Tommaso d'Aquino - Somma Teologica - 11 I, II, 71-89. Vizi e Peccati

400

Click here to load reader

description

Vizi e peccati!?;-)

Transcript of Tommaso d'Aquino - Somma Teologica - 11 I, II, 71-89. Vizi e Peccati

  • S. TOMMASO O' AQUINO

    LA SOMMA TEOLOGICA

    TRADUZIONE E COMMENTO A CURA DEI DOMENICANI ITALIANI

    TESTO LATINO DELL'EDIZIONE LEONINA

    XI

    VIZI E PECCATI n -n, qq. 71, 89)

    CASA EDITRICE ADRIANO SALANI

  • Nihil obstat Fr. Ludovicus Marlini O. P.

    Doct. S. Theologiae

    l'r. Albertus Boccanegra O. P. Lic. S. Theol.

    Jmpr1mi potest Fr. lnnocentius Colosio O. P.

    Prior Provincia.lis S. Marci et Sardiniae Florenti.:1.e die XIV Iulii MCMLXIV

    IMPRIMATUR 1:~esulis die ">'.V luli MCMLXIV i' ,.\ ntonius Episcopus Faesulanus

    TCTTI I DIRITTI SONO RISERVATI

    () ,11cJnx1 V . Oisa Editrice Adriano Balani 8. p. A.

    Offh:inl' Cr1

  • VIZI E PECCATI (I~ li, qq. 71~89)

  • VIZI E PECCATI (I- Iii qq. 71, 89)

    TRADUZIONE, INTRODUZIONE E NOTE del P. Tito S. Centi O. P.

  • INTRODUZIONE

    1 - Per quel senso di amoralit che la vita facile dell'ra industriale ha diffuso nel mondo, capita spesso di trovare ai nostri giorni degli studiosi pronti a dichiarare che il concetto di peccato una sovrastruttura religiosa, o magari un con-cetto o un termine tipicamente ecclesiastico. :E innegabile che nell tuso attuale della lingua, peccato ormai un termine pro-prio della catechesi cristiana, con la sua brava definizione, che i pi hanno imparato solo per dimenticarla. Ma non si dica che il termine viene dal latino ecclesiastico. S. Tom-maso, riferendosi a Cicerone e ad Aristotele, mostra di cono-scere l'etimologia del termine assai meglio di tanti filologi improvvisati dell'ra atomica.

    Il greco &.cx.p-rdv(J), come il latino pecco, non aveva origina-riamente altro significato all'infuori di questo: e< io compio un'azione sbagliata, in qualsiasi campo dell'agire umano. Nell'ordine morale codesta azione acquista immediatamente il valore di colpa imputabile. Perci non si vede proprio la necessit di ricorrere a lenti processi storici, per giungere all'idea volgare di colpa, o di peccato. La mitologia, o mi-tomania, ha solo complicato un'idea che tra le pi elemen-tari dello spirito umano.

    I Natura e definizione del peccato.

    2 - Non per ugualmente facile determinare con esattezza la natura della colpa morale, che denominiamo peccato. Il D?ttore Angelico ha adottato una delle definizioni di S. Ago-stino, che a prima vista non sembra quella pi caratteristica e profonda : Dictum, factum vel concupitum contra legem Dei aeternam (!l!l Contra Faustum, c. 27).

    Le critiche pi infondate a questa scelta, e quindi a detta

  • 8 VIZI E PECCA TI

    definizione, sono quelle di coloro i quali nella legge di Dio vedono le sole nor1ne positive. Cosicch la definizione ago-stiniana si limiterebbe a indicare i peccati in rapporto ai dieci Comandamenti. Per chi conosce il pensiero di S. Ago-stino e di S. Tornmaso tale critica non ha senso, perch la legge eterna i> di cui si [aria s'identifica con Dio stesso, in quanto oidinutorc di ogni sin:ola. crealura e di ogni sua con-creta operazione nell'universo (cfr. I - Il, q. 91, a. i).

    Perci non pu mai capitare che un uomo, date le circo-stanze particolarissime dell'atto da compiere, agisca contro il volere espresso o prcsumi\Jile di Dio, senza commettere una colpa. Qualsiasi atto o sentirnento non virtuoso ricade cos sotto la vaga denominazione di peccato; poich Dio non solo il pron1ulgatore della legge nwsaica, ma l'autore della nostra leg-ge naturale. Per rendere con esattezza la definizione, secondo l'uso corrente, cho vuole maiuscoli tutti gli appellativi e gli aggettiv sostantivai.i che si riferiscono alla Divinit, si do-vrebbe scrivere Legge Eterna con la lettera maiuscola. Cos la definizione del peccato apparirebbe in tutta la sua portata: Parola, azione o desiderio contrari alla Legge Eterna che si identifica con Dio stesso )) .

    Por essere n1aterialrnente fedele al suo programma di lavoro, S. Tonunaso qui avrebbe do"-uto parlare non dei peccati, ma dei vizi; poich il trattato che riproduciamo non che una suddivisione del grande trattato De habitibus. Ma l'Autore giustifica hnplicitamente il suo comportamento, ricordando che i -vizi hanno la lmo perfezione e il loro fine nelle azioni peccarninose (q. 71) a. :::t per totum). Notiamo poi che nella Somma Teologica il trattato non si esaurisce nello questioni ge-nerali: I1 Aquinate si 1:iserva di parlare dei peccati e dei vizi specifici nell'esposizione delle virt corrispettive (Secunda Se-cundae). Natu:ralmente questi quadri marginali non daranno molto risalto alla colpa corrle tale. E in questo modo si rag-giunge uno scopo didattico, che d alla Somma Teologica una superiorit assoluta su ogni altra esposizione della morale cristiana. Il lettore si trova di fronte a una morale essenzial-1nente positiva. Il peccato relegato ai margini della morale e della vita.

    Qualcuno potrebbe trovare pi aderenti alla realt della vita quotidiana certi manuali di casistica, in cui si parla quasi esclusivamente di peccati; rna c.' il pericolo in questi casi di presentare deformato il pensie:ro c:ristiano, con una tinta di pessirnismo davvero poco incoraggiante.

    3 - Ci sen1bra che non sia necessario dimostrare che il tema svolto nel trattato di grande attualit in un mondo cos tor-rn.entato dalla cattive:ria umana. Per quanto i moderni filosofi e letterati insistano nel negare la colpa, l'amoralismo non potr

  • INTRODUZIONE 9

    mai eliminare in un uomo normale il senso di responsabilit dei propri atti, che si afferma con la difesa sempre pi co-scente della libert individuale e sociale. Lo stesso materia-lismo dialettico, il quale pretende d cancellare radicalmente il concetto di peccato, negando l'esistenza di un supremo legi-slatore e di una sanzione suprema, per poter far presa sullo spirito umano ha bisogno di esasperare Ia responsabilit per-sonale dci rappresentanti veri o presunti dello classi abbienti. Le feroci requisitorie dei demagoghi dimostrano la loro con-vinzione che le masse credono alla responsabilit umana con una tenacia, che nessun indottrinamento potr cancellare.

    Del resto l'esperienza insegna che ruomo stato sempre in-gegnoso nell'attenuare, o nol negare la responsabilit propria sulle azioni riprovevoli commesse. Ma tale bravura si perde all'istante quando le azioni disoneste del prossimo ci colpi-scono personalmente. Allora le attenuanti pi oggettive non riescono a toglierci la convinzione che quel Tizio aveva la possibilit e il dovere di agire diversamente. La colpa pu anche non apparire pi tale in certi individui, in determinati ambienti. Ma non si tratta di una amoralit universale, bens di parziali deformazioni del senso dell'onest naturale. S. Tommaso stesso ricorda fatti dol genere. Presso gli antichi Germani, p. es., il furto non era considerato riprovevole in certi casi (cfr. I - Il. q. 94, a. ~).

    Perci, senza essere n profeti, n figli di profeti, possiamo predire con sicurezza che tutti i sistemi filosofici moderni, i quali hanno tentato di giustificare il conclamato e deprecato amoralismo contemporaneo, non potranno mai distruggere queste convinzioni che nascono spontanee dalla constatazione empirica dol libero arbitrio. Questa facolt eccelsa dello spirito umano stata negata in questi ultimi centocinquant'anni con tanta leggerezza, da far dubitare della seriet di non po-chi filosofi. Essi hanno analizzato spesso solo aspetti parziali della realt, ma l'insopprimibile coscienza del peccato, che affiora a dispetto di qualsiasi deformazione, dimostra l'assurdit dei loro postulati. l/uomo sar sempre considerato respon-sabile dei propri atti.

    L'attualit poi del peccato nel pensiero cattolico di evi-denza immediata, per la necessit in cui ci troviamo di com-battere l'amoralismo di cui abbiamo parlato. Le pubblicazioni, anche monografiche, abbondano. In Italia si avuto di re-cente il tentativo di creare una specie di enciclopedia sul pec-cato (cfr. Il Peccato~ a cura di P. Paiazzini, Roma, 1959). Ma per quanto interessante possa essere questo grosso volume di 013 pagine, un moralista cristiano~ g-uardando al di l della rcorza, vi trover assai mono di quanto racchiuso nel breve rattato della Somma Teologica. Manca in esso~ p. es., un'ana-

  • 10 VIZI E PECCATI

    lisi accuiata dellP cause dcl peccato; mentre la distinzione tra colpa mortale e veniale, che implica teoricamente tante dif-ficolt, ricordata appena in due righe.

    Questo rilievo bibliografico solo un'esemplificazione di quanto stiamo per dire: tutti i manuali moderni e tutte le n1onografte ci fanno rimpiangere il testo genuino della Somma, che non basta r.itare per rendere in tutta la sua profondit, bellezza e coerenza, Anche percb, se vogliamo difendere il patrimonio di verit della nostra santa religione, oggi tanto insidiato, non ci possiamo contentare di visioni parziali, o di scorci interessanti. Il concetto di peccato uno dei punti pi de1jcati della nostra dottrjna cattolica - il cristianesimo in-fatti essenzialmente reden':.ione dal peccato - e quindi non possiamo fare a meno delle considerazioni pi sagge che un credente abbia potuto fare in proposito. La concezione esatta del peccato ci prepara a comprendere l'idea esatta di reden-zione.

    II Le fon ti del trattato ..

    4 -- Le citazioni pi nun1erose che incontriamo in queste pagine son quelle tratte dalla sacra Scrittura. Non c' un testo biblico importante sul nostro argomento che il Santo non ab-bia utilizzato. I\1a quelli che hanno attratto maggiormente il suo intere.sse sono i testi di S. Paolo, sia a proposito del pec-cato originale, che a proposito di quello attuale. La sola Epi-stola ai Rornani citata circa quaranta volte.

    Ma la Sciittura non giunta a Tommaso nella sua cruda materialit. Egli ne venuto in possesso attraverso r inter-pretazione viva e tradjzionale della Chiesa, che si esprimo con la voce dei SS. Padri. Il primo posto spetta qui a S. Agostino. I grandi maestri della Scolastica si riallacciavano tutti con sommo rispetto alle parole del Dottore affricano. Nessun teo-logo medioevale pens mai di espungere dalla parenesi cri-stiana Ie sue frasi pi paradossali. La saggezza dei maestri e dei discepoli era sufficiente a impedire quelle interpretazioni fanatiche ed c~strerniste, che in seguito servirono come prete-sto per imbastire Ia triste storia della pseudo-riforma prote-stante e dei suoi strascichi. Le opere del Vescovo di Ippona sono citate in grande abbondanza nel trattato tomistico, o le citazioni son tali da far trasparire lo studio diretto dei libri da cui furono attinte. I testi pi celebri erano gi stati rac-colti e discussi dai teolog;i precedenti, e in particolare dal Maestro delle Sentr)n:.e. Ma l'Aquinate non poteva contentarsi

  • INTRODUZIONE 11

    di brani cuciti alla buona, quando si trattava di precisare i concetti fondamentali del pensiero teologico.

    Egli ha avuto il merito di chiarire, se non di approfondire, la dottrina di S. Paolo e di S. Agostino, e di ridurne tutti gli elementi a un sistema coerente e solido, in cui ben difficile scorgere la pi piccola crepa.

    5 - Gli altri autori citati son tutti secondari, senza eccet-tuare neppure Aristotele. vero infatti che le citazioni del Filosofo abbondano, ma esaminandole con cura ci accorgiamo che esse descrivono soltanto la carnico etico-metafisica entro la quale si muove l'Autore della Somma. Lo stesso si dica dello Pseudo-Dionigi, che S. Tommaso non dimentica mai, neppure in questo trattato.

