiorno: lo statalismo, l’illegalità, la ma-la-burocrazia.Per risollevarsi, il Mezzogiorno è chiamato a salvare sé stesso

sconfiggendo queste tremalebestie e potenziando le strutture fon-damentali della società: la famiglia, la scuola e la formazione.Secondo Antonio Bertani (Gruppo Lazio), la crisi che stiamo

vivendo rappresenta una vera e propria frattura con il passato. Es-sa, se pur distinta in quattro sottocrisi (immobiliare, finanziaria,economica, di bilancio), va considerata come fenomeno unico daaffrontare con grande senso di responsabilità.È necessario investire nell’istruzione, soprattutto quella mora-

le, che abbia come fulcro la ricerca del bene comune, la difesadella dignità e la valorizzazione della persona umana.Per uscire dalla crisi occorre un nuovo modello di sviluppo.Giovanni Scanagatta offre un contributo nella definizione del

concetto di “sviluppo”: deve essere inteso, non solo come crescitaeconomica, ma come sviluppo complessivo dell’uomo con i suoivalori di libertà, responsabilità e dignità. Occorre ricercare insie-me il valore dell’efficienza e quello dell’equità, il valore dello svi-luppo e quello della solidarietà per la costruzione del bene comune.È importante la diffusione di una cultura ispirata e vivificata dai

valori cristiani. È quanto afferma Emilio Iaboni nel suo articolo.Noi cristiani siamo portatori di una vera e propriamissione: pro-

muovere la costruzione di una cultura sociale e politica ispirataal Vangelo, opponendoci alle visioni riduttive e ideologiche del-l’uomo e della vita.Siamo chiamati a testimoniare la nostra fede, portando a cono-

scenza degli altri l’immenso patrimonio di saggezza presente nel-la millenaria cultura cristiana.Giuseppe Lovecchio sostiene che questi valori devono essere

fonte di ispirazione per la formazione di una rinnovata coscienzaimprenditoriale.Tale coscienza è necessaria per favorire la “rinascita” delle im-

prese in crisi, in quanto essa andrà a innescare un circolo virtuo-

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Per superare la crisinon sono sufficientiinterventi temporaneidi tamponamento,ma occorre creareuna rinnovata economiareale, basata suuna comunitàdi imprenditorie lavoratori, cheabbiano come obiettivoprecipuo del lorooperare la creazionedel bene comune

EDITORIALE

ATTIVITA’

so in cui la ricchezza generata dall’imprenditore singolo vienemes-sa a disposizione di tutta la comunità, al fine di creare il bene co-mune.Giancarlo Picco afferma nella sua prolusione, sul tema “Gestione

etica dell’impresa”, che nella gestione dell’azienda occorre co-niugare due valori fondamentali: la creazione del profitto e il pri-mato della persona umana, con particolare attenzione al suo svi-luppo.Nell’impresa che viene gestita “eticamente” il perseguimento

del profitto tende a collocarsi in un quadro piú ampio di “crea-zione di valore”, per tutti i soggetti che direttamente o indiretta-mente sono associati all’impresa.La sezione degli approfondimenti si apre con uno stimolante

contributo del Cardinale Caffarra che ci offre spunti di riflessio-ne sul quesito che oggi ci poniamo e ci viene posto: “Perché dob-biamo dirci cristiani”?Il tema del “Perché dobbiamo dirci cristiani” è il titolo di un

recente libro di Marcello Pera che il Cardinale Caffarra com-menta soprattutto con riferimento alla distinzione dell’autore tracristiani per fede e cristiani per cultura.I cristiani per cultura possono esistere solo nella misura in cui

ci sono i cristiani per fede, la cui responsabilità è di testimoniarecon coerenza il Vangelo e i princípi della Dottrina Sociale dellaChiesa.Il Cardinale Caffarra sottolinea che nel libro di Marcello Pera

è fortemente presente la necessità di ritrovare le nostre radici.L’Europa non deve rinnegare le proprie origini per dimostrarsi

multiculturale. Essa devemantenersi salda nei princípi che le han-no dato vita e che sono nel cristianesimo.Il liberalismo è in crisi perché si è staccato dalle sue radici, dal-

l’alveo cristiano in cui è nato. Solo cosí l’Europa potrà uscire dal-la profonda crisi in cui versa.Padre Pirola, partendo dall’analisi dei documenti elaborati dal-

l’UCID sul tema della crisi finanziaria, propone una lettura del-la crisi stessa alla luce dei princípi cristiani.Per superarla, non sono sufficienti interventi temporanei di tam-

ponamento, ma occorre creare una rinnovata economia reale, ba-sata su una comunità di imprenditori e lavoratori, che abbiano co-me obiettivo precipuo del loro operare la creazione del bene co-mune.Il Prof De Mattei ci propone, nel suo articolo, un tema di scot-

tante attualità: lamorte cerebrale deve identificarsi con la fine del-la vita? Il cosiddetto “encefalogramma piatto” può davvero dirsicoincidente con il momento in cui l’anima abbandona il corpo?Inizio e fine vita sono momenti misteriosi di cui la scienza non

può fornire, per il momento, una spiegazione univoca. A tali do-mande ilMagistero della Chiesa fornisce una risposta: nell’assenza

Nell’impresache viene gestita“eticamente”il perseguimentodel profitto tendea collocarsiin un quadro piú ampiodi “creazionedi valore”,per tutti i soggettiche direttamenteo indirettamentesono associatiall’impresa

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L’Associazione“Seniores” raccogliedirigenti d’impresa

in pensione, disponibilia dare il propriocontributo per la

realizzazione di progettidi solidarietà,

per la valorizzazioneintegrale della persona

umana, secondoi princípi del Vangelo

e della Dottrina Socialedella Chiesa

ATTIVITA’EDITORIALE

Ai cristiani è chiestoun rinnovato impegno

per costruireun nuovo modello

di sviluppobasato sulla centralità

della personae piú attento

all’edificazionedel bene comune.

Solo con un impegnomirato e direttosul territorioè possibile

uscire dalla crisi

di dati scientifici certi e condivisi, non possiamo che adottarel’approccio precauzionale che, nel dubbio, tutela la vita umana inogni sua forma.Nel contributo di Gianfranco Vanzini viene proposta la crea-

zione di un progetto «a misura di persona atto a costruire un ter-ritorio bello e accogliente», dove si vive la vita buona, con valo-ri religiosi e civili condivisi e rispettati da tutti coloro che entra-no nella comunità.Il progetto riguarda la città di Rimini, ma può essere applicato

a qualsiasi realtà territoriale perché si basa sulla promozione divalori profondamente umani e universali: la famiglia, l’impresa,la formazione culturale.Marco Gorini (altro riminese) chiede - nel suo contributo - ai

cristiani un rinnovato impegno per costruire un nuovo modello disviluppo basato sulla centralità della persona e piú attento all’e-dificazione del bene comune. Solo con un impegno mirato e di-retto sul territorio è possibile uscire dalla crisi.Lo scorso anno i Padri Benedettini hanno chiesto all’UCID, at-

traverso Padre Biagio Marin, di dare un aiuto per attualizzare ladimensione del “Labora” nella Regola di San Benedetto (“Ora etLabora”) nei monasteri sparsi in tutto il mondo, soprattutto neiPaesi in via di sviluppo.E ciò attraverso l’avvio di contatti con l’Associazione “Senio-

res”, presieduta dal compianto Franco Nobili, che raccoglie diri-genti d’impresa in pensione, disponibili a dare il proprio contri-buto per la realizzazione di progetti di solidarietà, per la valoriz-zazione integrale della persona umana, secondo i princípi delVangelo e della Dottrina Sociale della Chiesa.Il primo intervento dovrebbe riguardare i benedettini che ope-

rano in Togo.Ecco perché abbiamo pensato di aprire una finestra su questo

Paese per testimoniare i valori in cui crediamo come imprendito-ri, dirigenti e professionisti cristiani.A tal proposito viene offerto il contributo di NapoigaMokondji

sulle caratteristiche demografiche, economiche e sociali del To-go. L’autore ci documenta con dati precisi la forte povertà del suoPaese e il tentativo del Governo di farlo uscire dalla crisi con unnuovo modello di sviluppo piú equo e solidale.L’ultima parte della Rivista è dedicata alle Attività nazionali e

internazionali della Presidenza Nazionale, suddivisa in rapporticon la CEI, coi movimenti ecclesiali, con i gruppi regionali, conil collegio universitario di Roma e con l’UNIAPAC.

Consiglio Direttivo dell’UCID

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IT REQUIRESA NEW MODEL

OF DEVELOPMENT

To exit the currentfinancial crisis,we need to promotea new developmentmodel based notonly on economicfactors but alsoon moral, ethicaland cultural ones

ATTIVITA’

It must be considerednot only asan economic growth,but as the overalldevelopment of manwith his valuesof freedom,responsibilityand dignity.We must seek togetherthe value of efficiencyand equity, the valueof developmentand solidarityfor the constructionof the common good

EDITORIAL

The current financial and banking crisis, with its heavy fal-louts on the real economy, in terms of income and employ-ment, is a situation that everybody have to face and we are

called to make a deep reflection about it.It is the central theme of this UCID Letter with several contri-

butions.The UCID President, Angelo Ferro in his speech, focused on

the theme of the redemption of the South, argues that to exit thecurrent financial crisis, we need to promote a new developmentmodel based not only on economic factors but also onmoral, ethi-cal and cultural ones.Don Sturzo identifies three “bad beast” that afflict the society

and in particular the South: the statism, the illegality, the bad bu-reaucracy .In order to rise again, the South has to save himself beating the-

se three “bad beasts” and strengthening the basic structures ofsociety: family, school and training.According to Antonio Bertani, the crisis we are experiencing is

a real break with the past.Although it is divided in four separate sub-crisis, (real estate,

financial, economic, budgetary) it has to be considered as a uni-ted phenomenon to be faced with a great sense of responsibility.We need to invest in education, especially moral, whose re-

search focus on the common good, defending the dignity and theenhancement of the human person.We requires a new model of development to exit from the cri-

sis.Giovanni Scanagatta offers a contribution in defining the con-

cept of development.It must be considered not only as an economic growth, but as

the overall development of man with his values of freedom, re-sponsibility and dignity.We must seek together the value of efficiency and equity, the va-

lue of development and solidarity for the construction of the com-mon good.It’s very important the diffusion of a culture inspired and enli-

vened by Christian values.Iaboni says like this in his article.The Christians have a real mission: to promote the construc-

tion of a social and political culture inspired by the Gospel, op-posed to the ideological and reductive visions of man and life.We are called to witness our faith, bringing to the attention of

others the immense wealth of wisdom present in the Christianmil-lennial culture.Lovecchio argues that these values must be a source of inspi-

ration for the creation of a renewed entrepreneurs’ conscience.This conscience is necessary to promote the “rebirth” of the

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firms in crisis, as it will trigger a virtuous circle in which thewealthgenerated by the single contractor is put at the disposal of the who-le community in order to create the common good.Giancarlo Picco tell us in his inaugural lecture, on the theme

“Ethical management of the firm” that in the company’s mana-gement we need to combine two fundamental values: the creationof profit and the primacy of the human person, with special at-tention to his development. When an enterprise is ethically ad-ministrated, the pursuit of the profit tends to fit into a broader fra-mework of “value creation” to all the people, directly or indirectlyassociated to the company.The deepening section opens with a stimulating contribution by

Cardinal Caffarra that gives us food for thought on the questionthat we have today and we shall answer, “Whymust we claim Ch-ristians”?The theme about “Why we must claim Christians” is the title

of a recent book byMarcello Pera, that the Cardinal Caffarra com-mented, especially with references on the distinction made by theauthor between Christian by faith and Christian by culture.The Christian by culture can exist only insofar as there are

Christians by faith, whose responsibility is to witness with cohe-rence, the Gospel and the principles of the Church’s Social Doc-trine. Cardinal Caffarra stressed that, in theMarcello Pera’s book,is strongly present the need to rediscover our roots.Europe can’t deny its origins to prove multicultural.It must remain steadfast in the principles that gave it life and

which are in the Christianity.Liberalism is in crisis because it is detached from its roots, from

the Christian environment where it was born.Only in this way Europe can get out of the deep crisis that af-

fects it.Father Pirola, starting from the analysis of the documents ma-

de by the UCID, on the theme of financial crisis, offers a visionof this crisis according to the Christian principles.In order to overcame it, they are not sufficient temporary mea-

sures of containment, but we need a renewed real economy, ba-sed on a community of entrepreneurs and workers, who have asfundamental target of their acting the creation of the common good.Professor De Mattei purpose, in his article, a subject of close

actuality: the brain-death must be identified with the end of life?The so-called “flat encephalogram” can really be said coincidentwith the moment when the soul leaves the body?The beginning and end of life are mysterious moments in whi-

ch science cannot provide, for the moment, a unique explanation.To these questions, the Church’s Teaching provides an answer:

in the absence of scientific sure and shared data, we can only adoptthe precautionary approach that, if in doubt, protect the human

The creation of profitand the primacy

of the human person,with special attentionto his development.When an enterprise

is ethicallyadministrated,the pursuit of

the profit tendsto fit into a broader f

rameworkof “value creation”to all the people,

directly or indirectlyassociated

to the company

ATTIVITA’

In order to overcamethe financial crisis,

they are not sufficienttemporary measures

of containment,but we need

a renewed realeconomy, based on

a communityof entrepreneurs

and workers, who haveas fundamental target

of their actingthe creation

of the common good

EDITORIAL

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It proposedthe creation of a project“built for the person,capable of buildinga beautiful and pleasantland”, where you livethe good life,with religiousand civil values sharedand respectedby all thosewho enterin the community

life in all its forms.The Vanzini’s contribution proposed the creation of a project

“built for the person, capable of building a beautiful and plea-sant land”, where you live the good life, with religious and civilvalues shared and respected by all those who enter in the com-munity.This project concerns the city of Rimini, but it can be applied

to any territorial reality because it is based on the promotion ofdeeply human and universal values: family, firm, cultural forma-tion.It follows a contribution of another citizen of Rimini: Marco

Gorini.It is called to the Christians a renewed commitment to build a

new development model based on the centrality of the person andcloser to building the common good.Only with a focused and directed engagement on the territory

it’s possible to get out of the crisis.Last year, the Benedictine Fathers have requested to UCID,

through Father Biagio Marin, to help to carry out the dimen-sion of the “Labora” in the Rule of Saint Benedict (“Ora et La-bora”) in the monasteries around the world, especially in de-veloping countries.And this, through the initiation of contacts with the Association

“Seniors”, chaired by the late Franco Nobili, which gathers bu-siness leaders in pension available for the construction of projectsof solidarity, for the full valuation of the human person, accor-ding to the principles of the Gospel and of the Church’s SocialDoctrine.The first intervention should concern the Benedictine working

in Togo.That is why we decided to open a window on this Country to

bear witness to the values we believe in as entrepreneurs, mana-gers and Christians professionals.In this regard, it is offered the Napoiga Mokondji’s article on

demographic, economic and social characteristics, of Togo.The author documents, with precise data, the high poverty of

his Country and the attempt of the Government to release it fromthe crisis with a new model of development more sustainable andequitable.The last part of the review is devoted to the national and inter-

national activities of the National Presidency, subdivided into re-lations with the CEI, with the ecclesial movements, with the re-gional groups, with the University College of Rome and with theUNIAPAC.

UCID Directive Board

ATTIVITA’

The Association“Seniors”, chaired bythe late Franco Nobili,which gathers businessleaders in pensionavailable forthe constructionof projects of solidarity,for the full valuationof the human person,according tothe principlesof the Gospel andof the Church’sSocial Doctrine

EDITORIAL

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dell’imprenditore nei processidi sviluppo per la costruzionedel bene comune.Aveva una grande capacità

di ascoltare le esperienze con-crete degli imprenditori cri-stiani, intepretandole, poi, allaluce del Vangelo e del grandepatrimonio della Dottrina So-ciale della Chiesa.Don Pompeo ci lascia una le-

zione di profonda umanità, diesigente e continua ricerca del-la verità attraverso la fede e la ra-gione. Sta a noi la responsabilitàdi raccogliere questa genuina le-zione,perdiventare imprenditori,dirigenti e professionisti, che so-no alla ricerca di senso cristia-no in questo mondo travagliatodal riduzionismo economico edall’affievolimento dell’amoreper il bene comune.

(1) P. Piva, Il sogno di un imprendi-torecristiano,Marietti,Genova2004

MONSIGNORAMEDEO PIVA

Profondoteologo morale,animatoda un profondoamoreper la Chiesa,ci lasciauna lezionedi profondaumanità,di esigentee continua ricercadella veritàattraverso la fedee la ragione

IL RICORDO

Il 6 febbraio scorso, Mons.Pompeo Piva ha raggiuntola Casa del Padre. Era nato

75 anni fa aQuingentole in pro-vincia di Mantova.mons. Piva è stato per molti

anni apprezzatissimo Consu-lente Ecclesiastico della Se-zione Ucid di Mantova e col-laboratore della nostra RivistaUcid Letter con tre importanticontributi riguardanti i fonda-menti teologici e storici dellaDottrina Sociale della Chiesa,l’etica e il profitto, la vocazio-ne in verità dell’imprenditorecristiano.Nel 2004 ha pubblicato un

libro che, per tutti noi dell’U-CID assume grande significa-to: “Sogno di un imprenditorecristiano” (1).Profondo teologomorale, ha

fatto parte nel 2002 della dele-gazione cattolica che aVenezia,sotto la guida dell’allora Car-dinale Joseph Ratzinger, di-scusse con quellaOrtodossa in-viata dal Patriarca di MoscaAlessio II per ritessere i rapportitra le due Chiese.La sua vicenda di uomo e di

teologo è stata segnata da duecostanti. La prima riguarda lasua passione per la verità, per-ché se cerchiamo la verità pos-siamo diventare uomini liberi.La seconda costante è il suo

sofferto amore per la Chiesa.Una vita dedicata alla ricer-

ca di senso nel mondo con-temporaneo, che per don Pom-peo si estendeva all’etica, tan-to indagata, alla spiritualità, cheegli non riteneva diversa dallariflessione morale, all’econo-mia e al ruolo fondamentale

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FAVORIREIL RISCATTO

DELMEZZOGIORNO

Il Sud è chiamatoa salvare sé stesso,diceva don Sturzo,combattendolo statalismo,l’illegalità,la malaburocrazia

Successivamente, le impresedel Nord hanno cominciato areagire con aggiustamenti strut-turali dei processi produttivi,dei prodotti, dei modelli orga-nizzativi delle imprese, dellaloro presenza sui mercati in-ternazionali.Questo processo ha interes-

sato, sul piano dimensionale,sia le grandi imprese sia quel-le di medie e di medio-piccoledimensioni del Nord, come èavvenuto ad esempio nel casodel Nord-Est. Numerosi pro-cessi di acquisizione nei varisettori hanno rafforzato le filiereproduttive del Nord, con parti-colare riferimento alle impre-se e ai gruppi di medie dimen-sioni, consentendo di imposta-re inmodo piú efficiente la pre-senza sui mercati internazio-nali e, in particolare, l’orga-nizzazione dei canali di distri-buzione.I risultati positivi di questo

processo per il sistema produt-tivo delNord si sono cominciatia vedere a partire dalla secon-da metà del duemila con un si-gnificativomiglioramento del-la performance delle esporta-zioni e, in generale, delle di-verse forme di internazionaliz-zazione “equity” e “non equity”.In tutto questo processo di

aggiustamento strutturale e direcupero di competitività, il si-stema produttivo del Mezzo-giorno è rimasto sostanzial-mente al palo.I pochi elementi positivi del-

l’industria del Mezzogiornohanno riguardato i settori discala, caratterizzati dalla pre-senza di relativamente poche

PARTE PRIMA

TEMI GENERALI

di Angelo FerroPresidente Nazionale UCID

NUOVI MODELLIDI SVILUPPO

Nei primi anni del Due-mila, il sistema pro-duttivo italiano si è tro-

vato di fronte a una serie di dif-ficoltà di tipo strutturale con-nesse alla forte accelerazionedel progresso scientifico e tec-nico nelle diverse aree delletecnologie dell’informazione edella comunicazione, delle bio-tecnologie, delle nanotecolo-gie e dei nuovi materiali e allacrescente concorrenza nell’e-conomia globale (1).

IL QUADRO DI RIFERIMENTODELL’ECONOMIA MERIDIONALE:I DIVARI NORD-SUD ITALIAE SUD-UNIONE EUROPEA

Un ritardo nella risposta aquesti crescenti stimoli tecno-logici e concorrenziali, uniti acarenze di competitività di ti-po orizzontale connesse al si-stema Paese, hanno determi-nato una perdita di posizionicompetitive del sistema pro-duttivo nel suo complesso.

Per uscire dall’attuale crisi finanziaria occorre promuovere un nuovomodello di sviluppo basato, non solo sull’aspetto economico ma su fat-tori morali, etici e culturali ispirato dai valori della sussidiarietà e dellasolidarietà. In questo contesto il nostro Sud è chiamato a salvare séstesso dalle tre “malebestie” individuate da Don Sturzo: lo statalismo,l’illegalità, la malaburocrazia, attraverso il riconoscimento dell’elevatopotenziale del suo capitale umano e attraverso il rafforzamento di trepilastri fondamentali: famiglia, scuola e formazione professionale.

In order to exit from the current financial crisis, we need to promotea new development model based, not only on economic factors, but onmoral, ethical and cultural values inspired by the principles of subsidia-rity and solidarity. In this context the South has to save himself from thethree "bad beasts" identified by Don Sturzo in: the statism , the illega-lity, the bad bureaucracy , by recognizing the high potential of its hu-man capital and through the strengthening of three fundamental pil-lars: family, school and professional training.

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I settori tradizionali(abbigliamento, calzature,cuoio, legno e mobilio)che avevano manifestato

negli anni Novantanotevole vitalità attraversole forme organizzative deidistretti, si sono trovati indifficoltà per la mancata

capacità di metterein atto quei processi di

“upgrading” qualitativodei prodotti verso

segmenti piú difficilmenteaggredibili da

certi competitori esteri

grandi imprese a controllo, inprevalenza, esterno al Mezzo-giorno, tra cui, in particolare, ilsettore automobilistico.I settori tradizionali (abbi-

gliamento, calzature, cuoio, le-gno emobilio) che avevanoma-nifestato negli anni Novantanotevole vitalità soprattutto at-traverso le forme organizzati-ve dei distretti, si sono trovatiin difficoltà per la mancata ca-pacità di mettere in atto queiprocessi di upgrading qualita-tivo dei prodotti verso segmentipiú difficilmente aggredibilidalla concorrenza di prezzo deinuovi competitori, quali Cina,India e Paesi dell’Est Europa.I fenomeni sopra illustrati

hanno determinato, a partiresoprattutto dalla seconda metàdegli anni Duemila, un allar-gamento del divario tra il si-stema produttivo del Nord equello del Mezzogiorno. Han-no giocato a sfavore del Sudanche altri fattori di tipo siste-mico come la carenza delle in-frastrutture e un peggioramen-to della qualità dei servizi, so-prattutto quelli di base offertidagli enti locali.Assai preoccupanti sono i

nuovi termini del divario delMezzogiorno nel contesto eu-ropeo. Contrariamente a quan-to avvenuto in Italia, a livellocontinentale si è avuto un si-gnificativo processo di conver-genza.In questo periodo sono cre-

sciute assai piú dellamedia eu-ropea sia le economie dei nuo-vi Stati membri sia delle altreregioni in ritardo di sviluppo.Con riferimento alla prima

parte degli anni Duemila, sia-mo in presenza di tassi di cre-scita del prodotto interno lor-do di oltre il 5% nei nuovi Sta-ti membri, di circa il 4% nelleregioni in ritardo di sviluppo,di appena lo 0,4% nel Mezzo-giorno.Se confrontiamo la dinami-

ca del prodotto interno lordopro capite del nostro Mezzo-giorno con quella dei Paesi de-boli dell’Unione Europea al-largata nel periodo 2000-2007emerge un quadro sconsolante.Il tasso di crescita dell’eco-

nomia meridionale è stato in-feriore di tre volte a quello del-la Spagna, di quattro volte aquello dell’Irlanda, di cinquevolte a quello della Grecia.Nel corso degli ultimi sette

anni (2000-2007) il prodottoper abitante della Spagna hasuperato il livello medio euro-peo ed èmaggiore di oltre tren-ta volte rispetto a quello delMezzogiorno.Anche la Grecia ha superato

il nostro Sud e, tra i Paesi nuo-vi membri, nel 2006, Slovenia,Ungheria, Estonia e Repubbli-ca Ceca hanno raggiunto il li-vello di sviluppo del Mezzo-giorno.Preoccupanti appaiono gli ul-

timi dati sui tassi di disoccu-pazione.A livello Italia, il tasso di di-

soccupazione sale, dopo diver-si anni di discesa, dal 6,4% al7,1% tra il 2007 e il 2008.Nel Centro-Nord la risalita è

contenuta: dal 4,3% al 4,6%.Nel Mezzogiorno il salto è in-vece dall’11,4% al 13%.All’interno delle Regioni del

Sud, il mercato del lavoro nel2008, rispetto all’anno prece-dente, mostra segnali di tenutainAbruzzo, inMolise e, sia pu-re in misura minore, in Basili-cata e in Calabria.Le performance peggiori si

registrano in Campania e in Si-cilia. Notevoli contraccolpi hasubíto anche la Puglia.Assistiamo, in definitiva, a

una profonda modificazionegeo-economica dell’Europa chevede il nostro Sud in grandedifficoltà, schiacciato dallamor-sa competitiva, da una parte,dei Paesi di nuovo ingresso nel-l’Unione Europea e, dall’altra,delle aree economiche mon-

PARTE PRIMA - TEMI GENERALI

ATTIVITA’ NUOVI MODELLIDI SVILUPPO

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La solidarietà senzala sussidiarietà generaassistenzialismo,burocrazia,appiattimento,mortificazionedella creatività.In modo opposto,la sussidiarietà senzala solidarietà portaall’esasperazionedegli egoismi localisticiche compromettonol’unità e la coesionedel Paese

care in due o piú parti l’Italia,ha bisogno di essere coniuga-to mantenendo l’equilibrio trail valore della solidarietà e quel-lo della sussidiarietà.La solidarietà senza la sussi-

diarietà genera assistenziali-smo, burocrazia, appiattimen-to, mortificazione della creati-vità.In modo opposto, la sussi-

diarietà senza la solidarietà por-ta all’esasperazione degli egoi-smi localistici che compro-mettono l’unità e la coesione delPaese.Il Mezzogiorno deve espri-

mere al massimo livello il suospirito di iniziativa e di creati-vità, sapendo che il suo futuroper essere solido e duraturo habisogno, prima di tutto, dell’a-zione lungimirante e responsa-bile degli uomini migliori delSud, e ce ne sono tanti.Acquista in questomodo pie-

no significato l’affermazionedi Don Sturzo nel suo discor-so a Napoli del 18 gennaio1923: “Il Mezzogiorno salvi ilMezzogiorno!”.Noi, come UCID, abbiamo

toccato conmano la grande po-tenzialità di capitale umano delSud, a tutti i livelli, durante l’a-zione di sviluppo nel meridio-ne della nostra associazionecompiuta negli ultimi due an-ni.I giovani del Sud sono di

grande qualità sul piano dellapreparazione e della soliditàmorale.Alcune nuove Sezioni del-

l’UCID, costituite nel meri-dione, sono in larga parte com-poste da giovani. E sappiamo

che la qualità del capitale uma-no, formato ai piú alti livelli, èla migliore garanzia per co-niugare positivamente le gran-di potenzialità offerte dal pro-gresso tecnico con lo svilup-po. Purtroppo, come è noto,molti giovani validissimi chesi sono laureati nelleUniversitàdel Sud, emigrano alNord e al-l’estero dove si inseriscono nelmondo del lavoro, raggiun-gendo spesso livelli molto ele-vati.Da una recente indagine del-

l’UCID, condotta sui laureatidell’Università della Basilica-ta nell’ultimo triennio, finaliz-zata a un nostro progetto su“Microfinanza e giovani im-prenditori nel Mezzogiorno”,risulta che su 100 laureati, inlarga misura in materie scien-tifiche, 30 rimangono nella Re-gione, 60 trovano lavoro alNord e 10 all’estero.Il Sud si priva in questo mo-

do delle risorse umane miglio-ri (brain drain) per il suo svi-luppo, dopo avere investitomassicciamente per l’istruzio-ne universitaria dei suoi giova-ni, spesso con grandi sacrificida parte delle famiglie.Per frenare questo esodo dei

giovani laureati, che condizio-na pesantemente le possibilitàdi sviluppo solido e duraturo delSud, potrebbero essere estesigli incentivi previsti dall’arti-colo 17 del decreto legge anti-crisi 185 del 2008 per il rien-tro in Italia di ricercatori scien-tifici residenti all’estero ai ri-cercatori scientifici nati nel Sudche dalle Regioni del Centro-Nord dell’Italia scelgano di

diali con grande sviluppo comela Cina e l’India.Il deludente risultato del Sud

in termini di crescita, soprattuttonei confronti con le altre areeeuropee in ritardo di sviluppo,è avvenuto in questi ultimi an-ni in presenza di un consisten-te flusso di risorse comunitariea favore dell’area.

