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CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1867 TORNATA DEL 6 MAGGIO 1868 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE COMMENDATORE LANZA SOMMARIO. Congedo. ~~ Seguito della discussione del disegno di legge per piodificazioni alla legge di registro e bollo — Emendamento dei deputati Ferri, Righi, Accolla Barozzuoli e, Panattoni alVarticolo 9 portante la tassa sidle successioni dirette e senza deduzione dei debiti —? Opinioni dei deputati Casaretto, Bembo e Mas- ziotti, contro la non deduzione dei debiti, e del deputato Tenani, in favore — Dichiarazioni dei ministri per le finanze e per V'interno. La seduta è aperta alle ore 11 antimeridiane. MASSA 111 G., segretario, dà lettura del processo ver- bale della tornata antecèdente. CONGEDO* PRESIDENTE. L'onorevole deputato Di Monaìe scrive che alcuni affari che non ammettono dilazione lo co- stringono a domandare un congedo di dieci giorni. (È accordato.) (È approvato il processo verbale.) SEGUITO mUÀ DISCUSSIONE DELLO SCHEMA DI LEGGE PER MODIFICAZIONI ALLI LEGGE M ÍIEGISÍRO E BOLLO. PRESIDENTE. L'ordine del giorno porta il seguito della discussione del progetto di legge per modificazioni alla legge sulle tasse di registro e bollo. Sullo scorcio della tornata di ieri la discussione ca- deva sulla seconda parte della tariffa dell'art. 9, intorno alla quale di già parlarono due oratori. Come ho già osservato, la questione che qui predomina sulle altre è quella che si riferisce alla deduzione o no dei debiti dall'asse ereditario ; perciò fin da ieri ho avvertito es- sere opportuno che gli oratori i quali intendono di discorrere su questa parte della tariffa, debbano spe- cialmente volgere le loro considerazioni sopra tal controversia, non esclusa però la facoltà di fare, in via secondaria, anche avvertenze concernenti le altre mo- dificazioni su questa parte della tariffa riguardo alle successioni. Ora, la facoltà di parlare spetterebbe al deputato Ferri,, il quale propone che nella seconda parte della tariffa si sopprima interamente la modificazione H re- lativa alla trasmissione iu linea retta. Subordinata- mente poi, nel caso che la soppressione non sia accolta, chiede che per divisione si dichiari: I o Che la tassa per trasmissione in linea retta sia liquidata sulla quota disponibile soltanto ; Che sia liquidata al netto dei debiti, a forma della legge dei 14 luglio 1866; 3° Che non debba elevarsi dal limite o misura fissata dalla legge medesima. Il deputato Ferri ha facoltà di parlare per isvolgere la sua proposta. FERRI. Signori! Quantunque io sorga di rado a par- lare, sarò brevissimo nello sviluppare l'emendamento che ho avuto l'onore di proporre, e tanto più sarò breve, in quanto che gli oratori che mi hanno prece- duto nella discussione generale di questa legge, e mas- sime l'onorevole De Luca Francesco, per il quale io professo particolare stima e rispetto, espressero con- cetti ed addussero ragioni le quali stanno mirabil- mente a sostegno del mio emendamento. Con questo io vi propongo di tener ferma la legge attuale, la legge del 14 luglio 1866 : in quanto io ri- tenga che, quando si tratta di successione tra padre e figlio, e massime quando si tratta della quota legit- tima, non siavi passaggio, ma continuazione di pro- prietà, di dominio. Ma poiché coi bisogni della nostra finanza si dice giusta ed applicabile qualunque im- posta, io converrò che si tenga ferma, oppure si au- menti, se occorre, la tassa proporzionale attuale ; ma vorrei assolutamente che fosse da questa esonerata la quota legittima, la quale per natura e per legge e non per volontà dell'uomo trapassa da padre in figlio, tra- passa in linea retta. Questi principii, ripeto, sono stati ampiamente sviluppati, e sono altresì sanciti anche dal nostro Co- dice civile. Passando alla parte più importante del mio emen- damento, che è quella della deduzione delle passività dall'ente ereditàrio, io non so comprendere davvero come si possa proporre una tassa proporzionale sopra un ente negativo, sopra un ente che non è nè capitale nè reddito, ina invece una diminuzione di capitale e di reddito. La Commissione vostra porta l'esempio di disposi-

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CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1867

TORNATA DEL 6 MAGGIO 1868

P R E S I D E N Z A DEL P R E S I D E N T E COMMENDATORE LANZA

SOMMARIO. Congedo. ~~ Seguito della discussione del disegno di legge per piodificazioni alla legge di registro e bollo — Emendamento dei deputati Ferri, Righi, Accolla Barozzuoli e, Panattoni alVarticolo 9 portante la tassa sidle successioni dirette e senza deduzione dei debiti —? Opinioni dei deputati Casaretto, Bembo e Mas-ziotti, contro la non deduzione dei debiti, e del deputato Tenani, in favore — Dichiarazioni dei ministri per le finanze e per V'interno.

La seduta è aperta alle ore 11 antimeridiane. MASSA 111 G., segretario, dà lettura del processo ver-

bale della tornata antecèdente.

CONGEDO*

PRESIDENTE. L'onorevole deputato Di Monaìe scrive che alcuni affari che non ammettono dilazione lo co-stringono a domandare un congedo di dieci giorni.

(È accordato.) (È approvato il processo verbale.)

SEGUITO mUÀ DISCUSSIONE DELLO SCHEMA DI LEGGE

PER MODIFICAZIONI ALLI LEGGE M ÍIEGISÍRO E BOLLO.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno porta il seguito della discussione del progetto di legge per modificazioni alla legge sulle tasse di registro e bollo.

Sullo scorcio della tornata di ieri la discussione ca-deva sulla seconda parte della tariffa dell'art. 9, intorno alla quale di già parlarono due oratori. Come ho già osservato, la questione che qui predomina sulle altre è quella che si riferisce alla deduzione o no dei debiti dall'asse ereditario ; perciò fin da ieri ho avvertito es-sere opportuno che gli oratori i quali intendono di discorrere su questa parte della tariffa, debbano spe-cialmente volgere le loro considerazioni sopra tal controversia, non esclusa però la facoltà di fare, in via secondaria, anche avvertenze concernenti le altre mo-dificazioni su questa parte della tariffa riguardo alle successioni.

Ora, la facoltà di parlare spetterebbe al deputato Ferri,, il quale propone che nella seconda parte della tariffa si sopprima interamente la modificazione H re-lativa alla trasmissione iu linea retta. Subordinata-mente poi, nel caso che la soppressione non sia accolta, chiede che per divisione si dichiari:

Io Che la tassa per trasmissione in linea retta sia liquidata sulla quota disponibile soltanto ;

Che sia liquidata al netto dei debiti, a forma della legge dei 14 luglio 1866;

3° Che non debba elevarsi dal limite o misura fissata dalla legge medesima.

Il deputato Ferri ha facoltà di parlare per isvolgere la sua proposta.

FERRI. Signori! Quantunque io sorga di rado a par-lare, sarò brevissimo nello sviluppare l'emendamento che ho avuto l'onore di proporre, e tanto più sarò breve, in quanto che gli oratori che mi hanno prece-duto nella discussione generale di questa legge, e mas-sime l'onorevole De Luca Francesco, per il quale io professo particolare stima e rispetto, espressero con-cetti ed addussero ragioni le quali stanno mirabil-mente a sostegno del mio emendamento.

Con questo io vi propongo di tener ferma la legge attuale, la legge del 14 luglio 1866 : in quanto io ri-tenga che, quando si tratta di successione tra padre e figlio, e massime quando si tratta della quota legit-tima, non siavi passaggio, ma continuazione di pro-prietà, di dominio. Ma poiché coi bisogni della nostra finanza si dice giusta ed applicabile qualunque im-posta, io converrò che si tenga ferma, oppure si au-menti, se occorre, la tassa proporzionale attuale ; ma vorrei assolutamente che fosse da questa esonerata la quota legittima, la quale per natura e per legge e non per volontà dell'uomo trapassa da padre in figlio, tra-passa in linea retta.

Questi principii, ripeto, sono stati ampiamente sviluppati, e sono altresì sanciti anche dal nostro Co-dice civile.

Passando alla parte più importante del mio emen-damento, che è quella della deduzione delle passività dall'ente ereditàrio, io non so comprendere davvero come si possa proporre una tassa proporzionale sopra un ente negativo, sopra un ente che non è nè capitale nè reddito, ina invece una diminuzione di capitale e di reddito.

La Commissione vostra porta l'esempio di disposi-

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zioni uguali nelle legislazioni della Francia, dèi Bel-gio e dell'Inghilterra; ma io osservo che l 'addurre un esempio non prova punto la giustizia di un provvedi-mento legislativo.

Le nazioni sono, come gli uomini, progressive e per-fettibili; quindi, allorquando si vede un abuso, si scopre un difetto nelle leggi di altre nazioni, è d'uopo correggerlo, e non importarlo nella legislazione nostra.

Una delle ragioni potentissime alle quali si appoggia la vostra Commissione per colpire di tassa le passività nelle successioni si è quella del pericolo delle frodi, del pericolo di eludere la legge.

Al che rispondo, o signori, che, mentre sono d'ac-cordo con la Commissione di adibire tutte le cautele, tutte le formalità che si crederanno opportune a che la legge non sia elusa e f roda ta , non consentirò mai che, per impedire la frode, si faccia una disposi-zione legislativa contro equità e giustizia.

Quindi io concludo raccomandando alla Camera l'ac-coglienza del mio emendamento, certo che non vorrà sacrificare alle strettezze della finanza i principii della scienza, i dettami della giustizia e della ragione.

PRBSIDEIVTK. Il deputato Kighi ha facoltà di parlare. RIGIìl. Dopo quanto venne esposto con irrecusabile

concludenza dagli onorevoli oratori che mi precedet-tero nella seduta di ieri, io credo di non intrattenere davvantaggio la Camera nel dimostrare come la mas-sima proposta dalla Commissione, in forza della quale venga assoggettato l'asse ereditario attivo alla tassa-zione, indipendentemente dalla sottrazione delle cor-relative passività, sia una massima economicamente aberrante in materia d'imposte, imperocché, come op-portunamente accennava or ora l'onorevole Ferri, ogoi imposta per essere lecitamente e, permettetemi la frase, per essere almeno decentemente discutibile, ha bisogno di un ente sul quale possa adagiarsi, di un ente posi-tivo e reale, sul cui prodotto, e sia pure sul cui capi-tale, essa possa esercitare la propria azione.

Nella seduta d'ieri l'onorevole Mancini mostrava il desiderio che nella presente discussione si dovesse procedere per modo che venissero esaminate le singole proposte che stanno racchiuse nella seconda parté della tariffa all'articolo 9, acciò si possa ottenere una maggiore chiarezza e proficuità di discussione. Un tale desiderio ci venne ripetuto poco fa dall'onorevole no-stro presidente, il perchè io, volendovi corrispondere, dichiaro nettamente che, di fronte alle stringenze del pubblico erario, mi sobbarco ad accettare l'aumento della tassazione ereditaria portata nel progetto della Commissione da 20 centesimi ad una lira per cento ; io tollero eziandio che la tassazione ereditaria colpi-sca non solamente la quota disponibile, come avveniva per l'innanzi, ma colpisca tutto intiero l'asse eredita-rio ; ma io mi ribello violentemente contro la massima stabilita dalla Commissione che, cioè, non debba effet-tuarsi la detrazione delle passività nemmeno in allora

che trattisi di successioni tra consanguinei in linea retta.

Ed è precisamente di fronte a questa soverchia, oso dire, limitazione del mio desiderio che mi credo in debito di richiamare l'attenzione speciale della Ca-mera a considerare com3, se noi accettassimo la pro-posta fattaci dalla Commissione, oltre al commettere una grave ed inqualificabile ingiustizia, noi impedi-remmo eziandio un fatto ben confortevole che ci vien presentato dai nostri concittadini, i quali, in materia di rispetto e di riverenza pei loro consanguinei ascen-denti e di amore per le rispettive famiglie, sono ben migliori, più civili e più delicati di quello che forse non potrebbe sembrare ad un osservatore superficiale.

