Torniamo dal nostro Romano, uno dei più importanti ... · campagna di Claudio Baglioni, inserita...

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Francesco G. Manetti http://www.ereticamente.net/2018/07/fumetto-fascismo-profondo-indaco-le-avventure-di-romano-3a-parte-negli-abissi-del-mare.html Torniamo dal nostro Romano, uno dei più importanti personaggi d’avventura a fumetti dell’Era Fascista, con il terzo, avvincente racconto del Legionario. L’episodio in questione, intitolato Negli abissi del mare, apparve, dipanandosi per appena 13 puntate consecutive settimanali (contro le 30 circa di ognuna delle due storie precedenti) sul periodico per ragazzi “Il Vittorioso”, dal n. 43 (a. III) del 28 ottobre 1939 – XVII E.F. al n. 3 (a. VI) del 20 gennaio 1940 – XVIII E.F.; ricordiamo che il giornale era una testata della cattolica AVE (acronimo per “Anonima Veritas Editrice”). Le profondità marine protagoniste della nuova avventura di Romano. La batisfera. Negli abissi del mare parte immediatamente dopo la fine dell’episodio precedente, Deserto bianco, pur non essendone la continuazione narrativa; anche in questo caso tutte le tavole hanno la rilevanza della copertina (che, secondo l’usanza dell’epoca, coincideva con la prima pagina) e sono dunque a colori: ciò significava che il personaggio di Kurt Caesar, autore dei testi e dei disegni fin dall’inizio della saga, continuava ad avere immutato successo di pubblico. Come mai, allora, questo terzo episodio è così breve rispetto ai primi due? Perché in realtà si tratta della prima delle due parti di una lunga avventura di 36 tavole, che si concluderà con la 23esima puntata della storia successiva, Il nemico invisibile, della quale vi renderemo conto prossimamente. I l “cineromanzo” e altre curiosità editoriali Un cineromanzo o fotoromanzo del 1955 con Totò Prima di entrare nel “vivo”, parliamo anche stavolta di alcune “curiosità” editoriali. Ogni puntata dell’episodio ha i suoi “titolini”, e precisamente: Un “S.O.S.”, Un abbraccio pericoloso, Soffocato?, La pressione mortale, Lo squalo, L’escursione di Nino, L’aggressione del pesce spada, Il falso tesoro, La borsa preziosa, Lo scafandro autonomo, Il falso appuntamento, Il furto della cassetta e Il dubbio di Isa; a partire dalla 9a puntata, sotto la dicitura “Cineromanzo di avventure”, appare il riassunto degli episodi precedenti, modulato su due righe; i riassunti delle prime sette puntate erano invece inseriti a pag. 6 dell’albo.

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Francesco G. Manetti http://www.ereticamente.net/2018/07/fumetto-fascismo-profondo-indaco-le-avventure-di-romano-3a-parte-negli-abissi-del-mare.html

Torniamo dal nostro Romano, uno dei più importanti personaggi d’avventura a fumetti dell’EraFascista, con il terzo, avvincente racconto del Legionario. L’episodio in questione, intitolato Negliabissi del mare, apparve, dipanandosi per appena 13 puntate consecutive settimanali (contro le 30circa di ognuna delle due storie precedenti) sul periodico per ragazzi “Il Vittorioso”, dal n. 43 (a. III)del 28 ottobre 1939 – XVII E.F. al n. 3 (a. VI) del 20 gennaio 1940 – XVIII E.F.; ricordiamo che ilgiornale era una testata della cattolica AVE (acronimo per “Anonima Veritas Editrice”).

Le profondità marine protagoniste dellanuova avventura di Romano. La batisfera.

Negli abissi del mare parte immediatamente dopo la fine dell’episodio precedente, Deserto bianco,pur non essendone la continuazione narrativa; anche in questo caso tutte le tavole hanno la rilevanzadella copertina (che, secondo l’usanza dell’epoca, coincideva con la prima pagina) e sono dunque acolori: ciò significava che il personaggio di Kurt Caesar, autore dei testi e dei disegni fin dall’iniziodella saga, continuava ad avere immutato successo di pubblico. Come mai, allora, questo terzoepisodio è così breve rispetto ai primi due? Perché in realtà si tratta della prima delle due parti diuna lunga avventura di 36 tavole, che si concluderà con la 23esima puntata della storia successiva, Ilnemico invisibile, della quale vi renderemo conto prossimamente.

