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ti racconto una storia... GRUPPO INSIEME Piazza S. Giovanni, 4 84012 Angri (Salerno) tel/fax 081 5132158

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GRUPPO INSIEMEPiazza S. Giovanni, 484012 Angri (Salerno)tel/fax 081 5132158

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6 · 13 dicembre 2000meglio informare partecipando

Grafica e stampa CALAMOS · edizioniPiazza S. Giovanni, 13 · 84012 Angri (Sa)[email protected]

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“Carolina” al di là del suo ruolo in questa struttura cherappresnta per noi del Gruppo Insieme una risposta residen-ziale per i ragazzi che contattiamo e che vogliono iniziareun reale percorso di allontanamento dalle sostanze? Il feelingè dato dal suo modo di “essere terapeuta”, dal suo modo diapprocciarsi al problema non pensando solamente allesostanze ma alle dipendenze in generale. In questo modo ciaiuta nel nostro percorso di individuazione di strumenti perleggere e decodificare il malessere giovanile.Il dott. Carlo Petrella chi è?- Sociologo e responsabile della “Locanda” di Acerra.- Dirigente regionale settore fasce deboli.- Padre di 3 figlie.Cosa fa? Lavora da anni sul campo dell’emarginazione edella droga con uno stile personale e particolare. Lui nonpercorre le strade della tecnica del già collaudato e siavventura spesso in sentieri difficili, un po’ tortuosi nonasfaltati. Chiaramente sono questi sentieri difficili che lofanno incappare in qualche incidente (la casa di Ban). Anchel’esperienza della “Locanda” non è un’esperienza strutturataed è in questa linea, con questa tensione, con questa curiositàche ricerca sempre strade nuove che lo hanno portato oggia coniugare insieme i due impegni la partecipazione el’informazione, da qui lo slogan “informare partecipando”.Se ci riflettiamo è un’idea per niente originale appartienesolo al buon senso: non è forse vero che una parola prendecorpo se è accompagnata ad un’azione? Ed è stato questolavoro che nel nostro piccolo, con umiltà, il Gruppo Insiemein questi 15 anni, ha realizzato. In fondo in questi anni purlavorando molto sulla prevenzione nelle varie iniziative nonabbiamo mai detto “la droga è…”. La mostra itinerante “LaLocanda” in 20 istituti, “Diamo corpo alle parole” al Liceodi Angri e scuole di Pompei, progetti “Ragazzi in fuga 1 e2”, “la solitudine” e l’ultimo lo scorso anno “I colori dellaPaura”, hanno avuto un denominatore comune: far confluirel’informazione con la partecipazione per stabilire un contatto.Creare un contatto, una relazione, la cosa più difficile, piùvera, sicuramente la più concreta. Si può sintetizzare cosìil lavoro di questi 15 anni una grande “operazione dicontatto”; di chi? Dei lontani. Un obiettivo ambizioso. Chisono i lontani. I lontani sono anche quelli che vivono gomitoa gomito ogni giorno con noi ma lontani con il cuore e conla mente. Interrogarci sulla nostra presenza accanto ai lontanici ha costretti a sperimentare tante strade. Nessuna concertezza, ma con la convinzione che i lontani avevanobisogno di essere catturati, perché i lontani hanno bisogno

Atti del Seminario del 6.12.2000Svoltosi presso la Scuola Media “P. Opromolla” di Angri.

Intervento e saluti Preside Scuola Media P. OpromollaUn caldo benvenuto a tutti!Il disagio è uno stato d’animo, un malessere, il disagio versose stessi, verso gli altri perché poi un disagio solo giovanileè un disagio che nasce da dentro, dall’infanzia. Cosa do-vremmo fare noi prima di essere insegnanti, buoni genitori,per addivenire il disagio che inutilmente si verifica in tuttii gruppi sociali?Molto spesso, ecco, non si capisce bene se vi è qualcheproblema di capacità di comunicazione, disadattamento daogni cosa o solo di inserimento negli altri ambienti. È moltodifficile poterlo rilevare, ci aspettiamo consigli, dei sugge-rimenti da chi opera da anni nel disagio. Vorrei capire, comequesto disagio, poi sfoci, in ogni modo, con lati più grossicome quello della tossicodipendenza. Anche nella scuola,il massimo del disadattamento, il disagio, non si capiscemai dove e a cosa può portare, seppure i ragazzi sono moltopericolosi e quindi ci auguriamo che da voi possano veniredei suggerimenti validi per aiutarci a capire e a prendere ilgiusto profitto di questi fenomeni, perché è molto difficilecapire i ragazzi che forse ci lanciano dei segnali da noi noncompresi. Ringrazio il Gruppo Insieme e passo la parolaalla presidente Persico che ci presenterà l’iniziativa.