    Pi importanti in questo campo sono le citazioni di S. Gre-gorio Magno e di S. Anselmo; ma le loro

  • 12 VIZI E PECCATI

    ne sa sinceramente pentito. Il vero punto di riferimento del peccato Dio. E di fronte a lui siamo morti, quando vo-tontariarnr.ntc ahhian10 tradito il suo amore calpestando un suo comando. ~fa le piccole colpe quotidiane, dovute alla fra-gi lii pi che aUa n1alizia, come potrebbero produrre un effetto cos disastroso? Nella catechesi i due concetti si precisano in rapporto all'effetto: rnortale il peccato che merita la morte eterna, cio la dannazion(; rf'ninlc invece la colpa che non 11!t1ita dannazione.

    Ma il teologo non pu contentarsi di questa spiegazione. Im-pugnando l'arn1a del la logica egli nota subito che l'effetto non pu essere l'elemento costitutivo e discriminativo di un'azione umana. Il peccalo quindi sar mortale o veniale, prima di mandare o di non 1nandarc all'inferno; cio sar mortale o veniale per il n1odo col quale si commette, o per l'oggetto che lo specifica. Qnal' , dunque, il costitutivo del peccato mortale? Quale quello del peccato veniale?

    Teol ogicarnento ci che costituisce il vero peccato, cio il pec-

  • INTRODUZIONE 13

    risposte dei tomisti alle molte difficolt riuscirono concludenti; e qualche volta nel tentativo di risolvere gli altrui cavilli la dottrina rischi di perdere coerenza e chiarezza.

    All'inizio di questo secolo ossi hanno tentato di chiarire bene storicanrnnte la posizione del loro Maestro, e di difendere in tutta la sua complessit la dottrina sul peccato veniale. A parte qualche stonatura, l'articolo magistrale del P. Th. Deman O.P. su Dict. dc Thol. Cath., cc Pch [1933] 1 ha segnato un passo decisivo verso la perfetta chiarificazione sull'argo-mento. Oltre tutto il compianto confratello ha avuto il merito di richiamare linteresse degli studiosi moderni sull'argomento.

    Ormai i tentativi di compromesso fatti dal Suarez e dal Vasquez sul finire del secolo XVI sono completamente ab-bandonati.

    8 - Col passare del tempo la controversia si era accentuata su di un aspetto particolare, in cui la dottrina tomistica pareva dibattersi in una manifesta contraddizione. Da un lato S. Tom-maso affer1na che ogni atto umano compiuto per un fine ultimo, e d'altra parte certo che por non cadere in peccato mortale l'ultimo fine di ogni azione dev'essere Dio stesso. Ora, com' possibile che Dio sia il fine ultimo di chi commette il peccato veniale? E vero che gli autori spirituali, per scuotere le anime dalla tiepidezza, sposso esgerano nel definire la natura dei peccati veniali facendone dei peccati mortali in miniatura; ma chi non vede limpossibilit di ordinare a Dio una bugia, anche se minima, o un atto di collera ingiustificato?

    Il problema stato agitato dai pi grandi rappresentanti del tomismo nel corso dei secoli, i quali hanno discusso tutte le possibili soluzioni:

    a) Il peccato veniale dell'anima in grazia non ha un fine ultimo n attuale n virtuale; nell'atto del peccato il soggetto tende ancora abitualmente al fine ultimo che Dio. E quindi si ha un fine ultimo solo concomitante (Sentenza del Gaetano).

    b) Nel peccato veniale il finis operis la creatura~ il finis operantis il proprio comodo, il quale non per fine ultimo, ma solo fine prossimo del peccato veniale, essendo questo abitualmente subordinato a Dio (B. Medina: variazione della sentenza precedente).

    e) Il peccato veniale ha un fine ultimo non simpliciter o positivo1 ma solo secundum quid, o negativo. Il giusto che pecca venialmente ha Dio per fine ultimo simpliciter, e tut-tavia pone nel peccato veniale il fine ultimo secundum quid)> (Cos F. Suarez, e grosso modo Vasq uez) .

    d) Il fine ultimo efficacemente voluto pu stare con un al-ti:,o fine ultimo inefficacemente voluto. Quindi nel peccato ve-!1Iale l'uomo agisce virtualmente per un fine ultimo concreto inefficace che la creatura, restando Dio il fine ultimo efficace

  • 14 VIZI E PECCATI

    del giusto il quale commette codesto atto (tesi di G. B. Ilde-fonso, del Gonet, del Gredt e di altri).

    e) Nel peccato veniale la carit che anima il giusto influisce sul peccato cc perch una delle condizioni che muovono a consentirvi)), sia pure in maniera negativa. Perci rimane un influsso r.oncrrto virtuale negativo o permissivo dell'ultimo fino cbe Dio stesso (Giovanni di S. Tommaso e Salman-tonsi).

    f) Il peccato veniale ha il suo fino ultimo nella beatitudine in genere: esso cio non ha un fine ultimo concreto, ma solo un fine ultimo forrnale (G. Curiel, G. Martinez, Billot, Garri-gou-Lagrange).

    g) Si pu anche escludere che il peccato veniale abbia un ultimo fine, perch non necessario un fine ultimo concreto attualmente o virtualmente voluto in ogni atto umano (Autori recenti).

    h) Il peccato veniale esso stesso ordinato abitualmente a Dio e questo devo bastare per un buon tomista (P. Deman).

    9 - Evidenten1ente noi non possiamo qui discutere il valore di ognuna di codeste sentenze. Rimandiamo i lettori pi esi-genti alla nota bbliografica con la quale si conclude il presente volume. Ci sembra pel' doveroso accennare a quella che noi rrodia1no la migliore e la pi genuina impostazione del pro. blema.

    Sollecitati dalle obiezioni di altre scuole i nostri bravi to-rnisti hanno rivolto la loro attenzione al fino dell'atto pecca-minoso, e ai vari modi di tendervi. Non e' dubbio che la rontroversia proprio su questo terreno. E neppure possiamo mettero in dubbio la validit dcl principio che ogni azione umana dev'essere compiuta per un fine ultimo; porch questa non che una esemplificazione di un principio metafisico: Omne agens agit propler finem >>. I fini intermedi, infatti, non sono fini : in definitiva essi non sono che mezzi - u sunt ad finem . Ma per chiarire bene il pensiero di S. Tommaso bisogna tener presenti altri aspetti fondamentali dcl problema.

    Invece di concentrare l'attenzione sul finet sulroggetto e sn lla ternienza pit1 o meno attuale v0n~o di l?Ssi. hisog-na ri-volgere lo sguardo al so,qgt?lto. Quando 1' Autore della Somma insiste a dirnostrare che iI peccato veniale non pu trovarsi negli angeli e neppure nelruomo prima del peccato ori~inale, non intende affatto di imbastire delle questioni eleg-anti. Scoto, il quale pensa di contraddirne le conclusioni ricorrendo al suo volontarismo. dimostra bene di non aver capito affatto il pensiero di S. Tommaso a proposito dcl peccato veniale. Per l'Aquinate tale colpa inconrepibile in un soggetto integro nena sua natuta razionale o intellettuale. I/angelo e l'uomo intr.g-ro sono immuni dal peccato vc:nia1e proprio perch lr

  • INTRODUZIONE 15

    loro facolt sentono attualrnente il dominio della facolt prin-cipale, orientata decisamente verso un fine ultimo concreto. - Va sottolineato il fatto che l'unit di codesti esseri insieme essenziale e dinamica.

    L'uomo decaduto invece ridotto a una congerie di facolt, ciascuna delle quali ha le sue brave tendenze. La ragione ancora a capo di quest'esercito, ma ormai il suo non che un dominio politico. Ebhone il peccato veniale ha il proprio campo di azione proprio in questo marasma nel quale caduto l'uomo dopo il peccato originale. Le facolt periferiche, quali la fantasia, il concupiscibile e lirascibile hanno ormai di fatto una certa autonornia, e sentono iI richiamo del Joro oggetto, indipendentemente dalle prospettive cui orientata l 'intelli-a:enza. o la volont;

  • 16 VIZI E PECCATI

    pt~r costituire in esso il proprio fine; e questo avviene nel 11eccato veniale. Perci chi fa peccato veniale viene parago-nato a uno rhe si attarda troppo sulla strada, e questo un allontanarsi in senso improprio. Cos chi ritarda il moto di un corpo gravo non toglie la gravit o la sua inclinazione al fine. La toglierebbe inve1'e, se a codesto corpo imprimesse un n1oto rontrario1 cornc quando si producono corpi leggeri da corpi gravi (2 S(nt.~ d. ,':f2: q. i, a. 3, ad 5).

    Niente irnpedisce di dire che 1a volont e la ragione, accet-tando la rolpa veniale, tendono a un fine formale che il bene o la ft!Icit in genere. Ma trattandosi di felicit a scar-tamento ridotto, per dello facolt che non rispecchiano la ten-denza globale del soggetto operante, in definitiva codesto fine non rimane che un mezzo.

    Questo ci sembra in poche parole il punto di vista dell'Aqui-nate sul t'argomento.

    IV Le presunte imperfezioni.

    11 - S. 'ron1n1aso divide i peccati veniali in due categorie: peccati veniali ex genere, e peccati veniali ex imperf ectione actus, facendo rientra.re nel1a prima serie anche quelli che i moderni chiamano veniali ex parvitate materiae (Cfr. q. 88, a. 2). La divisione chiara e spartisco interamente la colpa ve-niale: nessun peccato veniale pu sfuggire a questa classi-ficazione. I pi piccoli moti disordinati, i moti primo primi della sensualit, per. es., non sono che dei peccati veniali; pur essendo molto diversi dai peccati veniali deliberati. Cos sono peccati veniali tutte le omissioni delle opere di consiglio, cui ci sentiamo sollecitati efficacemente dall'ispirazione interiore.

    I moralisti antichi non conoscevano altra classificazione degli atti morali: le azioni si dividono in azioni virtuose e pecca-minose; e i peccati si suddividono in mortali e veniali. La pretesa scotista di affermare l'esistenza di concreti atti indif-ferenti era stata considerata solo come un'abile schermaglia dialettica. Gli antichi teologi sanno ben distinguere anch'essi i vari gradi dol peccato veniale; e non Ia cedono a nessuno in sottogliezza quando indugiano nella interpretazione di quel r.c1 lehre testo paolino, in cui si parla di legno, fieno e paglia (1 Cor. 3 ,12). Ma certi autori spirituali moderni, dopo aver spaventato 1e anime pie descrivendo a foschi colori la gravit del pccc.ato veniale, han S(lntito il bisogno di correre ai ripari inventando le cosiddetto impe.rf ezioni. E i teologi un po' per volta hanno acc.ettato l'innovazione.

  • INTRODUZIONE 17

    I tomisti, sia pure in ritardo, hanno reagito a questa novit. Memorabile fra tutte fu la presa di posizione del P. Hugueny o.P., nel ricordato Dict. de Thol. Cath. [1927] alla voce

  • 18 VIZI E PECCATI

    Gi nei volurni vrecedenti (vodi vol. VI pp. 192 ss. vol. VII, pp. 14, 310) abbia1no accennato alla falsa idea che del seme si era formato Aristotele a proposito della generazione umana, e sessuale in genere. Egli pensava che l'elemento masohile della fecondazione fosse il solo elemento attivo mentre l'elemen-to femminile sarebbe stato semplicemente passivo. Ora, questo concolto contraddetto apf'damentc dalla genetica sperimentale moderna. Il seme attivo corno lo concepisce Aristotele l'ovulo fecondato. Ci significa che esso costituito da una cellula ger-n1inale in cui i c1-omosomi delle due parti sono dello stesso nu-rnero, e quindi che la donna partecipa attivamente alla gcne-t'azione non meno dell'uomo. Cade perci il motivo su cui si fonda 8. 'Tomn1aso pe1 afiermare che la trasmissione del pec-cato originale dipende dalla mozione attiva>> del protopa-rente Adamo nell'ordine della generazione. A suo modo di vedere proprio per questo il solo peccato di Eva non avrebbe determinato la catastrofe per tutta l'umanit.