In quest'ultimo ventennio, o signori, tutt i lo sanno, le incessanti perturbazioni politiche e le gravi sciagure che colpirono i nostri migliori prodotti agricoli eb-bero a perturbare profondamente l'economia della gran maggioranza delle nostre famiglie ed una simile perturbazione economica è siffattamente profonda e generale che ben difficilmente, io credo, se ne potrebbe riscontrare una consimile per lo addietro in un pe-riodo di tempo altrettanto relativamente ristretto. Ciò non pertanto, molte di queste famiglie, quantun-que in condizioni economiche ristrettissime, pervengono a sostenersi di fronte all'estimazione pubblica finché rimane in vita il loro capo, finche rimane in vita colui il quale, approfittando del credito che s'è'acquistato, riesce, con un complesso di artificiosi ripieghi, a tener sottratta alla conoscenza del pubblico quale sia ef-fettivamente la condizione del proprio stato patrimo-niale.

Ma quando muore il padre di famiglia, i figli facen-dosi a riconoscere le condizioni dell'asse ereditario lo trovano bene spesso, se non nullo, almeno di un'assai problematica attività. Ciò non pertanto, signori, a ma e ad ognuno di voi sarà stato dato di vedere ben di sovente come i figli non esitino neppure un istante ad accettare incondizionatamente le rappresentanze ere-ditarie dei padre, non ostante i pericoli nei quali pos-sono incorrere, spinti a tale sacrificio dal concetto che il ripudio dell'eredità paterna sembrerebbe ad essi un atto d'irriverenza, di sconfessione, e quasi di ribel-lione alla memoria di chi diede loro la vita. Coll'accet-tazione di simili eredità pervengono i figli, mediante opportuni concordii a liquidarle regolarmente con piena soddisfazione dell'economia sociale, e per ta l modo pervengono eziandio, quello che ad essi più im-porta, a mantenere intatta e riverita la memoria del genitore, coll'impedire che il pubblico venga a cono-scere che questi abbia amministrata la propria so-stanza oltre il verificarsi di quelle condizioni ed olire quel periodo di tempo che non gli sarebbe stato dalle leggi acconsentito, coll'impedire, in una parola, ch'altri conosca che egli sia morto in una condizione di quasi fallimento«.

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— 5776 -CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1 8 6 7

Ad ogni modo, signori, ogni virtù ed ogni sacrificio hanno un limite, oltre il quale non bisogna coartarli, spingendo troppo oltre le proprie esigenze.

Credo che quando il legislatore volesse costringere gli eredi nella successione diretta a pagare la tassa ereditaria su tutto l'asse, indipendentemente dalla de-trazione delle passività, io credo che, qualunque potesse essere l'intendimento di questo figlio, egli si trove-rebbe costretto a ripudiare l'eredità paterna piuttosto che sobbarcarsi ad un simile peso,, e l'abbandonerebbe nelle mani del giudice perchè la liquidi e la ripartisca f ra i creditori. Ed è precisamente in tal caso, che la questione che poteva a primo aspetto sembrare di sem-plice sentimento, diviene una questione della più pra-tica positività, imperocché ognuno conosce quanto me-glio possano augurarsi pel loro interesse i creditori di una eredità che venga amministrata dall'erede in per-sona, che si è fatto esso responsabile della sua regolare liquidazione, di quello che non possano ragionevol-mente augurarsi da un'amministrazione giudiziaria o per concordio, la quale, per quanto possa essere affi-data a mani integre ed incorruttibili, pure, per la forza stessa delle cose, è costretta a divorare in gran parte sè stessa.

Io, o signori, propugno la tesi a cui si riferisce l'emendamento che fu con tanta lucidezza sviluppato ieri dall'onorevole mio amico Arrigossi, pel motivo ch'egli è precisamente in rapporto delle successioni in linea diretta, che la proposta della Commissione as-sume la sua maggiore asprezza, la sua più provocante e brutale angolosità, azzardo dire ; imperocché, o si-gnori, non bisogna dimenticare quello che venne per-fettamente rammentato dagli oratori di ieri, che, cioè }

in forza di quel diritto di quasi condominio, di quasi comproprietà che esiste fra i vari membri della fami-glia, e specialmente fra generati e generanti nei ri-guardi del patrimonio da essi posseduto ed usufruito, in forza di questo diritto di condominio che, per quanto gli si voglia sottilizzare di contro, esiste fuor d'ogni dubbio, sia pure soltanto sotto forma latente e poten-ziale, in forza di questo diritto, ripeto, non può dirsi che nella, successione in linea retta avvenga un vero trapasso del diritto di proprietà.

Io limito le mie esigenze inoltre soltanto alla de-trazione dei debiti nelle successioni in linea retta per il motivo che è precisamente in questo genere di suc-cessione che noi poniamo l'erede di fronte ad una questione che non è di semplice materiale interesse, ma ad una questione di un ordine ben delicato e su-periore, per le considerazioni che io vi esponeva dianzi e che non vorrò al certo ripetere.

Io, o signori, propugno quésto concetto della de-trazione nella sola successione in linea retta eziandio pel motivo di poterci procurare una seconda linea di difesa nel caso che la Camera non credesse di accet-tare un emendamento radicale, come io desidererei

venisse accolto, l'emendamento, cioè, in forza del quale debbano essere detratte in ogni caso e senza distin-zione di sorta, tutte le passività legalmente accertate dall'asse ereditario. L'onorevole commissario regio non avrebbe migliore motivo da contrapporre a queste mie idee che il grande beneficio ch'egli si ripromette da un simile genere di tassazione ; egli infatti si ripromette un beneficio di lire 3,450,000.

Io richiamo l'attenzione dell'onorevole ministro e del commissario regio ad osservare come la massima da me propugnata ad ogni modo non verrebbe ad ar-recare una falcidia di troppo soverchia ai proventi da essi sperati. Ed infatti il fisco si ripromette il bene-ficio di lire 3,450,000 in forza della seconda parte della tariffa.

Egli è necessario ch'egli avverta però che tre sono gli elementi che valgono a costituire le fonti, di questo complessivo beneficio; cioè: il primo fattore si è quello dell'aumento di tassa sull'asse ereditario ; secondo fat-tore, quello che la tassa debba colpire non solo la por-zione disponibile, ma eziandio la legittima; terzo fat-tore, che la tassazione debba colpire l'asse ereditario indipendentemente dalla sottrazione delle passività.

Secondo il mio concetto non si verrebbe che a me-nomare una parte soltanto di questo terzo fattore.

L'onorevole ministro può vedere come la falcidia che si verrebbe ad arrecare alle sue speranze non sia tale al certo da doverlo indurre a rigettare una domanda che è tanto ragionevole.

Ad ogni modo, o signori, se le stringenze del pub-blico erario ora sono siffattamente gravi da indurci a dei sacrifizi straordinari, io non esito a dichiarare che in tal caso io sarei piuttosto proclive ad accordare un aumento dell'aliquota d'imposta purché venga ammessa la detrazione dei debiti, piuttostochè un'imposta rela-tivamente mite senza tale detrazione.

Imperocché io credo sia ben migliore partito quello in forza del quale venga tassato , sia pur grave-mente, un ente che abbia una concreta, una positiva esistenza, piuttostochè venga tassato, sia pur legger-mente, un ente che, in ultima analisi, non esiste che nella fervida immaginazione del fisco.

Egli è in conseguenza di ciò, o signori, che io racco-mando all'accoglimento della Camera l'emendamento ieri sviluppato dall'onorevole mio amico Arrigossi. Nell'atto stesso però io non esito a dichiarare, e mi faccio interprete eziandio dell'opinione del mio com-proponente, cioè che noi saremmo disposti ad accet-tare quell'emendamento più radicale, in forza del quale la detrazione delle passività fosse ammessa indistinta-mente, quando alcuno dei nostri colleghi abbia il desi-derio di proporlo, e, quello che più importa, nutra la fiducia di farlo accettare dalla Camera. • PRESIDENTE. Ora verrebbe il turno del deputato Ac-colla, il quale ha presentato parecchi emendamenti a questa seconda parte della tariffa. Innanzi di tutto

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all'articolo 9 del progetto di legge della Commissione, parte 2 a della tariffa, lettera H, presenta il seguente emendamento :

« E ) La tassa, di che all'articolo 105, è elevata a lire una per ogni 100 lire. »

Propone poi la soppressione del capoverso. Nel caso che sia ammesso l'emendamento proposto

all'articolo 9, lettera H, l'articolo 53 del regio decretò 14 luglio 1866, n° 3131, chiede che si modifichi nel modo seguente:

« Per la liquidazione della tassa di trasferimento in causa di morte, dovuta in ragione dei rapporti perso-nali tra l'autore della successione e l'erede o legatario, è ammessa la deduzione dei debiti certi e determinati di cui è gravato l'asse ereditario soggetto a tassa, pur-ché risultino da atti pubblici o da sentenza di data anteriore all'apertura della successione o da scritture private che, nel termine stabilito dalle leggi vigenti, sieno state regolarmente registrate. »

Inoltre propone la soppressione della norma spe-ciale di liquidazione, prescritta nel capoverso della lettera M, parte II della tariffa.

Il deputato Accolla ha facoltà di svolgere questi suoi emendamenti.

ACCOLLA. Signori! L'ultima legge del 14 luglio 1866 disponeva che, nella trasmissione delle saccessioni in linea diretta, la parte disponibile fosse distinta dalla quota legittimarla ; che la prima, cioè a dire la parte disponibile, venisse sottoposta alla tassa di 0 20 per cento, e che l'altra parte della successione, la legit-tima, fosse esente da qualunque imposta ; prescriveva inoltre che nel determinarsi il valore della quota di-sponibile si tenesse conto della deduzione dei debiti di cui potesse essere gravato il patrimonio ereditario.

Tale era, signori, lo stato della nostra legislazione finanziaria intorno alla trasmissione delle successioni in linea diretta.

Il disegno di legge che è sottoposto alla vostra disa-mina non tien conto della distinzione tra la parte dispo-nibile e la quota legittimarla di una successione diretta ; eleva la tassa sull'intiero patrimonio da centesimi 20 alla cifra di una lira per cento, e propone che la valu-tazione del patrimonio ereditario si esegua senza che si abbia alcun riguardo alla deduzione dei debiti.

Il mio emendamento, in conformità della legge del 14 luglio 1866, conserva la distinzione fra la parte di-sponibile e la quota legittimarla; eleva la tassa da cen-tesimi 20 ad una lira sulla parte disponibile del pa-trimonio ereditario, e ritiene saldo il principio della deduzione dei debiti di cui può essere gravato il patri-monio medesimo.

Ora, tanto il disegno di legge proposto dalla Com-missione, ed accettato dal Ministero, quanto il mio emendamento, fanno sorgere tre quistioni principali di molto rilievo, delle quali è mestieri si occupi la Camera nella presente discussione»

1° È consono ai dettami del diritto naturale, civile e del gius pubblico che, nell'applicazione di una legge d'imposta sulla trasmissione dell'eredità in linea di-retta, sia il patrimonio diviso in due parti uguali, delle quali l'una, la quota legittimaria, debba essere esente da qualsiasi specie di tassa ?

2° Q-uale dovrà essere la misura dell'imposta sulla parte disponibile?

3° Il patrimonio ereditario dovrà essere calcolato di lordo o di netto? Ovvero, nella determinazione del valore del patrimonio medesimo, dovranno dedursi i debiti di cui può essere gravato?

Quanto alla prima questione ho sempre considerato che la libertà testamentaria deriva dal diritto naturale di appropriazione ; che la sua trasmissibilità non è punto l'opera della legge, e che la facoltà di disporre liberamente della cosa sua non sia che la continua-zione e la conferma del diritto naturale di appropria-zione ; ond'è che, lungi dal commettere una usurpa-zione, il potere pubblico, consacrando il principio della libertà di disporre, adempie ad una delle principali sue attribuzioni.

Epperò, allorché lo. Stato stabilisce il diritto della riserva, sia in vantaggio dei figli e discendenti, sia in favore degli ascendenti, e rende indisponibile una parte della proprietà individuale, dispregia forse e con-culca il principio della libertà testamentaria ?

