Pini_Giorgio_Absoluta Consideratio Naturae_Tommaso d'Aquino e La Dottrina Avicenniana Dell'Essenza

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GIORGIO PINI Absoluta consideratio naturae : Tommaso d’Aquino e la dottrina avicenniana dell’essenza Si è spesso notata l’influenza della dottrina dell’essenza di Avicenna sugli autori del Due e Trecento. Riassunta nella formula ‘ equinitas est equinitas tantum’, tanto celebre quanto oscura, questa dottrina è di solito associata a Duns Scoto, ma compare di fatto in quasi tutti gli autori attivi nella seconda metà del tredicesimo secolo e nei primi anni del quattordicesimo, ed in particolare in Tommaso d’Aquino, Enrico di Gand ed Egidio Romano 1 . Poche dottrine appaiono altrettanto importanti per comprendere la metafisica di questi autori, ciascuno dei quali sottoscrive a quanto Avicenna afferma in vari punti della sua opera, ossia che un’essenza (ad esempio, l’essenza di uomo), benché esista sempre o come un individuo nel mondo (ad esempio, in Socrate, Platone e così via) o come un universale nell’intelletto (il concetto universale uomo), può tuttavia essere considerata in modo assoluto, prescindendo sia dall’individualità che ad essa pertiene in quanto esiste nel mondo sia dall’uni- versalità che ad essa pertiene in quanto esiste nell’intelletto. Considerata in modo assoluto, un’essenza non è né individuale né universale, ma è indiffe- rente ad entrambe le caratterizzazioni␣ : esse sono in qualche modo acciden- tali ed esterne all’essenza quando sia presa di per sé 2 . 1 Sull’influenza della dottrina dell’essenza di Avicenna su Scoto, si veda il classico studio di É. GILSON, Avicenne et le point de départ de Duns Scot , «␣ Archives d’histoire doctrinale et littéraire du Moyen Age␣ », 2, 1927, pp.␣ 89-149, in part. pp.␣ 129-146. Le conclusioni di Gilson sono state recentemente discusse da P. PORRO, Duns Scot et le point de rupture avec Avicenne, in Duns Scot à Paris. Actes du Colloque International, Paris, 2-4 septembre 2002, éd. par J.-L. SOLÈRE - G. SONDAG, Brepols, Turnhout, di prossima pubblicazione. Si veda inoltre A. DE LIBERA, La querelle des universaux. De Platon à la fin du Moyen Age, Éditions du Seuil, Paris 1996, pp.␣ 185-206␣ ; ID., La référence vide. Théories de la proposition, Presses Universitaires de France, Paris 2002, pp.␣ 231-239␣ ; P. PORRO, Universaux et esse essentiae␣ : Avicenne, Henri de Gand et le « Troisième Reich », «␣ Cahiers de philosophie de l’Université de Caen␣ », 38-39, 2002, pp.␣ 9-51. 2 Si veda soprattutto AVICENNA, Metafisica. La Scienza delle cose divine ( al-Il∞hiyy∞t ) dal Libro della guarigione ( Kit∞b al-¶if∞’ ). Testo arabo a fronte. Testo latino in nota. Traduzione dall’arabo, introduzioni note e apparati di O. LIZZINI. Prefazione, revisione del testo latino e cura editoriale di P. PORRO, Bompiani, Milano 2002, Trattato Quinto, Sezione Prima e Seconda, pp.␣ 442-477. Per una traduzione inglese ed una presentazione generale di questa dottrina di

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    GIORGIO PINI

    Absoluta consideratio naturae:Tommaso dAquino e la dottrina avicenniana dellessenza

    Si spesso notata linfluenza della dottrina dellessenza di Avicenna sugliautori del Due e Trecento. Riassunta nella formula equinitas est equinitastantum, tanto celebre quanto oscura, questa dottrina di solito associata aDuns Scoto, ma compare di fatto in quasi tutti gli autori attivi nella secondamet del tredicesimo secolo e nei primi anni del quattordicesimo, ed inparticolare in Tommaso dAquino, Enrico di Gand ed Egidio Romano1 . Pochedottrine appaiono altrettanto importanti per comprendere la metafisica diquesti autori, ciascuno dei quali sottoscrive a quanto Avicenna afferma in varipunti della sua opera, ossia che unessenza (ad esempio, lessenza di uomo),bench esista sempre o come un individuo nel mondo (ad esempio, in Socrate,Platone e cos via) o come un universale nellintelletto (il concetto universaleuomo), pu tuttavia essere considerata in modo assoluto, prescindendo siadallindividualit che ad essa pertiene in quanto esiste nel mondo sia dalluni-versalit che ad essa pertiene in quanto esiste nellintelletto. Considerata inmodo assoluto, unessenza non n individuale n universale, ma indiffe-rente ad entrambe le caratterizzazioni : esse sono in qualche modo acciden-tali ed esterne allessenza quando sia presa di per s2 .

    1 Sullinfluenza della dottrina dellessenza di Avicenna su Scoto, si veda il classico studio di. GILSON, Avicenne et le point de dpart de Duns Scot, Archives dhistoire doctrinale et littrairedu Moyen Age , 2, 1927, pp. 89-149, in part. pp. 129-146. Le conclusioni di Gilson sono staterecentemente discusse da P. PORRO, Duns Scot et le point de rupture avec Avicenne, in Duns Scot Paris. Actes du Colloque International, Paris, 2-4 septembre 2002, d. par J.-L. SOLRE - G.SONDAG, Brepols, Turnhout, di prossima pubblicazione. Si veda inoltre A. DE LIBERA, La querelledes universaux. De Platon la fin du Moyen Age, ditions du Seuil, Paris 1996, pp. 185-206 ; ID.,La rfrence vide. Thories de la proposition, Presses Universitaires de France, Paris 2002,pp. 231-239 ; P. PORRO, Universaux et esse essentiae : Avicenne, Henri de Gand et le TroisimeReich , Cahiers de philosophie de lUniversit de Caen , 38-39, 2002, pp. 9-51.

    2 Si veda soprattutto AVICENNA, Metafisica. La Scienza delle cose divine (al-Ilhiyyt) dalLibro della guarigione (Kitb al-if). Testo arabo a fronte. Testo latino in nota. Traduzionedallarabo, introduzioni note e apparati di O. LIZZINI. Prefazione, revisione del testo latino e curaeditoriale di P. PORRO, Bompiani, Milano 2002, Trattato Quinto, Sezione Prima e Seconda,pp. 442-477. Per una traduzione inglese ed una presentazione generale di questa dottrina di

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    Poche dottrine sono tuttavia altrettanto problematiche, se non addiritturamisteriose per linterprete contemporaneo. Quando si parla di essenzaaristotelica, infatti, il problema principale stabilire se si tratti di unessenzaindividuale o universale. Sostenere che lessenza, considerata di per s, non n individuale n universale significa, nellottica degli interpreti contempo-ranei, sottrarsi a questo dilemma appellandosi ad una terza possibilit di pers poco chiara oltre che estranea alla dottrina aristotelica che pure si intendespiegare con il richiamo allindifferenza dellessenza allindividualit edalluniversalit3 .

    A questa difficolt di comprendere la dottrina dellindifferenza se neaggiunge unaltra, riguardante la sua grande diffusione. Come si accennato,non c praticamente autore tra tredicesimo e quattordicesimo secolo, perquanto originali siano le sue opinioni in fatto di metafisica, che manchi dirichiamarsi ad Avicenna ed al famoso adagio secondo cui equinitas estequinitas tantum. proprio questo successo a costituire un problema perlinterprete contemporaneo. Come possibile tanta uniformit tra autori chesostengono dottrine dellessenza notoriamente molto diverse le une dallealtre e che spesso si sono scontrati tra di loro proprio a proposito del correttomodo di intendere la nozione di essenza? Sorge naturale il sospetto che ilrichiamo ad Avicenna sia semplicemente un espediente retorico privo disignificato filosofico, e che la dottrina dellindifferenza dellessenza, oltre adessere in s incomprensibile, nasconda dietro unapparente uniformit unadiversit di vedute inconciliabile.

    Se dunque facile ammettere linfluenza della dottrina avicenniana del-lindifferenza dellessenza nel tredicesimo e quattordicesimo secolo, quando

    Avicenna, si veda M. E. MARMURA, Quiddity and Universality in Avicenna, in Neoplatonism andIslamic Thought, ed. P. MOREWEDGE, SUNY Press, Albany, N.Y. 1992, pp. 77-87. Si vedano inoltreID., Avicennas Chapter on Universals in the Isagoge of His Shif, in Islam : Past Influence andPresent Challenge, eds. A. T. WELCH - P. CACIA, State University of New york Press, Albany N. Y.1979, pp. 34-56 ; ID., Avicenna on Primary Concepts in the Metaphysics of his al-Shif, in LogosIslamikos : Studia Islamica in honorem Georgii Michaelis Wickens, eds. R. M. SAVORY - D. A. AGIUS,Pontifical Institute of Mediaeval Studies, Toronto 1984, pp. 219-239 ; DE LIBERA, La querelle desuniversaux cit., pp. 185-191 ; D. L. BLACK, Mental Existence in Thomas Aquinas and Avicenna, Mediaeval Studies , 61, 1999, pp. 45-79, in part. pp. 47-51.

    3 Sino a non molto tempo fa, lopinione comune tra gli studiosi era che le forme aristotelichefossero universali. Lidea che le forme aristoteliche siano dei particolari stata ripresa e difesacon particolare vigore in M. FREDE - G. PATZIG, Aristoteles Metaphysick Z. Text, bersetzung undKommentar, 2 voll., Beck, Mnchen 1988 (trad. it., Il libro Z della Metafisica di Aristotele, Vitae Pensiero, Milano 2001). Per una presentazione del problema, si veda H. LESHER, Aristotle onForm, Substance, and Universals : A Dilemma, Phronesis , 16, 1971, pp. 169-178. Per unaccu-rata esposizione e discussione delle posizioni al riguardo, G. GALLUZZO, Met. Z 13 in theContemporary Debate and in Aquinass Interpretation, Documenti e studi sulla tradizionefilosofica medievale , 14, 2003, pp. 159-226, in part. pp. 161-185.

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    si passi a descrivere nei particolari in che cosa consista ladesione ad essa laquestione si fa pi difficile, al punto che non sembra possibile consideraretale adesione come un indice dellappartenenza ad una qualche scuola oanche pi genericamente ad una tendenza avicenniana in metafisica. Da unlato, infatti, si deve constatare che gli autori latini non percepirono ladottrina dellessenza di Avicenna come distinta da quella di Aristotele. Alcontrario, la dottrina di Avicenna venne considerata come una semplicechiarificazione di quella di Aristotele. Dunque, parlare dellinfluenza diAvicenna non deve indurre nellerrore di pensare ad una concezioneavicenniana dellessenza contrapposta ad una aristotelica. Nel tredicesimo equattordicesimo secolo, la storia della nozione aristotelica di essenza difatto la storia di come venne interpretata la dottrina dellindifferenza delles-senza di Avicenna. Daltro lato, non sembra possibile parlare dellinfluenza diAvicenna come se esistesse un solo modo di intendere la sua dottrina dellin-differenza dellessenza. La medesima dottrina di Avicenna e, per suotramite, la dottrina dellessenza di Aristotele venne in effetti interpretata inmodi diversi da diversi autori. Non dunque sufficiente constatare che unautore si richiama ad Avicenna ; necessario vedere come effettivamenteciascun autore interpreta il passo di Avicenna in cui si pone lindifferenzadellessenza.

