Tommaso d'Aquino - Somma Teologica - 24 III, 14-26. L'Incarnazione. b) Difetti Assunti e Implicanze

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  • S. TOMMASO D'AQUINO

    LA SOMMA TEOLOGICA

    TRADUZIONE E COMMENTO A CURA DEI DOMENICANI ITALIANI

    TESTO LATINO DELL' EDIZIONE LEONINA

    XXIV

    L'INCARNAZIONE: b) difetti assunti e implicanze (III, qq. 14-26)

    CASA EDITRICE ADRIANO SALANI

  • Nihi1 obstat Fr. Ludovicus MerJini O. P.

    Doct. S. Thcologiae

    Fr. Albertus Doccanegra O. P. Doct. PhiJosophiae et Lect. S. Theologiae

    Imprimi potest Fr. Leonardus Magrini O. P.

    Prior Provindalis S. Marci et Sardiniae FJorentiae die XX Octobris MCMLXIX

    IMPRIMATUR FaesuJis dic XXI Octobris MCMLXIX

    t Antonius Bagnoli Episc.

    TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI

    @ MCMLXIX ~ Casa Editrice Adriano Salani S.p.A.

    Tip. PoJglotta Univ. Gregoriana, Roma - MCMLXIX - Printed in Italy

  • L' INCA~NAZIONE : b) difetti assunti e implicanze

    (III, qq. 14-26)

  • INCARNAZIONE: b) difetti assunti e implicanze (I II, qq. 14-26)

    TRADUZIONE di Mons. Italo Volpi INTRODUZIONE E NOTE del P. Tito S. Centi O. P.

  • INTRODUZIONE

    I - Il volume XXIV della nostra traduzione della Somma Teologica non contiene un trattato, ma la sola seconda parte di un trattato. Perci la vera introduzione nel volume pre-cedente. Uno 8guardo alla tavola schematica serve a orientare pi e meglio di un lungo discorso sullo smembramento mate-riale che ci stato imposto dall'ampiezza del De Verbo Incar-nato.

    Nel sottotitolo abbiamo messo in evidenza il gruppo prin-cipale delle questioni qui incluse ( qq. 16-26) e abbiamo tra-dotto il termine consequentiae con quello di implicanze, perch esprime in questo caso meglio di ogni altro il pensiero del-1' Autore. La sezione De consequentibus unionem , scrive il P. L. B. Gillon, non potrebbe essere considerata come una serie di appendici marginali, riallacciate al mistero con un legame pi o meno elastico. Non si tratta di un seguito qual-siasi, ma di una serie di conclusioni virtualmente contenute nei principii di cui la sezione precedente (qq. 2-15) ci ha messo in possesso, conclusioni che un procedimento rigorosamente dimostrativo incaricato di rendere esplicite ( La notion de consquence de l'union hypostatique , in A ngelicum, 1938, p. 33).

    Ci fermeremo dunque a considerare alcuni problemi che si presentano di particolare importanza, o per il loro valore intrinseco, o per la sensibilit mostrata dai teologi moderni nei loro riguardi.

    I Fonti immediate del trattato tomistico e vicende storiche

    della Cristologia.

    2 - Pochi trattati della Somma Teologica sono cos legati alle fon ti immediate come il De Verbo Incarnato nella sua struttura materiale. Il controllo facile, perch si tratta delle

  • 8 L'INCAit.'f AZIONE

    due opere teologiche pi in voga nel secolo XIII : il De Fide Orthodoxa di S. Giovanni Damasceno, e il 3 Libro delle Sen-tenze di Pietro Lo1n bardo. Il primo di qesti scritti regolar-mente citato, il secondo non viene neppure ricordato. E 'lUe-sto per la semplice ragione che si tratta di una raccolta di tsti, con1oda quanto si vuole, ma priva di qualsiasi origina-lit. Del resto una citazione esplicita sarebbe stata inutile per i contemporanei dell'Aquinate ; perch tutti, studenti studiosi di teologia, avevano sempre le Sentenze a portata di Diano. Le due opere ricordate offrivano allo studioso un abbon-

    dante materiale di riflessione ; ma neppure il De Fide Ortho-doxa poteva considerarsi organicamente ben congegnato, cos da soddisfare le esigenze di una mente speculativa come quella del Dottore Angelico. L'opera del Damasceno aveva per il vantaggio di far conoscere, sia pure per sommi capi, le vicende della cristologia cattolica in mezzo alle molte eresie che l'ave-vano minacciata nei primi sette secoli dell'era cristiana.

    3 - L'informazione storica dell'Aquinate fu in proposito meno perfetta di quella che oggi noi possiamo ricava re da un buon manuale di patrologia. Ed questo l'unico apporto che noi potremmo offrire f aoilmente al suo trattato. Si sa che nelle mono~rafie moderne sull'argomento non manca mai un excursus sulle controversie cristologiche .

    . Tale esigenza, possiamo dire che era sentita anche dai teo-logi medioevali. Infatti nel com1nentare il prologo di S. Gio-vanni, S. Tommaso aveva abbozzato lo schema seguente a proposito delle prime quattro proposizioni del quarto Vangelo : Se uno ben consideri queste quattro proposizioni trover che con esse vengono distrutti in modo evidente tutti gli errori [in proposito] degli eretici e dei filosofi. - Infatti alcuni eretici, cbme Ehione e Cerinto dissero che Cristo non preesisteva alla Beata Vergine: ma che da lei aveva preso inizio il suo essere e- la sua durata~ facendone cio un puro uomo, che per aveva meritato la divinit mediante i suoi meriti. Errore questo che fu condiviso anche da Fotino e da Paolo di Samosata. E l'Evangelista lo esclude afferma.ndo : " In principio erat Verbum ,,~ egH do era. prima di ogni cosa ed eternamente nel Padre~ perci non presf" inizio dalla Vergine.

    Sabellio invece, pur affermando che Dio il quale assunse la carne non ebbe inizio dalla Vergine, ma esisteva dall'eter-

    nit~, tuttavia riteneva che la Persona del Figlio la quale assunse la. carne dalla Vergine non fosse distinta da quella del Padre, ma eh~ Pa

  • INTROD.UZIONE 9

    gando cosi in Dio la trinit delle persone. Contro questo errore l'Evangelista afferma : " Et Verbum erat a pud Deum ", cio il Figlio era presso il Padre e distinto da lui. - Eunomio riteneva che il Figlio fosse del tutto dissimile dal Padre ; e l'Evangelista esclude anche quest'errore affermando: "Et Deus erat Verbum ". - Ario poi diceva che il Figlio " era minore del Padre"; ma l'Evangelista lo esclude con le parole che abbiamo gi commentato: "Hoc erat in principio apud Deum " (In Ioann. c. 1, lect. 1, n. 64).

    Un'esposizione anche pi ampia si trova nel 4 Oont. Gent. (cc. 4-9 ; cc. 28-38).

    Pensiamo quindi di essere in perfetto stile con S. Tommaso, offrendo ai nostri lettori un quadro storico pi esatto, sebbene -eommario, per meglio comprendere le sue preoccupazioni nel

    controllare l'ortodossia di ogni espressione in campo cristolo-gico (vedi qq. 16-17).

    4' - Le prime eresie nacquero dalla paura di isolarsi, sco-standosi dalla rigida e razionale concezione di Dio esistente nella cultura giudaica e tra i :filosofi dell'eHenismo. L'unit di Dio vi era concepita come un'unit di persona alla quale era irriducibile la Trinit della rivelazione cristiana : di qui il cosi detto monarchismo. Mettendosi da questo punto di vista, il cristiano era costretto a risolvere il problema del Cristo, o affermandone l'identit col Padre, per difenderne la divi-nit ; oppure era portato a ridurlo a una realt creata, a un'energia divina impersonale che si sarebbe rivelata in un puro uomo. Il primo tipo di monarchismo fu chiamato mo-dalista, poich riduceva le tre persone divine a dei semplici modi. nei quali si sarebbe manifestato l'unico Dio. QnP~ti e ... etici furono chiamati anche patripassiani, perch secondo la

    loro concezione il Padre stesso avrebbe, sotto nome di Cristo, sofferto la paAsione e la morte. Tra questi eretici vanno inse-riti i nomi di N "eto, Prassea e soprattutto di Sa belli o. Questa setta fu subito affrontata da Tertulliano, da S. Ippolito, e da S. Dionigi d'Alessandria.

    Dionigi per ebbe a sua volta delle espressioni cos poco felici da far pensare a una nuova eresia. cio al subordinazio-nismo, che sarebbe stato poi difeso da Ario e dai suoi seguaci. A ristabilire l'ordine e la chiarezza d'idee, turbati da queste .lotte, intervenne nel 260 il Papa S. Dionigi f t 268] ; il quale oltre a condannare i patripassiani, corresse le formule poco felici del suo omonimo patriarca di Alessandria.

    Intanto i cristiani giudaizzanti, gli Ebioniti (dall'ebr. ebhjlJ-fttm =poveri), ai quali i teologi medioevali attribuiranno un

  • L'INCARNAZIONE

    orifeo di non1e Ebi~ne. aveyano dato vita a un'altra eresia, he faceva di Cristo un puro uon101 figlio di Dio solo per ado-

    . ione. Il propalatore pi noto di questo errore fu Paolo di amosata, vescovo di Antiochia, condannato e deposto nel 68. Ma l'idea dell'inferiorit di Cristo rispetto al Padre doveva

    rovoeare ancora gravissimi turbamenti nella Chiesa. Nel econdo decennio del secolo IV l'oriente cristiano era d nuovo

    agitazione per le teorie di un prete alessandrino, Ario [256-36], discepolo di Luciano d'Antiochia. Per il nuovo eresiarca

    Verbo non sarebbe che un intermediario tra Dio e il mondo : na realt creata. 5 - Nel combattere l'arianesimo, Apollinare di Laodicea [310-

    90] incorse nel primo di quegli errori che si possono chiamare ristologici in senso rigoroso ; poich quelli visti finora sono nnanz tutto errori trinitari. Apollinare invece riteneva con

    Padri niceni che Cristo fosse realmente il Figlio consostan-iale di Dio; 1na pensava che l'umanit assunta dal Verbo on fosse integra. Cristo, cio, non avrebbe avuto un'anima azionale : le funzioni di essa sarebbero state assolte in lui dal erbo divino. Qualche cosa di simile avevano gi detto fin dalla prima

    enerazione cristiana anche i doceti, i quali riducevano l'uma-it. assunta, e special n1ente il corpo, a pura apparenza. Ma pesso il docetismo gnostico si era mescolato col monarchismo odalista o con l'adozionisrno di cui abbiamo parlato. Invece

    on Apollinare abbiamo l'avvio a quelle controversie cristolo-iche, le quali avrebbero impegnato per vari secoli la teologia attolica.

    L'errore fu condannat.o solennemente nel I Concilio di ostantinopoli [381] ; e da- allora nella teologia cattolica si bbe la precauzione di spiegare che Dio assunse il corpo me-iante anima . La scuola antiochena, che a ve va avuto un grande merito

    el respingere l'eresia di Apollinare, ebbe poi il torto d'insi-tere troppo sull'integrit dell'uomo assunto, fino al punto di

    postatizzarlo. E cos nacque l'errore di Nestorio, il quale ertamente lo deriv dal suo grande maestro Teodoro di opsnestia. - Ci volle il Concilio d Efeso del 431 per definire

    con tutta chiarezza che in Cristo c' un'unica ipostasi, pur ssendoci in lui due nature.

    La storia del pensiero pare proprio che abbia un moto pendolare, perch puntualmente all'errore di Nestorio fece seguito subito l'errore opposto, quello di Eutiehe ; il quale,

  • INTRODUZIONE 11

    nel combattere a favore dell'unit ipostatica del Cristo, giunse a, sostenere l'unit delle due nature in Cristo dopo l'assun-zione. Ci volle un altro concilio ecumenico, quello di Calce-donia [ 451 ], per difender0 lortodossia cattolica. Ma purtroppo il monofisismo ebbe strascichi lunghissimi, dando origine al monotelismo e al monergi'imo. Di questi ultimi errori avre-mo modo di parlare pi a lungo nelle qq. 18 e 19.

