TESTI E REALTÀ - GE il Capitello

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TESTI E REALTÀ Illonka Brands, On press, 2009. ARGOMENTARE © EDIZIONI il capitello

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TESTI E REALTÀ

Illonka Brands, On press, 2009.

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ARGOMENTARE

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i teSti argomentativi

Un’argomentazione è un testo in cui chi scrive sostiene un’opinione, o tesi, con lo scopo di convincere il destinatario della validità di questa.

Un testo argomentativo affronta spesso una questione controversa (cioè su cui esistono opinioni, idee, valutazioni diverse) e afferma su tale questione la posizione di chi scrive. Si può argomentare su qualsiasi aspetto della realtà, perché su qualunque aspetto della realtà si può riflettere e avere opinioni diverse.Per essere convincente la tesi deve essere sostenuta da ragionamenti chiari e da prove oggettive, che sono definiti argomenti.

Argomentazioni si trovano nei discorsi privati e pub-blici con cui si sostiene un’opinione, un punto di vi-sta, cercando di convincere altri. L’argomentazione è presente in particolare negli articoli di fondo, che commentano problemi di grande interesse; negli ar-ticoli firmati, che comunicano le opinioni di un gior-nalista riconosciute come significative per il giornale; nella saggistica di tipo politico, economico, giuridico; nelle memorie depositate in tribunale dagli avvocati; nelle recensioni di libri, di film, di spettacoli teatrali e musicali; nella critica letteraria e artistica.

La struttura dell’argomentazioneUn testo argomentativo contiene i seguenti elementi base:uuna questione o un problemauuna tesi dell’autore sulla questioneugli argomenti a sostegno della tesi; essi devono «provarne» la validità e possono essere:

• dati oggettivi• fatti concreti• esempi verificabili• esposizioni e descrizioni di contesti e avvenimenti• citazioni di fonti autorevoli, come quelle di esperti sull’argomento• confronti che paragonano due elementi valutandone pregi e difetti• idee generalmente riconosciute come regole valide o come quadro

di riferimento generalmente accettato.

La tesi e gli argomenti che la sostengono sono legati tra loro da connettivi semantici, in particolare congiunzioni e locuzioni causali (poiché, perché, dato che, dal momento che…), finali (affinché, al fine di…), concessive (benché, sebbene…), ipotetiche (se, qualora…).

Per dimostrare che una tesi non è valida si può– sostenere una tesi contraria;– dimostrare che uno o più argomenti portati a sostegno della tesi non sono validi; questo modo

di invalidare una tesi si chiama confutazione.

Un testo argomentativo deve essere adatto al tipo di destinatario cui si rivolge. Una stessa tesi su una questione economica sarà argomentata in modo diverso su una rivista per esperti di economia o su un giornale rivolto a un largo pubblico. I testi argomentativi rivolti a esperti sono caratterizzatidalla presenza di argomenti basati su conoscenze complesse e dalla scelta di un linguaggio specia-listico, quindi dall’uso di sottocodici. Nei testi argomentativi rivolti a un pubblico di non-specialisti,

ParOlE Da CONOSCErE La parola argomento nell’uso comune indica l’oggetto di uno studio, di un discorso, di una comunicazione. La stessa parola, però, ha il significato di elemento che prova, che raffor-za un’opinione, un ragionamento. La parola latina da cui deriva il termine italiano, argu-mentum, indicava proprio una prova di tipo logico, filosofico, che deve essere portata a sostegno di un’affermazione, di un’idea: da questa parola deriva il significato del termine argomento nell’argomentazione.Dalla stessa parola latina, e dal suo signifi-cato, legato all’idea di dibattito, di confronto di idee diverse, deriva anche il nome inglese argument, che significa «discussione, litigio».

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invece, è utilizzato un linguaggio vicino a quello di uso comune, e sono presenti argomenti che possano essere compresi dai destinatari, quindi vicini alla loro esperienza e alle loro conoscenze. Comprendere un testo argomentativo significa capire non solo di quale tema o questione tratta, ma anche quale tesi viene sostenuta in merito, e sulla base di quali dati e ragionamenti.

L’articolo di costumeViene definito «articolo di costume» un testo, in cui chi scrive prende spunto dall’osservazione di un aspetto del mondo attuale sul quale appunta la sua critica; si tratta spesso di aspetti della realtà quotidiana cui di solito non si fa abbastanza attenzione, ma che sono importanti per la comunità civile. Il critico di costume è spesso sferzante, il suo tono può risultare «antipatico», ma il suo com-pito è proprio quello di invitare i lettori a prendere consapevolezza di un problema, una situazione, un comportamento, a soffermarsi per riflettere e cercare una soluzione.L’articolo di costume è sempre un testo argomentativo. Chi scrive esprime un’opinione sull’argo-mento e la sostiene con una serie di argomenti, che devono convincere il lettore. Il tono è spesso discorsivo, perché chi scrive vuole comunque instaurare un colloquio con il lettore, sollecitarlo a fare insieme un ragionamento.

La mattina ci svegliamo al suono di una sveglia elettrica, accendiamo le luci, facciamo una doccia con l’acqua calda, prendiamo il latte dal frigo, preparia-mo la colazione sui fornelli, magari ci laviamo pure i denti con lo spazzolino elettrico, e usciamo di casa. Prendiamo l’ascensore, apriamo il garage con il radiocomando, avviamo il motore e ci immettiamo nel traffico della città; circondati da motorini, auto e altri mezzi di trasporto pubblici e privati. Al lavoro usiamo computer, telefono, radio, fotocopiatrice e ogni sorta di altro aggeggio1 tecnologico. La sera ci immergiamo nell’illuminazione di vie, ne-gozi, supermercati, ristoranti, teatri e cinema, o ci godiamo nella nostra casa riscaldata qualche film in televisione, sul videoregistratore o al dvd. E quando andiamo a letto, magari ci ricordiamo di ringraziare per il pane quotidiano qualche astratta entità2, ma certo ci dimentichiamo che tutte queste cose non sono miracoli, non ci sono sempre state e hanno

Scopo degli articoli di costume è quello di segnalare e di correggere modalità di comportamento, atteggiamenti, usi, modi di pensare del mondo contempo-raneo, che chi scrive ritiene non adeguati alla convivenza civile.Piergiorgio Odifreddi, in questo articolo pubblicato su un quotidiano, invita a ragionare sul valore e sui costi delle nostre abitudini e dei nostri consumi, e sul futuro del nostro benessere e del nostro pianeta.Piergiorgio Odifreddi si occupa di matematica e di logica ed è autore di nu-merosi saggi di divulgazione scientifica su vari argomenti come storia della scienza, filosofia, politica, religione.