    Scopo di questo studio dunque porre alcune premesse per rispondere adue domande riguardanti in generale la natura dellessenzialismo e linterpre-tazione data della nozione aristotelica di essenza tra tredicesimo e quattordi-cesimo secolo. La prima domanda : come fu possibile per gli autori del Duee Trecento interpretare la dottrina dellessenza di Aristotele come una dottri-na dellindifferenza dellessenza allindividualit e alluniversalit ? La secon-da domanda : come poterono autori che sostennero dottrine dellessenzadiverse ed in contrasto tra loro appellarsi tutti alla medesima dottrina diAvicenna ? Lasciando per il momento da parte suggestive ma prematuregeneralizzazioni storiografiche, la via per trovare la risposta a queste doman-de una sola : lanalisi precisa dei passi in cui gli autori medievali presentanola dottrina dellindifferenza dellessenza. Solo in questo modo si pu giungeread una corretta valutazione di che cosa un autore medievale intendesse peressenza. In attesa di allargare lindagine a diversi autori, quali Enrico diGand, Egidio Romano e Duns Scoto, in questo studio si prender in conside-razione il caso di Tommaso dAquino, che sembra offrire un buon punto dipartenza per valutare il ruolo svolto dalla dottrina di Avicenna nellinterpre-tazione di Aristotele.

    Si tratter di analizzare passi di Tommaso a volte noti, a volte meno, main ogni caso spesso assunti come non problematici. Alla luce di alcune nuove

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    acquisizioni storiografiche che hanno permesso di collocare la dottrina diAvicenna nella sua giusta prospettiva, sar possibile considerare in unanuova luce linterpretazione che Tommaso ne diede. Si potr in questo modoverificare come si intreccino diverse tradizioni nellinterpretazione di unaformula spesso evocata ma raramente studiata da vicino come quella secondocui equinitas est equinitas tantum. Stranamente, gli interpreti hanno in effettitrascurato di compiere uno studio preciso del ruolo che la dottrina dellindif-ferenza dellessenza svolge in Tommaso, probabilmente perch maggiormen-te interessati a determinare lesatto significato della pi famosa dottrina delladistinzione tra essere ed essenza a cui la dottrina dellindifferenza delles-senza in effetti collegata ma con cui non coincide. Se menzionata, ladottrina dellindifferenza dellessenza viene in genere considerata con uncerto imbarazzo, come un lascito di Avicenna non del tutto assimilato nelsistema tomista. Pi spesso, tuttavia, si preferisce ignorarla del tutto4 . Ci probabilmente dovuto ad un accidente storiografico : la distinzione tra essereed essenza divenne uno dei punti discriminanti della cosiddetta scuolatomista, per lo meno a partire dal sedicesimo secolo, mentre la dottrinadellindifferenza dellessenza venne associata al realismo sugli universaliproprio della scuola scotista. Se tuttavia si parte da una considerazionediretta delle opere di Tommaso, non influenzata dalla lettura che ne diederoquanti intesero richiamarsi al suo insegnamento in un contesto mutato, chiaro che il ruolo che la dottrina dellindifferenza svolse nel pensiero diTommaso non fu minore di quello che svolse per Duns Scoto, anche senaturalmente linterpretazione che Tommaso diede di tale dottrina diversada quella che ne diede Scoto. Tanto pi appare necessario uno studio detta-gliato dei passi in cui Tommaso presenta la dottrina di Avicenna. Inoltre, indubbio che linterpretazione che Tommaso diede della dottrina di Avicenna

    4 Si consideri ad esempio che nel pregevole e comprensivo studio dedicato da Wippel allametafisica di Tommaso dAquino la dottrina dellindifferenza dellessenza non viene presa inconsiderazione : si veda J. F. WIPPEL, The Metaphysical Thought of Thomas Aquinas. From FiniteBeing to Uncreated Being, The Catholic University of America Press, Washington, D.C. 2000.Possono essere considerati come delle eccezioni a questo proposito lo studio di J. OWENS,Common Nature : A Point of Comparison between Thomistic and Scotistic Metaphysics, MediaevalStudies , 19, 1957, pp. 1-14; e quello di BLACK, Mental Existence cit., pp. 61-65. Si veda inoltreDE LIBERA, La querelle des universaux cit., pp. 277-283. Non si intende qui fornire una trattazionecomplessiva della dottrina dellessenza di Tommaso, ma solo presentare la sua interpretazionedella dottrina dellindifferenza dellessenza di Avicenna. Per questo motivo, si sono tralasciatele discussioni teologiche sullessenza trinitaria e sul rapporto tra suppositum e natura. Per unapresentazione pi generale della dottrina dellessenza di Tommaso che tiene conto anche diquesti problemi, si veda G. GALLUZZO, Aquinas on Common Nature and Universals, Recherchesde Thologie et Philosophie mdivales , 71, 2004, pp. 131-171.

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    fu conosciuta dagli autori che vennero dopo Tommaso e svolse un ruolofondamentale come punto di partenza per stabilire quale fosse il correttomodo di intendere la famosa dottrina dellindifferenza dellessenza. SiaEnrico di Gand che Egidio Romano ebbero presenti le formulazioni diTommaso e partirono da esse per elaborare a loro volta, in direzioni diverse,ciascuno la propria dottrina.

    Il caso di Tommaso dAquino infine particolarmente istruttivo, in quantoTommaso, nel corso della sua carriera, non diede sempre la medesimainterpretazione della celebre dottrina dellindifferenza dellessenza. Sempli-ficando ed anticipando i risultati delle analisi che seguiranno, si pu dire chein una prima fase egli adott quella che si pu chiamare una interpretazioneontologica della dottrina dellessenza indifferente, secondo cui lessenza,presa nella sua indifferenza allessere individuale e universale, un costituen-te ontologico degli individui, antecedente ad essi e allintelletto che astrae ipropri concetti universali dagli individui. Questa fase testimoniata soprat-tutto nel Quodlibet VIII, q. 1. A partire dalla Summa contra Gentiles, masoprattutto nel commento al De anima, Tommaso abbandon ogni riferimen-to alla funzione ontologica dellessenza come costituente delle realtextramentali, per abbracciare una concezione dellessenza come concettouniversale, astratto dallintelletto a partire dagli individui, considerato aprescindere dalluniversalit che pure ad esso pertiene. Anche questa secondaconcezione dell essenza di fatto uninterpretazione della dottrinaavicenniana, e pu essere chiamata interpretazione gnoseologica della dot-trina di Avicenna e, per suo tramite, della nozione aristotelica di essenza ingenerale.

    Il caso di Tommaso dunque esemplare in quanto mostra come sia ineffetti poco informativo parlare genericamente dellinfluenza della concezio-ne avicenniana dellessenza. Per comprendere il valore ed i limiti di taleinfluenza si deve prendere in esame nel dettaglio linterpretazione che venneeffettivamente data della dottrina di Avicenna, al di l di una genericaadesione, non solo autore per autore, ma, per ciascun autore, opera per opera.

    In quanto segue, si presenter innanzi tutto brevemente la dottrina delles-senza di Avicenna come elaborazione della distinzione tracciata da Alessan-dro di Afrodisia tra universale e ci cui luniversale pertiene. In secondoluogo, si passer a considerare il ruolo e limpatto della dottrina di Avicennasui Latini, ed in particolare su Tommaso dAquino, dapprima nel De ente etessentia, poi nel Quodl. VIII, q. 1 ed infine nei commenti al De anima ed allaMetafisica e nelle altre opere degli anni Sessanta e Settanta del Duecento.

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    1. AVICENNA E LEREDIT DI ALESSANDRO DI AFRODISIA

    merito di alcune indagini recenti avere ricollocato la dottrina dellindif-ferenza dellessenza di Avicenna nel contesto aristotelico che ad essa pertiene. stato infatti dimostrato che Avicenna, con la sua dottrina dellessenza, sicollega in modo diretto ad Alessandro di Afrodisia (II-III secolo d.C.), di cuiriprende una importante distinzione volta a chiarire la dottrina di Aristotele5 .

    Per spiegare lo statuto delle nozioni universali ed il rapporto tra universa-le ed essenza in un passo del De anima di Aristotele (I, 1, 402b7, secondo cuilanimale universale o non niente o posteriore ), Alessandro di Afrodisiadistingue tra ci che viene definito (lanimale come oggetto di definizione) eluniversale che ad esso pertiene come un accidente (lanimale come genere).Secondo Alessandro, lessenza aristotelica ci che oggetto di definizione,ed dunque distinta dalluniversale che ad essa pertiene come un accidente,ad esempio quando si dice che lanimale una specie o un genere. Perdimostrare la distinzione tra ci che definibile cui luniversale pertieneaccidentalmente e luniversale stesso, ossia tra lessenza e luniversale,Alessandro nota che, anche se esistesse un solo animale al mondo, essosarebbe comunque un animale e la definizione di animale sarebbe applicabilead esso. Tuttavia, se vi fosse un solo animale al mondo, chiaro che ci chein tale situazione verrebbe definito come animale non sarebbe universale,perch proprio delluniversale essere detto di molte cose : ma per ipotesi, intale situazione c una sola cosa che viene definita come animale. Ne consegueche ci che oggetto di definizione non universale di per s, ma soloaccidentalmente. Ad esempio, lanimale che oggetto di definizione univer-sale accidentalmente, perch accidentale che esistano effettivamente pianimali cui conviene tale definizione. Ci significa che luniversale e ci che oggetto di definizione (ossia, lessenza) sono due entit distinte. Ad esseredefinito non , secondo Alessandro, lanimale come universale, ma lessenza

    5 Si veda soprattutto A. DE LIBERA, Lart des gnralits. Thories de labstraction, Aubier, Paris1999, pp. 25-157, 499-607. Per quanto riguarda Alessandro di Afrodisia, de Libera riprende ediscute gli studi di S. PINS, A New Fragment of Xenocrates and Its Implications, Transactionsof the American Philosophical Society , New Series, 51, 1961, pp. 1-34 ; e soprattutto M. M.TWEEDALE, Alexander of Aphrodisias Views on Universals, Phronesis , 29, 1984, pp. 279-303.Gi Tweedale aveva notato il collegamento tra la dottrina di Alessandro di Afrodisia e quella diAvicenna, sviluppato da de Libera. Per unintroduzione generale ad Alessandro di Afrodisia, sivedano P. DONINI, Le scuole, lanima, limpero : la filosofia antica da Antioco a Plotino, Rosenberg& Sellier, Torino 1982, pp. 22-48 ; e R. W. SHARPLES, Alexander of Aphrodisias : Scholasticism andInnovation, in Aufstieg und Niedergang der rmischen Welt, 2.36.1, hrsg. von W. HAASE - H.TEMPORINI, de Gruyter, Berlin - New York 1987, pp. 1176-1243.

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    cui luniversalit pertiene accidentalmente6 .Questa distinzione tra universale e ci che oggetto di definizione, ossia

    tra universale ed essenza, nasce in Alessandro come un tentativo di risolverealcune difficolt esegetiche presenti in Aristotele. Bench i motivi per cui ladistinzione stata posta siano chiari ed apparentemente chiara sia la distin-zione stessa, resta tuttavia un problema fondamentale, che gli interpreti nonhanno mancato di osservare e che influenzer la storia successiva dellanozione di essenza. Se infatti chiaro che lessenza (cui pertiene la definizio-ne) distinta dalluniversale che ad essa viene attribuito come un accidente,non chiaro come lessenza stessa possa essere descritta positivamente. Si sache cosa lessenza non : non un universale. E tuttavia, che cosa in sestessa? Forse un individuo esistente nel mondo? Sicuramente no : Alessandrodice esplicitamente che ci che oggetto di definizione pu essere predicatodi molte cose, anche se accidentale che ci si verifichi, come nel caso in cuiesistano effettivamente molti animali di cui lessenza animale pu venirpredicata. Secondo Alessandro, dunque, ci che oggetto di definizione non un individuo, ma non nemmeno un universale. Alessandro lo chiamapragma, senza specificarne ulteriormente la natura. Come stato notato daTweedale, questo pragma presente in molti (ossia, in tutti gli individui di uncerto tipo), ma allo stesso tempo non lo stesso in molti (infatti, non ununiversale attualmente presente in molte cose : se cos fosse sarebbe ununiversale platonico, e proprio per evitare questo risultato Alessandro hatracciato la distinzione tra essenza ed universale). Non chiaro, tuttavia,come qualcosa possa essere presente in molte cose senza essere la medesimacosa in tutto ci in cui presente7 .