Intervento della prof.ssa Persico Giuseppa(Presidente dell’Associazione Gruppo Insieme)

Un benvenuto a tutti!Un grazie per la presenza a questa iniziativa “informarepartecipando”. Questi momenti servono a noi come volontaridel privato sociale, a voi come insegnanti, genitori, per farsì che possiamo superare insieme lo scoramento che a volteci prende nel non riuscire sempre ad entrare con faciltànell’universo giovanile che è sempre più complesso, varie-gato, articolato.Come ci siamo organizzati? Due relatori che vivono quoti-dianamente a contatto col disagio giovanile.La dott.ssa Esposito chi è? Psicologa e psicoterapeutadirigente nella A.S.L. NA5 per il dipartimento di salutementale. Madre di 4 figli.Cosa fa? Da 10 anni è impegnata nel campo delle dipendenzenella comunità “M. Fanelli” di Pimonte (NA). È la respon-sabile terapeuta della comunità. Ma qual è il feeling con

di una presenza amica. I lontani fanno fatica a relazionarsicon questa normalità che è un’abito molto stretto per loro.Tra i lontani, tra i distanti non si può parlare, non si puògiocare, non si può vivere, non si può lavorare. La distanzasepara, isola; la mamma, l’insegnante, l’educatore è emar-ginato se non lavora per accorciare le distanze. Come siaccorciano le distanze?Non ci sono ricette, non ci pecchiamo di indicare soluzioni,ma i nostri tentativi, seppur con tanti limiti, ci hanno con-fermato che è importante creare RAPPORTI. Rapporti peraffiancare, per stimolare, per indicare una direzione, esserepresenza. Si, la presenza incoraggia, rassicura, ti fa sentireimportante e riesce a contenere le ansie, le paure, le angoscedi questi ragazzi e su queste emozioni è poi possibile lavorare.Tutto qui il nostro lavoro…

Intervento della Psicologa Carolina EspositoPremessa.La tossicodipendenza sta ad indicare un processo, come sievince dal nome composto, dove vi è la correlazione di dueistanze: tossico biologico-comportamentale (uso della so-stanza), l’altro dipendente, aspetto sociale-psicodinamico.Tale distinzione è utile alla nostra riflessione in quanto cipermette di individuare più facilmente i nuovi percorsiall’interno dei quali si sta esprimendo il disagio dell’adatta-mento sociale. In questi giorni, dopo il convegno di Genova,si sta cercando di ridurre il fenomeno alla lettura dei datistatistici: diminuzione o meno delle sostanze classiche(eroina, cocaina) e delle malattie da contagio; scarsa rilevanzaviene data su come stanno realmente i nostri giovani e inche modo stanno completando il loro processo di crescitae individuazione e che ruolo gioca nella loro vita la dinamicadella dipendenza.

I nuovi percorsi della dipendenzaFino a pochi anni fa gli interventi di prevenzione e di curadelle dipendenza sono stati mirati essenzialmente, dia sottoil profilo socioculturale che clinico, strettamente al fenomenodell’uso di sostanze. La maggior parte degli operatori delsettore (psicologi, educatori, ecc) si sono occupati dellatossicodipendenza ritenendola l’espressione sintomatologiacadi un disagio legato sia alle problematiche di individuazionedel processo adolescenziale che dei conflitti interni allafamiglia. Pertanto l’attenzione è stata rivolta a tali ambiti(fase adolescenziale e famiglia); le radici affrontare il