    13 - Pur respingendo il motivo suddetto noi non possiamo abbandonare la tesi tradizionale: effettivamente pi che il peocato di Eva fu fatale all'umanit il peccato di Adamo. Egli infatti era il capo del genere umano per un complesso di ragionit da cui esula del tutto la superiore efficaoia dell'uomo nell'ordine della generazione.

    Il motivo principale lo troviamo nel fatto che Adamo fu il primo essere umano, primo in ordine assoluto: di tempo e di natura. Dal racconto de.lla Genesi emerge con chiarezza questa priorit, por cui Adamo si presenta come il prototipo di tutta la specie. A lui sono stati conferiti tutti i doni di natura e di grazia prima della formazione della donna.

    Da questa prilna sorgente plasmata dalle sue mani, Dio at-tinge per formare il resto dell'umanit : Eva stessa venne for-mata dalla costola di Adamo. S. Paolo sottolinea questa prio-rit assoluta dell'uomo: f( Non enim vir ex muliere est, sed 1nulier ex viro (1 Cor., ii, 8).

    Anche nell'ordine finalistico l'uomo riveste la medesima preminenza: cc Non l'uomo stato creato per la donna, ma la donna per ruomo n (ibid. 9).

    Tutto questo non ha niente a che faro con Ja famosa tesi di quei teologi che veono in Adamo un capo giuridico. S. Tommaso stesso conosce e accetta le ragioni da noi invo-cate, nel commentare il testo paolino: e< Caput autem mulieris vir}> (Cfr. ln 1 ad Cor., c. ii, 3). Oggi comprendiamo forse con maggior chiarezza che Adamo viene considerato dai libri santi il capostipite del genere umano, e lo di fatto quale prototipo deila specie. Nella stessa generazione egli ha una preminenza nelrordine formale; perch ogni nuovo individuo umano

  • INTRODUZIONE 19

    una tipetizione pi o meno perfetta del modello uscito dallo mani di Dio.

    Ora il peccato ha sconvolto e deturpato il modello distrug-gendo la vita soprannaturale di quest'essere, fatto per pre-siedere l'uni verso visibile. Ma se Adamo peccatore, eviden-temente in lui sono perdute tutte le prerogative legate alla sua passata amicizia con Dio. E quindi ogni uomo sar generato secondo un prototipo vittima di queste menomazioni dolorose.

    Ci non toglie che il peccato si trasmetta in forza dolla ge-nerazione naturale. Ma in codesta generazione i due generanti sono purtroppo sul medesimo piano di colpevolezza.

    Come si vede la rettifica imposta dalla genetica moderna alla dottrina di S. Tommaso sul peccato originale non cos grave come potrebbe sembrare a prima vista. L'intuito del teologo non stato eccessivamente frastornato dalle nozioni di scienza naturale che la sua epoca imponeva.

    P. Trro SANTE CENTI O. P.

  • VIZI e

    PECCATI

    CONTENUTO DEL PRESENTE VOLUME

    { 1} In se stessi ( q. 71) I 2} Le loro distinzioni ( q. 72) j

    3) Confronti reciproci (q. 73) 4) La loro sede (q. 74)

    5) cause dei I peccati:

    6) Effetti del peccato:

    I

    A) in genera-le (q, 75)

    B) in partico-lare:

    (I) ~au~e inte ' rion:

    < Il) cause esterne:

    l 1) ignoranza (q. 76) 2) passione (q. 77) 3) malizia (q. 78) ! 1) Dio (q. 79) \ 2) il demollio f a) rn ed _i a n t .e . . '( (q. 80) ' suggerimenti ~ 1) trasm1s~19ne del pec

    , cato or1gmale (q. 81) 3) l'uomo: J b) m e d i ante

    \ l'origine: 2) sua natura (q. 82) III) peccati causa di altri peccati (q. 84) I 3) sede psicologica di es-

    , \ so (q. 83) a) corruzione dei beni di natura (q. 85) b) macchia del peccato (q. 86)

    e) reato, od obbli-gazione alla pena:

    '1) considerato in se stesso (q. 87)

    f 2) nella distinzione tra mortale e veniale (q. 88) \ 3) il peccato veniale in se stesso (q. 89)

  • AVVERTENZE

    t. Nel testo italiano sono stati eliminati i richiami e le indica-zioni delle opere citate, perch figurano a fronte nel testo latino.

    Dove l'intelligibilit della frase lo richiedeva stato inserito qual-che termine o qualche espressione tra [ ], per facilitare la compren-sione del testo senza ricorrere a perifrasi.

    Nella punteggiatura si segue ordinariamente il latino, per dare agio al lettore di controllare la traduzione e di consultare il testo originale.

    I richiami delle note sono tutti nel testo italiano, esse per conti-nuano anche sotto il testo latino e talvolta nelle pagine seguenti.

    2. Il testo critico latino dell'Edizione Leonina riprodotto con la pi scrupolosa fedelt. La sola enumerazione degli articoli all'ini-zio della Quaestio stata fatta senza capoversi.

    Manca per, nella nostra edizione, l'apparato critico. Le sole va-rianti di un certo interesse vengono prese in considerazione nelle note.

    Le citazioni, o i dati complementari delle citazioni, che l'Ed. Leo-nina riporta in margine, sono state inserite nel testo tra [ ]. Sol-tanto i versetti della Sacra Scrittura - in corsivo - figurano senza altri contrassegni.

    Le citazioni e i luoghi paralleli sono semplificati con criteri tecnici moderni.

    Le Opere dei SS. Padri sono citate secondo le diciture pi comuni: per non infarcire troppo il testo di elementi estranei, abbiamo tra-scurato i titoli e le enumerazioni meno usuali. Dove i richiami sono vere correzioni del testo della Somma, vengono riportati in nota.

    2 - XI

  • QUESTIONE 71 Vizi e peccati considerati in se stessi

    Logicamente dobbiamo ora trattare dei vizi e dei peccati. 1 E su

  • QUAESTIO 7f De vitiis et peccatis secund um se

    tn se:i: arttcuios tvtsa.

    Consequenter consderandum est de vitiis et peccats. Circa quae sex consideranda occurrunt: primo quidem, de ipsis vitiis et pec-catis secundum se; secundo, de distinctione eorum [q. 72]; tertio, de comparatione corum ad invicem [ q. 73 J; quarto, de subiecto peccati [q. 74]; quinto, de causa eius (q. 75]; sexto, de effectu ipsius [q. 85].

    Circa primum quaeruntur sex. Primo : utrum vitium contrarie-tur virtuti. Secundo: utrurn vitium sit contra naturam. Tertio: quid sit peius, utrum vitium vel actus vitiosus. Quarto: utrum actus vitiosus possit esse sirnul curn virtute. Quinto: utrum in omni peccato sit aliquis actus. Sexto: de definitione peccati quam Augustinus ponit 22 Contra Faustum [c. 27]: Peccatum est dictnm vel facturn vel concUJ)itum contra legcrn aeternam H.

    ARTICULUS 1 Utrum vitium contrarietur virtuti.

    AD PRIMUM SIC PROCEIHTUR. Vidctur quod vitium non contrarie-tur virtuti. Uni enim unum est contrarium, ut probatur in IO Me-taphys. [c. 4, lect. 51. Sed virtuti contrariantur peccatum et rna-litia. Non ergo contrariatur ei vitium: quia vitium dicitur etiam si sit .indebita dispositio mcmbrorum corporalium, vel quarumcum-que rerum.

    2. PRAETEREA, virtus nominat quandam perfectionem potentiae . . Sed vitium nihil nominat ad potentiam pertinens. Ergo vitium non

    contrariatur virtuti. 3. PRAETEREA, TuHius dicit, in ,f De Tusculanis Quaest. [c. 13],

    quod virtus est quaedam sanitas animae . Sanitati autem op-ponitur aegritudo vel morbus, magis quam vitium. Ergo virtuti non contrariatur vitium.

    SEo CONTRA EST quo

  • 24 LA SOMMA TEOLOGICA, I-II, q. 71, a. 1

    R1sP0Nno; Nena virt si possono considerare due cose, e cio: l'essenza stessa della virt, e l'atto cui essa ordinata. E nell'es-senza dlla virt alcuni elenlenti rientrano direttamente e altri indirettamente. Dfrett amen te la virt implica la disposizione par-ticolare di un soggetto conforme alla natura di esso: ed ecco per-ch il Filosofo insegna, che u la virt una disposizione di ci che perfetto all'ottimo; e chiurno perfetto ci che disposto secondo natura)). Indirettamente poi ne viene che la virt una certa bont: infatti la lJont di ogni cosa consiste nel suo adeguarsi al modo della propria natura. L'atto poi cui la vita ordinata l'atto buono, com' evidente da quanto abbia1no detto.

    In base a questo tre sono le cose che si oppongono alla virt. La prima di esse il peccato, che si contrappone all'atto cui la virt ordinata: infatti il peccato sta a indicare l'atto disordi-nato, mentre l'atto della virt retto e ordinato. Invece in quanto la virt implica la bont, ad essa si contrappone la malizia. Ma per quello che ne costituisce direttamente la ragione di virt, ad essa s contrappone il vizio: infatti il vizio per ogni cosa consiste nel suo non essere disposta secondo la propria natura. Ecco perch S. Agostino pu affermare: (( Chiama vizio ci che vedrai mancare alla perfezione di una natura>>.

    Sor.uz10NE oEU,E OIFFICOLT: Le tre cose indicate non si contrap-pongono alla virt nella stessa maniera: poich il peccato le si cont.rn.ppone in quanto la virt porta ad operare il bene; la ma-lizia in quanto una certa bont; e il vizio propriamente in quanto essa virt.

    2. La vrt non implica soltanto la perfezione della potenza ope-rativa, ma anche la debita disposizione del soggetto che ne f. adorno: e questo perch ogni cosa agisce conforme al suo attuale mo

  • VIZI E PECCATI IN SE STESSI 25

    RESPONDEO DICENDUM quod circa virtutem duo possumus consi-derare: scilcet ipsam essentiarn virtutis; et id ad quod est vir-tus. In essentia quidem virtutis aliquid considerari potest directe; et aliquid ex consequenti. Directe quidem virtus importat dispo-sitionem quandum alicuius convenienter se habentis secundum mo-du:rn suae naturae: unde Philosophus dicit, in 7 Physc. [text. 17, lect. 5], quod virtus est dispositio perfecti ad optimum; dico au-tem perfecti, quod est dispositurn secundum naturam. Ex conse-quenti autem sequitur quod virtus sit bonitas quacdam: in hoc eni:rn consistit uniuscuiusque rei bonitas, quod convenienter se habeat secundum modum suae naturae. Id autem ad quod virtus ordinatur, est actus bonus, ut ex supradictis [ q. 56, a. 3] patet.

    secundum hoc igitur tria inveniuntur opponi virtuti. Quorum unum est peccatum, quod opponitur sibi ex parte eius ad quod virtus ordinatur: nam peccatum proprie nominat actum inordi-natum, sicut actus virtutis est actus ordinatus et debitus. Secun-dum autem quod ad rationem virtutis consequitur quod sit bo-nitas quaedam, opponitur virtuti malitia. Sed secundum id quod directe est de ratione virtutis, opponitnr virtuti vitium: vitium eni:rn uniuscuiusque rei esse videtur quod non sit disposita se-cundum quod convenit suae naturae. l:nde Augustinus dicit, in 3 De Lb. Arb. [c. 14]: Quod perfectioni naturae deesse perspe-xeris, id voca vitium n.

    AD PRIMUM ERGO DICENDUM quod illa tria non contrariantur vir-tuti secundum idem: sed peccatum quidem contrariatur secundum quod virtus est operativa boni; malitia autem secundum quod est bonitas quaedam; vitium autem proprie secundum quod est virtus.

    AD SECUNDUM DICENDUM quod virtus non solum importat perfec-tionem potentiae quae est principium agendi, sed etiam impor-t.at debitam dispositionem eius cuius est vi rtus: et hoc ideo quia unumquodque operatur secundum quod actu est. Requiritur ergo quod aliquid sit in se bene dispositum, quod debet esse boni ope-rativum. Et secnndum hoc virtuti vitium opponitur.