    Bench non priva di problemi, la distinzione tracciata da Alessandro diAfrodisia tra universale ed essenza ebbe uninfluenza determinante solorecentemente riconosciuta in tutta la sua estensione su gran parte dellastoria successiva dellinterpretazione della nozione aristotelica di essenza. stato definitivamente dimostrato che in questa storia un ruolo fondamentaledi mediazione e di elaborazione venne svolto, nel decimo secolo, da Avicenna. infatti direttamente da Alessandro che Avicenna riprende la distinzione traci cui luniversalit compete come un accidente e luniversalit stessa, da lui

    6 ALEXANDRI APHRODISIENSIS Scripta Minora : Quaestiones, De Fato, De Mixtione, ed. I. BRUNS(Supplementum Aristotelicum, 2.2), Berlin 1892, Quaestiones 1.11a e 1.11b, pp. 21-22 ; si vedainoltre Quaestiones 1.3, pp. 7-8. Per una traduzione inglese di questi passi, si veda ALEXANDER OFAPHRODISIAS, Quaestiones 1.1-2.15, translated by R. W. SHARPLES, Duckworth, London 1992,pp. 24-26, 50-55. Il testo greco con traduzione inglese della Quaestio 1.11a dato anche inTWEEDALE, Alexander of Aphrodisias Views cit., pp. 283, 286-289

    7 TWEEDALE, Alexander of Aphrodisias Views cit., p. 300.

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    presentata con chiarezza in un celebre passo del primo capitolo del quintolibro della sua Metafisica8 . Bench molto celebre, vale la pena di riportare ilpasso in cui Avicenna introduce la distinzione tra universale e ci cuiluniversale si aggiunge, ossia lessenza, che di per s prescinde sia dallaparticolarit che dalluniversalit :

    Ora, luniversale in quanto universale una cosa e, in quanto una cosa cuisi accompagna luniversalit, unaltra cosa. Luniversale in quanto universa-le, infatti, ci che indicato da una delle definizioni [appena ricordate] ; cos,se un dato [universale] uomo o cavallo, [ci perch] vi unaltra intenzione diversa dallintenzione delluniversalit che la cavallinit. La defini-zione della cavallinit, infatti, non la definizione delluniversalit n luniver-salit entra nella definizione della cavallinit : la cavallinit ha una definizio-ne che non ha bisogno delluniversalit ma alla quale [semplicemente] accadeluniversalit. Essa, infatti, in se stessa non assolutamente niente a parte lacavallinit : in se stessa, essa non n uno n molti, non esistente n con gliindividui [concreti] n nellanima e non nessuna di tali [cose] n in potenzan in atto, perch [altrimenti, queste] sarebbero interne alla cavallinit. Alcontrario, in quanto tale essa soltanto cavallinit e anzi, la stessa unicit un attributo che si accompagna alla cavallinit, cosicch, presa insieme a taleattributo, la cavallinit una. E analogicamente, insieme a tale attributo, allacavallinit [appartengono] molti altri attributi che le si aggiungono : cos, acondizione che con la sua definizione essa si applichi a molte cose, la cavallinit generale, mentre poich assumibile con [caratteri] propri e accidentidesignabili ostensivamente, particolare. Perci, la cavallinit, in se stessa, soltanto cavallinit 9 .

    8 Sullinflusso di Alessandro di Afrodisia su Avicenna, si veda TWEEDALE, Alexander ofAphrodisias Views cit., p. 279 ; e soprattutto DE LIBERA, Lart des gnralits cit., pp. 505-509. Quisi prescinde dalla possibile influenza di Alessandro su Boezio ed Abelardo, cui de Libera dedicamolta attenzione, e si prende in considerazione solo quella su Avicenna, tramite cui la dottrinadegli universali di Alessandro diventer nota ai Latini. inoltre opportuno ricordare che ladottrina di Avicenna secondo cui lessenza pu essere considerata in tre modi (in s, negliindividui, nellintelletto) non ha nulla a che fare con la dottrina dei tre stati delluniversale (anterem, in re, post rem), cui pure stata talvolta associata. La dottrina delle tre considerazionidellessenza deriva dalla distinzione tracciata da Alessandro di Afrodisia tra universale edessenza ; la dottrina dei tre stati delluniversale venne invece elaborata nellambito del tardoplatonismo, probabilmente da Giamblico e poi da Simplicio, sulla base di alcune indicazioni diPorfirio. Su di ci si veda R. CHIARADONNA, Plotino e la teoria degli universali in Enn. VI 3 [44],9, in Aristotele e i suoi esegeti neoplatonici. Logica e ontologia nelle interpretazioni greche e arabe.Atti del Convegno Internazionale, Roma, 19-20 ottobre 2001, a cura di V. CELLUPRICA - C.DANCONA, con la collaborazione di R. CHIARADONNA, Bibliopolis, Napoli 2004, pp. 3-35.

    9 AVICENNA, Metafisica cit., Trattato Quinto, Sezione Prima, trad. LIZZINI, p. 445. Per la

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    in questo passo che Avicenna espone la sua dottrina dellessenza comein s indifferente sia alla particolarit che alluniversalit. da questo passoche i Latini, dal tredicesimo secolo in poi, traggono la famosa e spessoripetuta formula secondo cui equinitas est equinitas tantum, che varr comerapido riferimento alla dottrina dellindifferenza dellessenza. Ed tramite ladottrina presentata in questo passo che verr interpretata la nozionearistotelica di essenza nel corso del tredicesimo e del quattordicesimo secolo.

    Naturalmente, in questo passo Avicenna sta ripetendo ed elaborando ladistinzione tracciata da Alessandro di Afrodisia tra luniversale, da un lato, eci che definibile e cui luniversale compete, dallaltro, di cui Avicennapoteva avere conoscenza diretta tramite alcune traduzioni arabe dei passi diAlessandro10 . Rispetto ad Alessandro, Avicenna interpreta la distinzione trauniversale ed essenza alla luce di unaltra distinzione, assente in Alessandroed in generale negli autori antichi : la distinzione tra essere ed essenza, chetanta importanza avr per i Latini11 . Luniversale accidentale allessenza

    traduzione latina, si veda AVICENNA LATINUS, Liber de philosophia prima sive scientia divina, ed.S. VAN RIET, 2 voll., Peeters - Brill, Louvain - Leiden 1977, vol. 1, pp. 228-229 : Ergo universaleex hoc quod est universale est quiddam, et ex hoc quod est quiddam cui accidit universalitas estquiddam aliud ; ergo de universali, ex hoc quod est universale constitutum, significatur unuspraedictorum terminorum, quia, cum ipsum fuerit homo vel equus, erit hic intentio alia praeterintentionem universalitatis, quae est humanitas vel equinitas. Definitio enim equinitatis estpraeter definitionem universalitatis nec universalitas continetur in definitione equinitatis.Equinitas etenim habet definitionem quae non eget universalitate, sed est cui accidit universalitas.Unde ipsa equinitas non est aliquid nisi equinitas tantum : ipsa enim in se nec est multa necunum, nec est existens in his sensibilibus nec in anima, nec est aliquid horum potentia veleffectu, ita ut hoc contineatur intra essentiam equinitatis, sed ex hoc quod est equinitas tantum.Unitas autem est proprietas quae, cum adiungitur equinitati, fit equinitas propter ipsamproprietatem unum. Similiter etiam equinitas habet praeter hanc multas alias proprietatesaccidentes sibi. Equinitas ergo, ex hoc quod in definitione eius conveniunt multa, est communis,sed ex hoc quod accipitur cum proprietatibus et accidentibus signatis, est singularis. Equinitasergo in se est equinitas tantum . Per una recente traduzione francese ad opera di MarcGeoffroy, si veda DE LIBERA, Lart des gnralits cit., pp. 655-656. Su questo passo ed i passiparalleli nella stessa Metafisica e nel commento allIsagoge, si vedano gli studi di Marmura eBlack citati sopra, alla nota 2.

    10 A. DIETRICH, Die arabische Version einer unbekannten Schrift des Alexander von Aphrodisiasber die Differentia specifica, Nachrichten von der Akademie der Wissenschaften in Gttingen ,Philologisch-Historische Klasse, 2, 1964, pp. 85-148 ; H.-J. RULAND, Zwei arabische Fassungender Abhandlung des Alexander von Aphrodisias ber die universalia (Quaestio I 11a), Nachrichtenvon der Akademie der Wissenschaften in Gttingen , Philologisch-Historische Klasse, 10, 1979,pp. 253-257. Per una traduzione francese ad opera di Marc Geoffroy delle versioni arabe dellaQuaestio I, 11a di Alessandro, si veda DE LIBERA, Lart des gnralits cit., pp. 639-643.

    11 Sul contesto in cui Avicenna elabora la distinzione tra essere ed essenza, si veda J. JOLIVET,Aux origines de lontologie dIbn Sn, in tudes sur Avicenne, d. par J. JOLIVET - R. RASHED, Les

  • 396 GIORGIO PINI

    diventa per Avicenna uno dei due modi di essere dellessenza ; laltro modo diessere lindividuo extramentale. La distinzione tra essere ed essenza siincontra in Avicenna con la distinzione tra essere nellintelletto ed essere nelmondo extramentale : allessere nellintelletto associato luniversale, alles-sere nel mondo extramentale associato lindividuo. Resta tuttavia vero,come stato recentemente riconosciuto in ambito storiografico, che ladottrina di Avicenna altro non che una ripresa ed interpretazione delladistinzione di Alessandro di Afrodisia. Il fatto che in Avicenna tale distinzio-ne sia descritta ora come una distinzione tra tre modi di considerare lessen-za, ora come una distinzione tra due significati di universale non deve fardimenticare che si tratta della medesima dottrina, come appare chiaramentedal passo di Avicenna che si appena riportato, in cui le tre considerazionidellessenza sono introdotte come spiegazione della distinzione tra luniver-sale e ci cui luniversale compete.

    Il contesto in cui Avicenna riprende ed elabora per conto proprio ladistinzione di Alessando quello dellanalisi della nozione aristotelica diessenza, che viene descritta come qualcosa che, di per s, non n individualen universale, anche se necessariamente accompagnata dalluna o dallaltracaratteristica. Lessenza individuale quando presente negli individuiesistenti nel mondo, in congiunzione con le loro caratteristiche individua-lizzanti : ad esempio, lessenza di uomo individuale in Socrate ed in Platone,perch in essi accompagnata dalle caratteristiche che sono peculiari rispet-tivamente delluno o dellaltro. Lessenza invece universale quando cono-sciuta dallintelletto e presente in esso come un concetto messo in relazionecon le cose da cui stato astratto e che rappresenta : ad esempio, lessenza diuomo universale nel concetto universale uomo presente nella nostra mente,da noi astratto dai vari uomini individuali. Tuttavia, lessenza pu ancheessere considerata in modo assoluto, prescindendo dal modo in cui esistenegli individui e dal modo in cui esiste nellintelletto. questa la famosadottrina delle tre considerazioni dellessenza ovvero dellindifferenza delles-senza rispetto alluniversalit e allindividualit.