    6 - Nel riepilogare queste vicende del dogma cattolico ab-biamo taciuto il nome dei grandi difensori dell'ortodossia; ma essi affiorano con la massima evidenza tra le fonti del trattato tomistico. Al primo posto troviamo S. Agostino, al quale spetta il merito di aver preparato la Chiesa latina alle grandi controversie cristologiche dei secoli V, VI e VII con le sue sintesi profonde e luminose, e con la sua esegesi accorta e ingegnosa dei passi scritturistici pi scabrosi.

    E neppure manca nelle questioni qui tradotte M. S. Boezio [470-525], al quale si deve l'analisi dei due concetti chiave di tutta la cristologia, cio dei concetti di natura e di persona.

    Accanto a lui e prima di lui l'Autore colloca S. Leone Magno [440-461], il Papa di Calcedonia, e S. Girolamo. - Un'impor-tanza sempre eccezionale viene concessa ai testi dello Pseudo-Dionigi, che era venerato nel secolo XIII come l'interprete autentico del pensiero paolino, e come la voce pi autorevole dei Padri apostolici.

    Un discorso a parte meriterebbe l'utilizzazione tomistica della sacra Scrittura in questo trattato. evidente che i passi pi citati sono quelli del nuovo Testamento. La parte del leone spetta a S. Paolo, come ca pita in quasi tutti i trattati tomistici. Ma colpisce pure l'abbondanza delle citazioni tratte dall'evangelista teologo, cio da S. Giovanni; e meraviglia addirittura la frequenza con la quale vengono citati i libri dell'antico Testamento, e in modo specialissimo i Salmi.

    Va notato in proposito che per l'Aquinate il messianismo del Salterio non si riduceva a pochi brani, ma abbracciava e permeava il libro per intero : Tutto ci che appartiene alla fede dell'Incarnazione trattato con tanta chiarezza in que-st'opera, da sembrare quasi un vangelo e non una profezia . (In Psalmos, proem. ).

  • 1,2 L'INCARNAZIONE

    II Le infermit>> di Cristo nella descrizione scolastica.

    7 - Nel leggere con attenzione le pagine del Vangelo allo scopo di rilevare gl'intimi sentimenti di Cristo, si rimane col-piti da due serie ben diverse di affermazioni. La prima composta di dichiarazioni esplicite della sua potenza, scienza, e santit senza limiti, che trovano la loro spiegazione coerente nella frase categorica : Io e il Padre siamo una cosa sola (Giov. 1, 30). - La seconda risulta da tutte quelle dichiara-zioni di umilt e di debolezza, che vanno dalla preghiera d'implorazione al rifiuto esplicito di promuovere personal-mente la propria gloria come una nullit : Io non cerco la mia gloria ... Se io glorifico me stesso, la mia gloria nulla (Giov. 81 50, 54).

    Sappiamo che si deve proprio all'esistenza di queste appa-renti contraddizioni, se nel corso dei secoli il magistero eccle-siastico ha potuto precisare le idee fondamentali della cristo-logia, presentando il Cristo come perfetto Dio e perfetto uomo (Sim,bolo Atanas. ; cfr. DENZ.-8., 76).

    Tutti i teologi sanno quale sia il valore dell'aggettivo per-i etto in quest'ultimo caso. Cristo perfetto come uomo nel senso che integro, non gi nel senso cha da lui debba essere escluso qualsiasi difetto. Anzi proprio in forza di codesta formula si vuole riaffermare in Cristo la presenza di tutti quei difetti che sono impliciti nella condizione fisica e fisiologica dell'uomo dopo il peccato originale.

    Nelle qq. 7 13 della Terza Parte, che nella nostra edizione appartengono al volume XXIII, si parlato a lungo delle perfezioni dovute all'amanit assunta dal Verbo. Qui ormai resta da parlare soltanto dei difetti, che dai Padri specialmente vengono denominati infrrmitates , ma che potrebbero essere indicati da tutti i loro sinonimi, oppure da termini pi con-creti come passioni, sofferenze, tribolazioni.

    8 - Le perfezioni della santa umanit di Cristo, durante la sua vita mortale, avevano la loro sede nell'anima ; le imper-fezioni e i difetti erano invece connessi in modo pi o meno diretto con il corpo. Sarebbe pericoloso per insistere troppo in questa spartizione, peroh potrebbe facilmente nascere l'idea che le due parti sostanziali dell'uomo assunto non siano ugualmente reali. Cos infatti pensarono i doceti, che fecero del corpo di Cristo un'entit fantastica di sola apparenza.

  • INTRODUZIONE 13

    Del resto non sarebbe reale la sofferenza che il Verbo incar-nato ha accettato per noi, se si fosse trattato solo di una macerazione del corpo, senza una vera angoscia da parte della 8ua anima.

    Di qui la necessit di distinguere vari strati nelle profondit psicologiche dell'uomo Cristo-Ges. La teologia cattolica non potr mai rinunziare al concetto di perfezione assoluta e con-sumata da parte di colui, che fu visto pieno di grazia e di verit (Giov. 1, 14). Si tratta di una perfezione istituzionale, dovuta al fatto irreversibile dell'unione ipostatica, cosicch non ammette sviluppi successivi. Ma accanto a questo fondo imperturbabile d'inesauribile perfezione, che si riscontra nella parte pi nobile dell'anima, deve trovar posto il vasto mondo delle passioni, con le sue vicissitudini.

    Contro i monoteliti che pretendevano di assorbire la volont umana del Cristo nel volere divino, S. Tommaso accetta la distinzione dei maestri, cio dei teologi scolastici, tra volun-tas ut natura e voluntas ut ratio (cfr. q. 18, a. 3). Ma. per assicurare una reazione psicologica autonoma di fronte alle sofferenze fisiche o all'esperienza vissuta, necessario ammettere nella psicologia umana una pluralit di potenze sensitive e appetitive, di cui spesso i moderni si sono sbaraz-zati senza seri motivi. Qui nel trattato dell'incarnazione S. Tommaso non ha bisogno di spendere molte parole : si contenta di un accenno (q. 15, a. 4). Ma egli suppone che i suoi lettori sappiano quanto egli ha detto gi a suo tempo, cio nella I-Il, q. 22, sulla sede propria delle passioni che l'appetito sensitivo. E neppure va dimenticato quanto aveva precisato nella Prima Parte, alla q. 81 : De sensualitate . In codesta questione egli si era posto persino il quesito : Se la sensualit [ossia la parte appetitiva sensibile dell'anima] si divida in irascibile e concupiscibile, come in due potenze distinte (a. ~).

    9 ,_ Si pu sorridere quanto si vuole alla rievocazione di queste antiche denominazioni. Sta il fatto per che con esse ancora possibile distinguere nettamente nella complessa psicologia umana quei fenomeni sui quali si basa la stessa indagine moderna, quando ci parla di sdoppiamento della personalit. In tutti i casi certo che S. Tommaso riesce cori questi mezzi a disimpegnarsi, offrendoci una ricostruzione ragionevole della psicologia del Cristo persino nelle dramma-tiche vicende della sua passione dolorosa.

    Ecco, p. es., come commenta le parle con le quali Cristo medesimo confessa il proprio turbamento nell'atto in cui

  • 4 L'lNCAit.~AZION'E

    il pensiero alla morte imminente : Considera che na cosa mirabile quanto egli dice [Giov. 12, 21]: "Adesso

    'anima turbata". Sopra infatti il Signore aveva esortato suoi discepoli a odiare la loro anima in questo mondo, ed

    ra nell'imminenza della morte sentiamo il Signore stesso che ce : " Adesso l'anin1a mia turbata ". Per questo S. Ago-

    .. tir.LO si domanda : " Signore, tu comandi che la mia anima i st gLa, e vedo che ranima tua si turba : ma quale sostegno ercher, se la rupe stessa cede 1 ''. - Perci si deve con-

    .. iderare : primo_, che cosa sia questo turbamento in Cristo ; econdo, perch egli volle subirlo.

    Ebbene si deve riflettere cho si parla di turbamento quando na cosa si muove: diciamo infatti che il mare turbato

    quando mosso. Perci quando uno oltrepassa la misura ropria della quiete e tranquillit, si dice che turbat,o. Ora,

    ~ll'ani111a umana c.' una parte sensitiva e una parte razio-ale. E nella parte sensitiva abbiamo turbamento, quando

    .viene agitata da qualche moto: p. es., quando viene oppressa dal timore, elevata dalla speranza, dilatata dalla gioia, o com-mossa da qualche altra passione. Ma questo turbamento talora rimane sott,o l cont.rollo della ragione; altre volte invece oltrepassa j litniti della ragione, quando cio la ragione stessa viene turbata. E questo in noi capita spesso ; ma in Cristo non poteva capitare, essendo egli la sapienza stessa del Padre ; e neppure capita nel sapiente, in rapporto cio alla ragione.

    Stando q11indi a questa spiegazione la frase evangelica, " Adesso l'anima n1ia turbata ", significa : agitata dalle passioni del timore e della tristezza secondo la parte sensitiva, da esse per non turbata la ragione, che non ha abbando-nato il suo ordine ...

    01a, queste passioni furono in Cristo diversamente da come si producono in noi. In noi infatti esse sono dovute a. una necessit, poich da esse siamo mossi e toccati quasi come dall'esterno ; in Cristo invece esse non sono dovute a una necessit, n1a al comando della ragione, non essendoci stata in lui una passione che egli non abbia eccitato. Infatti i:q. Crist.o le potenze inferiori erano cos sottoposte alla ragione, da non poter agire o patire niente che non fosse stato ordinato dalla ragione. Ecco perch S. Giovanni aveva detto in prece-denza (c. 11, 33), che "Ges ebbe un fremito nel suo spirito,

    ' b " e tur se stesso ... Riguardo poi allo scopo di questo turbamento, si deve no-

    tre che il Signore volle turbarsi per due motivi. Primo, per

  • INTRODUZIONE 15

    dare un insegnamento di fede, cio per confermare la verit della natura umana [assunta] : e per questo nell'imminenza della passione egli oramai compie tutto umanamente. - Se-condo per darci l'esempio. Se infatti egli avesse sopportato tutto senza turbamento, senza provare nessuna passione nella sua anima, non avrebbe offerto agli uomini un esempio con-vincente di come va affrontata la morte. Perci volle sentirsi turbato, affinch quando noi ci turbiamo non ricusiamo di subire la morte, e non ci perdiamo di coraggio. Di qui le parole di S. Paolo [Ebr. 4, 15] : " Noi non abbiamo un pon-tefice che non sia in grado d'aver compassione delle nostre infermit, ma stato messo alla prova in tutto come noi escluso il peccato " ...

    Questo turbamento di Cristo fu naturale : poich come l'anima ama naturalmente l'unione col corpo, cos natural-mente ha orrore di separarsi da esso, specialmente poi dal momento che la ragione di Cristo ebbe permesso all'anima e alle potenze inferiori di agire secondo le loro proprie ten-denze (In Ioann., c. 12, lect. 5 ).

    10 - Pensiamo che a questa ricostruzione psicologica ci sia poco da aggiungere. C' solo da sperare che la moderna psi-cologia sperimentale possa dirci qualche cosa di pi nell'analisi dei sentimenti di Cristo, che affiorano nel Vangelo ; ma per il momento non troviamo nulla che possa sostituire valida-mente e con sicurezza i vecchi schemi. Quegli stessi esegeti che pretendono di fare a meno delle categorie scolastiche, nella difficile impresa di combinare le affermazioni contrastanti dei Vangeli, cedono spesso alla tentazione di cercare la coe-renza al livello pi basso e volgare, cio al livello del razio-nalismo, che col pretesto di demitizzare nega il mistero.

    Ma il teologo cristiano deve partire necessariamente dai dati essenziali della fede, r1ersino nella descrizione e nell'ana-lisi psicologica delJe passioni e delle. debolezze attrribujte al Verbo Incarnato. S. Tommaso, p. es., nel brano riferito ha insistito sulla volontariet degli stessi turbamenti passionali: perch senza codesto elemento si viene a menomare il merito

    dell'espiazione compiuta da Cristo con le r-ue sofferenze, l'effi-cacia inf allibii e del suo volere e la perfetta sua adesione alla volont del Padre celeste.

    Pi ancora egli si sente obbligato a precisare che queste debolezze coassunte non provocarono mai in Cristo uno stato di coazione, come si addice ai figli di Adamo, che ad esse furono assoggettati in conseguenza del peccato (cfr. q. 14, aa. 2, 3).