Benessere? non così ovviodi Piergiorgio Odifreddi

1. aggeggio: oggetto, strumento; parola dell’uso quotidiano, familiare, che dà anche l’idea diun oggetto un po’ complicato.

2. astratta entità: un essere superiore, unadivinità che, dal punto di vista razionale edell’esperienza, è una cosa astratta.

La tesi è già nel titolo: il benessere non è ovvio.

primo argomento: la facilità con cui nella vita quotidiana usiamo… ci fa dimenticare che tutte queste agevolazioni non esistono da sempre.

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cambiato la nostra vita in maniera radicale. Qualunque occidentale con-temporaneo, infatti, considera l’esistenza dei collegamenti alle reti di luce, gas, telefono e internet, e l’uso del riscaldamento e dell’auto privata, come dati di fatto della propria vita, e al più si lamenta di quanto costino a sé quando riceve le bollette o paga la benzina al distributore.Ma quasi nessuno si preoccupa invece di quanto costino al pianeta i no-stri consumi energetici, quanto tempo esso potrà ancora sostenerli, e come dovremmo prepararci per il futuro nostro e, soprattutto, dei nostri figli. Quando pensiamo alla tecnologia, dunque, ricordiamoci la com-plessità del problema, e domandiamoci non solo che cosa essa può fare, fa e farà per noi, ma anche cosa noi possiamo fare, e non fac ciamo, per lei e per il pianeta che la rende possibile.

P. Odifreddi, in «la Repubblica», 8 febbraio 2008

Connettivi semantici legano le informazioni: infatti, come, invece, dunque, ma.

Secondo argomento: il nostro benessere non è gratis, anzi ha dei costi energetici di cui dovremmo preoccuparci.

Conclusione esortativa: ricordiamoci del problema e di quello che possiamo fare.

la StrUttUra DEll’argOmENtaZIONE

La questione affrontata nel testo è il nostro at-teggiamento verso il benessere al quale la tecno-logia ci ha abituati.La tesi dell’autore è: il benessere non è ovvio, e ha dei costi per il pianeta. La tesi è anticipata nel titolo. Scopo del testo è convincere il lettore a prendere coscienza delle responsabilità di tutti nei confronti delle risorse ambientali, e quindi nei confronti del futuro.

Il primo argomento a sostegno della tesi illustra la situazione: siamo abituati a usare quotidiana-mente molti e comuni strumenti tecnologici che permettono il nostro benessere, dimenticando-ci che tutte queste cose non sono miracoli, non ci sono sempre state e hanno cambiato la nostra vita in maniera ra dicale. Diamo per scontata la possibilità di potere utilizzare una quantità di strumenti elettrici, elettronici, a motore. Anzi, qualche volta ci lamentiamo dei costi delle bol-lette.

Il secondo argomento è che il benessere ha dei costi. Invece di lamentarci per i costi delle bollette, dovremmo preoccuparci dei costi che i nostri consumi energetici comportano per il pianeta; è il pianeta stesso, con le risorse che of-

fre, a rendere possibile la tecnologia, e dunque il nostro benessere. Dobbiamo però chiederci fino a che punto il pianeta potrà sostenere i nostri consumi.

La conclusione del testo, introdotta dal connet-tivo dunque, è di tipo esortativo: dalle riflessioni precedenti deriva un’esortazione, un richiamo a ricordarci (mentre di solito ci dimentichiamo) dei costi ambientali dei nostri consumi energe-tici, e a domandarci che cosa noi possiamo fare per il nostro pianeta; è il pianeta stesso, con le sue risorse, che rende possibile la tecnologia, e dunque il nostro benessere.

L’articolo si rivolge a un lettore di media cul-tura, che conosce la realtà contemporanea ed è in grado di interrogarsi sui suoi problemi. Il testo è molto sintetico: prende in considerazio-ne in poche righe diversi aspetti di un problema complesso. È un problema di attualità, di cui il lettore quasi certamente ha già sentito discutere, ma che spesso non riesce ad affrontare nella vita quotidiana.

Il lessico è semplice: non sono usati termini spe-cialistici o ricercati; l’andamento è discorsivo.

LEttURa DEL tESto

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il saggio breveIl saggio è generalmente un testo espositivo-argomentativo, di varia lunghezza, che affronta un argomento, più o meno specialistico, per analizzarlo e individuarne peculiarità, risvolti inediti. Il lavoro del saggista si basa su uno studio e una conoscenza approfonditi dell’argomento che egli esamina alla luce delle proprie competenze. Il saggio è quindi un lavoro in cui chi scrive non affronta un argomento in modo totalmente neutro, oggettivo, ma lo sottopone a un’analisi, che è sempre condizionata dalla tesi che vuole o finisce per dimostrare.Alcuni saggi sono fortemente specialistici e si rivolgono quindi a un pubblico selezionato; altri hanno un carattere più divulgativo e sono pertanto destinati a lettori interessati all’argomento, ma non necessariamente esperti.Il saggio breve può costituire anche un articolo di giornale ed è uno strumento con cui un giorna-lista o uno studioso si rivolge a un pubblico più ampio.

La creatura di Sclavi evoca Shakespeare e somiglia a Everett

DyLan, L’inguaribiLE ScEttico chE Dà La caccia ai fantaSmi

Se si crede totalmente ai fantasmi si finisce per averne paura e non ci si può quindi divertire leggendone le storie.

Dylan Dog è un personaggio immaginario nato nel 1986 dalla penna di Tiziano Sclavi. Il suo nome è stato ripreso da quello del poeta inglese Dylan Thomas e il suo aspetto fisico da quello dell’attore inglese Rupert Everett. Investigatore privato, conduce da solo le sue indagini poliziesche, che lo fanno spesso scon-finare oltre i limiti della realtà mettendolo in contatto con esseri misteriosi.Giulio Giorello, filosofo e matematico, è docente di Filosofia della scienza; la sua attenzione costante per la società in cui viviamo si riversa anche nella sua attività di giornalista. In questo breve saggio fa un ritratto di Dylan Dog, analizzando il significato che assume il mondo ai confini della realtà nella quale si svolgono le sue avventure.In un’intervista il filosofo ha detto: «Dylan Dog riscuote tanto successo perché sembra incarnare l’uomo di oggi, perso in una realtà caotica e misteriosa, dove si può trovare di tutto dietro l’angolo».

Giulio Giorello

«Posso invocare gli spettri da tutte le parti del Globo», dice nell’En-rico IV1 di Shakespeare un focoso principe ribelle. «Invocali pure, e vediamo se poi vengono davvero!», gli ribatte un compare.