    2. DUE INTERPRETAZIONI DI AVICENNA

    interessante notare che sebbene la distinzione tra ci che universale eluniversale che ad esso pertiene non sia presente in Aristotele, sia Alessandro

    Belles Lettres, Paris 1984, pp. 11-28. Sullinnesto della distinzione di Alessandro sulla distinzio-ne tra essere ed essenza in Avicenna, si veda DE LIBERA, Lart de gnralits cit., pp. 505-509.

  • 397TOMMASO DAQUINO E LA DOTTRINA AVICENNIANA DELLESSENZA

    che Avicenna la propongono come una distinzione atta a risolvere alcuniproblemi di Aristotele, in particolare lo spinoso problema della relazione tralessenza aristotelica e luniversalit. Secondo la distinzione tracciata daAlessandro e ripresa e rielaborata da Avicenna, luniversalit una caratteri-stica accidentale dellessenza, che lessenza pu avere o non avere. Daltraparte, sembra anche innegabile che unessenza ad esempio, lessenzadelluomo possa essere presente in molti, nel caso in cui vi siano moltepliciindividui appartenenti alla stessa specie. Lessenza precisamente ci che fas che ciascuno di questi individui sia un individuo di un certo tipo, adesempio che ciascun uomo sia un uomo. Sembra dunque che lessenza, chenon universale, non possa nemmeno essere descritta come individuale. Neconsegue che essa devessere qualcosa che, di per s, non n universale nindividuale12 . Per quanto dunque la distinzione tra luniversale e ci cuiluniversale pertiene non sia presente in Aristotele, innegabile che essa sianata come una risposta ad un problema presente e particolarmente difficilenella metafisica di Aristotele.

    stato tuttavia suggerito che la posizione di Avicenna non esente daunambiguit di fondo. Si infatti osservato che Avicenna, in punti diversidella sua opera, offre di fatto due risposte diverse alla domanda : a che cosapertiene luniversalit ? Da un lato, infatti, sembra naturale ammettere cheper Avicenna ci cui luniversalit pertiene come un accidente lessenzaconsiderata di per s, ossia in quanto essa non n individuale n universale.In effetti, la distinzione tra luniversale in quanto universale e luniversalecome ci cui compete luniversalit sembra implicare che ci cui pertieneluniversalit sia lessenza considerata in modo assoluto, cui luniversalit siaggiunge dando luogo ad un concetto universale presente nellintelletto.Coerentemente con questa posizione, Avicenna presenta lessenza considera-ta in modo assoluto come una parte che costituisce o gli individui o i concettiuniversali, a seconda che ad essa si aggiunga, come accidente, o lindividua-

    12 Secondo de Libera, Alessandro distingue tra essenza ed universale ma non tra essenza edindividuo ; sarebbe solo Avicenna a considerare lessenza come indifferente non solo alluniver-salit ma anche allindividualit. Si veda DE LIBERA, Lart des gnralits cit., p. 142. In realt, sesi accettano le considerazioni gi presenti in Tweedale, sembrerebbe di dover negare che ilpragma cui secondo Alessandro pertiene luniversalit sia di per s un individuo. Rispetto adAlessandro, dunque, Avicenna non aggiungerebbe lindifferenza allindividualit ; piuttosto,egli non farebbe altro che rendere pi chiaro ci che era gi presente in Alessandro : lessenza,di per s, distinta tanto dalluniversalit, perch pu esserci anche solo un individuo di uncerto tipo, quanto dallindividualit, perch essa pu essere predicata di pi individui. Tutto cisarebbe poi collegato da Avicenna alla sua dottrina della distinzione tra essere ed essenza,assente in Alessandro.

  • 398 GIORGIO PINI

    lit o luniversalit. Tuttavia, talvolta in Avicenna emerge anche una diversaconcezione, secondo cui ci cui luniversalit pertiene non lessenza consi-derata in modo assoluto, ma lessenza in quanto presente nellintelletto edin quanto conosciuta. A questa diversa concezione Avicenna aderisce inparticolare nel corso della sua confutazione della posizione dei Platonici13 .

    Questa ambiguit rilevata dagli interpreti ed effettivamente presente inAvicenna non sembra essere dovuta semplicemente ad una scarsa attenzioneda parte di Avicenna nellindicare quale sia il soggetto delluniversalit.Piuttosto, essa indica una difficolt di fondo, che pu essere espressa intermini pi generali. Si ripropone qui la stessa difficolt che emersa quandosi intendeva qualificare in qualche modo loggetto della definizione e ci cuipertiene luniversalit in Alessandro di Afrodisia.

    In un senso si pu pensare allessenza ed alluniversalit come a due partiche si sommano per dare luogo allessenza in quanto conosciuta ed in quantopresente nellintelletto. In questo modo, lessenza considerata in modo asso-luto una componente sia del mondo (negli individui) sia dei concettiuniversali (nellintelletto), e non il risultato solamente di unoperazione diastrazione dellintelletto. Secondo questo modo di concepire lessenza, siparte dallessenza considerata in modo assoluto come da un costituente cheprecede tanto gli individui quanto i concetti universali.

    Tuttavia, si pu pensare allessenza presente nellintelletto anche in unaltro modo, ossia non come al risultato della somma di due parti (essenzaassoluta ed universalit), ma come ad uno dei due modi fondamentali diesistenza dellessenza (o nellintelletto o negli individui). Al contrario diquanto avviene nel primo modo di considerare lessenza, secondo questaconsiderazione si parte dai modi in cui lessenza effettivamente esiste, ossiao dagli individui o dai concetti universali : sono questi modi di esistenza acostituire il punto di partenza ed il dato fondamentale, rispetto a cui laconsiderazione assoluta dellessenza qualcosa di successivo. Secondo que-stultimo modo di vedere, si parte dalla constatazione che unessenza esiste onegli individui o nellintelletto : quando negli individui individuale,quando nellintelletto universale. A che cosa pertiene dunque luniversa-lit ? Certamente non agli individui ; dunque, essa pertiene allessenza inquanto esiste nellintelletto. In questottica, lessenza considerata in modoassoluto, n individuale n universale, solo unastrazione a partire o dagliindividui (considerati senza le loro caratteristiche individuali) o dai concettiuniversali (considerati a prescindere dalla loro universalit). Il fatto che per

    13 Si veda, per una chiara presentazione di questa ambiguit in Avicenna, MARMURA, Quiddityand Universality cit., pp. 82-86.

  • 399TOMMASO DAQUINO E LA DOTTRINA AVICENNIANA DELLESSENZA

    ottenere lessenza assoluta si prescinda o dalle caratteristiche individualidegli individui esistenti nel mondo o dalluniversalit dei concetti esistentinellintelletto non significa che gli individui ed i concetti siano realmenteottenuti sommando ad unessenza indifferente lindividualit e luniversalit,rispettivamente. In effetti, secondo questo modo di considerare lessenza,non esiste altro soggetto dellindividualit oltre agli individui e non esistealtro soggetto delluniversalit oltre ai concetti universali : lessenza conside-rata in modo assoluto di fatto identica agli individui considerati prescinden-do dai loro aspetti individuali, ed di fatto identica ad un concetto universaleconsiderato prescindendo dalla sua universalit. Lessenza considerata inmodo assoluto non dunque, secondo questo modo di vedere, una parte di unindividuo che lo costituisce come un individuo di un certo tipo, n una partedi un concetto universale che lo costituisce come un concetto di una certaessenza. Lessenza considerata in modo assoluto invece un individuo con-siderato in un certo modo o, alternativamente, un concetto universale consi-derato in un certo modo. Il fatto che si possa parlare indifferentementedellessenza come un individuo o un universale considerato in un certo modocostituisce il fulcro della dottrina dellindifferenza dellessenza interpretatain questo modo.

    Secondo il primo modo di intendere lessenza in Avicenna, dunque, les-senza presa come indifferente una parte sia degli individui che delluniver-sale corrispondente. Essa di per s indifferente allindividualit ed alluni-versalit perch tale parte non di per s n un individuo n un universale,ma individualit ed universalit possono aggiungersi come sue determinazio-ni accidentali ed estrinseche. Questo primo modo di considerare lessenzapresa in senso assoluto pu essere denominato interpretazione ontologicadella dottrina di Avicenna, in quanto esso fa dellessenza presa in sensoassoluto un costituente reale del mondo, anteriore a ciascuno dei suoi duemodi di esistenza, come individuo o come universale. Secondo il secondomodo di intendere lessenza, invece, lessenza presa in senso assoluto identica sia agli individui che alluniversale corrispondente. Essa di per sindifferente allindividualit ed alluniversalit perch pu essere descrittaindifferentemente come un individuo concepito a prescindere dallindividua-lit o come un universale concepito a prescindere dalluniversalit. Tuttavia,tale essenza non una parte dellindividuo n delluniversale, ma taleindividuo o tale universale concepito in un certo modo. Questo modo diintendere lessenza in Avicenna pu essere denominato interpretazionegnoseologica dellessenza, in quanto in questottica lessenza presa in modoassoluto non un costituente reale del mondo ma un modo di considerare unindividuo o un concetto universale.

  • 400 GIORGIO PINI

    Si possono rappresentare queste due interpretazioni dellessenza presa inmodo assoluto tramite il seguente schema :

    PRIMA INTERPRETAZIONE (ONTOLOGICA)

    Piano reale : essenza assoluta + caratteristiche individuali = individuiPiano mentale : essenza assoluta + caratteristiche universali = concetti uni versali

    SECONDA INTERPRETAZIONE (GNOSEOLOGICA)

    Piano reale : individui

    considerazione dellintelletto

    individui considerati senza le caratteristiche individuali = essenza assoluta

    Piano mentale : concetti universali

    considerazione dellintelletto

    concetti universali considerati senza le caratteristicheuniversali = essenza assoluta

    Queste due possibili interpretazioni della dottrina dellindifferenza del-lessenza cos come Avicenna la formula diedero effettivamente origine a duediversi modi di concepire lessenza aristotelica. Mentre secondo la primaconcezione lessenza, presa nella sua indifferenza, innanzi tutto un princi-pio metafisico di costituzione della realt, nella seconda concezione lessenza innanzi tutto un concetto ottenuto per astrazione, che, sebbene rappresentifedelmente la realt e la classifichi legittimamente in tipi, tuttavia costituitoin quanto tale tramite lintervento dellintelletto, perch proprio lintellettoa praticare lastrazione a partire dagli individui realmente esistenti ed aformare quelle nozioni astratte che sono le essenze.

    In Avicenna sembrano dunque esserci elementi in sostegno di due diverseconcezioni dellessenza. Come si vedr, ciascuna di queste due interpretazio-

  • 401TOMMASO DAQUINO E LA DOTTRINA AVICENNIANA DELLESSENZA

    ni venne ripresa dai Latini, ed in particolare da Tommaso dAquino, inmomenti diversi della sua carriera. Si deve tuttavia sottolineare che nessunadelle due interpretazioni costituisce un tradimento della originaria dottri-na avicenniana. Secondo entrambe le interpretazioni, infatti, lessenza, quan-do considerata in modo assoluto, non ha una propria esistenza ; essa esistesolo in due modi : o come individuo nel mondo o come universale nellintel-letto. Nessuna delle due interpretazioni, dunque, introduce in modo surrettiziouna forma di platonismo, anche se la prima interpretazione secondo cuilessenza una parte costituente sia degli individui che degli universali sembra vicina a cadere in questo rischio, in quanto pone le essenze prese nellaloro indifferenza come costituenti reali del mondo. Anche secondo taleinterpretazione, tuttavia, le essenze esistono nel mondo solo quando sonocongiunte alle caratteristiche individuali proprie degli individui : ad esisteresono Socrate e Platone, non lumanit che li costituisce14 .

