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7/25/2019 TUZZI Definizioni Varie 12052014 http://slidepdf.com/reader/full/tuzzi-definizioni-varie-12052014 1/24 RISPETTO treccani - Vocabolario on line http://www.treccani.it/vocabolario/rispetto  / rispètto (ant. respètto) s. m. [lat. respĕctus-us «il guardare all’indietro; stima, rispetto»]. – 1. a. Sentimento e atteggiamento di riguardo, di stima e di deferenza, devota e spesso (anche, meno com., ai genitori, ecc.); sentire, nutrire, provare r. per o verso qualcuno; incutere, ispirare, imporre r., un senso di r. in qualcuno; è uomo che merita r.; esprimere il proprio r.; ammirare con rispetto; e quanto al modo: r. grande, scarso, profondo, filiale, timido; per quell’uomo ho avuto sempre il massimo rispetto. Anche con riferimento a istituzioni civili o religiose o alle cose che le simboleggiano: r. per l’autorità dello stato, per la religione e per le cose sacre, per le forze armate e per la bandiera. b. Con riferimento alla manifestazione concreta di tale sentimento mediante azioni o parole: devi trattarlo col r. dovuto alla sua età; parlare con r. di qualcuno; salutare con r. una persona importante; te lo dico con il massimo r.; e all’opposto: comportarsi, esprimersi senza alcun r. per la carica ricoperta da una persona, per la sua autorità. c. Saluto rispettoso, ossequio, in formule di sostenuta deferenza ormai sentite come pedantesche: Le presento i miei r.; gradisca i r. miei e della mia famiglia; La prego di porgere i miei r. alla sua consorte; quei signori eran partiti, lasciando i loro rispetti (Manzoni). 2. a. Sentimento che porta a riconoscere i diritti, il decoro, la dignità e la personalità stessa di qualcuno, e quindi ad astenersi da ogni manifestazione che possa offenderli: r. per la persona umana, per tutti gli esseri umani; r. di o per sé stesso, il comportarsi in modo da non offendere il proprio onore, la propria dignità e personalità; avere r. per (o mostrare r. verso) i vecchi, gli infermi, i bambini, non approfittando della loro debolezza; trattare qualcuno con r., e avere r., portare r. a qualcuno, comportarsi verso di lui con la dovuta educazione, e, al contr., mancargli di r., con un comportamento offensivo, indelicato (in partic., mancare di r. a una donna, offenderne la dignità, il pudore); gente rozza che non porta r. a nessuno (e fig., la morte non porta r. a nessuno, colpisce tutti senza distinzione, senza riguardi); tenere in r. (meno com. mettere in r.), farsi rispettare, incutere timore, tenere a freno: col suo atteggiamento deciso ha saputo da solo tenere in r. i suoi oppositori; persona di r., persona di riguardo, che è tenuta in molta considerazione; di qui, nel gergo della mafia, uomini di r., i mafiosi.

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RISPETTO

treccani - Vocabolario on linehttp://www.treccani.it/vocabolario/rispetto /

rispètto (ant. respètto) s. m. [lat. respĕctus -us «il guardare all’indietro; stima,rispetto»]. –

1.

a. Sentimento e atteggiamento di riguardo, di stima e di deferenza, devota e spesso(anche, meno com., ai genitori, ecc.); sentire, nutrire, provare r. per o versoqualcuno; incutere, ispirare, imporre r., un senso di r. in qualcuno; è uomo che meritar.; esprimere il proprio r.; ammirare con rispetto; e quanto al modo: r. grande,scarso, profondo, filiale, timido; per quell’uomo ho avuto sempre il massimo rispetto.Anche con riferimento a istituzioni civili o religiose o alle cose che le simboleggiano: r.

per l’autorità dello stato, per la religione e per le cose sacre, per le forze armate e perla bandiera.

b. Con riferimento alla manifestazione concreta di tale sentimento mediante azioni oparole: devi trattarlo col r. dovuto alla sua età; parlare con r. di qualcuno; salutarecon r. una persona importante; te lo dico con il massimo r.; e all’opposto:comportarsi, esprimersi senza alcun r. per la carica ricoperta da una persona, per lasua autorità.

c. Saluto rispettoso, ossequio, in formule di sostenuta deferenza ormai sentite comepedantesche: Le presento i miei r.; gradisca i r. miei e della mia famiglia; La prego diporgere i miei r. alla sua consorte; quei signori eran partiti, lasciando i loro rispetti(Manzoni).

2.a. Sentimento che porta a riconoscere i diritti, il decoro, la dignità e la personalitàstessa di qualcuno, e quindi ad astenersi da ogni manifestazione che possa offenderli:r. per la persona umana, per tutti gli esseri umani; r. di o per sé stesso, il comportarsiin modo da non offendere il proprio onore, la propria dignità e personalità; avere r.

per (o mostrare r. verso) i vecchi, gli infermi, i bambini, non approfittando della lorodebolezza; trattare qualcuno con r., e avere r., portare r. a qualcuno, comportarsiverso di lui con la dovuta educazione, e, al contr., mancargli di r., con uncomportamento offensivo, indelicato (in partic., mancare di r. a una donna,offenderne la dignità, il pudore); gente rozza che non porta r. a nessuno (e fig., lamorte non porta r. a nessuno, colpisce tutti senza distinzione, senza riguardi); tenerein r. (meno com. mettere in r.), farsi rispettare, incutere timore, tenere a freno: colsuo atteggiamento deciso ha saputo da solo tenere in r. i suoi oppositori; persona dir., persona di riguardo, che è tenuta in molta considerazione; di qui, nel gergo dellamafia, uomini di r., i mafiosi.

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b. Per estens., avere, portare r. agli o per gli animali, alle o per le piante, a o per unoggetto, non maltrattarli o danneggiarli.

c. Riferito, invece che alla persona, ai suoi stessi diritti, alle sue cose, ai suoi pensierie sentimenti: r. per i diritti, per la proprietà, per la vita altrui; r. per la dignità, per ilpudore di un altro; r. per tutte le opinioni, le religioni.

d. Con uso assol., riguardo, ritegno: perché siamo sorelle, e tra noi possiamo faresenza troppi rispetti, parlerò come tu vuoi (Leopardi). In alcune locuz., scusandosi didover dissentire, di essere quasi costretti a usare un’espressione poco riguardosa otroppo realistica: con tutto il r. che le devo, debbo dichiararle che non sono d’accordocon lei; il sindaco, col dovuto r., ha agito male; con r. parlando, ho vomitato tutto.

3. Osservanza, esecuzione fedele e attenta di un ordine, di una regola, di una norma o

di una prescrizione: r. della legge, del regolamento, di una antica usanza; rispettodelle regole della buona creanza, del galateo, dell’ortografia. E di impegni assunti: r.della parola data, della propria firma.

4. Con sign. specifico in alcune locuzioni:a. Foglio (o anche pagina) di r., quello che nei libri precede il frontespizio, ed è postotra questo e la copertina o il foglio di risguardia; viene in genere lasciato in bianco, maa volte sulla prima facciata è stampato l’occhiello della serie o è anticipato il titolodell’opera, e nella seconda vi può essere una dichiarazione editoriale, oppure l’elencodelle opere dello stesso autore.

b. In urbanistica, zona di r., zona in cui, a tutela di edifici e monumenti d’interessestorico o artistico o per la salvaguardia del paesaggio o per ragioni militari e disicurezza, ogni costruzione è vietata o è sottoposta a particolari vincoli (altezza,estensione, ecc.).