Taluni scrittori di altissima riputazione ritengono fermamente che lo Stato, nell'interesse delle politiche istituzioni che governano una nazione, possa circo-scrivere il limite delle testamentarie disposizioni ; sic-ché, secondo il loro intendimento, la istituzione delle riserve riveste il carattere di un ordinamento politico. La legge che restringe la facoltà di testare, osserva il signor Jules Simon nel suo libro sulla libertà, è una legge puramente e semplicemente politica, la di cui importanza è di grandissimo rilievo. I legislatori, pro-segue lo stesso scrittore, consacrando il diritto della legittima, hanno avuto di mira l'interesse diretto dello Stato, la stabilità dell'edificio della società civile, il mantenimento dei principii del 1789. E per fermo se la esistenza della famiglia si elevasse, nel rapporto dello Stato, all'altezza ' di un interesse sociale; se la conservazione di questo interesse spingesse lo Stato a circoscrivere il diritto di disponibilità nella trasmissione di una privata fortuna, una legge di tale natura rive-stirebbe indubitevolmente il carattere di un ordina-mento politico.

E però se i figli e i loro discendenti hanno diritto, a titolo della continuazione della loro esistenza, a chie-dere dal padre e dagli ascendenti l'adempimento degli obblighi di educazione, d'istruzione, di nutrimento e di ogni altra specie di soccorsi familiari, in qual modo poi e con qual fondamento, nel momento appunto in cui la morte del loro obbligato va a togliere all'obbli-gazione tutte le garanzie di esecuzione, potrà mai ri-

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CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1 8 6 7

fiutarsi ai figli ed ai loro discendenti il diritto di pre-levare sul patrimonio paterno una parte qualsiasi, che rappresenti il valore degli obblighi estinti, e sia in rapporto ai bisogni della loro novella posizione ?

Laonde a me sembra che in quel modo medesimo con cui un proprietario, all'epoca della sua morte, è tenuto a rispettare i diritti dei suoi creditori ordinari, il padre o gli ascendenti sono obbligati a mantenere l'osservanza delle loro obbligazioni verso i figli ed i discendenti che hanno diritto alia continuazione della loro esistenza.

Lo Stato dichiara e non crea il diritto dei figli e della famiglia ; dichiarandolo e proclamandolo, è tenuto a farlo rispettare e ad assicurarne la garanzia nella sua esecuzione. Ebbene, questo diritto di legittima, il di cui esercizio trova il suo suggello e la sua impronta nella concorrenza del lavoro assiduo e quotidiano della famiglia medesima, non potrebbe, senza ingiustizia, esser turbato per l'applicazione di una legge fiscale, che ne alteri l'indole e la natura.

Prendendo le mosse dalle precedenti considerazioni, a me pare che la legge del 14 luglio 1866, dichiarando non soggetta a tassa quella parte del patrimonio ere-ditario dovuta per legittima, conformavasi pienamente ai dettami purissimi ed inalterabili del diritto naturale, del gius pubblico e del diritto civile.

D'altronde il principio di esenzione da qualsiasi tassa sulla trasmissione della quota legittimarla in benefizio dei figli e discendenti è stato rispettato e mantenuto in molte legislazioni antiche e moderne, e f ra esse prin-cipalmente sono ad. annoverarsi quella di Roma, l 'altra dell'antica legislazione francese, gli statati di Baden del 4 gennaio 1812, le leggi sulle successioni di Prussia, quella del Cantone di Lucerna, la legge parmense del 23 dicembre 1819, la legge toscana dei 25 gennaio 1851 che stabiliva una tassa fissa, la legge estense del 27 febbraio 1815, la legge pontificia del 24 dicem-bre 1862 ed in fina la legge napoletana del 21 giugno 1819.

Laonde a me sembra che voi, egregi colleghi, acco-gliendo di lieto animo la prima parte del mio emen-damento, quella, cioè, che distingue, nella trasmissione di una successione in linea diretta, la porzione dovuta per legittima dalla quota disponibile, farete opera da senno e serberete inalterata la tradizione delle nostre civili costumanze, che, ereditate dalla sapienza ro-mana, furono imitate da molte civili nazioni d 'Eu-ropa, e riscossero l'omaggio di scrittori sapientissimi nelle discipline legali e in quelle di diritto pubblico. Che se le ristrettezze deplorevoli, in cui versa presen-temente la finanza italiana, esigono che anche questa parte del nostro sistema tributario contribuisca pro • porzionalmente alla riscossa finanziaria, parmi che, elevando la tassa sulla trasmissione della porzione di-sponibile in linea diretta da 0 20 a una lira per ogni cento, cioè a dire quintuplicando la tassa in atto vi- j

gente, il sogno dorato del pareggio, delineato a grandi e maestrevoli t rat t i dal ministro delle finanze, non possa, che Iddio me ne guardi, in alcun modo essere turbato o menomamente ostacolato.

Gii ostacoli alla realizzazione dei sogni dorati del pareggio verranno, signori, dal meccanismo vizioso delle stesse leggi di finanza che il Ministero ha già proposto, e la Maggioranza del Parlamento adottato.

Per conto mio dichiaro esplicitamente che, se fossi stato presente in questa Camera allorché discutevasi la legge sul macinato, io l'avrei accettato e coscien-ziosamente votato.

Una tassa sulle granaglie, quando è moderata per intensità e diffusa per tutte le classi della società, non altera i rapporti economici tra il prezzo dei salari, il valore delle derrate alimentari ed i profitti dei capi-tali.

Però è mestieri fin eia ora avvertire che, secondo il congegno organico mercè il quale questa tassa debba essere posta in esecuzione, ì benefizi sperati dei 60 mi-lioni non potranno unquemai conseguirsi. Voi avete disarmato il fisco in faccia al mugnaio, e poi avete reso il mugnaio onnipotente in faccia ai contribuenti ; voi avete adottato il sistema del contatore nella fidu-cia che la misura dell'imposta sia più esattamente cal-colata, e perchè le ingenti spese di riscossione siano efficacemente diminuite. Ebbene, voi non consegui-rete nè l'uno ne l'altro scopo. Il vostro contatore non potrà mai, per leggi invariabili di meccanica, essere il segno infallibile della forza motrice delle macine e del loro prodotto reale ; ond'è che, se da una parte po-trete economizzare gli stipendi dei custodi pesatori^ dei controllori, degl'ispettori, dei ricevitori del macino, di che in altri tempi andava circondata l'amministra-zione di questo cespite erariale, d'altro canto sarete obbligati a mantenere un gruppo poderoso d'inge-gneri meccanici ambulanti che abbiano incessante-mente la dolorosa e difficile missione di valutare la forza motrice delle macine e il loro prodotto reale; sicché la sedicente economia del contatore saia più nominale che reale, e il bilancio passivo dello Stato sarà sopraccaricato di altri milioni, che renderanno più triste la condizione finanziaria del nostro tesoro.

Un'altra cagione potente per la quale la tassa sul macinato farà ribelle la coscienza dei contribuenti, è appunto quella che deriva dalla moltiplicità delle im-poste con cui si è voluto tassare una stessa materia imponibile. Credete voi, signori, che allorquando il contribuente ha già pagato un diritto di bilancia sulle granaglie che vengono importate dall'estero, e poi la tassa sulla macina, possa essere costretto, quasi con-temporaneamente al soddisfacimento di una tassa di consumo governativo, e poi di un'altra sul consumo comunale? E egli mai possibile che un infelice contri-buente, dopo di essersi liberato dagli artigli di un mu-gnaio prepotente, debba,, a pochi passi di distanza, e

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senza intervallo di tempo, ricadere negli amplessi fra-terni dei pubblicani dello Stato e dei comuni, che lo rendono vittima della loro inesorabile fiscalità ?

Ecco, fra le molte cagioni che potrebbero venirsi accennando, quali sono i più notevoli motivi pei quali il sogno del pareggiò è forse lontano dal vero ; però, quanto alla tassa sulle successioni in linea diretta, a me pare che, elevandone la misura da venti centesimi a lire una per cento, possa codesta propcsta essere accordata da tutte le gradazioni della Camera.

L'ultima parte del mio emendamento ha tratto alla questione relativa alle deduzioni delle passività di cui può essere gravato un patrimonio ereditario. Ora, co-desta questione non può essere convenientemente ri-soluta se non quando vi si abbia riguardo sotto il du-plice aspetto, del principio finanziario-economico e dell'elemento storico, che sul riguardo ha governato finora la nostra patria legislazione e quella di diversi Stati d'Europa.

Le imposte sugli atti non possono confondersi con le'tasse sulla consumazione, imperocché non hanno il carattere di periodicità e di continuità; molto meno possono classificarsi tra le imposta dirette, inquanto-chè non colpiscono la trasmissione della proprietà in modo diretto, sebbene immediato.

Coteste imposte, d'indole tutta affatto speciale, po-trebbero chiamarsi accidentali, secondo che vien detto e ritenuto per molti ed accreditati scrittori di po-litiche economie.

Qualunque ne sia però la natura e la definizione, certa cosa è che esse non si applicano se non quando si verifica un trasporto od un movimento di valori o di capitali da una persona in un'altra, da una mano all'altra ; in guisa che l'obbietto imponibile è sempre Vatto, mercè il quale si opera il trasporto di un va-lore, e la misura della tassa è in proporzione di quel tanto di capitale che circola, si produce al di fuori e manifesta una sorgente novella di potenza economica. Così, nel caso di un contratto di vendita, il valore che circola o si manifesta al di fuori è rappresentato dal prezzo che forma il corrispettivo della cosa venduta, sia che questo prezzo venga soddisfatto direttamente al venditore, sia che, per delegazióne o cessione del venditore medesimo, abbia a distribuirsi tra i credi-tori di costui ; nell'uno e nell'altro caso il prezzo è sempre lo stesso, il valore in circolazione è inaltera-bilmente uguale, la tassa conserva ad ogni modo la stessa misura di proporzionalità; al contrario, nei trasferimenti di proprietà a causa di successione, non essendo un fondo speciale, un corpo singolare che si trasmette da una persona in un'altra, ma il complesso di tutte le azioni e di tutte le obbligazioni che costi-tuiscono la universalità del diritto in cui si succede, la misura della tassa non può stabilirsi se non in rap-porto ed in proporzione del valore reale ed esistente del patrimonio ereditario, del quale può giovarsi l'e-

rode che è chiamato a raccoglierlo. Onde è che i debiti certi e determinati di cui può essere gravata una ere-dità debbano essere dedotti dal valore complessivo del patrimonio ereditario, sempre che si abbia di mira la conservazione del principio di proporzionalità nella sistemazione dei tributi.

Altronde, questo stesso principio di proporzionalità tra la misura della tassa ed il valore reale della succes-sione trasmessa, o della cosa donata, viene temperato e modificato dalla prevalenza di altre morali conside-razioni che ne travisano il concetto e ne trasformano la base. E per fermo, se la misura della tassa fosse stabilita unicamente ed esclusivamente sul fatto della traslazione della proprietà ed in proporzione del va-lore che si trasmette, non potrebbe menomamente giustificarsi la variante delle tangenti con cui sono colpite le traslazioni di proprietà che si verificano in materia di successione, la di cui misura è tanto più rimessa od elevata quanto più prossimo o lontano è il grado di parentela che ricongiunge l'erede all'autore della successione. In tal caso la entità dell'imposta viene commisurata in base all'aspettativa più o meno lontana che il successibile poteva avere sul complesso dei beni che gli furono trasmessi ; sicché la regola di proporzionalità, che dovrebbe essere il fondamento ra-zionale di qualsiasi imposta equamente ordinata, cede il suo posto all'influenza di taluni sentimenti morali e di affetti di famiglia, la di cui valutazione ha indotto quasi tutti i legislatori d'Europa a stabilire il princi-pio regolatore della quotità dell'imposta alla base ed in proporzione dell'indole e della natura dei diversi diritti ereditari.

Inoltre è canone inconcusso della scienza economica e finanziaria che le tasse debbono essere stabilite in modo da scemare il meno possibile il capitale sociale, od impedire per lo meno nei più stretti limiti che fare si possa il progresso che si manifesta in tutte le so-cietà civili bene ordinate, dei che niuno può fare te-stimonianza più autorevole quanto lo stesso conte di Cavour, quando in altra simile congiuntura ebbe a so-stenere l'assunto contrario alla presente proposta.