MEZZOGIORNO E FEDERALISMO

Il federalismo costituisce unodei capitoli piú delicati per il fu-turo del Mezzogiorno.Dal modo in cui esso verrà

realizzato dipende l’unità e lacoesione del nostro Paese.Il federalismo, per non spac-

ATTIVITA’PARTE PRIMA - TEMI GENERALI

NUOVI MODELLIDI SVILUPPO

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Le parole pronunciaterecentemente da

Benedetto XVI a Cagliari,per un rinnovato

impegno dei laici cristiani,riassumono perfettamenteil pensiero di don Sturzo

per il riscatto delMezzogiorno:

«una nuova generazionedi laici cristiani

impegnati … capacidi evangelizzare

il mondo del lavoro,dell’economia

e della politica»

rientrare nella loro terra.Tale provvedimento potreb-

be essere rafforzato per soste-nere la nascita di microimpre-se da parte dei giovani che ri-tornano nella loro terra per ini-ziare un’attività imprenditoria-le, prevedendo una riserva a fa-vore delle operazioni di mi-crocredito garantite, controga-rantite o cogarantite dal Fondocentrale di garanzia per le pic-cole e medie imprese e per leimprese artigiane ai sensi del-l’articolo 15 della legge 7 ago-sto 1997.Tale riserva, da applicare al

limite massimo dei fondi pre-visti dal comma 1 dell’artico-lo 11 del decreto legge anti-cri-si n. 185 del 2008, potrebbeprevedere anche condizioniagevolate in termini di tassi diinteresse e di durata delle ope-razioni di microcredito a so-stegno della nascita di nuoveimprese (start up) condotte dalaureati del Sud.E veniamo al tema delicato

dell’accesso al credito nelMez-zogiorno (2).Un tempo il Mezzogiorno

possedeva un suo solido siste-ma bancario, sia nel breve chenel medio e lungo termine peril sostegno degli investimenti.Oggi non è piú cosí e la testadel sistema bancario che ope-ra nel Sud sta in larghissimamisura al di fuori, con una per-dita dei valori fondamentali diprossimità con il territorio econ i fattori che stanno alla ba-se del suo sviluppo.La situazione è ulteriormen-

te aggravata dall’attuale crisiche determina un forte razio-

namento del credito che colpi-sce soprattutto le piccole eme-die imprese e il Mezzogiorno.In tali condizioni, l’area del-

la illegalità trova nel Sud il suoterreno piú favorevole perespandersi, riducendo gli spa-zi di quella legale.Il recente provvedimento an-

ti-crisi del Governo, prima ci-tato, tenta di fronteggiare que-sta situazione, stabilendo del-le condizioni per limitare glieffetti del razionamento del cre-dito alle piccole e medie im-prese e alle famiglie da partedelle banche che beneficianodella sottoscrizione di obbli-gazioni bancarie da parte delTesoro.Si tratta del protocollo d’in-

tesa sottoscritto dalle banchebeneficiarie con il Ministerodel Tesoro, dell’adozione daparte degli emittenti di un co-dice etico, dell’istituzione pres-so le Prefetture di un osserva-torio per il monitoraggio deiflussi creditizi delle banche di-saggregati per regione e setto-re economico.Ma il Mezzogiorno ha biso-

gno di misure di ben piú am-pia portata per garantire un ade-guato accesso al credito, so-prattutto a medio e lungo ter-mine per il sostegno dei pro-cessi di accumulazione e svi-luppo.

LE IDEE DI DON STURZO PERIL RISCATTO DELMEZZOGIORNO

Credo che le parole pronun-ciate recentemente da Bene-detto XVI a Cagliari, per unrinnovato impegno dei laici cri-stiani, riassumano perfetta-

mente il pensiero di don Stur-zo per il riscatto del Mezzo-giorno: «una nuova generazio-ne di laici cristiani impegnati…capaci di evangelizzare il mon-do del lavoro, dell’economia edella politica».Occorre assolutamente libe-

rare il Mezzogiorno da tre ma-lebestie, come le definiva donSturzo: lo statalismo, l’illega-lità (malapolitica) e lamalabu-rocrazia.La Giustizia deve fare per

questo la sua parte nel Sud.Essa costituisce il nodo irri-

solto nei rapporti di equilibrioche dovrebbero esistere tra i trepoteri previsti dalla nostra Co-

PARTE PRIMA - TEMI GENERALI

ATTIVITA’ NUOVI MODELLIDI SVILUPPO

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Cardinale Ratzinger nella Con-ferenza citata del 1985, di «unatteggiamento etico, il quale asua volta può emergere e con-servarsi solo per mezzo di for-ti convinzioni religiose».I cattolici liberali sono per-

tanto, secondo l’alto insegna-mento di don Sturzo, cristianiper fede e non solo per cultu-ra, perché il solo atteggiamen-to etico è insufficiente a crea-re il bene comune (4).Desidero concludere il mio

intervento citando un punto delrecente messaggio del SantoPadre Benedetto XVI in occa-sione della la celebrazione del-la Giornata mondiale della pa-ce del 1° gennaio 2009.Esso riveste grande impor-

tanza per il ruolo degli im-prenditori e dei dirigenti cri-stiani per un nuovo modello disviluppo per il bene comune:«Investire nella formazione del-le persone e sviluppare in mo-do integrato una specifica cul-tura dell’iniziativa sembra at-tualmente il vero progetto ame-dio e lungo termine».Questo vale in modo parti-

colare per la costruzione di unfuturo migliore per il nostroMezzogiorno.

1) Intervento del Presidente An-gelo Ferro tenuto al Convegno “IlMezzogiorno salvi ilMezzogiorno”dallo statalismoalla sussidiarietà”,(Napoli 16-17 gennaio 2009).2) Ci si chiede se il federalismofiscale (fondo di perequazione, siapure applicato in modo efficiente

NUOVI MODELLIDI SVILUPPO PARTE PRIMA - TEMI GENERALI

ATTIVITA’

stituzione: legislativo, esecuti-vo, giudiziario, come sottoli-neava don Sturzo nel 1950.Il mal funzionamento della

giustizia pesa non solo sul tas-so di democrazia nel nostroPaese, ma, nel contempo, con-diziona pesantemente la com-petitività del nostro sistema eco-nomico a causa dei suoi costi,sproporzionalmente elevati ri-spetto ai principali Paesi del-l’Unione Europea.Tutto questo significa ripor-

tare il tasso di legalità al Sud aldi sopra di quella soglia che èindispensabile per riaccenderela propensione a investire nel-le aree meridionali, sia da par-

te degli imprenditori del Sudche di quelli esterni.Sul piano generale, per il ri-

scatto del Sud occorre puntaresu tre pilastri su cui don Stur-zo insisteva spesso: la famiglia,la scuola, la formazione pro-fessionale.Mi piace per questo ricorda-

re unmonito di don Sturzo cheleggiamo in un suo contributodel 1947 sulla libertà della scuo-la: «Gli italiani non saranno li-beri finché la scuola non saràlibera. Solo una scuola liberapuò creare uomini nuovi capa-ci di costruire “res novae” perun nuovo modello di sviluppoper il bene comune di tutto ilPaese» (3).Don Sturzo è certamente l’a-

nima del cattolicesimo libera-le, sulla scia dei nostri grandipensatori dell’Ottocento e, inparticolare, di Antonio Rosmi-ni.La centralità dell’uomo con

i suoi valori di libertà e di di-gnità costituisce certamente lagrande forza che accomuna l’e-tica cristiana e l’etica liberale.Il discorso cambia quando si

passa dalla persona umana alconsesso della società e dei po-poli nelle loro relazioni per lacostruzione del bene comune.Il bene utile del pensiero li-

berale che persegue il singoloindividuo non porta meccani-camente al bene comune, per-ché manca nel pensiero libera-le quello che invece possiede lafede cristiana: l’incontro e ilrapporto di Dio con l’uomo,fatto a sua immagine e somi-glianza.Si tratta, come affermava il

«Gli italianinon saranno liberi- scriveva don Sturzonel 1947 - finchéla scuolanon sarà libera.Solo una scuola liberapuò creare uomini nuovicapaci di costruire“res novae”per un nuovo modellodi sviluppoper il bene comunedi tutto il Paese»

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ATTIVITA’ NUOVI MODELLIDI SVILUPPOPARTE PRIMA - TEMI GENERALI

coefficiente di correlazione linearetra i tassi di variazione annua su ba-se trimestrale dell’occupazione deilaureati e quelli dei diplomati è ri-sultato pari a - 0,76. Naturalmentequesti dati vanno letti alla luce delcambiamento tecnologico in cui sia-mo immersi e che privilegia, ai finioccupazionali, ma anche a quellidella creazioned’impresanei settoridella conoscenza, le persone prov-viste di istruzione ai piú alti livellie di titoli di specializzazione in li-nea con le esigenze di una econo-mia e di una società in forte tra-sformazione strutturale. Emerge, indefinitiva, il ruolo strategico del ca-pitale umano per coniugare positi-vamente le possibilità offerte dalprogresso scientifico e tecnico conlo sviluppo. Gli sviluppi degli ulti-mi anni dei modelli di crescita en-dogena mettono in evidenza il ruo-lo strategico del capitale umano neimodelli di sviluppo(sivedaadesem-pio Romer), riconoscendo quelloche la Dottrina Sociale della Chie-sa va affermando almeno da un se-colo: la centralitàdellapersonauma-naneiprocessidi sviluppo, con i suoivalori di libertà, responsabilità, di-gnità, creatività.4) Siveda, aquesto riguardo, il re-cente librodiMarcelloPera,Perchédobbiamo dirci cristiani, Monda-tori, 2008.

sereveramentenotevole, tenutopre-sente che leRegioni ricchedelNordpossono diventare azioniste impor-tanti della Banca; inoltre, si posso-no fare confluire nella Banca tutti ifondi strutturali europei destinati al-le aree dell’obiettivo in ritardo disviluppo; la potenzialità finanziariadella BIRSS è notevole in terminidi possibilità di emissione di obbli-gazioni a lungo termine da colloca-re sia presso le banche che presso irisparmiatori. Per le grandi opereper favorire lo sviluppo delMezzo-giorno, si può fare naturalmente ri-corso alproject financing, grazie al-la presenza di una grande banca disviluppocome laBIRSSchepuòof-frire ampie garanzie.3) L’evidenza empirica riguar-dante il mercato del lavoro italianoappare coerente con gli effetti posi-tivi che l’istruzione ai piú alti livel-li esercita sull’occupazione. Infatti,nell’ultimo triennio (2005-2008) iltasso medio annuo di crescita del-l’occupazione dei laureati è statosuperiore al 6% (coefficiente di va-riazione pari al 18,2%), contro il2,4% dei diplomati (63%) e il - 8%circa delle persone provviste di li-cenza elementare (-36%). Non so-lo i laureati beneficiano di un tassodicrescitadell’occupazionecheèpiúche doppio di quello dei diplomati,ma anche di una variabilità e quin-di di un rischiominore in termini diopportunità di inserimento nelmer-catodel lavoro.Ciòèevidenziatodalcoefficiente di variazione (rapportotra scartoquadraticomedioemedia)del tasso di crescita dell’occupa-zione dei laureati che è circa unquarto di quello dei diplomati e lametà del coefficiente di variazionedelle persone con licenza elemen-tare. Nel triennio considerato, il

non sulla base delle spese storichemadei costi standard) costituisca lastrada migliore per superare il dua-lismo economico e sociale tra ilNord e il Mezzogiorno, fermo re-stando il principio della nostra Co-stituzione riguardante il doveredi so-lidarietà tra la parte piú sviluppataequella in ritardodi sviluppodelno-stro Paese, per accresce la coesionee lo sviluppo complessivi (princípisu cui si fonda l’Unione Europea).Dopo il venir meno del disegno dilegge delega in materia di federali-smo fiscale con la caduta del Go-verno Prodi, i dubbi e le perplessitàsulla strada migliore da seguire so-nocresciutimolto anchedapartedeimeridionalisti piú responsabili. Ilfederalismo fiscale (fondo di pere-quazione tra Regioni ricche e re-gioni povere) non solo non è gradi-to alle Regioni del Nord che vo-gliono mantenere sul territorio unabuona parte del gettito fiscale dicompetenza regionale,masonosem-pre di piú quelli, compresi i meri-dionalisti illuminati, che ritengonoche il federalismo fiscale non sia laviamigliore per ridurre il dualismoeconomico e sociale. La via mi-gliore per superare il dualismo po-trebbeessere rappresentata dalla co-stituzione, comegiàproposto inmo-do autorevole, di una Banca Italia-na per la Ricostruzione e lo Svilup-podelSud (BIRSS).Questaviapre-senta, rispetto al federalismo fisca-le, numerosi vantaggi: a) sul pianostorico si restituisce al Sud un sog-getto bancario importante dopo lacrisi e l’acquisizione dei due prin-cipali Banchi Meridionali; b) sulpianodella selezionedelmerito eco-nomico e finanziario dei progetti, sihanno maggiori garanzie; c) la for-za finanziaria della BIRSS può es-

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di Antonio BertaniPresidente del GruppoRegionale UCID Lazio (*)

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UCIDE SVILUPPO

ECONOMICO

Occorre adoperarsiper diffondere,nelle coscienze,l’affermazionedi quei princípiche costruisconoil bene comune

Iltemadello sviluppo econo-mico risulta di particolare at-tualità in questo periodo in

cui si sta attraversando una fasestorica di grave e pericolosa re-cessione.Il tema dello sviluppo, nel

passato, è stato trattato inprofon-dità da vari economisti di livel-lo mondiale ed è stato al centrodel dibattito politico italiano ne-gli anni Settanta.Successivamente, in questi ul-

timi due decenni, ha preso il so-pravvento l’attenzione ai pro-blemi relativi alla società post-industriale, alla globalizzazionee alla finanziarizzazione dell’e-conomia equesto fino allo scop-pio della attuale crisi. Ed è pro-prio da questa che vorrei parti-re per introdurre il tema in og-getto del convegno di oggi.Innanzitutto voglio osservare

che, con il termine crisi, non in-tendo un fenomeno ciclico altermine del quale si ristabiliscesostanzialmente la situazione

precedente, ma mi riferisco auna frattura col passato.È stato autorevolmente detto

che al termine di questa crisinulla sarà piú come prima.In altri termini ci troviamo a

vivere un cambiamento epoca-le, il passaggio dalla società in-dustriale aquellapost-industrialele cui caratteristiche ci sonoignote perché ignoto è il futuro,ma sulle quali dobbiamo re-sponsabilmente interrogarci gui-dati dalla speranza, virtú tipicadel cristiano.L’attuale crisi, anche se ri-

guarda un’unica realtà, deve es-sere distinta in quattro crisi au-tonome anche se evidentemen-te collegate, salvo affrontare al-tri aspetti piú complessi di na-tura etica (e cioè relativi ai va-lori fondanti la società) emorali(cioè attinenti ai comportamen-ti degli individui).La prima crisi, nata e preva-

lentemente ubicata negli StatiUniti, è la crisi del settore im-mobiliare, settore che rivestegrande importanza sia con ri-guardo al contributo che il set-tore dà alla formazione del red-dito nazionale, occupando di-rettamente e attraverso l’indot-to un gran numero di lavorato-ri, sia perché costituisce parte ri-levante del patrimonio delle im-prese e delle famiglie.Inoltre, in questi ultimi anni,

una progressiva speculazionesui prezzi negli Stati Uniti haspinto l’attività nel settore finoallo scoppio della bolla specu-lativa.Ad aggravare le conseguenze

della crisi immobiliare vi è sta-to un perverso meccanismo fi-

PARTE PRIMA

TEMI GENERALI

La crisi che stiamo attraversando costituisce una frattura con il pas-sato, si tratta di un’unica realtà distinta però in quattro sottocrisi: im-mobiliare, finanziaria, economica, di bilancio. Nell’intento di superarequesta difficile situazione occorre investire nell’istruzione, soprattutto inquella morale, per promuovere quello che rappresenta il fattore deter-minante dello sviluppo economico: la difesa della dignità e la valorizza-zione della persona umana.

The crisis, we are living, represents a break with the past, it is asingle reality, but divided in four separate subcrisis: real-estate, finan-cial, economic, budgetary. In order to overcome this difficult situationwe need to invest in education, especially in the moral one, in order topromote what is the key of the economic development: the defence ofthe dignity and the enhancement of the human person.

CRISI FINANZIARIAINTERNAZIONALE

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Interrogarsi oggisul tema dello sviluppo

economico puòessere di aiutoper individuarele migliori linee

di indirizzo di politicaeconomica in gradodi condurci fuori

da questa pericolosasituazione

nanziario che ha fatto circolaretitoli di debito rappresentatividi crediti garantiti da immobilivalutati a prezzi gonfiati dallaspeculazione. Lo scoppio dellacrisi immobiliare ha quindi an-che infettato e generato incer-tezze e sfiducia in tutti i por-tafogli delle istituzioni finan-ziarie che, in misura maggioreo minore, detenevano tali titolicompromettendo la solvibilitàdi molti operatori.La seconda crisi è di natura fi-

nanziaria; sia in dipendenza cheindipendentemente dalla crisiimmobiliare, le banche e le al-tre istituzioni finanziarie, negliultimi due decenni, in tutto ilmondo si sono dedicate a emet-tere, collocare e intermediare ti-toli dei piú svariati tipi: fondimobiliari, fondi immobiliari, de-rivati, fondi Edge, ETF, bond,fondi di fondi, ecc.., creando intalmodoun’enormemassa di li-quidità non controllata né rile-vata, tanto che oggi si ignoraquale sia il suo reale ammonta-re. Le autorità monetarie, i go-verni e le istituzioni internazio-nali hanno, di fatto, rinunciatoa esercitare la loro tradizionalefunzione di controllo della li-quidità, ritenendo erroneamen-te che ancheper lamoneta le for-ze del mercato fossero in gradodimantenere l’equilibrio.Vape-raltro rilevato che, in realtà, lacreazione di questa ricchezzaartificiale ha fatto comodo a tut-ti e in effetti tutti ne hanno be-neficiato dando stabilità agli as-setti politici. Ora però si pone ilproblema di scegliere se ridur-re i volumi, con il pericolo del-la deflazione, omantenere e ga-

rantire la circolazione di tali ti-toli dietro i quali non vi è statala creazione di una corrispon-dente ricchezza reale.La terza crisi è di carattere

economico e, in quanto tale, ci-clico. Dall’inizio di quest’annogli StatiUniti, l’Europa edi con-seguenza gran parte del restodel mondo, dopo anni di cre-scita economica, hanno inizia-to un periodo di flessione: i Pae-si industriali daun latohanno ral-lentato i consumi e quindi laproduzione. Di conseguenza,dall’altro lato, i Paesi produtto-ri di materie prime hanno vistodiminuire i prezzi e le quantitàrichieste di tali materie.La quarta crisi riguarda i bi-

lanci degli Stati: l’Islanda, l’Un-gheria e altri Paesi dell’Europacentrale e orientale già nella sfe-ra dell’Unione delle Repubbli-che Socialiste Sovietiche, l’Ar-gentina, il Pakistan ealtri Paesihanno problemi di bilancio del-lo Stato tali da comprometter-ne la solvibilità.Ciascunadi queste quattro cri-

si è indipendente,ma nello stes-so tempo ciascuna risente deglieffetti delle altre e la soluzionedi ciascuna di queste crisi devetener conto delle altre: la realtàè una e non può essere seg-mentata.Da questo breve quadro del-

l’attuale situazione risulta evi-dente che il superamentodi que-sta fase non sarà breve, sarà dif-ficile e comunque soggetto agravi rischi anche politici e so-ciali. È per questo che trovopar-ticolarmente tempestiva la scel-ta del tema di oggi poiché perparlare concretamente e non

astrattamente di sviluppo eco-nomico, non si può prescinde-re dalla situazione in cui ci tro-viamo e dai suoi, per quantopossibile, prevedibili effetti.Interrogarsi oggi sul temadel-

lo sviluppoeconomicopuò,d’al-tro canto, essere di aiuto per in-dividuare lemigliori linee di in-dirizzo di politica economica ingrado di condurci fuori da que-sta pericolosa situazione.Gli economisti, nei primi de-

cenni del secolo scorso, si sonodedicati in profondità a costrui-re una dottrina dello sviluppoeconomico, intendendo per svi-luppoeconomico il passaggiodaun’economia tradizionale basa-

PARTE PRIMA - TEMI GENERALI

CRISI FINANZIARIAINTERNAZIONALE

ATTIVITA’

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CRISI FINANZIARIAINTERNAZIONALE PARTE PRIMA - TEMI GENERALI

ATTIVITA’

ta sull’agricoltura, sull’alleva-mento, sulla caccia, sulla pesca,sullo sfruttamento di giacimen-ti e sul commercio, a un’eco-nomia industriale.Tale fenomeno è iniziato alla

fine del Settecento in Inghilter-ra con la rivoluzione industria-le e si è diffuso successivamen-te nei cosiddetti Paesi indu-strializzati. In Italia esso è av-venuto alla fine dell’Ottocento.Successivamente, in particola-re nel secondo dopoguerra, lateoria economica si è dedicataal tema, in riferimento alla pos-sibilità di avviare lo sviluppoeconomiconei Paesi ancora nonsviluppati.

vece riferito ai Paesi, come ilnostro, già industrializzati.È con gli studi di Keynes, ef-

fettuati sullabasedell’esperienzadella grande crisi del ‘29, che siha la prima teorizzazione dellapossibilità che un sistema eco-nomico possa evolversi al tassonecessario ad assicurare la pie-na utilizzazione delle risorse.In condizionidi liberomercato

il sistema trova un equilibriosenza però occupare pienamen-te i fattori produttivi, in parti-colare, la presenza di un tassodi disoccupazione rappresentauno spreco e un freno allo svi-luppo, salvo altre evidenti con-siderazioni di carattere sociale.La moderna teoria dello svi-

luppo si fonda sulla possibilitàdi accrescere il prodotto nazio-nale attraversounmiglioramentodella qualità del capitale uma-no, realizzabile solo dopo averrimosso i fattori tipici della po-vertà.Agendo sul rafforzamentodel

capitale umano disponibile esulla sua capacità di acquisirenuove conoscenze, la forza la-voro può accedere a tecnologiesempre piú avanzate rispetto aquelle di partenza, favorendounaumentodellaproduttivitàdel la-voro e di quella globale. Perconsentire l’accesso alle tecno-logie piú progredite e, quindi,permettere l’avvio di un pro-cesso di sviluppo endogeno conritmi esponenziali di crescita, ènecessario effettuare prelimi-narmente investimenti nel mi-glioramentodel capitale umano.Crescendo la qualità del ca-

pitale umano, aumenta sia laproduttività, e quindi il suo con-

La teoria economica, in so-stanza e in estrema sintesi, ha in-dividuato tre variabili atte a pro-muovere lo sviluppo economi-co: la quantità di risparmio, ecioè il capitale che si accumu-la, la crescita demografica del-la popolazione e il progressotecnico. In riferimento alla va-riabile “popolazione” l’atten-zione degli economisti si è spo-stata dall’aspetto quantitativoall’aspetto qualitativo, incen-trando l’attenzione sulla pro-duttività del singolo individuo esul ritorno degli investimenti ef-fettuati in istruzione e valoriz-zazione del capitale umano.Negli anniNovanta l’interes-

se degli studiosi si è quindi spo-stato da un ciclo virtuoso, stret-tamente quantitativo di crea-zione del reddito, a un ciclo vir-tuoso sostenuto da variabili noneconomiche quali la liberazio-ne dai bisogni primari, la crea-zione di infrastrutture e di ser-vizi sociali, l’istruzione, la li-bertà e l’autodeterminazione, latutela della proprietà e l’identitàculturale enazionale consideratecondizioni necessarie al fine dipromuovere e sostenere lo svi-luppo. Solo negli anni Novantaquindi, gli studiosi sono perve-nuti a sostenere quello che laDottrina Sociale della Chiesaha sempre sostenuto: il fattoredeterminantedello sviluppoeco-nomico è la difesa della dignitàe la valorizzazione della perso-na umana.Mentre il tema dello svilup-

po economico è stato affronta-to con riguardo ai problemi deiPaesi non sviluppati, il temadel-la crescita economica viene in-

La teoria economica,in sostanzae in estrema sintesi,ha individuatotre variabili attea promuoverelo sviluppo economico:la quantità di risparmio,e cioè il capitaleche si accumula,la crescita demograficadella popolazionee il progresso tecnico

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Page 21: UCID Letter n°1 - 2009

no la crescita, esse generanonuove entrate fiscali.In conclusione se l’Italia vuo-

le avere un futuro di crescita, enon solo economica, sostenibi-le, lo Stato, e piú in generale ilsettore pubblico, deve rinuncia-re a svolgere attività che nongenerano ricchezza e che gra-vano i cittadini di oneri impro-pri, scegliendo di investire prio-ritariamente in istruzione: istru-zione morale, istruzione cultu-rale e istruzione tecnica.Cito queste tre forme di istru-

zione in ordine di importanza:è evidente che la formazionemorale viene prima di ogni al-tra, in quanto attiene alla indi-viduazione e alla applicazionedei princípi fondamentali dellaconvivenza umana.Mi spiace rilevare che, negli

incontri in corso dei soggettipreposti a trovare soluzioni al-la attuale crisi mondiale, nullasi dica inmerito ai princípi mo-rali, nonostante il mancato ri-spetto di questi sia stato una cau-sa non secondaria dell’attualesituazione di difficoltà.È quindi particolarmente im-

portante che l’UCID sia messain grado e si adoperi per diffon-dere, nelle coscienze, la consa-pevolezza che l’affermazione diquei princípi rivolti al bene co-mune, in cui crediamoe in cui ciriconosciamo,costituisconocon-dizione necessaria per il perse-guimento di uno sviluppo soste-nibile della nostra società.

(*) Intervento tenuto alConvegno“UCIDesviluppoeconomico”,Ab-baziaCasamari, 16novembre2008.

CRISI FINANZIARIAINTERNAZIONALE

ATTIVITA’PARTE PRIMA - TEMI GENERALI

ne comune” documento al qua-le intendo qui riferirmi.Tale proposta individua in-

nanzitutto i necessari interven-ti da effettuare sul piano politi-co-istituzionale al fine di con-sentire al potere politico unareale ed efficiente governabi-lità, che da troppo tempo man-ca, governabilità da esercitareall’insegna della sussidiarietà:la famiglia e non lo Stato devecostituire la struttura fonda-mentale della società e l’inizia-tiva dei privati, non dello Statoodegli enti locali, deve costituirela linfa vitale dell’economia.Lo Stato deve dedicarsi al ri-

sanamento dei conti pubblici eall’alleggerimento delle tasse edei mille balzelli che gravanosulle imprese e sulle famiglie. Inparticolare, la burocrazia rap-presenta un ostacolo micidialealla crescita del Paese, limita lepotenzialità di sviluppo delleaziende ed è il principale moti-vo di non attrazione di investi-menti esteri in Italia.La moltiplicazione e la stra-

tificazione delle leggi, le lorointerpretazioni variegate e alea-torie, la lunghezza delle rispo-ste della pubblica amministra-zione e della giustizia civile sco-raggiano gli investimenti sia in-terni che esteri e riducono diconseguenza la crescita econo-mica. La burocrazia inefficien-te produce danni gravissimi, inparticolare per le piccole azien-de, perché sottrae all’attivitàd’impresa la risorsa piú impor-tante: il tempo dell’imprendito-re. Si possono proporre riformea costo zero per i conti pubbli-ci; anzi, poiché queste rilancia-

tributo alla crescita della pro-duzione e del reddito, sia la ca-pacità di accumulazione, la qua-le a suavolta genera effetti ester-ni in larga parte non prevedibi-li. Tutto ciòmette in attouno svi-luppo accelerato che, partendoda un iniziale investimento incapitale umano, alimenta unmeccanismo autopropulsivo diaccumulazione di capitale siaumano che monetario assicu-rando una crescita economica arendimenti di scala crescenti.È perciò necessario che gli

individui e le famiglie si impe-gnino a investire, e non solomo-netariamente, in istruzione e chelo Stato eserciti la scelta di con-centrare i propri sforzi verso in-terventi atti a migliorare la do-tazione di capitale umano, pre-ferendoli a interventi di tipo con-venzionale comequelli rivolti al-la creazione di attività imme-diatamente produttive.Uno dei principalimeriti del-

la attuale teoria economica èquello di aver dimostrato che ilveromotore dello sviluppo, an-che nelle realtà depresse, puòessere individuato negli inve-stimenti in miglioramento delcapitale umano, unici in gradodi mettere in moto rendimenticrescenti di scala. In riferimen-to al problemadella crescita eco-nomica del nostro Paese dob-biamopurtroppo rilevare che datroppo tempo l’Italia cresce po-co in proporzione alle poten-zialità e ai bisogni del Paese.Il tema è stato recentemente

trattato, nelmesedimarzo2008,dalla Confindustria che ha pro-dotto una sua proposta su “Lacrescita economica verso il be-

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DOTTRINA SOCIALEDELLA CHIESA

Sviluppo, solidarietà, sussidiarietà e bene comune sono i quattrocapisaldi su cui si basa l’insegnamento sociale della Chiesa. Sviluppo daintendere non solo come crescita economica ma come sviluppo com-plessivo dell’uomo con i suoi valori di libertà, responsabilità e dignità.Occorre ricercare insieme il valore dell’efficienza e quello dell’equità, ilvalore dello sviluppo e quello della solidarietà per la costruzione del be-ne comune.