5. Con senso più generale:a. Riguardo, considerazione, attenzione: avere r. a qualche cosa, non com., porreattenzione, considerare: avendo rispetto alla quantità e alla varietà de’ casi ...(Boccaccio); ormai quasi esclusivam. nella locuz. r. umano, timoroso riguardo e

considerazione eccessiva delle altrui opinioni, spec. morali, che può pregiudicare lalibertà e la sincerità di parola e di comportamento: c’è ancora chi, per r. umano, tacela propria origine contadina; deporre ogni r. umano, passare sopra a ogni r. umano;rispetti, dispetti, sospetti guastano il mondo (prov. tosc.).

b. Modo di considerare, di guardare, punto di vista: sotto questo r. la questionesembra semplice; persona perbene sotto ogni r., per ogni r.; anche, motivo oconsiderazione che spinge a un determinato comportamento: se voi sapete ch’ioabbia, per pusillanimità, per qualunque rispetto, trascurato qualche mio obbligo,ditemelo francamente (Manzoni). In alcune locuz. avv., relazione, rapporto: r. a, inrelazione a, in quanto a: r. a quel che mi chiedi, alla vostra richiesta; anche, inconfronto a, a paragone di: r. a te, il tuo avversario non vale nulla; r. a ciò che

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dobbiamo fare, il tempo disponibile è poco; non com., a r. di, per r. di, in r. a, per r.a, con gli stessi sign.: Ma tratterò del suo stato gentile A respetto di lei leggeramente(Dante); le operazioni vitali ... sarebbero in ciascuno istante doppie di forza perrispetto a quello che accade negli altri (Leopardi). In qualche espressione, aspetto, o,meno com., motivo: l’affare mi converrebbe per parecchi r.; per questo r. non possoproprio acconsentire.

6. ant. o raro.a. Cautela, precauzione: per buon r., per ogni buon r. è bene farsi rilasciare unaricevuta; uno che si governa con respetti e pazienzia (Machiavelli); indugio: ond’essasenz’altro rispetto, In abito quale era mansueta, Là s’appressò per entrar (Boccaccio).

b. Riserva, spec. nelle locuz. per r., di r.: trecento ... avea nitidi e pronti Destrier difazïone e di rispetto (Caro). È ancora usato nell’espressione marin. materiale di r.,

materiale, parti di macchinarî e macchinarî completi, conservati a bordo o a terra,come riserva, per sostituire quanto si consuma o si danneggia.

7. Componimento poetico popolare per canto, di carattere amoroso (scritto cioè inomaggio o «rispetto» della persona amata), sorto in Toscana alla fine del medioevo ediffusosi quindi in gran parte dell’Italia; è costituito metricamente da una strofa di 4endecasillabi a rime alterne e, generalmente, da una cosiddetta ripresa formata dauna o, più comunem., due coppie di versi a rima baciata: gli antichi r. toscani; cantareun r., i r.; r. spicciolati o continuati, cioè isolati o in serie. La forma e la composizionestessa musicale del rispetto: studiare musicalmente il r., gli antichi rispetti.

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RISPETTARE

Vocabolario on linehttp://www.treccani.it/vocabolario/rispettare /rispettare v. tr. [lat. respectare, propr. «guardare indietro», intensivo di respicĕre,part. pass. respectus] (io rispètto, ecc.). –

1. Manifestare nelle parole e negli atti il proprio sentimento di rispetto verso qualcuno,cioè il riconoscimento devoto e spesso affettuoso della sua superiorità intellettuale emorale o sociale: i figli devono r. i genitori; il professore era molto rispettato dai suoialunni; rispetta chi è più anziano e più esperto di te; r. profondamente, sinceramente,spontaneamente; un uomo, uno studioso, un commerciante che si rispetti, che siadegno, meritevole di rispetto, per essere all’altezza del suo compito; un letterato chesi rispetti dovrebbe sapere certe cose; questi mezzucci non si addicono a un avvocatoche si rispetti. Anche di istituzioni civili e religiose: r. le supreme autorità dello stato,della Chiesa.

2.a. Riconoscere i diritti, il decoro, la dignità altrui, astenendosi quindi da ogni parola oazione che possa offenderli: ogni uomo ha il diritto di essere rispettato; chi nonrispetta non è rispettato; r. i vecchi, i deboli, gli inermi, i vinti; r. sé stesso (o nel rifl.rispettarsi), non compiere nessuna azione che possa offendere il proprio onore, ladignità della propria persona: chi non rispetta sé stesso, non rispetta nemmeno glialtri; con sign. particolare, ormai scarsamente usato, r. una donna, non offenderne ilpudore, astenersi da farle proposte o dimostrazioni di eccessiva confidenza. Farsi r.,

far valere i proprî diritti, la propria autorità: è un ufficiale che sa farsi r. dai soldati;anche, non prestarsi a subire prepotenze, soprusi: parlagli chiaro e fatti r.; talora conintonazione minacciosa: vi avverto che questa volta mi farò rispettare. In partic., r. glianimali, le bestie, non maltrattarli, astenersi da atti inutilmente crudeli; r. l’ambiente,non inquinare.

b. Per estens., avere tale atteggiamento e comportamento verso ciò che gli altrihanno il diritto di possedere, di serbare, di sentire: r. i diritti, la proprietà, le sostanze,la vita altrui; r. la dignità, il decoro di una persona (o anche di un ambiente); r. leopinioni, le credenze, i sentimenti, la sensibilità degli altri; r. tutte le idee politiche,

tutte le religioni, tutte le nazionalità; r. le tradizioni, le consuetudini, le usanze di altripaesi.

3.a. Osservare, eseguire, con cura fedele e attenta, ordini, regole, norme e prescrizioni:tutti i cittadini debbono r. la legge; i militari debbono r. il regolamento di disciplina, oanche la disciplina; far r. i limiti di velocità, da conducenti di automezzi e motomezzi;r. l’orario di lavoro; r. i precetti della religione, le tradizioni familiari, la volontà di undefunto; r. le feste, trascorrerle senza lavorare e obbedendo ai precetti religiosi inproposito; r. la grammatica, il galateo, non trasgredirne le regole. Riferito a impegniassunti di propria volontà, mantenerli: r. la parola data, la propria firma, la promessafatta.

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b. Di oggetti materiali, usarli, servirsene con attenzione e cautela, con educazione,badando a non sciuparli o guastarli: ti presto volentieri la mia macchina, ma cerca dirispettarla; bisogna r. i sedili delle carrozze ferroviarie; non sciupare, non guastare: ifrequentatori dei giardini pubblici sono pregati di r. i fiori e le piante. Con riferimento aopere d’arte o dell’ingegno, restaurarle, tradurle, eseguirle, trasporle in altra formaconservandone fedelmente i caratteri originarî: il gruppo marmoreo è stato ricompostorispettando, nonostante le mutilazioni, i rapporti volumetrici dell’originale; è un attoreche non rispetta il copione; il regista di questo film ha rispettato abbastanza ilromanzo da cui ha tratto il soggetto.   ◆ Part. pass. rispettato, anche come agg.:uomo, funzionario, commerciante, professionista rispettato, che gode rispetto, buonareputazione; regolamento, ordine poco rispettato, poco osservato.

RISPETTOSO

Vocabolario on linehttp://www.treccani.it/vocabolario/rispettoso /rispettóso agg. [der. di rispetto]. –

1. Che ha o sente, che dimostra o esprime rispetto per la superiorità o per i dirittialtrui: figlio r. verso i genitori; alunni poco r. verso il maestro; sono r. delle opinioni ditutti; siate più r. della proprietà altrui; di sentimenti e atteggiamenti: r. amicizia,gratitudine, ammirazione; cordialità affaccendata e r. (Manzoni); contegno, tono,

linguaggio r.; saluto, inchino r.; lettera, risposta rispettosa.