    An TERTIUM mcE~DUM quod, sicut Tullius dicit, in 4 De Tuscu-lans Quaest. [loco cit. in arg. l, cc morbi et aegrotationes partes sunt vitiositatis n: in corporihus enim l vero, (( morbum cum imbecillitate ; e< vitium n autem, u cum partes corporis inter se dissident Il. Et quamvis in corpore q~1andoque sit morhus sine aegrotatione, puta cum aliquis est inte-nus male disposit.us, non tamen exterius praepeditur a solitis ope-rationihus; in animo tamen n, ut ipse dicit, u haec dno non possunt nisi cogitationc secerni)). Necesse est enim quod quandorumque aliquis interius est male disposit.us, habens inordinatnm affectum, qu?d ex hoc imbecillis redatur a cbitas operationp,s exercendas: qu1a (( unaquaeque arbor ex suo fruct.u cognoscitur ll, idest homo ex opere, ut dicit.ur Matth. 12, .'l3. Sed u vitium animi ll, ut Tullirn~

    crnosce~e. Che mentre quest'uJtlmo ha criticato i predecessori con perfetta cogni-Z one d1 causa, molti moderni, cominciando da Cartesio, riprendono le antiche ~on~uslonl, senza conoscere la posizione del teologi medioevali. - L'Antore, metten-

    t~81 qut a~Ia -..iccrea della nozione esatta di vizio, in tutto il mondo 1atlno non po-va sceghere un'autorit pi indlscutibilo c110 quona di Cicerone.

  • 26 LA SOMMA TEOLOGICA, I-II, q. 71, aa. 1-2

    sue opere. Ma f( il vizio dell'animo))' egli dice, un abit.o o una affezione spirituale che rende incostante e incoerente tutta la vita. E questo si riscontra anche senza malattie o infermit, come quando uno pecca per debolezza, o per passione. Perci il vizio pi esteso delr infermit o della malattia; e la virt stessa ha un'estensione maggiore della salute; poich, a detta di Aristotele, anche la sa-lute da considerarsi una virt. Dunque alla virt si contrap~ pone pi direttamPnte il vizio che l'infermit, o la rnalattia.

    ARTICOLO 2 Se il vizio sia contro natura.

    SEMBRA che il v1z10 non sia contro natura. Infatti: 1. Il vizio il contrario della virt. Ora, le virt non sono in

    noi per natura, ma vengono prodotte in noi, o per infusione o per assuefazione, come sopra abbiamo spiegato. Dunque i vizi non sono contro natura.

    2. Alle cose contro natura non si pu fare I' abitudine: per dirla con Aristotele, {(un sasso non si abitua mai a salire verso l'alto. 1nvece alcuni .si abituano ai vizi. Dunque i vizi non sono contro natura.

    3. Tutto ci che contro natura non pu trovarsi nella mag-gioranza di quegli esseri che hanno quella data natura. Ora, i vizi si trovano nella maggioranza degli uomini; poich sta scritto: re Spaziosa la via che conduce alla perdizione e molti sono quelli che entrano per essa n. Dunque il vizio non contro natura.

    4. Si visto che il peccato sta al vizio come l'azione sta all'abito rispettivo. Ma il peccato, secondo la definizione di S. Agostino, u una parola, un'azione o un desiderio contrario alla legge di Dio n. Ora, la legge d Dio superiore alla natura. Perci si deve concludere che il vizio contrario aHa legge piuttosto che alla natura.

    IN CONTRARIO: S. Agostino afferma: u Ogni vizio, per il fatto che vizio, contro natura n.

    HISPONOO: Abbiamo gi spiegato che il vizio contrario alla virt, e che la virt d ciascuna cosa consiste nell'essere ben di-sposta secondo le esigenze della sua natura. Perci, in ciascuna cosa, si devono d~nominare vizi le disposizioni contrarie a quanto conviene alla sua natura. Infatti di questo ogni cosa viene vitu-perata: anzi, a dire di S. Agostino,

  • VIZI E PECCATI IN SE STESSI 27

    ibidem dicit, u est habitus aut effectio animi in tota vita inconstans, et a seipsa dessentiens . Quod quidem invenitur etiam absque morbo vel aegrotatione, ut puta cum aliquis ex infirmitate vel ex passione peccat. Unde in plus se habet vitium quam aegrotatio vel morbus: sicut etiam virtus in plus se habet quam sanitas; nam sanitas etiam quaedam virtus ponitur in 7 Physic. [loco cit. in corp. ]. Et ideo virtuti convenientius opponitur vitium quam aegrotatio vel morbus.

    ARTICULUS 2 Utrum vitium sit contra naturam.

    A Rom. c. 1, Iect. B; A Galat., 5, Iect. 6.

    AD SECUNDUM SlC PROCEDlTUR. Videtur quod vitium non sit contra naturam. Vitium enim contrariatur virtuti, ut dictum est [a praec.]. Sed virtutes non sunt in nobis a natura, sed causantur in nobis per infusionem aut ab assuetudine, ut dictum est [q. 63, aa. 1, 2, 3]. Ergo vitia non sunt contra naturam.

    2. PRAETEREA, ea quae sunt contra naturam, non possunt assue-fieri, sicut ((lapis nunquam assuescit ferri sursum , ut dicitur in 2 Ethic. [c. 1, lect. lJ. Sed aliqui assuefiunt ad vitia. Ergo vitia non sunt contra naturam.

    3. PRAETEREA, nihil quod est contra naturam, invenitur in haben-tibus illam naturam ut in pluribus. Sed vitia inveniuntur in homi-nibus ut in pluribus: quia, sicut dicitur Matth. 7, 13, u lata est via quae ducit ad perditionem, et multi vadunt per eam . Ergo vitium non est contra naturam.

    4. PRAETEREA, peccatum comparatur ad vitium sicut actus ad habi tum, ut ex supradictis [a praec.] patet. Sed peccatum definitur esse (( dictum vel f actum vel concupitum contra legem Dei >>; ut patet per Augustinum, 22 Contra Faustum [c. 27 J. Lex autem Dei est supra naturam. :Magis ergo dicendum est quod vitium sit contra legem, quam sit contra naturam.

    SED CONTRA EST quod Augustinus dicit, in 3 De Lib. Arb. [c. 13] :

  • LA SOMMA TEOLOGICA, 1-11, q. 71, a. 2

    nigi: u Bene per l'uomo essere secondo ragione, e male per l'uomo essere dfforn1e dalla ragione>>. Quindi la virt urnana, la quale tt rende buono l'uomo,, e buona l'opera che egli compie n, in tanto secondo l'umana natura, in quanto concorda con la ra-gione: il vizio invece in tanto contro la natura dell'uomo, in quanto cont.rario all'ordine della ragione. 1

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLT: 1. Sebbene. allo stato perfetto le virt non Biano prodotte dalla na.tura, tuttavia esse inclinano verso ci che conforme alla natura, cio secondo l'ordine della ragione: infatti Cicerone ha scritto che la virt un abito connaturale ossequiente alla ragione)), In questo senso si dice che la virt conforme alla natura: e viceversa il vizio si concepisce come con-trario ad essa.

    2. In questo caso il Filosofo parla di cose contro natura nel significato di fenomeni contrari al procedimento di natura; non gi nel senso di cose difformi dalla natura, cio nel senso corri-spettivo a quello secondo il quale le virt si dicono secondo na-tura, perch inclinano a ci che conforme alla natura.

    3. Nell'uomo ci sono due nature, quella razionale e quella sen-sitiva. E poich l'uomo arriva agli atti della ragione attraverso l'attivit dei sensi, sono pi quelli che seguono le inclinazioni della natura sensitiva che coloro i quali seguono la ragione; sono infatti ni numerosi quelli eh.e iniziano un'opera che coloro che comple-tano l'opera incominciata. Ora tra gli uomini i vizi e i peccati derivano proprio da questo, che essi seguono l'inclinazione del1a. natura sensitiva contro l'ordine della ragione. 2

    4. Tutto ci che contrario a un'opera d'arte, anche contra-rio aUa natura dell'arte che Io ha prodotto. Ora, la legge eterna sta all'ordine della ragione urnana, come l'arte al suo prodotto. Perci identica l'opposizione del vizio e del peccato contro ror-dine della ragione umana, e contro Ja legge eterna. Cosicch S. A.&!.'osl.ino pu affermare che cc tutte le nature hanno da Dio di essere nature: e in tanto sono viziose, in quanto si scostano dal~ l'arte di colui da cui furon create .

    1 li celebre nomen ico nanez r1525-1604] cosi commenta: Per hen compren-d+>rf1 la conr1usiom~ 1~ 1a rairtone clw la giustifica, nota che, come tisistono due tipi d virt :acquisito I!~ une, 41erirnnti da un principio naturale ... ; infuse le altre ...

  • VIZI E PECCATI IN SE STESSI 29

    rationem esse u, ut Diouysius dicit, 4 cap. De Div. Nom. [Iect. 22J. Unde virtus hurnana, quae

  • :;o LA SO~t:\lA TEOLOGICA, I-II, q. 71, a. 3

    AHTICOLO 3 Se il vizio sia peggiore dell'atto vizioso. 1

    SEMBRA che il vizio, cio l'abito cattivo, sia peggiore del pec-cato, cio dell'atto cattivo. Infatti:

    1. Come inigliore il bene pi duraturo, cos peggiore il male di niaggior durata. Ma l'abito vizioso ha pi durata degli atti viziosi, che subito passano. Quindi l'abito vizioso peggiore del-l'atto vizioso.

    2. La causa superiore all'effetto. Ora, l'abito che compie l'atto, sia nel bene che nel male. Dunque l'abito superiore al-l'atto, sia nella bont che nella malizia.

    3. ~ono pi da fuggire mali n10lteplici che un male unico. Ora, un abito cattivo virtualmente causa di molte azioni cattive. Perci l'abito vizioso peggiore dell'atto peccaminoso.

    1~ coNTRARlO: lJno pu essere punito giustamente per un atto vizioso: non cosl per un abito vizioso, qualora non passi all'atto. Dunque l'atto peggiore dell'abito vizioso.

    lllRPONDO: L'abito qualche cosa di mezzo tra la potenza e l'atto. Ora, evidente che nel bene e nel male l'atto superiore alla po-tenza, come insegna Aristotele: infatti meglio agir bene che avere la sola capacit di farlo; cosi pure pi riprovevole agire malamente, che averne la capacit.. Da ci deriva che l'abito, nel bene come nel male, occupa un grado intermedio tra la potenza e l'atto: e cio, come l'ahito buono o cattivo superiore, in bont o in malizia, alla facolt, cosl inferiore all'atto.

    E ci si dimosLra a.nc11e dal fatto che un abito non si denomina buono o cattivo, se non perch inclina a degli atti buoni o cat-tivi. Cosicch un abito si dice buono o cattivo per la bont o per la cattiveria de.ll1atto. Perci l'atto, in bont o in malizia, su-p(riore agli abiti: poich cc la causa sempre superiore ai suoi effetti n.

    Sor,,uzro.NE' DELLE DJF.FicoLT~: 1. Niente impedisce che ci sia una cosa sostanzialmente superiore a un'altra, la quale tuttavia sotto un certo aspetto, [ secunr111m quid] le sia inferiore. Infatti si deve ~iudica:re sostanzialmenLe [o Rim.plicilerl superiore qnrlla C(~sa che tale in rapporto a quanto direttamente [per se1 viene con-siderato nell'una e neIPaltra: e superiore secundum quid quella che eccelle in un elemento marginale. Ora, noi abbiamo dimo-strato dalla nozione stessa di atto e di abito, che l'atto, in bont n in malizia, superiore all'abito. Invece, che ]'abito abhia mag-gior durata dell'atto dipende occasionalmente dal loro trovarsi in una particolare nal.ura, che non capace di agire di conti-nuo, e la eui azione consiste in un moto transeunte. Perci di suo l'atto superiore aJl'abit.o, sia in bont che in malizia: mentre l 'a.bito superiore all'atto secundum quid.

    2. L'abito causa dell'atto come causa efficiente: ma l'atto

    1 Il problema ::;quisitamente tecnico. e d' interesse molto Pi limitato del prr cedenti. Esso serve per ad approfondire 1 indagine razionale su un argomento

  • VIZI E PECCATI IN SE STESSI 31

    ARTICULUS 3 Utrum vitium sit peius quam actus vitiosus.

    AD TERTIUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod vitium, idest habitus ma-}US sit peius quam peccatum, idest actus malus. Sicut enim bonum

    qu~d est diuturnius, est melius; ita malum quod est diuturnius, est peius. Sed habitus vitiosus est diuturnior quam actus vitiosi, qui statim transeunt. Ergo habitus vitiosus est peior quam actus vitiosus.