    Sebbene esuli dai limiti di questo articolo, che si propone di ricostruirenon la dottrina di Avicenna in s ma linterpretazione che ne venne data neltredicesimo secolo da Tommaso dAquino, tuttavia opportuno concluderequesta breve trattazione di Avicenna con unosservazione. Bench in Avicennaci siano elementi in supporto delle due diverse concezioni dellessenza che sisono delineate, probabile che, per Avicenna stesso, lambiguit tra questedue concezioni non costituisse un problema. infatti probabile che quelleche appaiono come due nozioni incompatibili di essenza siano invece inAvicenna due modi diversi per descrivere la medesima entit : come parte diun individuo e di un universale oppure indifferentemente come un individuoe un universale concepito in un certo modo. Vale forse la pena accennare aduna possibile spiegazione di come ci sia possibile. stato giustamentenotato che una differenza fondamentale tra la dottrina dellessenza di Avicennaed il modo in cui la interpret Tommaso dAquino sta nel fatto che, mentre perAvicenna la medesima essenza ad essere negli individui in modo individualee nellintelletto come un universale, per Tommaso non lessenza ad esserepresente nellintelletto, ma una sua rappresentazione (e non fa differenza, aquesto proposito, se tale rappresentazione venga identificata con ci che perTommaso la specie intelligibile o piuttosto con il cosiddetto verbum mentis)15 .

    14 de Libera a presentare la fortuna in Occidente della dottrina di Avicenna come la storiadi un fraintendimento e come la reintroduzione di quegli elementi di platonismo contro cui ladottrina dellindifferenza dellessenza era in effetti rivolta. Si veda DE LIBERA, Lart des gnralitscit., pp. 578-579. Si veda inoltre la discussione della tesi di de Libera, relativamente al caso diEnrico di Gand, in PORRO, Universaux et esse essentiae cit.

    15 Si veda BLACK, Mental Existence cit., pp. 67-74. Secondo quanto osserva D. Black, lanozione di specie intelligibile completamente assente non solo in Avicenna ma anche in

  • 402 GIORGIO PINI

    Questa osservazione relativa ad Avicenna e Tommaso tocca in realt un puntofondamentale della differenza tra Aristotele ed i suoi interpreti antichi edarabi, da un lato, e gli autori latini dallaltro. In termini molto generali, perAvicenna, ma anche per Aristotele, conoscere ricevere senza materia laforma della cosa conosciuta, sia che tale ricezione avvenga nei sensi onellintelletto. Quando la forma che viene ricevuta nella potenza conoscitivasenza la materia invece congiunta alla materia, essa costituisce la realtmateriale che viene conosciuta. Secondo questa concezione, dunque, cono-scere non significa produrre una rappresentazione di una cosa extramentale,ma semplicemente ricevere senza la materia esattamente la medesima formache nelle realt extramentali esiste congiunta alla materia16 . Non sembra chea questo proposito abbia molta importanza se lintelletto riceva tale formadalla realt esterna tramite i sensi per via di un procedimento astrattivo (disuccessivo raffinamento e smaterializzazione della forma), come avviene inAristotele, o se invece la forma sia ricevuta nellintelletto possibile diretta-mente dallintelletto agente o datore delle forme, come avviene in Avicenna.Ci che importa che la conoscenza non produzione di una rappresentazio-ne ma ricezione della medesima forma o essenza che, congiunta alla materiae alle caratteristiche individuanti, costituisce un individuo nel mondoextramentale17 . Allinterno di questo quadro che quello in cui si muoveAvicenna sulla scorta di Aristotele e dei suoi interpreti tardo antichi , non famolta differenza considerare lessenza come una parte cui venga aggiuntacome caratteristica accidentale lindividualit o luniversalit ovvero come

    Averro ed in generale nei pensatori arabi (ibid., p. 66, n. 74) : si tratta in effetti di uninvenzionedellaristotelismo occidentale del tredicesimo secolo. Su specie e verbum in Tommaso, si vedanoW. W. MEISSNER, Some Aspects of the Verbum in the Texts of St. Thomas, The ModernSchoolman , 36, 1958, pp. 256-271 ; C. PANACCIO, From Mental Word to Mental Language, Philosophical Topics , 20, 1992, pp. 125-147, in part. pp. 126-129 ; R. PASNAU, Theories ofCognition in the Later Middle Ages, Cambridge University Press, Cambridge 1997, pp. 256-271.

    16 Sulla conoscenza in Aristotele come ricezione di una forma senza materia la letteratura vasta ed il dibattito acceso. Si veda perlomeno M. F. BURNYEAT, Is an Aristotelian Philosophy ofMind Still Credible ? A Draft, in Essays on Aristotles De anima, eds. M. C. NUSSBAUM - A.OKSENBERG RORTY, Clarendon Press, Oxford 1992, pp. 15-26. Per un confronto tra la posizione diAristotele e quella dei suoi interpreti medievali, si veda G. PINI, Il dibattito sulle specie intelligibilialla fine del tredicesimo secolo, Medioevo. Rivista di filosofia medievale , 29, 2004, pp. 267-306, in part. pp. 267-279.

    17 Sembra dunque che debba venire corretta losservazione di D. Black, secondo cui ladifferenza tra Avicenna e Tommaso starebbe nel fatto che il primo rifiuta mentre il secondoaccetta la dottrina aristotelica dellastrazione : si veda BLACK, Mental Existence cit., pp. 56-60,65-67, 78. Sembra invece che si debba parlare di un diverso modo di concepire lastrazione :come ricezione di una forma senza materia in Aristotele ed Avicenna, come produzione di unasomiglianza della cosa conosciuta in Tommaso dAquino ed in generale negli autori latini del

  • 403TOMMASO DAQUINO E LA DOTTRINA AVICENNIANA DELLESSENZA

    un individuo o un universale concepiti in un certo modo, ossia prescindendodalla loro individualit o universalit, rispettivamente. Sia che si partadallessenza presa nella sua indifferenza e si sommino ad essa le caratteristi-che accidentali di individualit o universalit, sia che invece si parta dallin-dividuo e dalluniversale e si tolgano ad essi le caratteristiche individuanti ouniversalizzanti, il risultato non cambia : lessenza che esiste come individuonel mondo e come universale nellintelletto la medesima cosa cui di per snon compete n lindividualit n luniversalit ma cui non ripugnano nluna n laltra. In altre parole, non c differenza tra linterpretazione ontologicae quella gnoseologica dellessenza. Non si ha qui a che fare con un individuo eduna sua rappresentazione, ma con la medesima cosa unessenza che esistein due modi diversi.

    Solo in seguito i due modi di descrivere lessenza vennero percepiti comeinconciliabili, ossia quando venne elaborata una diversa dottrina dellastra-zione. Senza entrare nei particolari e semplificando una situazione in realtmolto complessa, questo quel che si verific per lo meno a partire dallaprima met del tredicesimo secolo, quando, in base a molteplici influenze,venne elaborata una nozione di astrazione non pi come eliminazione degliaspetti materiali di un ente e come esistenza immateriale nellintelletto dellamedesima forma che esiste fuori dallintelletto in modo materiale, ma invececome formazione di una rappresentazione o immagine mentale di una cosaextramentale18 . Alla luce di questa nuova teoria dellastrazione, la dottrina diAristotele o quella di Avicenna non pot essere interpretata come una posizio-ne secondo cui esattamente la medesima essenza ad esistere come individuonel mondo e come universale nellintelletto. Secondo gli autori del tredicesimosecolo, propriamente parlando, ad esistere nellintelletto non la stessaessenza che esiste nel mondo come individuo, ma una sua rappresentazionementale. Allinterno di questo quadro che non quello in cui Avicennaelabor la dottrina dellindifferenza dellessenza ma quello in cui essa vennerecepita ed interpretata dai Latini si deve operare una scelta : non piequivalente dire, da un lato, che lessenza presa in modo assoluto una partedi un individuo o di un concetto e, dallaltro, che essa un individuo o un

    tredicesimo secolo. Sulla dottrina della conoscenza in Avicenna, si veda M. SEBTI, Avicenne :lme humaine, Presses Universitaires de France, Paris 2000, pp. 51-91. Sullinfluenza dellapsicologia avicenniana in Occidente, si veda D. N. HASSE, Avicennas De anima in the Latin West :The Formation of a Peripatetic Philosophy of the Soul 1160-1300, The Warburg Institute - NinoAragno Editore, London - Torino 2000.

    18 Si veda PINI, Il dibattito sulle specie intelligibili cit., pp. 269-279. Per una presentazionegenerale della storia della nozione di specie intelligibile si veda L. SPRUIT, Species Intelligibilis.From Perception to Knowledge, 2 voll., Brill, Leiden - New York - Kln 1994.

  • 404 GIORGIO PINI

    concetto considerato in un certo modo. Se lessenza una parte di unindividuo che lo costituisce realmente come un individuo di un certo tipo,essa non pu anche essere identica a quello stesso individuo considerato in uncerto modo. Infatti, ci che costituisce un individuo come individuo di uncerto tipo un elemento reale del mondo ; viceversa, un individuo considera-to in un certo modo un concetto ed una rappresentazione di ci che c nelmondo. Poich lastrazione non pi vista semplicemente come toglierementalmente delle determinazioni ad una cosa che realmente ne sempreaccompagnata, ma invece formare una rappresentazione di qualcosa, per gliautori del tredicesimo secolo solo impropriamente si dice che la stessaforma o essenza ad essere sia negli individui che nellintelletto che li conosce.Di fatto, lessenza negli individui una cosa, lessenza nellintelletto unaltracosa, ossia una rappresentazione dellessenza negli individui (sia essa chiamataspecie intelligibile o concetto o in qualsiasi altro modo).

    In generale, gli autori latini del tredicesimo secolo adattarono la dottrinadellessenza di Avicenna a questo quadro dominato da un dottrina dellastra-zione come formazione di una rappresentazione, senza rendersi conto delladiversa situazione in cui in tal modo si vennero a trovare rispetto ad Avicenna.Infatti, ad essi si impose una scelta : o si considera lessenza presa nella suaindifferenza come un costituente reale degli individui oppure si ribadisce chenel mondo esistono realmente solo gli individui e si afferma quindi chelessenza presa nella sua indifferenza una rappresentazione degli individui,ossia un concetto, considerato tuttavia a prescindere dalla sua universalit.Seppur con qualche semplificazione, si pu dire che gli autori latini, soprat-tutto a partire dalla fine del tredicesimo secolo, dovettero scegliere tra questedue interpretazioni di Avicenna, e, attraverso Avicenna, di Aristotele.

    3. LA FORTUNA DELLA DOTTRINA DELLESSENZA DI AVICENNA IN OCCIDENTE

    Il ruolo del Liber de philosophia prima sive scientia divina di Avicenna nellaricezione ed interpretazione della Metafisica di Aristotele presso i Latini noto e di importanza fondamentale. Allorigine vi fu innanzi tutto un acciden-te storico : le prime traduzioni della Metafisica di Aristotele si diffusero inOccidente in traduzione latina contemporaneamente agli scritti di Avicenna,ed in particolare alla sua Scienza delle cose divine, attorno alla met deldodicesimo secolo19 . Sin dal principio, Avicenna ed Aristotele non vennero

    19 Per la data e la diffusione della traduzione latina della Scienza delle cose divine diAvicenna, si veda AVICENNA LATINUS, Liber de philosophia prima cit., vol. 1, pp. 123*-141*. Si

  • 405TOMMASO DAQUINO E LA DOTTRINA AVICENNIANA DELLESSENZA

    percepiti in Occidente come due autori appartenenti a tradizioni diverse. Alcontrario, la dottrina di Avicenna venne considerata come uninterpretazio-ne di Aristotele, ed Aristotele fu letto attraverso Avicenna. interessantenotare, tuttavia, che questa lettura avicenniana di Aristotele aveva ancheuna giustificazione pi profonda. In effetti, Avicenna stesso aveva intesodare, con la sua Scienza delle cose divine, uninterpretazione della Metafisicadi Aristotele.