problema da tale angolatura in quanto vi è in atto un profondocambiamento che coinvolge più livelli della persona: com-portamentali, sociali, psicodinamici. I dati di cambiamentopiù significativi in quanto marcatamente rilevanti sono:- I giovani che usano sostanze non sono quelli diciamo a“rischio” ma i cosiddetti “normali”;- La modalità e la motivazione sono per lo più di tipo“prestazionali” “fa meglio l’amore”.- reggere la discotecaecc...;- Il tipo di consumo sono alcool pasticche, cocaina, anabo-lizzanti ecc;- La rappresentazione interna che il giovane ha rispetto alconsumo di sostanze: non si riconosce come dipendente;Il disagio psicologico dei giovani è strettamente crollato adinamiche di dipendenza quali le fobie, i disturbi alimentari(anoressie, bulimie)L’analisi di tali dati e l’esperienza concreta di tutti i giornipongono in evidenza che la dipendenza attuale non è più ilpercorso individuabile della tossicodipendeza classica dovela relazione con la sostanza andava a sostituire man manole altre relazioni e caratterizzava la struttarazione del tempoe il mondo interno del consumatore. Attualmente notiamoche la dipendenza è entrata a far parte del quotidiano, èdiventata un modo di essere, di esistere.Tale posizione esistenziale è rappresenta da una fantasia,sempre più collettiva, che finisce nel quotidiano con ildiventare opinione: “C’è qualcosa al di fuori di me che mipuò far star bene o star male”- L’obiettivo del mio intervento è quello di incominciare aporre la questione da una prospettiva che tenga conto cheprioritario al fine di una corretta “diagnosi”, è affrontare ilproblema sotto il profilo del processo della dipendenza (dicui quella tossica è solo un espressione sintomatologica,),inoltre ciò non può prescindere da un analisi socio culturalenelle sue molteplici origini e espressioni: politico, educativo,psicologico ecc... in quanto ci verrebbe a mancare il contesto“significatico” che dà origine al fenomeno.

Intervento del responsabile della “Locanda del Gigante”Sociologo Carlo PetrellaUn viandante stava passeggiando in un bosco quando siimbattè in un taglialegna che affannosamente cercava ditagliare un tronco d’albero in piccoli pezzi. Il viandante sifece più vicino e gli disse: “Scusami, ma ho notato che latua sega è spuntata, perché non l’affili?”. Il taglialegna

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rispose, borbottando: “Non ho tempo per queste cose iodevo segare”. Il luogo dove abito si chiama La Locanda delGigante. In una campagna di Acerra. Quando è notte fonda,non c’è nessuno. Qualche cane che abbaia, rumori lontani.Il silenzio, un po' di paura. Un po' di ragazzi, drogati. Vivonoinsieme. Sono stati trascinati li dalla mamma; da qualcheincidente. Io vivo con loro... Sento di accompagnarli aduscire dal loro caos. Spesso fuggono, vanno via, qualcunorimane.Un quotidiano duro, difficile. Vivo come in una trincea. Avolte penso ad un inferno. Quando sto bene penso ad unparadiso. Questa è la mia casa. Il mio indirizzo. Vi invitoa venire, a trascorrere un giorno alla locanda. A che serve?Siamo perseguitati da parole stupide: una, prevenzione; due,informazione: tre, la droga... destra, sinistra, centro... libertà,solidarietà, democrazia. Vorrei fare un vocabolario delleparole stupide. Vuote. Quelle che ci riempiono la bocca.Sono le parole senza carne, senza storia. Quando le parolesono piene? Quando le pronunciamo ad una persona che haun rapporto con noi. Quando viviamo insieme. Quandosiamo viandanti lungo la stessa strada verso la stessa dire-zione. Quando soffriamo insieme. Quando la nostra pelle èin contatto con un’altra pelle. Prima la pelle e poi la bocca.Prima il contatto e poi il messaggio. E il contatto è unamagia. In genere siamo senza contatto. Siamo lontani. Egridiamo, gridiamo. Nessuno ci sente. Non c’è contatto.Non è interessata la pelle. L’unico contatto che io conosco...è il contatto di pelle. Pelle a pelle. Poi di contatti importanti,di crescita. Per entrare in contatto ... è necessario vivereinsieme, stare insieme, lavorare insieme, giocare insieme,condividere, convivere. Non c’è crescita se non all’internodi una convivenza. Da quando siamo vivi, siamo semprecresciuti in un utero. E l’utero è sempre una persona chem’accoglie, mi vuole bene, mi sta vicino. Molti di noi, moltibambini sono senza utero. E non crescono. Non partecipano.Non stanno dentro. Sono fuori e cercano un utero chimico.Metallico. Mi fermo. Esco fuori dalle immagini. Vi leggoun passo che ho trovato. Ci sono progetti grandi. Progettipiccoli. Mai senza progetto. Mai dire delle cose senzaprogetto, senza partecipare insieme ad una costruzione, adun obiettivo. L’informazione senza progetto è come unsegnale stradale senza strada. Facciamo progetti, fantasie.E nel mentre ..., forniamo tutte le informazioni che aiutano... servono.Informare partecipando.