« La tassa sulle successioni, diceva l'illustre statista, pecca contro questo canone, perchè tende a rallentare il progresso della ricchezza e la formazione dei capi-tali : in primo luogo, perchè, essendo stabilita in pro-porzione dei capitali, venendo a scemare quel capitale che l'erede riceve, o in virtù di diritto ereditario od in virtù di testamento, si può temere che l'erede lo con-sideri, non come un'imposta sullasua rendita, ma come una diminuzione di capitale, come un minor capitale da lui ricevuto e che non si curi di restituire questo capitale coll'economia, facendo un temporario sagri-fizio sulle sue rendite. In secondo luogo, l'imposta sulle successioni nuoce all' accrescimento della ric-chezza, perchè, diminuisce in certa proporzione la fa-coltà dei cittadini di disporre dopo mortp.

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CAMERA DEI DEPUTATI

« Ora è cosa certa che uno dei maggiori stimoli al-l'economia, all'accrescimento della ricchezza, al mi-glioramento della propria condizione, ed in conse-guenza al miglioramento della condizione sociale, è la facoltà di disporre liberamente delle sostanze accu-mulate. »

Egli è vero che l'illustre statista, ripiegando dalla purità e dalla severità dei principii della scienza eco-nomica, mostravasi inchinevole a credere che, allor-quando la tassa di successione è lieve, non può agire abbastanza onde scemare nei genitori quella tendenza che li spinge ad accrescere le proprie sostanze per po-terne disporre o a favore dei figli, o in vantaggio dei parenti, o di chi meglio loro talenta; ma è a porsi mente che, laddove la tassa sulle successioni viene im-posta sul patrimonio ereditario di lordo, vale a dire, senza alcuna deduzione di passività, in tal caso au-mentasi gradatamente la intensità della imposta, e produconsi appunto quei sinistri effetti che impedi-scono il cumulo dei capitali sociali, e rallentano talune volte la spinta alla produzione, unica leva della civile prosperità.

Infine l'esempio di altre civili nazioni di Europa e la tradizione costante delle nostre patrie istituzioni porgono aiuto rilevantissimo al sostegno della tesi che ho avuto finora l'onore di sviluppare.

Nella Olanda, la legge del 1817 ammette il principio della deduzione dei debiti.

Nel Belgio è indubitevole che le passività vengono dedotte nel calcolo del valore ereditario ; anzi il mini-stro delle finanze di quel paese, signor Frère Orban, allorché discutevasi nel 1849 la legge sulle modifica-zioni della tassa sulle successioni, affermava che la legge francese, la quale colpisce il patrimonio ereditario di lordo, consacra un principio di una deplorevole ine-guaglianza.

In Danimarca un'ordinanza del 12 settembre 1792 stabilisce che la tassa sulle successioni sia proporzio-nata al valore netto del patrimonio ereditario.

In Inghilterra è ammesso il principio della dedu-zione.

In Piemonte, la legge del 1821 e l'altra del 1851; nel Veneto, le leggi del 9 febbraio 1850, del 18 di-cembre 1862 e del 29 febbraio 1864; nella Lombardia, la legge del 9 febbraio 1850, e nella Toscana, la legge del 25 gennaio 1851, consacrano unanimemente il principio della deduzione dei debiti.

La sola legge che in Italia vi abbia fatto eccezione è quella del 9 settembre 1854, la quale, alla maggio-ranza di soli due voti3 fu votata dal Parlamento subal-pino.

Però la legge del 1862, discussa ampiamente nel Parlamento italiano, e poi l'altra del 14 luglio 1866, emessa dal Ministero in tempo dei pieni poteri, fecero ritorno al concetto primitivo raffermato nelle patrie

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istituzioni, e stabilirono il principio della deduzione dei debiti.

Laonde, parmi non essere lontano dal vero affer-mando che, fatta astrazione della legge del 22 frimaio, anno settimo, e delle altre successive pubblicate in Francia, la norma generalmente consacrata nelle varie legislazioni di Europa, intorno alla misura della tassa sulla trasmissione delle successioni, sia appunto quella di proporzionarne la quantità alla base del valore netto dei patrimoni ereditari, che si trasmettono in linea diretta, ovvero tra collaterali.

Se non che giova osservare che gli ultimi scrittori francesi di altissima rinomanza reclamano vivamente una riforma su questa parte della legislazione francese, e la invocano appunto onde cessi una volta l'ingiustizia della ripartizione e riprenda vigoria il principio della proporzionalità, che dovrebbe essere la base di ogni imposta razionale.

Il signor Gustavo du Puynode, nel suo trattato sulla moneta, sul credito e sull'imposta, chiama iniqua la tassa sulle successioni, in quanto che la parte attiva dei patrimoni ereditari è valutata senza alcuna defal-cazione del passivo.

Il signor H. Passy, ex ministro delle finanze in Francia, parlando del sistema francese intorno alla tassa sulle successioni, afferma che il principio di va-lutare i beni ereditari senza tener alcun conto dei pesi che vi gravitano è condannato dalla equità, dalla logica e dalla regola di proporzionalità.

In ultimo, il signor de Parieu, vice-presidente at-tuale del Consiglio di Stato, così esprime il suo con-cetto intorno a codesta controversia:

« Una delle quistioni pratiche più importanti che fanno sorgere le tasse sulle successioni, è appunto quella che si riferisce al modo di valutare i patrimoni ereditari.

« La legge francese ha adottato il sistema di valu-tarli di lordo, cioè a dire senza alcuna deduzione di passività; la legge belga al contrario, come pari-mente l'antica legge austriaca e la legge prussiana hanno preferito il principio della deduzione dei de-biti.

« Il legislatore inglese ha scelto, sotto questo rap-porto, di ravvicinarsi al sistema vigente nella legis-lazione belga.

« Noi crediamo, prosegue il Parieu, che il sistema della legge francese comporti, relativamente a questa quistione, un miglioramento che sarà tanto più desi-derato in quanto che le sorgenti del budget e lo studio dei dettagli di esecuzione permettono di poterlo rea-lizzare.

« Di vero, lo stabilimento di un diritto di succes-sione sopra un patrimonio attivo, neutralizzato dalle passività, è contrario alla regola elementare della pro-porzionalità, e quella specie d'isolamento in cui si

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trova, sotto questo rapporto, collocata la nostra legi-slazione, devo richiamare presto o tardi l'attenzione degli uomini seri e gelosi dei progressi reali nella isti-tuzione delle tasse. »

Ebbene, illustre s i g n o r P a r i e u , ^ uomini seri e gelosi dei progressi reali nella istituzione delle tasse si sono finalmente svegliati in Italia, e rilevando la legislazione francese da quella specie d? isolamento, che deplora-vate per la patria vostra, hanno propo sto di tenervi compagnia, e di dividere seco voi i vostri dolori e i vostri biasimi.

Chi il crederebbe? Eppure se il patriottismo e la sa-pienza del Parlamento non farà argine alla fiscalità ir-rompente del Ministero e della Commissione, la nostra storia finanziaria avrà a registrare nei suoi annali que-st'altro trionfo del regresso. Ho fede che voi, signori, in nome della giustizia, della eguaglianza e del prin-cipio di proporzionalità, vogliate respingere la propo-sta della Commissione. (Segni di approvazione)

PRESIDENTE. L'onorevole Casaretto ha facoltà di parlare.

CASARETTO. L'onorevole Accolla ha sollevate due questioni. A mio avviso egli ha torto nella prima, quando cioè egli si oppone a che sia tassata, nelle eredità di-rette, quella parte che riguardale quote non disponibili ; come credo pure ch'egli abbia ragione nella seconda, proponendo che nella valutazione deiPasse ereditario siano diffalcati i debiti.

Egli appoggia la prima sua proposta a queste con-siderazioni : la quota non disponibile è di diritto na-turale, quindi dice egli : voi non potete colpirla d'im-posta; è una proprietà che il figlio già possiede, e che dovere rispettare.

A me pare che il suo ragionamento prova troppo; perchè, se il rispetto alla proprietà dovesse portare a questa conseguenza, che la non si dovesse imporre di alcuna tassa, non vi sarebbero tass°, poichà queste appunto non possono colpire altro che le proprietà.

Io, sulla base del suo ragionamento, vado più lungi di lui, poiché ritengo che tut ta quanta l'eredità dal padre al figlio sia di diritto naturale ; non è che in eccezione che la legge, per un interesse d 'ordine pubblico, può permettere che uno possa testare; per-chè io credo che in diritto naturale, nessun morto possa comandare ai vivi. Io credo che il diritto della proprietà ereditata si fonda sopra un principio che è forse superiore ancora a quello della proprietà, sul principio della famiglia, perchè, come ho già detto, i morti non possono disporre delle cose che evidente-mente più non posseggono: ed è solo in forza del principio superiore della famiglia che la proprietà tutta quanta si dovrebbe trasmettere al figlio.

Veda pertanto l'onorevole Accolla come io ammetto il diritto naturale del figlio in una misura molto più larga di quella che egli non ammettesse. Però non vedo come se ne possa ricavare le conseguenze che

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egli ne trae, che, cioè, quelle proprietà non si possano tassare.

Io considero la tassa sulla successione diretta uni-camente come una tassa sul capitale. La questione . della trasmissione è una astruseria legale che per ' me non ha alcun valore : la pura formalità della trasmise sione non credo che dia nessun diritto a tassazione. Il diritto deriva precisamente da che esiste una pro-prietà.

Voi sapete che ferve gran disputa se nella tassa su-gli averi sia meglio tassare la rendita oppure il capi-tale ; a mio modo di vedere, io preferisco di tassare la rendita, ma quando vi sia sul capitale una tassa ri-stretta in moderati confini, credo che la medesima sia del pari utile ed economica come la tassa sulla rendita : l'una per avventura completa l 'altra.

Or bene, il legislatore quando tassa il capitale nella occasione della trasmissione, non fa altro che scegliere un dato punto e modo di esistenza di questo capitale per colpirlo ; egli lo aspetta al varco in cui si trasmette per causa di morte. Siccome tutti i capitali debbono affacciarsi a questo varco, così ne viene che sono tutti egualmente colpiti ; in questa condizione comune sta la giustizia, essendo tutti soggetti a siffatto genere di trasmissione. L'onorevole Accolla vi dice: il figlio è comproprietario del padre, voi perciò non potete tas-sarlo; rispettate la proprietà. Ebbene, io vi dico: io colpisco la sua eredità appunto perchè vi vedo una proprietà.

Per questo, dunque, la tassa sul capitale che lo col-pisce nell'occasione della trasmissione per morte, io la ritengo giusta, sia che si applichi alla quota disponi-bile, sia che si applichi alla quota non disponibile. Per me è oziosa la questione di sapere se il figlio sia con-domino del padre o non io sia; è oziosa, perchè io tasso il capitale; lo tasso in questa occasione al varco della trasmissione per morte.

Io non accetto perciò in questa parte l'emendamento dell'onorevole Accolla, ma ammetto completamente con lui che la tassa, in occasione di trasmissione, abbracci solamente il patrimonio del morto ; ammetto, cioè, la seconda parte dell'emendamento medesimo col quale, nel valutare il patrimonio trasmesso , si avrebbero a dedurre indebiti. Io ho considerato la tassa in occa-sione di trasmissione, niente altro che come una tassa sul capitale ; da ciò ne deriva che io non posso tassare ciò che capitale non è. Se una famiglia ha 200 mila lire, ma che queste 200 mila lire sieno gravate dà 100 mila lire di debiti, evidentemente il suo vero pa-trimonio è ridotto a metà, dunque voi non potete tas-sarne che la metà effettiva. Del resto questo principio' è riconosciuto nella nostra legislazione con la tassa sulla rendita della ricchezza mobile. In questa voi de-ducete i debiti, voi deducete tutte le passività che ag-gravano questa rendita. Quando voi non ammettete che si abbiano a dedurre i débiti, nell'occasione della li-

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quidazione dell'asse ereditario, per esser logici bisogna che voi riformiate la tassa sulla ricchezza mobile.

Che voi tassiate la rendita al lordo, che non dedu-ciate passività di sorta, ma questo, o signori, vi con-durrebbe all'assurdo.

Io dunque, siccome, lo ripeto, considero questa tassa come una tassa sul capitale, non posso ammettere che si abbia a tassare ciò che veramente non è capitale attivo per l'erede che è il contribuente.

Se pure voi voleste tassare tutto quanto il patrimo-nio, sapete a chi dovreste rivolgervi per colpirlo di tassa ? Non al debitore certamente, il quale non ha il capitale, ma piuttosto al creditore.