Il “cineromanzo” e altre curiosità editoriali

Un cineromanzo o fotoromanzo del 1955con Totò

Prima di entrare nel “vivo”, parliamo anche stavolta di alcune “curiosità” editoriali. Ogni puntatadell’episodio ha i suoi “titolini”, e precisamente: Un “S.O.S.”, Un abbraccio pericoloso, Soffocato?,La pressione mortale, Lo squalo, L’escursione di Nino, L’aggressione del pesce spada, Il falso tesoro,La borsa preziosa, Lo scafandro autonomo, Il falso appuntamento, Il furto della cassetta e Il dubbiodi Isa; a partire dalla 9a puntata, sotto la dicitura “Cineromanzo di avventure”, appare il riassuntodegli episodi precedenti, modulato su due righe; i riassunti delle prime sette puntate erano inveceinseriti a pag. 6 dell’albo.

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Dunque, anche Negli abissi del mare troviamo una “definizione” comune a tutte le puntate,“Cineromanzo di avventure”, come abbiamo detto prima. “Cineromanzo” era un neologismopiuttosto elastico nel significato, originariamente usato sulle riviste di cinema italiane a partire daglianni Venti per indicare le sinossi romanzate più o meno illustrate dei film in voga, nazionali ostranieri che fossero; in ambito anglosassone tali opere vengono dette novelization (per esempio, ilromanzo di fantascienza Viaggio allucinante di Asimov era una trasposizione letteraria dell’omonimofilm). I cineromanzi divennero sempre più illustrati, fin quando, nel Dopoguerra, su riviste femminilicome “Bolero” o “Grand Hotel”, diventarono veri e propri “fotoromanzi”, nell’accezione moderna deltermine (potevano essere anche storie nuove di zecca, del tutto slegate dalle trame di film esistenti):i fotogrammi salienti del film – o comunque le foto scattate per comporre un’inedita avventura –erano posti (6/8 per pagina) in sequenza ordinata temporalmente secondo il senso di lettura, conl’aggiunta dei balloon (per far “parlare” i personaggi/attori del cineromanzo) e delle didascalieesplicative; si aveva perciò una sorta di “storia a fumetti”, dove le vignette erano però fotografie enon quadretti disegnati. Comunque sia fotoromanzo e fumetto erano innegabilmente parenti diprimo grado e comunicavano usando gli stessi codici. Da qui una certa confusione terminologica.

L’album di Baglioni del 1973 con lacanzone “La ragazza di campagna” dovesi parla di fotoromanzo usando il termine“fumetto”

In Italia, a livello popolare – dunque fuori dal circuito degli appassionati, dei collezionisti e deicultori della “letteratura disegnata” – almeno fino agli anni Settanta, il termine “fumetto” era infattispesso usato come sinonimo di “fotoromanzo”. Prova ne sia la ben nota canzone La ragazza dicampagna di Claudio Baglioni, inserita nell’album Gira che ti rigira amore bello del 1973. Il testo hacome protagonista una giovanissima che sta diventando donna; verso la metà del brano si sentecantare: non ti piace cosa fa quel fumetto, poi ti va perché l’attore è bello e audace, il segno dellacroce e poi lo metti via. La ragazzina non sta sfogliando un “Diabolik” o un “Kriminal”, ma unfotoromanzo!

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The Marvel Fumetti Book,fotoromanzo del 1984

Essendo il fotoromanzo un mezzo di comunicazione di invenzione italiana, che sfrutta però gli stilemidel fumetto, nel mondo anglosassone, come nella canzone di Baglioni, la parola italiana “fumetti”(dove il nostro plurale corrisponde al loro singolare) viene usata per indicare proprio il“fotoromanzo”: la prestigiosa “Encyclopedia Britannica”, per esempio, nell’articolo dedicato aFederico Fellini, giustamente definisce il film Lo sceicco bianco del 1952 a satire on the fumetti(photographic comic strips) and their fanatical fans, ovvero “una satira sul fotoromanzo (fumetti fatticon le fotografie) e i loro fanatici seguaci”; in America uscì nel 1984 una pubblicazione satirica, TheMarvel Fumetti Book, dove lo staff della celebre casa editrice di Stan Lee “recitava” in uno spassosofotoromanzo (fosse stato un “fumetto” vero e proprio, disegnato avrebbero correttamente intitolatol’albo The Marvel Comic Book).