Il 13 dicembre 2000

Perché il Gruppo Insieme ha voluto che la scuola entrassein una Comunità? Perché ha organizzato la giornata del 13dicembre di convivenza? Perché vuole essere l’incipit diun’esperienza che trova il contesto più appropriato di valo-rizzazione all’interno di un percorso in grado di dare allascuola la responsabilità e la capacità di affrontare le domandepressanti e le sfide di una società complessa e fortementecontraddittoria. La scuola, sia alunni che docenti, per questagiornata di convivenza è stata chiamata a contribuire, nelrispetto della propria natura e finalità, ma impegnando lesue potenzialità di mediatore culturale, alla costruzione delconcetto di “malessere”.La disponibilità dei ragazzi della comunità “Locanda” atestimoniare il percorso di riconquista della loro identitàpersonale e sociale doveva essere utilizzata a sollecitare ea riflettere sulla loro proposta, e sui modi di valorizzarel’esperienza.Si poteva rispondere in tre modi diversi alla richiesta diraccontare “la loro storia, i loro errori” a quei giovani chevivono come hanno vissuto loro la solitudine, l’emarginazionee le difficoltà quotidiane, convinti che possa servire adissuaderli dal fare una scelta “sbagliata”:1) Conciliare l’offerta con una tolleranza che, abbassandosempre più il livello dei vincoli, coltivasse la presunzioneche la semplice esposizione dei casi garantisse esiti preventivi;2) Preservare la scuola da sollecitazioni e problemi chealcuni giudicano interferenti ed estranei all’azione formativa;3) Porsi in ascolto di una condizione umana così aspra ed“esposta”, ma capace di far riapparire i volti che erano sparitidietro le maschere della comunicazione impossibile. I 5ragazzi ospiti della “Locanda” che il gruppo-scuola haincontrato, hanno portato la loro esperienza con una capacitàdi ricomporre i frammenti della loro soggettività lacerata,la loro “humanitas” annientata, allora è doveroso che leistituzioni si confrontino con essa e la riconoscano come“parte del proprio tessuto”, e ne facilitino l’incontro con isoggetti sociali, in particolare i giovani, per rafforzare lapercezione del rischio, le abilità preventive e per contribuirea creare motivazione comportamentali positive e stabili.

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L’offerta del “Gruppo Insieme” si indirizza ad una scuolache voglia integrare e qualificare i propri curriculi per nelnecessario adeguamento alla specifica situazione formativain cui è chiamata ad operare. Molte sono state le scuole chehanno aderito a questa iniziativa un po’ fuori dalle righe: lascuola comprensiva “L. Galvani”, la scuola media “Don E.Smaldone”, “I.T.C.” e il Liceo Scientifico “A. La Mura”,inoltre era anche presente l’Associazione per le famiglie deidetenuti “Ismene”.La Sociologa Carmen Landi

Ecco le impressioni:

Sensazioni di una giornata di convivenza.Non più rabbia, né angoscia,non più la solitudine del vuotoné l’abisso della paura, non più noia di vite spente, incolorila magia di una trasformazione.Dolore, dramma di storie personali mutati in fatica concretanei campi, laboratorio, riflessione.Non dolore sordo, ma atto creativo attraversato necessaria-mente dalla sofferenza del quotidiano.Dolore liberato dalla disperazione.Esistenze negate che con coraggio, si concedono, sole,il permesso a vivere e a gioire.Parabole, favole, indovinelli.Il linguaggio di Carlo, profeta dei nostri tempi, libera daltorpore intellettuale.Parole del sentire, dell’animo, non della mente.In quel luogo, la “Locanda del Gigante, ho rinnovato il miopermesso a vivere, senza l’illusione di rinunciare alla soffe-renza.Prof.ssa Francesca FrancavillaLiceo Scientifico “Don Carlo La Mura” di Angri.