Tassate il creditore se così vi piace, sarà una dupli-cazione d'altre tasse che. egli paga ; sotto questo punto di vista, ne convengo, sarà un'ingiustizia, ma non sarà un assurdo, voi colpirete uno che è ricco, che possiede una ricchezza, in caso diverso voi colpirete di una tassa sul capitale quello che non ha questo capitale. Fra i due, evidentemente voi dovete preferire il pos-sessore del capitale, cioè a dire il creditore anziché il debitore. Io però ritengo che ne l'uno nè l'altro in questo caso dovrebbesi colpire.

Non mi estendo maggiormente ; dirò soltanto che, poiché abbiamo fatto delle cattive ed eccessive spese, pur troppo è necessità fatale che noi imponiamo ec-cessive e cattive tasse.

È necessario che aumentiamo le tasse, lo ammetto, e per questo non resta a fare che una cosa sola, aumen-tare la quota delle tasse esistenti su chi possiede ve-ramente il capitale imponibile. Invece dell'uno per cento, mettete il due per cento sull'eredità diretta, se una necessità fatale ve lo impone. Sarà una tassa grave, ma non sarà ingiusta, non sarà illogica. Voi la potrete ribassare quando le necessità finanziarie sa-ranno cessate.

Sarà una tassa grave; ebbene, la responsabilità deile tasse eccessive deve ricadere unicamente su quelli che hanno fatto le eccessive, imprevidenti e male spese. Io per me le voterò senza, direi, esserne punto responsa-bile, le voterò come una fatale necessità, conseguenza di fatti altrui, ma colla coscienza che non sia questa una tassa di una palpabile ingiustizia, siccome quella che colpirebbe il nulla abbiente, il debitore a preferenza del creditore, il quale è il vero proprietario del ca-pitale tassato.

PRESIDENTE. L'onorevole Alippi ha pure presentato un emendamento sulla stessa parte della tariffa che è ora in discussione; ma mi pare che l'onorevole Alippi non sia presente, perciò possiamo riservarla in ultimo, nel caso che egli giunga in tempo per farne lo svolgi-mento.

Dopo verrebbe quello del deputato Barazzuoli, il quale propone che l'articolo 9 a lettera II, parte se-conda della tariffa, sia emendato nel seguente modo :

« La tassa di che all'articolo 105 è elevata a lire 2 per ogni cento lire, senza aggiunta del decimo di guerra : essa sarà liquidata sull'intero asse ereditario. Sono soggette per altro ad una tassa fissa di lire 2 le successioni in linea retta, il valore delle quali, depu-rato dai debiti e pesi nei modi di ragione, non ecceda in complesso lire 400.

« Queste successioni dovranno per altro esserg de-nunziate nei termini e modi stabiliti dalla legge, colla comminazione della decadenza dal benefizio della tassa fissa, e delle pene inflitte ai trasgressori. »

Quindi egli propone che sia soppresso il paragrafo successivo che comincia colle parole :

« Per liquidare la tassa sulle successioni, ecc. » L'onorevole Barazzuoli ha la parola per isvolgere il

suo emendamento. BiflAZZlOLI. Signori, questa povera lettera H dell'ar-

ticolo 9 è stata fatta segno finora ai fuochi crociati di sinistra e di destra, ed io pure mi trovo nelle file dei suoi oppugnatori, con questa differenza che, mentre io pure ho tirato un colpo di lancia contro la misera let-tera, ho cercato che fosse la lancia di Achilìe che da una parte ferisce e dall'altra risana.

Io, o signori, delle tre proposte che si contengono nell'articolo 9, lettera II, accetto le prime due, au-mento cioè della tassa, estensione della medesima alle quote legittime ; rigetto ricisamente la terza, cioè la liquidazione delia tassa sull'asse ereditario non depu-rato dei debiti.

Io accetto l'aumento della tassa di successione di-retta, perchè le necessità inesorabili della nostra fi-nanza non ammettono nè dilazioni, nè esitazioni ; perchè la tassa attualmente pagata è mitissima com-parativamente a quella pagata nei paesi dove le suc-cessioni dirette sono tassate ; perchè, infine, se si vuole trar partito delle successioni, conviene colpire le successioni dirette siccome quelle le quali sono maggiori di numero e d'importanza. La qual cosa ap-parisce abbastanza chiara dagli allegati annessi al progetto di legge, dai quali risulta quali incassi forni-sca la tassa sulle successioni, dirette e quali aumenti se ne possano cavare da altre specie di successioni.

Quindi io, senza nessuna esitazione, accetto in ge-nere l'aumento del tributo sulle successioni.

Però taluno degli onorevoli oratori che hanno preso parte a questa discussione, impugna anche l'aumento della tassa. Uomini autorevoli come l'onorevole De Luca e l'onorevole D' Ondes-Reggio hanno attaccato nel cuore la proposta del Ministero. Mi sia lecito di sot-toporre alla Camera qualche breve osservazione in proposito.

L'onorevole De Luca diceva alla Camera : voi noiì potete nè dovete aumentare la tassa sulle successioni dirette, perchè offendete il diritto di condominio ; il patrimonio paterno è spesso il risultato dell'opera

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comune del padre e dei figli, e tassando la successione paterna, voi tassate anche quella parte che è il frutto della cooperazione dei suoi successori.

Io credo che l'onorevole De Luca abbia errato in diritto, ed elevato qualche fatto incidentale all'onore di una regola generale.

Io tiego questo condominio, e ve lo provo con una semplice considerazione.

Se il padre prima di passare all'altra vita disperde il suo patrimonio, il figlio avrà forse diritto di impu-gnare il fatto del padre dilapidatore? No certamente. Io credo poi che l'onorevole De Luca abbia elevato al-l'onore di una regola generale un fatto speciale ; i figli spesso concorrono a diminuire il patrimonio del padre,non così di frequente concorrono ad aumentarlo, ed in quei casi nei quali realmente il concorso dei figli entra nell'aumento del patrimonio paterno, la legge, o signori, tutela in mille maniere il diritto del figlio col-laboratore nell'aumento dell'asse che il padre gli lascia.

Soggiungeva l'onorevole De Luca che, tassando le successioni dirette, noi venivamo a porre in pericolo la pace e l'armonia delle famiglie, imperocché il figlio che dovesse pagare la tassa di successione sopra un patrimonio, che per avventura, può essere il risultato anche del suo lavoro ; romperebbe i vincoli di disci-plina domestica, e rifiuterebbe di collaborare col padre.

Signori, se la pace delle famiglie e la subbiezione figliale dovessero essere legate a questi vincoli, oh! sa-rebbe un vincolo ben fragile e sottile. Voi sapete che in Francia e nel Belgio, per le successioni dirette si paga la tassa dell'uno per cento. Eppure noi non sap-piamo che là la costituzione della famiglia sia stata compromessa o disciolta presso quelle nazioni. Noi abbiamo una nobilissima provincia italiana, la quale paga più del 2 per cento a questo titolo, ed è la Ve-nezia ; eppure, malgrado la gravezza di questa tassa, voi avete trovato ivi la famiglia salda, ben costituita e morale.

Ma l'onorevole D'Ondes-Reggio vi poneva in rilievo un fatto, che a' suoi occhi aveva un'importanza singo-lare. Voi tassate, diceva egli, la successione diretta, ma non pensate che la perdita del capo di famiglia per i suoi successori è un danno enorme, che il fisco contribuisce a rendere maggiore. Voi aggiungete il danno al dolore.

Io rispondo all'onorevole D'Ondes quello che diceva Smith nella sua grand'opera sulla ricchezza delle na-zioni, che, se vi sono dei padri la cui perdita è un danno pei figli, ve ne sono però di quelli che lasciano ai figli una pingue e lauta eredità ; e conseguente-mente questo è un fallace argomento per escludere dalla tassa le successioni dirette in linea ascendentale e discendentale. Ma io credo che la maggioranza della Camera sopra questo punto non avrà gravi dubbi ;

scendo quindi a dira poche parole sulla questione dell'esenzione della legittima dalla tassa di succes-sione.

Io non so comprendere, dico il vero, perchè la quota legittima debba andare esente dalla tassa di succes-sione.

L'onorevole Accolla, in nome del diritto naturale, ha respinta la proposta di tassare la quota disponibile, e l'onorevole Gas aretto vi ha in parte risposto trion-falmente.

Ma io credo, come diceva un illustre pubblicista, Francesco Forti, che la questione se la legittima sia di diritto naturale o di diritto civile sia ima questione di lana caprina ; imperocché è un fatto che molte le-gislazioni non hanno ammesso la legittima: ad esempio, i Romani fino ai tempi d'Augusto o fino alla legge Fal-cidia.

Molte legislazioni l'hanno ammessa riguardo ad una serie di persone, e non rispetto ad altre. Talune legis-lazioni hanno ammesso il diritto di legittima soltanto pei discendenti, talune altre l'hanno ammessa pegli ascendenti, per la moglie del defunto, e persino pei fratelli. Di più si diversificano le une dalle altre nella misura della quota legittima, ed il nostro Codice è forse uno dei più larghi in questa materia ; talché mi sembra che quest'argomento della legittima debba entrare nei pieno dominio della legge civile, la quale, come oggi stabilisce che la quota legittima sia determinata nella metà dell'asse del patrimonio paterno, potrebbe do-mani ridurla d'un quarto, se così credesse.

Ma io penso, o signori, che vi sia un argomento spe-ciale per ritenere che sia eminentemente conforme a giustizia il sottoporre a tassa anche la quota non di-sponibile.

È un fatto che, se i figli hanno assicurata la quota legittima, l'hanno per le provvidenze della legge civile; è la legge civile la quale garantisce ad essi che, alla morte dell'ascendente o del discendente, i suoi succes-sori avranno, sulla parte della quale è vietato disporre, una quota della successione.

Ora io dico : se la legge ha prestato il gran bene-ficio di assicurare a certi successori ima quota di pa-trimonio, è anche giustizia che sopra questa quota si esiga, come compenso, una tassa ; perchè, o signori, voi sapete che ia ragione della tassa di successione sta tutta in questo : la tassa di successione, come insegna un illustre scrittore, non è se non un compenso della protezione che la legge accorda al patrimonio e agli averi dei cittadini.

Quindi, o signori, io aderisco ancora a questa prò« posta e per parte mia darò ben volentieri il voto al-l'articolo 9, in quanto sottopone, a tassa la quota non disponibile.

Né mi muove punto l'argomento che ho udito pro-porre, che cioè la quota legittima sia anche innanzi

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alla morte del padre una proprietà del figlio, impe-rocché una semplice osservazione basta a dimostrare l'insussistenza di questo argomento.

La quota legittima è dovuta se il padre lascia un patrimonio; la quota legittima non ha più subbietto se il padre lo ha disperso prima di morire.

Quindi per me essa non è che un titolo, un'aspetta-zione legittima subordinata pel suo effettuarsi alla condizione che alla morte del padre vi sia un patri-monio dal quale detrarla.

Io non posso del pari, poiché la mia coscienza vi ripugna invincibilmente, accettare la terza proposta, la liquidazione cioè della tassa di successione sopra l'asse non depurato dai debiti. Quelle imposte che sono contro verità e contro giustizia le respingo reci-samente.

La imposta sopra l'asse lordo non è che una men-zogna legale. Imperocché, in fin dei conti, la tassa si ricava sempre dalla parte netta. Si può dire quanto si vuole che si paga l'uno per cento sull'asse al lordo, ma, o signori, la tassa di dove la ritraete ? La ritraete da quello, e la pagate con quello che sopravanza, de-dotti i debiti. Ma ciò che a me fa più senso, giacché io non sono amante di astruserie, è il vizio radicale di ingiustizia che scorgo in questa proposta. Mi si dice che vien tassata la successione in ragione dell'uno per cento : non è vero ; col sistema della Commissione, l 'imposta può venir tassata fino al 5 e mezzo per cento.