Development, solidarity, subsidiarity and Common Good are thefour basis of the Church’s Social Doctrine. The development should beconsidered not only as economic growth, but as the total man’s deve-lopment with its values of freedom, responsibility and dignity. We haveto pursue, at the same time, the value of efficiency and equity, the va-lue of development and solidarity to build the Common Good.

di Giovanni ScanagattaSegretarioGenerale UCID (*)

TEMI GENERALI

PARTE PRIMA

tribuisce alla vera liberazione».Abbiamo bisogno, in defini-

tiva, di una teoria generale del-lo sviluppo, al cui centro si col-loca l’uomo con i suoi valori dilibertà, responsabilità, dignità,creatività.In questo intervento, dedica-

to alla visione dello svilupponella Dottrina sociale dellaChiesa, non affronterò le de-terminanti dello sviluppo eco-nomico che possiamo riassu-me in tre linee di pensiero. Laprima riguarda la distribuzionedel reddito tra i fattori dellaproduzione (Marx); la secondadeterminante riguarda la do-manda effettiva (Keynes); laterza, il ruolo del progressoscientifico e tecnico comemo-tore dello sviluppo economico(Schumpeter).Cercherò invece di analizza-

re lo sviluppo dal punto di vi-sta della Dottrina sociale dellaChiesa, come fenomeno mul-tidimensionale che dipende nonsolo da fattori economici, maanche storici, culturali, politi-ci, demografici, etici e religio-si. Parliamo quindi in genera-le di sviluppo, senza qualifi-carne in via esclusiva la di-mensione economica.Questa chiave di lettura ten-

de pertanto a evitare i rischiche metteva in evidenza Gio-vanni Paolo II, nell’enciclicasociale Laborem Exercens del1981, cioè i rischi dell’econo-mismo e del riduzionismo eco-nomico (relativismo etico).La cultura cristiana è cultu-

ra dello sviluppo, che si con-trappone alla teoria della “de-crescita felice” portata avanti da

LE MOLTEPLICIDIMENSIONI

DELLO SVILUPPO

Se lo svilupponon è accompagnatodalla solidarietànon si hala creazionedel bene comune

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Losviluppo è un fenome-no complesso, econo-mico e meta-economi-

co. Gli economisti si occupa-no delle cause economiche del-lo sviluppo. Ma le sole causeeconomiche non consentono dicomprendere compiutamenteil fenomeno dello sviluppo, ra-gion per cui risulta necessario,per la sua analisi, il concorso dimolte discipline (storica, filo-sofica, giuridica, teologica, de-mografica, medica).Come affermaGiovanni Pao-

lo II, nell’enciclica SollicitudoRei Socialis del 1987, «uno svi-luppo soltanto economico nonè in grado di liberare l’uomo,anzi, al contrario, finisce conl’asservirlo sempre di piú. Unosviluppo, che non comprendale dimensioni culturali, tra-scendenti e religiose dell’uo-mo e della società nella misu-ra in cui non riconosce l’esi-stenza di tali dimensioni e nonorienta a esse i propri traguar-di e priorità, ancor meno con-

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DOTTRINA SOCIALEDELLA CHIESA

ATTIVITA’PARTE PRIMA - TEMI GENERALI

Questa visione delle radicidello sviluppo fondata sulla su-premazia e sulla centralità del-la persona umana, è ben trac-ciata al punto 42 dell’encicli-ca: «Se con “capitalismo” siindica un sistema economicoche riconosce il ruolo fonda-mentale e positivo dell’impre-sa, del mercato, della proprietàprivata e della conseguente re-sponsabilità per i mezzi di pro-duzione, della libera creativitàumana nel settore dell’econo-mia, la risposta è certamentepositiva, anche se forse sareb-be piú appropriato parlare di“economia d’impresa”. Ma secon “capitalismo” si intende un

la funzione sociale. Si respin-ge la visionemarxista della lot-ta tra classi sociali e si esalta-no i valori della collaborazio-ne e della solidarietà.La Quadragesimo Anno del

1931 esce all’indomani dellagrande crisi del 1929, in cui ilfunzionamento del sistema ca-pitalistico viene messo a duraprova.È in tale clima che si svilup-

pano le idee sulla necessità diinterventi dello Stato in eco-nomia, per risollevare i Paesidallo stato di profonda depres-sione che si era venuto a de-terminare.L’enciclica afferma il “prin-

cipio di sussidiarietà” comefondamento della libera inizia-tiva in campo economico: loStato deve intervenire solo incarenza di possibilità da partedei singoli individui e delle for-mazioni sociali.LaPopuloromProgressio del

1967 sottolinea la prospettivamondiale dello sviluppo tra ipopoli, anticipando gli effettidella globalizzazione e dellaprospettivamondiale dello svi-luppo per elevare il livello di vi-ta di tutti i popoli con la co-struzione del bene comune uni-versale.La Centesimus Annus del

1991 approfondisce il discorsodella prospettivamondiale del-lo sviluppo dei popoli e dellasolidarietà, affermando con for-za e in modo nuovo il ruolofondamentale dell’impresa edella libera iniziativa come fat-tori di creazione della ricchez-za per la costruzione del benecomune.

alcune recenti correnti di pen-siero.Sviluppo inteso, non solo co-

me crescita economica quanti-tativa della ricchezza prodotta,ma come sviluppo integrale del-l’uomo che deve rimanere alcentro dei processi di sviluppocon i suoi valori di libertà, re-sponsabilità e dignità.L’enciclica Sollicitudo Rei

Socialis del 1987 di GiovanniPaolo II introduce l’importan-te differenza tra progresso e svi-luppo affermando che «il verosviluppo non può limitarsi al-la moltiplicazione dei beni edei servizi, cioè a ciò che sipossiede, ma deve contribuirealla pienezza dell’essere del-l’uomo. In questo modo, si in-tende delineare con chiarezzala natura morale del vero svi-luppo». Possiamo allora co-struire un nuovo umanesimocristiano, dando un contenutomorale allo sviluppo per l’edi-ficazione del bene comune.Come ci ricorda Paolo VI

nella grande enciclica socialedel 1967, Populorum Progres-sio, lo sviluppo diventa in que-sto modo il “nuovo nome del-la pace”.LaRerumNovarum del 1891

nasce negli anni della prima ri-voluzione industriale e dellaconcezione liberale dello Sta-to e dell’economia. L’encicli-ca riserva particolare attenzio-ne alla condizione operaia e alconcetto di “giusto salario” pergarantire un tenore di vita ri-spettoso della dignità umana.Viene indicato nel diritto na-

turale il fondamento della pro-prietà privata, sottolineandone

Lo sviluppo non puòessere intesosolo come

crescita economicaquantitativa della

ricchezza prodotta,ma come sviluppo

integrale dell’uomoche deve rimanere

al centro dei processidi sviluppo con

i suoi valoridi libertà,

responsabilitàe dignità

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DOTTRINA SOCIALEDELLA CHIESA PARTE PRIMA - TEMI GENERALI

ATTIVITA’

sistema in cui la libertà nel set-tore dell’economia non è in-quadrata in un solido contestogiuridico che la metta al servi-zio della libertà umana inte-grale e la consideri una parti-colare dimensione di questa li-bertà, il cui centro è etico e re-ligioso, allora la risposta è de-cisamente negativa».Fa eco a questa profonda ana-

lisi la Sollicitudo Rei Socialisdel 1987 al punto 15 con rife-rimento alla mortificazione onegazione del diritto di inizia-tiva economica. «L’esperienzaci dimostra che la negazione diun tale diritto, o la sua limita-zione in nome di una pretesa

zione e la sola mobilità dei be-ni, nella spiegazione dei feno-meni di mondializzazione deimercati e della competizione.Alla luce delle nuove ten-

denze dell’economia mondia-le, diveniva sempre piú impor-tante aggiornare gli schemi dianalisi, inserendovi lamobilitàinternazionale di tutti i fattoridella produzione.Lamobilità dei capitali, cioè

la possibilità che i risparmi for-mati in determinati Paesi pos-sano essere investiti in altri,rende inadeguato il modello diHarrod sul tasso di sviluppogarantito del reddito, dato dalrapporto tra la propensioneme-dia al risparmio e il rapporto tracapitale e prodotto.Gli investimenti nei Paesi a

basso livello di reddito posso-no andare al di là della forma-zione interna del risparmio, gra-zie alla mobilità internaziona-le dei capitali (teorema di Feld-stein-Horioka).Si allenta, in questomodo, la

relazione tra propensione al-l’investimento e propensioneinterna al risparmio.Ciò conduce alla possibilità

di un tasso di crescita superio-re a quello risultante dal mo-dello di Harrod, grazie ai mo-vimenti internazionali di capi-tali.Possiamo affermare con si-

curezza che esiste un nesso si-gnificativo e crescente tra cre-scita media della ricchezza alivello mondiale e mobilità in-ternazionale dei beni, dei ser-vizi, dei fattori della produzio-ne, delle imprese.Crescono tuttavia le disu-

“eguaglianza” di tutti nella so-cietà riduce, o addirittura di-strugge di fatto lo spirito di ini-ziativa, cioè la soggettività crea-tiva del cittadino. Di conse-guenza, sorge un “livellamen-to in basso”. Al posto dell’ini-ziativa creativa, nasce la passi-vità, la dipendenza e la sotto-missione all’apparato burocra-tico».La crisi finanziaria interna-

zionale e delle banche che stia-mo vivendo, conferma ancorauna volta l’importanza della re-sponsabilità sociale dell’im-presa o,meglio, dal nostro pun-to di vista, della coscienza im-prenditoriale per la costruzio-ne del bene comune.Si sono rivelate fallaci le vi-

sioni della business ethics, fon-date sulle certificazioni e sul-l’adozione di strumenti senzaun autentico radicamento sulpiano etico, mentre acquistanotutta la loro forza di verità le vi-sioni fondate sull’etica dellaresponsabilità degli uomini e,nel nostro caso, sulla Dottrinasociale della Chiesa.

SVILUPPO E SOLIDARIETÀ

Solo negli anni piú recenti,l’analisi economica ha com-piuto uno sforzo nella direzio-ne dell’integrazione tra le teo-rie dello sviluppo e quelle de-gli scambi internazionali, cer-tamente sotto l’incalzare deiprocessi di globalizzazione.Si avvertiva lo stato di so-

stanziale inadeguatezza deiprincipali teoremi di teoria pu-ra del commercio, i quali pro-ponevano l’immobilità inter-nazionale dei fattori di produ-

La crisi finanziariainternazionalee delle bancheche stiamo vivendo,conferma ancorauna volta l’importanzadella responsabilitàsociale dell’impresao, meglio, dal nostropunto di vista,della coscienzaimprenditorialeper la costruzionedel bene comune

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DOTTRINA SOCIALEDELLA CHIESA

ATTIVITA’PARTE PRIMA - TEMI GENERALI

informazioni quando si consi-dera il medio e il lungo perio-do.Gli altri fattori che dobbiamo

considerare possono essere rea-li o monetari-finanziari.Per quanto riguarda i fattori

reali, occorre dire che l’au-mento della spesa pubblica de-termina crescenti destinazionidi risparmio e forza lavoro alsettore pubblico, che difficil-mente mostra una produttivitàsuperiore a quella del settoreprivato.In questo modo, la produtti-

vità del sistema nel suo com-plesso cala e vengono com-promesse le future possibilità di

Occorre evitare gli eccessi disolidarismo perché danno ori-gine all’assistenzialismo e al-la passività, come pure gli ec-cessi di sussidiarietà che esal-tano gli egoismi localistici.

L’ANALISI ECONOMICA

L’analisi economica mettegeneralmente in evidenza unrapporto di sostituzione (tradeoff) tra solidarietà (equità) esviluppo (efficienza).Possiamo ricorrere a uno

schema di domanda e offertaper illustrare le relazioni tra so-lidarietà e sviluppo.La variazione dell’offerta di

solidarietà può essere postauguale alla somma della varia-zione della quota di prestazio-ni sociali sul reddito naziona-le e della variazione dello stes-so reddito nazionale.L’offerta di solidarietà può

essere finanziata con il reperi-mento di risorse tramite la tas-sazione, emettendo titoli deldebito pubblico, o attraverso lacreazione di moneta.Se si vuole mantenere il bi-

lancio pubblico in pareggio, ocon un limitato deficit rispettoal reddito nazionale, la pres-sione fiscale devemuoversi pa-rallelamente al peso della spe-sa per solidarietà sulla ricchezzaprodotta.La grandezza della riduzio-

ne della spesa privata determi-na il grado in cui la spesa pub-blica spiazza la spesa privata abreve termine.I fattori che determinano

l’ammontare dell’effetto spiaz-zamento a breve termine nonforniscono però sufficienti

guaglianze, come ha messo inevidenza con visione profeticaPaolo VI nell’enciclica socia-le Populorum Progressio. Di-suguaglianze che vanno af-frontate, come afferma l’enci-clica, non tanto attraverso laredistribuzione dei redditi mamediante lo sviluppo.

L’INSEGNAMENTO EVANGELICO

Il Vangelo diMatteo presen-ta due parabole che indicano lavia per coniugare equità (soli-darietà) ed efficienza secondol’insegnamento di evangelico.La prima parabola è quella

dei vignaioli in cui viene equi-parato il regno dei cieli ad unavigna dove il padrone della vi-gna (Dio Padre) conferisce lastessa remunerazione agli ope-rai di tutta la giornata e a quel-li dell’ultima ora. Tale inse-gnamento è rivolto ai valori del-la solidarietà e della giustiziaverso il prossimo.Un’ altra suggestiva parabo-

la è quella dei talenti, dove ven-gono premiati i servi che in-traprendono e rischiano, rad-doppiando le risorse loro affi-date dal padrone. Vengono in-vece punite la mancanza di ef-ficienza e la totale avversioneal rischio da parte del servo chericeve un talento e non lo fafruttare.Le due parabole sono porta-

trici di due messaggi fonda-mentali, che devono spingerel’uomo a ricercare insieme il va-lore dell’efficienza e quello del-l’equità, il valore dello svilup-po e quello della solidarietà perla costruzione del bene comu-ne.

È importante ricercareinsieme il valore

dell’efficienza e quellodell’equità, il valore

dello sviluppo e quellodella solidarietà.

Ma occorre evitare glieccessi di solidarismoperché danno origineall’assistenzialismo

e alla passività,come pure gli eccessi

di sussidiarietàche esaltano

gli egoismi localistici

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LA DOMANDA DI SOLIDARIETÀ

La variazione della doman-da di solidarietà può essere in-vece posta in relazione negati-va con il tasso di sviluppo delreddito; quando la crescita èbassa, le istanze di interventodi carattere sociale aumentanoe il contrario accade quando itassi di crescita sono elevati.Mettendo insieme domanda

e offerta di solidarietà possia-mo determinare la solidarietàcompatibile con un determina-to tasso di sviluppo del reddi-to. Quando il tasso di sviluppoèmolto basso, si determina unadomanda di solidarietà supe-riore all’offerta compatibile coltasso di crescita. L’opposto av-viene quando la crescita èmol-to elevata e pertanto le risorsedisponibili per la solidarietà ec-cedono la domanda.Occorre porre in rilievo due

importanti aspetti:1) la destinazione delle ri-

sorse per la solidarietà riguar-da gli effetti negativi di inter-venti eccessivamente garantistie protettivi sui meccanismi diincentivazione propri di un’e-conomia di mercato. Le misu-re volte ad alleviare la povertà,come l’assistenza, generanopassività e disincentivano la ri-cerca di altre fonti di reddito;2) la visione ecumenica

della solidarietà a livello inter-nazionale secondo la quale eco-nomizzare la solidarietà non si-gnifica limitare gli interventisolidaristici, ma contenerne ladomanda, facendo sí che la sod-disfazione dei bisogni avvengaattraverso altri meccanismi chepromuovono l’autosufficienza

e la capacità di scambio suimercati interni e internaziona-li per la creazione di nuova ric-chezza (il famoso “trade andnot aid” di D. Robertson).In definitiva, il nostro pro-

blema non è tanto l’aumentodell’offerta di solidarietàma lariduzione della domanda, at-traverso lo sviluppo per il be-ne comune.

CONCLUSIONI

La visione ecumenica dellosviluppo delle encicliche so-ciali trova un fondamento nel-l’insegnamento evangelico enello spirito missionario dellaChiesa: «Andate in tutto ilmon-do e predicate il vangelo a ognicreatura» (Mt 16,15).La Dottrina sociale della

Chiesa non ha modelli econo-mici da proporre, ma si preoc-cupa che tali costruzioni del-l’uomo siano rispettose dellalibertà dell’individuo e dei suoivalori. Rifiuta il modello dellalotta di classe per risolvere iproblemi della distribuzionedelle ricchezze ed esalta inve-ce i valori della solidarietà edella sussidiarietà. Se lo svi-luppo non è accompagnato dal-la solidarietà non si ha la crea-zione del bene comune, con-cetto non additivo, su cui si ba-sa l’ottimo paretiano, ma mol-tiplicativo che costituisce il fon-damento del bene comune.Infatti, il bene comune non si

realizza se anche solo una per-sona non partecipa in qualchemisura al processo di sviluppo.Il valore nullo della posizio-

ne di questa persona azzera ilprodotto delle posizioni mi-

accumulazione e sviluppo equindi la costruzione del benecomune.Questo fenomeno, nel me-

dio e nel lungo periodo, di-pende dallo squilibrio tra il set-tore pubblico e il settore priva-to e quindi, dalla distribuzionedelle risorse tra il settore me-no produttivo e quello piú pro-duttivo.I fattori monetari-finanziari

di medio e lungo periodo ri-guardano il finanziamento deideficit del settore pubblico.Tale finanziamento può av-

venire con creazione di mone-ta o con vendita di titoli ai pri-vati.Eccessivi aumenti di mone-

ta determinano, nel lungo an-dare, processi inflazionistici.La soluzione inflazionistica

può essere evitata vendendo ti-toli pubblici al settore privatointerno o al settore estero, macon effetti di spiazzamento sulsettore privato.

ATTIVITA’PARTE PRIMA - TEMI GENERALI

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gliorative di tutte le altre, nonsi realizza il bene comune e sicreano inevitabilmente disu-guaglianzeIn questo modo, come ci ri-

corda Paolo VI con l’enciclicaPopulorumProgressio, «lo svi-luppo è il nuovo nome dellapace».L’insegnamento di Papa

Montini inmateria sociale è in-dubbiamente in stretta conti-nuità con quello di GiovanniXXIII, e in particolarmodo conl’enciclica Pacem in terris.In questo documento, Gio-

vanni XXIII concepisce la pa-ce come un processo al qualeci si approssimerebbe per gra-di, il frutto prezioso dell’orga-nizzazione di una “tranquilli-tas ordinis”, nonché il prodot-to dello sviluppo ordinato eorientato al rispetto della di-gnità di ciascuna persona.Un ordine globale, dunque,

per la realizzazione del quale sirichiede il contributo delle or-ganizzazioni e dei popoli a li-vello mondiale.Di conseguenza, sulla scia

del suo predecessore, PaoloVIsi interroga sulle ragioni e lecause dello sviluppo, conser-vando e maturando l’idea chelo sviluppo, perché sia rilevan-te dal punto di vista della Chie-sa, deve essere pluridimensio-nale, ovvero, in grado di inte-ressare oltre alla sfera econo-mica, anche quella politica, eti-co-culturale e religiosa.

(*) Intervento effettuato in occasio-ne dell’inaugurazione anno socialeSezioneUCIDFrosinone, Abbaziadi Casamari 16 novembre 2008.

UN PROGETTOCULTURALE

VIVIFICATO

DA VALORI CRISTIANI

Occorre promuoverela costruzione diuna cultura socialee politica ispirataai valori cristiani

PARTE PRIMA - TEMI GENERALI

ATTIVITA’

di Emilio IaboniPresidente SezioneUCIDFrosinone

Lacultura deve costituireun campo privilegiato dipresenza e d’impegno

per la Chiesa e per i singoli cri-stiani. Il distacco tra la fede cri-stiana e la vita quotidiana è giu-dicato dal Concilio Vaticano IIcome uno degli errori piú gra-vi del nostro tempo, maggior-mente per il nostro territorioDiocesano di Frosinone - Ve-roli - Ferentino.Lo smarrimento dell’oriz-

zontemetafisico, la perdita del-la nostalgia di Dio nella dovi-zia di mezzi di uno stile di vi-ta consumistico, il primato as-segnato alla tecnologia e alla ri-cerca scientifica fine a sé stes-sa, l’enfatizzazione dell’appa-rire, della ricerca dell’immagi-ne, delle tecniche di comuni-cazione: tutti questi fenomenidevono essere compresi nei lo-ro aspetti culturali e messi inrapporto con il tema centraledella persona umana, della suacrescita integrale, della sua ca-pacità di comunicazione e di

I cristiani hanno all’interno della nostra società un compito fonda-mentale: promuovere la costruzione di una cultura sociale e politicaispirata al Vangelo opponendosi alle visioni riduttive e ideologiche del-l’uomo e della vita. Essi devono adempiere alla missione secolare dellaChiesa: testimoniando la loro fede, promuovendo soprattutto la dimen-sione etica della cultura e facendo conoscere l’immenso patrimonio disaggezza presente nella tradizione cattolica.

The Christians have, in our society, a fundamental task: promotingthe construction of a social and political culture inspired by the Gospelas opposed to the ideological and reductive visions of man and life.

They must fulfil the secular mission of the Church: testifying theirfaith, especially by promoting the ethical dimension of culture and byconveying the great wealth of wisdom present in the Catholic.

CULTURAEVALORI CRISTIANI

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CULTURAE VALORI CRISTIANI PARTE PRIMA - TEMI GENERALI

ATTIVITA’

relazione con gli altri uomini,del suo continuo interrogarsisulle grandi questioni che at-traversano l’esistenza.Nel nostro territorio è ne-

cessario l’impegno per elevaree adeguare la cultura in tutte lesue componenti.L’impegno sociale dei catto-

lici deve percorrere alla baseuna cultura che accoglie leistanze che derivano dalla fedee dalla morale, ponendole afondamento e obiettivo di pro-gettualità concrete.Quando questa consapevo-

lezza vienemeno, gli stessi cat-tolici diocesani rendono insuf-ficienti e riduttive le loro pro-

La prima è quella che cercadi garantire a ciascuno il dirit-to di tutti a una cultura umanae civile «conforme alla dignitàdella persona, senza discrimi-nazione di razza, di sesso, di na-zione, di religione o di condi-zione sociale», per la quale vaevitata ogni forma di monopo-lio e di controllo ideologico; lalibertà di ricerca, di divulga-zione del pensiero, di dibattitoe di confronto.Alla radice della povertà, an-

che nel nostro territorio, ci so-no varie forme di privazioneculturale e di mancato ricono-scimento dei diritti culturali.L’impegno per l’educazione ela formazione della persona co-stituisce da sempre la primasollecitazione dell’azione so-ciale dei cristiani.La seconda sfida all’impe-

gno del fedele laico riguarda ilcontenuto della cultura, ossia la“verità”. La questione della ve-rità è essenziale per la cultura,perché permane per ogni uomoil dovere di ritenere il concet-to di persona umana nella suaintegralità, nella quale eccel-lono i valori dell’intelligenza,della volontà, della coscienza edella fraternità.Una corretta antropologia è

il criterio di illuminazione e diverifica per tutte le forme cul-turali storiche nel nostro terri-torio.L’impegno del cristiano, in

àmbito culturale, si oppone atutte le visioni riduttive e ideo-logiche dell’uomo e della vita.Il dinamismo di apertura al-

la verità è garantito dai modi diaffrontare la domanda circa il

poste. Presentare in termini cul-turali aggiornati il patrimoniodella nostra tradizione cattoli-ca, i suoi valori, i suoi conte-nuti, l’intera eredità spirituale,intellettuale e morale occupaoggi un’urgenza prioritaria.La fede in Gesú Cristo, che

ha definito sé stesso “la via, laverità e la vita” spinge i cri-stiani a cimentarsi, con impe-gno sempre rinnovato, nella co-struzione di una cultura socia-le e politica ispirata al Vange-lo.La perfezione integrale del-

la persona e il bene di tutta lasocietà sono i fini essenzialidella cultura: la dimensione eti-ca della cultura è quindi unapriorità nell’azione sociale epolitica dei fedeli laici.La disattenzione verso tale

dimensione trasforma facil-mente la cultura in uno stru-mento di impoverimento lai-cale.Una cultura può diventare

sterile e avviarsi a decadenza,come sta accadendo da noi,quando «si chiude in sé stessae cerca di perpetuare forme divita invecchiate, rifiutando ogniscambio e confronto intorno al-la verità dell’uomo».La formazione di una cultu-

ra capace di arricchire l’uomo,richiede il coinvolgimento ditutta la persona: la sua capa-cità di autodominio, di sacrifi-cio personale, di solidarietà e didisponibilità a promuovere ilbene comune.L’impegno del fedele laico

in àmbito culturale diocesanodeve essere assunto su alcuneprecise direttrici.

La perfezione integraledella personae il bene di tuttala società sonoi fini essenzialidella cultura:la dimensione eticadella culturaè quindi una prioritànell’azione socialee politica dei fedeli laici

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ATTIVITA’ CULTURAE VALORI CRISTIANIPARTE PRIMA - TEMI GENERALI

te. La progressiva espansionedelle iniziative sociali, al di fuo-ri della sfera statale, crea nuo-vi spazi per la presenza attivae per l’azione diretta dei citta-dini, integrando le funzionisvolte dallo Stato.Tale importante fenomeno si

è spesso attuato per vie e construmenti largamente informa-li, dando vita a modalità nuo-ve e positive di esercizio deidiritti della persona che arric-chiscono qualitativamente lavita democratica.Il ruolo del celebrante delle

assemblee Liturgiche è deter-minante per quanto innanziesposto.

mosia.Di fronte a gravi ingiustizie,

la decisione di ignorare del tut-to alcuni aspetti della soffe-renza umana rispecchia una se-lezione indifendibile.Le strutture e le politiche di

comunicazione e la distribu-zione delle tecnologie della co-municazione e dell’informa-zione, insieme alla formazionenel loro uso, devono mirare aeliminare queste ingiustizie esquilibri.

LA VITA LITURGICANELLE DIOCESI

Il fenomeno culturale, so-ciale, economico e politicoodierno dell’interdipendenza,che intensifica e rende partico-larmente evidenti i vincoli cheuniscono la famiglia umana,mette in risalto una volta di piú,alla luce della Rivelazione, unnuovo modello di unità del ge-nere umano.La comunità politica è tenu-

ta a regolare i propri rapporti neiconfronti della società civilesecondo il principio di sussi-darietà: è essenziale che la cre-scita della vita democraticaprenda avvio nel tessuto socia-le.Le attività della società civi-

le - soprattutto volontariato ecooperazione nell’àmbito delprivato-sociale, sinteticamen-te definito “terzo settore” per di-stinguerlo dagli àmbiti delloStato e del mercato - costitui-scono le modalità piú adegua-te per sviluppare la dimensio-ne sociale della persona, che intali attività può trovare spazioper esprimersi compiutamen-

senso dell’esistenza personale.Nella promozione di un’au-

tentica cultura, i fedeli laici ri-serveranno grande rilievo aimezzi di comunicazione dimassa, considerando soprat-tutto i contenuti delle innume-revoli scelte operate dalle per-sone.Tali scelte, pur variando da

gruppo a gruppo e da individuoa individuo, hanno tutte un pe-so normale e sotto questo pro-filo devono essere valutate.Per scegliere correttamente,

bisogna conoscere le normedell’ordine morale e applicar-le fedelmente.La Chiesa offre una lunga

tradizione di saggezza, radica-ta nella Rivelazione divina enella riflessione umana, il cuiorientamento teologico fungeda importante correttivo perl’uomo nelle sue componentifondamentali di natura spiri-tuale.La cultura della Sapienza,

propria della Chiesa, può evi-tare che la cultura dell’infor-mazione dei mezzi di comuni-cazione sociale divenga un ac-cumularsi di fatti senza senso.I fedeli laici guarderanno aime-dia come a possibili e potentistrumenti di solidarietà.La solidarietà appare come

una conseguenza di una comu-nicazione vera e giusta, e diuna libera circolazione delleidee, che favoriscono la cono-scenza e il rispetto degli altri.Ciò non avviene se i mezzi

di comunicazione sociale ven-gono usati per edificare e so-stenere sistemi economici alservizio dell’avidità e della bra-

Il fenomeno culturale,sociale, economicoe politico odierno

dell’interdipendenza,che intensifica e rende

particolarmente evidentii vincoli che unisconola famiglia umana,

mette in risaltouna volta di piú,alla luce dellaRivelazione,

un nuovo modellodi unità

del genere umano

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La coscienzaè interpellatadall’insegnamentosociale per riconosceree adempiere i doveridi giustizia e di caritànella vita sociale.Tale insegnamentoè luce di verità morale,che suscita appropriaterisposte secondola vocazionee il ministerodi ciascun cristiano

TESTIMONIANZA DI FEDE

Per questa testimonianza difede, riporto alcune mie rifles-sioni derivanti dalle testimo-nianze di vita: la pazienza, l’u-miltà, la discrezione, la perse-veranza, il buon senso, la carità,la professionalità e una grandeumiltà, devono sempre guidar-ci a scelte giuste, valide e co-raggiose.Nella recente preghiera del-

l’imprenditore e dirigente, pro-posta da un gruppo di amici, inun passo felice cosí si esprime:«Signore aiutami a essere te-stimone nellamia famiglia, co-me piccola Chiesa domestica emodello di vita intima e co-munitaria».È certamente piú di un im-

pegno di vita rivolto all’istitu-to della famiglia, che in tutto ilmondo, è cardine fondamenta-le di ogni società, e modello divita intima e comunitaria, ol-treché una piccola Chiesa do-mestica.Il continuo dialogo, la testi-

monianza verso le nostre com-pagne di vita e verso i figli, de-vono rappresentare il nostropunto fermo, oltreché il patri-monio umano piú credibile,sforzandoci di creare questaosmosi fra i membri della no-stra famiglia, per legittimarecon questo, il miglior risultatovivente del nostro impegno, an-cor prima di quello aziendale eprofessionale.