Due pagine interne del “The MarvelFumetti Book”

La “R” di Romano

Con questo episodio sottomarino il nostro Romano comincia a indossare una “divisa” che lo rendeimmediatamente riconoscibile in mezzo agli altri protagonisti. Con ogni probabilità tale ritoccoestetico era in primo luogo dovuto al fatto che Romano aveva un volto un po’ “anonimo”, molto

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maschile, ma non propriamente caratterizzato. Da un punto di vista della storia del fumetto,e soprattutto nel fumetto avventuroso, il connubio eroe-costume era inoltre imprescindibile, comeben doveva sapere Caesar. Pensiamo per esempio alla tradizione americana dei supereroi: ilcostume blu-giallo-rosso di Superman o la tenuta nera da uomo-pipistrello di Batman permettevanoal lettore di individuare immediatamente e senza margine di errore il suo beniamino in copertina,nelle affollatissime rastrelliere di riviste delle edicole o delle drogherie. In personaggi come il giàcitato Batman il costume è il riflesso oggettivo e visibile delle caratteristiche peculiari delprotagonista; in altri casi è poco più di una sorta di “bandiera” che non viene sventolata, maindossata (il caso estremo è quello di Capitan America). Vero è che, col passare dei decenni, ildiscorso del costume si è radicalizzato, assumendo purtroppo inevitabili contorni economici, per cuiil copyright non tutela più solo il nome di un personaggio ma pure, e in particolar modo, il suoaspetto. Anche in Italia. E dunque l’abbigliamento di un Tex o di un Dylan Dog non può essereassolutamente riprodotto da terzi, nemmeno a fini saggistici, senza l’autorizzazione della casaeditrice o dei detentori dei diritti.

La vistosa “R” rossa di Romano!

Il lettore vuole il costume, esige che il suo personaggio preferito sia sempre uguale a se stesso, chesi comporti sempre, più o meno, nello stesso modo. In poche parole, il fruitore della narrativapopolare (della quale fa parte il fumetto) è affezionato al “tormentone”, al placido e rassicuranteripetersi – con non troppo esagerate variazioni sul tema – di personaggi, di luoghi e di simboli. Eccodunque Kurt Caesar sposare la nuova filosofia grafica dell’eroismo a fumetti e far indossare aRomano uno sportivo girocollo giallo con una vistosissima “R” rossa gigante sul petto, quasi fosse lostudente di un college!

Paura in fondo al mare

Meno tecnologia a motore in questo breve episodio, rispetto allo standard al quale ci aveva abituatil’artista. E Romano, aviatore provetto, è sbalzato del tutto fuori dal suo ambiente naturale, i cieli.All’inizio dell’avventura lo troviamo infatti immerso nelle profondità marine con una batisfera. Sitratta di un precursore del batiscafo, sviluppato alla fine degli anni Venti dall’ingegnere americanoOtis Barton per le ricerca zoologiche del naturalista dottor William Beebe.

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Il film ispirato alle imprese diBeebe e della sua batisfera

La batisfera di Beebe e la stampa italiana

Le immersioni andarono avanti per circa un decennio e nel 1938 fu girato un film hollywoodiano cheripercorreva con molta fantasia le gesta degli scienziati. Caesar si ispira chiaramente a questevicende, sia filmiche, sia reali, che avevano avuto larga eco anche sulla stampa italiana. Attraversogli oblò della batisfera oppure oltre le visiere di scafandri da palombaro appare ai lettori del“Vittorioso” un mondo silenzioso e incantato, che pare traslato dalle pagine del Verne di 20.000leghe sotto ai mari e dalle altre avventure con il Capitano Nemo: polipi giganti, serpenti di mare,squali assassini, infidi pesci spada che tirano di scherma… nelle prime tavole della storia l’autoremette in gioco tutto il “senso del meraviglioso” che emana da una Natura non ancora doma.

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Sul finale l’avventura marina di Romano si trasforma in una sorta di “western”latinoamericano

Poi l’avventura comincia a tingersi di giallo, di thriller dalle sfumature internazionali: in un vetustorelitto sommerso quello che sembra essere un tesoro è in realtà una mina, che esplode in superficiee fa affondare la nave-recupero italiana Artiglio, prezioso appoggio logistico di Romano. Undocumento di rilevanza nazionale scompare… L’azione si sposta infine in Perù, con le ultime puntatenarrate al ritmo di cardiopalma, in una sorta di western latino-americano – fra ombre furtive, indios,brutti ceffi, belle pupe, inganni, trame, rapine e spettacolari fughe a cavallo.

La tragedia dell’Artiglio

La nave oceanica Artiglio, che cala in mare il palombaro Romano verso un relitto in cerca di untesoro sommerso (che poi si rivelerà un ordigno esplosivo), è la trasposizione fumettistica di unnatante e di una vicenda che risaliva a 9 anni prima della pubblicazione del fumetto. Caesar ha presodalla realtà due navi diverse, chiamate Artiglio e Artiglio II, e due recuperi diversi, quello delFlorence (con gli esplosivi) e quello dell’Egypt (con il tesoro), creando dal nulla un’avventura tuttanuova. Per saperne di più leggiamo l’ottimo resoconto che ne ha fatto, nel dicembre del 2010(ottantesimo della tragedia), Paolo Fornaciari, direttore del Centro Documentario Storico delComune di Viareggio, per “Il Tirreno”, noto quotidiano toscano.