Infatti, se è vero che la tassa si paga su quello che sopravanza, dedotti i debiti, che cosa accade nell'atto pratico? Accade lo sconcio di una enorme spropor-zione di trattamento tra i cittadini, perocché il succes-sore che raccoglie meno, paga di più, e chi ha un'eredità netta e raccoglie di più, paga di meno. Due semplici esempi, o signori, bastano a chiarire la verità di que-sto appunto. Ponete due successioni di mille lire, una netta ed una sulla quale vi sia un debito di 600 lire, e di queste ne abbiamo molte pur troppo. Ebbene, colui il quale raccoglie una successione netta di mille lire, paga undici lire e gli rimangono 989 lire nette: colui, il quale raccoglie la successione pure di lire mille, in cui il debito ascende a 600 lire, paga ugualmente un-dici lire sopra le 400 lire nette, e questo vi conduce alla conseguenza che colui il quale ha raccolto meno vi paga, infine dei conti, non già l'uno per cento, ma quasi il tre per cento. Dice benissimo a questo propo-sito un illustre scrittore, Le Gentil, che se vi è una tassa la quale ripugna di più al principio dell'egua-glianza e d Ila proporzionalità, è quella che grava l'asse ereditario al lordo.

So bene che si faranno delle obbiezioni contro l'o-p'riione che mi pregio di sostenere; la questione così dba t tu ta alla Camera deve esserlo stata del pari nel sano della Commissione e nei Consigli del Governo. Si dirà: che cosa è la tassa sulle successioni? È una

tassa di passaggio da padre in figlio, e come tassa di passaggio deve essere trattata al pari dei passaggi che avvengono inter vivos, e nei quali non si fa deduzione di passività. A questo obbietto faccio una semplice replica.

Voi sapete, signori, che la legislazione belga esigeva due tasse diverse in occasione della successione : la tassa propriamente detta di successione e la tassa pro-priamente detta di mutazione o di passaggio. Ebbene, nel liquidare la tassa di mutazione si faceva la detra-zione dei debiti. À me sembra che l'esempio d'una legge, la quale passa per una delle meglio pensate in questa materia, risponda sufficientemente alì'obbietto che sarà certamente messo in campo.

Ve n'è un altro forse più grave, e sul quale certa-mente sarà chiamata l'attenzione della Camera. Si dirà : noi vogliamo liquidata la tassa di successione sull'asse lordo per guarentirci dalla frode.

Quest'argomento ha del vero ; ma per guarentirci dalia frode non dobbiamo, rispondo, conculcare i prin-cipii ; dobbiamo cercare altri modi per guarentirci, e le cautele che in questo senso vorrà adottare il Go-verno avranno certamente il mio suffragio.

Io mi permetterei anzi di suggerire una cautela in aumento a quelle che sono stabilite dalla legge del 1856. Io proporrei che non si ammettessero in dedu-zione i debiti, quantunque risultanti in forma legale, allorquando non fosse giustificato che per essi è stata regolarmente denunciata e pagata la tassa sulla ric-chezza mobile.

In questo modo, o signori, voi potrete ottenere il doppio risultato di vedervi denunciati, e così di otte-nere la tassa sui crediti, e al tempo stesso di vedere cresciuti i proventi della tassa di ricchezza mobile alla quale, pur troppo, sfugge una grande massa dei crediti che dovrebbero essere e non sono denunciati. Si ob-i e t t e r à fors'anco l'esempio di altre legislazioni, ma l'onorevole Accolla ha parlato così bene degli esempi citati nel rapporto della Commissione che io crederei di fare opera superflua a trattenerne la Camera più a lungo.Egli ha ragione allorquando vi dice che un solo esempio si può citare, e questo è la legge francese, non la belga, perchè la legge belga la deduzione l'ammette; non l'inglese, anche per una ragione che io non ho inteso finora accennare.

Secondo la legislazione inglese la tassa, è vero, si paga sull'intero asse non depurato dal debito, ma al tassato è riservato il diritto di potere, nel'tempo e termine di tre anni, denunciare i debiti che gravitano sul reddito, e richiedere il sopra pagato, talché, o per una via o per l'altra, si viene alla medesima conclu-sione, che la tassa di successione si paga sopra l'asse ereditario netto.

E molto meno poi la Commissione avrebbe dovuto citarvi l'esempio dell'Inghilterra, le cui istituzioni sono così disformi dalle nostre che non ne possiamo cavare

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norme ed esempi. Vi basti questo ; quando si tratta di determinare il valore dell'eredità per la parte immobi-liare, sapete che criterio si adotta in Inghilterra? Il doppio criterio della rendita netta annua degl'immobili e della vita presunta dell'erede ; attalcliò se yì sono due successioni di proprietà immobiliari, le quali abbiano lo stesso valore, e che un erede abbia venti anni, l'altro quaranta, quello che ha quarantanni paga una tassa minore, e maggiore quello che ne ha venti, perchè la sua vita presunta è più lunga. Ciò dipende da quei vincoli fìdecommissari che inceppano tuttora la pro-prietà fondiaria in Inghilterra, e che del possessore non fanno già un proprietario, ma un possessore finché vive. Io quindi respingo assolutamente la proposta della Commissione.

Ma io mi sono fatto un dovere altresì di tenere pre-senti le necessità che stringono l'erario ; quindi ho cer-cato di studiare su ciò che non si poteva, nè si doveva ottenere per una via, quella dell'ingiustizia, si potesse ottenere per un'altra che a giustizia fosse più conforme.

Non nascondo, o signori, che mi si allargò il cuore ieri allorquando udii l'onorevole Àrrigossi dire : tas-sate pure fino a 2 lire, se lo credete necessario, ma non c' imponete l'ingiustizia di pagare sul debito ; non imponete la tassa su ciò che non è. E con piacere udii ripetere le stesse cose dagli onorevoli Righi e Ga-sar etto. Si è quindi con maggiore coraggio che io mi fo a svolgere la mia proposta.

Sì, o signori, io ho creduto necessario di venire in soccorso alle finanze colla mia proposta, la quale è semplicemente quella di duplicare la tassa di suc-cessione sull'asse ereditario depurato dai debiti.

A prima giunta parrà esorbitante la mia proposta, ma in questa Camera vi sono rappresentanti di nobili provinole le quali hanno pagato come in Lombardia e pagano ancora come nel Veneto una tassa ben mag-giore: quindi non è senza autorevoli precedenti che io sono indotto a proporre la depurazione di questa im-posta.

• Consideri poi la Camera che nella massima parte dei casi la mia proposta, che sembra più grave di quella della Commissione, in fatto è più lieve mentre è per giunta più giusta e più ragionevole.

Supponete il caso, pur troppo frequente, di succes-sioni gravate di debiti, e voi verrete alla conseguenza che, pagando l'uno per cento sull'asse ereditario brutto, si pagherà in sostanza ben più che questa cifra, per-chè la tassa, volere o no, si preleva dalla parte netta. Prenderò una cifra media, una successione cioè che abbia metà del suo ammontare coperto da debiti : eb-bene questa successione che col sistema della Com-missione vi paga col decimo di guerra l'uno e dieci, e così 11 lire, paga in realtà il 2 e 10, perchè la tassa non potete commisurarla che su quanto accresce effettivamente la fortuna dell'erede.

La mia proposta inoltre non defrauda in conto al-cuno l'erario del provento che la Commissione intende ad assicurargli col suo sistema, nè io voglio diffon-dermi a dimostrarlo.

I calcoli, signori, sono semplicissimi, ed ognuno può farli. Se prendete 10 successioni, e sopra queste ri-scuotete la tassa col sistema della Commissione, avrete 110 lire; ne avrete ugualmente 110 se riscuotete la tassa secondo il sistema che io proporrei. Muovetevi dalla successione netta, ad esempio, di 1000 lire ; scen-dete a quella che ha un debito di 100 lire, poi all'altra che lo ha di 200 ; andate fino all'ultimo grado in cui il passivo ingoia l'attivo ; tassate infine del 2 per cento la quota netta, e avrete il medesimo risultato di 110 lire d'imposta senza offesa dei principii di giustizia.

io non voglio intrattenere più a lungo la Camera, ho usato anche troppo largamente della sua indul-genza.

Aggiungerò soltanto qualche parola sul perchè io proposi che, a riguardo delie successioni minime, si adottassero dei temperamenti che a me sembra-vano consigliati da giustizia e da equità. Io ho pro-posto che per le successioni minime in linea retta, quando esse non eccedano 400 lire nette, anziché la tassa proporzionale, si esiga un'imposta fissa di lire due. Esempi di riguardi speciali noi ne abbiamo nelle varie legislazioni d'Europa. Ne avevamo l'esempio nella nostra legge del 1862; ne fornisce un altro la legge belga, la quale esenta le successioni la cui en-tità non eccede lire 634, e così via discorrendo.

Credo che questa subalterna proposta, la quale è informata da un sentimento di giusto e doveroso ri-guardo alle successioni minime, possa essere accolta senza difficoltà. Anzi lo stesso Governo dovrebbe, in questa parte, non rigettare la mia proposizione, se non altro per rispondere, come meglio può, all'onore-vole D'Ondes Reggio, il quale, censurava questa legge, che viene, col suo balzello sulle successioni dirette, ad accrescere i dolori di chi ha perduto il padre e la madre. Certamente il fisco non è fatto per essere a-sciugatore di lagrime e consolatore d'afflitti, altri-menti non sarebbe più fisco ; ma almeno, fin dove lo può, lo faccia ; accolga quindi il Ministero la mia pro-posta, la quale, umanizzando la legge, non può recare danno sensibile per l'erario.

Non intendo qui, o signori, di anticipare la discus-sione di un altro emendamento che ho proposto, e su cui dirò qualche parola a suo tempo, lo rammento sol-tanto.

Io ho proposto che si aumentasse la tassa per quelle successioni che si raccolgono da chi è congiunto al di là del quarto grado e tra estranei, imperocché m'aveva fatto penosa meraviglia il vedere quintuplicare la tassa sulle successioni dirette e lasciare qual era quella sulle successioni degli estranei e di quei congiunti che si

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CAMERA DEI DEPUTATI —- SESSIONE DEL 1 8 6 7 possono considerare quasi come estranei. Io avrò dei parenti al di là del quarto grado5 ma non so di ayerli e non li conosco.

Dopo di ciò non voglio trattenere di più la Camera, pago di avere portato il contributo delle mie tenui forze ; io ho combattuto la proposta ministeriale, ma ho cercato di sostituirvene un'altra, che assicurasse al-l'erario i proventi di cui ha necessità. Se si potrà tro-vare altra via migliore di quella suggerita da me, io l'accetterò ben volentieri, purché non sia quella trac-ciata nell'emendamento dell'onorevole Panattoni, il quale tenderebbe a riprodurre in parte il sistema to-scano, e sopra il quale, laddove fosse sostenuto, io mi riservo di sottoporre alla Camrra quelle osservazioni che mi parranno più convenienti.

PRESIDENTE. Ora verrebbe appunto l'emendamento dell'onorevole Panattoni, il quale, in primo luogo, chiede che la lettera II, parte II della tariffa, sia così concepita :

« La tassa di che nell'articolo 105 è elevata, per le successioni intestate, a centesimi 50 per ogni cento lire dell'intero asse, e per le successioni testate sarà applicata la tassa suddetta alia porzione legittima, ed il resto della eredità andrà soggetto alla tassa di una lira per ogni lire 100. »

Poi propone che il paragrafo finale dell'articolo 9, lettera M, parte II della tariffa, sia emendato nel se-guente modo :

« La detrazione dei debiti, di cho negli articoli 53 a 57, e 70 della legge, e 105 a 111 della tariffa, sarà accordata a coloro i quali dichiareranno di alienare altrettanta parte dei beni ereditari, e dimettere i de-biti col mezzo di pagamenti o di accolli ; con che però s'intendano decaduti da tale benefìzio, e debbano pa-gare in tutto o in parte la tassa di successione, se non avranno giustificato che la predetta condizione sia adempita dentro un anno dalla dichiarazione della successione. »

L'onorevole deputato Panattoni ha facoltà di svol-gere i suoi due emendamenti.

PANATTONI. Colla voce affiochita mi sarebbe impos-sibile fare un discorso; dovrò dunque limitarmi a sem-plici dichiarazioni.

Primieramente dichiaro che non posso acconciarmi al parere dell'onorevole Casaretto, il quale, mentre ammette che tutte le successioni dirette siano di di-ritto naturale, ed appartengano all'ordine sociale o di famiglia, crede che l'aumento di tassa su cui discu-tiamo possa sostenersi come tassa sul capitale. Ma, se potesse sostenersi il concetto dell'onorevole Casa-retto, bisognerebbe proporre un'altra legge, basarsi sopra un principio diverso dal presente, formulare un differente progetto. La tassa sulle successioni non si percepisce come un balzello sul capitale, ma si perce-pisce in occasione del passaggio della eredità ed in ra-gione della medesima.