Per potersi divertire con una qual siasi storia di fantasmi biso-gna cre derci, ma solo a metà. E così è per Dylan Dog: un anarchico dell’immaginazione2 e al tempo stesso uno scettico3 della ragione.

1. Enrico IV: dramma storico di Shakespe-are sulla figura del re Enrico IV; il figlio,futuro Enrico V, conduceva una vitascapestrata ( focoso principe ribelle), cheabbandonò dopo la morte del padre perassumere i doveri della corona.

2. anarchico dell’immaginazione: libero dispaziare con l’immaginazione senza por-

si alcuna regola; anarchico è chi aderisce ai principi dell’anarchia, una concezione politica ottocentesca basata sulla libertà dell’individuo e contro ogni forma di po-tere costituito.

3. scettico: incredulo, non disposto a credere ad alcunché.

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4. Rupert Everett: attore britannico, prota-gonista di Another Country – La scelta, un film del 1984 diretto da Marek Kanievska.

5. saga: storia romanzata, e non priva di ele-menti leggendari, di un personaggio, unafamiglia o un popolo, costituita da moltiepisodi.

6. Montaigne: Michel Eyquem de Montai-gne era un filosofo e scrittore francese(1533-1592); i suoi Saggi sono una raccolta di testi di varia lunghezza su argomentidiversi. Nella sua concezione l’uomo nonpoteva ritenersi superiore agli animali,che egli riteneva oppressi ingiustificata-mente dagli uomini. Jean de La Fontaine(1621-1695) era uno scrittore francese, ce-

lebre per le sue Favole, popolate di animali parlanti.

7. conformismo: atteggiamento di chi si adegua al modo di vivere e di pensa-re accettato dalla comunità in cui vive; perbenismo: atteggiamento di chi deside-ra essere considerato una persona perbe-ne, i cui comportamenti sono in linea coni valori morali della società in cui vive.

8. Licantropo: nell’avventura raccontatanell’albo, Dylan Dog deve indagare su una misteriosa creatura, metà uomo e metàlupo, che è diventata l’incubo di una tran-quilla cittadina.

Dylan Dog ha lavorato a Scotland Yard ed è un ottimo investigatore.

Gli esseri con cui Dylan Dog viene a contatto nel corso delle sue inchieste sono di natura misteriosa. La domanda, modalità tipica nel testo argomentativo, serve a comunicare al lettore lo sviluppo del ragionamento.

Le creature diverse che appaiono nei fumetti di Sclavi non appartengono ad altri mondi, ma rappresentano possibilità di vita che la nostra adesione a un modello condiviso di società ha estromesso e relegato a un mondo parallelo, che affascina, ma di cui si teme l’esistenza.

Il tempo è l’unica entità contro la quale non ci sono armi, dalla quale non ci si può difendere.

Non si accontenta di alcuna verità preconfezionata, ma nemmeno abbocca a qualsiasi inven zione di miracoli e magie. Con i tratti del Rupert Everett4 di La scelta, l’eterna camicia rossa e l’immancabile giacca nera («Ma non ti cambi mai?», gli chiedono gli altri personag-gi della saga5 creata da Tiziano Sclavi), una certa propensione per il gentil sesso e un passato nelle forze dell’ordine, Dylan sa usare bril-lantemente i cinque sensi per orientarsi nella routine quotidiana e «un mezzo senso in più» per tutto ciò che comporta anormalità e disordine.

Dunque, chi è colui che viene? Un uomo lupo, una donna vampi-ro, uno zombie in trasferta, o magari un assassino annoiato o un rappresentante del mondo animale che pensa e parla con logica impeccabile (come già capitava a cani e gatti nei Saggi di Montaigne6 o nel-le Favole di La Fontaine)? Sclavi e la sua eccellente com pagnia di sceneggiatori e

disegnatori non si stancano di farci intuire che i mostri veri sono i cosiddetti «normali», con tutto il bagaglio di conformismo7 e di per-benismo che si portano addosso.

E forse «le creature da incubo» che Dylan riesce (più o meno) a sconfiggere alla fine di ogni avventura non sono che incarnazioni di for me di vita diverse, una marea di possibilità che abbiamo cancel-lato accettando le norme della «società civile». Il fumetto di Sclavi, dunque, ci offre insieme il piacere della paura ma anche le note della tenerezza e del rimpianto: per tutto quello che abbiamo desiderato e non abbiamo ottenuto, per tutto quello che abbiamo sognato e non abbiamo realizzato, per tutto quello che abbiamo temuto prima di accorgerci che si trattava solo d’illusione.

Come si legge nell’albo 277 («Il giorno del Licantropo8»), forse l’unico vero «mostro» è il tempo distruttore, che fa invecchiare in-sieme i nostri corpi e i nostri progetti. Come dice in una delle sue

Per lui la paura diventa un piace-re accompagnato dalla tenerezza e dal rimpianto

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La figura di Groucho, l’assistente di Dylan simile, anche nel nome, al grande comico statunitense, introduce una vena ironica e distensiva nella tensione narrativa che caratterizza i testi di Sclavi.

9. freddure: battute spiritose basate sugiochi di parole; la freddura viene ingenere detta in modo rapido e senzasottolineature di tono, come se si stesseparlando normalmente.

10. factotum: chi svolge in un’azienda molticompiti godendo della piena fiducia deldatore di lavoro; la parola è un falso latini-smo. L’assistente di Dylan Dog ha l’aspet-to fisico di Groucho Marx, nome d’artedi Julius Henry Marks (1890-1977), attore comico e scrittore statunitense, che con i

fratelli fu protagonista di film famosi, ca-ratterizzati da una comicità surreale.

11. Settimo sigillo: film del 1957 del registasvedese Ingmar Bergman; il protagoni-sta, un cavaliere di ritorno dalle Crocia-te, incontra sulla via del ritorno la Mor-te e la sfida a una lunga partita a scacchi.

gelide… freddure9 l’assistente factotum10 di Dylan che ha il volto di Groucho Marx, non è vero che per vincere la noia «inganniamo il tempo»; piuttosto, «è il tempo che inganna noi!». L’incubo si sposa all’ironia. In tutta la storia infinita (o almeno, speriamo che non fi-nisca presto!) di Dylan Dog, la Morte continua a sfidare a scacchi il protagonista (non diversamente da come avviene nel Settimo sigillo11 di Ingmar Bergman); ma quel che conta davvero è la vita, come ci fa sospettare una delle tante barzellette di Groucho: «Una signora dice a un’amica: “Sai che le borsette di coccodrillo fanno venire il cancro?”. E l’altra: “Te l’ha detto il dottore?”. “No. Un coccodrillo”…».

Le care bestiole ringraziano. E coloro che considerano meraviglio-sa la proliferazione di tanta vita su questa Terra si associano.