2. non com. Cauto, guardingo: uomo r. nel manifestare il proprio giudizio.  ◆ Avv.rispettosaménte, in modo rispettoso, con rispetto: comportarsi, parlare o rispondererispettosamente, molto o poco rispettosamente.

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REGRAS MOTAVACIONAIS DE AYRTON SENNA

Você vai ler a seguir 18 regras para alcançar o sucesso na vida pessoal e profissional.Elas não foram literalmente ditas por Ayrton Senna, esportista brasileiro consideradoum dos melhores pilotos automobilísticos de todos os tempos, no entanto, merecemser denominadas de “Regras de Ayrton Senna”, uma vez que são deduções fiéis deseu pensamento.

Como posso fazer tal afirmação? Isto é, como posso dizer que são deduções fiéis dopensamento de Ayrton Senna? Explico: elas foram elaboradas com base em análise dedepoimentos de Senna gravados no DVD Ayrton Senna para Sempre.

O incrível é que, em poucas regras, serão delineados os mais diversos campos dodesenvolvimento humano. Em outras palavras, os pensamentos de Senna -transformados em regras neste texto - sintetizam os conteúdos dos melhores livros deautodesenvolvimento.

Para ficar clara a sintonia que há entre as regras e o pensamento do piloto,transcrevo, após cada uma delas, a frase correspondente de Ayrton Senna, ou dealguém que com ele conviveu.

Quer alcançar o sucesso na sua vida?

Siga as regras de Ayrton Senna.

Regra 1:

Tenha um foco ou um objetivo de vida bem-definido.

Quanto mais bem definido for seu objetivo, melhor resultado você tende a alcançar.Lembre-se das palavras de Martin Luther King: “Se um homem não descobrir algo por que morrer, ele não está preparado para viver”.

 Ayrton Senna: “Correr... competir... está em meu sangue. É parte de mim, é o que fiz em toda a minha vida. Isso vem antes de todo o resto.” 

Regra 2:

Sendo persistente você faz do fracasso Um degrau para o sucesso.

 Ayrton Senna: “Nunca esquecerei a primeira corrida com chuva, um desastre, uma piada. Fui muito mal. Pilotos passando por um lado e pelo outro, todos meultrapassavam e eu não podia fazer nada. E no seco eu era muito bom! Então nessedia eu vi que não sabia correr na chuva. A partir desse dia passei a treinar com chuva.Sempre que chovia eu ia para a pista, treinar. E aí eu aprendi.” 

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Regra 3:

Seja você mesmo.

 Ayrton Senna: “ O que importa é ser quem você é, não deixar que os outros perturbem você. Eles querem que você seja diferente. Você tem que ser o que é.” 

Regra 4:

 Aprenda com os erros.

 Ayrton Senna: “Muitas vezes você erra por sua personalidade, seu caráter, háinterferências em sua carreira, e você aprende. O importante é aprender com os errose evoluir.” 

Regra 5:

Desenvolva sua sensibilidade.Depoimento de um dos engenheiros da equipe de Senna: “Ele é um ótimo piloto detestes. Muito bom para desenvolvimento. Especialmente de motores. Tem muitasensibilidade. Qualquer pequeno problema ele sabe como descrever. Podemoscomparar com os dados do computador e descobrir o caminho que devemos tomar.” 

Regra 6:

Procure conhecer cada detalhe do que faz.

Depoimento de um dos engenheiros da equipe de Senna: “Tudo é interessante paraele. Ele passa muito de seu tempo na pista para entender seu carro, seu motor.

Tenta conhecer cada detalhe para entendê-lo melhor. É capaz de reagir comconvicção nas discussões que tem com seus engenheiros durante os treinos dequalificação.

Ele gostava demais dos turbos, a tal ponto que eu sempre inspecionava os turbos sobo olhar atento dele, que acompanhava tudo para ter certeza de que ninguém iriaenganá-lo. Ele é assim, controla tudo, está sempre por trás de tudo, tentandoentender. O pior era encontrá-lo no saguão do hotel às 11 da noite quando todosqueríamos dormir e ainda tínhamos de analisar mais duas sessões de treinos,abrangendo 15 voltas na pista.” 

Regra 7:

Procure atingir seu foco posicionando-se como eterno aprendiz.

 Ayrton Senna: “Creio na habilidade de se focalizar em algo e aí você pode extrair muito mais disso. Foi assim em toda a minha vida. Foi só uma questão de melhorar essa técnica e aprender mais e mais. É algo que não tem fim. Você sempre encontranovas coisas para aprender. É muito interessante. É fascinante!” 

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Regra 8:

Valorize e agradeça os acertos de sua equipe, mas se quiser acertar mais e

mais, avalie também os pontos negativos.

Depoimento de um dos engenheiros da equipe de Senna: “Quando Ayrton Sennaganha uma corrida você não espera que ele agradeça. Ele fica agradecido à equipe,sim, mas sempre há pontos negativos na corrida, mesmo quando ele vence. Nareunião depois da corrida há coisas positivas, mas também pontos negativos quetemos de melhorar”.

Regra 9:

 Antes de exigir dos outros, exija de si mesmo. Seja exemplo de conduta.

Depoimento de um dos engenheiros da equipe de Senna: “É por ele ser tão exigente

consigo que é natural aceitar que seja exigente conosco. Nós não estamos lá parabrincar. Trabalhamos num ambiente muito difícil e exigente”.

Regra 10:

Procure estar em forma. Tanto no aspecto físico quanto emocional.

 Ayrton Sena: “Aprendi na Fórmula 1 que você tem de estar em forma. Tem de ser forte, controlar suas emoções, sentimentos e seus pensamentos. Não são apenasmúsculos, um tônus muscular melhor, é o poder que você tem, a força física de seucorpo e também de sua mente.” 

Depoimento de Nuno Cobra (preparador físico de Ayrton Senna): “Em 84 ele era umgaroto franzino (...) fazendo dez voltas (de corrida a pé) com muita dificuldade.Senna era apenas um atleta de segunda categoria no início e sofria muito com asdemandas da Fórmula 1. Antes de equiparar sua condição física com sua força mental,ele terminou muitas corridas quase inconsciente.

Ele não era um atleta, como eu disse. Ele tinha um consumo máximo de oxigênio e aquantidade de sangue que passava pelo coração por minuto era em torno de 37 ml.Conseguiu chegar a 62 ml. Ele se transformou totalmente.

Ele tinha uma freqüência cardíaca basal, que é em repouso de 74 ou 75 batimentos,chegou em torno de 48 batimentos e isso realmente o privilegiou em relação aosoutros participantes de Fórmula 1.” 

Regra 11:

 Aprenda fazendo. Procure conhecer-se melhor.

 Ayrton Senna: “Você só aprende fazendo. Presto muita atenção nisso. Quando entendi que isso era algo muito especial, comecei a me conhecer melhor. Basicamente é isso,você se conhece melhor, conhece suas limitações, suas forças e qualidades. Vocêtenta criar um conjunto, ser uma pessoa mais estável”.

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Regra 12:

 Acredite que é possível exceder seu atual limite.

 Ayrton Senna: “Num dia qualquer, em quaisquer circunstâncias, você descobre quetem um limite. Você chega a esse limite e diz: ´Certo, esse é o limite! Quando vocêchega a esse ponto, algo acontece: você descobre que pode ir um pouco mais além.Com o poder da mente, sua determinação e instinto e sua experiência também, você pode voar muito alto”.