Dunque, se l'onorevole Casaretto non trova che questo passaggio da padre in figlio basti a legittimare il diritto delle finanze, bisogna che egli voti d'accordo con noi.

Del pari, siccome io non potrei accettare sulle suc-cessioni legittime tutta quella elevazione della tariffa che viene proposta dall'onorevole Commissione, s'In-tende bene che molto meno consiglierei l'accettazione di quel raddoppio che è venuto a proporci l'onorevole Barazzuoli.

Ma ho sentito che taluni sono stati indotti ad am-mettere una tassa maggiore sui passaggi della eredità legittima, nella fiducia di ottenere che la finanza vo-glia condiscendere intorno alla detrazione dei debiti.

Premetto che la tassa di successione non può ca-dere sui beni affetti ai creditori, e non lucrati dall'e-rede. Si può questionare se talvolta l'erede, pagando del proprio, faccia qualcosa di analogo alla compra dei terzi. Io ho, per un temperamento estremo, sugge-rito qualcosa di analogo ; ma dichiaro che darò il voto agli emendamenti, i quali mantengono ciò che dispose la legge del 1866.

In quanto poi alla transazione sperata coll'offrire un rincaro sulla successione dei figli, sperando che la finanza defletta dalla tassa sull'ammontare dei debiti, io prego i miei colleghi di non caldeggiare troppo code-sta fiducia. La finanza fa il suo dovere ; essa si studia di chiedere il più che può, e lo cerca da più lati che può ; noi peraltro dobbiamo sovvenire all'erario sì, ma con giusti riguardi ; noi dobbiamo esaminare adunque in se stessa la questione della eredità paterna, e ci con-viene discuterla nei rispettivi suoi punti di vista.

Sono due questioni distinte, quella della tassa della successione, ossia la misura del dazio, e la questione della detrazione dei debiti, dai quali è diminuita la eredità. Bisogna trattare l'una con un criterio, l'altra con un altro. • Spiacemi di non poter svolgere la mia idea, perchè

oggi l'abbassamento della voce non mi consente larghe argomentazioni; ma parlo a persone intelligenti; e* l'aver detto una verità molto facile ad afferrarsi mi dà fiducia che esse nel loro criterio intenderanno tutte quelle ragioni, che io sento, e non svolgo.

Bensì io debbo dichiarare che all'occasione di rife-rire sul progetto di legge del 1866 non mi sarei limi-tato ai venti centesimi imposti sulla sola porzione di-sponibile della successione paterna, se quella legge non avesse incontrato gravi difficoltà e ripugnanze negli uffizi, per cui mi permetto dire che furono fati-che erculee quelle che allora per me si fecero, onde raccogliere il complesso di voti che finalmente si ot-tenne. Altronde il ministro delle finanze, che insistè per un aumento sulle alienazioni e l'ottenne, se avesse insistito sulla tassa per le successioni dirette, avrebbe ottenuto probabilmente ben più dei 20 centesimi per

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Tuttavoìta io non credo che sia legittima la tassa dell'uno per cento, proposta oggi sopra l'intera succes-sione paterna.

Certamente coloro i quali non sanno vedere la di-stinzione tral'eredità della legge e l'eredità dell'uomo, ossia la disposizione testamentaria, troppo di leggeri si disbrigano col dire che questa è una sottigliezza legale.

Signori, la tassa del registro è una tassa sugli af-fari, è una tassa sui passaggi legali; quindi è inutile parlare di sottigliezze giuridiche. Chi sottilizza dav-vero, e lo fa per un buon fine, giacché lo fa per l'erario, è la finanza, la quale profitta di tutte le occasioni, ab-braccia tutti i titoli ; ed io non" ho da ridire, mentre essa fa il dover suo. Ma il dire : è una, sottigliezza le-gale il voler distinguere fra la disposizione della legge e la disposizione dell'uomo ; questo, mi perdonino co-loro che l'hanno azzardato, non è un parere abba-stanza riflettuto. Conseguentemente io dichiaro che, quando l'articolo delia Commissione andrà ai voti, io non potrei accettarlo com'è formulato ; e sopra i di-versi emendamenti io voterò con coloro che propon-gono larghezze discrete.

Però, prevedendo possibile che le strettezze dell'e-rario facciano pressione sul voto di alcuni, e potendo per avventura accadere che si formi una Maggio-ranza sull'aumento di questa parte della tariffa, io, in tal caso, prego la Camera a distinguere col suo crite-rio, perchè molte sono le analoghe ragioni, ma oggi non mi sento in grado di svolgerle.

La Camera distinguerà col suo criterio che altro è il caso quando il padre di famiglia dispone, ed altro quando lascia il corso alia legge. Allorquando, per quel possesso di cui ornai la famiglia gode, e che è già quasi anticipatamente ritenuto con una specie di soli-dalità tra il padre ed i figli, il padre si rimette al di-sposto della legge, essa riconosce il preesistente diritto rendendolo perfetto ; ma certamente non vi è in questo caso un atto da tassare, non vi è una disposizione, non vi è un atto dell'uomo che aspetti protezione dallo Stato ; quindi non può esservi tassa, perchè la legge sulle successioni provvede sul piede della comune giu-stizia e senza mire fiscali. Le mire fiscali si possono invece concepire, e la tassa può divenire giusta e cor-rispettiva, quando si tratta di proteggere certi atti speciali.

Or dunque, quando il padre non dispone, quando non vi è un atto speciale che regoli fra i figli la di lui successione, io non ammetto legittimità, di tassa ; ma quando il padre dispone e si fa arbitro del riparto della quota disponibile, io intendo che sorga un di-ritto legittimo nello Stato ad intervenire ; e perciò in-tendo che in questa occasione, siccome il padre fa un atto, possa su di esso cadere la tassa degli atti ; in-tendo ancora che il padre crea un passaggio di beni

su cui può cadere la legge daziaria, perchè non si è ri-spettato il voto della legge naturale e civile. Ed invero, essendo inconcepibile un testamento che dia ai figli ciò che essi ebbero dalla legge, l'attestazione della mente del padre non suole essere per lo più un atto giusto, ma si converte in favore e privilegio per alcuni figli a danno degli altri.

Allora dunque è bene che lo Stato tassi la disposi-zione: mentre non è possibile che la ragione stessa proceda quando non si tratta più dei lasciti fatti con la porzione disponibile, ma si tratta della successione regolata dalla legge quando gii eredi suoi prendono il posto del padre.

Tuttavia, attese le urgenze dell'erario, io scenderei per semplice provvedimento di finanza ad accordare un mezzo per cento sulla porzione riservata ai figli, e sulle successioni legittime ; ma non accorderei l'uno per cento proposto dalla Commissione, altro che quando il padre spiegò con un atto speciale la sua vo-lontà distribuendo la quota disponibile.

Signori, nello stato in cui si trova il mio organo vocale, ho detto anche troppo. Il resto sarà supplito dalla vostra intelligenza,

CM18R.4Y-DIGNY, ministro per le finanze. Io intendo solamente di rettificare un concetto che ho sentito poco fa esprimere dall'onorevole Panattoni, quando egli faceva una specie di distinzione tra la finanza e la Camera. Ho chiesto dunque la parola quasi come per un fatto personale, direi, della finanza.

Signori, io desidero che non si falsino i concetti sui quali deve basarsi l'opera nostra. La finanza qui siamo tutti noi; la finanza è il paese; la finanza è lo Stato. Non c'è un interesse diverso tra quello della finanza e quello che voi tutti rappresentate in quest'Aula, quello della nazione.

BEMBO. Arrivata la discussione a questo punto, e specialmente dopo le sode e robuste ragioni addotte dall'onorevole Accolla, io non farò che due brevissime osservazioni : una sul secondo capoverso della lettera I I , e l'altra sul secondo capoverso della lettera M.

Alcuni oratori che mi precedettero hanno trovato sin- -golare, anzi duro che s'imponga una tassa sulla porzione legittima nelle successioni fra ascendenti e discendenti.. Io trovo più duro ancora che questa tassa s'imponga nella stessa, misura tanto sulla porzione che non è di-sponibile, che nessuno può togliere, che costituisce una specie di condominio, che deriva ipso iure all'erede, e che non dovrebbe nemmeno essere considerata come un nuovo atto di trasmissione; quanto sull'altra por-zione la quale deriva per favore, e per così dire per ca-priccio della fortuna. Ciò non ostante, avuto riguardo ai bisogni delle finanze che sono imperiosi, pressanti, urgentissimi, io voterò la lettera II; ma la voterò col-l'emendamento dell'onorevole Panattoni, il quale pro-pone l'applicazione d'una tassa di favore per la por.

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zione legittima nelle successioni testate. Spero che la Camera vorrà accettarlo, ove non accolga quello più largo dell'onorevole Ferri.

Dirò ima sola parola relativamente al secondo capo-verso della lettera M.

Dico la verità, io divido l'opinione di coloro i quali hanno parlato contro questo speciale sistema di liqui-dazione nelle successioni, a modificazione dell'articolo 53 e seguenti della legge 14 luglio 1866. Siccome la tassa suppone un benefizio a favore del contribuente, anzi è un lucro che il Governo percepisce sopra un benefizio , così è naturale che, dove manca il benefizio, non ci debba essere nemmeno la percezione della tassa.

Sta bene portare gli esempi di altre nazioni, di quelle particolarmente che hanno più progredito negli studi delle legislazioni...

TEMNI. Domando la parola. BEMBO... ma bisogna anche aver riguardo alle con-

suetudini dei vari paesi, bisogna indagare se certe di-sposizioni abbiano una base razionale, E se non l'hanno, io non trovo che si debbano importare fra noi per la ragione che ci vengono dall'Inghilterra o dalla Francia.

L'onorevole Accolla ha detto benissimo che il pa-ragone non regge ; ed io so anzi che in Francia si fanno studi per riformare 9 per togliere quello che oggi si vorrebbe introdurre da noi.

Quando dunque si vuole coll'autorità dell'esempio aggiungere forza a qualche proposta, non basta risa-lire alle leggi del 22 frimaio dell'anno VII, ma bisogna anche tener conto delle leggi posteriori, e soprattutto de gli studi dei contemporanei.

Mi sorprende che l'onorevole ministro delle finanze, il quale, per un eccesso di delicatezza che altamente lo onora, ha respinto un emendamento che 10 aveva pro-posto tempo fa onde anticipare la ritenuta dell'impo-sta sulla rendita pubblica, rinunciando così al benefi-cio di 12 milioni che avremmo potuto percepire nel secondo semestre di questo medesimo anno ; mi sor-aprende, dico, che ora si lasci sedurre, per un vantaggio che mi pare molto minore, ad un atto in cui non è qui-stione di delicatezza ma di vera giustizia.

I bisogni dello Stato giustificano l'aumento delle tasse esistenti, giustificano l'applicazione di tasse nuove, ed è per questa ragione che io ho propugnata colia debole mia voce la legge sul macinato; ma i bi-sogni dello Stato non giustificheranno mai misure in-giuste, misure che l'onorevole Accolla ha ben qualifi-cato dicendole inique. Oltre di che noi non otterremo, votando quest'articolo come venne proposto dalla Com-missione, noi non otterremo aumento di redditi ; noi avremo per conseguenza il ripudio di molte eredità : di tutte quelle eredità le quali non presentano un mar-gine sufficiente all'erede, 0 possono in qualche maniera comprometterne l'interesse.

Per queste ragioni e per le altre che furono addotte, e che ora non voglio ripetere per non prolungare la di-scussione, io dichiaro che voterò contro questa norma speciale di liquidazione determinata nel secondo capo-verso della lettera M.

PRESIDENTE. Il deputato Mazziotti ha facoltà di par-lare.

MAZZIOTTI. Signori, io sarò brevissimo, avendo gli oratori che mi hanno preceduto quasi esaurita la ma-teria, e mi restringerò semplicemente al secondo capo-verso delia lettera M. Qui mi avvalerò non di altre ra-gioni, che di quella stessa svolta dall'onorevole mi-nistro delle finanze. Egli, per confortarci ad approvare questa legge in tutte le sue estreme rigorose disposi-zioni, ne diceva doversi votare unitamente alla mede-sima quella del macino, che certamente è una delle più impopolari e delle meno eque, e che pur tuttavia a-vremmo dovuto approvarla per la necessità dello Stato; quindi egli arguiva essere tanto più da appro-varsi la legge presente che non colpisce che la ric-chezza.