    Queste affermazioni generali trovano una verifica esatta per quanto ri-guarda il problema particolare di come interpretare lessenza aristotelica. Pergli interpreti di Aristotele dal tredicesimo secolo in poi, la dottrina dellindif-ferenza dellessenza che si trovava in Avicenna divenne la chiave per interpre-tare quanto Aristotele diceva a proposito dellessenza nei libri centrali dellaMetafisica. Non si trattava di confrontare due dottrina distinte, ma di com-prendere quanto Aristotele diceva sullessenza grazie alla dottrina di Avicenna.Poich Avicenna riprendeva direttamente linterpretazione dellessenza datada Alessandro di Afrodisia, seguendo Avicenna come interprete della Metafi-sica di Aristotele gli autori medievali si posero allinterno della tradizione cheprendeva le mosse dal maggiore interprete aristotelico dellantichit, pursenza saperlo. Per il tramite di Avicenna, si pu dunque facilmente riconosce-re la continuit tra gli interpreti latini del tredicesimo secolo e linterpreta-zione alessandrina dellessenza. Da questo punto di vista, la differenza tra gliinterpreti contemporanei di Aristotele e quelli medievali, cui si accennatoallinizio di questo studio, pu essere vista come il venir meno di questacontinuit. In questottica, lapparente inconciliabilit tra le interpretazionidellessenza aristotelica date dai contemporanei e quelle date dai medievalinon dipenderebbe tanto dal fatto che gli interpreti medievali siano partiti daassunzioni del tutto estranee ad Aristotele mentre i contemporanei si sareb-bero mantenuti fedeli a quanto egli dice. Piuttosto, i medievali si sono inseritinella linea principe dellinterpretazione di Aristotele, e sono stati i contempo-ranei a distaccarsene.

    Insieme allinterpretazione alessandrina, i Latini ricevettero da Avicennaanche le difficolt insite in essa. In particolare, agli autori del tredicesimosecolo si poneva la necessit di operare una scelta tra le due possibiliinterpretazioni della nozione di essenza cui si accennato, che apparivanoentrambe giustificate alla luce di diversi passi di Avicenna. Se si assume da

    vedano inoltre gli studi raccolti in M. TH. DALVERNY, Avicenne en Occident. Recueil darticles deMarie Thrse dAlverny runis en hommage lauteur, Vrin, Paris 1993. Per una rapida panora-mica della fortuna di Avicenna in Occidente si veda P. PORRO, Prefazione, in AVICENNA, Metafisicacit., pp. XXIX-XXXIV. Sulle traduzioni di Aristotele, si veda J. BRAMS, La riscoperta di Aristotelein Occidente, Jaca Book, Milano 2003.

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    Avicenna la distinzione formulata per primo da Alessandro di Afrodisia tra luniversale e ci cui luniversale pertiene e si identifica questultimo conlessenza e con loggetto di definizione, come si deve intendere lessenzaconsiderata come distinta dalluniversalit ? Si tratta di una componentedella realt e di una parte degli individui extramentali, che li costituisce comeindividui di un certo tipo, o piuttosto si deve pensare ad una nozione astrattaa partire dagli individui extramentali e ad un concetto universale consideratoa prescindere dalla sua universalit ? Si accennato a come questa scelta siimponesse a quanti, come gli autori latini del tredicesimo secolo, avesseroadottato una dottrina della conoscenza secondo cui lintelletto conosce lerealt esterne formandosi delle rappresentazioni di esse per via di astrazione.

    Insieme ad Alberto Magno, Tommaso dAquino probabilmente uno deiprimi autori a dare uninterpretazione della dottrina dellessenza di Aristotelealla luce della dottrina avicenniana dellindifferenza dellessenza. Sicura-mente, uno dei primi autori latini ad essersi confrontato sistematicamentecon tale interpretazione. Poich le interpretazioni degli autori successivispesso partono da quanto si trova in Tommaso ed in qualche misura presup-pongono i problemi che si trovano in Tommaso, limportanza di Tommaso percomprendere le interpretazioni della dottrina dellessenza di Avicenna e,tramite essa, di quella di Aristotele capitale.

    Si deve innanzi tutto notare un fatto apparentemente sorprendente, mache in realt, alla luce di quanto si detto, non dovrebbe turbare linterprete.In uno dei passi in cui Tommaso presenta in modo esteso e con ripreseparticolarmente vicine al testo di Avicenna la dottrina dellindifferenzadellessenza, il nome di Avicenna non associato a questa dottrina. Si trattadel terzo capitolo del De ente et essentia. Questa assenza tuttavia solo unsegno di quanto la presenza di Avicenna sia estesa in Tommaso, soprattuttoper quanto riguarda la sua interpretazione della dottrina aristotelica delles-senza. Tommaso presenta la dottrina dellindifferenza dellessenza che difatto linterpretazione che Avicenna, sulla scorta di Alessandro di Afrodisia,d della dottrina aristotelica semplicemente come la dottrina aristotelica,ossia come la dottrina corretta dellessenza, in contrasto ad esempio conquella platonica. Proprio perch non si tratta per Tommaso di presentare ladottrina dellessenza di Avicenna, ma solo di spiegare la nozione aristotelicadi essenza, egli non rimanda ad Avicenna come al suo autore20 .

    Si deve poi fare una seconda osservazione. Si potrebbe sospettare che il

    20 Sullimportanza e la presenza di Avicenna in Tommaso dAquino, si veda J. F. WIPPEL, TheLate Avicenna as a Source for Thomas Aquinass Metaphysics, Freiburger Zeitschrift frPhilosophie und Theologie , 37, 1990, pp. 51-90.

  • 407TOMMASO DAQUINO E LA DOTTRINA AVICENNIANA DELLESSENZA

    ruolo che la dottrina dellindifferenza dellessenza di Avicenna esercita inTommaso non sia grande, e che la sua importanza sia maggiore nelle operegiovanili ma diminuisca negli anni della maturit. In effetti, vero che i duepassi in cui Tommaso presenta in modo pi completo tale dottrina apparten-gono ad opere degli anni Cinquanta del Duecento : si tratta del gi richiamatoDe ente et essentia, scritto tra il 1252 ed il 1256, e del Quodlibet VIII, q. 2,disputato nel 125721 . Tuttavia, ci non vuol dire che tale dottrina diventimeno importante negli scritti successivi. Al contrario, riferimenti ad essasono presenti in opere che si estendono lungo tutta la carriera di Tommaso,sino al commento al De anima ed alla Metafisica, passando attraverso laSumma contra Gentiles e la Summa theologiae. vero, come si vedr, cheTommaso apporta qualche cambiamento alla sua interpretazione della dot-trina di Avicenna nel corso della sua carriera. Non si pu tuttavia parlare diuna diminuzione dellimportanza della dottrina dellessenza di Avicenna perTommaso. Il fatto che nelle opere pi tarde manchino delle esposizioni estesedi tale dottrina e che si abbiano invece solo dei riferimenti (ma in punticruciali quali ad esempio la dottrina degli universali) si deve piuttostointerpretare come un segno del fatto che tale dottrina viene data per scontatada Tommaso, al punto che non nemmeno necessario esporla in modosistematico ogni volta che si faccia riferimento ad essa.

    Soprattutto nei primi scritti di Tommaso, tuttavia, si ritrova lambiguitche si notata in Avicenna, e che deriva dalla difficolt di interpretare lanozione di essenza presa in modo assoluto. In Tommaso, questa difficolt aggravata dal fatto che non pi disponibile un quadro della conoscenzasecondo cui la medesima cosa pu essere presente nel mondo extramentale enellintelletto, perch, come si detto, Tommaso aderisce ad una visionesecondo cui nellintelletto presente una rappresentazione della cosaextramentale e non la cosa stessa.

    4. LINDIFFERENZA DELLESSENZA NEL DE ENTE ET ESSENTIA

    Scritto probabilmente tra il 1252 ed il 1256, nel corso del primo soggiornoparigino, il trattato De ente et essentia offre un punto di osservazione privile-giato per prendere in considerazione latteggiamento di Tommaso nei con-

    21 Per le date del De ente et essentia e del Quodlibet VIII si veda J.-P. TORRELL, Initiation saintThomas dAquin. Sa personne et son uvre, ditions Universitaires de Fribourg - ditions duCerf, Fribourg - Paris 1993, pp. 70 e 305-306, trad. it. Edizioni Piemme, Casale Monferrato 1994,pp. 65-66, 237-238.

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    fronti della nozione di essenza nei suoi primi anni di insegnamento. Spessoconsiderato come la trattazione classica che Tommaso d della dottrinadellindifferenza dellessenza, il De ente deve in realt essere visto nel contestodella produzione giovanile di Tommaso, e non si pu assumere che laposizione che Tommaso vi sostiene sia identica a quella delle opere successive.

    Nel secondo capitolo di questo breve trattato, Tommaso distingue duemodi in cui lessenza viene significata da un nome, come tutto o come parte.Si prenda ad esempio lessenza uomo. Tale essenza pu venire significata indue modi. In un primo modo, tale essenza pu essere significata come untutto, ossia significando in modo indeterminato tutto ci che costituisce unuomo individuale. In questo modo, non viene esclusa dalla significazionedellessenza la materia signata, che ci che fa di un uomo luomo individualeche . In un secondo modo, lessenza uomo pu essere significata come unaparte, ossia prendendo in considerazione solo ci che ad un uomo pertiene inquanto un uomo e non in quanto un uomo individuale. In questo modo, siesclude dalla significazione dellessenza la materia signata. Nel primo caso,lessenza viene significata dal termine uomo, nel secondo caso essa vienesignificata dal termine umanit. Tommaso osserva che solo quando lessen-za viene significata come un tutto (ossia quando la materia individuante nonviene esclusa dalla sua significazione, anche se viene significata in modoindeterminato) essa pu essere predicata degli uomini individuali. Soloquando significata dal termine uomo lessenza uomo viene predicata diSocrate e di Platone ; quando invece viene significata dal termine umanit,essa non pu venir predicata degli individui, perch in tale significazione siesclude la materia individuante, che invece parte dellindividuo. Significatacome un tutto, lessenza non dice niente di meno rispetto a ci che presentenellindividuo, ed per questo che, quando viene considerata e significata inquesto modo, lessenza predicabile degli individui ed di fatto identica adessi : Socrate un uomo, e lessenza uomo predicata di Socrate contiene tuttoci che contenuto in Socrate. In effetti, lessenza, considerata in questomodo, non altro che lindividuo considerato in modo indeterminato :lessenza uomo non altro che Socrate considerato in modo indeterminato22 .

    Senza entrare nei dettagli di questa celebre e complicata dottrina, quantoqui preme sottolineare che lessenza viene qui considerata come un tutto ocome una parte relativamente al modo in cui essa viene significata da untermine (nel caso dellessenza uomo, il termine uomo o il termine umanit,

    22 SANCTI THOMAE DE AQUINO De ente et essentia, in EIUSDEM Opera omnia, XLIII, Editori di sanTommaso, Roma 1976, cap. 2, p. 371, ll. 85-87 ; p. 373, ll. 243-254 ; p. 373, ll. 292-308. Per uncommento di questi celebri passi, si veda DE LIBERA, La querelle des universaux cit., pp. 277-283.