Resoconto dell’esperienza ad AcerraCiascun individuo è la sintesi delle sue esperienze sia positiveche negative. Grazie ad esse si impara, ci si migliora e sisceglie, pure a volte sbagliando, la strada da seguire. Ma,chi ha sbagliato può sempre migliorare e correggersi finoa toccare il fondo e poi riuscire a risalire. Ho imparato ciòdall’esperienza ad Acerra nella casa-famiglia dove vi sono

alcuni ragazzi in terapia di recupero che ogni singolo istantelottano per allontanarsi da un baratro che in un passatoprecedente li ha inghiottiti, che cercavano la luce di unanuova vita , una vera vita, ma dai ragazzi, con cui ho avutola possibilità di trascorrere una bellissima giornata, hocompreso quanto sia dura la salita che ci strappa ad essa.Non voglio descrivere ciò che abbiamo fatto perché sarebbesolo una successione di fatti; bensì voglio descrivere le miesensazioni. Ad Acerra, nella locanda del “Gigante” sonorinata anch’io, sono sbocciata come un fiore che non cono-scendo come l’ombra non apprezza come dovrebbe la lucedel sole, infatti sentendo cosa sia la vita per un drogato dallasua bocca ho capito quanto veramente sia importante la vitasemplice, nella sua quotidianità, nella sua purezza e entusiastima soprattutto vorrei ringraziare il gruppo “Insieme” cheha reso possibile ciò invitandolo ad operarsi affinché moltialtri ragazzi possano in poche ore capire la loro fortuna epossano un giorno prevenire il problema droga con iniziativeche mirino ad allontanare le cause che portano a questofenomeno ormai sempre più ampio.Ilaria PucciLiceo Scientifico “Don Carlo La Mura” di Angri.

Il 13 dicembre 2000 ho vissuto in prima persona un’espe-rienza inconsueta ma rivelatasi fondamentale in quanto miha reso partecipe, anche se per un giorno, alla vita di altrepersone considerate diverse dall’opinione pubblica ma inrealtà del tutto normali. Con la mia insegnante di italianoe altri ragazzi miei coetanei ci siamo recati alla comunità“La Locanda del Gigante” presso Acerra dove, giovanicercano di superare i propri problemi di droga e di alcol perriconquistare la vita semplice che si sono lasciati alle spalle,e l’impressione che ho avuto di questo luogo è stata totalmentedifferente però, che nella mia visione (forse un po’ condi-zionata dai pregiudizi sociali), immaginavo, la comunitàcome un luogo austero, privo di calore umano, in cui sipoteva sfiorare con un dito l’abisso dello sconforto e dellasolitudine, dell’abbandono e della non curanza, ma ciò cheho constatato è del tutto differente. Sicuramente “La Locandadel Gigante” è un ritrovo di persone tossicodipendenti ealcoliste, che hanno avuto anche noie con la legge, ma ciò

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Il 13 dicembre 2000 ci siamo recati insieme ad altri dueistituti in una comunità di Acerra. Alla partenza eravamoun po’ timorosi per un diretto cotatto con i tossicodipendenti;arrivata in quel luogo isolato i nostri timori si sono accentuati,poiché sembrava un luogo freddo e privo di amore, ma inrealtà sia la comunità, intesa come luogo fisico, che i suiabitanti si sono dimostrati del tutto diversi. Ci hanno subitoaccolto facendoci accomodare nella sala da pranzo offrendocicioccolatini e bibite. Subito dopo ci siamo divisi in gruppied ogni gruppo era capeggiato da un ragazzo, il quale ci hamostrato il posto e le attività che svolgevano, ma soprattuttoha raccontato la propria esprienza con la droga. Questoragazzo di nome Roberto ci ha fatto riflettere molto sui verivalori dela vita e sull’importanza del futuro, perché ci haspiegato come la droga è una sostanza che non aiuta arisolvere i problemi ed a superare le angosce quotidiane,ma è solamente un falso spiraglio che all’inizio dà una vagasperanza, ma che poi fa cadere le persone in un profondobivio. Inoltre, ascoltando le vicende degli altri ragazzi,abbiamo dedotto che la maggior parte di essi si sono incam-minati nel tunnel della droga spinti dai propri disagi familiarie sociali e molti di loro hanno accettato di provare per laprima volta questa sostanza, non perché ne avessero vera-mente voglia, ma solamente per non sentirsi esclusi dallapropria cerchia di amici. Quest’esperienza è stata positivaper noi e speriamo di rivivere in prima persona una giornatacosì particolare.Marianna Di Bernardo e Sonia PascaleI.T.C. di Angri sez. E