    2. PRAETEREA, plura mala sunt magis fugienda quam unum ma-lum. Sed habitus malus virtualiter est causa multorum malorum actuum. Ergo habitus vitiosus est peior quam actus vitiosus.

    3. PRAETEREA, causa est potior quam eff ectus. ~ed habitus perficit actum tam in bonitate quam in malita. Ergo habitus est potior actu et in bonitate et in malitia.

    SED coNTRA, pro actu vitioso aliquis iuste punitur: non autem pro habitu vitioso, si non procedat ad actum. Ergo actus vitiosus est peior quam habitus vitiosus.

    RESPONDEO nicENDUM quod habitus medio modo se habet inter po-tentiam et actum. Manifestum est autem quod actus in bono et in malo praeeminet potentiae, ut dicitur in 9 Metaphys. [c. 9, lect. 10]: melius est enim bene agere quam posse bene agere; et similiter vituperabiHus est male agere quam posse male agere. Unde etiam sequitnr quod habitus in honitale et in malitia medium gradum obtineat inter potentiam et actum: ut scilicet, sicut habitus bonus vel malus praeeminet in bonitate vel malitia potentiae, ita etiam subdatur actui.

    Qnod etiam ex hoc apparet, qnod habitus non dicitur bonus vcl malus nisi ex hoc quod inc1inat ad actum bonum vel malum. UndP propter bonitatem vel malitiam actus, dicitur habitus bons vcl malus. Et sic potior est actns in bonitate vel malitia quam habitus: quia (( propter qnod unnmquorlque tale, et illud rnagis est)),

    An PIHMUM Eneo mc:ENIHn.r quod nihil prohibet aliquid esse sim-pliciter altero potins, quod tamen secundum quid ab eo deficit.. Simpliciter enim poth1s iudkatur quod praeeininet quantum ad id quod per se corn:;idr.ral u r in ntroque: secundum quid autem, quod praeeminet secundum id quod per accidens se habet ad utrum-que. Ostensum est a.utero rin corp. l ex ipsa ratione actus et habi-tus, quod actus est potior in bonitate et malitia quarn habitus. Quod autem hahitui:: i;;it diuturnior quam actus, accidit ex eo quod utrumque jnvenitur in tali natura quae non potest semper agere, et cuius actio est in motn transeunte. llnde simplicitcr actuR est POtior tam in bonilate quam in malitia: sed hahitus est potior secundum quid.

    An SECUNDUM DICE~nu:u quod hahitns non est simpliciter plnres

    COsl delicato qua1' f> il disordine mo:raie, che tu:rba ln tutti f sensi la nost:ra vita. -:::za scc>modare i commentato:rf, basta lC'p;gere attentamente le difficolt fniziaJi. a P c1omprendere rho il quesito assal pili complesso di quanto potrebbe sembrare I' tna vista.

  • 32 LA SOMI\-IA TEOLOGICA, I-II, q. 71, aa. 3-4

    causa dell'abito come eausa finale; e la ragione di bene e di male si desume da quest'ultima. Perci in fatto di bont e di malizia l'atto superi ore. all'abito. 1

    a. L'abito non una pluralit di atti in senso assolutoJ ma solo secundum. quid, cio virtualmente. Perci non si pu concludere senz1allro che. l'abito sia superiore all'atto in bont o in malizia.

    ARTICOLO 4 Se il peccato possa coesistere con la virt. 2

    SEMBRA che ratto v1z10so, ossia il peccato, non possa .coesistere con la virt. Infatti:

    1. I contrari non possono coesistere nel medesimo soggetto. Ma il peccato da un certo punto di vista, come abbiamo spiegato, il contrario della virt. Dunque il peccato non pu coesistere con essa.

    2. Il peccato peggiore del vizio, l'atto cattivo, cio, peggiore dell'abito vizioso. Ora, il vizio non compatibile con la virt. Quindi neppure il peccato.

    3. Secondo Aristotele il peccato capita nelle cose naturali come neH'attivit volontaria. Ma nelle cose naturali il peccato dipende sempre dalla corruzione di una virt naturale: a dire di Aristo-tele, i niostri derivano dalla corruzione di qualche principio nel seme)). Perci nella attivit volontaria il peccato capita soltanto per la corruzione di qualche virt dell'anima. E quindi il peccato e la virtl1 sono incoinpatibili nel medesirno soggetto.

    IN coxTRARro: Il Filosofo insegna che la virt si genera e si cor-rompe in forza di cose contrarie. Ma sopra abbiamo dimostrato che un solo atto virtuoso non causa la virt. Dunque neppure un solo atto peccaminoso pu distruggerla. Perci le due cose pos-sono coesistere nel medesimo soggetto.

    RISPOJSOO: J l peccato sta alla virtl come un atto cal tivo a un abito buono. Ma un abito non si trova nell'anima come la forma di nn essere di ordine naturale. Una forma naturale, infatti, pro-duce per nece:::;siL ropcrazione rispettiva: e quindi non compa-tibile con una dat n forma naturale l'atto della forma contraria: rol calore, per esempio, non compatibile l'atto del raffreddamento, e con la 1evit non possibile il moto verso il basso, se non per la violenza di una causa esterna. I. .. ' abito invece non produce la sua operazione nell'anima per necessit, ma l'uomo se ne serve quando vuole n. Perci, rimanendo l'abito in lui, l'uomo pu non usarne, oppure pu compiere un atto contrario. E in questo modo, pur possedendo una virtl1t uno pu passare aU'atto contrario de] pec-cato. a

    1 C'h1 non accetta la teoria tomistir,a sui rapporti reciproci delle quattro cause 11over incomprenslhile qnest.a solnzlone: ma Sf'nza codesta teoria sar del tutto impossibile una ~oJm:one ragionevolt- dP.l quesito proposto.

    "2 Il Jlrohlema am.ne al precedente. ma pi comnlesso. come si pu vedere anc11e

  • VIZI E PECCATI IN SE STESSI 33

    actus sed secundum quid, idest virtute. Unde ex hoc non potest concl~di quod habitus sit simpliciter potior in bonitate vel malitia quam actus.

    AD TERTlUM DICENDUM quod habitus est causa actus in genere causae efficientis: sed actus est causa habitus in genere causae finalis, secundum quam consideratur ratio boni et mali. Et ideo in bonitate et malitia actus praemninet habitui.

    ARTICULUS 4 Utrum peccatum simul possit esse cum virtute.

    Supra, q. 6:1. a. 2. acl 2: infm, (f. 7:~. a. t. a 2: Tl-11. q. 2'1, a. 1'2: De Vtrtut .. q. 1. a. t, ad 5.

    AD QUARTUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod actus vitiosus, sive pec-catum, non possit simul esse cum virtute. Contraria enim non possunt esse sin1ul in eodem. Sed peccatu1n quodammodo contra-riatur virtnti, ut dictu m est [a. 1 ]. Ergo pcccatum non potest si-mul esse cum virtnte.

    2. PRAETEREA, peccatum est peius quam vitium, idest actus malus quam habitus malus. Sed vitium non potest simul esse in eodem cum virtute. Ergo nequc peccatum.

    3. PRAETEREA, sicut peccatum accidit in rebus voluntariis, ita et in rebus naturalibus, ut dicitur in 2 Physic. [c. 8, lect. 14]. Sed nunquam in rebus naturalibus accidit peccatum nisi per aliquam corruptionem virtutis naturalis: sicut mfo In tutte le sue sfnrru1t111'e 11 pensiero deH Autore.

    sec Questa precisazione mette bene in evidenza n vero concetto di abito operativo. 0 ndo Il pensiero di s. Tommaso. I.a virt. e il vizio non eliminano affatto la

  • 34 LA SOM?vIA TEOLOGICA, I-II, q. 71, aa. 'i-5 Vatto del peccato, dunque, c011frontato con la virt in quanto

    questa un abito, non pu corromperla, se un atto unico: in-fatti, come un abito da un unico atto non pu essere generato, cos non pu esserne distrutto, secondo le spiegazioni date. Se in-vece l'atto peccaminoso viene confrontato con la causa delle virt, allora possibile che certe virt siano distrutte da un solo atto peccaminoso. Infatti ogni peccato mortale contrario alla carit, radice di tutte le virt infuse in quanto virt: perci, da un solo peccato nwrt:i le, distrutta la carit, vengono distrutte conseguen-temente tutte le virt infuse, sotto l'aspetto di virt. E dico questo per la fede e la speranza, i cui abiti informi rimangono dopo il peccato mortaie; ma allora non sono virt. Invece il peccato ve-niale! che non contrario alla carit e non la esclude, neppure esclude altre virt. Dal canto loro le virt acquisite non vengono distrutte mai da un unico atto di qualsiasi peccato. 1

    Perci il peccato mortale non compatibile con le virt infuse: compatibile per con le virtt acquisite. Invece il peccato veniale compatibile con le virt infuse e con quelle acquisite.

    Sor.uzm~F. m;u,E DIFFICOLT.\ : 1. Il peccato non direttamente con-trario a.Ila virt, rna al suo atto. Esso perci incompatibile con l'atto della virt: tuttavia pu stare insieme con l'abito di essa.

    2. 1l vizio direttamente contrario alla virt, come il peccato all'atto virtuoso. Perci il vizio esclude la virt, come il peccato ne esclude l'atto.

    3. Le virt nairali agiscono per necessit: e quindi, quando la virt integra, non pu mai riscontrarsi un peccato nelrope-razione. Invece le virtl dell'nnima non producono i loro atti per necessit:'1: perci il paragone non regge.

    AHTICOLO 5 Se in ogni peccato ci sia uu atto. 2

    SE!\-IHBA che in ogni peccato ci sia un atto. Infatti: 1. 11 peccato sta al vizio, r.ornc il merito sta aUa virt. Ora, il

    merito non pn sussistt~rP sPnzn un atto. Cos non pu sussistere il peccato.

    spontaneit del soggetto, fissnmlolo in una specie di terminismo meccanico. come temono CNU studtosl moderni. Il soggetto razionale dei propri abiti opel'atfvt se ne serv0 cinando vuo1e " secondo l'espressione di Averro riferita daH'Autore.

    1 -..;.:TI h1:--mrna n(y di:rientr:11r d1e la vrtf1 :1('rp1isil;1 in un pC'ccatore. mnc In

    un uomo qualsiasi chiamato aJ!a feJ1cit. soprannaturale, qualche cosa che di ratto rimane in condtzionJ embrionali, cio di semplice dlsposlzlone. Senza carit I 'atto della virti! acquistata non pu essere meritorio: perci insieme alla carit veng-ono infuse le alt.re virt; ec('o PElrCh l'atto della virt acquistata non pu es-sere meritorio se non mediante la ~corrispettiva] virt infusa l (De Vtrtuttbus tn comm., a. 10, ar1 4).

    L'uomo cio pu avere due ttpl di perfezione morale: l'uno secondo le capacit

  • VIZI E PECCATI IN SE STESSI

    Actus autem peccati, si co1nparetur ad ipsam virt'ute1n prout est habitus quidam, non potest ipsarn corrumpere, si sit unus tantum : sicut enim non generatur habitus per unum acturn, ita nec per unum actum corrumpitur, ut supra [q. 63, a. 2, ad 2] dictum est. Sed si comparetur actus peccati ad causam virtutum, sic possibile est quod per unun1 actum peccati aliquae virtutes corrumpantur. Quodlibet enim peccatum mortale contrariatur caritati, quae est ra-dix omnium virtutum infusarum, inquantum sunt virtutes: et ideo per unum actum peccati mortalis, exclusa caritate, excluduntur per consequens omnes vrtutes infusae, quantum ad hoc quod sunt virtutes. Et hoc dico propter fidem et spern, quaruin habitus re-manent inf ormes post peccatum mortale, et sic non sunt virtutes. Sed peccatum veniale, quod non contrariatur caritati nec excludit ipsam, per consequens etiam non excludit alias virtutes. Virtutes vero acquisitae non tolluntur per unum actum cuiuscumque pec-cati.

    Sic igitur peccaturn mortale non potest simul esse cum virtutibus infusis: potest tamen simul esse cum virtutibus acquisitis. Pec~ catum vero veniale potest simul esse et cum virtutibus infusis, et cum acquisitis.

    Ao PRIMUM ERGO DICENDU.!1.I quod peccatum non contrariatur vir-tuti secundum se, sed secundum suum actum. Et ideo peccatum non pofest simul esse cum actu virtutis: potest tamen simul esse cum habitu.