G. Giorello, in «Corriere della Sera», 30 settembre 2009

In questa tavola la rappresentazione di Dylan Dog è ripresa dal quadro di Edvard Munch, L’urlo, 1893.

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Comprendere

1. Le parole scettico e fantasmi contenute nel titolo dell’articolo esprimono una contraddizione che de-scrive subito la personalità di Dylan Dog. Spiega in che cosa consiste tale contraddizione.

• Quali altre espressioni nel corso dell’articolo riprendono questo aspetto del personaggio?

2. Individua nel testo i tratti che consentono di ricostruire il personaggio di Dylan Dog.

• In che cosa consiste il suo «mezzo senso in più»?

3. Nel fumetto di Sclavi, «mostri» e «normali» condividono lo stesso mondo.

• Quali esseri costituiscono i «mostri»?

• Sono esseri realmente esistenti?

• Chi sono realmente per gli autori del fumetto i «mostri» e i «normali»?

4. Perché secondo Groucho, l’assistente di Dylan, l’unico vero mostro è «il tempo»?

5. Quella di Dylan Dog è una vita pericolosa, sempre a contatto con la morte. Ma, dice Giorello, proprioda questa vicinanza deriva l’importanza che egli attribuisce alla vita.

• Sai spiegare la barzelletta che a questo proposito racconta Groucho?

6. Quali espressioni del testo rivelano che l’autore è un amante dei fumetti di Dylan Dog?

riflettere

7. Che cosa vuole dire Giorello dicendo che «i mostri veri sono i cosiddetti “normali”»?

• A quale aspetto della società contemporanea si riferisce secondo te?

8. Quale immagine di Dylan Dog esce dalle parole di Giorello?

9. Secondo te, che cosa il lettore deve condividere con Dylan Dog per apprezzarne la personalità e lestorie?

• Per quali motivi secondo Giulio Giorello bisognerebbe leggere i fumetti di Dylan Dog?

� Per conoscere un mondo sconosciuto

� Per rilassarsi con storie lontane dalla realtà

� Per recuperare quella parte di realtà che la società ha messo ai suoi margini

� Per divertirsi con le avventure di Dylan e le battute di Groucho

• Come mai secondo te a un filosofo che si occupa di scienza e di matematica piace un personaggioche ha a che fare con una visione così poco reale dell’esistenza?

10. Quali informazioni del testo rimandano a conoscenze che il lettore dovrebbe avere per poterlo com-prendere appieno?

• A quale tipo di lettore si rivolge secondo te il testo?

• Il testo ti è sembrato di facile o di difficile comprensione? Spiega la tua risposta.

11. Quali elementi fanno di questo testo un’argomentazione?

Scrivere

12. Riassumi l’articolo di Giorello in un testo di circa 150 parole. Segui questa scaletta:– breve presentazione del personaggio;– quale concezione della realtà emerge dal fumetto;– i motivi per cui Dylan Dog piace a Giorello.

LEggERE iL tESto

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Sostenere una campagnaIl termine campagna indica un insieme di attività, articoli di giornale, manifestazioni pubbliche, interventi volti a promuovere una determinata idea, farla conoscere a un pubblico vasto, proporne la condivisione. Si tratta quindi di un testo argomentativo complesso.Possono esserci campagne politiche a favore di un movimento o di un personaggio politico; cam-pagne sociali volte a sollecitare l’attenzione su un particolare problema, su un comportamento; campagne ambientalistiche per la salvaguardia del territorio o dei beni culturali. La campagna pubblicitaria è anche una strategia di vendita, studiata per promuovere e vendere un determinato prodotto. È anch’essa una forma di argomentazione, volta a persuadere il destinatario all’acquisto.

Gli argomenti con cui una campagna sostiene la propria tesi devono essere di immediato impatto sul pubblico e non a caso sono spesso costituiti da immagini, a volte anche crude, che vogliono scuotere chi le vede e svegliare la sua coscienza civile. Il linguaggio è in genere semplice, di effetto immediato, costituito anche da slogan facilmente memorizzabili.

Il testo che segue è stato pubblicato sul sito Internet di Amnesty International, nota organizzazione internazionale per i diritti umani. Il testo, che fa parte di una campagna per l’abolizione della pena di morte, affronta e confuta, cioè respinge discutendolo, un argomento diffuso a favore della pena di morte: l’idea che sia utile per impedire i crimini.La pena di morte, la cui abolizione è uno degli obiettivi primari di Amnesty International, è ancora vigente in molti paesi del mondo.

Amnesty InternationalUna campagna per i diritti umani

LA PenA DI MorTe sCorAGGIA LA CrIMInALITÀ?Il testo presenta in apertura l’idea diffusa (il mito) che gli autori intendono discutere e respingere, dimostrando che non è un’idea valida.

L’idea esposta sopra, il mito, è un argomento a favore della pena di morte. Proprio questo argomento viene confutato.

1° argomento della confutazione: sapere che un crimine può essere punito con la pena di morte non serve perché chi commette il crimine non pensa alle conseguenze.

il mito1

Gli individui sono meno indotti2 a commettere reati violenti, tra cui l’omi-cidio, se sanno di essere puniti con la pena di morte.

il fatto

Questo argomento presuppone che i criminali studino e anticipino3 le conseguenze dell’arresto, e decidano che un lungo periodo di reclusione4 sia accettabile, al contrario di un’esecuzione.

Molti reati sono commessi in base a decisioni impulsive5, lasciando poche possibilità alle pene potenziali6 di influenzare i criminali, poiché, nel momento in cui agiscono, essi non pensano al loro arresto e al fatto che dovranno rendere conto delle loro azioni.

1. mito: in questo caso la parola indicaun’idea largamente diffusa e accettata, mache non ha un fondamento valido; il testointende mostrare la mancanza di validitàdi questo mito.

2. indotti: portati.3. questo argomento… anticipino: questo

mito si basa sull’ipotesi, sulla convinzione che i criminali pensino, prima di agire, alle conseguenze della loro azione.

4. reclusione: pena detentiva, in carcere.5. impulsive: basate sull’impulso del momen-

to, non su una scelta ragionata.6. potenziali: a cui i crimini potrebbero portare.

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La pena di morte può addirittura provocare ulteriore violenza. L’ese-cuzione è l’estrema sanzione7 che uno Stato può infliggere8 a una per-sona. Una volta che i criminali sono consapevoli di aver commesso un reato capitale, non hanno più alcun interesse a ridurre la loro potenziale pena non commettendo ulteriori omicidi o altri reati.

Se, per esempio, la rapina a mano armata prevede la pena di morte, il rapinatore non ha nulla da perdere nell’uccidere eventuali testimoni durante il tentativo di fuga.

www.docstoc.com/docs/2166701/La-pena-di-morte-ACT-015-2008

2° argomento della confutazione.

Esempio che illustra il 2° argomento.

7. estrema sanzione: la pena più grave. 8. che uno Stato può infliggere: a cui uno Sta-to può condannare.

analizzare e comprendere

1. Individua i motivi per cui, secondo alcuni, la pena di morte servirebbe a diminuire i reati.

• Individua i motivi per cui, secondo Amnesty International, la pena di morte è inefficace a diminuire i reati.

3. Perché, secondo Amnesty, un rapinatore armato potrebbe essere più pericoloso nel caso in cui la ra-pina a mano armata fosse punita con la pena di morte?

4. Nel testo sono contrapposte due diverse posizioni sull’utilità della pena di morte: individuale e com-pleta lo schema.

riflettere

5. Questo testo mette in discussione il fatto che la pena di morte sia «utile».

• Perché secondo te i redattori del testo hanno scelto di impostare in questo modo il loro discorso?Non sarebbe stato meglio dimostrare che la pena di morte non è «giusta»?

6. Ritieni che ciascuna delle due tesi messe a confronto sia argomentata in modo sufficiente?

• Ci sono domande che faresti ai sostenitori di questa campagna per l’abolizione della pena di morte?

• Ci sono domande che faresti ai sostenitori della pena di morte?

7. Quale delle due tesi esposte condividi? Aggiungeresti altri argomenti alla tesi scelta?

8. Quali elementi fanno di questo testo un’argomentazione?

Scrivere

9. Scrivi un breve testo espositivo di circa 150 parole, destinato alla pubblicazione su un giornalino sco-lastico dal titolo: «La pena di morte non serve: le ragioni di Amnesty International».

tesi argomenti a sostegno

opinione a favore Le persone sono meno portate a commettere gravi crimini

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confutazione di Amnesty International

La pena di morte non . . . . . . . . . . . . . . .

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1. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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LEggERE iL tESto

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1. dettami: indicazioni che assumono valore quasi obbligatorio.2. espropriato: privato dallo stato di una proprietà in nome di

una sentenza o di una legge.3. disputa: contesa, dibattito; il progetto della nuova linea fer-

roviaria ad alta velocità che dovrebbe collegare Torino e Lio-ne è stata al centro di molte polemiche.

4. contemperare: conciliare.5. Tar: il tribunale amministrativo regionale ha il compito di

trattare le controversie nel primo grado di giudizio.6. contenzioso: controversia giuridica che oppone una parte

all’altra.

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«Vivo in una democrazia e posso dire tutto quel che penso». Quante volte ci è capitato di sentire questa frase: magari a qualcuno di noi è anche capitato di pronunciarla. Però l’affermazio ne non è vera in senso assoluto. Vi sono limiti a quel che si può dire: limiti che vanno dalle norme del codice, le quali vietano di offendere il prossimo, ai dettami1 della buona educazione. Altro esem-pio: libertà di stampa non significa scrivere tutto quello che passa per la testa, significa in primo luogo la libertà di scrivere quel che è vero (anche se dispiace ai potenti). Non intendo approfondire il tema, perché non è questa la sede adatta. Voglio solo ricordare un principio di tutta evidenza: la nostra vita è un punto di incontro fra diritti e interessi individuali e diritti e interessi collettivi. Vediamo qualche altro limite ai di ritti individuali: l’Inghilterra è certamente un Paese libero, ma di recente ha vietato l’accesso a un uomo politico olandese perché i suoi discorsi, di acceso tono antislamico, potevano scatenare disordini.

Altro esempio: casa mia è sacra e inviolabile, se tuttavia è nell’interesse comune di costruire una strada dove si trova la mia casa, posso essere espropriato2. E può dispiacermi che nei pressi della mia abitazione si costruisca una centrale nucleare; ma se il fabbisogno di energia lo richiede, bisognerà costruirla contro la mia volontà. E a qualcuno verrà in mente, se legge queste righe, l’annosa disputa3 sul progetto di ferrovia fra Torino e Lione.

L’arte politica consiste nel contemperare4 l’interesse collettivo con i diritti individuali. Un’arte assai poco sviluppata nel nostro Paese: come dimostra la valanga di ricorsi al Tar5, cioè al tribunale amministrativo. Ed è per questo che il nostro è un Paese bloccato. Coloro che lo governano, quando vogliono attuare un progetto, non sanno preparare l’opinione pubblica, spie gando la sua utilità. D’altra parte coloro che si ritengono danneggiati dal progetto, invece di discuterlo, il più delle volte scendono in guerra. Si apre così un contenzioso6 che blocca ogni possibilità di progresso. Una volta di più, non è questione di riforme: tutto dipende dalla qualità della classe dirigente, dal suo buon senso; e dipende altresì dallo spirito civile del citta dino. Purtroppo, la civiltà degli individui è una dote che non si impara da un giorno all’altro. E una buona classe dirigente non si crea con la bacchet-ta magica. La maturazione richiederà anni, decenni. Però bisogna pur cominciare.

P. Ottone, in «il Venerdì di Repubblica», 13 marzo 2009

VERIFICA FORMATIVAPiero Ottone

LIBERTÀ: DEMOCRAzIA NON FA RIMA CON ANARCHIAL’articolo è stato pubblicato nella rubrica settimanale che Piero Ottone tiene su un magazine allegato a un quotidiano nazionale.L’argomento affrontato è oggetto di largo dibattito ed è quindi noto al pubblico.Piero Ottone è un giornalista italiano; è stato direttore di due quotidiani, ha pubblicato diversi saggi e nella sua rubrica settimanale, «vizi & virtù», si occupa soprattutto di società e costume.

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Comprendere

1. Qual è il problema affrontato dall’autore nel testo?

• Che cosa significa la frase che costituisce il titolo dell’articolo?

• Qual è l’etimologia della parola «democrazia»?

2. Spiega che cosa sono «i diritti e gli interessi individuali» e fai qualche esempio.

• Spiega che cosa sono «i diritti e gli interessi collettivi» e fai qualche esempio.

• Quali sono secondo l’autore i limiti ai diritti individuali?

3. Gli esempi che l’autore porta a sostegno della sua tesi sono tutti tratti dalla realtà. Individua quali sonoe a quali realtà fanno riferimento.

4. Quale dovrebbe essere secondo Ottone il compito della politica?

• È un compito che secondo Ottone la politica italiana sa svolgere?

� Sì, infatti …

� No, infatti …

5. Perché secondo l’autore il nostro è «un paese bloccato»?

riflettere

6. Come sarebbe possibile secondo te aumentare il senso civico degli individui, che secondo il giornali-sta è piuttosto scarso?

7. Quali sono, secondo te, i diritti individuali più importanti?

• Quali sono secondo te i diritti collettivi più importanti?

• A quali diritti individuali si può rinunciare secondo te in nome della salvaguardia dei diritti collettivi?

8. Secondo te oggi prevalgono i diritti individuali o quelli collettivi?

9. A quale forma di testo corrisponde l’articolo?

� articolo informativo

� articolo di costume

� saggio breve

� campagna per il rispetto reciproco

Spiega la tua risposta.

Scrivere

10. Scrivi un breve testo argomentativo, di circa 100 parole, esprimendo e argomentando la tua opinionesul seguente argomento: «Diritti individuali e diritti collettivi: quale convivenza è possibile?».

VERiFiCaRE LE CoMpEtEnZE

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Londra, manifestante solitario davanti alla polizia, foto di Don McCullin, 1960; a destra, una bambinaia di colore con il bambino di una famiglia bianca in Rhodesia, foto di Ian Berry, 1969. In alto, l’attacco dell’11 settembre 2001 alle Torri gemelle di New York.

ALTRI LINGUAGGILINGUAGGI

La FoRZa DELLE iMMagini

ALTRI

Le tipologie testuali esaminate finora – narrare, descrivere, esporre, argomentare – riguardano anche altri linguaggi, come la fotografia e il cinema, che hanno preso sempre più piede nelle comunicazione contemporanea, sino quasi a «minacciare» la parola scritta. La forza delle immagini, grazie al loro impatto immediato, alla loro (apparentemente) minore difficoltà di lettura, è molto grande e una fotografia o un filmato possono in certe situazioni essere molto più efficaci di una bella descrizione o di una spiegazione. Se solo confrontiamo i manuali scolastici ad esempio di scien-ze naturali, storia o geografia con quelli di una ventina di anni fa, possiamo osservare come lo spazio destinato alle immagini, e alla fotografia in particolar forme di comunicazione spontanea e di semplice rappresentazione mimetica della realtà. Macchina fotografica e da ripresa sono solo due strumenti nelle mani dell’uomo, che se ne serve per comunicare impressioni e opinioni, per far conoscere storie o aspetti inediti della realtà, esattamente come fa con il linguaggio verbale. Rappresentazione e interpretazione del reale passano in questi casi attraverso le immagini invece che attraverso le parole.

La FotogRaFia

Fin dalle sue origini la fotografia ha avuto il compito di fissare immagini della vita reale, che possono essere mo-strate, riprodotte e conservate nel tempo. Già nei primi anni della sua diffusione la fotografia fu utilizzata per i ritratti pubblici e privati; il nuovo mezzo permetteva di ritrarre i soggetti in breve tempo e in modo più fedele di quanto fosse possibile con il disegno e la pittura: nelle case dei benestanti la presenza del fotografo sostituì quella del pittore ritrattista e in pochi anni anche nelle famiglie di ceto modesto comparvero le prime preziose fotografie, realizzate da fotografi professionisti. Insieme ai ritratti ufficiali dei personaggi importanti o famosi, anche i ritratti di famiglia costituiscono un prezioso repertorio che testimonia abitudini, mode, tradizioni dell’ultimo secolo e mezzo.La fotografia fin dagli ultimi decenni dell’Ottocento è stata utilizzata per informare su fatti di cronaca, situazioni e fenomeni poco conosciuti, eventi che accadevano in luoghi lontani. I fotografi cominciarono a seguire le operazioni di guerra, a raccogliere immagini di luoghi sconosciuti, a cercare immagini interessanti per i lettori di giornali e rivi-ste. La fotografia svolge oggi il compito di documentare situazioni, avvenimenti, problemi, attraverso immagini che possono essere viste da migliaia o addirittura milioni di persone. La storia del Novecento è stata «scritta» anche con le fotografie, che hanno «fermato» fatti quotidiani e straordinari, scene di vita comune ed eventi traumatici, attimi di gioia, di paura, di sgomento. Le immagini di quei momenti raccontano la nostra storia.

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A partire dai primi decenni del Novecento la fotografia cominciò ad affian-care sempre più spesso la parola scritta in una varietà di testi informativi, descrittivi, narrativi: cronache giornalistiche, reportage di guerra, testi de-scrittivo-espositivi di tipo tecnico e scientifico. Prima della diffusione della fotografia le illustrazioni che accompagnavano i testi pubblicati su giornali, ri-viste, manuali, erano affidate a disegnatori e pittori: nel corso del Novecento disegni e «tavole» dipinte a colori hanno ceduto via via il posto alle immagini fotografiche.

La fotografia può anche avere una funzione argomentativa: l’immagine fotografica può costituire un efficace argomento a sostegno di un’opinione, di un’idea. Le fotografie possono de-nunciare, suggerire, far commuovere, far riflettere, suscitare desiderio o or-rore; sono quindi utilizzate in moltis-sime situazioni comunicative. Che si tratti di sensibilizzare su problemi so-ciali come la fame o la povertà nel mondo, di convincere dell’importanza di salvaguardare le risorse ambientali, di persuadere a smettere di fumare o a fare un viaggio, una fotografia può avere un impatto comunicativo anche maggiore delle parole.

Nella pubblicità la fotografia ha quasi soppiantato i disegni di autori famosi che avevano accompagnato i primi manifesti pubblicitari.

iL CinEMa E La tELEViSionE

Anche se la parola «cinema» evoca immediatamente l’idea dei film, che generalmente costruiscono e raccontano storie di mondi di invenzione, non dobbiamo dimenticare che la vocazione originaria del cinematografo, era quella di far vedere in azione il mondo reale.Sono «cinema» anche il giornalismo cinematografico e i documentari, che mostrano e raccontano la realtà del mondo che ci circonda, vicino o lontano che sia.

• Il giornalismo cinematografico portò l’informazione nellesale cinematografiche. I cinegiornali, fino ad alcuni decennifa, informavano di fatti di cronaca o di costume il pubblicoche gremiva i cinema; i filmati giornalistici del passato costi-tuiscono oggi un archivio fondamentale per la ricostruzionestoriografica degli eventi del Novecento, che si tratti di testi-monianze rimaste sconosciute o di filmati propagandisticidiffusi dai regimi totalitari, di scene di vita quotidiana o dieventi straordinari.

Sport invernali all’inizio del XX secolo: manifesto pubblicitario.

Sport invernali oggi: composizione di fotografie.

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• I documentari sono filmati che hanno una funzione sostanzialmente informativa, ma possono anche avere unelevato valore artistico. «Documentano» le molteplici caratteristiche del mondo: mostrano i molti aspetti dellanatura e delle società umane, illustrano i risultati della scienza e della tecnica. Ci sono professionisti specializzatiin documentari sugli animali, sulle piante, sulla geografia fisica o su quella umana. Le tecniche di ripresa oggispaziano dalla cinematografia subacquea a quella aerea, le riprese al microscopio e con le fibre ottiche permet-tono di filmare anche il mondo infinitamente piccolo, invisibile all’occhio umano.

• I docufiction sono una forma recente di narrazione informativa che ricostruiscono episodi storici o di cronaca,la vita di una persona famosa. Destinati alla televisione, sono costituiti dall’intreccio di sceneggiati, interpretati daattori, e filmati documentaristici, spesso d’epoca. I linguaggi del giornalismo e quello della finzione si mescolanoper raccontare storie del nostro tempo. È una forma di divulgazione piuttosto efficace, ma per un pubblico menoaddentro all’argomento può essere facile scambiare le immagini e i personaggi delle parti sceneggiate con quelledella realtà, anche se a volte la presenza di sottotitoli o didascalie avvisa se è un filmato originale o una ricostru-zione.

La SitUaZionE CoMUniCatiVa

Oggi siamo generalmente in grado di decodificare molto rapidamente non solo i contenuti di un’immagine o di un filmato, ma anche i modi in cui sono costruiti: nemmeno un bambino in età scolare confonderebbe una scena di Guerre Stellari con un documentario, e quasi ogni telespettatore ci mette pochi istanti a capire se un inseguimento di polizia sta avvenendo in un telefilm o in un telegiornale.La possibilità di decodificare un testo, un messaggio dipende dalla conoscenza di una serie di dati relativi non solo al contenuto ma anche alle scelte tecniche. La conoscenza di questi dati e la possibilità di distinguere la realtà dalla fiction dipendono dall’esperienza, dalla consuetudine a questi tipi di comunicazione: riconosciamo un telefilm da un telegiornale perché, anche se inconsapevolmente, abbiamo imparato a riconoscere «come è fatto» il filmato.Anche per i linguaggi basati sulla comunicazione orale e visiva la situazione comunicativa costituisce un elemento fondamentale nella decodifica di un messaggio. Una notizia data al telegiornale è resa ufficiale dalla situazione in cui viene data, le informazioni e le immagini relative a una scoperta sensazionale, ad esempio di un nuovo sito archeologico o di una nuova specie animale, sono rese credibili dal fatto di essere inserite in un programma scientifico; le medesimeimmagini inserite in un programma di varietà o comico assumerebbero ben altro significato.

Un esempio famoso dell’importanza della situazione comunicativa in cui si colloca un’informazione è quello di una trasmissione radiofonica andata in onda negli Stati Uniti il 30 ottobre 1938. Un programma musicale molto seguito venne interrotto da un notiziario con la radiocronaca in diretta di uno sbarco di marziani sulla Terra. Si trat-tava di un adattamento del romanzo di fantascienza La guerra dei mondi di George Wells, ma la sua collocazione all’interno di un notiziario radiofonico e la verosimiglianza della cronaca fecero sì che gli ascoltatori credessero che realmente la Terra stesse subendo un’invasione di marziani: si scatenò un’ondata di paura che portò milioni di per-sone per le strade, in preda al panico. L’inganno, in quel caso involontario, non riguardava il fatto che la storia fosse frutto di invenzione, ma il fatto di non far sapere che si trattava di una storia non accaduta realmente.

La situazione comunicativa è importante anche per comprendere il valore delle immagini. Ognuno di noi accen-dendo la televisione è in grado in pochi secondi di capire se sta assistendo a un’azione di polizia trasmessa da un telegiornale o a un telefilm. Tuttavia a volte il piano della realtà e quello della finzione non sono chiaramente distinti: le tecniche di ripresa sono oggi sempre più sofisticate; generi come i docufiction possono indurre in errore. In tempi vicini, le immagini del crollo, l’11 settembre 2001, delle Twin Towers a New York, trasmesse in diretta televisiva, in un primo momento sono apparse a molti non come un tragico fatto, ma come fotogrammi di un film di genere ca-tastrofico. L’impreparazione a scene simili, la loro non inverosimiglianza, l’effetto sorpresa, l’incredulità che potesse trattarsi di una ripresa in diretta resero quelle scene non reali agli occhi di molti telespettatori.

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Siamo in onda.

Annunciatore: «Dalla Meridian Room dell’Hotel Park Plaza, di New York, vi trasmettiamo un programma musicale di Ramon Raquello e la sua orchestra. Ramom Raquello inizia con la “Comparsita”!».

Si odono le prime note del motivo.

Annunciatore: «Signore e signori, vogliate scusarci per l’interruzione del nostro programma di musica da ballo, ma ci è appena pervenuto uno speciale bollettino della Intercontinental Radio News. Alle 7:40, ora cen-trale, il professor Farrell dell’Osservatorio di Mount Jennings, Chicago, Illinois, ha rilevato diverse esplosioni di gas incandescente che si sono succedute ad intervalli regolari sul pianeta Marte. Le indagini spettro-scopiche hanno stabilito che il gas in questione è idrogeno e si sta muo-vendo verso la Terra ad enorme velocità. Dall’Osservatorio di Princeton il professor Pierson ha confermato le osservazioni di Farrell e ha descritto il fenomeno come qualcosa di simile a fiammate azzurre sparate da un cannone.

Torniamo ora alla musica di Ramon Raquello che suona per voi nella Meridian Room, dell’Hotel Park Plaza di New York».

Riprende il motivo musicale che termina dopo qualche minuto… Rumore di applausi.

Annunciatore: «Ora un pezzo che incontra sempre il favore del pubbli-co, la popolarissima “Polvere di stelle” eseguita da Ramon Raquello e la sua orchestra…».

Musica.

George Wells - Orson Welles

SIAMO IN ONDASceneggiato radiofonico del romanzo La guerra dei mondi, 1938

§ Lingua originale ingleseIl brano che segue è parte della trascrizione del programma radiofonico trasmesso dalla CBS, una delle maggiori radio americane, andato in onda il 30 ottobre 1938.L’autore della trasmissione era Orson Welles, che sarebbe diventato un famoso scrittore e regista. Per aumentare i magri ascolti della lettura radiofonica del romanzo La guer-ra dei mondi di George Wells, ne adattò il testo simulando un notiziario speciale, che interrompeva gli altri programmi per dare le drammatiche notizie di un atterraggio di astronavi provenienti da Marte in una zona di campagna nel New Jersey.I radioascoltatori, sicuri di stare ascoltando un giornale radio e, quindi, delle informazioni vere, non ebbero difficoltà a credere a ciò che la voce di giornalisti e scienziati andavano dicendo, e ne furono oltremodo spaventati.Gli autori del programma avevano intenzione di creare un certo scalpore, ma non ave-vano previsto le grandi potenzialità di un mezzo di comunicazione di massa come la radio, la cui voce non solo era ritenuta «ufficiale», ma era capace di raggiungere e di suggestionare in poco tempo milioni di persone.

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Annunciatore: «È pronto il collegamento con l’Osservatorio di Princeton, dove il nostro cronista Carl Phillips intervisterà per voi l’astronomo Richard Pierson. Ci trasferiamo dunque a Princeton, nel New Jersey».

«Signore e signori è di nuovo Carl Phillips che vi parla dalla fattoria Wilmuth a Grovers Mill. Il professor Pierson ed io abbiamo percorso le undici miglia da Princeton in dieci minuti. Bene, sono appena arriva-to. Non ho ancora potuto guardarmi intorno. Scommetto che è quello. Sì, penso che sia proprio quella la… cosa. Si trova proprio davanti a me, mezza sepolta in un’ampia fossa. Deve avere impattato con una forza tre-menda. Il terreno è coperto di frammenti di un albero che l’oggetto ha investito toccando terra. Ciò che posso vedere dell’… oggetto non assomi-glia molto a un meteorite, o almeno ai meteoriti che ho visto prima d’ora. Sembra piuttosto un grosso cilindro…».

[Seguono un’intervista con il proprietario della fattoria e quindi alcune domande al professor Pierson a proposito dello strano ronzio che sembra provenire dall’oggetto]

«Un momento! Sta accadendo qualcosa! Signori e signore, è terrifican-te! L’estremità dell’oggetto comincia a muoversi! La sommità ha comincia-to a ruotare come se fosse avvitata! La cosa deve essere vuota all’interno!».

Voci: «Si muove!», «Guardate, si svita, si svita, dannazione!», «State in-dietro, là! State indietro! Lo ripeto!», «Può darsi che ci siano degli uomini che vogliono scendere!», «È rovente, sarebbero ridotti in cenere!», «State indietro, laggiù! Tenete indietro quegli idioti!».

Improvvisamente si ode il rumore di un grosso pezzo di metallo che cade.

Voci: «Si è svitata! La cima è caduta!», «Guardate là! State indietro!».Phillips: «Signore e signori, è la cosa più terribile alla quale abbia mai as-

sistito… Aspettate un momento! Qualcuno sta cercando di affacciarsi alla sommità… Qualcuno… o qualcosa. Nell’oscurità vedo scintillare due di-schi luminosi… sono occhi? Potrebbe essere un volto. Potrebbe essere…».

Urlo di terrore della folla.

M. Baiata, Onde di terrore marziano, «Dossier Alieni n. 13», luglio-agosto 1998

La presenza di uno scienziato dà credibilità alla notizia.

Le parole di un giornalista, inviato appositamente sul posto, dovrebbero garantire la veridicità dei fatti narrati.

Le voci e le osservazioni concitate dei presenti avvalorano ulteriormente le parole del giornalista.

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PEr l’aSCOltO http://www.radio24.ilsole24ore.com/main.php?articolo=orson-welles-guerra-mondi-fratelli-bielskiLa storia e la memoria, Alessandra Scaglioni, Dino Pesole, 15-11-2008, Orson Welles e la guerra dei mondi

Il Il brano prosegue sull’antologia multimediale.

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Dell’assenza di una persona te ne accorgi dalle piccole cose.Dell’assenza di Sufi me ne accorgevo soprattutto la notte, quando mi

giravo nel sonno e le braccia e le mani non lo trovavano sul tappeto ac-canto a me. E me ne accorgevo di giorno, nelle pause del lavoro, che non trascorrevo più con lui tirando pietre ai barattoli, ai secchi o cose così.

Una sera sono rientrato dal lavoro davvero triste e mi sono seduto da-vanti al piccolo televisore in bianco e nero, uno di quelli con le antenne da girare a mano, che passi più tempo a cercare di sintonizzarti che a vedere le trasmissioni. Su un canale c’era un film con delle torri che crollavano. Ne ho cercato un altro, e c’era lo stesso film. Un altro ancora, lo stesso. Ho chiama-to kaka1 Hamid perché mi aiutasse, e lui mi ha detto che non era un film. Che in America, a New York due aerei si erano schiantati contro il World Trade Center. Dicevano che erano stati gli afghani. Poi che era stato Bin Laden e che gli afghani lo proteggevano. Dicevano che era stata al-Qaeda2.

Sono rimasto un po’ lì a sentire, poi ho mangiato della minestra e me ne sono andato a letto. Sarà anche stato grave ciò che era successo, e ora lo so che era grave, una tragedia terribile, ma io sul momento ho pensato che per me era più grave essere senza Sufi.

Quando non hai una famiglia, gli amici sono tutto.

F. Geda, Nel mare ci sono i coccodrilli - Storia vera di Enaiatollah Akbari, B.C. Dalai editore, Milano 2010

1. kaka: in lingua afghana, un uomo generoso e disponibile ad aiutare.

2. al-Qaeda: formazione paramilitare terroristi-ca, che si rifà a quelli che essa ritiene i principi

fondanti della religione islamica; impegnata nella lotta contro i regimi occidentali e filo-occidentali nei paesi musulmani, è stata fino-ra guidata da Osāma bin Lāden.

Sufi, l’amico di Enaiatollah, se ne è andato a lavorare a Qom, un’altra città dell’Iran.

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Fabio Geda

LO STESSO FILMNel mare ci sono i coccodrilli, 2010

Le immagini dell’attentato alle Torri gemelle di New York nel 2001 sono andate in onda in diretta: milioni di spettatori hanno visto il secondo aereo dirigersi contro una della torri e centrarla, hanno visto e sentito crollare le torri. A chi accendeva la televisione era difficile credere che si trattasse di realtà; e molti, lanciando uno sguardo distratto allo schermo, o vivendo in situazioni lontane dal mondo occidentale, potevano facilmente pensare che si trattasse solo di un film, lo stesso film che andava in onda su tutte le reti.Così pensò anche Enaiatollah, un ragazzino afghano che, nella biografia raccolta dal giornalista Fabio Geda, racconta il suo incredibile e lungo viaggio dall’Afghanistan all’Italia. Fermatosi a lavorare a Esfaha–n, una città iraniana, in un cantiere edile insieme all’amico Sufi, si trova una sera davanti a quelle immagini, il cui reale significato gli fu chiaro solo molto tempo dopo.

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