Regra 13:

Comprometa-se com o que você acredita.

 Ayrton Senna: “Você se compromete a tal ponto que não há meio-termo. Você dátudo de si, absolutamente tudo! E às vezes você acha mais forças porque precisa

disso se quiser ficar à frente e se quiser vencer”.

Regra 14:

Coloque Deus na sua vida.

 Ayrton Senna (após ter sofrido um acidente): “Acho que passei por um período deadaptação. Descobri algumas coisas importantes na vida. Esse caso em particular contribui muito para me estimular, me fazer ponderar, me fez pensar muito no quemais importa em nossa vida, que é Deus”.

Regra 15:

Faça com que seus valores sejam mais fortes do que as influências negativasque eventualmente queiram atingir você.

 Ayrton Senna (após ter sido injustamente criticado pela colisão de seu carro com o de Alan Prost): “Sim, eu pensei em parar. Pensei em ir para casa e não vir para a Austrália. E também pensei em correr na Austrália e não voltar depois dessa corrida.Muitas coisas passaram pela minha mente. Mas como eu já disse antes, sou um profissional e tenho responsabilidades. E sou um ser humano. Os valores que tenhona vida são mais fortes do que o desejo que muitas pessoas têm de influenciar edestruir esses valores”.

Regra 16:

Tenha momentos de lazer e descontração. Volte a ser criança! 

 Ayrton Senna: “Sempre que possível, gosto de estar longe das cidades. Gosto deestar em contato com a natureza. Seja na praia, seja no campo. É um lugar onde eu‘recarrego as baterias’ antes de voltar às pistas. A única forma de suportar esse estilode vida é estar na natureza, diminuir o ritmo, acalmar, desfrutar da natureza. Aí vocêencontra o equilíbrio entre os extremos. Somos todos crianças, não? A diferença entreum homem e uma criança é o brinquedo! Á medida que você cresce, tem mais coisas para pensar, tem mais preocupações, e você perde um pouco da alegria de viver. É importante, sempre que puder, e sempre que o lugar permitir, voltar a ser criançaum pouco”.

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Regra 17:

Conscientize-se de que há momentos em que você precisa ser calculista e

momentos em que a agressividade positiva é bem-vinda.

 Ayrton Senna: “Quando se está sob pressão, num momento mais crítico docampeonato ou numa corrida em especial, aquele que consegue criar combinandosimultaneamente agressividade e calculismo é que terá o melhor resultado. Para ser campeão é preciso combinar esses elementos na dose certa e no momento específico.E antes de tudo você precisa estar com a mente limpa para entender melhor qual é omomento para ser calculista. Qual é o momento para dar tudo de si e o momento deguardar o que tem para outra oportunidade. Essa é a diferença entre vencer e perder”.

Regra 18:Não se acomode no sucesso atual.

 Ayrton Senna: “Tive grandes corridas em minha carreira felizmente. Mas eu aindaestou esperando pela melhor de todas, no futuro...” 

Caro leitor, a vida nos prega peças. Todos nós sabemos que a esperança da “melhorde todas” as corridas “no futuro”, como disse Senna, não se concretizou.

De forma abrupta num acidente em Imola (Itália), Senna nos deixou. Perícias

comprovaram que o acidente foi erro técnico dos construtores do carro. Mas, quemsofreu as conseqüências da forma mais violenta possível, foi nosso admirado piloto.

Até mesmo neste último momento de sua vida terrena, Senna nos passou uma lição:podemos cumprir com todas as regras de sucesso em nossa vida profissional, e derepente surge o inesperado, que pode ser o desemprego, a doença, o acidente, ofracasso. Assim é a vida. Não caminhamos de forma linear. Existem os altos e osbaixos. Sempre. Os “altos” existem para enxergamos novas possibilidades e os “baixos” para refletirmos sobre os nossos valores. Assim crescemos. Até adquirimosa consciência de que o mal geralmente é o bem a caminho, e de que só cai quem

caminha (quem não caminha não cai, mas também não caminha).

Abrahan Lincoln precisou conhecer todos os percalços da pobreza, para ficar rico emidéias e projetos humanistas e progressistas. Beethoven teve que ficar surdo, paraque sua intuição musical melhor aflorasse. Saulo de Tarso, na estrada de Damasco,teve que ficar temporariamente cego, para que pudesse enxergar um novo caminhopara sua vida iluminando toda a humanidade.

Por tudo isto, que uma das mais importantes das regras acima, é a primeira: “tenhaum foco ou um objetivo de vida bem definido”, pois se soubermos onde queremoschegar, não reclamaremos das dificuldades que certamente irão aparecer.

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Aprenderemos com elas. Lembraremos sempre que o eventual “fracasso” é um dosdegraus do sucesso!

Currículo do autor: Alkindar de Oliveira, Palestrante, Escritor e Consultor de Empresasradicado em São Paulo-SP, profere palestras e ministra treinamentoscomportamentais em todo o Brasil. Juntamente com sua equipe de consultores, temseu foco de atuação em diversas áreas de treinamento, como:VISÃO SISTÊMICA,CULTURA DO DIÁLOGO,ORATÓRIA,LIDERANÇA,COACHING,RELACIONAMENTO,MOTIVAÇÃO,

COMUNICAÇÃO ESCRITA,COMUNICAÇÃO VERBAL,CRIATIVIDADE,HUMANIZAÇÃO DO AMBIENTE EMPRESARIAL,VENDAS, FINANÇAS,EFICAZ COMUNICAÇÃO INTERNA,NEGOCIAÇÃO,PRODUÇÃO/CHÃO DE FÁBRICA,ETC.

Suas teses e artigos estão expostos em renomados veículos de comunicação, como:as revistas Você S/A e Bons Fluidos, da Editora Abril; revista Pequenas EmpresasGrandes Negócios, Editora Globo; revista “Venda Mais”, Editora Quantum; e os jornaisValor Econômico, O Estado de São Paulo e Jornal do Brasil, etc.

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CUORE

Vocabolario on line

cuòre (pop. e poet. còre) s. m. [lat. cŏr]. –

1.

a. Organo muscolare, cavo, che costituisce il centro motore dell’apparato circolatorio,

situato, nell’uomo, tra i due polmoni, sopra al diaframma, davanti alla colonna

vertebrale, dietro lo sterno. Ha forma approssimativamente conica, con apice (detto

mucrone) rivolto in avanti, in basso e a sinistra, ed è costituito da quattro cavità, due

atrî (o orecchiette) e due ventricoli; ogni atrio comunica col rispettivo ventricolo

mediante un orifizio atrioventricolare, fornito di un apparato valvolare disposto in

modo tale da permettere il passaggio del sangue dagli atrî ai ventricoli (e non

viceversa); questi ultimi sono in comunicazione a sinistra con l’aorta, a destra conl’arteria polmonare. L’azione del cuore per la circolazione del sangue (ciclo cardiaco) si

svolge attraverso tre fasi: la presistole, in cui si ha una sincrona contrazione degli atrî,

coincidente in parte con la dilatazione (diastole) dei ventricoli, la quale esercita così

un’azione aspirativa sul sistema venoso; la sistole, che è la fase preminente, in cui i

ventricoli si contraggono simultaneamente, spingendo il sangue nelle rispettive

arterie, aorta e polmonare, mentre inizia la diastole degli atrî; e, infine, la perisistole,

in cui si ha il riposo completo di tutto l’organo. Locuzioni: i palpiti, le pulsazioni del c.;

il sangue affluisce al c.; senti come mi batte forte il c. (e in senso tra proprio e fig.: mi

batteva il c., il c. mi batteva forte, per qualche emozione); il c. ha cessato di battere;

avere il c. sano, forte, malato; soffrire di cuore. Nel linguaggio clinico, c. destro, c.sinistro, la metà destra e, rispettivamente, la metà sinistra del cuore, cioè l’insieme

dell’atrio e del ventricolo di destra e, rispettivamente, di sinistra. In patologia, c.

polmonare acuto, quadro clinico grave determinato dall’improvvisa occlusione per

embolia dell’arteria polmonare; c. polmonare cronico, condizione morbosa

caratterizzata da insufficienza cardiaca cronica susseguente a lunghe malattie

dell’apparato respiratorio.

b. Il cuore di animali uccisi, una delle frattaglie, che viene variamente cucinato: c. di

vitello, d’agnello; cuocere il c. in padella con un po’ di salvia.

c. estens. La parte del petto dove sta il cuore: si portò la mano al c.; stringersi,

serrarsi al c. qualcuno.