    Ao SECUNDUM DICENDUM quod vitium directe contrariatur virtuti, sicut et peccatum actui virtuoso. Et ideo vitium exc1udit virtutem, sicut peccatum excludit actum virtutis.

    Ao TERTIUM DICENDUM quod virtutes naturales agunt ex necessi-tate: et ideo, integra existente virtute, nunquam peccatu1n potesi in actu inveniri. Sed virtutes animae non producunt actus ex ne-cessitate: unde non est similis ratio.

    AHTICULUS 5 Utrum in quolibet peccato sit aliquis actus.

    ! sent., d. 3.'i. a. 3; De Malo.

    AD QUINTUM SIC PROCEDlTUR. Videtur quod in quolibet peccato sit aliquis actus. Sicut enirn meritum comparatur ad virtute111, ita peccatum ad vitium cornparatur. Sed meritmn non potest esse absque aliquo actu. Ergo nec peccatum potest esse absque aliquo actu.

    ';:llal s~a natura, l'altro secondo 1ordino soprannaturale. ~la l'uomo p-erft>tto d mp tcite1 in base a questo secondo tiDO di pe1fezione, "primo autem modo serun-tium Clllld. Unde duplex competit virtus ttomini: una. quae rispondet primae pe1 fec-eto~ Clllae non est completa virtus; alia quae respondet suac pf'rfectioni ulttmae,

    3 ,e est vera et perfecta hominls virtus .. (lbld., ad 1). eh L articolo ri fa I'i \'i vere un arresa polernira tra i maest1i medioevali parigini.

    e interessa l'esatto concetto del peccato di omissione>, del peccato d' ignoranza e ~~~~lno del peccato originale (cfr. Lornx o., Psuchologie et Morale aux XlJe et Btcles. Lovanto-Gembloux, 1!.149, t. 3, P. II, 1. pp. 11-51). - Al luoghi paralleli

  • LA SO~DL\ TEOLOGICA, C-II, q. 71, a. 5

    2. S. Agostino inseg-na, che (a.rdo paro favorevoli' aHa loro tesi (Cfr. t Serlt. d. 35, c. 3\. S. AH~ito Magno afferma che questa prima opinione era considerata al suol tempi "probabUior" e celebrlor (ln ! Sent., d. 22, a. 8). Essa, a detta del

  • VIZI E PECCATI IN SE 8TES81

    2 PRAETEREA, Augustinus dicit, in libro De Lib. Arb. LDe Veru Retg. c. 14], quud u omne peccatum adeo est voluntarium, quod si non sit voluntarium, non est peccatum >>. Scd non potest esse aliquid voluntariurn nisi per actum voluntatis. Ergo omne peccatum habet aliquelll acturn.

    3. PRAETEREA, si peccat um esset absque aliquo actu, sequeretur quod ex hoc ipso quod aliquis cessat ab actu debito, peccaret. Sed continue aliquis cessat ab actu debito, ille scilicet qui nunquam actum debitum operatur. Ergo sequeretur quod continue peccaret: quod est falsum. Non ergo est aliquod pcccatum absque actu.

    SED co:sTRA EST quod, dicitur Iac. 4, 17: u Scienti bonum facere et non facienti, peccatum est illi n. Sed non facere non importat aliquem actuni. Ergo peccaturn potest esse absque actu.

    RESPONDJ

  • 38 LA t::O).i\IA TEOLOli lCA, I-Il,
  • VIZI E PECCATI IN SE STESSI

    Qui quidem actus quandoque directe fertur in ipsam omissio-nem: puta cum aliquis vult non ire ad ecclesiam, vitans laborem. Et tunc talis actus per se pertinet ad omissionem: voluntas enim cuiuscumque peccati per se pertinet ad peccatum illud, eo quod voluntarium est de ratione peccati. - Quandoque autem actus vo-luntatis directe fertur in aliud, per quod homo impeditur ab actu debito: sive illud in quod fertur voluntas, sit coniunctum omis-sioni, puta cum aliquis vult ludere quando ad ecclesiam debet ire; sive etiam sit praecedens, puta cum aliquis vult diu vigilare de sero, ex quo sequitur quod non vadat hora matutinali ad eccle-siam. Et tunc actus iste interior vel exterior per accidens se habet ad omissionem: quia omissio sequitur praeter intentionem; hoc autem dicimus per accidens esse, quod est praeter intentionem, ut patet in 2 Physic. [c. 5, lect. 8, 9]. Unde manifestum est quod tunc peccatum omissionis habet quidem a1iquem achnn cuniunctum vel praecedentem, qui tamen p_er accidens se habet ad peccatum omissionis. Iudicium autem de rebus dandum est secundum illud quod est per se, et non secundum illud quod est per accidens. Unde verius dici potest quod aliquod peccatum possit esse absque omni actu. Alioquin etiam ad essentiam aliorum peccatorum actua-lium pertinerent actus et occasiones circumstantes.

    An PRIMUM ERGO DICENDUM quod plura requiruntur ad bonum quam ad malum: eo quod cc bonum contingit ex tota integra causa, malum autem ex singularibus defectibus ut Dionysius dicit, 4 cap. de Div. Nom. [lect. 22]. Et ideo peccatum potest contingere sive aliquis faciat quod non debet, si ve non f aciendo quod debet: sed meritum non potest esse nisi aliquis faciat voluntarie quod debet. Et ideo meritum non potest esse sine actu, sed peccatum potest esse sine actu.

    An SECUNDUM DICENDUM quod aliquid dicitur voluntarium, non solum quia cadit super ipsum actus voluntatis, sed quia in po-testate nostra est ut fiat vel non fiat, ut dicitur in 3 Ethic. [c. 5. lect. 91. Unde etiam ipsum non velie potest dici voluntarium, in-quantum in potestate hominis est vene et non vene.

    An TERTIUM DICENDUM quod peccatum omissionis contrariatur praecepto afflrmativo, quod obligat semper, sed non ad semper. Et ideo solum pro tempore illo aliquis cessando ab actu peccat, pro quo praecept.um affirmativum obbligat.

    ma non pro semper; mcnt1e una legge negutiva ohhJlga sempre e pro ,

  • 40 LA S0:\1~IA TEOLOGICA, l-11, q. 71, a. 6

    AHTICOLO 6 Se sia esatto definire il peccato come parola, azione, o desiderio contro

    la legge eterna . 1

    SEMBRA che non sia ben definito il peccato, quando si dice: u Il peccato una parola, untazione o un desiderio contro la legge eterna)>. infatti:

    1. Parola, azione o desiderio implicano sen1pre un atto. Ma qui sopra abbiamo visto che non tutti i peccati implicano un atto. Dunque codesta definizione non include tutti i peccati.

    2. Altrove S. Agostino ha scritto: (( Il peccato la volont di ri-tenere o di conseguire ci che la giustizia non per1nette . Ora, la volont rientra nella concupiscenza, se presa in senso lato per un appetito qualsiasi. Perci bastava dire che ; e non era necessario aggiun-gere: una parola o un'azionen.

    3. Il peccato propriamente consiste nello scostarsi dal fine: in-fatti come abbiamo gi notato, il bene e il male si giudicano prin-cipal.mente dal fine. Perci, nel definire il peccato in rapporto a1 fine, S. Agostino afferma che u peccare altro non che attendere alle cose temporali, trascurando le eterne n: e altrove afferma che r< tutta la n1alvagit umana consiste nell'usare ci di cui si deve fruire, e nel fruire di ci che si deve usare . Ora, nella defini-zione indicata non si parla affatto dell'aversione dal debito fine. Dunque essa non definisce bene il peccato.

    4. Si dice che una cosa proibita perch contraria alla legge. !\Ia non tutti gli atti peccaminosi sono cattivi perch proibiti, ch alcuni sono proibiti perch cattivi. Dunque nella definizione ge-nerica del peccato non si doveva mettere che contro la legge di Dio.

    5. Dalle cose dette in precedenza chiaro che il peccato indica un atto cattivo dell'uomo. l\'.Ia a dire di Dionigi, "la cattiveria del-l'uomo consiste nell'essere in contrasto con la ragione)>. Perci bisognava dire che il peccato contro la ragione, piuttosto che contro la 1r.f{ge etrrna.

    lN CONTRARIO: bnstn l'nutorit di S. Agostino. RISPONDO: Dalle cose dette in precedenza evidente che il pec-

    cato n0n altro che l'atto umano cattivo. Cos pure evidente che un atto umano perch volontario: sia esso volontario perchr emesso dalla volont, romc la volizione e l'elezione; sia perch rornnndnto dalla volont, come gli atti esterni del parlare, o del-l'agire. Ora, nn atto umano deve la sua rattiveria al fatto che manca della dehita mi~ura. D'altra parte la misura per qualsiaRi rosa si desume da una regola, scostandosi dalla quale la cosa di-viene sregolata. Ora ci sono due regole deHa volont umana: una

    i E questa 1:t riii tP-1etrri:: {'fini1!one agostiniana d

  • VIZI E PECCATI IN SE STESSI

    ARTICULUS 6 Utrum convenienter definiatur peccatum esse dictum vel factum

    vel concupitum contra legem aeternam .

    2 Sent., d. 35, a. 2; De Malo, q. 2, a. 1.

    Ao SEXTUM src PROCEOlTUR. Videtur quod inconvenicntcr definiatur peccatum, cum dicitur: u Peccatum est dictum vcl factum vel con-cupitum contra Jegem aeternam . [AuG. 22 Contra Faust., c. 271. Dictum enim, vel factum, vel concupitnm, importat aliquem actum. Sed non omne peccatum importat aliquem actum, ut dictum est [a. praec.]. Ergo haec definitio non includit ornne peccatum.

    2. PRAETEREA, Augustinus dicit, in libro De Duabus Animabus [c. 11]: (( Peccatum est voluntas retinendi vel consequendi quod iustitia vetat . Sed voluntas sub concupiscentia comprenditur, secundum quod concupiscentia largo modo sumitur pro omni ap-petitu. Ergo suffecisset dicere, Peccatum est concupitum contra legem aeternam n; nec oportuit addere, cc dictum vel factum .

    3. PRAETEREA, peccatum proprie consistere videtur in aversione a fine: nam bonum et malurn principaliter considerantur secundum fnem. ut ex supradictis [ q. 18, a. 6] patet. Unde et Augustinus, in I De Lib. A rb., [ q. 111 per comparationem ad finem definit pec-catum, dicens quod

  • 42 r..A SOM'.\-IA TEOLOGICA, I-11, q. 71, a. G

    prossima ed omogc>nea, l'altra invece la regola prima, e cio la legge eterna, che come }a aagione di Dio. Ecco perch S. Ago-stino nella definizione dcl peccato incluse due elementi: il primo, che costituisce la sostanza ddl'atlo umano, ed come l'elemento n1ateriale del peccato: 1< parola, azione o desiderio)); il secondo invece., che t~ ('Ome l'cletnell1 O formale del peccato, costituisce la ragio11e ~t.cssn di ma.le: H corifro la legge eterna u. 1

    Sotuzto'.\E DELLE DIFF1COLT.\: 1. Affermazione e negazione apparten-gono a uu llkd1~Siimo ,~e11erc: cos in caniJ)O trinitario aenito e ingenito, a detta di S. Agostino, si riducono al genere di relazione. Perci nei termini parola ed azione, si devono intendere anche le parole mancate e 1e azioui omesse.

    2. La causa prima del 11e1~cato sta neHa volont, la quale co-manda lutti gli at1i volon1 ari 1 nei quali soltanto pu esserci il peccato: ecco perch S. Ago.stino talora definisce il peccato me-diante la sola volont. 'la poich anche gli atti esterni apparten-gono ana sostanza del peccato per la loro intrinseca malizia, di cui abbiamo gi tratlato, P.ra necessa.rio indicare nella definizicme qualche cosa che riguardasse anche gli atti esterni.

    3. La legge eterna ordina l'uomo prima di tutto e principal-mente al fine, e quindi lo di una proibizione del diritto positivo. Ma quandn si tratta dcl dir.itto naturale, che contenuto primaria-mente nella. legge eterna, e serondariamente nella facolt di giu-dizio della. ragione unuu1a, allora tutti i peccati sono cattivi per. ch proibiti. Infatti essi ripugnano al diritto naturale, proprio perch sono alti disordinati.