Ora, il signor ministro, me lo perdoni, ha errato profondamente. In questo secondo comma non si col-pisce la ricchezza, ma si colpisce lo zero, si colpisce di peggio, cioè la passività, ch'è al disotto dello zero.

Almeno nella tassa sul macinato si colpisce un etto-litro di frumento, ma qui col colpire la passività si colpisce quello che uno, non solamente non possiede, ma deve agli altri, e si colpisce doppiamente perchè, quando il creditore verrà a morire, naturalmente nel-l'inventario della sua eredità sarà incluso anche il suo credito attivo, ch'è stato pagato una volta come pas-sivo.

Da tutto ciò concludo, me lo permetta il ministro, me lo permetta la Camera, che il disposto dell'odierna legge deve dirsi inqualificabile.

Ora, signori, la giustizia deve essere la base di tutte le leggi che fa il Parlamento, e che propone il Mini-stero. Senza giustizia non vi può essere Governo, non vi può essere società. Voler colpire quello che non-si possiede è una immensa ingiustizia ; è come voler sa-crificare delle vittime acciò i venti spirino favorevoli per la flotta che deve andare a Troia {Ilarità) ; è come sacrificare vittime umane ; è come colpire degli inno-centi.

Ora non è permesso ne per salvare la propria vita e nemmeno per salvare la vita della patria comune commettere la minima ingiustizia.

Quindi io mi appello ai miei colleghi, mi appello alla giustizia stessa del ministro, acciocché non vo-gliano approvare questo comma della lettera M, il quale è una vera ingiustizia. Quando ho detto ingiu-stizia ho detto tutto, ed abbandono alla coscienza dei miei colleghi il risultato della votazione su questo comma (Bravo ! a sinistra)

Voci. A domani! a domani !

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PRESIDENTE. Ha finito l'onorevole Mazziotti ? MAZZIOTIi. Ho finito; ma debbo però aggiungere

ancora che il disposto della presente legge non riesce nemmeno utile all'erario, non solo perchè quello che non è giusto è sempre nocivo, ma ancora per la se-guente ragione, che non si può pagare parte di quello che non si possiede; si può lasciare tutto quello che si possiede, ma di quello che non si ha come si può lasciare una parte per tributo all'erario ? Quindi è anche di difficile anzi impossibile esazione. Laonde non solo per la giustizia, ma anche per l'utile del Governo, prego la Camera di non approvare questo comma.

PRESIDIATE. Ha la parola il signor ministro dell'in-terno,

CADORNA, ministro per l'interno. Intendo di fare una sola osservazione per ora sulla calorosa requi-sitoria dell'onorevole Mazziotti. Egli ha parlato di giu-stizia. M a , signori, qui il dissenso non può essere sulla necessità della giustizia nelle leggi , ma solo nel reputare giusta o no la presente legge di cui si tratta, il che non si può provare che con delle buone e serie ragioni. Ma non mi pare che sia con delle qua-lificazioni acerbe d'iniquità e d'ingiustizia e d'altro, che si provi che una legge non sia buona. Per provare che questa legge non è buona, conviene dimostrare che essa non basa sopra i dettami irrepugnabili della giu-stizia, ed indicare quali essi siano.

MIZZIOITÌ. Domando la parola per una spiegazione. CADORNA, ministro per l'interno. Io a suo tempo credo

che potrò provare che questa legge, in sostanza,non pecca d'ingiustizia ; ma intanto non posso lasciare passare inosservate leimputazioni, qualificazioni ed invettive che non sono ragioni e che, ricadendo sulla persona di co-loro che hanno presentata e che sostengono la legge, nè mi paiono convenienti, ne certamente sono atte a far procedere di un punto la discussione.

MAZZIOTTI. Io non ho parlato della legge in generale; ma soltanto di questo comma al quale limitai la qua-lifica d'ingiusto, e lo provai, e non supposi nel Mini-stero l'intendimento di volere scientemente e volonta-riamente proporre cosa ingiusta.

Io dico che, se il bisogno dell'erario lo richiede, si imponga, non l'uno, ma anche il quattro, anche il dieci per cento, purché s'imponga su quello che si possiede; ma io non posso qualificare come cosa giusta il met-tere una tassa sopra ciò che non esiste come credito, ma bensì come debito. Non intendo di offendere nè di giudicare i proponenti, ma la proposta.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il deputato Te-nani.

UMANI. Sorgo a difendere la non deduzione dei de-biti proposta dalla Commissione. Non mi dissimulo la gravità e, dirò pure, l'acerbità della questione ; ma non avvezzo ad indietreggiare davanti agli ostacoli,

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cerco e trovo nelle mie convinzioni la forza, non dirò di superarli, ma d'affrontarli.

Signori, vi sono delle verità le quali non appari-scono tali se non perchè ci si presentano annebbiate da idee preconcette. In fatti sento a dire e fuori e dentro la Camera : Ma che ? Volete imporre un non ente, come diceva l'onorevole Arrigossi, il quale adesso mi giova della sua attenzione ? Volete imporre i de-biti ? Ciò è enorme, è ingiusto, è inumano, è contro il senso comune.

È contro il senso comune '? Signori, mi sovvengo di un famoso dialogo del Gali-

leo nel quale uno degli interlocutori, e per l'appunto il senso comune, ragiona ad un bel circa così : « La terra è giù, quindi pesa, il sole è su per l'aria, però è leg-giero, dunque non è la terra che si muove, bensì il sole. » Codesto non era il senso comune, ma il senso grosso.

Entriamo a mezza spada nel terreno della questione. Su che cosa si basa la tassa di successione ? Forse

sopra un lucro ? Forse sopra un valore che si mani-festa ? Niente affatto, signori.

Tutti gli economisti, tutti i finanzieri, tutti i legisla-tori riconoscono come base della tassa due fatti: il primo, la circolazione dei capitali ; il secondo, il ser-vizio che lo Stato presta ai cittadini nel riconoscere gli atti di trapasso della proprietà.

Ora, se ciò è vero, come io credo che sia assoluta-mente un assioma, tutte le eccezioni opposte dagli avversari concludono a nulla.

Una delle due: o non dovete tassare il trapasso della proprietà nei contratti onerosi, oppure, se il tra-passo di proprietà è la base dell'imposta, dovete pure tassare le sue cessioni ; e siccome nel primo caso non si deducono i debiti, nè si guarda punto alla condi-zione economica dei contraenti, così egualmente nel secondo caso deve la legge regolarsi di fronte al-l'erede.

Dirò anzi di più : che se una tassa sul trapasso della proprietà è giusta, lo è maggiormente quando colpisce l'erede. E ciò per due ragioni: 1° perchè l'erede lucra assai più che qualunque contraente a titolo oneroso ; 2° perchè la prestazione dei servizi che lo Stato rende all'erede nel riconoscere la successione intestala, od il testamento è ben più grande di quella che presta ad un contraente nel riconoscere un atto a titolo one-roso.

Si tratta di un'imposta reale, onde io non comprendo l'argomentazione dell'onorevole Casaretto, il quale di-ceva che, se noi non deduciamo i debiti dall'asse ere-ditario, non dobbiamo dedurli dai redditi della ricchezza mobile sulla quale grava una tassa personale. In tutte le tasse reali, in tutte le tasse indirette, in alcuna delle dirette altresì, come la prediale, badate voi alla con-dizione economica del contribuente? Nè punto nè poco, o signori. Vi saranno degli inconvenienti, ed io

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— 5790 — CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1 8 6 7

lo ammetto, nel non dedurre i debiti dall'eredità, ma io credo che ve ne siano egualmente anche quando li deduciate. Prima di tutto, o signori, i debiti che gra-vitano l'eredità, qualche volta sono stati fatti per ac-crescere il valore dell'asse ereditario, e sono stati fatti in modo che gli aumenti del valore dell'asse non si pos-sono sempre scoprire nè valutare.

Immaginate un proprietario che faccia un mutuo di 50 mila lire nello scopo di migliorare i suoi fondi, e che, fatte le prime migliorie, venga a morte appunto quando il lucro ch'egli si aspettava dall'opera sua sia ancora di là da venire.

In codesto caso, se ammetteste la deduzione dei de-biti, voi favorireste eccessivamente e quindi ingiusta-mente l'erede. Cito un altro fatto : se un padre tuttora vivente assegna ad un figlio, poniamo una sostanza di 100 mila lire, e nel tempo stesso gli accolla un debito di 50 mila lire, la tassa si commisura forse sulle 50 mila o sulle 100 mila? Certo sulle 100 mila lire. Ep-pure, colla vostra teoria, dovrebbe commisurarsi sulle 50 mila.

Un altro fatto ancora : un donatario al quale sia stato donato un predio del valore di 100 mila lire, af-fetto di un onere di 80 o 40 mila lire, non paga forse la tassa sul valore delle 100 mila lire? E così via via di altri fatti che per amore di brevità passo sotto silenzio.

Di più, o signori, abbiamo l'esempio della Francia che non ammette la deduzione dei debiti. L'onorevole D'Ondes ha detto che la Francia aveva fatta cotesta legge nel 1793, in un anno nel quale la giustizia era let-tera morta. Io non discuterò punto sull'asserzione del-l'onorevole rappresentante di Palermo ; ma gli è un fatto che all'epoca della repubblica sono successe al-tre epoche, altre forme di Governo ; successero cioè il consolato, l'impero, la ristorazione, e quindi di nuovo la repubblica e l'impero, ma nessuno dei legislatori ha mai proposto di mutare la legge.

Eppure tutte le volte che si cangiò forma di Go-verno si elevarono lamenti e grida, ora contro la tassa prediale, ora contro quella delle bevande, ora contro quella sul sale, ma mai seriamente contro la non de-duzione dei debiti.

Nel 1849 l'onorevole Cremieux aveva proposto, è vero, una innovazione, ma quando venne alla Ca-mera il momento di discuterla, sapete voi che cosa disse il proponente ? queste sole parole : io non man-tengo punto la mia proposta.

Ma poi, o signori, non abbiamo bisogno di andare

fuori del nostro paese per trovare esempi che ci con-fortino ; noi ne abbiamo in casa nostra : abbiamo il Piemonte dove nel 1854 fu discussa la tesi che ora so-stengo, e fu difesa dal partito liberale, e fu sciolta fa-vorevolmente.

L'onorevole Rattazzi, che ora sorride, ed io ne lo ringrazio, ha contribuito molto con un suo splendido discorso all'esito della votazione ; onde io mi lusingo che esso, unitamente ai suoi amici antichi e nuovi, vorrà votare con me la proposta della Commissione e del Ministero.

Io potrei parlare anche di altri motivi che suffra-gano il mio assunto : la facilità, cioè, di applicare la legge, la certezza di impedir le frodi, e soprattutto i bisogni della nostra finanza ; ma non abuserò davvan-taggio della pazienza della Camera, e chiuderò il mio discorso colle parole del celebre Cretet il quale di-ceva che il solo modo di applicare la tassa sulle suc-cessioni era appunto quello che io propugno ; ossia la non deduzione dei debiti.

PRESIDENTE. Questa discussione è rinviata alla tor-nata di domani all'ora consueta.

La seduta è levata alle ore 2 10.

Ordine del giorno 'per la tornata di domani:

1° Seguito della discussione del progetto di legge per modificazioni alle leggi sulle tasse di registro e bollo.

Discussione dei progetti di legge: 2° Disposizioni relative alla caccia ; 3° Unificazione delle tasse sulle concessioni gover-

native e sugli atti e provvedimenti amministrativi; 4° Estensione alle provincie venete e mantovana

della tassa sui passaporti e sulle vidimazioni e lega-lizzazioni ;

5° Affrancamento delle decime feudali nelle Pro-vincie napoletane;

6° Costituzione del sindacato de' mediatori presso le Camere di commercio ;

7° Approvazione della convenzione col municipio di Comacchio, relativa al possesso e all'amministrazione di quelle valli ritornate al comune ;

8° Ordinamento del servizio semaforico lungo i lit-torali.