  • 409TOMMASO DAQUINO E LA DOTTRINA AVICENNIANA DELLESSENZA

    rispettivamente). Sembra dunque che Tommaso stia s parlando dellessenzache costituisce gli individui nel mondo come individui di un certo tipo, marelativamente al modo in cui tale essenza viene significata e dunque conside-rata : la considerazione metafisica dellessenza, per dir cos, mischiata aconsiderazioni semantiche. Le due considerazioni dellessenza come tuttoo come parte sono dunque distinte non a seconda di una diversa funzionesvolta dallessenza come costituente metafisico della realt, ma a seconda chela materia individuante venga o meno inclusa nella considerazione dellessen-za in quanto lessenza stessa significata da un termine. Si ha dunque qui ache fare non con i modi in cui lessenza , ma con i modi in cui lessenza vienesignificata e considerata dallintelletto (ossia a seconda che lintelletto laconsideri prescindendo o non prescindendo dalla materia individuante).

    Solo dopo avere distinto tra i due modi in cui unessenza pu veniresignificata, Tommaso, nel terzo capitolo del De ente et essentia, tratta delrapporto tra essenza, da un lato, e le nozioni di genere e specie dallaltro. Siha qui a che fare esattamente con la distinzione introdotta da Alessandro diAfrodisia tra unessenza come definibile e predicabile, da un lato, ed unes-senza come genere ed universale, dallaltro. Non dunque un caso che proprioin questo capitolo Tommaso introduca la dottrina dellindifferenza delles-senza, che altro non che il modo in cui Avicenna interpreta la distinzione diAlessandro di Afrodisia. Secondo Tommaso, dunque, si deve distinguere tralessenza e le nozioni di genere e specie : lessenza ci cui le nozioni digenere e specie pertengono. E Tommaso aggiunge unosservazione particolar-mente interessante : le nozioni di genere e specie pertengono allessenzasignificata come un tutto, perch lessenza di cui si dice che un genere o unaspecie (ad esempio, lessenza uomo, di cui si dice che una specie) essastessa predicabile degli individui (ad esempio, degli uomini individuali comeSocrate e Platone), e, come Tommaso stesso ha detto nel capitolo precedente,solo lessenza significata come un tutto predicabile degli individui23 .

    Tommaso introduce la dottrina dei diversi modi di considerare unessenzacome una divisione che pertiene proprio allessenza considerata in questomodo, ossia come un tutto predicabile degli individui. Di tale essenza cosconsiderata, Tommaso dice che pu essere considerata secondo s prescin-

    23 SANCTI THOMAE DE AQUINO De ente et essentia, cap. 3, p. 374, ll. 4-25: Quia autem id cuiconvenit ratio generis uel speciei uel differentie predicatur de hoc singulari signato, impossibileest quod ratio uniuersalis, scilicet generis uel speciei, conueniat essentie secundum quod permodum partis significatur, ut nomine humanitatis uel animalitatis []. Et ideo relinquitur quodratio generis uel speciei conueniat essentie secundum quod significatur per modum totius, utnomine hominis uel animalis, prout impliciter et indistincte continet totum hoc quod inindiuiduo est .

  • 410 GIORGIO PINI

    dendo dal modo in cui esiste, oppure secondo uno dei due modi in cui esiste,che sono tuttavia esterni alla sua considerazione assoluta : o in quanto essaesiste negli individui o in quanto essa esiste nellanima :

    Natura autem uel essentia sic accepta [scil., secundum quod significatur permodum totius] potest dupliciter considerari. Vno modo secundum rationempropriam, et hec est absoluta consideratio ipsius : et hoc modo nichil estuerum de ea nisi quod conuenit sibi secundum quod huiusmodi ; unde quicquidaliorum attribuatur sibi, falsa erit attributio []. Alio modo consideratursecundum esse quod habet in hoc uel in illo []. Hec autem natura habetduplex esse : unum in singularibus et aliud in anima, et secundum utrumqueconsequntur dictam naturam accidentia ; in singularibus etiam habet multiplexesse secundum singularium diuersitatem. Et tamen ipsi nature secundumsuam primam considerationem, scilicet absolutam, nullum istorum debetur 24.

    Dunque, Tommaso introduce la distinzione tra i vari modi in cui unessen-za viene considerata (in s, negli individui e nellintelletto che la conosce)come una distinzione relativa allessenza in quanto considerata e significatacome un tutto predicabile degli individui. Poich lessenza significata comeun tutto e predicabile degli individui non altro, come si detto, che unanozione ottenuta per astrazione a partire dagli individui, quando essi vengo-no considerati in modo indeterminato, ne segue che la distinzione tra i diversimodi in cui lessenza viene considerata sembra essere, per Tommaso, unadistinzione che riguarda i modi in cui una nozione astratta la nozione diessenza, astratta dagli individui viene considerata. In particolare, anche ilmodo di considerare unessenza secondo s, a prescindere dai modi in cui taleessenza esiste (negli individui o nellintelletto che la conosce) non sembraessere un modo di essere dellessenza come costituente della realt, ma unmodo di considerare una nozione astratta.

    5. LA DISTINZIONE TRA PREDICAZIONE ED UNIVERSALIT

    in effetti innegabile che Tommaso, nel De ente, introduca la dottrinadellindifferenza dellessenza come una dottrina del modo in cui unessenzagi significata e considerata in un certo modo ossia, come un tuttopredicabile degli individui viene considerata. Di conseguenza, sorge latentazione di ridurre quella che Tommaso chiama absoluta considerationaturae ad un modo di considerare un concetto. Tuttavia, altrettanto

    24 Ibid., ll. 26-58.

  • 411TOMMASO DAQUINO E LA DOTTRINA AVICENNIANA DELLESSENZA

    innegabile che questo equivarrebbe a semplificare in modo illegittimo quantoTommaso dice nel De ente. Sembra in effetti che nel De ente Tommaso nonintenda trarre la drastica conclusione secondo cui lessenza svolge il ruolo diun concetto astratto. Secondo Tommaso, lessenza anche, anzi soprattuttoun costituente reale delle cose.

    Ci emerge chiaramente quando si prenda in considerazione pi da vicinola nozione di predicazione cui Tommaso fa qui ricorso quando descrivelessenza, ed in particolare lessenza considerata in modo assoluto, come ciche si predica degli individui. Da un lato, il fatto che Tommaso dica chelessenza considerata in modo assoluto viene predicata degli individui inducea pensare che lessenza cos considerata sia un concetto e non una realt :infatti, secondo quanto lo stesso Tommaso sostiene nel corso di tutta la suacarriera, la predicazione unoperazione propria dellintelletto, che componediversi elementi insieme in una proposizione, e tali elementi sono natural-mente concetti e non cose. Tuttavia, ad uno sguardo pi attento, la nozionedi predicazione cui qui Tommaso sta facendo ricorso si rivela essere diversada quella che lo stesso Tommaso adotter nelle opere successive. Specifica-mente, sembra che nel De ente la predicazione non escluda, anzi indichi unrapporto di tipo ontologico costitutivo delle cose, e non solo un rapporto tratermini e concetti, da un lato, e realt, dallaltro. Ci emerge da una curiosadistinzione che Tommaso introduce poco dopo aver detto che ci cui convie-ne lessere universale ci che viene predicato degli individui. In modo netto,infatti, Tommaso distingue tra predicazione ed essere universale. Secondoquanto dice qui Tommaso, lessere universale pertiene allessenza in quanto nellintelletto, non in quanto considerata in modo assoluto. Al contrario,lessenza viene predicata degli individui solo in quanto considerata in modoassoluto. Lessenza considerata in modo assoluto non universale, bench siapredicabile degli individui, perch proprio di una nozione universale esserein s una e contemporaneamente comune se considerata rispetto alle entita cui pertiene. Seguendo implicitamente Avicenna, Tommaso osserva chedunque lessenza, considerata in modo assoluto, non universale, perchunit e comunit sono estranee allessenza secondo la sua considerazioneassoluta ; tali attributi pertengono allessenza solo quando essa consideratain quanto esistente secondo uno dei suoi due modi di esistenza, negli indivi-dui o nellintelletto che la conosce. Ci tuttavia non toglie che lessenza,considerata in modo assoluto e a prescindere dalla sua esistenza negliindividui o nellintelletto che la conosce, sia predicabile degli individuipresenti nel mondo : lessenza uomo predicabile di Socrate e Platone non inquanto presente in Socrate o in Platone (in tal modo, infatti, vieneindividualizzata e non dunque pi predicabile di diversi individui) n in

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    quanto nellintelletto (in tal modo, infatti una nozione universale dotatadi una sua unit e comunit, che ad essa non pertengono in quanto considerata in modo assoluto) :

    Ergo patet quod natura hominis absolute considerata abstrahit a quolibetesse, ita tamen quod non fiat precisio alicuius eorum. Et hec natura sicconsiderata est que predicatur de indiuiduis omnibus. Non tamen potest diciquod ratio uniuersalis conueniat nature sic accepte, quia de ratione uniuersalisest unitas et communitas ; nature autem humane neutrum horum conuenitsecundum absolutam suam considerationem 25 .

    La distinzione tra lessenza che viene predicata e luniversalit un puntocentrale della dottrina dellessenza come Tommaso la espone nel De ente : grazie a questa distinzione che Tommaso riesce a fare dellessenza conside-rata in modo assoluto una componente reale delle cose a prescindere dal fattoche lintelletto la consideri o meno. Gi in Alessandro di Afrodisia lessenza,distinta dalluniversale, era predicata degli individui. Secondo quanto quiafferma Tommaso, luniversalit dipende dallintelletto, ma la predicabilitno : ne segue che lessenza predicabile degli individui di uno stesso tipoanche se essa non considerata dallintelletto e dunque anche se ad essa nonviene attribuita luniversalit. Tuttavia, la distinzione tra predicabilit eduniversalit in s sorprendente, alla luce sia della tradizione precedente siadelle opere successive di Tommaso stesso. Secondo quanto Tommaso dice nelDe ente, infatti, esiste qualcosa che di per s predicabile ma che di per s non universale, e questo qualcosa lessenza presa secondo la sua considerazio-ne assoluta. Sia tuttavia sufficiente ricordare che le nozioni di predicabile eduniversale sono sempre state strettamente legate luna allaltra da Aristotelein poi. lo stesso Aristotele, in effetti, a definire luniversale come ci che predicabile di pi cose26 . Sulla scia di Aristotele, i commentatori latini, perlo meno dal dodicesimo secolo in poi, finirono per identificare completamen-te le due nozioni di predicabilit ed universalit, tanto che le famose quinquevoces di cui tratta Porfirio nellIsagoge (genere, specie, differenza, proprio,accidente) venivano chiamate in ambito latino indifferentemente praedicabiliae universalia27 . Per quanto riguarda lo stesso Tommaso, a parte che nel terzocapitolo del De ente et essentia, la possibilit di distinguere tra predicazione

    25 Ibid., ll. 68-77.26 De Interpretatione, 7, 17a39-40.27 Per una breve presentazione delle interpretazioni medievali dellIsagoge di Porfirio, si

    veda A. DE LIBERA, Introduction, in PORPHYRE, Isagoge. Text grec, Translatio Boetii, Traduction parA. DE LIBERA et A.-P. SEGONDS, Vrin, Paris 1998, pp. CXXVII-CXL.