2. Per analogia:

a. C. artificiale, espressione con cui veniva impropriam. designato l’apparato per la

circolazione extracorporea, e che ora indica soprattutto le protesi cardiache proposte

in alternativa al trapianto del cuore. C. elettronico, altro nome dato al pace-maker.

b. Oggetto che abbia forma di un cuore: sopra l’altare erano appesi c. d’argento e altri

ex-voto. In partic., nel gioco delle carte, uno dei semi delle carte francesi: asso, fante,

regina di cuori.

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3. fig. Dall’antichissima credenza popolare che il cuore fosse il centro della vita

spirituale e affettiva dell’uomo, si è formata ed è rimasta nel linguaggio com. una

serie ricchissima di locuz. e frasi fig., nelle quali il cuore è inteso come la sede dei varî

moti dell’animo.

a. Come sede della sensibilità, dei sentimenti: avere il c. tenero, sensibile, ardente,

compassionevole, generoso, duro, insensibile, feroce, crudele, ecc.; c. di pietra, di

sasso, di macigno, di ghiaccio, inflessibile, spietato; c. di tigre, di belva, crudele;

uomo di c., di buon c., buono, caritatevole; persona senza c., cattiva, crudele; avere

c., essere buono, pietoso; avere il c. lieto, essere allegro; avere il c. triste, essere

afflitto; toccare il c., impietosire; spezzare, strappare il c., commuovere intimamente,

straziare; sentirsi schiantare il c., essere afferrato da un’acuta sofferenza, da un

sentimento di profonda pena; avere una spina nel c., una grave preoccupazione;

mangiarsi, rodersi il c., tormentarsi; sentire un tuffo al c., una forte e improvvisaemozione; stare col c. in pena, stare in ansia; occhio non vede, c. non duole (prov.

che si usa ripetere soprattutto a proposito di avventure e relazioni extraconiugali, o

sim.); Era già l’ora che volge il desio Ai navicanti e ’ntenerisce il core (Dante).

b. L’intimità stessa del pensiero e del sentimento: aprire il c.; parlare col c., col c. in

mano, sinceramente; fare una cosa col c., con tutto il c., molto di buon grado,

generosamente; tenere in c., nascondere; sgorgare, venire dal c., dall’intimo;

arrivare, scendere al c., nell’intimo; ascoltare la voce del c.; il cuor mi dice che ci

rivedremo presto (Manzoni); avere il c. sulle labbra, essere aperto, sincero; con

abbondanza di c., con ispirazione e sentimento; gioire, piangere in cuor proprio; Moltihan giustizia in cuore, e tardi scocca (Dante); Né più nel cor mi parlerà lo spirto Delle

vergini Muse e dell’amore (Foscolo); i grandi pensamenti nascono dal c., e dal c.

nascono eziandio i grandi errori (Manzoni). Come sinon. poet. di affetto, sentimento,

anche al plur.: Che pensieri soavi, Che speranze, che cori, o Silvia mia! (Leopardi).

c. Come sede dell’affetto, dell’amore: affari di c., pene di c.; l’amico del c., la donna

del c., i preferiti, i più amati; prov., il c. non invecchia mai; prov., lontano dagli occhi,

lontano dal cuore. L’amore stesso: il c. di un padre, di una madre; dare, donare il c.;

rubare il c. a qualcuno, farlo innamorare; guadagnare il c. di qualcuno, cattivarsene la

simpatia, l’affetto; come formula affettiva: cuor mio! Con sign. e uso particolare,

Sacro Cuore, il Cuore di Gesù e il Cuore di Maria, simboli del loro amore per l’umanità

e oggetto di speciale culto nella Chiesa cattolica: la festa del Sacro Cuore (di Gesù, il

venerdì dopo l’ottava del Corpus Domini; di Maria, il giorno successivo); la chiesa del

Sacro Cuore.

d. Come sede del desiderio, della volontà: avere a c., desiderare; prendersi a c. una

cosa, prendersene cura; essere, stare a c., premere, interessare; avere in c. di fare

una cosa, averne l’intenzione. Come locuz. avv., di cuore, volentieri: accettare di c.;

Oh di che cuor con voi mi resterei – Guardando io rispondeva – oh di che cuore!

(Carducci); anche con altre accezioni: ridere di c., di gusto; offrire di c., con

spontaneità; ringraziare di tutto c., con sentimento di viva riconoscenza.

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e. Come sede del sentimento morale, della coscienza: semplicità di c.; mettersi il c. in

pace, rassegnarsi; Iddio gli ha toccato il c., gli ha fatto sentire la propria voce, l’ha

fatto pentire dei suoi peccati.

f. Come sede della forza d’animo (quindi spesso sinon. di coraggio, o per significare

ardimento, fierezza): prendere c., fare c., farsi c.; perdersi di c.; mi manca il c.; avere

(il) c. di fare una cosa; se ti dà il c. di farlo, se ne senti il coraggio; non mi dà, non mi

basta, non mi regge il c., non ho il coraggio, non mi sento la forza; né dielle il core Di

sprezzar la dimanda, e il mesto addio Rinacerbir col niego (Leopardi); sentirsi

allargare il c., aprire l’animo alla speranza, rincorarsi, riprendere animo; in alto i

cuori!, esortazione alla fiducia, alla fermezza, alla volontà e certezza di riuscita o di

vittoria (per il sign. proprio e originario dell’espressione, come formula liturgica, v.

sursum corda). In particolari espressioni: avere o essere un c. di leone, essere

coraggioso; avere o essere un cuor di coniglio, di pecora, di pulcino, essere pauroso;don Abbondio (il lettore se n’è già avveduto) non era nato con un cuor di leone

(Manzoni); e in funzione attributiva, come epiteto: Riccardo Cuor di Leone, Riccardo I

re d’Inghilterra (1157-1199).

g. Nel linguaggio sport., per indicare dedizione assoluta, entusiasmo, volontà tenace e

sim.: la squadra ha vinto per il suo gran c.; il nostro campione ha corso oggi con

grande cuore.

h. In contrapposizione generica alla ragione, cioè al giudizio realistico delle cose: farsi

guidare dal c. più che dalla ragione (o dalla ragione più che dal c.); il c. ha le sueragioni che la ragione non conosce (traduz. di una celebre frase di Pascal).

4. Per analogia, il centro, il mezzo di qualche cosa: il c. della città; nel c. della notte,

dell’inverno, dell’estate; il c. del carciofo, della lattuga. In partic.:

a. In araldica, punto centrale dello scudo (se vi è posta una figura, questa è detta in

cuore); anche, il petto dell’aquila quando è caricato da uno scudetto o da altra figura.

b. In anatomia vegetale, c. del legno, la parte centrale, morta, del fusto e dei rami

delle piante legnose, detta anche durame.

c. In patologia vegetale, mal del c., malattia delle bietole che determina arresto dello

sviluppo, distruzione della gemma apicale e marciume del colletto. C. stellato, difetto

dei legnami, detto anche cretto centrale.

5. Nell’armamento ferroviario, pezzo speciale inserito nel binario in corrispondenza

dell’incrocio di due rotaie per lasciare libero passaggio ai bordini delle ruote dei veicoli

ferroviarî.

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6. In astronomia, Cuore di Carlo, nome della stella principale della costellazione dei

Cani da Caccia, una delle più belle stelle doppie del cielo boreale.

7. In botanica, cuore di Maria, pianta erbacea delle fumariacee (Dicentra spectabilis)

coltivata per i fiori a forma di cuore.

8. In zoologia, cuore di mare, nome delle varie specie di molluschi bivalvi marini

appartenenti al genere Cardium (v. cardio), quasi tutti commestibili, comuni sui

fondali fangosi dove vengono raccolti in ogni periodo dell’anno.

9. In fisica, cuore duro, locuz., che traduce erroneamente l’ingl. hard core «nucleo

impenetrabile», con cui si indica la sfera, centrata su una molecola, il cui raggio è la

distanza minima a cui si può avvicinare un’altra molecola, e che misura ciò che si può

chiamare la zona di impenetrabilità della molecola medesima.

◆Dim. e vezz. c(u)oricino, anche con accezione partic. (v. cuoricino); spreg.

c(u)oriciàttolo, non com. c(u)orùccio; pegg. c(u)oràccio.

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CONSAPEVOLE

treccani - Vocabolario on linehttp://www.treccani.it/vocabolario/consapevole /

consapévole agg. [der. di consapere]. – Informato di un fatto: sono c. di quanto è

avvenuto; fare o rendere c., informare, avvertire: rendere qualcuno c. dei rischi, delle

difficoltà, delle sue responsabilità; l’ho fatto c. dei pericoli cui può andare incontro. Più

com., essere c. (o c. a sé stesso), avere coscienza: sono c. delle mie responsabilità.

Ant., di persona che, essendo a conoscenza d’un fatto, se ne rende in qualche modo

complice; anche come s. m.: fu preso, e collato terribilmente, per dire i c. (B.

Davanzati).

◆ Avv. consapevolménte, con piena coscienza: spero che tu abbia agito

consapevolmente.

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CONOSCENZA

Vocabolario on line

conoscènza (ant. cognoscènza o cognoscènzia e canoscènza) s. f. [dal lat. tardocognoscentia, der. di cognoscĕre «conoscere»]. –

1.

a. L’atto del conoscere una persona, dell’apprendere una cosa: sono lieto di fare la

vostra c.; ho fatto c. con il direttore; dicono e predicono che la perfezione dell’uomo

consiste nella c. del vero (Leopardi); venire a c., acquistare c. di una cosa,

apprenderla, averne notizia: non è ancora venuto a c. della situazione; giungere a c.

(di qualcuno), essere appreso: la notizia del fatto non è ancora giunta a sua

conoscenza. Copia per c., copia conforme di una lettera o di una comunicazione

ufficiale che viene inviata a persona o ufficio o ente diversi dal destinatario diretto, inquanto si ritenga abbia interesse o diritto a conoscerne il contenuto; la lettera viene in

tal caso intestata con i nomi di tutti e due i destinatarî, premettendo all’indirizzo del

secondo la formula abbreviata «e p. c.» (= e per conoscenza).

b. Il conoscere, come presenza nell’intelletto di una nozione, come sapere già

acquisito: non ha la minima c. delle norme della circolazione; la nostra c. della natura

è molto limitata; essere a c., avere c. di una cosa, saperla: sono a c. di tutti i

particolari; ho perfetta c. di ciò che debbo fare; il fatto non è a mia c., non è da me

conosciuto; è persona di mia c., che io conosco. Nel linguaggio banc., per c. della

firma, formula che un garante appone, insieme con la propria firma, a tergo di un

assegno bancario per attestare, di fronte alla banca, l’autenticità della firma della

persona che deve riscuotere.

2. Facoltà, capacità di conoscere, d’intendere: il malato ha perso la c.; serbare,

riprendere, riacquistare la c.; tutta morta Fia nostra conoscenza da quel punto Che del

futuro fia chiusa la porta (Dante). In partic., teoria della c. (detta anche gnoseologia),

ramo della filosofia che indaga sui valori e i limiti della facoltà di conoscere.

3. concr. Persona che si conosce e con cui si ha qualche familiarità: è una mia vecchiac.; ha molte c. al ministero; scherz. o iron.: è una vecchia c. della questura, di un

colpevole recidivo.

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LAVORATORE DELLA CONOSCENZA

Neologismi (2008)

lavoratore della conoscenza loc. s.le m. Chi mette a profitto conoscenze teoriche e

specialistiche, spesso con contratti di collaborazione, specialmente nel mercatoeditoriale, dell’economia e delle tecnologie dell’informazione.

◆ [Aldo] Bonomi – sociologo dei territori e del capitalismo molecolare – guarda a

quella città infinita che si estende tra Varese e il Veneto passando per Milano, guarda

alle nuove professioni, agli artigiani, alle piccole imprese, alla terziarizzazione

economica e sociale, alle pratiche di rete, ai lavoratori della conoscenza. (Lelio

Demichelis, Stampa, 4 dicembre 2004, Tuttolibri, p. 6)

• la società dell’informazione ha cambiato la qualità dei lavoratori: oggi, in un’impresa

dei servizi, i lavoratori della conoscenza sono almeno il 25%. In modelli organizzativi di straordinario successo come quello Toyota, molto di più. Nel senso che informazioni e

conoscenze sono messe al cuore dell’organizzazione, salgono e scendono, vengonoscambiate, rimescolano le gerarchie tradizionali. (Danilo Taino, Corriere della sera, 27

gennaio 2006, p. 41, Economia)

• Nell’ascesa della Cina e dell’India come nuove superpotenze dell’economia globale

qual è la conseguenza di lungo termine che secondo lei ci riserverà le maggiori

sorprese? «L’impatto sull’economia globale è immenso e continuerà a crescere, e

tuttavia mi pare che la dimensione economica sia quella più facile da capire.

È ormai chiaro che non sono solo i nostri operai ma anche i colletti bianchi, i laureati, i “lavoratori della conoscenza” che dovranno competere con molti milioni di giovani cinesi e

indiani» [Barry Eichengreen intervistato da Federico Rampini]. (Repubblica, 7 gennaio 2008, p. 7, Economia). Espressione composta dal s. m. lavoratore, dalla prep. della e dal s. f.conoscenza, ricalcando l’ingl. knowledge worker.Già attestato nella Repubblica del 12 novembre 1993, Affari & Finanza, p. 1.

V. anche brainworker, cognitario, knowledge worker.

Brainworker

Neologismi (2008)

brainworker (brain-worker, brain worker), s. m. Operatore intellettuale, della

conoscenza: chi mette a profitto conoscenze teoriche e specialistiche nel mercato

editoriale e delle tecnologie dell’informazione, spesso con contratti di collaborazione.

◆ Perfino i brain workers della new e net economy, fino a ieri un’élite, oggi scoprono

l’incertezza della loro condizione, vedi lo sciopero di qualche mese fa dei dipendenti di

Matrix e del portale Virgilio. (Stefano Rossi, Repubblica, 1° maggio 2002, Milano, p.

II)

• Nemici giurati dell’«America imperialista», i rifondaroli avevano fatto ricorso a un

glossario anglo-americano per spiegare che durante la street parade (il corteo) a

sostegno dei chainworkers e brainworkers (precari delle catene commerciali e

dell’intelletto) e per richiedere flexsecurity (flessibilità con diritti), ci sarebbero statiepisodi di shopsurfing: ovvero «azioni a sorpresa di riappropriazione di reddito». Il

che, tradotto in fatti, ha significato ingenti furti in un ipermercato e in libreria e

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conseguenti denunce a decine. (Daria Gorodisky, Corriere della sera, 8 novembre

2004, p. 13, Cronache)

• Che Fausto Bertinotti avesse scelto di usare i Post-it nella campagna per le primarie

si sapeva. […] Figuratevi se su Indymedia non s’indignavano, «ma come la campagna

del partito no-logo diventa l’apoteosi del logo»? […] Il leader dell’«altra sinistra» non

era l’unico politico in grado di comprendere le avanzatissime battaglie «alternative»sul copy-left, l’open source, il riconoscimento dei trentenni brain-workers, il nuovo

precariato intellettuale? (Jacopo Iacoboni, Stampa, 4 agosto 2005, p. 10, Cronache

Italiane).

Dall’ingl. brainworker.

Già attestato nella Repubblica del 27 giugno 1997, Roma, p. V (Francesca Giuliani).

V. anche cognitario, knowledge worker, lavoratore della conoscenza.

COGNITARIO

Neologismi (2008)

cognitario s. m. e agg. Precario intellettuale e della conoscenza: chi mette a profitto

conoscenze teoriche e specialistiche, spesso con contratti di collaborazione, nel

mercato intellettuale e delle nuove tecnologie.

◆ Come se la storia non avesse insegnato nulla, il pensiero socialdemocratico si fissa

ancora solo nella parte alta del processo, in quella economia dell’informazione ove

sono al lavoro i «cognitari», terribile neologismo coniato da alcuni miei amici per

definire i proletari alienati nel ciclo di produzione della conoscenza, esaltando il

nomadismo, la leggerezza e la mobilità dei pochi senza curarsi della pesantezza dei

percorsi territoriali dei tanti e senza cogliere i profondi processi di intreccio che

caratterizzano il moderno tra locale e globale, tra innovazione e mediocrità, tra

ipermodernità e arcaismi, tra non luoghi e iperluoghi. (Aldo Bonomi, Stampa, 26

febbraio 2000, Tuttolibri, p. 12)

• Verrà proposta una Magna Charta dei precari e dei cognitari, nuova definizione per i

lavori intellettuali standardizzati dove, invece della chiave inglese, gli strumenti sono

video e tastiera.(Stefano Rossi, Repubblica, 29 aprile 2004, Milano, p. IV)

• è proprio su questi elementi comuni a livello europeo che si gioca la partita per la

nascita di un soggetto molteplice precario e cognitario europeo in grado di costituireun’identità rivendicativa e uno spazio pubblico europeo in cui sviluppare agitazione

sindacale trasversale (Andrea Fumagalli, Manifesto, 10 luglio 2004, p. 47, Lombardia).

Adattato dal s. ingl. cognitarian, a sua volta composto dall’agg. cognit(ive) (‘cognitivo,

della conoscenza’) e dal s. (prolet)arian (‘proletario’).

V. anche brainworker, knowledge worker, lavoratore della conoscenza.

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ATTENZIONE

Vocabolario on line

attenzióne s. f. [dal lat. attentio -onis, der. di attendĕre «rivolgere l’animo»]. –

1. Atto di rivolgere e applicare la mente a un oggetto; processo che permette di

concentrare o d’indirizzare l’attività psichica su un determinato oggetto, sia di ordine

sensoriale (a. sensoriale), sia di ordine rappresentativo (a. rappresentativa, interna,

intellettuale): a. viva, intensa, scarsa, debole, ecc.; fare, prestare a., stare attento;

attirare, richiamare, distrarre, sviare l’a.; destare, suscitare l’a. di qualcuno, eccitarne

l’interesse e la curiosità; mettere a. in una cosa, farla con molta cura e diligenza. Nella

psicologia sperimentale, psicometria dell’a., misurazione comparativa della capacità di

attenzione dei singoli individui, eseguita mediante speciali apparecchi elettrici. Come

esclam., attenzione! (ellissi di fate a. e sim.), modo di richiamare l’attenzione diqualcuno; in genere, lo stesso che attento, attenti (v. le voci).

2. Nel plur., premure, cortesie: usare a qualcuno molte a.; ricevere mille a.; vi sono

grato delle vostre a.; meno com. al sing., e per lo più in frasi negative o limitative:

non hai nessuna a. per tua madre; avesse almeno qualche volta un’a. per me!

INATTENZIONE

Vocabolario on line

inattenzióne s. f. [comp. di in-2 e attenzione]. – Mancanza di attenzione (meno com.e anche meno grave di disattenzione).

DISATTENZIONE

Vocabolario on line

diṡattenzióne s. f. [comp. di dis-1 e attenzione]. –

1.

a. L’essere disattento, mancanza di attenzione: a scuola fa scarso profitto per la sua

continua d.; sono inciampato per d.; d. della mente; d. ai pericoli.

b. Con sign. specifico, in psicologia, stato psicologico (distinto dalla distrazione) per

cui il soggetto cessa di interessarsi a un oggetto per rivolgere l’attenzione a un

oggetto diverso.

2. Svista, omissione, errore, causati da scarsa attenzione o da distrazione: il compito

è pieno di disattenzioni; scusami se non t’ho salutato, è stata una disattenzione.

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VALUTAZIONE

Vocabolario on line

valutazióne s. f. [der. di valutare]. –

1.a. Determinazione del valore di un bene ragguagliato in moneta: v. di un terreno, di

uno stabile; v. in base ai prezzi correnti; controversie di v., tra fisco e contribuente, lo

stesso che controversie di estimazione.

b. Calcolo approssimativo: v. dell’entità di un danno, delle perdite subìte, ecc.

2. Determinazione del valore di cose e fatti di cui si debba tenere conto ai fini di un

giudizio o di una decisione, di una classifica o graduatoria: v. delle prove in un

processo; v. dei titoli in un concorso; v. delle prove orali e scritte di un esame e v. del

profitto degli allievi (v. anche docimologia); scheda di v., introdotta dall’annoscolastico 1977-78 nella scuola elementare dell’obbligo, contenente informazioni sui

processi di apprendimento e di maturazione di ogni singolo alunno (nelle varie

discipline e globalmente) e comprendente inoltre – nel corso e alla fine dell’anno – i

giudizî del docente (formulati sulla base di precisi parametri), in sostituzione o ad

integrazione della tradizionale pagella con voti espressi in decimi; v. politica della

situazione, dei risultati elettorali; e, in generale, elementi, criterî, sistemi di

valutazione. Per la v. d’impatto ambientale (anche nella sigla VIA), v. impatto, n. 1 c.

VALUTARE

Vocabolario on line

valutare v. tr. [der. di valuta] (io valùto o, più com., ma meno corretto, io vàluto,

ecc.). –

1.

a. Determinare il valore commerciale di un bene esprimendolo in moneta, assegnare a

un oggetto il valore di mercato, o quello che si ritiene giusto o conveniente: il terreno

è stato valutato oltre o sui trecentomila euro; l’orefice mi valutò l’anello tremila euro.

Nel senso fig. di stima morale o considerazione d’altro genere: non ha saputo v.

abbastanza l’onore che gli è stato fatto; tu lo valuti troppo (o troppo poco)

quell’uomo; occorre v. realisticamente la potenza del nemico, la gravità del pericolo,ecc.

b. Stimare o calcolare approssimativamente: il danno fu valutato, allora, in centinaia

di euro; si valutava che i nemici avessero in campo duecentomila uomini; v. a occhio

e croce una distanza.

2. Tenere conto ai fini di un calcolo complessivo, o ai fini di un giudizio di merito, di

una classifica o graduatoria, ecc.: valutando gli anticipi ricevuti, il suo credito rimane

di 75 mila euro; tenere in considerazione: bisogna v. ogni più piccolo indizio.

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VALUTATIVO

Vocabolario on line

valutativo agg. [der. di valutare]. – Che serve a valutare, che riguarda la valutazione:

giudizio, criterio valutativo.

GIUDIZIO

Vocabolario on line

giudìzio (ant. giudìcio, iudìcio) s. m. [dal lat. iudicium, der. di iudex -dĭcis «giudice»].

1.

a. L’attività logica del giudice, consistente nell’applicare le norme di legge al fatto da

lui accertato: g. di fatto, se le questioni risolte riguardano l’accertamento dei fatti; g.

di merito, se riguardano il diritto sostanziale; g. di rito, se riguardano lo svolgimentodel processo. In senso più ampio, e più comune, tutta l’attività che si svolge dinanzi

all’autorità giudiziaria per giungere al pronunziato finale (cioè al giudizio in senso

stretto), sinon. quindi di processo; in tale sign. il termine è usato anche per indicare

quelle forme processuali che normalmente non si concludono con un giudizio: g. civile,

penale; g. di cognizione, g. di esecuzione; g. di primo, di secondo grado, ecc.;

iniziare, intentare, promuovere un g.; sospendere il g.; dire, affermare, testimoniare

in g.; difendere in giudizio. In partic., nel procedimento penale, la fase che segue alle

indagini preliminari e che comprende gli atti preliminari al dibattimento, il

dibattimento, la deliberazione dei giudici e la sentenza; con sign. più specifico, g.

abbreviato e g. immediato, procedimenti penali speciali caratterizzati dalla mancanza,

rispettivam., del dibattimento e dell’udienza preliminare; g. direttissimo o per

direttissima, v. direttissima; nel linguaggio com., essere sotto g., sotto processo, in

attesa della definizione della causa. Con uso estens., e più concr., tribunale, autorità

giudiziaria: citare, convenire, comparire, presentarsi in g.; stare in g., come attore o

come convenuto.

b. Per analogia, g. finale, dell’anima davanti al tribunale di Dio subito dopo la morte,

variamente concepito secondo le varie religioni e credenze; g. universale (o, anche in

questo senso, g. finale), di tutte le anime alla fine del mondo; nell’uno e nell’altrosign. anche, per antonomasia, semplicem. il g., spec. nella locuz. il giorno del g.; in

frasi fig.: verrà anche per voi il giorno del g., il momento in cui dovrete rendere conto

del vostro operato; aspettare fino al giorno del g., per un tempo lunghissimo; pare il

giorno del g., quando piova o tuoni fortemente o vi sia grande baccano e confusione.

c. La sentenza, il verdetto dei giudici: emettere g. di assoluzione, di condanna; g.

giusto, severo, inappellabile; il g. è parso a tutti troppo grave.

d. Per estens., sentenza, decisione, anche non di giudici: ho sbagliato e mi rimetto al

tuo g.; il g. di Paride; oppure condanna, castigo: Giusto giudicio da le stelle caggiaSovra ’l tuo sangue (Dante). In partic., la decisione finale di una commissione

giudicatrice, di una giuria e sim.: dare g. favorevole, sfavorevole; approvare,

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promuovere, dichiarare vincitore con g. unanime. Anche l’apprezzamento in base al

quale si decide, e la formulazione di tale apprezzamento. Nel linguaggio scolastico, il

parere che l’insegnante scrive sul compito o su apposito verbale; nella scuola

dell’obbligo (elementare e scuola media), valutazione, scritta in apposito registro,

dell’andamento scolastico dell’alunno, dai cui elementi vengono desunti

periodicamente (in genere, trimestralmente o quadrimestralmente), e annotati suscheda, i g. analitici per ciascuna disciplina e una valutazione sul livello globale di

maturazione dell’alunno, che costituiscono a loro volta la base per la formulazione a

fine d’anno del g. d’idoneità alla classe successiva (o all’esame di licenza) o, in caso

negativo, del g. di non ammissione.

e. G. di Dio: presso i popoli primitivi e nell’alto medioevo (con sopravvivenza fino ai

nostri giorni nel folclore e nel costume in genere), quello che, in mancanza di prova

idonea, si desumeva, nella presunzione dell’assistenza divina, dall’esito delle ordalie

(così erano chiamate con voce germanica queste decisioni supreme), consistenti nelle

prove del duello, dell’acqua bollente o fredda, del ferro rovente, delle sorti, ecc.; chine riusciva integro (o, nel duello, vincitore) era ritenuto innocente del misfatto.

2.

a. In filosofia, funzione logica che connette, affermativamente o negativamente, un

soggetto con un predicato: g. analitico, sintetico, a priori, a posteriori; g. empirico, g.

estetico.

b. Nel linguaggio com., qualsiasi affermazione, verbale oppure scritta, la quale non sia

una semplice constatazione di fatto, ma esprima un’opinione sulle qualità, il valore, il

merito di persona o cosa; spesso quindi sinon. di parere, opinione, avviso e sim.:

difficilmente si può fare giudicio del futuro (Guicciardini); pronunciare, formulare,

emettere un g.; g. precipitoso, frettoloso, approssimativo, sereno, obiettivo, parziale,

imparziale, spassionato, disinteressato, preconcetto; vorrei sentire il tuo g. su questo

quadro; i g. dei critici sono discordi; non ho elementi di g.; sfidare il g. della gente; a

g. dei competenti; a mio, a suo g., secondo il mio, il suo modo di vedere; a g. di tutti,

a g. comune, universale; g. di valore, la valutazione soggettiva che di un oggetto,

concreto o astratto, viene data da una persona, sulla base di fattori emotivi varî, ma

in genere influenzata anche dall’ambiente sociale; il g. della storia, il giudizio intorno aun fatto storico, quale si può ricavare dalla considerazione degli eventi che da esso

hanno avuto origine; g. temerario, il pensare male di altri senza prova o indizî sicuri.

Con accezione più prossima a «concetto, opinione»: formarsi un buon g., un cattivo

g., un g. sbagliato di una persona.

3. La facoltà stessa della mente che giudica e l’attitudine a ben giudicare: persona di

retto g.; criterio, discernimento: lascio al tuo g. stabilire se convenga o no; età del g.,

quella in cui si acquista la capacità di discernere il bene dal male; denti del g., v.dente. Fam., senno, riflessione, prudenza: con quella bagattella di cattura, venir qui,

proprio in paese, in bocca al lupo, c’è giudizio? (Manzoni); uomo di g., senza g.;

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ragazzo di poco g.; ci vuole g.; abbi più g. un’altra volta; mettere g., ravvedersi;

spendere con g., con oculata parsimonia.

◆ Dim. giudizino, giudiziétto; accr. giudizióne, tutti poco com. e quasi esclusivam. nel

sign. fam. di senno, criterio, così come il più com. giudiziàccio, spreg. ma spesso

usato con tono scherz. ammirativo: un certo giudiziaccio glielo dobbiamo pure

riconoscere.