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L’Artiglio, in una foto d’epoca

L’esplosione che (…) domenica 7 dicembre 1930, travolse e affondò l’Artiglio, mentre era impegnatonella demolizione del piroscafo Florence, proiettò il nome di Viareggio e dell’Artiglio sulle primepagine di tutti i giornali del mondo. Dodici furono i morti, quattro viareggini: i palombari AlbertoGianni, Aristide Franceschi, Alberto Bargellini e il marinaio Romualdo Cortopassi. Il tragico episodionon sminuì le imprese dell’Artiglio, prima fra tutte la localizzazione del relitto dell’Egypt e ilrecupero del prezioso carico dal fondo dell’Oceano. L’impresa dell’Artiglio e successivamentedell’Artiglio II fu un’operazione straordinaria. (…) Degli uomini dell’Artiglio è possibile conoscere lastoria soprattutto grazie al libro di Silvio Micheli “L’Artiglio ha confessato”, un’attenta ricostruzionestorica che, con le testimonianze dei marinai, dei palombari superstiti e dei famigliari dei caduti,costituisce un autentico documento umano fra i più significativi.

L’Artiglio affonda nel fumetto di Caesar

Con “L’Artiglio ha confessato”, nel 1959 Silvio Micheli si è aggiudicato il Premio LetterarioViareggio per l’inchiesta giornalistica. (…) Tutto ebbe inizio dall’incontro di Alberto Gianni,palombaro già famoso (ricordiamo che già nel 1914 in un articolo dal titolo “Invenzioni originali – Ilpendolo motore”, pubblicato sul n. 30 della “Domenica del Corriere”, si legge: “un viareggino, certoAlberto Gianni, già addetto alla marina da guerra come palombaro, ha avuto un’idea originale: farservire il rullio delle navi in mare come motore della nave stessa”), con il commendatore GiovanniQuaglia, fondatore e amministratore della So.ri.ma., società di recuperi marittimi, impiantata aGenova. Al Gianni, la So.ri.ma. affidò le navi recupero Artiglio, Rostro, Raffio, e Arpione. Con ilGianni entrarono nella società i palombari Aristide Franceschi, Alberto Bargellini, Mario Raffaelli,Raffaello Mancini, i fratelli Fortunato e Donato Sodini, Giovanni Lenci e Carlo Domenici, che si eranofatti tutti alla scuola del Gianni. Iniziavano in quel periodo le immersioni non più con gli scafandri

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semirigidi o di gomma, ma con gli scafandri metallici, costruiti in Germania. Il Gianni era seriamentepreoccupato per il fatto che, con addosso simili “mostri” di 4 quintali, i movimenti risultavano moltodifficili. «L’uomo deve rappresentare l’occhio che osserva per guidare l’opera – diceva – assurdopretendere che a 70 metri, bloccato da pressioni esterne sproporzionate, egli possa usare le mani ele gambe. Assurdo e sbagliato…». Così nacque l’idea della “torretta di osservazione” che, costruita eperfezionata dal Gianni, sostituì ogni tipo di scafandro. Con la nuova torretta furono portati atermine i recuperi dei preziosi carichi contenuti nelle stive dei piroscafi Washington, Ravenna,Umberto 1º, Eyloniam, Monte Bianco e Stromboli. Non vi era più impresa impossibile.