TESTIMONIANZADELLA CARITÀ

Per questo tema occorrereb-be un trattato particolare e ap-profondito. In questa sede mi

limito però a sintetizzare quan-to segue: la coscienza è inter-pellata dall’insegnamento so-ciale per riconoscere e adem-piere i doveri di giustizia e dicarità nella vita sociale.Tale insegnamento è luce di

verità morale, che suscita ap-propriate risposte secondo lavocazione e il ministero di cia-scun cristiano.Nei compiti di evangelizza-

zione, vale a dire di insegna-mento, di catechesi e di for-mazione, che la Dottrina so-ciale della Chiesa suscita, essaè destinata a ogni cristiano, se-condo le competenze, i cari-smi, gli uffici e la missione diannuncio di ciascuno.Tali responsabilità competo-

no ai laici in modo peculiare,in ragione della condizione se-colare del loro stato di vita e del-l’indole secolare della loro vo-cazione: mediante tali respon-sabilità, i laici mettono in ope-ra l’insegnamento sociale eadempiono allamissione seco-lare della Chiesa.

Nei compitidi evangelizzazione,vale a dire diinsegnamento,di catechesie di formazione,che la Dottrina socialedella Chiesa suscita,essa è destinataa ogni cristiano,secondo le competenze,i carismi,gli ufficie la missionedi annuncio di ciascuno

ATTIVITA’PARTE PRIMA - TEMI GENERALI

CULTURAE VALORI CRISTIANI

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la proprietà aziendale;• vivere di conflittualità cam-

panilistiche;• essere poco propensi al

cambiamento ed incapaci a ge-stirlo quando diventa inevita-bile;• essere riluttanti, se non av-

versi, a usare la formazione pergli adulti come leva competiti-va (e non, nel migliore dei ca-si, come atto dovuto per sfrut-tare finanziamenti);• essere diffidenti nell’ope-

rato dell’altro, vivendo di pic-cole e grandi furbizie;• non essere attenti agli in-

teressi degli stakeholders (di-pendenti, fornitori, soci, istitu-zioni);• vivere sul solo potere, sul-

la vanità delle cose, sull’effi-mero, sulle apparenze;• saltare sempre sul carro del

vincitore, come campioni del-l’opportunismo.Se questo è il ritratto della si-

tuazione (o la “vox populi”),occorre chiedersi se con queste

LA COSCIENZAIMPRENDITORIALE

E IL BENE COMUNE

La ricchezzagenerata dall’impresadeve essere messaa disposizionedi tutta la comunità,per creareil bene comune

TEMI GENERALI

PARTE PRIMA

di Giuseppe LovecchioPresidente SezioneUCIDConversano-Monopoli

IMPRESAE BENE COMUNE

Parlare di Bene Comunenelle imprese e soprat-tutto “tra” le imprese og-

gi, in particolare nel Mezzo-giorno d’Italia, può sembrarequasi una provocazione, inquanto la realtà ci mostra unaforte difficoltà operativa delleimprese a stare in piedi: ordinidei clienti ridotti se non annul-lati, previsioni sempre piú dif-ficili da stimare, problemi coni propri dipendenti sempre piúpesanti (cassa integrazione, li-cenziamenti, ecc.).Molti imprenditori, nelle at-

tuali condizioni, non vedonovie di uscita se non quella difuggire, di abbandonare tutto,di rinunciare al loro mestiere,di vivere di rendita.È uno scenario che si ac-

compagna alla sostanziale cri-si di fiducia verso le istituzio-ni e il mercato.A ciò si aggiunge la struttu-

ra della piccola e media im-presa italiana, di matrice fami-liare, che non riesce a prose-guire oltre le due-tre genera-zioni, e quindi viene a trovarsioggi in crisi di continuità. Maquali sono i “drivers” di que-sta situazione?Ognuno può citarne diversi,

ma sicuramente ne ricorderei al-cuni, tra i quali il cronico at-teggiamento italiano di:• non saper (o voler) pro-

grammare con una solida vi-sione alla base;• essere indisponibili a ri-

schiare di tasca propria;• affidarsi alla “buona stel-

la” (fortuna o finanziatore diturno);• confondere la gestione con

Nell’attuale contesto di profonda crisi finanziaria, in cui le imprese si tro-vano in seria difficoltà operativa, si pone come centrale la necessità di unarinnovata coscienza imprenditoriale. Coscienza che si forma tramite una cor-retta formazione professionale alla luce dei valori cristiani. Occorre innescareun “circolo virtuoso” in cui la ricchezza generata dall’individuo venga messaa disposizione di tutta la comunità, al fine di creare il bene comune, da cui poil’ mpresa del singolo trarrà, a sua volta, un beneficio economico e sociale.

In the current context of deep financial crisis, in which the businessesare in serious operational difficulties, there is the necessity of a renewed en-trepreneurial conscience . Conscience that is formed by a right professionaltraining, according to the Christian values. We must create a "virtuous cir-cle" where the wealth generated by the individual, is put at the disposal ofthe whole community in order to create the Common Good, from whichthen individual enterprise will take, in turn, an economic and social benefit.

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IMPRESAE BENE COMUNE PARTE PRIMA - TEMI GENERALI

ATTIVITA’

caratteristiche si è capaci diguardare e costruire un verofuturo non solo per noi, ma so-prattutto per le prossime gene-razioni.Un futuro che sia generato-

re di ricchezza reale (wealth, enon richness…) anziché fitti-zia come gli ultimi scandali fi-nanziari dimostrano.Probabilmente nel Mezzo-

giorno d’Italia l’effetto di que-sti sconvolgimenti planetari, incampo finanziario e ambienta-le, tardano a farsi sentire nellaloro gravità, vuoi per una cer-ta inerzia ad assorbire eventiesterni, vuoi per una sorta dicompensazione sociale che pro-

cliente, e in definitiva ricchez-za reale per l’individuo e la so-cietà?Le televisioni e imedia, in ge-

nerale, quanti e quali messag-gi veicolano secondo questiconcetti ?Credo che stiamo assistendo

impotenti a un susseguirsi dimessaggi dove il valore vieneconfuso con l’effimero, l’ap-parente e l’appariscente, il fu-tile, il vanitoso, l’egoistico, l’il-lusorio.È questa la nostra ricchez-

za? Sono questi i nostri valori?È questo il valore aggiunto cheviene generato dal nostro tes-suto socio-economico?Sono riflessioni necessarie

per poter inquadrare uno sce-nario, tanto apparente quanto at-tuale, con il quale occorre farei conti per fornire una correttaanalisi dello status quo.Porto una semplice analogia:

il dopoguerra ci ha lasciato lemacerie fisiche, e da questema-cerie è nata l’Italia che, nono-stante tutto, è ancora oggi tra leprime nazioni industrializzate;ma ciò è avvenuto non certograzie al lavoro delle “veline”,ma per la voglia di rischiare, diavere un futuro di speranze, diprogresso, di gente che si è rim-boccata le macchine e ha lavo-rato duro sull’economia reale.Oggi, dopo sessant’anni di

storia e una rivoluzione infor-matico-tecnologica già allespalle, ci ritroviamo con ma-cerie ben piú gravi e pesanti,mapiú difficili da vedere di quel-le lasciateci dalla seconda guer-ra mondiale: l’ambiente quasia un punto di non ritorno e un’e-

babilmente fa reggere ancorala microeconomia.Ma è solo una questione di

tempo: se al Nord molte fab-briche sono già chiuse con gen-te a casa e con grande difficoltàdi riconversione professionale,al Sud il secondo lavoro, l’ar-te di arrangiarsi e altro con-sentono di sopravvivere, ma alvenir meno dell’attività princi-pale la capacità di spesa si ri-duce drasticamente.Ricette e risposte sono diffi-

cili per tutti e a tutti i livelli, ela situazione è resa ancora piúcomplessa perché investe pie-namente le abitudini già con-solidate da anni, gli stili di vi-ta, la diminuita propensione alrisparmio, la difficoltà di capi-re e interpretare cosa generaveramente ricchezza e benes-sere in una collettività.Occorre aprire una parente-

si sui concetti di ricchezza evalore aggiunto.La teoria economica ci dice

che la ricchezza e il benesseresi generano creando “valore ag-giunto”, ciò avviene quando siimpiegano con efficacia le ri-sorse a disposizione (materia-li e immateriali), al fine di ge-nerare un prodotto/servizio ap-prezzato sul mercato in termi-ni di qualità, servizio e costi, percui il cliente è disposto a pagareun prezzo che ritiene congruo.Quante attività economico-

produttive sono realmenteorientate ai predetti concetti?Quante risorse economiche,

nella nostra società, vengonocorrettamente utilizzate con isuddetti criteri per creare unvero valore aggiunto per il

Come costruireun vero futuro non soloper noi, ma soprattuttoper le prossimegenerazioni?Ricette e rispostenon ci sono: la situazioneè complessa perchéinveste abitudinigià consolidate da anni,è diminuita la propensioneal risparmio, è difficilecapire cosa generaveramente ricchezzae benessere

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ATTIVITA’ IMPRESAE BENE COMUNEPARTE PRIMA - TEMI GENERALI

tosufficienti” di poter evitare ilconfronto, l’aiuto, la prossimitàdell’altro, con un atteggiamen-to negativamente pregiudizie-vole sul “valore costruttivo” diuna relazione.Il fine da raggiungere è chia-

ro: coscienza rinnovata fina-lizzata a costruire unBeneCo-mune, non come somma di be-ni singoli, ma come condivi-sione di esperienze e “ricchez-za generata” a disposizione del-la propria comunità, da cui lapropria impresa trae a sua vol-ta un beneficio economico esociale: un circolo virtuoso nonfine a sé stesso, ma una rispo-sta, tra le tante possibili, allostallo dei nostri tempi.L’unire le forze, il condivi-

dere delle strategie e degli obiet-tivi, il fare aggregazione, lospendersi per la propria comu-nità, sono un modo di reagire,o meglio, di essere proattivi difronte a scenari senza risposta.Ma possiamo ritenerci capa-

ci di innescare questo circolovirtuoso? Coscienza, capacitàdi essere portatori di un sup-plemento di energie positive,cultura dell’offerta anziché del-la domanda, senso del dovereprima che del diritto, sono ele-menti di base su cui ciascuno dinoi dovrebbe interrogarsi, e diconseguenza agire, in sinergiacon gli altri, comemotore di uncontesto che necessita, al di làdi tutto, di profondi cambia-menti sorretti dal buon senso,dall’equilibrio e da un vero sen-so di responsabilità.

nato e distorto del progressotecnologico. Sarebbe quindi in-teressante approfondire scien-tificamente e diffondere deglistudi basati sulla correlazionetra incidenza dei tumori e in-quinamento ambientale, perprovare poi ad eliminare il pro-blema alla radice.Il dato preoccupante è che la

cultura imperante fa di tutto perproporre modelli ritenuti ap-parentemente “vincenti”, mapurtroppo privi di contenuti edi soluzioni lungimiranti.Per modificare la situazione

attuale non è sufficiente modi-ficare comportamenti esisten-ti, ma occorre creare una nuo-va coscienza.Questa rinnovata coscienza,

imprenditoriale o professiona-le che sia, non nasce da sola,non si autoalimenta, ma è unprocesso che si instaura grazieal contributo della tanto depre-cata formazione (religiosa oimprenditoriale) ma di valoreautentico, e alla disponibilità acrescere e a rimettersi in gio-co, rinunciando a qualcosa.Ma il punto è proprio questo:

quanti vogliono crescere e ri-schiare sul serio? Quanti cre-dono che serva una rinnovatacoscienza? Quanti hanno vo-glia di uscire dalla loro zona dicomfort?Si è portati a ritenere che il

bene comune non possa esse-re considerato come necessarioin quanto esistono altre prioritàe soprattutto agire per il benecomune non risulta tanto red-ditizio quanto l’agire per il be-ne individuale.Molti pensano di essere “au-

conomia di carta straccia, e que-sta volta veramente a livelloplanetario.Basterebbemuoversi da que-

sto per “ripartire”, trovando legiustemotivazioni, inmodo daricostruire un “clima da dopo-guerra”, con gente veramenteconvinta e motivata a “rim-boccarsi di nuovo le maniche”con lo stesso spirito di mezzosecolo fa.La stessa UCID, infatti, ha

aiutato questo sviluppo socio-economico dell’imprenditoriaitaliana, coniugando mirabil-mente valori cristiani e familiaritrasferendoli nel contesto eco-nomico-produttivo.Ma c’è una profonda diffe-

renza rispetto ad allora: siamoabituati alle comodità super-flue, al lusso fine a sé stesso, al-l’apparenza, alla notizia vuota.Questi e altri processi distorti,

se non presi in tempo, porte-ranno inevitabilmente a un col-lasso ambientale ed economi-co. Infatti, se ci si ferma agliaspetti meccanicistici dell’e-conomia di mercato, limitan-dosi agli effetti e non alle cau-se dei problemi sociali che ta-le economia provoca, rischia-mo di non inquadrare il pro-blema alla base.Un esempio può chiarire ta-

le concetto: prevenire e curarei tumori è sicuramente un’atti-vità indispensabile e di grandeutilità sociale, ma dov’è il ve-ro problema, la radice di esso?Il nucleo centrale di esso ri-

siede, per la maggioranza deicasi, nelle mutate condizioniambientali e nell’inquinamen-to a causa dell’uso incondizio-

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Nella gestione dell’impresa occorre coniugare due valori fondamentali:la creazione del profitto e il primato della persona umana, con particolareattenzione al suo sviluppo. Nell’impresa che viene gestita “eticamente” ilperseguimento del profitto tende a collocarsi in un quadro piú ampio di“creazione di valore” per tutti i soggetti che, direttamente o indirettamen-te, sono associati all’azienda. Guidare l’impresa con responsabilità significafarla crescere e conseguentemente far progredire la società nel suo insieme.

In the management of the firm we need to combine two fundamentalvalues: the creation of profit and the primacy of the human person, withspecial attention to his development. When an enterprise is ethically admi-nistrated, the pursuit of the profit tends to fit into a broader framework of"value creation" to all the people, directly or indirectly associated to thecompany. Driving the firm with responsibility, means make it grow and the-refore to advance the society as a whole.

ETICA E IMPRESA

di Giancarlo PiccoPresidente Gruppo RegionaleUCIDPiemonte (*)

TEMI GENERALI

PARTE PRIMA

profitto (ricchezza, benessere,valore aggiunto) tramite la pro-duzione di beni e servizi utili;b) il primato della persona uma-na, anche nell’àmbito econo-mico lavorativo.Nella società industriale, per

lungo tempo, c’è stata una cer-ta difficoltà a coniugare taliprincípi, la Chiesa stessa haguardato con pregiudizio al-l’impresa, a causa del modocon cui il profitto veniva - espesso viene ancora - perse-guito in modo spregiudicato.Per contro, sul fronte im-

prenditoriale la centralità del-la persona umana era vista co-me principio velleitario.Oggi questi valori sonomag-

giormente condivisi; nel per-seguire il profitto, è chiesto al-l’impresa un comportamentoetico (si parla di business ethics)(1), cioè un comportamento vir-tuoso per cui: il profitto è con-siderato un indicatore impor-tante, ma non l’indicatore pereccellenza, e il suo persegui-mento deve avvenire in un con-testo di sostenibilità sociale edambientaleÈ significativo un documen-

to del magistero ecclesiasticodella Chiesa di Roma, che nonsoltanto riassume bene i con-cetti sopra esposti,ma che espo-ne con molta chiarezza un pen-siero che oggi è assolutamentecondiviso, in quanto esprimevalori profondamente umani, lalettera enciclicaCentesimusAn-nus di papa Giovanni Paolo II(1991): La Chiesa riconosce lagiusta funzione del profitto, co-me indicatore del buon anda-mento dell’azienda: quando

IMPRESAETICAMENTE

RESPONSABILE

Occorre coniugaredue valori:la creazionedel profittoe il primato dellapersona umana, conparticolare attenzioneal suo sviluppo globale

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L’UCID fin dalla fonda-zione, ha avuto comeprincípi ispiratori fon-

damentali di riferimento quel-li dell’insegnamento socialedella Chiesa:• la dignità della persona

umana e, di conseguenza, del-l’attività lavorativa da questaespletata;• l’equilibrato utilizzo dei

beni della terra, in continua-zione dell’opera del Creatore;• l’esercizio dell’impresa e

dell’attività professionale, co-me mezzo per creare e diffon-dere il benessere;• l’economia pensata con

una sua dimensione etica, inquanto essenzialmente orien-tata al servizio dell’uomo, es-sere “creato ad immagine” diDio Padre.Coloro che aderiscono al-

l’UCID sono profondamenteconvinti che sia necessario co-niugare due valori assoluta-mente fondamentali: a) il ruo-lo sociale dell’impresa: creare

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ATTIVITA’ETICA E IMPRESAPARTE PRIMA - TEMI GENERALI

chiesto adeguate risposte(azienda corta, azienda rete,terziarizzazione - outsourcing);2) si è verificata una evo-

luzione nelle caratteristiche enei comportamenti dei clien-ti/consumatori, con un aumen-tata presa di coscienza del lo-ro reale potere contrattuale;3) La società civile, con la

presa di coscienza di esseresoggetto attivo ha, verso il si-stema imprese, un ventaglio piúvasto e articolato di esigenze:ad esse viene chiestomaggior-mente di fare “la cosa giusta”(the right thing), non sempli-cemente “cose giuste” (rightthings). La nuova strategia che

connotazioni. Anche se «le da-te sono ganci indispensabili chereggono l’arazzo della storia»(2), nel caso della businessethics, si tratta di una presa dicoscienza che è cresciuta conprogressione senza avere spe-cifici legami con persone o spe-cifici accadimenti, ma quasisempre, purtroppo, come rea-zione a scandali che si ripro-pongono con drammatica co-stanza, quali sfruttamento dellavoro di bambini nei Paesi po-veri, corruzione, concussione,insider trading, speculazioni,pratiche disoneste.A partire dagli anni imme-

diatamente successivi alla gran-de depressione (anni Trenta delNovecento) e del secondo do-poguerra incominciarono a de-linearsi, soprattutto nei Paesianglosassoni (USA, Inghilter-ra), esigenze di comportamen-ti strutturali che tenessero con-to di specifici valori etici per l’e-conomia (vengono elaborati iprimi codici etici).Se dagli anni del periodo roo-

seveltiano si fa strada l’idea cheuna competizione non regola-ta sia un suicidio commercia-le, dagli anni Ottanta in tutti isettori industriali si è assistitoa un profondo e generale cam-biamento, che ha riguardatomolteplici aspetti fortementecollegati tra loro, al punto chenon è semplice riuscire a sepa-rarli dandone una spiegazioneautonoma:1) per le imprese sono af-

fiorate nuove esigenze, sinte-tizzabili i termini di flessibi-lità, snellezza strutturale, qua-lità, efficienza, che hanno ri-

un’azienda produce profitto, ciòsignifica che i fattori produttivisono stati adeguatamente im-piegati e i corrispettivi bisogniumani debitamente soddisfatti.Tuttavia, il profitto non è l’u-

nico indice delle condizioni del-l’azienda […] È possibile chei conti economici siano in or-dine e, insieme, che gli uomi-ni, che costituiscono il patri-monio piú prezioso dell’azien-da, siano umiliati e offesi nel-la loro dignità. Oltre a esseremoralmente inammissibile, ciònon può non avere, in prospet-tiva, riflessi negativi anche perl’efficienza economica dell’a-zienda. Scopo dell’impresa, in-fatti, non è semplicemente laproduzione del profitto, bensíl’esistenza stessa dell’impresacome comunità di uomini che,in diverso modo, perseguonoil soddisfacimento dei loro fon-damentali bisogni e costitui-scono un particolare gruppo alservizio dell’intera società.Il profitto è un regolatore del-

la vita dell’azienda, ma non èl’unico; ad esso va aggiunta laconsiderazione di altri fattoriumani e morali che, a lungoperiodo, sono almeno egual-mente essenziali per la vita del-l’impresa (cfr. n. 35)Benché l’attenzione all’eti-

cità dei comportamenti, nelcampo dell’attività economica,sia connaturata all’agire socia-le (fin dalmomento stesso in cuil’uomo esce dall’àmbito fami-liare per operare sul mercato),con l’età industriale, prima, econ la globalizzazione poi, l’at-tenzione all’eticità di questicomportamenti assume nuove

Scopo dell’impresanon è semplicemente

la produzionedel profitto, bensíl’esistenza stessadell’impresa comecomunità di uomini

che, in diverso modo,perseguono il

soddisfacimentodei loro fondamentalibisogni e costituisconoun particolare gruppo

al serviziodell’intera società

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che guida il nostro ciclo di in-contri di Percorsi UCID.Il senso di tale iniziativa non

è quello di affrontare tutti i pro-blemi di un’azienda - non vo-gliamo competere con chi sioccupa di ciò in via professio-nale - ma condividere un trat-to di cammino per poi conti-nuare, andare oltre.Se la conoscenza diventama-

teria prima, se da un modello“materiale”, dove l’attenzioneera sull’ottimizzare comporta-menti umani nell’impiego dirisorse “limitate”, si passa aunomodello immateriale dovela conoscenza è risorsa infini-ta, la persona umana diventacentrale.Per concludere: occorre sot-

tolineare come: i “valori”, anchenell’impresa, sono tali soltantose sono condivisi e quindi ingrado di motivare a una liberaadesione.Dunque il primatodel-la persona umana e i “valori”nell’impresa sono i capisaldi sucui costruire lo sviluppo, e daiquali occorre ripartire per usci-re dalla crisi attuale.

(*) Sintesi della prolusione alla se-condaedizionediPercorsiUCIDsultema“Gestione etica dell’impresa”.

1) Da tradurre con “etica d’im-presa”, e noncon l’espressionepiut-tosto ambiguadi “etica negli affari”.2) Ernst H. Gombrich, direttoredel Warburg Institute.3) Trattato di Maastricht (pream-bolo e art. 3/B) (1992), nuova formu-lazione dell’art. 118 dellaCostituzio-ne italiana (2001), art. 3 del nuovoStatutodellaRegionePiemonte(2004).4) Cfr.: Prof. Stefano Zamagni.

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lo devono essere coniugati in-sieme per il bene di tutti.Ecco perché questa seconda

edizione del progetto UCID di“Gestione etica dell’impresa”ha come titolo significativo:“Guidare l’impresa con re-sponsabilità, scelta strategicaper farla crescere e far pro-gredire la società”.La responsabilità della co-

struzione del bene comune nondeve piú spettare soltanto alloStato, ma a tutti i soggetti cheoperano nella società secondoil fondamentale principio del-la sussidiarietà. È strabiliantecome questo principio, giàesposto con lucidità nell’enci-clica Rerum Novarum (papaLeone XIII - 1891) ed enun-ciato formalmente nell’enci-clicaQuadragesimo Anno (pa-pa Pio XI - 1931), fosse di fat-to sconosciuto fino al TrattatodiMaastricht del 1992 e sia di-ventato cultura condivisa in po-chissimi anni (3).Si passa cosí dalWelfare Sta-

te allaWelfare Society (4).Il perseguimento del profit-

to tende a collocarsi in un qua-dro piú generale di “creazionedi valore” per tutti i soggettiche direttamente o indiretta-mente sono associati all’im-presa (patto sociale).Ma, attenzione: questa stra-

tegia deve essere supportata da“valori”, da profonde motiva-zioni, a partire dall’imprendi-tore e dalmanagement, da con-dividere e da trasmettere.Interrogarsi sui “valori del-

l’impresa” costituisce il pas-saggio chiave, tutto si gioca suivalori. Ecco allora il filo rosso

l’impresa deve adottare per es-sere in grado di rispondere efar fronte a pressioni sociali in-ternazionali è la CSR (Corpo-rate Social Responsibility) /RSI (Responsabilità Sociale diImpresa).L’etica di cui “si sente il bi-

sogno” non è quella che ponevincoli o proibizioni,ma che of-fre criteri e orientamenti in vi-sta del bene delle persone, nel-le dimensioni individuali e co-munitarie; si potrebbe definirecome un’esigenza di maggiorumanizzazione. Cresce quindil’esigenza di un’economia cheoffra “altri” criteri, oltre a quel-li della crescita del prodotto in-terno lordo (a livello di macro-economia) e della massimiz-zazione del profitto (a livello dimicroeconomia).È una vera e propria cultura

d’impresa orientata verso la tra-sparenza e l’acquisizione di unacoscienza fondata sulla neces-sità di far interagire al megliogli interessi economici dellesingole imprese con quelli so-ciali e ambientali (impatto am-bientale e sviluppo sostenibile)del contesto di riferimento.Sono i temi della responsa-

bilità sociale. Gli imprendito-ri/dirigenti/professionisti cri-stiani vi si riconoscono,ma conuna forte tensione a un impe-gno etico personale, mettendol’accento sulla necessità di una«responsabilità imprenditoria-le finalizzata alla costruzionedel bene comune».Nell’etica cristiana il bene

utile, il bene giusto e il bene bel-

ATTIVITA’PARTE PRIMA - TEMI GENERALIETICA E IMPRESA

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La dimora è il liberalismo,inteso allo stesso tempo comedottrina antropologica etica epolitica.La domanda di fondo quin-

di si precisa nel modo seguen-te. Come impedire che l’archi-tettura liberale secondo cui l’uo-mo occidentale ha costruito lasua dimora sia demolita?Le ragioni delle gravi diffi-

coltà sia inerenti alla teoria ge-nerale del liberalismo sia ine-renti ai due casi su indicati so-no tutte riconducibili a una so-la, il divorzio dal cristianesi-mo.La vera causa per cui la di-

mora che l’uomo europeo hacostruito per vivere una buonavita sta crollando, è che da es-sa è stato espulso il cristiane-simo.È stato espulso perché con-

siderato damolti, erroneamen-te, come estraneo e perfino pe-ricoloso per la stabilità dellacasa.Al contrario l’espulsione del

PER UN’EUROPAAPERTA AL DIALOGO

E FEDELE ALLE

PROPRIE RADICI

Si deve riportareil liberalismo allesue radici cristianee a un modello chepreveda pari dignitàa ogni individuo

APPROFONDIMENTI

EUROPAE RADICI CRISTIANI

PARTE SECONDA

di Cardinale Carlo CaffarraArcivescovo di Bologna (*)

Come è possibile impedire il crollo dell’architettura liberale in basealla quale l’uomo ha costruito la sua dimora? Rimuovendo la causa cheha determinato tale crollo, ossia il divorzio dal cristianesimo. È soltantoriportando il liberalismo alle sue radici cristiane e a un modello che pre-veda la pari dignità per ogni individuo che l’Europa potrà uscire dallaprofonda crisi in cui versa.

How you can prevent the collapse of the liberal structure on whichmen have built their dwelling? Removing the cause that has led to thiscollapse, the divorce from Christianity. It 's only bringing the liberalismto its Christian roots and to a model that provides for the equal dignityof all the people, that Europe can emerge from the deep crisis in whichit lives.