  • 413TOMMASO DAQUINO E LA DOTTRINA AVICENNIANA DELLESSENZA

    ed universalit sembra preclusa.Sembra in effetti che nello stesso De ente Tommaso abbia qualche difficol-

    t a distinguere tra predicabilit ed universalit, tanto che si pu sospettareche tale distinzione sia introdotta come una distinzione ad hoc, e che segnaliun problema piuttosto che risolverlo. Ne un segno il modo stesso in cuiTommaso si sforza di giustificare come tale distinzione sia basata sul fattoche ad una nozione universale pertenga lessere una e comune, caratteristicheche sono estranee ad unessenza considerata in modo assoluto. Tuttavia,come pu unessenza considerata in modo assoluto essere predicabile senzaessere una in s e soprattutto senza essere comune a ci di cui vienepredicata? Eppure, in base alla sua distinzione tra universalit e predicabilit,Tommaso costretto a negare che lessenza predicabile sia comune a ci dicui predicata. Ma il meno che si possa dire che non chiaro come ci siapossibile. Inoltre, pur riconoscendo che lessenza considerata in modoassoluto ad essere predicata degli individui, e non lessenza in quanto presente nellintelletto, Tommaso riconosce che essere predicato qualcosache pertiene di per s a nozioni come genere e specie, ossia a nozioni che ilnostro intelletto ad attribuire allessenza. Infatti, Tommaso osserva che lapredicazione qualcosa che, pur avendo una base reale nella composizionedelle cose extramentali, viene tuttavia portato a compimento ed attuatodallintelletto. Per questo motivo, la ratio praedicabilitatis viene inclusa nelladefinizione di genere e specie. Sembra dunque che lo stesso Tommasoammetta che la predicazione unoperazione propria dellintelletto, e che diconseguenza essere predicato sia qualcosa che pertiene a concetti e non arealt. E tuttavia, Tommaso si affretta ad aggiungere che ci cui lintellettoattribuisce lintentio praedicabilitatis non un concetto come il genere e laspecie, ma ci cui genere e specie pertengono, ossia lessenza stessa28 .Sembrerebbe, in altri termini, che Tommaso stia cercando di distinguere tralessenza che si predica degli individui secondo la sua considerazione assolu-

    28 SANCTI THOMAE DE AQUINO De ente et essentia, cap. 3, p. 375, ll. 120-146: Et quia naturehumane secundum suam absolutam considerationem conuenit quod predicetur de Sorte, etratio speciei non conuenit sibi secundum suam absolutam considerationem sed est de accidentibusque consequntur eam secundum esse quod habet in intellectu, ideo nomen speciei non predicaturde Sorte ut dicatur Sortes est species []. Et tamen predicari conuenit generi per se, cum in eiusdiffinitione ponatur. Predicatio enim est quiddam quod completur per actionem intellectuscomponentis et diuidentis, habens fundamentum in re ipsa unitatem eorum quorum unum dealtero dicitur. Vnde ratio predicabilitatis potest claudi in ratione huius intentionis que estgenus, que similiter per actum intellectus completur. Nichilominus tamen id cui intellectusintentionem predicabilitatis attribuit, componens illud cum altero, non est ipsa intentio generis,sed potius illud cui intellectus intentionem generis attribuit, sicut quod significatur hoc nomineanimal .

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    ta e a prescindere dallintervento dellintelletto, da un lato, e, dallaltro, laratio o intentio praedicabilitatis, che viene attribuita allessenza solo dallin-telletto. Ma non si comprende bene come qualcosa possa essere predicato diqualcosaltro di per s senza che ad esso pertenga la ratio o intentiopraedicabilitatis parimenti di per s.

    Sempre restando allinterno del De ente, inoltre, se anche si accettasse lapossibilit di distinguere tra predicazione ed universalit, e dunque se siaccettasse che alcune cose possono essere predicate senza essere universali,resterebbe un problema di coerenza interna. Al principio di questo stessocapitolo terzo, infatti, Tommaso afferma che ci cui pertengono le nozioni dispecie e genere predicabile degli individui : ossia, ci che viene detto essereun genere o una specie lessenza che predicabile degli individui29 . Questoin effetti sembra ragionevole : lessenza uomo predicabile di Socrate e diPlatone, ed allessenza uomo che pertiene lessere una specie. Poco dopo,Tommaso dice che ci che predicato degli individui lessenza consideratain modo assoluto, in quanto prescinde dallesistenza che effettivamente lacaratterizza negli individui o nellintelletto30 . Se ne pu concludere che allessenza considerata in modo assoluto che pertiene lessere una specie o ungenere. Poich essere un genere ed essere una specie, alla luce di quanto dicePorfirio, non sono altro che due tipi di universalit, ne consegue che lessenza considerata in modo assoluto ci a cui viene aggiunta e pertieneluniversalit. Ancora una volta, questo sembrerebbe ragionevole : oltre aseguire dalle distinzioni che Tommaso stesso ha introdotto, sembra infattiragionevole dire che ad unessenza (ad esempio, allessenza uomo) pertieneluniversalit in quanto predicabile di diversi individui (ad esempio, diSocrate e Platone). Poich unessenza predicabile degli individui in quanto considerta in modo assoluto, se ne deduce che ad unessenza competeluniversalit in quanto considerata in modo assoluto. Questa tuttavia unaconseguenza che Tommaso non vuole trarre. In effetti, nella parte successivadel medesimo capitolo, egli afferma espressamente che ad unessenza pertieneluniversalit non in quanto considerata in modo assoluto, ma secondolessere che essa ha nellintelletto31 . Ed proprio a questo proposito cheTommaso introduce la sua strana distinzione tra predicabilit ad universali-

    29 Ibid., p. 374, ll. 4-6: Quia autem id cui conuenit ratio generis uel specie uel differentiepredicatur de hoc singulari signato [] .

    30 Ibid., ll. 68-72: Ergo patet quod natura hominis absolute considerata abstrahit a quolibetesse []. Et hec natura sic considerata est que predicatur de indiuiduis omnibus .

    31 Ibid., ll. 73-77: Non tamen potest dici quod ratio uniuersalis conueniat nature sicaccepte, quia de ratione uniuersalis est unitas et communitas ; nature autem humane neutrumhorum conuenit secundum absolutam suam considerationem .

  • 415TOMMASO DAQUINO E LA DOTTRINA AVICENNIANA DELLESSENZA

    t : luniversalit (ossia lessere un genere o una specie) compete ad unessen-za secondo lessere che ha nellintelletto, ossia in quanto essa conosciuta,contrariamente a quanto Tommaso ha detto poco prima. Invece, lapredicabilit pertiene ad unessenza secondo la sua considerazione assoluta.

    Tommaso si trova qui a fare i conti con lambiguit che si notata inAvicenna : da un lato, ci cui pertiene luniversalit lessenza considerata inmodo assoluto ; daltro lato, luniversalit pertiene allessenza in quanto presente nellintelletto. Il modo in cui Tommaso cerca di uscire da questadifficolt ponendo una distinzione tra universalit e predicabilit e soste-nendo che la predicabilit pertiene allessenza considerata in modo assolutomentre luniversalit pertiene allessenza in quanto conosciuta e secondolessere che ha nellintelletto. Ma come si visto, questa distinzione non chiara e costringe Tommaso a contraddirsi nel giro di poche righe allinternodel medesimo capitolo.

    Al di l delle oscurit e contraddizioni che si sono osservate, interessantecercare di comprendere per quale motivo Tommaso, nel De ente, adotti unaposizione cos singolare e di fatto problematica come la distinzione trauniversalit e predicabilit. Tommaso vuole attribuire luniversalit alles-senza in quanto considerata come conosciuta e presente nellintelletto,mentre allo stesso momento vuole sostenere che lessenza considerata inmodo assoluto predicabile degli individui. Sembra che la nozione dipredicabilit di cui Tommaso si serve implichi una relazione ontologica ecostitutiva delle realt : lessenza predicabile senza essere essenzialmenteun universale ed uno dei predicabili di Porfirio perch essere predicatoimplica una relazione non semplicemente semantica ma ontologica, ossiaquella di costituzione di un individuo di un certo tipo.

    In seguito, questa soluzione non apparir pi soddisfacente, n a Tommason agli autori che affronteranno lo stesso problema dopo di lui. Per quantoriguarda questi ultimi, sembra che tra la fine del Duecento e linizio delTrecento si imporr una soluzione standard al problema che Tommaso avevacercato di risolvere distinguendo tra predicazione ed universalit. Autoricome Egidio Romano e Duns Scoto, invece di distinguere tra predicazione eduniversalit, distingueranno tra attribuire universalit ad unessenza nelsenso che qualcosa viene conosciuto sotto il modo delluniversalit, da unlato, e, daltro lato, attribuire universalit ad unessenza nel senso di conside-rare unessenza come un concetto universale. Secondo questi autori, comeper Tommaso nel De ente, unessenza viene considerata come una specie o ungenere solo quando lintelletto la considera come tale e quando attribuisce adessa luniversalit mettendola in rapporto con gli individui extramentali ; maunessenza predicabile di molti individui a prescindere dal fatto che lintel-

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    letto la consideri come universale ed attribuisca ad essa luniversalit. Tutta-via, nel De ente Tommaso non distingue tra luniversalit che pertiene adunessenza in quanto predicabile degli individui e luniversalit che lintel-letto attribuisce ad unessenza quando la considera come una nozione univer-sale. Questa distinzione tra due tipi di universalit sar chiaramente fattasolo dagli autori successivi a Tommaso, secondo i quali la prima universalit una prima intenzione, mentre la seconda universalit una seconda inten-zione. Mentre luniversalit come seconda intenzione pertiene ad unessenzasolo in quanto considerata come un concetto presente nellintelletto, luni-versalit come prima intenzione pertiene ad unessenza in quanto conside-rata in modo assoluto. Secondo gli autori successivi a Tommaso, tuttavia, ladifferenza tra lessenza predicata e lessenza come specie e genere non sta nelfatto che lessenza predicata non universale : lessenza universale in tuttie due i modi, sia quando predicata degli individui che quando consideratacome un genere o una specie. La differenza tra questi due modi di essereuniversale, per lessenza, sta nel fatto che, secondo la prima considerazione,lessenza universale ma non considerata come universale, mentre nelsecondo modo lessenza anche considerata come universale. In effetti,qualcosa pu essere universale (e dunque una nozione dellintelletto) senzaessere considerato come universale. questo il caso dellessenza quando considerata in modo assoluto32 . Al contrario, Tommaso nel De ente nondistingue tra lessere universale e lessere considerato come universale :poich lessenza considerata in modo assoluto non considerata come uni-versale, Tommaso conclude che essa non universale, distinguendo in talmodo tra predicazione ed universalit. E poich lintelletto a dare luniver-salit, secondo Tommaso se qualcosa predicabile senza essere universale,qualcosa predicabile senza lintervento dellintelletto. Dunque, nel De enteTommaso costretto a porre lessenza considerata in modo assoluto chepure nello stesso De ente sembrerebbe essere una nozione astratta, e dunqueun concetto dellintelletto come un costituente della realt, predicabile aprescindere dal fatto che lintelletto lo conosca o meno. In questo modo,Tommaso nel De ente non esce dallambiguit di fondo riguardante lessenza,se cio essa sia una nozione astratta o un costituente della realt.

    32 AEGIDII ROMANI Quodl. II, q. 6, in EIUSDEM Quodlibeta, Lovanii 1646 (rist. anast. Minerva,Frankfurt a. M. 1966), pp. 62-63 ; IOANNIS DUNS SCOTI Ordinatio II, dist. 3, pars 1, q. 1, in EIUSDEMOpera omnia, VII, Typis Polyglottis Vaticanis, Civitas Vaticana 1973, n. 33, pp. 403-404 ;EIUSDEM Quaestiones super libros Metaphysicorum Aristotelis, Lib. VII, q. 18, in EIUSDEM Operaphilosophica, IV, The Franciscan Institute, St. Bonaventure, N.Y 1997, nn. 38-46, pp. 347-350.

  • 417TOMMASO DAQUINO E LA DOTTRINA AVICENNIANA DELLESSENZA

    6. LINTERPRETAZIONE ONTOLOGICA DELLESSENZA : IL QUODL. VIII

    Poco dopo aver presentato la dottrina dellindifferenza dellessenza nelterzo capitolo del De ente et essentia, Tommaso torna sugli stessi problemi inuna questione quodlibetale. Nella prima questione del Quodlibet VIII inrealt, il secondo disputato da Tommaso, nella Pasqua del 1257 unpro