    5. Il peccato dai teologi viene considerato principalmente come offesa di Dio; dai filosofi moralisti invece considerato principal-mente come atto contrario alla ragione. Perci S. Agostino giu-stamente lo definisce come contrario alla lf'gge eterna, piuttosto rhe come contrario alla ragione: tanto pi clic la legge eterna ci d delle norme in molte cose che sorpassano la ragione umana, p. es., nelle cose d fede. 2

    me-gHo cli ogni a I tra !'ii avvicina a I canoni della buona deftniziOne aristotelica. "pe1 genus proximnm et 1W'fe1entiam spe.cifcam "

    1 Gli scol::lsficl ant

  • V IZl E PECCATI IN SE STESSI 43

    humanae est duplex: una propinqua et hornogenea, scilicet ipsa humaua ratio; alia vero est prima rcgu1a, scUicet !ex aeterna, quae est quasi ratio Dei. Et ideo Augustinus in definitione peccati po-suit duo: unum quod pertnet ad subslantiam actus humani, quod est quasi materiale in peccato, cum dixit, cc dictum vel f actum vel concupitun1 )) ; ali ud .a.utero quod pertiuet ad rationem rnali, quod est quasi formale in peccato, cum dixit, contra legern aeternam .

    AD PRIMUM ERGO DICE~DlJM quod afftrmatio et negatio reducuntur ad idem genus: sicut in divinis gcnitum et ingeniturn ad relatio-nem, ut Auguslinus dcit, in 5 De 1'rin. [cc. 6, 7]. Et ideo pro eodem est accipiendum dictum et non dictum, factum et non factum.

    Ao SECONDUM DICENDUM quod prima causa peccati est in volun-tate, quae imperat ornnes actus voluntarios, in quibus solum in-venitur peccatum: et ideo A ugustiuus quand.oque per solarn vo-luntatem definit peccatum. Sed quia etimn ipsi exterfores actus pertinent ad substantiam peccati, cum sint secundum se mali, ut ctictuin est [ q. 20, aa. 1, 2, 31; necesse fuit quod in definitione pec-cati poneretur etiam aliquid pertinens ad exteriores actus.

    An TERTIUM DICENHUM quod lex aeterna primo et principaliter ordinat hominem ad fnem, consequenter autem facit hominem bene se habere circa ea quae sunt ad ftnem. Et ideo in hoc quod d.icit u contra legem aeternam n, tangit aversionem a fine, et omnes alias inordinationes.

    AD QUARTUM DlCENDUM quod, cum dicitur quod non omne pecca-tum ideo est rnalum qua est prohihitum, intelligitur de prohibi-tione facta per ius positivurn. Si autem referatur ad ius naturale, quod continetur primo quidem in lege aeterna, sccundario vero in naturali iudicatorio rationis hurnanae, t.unc omne peccatum est malum quia prohibitum: ex hoc enim ipso quod est inordi-natum, i uri naturali repugn at.

    Ao QUINTUM DICENDUM quod a theologis considcratur peccatum praecipue secundum quod est offensa contra Deum: a philosopho autem morali, secundum quod contrariatur rationi. Et ideo Augu-stinus convenientius definit peccatum ex hoc quod est contra legem aeternam, quam ex hoc quod est contra rationem: praecipue cum per legem aeternarn regulemur 1n multis quae excedunt rationem humanam, sicut in his quae sunt fidei.

    dine naturale, che formalmente e immediatamente si riallaccia alla ragione, e l'or-dine sovrannaturale per cui l'uomo immeiatamente si rial1aecia a nio in ogni suo atto (c:fr. q. 71. a. 2. ad 4, (J. 73, a. 7, acJ a. ecc.). Il suo accenno opportuno per ri-cordare che Qui siamo in campo teologico, e la definizione del peccato dev'esser data ln rapporto al fino e alla regola soprannaturale dell'agire umano. - L'idea di un peccato flo.~ofico, ronrepifo inrtipenctente a. ogni re1azione ron la divinit, del tutto estraneo a.ne sue prospettive. Di taJe lrtea peregrina. abbozzata dal Suarez e dal De Lugo, e quindi espressa da un Gesuita di Digione nel 1686, mener grande

    . ~Ipore il celebre Antonio Arnauld. Le repHche non sempre fe11ci !'i teologi de11a omp~r;iia decideranno la s. Sf'de a intervenire con il decreto del 24 Agosto 16Ql1,

    che d1ch1arer scandalo.~a. te?nerarla, piarum aurium offensiva ed erronea. la tesi ~~ente: Peccatum philosophicum seu morale est actus lmmanus disconveniens 11~ uraa ratfonan et rec(ae rationi; theologicum vero et mortale est transgressio 'I' ira divina.e Iegls. Philosopllicum, quantumvis grave, in ilio, qui Deum vel ig-no-a vel de Deo actu non cogitat, est grave pffcatum, sed non est oft'ensa Dei, neque

    =.atum mortale dissolvens arnicitiam De!, nl'que aeterna poena dignum .. (DE~z. J>eca,Cf'I'. DBMA.'.\I Tfl., "Prh " in Dtct. Theol. Cath., t. 12, con. 255 n.: MASI R., ({Il

    to filosofico,, in Il Peccato, Roma, 1959, pp. 261-272).

  • QUESTIONE 72 La distinzione dei peccati. 1

    Passiamo cos a trattare flclla

  • OUAESTIO 72 De distinctione peccatorum

    tn novem arliculos dtvtsa.

    Deinde considerandum est de distinctione peccatorum ve1 vitio-ium.

    Et circa hoc quacru ntur novem. Primo: utrum peccata distin-guantur specie secundum obiecta. Secundo : de distinctione pec-atorum spiritualiurn et carnalium. Tertio: utrum secundum cau-sas. Quarto: utrum secundum eos in quos peccatur. Quinto: utrum secundum diversitatem reatus. Sexto: utrum secundum omissionem et commissionem. Scptimo: utrum secundum diversum processum peccati. Octavo: utrum secundum abundantia1n et defectum. No-no: utrum secundum diversas circumstantias.

    ARTICULUS 1 Utrum peccata differant specie secundum obiecta.

    Infra, aa. 3, 8; De Malo, q. 2, a. 6; q. H, a. 3.

    Ao PRl.MUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod peccata non differant specie secundum obiecta. Actus enim humani praecipue dicuntur boni vel mali per comparationem ad fnem, ut supra [q. 18, a. 61 ostensum est. Cum igitur peccaturn nihil aliud sit quam actus hominis malus, sicut dictum est [ q. 21, a. 1; q. 71, a. 1 ], videtur quod secundum fincs peccata debeant distingui specie, magis quam secundum obiecta.

    2. PRAETEREA, malum, cum sit privatio, distinguitur specie se-cundum diversas species oppositorum. Sed peccatum est quoddam 1nalum in genere humanorum actuum. Ergo peccata magis distin guuntur specie sccundum opposita, quam secundum obiecta.

    In forma schematica potremmo cos descrivere il cont.cnuto della q. 72:

    Distinzione dei Peccati

    ~ A) in se stessa e in generale : ex parte obicrti (a. 1) I) ex parte causae: ) Il) ex parte ~ B) in particolare effectus:

    III) ~x parte modus:

    a) opposizione tra soggetti imme-diati: carne, spirito (a. 2).

    b) in base ai vari tipi di causalit (a. 3).

    c) termini o finl immediati del-l'atto (a. 4).

    reatus temporalls, vel aeternus (a. 5)

    a) omissione e commissione

    (a. 6). b) gradi di esecuzione (a. 7). e) eccesso, difetto (a. 8). d) circostanze speciflcanu (a. 9).

  • LA 80'.\l.\IA TEOLO(aCA, 1-11, q. 7'2, a. 1

    a. ~e i veceali si disti11guessero specificameute per il loro og-getti>; saseLLe i1ripossiuile che l'identico specifico peccato potesse abbracciare oggetti diversi. Invece tali IJeccati si trovano: infatti la superbia, a dire di :S. Gregorio, abbraccia cose spirituali e cose materiali; n1cntre l'avarizia si estende a cose di diverso genere. Dunque i. peccati non si distinguono specifcarnente secondo il loro oggetto.

    IN C.:oi\TfiAruo: (( Il peccato . una parola, un'azione o un desiderio contro ln lPgge di Dio" Ora, le parole, le azioni e i des.ideri si di-stinguono secondo i diversi oggetti; poich, secondo le dirnostra-zioni date, gli alti si

  • LA DISTINZIONE DEI PECCATI 47

    3. PRAETEREA, si peccata specie differant secundum obiecta, im-possibile esset idern peccaturn specie circa diversa obiecta inveniri. Sed inveniuntur aliqua huiusmodi peccata: narn superbia est et in rebus spiritualibns et in corporalibus, ut Gregorius dicit, in libro 84 Moral. [c. 231; avartia etiarn est circa diversa genera 1erum. Ergo peccata uon dlstinguuntur specie secundum obiecta.

    SED CONTRA EST Qt:on > [AuG. 22 Contra Fausl., c. 27]. Sed dieta vel facta vel concupita distinguuntnr specie sccundnm di-versa obiecta: quia actus per obiecta distinguuntur, ut supra [q. 18, a. 5; 1, q. 77, a. 3 J dictum est. Ergo etia1n peccata secundurn obiecta specie distinguuntur.

    RESPONDEO DICENDL'"M quod, sicut dictum ('.>St [q. 71, a. 6], ad ra-tionem peccati duo concurrunt: scilicet act.ns voluntarius; et inor-dinatio eius, quae est per recessum a lege Dei. Horum autem duorum unum per se comparatur ad peccantem, qui in1endit ta-lem actum voluntarium excrcere in tali materia: aliud autem, scilicet inordinatio actus, per aecidens se hahet ad intentionem peccantis: . daJla

  • 48 LA SOMMA TEOLOGICA, I-II, q. 72, a. 2

    ARTICOLO 2 Se sia giusto distinguere i peccati in spirituali e carnali. 1

    SEM.HRA che non sia giusto distinguere i peccn1i in spirituali e carnali. Infatti:

    1. L'Apostolo scrive: (( Or le opere della carne chiaro quali sono: fornicazione, impurit, dissolutezza, lussuria, idolatria, ve-nefizi, ecc. n; dal che evidente che tutti i peccati sono opere della carne. Dunque non si devono distinguere i peccati carnali da queUi spirituali.

    2. Chiunque pecca cammina secondo la carne, conforme al detto dell'Apostolo: ,{Se vivrete serondo la carne, morirete; ma se con lo spirito darete morte alle azioni della carne, vivrete)). Ora, vi-vere o camminare secondo la carne va attribuito al peccato car-nale. Perci tutti i peccati sono carnali. E quindi non sono da di-stinguere in peccati carnali e spirituali.

    3. Si denomina spirito la parte superiore delPanima, cio la mente o ragione; secondo l'espressione di S. Paolo: u Rinnovatevi nello spirito della vostra mente ll, dove spirito sta per ragione, come spiega la Glossa. 2 J\ifa tutti i peccati che si commettono secondo la carne, per il consenso derivano dalla ragione: poich, come spie-gheremo in seguito, appartiene alla ragione superiore consentire al peccato. Dunque gli stessi peccati sono carnali e spirituali. E quindi non si diRtinguono tra loro.

    4. Se alcuni peccati sono in particolare da dirsi carnali, sembra che si tratti di quei peccati in cui uno pecca contro il proprio corpo. Ora, come dice l'Apostolo: (( Qualunqne peccato l'uomo c01n-met.te fuori del corpo. 1via il fornicatore commette un peccato con-tro il proprio corpo n. Perci la sola fornicazione dovrebbe essere un peccato carnale: invece 1' Apostolo enumera tra i peccati carnali anche lavarizia.

    IN CONTRARIO: S. Gregorio afferma che dei sette vizi capitali cinque Rono spirituali e due carnali n. 3

    RISPONDO: Come abbiamo gi visto, i peccati ricevono la loro specie dall'oggetto. Ora, ogni peccato consiste nella brama disor-dinata di un hene commutabile [o creatol; e quindi nel possesso di esso 1"li ha un godimento disordinato. Ora, da quanto abbiamo detto in prPce.denza, risulta che il godimento di due specie. Il primo, proprio dell'anima, i::i e~aurisce nella sola pprcezione delb

    ro~a fle~idprata: e que~to si p11 anche chiamare godhnento spiri-tnalt>; eome quando uno -ode della lode umrurn, o di altre cose del

    1 n quf'slto nasce daHa netta opposizione tra Ja carne e lo spirito, su cui ha tanto ln~i~tHo S. Paolo nC'llc suo lettere. I testi paolini Pi signiflcattvi sono rif~rH.i dall'Autore, il quale non aveva a sua disposizione 1 risultati df'lla filologia bl-hlira comparata. Tuttavia egli mostra una sicurC'Z7.a di intf'rprrtazione che stnpiSCP In un medio

  • LA DISTINZIONE DEI PECCATI 40

    ARTIULUS 2 Utrum convenienter distinguantur peccata spiritualia a carnalibue.