Ogni volta che leggo unlibro, alla fine mi fac-cio sempre una do-

manda: a quale interrogativofondamentale esso intende ri-spondere? Qual è il problemada risolvere?Se non vado errato, la do-

manda fondamentale del librodi Marcello Pera “Perché dob-biamo dirci cristiani” è la se-guente: come impedire che crol-li la “casa“, l’ethos direbbero igreci, che l’Occidente ha co-struito come dimora degna del-l’uomo? Come ridare stabilitàa un edificio che sta mostran-do crepe talmente pericoloseda preludere al crollo?È opportuno chiarire che co-

sa denota questa metafora del-la casa/edificio.A diversità degli altri ani-

mali, l’uomo si colloca nelmondo in cui vive non solo inmodo da assicurarsi la soprav-vivenza individuale della spe-cie. Egli desidera naturalmen-te una collocazione buona e ve-ra, non solo utile e piacevole:desidera unmodo di essere e unmodo di stare nella realtà chesia adeguato alla sua natura dipersona.Per esemplificare: non un

qualsiasi modo di vivere in so-cietà, ma il modo giusto.Tutto questo intendo, quan-

do parlo di “casa”, di “edifi-cio” degno dell’uomo.Ovviamente la domanda di

fondo genera logicamente duesottodomande:1) di che dimora si sta par-

lando?2) perché si afferma che

essa è a rischio di crollo?

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EUROPAE RADICI CRISTIANE PARTE SECONDA - APPROFONDIMENTI

ATTIVITA’

cristianesimo non è nella logi-ca interna del liberalismo, mane costituisce un’errata devia-zione che ha condotto alle dif-ficoltà e alle aporie attuali.Non si può delineare un qua-

dro preciso se non si hanno benchiari i significati dei termini:cristianesimo e liberalismo.Per capire il significato del

primo termine è fondamentaledistinguere tra “cristiani per fe-de” e “cristiani per cultura”.La vera identità di Gesú di

Nazareth può essere ricono-sciuta solo mediante la fede, ela sua presenza nella storia av-vienemediante la testimonian-za di fede dei suoi discepoli.

sona alla stessa natura umana:esiste quindi una natura dellapersona umana.Chiariti i due termini del con-

fronto, possiamo prendere co-scienza piú chiara della tesicentrale di Marcello Pera: poi-ché esiste un legame storico econcettuale fra liberalismo ecristianesimo, avere reciso que-sto legame ha condotto il libe-ralismo in un tunnel senza viad’uscita; ricostruire questo le-game è ciò che oggi è richiestoall’Europa per continuare a con-servare la sua identità propria.Mi appare difficile contesta-

re la tesi secondo la quale è sta-ta la Rivelazione cristiana acondurre l’uomo alla consape-volezza della sua dignità di per-sona.Dignità di persona che im-

plica una presa di posizionequanto allo statuto ontologicodella persona stessa.Tommaso scrive «persona

est id quod est perfectissimunin ratione entis» (La persona èquanto di piú perfetto c’è nel-la ragione dell’essere).Non esiste realtà che valga

piú che una persona «che im-porta all’uomo guadagnare ilmondo intero, se poi perde séstesso».Coglie il vero Kierkegaard

quando afferma che la catego-ria del singolo è centrale nelcristianesimo.Quando i Padri del liberali-

smo classico costruivano il nu-cleo della dottrina, essi lavora-vano in un contesto cristianotraducendo, nel linguaggio del-la ragione, quanto la fede cri-stiana aveva insegnato pratica-

La fede in Gesú genera unostile e una forma stabile di vi-ta, un modo proprio di viverel’esperienza umana nelle suefondamentali dimensioni, unmodo proprio di collocarsi nel-la realtà.In una parola: la fede nel ri-

goroso significato teologico ge-nera una cultura.Orbene, nei confronti di una

cultura generata dalla fede pos-siamo dire che il suo ricono-scimento, la rivelazione del suodato obiettivo, non esige la fe-de in Cristo.Non solo, nella cultura ge-

nerata dalla fede può ritrovar-si anche il non-credente, inquanto essa corrisponde alleesigenze della ragione.Il secondo termine, liberali-

smo, non è di facile definizio-ne.Il liberalismo si fa portatore

di una visione dell’uomo cheruota attorno a un nucleo es-senziale: la presenza di dirittinaturali inalienabili connatu-rati all’uomo: tutti gli uominisono liberi e uguali per naturae le loro libertà fondamentalisono antecedenti allo Stato.Dunque, la caratteristica de-

finitoria dell’antropologia li-berale è l'affermazione del pri-mato ontologico e assiologicodella singola persona umana,primato che prende corpo nel-l' ascrizione ad ogni uomo co-me tale di certe libertà-dirittifondamentali.Il termine “humanitas” nel

vocabolario liberale non è unmero flatus vocis.Esso denota una reale parte-

cipazione di ogni singola per-

Poiché esiste un legamestorico e concettualefra liberalismoe cristianesimo,avere reciso questolegame ha condottoil liberalismoin un tunnel senza viad’uscita; ricostruirequesto legame è ciòche oggi è richiestoall’Europaper continuarea conservarela sua identità propria

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ATTIVITA’ EUROPAE RADICI CRISTIANEPARTE SECONDA - APPROFONDIMENTI

(Zibaldone, 3349-3350).Il testo leopardiano pone una

domanda cruciale: esiste qual-cosa di ingiusto in sé e per séche non potrà mai essere giu-stificato da nessuna proceduralegittima?In altre parole: esiste una ve-

rità circa il bene dell’uomo in-dipendentemente dai risultatidell’argomentazione, discus-sione e deliberazione pubbli-ca?Esiste e non può che essere

il riconoscimento da parte diognuno dell’uguale dignità dipersona appartenente a tuttal’umanità.Nel momento in cui affermo

mantenersi, né ha bisogno diricorrere a tradizioni diversedalle proprie per assicurarsi lalealtà dei cittadini. Esso bastaa sé stesso.Secondo: il rapporto politico

è esclusivamente un rapportogiuridico basato sulla costitu-zione e sulle leggi ordinarie.A questo punto si capisce

molto bene che, ispirati a que-sta teoria, i Padri costituentidell’Europa Unita abbiamo ri-fiutato qualsiasi riferimento al-le radici greco-latine e giudai-co-cristiane.Inoltre si capisce bene come

l’ingresso della Turchia nel-l’Unione Europea non costi-tuisca nessun problema.Come scrive Pera qui «si pro-

mette di dare all’Europa l’i-dentità e con essa la nazioneche lemanca per unificarsi, sen-za attingere a fonti diverse daquelle strettamente politiche».Come è noto, il progetto è

fallito. Per quale ragione?L’autore parla giustamente

di una grave “lacuna etica” inquesta costruzione.Afferma il Leopardi «Se l’i-

dea del giusto e dell’ingiusto,del buono e del cattivo moralenon esiste o non nasce per sé,nell’intelletto degli uomini, niu-na legge di niun legislatore puòfar che un’azione o un’omis-sione sia giusta né ingiusta,buona né cattiva. Perocchè nonvi può esser niuna ragione perla quale sia giusto né ingiusto,buono né cattivo, l’ubbedire aqualsivoglia legge, e niun prin-cipio vi può avere sul quale sifondi il diritto che alcuno ab-bia di comandare a chi che sia»

mente all’Europa.Il passaggio in aliud genus

viene effettuato quando la co-struzione razionale non è piústata fatta a prescindere dalla fe-de cristiana, ma contro la fedecristiana stessa.L’espressione piú inequivo-

cabile di questa ambiguità vie-ne offerta dal pensiero di Cro-ce: «Il passaggio in aliud genusè il necessario sviluppo delloSpirito dentro alla Storia op-pure è un tagliare le radici allapianta?».Pera ritiene che l’avere in-

tenzionalmente de-contestua-lizzato il liberalismo dalla cul-la cristiana in cui è nato ne hasegnato la condanna a morte.Il liberalismo politico viene

visto, secondo J.Habermas, co-me autosufficiente.Autosufficienza significa che

lo Stato, o altri organismi po-litici sovra-statali, dopo la com-pleta positivizzazione del di-ritto, trovano la loro giustifica-zione ontologica, non tramitepresupposti metafisici o reli-giosi, ma attraverso un con-senso di fondo dei cittadini,preferibilmente formalizzato.In altre parole, come scrive J.Habermas: «ciò che lega insie-me una nazione di cittadini adifferenza di una nazione diconnazionali in senso etniconon è una qualche forma di so-strato primordiale, bensí il con-testo intersoggettivamente con-diviso di un’intesa possibile».Due sono dunque i presup-

posti dell'’auto-sufficienza.Primo: lo Stato secolarizza-

to e post-metafisico non ha bi-sogno di presupposti esterni per

«Ciò che lega insiemeuna nazione di cittadini

a differenza di unanazione di connazionaliin senso etnico - scriveHabermas - non è una

qualche formadi sostrato primordiale,

bensí il contestointersoggettivamente

condiviso diun’intesa possibile»

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rità circa il bene dell’uomo, isuoi diritti fondamentali ven-gono pensati e praticati comeciò che il singolo individuo pre-ferisce per sé stesso.Ciò ha una conseguenza de-

vastante sull’idea di legge civilee sul compito del legislatore.L’idea imperante è che lo Sta-

to e la legge non devono vieta-re ciò che l’individuo sceglie-rebbe per il suo benessere.E con ciò la coesione socia-

le è insidiata alla sua stessa ori-gine.La soluzione del problema

viene data, non con l’emana-zione di leggi che vietano o im-pongono,ma con il varo di leg-gi permissive.Secondo Pera, c'è una sola

via di uscita da questa crisi: ilritorno al contesto di scopertadel liberalismo, alla sua radice,ossia al cristianesimo.Sono sostanzialmente d’ac-

cordo per diverse ragioni.Esistono due sistemi di rife-

rimento quando pensiamo epratichiamo la nostra vita as-sociata.Definisco il primo, sistema di

riferimento: “il prossimo”; de-finisco il secondo: “membrodella comunità”.Il primo connota l’interrela-

zione tra tutti gli uomini basa-ta sul principio di umanità; il se-condo rappresenta l’interrela-zione fra alcuni uomini in ba-se al principio di una qualitàinerente all’umanità.Il primo trascende il secon-

do, ed è ad esso superiore, erende ragione fino in fondo diciò che è contenuto in qualsia-si sistema del tipo “membro

della comunità”.È precisamente questo che

Gesú ha insegnato nella para-bola del samaritano: conside-rare l’altro come “prossimo”da amare e non come membrodi una comunità diversa dallapropria.È quanto afferma anche Pao-

lo: «non è piú necessario esse-re “membro di comunità” peressere redenti. In Cristo nonesiste piú né gentile né ebreo,né greco né barbaro, né schia-vo né libero, né uomo né don-na».Il liberalismo ha elaborato

una dottrina politica sulla basedi questa verità cristiana, af-finché nella convivenza e nel-la cooperazione umana a varilivelli e nei vari legami, il si-stema di riferimento principefosse quello del “prossimo”:ogni uomo in forza della suastessa umanità ha dignità ugua-le a ogni altro uomo.Due osservazioni finali.La prima, riprende la distin-

zione “cristiani per cultura” e“cristiani per fede”; la secon-da, riguarda la lettera di Bene-detto XVI premessa al libro diPera.La presenza di Cristo in una

cultura è assicurata esclusiva-mente dalla fede dei suoi di-scepoli, la quale non è destinataa rimanere confinata nell’inti-mo della coscienza del singo-lo né a ipotetiche comunità didiscepoli separate dal mondo.La fede dei discepoli, è l’u-

nico strumento capace di im-primere nelmondo e nel vissutoumano la “forma Christi”.L’esistenza di cristiani per

che non c'è bisogno di alcundiritto naturale oggettivo, mache la procedura democratica èl'unica “fons essendi della le-gittimità”, ci si trova di frontea due alternative: o consideroquesta procedura come risul-tato della prevalenza dell’inte-resse del piú forte, o guardo aessa come la soluzione in cuipossa riconoscersi la ragione-volezza di ognuno.Nel primo caso esco per de-

finizione dalla società libera-le; nel secondo caso resto nel-la società liberale, ma basan-domi sul presupposto della pa-ri dignità di ogni persona e delpossesso da parte di ciascunodella stessa ragionevolezza onatura ragionevole.Questa è l’idea tommasiana

di legge e diritto naturale.J. Habermas è stato infine

costretto a giungere a similiconclusioni, affermando che lalegittimazione di una carta co-stituzionale da parte del popo-lo non può limitarsi al compu-to aritmetico di maggioranze-minoranze.Essa deve fondarsi su un’ar-

gomentazione ragionevole do-tata di sensibilità alla verità.Non è difficile concludere al-

lora che i partiti politici nonpossono assicurare la presenzadi una tale sensibilità agendo dasoli, essendo, per loro stessanatura, preoccupati prevalen-temente di interessi di parte.Mi limito a una sola rifles-

sione.Negando che esista una ve-

ATTIVITA’PARTE SECONDA - APPROFONDIMENTI

EUROPAE RADICI CRISTIANE

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cultura è assicurata esclusiva-mente dall’esistenza di cristia-ni per fede.Ne deriva che la forma Ch-

risti in una cultura declina,quando declina la fede dei di-scepoli del Signore, dalla qua-le quella forma è mediata.Viene allora da chiedersi: il

distacco dell’edificio culturaledal suo stile cristiano è dovutoanche (o soprattutto?) al decli-no della fede nei cristiani eu-ropei?All’indebolirsi della con-fessione della fede nella Chie-sa in Europa?Il Pontefice dopo aver affer-

mato lo stretto e inscindibilelegame tra liberalismo e princí-pi cristiani, auspica la forma-zione di un’Europa, sicura-mente aperta al dialogo inter-religioso, ma altresí consape-vole e fiera delle proprie origi-ni cristiano-liberali.Il liberalismo, per essere fe-

dele a sé stesso, deve collegar-si a una concezione sostanzia-le di vita buona, e questa è con-geniale a quella cristiana.Solo in tal modo può essere

offerto un contributo veramen-te efficace per il superamentodella crisi attuale.

(*) Riflessioni di S.Em. R. Cardi-nal Carlo Caffarra inerenti al librodi Marcello Pera “Perché dobbia-mo dirci Cristiani”.

L’IMPRENDITORECRISTIANO

E LA CRISI GLOBALE

Serve una economiareale rinnovata.Gli imprenditoricristiani sonochiamati a operareper il bene comune

PARTE SECONDA - APPROFONDIMENTI

ATTIVITA’

di Padre Giuseppe PirolaIstituto Filosofico “Aloisianum”,Compagnia di Gesú di Padova

Prima di offrire la mia let-tura della crisi ritengo op-portuno richiamare i do-

cumenti elaborati dall’UCIDin relazione alla crisi finanzia-ria in quanto offrono:• un’interpretazione della

crisi economicamondiale: l’a-vere sostituito l’economia fi-nanziaria all’economia reale oproduzione di beni e servizi,per una scelta dovuta a pochi,in vista di una massimizzazio-ne del profitto in breve tempo,nel contesto di una deregulationestremizzata. Le conseguenzesono ora note: la montagna dicarta, o il mostro del denaro di-venutomerce che si moltiplicada sé, fuori dall’economia rea-le, denunciato già da Aristote-le.• La visione del primato del-

l’imprenditoria e dell’impresa,che non è merce, ma una co-munità umana di produzione, diimprenditori e lavoratori, co-me dicevaGiovanni Paolo II: «illavoratore non è una voce del-

Partendo dall’analisi della mozione, elaborata dal Consiglio Diretti-vo UCID sul tema della crisi finanziaria, Padre Pirola propone una lettu-ra cristiana della crisi. Al fine del suo superamento, non sono sufficientimisure temporanee di tamponamento, occorre un cambiamento profon-do tramite la creazione di un economia reale rinnovata basata su unacomunità di imprenditori e lavoratori, che operino in vista del bene co-mune di tutti gli uomini.

Starting from the analysis of the motion, prepared by the UCID Di-rective Board on the financial crisis, Father Pirola proposes a Christianreading of the crisis. In order to overcame it, are not sufficient tempo-rary measures of containment, we need a profound change through thecreation of a real economy based on a new community, of entrepre-neurs and workers, who work for the common good of all mankind.

LETTURA CRISTIANADELLA CRISI

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LETTURA CRISTIANADELLA CRISI PARTE SECONDA - APPROFONDIMENTI

ATTIVITA’

la spesa, è una risorsa umanaquanto l’imprenditore; la rela-zione tra uomini nel lavoro hail primato sui costi di gestionedell’impresa».• La richiesta alla politica,

non solo di interventi provvi-sori, ma di una linea strategicao un progetto di innovazionedell’economia nel lungo pe-riodo, finalizzata al bene co-mune, per rimediare alla rimo-zione dei valori etici dalle for-mule dell’efficienza che hacreato meccanismi finanziarisenza controllo.• Critica dellemisure del go-

verno, sia di quelle soltantoprovvisorie sia di quelle di-

ra economica. Tutti si chiedo-no quindi: che fare?La domanda del cristiano sca-

turisce da una diagnosi dellacrisi che non è condivisa da tut-ti: questa è la prima differenza,la differenza del risultato del-l’analisi effettuata nei vostridue documenti.Tale analisi esclude misure

correttive temporanee, non sitratta infatti di una crisi legge-ra e tamponabile; la crisi si su-pera se, e solo se, si è capaci diinnovare l’economia cioè dicreare una nuova economia rea-le basata su una comunità diimprenditori e lavoratori, cheoperino in vista del bene co-mune di tutti gli uomini.Queste e non altre sono la

diagnosi e la modalità per su-perare la crisi, perciò essa esi-ge una terapia di trasformazio-ne dell’economia, che pongafine all’economia finanziaria eproduca una nuova economiareale, fondata sulla relazionesociale tra persone nel mondodel lavoro, e avente un fine pre-ciso: il bene comune.Il cristiano per trovare la via

dell’innovazione si confrontacon la parola di Dio e il Van-gelo, che lo invita a non mera-vigliarsi quando le crisi acca-dono, in quanto sono conse-guenze di processi decisionalisbagliati economicamente eumanamente peccaminosi o im-morali; e a non disperarsi, an-zi combattere per superarle.Nel fare questo occorre in-

vece aprire orizzonti di spe-ranza e consapevolezza che ri-chiedono però una profondacollaborazione tra le parti.

scriminatorie (cassa integra-zione) tra lavoratori di aziendeprivate e pubbliche, a favoredella linea strategica di lungoperiodo, per un’innovazionedell’economia in senso umanoe non antiumanistico.

LETTURA CRISTIANA DELLA CRISI

La crisi è un fatto che con-segue all’economia finanzia-ria, che necessita non di corre-zioni omisure provvisorie, da-ta la sua gravità e le sue cause,ma di un’innovazione dell’e-conomia stessa definita in ba-se ai quattro punti fermi di cuisopra.La crisi infatti ha prodotto

disastri su tutta la gamma del-le relazioni umane.Tutti i rapporti umani si vi-

vono infatti nel contesto dellasituazione economica, per cuiuna crisi che ha il suo epicen-tro nell’economia finanziariasi ripercuote al di fuori del cam-po economico, perché incidesulla vita quotidiana, e cioè sul-la dignità di una persona, del-la sua vita familiare e dell’in-tera vita sociale e politica, dan-do origine a una quantità di al-tri problemi, psicologici, fami-liari, sociali, politici, che pos-sono incrinare e turbare o scon-volgere profondamente la con-vivenza sociale stessa, a tutti ilivelli.L’avvento di tale crisi è ri-

conosciuto da tutti come feno-meno grave per la sua esten-sione, su scala mondiale, e perla sua intensità in quanto le sueconseguenze negative si sono ri-versate in settori della vita so-ciale e politica, al di là della sfe-

Il cristiano per trovarela via dell’innovazionesi confrontacon la Parola di Dioe con il Vangelo,che lo invita anon meravigliarsi quandole crisi accadono, inquanto sono conseguenzedi processi decisionalisbagliati economicamentee umanamentepeccaminosi o immorali

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LETTURA CRISTIANADELLA CRISI

ATTIVITA’PARTE SECONDA - APPROFONDIMENTI

ria per il compito che vi ho pro-posto, perché la speranza cri-stiana anziché essere un sognofantasioso con cui consolarsi,senza rimediare in alcunmodoi danni accaduti, ha una forzadi attivazione nella ricerca enella concretizzazione dellepossibilità che consentano difar nascere il nuovo ordine eco-nomico.Facciamo un esempio: non

sarà l’economia del dollaro, ge-stita esclusivamente dagliUSA,ma del paniere in cui entreran-no anche Cina eGiappone, po-nendo fine, in forza dell’accu-mulazione dei dollari, al mo-nopolio dell’area dell’econo-mia del dollaro.A crisi mondiale soluzione

mondiale.Si prenda ad es. il terremoto

del Friuli e la ricostruzione cheha innovato il Friuli stesso chepassò da regione agricola diemigrazione a regione indu-strializzata.Il Signore ci chiama con la

sua Parola a compiere un pas-so in avanti, aprendoci alla spe-ranza che quel che è possibilefare sia cercato e realizzato datutti per amore del bene comu-ne di tutti gli uomini.

A CHI TOCCA QUESTO COMPITO?

Nel testo dell’EnciclicaDeusCaritas est, n. 29, il Papa ha det-to: «tocca ai laici cristiani inquanto cittadini».Come afferma Tommaso

d’Aquino, è competenza del-l’autorità politica realizzare il

la relazione tra uomini che so-no persone, costitutiva del-l’impresa di produzione.Per superare la crisi non ba-

sta correggere l’economia fi-nanziaria,ma occorre inventareuna nuova economia reale, te-nendo fermi alcuni princípi,maevitando accuratamente di pen-sare che basti ritornare al pas-sato o a un’economia realepreesistente, aggiustandone iguasti.Occorre cercare nel vuoto

aperto dalla crisi, nel momen-to della scarsità di risorse uma-ne, prima che di mezzi econo-mici, occorre poi stabilire qua-li siano le condizioni di possi-bilità obiettive e operative chepermettono di superare la cri-si, e come si possano attivare erealizzare.Ciò apre una serie di proces-

si decisionali da prendersi intempo rapido, al fine di non ag-gravare la situazione, che ot-tengano un largo consenso, evi-tando fratture e soluzioni del ti-po “fai da te”, a livello nazio-nale o europeo o occidentale.La crisi, dunque deve essere

passata attraverso un filtro cheindividui ciò che non deve piúcontinuare, e ponga fine a ciòche deve finire, e che costitui-sce solo un ostacolo per il sor-gere del nuovo, e cioè in forzadi condizioni di fatto sia obiet-tive che umane, e di un pro-cesso di attivazione delle for-ze sociali che operino nel sen-so progettato e cioè del bene co-mune.Sia chiaro che mi muovo in

un orizzonte di speranza, inquanto la speranza è necessa-

Perciò il cristiano si chiede:«che cosa vuoi Signore che iofaccia, escludendomisure cor-rettive temporanee, per inno-vare l’economia e le relazioniumane tra imprenditori e lavo-ratori in vista del bene comu-ne di tutti gli uomini, nell’at-tuale situazione di crisi?».Si tratta di innovare l’econo-

mia sulla base di una virtú eti-ca: la giustizia.Questa e non altra è la do-

manda cristiana: quale sia cioèla volontà di Dio, la sua voca-zione e missione di fronte allacrisi, ciò che Dio lo chiama afare per capire lucidamente, af-frontare coraggiosamente la cri-si e trovare la soluzione valida,secondo l’etica cristiana, ri-spettosa cioè degli uomini chelavorano nell’impresa e del be-ne comune di tutti, con il con-tributo di tutti, ciascuno al suolivello.Le conseguenze negative del-

la crisi provano, stando ai fat-ti e non solo alle interpretazio-ni, che l’economia finanziariadi pochi per la massimizzazio-ne rapida del profitto di alcunia spese di altri, nel nostro casointere nazioni (Cina ad es.) nondeve protrarsi ancora.È stata ed è, teoreticamente

e praticamente, un’economiadistruttiva del bene comune, fi-ne dell’economia reale, a van-taggio di massimizzazione diprofitti per pochi a spese d’al-tri, trasformando il denaro stes-so in merce, e distruggendolo,in quanto distrugge la relazio-ne umana dal di dentro dellacomunità produttiva di im-prenditori e lavoratori, rompe

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bene comune ai diversi livel-li o articolazioni dei poteri le-gislativo, esecutivo e giudi-ziario.Compito del clero è la carità

e l’amore verso il prossimo cuieducare tutti gli uomini, nonrichiesto dalla giustizia (il di-ritto e il torto sono obiettivi, ri-guardano cose per le quali gliuomini litigano tra loro).Occorre seguire il Magiste-

ro del Santo Padre e accoglie-re le esortazioni del clero, chesegue il Papa, per quanto ri-guarda la formulazione deiprincípi etici cristiani dell’e-conomia.Per tradurli in pratica, è però

necessaria una competenza chenon si può inventare in brevetempo, e che voi dell’UCIDpossedete, per compiere ciò cheè gradito aDio e veramente uti-le per gli uomini che operanonel mondo del lavoro.E se tocca a voi, fatelo voi,

non in qualità di sostituti del cle-ro, perché cambiare il mondoquando, dove e se è storto, è og-getto dellamissione apostolicadellaChiesama in qualità di im-prenditori ispirati dai valori cri-stiani.Vi ricordo il duplice compi-

to: innovare l’economia, e vigi-lare sul Governo e sul Parla-mento in nome e praticando laparresia apostolica, o la virtúcristiana della libertà di parola,che anche la Costituzione ci ri-conosce come cittadini.

1) Cfr.: Doc. 26-28 novembre2008.

LETTURA CRISTIANA DELLA CRISI

SEMPREA FAVORE

DELLA VITA

La fine della vita,cosí come il suoinizio, sono sempreavvolti dal mistero.Deve prevalerel’approccioprecauzionale

di Roberto De MatteiDocente di Storia del Cristianesimoe della Chiesa,Università Europea di Roma

IItema che oggi affrontiamonon può essere trattato sen-za una premessa che lo si-

tui nel contesto storico.Non bisognamai dimentica-

re infatti che il concetto dimor-te cerebrale nasce nel 1968, unanno che ha un simbolico mareale significato.

IL CONTESTO STORICO

Il 1968 è l’anno in cui dal-l’Università americana diBerkeley e da quella francesedella Sorbona si sviluppa la ri-voluzione culturale studente-sca.In quello stesso anno dal-

l’Università americana di Har-vard viene proposta una ridefi-nizione del concetto di morte,che comporta una vera e pro-pria rivoluzione antropologica.Fino a quella data la morte

dell’uomo era avvolta nel mi-

APPROFONDIMENTI

BIOETICA E FINE VITA

L’identificazione della morte con la cessazione irreversibile delle funzio-ni dell’encefalo, è una definizione che deve essere messa in discussione. Ilmomento della morte è quello, in cui l'anima sottrae al corpo l'atto di esse-re che gli aveva comunicato: ciò avviene non all'inizio, ma al termine di unpercorso degenerativo, che ha nella morte cerebrale una fase, ma non l'at-to conclusivo del processo. La fine della vita, cosí come il suo inizio, sonomomenti avvolti dal mistero. Essendo impossibile provare empiricamenteche l’anima venga separata dal corpo, nel “morto celebrale”, deve prevale-re l’approccio precauzionale, indicato compiutamente dal Magistero dellaChiesa: “in dubio pro vita.”

The identification of the death with the irreversible cessation of thebrain’s functions, is a definition that must be questioned. The death is themoment in which the soul escapes the body of the being act that it hascommunicated it: this happens not at the beginning, but at the end of a de-generative iter, that has in the brain-decease, a step, but not the final act ofthe process. The life-ending, such as the birth, are mysterious. Being impos-sible to prove empirically that the soul is separated from the body in the“brain-dead”, it have to prevail the precautionary approach, according tothe Church’s Teaching: “in dubio pro vita”.

PARTE SECONDA

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stero. Al medico spettava ac-certare che la morte fosse av-venuta, individuarne le cause,ma non definirne l’esatto mo-mento.L’accertamento avveniva at-

traverso il riscontro della defi-nitiva cessazione delle funzio-ni vitali: la respirazione, la cir-colazione, l’attività del siste-ma nervoso (1).Nell’agosto del 1968 la Har-

vard Medical School, proposeun nuovo criterio di accerta-mento della morte fondato suun riscontro strettamente neu-rologico: la definitiva cessa-zione delle funzioni dell’ence-falo, definita “coma irreversi-bile” (2).Non si può ignorare il rap-

porto tra la definizione dellamorte cerebrale proposta dallaHarvard Medical School, nel-l’estate del 1968, e il primo tra-pianto di cuore diChrisBarnarddel dicembre 1967.I trapianti di cuore prevede-

vano che il cuore dell’espian-tato battesse ancora, ovveroche, secondo i canoni dellame-dicina tradizionale, egli fosseancora vivo.L’espianto, in questo caso,

equivaleva alla soppressione diuna vita umana, sia pure com-piuto “a fin di bene”.La scienza poneva la morale

di fronte a un drammatico que-sito: è lecito sopprimere unma-lato, sia pure condannato amor-te, o irreversibilmente leso, persalvare un’altra vita umana di“qualità superiore”?Di fronte a questo bivio, che

avrebbe dovuto imporre un ser-rato confronto tra opposte teo-

rie morali, quella tradizionalee quella neo-utilitaristica, l’U-niversità di Harvard si assunsela responsabilità di una “ride-finizione” del concetto di mor-te che permettesse di aprire lastrada ai trapianti, aggirando ilproblema etico.La definizione di Harvard

venne accettata in quasi tuttigli Stati americani e, in segui-to, anche nella maggior partedei Paesi cosiddetti sviluppati.In Italia, la “svolta” fu se-

gnata dalla legge 29 dicembre1993 n. 578 che all’art. 1 reci-ta: «La morte si identifica conla cessazione irreversibile ditutte le funzioni dell’encefa-lo».Si trattava di una Rivoluzio-

ne antropologica perché l’i-dentificazione della morte conla cessazione di tutte le fun-zioni dell’encefalo equivale aidentificare la vita con l’atti-vità del cervello.L’uomo viene ridotto a or-

ganismo corporeo e il principiovitale di quest’organismo è si-tuato nell’attività cerebrale.Si tratta di quella concezio-

ne filosofica che riduce il pen-siero, la coscienza e ogni atti-vità spirituale a “prodotti delcervello umano”.