Quando mi hanno invitata a partecipare alla giornata diconvivenza con i ragazzi ospiti della “Locanda”, ho accettatosubito invasa da una forte curiosità verso questo tipo direaltà. All’inizio sono stata molto presa dall’ascolto delvissuto di questi ragazzi che sono seguiti da Carlo Petrella.Tutto mi è apparso molto diverso da come me lo immaginavo.E’ un posto bellissimo pieno di verde e con tante attività dapoter fare. Ogni ragazzo, ospite della “Locanda”, accompa-gnava un gruppo di persone e parlava della sua esperienzae mentre si raccontava mi sono immedesimata in lui e ho

che ho percepito nel varcare la soglia di questa comunitàimmersa in un paesaggio molto solitario è stata la serenità.Questa parola può sembrare banale o può avere un significatoretorico, eppure, è quello che si sente, la calma, la pace, laconsapevolezza di ciò che si è, e l’aspirazione a ciò che sivuole diventare. Tutte queste sensazioni le ho potute carpiredagli occhi di un ragazzo di nome Roberto che, raccontò atutti noi la sua storia dimostrando di essere cambiato omeglio di avere la volontà di migliorare e condurre una vitapiù decorosa e nei limiti del “normale”. Qui, questi ragazziper tenersi impegnati possono dedicarsi alle attività piùdiverse che spaziono dalla coltivazione dei campi allamanutenzione della struttura, dalla musica alla lavorazioneartistica del legno dimostrandosi dei veri e bravi esperti delsettore; ad essi, inoltre, è data la possibilità di trovare lapace interiore e di sfogare i loro stati d' animo con il murodel pianto e con la ruota magica luoghi, che sono per questiragazzi un simbolo essenziale. In questa giornata ho presoatto di due cose fondamentali. La prima è che spesso, comenelle testimonianze di questi giovani e anche meno giovani,il percorso drastico della droga viene intrapreso perché nonci si rende subito conto delle cattive compagnie che sifrequentano e che posono condizionare il nostro modo diagire e le nostre scelte future e, che spesso seguiamo sola-mente per non essere esclusi; la seconda cosa molto impor-tante di cui ho preso coscienza è la volontà ossia la capacitàdi andare avanti, cercando di riprendere la dritta via smarritacon le proprie forze, con l’amore e il sostegno di una guidae di persone che riescono a comprendere la sofferenza chesi prova e le difficoltà di coloro che si sono trovati con lamente annebbiata dalle illusioni della droga. Ma, ho potutonotare che seppur questi giovani sono accumunati da unsentimento di fratellanza e di rispetto, vivono un po’ isolatidal mondo e sono da ammirare proprio per il coraggio chedimostrano nel vivere così appartati nella natura incontami-nata, coraggio e forza che personalmente non avrei, ma cheloro dimostrano per l’obiettivo di ritrovo della normalità edella pace interiore a cui aspirano e che hanno diritto adavere in quanto esseri umani.Simeone Giovanna IV sez.E I. T. C. Angri

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droga. Sona stata bene lì e sono andata via con la speranzadi ritornarci! Quei ragazzi mi hanno trasmesso luce, gioiadi vivere, speranza di una vita migliore, insomma emozionie sensazioni molto, molto forti, che conserverò per moltotempo nel mio cuore. Spero per loro che davvero abbandoninola strada della paura e del dolore per ritrovare la strada dellafelicità.

Rosaria MercurioInsegnante dell’Istituto Comprensivo Statale “L. Galvani”.