  • 16 L:INCAR.'TAZIONE

    Inoltre bisogna saper distinguere tra infermit e infermit; perch alcuni dei nostri difetti sono del tutto incompatibili con la santit evidente del Figlio di Dio incarnato. Perci il teologo deve escludere da lui il peccato, la propensione al male, ossia il fomite, e la stessa ignoranza (cfr. q. 15, a. 1-3). E questo non si pu fare in base a frasi pi o meno chiare dei testi biblici ; ma solo in base alla consonanza necessaria tra i vari aspetti del mistero cristiano.

    III Cristo mediatore e sacerdote.

    11 - Nel definire il concetto di Racerdote S. Tommaso scrive: . L'ufficio proprio del sacerdote di essere mediatore tra Dio . e il popolo, in quanto trasmette al popolo le cose divine >> . (q. 22, a. l ). Si direbbe quindi che mediatore sia quasi il ge-. nere prossimo rispetto alla nozione di sacerdote. Eppure nella . Somma queste due propriet del Cristo sono oggetto non solo . di questioni bP.n distinte ma addirittura non contigue. Il . sn.ce-rdozio infatti preso in esame alla q. 22, cio nel ~ruppo de1le Quest,ioni reltttive a.i rapporti di Cristo col Padre. la sua

    mediazione inYece rimandata alla q. 26. come finale di quelle relative ai ~11oi rapporti con noi. Lo smembramento si deve ap-punto all'acce.ttazione di codesta distinzione tra i due tipi di rapporti come schema di lavoro : e Quindi al fatto che nel con

  • INTROD.UZIONE 17

    tura umana da parte del Figlio di Dio nel fatto che I' uomo, essendo composto di una natura insieme spirituale e corporale, costituisce come il confine tra le due, cosicch quanto viene compiuto per la salvezza dell'uomo sembra riguardare sia le creature spirituali che quelle materiali ( 4 Oont. Gent., c. 55 ).

    Questa immagine resa in modo anche pi chiaro nel tJ;at-tato sull'uomo e sull'anima in particolare :

  • 18 L'INCAR..\! AZIONE

    che l'uomo decadut.o non ormai pi in grado di assolvere. In pi egli dovr ristabilire i rapporti di amicizia tra Dio e l'umanit peccatrice. A tutto rigore, nota S. Tommaso, Dio avrebbe anche potuto contentarsi di una soddisfazione imper-fetta e inadeguata. E in tal senso anche la soddisfazione di un puro uomo poteva essere sufficiente. Ma se pensiamo che ogni realt hnperfetta presuppone una corrispondente realt perfetta eh.e le sia di sostegno, ogr soddisfazione di un puro uomo si comprende che viene ad avere efficacia dalla soddi-sfazione di Cristo (111, q. 1, a. 2, ad 2).

    I teologi qui non discutono, perch la funzione mediatrice di Cristo troppo evidente nei testi biblici, specialmente nelle lettere di S. Paolo. Del resto il concetto stesso di mediatore talmente affine a quello di Redentore e di Salvatore da non lasciare in proposito ombra di dubbio. I quesiti impostati in proposito da Pietro Lombardo nel 3 Sent., d. 19 sono del tutto marginali.

    Pi complessa invece la questione relativa al costitutivo formale del sacerdozio di Cristo, e gli stessi teologi mostrano di non aver maturato abbastanza la loro riflessione su questo tema piuttost.o tardivo. vero infatti che del sacerdozio di Cristo offre un'esposizione meravigliosa l'Epistola agli Ebrei; ma i SS. Padri si contentarono praticamente di ripeterne le formule, e gli stessi grandi teologi del secolo XIII non insiw stono nella speculazione del mistero. Si deve perci a S. Tom-maso il merito di aver impostato su questo tema i quesiti essenziali, proponendo il sacerdozio di Cristo all'indagine dei teologi posteriori.

    Dal concetto di mediatore egli deduce la necessit di attri-buire a Cristo la dignit di sacerdote non in quanto Dio, ma in quanto uomo : In quanto uomo [Cristo] era superiore agli uomini per la pienezza della grazia e per l'unione [ipostatica], e inferiore a Dio per la natura creata assunta. Perci pro-priamente parlando egli mediatore in forza della sua natura umana (3 Sent.~ d. 19, a. 5, qc. 3, ad 2).

    14 - I compiti specifici del sacerdozio sono la preghiera e il sacrificio : Come ufficio del sacerdote pregare, cos lo pure ofirire sacrifici (3 Sent. 1 d. 17, a. 3, qc. 2, arg. I ; cfr. ib1d., qc. l, 2 arg. S. c.).

    Seni bra per che questa affermazione del Commento gio-vanile alle Sentenze debba essere precisata dal seguente rilievo della Som1na Teologica: Sebbene la preghiera si addica ai sacerdoti, non per il loro compito esclusivo, perch a tutti spetta pregare per s e per gli altri ( q. 22, a. 4, ad 1 ).

  • INTRODUZIONE 19

    Tuttavia anche se non il compito esclusivo del sacerdote, la preghiera u~o ,dei suoi impegni fondament~li. Ecc? perch Cristo vi si applico costantemente ; e, come 01 narra 1 evange-lista Giovanni, egli volle far precedere l'immolazione cruenta del Calvario dalla preghiera sacerdotale del Cenacolo. E s. Paolo proprio illustrando la dottrina riguardante il sacer-dozio di (.,\-iato scrive : Nei giorni della sua carne, avendo offerto preghiere e suppliche a Colui che poteva salvarlo da morte, insieme a forte grido e lacrime, fu esaudito per la sua piet (Ebr. 5, 7).

    Il Dottore Angelico commenta : Atto del suo sacerdozio fu l'offerta di preghiere e di suppliche, cio il sacrificio spiri-tuale, che Cristo offr (In ad Hebr., c. 5, lect. l). In questo caso evidente che la preghiera si accompagna al sacrificio vero e proprio ; ma anche indipendentemente da quello essa riveste sempre l'aspetto di sacrificio spirituale, quale eleva-zione dell'anima a Dio.

    Il secondo atto del sacerdozio di Cristo, quello peculiare e proprio, il sacrificio. - Seguendo l'insegnamento di S. Paolo e di tutta la tradizione, S. Tommaso vede l'atto sacrificale del Cristo nella sua immolazione sul Calvario. E quindi i teologi della sua scuola hanno trovato gi pronte nei suoi scritti le armi per respingere la tesi stranissima di Fausto Socini [1539-1604], per il quale Cristo non avrebbe raggiunto la dignit di Sacerdote, se non con l'offerta di s al Padre in seguito alla sua ascensione al cielo. N mancano nella Somma Teologie.a gli argomenti per combattere le idee pere-grine di quei teologi (soprattutto della scuola francese : leggi De Condren, Olier, ecc.), i quali, non contenti dell'oblazione consumata sul Calvario, elaborarono una macchinosa liturgia celeste, nella quale Cristo offrirebbe un sacrificio perenne pre-sentando se stesso al Padre nello stato di vittima.

    Infatti S. Tommaso per giustificare l'eternit del sacerdozio ~ Cristo (Tu es sacerdos in aeternum ... , Ebr. 5, 4-6), non ricorre a una nuova immolazione, ma alla perennit degli effetti prodotti da quella del Calvario (cfr. q. 22, a. 5).

    15 - N va dimenticato che questo sacerdozio del Signore ha ~n terzo atto, e cio il conferimento della grazia e della gloria. La mediazione sacerdotale non consiste solo nell'offrire

    q~~lche cosa a Dio, per ottenerne la riconciliazione con l'uma-!llta ~ec~at~ice ; ma ha anche il compito di porgere all'umanit 1 doni d1 Dio. Ora, questo non un atto che s compie una volta. per sempre, pur derivando da un'azione sacrificale cir-coscntta nel tempo e nello spazio: questa trasmissione della

  • 20 grazia e della gloria una trasmissione inesauribile. Perch anche dopo la morte dell'ultin10 uomo chiamato alla salvezza, Cristo continuer a trasmettere agli eletti la grazia e la gloria. Con l'accenno all'eternit siamo ormai passati a parlare dei

    caratteri singolarissimi del sacerdozio di Cristo. Si tratta di un sacerdozio ete.rno e uni-versale ; poich abbraccia l'umanit di tutti i tempi. Q.ui va ricorda.to che l'efficacia purificatrice e santificatrice del culto ebraico, come del culto cristiano dopo la morte di Cristo, deriva dal sacerdozio del Verbo incarnato (cfr. q. 26, a. l, ad l ).

    Altra particolarit costituita dal fatto che Cristo insieme sacerdote e vi-tti1na (vedi q. 22, a. 2) . . Trattandosi poi di un sacerdote santissimo e immacolato, egli non il diretto beneficiario del proprio sacerdozio, come E;tvviene invece per gli altri sacerdoti (vedi ibid., a. 4). , Finalmente va sottolineato la quasi connaturalit del sacer-dozio di Cristo. Questi infatti non fu sacerdote per sua depu-tatione accidentale indipendente dall'unione ipostatica che lo oostituiva uomo- Dio. Vale cio per il suo sacerdozio quanto si dice della sua grazia abituale (Ili, q. 2, a. 12, ad 3).

    16 - Questo per non significa ohe l'unione ipostatica sia l costitutivo forrnale del sacerdozio di Cristo, perch il com-pito sacerdotale esige direttamente la sublimazione dell'uma-nit assunta in funzione operativa e non semplicemente onto-logica. Que8to, co1ne tutti i teologi sanno, oggetto di con-troversia tra gli stessi discepoli di S. Tommaso. Alcuni infatti ritengono che per costituire Crist.o sacerdote basti l'unione ipostatica con l'annessa grazia capitale, o gratia capitis, poste Rullo stesso piano (tra costoro troviamo i nomi di Schellcr e di Sluis). -~ Altd (c tra questi Scheeben, Hugon, Hris e Gar-rigou-Lagrange) ritengono che Cristo sia sacerdote in forza dell'unione ipostat.ica, che lo costituisce mediatore, a prescin-dere dalla. gra.zia ca.pitale. . Finahnente c' l'opinione dei Salmanticensi, di Giovanni da S. Tomrnaso, di ,Journet, J_..ava..ud, ecc., che ci sembra la pi convincente. 1 Secondo questi ultimi teologi il costitutivo formale del sacerdozio di Cristo non l'unione ipostatica, ma la grazia. capitnlc~ che s~identifica con la grazia santificante o abituale, in quanto que8ta caratterizzata dalla gratia unio-nis.

    Per non trovare troppo co1nplicato questo discorso, bisogna ricordare che la santa umanit di Cristo non santa in forza

    a Sulla posizione di tutti QUC'Sti autori vedi MASTROSERIO D., e La natura del sacer-dozio di Cristo nel penai'ro del tomisti , in Sapien11;a, 1963, pp, 337-372.

  • INTRODUZIONE 21

    della sua natura, ma in forza dell'unione col Verbo di Dio nell'unit della medesima ipostasi. L'ipostasi divina per non agisce come causa formale, bens come supposito efficiente. E quindi necessaria la concessione di un dono creato per rendere santa e santificante l'umanit. assunta. L'ipostasi il principio .rac~ale di questa s.antificazio1~10, . 11?-a non pu~ esserne il pr1nc1p10 formale prossimo. Il pr1nmp10 formale e la grazia santificante. Ora, il sacerdozio di Cristo non che un potere gerarchico di santificazione fondato sull'eminenza della grazia per la quale egli capo dei redenti, re e sacerdote.

    Ci sembra che i sostenitori delle altre opinioni riferite non tengano nel debito conto quanto il Dottore Angelico ha giu-stamente notato in una delle prime questioni di questa Terza Parte. La grazia personale e la grazia capitale sono ordinate all'operazione, invece la grazia dell'unione non ha per fine un'operazione, ma l'esistenza personale. Perci la grazia per-sonale e la grazia capitale sono sostanzialmente il medesimo abito, non cos la grazia dell'unione. - Tuttavia sotto' un certo aspetto la grazia personale si potrebbe anche clire grazia d'unione in quanto in qualche modo dispone ad essa. E in tal senso una grazia essenzialmente identica grazia d'unione, e grazia capitale, e grazia personale con sole differenze di ragioni formali (III, q. 8, a. 5 ; ad 3).

    Se vogliamo preeisare la dottrina, chiaro che bisogna mettere bene in luce quanto S. Tommaso afferma nella prima parte di questa sua soluzione, ricordando che il sacerdozio un compito di mediazione attiva, e quindi un aspetto dina-mico della grazia concessa all'umanit. di Cristo. Chi invece si fermasse a considerare le cose in maniera sommaria sotto un certo aspetto, come il Santo concede nella seconda parte successiva alla lineetta, non potrebbe giustificare la terza opi-nione che noi sottoscriviamo; ma neppure avrebbe motivi sufficienti per condannarla. Dovrebbe contentarsi di non risolvere il problema, come hanno fatto non pochi valenti teologi, quali il Capreolo [t 1444], il Gaetano [t 1534], il Banez [t 1604], il Bellarmino rt 1621], il BilJuart [t 1757], fino al nostro collaboratore P. M. Daffara [t 1952].

    17 - Ci sembra per che oggi un approfondimento di questo ~ma :ion si possa eludere. Infatti se vero che del sacerdozio di ~s~o si sempre parlato nei documenti del magistero ordinano, in quelli emanati dal Concilio Vaticano II esso costituisce una nota dominante.

    Uno dei temi pi cari alla piet contemporanea risulta cos la partecipazione di tutta la Chiesa ai compiti sacerdotali del

  • 22 L'INCARNAZIONE

    suo Capo. Ci contentiamo qui di riferire quanto detto a propo-sito dei semplici sacerdoti e dei semplici fedeli del nuovo Testa-mento, nella Costituzione dogmatica Lumen Gentium: I pre-sbiteri, pur non possedendo J'apice del sacerdozio e clipendendo dai vescovi nelresercizio del loro potere, sono tuttavia a loro congiunti per l'onore sacerdotale in virt del sacramento del-l'Ordine. ad immagine di Cristo, sommo ed eterno sacerdote [cfr. Ebr. 5, 1-10; 7> 24; 9, 11-28], sono consacrati per predicare iJ Vangelo, pascere i fedeli e celebrare il cu]to divino, quali veri sacerdoti del nuovo Testamento. Partecipi nel loro grado di ministero dell'ufficio dell'unico 1'1"ediatore Cristo [1 Tim. 2, 5], annunziano a tutti la divina parola. Ma soprattutto esercitano il loro sacro ininistero nel culto eucaristico o sinassi ; dove, agendo in persona di Cristo e proclamando il suo mistero, uniscono le preghiere dei fedeli al sacrificio del loro Capo, e nel sacrificio della }fessa rappresentano e applicano fino alla venuta del Signore [cfr. 1 Oor. 11, 26] l'unico sacrificio del nuovo Testamento, quello cio di Cristo, il quale una volta per tutte offr se st.esso al Padre quale vittima immacolata (n. 28).

    Cristo Signore, Pontefice assunto di mezzo agli uomini (Hebr. 5, J-5) fece del nuovo popolo "un regno e sacerdoti per il Dio e Padre suo" [Apoc. I, 6; cfr. 5, 9-10]. Infatti, per la rigenerazione e l'unzione dello Spirito Santo i battezzati vengono consacrati a forinare un tempio spirituale e un sacerdozio santo, per offrire, mediante tutte le opere del cri-stiano, spirituali sacrifici, e far conoscere i prodigi di Colui, che daUe tenebre li chiam all'ammirabile sua luce [cfr. 1 Petr. 2, 4-10). Tutti qtndi i cliscepoli di Cristo, perseve-rando nella preghiera c lodando insieme Dio [cfr. Rom. 12, 1], rendano dovunque testhnonianza di Cristo e, a chi la richieda, rendano ragione della loro speranza nella vita eterna [ cfr. 1 Petr. 3, 15]. - Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacer-dozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano es-senzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l'uno all'altro ; poich l'uno e l'altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano dell'unico sacerdozio di Cristo. Il sacerdote mini-steriale, con la potest sacra di cui investito, forma e regge il popolo sacerdotale, com pie il sacrificio eucaristico in per-sona di Cristo e Io offre a Dio a nome di tutto il popolo; i fedeli, in "'irirt del regale loro sacerdozio, concorrono al-l'oblazione dell'Eucarestia. e lo esercitano col ricevere i sacra-menti, con la preghiera e il ringraziamento, con la testimo-nianza cli una vita santa, con l'abnegazione e l'operosa carit (Lu-rnen Gent., n. 10).

  • INTROD.UZIONE 23

    18 - Non il caso di cercare la soluzione al problema posto nei molti testi conciliari relativi al sacerdozio in genere e a quello di Cristo in particolare. Ma un'indagine accurata non sarebbe inutile, perch dal testo medesimo riferito e da altri consimili sembrano emergere le pi ampie prospettive circa i compiti di Cristo come mediatore, anche se non proprio come sacerdote. Non rientra forse tra i compiti del teologo quello di ridurre all'esattezza l'insegnamento pastorale del magistero 1

    P. TITO s. CENTI, O. P.

  • L'INCARNAZIONE, b) DJFET'rI COAS- ~ SUNTI (qq. 14, 15) E IM.PLICANZE DEL L'UNIONE IPOSTA-TICA (qq. 16-26):

    CONTENUTO DEL PRESENTE VOLUME

    !) Convenienza dell'Incarnazione (vedi vol. XXIII} . a) natura umana, parti o perfezioni (vedi vol. XXIII)

    II) Il modo dell'unione ipostatica rispetto alla natura assunta; ' ( 1) del corpo (q. U) J b) difetti coassunti J

    III) Implieanze dell'unione ipostatica:

    1) cii che pu predi -eer1'i di Cristo in se stesl:l corn,1derat(~ :

    2) in rapporto al Pa ' dre:

    3) in rapporto a noi:

    \ f 2) dell'a.nlma (q. 15) a) rispetto all'essere e al divenire (q. 16)

    b) rispetto alla sua. unit:

    a) relazioni dol l'iglio verso il Padre :

    b) relazioni del Padre verso 11 Figlio :

    a) nostra adorazione verso di lui (q. 25)

    b) sua mediazione per noi (q. 26)

    1 1) di essere (q, 17)

    3) di opcrazono {q. 19)

    2) 1>regbiera (q. ill)

    3) sacerdozio (q. 22)

    ~ 1) adozione (q. 23)

    ( 2) predestinazione (q. 24)

  • AVVERTENZE

    I. Nel testo italiano sono stati eliminati i richiami e le indica. zioni delle opere citate, perch figurano a fronte nel testo latino.

    Dove l'intelligibilit della frase lo richiedeva stato inserito qualche termine o qualche espressione tra [ ], per facilitare la comprensione del testo senza ricorrere a perifrasi.

    Nella punteggiatura si segue ordinariamente il latino, per dare agio al lettore di controllare la traduzione e di consultare il testo originale.

    I richiami deJie note sono tutti ne] testo italiano, esse per conti-nua.no anche sotto il testo latino e talvolta nelle pagine seguenti.

    2. II testo critico latino dell'Edizione Leonina riprodotto con la pi scrupolosa fedelt. La sola enumerazione degli articoli all'inizio della Quacsto stata fatta senza capoversi.

    Manca per, nella nostra edizione, l'apparato critico. Le sole varianti di un certo interesse vengono prese in considerazione nelle note.

    Le citazioni, o i dati complementari delle citazioni, che l'Ed. Leonina riporta in margine, sono state inserite nel testo tra [ ]. Soltanto i versetti della Sacra Scrittura - in corsivo - figurano senza altri contrassegni.

    Le citazioni e i luoghi paralleli sono semplificati con criteri tecnici moderni.

    Le Opere dei SS. Padri sono citate secondo le diciture pi co .. mun : per non infarcire troppo il testo di elementi estranei, ab: biamo trascurato i titoli e le enumerazioni meno usuali. Dove i richiami sono vere correzioni del testo della Somma, vengono riportati in nota.

  • QUESTIONE 14 I difetti corporali assunti da Cristo nella natura umana.

    Passiamo ora a considerare i difetti che Cristo assunse nella sua natura umana. Prima, i difetti del corpo ; poi, i difetti dell'anima. 1

    Sul primo argomento s pongono quattro quesiti : 1. Se il Figlio di Dio dovesse assumere nella sua natura umana i difetti del corpo ; 2. Se abbia assunto la necessit di soggiacere a tali difetti ; 3. Se abbia contratt.o questi difct.ti ; 4. Se li abbia assunti tutti.

    ARTICOLO I Se il Figlio di Dio dovesse assumere la natura umana

    con i difetti corporaJi.

    SEMBRA che il Figlio di Dio non dovesse assumere la natura umana con i difetti del corpo. Infatti :

    1. Al pa.ri dell'anima anche il corpo stato unito ipostatica-mente al Verbo di Dio. ~Ia l'anima di Cristo aveva ogni perfezione e di grazia e di scienza, come si visto sopra. Dunque anche il suo corpo avrebbe dovuto essere perfetto per ogni verso, senza alcun difetto. .

    2, L'anima di Cristo a.veYa la visione beatifica del Verbo di Dio, come si detto sopra, ed era perci beata. Ma la beatitudine dell'anima rende glorioso il corpo, secondo le parole di S. Agostino : Tanto potente Dio ha fatto Panima, che dalla pienezza de11a sua beatitudine ridondi anche, sulla natura inferiore del corpo, non la beatitudine che propria di una sostanza capace di gioia e dotata d'intelligenza, ma. un'integra sanit, il vigore cio dell'incorrutti-bilit . Dunque il corpo di Cristo era incorruttibile e senza alcun difetto.

    3. La pena una conseguenza della colpa. Ma in Cristo non c'era nessuna colpa, come attesta la Scrittura : Non ha commesso peccato . Dunque non ci dovevano essere in lui neppure i difetti corporali, che sono delle penalit.

    1 I.1a tirannia dello spazlo cl ha costretti a eeparare, nei volumi della nostra cdl zione, un argomento che rl:mane sostanzialmente unitario : le qualit che li };'igli.o d1 Dio ha assunto indlrottament.e nell'assumere la natura umana. Nel volume prece dente sono stat.e considerate le qualit che implicano perfezione; qui invece vedremo

  • QUAESTIO 14 De defectibus corporis quos Christus in humana natura

    assumpsit in quatuor articulos divisa.

    DEINDE considerandum est de defectibus quos Christus in humana natura assumpsit. Et primo, de defectibus corporis; secundo, de defectibus animae [q. 15].

    Circa primum quaeruntur quatuor. Primo : utrum Fi1ius Dei assumere debuerit in humana natura corporis defectus. Secundo : utrum assumpserit necessitatem his defecti bus subiacendi. Tertio : utrum hos defectus contraxerit. Quarto: utrum omnes huiusmodi defectus assumpserit.

    ARTIOULUS I Utrum Filius Dei debuerit assumere naturam humanam

    cum corporis defectibus. 8 Sent., d. 15, q. 1, a. 1 ; 4 Oont. Gent., cc. 53, 55 ; Oompenil. Theol., c. 226.

    An PRIMUM sic PROCEDITUR. Videtur quod Filius Dei non debuit assumere naturam humanam cum corporis defectibus. Sicut enim anima unita est Verbo Dei personaliter, ita et corpus. Sed anima Christi habuit omnimodam perfectionem, et quantum ad gratiam et quantum ad scientiam, ut supra [q. 7, a. 9; qq. 9 ss.] dictum est. Ergo etiam corpus eius debuit esse omnibus modis perfectum, nullum in se habens defectum.

    2. PRAETEREA, anima Christi videbat Verbum Dei ea visione qua beati vident, ut supra [q. 9, a. 2) dictum est : et sic anima Christi erat beata. Sed ex beatitudine animae glorifcatur corpus : dicit enim Augustinus, in Epistola Ad Dioscorum [ep. 118, c. 3]: Tam potenti natura Deus fecit animam ut ex eius pienissima beatitudine redundet etiam in inferiorem naturam, quae est cor-pus, non beatitudo, quae fruentis et intelligentis est propria, sed plenitudo sanitatis, idest incorruptionis vigor . Corpus igitur Christi fuit incorruptibile, et absque omni defectu.

    ~ PRAETEREA, poena consequitur culpam. Sed in Christo non fuit aliqua culpa : secundum illud 1 Pet. 2, 22 : < Qui peccatum non fecit . Ergo nec defectus corporales, qui sunt poenales, in eo esse debuerunt. quel difetti, che sono impliciti nella condizione della natura umana dopo il peccato, COD.dlzione che il Figlio di Dio si degnato di accettare. Si tratta di quei difetti :: ordine fisico e di ordine psicologico, che non sono incompatibili con le perfezioni

    oui abbiamo gi parlato, e che sono ormai fuori discussione.

  • 28 LA SOMMA TEOLOGICA, 111, q. 14, a. 1

    4. Chi saggio, non aRsume ci che l'ostacola nel conseguire il proprio fine. .~Ia i ~i~etti ?orporali iI?pe~ivan~ il fino d~ll,inc~r: nazione per p1u motivi. Pnmo, perche essi toglievano agh uom1n1 la possibilit di con?s:er~o~ avverando la I?rofezia : ."-Noi ~'B;hbiamo desiderato. Ma egh e disprezzato e respinto dagh uom1ru, uomo di dolori ed esperto nel soffrire, simile a colui davanti al quale ci si vela la faccia; per questo non lo abbiamo preso in conside. razione . Recando. perch cos non veniva accolto il desiderio dei Padri dell'Antico Testament.o, a nome dei quali si legge in Isaia : Dstati, dRtati, rivstiti di forza, tu che sei il braccio del Signore. Terzo, perch meglio con Ja forza che con la debolezza si poteva rintuzzare il potere del diavolo e sanare l'infermit dell'uomo. Dunque non era conveniente che il Figlio di Dio assumesse la natura umana con le infermit o i difetti corporali.

    IN CONTRARIO : L'Apostolo scrive che, avendo egli stesso speri mentato la tentazione e fa. sofferenza, pu venire in aiuto di quelli che sono messi alla prova . Ma egli doveva venire proprio per aiutare noi ~ per cui diceva David : (( Alzo i miei occhi al monte donde mi verr l'aiuto . ~Jra dunque conveniente che il Figlio di Dio assu~esse la carne soggetta alle debolezze umano, perch in essa potesse soffrire ed essere provato e cosi venirci in aiuto. 1

    RISPONDO : Era convenente che il corpo assunto dal Figlio di Dio soggiacesse alle debolezze e deficienze umane, e questo princi. palmente per tre ragioni. Primo, perch il Figlio di Dio, assunta la carne, venuto nel mondo precisamente per espiare il peccato del genere umano. ~la uno espia per il peccato d'un altro, quando si accolla la pena dovuta al peccato altrui. Ora, i difetti corporali, quali la morte, la fame 1 la sete e shnili, sono pene del peccato che stato introdotto nel mondo da Adamo, come si esprime S. Paolo : (( Per un solo uo1no il peccato entr nel mondo, e con il peccato Ja morte. Era perci conveniente al fine dell'incarna-zione che Cristo nella nostra carne prendesse tali penalit in nostra vece, secondo le parole del profeta : Veramente si addossato i nostri mali .

    Secondo, per facilitare la fede nell'incarnazione. Perch, non essendo la natura umana conosciuta dagli uomini se non come soggetta a questi difetti corporali, qualora il Figlio di Dio avesse assunto una natura umana priva di essi, si sarebbe dubitato che egli fosse vero uomo e avesse preso vera carne e non fantastica, come hanno detto i :\Ianiuhei. Per questo scritto in S. Paolo : Annient se stesso prendendo forma d servo, fattosi simile agli uomini e dimostratosi uomo nel suo modo di vi vere . Cosicch lo stesso Tommaso fu ricondotto alla fede dalla costatazione delle ferite, come racconta il Vangelo.

    , L'argomcnt.o sembra. che sia stato htsciato volutamente in abbozzo, nella sua fun zione di argomento in contrario. Nel 4 (font. Gcnt., c. 55, viene meglio formulato nei termini seguenti: L'ufficio di mediatore esigeva che egli avesse in comune con noi

  • I DIFETTI CORPORALI ASSUNTI 29 4. PRAETEREA, nuIIus sapiens assu1nit id quod impedit illum a

    proprio fine. Sed per huiusmodi defectus corporalcs multipliciter videtur impediri finis incarnationis. Primo quidem, quia propter huiusmodi infirmitates homines ab eius cognitionc impediebantur : secndum illud Isaiae 53, 2, 3 : Desideravimus eu1n ; despectum et novissimum virorum, virum dolorum et acientem infi.rmitatem, et quasi absconditus est vultus eius et despectus ; unde nec repu-tavimus eum . Secundo, quia sanctorum Patrum desiderium non videtur impleri, ex quorum persona dicitur Isaiae 51, 9 : Consurge, consurge, induere fortitudinem, Brachium Domini . Tertio, quia congruentius per fortitudinem quam per infirmitatem videbatur potestas diaboli posse superari, et humana infirmitas posse sanari. Non ergo videtur conveniens fuisse quod Filius Dei humanam naturam assumpserit cum corporalibus infirmitatibus sive defecti-bus.

    SED CONTRA EST quod dicitur Heb. 2, 18 : In eo in quo passus est ipse et tentatus, potens est et eis qui tentantur auxiliari . Sed ad hoc venit ut nos adiuvaret : unde et David dicebat [120, 1]: Levavi oculos meos in montes, unde veniet auxilium mihi . Ergo conveniens fuit quod Filius Dei carnem assumpserit humanis infir-

    . mitatibus subiacentem, ut in ea posset pati et tentari, et sic auxi-lium nobis ferre.

    RESPONDEo DICENDUM conveniens fuisse corpus assumptum a Filio Dei humanis infirmitatibus et defectibus subiacere : et prae-cipue propter tria. Primo quidem, quia ad hoc Filius Dei, carne assumpta, venit in mundum, ut pro peccato humani generis satis-faceret. Unus autem pro peccato alterius satisfacit dum poena1n peccato alterius debitam in seipsum suscipit. Huiusmodi autem defectus corporales, scilicet mors, fames et sitis, et huiusmodi, sunt poena peccati, quod est in mundum per Adam introductum : secundum illud Rom. 5, 12 : Per unum hominem pcccatum intra-vit in mundum, et per pcccatum mors . Unde convcniens fuit, quantum ad finem incarnationis, quod huiusmodi poenalitates in nostra carne susciperet, vice nostra : secundum illud Isaiae 53, 4: Vere Ianguores nostros ipse tulit .

    Secundo, propter fi.dem incarnationis adstruendam. Cum enim natura humana non aliter essct nota hominibus nsi prout huius-modi corporalibus dcfectibus subiacct, si sine his defoctibus Filius Dei naturam humanam assumpsisset, viderctur non fuissc verus homo, nec veram carnem habuisse, sed phantasticam : ut Mani-

    ~haei di xerunt. Et ideo, ut dicitur Philipp. 2, 7,

  • 30 LA SOM..'1\IA TEOL.OGICA, III, q. 14, a. 1

    Terzo) per darci esempio di pazienza, sopportando con fortezza fo sofferenze e i difetti umani. Di lui ha scritto l'Apostolo : Ha sopportato tanta ostilit contro la propria persona da parte dei peccatori, perch non vi stanchiate n vi perdiate d'animo . 1 . SOLUZIONE DELLE DIFFICOLT : 1. Bisogna ricordare che l'espia-zione del peccato altrui ha co1ne elemento materiale le pene che uno sopporta per l'altro, ma come elemento formale ha la disposizione d.'animo che inclina a volere tale espiazione e le dona efficacia, non avendo essa alcun valore se non procede dalla carit, come si vedr in seguito. Ecco peroh era necessario che in Cristo l'anima fosse perfetta negli abiti della scienza e delle 'Virt, per poter espiare, e che il suo corpo soggiacesse alle infermit, per avere i mezzi ma-teriali d'espiazione.

    2. Secondo il naturale rapporto tra anima e corpo, la gloria dell'anima rifluisce nel corpo; ma in Cristo tale rapporto era a discrezione della sua volont divina, la quale impediva che la beatitudine deH'anima rifluisse nel corpo, volendo che soffrisse come soffre una natura passibile, secondo il pensiero espresso dal Damasceno : a Il beneplacito della volont divina lasciava alla carne di patire e di operare conformemente alla propria natura . 3. La pena sempre conseguenza d'una colpa, attuale od origi-nale, commessa talora da chi espia, talora da un altro per cui si fa l'espiazione. 3 Quest'ultimo il caso di Cristo, secondo le parole d'Isaia : Egli stato trafitto per le nostre prevaricazioni, stato Colpito per llOStri peccati I). . 4. La debolezza assunta da Cristo non ha impedito il fine del-l'incarnazione, ma lo ha sommamente favorito, come si detto. Se tali debolezze nascondevano la sua divinit, ne manifestavano per l'umanit che la via per giungere alla divinit, stando all'af-fermazione di S. Paolo ; I< Abbiamo accesso a Dio per mezzo di Ges Cristo . - Quanto agli antichi Padri, essi non desideravano in Cristo la. forza materiale, ma quella spirituale, che egli us per vincere il diavolo e per guarire l'infermit umana.

    1 Nella Summa Contra Genfile8 r A.utore aggiunge una quarta ragione : Quarto, perch giova di pi a sollevarci a.Jla speranza dell'immortalit il fatto che egli stesso dalla condizione di una carne passibilo o morta.le sia giunto all'impassibilit e a.ll'im mortalit corporale. J1~ quindi lo possiamo sperare anche per noi stessi, che abbiamo una carne passibile t: mortalt. Se nveco fin da principio aveaae assunto una carne impassibile o mort>!\.le, non avrebbero avuto occasione di sperare l'immortalit coloro

  • I DIFETTI CORPORALI ASSUNTI 31

    Tertio, propter e.x:emplum patientiae, quod nobis exhibet pas-siones et defectus humanos fortiter tolerando. Unde dicitur Heb. 12 3 : Sustinuit a peccatoribus ad versus semetipsum contra-di~tionem, ut non fatigemini, animis vestris deficientes .

    AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod satisfactio pro peccato alte-rius habet quidem quasi materiam poenas quas aliquis pro peccato alterius sustinet : sed pro principio habet habitum animae ex quo inclinatur ad volendum satisfacere pro alio, et ex quo satisfactio efficaciam habet ; non enim esset satisfactio efficax nisi ex caritate procederet, ut i_nfra _[cfr. Supp.ler;i. Tert. Part., q. 14, a. 2] dicetur. Et ideo oportu1t an1mam Chnst1 perfectam esse quantum ad ha-bitus scientiarum et virtutum, ut haberet facultatem satisfaciendi: et quod corpus eius subieetum esset infirmitatibus, ut ei satisfactio-nis materia non deesset.

    AD sECUNDUM DICENDUM quod, secundum naturalem habitudi-nem quae est inter animam et corpus, ex gloria animae redundat gloria ad corpus : sed haec naturalis habitudo in Christo subiacebat voluntati divinitatis ipsius, ex qua factum est ut beatitudo rema-neret in anima et non derivaretur ad corpus, sed caro pateretur quae conveniunt naturae passibili ; secundum illud quod dicit Damascenus [3 De Fide Orth., c. 19], quod beneplacito divinae voluntatis permittebatur carni pati et operari quae propria ~

    AD TERTIUM DICENDUM quod poena semper sequitur culpam, actualem vel originalem, quandoque quidem eius qui punitur; quandoque autem alterius, pro quo ille qui patitur poenas satis-facit. Et sic accidit in Christo : secundum illud Isaiae 53, 5: Ipse vulneratus est propter iniquitates nostras ; attritus est pro-pter scelera nostra.

    An QUARTUM DICENDUM quod infirmitas assumpta a Christo non impedivit finem incarnationis, sed maxime promovit, ut dictum est [in corp.]. Et quamvis per huiusmodi infirmitates absconde-retur eius divinitas, manifestabat.ur tamen humanitas, quae est via ad divinitatem perveniendi, secundum illud Rom. 5, 1, 2 : Acces sum ha.bemus ad Deum per Iesum Christum . - Desiderabant autem antiqui Patres in Christo, non quidem f ortitudinem corpo-ralem, sed spiritualem, per quam et diabolum vicit et humanam infirmitatem sanavit.

    1 8. Giovanni Damasreno [t 749] il grande teologo che conclude in una sintesi completa e de. vvoro ortodossa la teologia orientale. La sua cristologia fu di una esattezza e di una completezza ammirabili. S. Tommaso, come tutti i teologi suoi contemporanei, a cominciare da Pietro Lombardo, si servo della cattiva traduzione latina del De Fide Orthodoxa, eseguita da Borgundio da Pisa per commissione del Papa Eugenio III nel ll50. Il De Fide Orthodoxa non che la t.orza e ultima parte del II Yl'Yii yvwcn:roc;.

    1 Questo pensiero stato oggett.o di ampio chiarificazioni da part.e dell'Autore, nel suo trattato sui Vizi e Peccati (I-II. qq. 7189). Il problema affrontato espres-samente in duo articoli della Q. 87 nella part.o indicata dellOpera, cio nella Se-CUnda Secundae: 1nticolo 7 : Se tutt.e le pene [della vitaJ siano dovute a una colpa; articolo 8: 'Se uno poBSa essere punito per i peccati a.ltruh (vedi sopra voi. XI, Pp. 336343).

  • 32 LA SOMMA TEOLOGICA, III, q. 14., a. 2

    ARTICOLO 2 Se Cristo soggiacesse per necessit ai difetti corporali. 1

    SEMBRA che Cristo non soggiacesse per necessit a questi difetti. Infatti : ..

    I. Ha scritto il profeta, parlando della sua passione : E stato immolato, perch egli stesso l'ha voJuto . Ma volont e necessit si oppongono. Dunque Cristo non soggiacque ai difetti corporali per necessit.

    2. Il Damasceno dice che in Cristo non ci sono costrizioni, ma tutto volontario. Ora, ci che volontario, non necessario. Dunque quei difetti non erano necessari in Cristo.

    3. La necessit viene da forza maggiore. Ma nessuna creatura pi forte dell'anima di Cristo, che aveva il diritto di conservare il proprio corpo. Dunque quei difetti o quelle infermit non si trovavano in Cristo necessariamente.

    IN CONTRARIO : L'Apostolo dice che Dio ha mandato il suo Figlio in una carne somigliante a quella del peccato . Ma per la carne del peccato legge la necessit di morire e di subire altre simili sofferenze. Dunque nella carne di Cristo c'era la necessit d'avere questi difetti.

    R1sPoNDO : C' una duplice necessit. Una di coazione, prove-niente da una causa estrinseca. E questa necessit s'oppone tanto alla natura, quanto alla volont, che sono ambedue principii intrin-seci. - L'altra la necessit di natura, proveniente da principii naturali, dalla forma cio, come per il fuoco la necessit di scaldare, o dalla materia, come per un corpo composto d'elcmenti contrari la necessit di corrompersi.

    In base perci a questa necessit d'ordine materiale il corpo di Cristo era soggetto alla morte e ad altri difetti del genere. Perch, come si detto, iI beneplacito della volont divina lasciava al eorpo di Cristo di patire e di operare conformemente alla propria natura : e la necessit in parola proveniva appunto dai principii costitutivi del corpo umano.

    Se poi parliamo della necessit di coazione in quanto s'oppone alla natura del C

  • I DIFETTI CORPORALI ASSUNTI 33

    ARTICULUS 2 Utrum Christus ex necessitate defectihus corporis suhiacuerit.

    Supra. q. 13, a. 3, ad 2 ; infra, q. 15, a. 5, ad I ; 3 Sent., d. 16, q. I, a.. 2.

    AD SECUNDUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod Christus non ex necessitate his defectibus subiacuerit. Dicitur enim Isaiae 53, 7 : Qblatus est quia ipse voluit : et loquitur de oblatione ad pas-sionem. Sed voluntas opponitur necessitati. Ergo Christus non ex necessitate subia.cuit corporis defectibus.

    2. PRAETEREA, Damascenus dicit, in 3 libro [De Fide Orth., c. 20) : Nihil coactum in Christo consideratur, sed omnia volun-taria . Sed quod est voluntarium, non est necessarium. Ergo huiusmodi defectus non fuerunt ex necessitate in Christo.

    3. Pn.AETEREA, necessitas infertur ab aliquo potentiori. Sed nulla creatura est potentior quam anima Christi, ad quam perti-nebat proprium corpus conservare. Ergo huiusmodi defectus seu infirmitates non fuerunt in Christo ex necessitate.

    SED CONTRA EST quod Apostolus dicit, Rom. 8, 3 : Misit Deus Filium suum in similitudinem carnis .Peccati . Sed conditio carnis peccati est quod habeat necessitatem moriendi, et sustinendi alias huiusmodi passiones. Ergo talis necessitas sustinendi hos defectus f uit in carne Christi.

    REBPONDEO DICENDUM quod duplex est necessitas. Una quidem coactionis, quae fit ab agente extrinseco. Et haec quidem neces-sitas contrariatur et naturae et voluntati, quorum utrumque est principium intrinsecum. -Alia autem est necessitas naturalis, quae consequitur principia naturalia: puta formam, sicut neces-earium est ignem calefacere; vel materiam, sicut necessarium est corpus ex contrariis compositum dissolvi.

    Secundum igitur hanc necessitatem quae consequitur materiam, corpus Christi subiectum fuit necessitati mortis, et aliorum huius-modi defectuum. Quia, sicut dietum est [a. praec., ad 2], bene-placito divinae voluntatis Christi carni permittebatur agere et pati qua.e propria & : haec autem neoossitas causatur ex principiis hu-manae carnis, ut dictum est.

    Si autem loquamur de necessitate coactionis secundum quod repugnat naturae corporali, sic iterum corpus Christi, sccundum conditionem propriae naturae, necessitati subiacuit et clavi perfo-rantis et flagelli percutientis. - Secundum vero quod necessitas talis repugnat voluntati, manifestum est quod in Christo non fuit

    n?~ssitas b.orum defectuum, nec per respectum ad voluntatem divinam; nec per respectum ad voluntatem humanam Christi ab-

    qui Peccatum non est, scilicet neceaaitas patlendi, vcl morlcndi. Unde corpus nostrum non tantum mortale, sed etiam mortuum dicitur [cfr. Hom. 7, 24} : quia non tantum aptitud.inem moriendf, sed etiam nooessitatem be.bet. Ideo qua.eritur, utrum necesaita.s ta.lia in Christi corpora fuerit (3 Sene., d. 16, c. 1).

    8-lllv

  • 34 LA SOMlIA TEOLOGICA, III, q. 14, aa. 2-3

    rispetto alla sua volont umana deliberata, ma solo rispetto all'istinto naturale

  • I DIFETTI CORPORALI ASSU~TI 35

    solute prout sequitur rationem deliberativam ; sed solum secun-dum ~aturalem motum voluntatis, prout scilicet naturaliter refugit mortem et corporis nocumenta.

    AD pRIMUM ERGO DICENDUM quod Christus dicitur oblatus quia voluit et voluntate divina, et voluntate humana deliberata: licet m~rs esset contra naturalem motum voluntatis humanae, ut dicit Damascenus [3 De Fide Orth., cc. 23, 24].

    AD sECUNDUM patet responsio ex dictis [in corp.]. AD TERTIUM DICENDUM quod nihil fuit potentius quam anima

    Christi absolute : nihil tamen prohibet aliquid fuisse potentius quantum ad hunc effectum ; sicut clavus ad perforandum. Et hoc dico secundum quod anima Christi consideratur secundum_ pro-priam naturam et virtutem.

    ARTICULUS 3 Utrum Christus defectus corporales contraxerit.

    a Sen.t . d. 15, q. 1, a. 3 ; d. 21, q. 1, a. 2 ; Oompen. Theol., o. 226.

    AD TERTIUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod Christus defectus corporales contr~xit. Illud enim contrahere dicimur quod simul cum natura ex origine trahimns. Sed Christus simul cum natura humana defectus et infirmitates corporales per suam origincm traxit a matre, cuius caro huiusmodi defectibus subiacebat. Ergo videtur quod hos defectus contraxit.

    2. PRAETEREA, illud quod ex principiis naturae causatur, simul cum natura trahitur: et ita contrahitur. Sed huiusmodi poenali-tates causantur ex principiis naturae humanae. Ergo eas Christus contraxit.

    3. PRAETEREA, secundum huiusmodi defectus Christus aliis ho-minibus similatur, ut dicitur Heb. 2, 17. Sed alii homines huius-modi defectus contraxerunt. Ergo videtur quod etiam Christus huiusmodi defectus contraxit.

    SED CONTRA EST quod huiusmodi dcfcctus contrahuntur ex peccato: secundum iIIud Rom. 5, 12: Per unum hominem pecca-tum intravit in hunc mundum, et per peccatum mors . Sed in Christo non habuit Iocum peccatum. Ergo huiusmodi defectus Christus non contraxit. .

    RESPONDEO DICENDUM quod in verbo con-trahendi inteIIigitur o!do effectus ad causam : ut scilicet iIIud dicatur contrahi quod s1mul cum sua causa ex necessitate trahitur. Causa autem mortis

    sit di ordine penale, imposta cio dal suo stato di peccatoro. Si pu attribuire a ~to una necessit di questo genere t S. Tommaso, l'abbiamo visto, non esita a riscontrare in Cristo uno stato di necessit di ordine naturale, in mancanza del quale non Bi concepisce la sofferenza ; ma esclude con tutta la tradizione cattolica ogni esigenza della pena in quanto tale ; perch questo, oltre a contraddire alcrtamcnto la Scrittura, in contraddiziono con la volontariet dell'espiazione. - Ai ll. pp. citati &otto il titolo latino doll'articolo si pu aggiungere In Ioann., c. 3, lect. 5.

  • . 36 LA SOM~1A TEOLOGICA, III, q. 14, aa. 3-4

    nella natura umana il pCjccato, perch e< per il peccato la morte entrat.a nel mondo >, come si esprhne S. Paolo. Perci propria-. mente contraggono questi mali coloro che li incorrono per il con .. . tacrio del peccato. Ora., Cristo non aveva quei difetti per il contagio . del peccato, perch~ come dice S. Agostino a commento delle parole evangeliche. colui che viene dall'alto, superiore a tutti : Cristo

    venuto dall'alto, cio dal1e altezze della natura umana, di cui era dotato il primo uomo ancora innocente . Prese infatti una natura umana senza peccato nella purezza che aveva nello stato . d'innocenza. Ugualmc:te avrebbe potuto assu1nerc unrJ natura . umana senza ditetti. E chiaro dunque che Cristo non contrassf" . quei difetti, qnasi li do\esse prendere a causa del peccato, ma h assunse di 8pontanea volont.

    ' SOLUZIONE DEI.LE DIFFICOLT : 1. II corpo della Vergine fu con-' cepito nel peccato originale e perci contrasse quei difetti.1 Invece il corpo di Cristo prese dalla Vergine la natura senza la colpa . . Ugualmente a\-rebbc potut10 prendere la natur~ senza la pena, ma . volle assumere la pena per portare a compimento l'opera della . nostra redenzione, come si detto. Perci quei difetti non li con-

    trasse, 1na li assunse volontariamente. 2. La morte e le altre miserie corporali nella natura umana

    hanno due ca.use. Una remota nei principii 1natcriali del corpo umano, cornpm;to di elem.enti contrari. Ma questa causa era resa . inefficace daHa giustizia originale. Perci causa prossima della . morte e degli altri mali il peccato che ci ha privati della giustizia . originale. Cristo dunque, essendo senza peccato, non contrasse quei

    difetti, ma li assunse Hberamente. 3. Cristo fu simile agli altri uomini quanto alla natura dei difetti,

    non quanto alla loro origine. Egli quindi non li contrasse come tutti gli altri.

    ARTICOLO 4 Se Cristo dovesse assumere tutti i difetti fisici degli nomini.

    SEMBRA che Cristo dovesse assumere tutti i difetti fisici degli uomini. Infatti :

    1. Il Dan1asceno scrive: Ci che non assumibile, non fu sanato . 1\'Ia Cristo era venuto a sanare tutti i nostri mali. Dunque li dovette assumere tutti.