    II-Il, q, 118, a, 6; I Cor., c. 6, lect. 3; ~, c. 7, Iect. 1; Ad Galat., c. 5, lect. 5.

    AD SECUNDUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod inconvenienter distin-guantur peccata spiritualia a carnalibus. Dicit enim Apostolus, Ad Galat. 5, 19 ss.: Manifesta sunt opera carnis, quae sunt fornicatio, immunditia, impudicitia, luxuria, idolorum servitus, ve-neficia n, etc.: ex quo videtur quod omnia peccatorum genera sunt opera carnis. Sed peccata carnalia dicuntur opera carnis. Ergo non sunt distinguenda peccata carnalia a spiritualibus.

    2. PRAETEREA, quicumque peccat, secundum carnem ambulat, se-cundu1n illud Rom. 8, 13: Si secundum carnem vixeritis, mo-riemini; si autem spiritu facta carnis mortificaveritis, vivetis . Sed vivere vel ambularf.' secundum carnem, videtur pertinere ad rationem peccati carnalis. Ergo omnia peccata sunt carnalia. Non ergo sunt distinguenda peccata carnalia a spiritualibus.

    3. PRAETEREA, superior pars animae, quae est mens vel ratio, spiritus nominatur: secundum illud Ephes. 4, 23: (( Renova1nini spiritu mentis vcstrac n, ubi spiritus pro ratione ponitur, ut ibi Glossa [Interlin. et Ord. Aug.] dicit. Sed omne peccatum quod secundum carnem committitur, a ratione derivatur per consensum: quia superioris rationis est consentire in actum peccati, ut infra [q. 74, a. 7] dicetur. Ergo eadem peccata sunt carnalia et spiri-tualia. Non ergo sunt distinguenda ad invicem.

    4. PRAETEREA, si aliqua peccata specialiter sunt carnalia, hoc po- . tissime intelligendum videtur de illis peccatis quibus aliquis in corpus suum peccat. Sed sicut Apostolus dicit, I ad Cor. 6, 18, u omne peccatum quodcumque fecerit homo, extra corpus est: qui autem fornicatur, in corpus suum peccat H. Ergo sola fornicatio esset peccatum carnale: cum tamen Apostolus, Ad Ephes. 5, 3, etiam avaritiam carnalibus peccatis annnmeret.

    SED CONTRA EST quod Gregorius, 31 Moral. [c. 45], dicit quod

  • LA SOMMA TEOLOGICA, I-Il, q. 72, aa. 2-3

    genere. Il secondo godimento, naturale o fisico, proprio del corpo, e si attua nel contatto diretto del corpo: e pu anche denominarsi godirnento carnale. Ecco dunque che i peccati i quali consistono in un godimento spirituale si chiarnano peccati spirituali: quelli invece consistenti in un godimento della carne si chiamano peccati carnali; come la gola, che si riduce al godirnento dei cibi, e la lus-suria che si attua nei piaceri venerei. Ecco perch l'Apostolo am-monisce: (I Purifichiamoci da ogni contaminazione della carne e dellu spirito n.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLT: 1. Come spiega la Glossa codesti vizi sono chiarnati opere della carne, u non perch si attuino nel piacere carnale; ma can1e qui sta per uo1no, del quale pu dirsi che vive secondo la carne, quando vive secondo i propri istinti. E questo lo ripete anche S. Agostino. l ,a ragione di ci sta in questo che tutte le efkenze della ragione umana nascono in qualche modo dalla carnalit dei sensi.

    2. Cosl risolta anche ]a seconda difficolt. 3. Anche nei pecC'ati carnali e' un atto de11o spirito, cio un atto

    tiella ragione: ma il fine. di codesti peccati, da cui deriva la loro ihmominazione, un godimento della carne.

    4. Come spiega la Glossa, ((nel peccato di fornicazione l'anima cos asservita al corpo che un uomo "in quel momento non in grado di pensare ad altro H. Invece i1 piacere della gola, pur es-sendo carnale, non assorbe cos la ragione. Oppure si pu rispon-dere che nel peccato suddetto si fa un'ingiuria al corpo, che viene s1e.golalarnente disonorato. Per questo si dice che uno pecca contro U proprio corpo soJtauto per tale peccato.

    L1avarizia, poi, che viene enurnerata tra i peccati carnali, sta a indicare l'adulterio, che un'usurpazione della sposa altrui. Op-pure si pu rispondere che la cosa di cui gode l'avaro materiale: e sotto questo aspetto l'avarizia viene enurnerata tra i peccati car-nali. !\fa il godimento stesso non interessa la carne, bensl lo spi-rito; e quindi per S. Gregorio un peccato spirituale. 1

    ARTICOLO 3. Se i peccati siano specificamente distinti secondo ]e ]oro cause.

    SEMBRA che i peccati siano specificamente distinti secondo le loro cause .. Infatti;

    1. Una cosa riceve la specie dalla medesima fonte da cui riceve l'essere. -:\fa i 11ercati rieP.\'OHO l'essere dalle loro cause. Dunque da esse rirevono anche la ::;pcf"ie. Quindi le loro differenze specifiche seguono dalla diversit delle cause.

    2. Tra le can~e quella ehe sembra incidere meno sulla specie la causa matE:l'iHie. Ora, ne] peccato fa da causa materiale l'oggetto. Se, dunque i peccati si possono gi distinguere specificamente

    1 Quf!st'nltima ~0J111ionf'

  • LA DISTINZIONE DEI PECCATI 51

    a.liquo huiusrnodi. Alia vero delcctatio est corporalis, sive natn-raUs, quae in ipso tactu corporali perficitur: quae potest etiam dici delectatio carnalis. Sic igitur illa peccata quae perficiuntnr in delectatione spirituali, vocantur peccata spiritualia: illa vero quae perficiuntur in delectatione cp,rnali, vocantur peccata car-nalia; sicut gula, qnae perficitur in delectatione ciborum, et lnxu-.ria, quae perficitur in delectatione venereorum. Unde et Apostolus dicit, 2 ad Cor. 7, I Emunden1us nos ab ornni inquinamento carois et. spiritus >>.

    An PRIMUM ERGO DICENDUM quod, sicut Glossa [ord. J ibide1n dicit, illa vitia dicuntur opera carnis, "non quia in voluptate carnis perficiantur: sed caro sumitur ibi pro homine, qui dum secundum se vivit, secundum carnem vivere dicitur "' ut etiam Augustinus dicit, 14 De Civ. Dei [cc. 2, 31. Et huius ratio est cx hoc, quod omnis rationis humanae defectus ex sensu carnali .aliquo modo initium habet.

    Et per hoc etiam patet responsio ad secundum. An .TERTIUM DICENDUM quod in peccatis etiam carnalibus est ali-

    quis actus spiritualis, sciHcet actus rationis: sed finis horum pec-. eatorum, a quo denominantur, est delectatio carnis.

    An QUARTUM DICENDl;M quod, sicut Glossa [ ord. l ibidem dicit, < specialiter in fornicationis peccato servit anima corpori, intan-tum ut nihil aliud in ipso mornento cogitare homini liceat H. De-lectatio autem gulae, etsi sit carnalis, non ita absorbet rationem. -Vel potest dici quod in hoc peccato etiam quaedam iniuria fit corpori, dum inordinate maculatur. Et ideo per hoc solum pec-catum dicitur specialiter homo in corpus peccare.

    Avaritia vero quae in carnalibus peccatis connumeratur, pro adulterio ponitur, quod est iniusta usurpatio uxoris alienae. - Vel potest dici quod res in- qua delect atur avarus, corporale quoddam est: et quantum ad hoc, connumeratur peccatis carnalibus. Sed ipsa delectatio non pertinet ad carnem, sed ad spiritum: et ideo secundum Gregorium, est spirituale pe.ccatum.

    ARTICULUS 3 Utrum peccata distinguantur specie seeundum causas.

    ! Sent., d. 22, q, 1, a. 1.

    Ao TERTIUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod peccata distinguantur specie secundum causas. Ab eodem enim habet res speciem, a quo habet esse. Sed peccata habent esse ex suis causis. Ergo ab eis etiam speciem sortinntur. -Differunt ergo specie secundum diver-sitatem causarum.

    . 2. PR:\.ETFREA, inter alias causas minus videtur pertinere ad spe-c1em causa materialis. Sed obiectum in peccato est sicut causa materialis. Cum ergo secundum obiecta peccata i;;pecie distinguan~

    :f!.um comprehendit sub prudeniia carnis, quia etiam exteriores res muni appe. us 11ro1>tel' camem" (llll, q. 55, a. 1, ad 3}.

  • 52 LA ~Ol\lMA TEOLOGICA, 1-11, q. 72, a. 3 in base all'oggett.u, molto 11i potra11110 cos dHferenziarsi in base alle alt.re cause.

    3. Nel commentare le parole del Salmo: u Drudata col fuoco e divelta. i 8. Agostiuo insegua. che u qualsiasi peccato, o deriva dal-l'avvilimento di un cattivo timore, o dal divampare di un amore perverso )l. Del resto S. C~icrvanni ha Rcritto: ((Tutto quello che nel mondo, o concupiscenza della carne, o concupiscenza degli occhi, o superbia de1la vita n; e qui mondo sta per peccato, poich a detta di. S. Agostino, (( cul nome di mondo s'intendono gli ainatori del n1ondo n. Inoltre anche S. Gregorio divide tutti i peccati secondo i sette vizi capitali. Ma tutte codeste divisioni si riferiscono alle cause dei peccati. Perci{) i peccali differiscono specificamente se-condo la diversit delle loro cause. 1

    IN CO\1TRAHIO: Da codesta tesi seguirebbe che tutti i peccati sono del1a medesima specje, essendo prodotti da un'unica causa; scrive infatti l'Ecclesiastico: tc Inizio di ogni peccato la superbia; e S. Paolo: Hadice di ogni male la cupidigia" Invece evidente che esistono diverse specie di peccali. Perci i peccati non sono di-stinti secondo la diversit delle loro cause.

    HISPONDO: Esistono quattro generi di cause, e l'assegnazione di esse diversa secondo le diverse cose cui si riferiscono. Infatti la causa formale e quella materiale interessano propriamente la so-stanza: e quindi le sostanze si distinguono in generi e specie in base al1a rnateria e alla forma. Invece la causa agente e la causa finale interessano direttamente il moto e l'operazione: e quindi il moto e le operazioni hanno le loro distinzioni specifiche secondo codeste cause. Per in maniere diverse. Infatti i principii attivi di ordine tsieo sono determinati sempre ai medesimi atti: perci nelle operazioni d'ordine fisico la diversit delle specie non data soltanto dall'oggetto, ma. anche dai principii attivi; il riscaldamento e il raffreddamento, p. es., sono specificamente distinti come il caldo e i freddo [da cui derivano]. Invece nelle azioni volontarie, tra le quali sono gli atti peccaminosi, i principii attivi non sono deterrninati per necessit a un unico effetto: e quindi da un unico principio di azione o di moto possono derivare diverse specie di pec-cati. Spinto, p. es., dall'avvilimento di un cattivo timore, un uomo pu rubare, oppure uccidere, o anche abbandonare il gregge a lui aftidato; e lo stesso si dica del divampare di un amore perverso. Perci evidente che i peccati non sono specificamente distinti E

  • LA DISTINZIONE DEI PECCATI 53

    tur, videtur quod peccata multo magis secundum alias causas distinguantur specie.

    3. PRAETEREA, Augustinus, super illud Psalmi [79, 17], u Incensa igni et suffossa , dicit quod u omne peccatum est ex timore male humiliante, vel ex amore male in.fiammante. Dicitur etiam I Joan. 2 16, quod cc omne quod est in mundo, aut est concupiscentia car-n'is aut concupiscentia oculorum, aut superbia vitae : dicitur autem aliquid esse in mundo, propter peccatum, secundum quod ((mundi nomine amatores mundi significantur n, ut