UN LUOGO COMUNEDA DISSIPARE

Ma si può davvero afferma-re che la morte si identifichicon la cessazione dell’attivitàcelebrale?È questo il tema del nostro in-

contro, che vede la partecipa-zione di studiosi di diverse di-scipline, perché è da diversi

punti di vista che deve essereaffrontato un tema complessocome quello della morte.È necessario innanzitutto dis-

sipare il luogo comune secon-do cui la definizione dellamor-te è questione che riguarda imedici e i biologi, in una parolagli scienziati, e non i filosofi, igiuristi, i teologi.Sul piano scientifico, infatti,

il clinico o il biologo può soloaccertare la vita in atto, o l’av-venuta morte di un individuo,ma non è in grado di pronun-ciarsi sull’essenza della vita,né di definirne l’esatto mo-mento iniziale e finale.Rispondere alle domande ul-

PARTE SECONDA - APPROFONDIMENTI

ATTIVITA’ BIOETICA E FINE VITA

È necessario dissipareil luogo comune secondocui la definizione dellamorte è questione che

riguarda i medicie i biologi, e non

i filosofi, i giuristi,i teologi.

Sul piano scientificoil clinico o il biologopuò solo accertare

la morte di un individuo,ma non è in gradodi pronunciarsi

sull’essenza della vita

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BIOETICA E FINE VITAPARTE SECONDA - APPROFONDIMENTI

ATTIVITA’

time non spetta alla scienza,ma alla filosofia.E tra tutte le domande ultime,

nessuna è piú radicale del finisvitae. Non è lo scienziato, mail filosofo che dobbiamo in pri-mis interrogare su che cos’è lavita e che cos’è la morte.

IL PROBLEMA FILOSOFICO

La filosofia ci dice che lamorte è la fine della vita, ossiaè l’estinzione del principio vi-tale del corpo: quel principio vi-tale che la tradizione filosofi-ca occidentale ha sempre defi-nito anima.E qui bisogna dissipare un

secondo luogo comune: l’idea

le attività. La morte dell’indi-viduo vivente, sul piano biolo-gico, è ilmomento in cui il prin-cipio vitale che gli è propriocessa le sue funzioni.Ciò che le piante, gli anima-

li e gli uomini hanno in comu-ne è la vita.Questa vita è di natura e qua-

lità diversa.Il principio vitale degli uo-

mini, a differenza di quello de-gli altri esseri animati, è di na-tura razionale. L’uomo ha un’a-nima razionale, qualitativa-mente diversa dall’anima ve-getativa delle piante e dall’a-nima sensitiva degli animali.La morte umana non è la fi-

ne dell’anima, che è spiritualee incorruttibile, ma la sua se-parazione dal corpo, che è ma-teriale e quindi corruttibile.

IL CRITERIO SCIENTIFICODEL “SISTEMA INTEGRATORE”

Lasciamo da parte il fattoche, per l’essere umano, que-sto principio vitale, definito ani-ma, sia di natura razionale equindi spirituale e incorruttibi-le.Quel che è certo è che, se la

vita biologica è una totalità difunzioni coordinate da un prin-cipio unificatore, l’uomo puòdirsi clinicamentemorto quan-do il principio che lo vivifica siè spento e l’organismo, priva-to di questo centro ordinatore,inizia il processo di disgrega-zione delle funzioni che necompongono l’insieme.Ebbene, la scienza non ha fi-

nora potuto dimostrare che ilcentro coordinatore dell’orga-nismo umano risieda in alcun

che parlare di anima sia unaquestione di fede religiosa.L’esistenza dell’anima non è

una scelta di fede: può esseredimostrata dalla ragione.Ben prima del Cristianesi-

mo, i romani e i greci, gli ebreie gli egiziani credevano nell’e-sistenza dell’anima, che eti-mologicamente si collega adanemos, “vento, soffio vivifi-cante, respiro vitale”.La tradizione filosofica a cui

la civiltà occidentale, nel cor-so dei secoli, ha uniformato lasua morale e il suo diritto èquella secondo cui l’uomo,composto di corpo e di anima,ha nell’anima razionale il prin-cipio vitale che lo specifica.Questo principio vitale è nel

corpo, ma non è una parte delcorpo: non è sangue, cervello,respiro. Esso nelle parole diAristotele è «ciò per cui pri-mieramente viviamo, sentiamoe pensiamo» (3), o piú preci-samente «la prima perfezione(atto) di un corpo naturale or-ganico» (4).In questa prospettiva la vita

umana inizia con l’infusionedell’anima nel corpo e si con-clude con la sua separazioneda esso, quando il corpo si dis-solve nei suoi elementi.L’animazione, ossia la pre-

senza di un principio vitale cheanima il corpo materiale non èsolo prerogativa degli uomini,ma di ogni essere vivente.La vita della pianta, dell’a-

nimale e dell’uomo, pur di na-tura diversa, presuppone, inogni caso, un sistema integra-to, animato da un principio at-tivo e unificatore che ne dirige

Quel che è certo è che,se la vita biologicaè una totalità di funzionicoordinate da un principiounificatore, l’uomo puòdirsi clinicamente mortoquando il principioche lo vivifica si è spentoe l’organismo, privato diquesto centro ordinatore,inizia il processodi disgregazionedelle funzioni che necompongono l’insieme

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BIOETICA E FINE VITAATTIVITA’PARTE SECONDA - APPROFONDIMENTI

«punto di non ritorno»,ma noncoincide con la morte dell’or-ganismo come un tutto.Si gioca sull’equivoco se-

condo cui la morte è un pro-cesso, ma se è vero che l’itine-rario che conduce il malato al-la morte è un processo, il mo-rente è vivo fino almomento incui il processo giunge al suotermine.Il Comitato Nazionale di

Bioetica ha affermato che «inpratica può dirsi che la morteavviene quando l’organismocessa di essere un tutto, men-tre il processo del morire ter-mina quando tutto l’organismoè giunto a completa necrosi»

futato sia dalla biologia che dal-la filosofia (6).A questa concezione “ence-

falocentrica” si oppone la con-cezione tradizionale, secondocui il vincolo che unisce l’ani-ma e il corpo non è estrinsecoe superficiale, ma intimo eprofondo.L’anima, forma sostanziale

del corpo, riceve l’atto di esse-re in sé per prima e lo comuni-ca al corpo quando questo èstato generato; la stessa anima,quando il corpo non è piú in gra-do di farle da soggetto e da po-tenza, ritiene l’atto di essereche gli aveva comunicato e con-tinua nell’essere, assumendoaltre forme di vita (7).Occorrerebbe dimostrare che

nel momento della lesione ce-rebrale l’anima sottrae al cor-po l’atto di essere.Ma l’evidenza prova tutto il

contrario.Il paziente in coma irrever-

sibile ha perso tutte le sue fa-coltà e funzioni, ma non l’attoper cui egli ancora è.Il momento della morte è

quello, misterioso, in cui l’a-nima sottrae al corpo l’atto diessere che gli aveva comuni-cato: ciò avviene non all’ini-zio, ma al termine di un per-corso degenerativo, che ha nel-lamorte cerebrale una fase, manon l’atto conclusivo del pro-cesso.Lo stesso prof. Carlo Alber-

toDe Fanti, il neurologo che haaccompagnato lamorte di Elua-na Englaro, in un libro de de-dicato a questo argomento (8),spiega che la morte cerebralepuò essere forse definita un

organo del corpo.Le attività cerebrali costitui-

scono un sistema biologico cheha un centro, ma non è dimo-strato che esso sia il principiovitale di tutto l’organismo uma-no.Il sistema integratore del cor-

po non è - infatti - localizzabi-le in un singolo organo, sia pu-re importante, come l’encefa-lo (5).Non bisogna confondere le

attività con il loro principio.La vita è qualcosa di inaf-

ferrabile, che trascende i singoliorganimateriali dell’essere ani-mato, e che non può essere mi-surata materialmente, e tantomeno creata: è un mistero, sucui è giusto che la scienza in-daghi, ma di cui la scienza nonè padrona, se non vuole farsiscientismo.Chi accetta il criterio scien-

tifico dellamorte cerebrale, as-sume, implicitamente, il crite-rio della filosofia materialista,secondo cui il principio vitaledell’uomo non è spirituale, macorporeo o, nelmigliore dei ca-si, accetta il dualismo cartesia-no, secondo cui anima e corposono due sostanze separate, re-golate da leggi diverse.Quando la Pontificia Acca-

demia delle Scienze affermache nell’individuo umano vi èun organo unitario - il cervello- che ha il ruolo di dirigere,coordinare e integrare le attivitàdi tutto il corpo, e un altro or-gano - l’anima - che ha il com-pito di assicurare l’unità onto-logica dell’organismo, fa suoquel parallelismo cartesiano traanima e corpo, che è stato con-

La vita è qualcosadi inafferrabile, chetrascende i singoliorgani materiali

dell’essere animato,e che non può essere

misurata materialmente,e tanto meno creata:

è un mistero,su cui è giusto

che la scienza indaghi,ma di cui la scienza

non è padrona,se non vuole

farsi scientismo

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BIOETICA E FINE VITAPARTE SECONDA - APPROFONDIMENTI

ATTIVITA’

(9) . L’equivoco sta nelconfondere due processi: ilprimo, quello che conduce al-la morte, ante mortem; il se-condo, post mortem, che con-duce alla decomposizione delcorpo.Lamorte cerebrale non segue

il confine tra i due processi enon è essa stessa un processo.È evidente come il “punto di

non ritorno”, posto che sia real-mente tale, è una situazione digravissima menomazione, manon è la morte dell’individuo.L’irreversibilità della perdi-

ta delle funzioni cerebrali, ac-certata dall’“encefalogrammapiatto”, non dimostra la morte

losofica dell’infusione dell’a-nima, ma ha sempre sostenutocon chiarezza l’obbligo mora-le di comportarsi nei confron-ti dell’embrione umano, fin dalconcepimento, come nei ri-guardi di una persona umana.Sul piano etico, l’embrione va

trattato come se fosse una per-sona, proprio perché non si puòescludere che l’anima sia infu-sa fin dal primo momento delconcepimento.Il solo dubbio circa l’identità

personale del neoconcepito ob-bliga moralmente a far sí chesi eviti qualsiasi pericolo neisuoi riguardi in quanto si po-trebbe incorrere nel rischio disopprimere un essere umano.Il fatto della presenza o as-

senza dell’anima umana nel-l’embrione non cambia l’im-moralità dell’aggressione con-tro di lui.Cambia solo la qualità di un

atto che resta intrinsecamenteimmorale.Se l’anima è presente è omi-

cidio, altrimenti è un attaccoalla radice stessa della vita uma-na.II principio di precauzione

morale che laChiesa applica al-l’embrione e allo stato vegeta-tivo del malato va logicamen-te esteso anche all’uomo di cuinon è definitivamente accerta-ta la morte.La vita inizia quando Dio

infonde l’anima nel corpo e fi-nisce quando il corpo si sepa-ra dall’anima: la Chiesa defi-nisce questi due momenti co-me “concepimento” e “mortenaturale” e afferma con chia-rezza che niente e nessuno può

dell’individuo.La perdita totale dell’unita-

rietà dell’organismo, intesa co-me la capacità di integrare ecoordinare l’insieme delle suefunzioni, non dipende infattidall’encefalo, e neppure dalcuore, perché non è né nel-l’encefalo, né nel cuore o neipolmoni la fonte della vita.

IL PROBLEMA MORALE:“IN DUBIO PRO VITA”

C’è una dimensione etica deldibattito, distinta da quellascientifica e filosofica.Sul pianomorale il principio

“in dubio pro vita” resta cen-trale.«Nessun dato sperimentale

può essere di per sé sufficien-te a far riconoscere un’animaspirituale» (10), afferma l’I-struzioneDonumVitae su “Il ri-spetto della vita umana na-scente”.Ben a ragione, la Congrega-

zione per la Dottrina della Fe-de afferma di non voler pro-nunciarsi sul momento dell’in-fusione dell’anima, cosí come,però, non è possibile pronun-ciarsi sul momento della suaseparazione dal corpo.Se non è possibile provare

sperimentalmente che nel-l’embrione sia presente l’animarazionale, non è neanche pos-sibile provare sperimentalmenteche l’anima razionale sia se-parata dal corpo del “morto ce-rebrale”.I due momenti, iniziale e fi-

nale della vita, sono infatti av-volti di mistero.Il Magistero della Chiesa ha

lasciato da parte la questione fi-

II principiodi precauzione moraleche la Chiesaapplica all’embrione eallo stato vegetativodel malatova logicamente estesoanche all’uomo di cuinon è definitivamenteaccertata la morte.La vita inizia quandoDio infonde l’animanel corpoe finisce quando il corposi separa dall’anima

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può imporla come una veritàscientifica assoluta.La caratteristica della scien-

za moderna è di essere unascienza ipotetica.Essa formula soltanto ipote-

si valide fino a prova contraria.L’ipotesi della morte cere-

brale ha quarant’anni: risale al-l’anno delle Rivoluzioni, il fa-tidico ’68.Non è un dogma scientifico.I progressi scientifici di que-

sti quarant’anni stimolano nuo-ve riflessioni.Il nostro incontro vuole da-

re voce a queste riflessioni, pro-venienti dalle piú diverse di-scipline del sapere ricordandole parole del Papa secondo cui«dove la certezza non fosse rag-giunta deve prevalere il princi-pio di precauzione».

(*) Riportiamo il testo dell’inter-vento introduttivo svolto dal Prof.Roberto deMattei al Convegno or-ganizzato dall’Associazione Fami-gliaDomani il 19 febbraio 2009 sultema “I Segni della Vita. La mortecerebrale è ancora vita?”.

1) Rosangela Barcaro, La que-stione della morte cerebrale nel-l’attuale dibattito, bioetica, Tesi diDottorato inbioetica,Genova2004,pp. 4 e ss.2) ADefinitionof irreversibleCo-ma. Report of the Ad Hoc Commit-tee of the Harvard Medical Schoolto Examine the Definition of BrainDeath, in “Journal of theAmericanMedical Association”, 205,1968,pp. 337-340.3) Aristotele,Deanima, II, 414a,12-13.4) Aristotele,Deanima, II, 412b,

BIOETICA E FINE VITAATTIVITA’PARTE SECONDA - APPROFONDIMENTI

5-6.5) Cfr. Finis Vitae. La morte ce-rebraleèancoravita?, (a curadiRo-berto deMattei), Rubbettino-CNR,Soveria Mannelli 2007.6) Pontificia Accademia delleScienze, Risposta alle dichiarazio-ni e ai commenti del prof. Spae-mann e del dr. Shewmon, in “Whythe Concept of Brain Death is va-lid as a Definition of Death”, Vati-can City, 2008, pp. 52-53.7) Cornelio Fabro, L’anima. In-troduzione al problema dell’uomo,Edizioni delVerbo Incarnato, Segni2005, p. 125.8) CarloAlbertoDeFanti,Soglie,Bollati Boringhieri, Torino 2007.9) ComitatoNazionale diBioeti-ca,Definizione e accertamento del-la morte nell’uomo, Presidenza delConsiglio deiMinistri, Roma1991,p. 13.10) Congregazione per la Dottrinadella Fede, IstruzioneDonumVitae,su “rispetto della vita umana na-scente e la dignità della procreazio-ne”, 22 febbraio1987, in“ActaApo-stolicae Sedis”, 80, 1, 1988, p. 79.11) Congregazioneper laDottrinadella Fede, Dichiarazione sull’eu-tanasia - natura et bona, 5 mag-gio1980, in “Acta Apostolicae Se-dis”, 72, 1, 1980, p. 546. La di-chiarazione è ribadita al § 59 del-l’Enciclica Evangelium Vitae.13) Discorso del Santo Padre Be-nedettoXVI ai partecipanti al Con-gresso internazionale sul tema “Undono per la vita. Considerazionisulla donazione di organi”, pro-mosso dalla Pontificia Accademiaper la Vita, 7 novembre 2008.

autorizzare l’uccisione di unessere umano innocente, fetoo embrione che sia, paziente instato vegetativo o cerebroleso,ammalato incurabile o agoniz-zante. Nessuno può richiederequesto gesto omicida per séstesso o per un altro affidatoalla sua responsabilità, né puòacconsentirvi esplicitamente oimplicitamente.Nessuna autorità può legitti-

mamente imporlo né permet-terlo (11).Nel suo discorso del 7 no-

vembre 2008 ai partecipanti alCongresso sulla donazione diorgani promosso dalla Pontifi-cia Accademia per la Vita, Be-nedettoXVI ha ricordato che gliorgani umani da trapiantarepossono essere prelevati solo“ex cadavere” e la scienza de-ve ulteriormente progredire sul-l’accertamento della morte, inmodo che non rimanga «il mi-nimo sospetto di arbitrio».«La scienza, in questi anni -

ha detto il Papa - ha compiutoulteriori progressi nell’accer-tare la morte del paziente.È bene quindi che i risultati

ottenuti raggiungano il con-senso dell'intera comunitàscientifica cosí da favorire laricerca di soluzioni che dianocertezza a tutti.In un àmbito come questo,

infatti - ha detto ancora il Pon-tefice- «non può esserci il mi-nimo sospetto di arbitrio e do-ve la certezza non fosse rag-giunta deve prevalere il princi-pio di precauzione» (12).Sulla morte cerebrale non

esiste l’intero consenso dell’u-manità scientifica e nessuno

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PIÚ IMPRESAPIÚ PERSONA

di Gianfranco VanziniPresidente SezioneUCID di Rimini

APPROFONDIMENTI

PARTE SECONDA

rio bello e accogliente”, e cioèun territorio dove si vive bene,dove i valori religiosi e civili,sono possibilmente condivisi,o comunque rispettati da tuttie chiunque vi arrivi si senta be-ne accolto e accettato.Partendo dalla nostra espe-

rienza quotidiana siamo con-vinti che, se si vogliono rag-giungere degli obiettivi con-creti, occorre definirli in mo-do preciso monitorarli e misu-rarli continuamente, avendo inprecedenza determinato anchegli indicatori necessari e utiliper farlo.Le proposte operative che

seguiranno dovranno pertantoessere accompagnate da indi-catori adeguati che permettanouna verifica costante dei risul-tati raggiunti, del coinvolgi-mento e della collaborazioneprestata dai vari enti interes-sati e la possibilità di provve-dere velocemente a eventualicorrezioni di rotta.Entrando piú nel merito vor-

remmo sottolineare alcuni pun-ti.La famiglia è un bene inso-

stituibile per tutti, fondamen-to della vita sociale e civile,che si trova al centro di quasitutti i problemi che si devonoaffrontare.La famiglia, purtroppo, non

trova cittadinanza, è ridotta afatto privato e subisce il con-flitto con il lavoro.Sarebbe necessario invece

considerarla soggetto prima-rio nella capacità di rispostaalle difficoltà ed esigenze in-contrate, e allo stesso tempofavorirne la nascita, la cresci-

UN PIANOSTRATEGICO

DI RINNOVAMENTO

Partendo dallariorganizzazionedel territorio, si devonoattuare riforme einterventi sociali epolitici rispettosidella persona

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Il Presidente della sezione UCID riminese propone, in questo con-tributo, la costruzione di un piano di rinnovamento, rispettoso delle tra-dizioni, che consenta una riorganizzazione del territorio della città di Ri-mini, atto a renderlo “a misura di persona”, con particolare attenzionealle esigenze dell’individuo tramite il potenziamento della famiglia, del-l’impresa e della formazione culturale.

The President of the Rimini UCID section, proposed in this contri-bution, the building of a plan for renovation, respectful of the tradi-tion, which allows a reorganization of the territory of the Rimini citythat transformed it into a place "built for the person" with particularattention to the individual’s needs through the strengthening of the fa-mily, the enterprise and the education.

La crisi finanziaria in-ternazionale rischia dicreare effetti gravi an-

che sul lungo periodo, con pe-santi ricadute sui lavoratori,sulle famiglie, sulla società esull’economia reale (quellache produce beni e servizi).Una visione strategica del

territorio, che ne riorganizzi asistema i processi di governo,può essere davvero la risposta,a patto di considerare la cen-tralità della persona umana edel bene comune, non comeuno dei tanti parametri in gio-co, ma come criterio chiave diogni scelta sociale, economicae politica.Come prima conseguenza

dell’affermazione del princi-pio della centralità della per-sona, figura l’attenzione co-stante che deve essere posta al-le sue esigenze materiali spi-rituali, sociali e valoriali.L’obiettivo cui tendere, per-

ciò, può essere sintetizzato nel-la frase: “costruire un territo-

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ATTIVITA’ PIÚ IMPRESAPIÚ PERSONAPARTE SECONDA - APPROFONDIMENTI

vi insediamenti o allargarequelli esistenti.Le necessarie nuove zone

artigianali o industriali devono,però, essere il frutto di una po-litica del territorio a “misurad’uomo”, non di speculazioneo di uso ideologico del territo-rio.Dovranno perciò essere pre-

viste e progettate non come ag-glomerati di cemento, senzaalberi e senza zone verdi, maobbligatoriamente dotate diadeguata e scorrevole viabilità,parcheggi, zone verdi, e pisteciclabili.Le aree individuate non pos-

sono, né devono, essere “cen-

me che lavorano al pomerig-gio).Nel settore dell’impresa,

spesso viene criticato da mol-ti il sottodimensionamentostrutturale delle imprese rimi-nesi.A nostro avviso non è esat-

to, in quanto ci si preoccupa diqualcosa che invece deve essereconsiderata una ricchezza.Una delle caratteristiche del-

la nostra Provincia, infatti, èl’avere molte imprese: oltre33.000.Per la maggior parte sono

piccole o medie, è vero. Tut-tavia la loro dimensione nonpuò, né deve, dipendere daspinte o “agevolazioni” parti-colari, ma solo dalla capacitàdei singoli imprenditori di fa-re crescere le loro imprese.È evidente che esse potreb-

bero trarre dei vantaggi se riu-scissero a portare avanti “unlavoro di squadra” in manieraautonoma o con l’aiuto delleistituzioni.Per quanto concerne la Pub-

blica Amministrazione questapuò giocare un ruolo impor-tante, migliorando la propriaefficienza e aumentando la ca-pacità di dare risposte rapide al-le richieste delle imprese.Gli enti pubblici preposti do-

vranno, perciò, preoccuparsidi definire iter burocratici sem-plici per la loro apertura e il lo-ro sviluppo e, attraverso unaadeguata e corretta politica ur-banistica e del territorio, met-tere a disposizione delle im-prese in crescita luoghi e areedove le aziende che lo neces-sitano possano costruire nuo-

ta, l’associazionismo e il mu-tuo-aiuto.Creare le condizioni perché

nasca, rivalutando il significa-to del matrimonio, cosí comelo prevede la nostra Costitu-zione e il valore indiscutibiledell’impegno “per sempre”,cercando anche di mettere adisposizione i locali, necessa-ri perché la famiglia si formi.La famiglia è il fulcro della

società e pertanto deve essereconsiderata un soggetto eco-nomico da tutelare e un puntodi partenza di qualsiasi formadi educazione: al risparmiopiuttosto che al consumo, al-l’impegno piuttosto che al suc-cesso facile, al senso del doverepiuttosto che alla sola pretesadei diritti, alla responsabilitàindividuale piuttosto che al fa-cile rifugio nella “colpa” del-la società (o degli altri).Per questo occorre collabo-

rare attivamente con le Asso-ciazioni di volontariato che sioccupano dei problemi dellafamiglia, dell’assistenza e del-l’educazione di bambini e ra-gazzi.Occorre aiutare la composi-

zione e la collaborazione, e nonil conflitto, fra lavoro dome-stico e lavoro fuori casa, favo-rendo e incentivando il lavoroa orario ridotto (part-time).Continuare e possibilmente

incrementare la politica degliasili aziendali, asili condomi-niali ecc.Fornire, con orari adeguati,

alcuni servizi indispensabili(es. alcune sezioni di scuolamaterna e/o elementari, aper-te fino alle ore 19 per le mam-

La famiglia è il fulcrodella società e deve essereconsiderata un soggettoeconomico da tutelare eun punto di partenza di

qualsiasi forma dieducazione: al risparmiopiuttosto che al consumo,all’impegno piuttosto che

al successo facile,al senso del dovere

piuttosto che alla solapretesa dei diritti,alla responsabilità

individuale

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promuovere competenze, qua-lifiche, adattabilità al cambia-mento e innovazione.La sfida sta nel preparare e

accompagnare le persone nel-l’inserimento al lavoro, nellaloro successiva qualificazione,e nella eventuale, anche semaiauspicabile, uscita dal lavoro.Per questa ragione, è compito

di tutti gli Enti con cui il citta-dino entra in contatto, (com-prendendo anche le aziende ele categorie economiche) for-nire, ciascuno per la sua parte,le occasioni per un completosviluppo delle potenzialità in-dividuali.La competenza, acquisita at-

traverso la scuola, la forma-zione e l’esperienza, è lo stru-mento con il quale si vince lasfida della complessità, dellaflessibilità e della competiti-vità.Un territorio che impara è

un territorio in crescita.La formazione che produce

competenza può essere lo stru-mento attraverso il quale le per-sone riescono ad affrontare lapropria vita con maggiore se-renità.Facilitare l’accesso all’i-

struzione è uno dei compiti del-la Pubblica Amministrazione,prevedere agevolazioni o sus-sidi per i ragazzi e i giovaniche frequentano le scuole pa-ritarie potrebbe essere un mo-do per allargare le possibilitàdi formazione e adempiere a undovere costituzionale.Si deve continuare nella ri-

cerca di uno stretto connubioe di un costante dialogo co-struttivo e reciprocamente pro-

positivo, tra: Università, im-prese e contesto socio-econo-mico del territorio, al fine di po-ter dare risposte concrete al-l’esigenza di avere giovani ade-guatamente preparati per af-frontare e vincere le future sfi-de della vita e della globaliz-zazione.La crescita degli iscritti re-

sidenti è senz’altro un dato po-sitivo e responsabilizzante, inquanto chiede e consente al-l’Università di essere una pos-sibilità di risposta alle esigen-ze di formazione dei giovani ri-minesi e “rifornimento” di ri-sorse umane adeguatamentepreparate per le aziende loca-li. Attenzione particolare allo-ra va posta anche nel facilita-re al massimo l’incontro fra larichiesta di personale qualifi-cato (da parte delle aziende) el’offerta (da parte della Uni-versità), per agevolare l’in-gresso dei giovani laureati nelmondo del lavoro.Per quanto riguarda in par-

ticolare la formazione profes-sionale sono necessarie attivitàe percorsi formativi concreti,progettati e organizzati, nonper dare lavoro ai formatori,ma per dare risposte alle per-soneIl Turismo è senz’altro la no-

stra “materia prima”, possiamoconsiderarla il “petrolio” no-strano.Allo stesso modo del petro-

lio esso porta ricchezza e sva-riate problematiche.Occorre perciò valorizzarlo

al massimo, stando bene at-tenti però a non snaturare, opeggio ancora perdere, le no-

tellinate” e magari “persona-lizzate”. Va superata la politi-ca dei “fazzoletti” e favoritainvece quella di aree ampie,con vasti spazi disponibili eutilizzabili e di diversi pro-prietari terrieri, in modo dacreare anche un naturale cal-miere per i prezzi.La viabilità cittadina, oggi

molto critica e difficile, svol-ge un ruolo importante nellavivibilità quotidiana.Un’ unica soluzione non esi-

ste, potrebbero coesistere pia-ni d’azione diversificati e ognu-no con risultati parziali, tutta-via, piuttosto che aspettare “lasoluzione definitiva”, sarebbebene iniziare con interventima-gari piccoli, ma che comunqueaffrontino il problema e lo ri-solvano almeno parzialmente.La Scuola, l’Università, la

Formazione professionale rap-presentano per i cittadini, perle Istituzioni e per le impreseuna sfida cruciale che richiedeuna strategia coordinata per

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stre tradizioni e i nostri valori.Bisognerà cercare di favori-

re l’integrazione tra i vari seg-menti dell’offerta turistica esi-stente al fine di potenziarli.Occorre allungare e diversi-

ficare l’offerta, pensando ancheal turismo familiare, a quellosportivo, a quello scolastico, aquello sociale e per disabili.Dare il giusto rilievo ai beni

e valori ambientali, culturali,artistici, monumentali, com-presi i prodotti tipici dell’a-gricoltura e dell’artigianato lo-cale.Un’azione, possibilmente

coordinata, fra Enti preposti eimprese per la ricerca e l’a-pertura di nuovi mercati.Il progetto elaborato riguar-

da la vita degli abitan-ti/residenti della città e dei tu-risti.Le esigenze di queste duecategorie sono spesso conci-liabili, a volte identiche, manon sempre. Qualora fosserodivergenti, è indispensabileprendere provvedimenti e de-cisioni ponderate e adeguate,analizzando le conseguenzesull’una e sull’altra categoria,avendo sempre presente che ilbene di qualcuno non deve rea-lizzarsi a detrimento del benedi altri.Dobbiamo ricordare in que-

sto progetto di rinnovamento amisura di persona quelle chesono le nostre tradizioni.Esse vanno preservate e tra-

smesse alle nuove generazio-ni perché costituiscono la ra-dice del nostro essere e del no-stro benessere. Innovare nonsignifica, infatti, stravolgere lanostra identità.

COMEFRONTEGGIARE

LA CRISI DA

AUTENTICI CRISTIANI

Il nuovo modellodi sviluppo è basatosulla centralitàdella personae sulle esigenzedel bene comune

PARTE SECONDA - APPROFONDIMENTI

ATTIVITA’

di Marco GoriniSocio SezioneUCIDRimini

Nell’odierno contesto di crisi profonda che ha investito il mondodella finanza e l’economia reale, occorre un rinnovato impegno dei cri-stiani per costruire un nuovo modello di sviluppo basato sulla centralitàdella persona e maggiormente attento alle esigenze del bene comune.Vengono indicate nell’articolo alcune proposte concrete indirizzate araggiungere questo obbiettivo, da attuarsi direttamente sul territorio dicittà, province e regioni.

In the current context of deep crisis, that has affected the world offinance and the real economy, we need a renewed commitment of Ch-ristians to build a new development model, based on the centrality ofthe person and more attentive to the needs of the Common Good. Inthe article are suggested some concrete proposals in order to achievethis target, that have to be implemented directly on the territory of ci-ties provinces and regions.

PERSONAE BENE COMUNE

Inquesti inizi del nuovo an-no tutta la realtà sociale e ci-vile si trova a dover affron-

tare una crisi globalizzata cheha toccato il mondo della fi-nanza e sta presentando preoc-cupanti ricadute sull’economiareale, sui consumi, sulle pro-duzioni e sulle commesse di la-voro, soprattutto per quanto ri-guarda l’impatto sulla vita con-creta della gente comune, e deipoveri in particolare.

LA SITUAZIONE IN ATTO

Le cause, che hanno portatoa questa crisi, vanno ricercatein quel processo che ha carat-terizzato il mondo della finan-za in questi ultimi decenni.Sempre piú la finanza ha pre-

so il sopravvento sulla societàintera condizionandone la vita,le scelte, i modelli ed i valoridi riferimento.Una finanza sganciata da

qualsiasi valore etico che hafatto dell’efficienza economicail criterio principale e ultimo di

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«C’è una nuovaprimavera sociale- scriveva il Card.Tettamanzi a Natale2008 - fattadi volontariato, mutuosoccorso, cooperazioneda far fiorire perchéinsieme - ne sono certo -,solo insieme, è possibileaffrontare e superarele difficoltà chesperimentiamoe che si prospettano»

del legno.Negli ultimi tremesi del 2008

il ricorso alla cassa integrazio-ne è salito, nel riminese, del541%, un dato superiore allacrescita media nazionale, cer-tificata dall'Istat al 525%, conuna forte diffusione della cas-sa integrazione a zero ore, os-sia quella che garantisce ad unlavoratore circa 750 euro alme-se. Le aziende che stanno uti-lizzando la cassa integrazionesono 56 per un totale di 1.641dipendenti.In unmondo lavorativo sem-

pre di piú in difficoltà chi perprimo rischia l’esclusione so-no quelle categorie meno tute-late come i lavoratori precari,gli immigrati e le persone a bas-sa professionalità.L’AssociazioneFamiglie In-

sieme della Caritas diocesana,che sostiene famiglie che pervari motivi si trovano in diffi-coltà finanziarie, ha registrato,nell’anno 2008, un impennataa dismisura di richieste di aiu-to (da 20 si è passati a 200 l’an-no). Alla luce di questi dati èevidente che molte famigliehanno difficoltà ad affrontare lavita quotidiana vedendo ridot-te le proprie entrate economi-che. Molte persone si rivolgo-no alle istituzioni per avere uncontributo per l’affitto, per la ra-ta sulla casa e per l’acquisto dialimenti.

USCIRE DALLA CRISI

Da piú parti si sottolinea co-me questa crisi possa essere vi-sta come una opportunità dacogliere per un cambio di rot-ta nello stile di vita che ha ca-

ratterizzato la società occiden-tale.Occorre trovare la forza per

una profonda revisione delmo-dello di sviluppo dominante.Cosí affermava il Card. Tet-

tamanzi nell’omelia della not-te di Natale del 2008:«C’è uno stile di vita costruito

sul consumismo che tutti siamoinvitati a cambiare per tornarea una santa sobrietà, segno digiustizia prima ancora che divirtú. C’è una solidarietà uma-na da ritrovare nei nostri Paesie nelle nostre città per usciredall’anonimato e dall’isola-mento, perché chi vivemomentidi difficoltà non si senta ab-bandonato. C’è una nuova pri-mavera sociale fatta di volon-tariato, mutuo soccorso, coo-perazione da far fiorire perchéinsieme - ne sono certo -, soloinsieme, è possibile affrontaree superare le difficoltà che spe-rimentiamo e che si prospetta-no».Solo insieme si può affron-

tare la crisi, da questomomentonon si può uscire da soli,ma oc-corre che tutte le istituzioni ci-vili, sociali e religiosemettanoin campo le loro migliori ri-sorse per costruire un nuovomodello di sviluppo, attento al-le esigenze del bene comunestrettamente connesse al ri-spetto e alla promozione dellapersona: «Le esigenze del be-ne comune derivano dalle con-dizioni sociali di ogni epoca esono strettamente connesse alrispetto e alla promozione in-tegrale della persona e dei suoidiritti fondamentali. Tali esi-genze riguardano anzitutto l’im-

ogni sua attività. Accettando, inmodo “ideologico”, il princi-pio dell’efficienza economica,un certo quadro di valori eticicome: la piena occupazione, ilsostegno alla famiglia, la soli-darietà con i piú poveri, da tu-telare e da promuovere per il be-ne della società e per l’uomo so-no venuti meno.Sempre di piú aumenta la di-

stanza tra poveri e ricchi.

I DATI NELLA NOSTRA PROVINCIA

Anche nella provincia di Ri-mini si sono verificate riper-cussioni pesanti nel settore del-le piccole emedie imprese, so-prattutto metalmeccaniche e

ATTIVITA’PARTE SECONDA - APPROFONDIMENTI

PERSONAE BENE COMUNE

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«La lotta alla povertà -afferma Papa

Benedetto XVI -ha bisogno di uominie donne che vivano

in profonditàla fraternità esiano capaci di

accompagnare persone,famiglie e comunità

in percorsi di autenticosviluppo umano»

pegno per la pace, l’organizza-zione dei poteri dello Stato, unsolido ordinamento giuridico,la salvaguardia dell'ambiente,la prestazione di quei serviziessenziali delle persone, alcu-ni dei quali sono al tempo stes-so diritti dell’uomo: alimenta-zione, abitazione, lavoro, edu-cazione e accesso alla cultura,trasporti, salute, libera circola-zione delle informazioni e tu-tela della libertà religiosa. Nonva dimenticato l’apporto cheogni Nazione è in dovere di da-re per una vera cooperazione in-ternazionale, in vista del benecomune dell'intera umanità, an-che per le generazioni future.(cfr. Compendio della Dottri-na Sociale dellaChiesa, n. 166)In questa particolare fase del-

la realtà, in cui viviamo, pen-siamo che la comunità cristia-na sia chiamata a operare unvero discernimento comunita-rio coinvolgendo tutte le suecomponenti, in modo partico-lare i laici, per comprenderemaggiormente i valori fonda-mentali che sono in gioco inquesta situazione.Da tener presente, infine, che

questa crisi, come ha detto ilCard. Bagnasco, può disvelarele sue virtualità educative: «sianei riguardi delle persone giàadulte, che però devono sapermodificare il proprio modo dipensare e i propri comporta-menti, sia verso i piú giovani,ai quali apparirà piú chiaro chenon basta aver di mira l’acqui-sizione di abilità tecniche: oc-corre educare le emozioni, im-pegnarsi sulle virtú personali esociali, dar valore “anche” al-

l’anima, giacché questa è indi-spensabile per vivere e viverebene. Se - ormai è chiaro - un’e-conomia virtuale ha creato unavisione virtuale anche della vi-ta, allora bisogna riportarsi alcentro di sé, e da lí riprenderee semmai raddrizzare le scelteda compiere nei vari ambiti,comprese quelle economiche.

ALCUNI PERCORSI EDUCATIVI

1) Educare alla solidarietà

Papa Benedetto XVI:«Chi ha la possibilità di la-

vorare sia riconoscente al Si-gnore e apra con generosità l’a-nimo a chi invece si trova indifficoltà lavorative ed econo-miche».«La lotta alla povertà ha bi-

sogno di uomini e donne che vi-vano in profondità la fraternitàe siano capaci di accompagna-re persone, famiglie e comu-nità in percorsi di autentico svi-luppo umano».Card. Bagnasco«Abbiamo fiducia in Dio e

abbiamo fiducia nell’uomo, nelsuo nativo buon senso. Fiducianella sua capacità di imparare,nonostante tutto, anche dai pro-pri errori. E questo ci stimolaa farci discepoli piú umili e at-tenti della vita sia nella buonache nella cattiva sorte: nellabuona per continuare a svilup-pare il bene anche se arduo,nella cattiva per combattere ilmale ed evitarlo per quanto se-ducente. Ma dobbiamo farloinsieme! Guai se si insinua unmeccanismo di chiusure reci-proche, che accentuano le so-litudini e lasciano nell’abban-

dono i piú bisognosi di aiuto.Non se ne esce da soli: da que-sto, come da altri momenti dif-ficili, si può uscire solo insie-me.

Alcune proposte

a) Costituire un “Fondo diSolidarietà” nei vicariati o nel-le zone pastorali per aiutare lefamiglie bisognose o consoli-dare il fondo dall’Associazio-ne “Famiglie insieme”.Tutte le parrocchie, associa-

zioni, Fondazioni, singoli cit-tadini saranno chiamati a con-tribuire. Essendo per noi un di-scorso educativo è importanteprevedere un percorso a livel-

PARTE SECONDA - APPROFONDIMENTI

PERSONAE BENE COMUNE

ATTIVITA’

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«Il primo fondamentodel valore del lavoro -scriveva GiovanniPaolo II - è l’uomostesso, il suo soggetto.A ciò si collega subitouna conclusione moltoimportante di natura etica:per quanto sia una veritàche l’uomo è destinatoed è chiamato al lavoro,però prima di tuttoil lavoro è “per l’uomo”,e non l’uomo“per il lavoro”»

ze sociali, Sindacati, Confin-dustria, rappresentanti di cate-gorie, Istituti di credito, costi-tuiscano un tavolo di lavoro percostruire insieme un “Pianoper affrontare la crisi” che pos-sa prevedere azioni comuniconcertate a favore delle fami-glie e lavoratori che maggior-mente sono coinvolti nella cri-si:• I comuni potrebbero uti-

lizzare risorse non solo per igrandi eventi pubblici dellacittà,ma anche per aiutare le fa-miglie in difficoltà.• Gli Istituti di Credito, me-

mori delle loro origini spessosolidaristiche e del ruolo so-ciale del denaro, facilitare l’ac-cesso al credito e costituire fon-di sociali per interventi assi-stenziali, ma anche per attiva-re nuovi sbocchi lavorativi.• Le imprese e i sindacati

mettano insieme le forze perun attenzione particolare versole categorie piú deboli e indi-fese: lavoratori precari, lavora-tori stranieri, lavoratori a bas-sa professionalità.• Accesso ai crediti per le

imprese.• Costituzione di un fondo

sociale per i primi interventi afavore delle famiglie che nonriescono a pagare le utenze e gliaffitti e per creare nuovi postidi lavoro.

2) Il lavoro è per l’uomo

Dall’Enciclica “Laboremexercens” di Giovanni Paolo II:«Il primo fondamento del va-

lore del lavoro è l’uomo stes-so, il suo soggetto. A ciò si col-lega subito una conclusione

molto importante di natura eti-ca: per quanto sia una veritàche l’uomo è destinato ed èchiamato al lavoro, però primadi tutto il lavoro è “per l’uomo”,e non l’uomo “per il lavoro”.Con questa conclusione si ar-riva giustamente a riconoscerela preminenza del significatosoggettivo del lavoro su quel-lo oggettivo. Dato questo mo-do di intendere, e supponendoche vari lavori compiuti dagliuomini possano avere unmag-giore o minore valore oggetti-vo, cerchiamo tuttavia di por-re in evidenza che ognuno di es-si si misura soprattutto con ilmetro della dignità del sogget-to stesso del lavoro, cioè dellapersona, dell’uomo che lo com-pie» (n. 6)Dall’Enciclica “Centesimus

annus” di Giovanni Paolo II:«Lamoderna economia d’im-

presa comporta aspetti positi-vi, la cui radice è la libertà del-la persona, che si esprime incampo economico come in tan-ti altri campi. L’economia, in-fatti, è un settore della mul-tiforme attività umana, e in es-sa, come in ogni altro campo,vale il diritto alla libertà, comeil dovere di fare un uso re-sponsabile di essa. Ma è im-portante notare che ci sono dif-ferenze specifiche tra questetendenze dellamoderna societàe quelle del passato anche re-cente. Se un tempo il fattoredecisivo della produzione era laterra e piú tardi il capitale, in-teso come massa di macchina-ri e di beni strumentali, oggi ilfattore decisivo è sempre piúl'uomo stesso, e cioè la sua ca-

lo parrocchiale e di aggrega-zioni laicali.• Nel Consiglio Pastorale

Parrocchiale e nelle associa-zioni approfondire e capire in-sieme la situazione odierna.• Avere un quadro approssi-

mativo delle situazioni piú a ri-schio attraverso le benedizionidelle famiglie e la Caritas par-rocchiale o interparrocchiale.• La Domenica della Soli-

darietà. Scegliere una domeni-ca durante la Quaresima peranimare ai temi della solida-rietà coinvolgendo tutte le per-sone durante le messe.b) Le varie istituzioni, Co-

mune, Provincia, le varie for-

ATTIVITA’PARTE SECONDA - APPROFONDIMENTI

PERSONAE BENE COMUNE

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«Occorre un nuovostile di sobrietà

- ha scritto recentementeBenedetto XVI -,

capace di conciliareuna buona qualitàdella vita con la

riduzione del consumo diambiente, assicurando

cosí un’esistenzadignitosa anche

ai piú poveri e allegenerazioni future ...»

pacità di conoscenza che vie-ne in luce mediante il saperescientifico, la sua capacità di or-ganizzazione solidale, la suacapacità di intuire e soddisfareil bisogno dell’altro».

Alcune proposte

• Riportare la riflessione sultema del lavoro al centro dellenostre comunità. La Chiesa de-ve valorizzare il mondo del la-voro.• Organizzazionedi gruppi di

lavoratori che insieme riflettanosulla loro vita.• Avere un’attenzione parti-

colare alle persone chevivono laprecarietà e la ricerca del lavoro.• Una riflessione sulla situa-

zioni lavorativa dei migranti.

3)Una nuova sobrietà per abi-tare la Terra

Dal messaggio dei vescoviin occasione della 3a Giornataper la salvaguardia del Creato:«La sfida della sostenibilità

è complessa e interpella le isti-tuzioni politiche e i soggettieconomici. Vorremmo, però,soffermarci in questa sede su unaspetto che interessa tutti i cit-tadini dei Paesi piú industria-lizzati: quello di un profondorinnovamento delle nostre for-me di consumo. Occorre, in-fatti, un nuovo stile di sobrietà,capace di conciliare una buo-na qualità della vita con la ri-duzione del consumo di am-biente, assicurando cosí un’e-sistenza dignitosa anche ai piúpoveri e alle generazioni futu-re. È il richiamo formulato dalSanto Padre in occasione del-la Solennità dell’Epifania 2008:

c’è bisogno di una speranzagrande che faccia “preferire ilbene comune di tutti al lusso dipochi ed allamiseria di molti”;solo “adottando uno stile di vi-ta sobrio, accompagnato dal se-rio impegno per un’equa di-stribuzione delle risorse, saràpossibile instaurare un ordinegiusto e sostenibile”».

Alcune proposte

• Nelle nostre comunità, ol-tre alla povertàmateriale, ci so-no povertà relazionali, moralie spirituali. Ogni parrocchia sifaccia carico di queste situa-zioni coinvolgendo i gruppi fa-miglie esistenti sul territorio.• Organizzazione dei mo-

menti di preghiera e di rifles-sione sui temi della salvaguar-dia del Creato.• Nella diocesi un gruppo di

persone è a disposizione perl’aiuto alle comunità sui temidel creato.• Proporre alle famiglie in

occasioni come il Battesimo diun figlio, la prima Comunioneo la Cresima di fare delle scel-te diverse e piú sobrie.• Alle coppie che si sposa-

no proporre di pensare al loromatrimonio come un occasio-ne di testimonianza verso pro-getti di adozione a distanza odi iniziative a sostegno dellamaternità.Sussidie strumenti utilizzabili:• Schede sugli stili di vita;• Sussidio sulBeneComune;• Sussidio sulla cittadinanza;• Sussidio per celebrare la

Giornata della Salvaguardia delCreato.

«... c’è bisogno di unasperanza grande che

faccia “preferire il benecomune di tutti al lussodi pochi e alla miseria

di molti”;solo “adottando

uno stile di vita sobrio,accompagnato

dal serio impegno perun’equa distribuzione

delle risorse, saràpossibile instaurare

un ordine giustoe sostenibile»

PARTE SECONDA - APPROFONDIMENTI

PERSONAE BENE COMUNE

ATTIVITA’

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Questo contributo, con cifre e percentuali ben precise, illustra in manierainequivocabile la situazione di estrema povertà in cui versano la maggior par-te delle famiglie togolesi. Esprimere in valori numerici il disagio in cui esse vi-vono può apparire riduttivo, ma certamente molto utile nel farci comprenderecome ciò che da noi appare scontato, come: l’istruzione, il parto assistito, lezanzariere per proteggersi dagli insetti, costituiscono il frutto di una difficileconquista, il risultato di un enorme lavoro da parte di un Paese che lotta, ognigiorno, per costruire faticosamente le basi del proprio sviluppo.

This contribution, with precise numeral and percentages, shows unequivo-cally the situation of extreme poverty in whichmost families in Togo live. Theexpression in numbers of the hardships they live, may seem simplistic, but cer-tainly very useful in order to understand that what seems obvious to us suchas: education, assisted birth, the mosquito nets to protect themselves from in-sects, are the result of a difficult conquest, the product of an enormous work ofa Country who struggles everyday, to build the basis of its own development.

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LE CARATTERISTICHEDELLA POVERTÀ

Il Togo:un Paese che lotta,ogni giorno,per costruirefaticosamentele basidel proprio sviluppo

nie tra cui le piú importanti so-no:gliEweasud (46%), iKabyéa nord (22%), i Uaci oOuatchis(14%), iMina, iMossi e gliAja.Il Togo fa parte della Comu-

nità finanziaria africana (CFA);la moneta ufficiale è quindi ilFranco CFA, legato all’Euro edemesso dalla banca centrale de-gli Stati della CFA, situata aDakar in Senegal.Il Togo è suddiviso ammini-

strativamente in regioni, a lorovolta suddivise in prefetture adeccezione della capitale Lomé,che non appartiene ad alcunaprefettura, e che ha la qualificaamministrativa di comune.Le regioni sono cinque: da

nord a sud, incontriamo la Re-gione delle Savane con capitaleDapaong, (suddivisa in 4 pre-fetture), la regione di Kara concapitale Kara, (7 prefetture), laRegione Centrale con capitaleSokodé, (4 prefetture), la Re-gione degli Altopiani con capi-tale Atakpamé, (9 prefetture) ela Regione marittima con capi-taleLomé, (6 prefetture e un co-mune).Perquanto riguarda la re-ligione il 51% della popolazio-ne è animista.Il secondomaggiorgruppo re-

ligioso è costituito dai cristianiper il 29% (di cui 21% cattoli-ci, 7% protestanti e il rimanen-te 1% di altre confessioni cri-stiane); il resto della popolazio-ne è principalmente di fede isla-mica.

IL DIFFICILE CAMMINOVERSO LO SVILUPPO

Il Togo èMembro dell’Orga-nizzazione delleNazioniUnite,l’Unione Africana, l’Organiz-

PARTE SECONDA

APPROFONDIMENTI

di Napoiga Mokondji

IlTogo, ufficialmenteRepubbli-caTogolese (in franceseRépu-bliqueTogolaise), è unoSta-

todell’AfricaOccidentale.Con-fina a ovest con il Ghana, a estcon ilBenin, a nordcon ilBurki-na Faso e si affaccia per un bre-ve tratto (soltanto 56 km) sulGolfo di Guinea a sud; in que-sto tratto di costa si trova la ca-pitale Lomé.LoStato è vasto (56.795km²)

edèabitatoda5.598.000abitanticon una densità di 98,6 ab/km².La lingua ufficiale è il francese,ma sono diffuse numerose lin-gue africane, tra cui molti dia-letti della lingua ewe e kabre.Le lingue indigene dello Sta-

to si suddividono in due gruppi:nella parte centro-meridionaleci sono le lingue gbe (o linguekwa), appartenenti alla famigliaguineiana; in quella centro-set-tentrionale predominano le lin-gue gur (appartenenti alla fami-glia africanaoccidentale).Lava-rietà di lingue è data dalla pre-senza sul territoriodi circa45et-

IL TOGO: UN PAESECHE CRESCE

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zazioneMondiale dalCommer-cio, l’Organizzazione per l’Ar-monizzazione in Africa del Di-ritto degli Affari, l’Organizza-zione Africana della ProprietàIntellettuale, la Comunità Eco-nomica degli Stati dell’AfricadelOvest, l’UnioneEconomicae Monetaria Ovest Africana.Inoltre, è firmatario di diver-

se convenzioni di cooperazioneeconomica, commerciale, e disviluppo con l’UnioneEuropea.Dal 1975 ha una economia li-

berale che si basaper lamaggiorparte sul settore primario.Questo settore produce circa

il 40%delProdotto InternoLor-do (PIL) e impiega piú del 70%della popolazione.I settori secondario e terziario

rappresentano rispettivamentecirca il 23% e il 36% del PIL.Sono le aziendemedio picco-

le a occuparsi della produzioneagricola.Il settore delle esportazioni (le

principali riguardano: fosfati,cotone, caffè e cacao) rappre-sentano il 34% del PIL nell’ar-co temporale compreso tra il2004 e il 2005.Secondo la Banca Mondiale,

nel 2005, il Paese ha registratoun reddito annuo lordo pro ca-pite di 350 dollari (metodologiaAtlas), classificandosi cosí nel-la categoria dei Paesi MenoAvanzati (PMA), con un PIL dicerca 2.028 milioni di dollariUSA.Il Paese ha sempre cercato di

combattere la povertà con ognimezzo disponibile.Nel 1966 è stato adottato un

piano che avrebbe dovuto por-tare al decollo economico daraggiungere nel 1985.

Questo piano ven-tennaleè stato strut-turato in quattropiani quinquennaliconobiettivi strate-gici ben definiti.Il primo piano(1966-1970) si pre-fissava di fondarele basi per uno svi-luppo economicograduale.Il secondo piano(1971-1975) dove-va rafforzare e con-solidare gli obietti-vi del primo.Il terzo piano(1976-1980) si oc-cupava della pro-duzione diversifi-cata ed equilibrata.Il quarto piano

(1981-1985) doveva condurre aldecollo economico.È nel quadro degli obiettivi

del terzo piano che il Governo,negli anni 1974-75, appoggian-dosi sull’incremento delle en-trate economiche dovute a unconsistente aumento dei prezzidei prodotti di base, e quindicomportanti un ampio guada-gno da parte delle aziende agri-cole, decide di impegnarsi in uningente programma d’investi-mento.Sfortunatamentequestoboom

economico si rivela di brevissi-ma durata: i prezzi dei prodottidi base crollanobruscamente unanno piú tardi, costringendo ilGoverno a ricorrere a ingentiprestiti internazionali, a condi-zioni molto svantaggiose, perportare a termine i progetti ini-ziati.Nonostante l’attività e le ri-

sorse investite, i piani di svilup-po non hanno condotto ai risul-tati sperati e il Paese si è trova-to in una seria difficoltà econo-mica: non solo non si erano rag-giunti gli obiettivi prefissati perlo sviluppo del Paese, ma ci sitrovava nell’impossibilità di re-stituire il denaroavuto inprestito.Per fronteggiare questa situa-

zione, all’inizio degli anni Ot-tanta, il Governo si è impegna-tonel risanamentodell’economianazionale, attuando programmisostenuti finanziariamente dalFondoMonetario Internaziona-le (FMI), la Banca Mondiale, ealtri finanziatori minori.Tali iniziative hanno permes-

so di tamponare la crisi econo-

PARTE SECONDA - APPROFONDIMENTI

IL TOGO: UN PAESECHE CRESCE

ATTIVITA’

IL PAESE IN CIFRE

Superficie 56.795 km²Popolazione (anno 2008) 5.598.000 abit.PIL (2004) 2.028 ml. $ USComposizione del PIL• Agricoltura 40%• Industria 23%• Servizi 37%

Reddito annuo pro capite (2005) 350 $ USSoglia di povertà (2006) 61,7 %Vita media (2003) 55 anniAlfabetizzazione• Uomini 77,0%• Donne 51,9 %

Mortalità infantile (2006) 7,7 %Scolarizzazione (2006) 74,6 %Crescita annua

demografica (1998) 2,4 %Disoccupazione 33,0 %Inflazione (2006) 2,2 %

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gli altri partner di sviluppo pro-vocano un consistente degradodella situazione economica delPaese e una conseguente dimi-nuzionedelle finanzepubbliche.LamortediEyademanelFeb-

braio 2005 provoca una serie disconvolgimenti nella vita socio-politica del Paese fino alle ele-zioni tenutesi il 24 aprile se-guente che sanciscono l’elezio-ne di Faure Essozimna Gnas-singbe inqualitàdipresidentedelTogo.Dal2004, il Paeseha subítoun

forte rallentamento dell’attivitàeconomica.Questa situazione è imputa-

bile principalmente al settoreprimario e al settore secondariosegnato delle difficoltà di espor-tazione dei fosfati.Il tasso di inflazione attestato

al 3,0% nel 2004 e raggiungenel 2006 il valore del 6,8%.Il Paese dipende in gran par-

te dai finanziamenti stranieri(80%) sotto forma di donazionie prestiti.Il Questionario Unificato de-

gli Indicatori di Base di Benes-sere, (QUIBB) realizzato nel2006 su un campione di 7.500nuclei familiari, (circa1%del to-tale dei nuclei familiari togole-si) ha elaboratodati numerici re-lativi alle soglie di povertà rela-tive alle cinque regioni e alla ca-pitale Lomè.I risultati, ottenuti sulla base

della spesa familiare per consu-mi rilevata tramite l’indaginean-nuale sui consumi, sono espres-si in euro nella tabella seguente(1).La soglia di povertà di Lomè

(la piú alta) è considerata come

rappresentativa della soglia na-zionale di povertà.LapopolazionedelTogoè sti-

matanell’anno2008a5.598.000abitanti con una densità mediadi 99 abitanti per km².Come si evince dalla Tabella

2 la popolazione si concentraper la maggior parte (44,7%)nella regione marittima, con unaltissimapercentuale (27,1%)diabitanti presente nella capitaleLomè (1.517.100 individui).La Tabella 3 mostra la distri-

buzione, tra le diverse regioni ela capitale Lomè, dei togolesiche vivono sotto la soglia di po-vertà.Secondo i risultati dell’in-

chiesta QUIBB, piú della metàdella popolazione togolese viveal di sotto della soglia di povertà(61.7%).La percentuale maggiore di

famiglie povere si riscontra nel-le zone rurali (80%) contro il20% delle zone urbane.La relazione sullo sviluppo

umano, redatta all’interno delProgramma delle Nazioni Uni-te per lo Sviluppo (PNUS), in-dica l’indice di sviluppo umanoa 0,495 posizionando il Togo al174° posto sui 177 Paesi pove-ri e al 72° posto sui 102 Paesi invia di sviluppoSicuramente l’instabilità po-

litica degli ultimi sedici anni haavuto una incidenza profonda-mente negativa sulla situazioneeconomica del Paese; la cresci-ta media annua dal 1991 si atte-sta infatti su un dato sconfor-tante (1,1% ).Il tasso di disoccupazione na-

zionale è stimato tra il 25% e il35%, con un’incidenza diversa

mica, ma hanno avuto delle ri-percussioni fortemente negati-ve sulle fascepiúdeboli dellapo-polazione.Èper questomotivo che il ter-

zo Programma di AdattamentoStrutturale (PAS-III)del1988,at-tuato con la collaborazione del-laBancaMondiale, ha tenuto inestrema considerazione la com-ponentedell’impatto socialenel-la ricostruzione economica.Nonostante i numerosi sforzi

compiuti dal Paese per risolle-varsi, la povertà ha continuato aguadagnare terreno.Un’analisi condotta nel 1995,

effettuata nell’àmbito di unPro-grammaNazionalediLotta con-tro la Povertà (PNLP), ha evi-denziato che piú del 72% deiTogolesi vivono in condizionidi povertà, ossia non hanno unreddito sufficiente a soddisfarei bisogni primari.L’attuazione del PNLP non è

riuscita a far regredire il feno-meno povertà, esacerbato dalcontesto di crisi sociopoliticache caratterizza il Paese dall’i-nizio degli anni Novanta.Nel 1993 si tengono infatti le

prime elezioni multipartitiche,che vedono la vittoria quasi ple-biscitaria di Étienne EyadémaGnassingbé (96% dei voti).Nel corso del suo Governo,

Eyadéma è stato però accusatodi azioni antidemocratiche chehanno portano al progressivoisolamento del Togo sulla sce-na internazionale.Uno sciopero generale di no-

ve mesi e la mancata coopera-zionedell’UnioneEuropea ede-

ATTIVITA’PARTE SECONDA - APPROFONDIMENTI

IL TOGO: UN PAESECHE CRESCE

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tra uomini (34,9%) e donne(31,2%) e tra campagna(27,4%)e città (36,6%).Visibili progressi si riscontra-

no però nel campo della forma-

zione culturale.Il tasso netto di scolarizza-

zione nell’istruzione primaria,fra i bambini di 6-11 anni, è pas-satodal63,0%del2000al74,6%nel 2006.Il tassod’alfabetizzazione de-

gli adulti ( da 15 anni in su) è del56,9% con forti differenze trauomini(70,3%)edonne (44,4%).Lapercentuale di bambini (da

tre a sei anni) che si avvalgonodell’insegnamento prescolasti-co, è passata dal 8,6% del 2000al 15,7%del 2006 conunamag-giore scolarizzazione di coloroche vivono nelle città rispettoall’ambiente rurale.Purtroppova registratounele-

vato tasso di abbandoni: solo il17% dei bambini iscritti con-cludono il ciclodi istruzionepri-maria.Da segnalare inoltre la pre-

senza di due università situate aLomè e Kara.Il sistema educativo è intera-

mente a carico dello Stato, chetrovandosi di fronte a innume-revoli problemi da risolvere, haprogressivamente diminuito gliinvestimenti nel settore, eventoche ha comportato un aumento

considerevoledegli allievi iscrit-ti in istituti privati.La vitamedia dei togolesi è di

circa 55 anni; sovente le condi-zioni di povertà in cui versano

moltissime famiglie impedisco-no loro di accedere alle struttu-re sanitarie.Segnaliamo però positiva-

mente, la presenza di tale strut-ture in tutto il territorio del To-go: l’88% della popolazione ri-siede in zone non distanti piú di5km(1oradi camminocirca) daun ospedale.Dal punto di vista della salu-

tedellemadri, l’83,8%delledon-ne incinte beneficiano delle vi-

site prenatali e il 62,9% partori-scono in ospedale.Il Paese si sta impegnandono-

tevolmente nella lotta contro ilpaludismo, distribuendo zanza-riere trattate con repellenti pire-troidi abbastanza resistenti mapoco tossici, come la deltame-trina o la permetrina (essendo ilDDT inadatto e ormai messo albando da gran parte del mon-do), soprattutto alle donne in-cinte.I risultati registrati sono note-

voli: la percentuale di bambiniaffetti da febbri di varia naturaè passato dal 36% del 2000 al19% del 2006.Lo Stato si è altresí impegna-

to nella diffusione della con-traccezione e nell’informativasull’HIV(prevenzione emodi ditrasmissione): si è passati da un6,0 % di popolazione affetta daHIVnell’anno2000 al 3,2%nel2005.Molto difficoltoso risulta l’ac-

cesso e l’utilizzo di acqua pota-bile, soprattutto nelle zone rura-li, le statistichemostranoperòunlieve incremento delle famigliecheutilizzanoacqua salubre: dal53,0 % del 2000 al 57,1 % del2006. Dal 2006 il Paese è colpi-to da un grave stato di crisi ener-getica, solo il 28% dei togolesihanno infatti lapossibilitàdi frui-re dell’energia elettrica.

1) Dati forniti dallaDirezioneGe-nerale di Statistica eContabilitàNa-zionale, Profilo della povertà 2006,stabilito sui dati forniti dal Questio-narioUnificatosugli IndicatoridiBa-se del Benessere.

PARTE SECONDA - APPROFONDIMENTI

IL TOGO: UN PAESECHE CRESCE

ATTIVITA’

(Tabella 1)

SOGLIE DI POVERTÀ PER REGIONI

Lomè Marittima Altipiani Centrale Kara SavaneSoglia di povertàper Regioni (in Euro) 369,60 238,34 236,41 274,52 236,68 240,14

(Tabella 2)

RIPARTIZIONEREGIONALE DELLA POPOLAZIONE

Marittima 44,70%Altipiani 22,50%Kara 12,30%Savane 11,40%Centrale 9,10%

(Tabella 3)

PERCENTUALE DI POVERTÀNELLE DIVERSE REGIONI

Savane 23,00%Centrale 19,80%Kara 19,00%Marittima 17,70%Altipiani 14,30%Lomè 6,20%

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MEZZOGIORNOATRADIMENTO

Troppo spesso il Sudviene percepitocome altro da sée come sinonimodi tutto ciòche di sgraditoc’è nel nostro Paese

to comealtro da sé e spesso si fi-nisce col chiamare “Mezzogior-no”quellochenoncipiaceenonvogliamovederenel nostroPae-se. Non è cosí. Risolvere i pro-blemi del Mezzogiorno e risol-vere iproblemidell’Italia richiedela stessa strategia di fondo.Viesti riconferma quanto det-

to nel suo testo del 2003, “Abo-lire il Mezzogiorno”, proponen-do nuovamente l’abolizione delMezzogiorno inquanto stereoti-po di inefficienza e disorganiz-zazione che impedisce di guar-dare «cosa sta davvero succe-dendo nelle regioni del Sud».Dalconsiderare ilSudcomeal-

trodall’Italia, scaturisceuna frat-tura con ilNord, definita daVie-sti una “secessionedolce” che sitrova ora a uno stadio già avan-zato.Asancireunadecisiva frat-tura tra il Nord e il Mezzogior-no è la gravissima crisi dei rifiu-ti che ha colpito Napoli e partedella Campania, rappresentatadaViesti conundrammatico sil-logismo: «I rifiuti sono Napoli.Napoli è ilMezzogiorno. IlMez-zogiorno sono i rifiuti».L’equiparazione del Sud alla

“monnezza campana” testimo-nierebbe infatti lo stato di de-grado incuiquestapartedelPae-se si trova, con il suo spreco dicolossali risorse pubbliche, lasua incapacità o lavera epropriacorruzione delle classi dirigenti,l’attitudine della sua popolazio-ne solo alla protesta.Tuttavia, nonostante lo stato

innegabile di crisi, in cui versa ilMezzogiorno, Viesti cerca di“scagionare” ilMeridione affer-mando la non veridicità di mol-ti pregiudizi che si hanno verso

PARTE TERZA

a cura di Silvia Paoluzzi

L’Italia attraversa in questoperiodounmomentodicri-sieconomico-sociale,incui

specialmente il Sud viene consi-deratouncaricodiproblemi inso-lubili rispetto alle ingenti risorseche occorrerebbe investire per ri-sollevarlo.Siamo il grandemalato d’Eu-

ropa, con tutti i sintomi di unmalessere grave: impoverimen-to, incertezza del futuro, preca-rietà lavorativa, percezionedi in-sicurezza sociale, smarrimentodella propria identità. La politi-ca sembra aver perso la capacitàdi indicare una direzione preci-sa e il Mezzogiorno con la sua“monnezza” rappresenta l’ico-nadell’inadeguatezzadelle clas-si dirigenti meridionali.Ma quanto è reale e docu-

mentata l’immagine che si pro-pone dell’economia e della so-cietàmeridionale?Quanto è ve-ra l’opinione secondo laquale lepolitiche di sviluppo conduco-no inevitabilmente al disastro?In realtà il Sud viene percepi-

Il Sud è stato tradito da sé stesso, per l’incapacità di gestire la suacrisi, e da tutti coloro che hanno voluto riportare il Mezzogiorno, e tuttociò che lo riguarda, al paradigma unificante della “monnezza campa-na”. Esso viene percepito come altro da sé e come sinonimo di tutto ciòdi sgradito che c’è nel nostro Paese. Non si comprende invece come laricostruzione del Sud e quella dell’Italia richiedano la stessa strategia difondo.

The South has been betrayed by himself, for the inability to manageits crisis, and by all those who wanted to bring the South, and all thatconcerns him, to the unifying paradigm of the " Campania rubbish." Itis perceived as something “alien”, as a synonym for everything that isunwelcome in our Country. We don’t’ understand, in this way, that thereconstruction of South and the one of Italy require the same basic ap-proach.

RECENSIONI

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UCID Letter • 1/2009

questa parte del Paese.Se il Sud facesse parte della

Spagna, asserisce Viesti, lo svi-luppo economico sarebbe mag-giormente rapidoe incisivo.Cer-to si tratta di un’ipotesi impossi-bile da verificare, ma è pur veroallo stesso tempo, chemolteopi-nioni di coloro che criticano ilSud, non si basano su prove do-cumentali certe. Proprio nel tan-tocriticato settoredei rifiuti,Vie-sti rileva che tra il 2000 e il 2006sono stati spesi 6,7 euro pro ca-pite al Sud e 15,5 al Nord e pergli investimenti.Il minor reddito di cui di-

spongono le famiglie del Sud,rispetto a quelle del Nord Italia,comportaunaminore tassazione,essendo questa proporzionata alreddito secondo il sistema della“tassazioneprogressiva”.Lami-nore tassazione comporta a suavolta servizi meno efficienti equesto è alla base dei problemimeridionali, che non sono statifinora affrontati adeguatamentemettendo in atto un consapevo-le piano di aiuto economico perfavorire risanamentoe sviluppo.Viestièpreoccupatochesipos-

sa creare una Lega Sud contrap-postaallaLegaNord.Gliabitantidel meridione potrebbero vede-re in questo progetto la volontàdi riaffermare la propria identitàsocio-culturale, ma purtroppo,unaLegaSudnonporterebbe al-cun risvolto positivo in quantouna soluzione alle difficoltà varicercata nell’unità e nel consi-derare un problema che affliggeuna parte del Paese come pro-blemadell’Italia intera, evitandodi anteporre l’interesse di alcuniitaliani a quelli di tutti.

un evento su un tema da con-cordare,organizzatoda tutte leassociazioni e i movimenti chefannopartedellaConsulta stes-sa.Uno dei temi potrebbe esserela lettura dei vari avvenimentidella società civile nazionale einternazionale, alla luce delgrande patrimonio della Dot-trina Sociale della Chiesa.Il secondo incontro in sede CEIa Roma è avvenuto l’11marzo2009.Si è trattatodiuna riunionedel-le aggregazioni laicali per di-scutere delle iniziative da pren-dere, come cattolici responsa-bilie testimonidelVangeloedel-la Dottrina Sociale della Chie-sa, inrelazionealprovvedimentodi leggechevarerà il Parlamentoitaliano sul temadel“fine vita”e del “testamento biologico”.La riunione è stata presiedutada S.E.Mons.MarianoCrocia-ta, Segretario Generale dellaCEI, assistito da don Domeni-co Pompili.Alla riunione erano presenti irappresentanti delle principaliaggregazioni laicali eper l’UCIDil Dott. Giovanni Scanagatta,Segretario Generale.Si ritiene opportuno segnalarela presenza alla riunione del-l’On.CarloCasini,del Prof.Gia-cobbe, del Prof. D’Agostino,dellaDott.ssaDiPietrodi“Scien-za e Vita”, cui è stata delegatala segreteria operativa dell’ ini-ziativa.Per il quotidiano “Avvenire”,ha partecipato il Dott. Dome-nico Delle Foglie per tutti gli

RECENSIONI

PARTE QUARTA

RAPPORTI CON LA CEIE CON I MOVIMENTI ELE ASSOCIAZIONI ECCLESIALI

Nell’ultimosemestreè stato in-tenso il rapporto con laConfe-renza Episcopale Italiana e coni movimenti e le associazioniecclesiali.Occorre innanzi tutto ricorda-re il rinnovamento degli orga-ni della Conferenza Episcopa-le , con S.E. Mons. MarianoCrociata,nuovoSegretarioGe-nerale, eMons. Angelo Casile,nuovoDirettoredell’UfficioNa-zionale per i Problemi Sociali eil Lavoro.Il 19 e il 20 febbraio scorso si èsvoltaaRomalaprimaConsultaNazionale presieduta dal nuo-voDirettore,Mons.AngeloCa-sile.Nella prima parte della Con-sulta,Mons. Casile ha indicatole linee spirituali dei nuovi pro-grammi con particolare riferi-mentoallaDottrinaSocialedel-la Chiesa.La realizzazione dei progetti edelle iniziative specifiche saràcompitodei laici, in lineacon lospirito della “Christifideles lai-ci” (Vocazioneemissionedei lai-ci nella chiesa e nel mondo) diGiovanni Paolo II del 1988.Il Dott. Scanagatta ha parteci-pato ai lavori della Consulta, il-lustrando le finalità, l’organiz-zazione e le attività dell’UCID.È stata poi distribuita e presen-tata la Mozione dell’UCID sul-la crisi approvata dal ConsiglioDirettivo Nazionale del 25 no-vembre 2008.Il Dott. Scanagatta ha infineproposto, comeattivitàqualifi-cante della Consulta Naziona-le, l’organizzazione annuale di

ATTIVITÀNAZIONALE

UCID

ATTIVITÀ UCID

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decisioni politiche in questocampo, come rappresentantidei cittadini che li hanno eletti.La Dott.ssa Di Pietro di “Scien-za e Vita” ha sottolineato l’im-portanza di impostare bene ilprogettocomunicazionale, im-piegando tutti imediadi cui di-sponiamo: stampa, televisione,internet, sussidi cartacei, ecc.I rappresentanti degli altri mo-vimenti cattolici, nei loro inter-venti, hanno tutti manifestatola loro ampiadisponibilità a so-stenere l’iniziativaproposta, fa-cendo presente, nel contem-po, che occorre, come cristia-ni, fare conoscere i “casi vir-tuosi” di molte istituzioni cheoperano nel delicato campodell’assistenzaallepersonema-late, perché la stampa e i me-dia hanno tutto l’interesse abombardarci sui casi negativi,come è successo nella tristeesperienza di Eluana Englaro.Il Dott. Scanagatta ha manife-stato la disponibilità dell’UCIDa sostenere l’iniziativa, come èavvenuto nel caso del “FamilyDay”.Tale iniziativa costituisce certa-mente una testimonianza nel-lo spiritodellaprimagrandesfi-da a cui si trova di fronte l’u-manità all’inizio del terzo mil-lennio, indicatanelCompendiodellaDottrinaSocialedellaChie-sa del 2004.Il Compendio afferma infattiche «la prima delle sfide piúgrandi, di fronte alle quali l’u-manitàoggisi trova,èquelladel-laveritàstessadell’essere-uomo.Il confine e la relazione tra na-

ATTIVITÀ NAZIONALE PARTE QUARTA

ATTIVITA’

tura, tecnicaemoralesonoque-stioni che interpellano decisa-mente la responsabilità perso-nale e collettiva in ordine aicomportamenti da tenere ri-spetto a ciò che l’uomoè, a ciòche può fare e a ciò che deveessere».Sul piano delle scelte concrete,anche il Dott. Scanagatta, hasottolineato l’importanzadida-re testimonianza, inquestode-licatissimocampodella vita, fa-cendoconoscere inmodosem-pliceechiaro i“casivirtuosi”chetrascinano piú di qualsiasi ser-mone mediatico.E in questo senso ha illustratobrevemente l’esperienza del-l’Opera ImmacolataConcezio-ne (OIC), Onlus che opera nelVeneto con 10 centri di eccel-lenza per anziani in cui la lon-gevità viene vissuta come ri-sorsa.Si è fattopresente che sono24i casi di persone che vivono incondizioni vegetative.Occorre in definitiva fare co-noscere, con tutti i mezzi di cuiabbiamoadisposizione,questicasi virtuosi, i soli ingradodi tra-sformare dal profondo i senti-mentimorali e i comportamentidi tutti i cittadini.Sul piano strettamente opera-tivo,DonDomenicoPompili hatracciato il cammino che si in-tende percorrere e precisa-mente: a) preparazione di un“Manifesto” che verrà sotto-scritto dai rappresentanti delleaggregazioni laicali b) confe-renza stampa per la presenta-zione del “Manifesto” e per la

aspetti comunicazionali, comeè avvenuto per il “Family Day”che si è svolto in Piazza S. Gio-vanni a Roma il 12 maggio2007.Il Prof. D’Agostino ha sottoli-neato che condivide, in gene-rale, l’iniziativa del mondo del-le associazioni cattoliche ri-guardante la presa di posizio-nedi frontealla leggedi fine vi-ta e del testamento biologicoche verrà discussa in Parla-mento.Occorreperòdecideresetale ini-ziativadebbaessere fattaprimaodopo l’approvazionedella leg-ge. Il Prof. Giacobbe ha innan-zi tutto sottolineato il suo ac-cordo sul punto sollevato dalProf. D’Agostino e ha aggiun-tocheoccorreun’azionedi cor-retta informazionesul temade-licato della vita e sulla centra-lità della persona umana se-condo i valori cristiani in cui cre-diamo: libertà, responsabilità,dignità.Anche il progetto culturale chestaportandoavanti laCEIdaal-cuni anni riveste, a questo ri-guardo, grande rilevanza.L’On. Carlo Casini ha sottoli-neato la difficoltà di individua-re, in modo equilibrato, l’azio-ne da intraprendere da partedelle aggregazioni laicali catto-liche, perché non dobbiamomai dimenticare il rispetto del-la libertà degli individui in que-sto e in altri campi.C’è un delicato problema dirapporti con coloro che noncondividono il nostro credo eche sono chiamati a prendere

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UCID

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sua diffusione attraverso i varicanali comunicazionali c) pre-parazione di un depliant infor-mativo da diffondere capillar-mente sul territorio.Un’altra iniziativa a cui ha par-tecipato l’UCID Nazionale ri-guarda la preparazione, in se-dedi PresidenzaNazionaledel-l’Azione Cattolica, di un sussi-dio per la lettura e il commen-to al Vangelo nell’arco dell’an-no liturgico nei tempi forti e inquelli ordinari.Il coordinamento viene svoltodal Segretario Nazionale del-l’Azione Cattolica e dall’Assi-stente spirituale,donGiuseppeMasiero.Le schede del sussidio dovran-no anche riportare dei box conpunti qualificanti dellaDottrinaSociale della Chiesa e con te-stimonianzediuomini chehan-no vissuto la loro vita e le loroattività terrene fedeli agli inse-gnamenti del Vangelo.Si sonosvolte finoradueriunionie l’ultima avverrà entro la finedi marzo per la consegna del-le schede predisposte da cia-scuna associazione che parte-cipa all’iniziativa.All’iniziativa partecipano noveassociazioni, che stanno cu-rando la preparazione del sus-sidio, che verrà distribuito en-tro la prossima estate per l’an-no liturgico 2009-2010.Il 10 di marzo 2009 l’UCID na-zionale ha partecipato ad unincontro presso la FOCSIV, Fe-derazione che riunisce le orga-nizzazioninongovernative cat-toliche di volontariato interna-

RAPPORTICON I GRUPPI REGIONALI

I rapporti con i Gruppi Regio-nali stannoproseguendocon ledue iniziative inaugurate l’an-no scorso con le Giornate Iti-neranti Wojtyla e con le Gior-nate Siri a Genova (Centro Sirie Consorzio tra le imprese te-stimonidella responsabilitàperla costruzione del bene comu-ne).La seconda giornataWojtyla siterrà il 15-16-17maggio pros-simi a Latina sul tema “Fede-ralismo, solidarietà, sussidia-rietà. Un umanesimo d’impre-sa per il bene comune”.La prima parte del Convegnosarà dedicata alle relazioni dibase a cura diMons.Gianpao-loCrepaldi, Segretariodel Pon-tificio Consiglio della Giustiziae della Pace, del Prof. Leonar-do Becchetti, ordinario alla Fa-coltà di Economia dell’Univer-sità di Roma Tor Vergata, delSen. Riccardo Pedrizzi, Presi-dentedellaSezioneUCIDdi La-tina.Nella secondaparte si svol-geràunatavola rotondasulla re-sponsabilità dell’impresa per lacostruzione del bene comune,coordinatadalDott.Gianni Lo-catelli, con la partecipazione dicinque imprenditori dell’areapontina come testimoni.LaSecondagiornataSiri si terràa Genova nel mese di ottobreprossimo.

ATTIVITA’ATTIVITÀ NAZIONALEPARTE QUARTA

zionale, per la preparazione diun Convegno sull’ambiente esulla salvaguardiadel creatochesi terrà in primavera a Napoli.Il Dott. Scanagatta ha illustra-to l’organizzazione e le attivitàdell’UCID, nonché le “buonepratiche”degli imprenditori as-sociati nel campo della soste-nibilità ambientale, presentatenelprimoRapportoUCID2007sulla coscienza imprenditorialenella costruzione del bene co-mune.Il 13 e il 14marzo 2009 l’UCIDnazionale ha partecipato, conil proprio Segretario Generale,alConvegnoNazionaledelMo-vimento Lavoratori di AzioneCattolica (MLAC) sul tema“Rappresentare il lavoro: tracri-si e prospettive”.Al Convegno hanno parteci-pato don Giuseppe Masiero,Assistente ecclesiastico nazio-naledelMLAC, il Presidentena-zionale dell’Azione Cattolica,FrancoMiano, il Direttore del-l’Ufficio nazionale per i pro-blemi sociali e il lavoro, Mons.AngeloCasile, il SegretarioGe-nerale del MLAC, CristianoNervegna, il Prof.MaurizioAm-brosini, Professore di sociolo-gia dei processi economici edel lavoro dell’Università degliStudi diMilano,MaurizioDrez-zadore delle Acli, Franco Pa-squali di Coldiretti e Retino-pera, Antonio di Matteo diMCL,Giovanni Scanagattadel-l’UCID, Dario Odifreddi dellaCompagnia delleOpere,Gae-tano Mancini di Confcoope-rative.

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UCID

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del documento inviatodal Pre-sidente Lecocq sul futuro del-l’UNIAPAC, in vista del Con-gresso mondiale di Città delMessico (posticipato dalla da-ta originaria per via delle notevicende legateall’influenza sui-na). Durante il Congresso cisarà il rinnovodel PresidentediUNIAPAC International.Si è poi discusso della parteci-pazione dell’UCID al Congres-so mondiale di Città del Mes-sico, dedicato alla CorporateSocial Responsibility, e del con-tributodella nostra associazio-ne sul tema.Si ricorda, a questo proposito,che l’UCID Nazionale ha pre-sentato, nel corso di un Boarddell’UNIAPAC Europe che si ètenuto presso la SezioneUCIDdiMilano in febbraiodello scor-so anno, un documento in in-glese su “The corporate socialresponsibility according to theChurch’s social doctrine”, a cu-ra di Leonardo Becchetti, Roc-co Ciciretti, Piergiorgio Mari-no, Giulio De Rita, GiovanniScanagatta. IlConvegnodi Lop-piano ha toccato i seguentipunti: a) la solidarietàper ridurrele disuguaglianze vecchie enuove b) l’efficienza per com-petere sulmercato globale c) ildialogo per promuovere valo-ri condivisi d) la spiritualità perporre la persona al centro diogni azione e iniziativa pubbli-ca e privata per un autenticoecumenismo.

RAPPORTIE INIZIATIVE CON L’UNIAPAC

I rapporti con UNIAPAC Euro-pe sono tenuti istituzional-mente dal Dott. Giovanni Fac-chini Martini che partecipa re-golarmenteai Board che si ten-gono a Parigi o in altre sedi.La Presidenza collabora invecead iniziative di carattere gene-rale che negli ultimi quattromesi hanno riguardato l’orga-nizzazione, con UNIAPAC Eu-rope, di un Convegno a Lop-piano (Firenze) il 27,28febbraioe 1marzo 2009 sul tema “Im-prenditorialità, solidarietà, sus-sidiarietà. Gli imprenditori cri-stiani d’Europa per il bene co-mune”. PrimadelConvegno siè svoltounBoarddell’UNIAPACEurope, presieduto da PierreLecocq e con la partecipazio-ne del Presidente Ferro, del Vi-ce Presidente Nazionale del-l’UCID, RenzoBozzetti, del Se-gretario Generale dell’UNIA-PACEurope, LaurentMortreuil,del Segretario Generale UCID,Giovanni Scanagatta, delDott.Franco Nava, Presidente dellaSezione UCID di Milano, delDott. Giovanni Facchini Marti-ni, nostro rappresentantepres-so UNIAPAC Europe, del Dott.Piergiorgio Marino, responsa-bile del Gruppo di Lavoro sul-la responsabilità imprendito-riale per il bene comune.Durante il Board si è discusso

INIZIATIVE PER IL COLLEGIOUNIVERSITARIO DON NICOLAMAZZA DI ROMA

Continuano le iniziative del-l’UCID a favore degli studentidel Collegio Universitario DonNicolaMazza di Roma, ove hasede la Presidenza Nazionale.Nel primo quadrimestre del2009 sono stati realizzati dueseminari, aperti alMovimentoGiovani dell’UCID, su due te-mi.Il primo, curato dal Prof. Ur-bano Stenta, consulente delMinistero degli Affari Esteri,sul tema dell’Europa e dellecause del ritardo nella costru-zione dell’Europa politica.Il secondo, curato dal Segre-tario Generale, Giovanni Sca-nagatta, sul tema della gran-de crisi e del futuro della glo-balizzazione.Nel corso di que-st’ultimo seminario è statoproiettato un dvd con un in-tervento del Presidente del-l’UCIDNazionale, Angelo Fer-ro, sul tema “Reagire alla cri-si: responsabilità imprendito-riale cristiana”.Infine, la collaborazione dellaPresidenza Nazionale con ilCollegio universitario si svolgeattraverso la partecipazionedel Segretario Nazionale allacommissione di esame per lariconferma annuale degli stu-denti presenti nella ResidenzaUniversitaria.

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ATTIVITÀINTERNAZIONALE

UCID

PARTE QUARTA

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Le Sezioni Provinciali e Diocesane

17 Gruppi Regionali83 Sezioni Provinciali e Diocesane4.000 Soci

Gruppo Regionale LombardoGruppo Interregionale Piemonte e Valle d’AostaGruppo Regionale LigureGruppo Regionale VenetoGruppo Regionale Trentino Alto AdigeGruppo Regionale Friuli Venezia GiuliaGruppo Regionale Emiliano RomagnoloGruppo Regionale ToscanoGruppo Regionale UmbroGruppo Regionale del LazioGruppo Regionale MarchigianoGruppo Regionale CampanoGruppo Regionale BasilicataGruppo Regionale Abruzzo MoliseGruppo Regionale PugliaGruppo Regionale CalabroGruppo Regionale Siciliano

I Gruppi Regionali

UCID 2009

Altamura -Gravina - Acquaviva

AnconaAscoli Piceno -San Benedetto

ArezzoAstiBellunoBergamoBiellaBolognaBolzanoBresciaBrescia - ManerbioBrescia -Valle CamonicaBusto Arsizio -Valle OlonaAlto Milanese

CaltanissettaCasale MonferratoCatanzaroCivitavecchiaComoConversanoMonopoliCosenzaCremonaCuneoFermoFerraraFidenza

FirenzeForlí-CesenaFrosinoneGenovaGorizia-MonfalconeLa SpeziaLatinaLodiLuccaMacerataMantovaMateraMessinaMilanoModenaMonzaNapoliNovaraPadovaPalermoParmaPaviaPesaroPiacenzaPordenonePotenzaRavennaReggio CalabriaReggio Emilia

RiminiRomaRovigoSanMarinoSavonaSondrioTeramoThiene San GaetanoTigullio Golfo ParadisoTivoliTolmezzoTorinoTrani-BarlettaTrentoTreviglioTrevisoTriesteUdineUgentoValdarno InferioreVareseVenezia - MestreVercelliVeronaVibo ValenziaVicenzaVigevanoViterbo

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TAR. ASSOCIAZIONI SENZA FINI DI LUCRO: POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZ. IN ABBON. POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA 2, DCB PADOVA

Unione Cristiana Imprenditori DirigentiPresidenza Nazionale - Via Di Trasone 56/58, 00199 RomaTel 06 86323058 - fax 06 86399535 - e.mail: [email protected]