    1 Quest'afformazioue inaoatcnibile : essa infatti in aperta contraddizione con quanto la Chiesa ha deftnito a proposito dell'immacolato concepimento di Maria

  • I DIFETTI CORPORALI ASSUNTI 37

    et horum defectuum in humana natura est pecoatum : quia per ccatum mors intravit in mundum , ut dicitur Rom. 5, 12. Et

    f:eo illi proprie dicuntur hos defectus contrahere qui ex debito pe~cati hos defectus incurrunt. Christus autem hos defectus non habuit ex debito peccati : quia, ut Augustinus [Gloss. ord. sub nom. Alcuini] dicit, exponens illud Ioan. 3, 31, Qui de sursum venit super omnes est , de sursum venit Christus, idest de alti-tudin~ humanae naturac, quam habuit ante peccatum primi homi-nis . Accepit enim naturam humanam absque peccato in illa puritate in qua erat in statu innocentiae. Et simili modo potuis set assumere humanam naturam absque defectibus. Sic igitur pa-tet quod Christus non contraxit hos defectus, quasi ex debito peccati eos suscipiens : sed ex propria voluntate.

    AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod caro Virginis concepta fuit in originali peccato : et ideo hos defectus contraxit. Sed caro Christi ex Virgine assumpsit naturam absque culpa. Et similiter potuisset naturam assumere absque poena : sed voluit suscipere poenam propter opus nostrae redemptionis irnplendum, sicut dic-tum est [a. I]. Et ideo habuit huiusmodi defectus, non contra-hendo, sed voluntarie assumendo.

    AD sECUNDUM DICENDUM quod causa mortis et aliorum corpo-ralium defeetuum in humana natura est duplex. Una quidem remota : quae accipitur ex parte principiorum materialium humani corporis, inquantum est ex contrariis compositum. Sed haec causa impedie-batur per originalem iustitiam. Et ideo proxima causa mortis et aliorum defectuum est peccatum, per quod est subtracta originalis iustitia. Et propter hoc, quia Christus fuit sine peccato, dicitur non contraxisse huiusmodi defectus, scd voluntarie assump-sisse.

    AD TERTIUM DIOENDUM quod Christus in huiusmodi defectibus assimilatus est aliis hominibus quantum ad qualitatem defectuum, non autem quantum ad causam. Et ideo non contraxit huiusmodi def ectus, sicut et alii.

    ARTICULUS 4 Utrum Christus omnes defectus eorporales hominum assumere debuerit.

    3 Sent., d. 15. q. 1. a. 2; d. 22, q. 2, a. 1, qc. 1; Compen. Pheol., cc. 226, 231.

    AD QU ARTUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod Christus omnes defectus corporales hominum assumere debuit. Dicit enim Da-

    mas~enus [~ De Fide Orth., cc. 6, 18] : Quod est inassumptibile, est 1ncurablle . Sed Christus venerat omncs defectus nostros curare. Ergo omnes defectus nostros assumere debuit.

    ~tissima. - Vedremo nel volume seguente (q. 27) le contingenze storiche per cui .lD.o ti teologi .del secolo XIII respinsero il suddetto privilegio della. Madonna.

  • 38 LA SOMMA TEOLOGICA, III, q. 14, a. 4

    2. Abbiamo detto che, al fine d'espiare per noi, Cristo doveva avere nell'anima gli abiti che la rendessero perfetta, e nel corpo i difetti. Ma egli nell'anima assunse la pienezza d'ogni grazia. Dun-que nel corpo doveva assumere tutti i difetti.

    3. Di tutti i mali corporali il pi grave la morte. Ma Cristo aAsunse la morte. Dunque molto pi doveva assumere tutti gli altri mali.

    IN CONTRARIO: Cose opposte non possono coesistere nello stesso soggetto. Ma alcuni difetti sono in contrasto con altri, derivando da principii opposti. Dunque non poteva Cristo assumere tutte le miserie umane.

    RISPONDO: Cristo, come si detto, assunse i difetti umani per espiare il peccato dell'uomo : e ci esigeva nella sua anima la pie-nezza della scienza e della grazia. Quindi Cristo doveva assumere quei difetti che sono conseguenza del peccato comune a tutta la natura e che tuttavia non si oppongono alla pienezza della scienza e della grazia.

    Non era dunque con veniente che prendesse tutte le infermit umane. Alcune infatti ripugnano alla perfezione della scienza e della grazia, come l'ignoranza, l'inclinazione al peccato e la diffi-colt a praticare il bene.

    Altre miserie poi non derivano dal peccato originale come difetti comuni a tutta la natura umna, ma provengono da cause parti-colari e si trovano in alcuni uomini soltanto, come la lebbra, il mal caduco e altri simili. Poich queste infermit sono causate talora da colpe personali, da una alimentazione disordinata, p. es. ; talora da vizi di generazione. Nulla di tutto questo fu in Cristo, perch la sua carne fu concepita per opera dello Spirito Santo, che, infinito com' in sapienza e potenza, non capace n di errori n di deficienze, e perch Cristo stesso non commise mai alcun disordine nella sua vita.

    C' infine un terzo gruppo di mali che si trovano universalmente in tutti gH uo1nini come effetti del peccato originale : per esempio la morte, la fame, la sete e altre cose simili. Questi difetti Cristo li assunse tutti. Il Damasceno Ii chiama passioni naturali senza minorazione : naturali, perch sono comuni a tutta la natura umana ; senza minorazione, perch non implicano una diminuzione di scienza o di grazia.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLT : 1. Tutti i difetti particolari degli uomini provengono daJla corruttibilit e passibilit del corpo e insieme da alcune cause speciali. Perci Cristo sanando, con la loro assunzione, la passbilit 1 e la corruttibilit del nostro corpo, san conseguentemente tutti gli altri difetti.

    2. La pienezza d'ogni grazia e d'ogni scienza competeva di per s all'anima di Cristo, per il fatto stesso che era stat.a assunta dal Verbo di Dio. Cristo perci assunse la scienza e la grazia in tutta

    1 Bob bene arcaico, il termine ancol'a comprensibile per 1e persone colte, ed esprime pet'fettamento il pensiero dell'Autore.

  • I DIFETTI CORPORALI ASSUNTI 39

    2 P:RAETEREA, dictum est [a. 1, ad l] quod ad hoc quod Chris-tus pro nobis sat!sfaceret, debuit. ha.bere habitus. perfectivos i;i anima et defectus ~n corp?re. Sed ipse ex parte an1.mae as~umps1t plenitudinem omrus grat1ae. Ergo ex pa.rte corpor1s debu1t a.ssu-:mere omnes defectus.

    3. PRAETEREA, inter omnes defectus corporales praecipuum Io-cum tenet mors. Sed Christus mortem assumpsit. Ergo multo magis omnes defectus alios assumere debuit.

    SED CONTRA EST quod contraria non possunt simul fieri in eodem. Sed quaedam infirmitates sunt sibi ipsis contrariae, utpote ex contrariis principiis causatae. Ergo non potuit esse quod Christus omnes infirmitates humanas assumeret.

    REBPONDEO DICENDUM quod, sicut dictum est [a. I], Christus humanos defectus assumpsit ad satisfaciendum pro peccato huma-nae natura.e : ad quod requirebatur quod perfectionem scientiae et gratiae haberet in anima. Illos igitur defectus Christus assu-mere debuit qui consequuntur ex peccato communi totius naturae, nec tamen repugnant perfectioni scientiae et gratiae.

    Sic igitur non fuit conveniens ut omnes defectus seu infirmitates humanas assumeret. Sunt enim quidam defectus qui repugnant perfectioni scientiae et gratiae : sicut ignorantia, pronitas ad ma-l um, et difficultas ad bonum.

    Quidam autem defectus sunt qui non consequuntur communiter totam humanam naturam propter peccatum primi parentis, sed causantur in aliquibus hominibus ex quibusdam particularibus causis: sicut lepra et morbus cadueus, et alia huiusmodi. Qui quidem defectus quandoque causantur ex culpa hominis, puta ex inordinatione victus: quandoque autem ex defectu virtutis forma-tivae. Quorum neutrum convenit Christo : quia caro eius de Spiritu Sancto concepta est, qui est infinitae sapientiae et virtutis, errare et deficere non valens; et ipse nihil inordinatum in regimine suae vitae exereuit.

    Sunt autem tertii defectus qui in omnibus hominibus communi-ter inveniuntur ex peccato primi parentis : sicut mors, fames, sitis, et alia huiusmodi. Et hos defectus omnes Christus suscepit. Quos Damaseenus [1 De Fide Orth., c. 11 ; 3, c. 20] vocat naturales et indetraetibiles passiones : naturales quidem, quia consequuntur communiter totam humanam naturam ; indetractibiles quidem, quia defectum scientiae et gratiae non important.

    AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod omnes particulares defectus hominum causantur ex corruptibilitate et passibi1itate corporis, superadditis quibusdam particularibus causis. Et ideo, dum Chris-tus curavit passibilitatem et corruptibilitatem corporis nostri per hoc quod eam assumpsit, ex consequenti omnes alios defectus curavit . . AD SECUNDUM DICENDUM quod plenitudo omnis gratiae et scien-

    t1ae animae Christi secundum se debebatur, ex hoc ipso quod erat a ':erbo Dei assumpta. Et ideo abso1ute omnem plenitudinem sap1entiae et gratiae Christus assumpsit. Sed defectus nostros

  • 40 LA SOMMA TEOLOGICA, III, q. 14, a. 4

    la loro estensione. Invece egli assunse i nostri difetti funzional-mente, per espiare il nostro peccato, non .perch gli spettassero in assoluto. Non occorreva dunque che h assumesse tutti, ma quanto ne bastava ad espiare il peccato di tutta la natura umana.

    3. La morte si estesa a tutti gli uomini dal peccato del loro capostipite, non cos altri mali, sebbene minori della morte. Perci l'argomento non regge.1

    i I teologi e i commenta.tori moderni della Somma Teologica sono soliti inserire coIJle corollario dell'articolo presente il problema. della bellezza fisica del Cristo. 1 padri pi antichi, come Origene, Clemente Alossandrino e Tertulliano erano del-l'idea. cho il Redentore Divino avesso un aspetto addirittura. deforme. Cosl essi cre-devano di dover interpretare le parole del Profeta relative al Messia : Non est spe-cieB ei ncque deeor, et vidimus eum, et non era.t aapectus (ls. 53, 2). Ma alla radice doUa. loro interpretazione c' forse il motivo platonicoencratita, che identifi-ca-va la ma.tona col male, e concepiva. ognl esaltazione dello spirito incompa.tibilo col vigoro e la prestanza. del corpo. Tale stato d'animo fu superato da S. Giovanni Crisostomo. S. Gil"olamo, S. Agostino, S. Bernardo, S. Anselmo, S. Bonaventura., ecc., i qua.li esaltano senza esitazione la bellezza anche fisica del Cristo, sonza. temere affatto per la bellezza. superioro dello spirito, sia in Cristo medesimo, sia nello anime che a lui si a.vvicln&rono forse anche per questa via. S. Tommaso stesso favorevole

  • I DIFETTI CORPORALI ASSUNTI

    dispensative assumpsit, ut pro peccato nostro satisfaceret : non quia ei secundum se competerent. Et ideo non oportuit quod oDllles assumeret : sed solum illos qui suffieiebant ad satisfacien-dum pro peccato totius humanae natura.e.

    AD TERTIUM DICENDUM quod mors in omnes homines de veni t ex peccato primi parentis: non autem quidam a.Iii defectus, licet sint morte minores. Unde non est similis ratio.

    alla. tesi della bellezza ftsica del Crist-0, escludendo per ogni sdolcinatura : Cristo ebbe questa bellezza nella misura che si addiceve. al suo stato e alla sua condizione. Perci non da crcdcro che avesse i capelli biondi, o la carnagione rosea ; perch non era convoniente por lui ; ma aveva in sommo grado quella bellezza fisica che si richiedeva al suo stato, alla sua dignit e aUa sua amabilit ; cosicch dal suo volto trradiava qualche cosa di divino (In Psal. 44, vv. 3 ss.); cfr. FERRETTI L., e De Christo Deo et homine pulchritudinis prototypo iuxta doctrinam D. Th. Aq. , in Xenia Thomistica, Roma, 1925, II, pp. 319-333.

    L'indagine positiva ha ripreso la discussione su questo problema, prendendo in esame la sacra Sindone, che si conserva nella cattedrale di Torino. I pareri sull'au tenticlt delle. reliquia sono discordi, ma certo che il tipo umano da essa risultante di una maschia bollezza orientale (cfr. V AOOARI A., Sindone , in Enc. Catt., vol. XI, con. 692-97).

  • QUESTIONE 15 I difetti dell'anima assunti da Cristo nella sua natura umana.

    Esaminiamo ora i difetti riguardanti l'anima. Su di essi poniamo dieci quesiti : 1. Se in Cristo ci fosse il pec.

    cato ; 2. Se ci fosse il fomite del peccato ; 3. Se ci fosse l'ignoranza; 4. Se la sua anima fosse passibile; 5. Se egli fosse soggetto al dolore sensibile; 6. Se fosse soggetto alla tristezza; 7. Se fosse soggetto al timore ; 8. Se provasse la meraviglia ; 9. Se sentisse l'ira ; I O. Se fosse insieme viatore e comprensore.1

    ARTICOLO 1 Se in Cristo ci fosse il peccato.

    SEMBRA che in Cristo ci fosse il peccato. Infatti : I. II salmista scrive : Dio mio, Dio mio, perch mi hai abban-

    donato 1 Il grido dei miei peccati allontana da me la salvezza . Ma queste parole sono dette in persona di Cristo, come risulta dal fatto che egli le profcri sulla croce. Dunque in Cristo c'erano dei peccati.

    2. L'Apostolo dice che in Adamo peccarono tutti , in quanto cio erano in lui come nella loro origine. Ma anche Cristo era originalmente in Adamo. Dunque pecc in lui.

    3. L'Apostolo scrive che Cristo, avendo sperimentato egli stesso la tentazione e la sofferenza, pu venire in aiuto di quelli che sono messi alla prova. Ma questi avevano bisogno del suo aiuto spe-cialmente contro il peccato. Dunque in lui ci fu il peccato.

    4. S. Paolo dichiara che

  • QUAESTIO 15 De defectibns pertinentibns ad animam qnos Christus

    in hnmana natura assnm psit in decem articulos divisa.

    DEINDE considerandum est de defectihus pertinentibus ad ani-mam.

    Et circa hoc quaeruntur decem. Primo: utrum in Christo fuerit peccatum. Secundo; utrum in eo fuerit fomes peccati. Tertio: utrum in eo fuerit ignorantia. Quarto : utrum anima eius fuerit passibiiis. Quinto : utrum in eo fuerit dolor sensibilis. Sexto: utrum in eo fuerit tristitia. Septimo : utrum in eo fuerit timor. Octavo: utrum in eo fuerit admiratio. Nono: utrum in eo fuerit ira. Decimo: utrum simul fuerit viator et comprehensor.

    ARTICULUS I Utrnm in Christo fuerit peecatum.

    Supra, q. 41 a. 6, ad 2 ; q. 14, a. 3 ; infra. q. 31, a. 7 ; 3 Sent., d. 12, q. 2. a. I, ad 1 ; d. 13, q. I, a. 1, ad 5; a. 2, q. I.

    AD PRIMUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod in Christo fuerit peccatum. Dicitur enim in Psalmo [21, 2J : Deus, Deus meus, ut quid dereliquisti ~ Longe a salute mea verba delictorum meorum . Haec autem verba dicuntur ex persona ipsius Christi : ut patet ex hoc quod ipse ea in cruce protulit [Matth. 27, 46]. Ergo videtur quod in Christo fuerint delicta.

    2. PRAETEREA, Rom. 5, 12 dicit Apostolus quod in Adam omnes peccaverunt : scilicct quia in eo originaliter fuerunt. Sed etiam Christ.us originaliter fuit in Adam. Ergo in eo peccavit.

    3. PRAETEREA, Apostolus dicit, Heb. 2, 18, quod in eo in quo Christus passus est et tentatus, potens est et his qui tentantur auxiliari . Sed maxime indigebamus auxilio eius contra pecca-tum. Ergo videtur quod in eo fuerit peccatum.

    4. PRAETEREA, 2 Gor. 5, 21 dicitur quod Deus eum qui non noverat peccatum , sciiicet Christum, pro no bis fecit peccatum . Sed illud vere est quod a Deo factum est. Ergo in Christo vere fuit peccatum.

    Paasibillt, sia In genera.le (a. 4), sia in particolare (aa. 59). Per quanto riguarda la Paasibillt d1 ordine psicologico ci si sofferma. soprattutto sull'ammirazione (a. 8) e nll!ira. (a. 9). perch queste due passioni sembrano compromettere la scienza. e la &&ntiti del Redentore.

  • 44 LA SOMMA TEOLOGICA. III, q. 15, a. 1

    5. Come afferma S. Agostino, in Cristo uomo si presentato a noi quale modello il Figlio di Dio . Ma l'uomo ha bisogno di modello non soltanto per vi vere rettamente, bensl anche per pen-tirsi dei peccati. In Cristo dunque doveva esserci il peccato, perch pentendosi potesse dare a noi l'esempio della penitenza.

    IN ooNTRARio : Nel Vangelo si legge : Chi di voi mi potr convincere di peccato '{ .1

    R1sPo:'iDO : Come si detto sopra, Cristo assunse i nostri difetti per soddisfare per noi, per dimostrare la realt della sua natura umana e per essere a noi esempio di virt. E per questi tre motivi evidente che non doveva asRurnere il peccato. Primo, perch il peccato non contribuisce all'espiazione, anzi ne impedisce l'effi. cacia, poich secondo l' Eccles1'.astivo, . Attesa questa spie-gazione, Cristo pronunzia Io parole : il grido dei miei peccati , a no1ne delle sue membra ; non gi nel senso che in lui stesso che ne il capo ci fossero dei peccati.

    2. Come spiega S. Agostino, Cristo non era in Adamo e negli altri Patriarchi alla stessa maniera nostra. Noi infatti eravamo in Ada.mo per la ragione seminale e per la materia fecondabile, perch, egli aggiunge, distinguendosi nel seme una materia visibile e una ragione seminale invisibile, ambedue ci vengono da Adamo.

    1 Altri testi biblici si potrebbero e.itare in proposito. Nella Lettera agli Ebrei, p. es., si legge : e Tu.le era infatti il sommo sacerdote cho a noi conveniva : santo, inno cente, senza ma.ccba., scgr(~gato da.i pecPat

  • DIFETTI ASSUNTI DELL'ANIMA 45

    5 PRAETEREA, sicut Augustinus dicit, in libro De Agone Ohris-tia;o [c. Il], in homiD:e t:hristo se no bis ad exemplum pra~buit Filius Dei Sed homo 1nd1get exemplo non solum ad recte v1ven-dum sed etiam ad hoc quod poeniteat de peccatis. Ergo videtur quod in Christo ~ebuit esse peccatum, ut, de peccatis poenitendo, poenitentiae nob1s daret exemplum.

    SED coNTRA EST quod ipse dicit, Ioan. 8, 46: Quis ex vobis arguet me de peccato 1 .

    RESPONDEO DICENDUM quod, sicut supra [q. 14, a. l] dictum est Christus suscepit defectus nostros ut pro no bis satisfaceret; et ~eritatem humanae naturae comprobaret ; et ut nobis exemplum virtutis fieret. Secundum quae tria manifestum est quod defectum peccati assumere non debuit. Primo enim, peccatum nihil ope-ratur ad satisfactionem : quinimmo virtutcm satisfaetionis impe-dit quia, ut dicitur Eccli. 34, 23, dona iniquorum non probat Aitissimus . Si1niliter etiam ex peccato non demonstratur veritas humanae naturae: quia peccatum non pertinet ad humanam na-turam, cuius Deus est causa; sed magis est contra naturam per seminationein diaboli introductum, ut Damascenus dicit [3 De Fide Orth., c. 20). Tertio, peccando exempla virtutum praebere non potuit : cum peccatum contrarietur virtuti. Et ideo Christus nullo modo assumpsit defectum peccati, nec originalis nec actua-lis : secundum illud quod dicitur 1 Pet. 2, 22 : Qui peccatum non fecit, nec inventus est dolus in ore eius .

    AD PRJMUM ERGO DICENDUM quod, sicut Damascenus dicit, in 3 libro [De Fide Orth., c. 25), dicitur aliquid de Christo, uno modo, secundum proprietatem naturalem et hypostaticam, sicut dicitur quod factus est homo, et quod pro nobis passus est ; alio modo, secndum proprietatem personalem et habitudinalem, prout scilicet aliqua dicuntur de ipso in persona nostra quae sibi secun-dum se nullo modo conveniunt. Unde et inter septem regulas Tichonii, quas ponit Augustinus in 3 De Doct. Ohrist. [c. 31], pri-ma ponitur de Domino et eius corpore )>, cum scilicet Christi et Ecclesiae una persona aestimatur . Et secundum hoc, Christus ex persona membrorum suorum Ioquens dicit, verba delictorum meorum : non quod in ipso capite delicta fuerint.

    AD SECUNDUM DICENDUM quod, sicut Augustinus dicit, 10 Super Gen. ad litt. [c. 20], non omni modo Christus fuit in Adam, et in aliis Patribus, quo nos ibi fuimus. Nos enim fuimus in Adam secundum rationem seminalem, et sccundum corpulentam substan-tiam : quia scilicet, ut ipse ibidem dicit, cum sit in semine et

    e dei cattivi la cui separaziono non avverr che alla fine del mondo. Richiamato all'ordine da una lettera ufficiale di Parmeniano (circa il 378), rifiut di sottomet-te.rsi e fu scomunicato dalla sua chiesa nel 380. Per questo enfant torriblc del do:.i.atlsmo non si fece mai cattolico, continuando, invece, a scrivere e componendo, spede verso il 382, un J..iber regularum, dove s trovano, in 7 regole, i principi gene-rali dell'ermeneutica, regole cho sant' Agostino stesso utilizz nel suo trattato De doctn "I.a christiana. Il vescovo d'lppona giudic Triconio ricco acri ingenio et uberi eloqui

  • 46 LA SOl\L.'\IA TEOLOGICA, III, q. 15, aa. 12

    Cristo invece prese dalla carne della Vergine la sostanza visibile della propria carne, mentre la ragione seminale della sua concezione non era del se1ne virile, ma veniva da ben altra causa c molto pi alta. Perci Cristo non era in Adamo per la forza genetica del seme, ma solo por la materia fecondabile. E quindi Cristo ebbe da Adamo la natura umana non attivamente, ma solo material-mente ; attivamente invece l'ebbe dallo Spirito Santo ; come anche lo stesso Ada1no ebbe il corpo 1naterialmente dal fango della terra e attivamente da Dio. Cristo dunque non pecc in Adamo, perch fu in lui soJtanto materialmente.1

    3. Cristo ci stato d'aiuto espiando per noi con le sue tentazio-ni e sofferenze. Il peccato invece non contribuisce all'espiazione, ma se mai ]'impedisce, come si detto. Non c'era dunque bisogno che avesse in s il peccato, ma che ne fosse totalmente immune;

    altri~enti la pena da lui subita sarebbe stata dovuta al peccato proprio.

    4. Dio ha fatto diventare peccato Cristo , non gi permetten-done il peccato, ma facendolo vittima del peccato; conforme alle parole del profeta, secondo le quali i sacerdoti mangeranno i peccati del popolo, in quanto a norma della legge mangiavano le vittime immolate per il peccato. Nello stesso senso si legge in Isaia : II Signore ha posto sopra di lui i peccati di noi tutti , cio l'ha consegnato perch fosse vittima dei peccati di tutti gli uomini.

    Oppure si pu dire che

  • DIFETTI ASSUNTI DELL'ANIMA 47

    "Visibilis corpulentia et invisibilis ratio, utrumque cucurrit ex Adam. Sed Christus visibilem carnis substantiam de carne Virginis sumpsit : ratio vero conceptionis eius non a semine virili, sed Ionge aliter, ac desuper "Venit . Unde non fuit in Adam secundum semi-nalem rationem, sed solum secundum corpulentam substantiam. Et ideo Christus non accepit active ab Adam naturam humanam, sed solum materialiter, active vero a Spiritu Sancto : sicut et ipse Adam materialiter sumpsit corpus ex limo terrae, active autem a Deo [Gen. 2, 7]. Et propter hoc Christus non peccavit in Adam, in quo fuit solum secundum materiam.

    AD TERTIU:M DICENDUM quod Christus sua tentatione et pas-s