I palombari dell’Artiglio

Di lì a poco la So.ri.ma. indirizzò l’attenzione ai carichi contenuti nei relitti sul fondo dell’oceano,creando le premesse per la più grande impresa mai affrontata: il recupero del carico dell’Egypt,piroscafo, colato a picco in un punto imprecisato nel tratto sud-occidentale della Manica, checonservava, a 130 metri di profondità, 5 tonnellate e mezzo di oro e 43 tonnellate di argento, per unvalore di 5 milioni e mezzo di dollari di allora. Il 12 settembre 1929, l’Artiglio si diresse a Brest peroccuparsi della localizzazione dell’Egypt, vero “ago nel pagliaio”. Il 29 agosto 1930, dopo quasi unanno di ricerche fu incocciato un relitto: era l’Egypt. (…) La stagione era troppo avanzata e l’Artiglionon poteva reggere il mare in pieno oceano. Si doveva rimandare tutto. Allora per impegnare gliuomini, l’Artiglio fu inviato a Saint-Nazaire con il compito di demolire la carcassa del Florence chegiaceva a 16 metri di profondità, con un carico di 150 tonnellate, tra esplosivo e munizioni. Lapericolosa operazione di smantellamento consisteva nel far brillare cariche per aprire un varco nellastiva della nave. La demolizione iniziò il 4 ottobre 1930. I palombari sistemavano le cariche fatte poiesplodere dall’Artiglio tramite cavo elettrico, a distanza di sicurezza. Passavano i giorni e il Florencerestava sempre da demolire. E siamo alla domenica del 7 dicembre 1930, il giorno fatale. Dopo averpiazzato le cariche, l’Artiglio si portò a distanza, questa volta a soli 160 metri – tale era la lunghezzadel cavo rimasto – e Gianni collegò i fili elettrici. Con un boato, un’enorme colonna d’acqua e di ferrosi sollevò al cielo: erano esplose tutte le munizioni e l’esplosivo e l’Artiglio e il Florence nonesistevano più. La notizia della tragedia fece subito il giro del mondo. Molti pensarono che mai più sisarebbe parlato del recupero dell’Egypt. Ma altri palombari, cresciuti alla scuola del Gianni, eranopronti a portare avanti il lavoro. Nasceva così l’Artiglio II per strappare al mare il tesoro dell’Egypt.Con un’impresa che sa di leggenda, nel 1933 furono recuperate 6 tonnellate e mezzo d’oro e 44 diargento, qualche tonnellata in più di quanto denunciato all’assicurazione.

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La camera iperbarica nel fumetto diRomano

Caesar rende omaggio ai palombari tragicamente scomparsi con il suo consueto stile, mescolando inun impareggiabile unicum realtà e fantasia. Abbiamo dunque l’Artiglio, con la sua caratteristica“gru-polipo” per i recuperi a basse profondità, che imbarcava la tecnologia più avanzata dell’epoca;tra queste apparecchiature c’è un “barografo”, ma invece che lo strumento per misurare lapressione atmosferica, quello manovrato da Romano sembrerebbe più essere una specie di sonar; edecco anche una camera iperbarica portatile modello Galeazzi, nella quale viene fatto accomodare ilLegionario a rischio embolia. Imponente il transatlantico giapponese Itaku Maru (dove maru è ungenerico suffisso nipponico che significa “nave” se usato per i natanti), inserito dall’autore forse conriferimento alla Heian Maru o alla Hikawa Maru, all’epoca realmente esistenti.

Una camera iperbarica Galeazzi

Grandi protagonisti della storia sono gli scafandri da recupero e da immersione profonda. Nellaquinta puntata Romano si cala in mare proprio con la torretta di osservazione, o “torrettabutoscopica”, concepita dall’Alberto Gianni dell’Artiglio e costruita nell’officina viareggina diAssuero Baroni; l’apparecchiatura fu poi ingegnerizzata e realizzata industrialmente dalla già citatafamiglia Galeazzi di La Spezia.

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Il Neufeldt & Kuhnke

Lo scafandro di Nino

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La torretta d’osservazione elo scafandro italiano diRomano

Poche vignette dopo il Nostro torna in mare con quello che viene definito un italianissimo scafandrospeciale: si tratta di un’altra celebre invenzione delle Officine Galeazzi, lo scafandro rigido articolatodel 1938. Nella puntata successiva scende invece nelle profondità marine Nino, amico e collega diRomano, stavolta con uno scafandro articolato tedesco Neufeldt & Kuhnke, proprio il poco agevolemodello adottato dalla So.ri.ma. che non piaceva al viareggino Gianni!

Lo scafandro Mark V di Romano

Nelle puntate successive Romano abbandona i pesanti scafandri articolati per tute da palombaro ingomma più agevoli: lo vediamo anche indossare un Mark V, dal caratteristico elmetto bronzeo.

Il Mark V

E l’aereo dov’è finito?

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Il simbolo stesso delle avventure dell’asso dell’aviazione italiana Romano, l’aereo, viene per ilmomento relegato in un angolo, in questa breve avventura “acquatica” del 1939/40.

Il presunto “Boeing 74”

Il Boeing 314 Clipper

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Nella seconda puntata vediamo però all’ancora un gigantesco idrovolante, definito da Caesar unidro-transatlantico Boeing 74 – in realtà un Boeing 314 Clipper – mentre nella decima puntataRomano viene tratto in salvo da un altro idrovolante, ignoto, ma quasi sicuramente un ConsolidatedPBY Catalina. Gli aerei torneranno, in grande stile, nei prossimi episodi!

Il Catalina

L’idrovolante che soccorre Romano

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