Il 13 dicembre 2000 noi alunni della III C, della III D e dellaIII G della scuola media “Don Enrico Smaldone” di Angrisiamo andati a visitare un centro di tossicodipendenti adAcerra. Insieme a noi c’erano anche i ragazzi del LiceoScientifico Statale “Don Carlo La Mura” e dell’IstitutoTecnico Commerciale “G. Fortunato” di Angri. Dopo averconosciuto Carlo Petrella, il signore che si è preoccupatodei drogati e li ha aiutati a smettere di fare uso di sostanzestupefacenti, ci siamo divisi in vari gruppi. Ogni gruppo eracoordinato da un ex tossicodipendente che ci ha raccontatola propria storia. Vittorio, assegnato come coordinatore anoi della Smaldone, era molto simpatico, ci ha fatto divertire,nonostante ricordasse i brutti momenti passati. Ci ha raccon-tato che prima di conoscere Carlo ha subito terribili terapieper cercare di uscire dal tunnel della droga, ma aveva bisognodi affetto; cosa che gli mancava in famiglia. I genitori, infatti,erano molto ricchi e volevano farlo guarire con i soldi, manon era di questo che aveva bisogno. Così non avendol’affetto che voleva e che nemmeno lui riusciva a chiedere,si metteva in evidenza indossando vestiti strani. Ci haraccontato che una volta si mise una palla di Natale comeorecchino. Con un look così, la gente lo isolava e così sirifugiava nella droga. Quando conobbe Carlo, riuscì adallontanarsi a poco a poco dalla droga, fino a lasciarlacompletamente. Questa è stata una bellissima esperienzache non dimenticheremo.Maria Elisa Palumbo, classe III C

capito che anche lui provava le mie stesse emozioni. Dopoun po’ lui mi viene vicino e mi parla, mi dice delle cose chenon ha detto agli altri, dopo averlo ascoltato gli ho parlatodi me e ci siamo scambiati dei consigli. Lui accettava il miomodo di pensare e io il suo. È stato lusinghiero di esserestata scelta tra tante altre ragazze. Ancora oggi non mi spiegoil perché abbia scelto me che non mi aveva mai vista primaper confidarsi. È stata una giornata diversa dalle altre, misono sentita importante, apprezzata e molto utile.Spero di ritornarci perché solo in quella giornata ho trovatome stessa.Maria ChiricoAssociazione ISMENE

Un giorno in “Locanda”

Le problematiche giovanili, soprattutto quelle inerenti alladevianza, alla tossicodipendenza mi hanno sempre interessatae in particolar modo colpita! Un bel giorno sono stata invitataa trascorrere una giornata alla “Locanda”; ho accettato subitodato il mio interesse per i “giovani persi” in difficoltà.Confesso che sono stata mossa da semplice curiosità, vogliadi conoscere certi fenomeni per me solo letti ed interpretaticome piaga della nostra società. Ebbene, adesso dopo avertrascorso alcune ore con quei ragazzi, devo ringraziare chimi ha invitata, perché quella pura e semplice curiosità èdiventata una vera “lezione di vita” e soprattutto una sortadi arricchimento umano e sociale. Quando sono giunta lì,ho provato subito una strana emozione; ci hanno accolto ungruppo di ragazzi accompagnati da Carlo il loro “maestrodi vita”, subito hanno cercato di entrare in comunicazionecon noi. Abbiamo parlato tanto, soprattutto della loro tristee brutta esperienza legata alla droga e alla conseguentedipendenza da questa maledetta sostanza chimica che comeun “gioiello prezioso” ti incanta, ti cattura ma ti inganna.Si, perché chi usa droga vive in una dimensione di ingannocontinuo, lontano dalla pura e semplice “VITA”. Sono certache per loro è stato difficile “raccontarsi” ma la cosa straor-dinaria era leggere nei loro occhi la voglia di continuare avivere nel modo più giusto possibile lontano dalle minaccee dagli inganni di uno stupido capriccio quale può essere la

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La Locanda del Gigante

il Liceo Scientifico A. La Mura

l’Associazione ISMENE

il Liceo Scientifico A. La Mura

la Sc. Media Don E. Smaldone

l’I.T.C. di Angri

i ragazzi della Locanda con: