Tesi - i Codici Di Condotta Per Le Imprese Multi Nazi on Ali

download Tesi - i Codici Di Condotta Per Le Imprese Multi Nazi on Ali

of 156

Transcript of Tesi - i Codici Di Condotta Per Le Imprese Multi Nazi on Ali

2

I CODICI DI CONDOTTA PER LE IMPRESE MULTINAZIONALI CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE CAP. 1. LE IMPRESE MULTINAZIONALI: PROFILI GENERALI 1.1 Le imprese multinazionali e lerosione del principio della sovranit dello Stato 1.1.1 Le imprese multinazionali: una definizione 1.1.2 La natura dellimpresa multinazionale 1.1.3 La sovranit nellera della multinazionalizzazione delleconomia 1.2 Il problema della soggettivit internazionale delle imprese multinazionali 1.3 Il problema della condotta delle imprese multinazionali 1.3.1 Il comportamento delle imprese multinazionali 1.3.2 Responsabilit sociale dellimpresa e sviluppo sostenibile 1.3.3 Il contesto generale della sfida per una condotta etica delle imprese multinazionali 1.4 La nozione di codice di condotta 1.4.1 Codici interni o corporate codes of conduct 1.4.1.1 Lambito di applicazione dei codici di condotta interni 1.4.2 Codici esterni o codes of conduct for multinational enterprises CAP. 2. ASPETTI STORICI E GIURIDICI DEL FENOMENO DEI CODICI DI CONDOTTA

3

2.1 Motivi di una delimitazione del campo di interesse 2.2 Levoluzione del contenuto dei codici di condotta per le imprese multinazionali 2.2.1 I precursori della regolamentazione dellattivit delle imprese multinazionali 2.2.2 La codificazione della condotta delle imprese multinazionali nel contesto del Nuovo Ordine Economico Internazionale: gli anni 70 e la first wave di codici 2.2.2.1 Natura legale dei codici di condotta e delle linee guida della first wave 2.2.2.2 Destinatari degli strumenti internazionali adottati durante la first wave 2.2.3 Gli anni 80: deregulation, neo-liberismo e la fine della Guerra Fredda 2.2.4 Gli anni 90 e la second wave di codici 2.3 I principali risultati raggiunti 2.3.1 Le Guidelines della ICC 2.3.2 Il Pacchetto OECD 2.3.3 La Tripartite Declaration dell ILO 2.3.4 Il Draft Code of Conduct delle Nazioni Unite 2.3.5 Le Guidelines della Banca Mondiale 2.4 Strumenti, attori ed iniziative attuali 2.4.1 I Trattati Bilaterali sugli Investimenti 2.4.2 Il Multilateral Agreement on Investment 2.4.3 Il ruolo del WTO CAP. 3. RUOLO ATTUALE DEI CODICI DI CONDOTTA E PROSPETTIVE

4

3.1 Limposizione dei codici di condotta 3.1.1 La prospettiva degli Stati 3.1.1.1 Legislazione nazionale 3.1.1.2 Disciplina internazionale 3.1.2 La prospettiva delle multinazionali 3.1.2.1 Impossibilit delle multinazionali di partecipare al processo di creazione delle norme internazionali e limposizione dei codici 3.1.2.2 La volontaria osservanza dei codici di condotta 3.2 I codici di condotta nella prospettiva dello sviluppo del diritto internazionale consuetudinario 3.3 La prospettiva transnazionale CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

5

I CODICI DI CONDOTTA PER LE IMPRESE MULTINAZIONALI CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE Il processo di integrazione economica ha subito negli ultimi anni un incremento considerevole. Laumento degli investimenti diretti allestero, ed il corrispondente accrescimento della potenza economica delle principali imprese industriali le quali attraverso la costituzione in numerosi paesi esteri di societ consociate che vi svolgono attivit produttive strettamente collegate a quelle della societ madre e da questultima coordinate1 acquistano il potere di influenzare, quando non di controllare, le politiche degli Stati ospiti di investimenti stranieri, anche in aree estranee al settore commerciale - ha dato al processo di globalizzazione delleconomia un impulso considerevole. Tale sviluppo ha attratto lattenzione non solo degli attori istituzionali della scena giuridica internazionale, ma anche della societ civile, la quale ha manifestato, in particolare a partire dalla fine degli anni 90, un interesse crescente verso i processi di multinazionalizzazione delleconomia e verso i rischi che vi sono correlati: libere da qualsiasi vincolo territoriale e spinte prioritariamente da obiettivi di profitto, le imprese multinazionali si sono affermate negli ultimi cento anni come protagoniste assolute dello scenario internazionale; non sempre, per, i principi di convenienza economica che le ispirano nella loro azione si sono conciliati con le istanze, sollevate dai vari osservatori del fenomeno, collegate al raggiungimento di obiettivi di benessere socio-economico condiviso.1

Cfr. SACERDOTI, Stati e Imprese Multinazionali, in PICONE-SACERDOTI, Diritto Internazionale dellEconomia, Franco Angeli, 1994, Milano, pag. 699.

6

Se negli anni successivi alla fine della seconda Guerra Mondiale lespansione degli investimenti delle imprese multinazionali allestero era stata accolta con favore - as multinationals enjoyed a honeymoon in their relationships with governments2- dagli Stati nazionali, in particolar modo dai paesi le cui economie uscivano debilitate dal conflitto e la cui ricostruzione chiedeva un assetto complessivo favorevole alla libera circolazione del capitale3, e dai paesi in via di sviluppo, i quali ambivano a trarre vantaggio dal capitale straniero per portare avanti i propri progetti di crescita economica, dacch difficilmente un paese povero in grado di accrescere con le sue sole forze il capitale e le conoscenze tecniche necessarie per procedere nello sviluppo economico4, a partire dalla fine degli anni 60 , e nei primi anni 70, diveniva sempre pi chiaro che il periodo di honeymoon tra imprese multinazionali e Stati si avviava al termine, per lasciare spazio ad uno scenario decisamente pi complesso. Il punto di rottura si pu storicamente far risalire alla prima conferenza UNCTAD, nel 1963. Sottolineando lincompletezza del sistema cui gli accordi di Bretton Woods avevano dato vita, in particolare la lacuna dovuta al fallimento dei negoziati per la Carta dellAvana nella trattazione del punto nodale degli investimenti diretti allestero, si reclamava ladozione, nellambito dellUNCTAD e pi in generale del Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite, di strumenti giuridici internazionali che fossero in grado di rispondere agli understandable, but not always substainable efforts at economic self-determination5 dei paesi in via di sviluppo, una categoria

2

Cfr. BREWER-YOUNG, Background and the New International Economic Order, in The Multilateral Investment System and Multinational Enterprises, Oxford University Press, 1998, New York, pag. 14.3

Cfr. PICONE, Ordine Economico Internazionale, 1994, in PICONE-SACERDOTI, op.cit., p. 155.4

Cfr. MIGLIORINO, Introduzione in Gli Accordi Internazionali sugli Investimenti, Giuffr, 1989, Milano, pag. 1.5

Cfr. WALLACE, The Drive for Economic Self-determination, in Legal Control of the Multinational Enterprises, Nijhoff, 2002, The Hague, pag. 34.

7

che poteva allepoca essere sovrapposta con quella degli Stati di nuova indipendenza. La richiesta, avanzata dalle suddette nazioni, di dispositivi capaci di porre le proprie risorse naturali nonch i propri sistemi economico-sociali al riparo dalle imprese multinazionali e dagli Stati dorigine delle stesse si inscrivevano nellambito del pi vasto movimento per linstaurazione di un Nuovo Ordine Economico Internazionale , i cui obiettivi, secondo lottica succitata, dovevano comprendere il riconoscimento dellesigenza di strumenti compensativi dello sfruttamento subito durante il periodo coloniale, la correzione degli squilibri nel sistema internazionale degli scambi commerciali ed una pi equa distribuzione della ricchezza e del potere economico mondiale. Dallaltro lato si assisteva al crescere della preoccupazione, in seno ai paesi industrializzati, per le massicce campagne despropriazione e, pi in generale, per le pressanti rivendicazioni di sovranit e di autodeterminazione dei paesi in via di sviluppo, ed era avvertita con sempre maggiore urgenza la necessit degli Stati esportatori di capitali della fissazione di garanzie per le proprie imprese le cui attivit incidessero su territori stranieri. Visti nellottica dei paesi industrializzati, gli investimenti allestero, che pure consentivano di avvantaggiarsi di una penetrazione nei mercati esteri e conseguentemente in bacini di vendita pi ampi, la delocalizzazione di tecnologie in fase di obsolescenza ed il reperimento di fattori di produzione materie prime e forza lavoro a costi minori6, cominciavano a rivelare una pericolosit intollerabile laddove erano esposti alle manovre protezionistiche dei governi dei paesi in via di sviluppo. A partire dalla met degli anni 80 le rispettive posizioni, in capo ai due principali assetti di interesse i paesi in via di sviluppo da un lato, gli Stati industrializzati esportatori di capitali dallaltro si sono ammorbidite. La distanza economica percepita tra le nazioni diminuita considerevolmente. I paesi in via di sviluppo hanno messo da parte loriginaria6

Cfr. SACERDOTI, Stati e Imprese Multinazionali, 1994, op. cit., pag. 699.

8

posizione di totale conflitto nei confronti delle imprese multinazionali, aderendo ad un approccio pi elastico, maggiormente incentrato sullo sfruttamento dei benefici economici che lattivit imprenditoriale multinazionale in grado di apportare alle economie delle nazioni sui cui territori essa incide. Alcuni di questi Stati, originariamente paesi di destinazione degli investimenti stranieri, hanno a loro volta intrapreso una politica di investimento allestero, diventando a loro volta paesi di provenienza di complessi economici multinazionali7. Dallaltro lato, e conseguentemente, ormai venuta meno lesigenza, da parte dei paesi industrializzati, di una tensione verso la negoziazione di concessioni e garanzie degli investimenti con i paesi in via di sviluppo, poich nellambito di una naturale evoluzione in senso liberista del diritto economico globale, molte garanzie risultano come gi connaturate allattuale assetto. Nonostante tale evoluzione, la multinazionalizzazione delleconomia non manca di sollevare ancora oggi delicate questioni. Se le due differenti prese di posizione delineate sopra si possono considerare oggi molto pi vicine che in passato, altre istanze emergono e si affermano, palesando alcune sacche di conflitto le quali presentano una convergenza su un punto fondamentale ai fini della presente trattazione: la soluzione ai problemi che nascono dalla multinazionalizzazione delleconomia non pu prescindere dalla ricerca di strumenti normativi che possano in qualche modo vincolare gli attori della scena delleconomia globale ad un comportamento che sia quantomeno accettabile, nelle sue varie manifestazioni, per tutti i portatori di interesse coinvolti. Partendo da una analisi dei soggetti e delle problematiche relative alla ricerca di un equilibrio tra obiettivi degli investitori, politiche di sviluppo degli Stati ospiti e interessi degli stakeholders, ed attraverso lesame del regime delle imprese multinazionali e della evoluzione del diritto internazionale in materia, la presente trattazione vuole affermare la necessit di strumenti che7

Cfr. ODDENINO, La Rilevanza dei Codici di Condotta nella Regolamentazione dellAttivit delle Imprese Multinazionali, in PORRO, Studi di Diritto Internazionale dellEconomia, Giappichelli, 1999, Torino, pag. 61.

9

responsabilizzino le imprese multinazionali; strumenti la cui caratteristica viene individuata nella volontariet, escludendo quindi la possibilit, oltre che la opportunit, di costringere sotto la spada di Damocle di sanzioni vere e proprie le imprese multinazionali.

10

CAPITOLO 1 GENERALI 1.1

LE

IMPRESE

MULTINAZIONALI:

PROFILI

Le imprese multinazionali e lerosione del principio della sovranit

dello Stato 1.1.1 Limpresa multinazionale: una definizione Il termine impresa multinazionale relativamente moderno. L'espressione stata utilizzata per la prima volta8 da David Lilienthal., direttore della Tennessee Valley Authority9, in una relazione presentata al Carnegie Institute of Technology nel 196010 per indicare business companies having their home in one country, and their operations in that and other countries. Da allora il termine ha incontrato una diffusione estrememente ampia, ed stato riferito ad una variet di forme e di strutture, da cui derivata la difficolt di individuarne una definizione univoca11. E necessario dunque, prima di procedere allanalisi delle principali problematiche sollevate dal fenomeno delle imprese multinazionali, soffermarsi brevemente sulla definizione stessa di tali entit.8

Cfr. TEICHOVA, LEVY-LEBOYER, NUSSBAUM, Multinational Enterprise in Historical Perspective, in The English Historical Review, Vol. 102, No. 404, Jul., 1987, Oxford University Press, pag. 695.9

La Tennessee Valley Authority un ente pubblico statunitense creato nel 1993 per assicurare lo sviluppo economico, soprattutto ai fini della produzione idroelettrica, della Tennessee Valley, una regione particolarmente colpita dalla Grande Depressione. Il suo programma iniziale consisteva nella creazione di un sistema di gestione delle acque del bacino del Tennessee, ma nel corso degli anni lAuthority si afferm come una agenzia per lo sviluppo economico generale della regione, divenendo uno dei massimi esempi mondiali di intervento pubblico nell'economia in funzione anticiclica.10

Cfr. LILIENTHAL, The Multinational Corporation, Carnegie Institute of Technology, Symphosium del 21-22 Aprile 1960.11

Cfr. PORCHIA, I Soggetti nel Diritto Internazionale dellEconomia, in PORRO, Studi di Diritto Internazionale dellEconomia, Giappichelli, 1999, Torino, pagg. 44-45.

11

Nellesperire il tentativo definitorio sar opportuno considerare innanzitutto la impresa multinazionale come un mero fatto economico, nella consapevolezza che non si possa compiutamente tracciare il profilo giuridico della impresa in oggetto senza aver preliminarmente affrontato il punto nodale della sua esistenza economico-aziendale. La conseguente ricerca di una enunciazione giuridica del fenomeno, sar poi impostata ad una costante tensione al confronto con il problema del controllo delloperato delle imprese multinazionali, che costituisce in definitiva il nucleo tematico della presente trattazione. Laggettivo multinazionale, associato al termine impresa, fa riferimento, nella letteratura economica, alla struttura di questultima; in particolare, indica la simultanea presenza in pi paesi di unit produttive afferenti ad una stessa attivit12. E questa una condizione necessaria, ma di per s non sufficiente, della multinazionalit intesa in senso economico. E altres necessario infatti che sia soddisfatto un ulteriore requisito, identificabile nella unit dazione su scala internazionale. Questa nozione pu essere apprezzata attraverso due differenti criteri complementari: da un lato, la messa in comune di risorse (capitale, personale, know-how, informazione), dallaltro, il perseguimento di una strategia unica e coordinata13. Tali due elementi, aggiunti alla condizione preliminare dellattivit produttiva dispiegata su pi paesi, sono sufficienti a definire la multinazionalit dellimpresa dalla prospettiva economico-aziendale. Avendo ben presente la nozione economica di impresa multinazionale, necessario ora, per poter proseguire nelliter definitorio con riferimento al concetto giuridico, dotarsi di taluni strumenti inerenti alla struttura giuridica di questultima.

12

Cfr. MERCIAI, Les Entreprises Multinationales en Droit International, Bruylant, 1993, Bruxelles, 1993, pag. 113.13

Cfr. MERCIAI, ibidem.

12

Osserviamo dunque come linvestimento diretto allestero costituisca un investimento costituito da un soggetto sul territorio di uno Stato diverso da quello dappartenenza14. La natura diretta di questo particolare tipo di investimento internazionale data dal controllo effettivo dellimpresa da parte dellinvestitore straniero15. La holding (o societ-madre) sia invece la societ che detiene la propriet dellinvestimento diretto allestero16; mentre con lespressione societ controllata (o figlia) si intenda, prescindendo dalla sua forma legale, quel soggetto di diritto -costituito secondo la legge dello Stato ospite- in cui si estrinseca linvestimento diretto allestero17, filiale e succursale sono entrambe societ controllate e si differenziano tra loro in quanto la holding detiene della prima la maggioranza azionaria mentre della seconda soltanto una quota minoritaria18. Vediamo come, dalla analisi dei termini di cui sopra, risalti la centralit di un concetto: quello del legame proprietario che si configura tra le entit in esame. Ci nonostante, dobbiamo ancora sottolineare come la mera analisi della struttura proprietaria di una impresa multinazionale sia insufficiente per individuare quale sia lesatta natura dei rapporti economici e giuridici che compongono la stessa. E stata sostenuta infatti la necessit di introdurre un altro criterio, complementare a quello della propriet, che accorra in aiuto nella ricerca di una visione realistica della impresa multinazionale; un criterio che faccia14

Cfr. JUILLARD, Definition de lInvestissement, in Annuaire Franais de Droit International, CNRS, 1984, Parigi, pag. 773.15

Cfr. CANTONI, Il Contributo del Gruppo della Banca Mondiale alla Promozione degli Investimenti Internazionali, in PORRO, Studi di Diritto Internazionale dellEconomia, Giappichelli, 1999,Torino, pag. 79, nota 1.16

Cfr. FONTANA-CAROLI, Il Sistema Impresa e le sue Relazioni con lAmbiente, in Economia e Gestione delle Imprese, McGraw-Hill, 2003, Milano, pag. 12.17

Cfr. VALDANI-BERTOLI, LImpresa e le Strategie Internazionali, in Mercati Internazionali e Marketing, Egea, 2003, Milano, pagg. 80-8118

Cfr. WALLACE, Legal and Organizational Forms, 2002, op. cit., pagg. 102-103.

13

riferimento al reale ed effettivo controllo manageriale e quindi al legame sostanziale esistente tra i soggetti facenti parte del complesso multinazionale19. Una siffatta impostazione, la quale in grado di distinguere tra controllo interno, ovvero appunto il potere direttivo della societ holding, e controllo esterno, inteso come la legal framework20 entro la quale il management dell impresa chiamata ad operare e che disegna la dinamica proprietaria, imposta alla impresa dal suo statuto in accordo con le regolamentazioni nazionali- appare maggiormente in grado di evidenziare come non sempre lorganizzazione esterna rifletta accuratamente la vera distribuzione delle funzioni manageriali e di controllo. Siamo cos in grado di intuire come un controllo esterno, esercitato dal legislatore nazionale o attraverso strumenti di diritto internazionale, risulterebbe virtualmente inefficace laddove non fosse indirizzato ai centri nevralgici (dal punto di vista della gestione manageriale) dellimpresa multinazionale. Possiamo ora addentrarci nel tentativo di definire propriamente limpresa multinazionale come entit che si muove in un ambito operativo che trascende le frontiere dei singoli Stati. 1.1.2 La natura dellimpresa multinazionale Limpresa multinazionale pu essere inizialmente definita come una impresa la quale possiede, dirige e controlla attivit economiche in pi di una nazione21; unimpresa, dunque, che ripartisce le proprie attivit in diversi paesi.19

Cfr. WALLACE, Distinction re Control and Control Relationships, 2002, op. cit., pagg. 159 ss.20

Cfr. WALLACE, ibidem.

21

Cfr. HOOD-YOUNG, The Economics of Multinational Enterprise, Longman, 1979, London; DUNNING, Multinational Enterprises and the Global Economy, Addison-Wesley, 1993, Wokingham.

14

La dizione impresa multinazionale22 estremamente ampia, in quanto comprensiva delle differenti tipologie di entit che svolgono attivit economiche significative in Stati diversi da quello di origine23. Lo stesso progetto ONU di Code of Conduct for Transnational Corporation24 adotta - pur se non a scopi definitori generali, bens ai fini del proprio campo di applicazione una definizione di impresa multinazionale the widest possible25, laddove al suo art.1, a), si dichiara universally applicable to enterprises, irrespective of their country of origin and their ownership, including private, public or mixed, comprising entities in two or more countries, regardless of the legal form and fields of activity of these entities26. La natura delle imprese in oggetto emerge tuttavia con maggiore chiarezza laddove si vada ad affrontare il problema definitorio da un punto di vista pi analitico. Se si pu ritenere infatti che la nozione prevalente in dottrina sia molto vasta27, anche interessante notare come la definizione di22

Nella prolifica letteratura sulla materia delle imprese multinazionali, si incontra un ampio spettro di riferimenti.che comprendono i termini internazionale, transnazionale o globale, plurinazionale, sovranazionale, ed una serie di ibridi come anational, stateless, globalcorp, cosmocorp. Se, come fa notare la WALLACE (Definition and Terminology problems, in Legal Control of the Multinational Enterprises, Nijhoff, 2002, The Hague, pagg. 102-103), alcune di tali espressioni sono. no more than journalstic hyperboles, interessante fin dora notare come nella seconda serie di termini, come la stessa autrice sottolinea (ibidem), vi sia una chiara implicazione: che tali entit, in qualche modo, trascendano le stesse nazioni od il controllo dei governi nazionali Poco utile, per le finalit del nostro lavoro, ci sembra la sottile, ma sostanziale, distinzione semantica vigente nellambito delle Nazioni Unite tra transnational e multinational. Il primo dei due aggettivi, con riferimento ad unimpresa, indicherebbe lestensione di operazioni ed attivit economiche oltre i confini nazionali, e sottintenderebbe lesistenza di una societ-madre facente capo ad un solo paese. Il secondo, invece, metterebbe in rilievo il fatto che la propriet ed il controllo dellimpresa si riferiscono a soggetti facenti capo a pi di un paese.23

Cfr. ODDENINO, ibidem, pag. 51. Su cui cfr. Pi approfonditamente supra, Cap. 2, par. 2.2.4.

24

25

Cfr. COLLINS, Codifying Corporate Accountability, in Multinational Monitor, Vol. 11, Num. 6, 1990, disp. online: http://multinationalmonitor.org/hyper/issues/1990/06/collins.html.26

Cfr. Doc. UN E/1988/39 del 1 Febbraio 1988, art. 1 a).

27

Cfr. ODDENINO, ibidem, pagg. 51-52; CARREAU-JUILLARD, Droit International Economique, in LGDJ, 1998, Paris, p. 32.

15

impresa multinazionale come di qualsiasi impresa commerciale under any one or combination of legal and organizational form of association but necessarily having a number of directly-controlled operation in various states, normally performed through affiliated companies established under the national legal system of each host state, and thus under correspondingly varied legal arrangements, yet controlled directly or indirectly . from the center, characteristically by nationals of an identifiable country, and thus collectively tending towards a global perspective and fuctioning as a single economic unit28 colga in modo pi puntuale la caratteristica saliente delle imprese multinazionali con riguardo alle problematiche legate alla crescente affermazione, nel teatro del diritto internazionale, dellimportanza di siffatte entit. Queste ultime si configurano, dunque, come un aggregato di societ dalle pi disparate connotazioni giuridiche, e tuttavia caratterizzate dallunitariet di obiettivi economici. Hanno dunque una natura apparentemente contraddittoria: allunicit del principio di azione economica si contrappone la molteplicit di persone giuridiche (e non ) organizzate attorno al suddetto principio. Limpresa di cui si tratta appare strutturata come una rete, o, pi tecnicamente, un gruppo29. In altri termini, sul piano strettamente privatistico, allimpresa multinazionale non attribuita, in alcuna legislazione, una personalit giuridica distinta ed unitaria: la sua veste giuridica , appunto, quella di un gruppo di societ30. Limpresa in esame dunque ad un tempo, una e molteplice: una dal punto di vista del suo agire economico, molteplice sotto il profilo della sua esistenza giuridica. La molteplicit si traduce giocoforza in multinazionalit: in quanto composta di societ costituite ed operanti in Stati diversi, limpresa28

Cfr. WALLACE, Legal and Organizational Forms and Modes of Operation, 2002, op. cit., p. 119.29

Cfr. MERCIAI, ibidem, pag. 37. Nello stesso senso Cfr. WALLACE, Multi-nationality through Multiplicity of Jurisdictions, 2002, op. cit., pag. 10.30

Cfr. SACERDOTI, La Diffusione delle Multinazionali e le Regole Monetarie sugli Scambi, 1994, op. cit., p. 706.

16

possieder simultaneamente pi nazionalit, intese come collegamenti parziali a degli ordinamenti giuridici differenti31. Appare evidente come, rientrando contestualmente sotto la giurisdizione di diversi Stati, limpresa multinazionale, considerata nel suo insieme, sia per la sua intrinseca natura portata a trascendere la capacit di controllo dei singoli sistemi nazionali di diritto societario. In questo senso essa apparirebbe idonea a costituire una potenziale minaccia alla sovranit degli Stati in cui, attraversole sue articolazioni, opera: il fatto che le singole societ che costituiscono una impresa multinazionale abbiano diverse nazionalit, e dislochino le loro risorse nellambito di differenti giurisdizioni, contribuisce alla considerevole forza ed elasticit di queste entit; allo stesso tempo, pone problemi di natura legale e gestionale che difficilmente una impresa strettamente nazionale pu sollevare. Come si leggeva al paragrafo 1. dell Introduzione alle Guidelines for Multinational Enterprises dellOECD32, nella versione del 199133, the advance made by multinational enterprises in organizing their operations beyond the national framework may lead to abuse of concentrations of economic power and to conflict with national policy objectives34. La struttura e le operazioni di una impresa siffatta appaiono infatti tali da favorire la possibilit che essa possa essere tentata di avvantaggiarsi della complessit dei sistemi politici e legali per creare a world of (its) own, which must

31

Cfr. MERCIAI, ibidem, pag. 36. Su cui cfr. amplius supra, Cap. 2, par. 2.2.2.

32

33

Le Guidelines, originariamente contenute in un formale Allegato alla Declaration by the Governments of OECD Member Countries del 21 Giugno 1976 (OECD, Paris, 1976), [Cfr. nota seguente] sono periodicamente rivedute. Nel 2000 sono state pubblicate anche separatamente come The OECD Guidelines for Multinational Enterprises , OECD, Parigi, 4 ediz., 2000 [OECD doc. C(2000)96/REV1].34

Cfr. ORGANIZATION FOR ECONOMIC CO-OPERATION AND DEVELOPMENT, International Investment and Multinational Enterprises Declaration by the Governments of OECD Member Countries: Guidelines for Multinational Enterprises, 21 Giugno 1976 (OECD, Paris, 1976); come rivedute nel Gennaio 1991 [OECD, Parigi, 1992, doc. DAFFE/IME(91)23], par.1.

17

accomodate itself in the conduct of operations to many legal system but not, in any real sense, subject to any of them35 E necessaria a questo punto effettuare una precisazione. Senza ulteriori specificazioni, si pu essere indotti alla erronea conclusione che limpresa multinazionale sfugga quindi a qualsiasi responsabilit. E necessario perci sottolineare come, in realt, le societ individuali attraverso cui la multinazionale opera siano soggette alle leggi di ciascuno Stato in cui esse svolgono i propri affari. E solo limpresa multinazionale in quanto unit complessa ovvero, come somma di tutte le sue parti societarie che non rientra sotto il controllo di ununica, generale autorit esterna36. Ciascuno Stato invero in grado di esplicare, attraverso la propria legislazione commerciale nazionale, unazione di controllo sulle singole unit societarie rientranti nellambito della propria sovranit territoriale. Tuttavia tali discipline statali risultano incapaci di comprendere la complessit economica unificata che opera al di l dei confini dei singoli ordinamenti giuridici; anche se il controllo nazionale suscettibile di assumere una efficacia pi incisiva laddove si esplichi nei confronti di una societ madre, cio della societ la quale eserciti il potere direttivo nei confronti delle varie subentit37. Un secondo livello di controllo quello che si tende a realizzare attraverso una disciplina internazionale, la quale al contrario delle singole discipline statali, idonea a rivolgersi alle imprese multinazionali globalmente intese. I problemi che tale approccio incontra sono dovuti sostanzialmente alla disomogeneit tra i punti di vista dei vari Stati, con particolare riferimento alla disparit degli obiettivi e delle circostanze oggettive esistenti tra paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo, nonostante - come avremo modo di vedere-, le posizioni di tali due gruppi siano oggi passate da una iniziale contrapposizione ad un progressivo avvicinamento.

35

Cfr. FRIEDMAN, Transnational Law in a Changing Society, in Essays in Honor of Philip C. Jessup, Columbia University Press, 1972, New York, pag. 80.36

Cfr. WALLACE, Multinational through Multiplicity of Jurisdictions, 2002, op. cit., p. 11. Cfr. ODDENINO, ibidem, pag. 57.

37

18

Limpresa multinazionale svolge come abbiamo visto la propria attivit in numerosi paesi esteri, attraverso la costituzione di consociate, filiali e succursali che, pur se giuridicamente distinte, e sottoposte a eterogenei sistemi legali, obbediscono a strategie economiche comuni, essendo strettamente collegate alla societ madre e da questa ultima controllate38. Un elemento portante dellattivit di suddette imprese in definitiva lo spostamento di cospicue masse di capitali mediante la realizzazione di investimenti diretti allestero, ovverossia investimenti finanziari che implicano la volont da parte dell'investitore di esercitare un "controllo diretto" sull'impresa estera, nonch di intervenire in modo consistente nelle decisioni relative alle varie fasi della produzione39. Si intuisce in tal modo l imponente forza di penetrazione nei mercati esteri delle imprese multinazionali, le quali intervenendo nella gestione di imprese formalmente straniere detengono il potere di influenzare - coerentemente ai propri obiettivi unitari - le politiche degli Stati ospiti di investimenti stranieri, tanto attraverso azioni unilaterali()quanto attraverso azioni coordinate dintesa con gli Stati di loro provenienza40. Al potere delle imprese multinazionali di espandersi allestero, perseguendo un crescente controllo dei mercati e una maggiore sicurezza di profitto, attraverso la mobilitazione di ingenti capitali e in unottica di decentramento produttivo41, fa riscontro la difficolt, per i singoli Stati ospiti di investimenti o Stati dorigine - di porre in essere una legislazione idonea a incidere, in vista dei propri obiettivi di sviluppo e politica economica, su dei soggetti che - se da un lato operano secondo le regole di diritto dei vari Stati ospiti, mentre dallaltro rispondono alle sollecitazioni degli indirizzi politici38

Cfr. SACERDOTI, ibidem, p. 699.

39

Cfr.TRIULZI, voce Multinazionali, in Dizionario a cura del Coordinamento delle Organizzazioni Non Governative per la Cooperazione Internazionale allo Sviluppo, 2000, Bruxelles, disp. online: http://www.cocis.it/dizionario/page50.html.40

Cfr. ODDENINO, ibidem, pag.53. Cfr. SACERDOTI, ibidem, pagg. 703-705.

41

19

ed economici42 dei paesi dorigine - tuttavia si muovono su un piano che sembra superare e trascendere sia le une che gli altri. La dicotomia tra la considerazione dellimpresa multinazionale da un punto di vista economico, che in tale ottica appare come un unico soggetto poich seppure frazionato in numerose entit localizzate in diversi Stati caratterizzato dallunitariet della gestione e degli obiettivi -, e laspetto pi prettamente giuridico-privatistico, che coglie invece la realt di una pluralit di soggetti giuridici sottoposti a diverse legislazioni nazionali, rende difficile per gli Stati occuparsi efficacemente e puntualmente della regolamentazione della attivit da queste complessivamente svolta sui rispettivi territori nazionali.43 Daltro canto le imprese multinazionali si sono ampliamente dimostrate, nel corso del tempo, in grado di adattare la propria struttura alle differenti premesse culturali, sociali, di mercato delle nazioni sui cui territori venivano dislocate le proprie articolazioni, adottando forme organizzative sempre pi decentrate e flessibili44 Pare dunque che la questione della interazione tra Stati ed imprese multinazionali non possa prescindere dalla considerazione che una visione poco elastica del fenomeno insufficiente a cogliere e quindi ad affrontare i problemi legali che questultimo pone.

42

Cfr. SACERDOTI, ibidem.

43

Cfr. ODDENINO, ibidem, pagg. 52-55; SACERDOTI, La Disciplina Giuridica delle Multinazionali nel Diritto Interno:il Gruppo di Imprese e la Nozione di Controllo, 1998, op. cit., pagg. 706-708.44

Cfr. PERULLI, I Codici di Condotta delle Imprese Multinazionali, in Diritto del Lavoro e Globalizzazione, Cedam, 1999, Padova, pag. 262.

20

1.1.3

La sovranit nellera della multinazionalizzazione delleconomia Nello scenario descritto, il vantaggio dellimpresa multinazionale

discende dalloperare in una molteplicit di sistemi ambientali45. Infatti, il sistema globale necessariamente contraddistinto da considerevoli divari, tra i vari paesi, nei livelli di reddito e di consumo, nelle peculiarit degli ordinamenti giuridici, nonch nella distribuzione spaziale delle materie prime, di lavoro, di capitale e di installazioni industriali. E evidente come allora unimpresa che sia in grado di gestire unitariamente i propri processi di approvvigionamento, produzione e vendita, attraverso la localizzazione degli stessi nelle varie aree a seconda delle pi vantaggiose condizioni che ciascuna di esse offre, giunge ad avere un enorme potenziale di profitto. Ora palese che un simile fenomeno possa facilmente essere foriero di non indifferenti benefici per i vari Stati in cui le diverse subentit vengono dislocate. Uno degli effetti pi immediati del fenomeno degli investimenti diretti allestero infatti la circolazione dei fattori produttivi, elemento cardine del funzionamento delleconomia di mercato46. Come si legge nelle Guidelines for Multinational Enterprises dellOCSE, Through international direct investment such enterprises can bring substantial benefits to home and host countries by contributing to the efficient utilization of capital, technology and human resources between countries and thus fulfil an important role in the promotion of economic and social welfare47.Tuttavia, come passiamo ad illustrare, questo genere di

45

Cfr. GRANDINETTI-RULLANI, La Teoria dellImpresa Multinazionale da Hymer a Dunning, in Impresa Transnazionale ed Economia Globale, La Nuova Italia Scientifica, 1996, Roma, pag. 98.46

Cfr. ODDENINO, ibidem.

47

Cfr. OECD, International Investment and Multinational Enterprises Declaration by the Governments of OECD Member Countries: Guidelines for Multinational Enterprises, 21 Giugno 1976 (OECD, Paris, 1976), par. 1. Cfr. inoltre supra, par. 1.1.1, nota n 7.

21

vantaggi per gli Stati ospiti non privo di un prezzo da pagare in termini di sovranit politica dei diversi paesi. La multinazionalizzazione delleconomia, intesa come lo stadio nel processo di internazionalizzazione delleconomia contraddistinto dalla preminente importanza delle imprese multinazionali, e dunque caratterizzato dal trasferimento e dalla delocalizzazione di risorse da una economia nazionale ad un'altra48, implica come abbiamo visto lo sviluppo di capacit produttive in diversi Stati attraverso lo stabilimento o lacquisto, nei territori di questi ultimi, di imprese affiliate e succursali. Il risultato di questo processo, ovverossia la penetrazione delle imprese multinazionali nei mercati locali, porta allacquisto, da parte delle stesse, di un potere di influenza sulleconomia degli Stati ospiti. La multinazionalizzazione ha, per tali motivi, spesso sollevato opposizioni e timori: da un lato, per le considerazioni di ordine fiscale -per la possibilit di travasi di fondi e occultamento di utili 49- e valutario in relazione alla possibilit di effetti destabilizzatori dovuti ad importanti spostamenti di capitali (omettendo per il momento di citare le istanze delle organizzazioni sindacali ed ambientaliste; le problematiche connesse al rispetto dei diritti umani e della salute dei consumatori; la questione del diritto allo sfruttamento delle risorse naturali); dallaltro, per il timore di un indebolimento della sovranit degli Stati ospiti. A questo punto si rende necessario occuparsi brevemente di cosa si intenda per sovranit. Tale concetto pu essere scomposto in due aspetti principali: la sovranit interna, la quale concerne il rapporto tra lo Stato e quanti risiedono sul suo territorio (cittadini e non) e si concretizza nel potere dimperio esercitato dallo Stato stesso, ovvero lautorit e la supremazia di questultimo nei confronti di ogni altro soggetto, entit o istituzione operante48

Cfr. PERREZ, Internationalization, Multinationalization, Globalization and Interdependence, in Cooperative Sovereignty, Kluver Law International, 2000, The Hague, pag. 119.49

Cfr. SACERDOTI, Le Multinazionali tra Controllo dei Paesi dOrigine ed Interessi dei Paesi Ospiti, 1994, op. cit., pagg. 703-704.

22

sul proprio territorio50; e la sovranit esterna (o internazionale), la quale attiene piuttosto ai rapporti dello Stato con altri Stati o con organizzazioni internazionali e viene generalmente individuata nelloriginariet dellordinamento giuridico statale e della sua indipendenza51. Loriginariet indica come ogni ordinamento statale, in quanto sovrano, trovi in s il titolo di legittimazione della sua esistenza e del suo potere. Lindipendenza puntualizza come lo Stato non riconosca alcuna autorit al di sopra di s stesso, dunque rifiuti nei confronti di soggetti estranei qualsiasi vincolo o subordinazione che non sia il frutto di unaccettazione volontaria e quindi di unautolimitazione. La sovranit subordinata al diritto: anche se lo stesso ordinamento sovrano a decidere delle fonti giuridiche, il potere sovrano comunque dipendente dal diritto che il medesimo si dato. In secondo luogo la sovranit si assoggetta ad una serie di limiti giuridici che non ne mettono in discussione lessenza poich consistono di autolimitazioni, ovvero di vincoli cui lo stesso Stato si sottopone: possono operare solo qualora ed in quanto lente sovrano li accolga. Ai fini della presente analisi, appare pi interessante una terza serie di limiti, che potremmo definire di fatto: quelli attinenti appunto al generale processo di multinazionalizzazione delleconomia, che risulta idoneo a determinare una progressiva e sostanziale perdita di controllo da parte dello Stato dei flussi di beni immateriali e delle risorse, e a vincolare lordinamento statale alle strategie di soggetti economici che trascendono i confini nazionali. Le imprese multinazionali, infatti, sfuggono in parte alla sovranit dei singoli Stati e riescono a condizionarne gli indirizzi politici ed economici52.

50

Cfr. DE GASPARI, Una Sovranit Limitata, in Sintesi Dialettica, 2006, disp. online: http://www.sintesidialettica.it/Articolo.php? titolo=t_unasovranitalimitata&autore=au_gaspari&articolo=a_unasovranitalimitata.51

Cfr. FRIGO, La Sovranit Permanente degli Stati sulle Risorse Naturali, in SACERDOTI, 1994, op. cit., pagg. 246-247.52

Cfr. DE GASPARI, ibidem.

23

La visione della impresa multinazionale come di una entit in grado di minacciare la sovranit statale si ricollega storicamente alle istanze di rivendicazione della sovranit sulle risorse che hanno trovato espressione in particolare negli anni 70 nellambito delle organizzazioni economiche internazionali53. In questo contesto limpresa multinazionale veniva percepita dagli Stati ospiti di investimenti stranieri, in particolar modo dai paesi in via di sviluppo, come uno strumento di sfruttamento economico e di dominio politico54, laddove al contrario gli stessi Stati ospiti avvertivano di rappresentare a loro volta per le multinazionali esclusivamente luoghi di produzione e mercati di sbocco55. Riservandoci di analizzare in seguito le questioni attinenti alla evoluzione storica dei rapporti tra Stati e imprese multinazionali, basti tener presente per ora come le tematiche relative allerosione della sovranit statale, nellottica della multinazionalizzazione delleconomia, siano strettamente connesse alle incertezze sulle possibili forme di controllo del fenomeno in esame. Dalle caratteristiche delle imprese multinazionali - lubiquit delle stesse a fronte del limite essenzialmente territoriale degli ordinamenti statali, la dicotomia tra la realt dellimpresa multinazionale come ununica entit e la frammentazione in numerosi soggetti indipendenti e decentrati, le ingenti risorse finanziarie ini grado di operare al di l dei confini dei differenti sistemi giuridici discende la difficolt, per gli Stati, di porre in essere una legislazione per la societ parte del gruppo multinazionale che sia53

Cfr. UN Carta dei Diritti e Doveri Economici degli Stati (Risoluz. Assemblea Generare delle Nazioni Unite N. 3281 del 12 Dicembre 1974); UN Programma dAzione concernente lInstaurazione di un Nuovo Ordine Economico Internazionale (Risoluz. Assemblea Generare delle Nazioni Unite N. 3202 del 1 Maggio 1974).54

Cfr. PORCHIA, I Soggetti nel Diritto Internazionale dellEconomia, in PORRO, Studi di Diritto Internazionale dellEconomia, Giappichelli, 1999, Torino, pagg. 44-45.55

Cfr. GRANDINETTI-RULLANI, Dalla Teoria dell Impresa Multinazionale alle Teorie della Globalit, in Impresa Transnazionale ed Economia Globale, La Nuova Italia Scientifica, 1996, Roma, pag. 147.

24

particolare rispetto a quella relativa alle normali societ di diritto interno56, e la corrispondente capacit delle multinazionali di porsi come soggetti dotati in linea di massima di una sostanziale autonomia nelle loro relazioni con gli Stati sovrani. Il fenomeno della multinazionalizzazione delleconomia comporta dunque una erosione del principio di diritto internazionale generale della sovranit dello Stato, nella sua accezione tradizionale: del principio cio che vede lo Stato come unico soggetto preposto a decidere della politica economica e delle risorse presenti sul territorio sul quale esercita la propria sovranit. 1.2 Il problema multinazionali Sotto il profilo del diritto internazionale, limpresa multinazionale ha importanza dal punto di vista economico, pi che da una prospettiva prettamente giuridica. Le imprese in oggetto sono, nel teatro delle relazioni economiche internazionali, i principali attori57: partecipano agli scambi economici internazionali, effettuano la quasi totalit degli investimenti internazionali e danno luogo allessenziale dei pagamenti internazionali58. Tuttavia le imprese in esame non mancano di rivestire un ruolo nel processo di creazione delle norme del diritto internazionale delleconomia. Ci avviene in prima analisi, e come abbiamo gi possibilit di intuire, in virt56

della

soggettivit

internazionale

delle

imprese

Cfr. ODDENINO, ibidem, pag.56.

57

Una rivelazione ampiamente citata negli anni 60 - da cui allepoca scatur la sensazionale asserzione secondo la quale many large corporate groups have become private governments, wielding a power equal to that of many secular States, and subject to no adequate restraint (Cfr. ANGELO, 1968, Multinational Corporation, in 125 Recueil des Cours,1968:III,pag. 456) - e riportata dalla WALLACE (The Power of the MNE vis--vis the Host State, 2002, op. cit., p. 66) a titolo di esempio di una iniziale tendenza estremizzatrice nella considerazione della forza delle imprese multinazionali, quella secondo la quale il fatturato annuale di (allepoca) 25 miliardi di dollari della General Motors di gran lunga superiore al PIL di circa centotrenta nazioni (Cfr. KENDALL, Corporate Ownership: the International Dimension, in Columbia Journal of World Business, August 1969, pag. 65)58

Cfr. PORCHIA, ibidem, pag. 44.

25

della potenza economica che esse sviluppano, ed attraverso la quale sono in grado di condizionare le scelte degli Stati e dunque delle organizzazioni internazionali di cui questi ultimi sono parte59. Non difficile notare come molti aspetti dellattuale scenario del diritto internazionale delleconomia siano espressione di una capacit degli operatori economici privati di imporsi sui singoli ordinamenti statali e quindi pur se per via mediata di far sentire la propria voce in seno alle organizzazioni internazionali, in particolare per quanto riguarda, com naturale, la creazione delle norme che interessano pi da vicino le imprese stesse: ovverossia quelle norme che costituiscono il quadro di riferimento entro il quale sono chiamate a svolgere le attivit economiche60 Si pensi ad esempio alla regolamentazione convenzionale del commercio e degli scambi, in particolare alla disciplina liberoscambista del GATT. E evidente come la normativa adottata a livello internazionale sia la sola in grado di fornire, alle imprese che operano a livello multinazionale, un grado di prevedibilit e di certezza accettabile per quanto attiene alla conclusione ed esecuzione dei contratti internazionali, strumento di primaria importanza per le attivit economiche delle imprese in oggetto61; ed in questo si spiega linteresse delle stesse ad esercitare per quanto possibile il loro ascendente sugli Stati che a loro volta trovano voce nel contesto delle organizzazioni internazionali. Lulteriore aspetto dell influenza delle imprese multinazionali sullattivit creativa di norme si coglie laddove si guardi al contesto del diritto internazionale delleconomia in una prospettiva se vogliamo ancora pi ampia; una prospettiva, cio, che tenga conto delle dinamiche che possono portare i soggetti privati a condizionare gli assetti normativi al punto da59

Cfr. PORCHIA, ibidem, pag. 45. Cfr. PORCHIA, ibidem.

60

61

Cfr. CARBONE-LUZZATTO, Il Diritto Internazionale Pattizio e la Garanzia di Conformit agli Interessi Interstatuali dellEsercizio dellAutonomia Privata nei Contratti Internazionali, in Il Contratto Internazionale, UTET, 1994,Torino, pag. 64.

26

sottrarli sia dai vincoli che promanano dai singoli ordinamenti nazionali, quanto da quelli che sono espressione dello stesso ordinamento internazionale. Si parla in questo caso dei fenomeni cosiddetti di diritto transnazionale: fenomeni che non ricadono interamente nella sfera normativa di alcuno Stato determinato62, e che danno vita a loro volta alle regole oggettive del commercio internazionale, la cosiddetta lex mercatoria; ovverossia, un sistema di principi creato dagli operatori economici privati, senza la mediazione degli Stati, e formato da regole destinate a disciplinare in modo uniforme, al di l delle unit politiche degli Stati, i rapporti commerciali che si instaurano entro lunit economica dei mercati63. Non rientra nello scopo della presente trattazione affrontare nel merito la questione del carattere giuridico di tale sistema. Ai nostri fini sufficiente sottolineare come questi principi in materia di commercio internazionale, di formazione spontanea e non scritte, prodotte dalla prassi commerciale, e che vengono considerate come fonte latu sensu normativa autorevole dei rapporti negoziali fra privati, rappresentino un diritto decontestualizzato rispetto ai vari Stati; ed un diritto nella cui creazione le grandi multinazionali assumono senza dubbio il ruolo di attori di non trascurabile importanza. Ci premesso, tuttavia, le norme del diritto internazionale delleconomia si rivolgono solo agli Stati. Lammissione del ruolo pregnante che le imprese multinazionali assumono, nellassetto delle relazioni economiche internazionali, non ha portato al riconoscimento di una soggettivit internazionale delle stesse, nel senso di renderle destinatarie dirette delle norme e partecipi al sistema delle relazioni interstatuali64.62

Cfr. GIARDINA, La Lex Mercatoria e la Certezza del Diritto nei Commerci e negli Investimenti Internazionali e Diritto Applicabile, in GIARDINA-TOSATO, Diritto del Commercio Internazionale,Giuffr, 1987, Milano, pag. 407.63

Cfr. GALGANO, La Rinascita della Lex Mercatoria, in La Lex Mercatoria,Il Mulino, 2001, Bologna, pag. 238.64

Cfr. SACERDOTI, I Rapporti Commerciali e Finanziari tra Privati quali Oggetto della Normativa Economica internazionale, 1994, op. cit., pag. 119.

27

Il diritto internazionale espressione di una societ e quindi di un ordinamento che non potrebbe essere diverso da quello della societ degli Stati. Non di certo da tralasciare, come abbiamo avuto modo di vedere, che la vita giuridica internazionale dellepoca contemporanea lungi dallesaurirsi nel contesto dei rapporti tra Stati: altri soggetti si affacciano e si affermano nello stesso scenario65, come si evince anche dalla esigenza, avvertita da pi parti, di inquadrare gli elementi caratteristici dei rapporti economici internazionali in un quadro che trascenda quello interstatuale tradizionale, e che viene definito appunto transnazionale per sottolinearne la alterit rispetto alla dicotomia statale/internazionale; ed pur vero che, in tale ottica, sarebbe riconosciuta una certa capacit anche a soggetti di diritto interno66. Inoltre, si pu osservare come secondo una impostazione67, alle imprese multinazionali sia accordato uno status che le vede come destinatarie dirette di norme del diritto internazionale68. Pur tuttavia, generalmente negato che a tali entit sia riconosciuta una soggettivit internazionale piena, che permetta cio alle stesse di intervenire alla fase di creazione delle norme di diritto internazionale69.65

Cfr. il noto parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia (Rparation des dommages subis au service des Nations Unies , 11 aprile 1949, CIJ, Recueil 1949, p. 174),che ha riconosciuto la qualit di soggetti di diritto internazionale ad enti diversi dallo Stato, quali le organizzazioni internazionali.66

Cfr. JENKS, Multinational Entities in the Law of Nations, in Transnational Law in Changing Society. Essays in Honor of Philip C. Jessup, Columbia University Press, 1972, New York.67

Cfr. ODDENINO, ibidem, pag.58.

68

Nel senso che le imprese multinazionali abbiano Caused academics as well as political and legal observers to regard this type of corporate entity as falling within the scope of international law and, concurrently, as possessing certain rights and duties under international law, Cfr. WALLACE, MNEs as Legal Persons, 2002,op. cit., p. 9. Cfr. inoltre FELICIANO, Legal Problems of Private International Business Enterprises: an Introduction to the International Law of Private Business Associations and Economic Development, in 118 Recueil des Cours, 1966, III, pag. 220, secondo cui le imprese multinazionali hanno that minimum access to legal processes transcending state lines in the sense that they are authorised to make claims and be subjected to claims which is the principal import of international legal personality.69

Cfr. BAADE, The Legal Aspects of Codes of Conduct for Multinational Enterprises, in HORN, Legal Problems of Codes of Conduct for Multinational Enterprises, Kluver, 1980,

28

Ci porta a due ordini di riflessioni ai fini della presente trattazione. Innanzitutto, a fronte del potere di ingerenza economica delle imprese multinazionali nelle scelte degli Stati e delle loro organizzazioni, appare ancora pi evidente la inadeguatezza delle iniziative degli Stati e delle loro organizzazioni, ai fini di un controllo delle prime: stante la mancanza di soggettivit internazionale dei gruppi multinazionali, le stesse non possono essere vincolate direttamente da norme di diritto internazionale. In secondo luogo, si apre la strada alla opportunit di concepire il rapporto tra le entit in esame e gli Stati secondo una angolazione differente: ossia, come un confronto che debba necessariamente partire dalla volontaria cooperazione delle stesse imprese multinazionali. In tale prospettiva si possono inquadrare i tentativi di ottenere la collaborazione delle imprese multinazionali attraverso ladozione di strumenti di soft law70, non vincolanti, come le direttive ed i codici di condotta. Come vedremo, lo scopo di siffatti dispositivi di ottenere che le multinazionali assumano spontaneamente degli impegni di comportamento nei confronti degli Stati ospiti e dorigine, implicitamente chiedendo agli Stati, in cambio, un trattamento equo, o comunque dei vantaggi variamente configurabili.

1.3 1.3.1

Il problema della condotta delle imprese multinazionali Il comportamento delle imprese multinazionali Un passaggio ineliminabile nellanalisi del fenomeno delle imprese

multinazionali attiene al problema della responsabilit etica delle stesse. TaliDeventer, pag. 7.70

Cfr. RONZITTI, Le Fonti del Diritto Internazionale, in Introduzione al Diritto Internazionale, Giappichelli, 2004, Torino, pag. 148: Con il termine soft law, usato dalla dottrina anglo-americana, si identificano le norme non giuridicamente vincolanti. Quanto alla fonte di queste norme, si tratta di atti adottati dalle organizzazioni internazionali, oppure di codici di condotta o di atti adottati da conferenze internazionali non aventi la dignit di trattato.

29

entit infatti sono state, nel corso degli anni, oggetto di aspre critiche 71 in relazione alla sostenibilit delle attivit che esse svolgono, le quali , come abbiamo visto, solo in parte possono essere controllate dagli Stati nazionali. Preoccupazioni sono state avanzate in relazione alla tutela dellambiente: dopo essere stato a lungo considerato come un bene in senso meramente descrittivo, ossia da cui trarre utilit, senza la necessit che ne venga prevista una tutela normativa, lambiente considerato oggi un bene anche in senso economico e giuridico72. E facilmente intuibile come il problema di una sua tutela da uno sfruttamento non sostenibile da parte delle imprese, abbia acquistato una particolare importanza nellambito del diritto internazionale, stanti le stesse caratteristiche dei danni ambientali. Questi ultimi infatti possono presentare dimensioni non circoscrivibili a determinati territori nazionali, bens al contrario suscettibili di assumere carattere globale. Basti pensare a fenomeni come leffetto serra o la deforestazione, che a loro volta si ripercuotono sul clima (desertificazione, scioglimento dei ghiacci) e sulla variet biologica. Si pu facilmente comprendere perch appaia insufficiente se non inutile affontare questa questione dal punto di vista dei singoli Stati, mentre emerga come indispensabile lo sforzo congiunto degli attori internazionali. Un altro tema quello sollevato, dalle organizzazioni sindacali e per la tutela del lavoro, in materia della dimensione sociale del fenomeno della71

Possono essere citate, a titolo esemplificativo, le iniziative di boicottaggio subite dalla Nestl, per quanto riguarda il settore alimentare, e dalla Shell, per quanto concerne il settore estrattivo-minerario. A partire dagli anni 80, la Nestl stata duramente accusata di incrementare i propri profitti promuovendo la nutrizione artificiale di neonati in violazione del Codice internazionale per la vendita dei sostituti del latte materno adottato nel 1981 dallOrganizzazione Mondiale della Sanit. La Shell, dal 1995, subisce aspri attacchi per i danni ambientali, la violazione dei diritti umani e la creazione di condizioni di ingiustizia sociale nellOgoniland, regione nigeriana ricchissima di giacimenti petroliferi. Un inusuale rapporto sulla Nigeria redatto dal Referente Speciale delle Nazioni Unite (pubblicato il 15 aprile 1998) accusava tanto il governo nigeriano quanto la Shell di violazioni dei diritti delluomo e di irresponsabilit nella gestione delle risorse naturali.72

Cfr. RIVELLO, Diritto Internazionale dellAmbiente e Diritto Internazionale delleconomia, in PORRO, Studi di Diritto Internazionale dellEconomia, Giappichelli, 1999, Torino, pagg. 183-185.

30

multinazionalizzazione delleconomia. La questione della tutela dei diritti dei lavoratori si pone, con riguardo allattivit delle imprese multinazionali, soprattutto con riferimento ai paesi in via di sviluppo. Nella ricerca di premesse che offrano una maggiore competitivit, le imprese basano infatti le loro decisioni riguardo alla localizzazione delle varie fasi di produzione sul minor costo della manodopera73. E evidente come, nei paesi ove sussiste un elevato grado di povert, disoccupazione, sottosviluppo, le condizioni dei lavoratori siano meno tutelate - tali contesti possono arrivare a configurare situazioni di sfruttamento e condizioni di vita e di lavoro intollerabili-; corrispondentemente, le imprese sono in grado di assumere forza lavoro , e dunque di produrre beni e servizi, a costi minori74. Come avremo occasione di vedere pi dettagliatamente75, lILO individua, nellambito della Dichiarazione Tripartita di Principi sulle Imprese Multinazionali e la Politica Sociale, taluni doveri di comportamento delle imprese multinazionali in materia ovviamente senza che essi possano assurgere a norme vincolanti, stante la natura di strumento tipicamente di soft law della Dichiarazione76 - che attengono alla promozione delloccupazione, alluguaglianza di possibilit e di trattamento, al miglioramento delle condizioni di lavoro, allet minima, alle libert sindacali77.

73

Cfr. MURRAY, Corporate Codes of Conduct and Labour Standards, OIL Working Papers, 1996, pagg. 6 e ss. il quale nota come lo studio di parecchi casi abbia dimostrato che le imprese trasferiscono per lo meno parte della produzione in luoghi dove i costi sono minori. Mattel, per esempio, trasfer la produzione di giocattoli da Hng Kong alla Malesia quando il costo del lavoro crebbe e, non appena i costi aumentarono in Malesia, il 30% della produzione fu delocalizzato in India.74

Cfr. VENTURINI, LOMC e gli Scambi di Merci: Commercio e Diritti Sociali, in LOrganizzazione Mondiale del Commercio,Giuffr, 2000, Milano, pag. 47.75

Cfr. supra, Cap. 2, par. 2.2.3.

76

Cfr. ILO, Dichiarazione Tripartita di Principi sulle Imprese Multinazionali e la Politica Sociale adottata dal Consiglio di Amministrazione. dellILO nel Novembre 1977 ed emendata nel 2001, Ginevra, par.4.77

Cfr. ILO, ibidem, par 13 e ss.

31

Vi infine da sottolineare come le imprese multinazionali possano, attraverso il fenomeno degli investimenti diretti allestero, essere causa di situazioni di dipendenza tecnologica dei paesi pi poveri. Ci pu verificarsi non solo perch molte delle risorse produttive locali materie prime, risparmio, capacit imprenditoriale vengono assorbite da imprese straniere, ma anche perch il paese di destinazione pu essere privato di qualsiasi stimolo alla ricerca, che rimane prevalentemente di competenza del paese investitore. La complessit e limportanza di siffatte tematiche, rende ancora pi impegnativo lo sforzo di avere una visione completa dellimpatto che loperare delle imprese multinazionali pu avere sulla realt, non solo economico-giuridica, ma anche ecologica e, in definitiva, umana del pianeta. 1.3.2 Responsabilit sociale dellimpresa e sviluppo sostenibile La discussione sulla condotta delle imprese multinazionali si oggi arricchita della nozione di responsabilit sociale dellimpresa, il cui concetto pu essere ricollegato al pi generale principio di sviluppo sostenibile. Questo principio postula che le scelte economiche di carattere generale debbano soddisfare talune condizioni: la creazione di ricchezza economica, la compatibilit con lequilibrio ecologico-ambientale presente e futuro, la condivisione dei benefici da parte di tutti i portatori di interessi78. La responsabilit sociale dellimpresa definita dal Libro Verde del 2001 Promuovere un Quadro Europeo per la Responsabilit Sociale delle Imprese della Commissione Europea come lintegrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate79 basata sull idea di unimpresa che sia capace di evolversi coniugando il principio dello sviluppo78

Cfr.FONTANA-CAROLI, La Responsabilit Sociale delle Imprese, in Economia e Gestione delle Imprese, McGraw-Hill, 2003, Milano, pag. 10.79

Cfr. COMMISSIONE EUROPEA, Libro Verde, Promuovere un Quadro Eeuropeo per la Responsabilit Sociale delle Imprese, COM(2001)366 definitivo, 2001, par. 20.

32

sostenibile con lattuazione dei propri obiettivi di profitto ed efficiente allocazione delle risorse produttive, e nel rispetto delle proprie scelte organizzative. Lurgenza del tema della responsabilit sociale dimpresa, che si affermata prepotentemente in particolare dalla fine degli anni 90 - anche in seguito alla presa di posizione di gruppi in seno alla societ civile, nasce da almeno due considerazioni essenziali. La prima attiene al fatto che la questione sociale e quella ambientale richiedono la forte partecipazione di tutti i soggetti della vita economica per essere affrontate efficacemente: anche le imprese multinazionali, proprio per la loro crescente importanza e per il loro diretto coinvolgimento nelle materie in questione, devono farsi carico di queste esigenze. La seconda connessa alla crescente sensibilit che i consumatori cominciano a manifestare, nei comportamenti economici, rispetto alle esigenze etiche e sociali; fattore questo che gli operatori economici incalzati dal controllo mediatico, da unespansione del c.d. consumo etico, da richieste di marchi sociali80 non sottovalutano: il prodotto o servizio offerto da unimpresa infatti, non risulta pi unicamente apprezzato per le caratteristiche qualitative esteriori; il suo valore oggi stimato infatti anche per le caratteristiche non materiali, quali le condizioni di fornitura, i servizi di assistenza e di personalizzazione, limmagine e la storia del prodotto stesso81. La consapevolezza, dei produttori e dei consumatori, circa la centralit di tali aspetti nelle dinamiche competitive sta dunque guadagnando lattenzione degli operatori economici, dacch la "reputazione" diventata un fattore strategico per le aziende: esiste uno stretto legame oggi in termini di mercato tra la corporate financial performance e la corporate social performance.

80

Cfr. PERULLI, ibidem, pag. 300.

81

Cfr.COMMISSIONE EUROPEA, Libro Verde, Promuovere un Quadro Europeo per la Responsabilit Sociale delle Imprese COM(2001)366 definitivo, 2001, par. 11.

33

Vale a dire che una condotta etica dell'azienda, la sua governance, la motivazione data al personale, l'attenzione all'ambiente e l'attivit filantropica, aumentano la percezione positiva dell'impresa e questo si traduce in un vantaggio competitivo82. 1.3.3 Il contesto generale della sfida per una condotta etica delle imprese multinazionali Un breve excursus storico pu essere utile per fornire unidea di come il concetto e lurgenza di condotta responsabile dimpresa si siano evolute negli anni in seno alla comunit internazionale. La questione di un controllo delloperato delle imprese multinazionali ha accompagnato le rivendicazioni, da parte dei paesi di recente decolonizzazione, di un Nuovo ordine economico internazionale nei primi anni 70. Nel clima di crisi del sistema economico internazionale creato dopo la fine della Seconda Guerra mondiale, gli Stati in via di sviluppo, reagendo alla percezione dellinterferenza delle imprese multinazionali sui processi politici locali83, avocavano la propria sovranit permanente sulle risorse naturali, ed insieme lesigenza di monitorare il comportamento delle imprese multinazionali le cui attivit insistevano sui propri territori nazionali. Si imponeva lidea della costruzione di un nuovo ordine economico internazionale - espressione la quale designa in modo sintetico lassetto generale delle relazioni economiche internazionali in un determinato periodo storico84 idoneo a consentire il superamento delle contraddizioni nel82

Cfr. DI MARIA, Corporate Welfare Mix:il Ruolo delle Imprese nel Futuro dello Stato Sociale, in Terre di Mezzo, n. 212, Maggio 2004, disp. online: http://www.terre.it/giornale/articoli/312.html.83

Cfr. DE SCHUTTER, The Challenge of Imposing Human Rights Norms on Corporate Actors, in Transnational Corporation and Human Rights, Oxford, 2006, Portland, pagg. 2-3.84

Cfr. PICONE, Ordine Economico Internazionale, in PICONE-SACERDOTI, Diritto Internazionale dellEconomia, Franco Angeli, 1994, Milano, pag. 155.

34

rapporto tra paesi industrializzati e in via di sviluppo ed a redistribuire pi equamente il potere economico. Nel contesto descritto si collocano i tre atti adottati dallAssemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1974, la Dichiarazione concernente linstaurazione di un nuovo ordine economico internazionale85, il programma di azione concernente linstaurazione di un nuovo ordine economico internazionale86, e la Carta dei diritti e doveri economici degli Stati87. Questi documenti sottolineano tra laltro lesigenza di una valida politica internazionale multinazionali88. E dello stesso periodo (1976) ladozione, da parte dellOECD, delle Guidelines for Multinational Enterprises89,le quali richiedono agli Stati membri, per quanto attiene alla materia in esame, di assicurare un certo livello di controllo sulle attivit delle imprese multinazionali per quanto attiene alle entit che ricadono sotto la loro giurisdizione, anche se la supervisione rimane meramente volontaria e non idonea a condurre alla imposizione di sanzioni. Lanno successivo lILO emana la Tripartire Declaration of Principles concerning Multinational Enterprises and Social Policy, tra i cui scopi quello di encourage the positive contribution which multinational enterprises can make to economic and social progress and to minimize and resolve the difficulties to which their various operations may give rise90. Sempre nel 1977, in seno alle Nazioni Unite cominciano, con listituzione di un apposito Gruppo di lavoro Intergovernamentale nellambito85

di

monitoraggio

del

comportamento

delle

imprese

Cfr. Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Ris. AG 3201 (S-VI) del 1 Maggio 1974. Cfr. Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Ris. AG 3202 (S-VI) del 1 Maggio 1974. Cfr. Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Ris. AG 3281 (XXIX) del 12 Dicembre 1974.

86

87

88

Cfr. Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Ris. AG 3202 (S-VI) del 1 Maggio 1974, par.V.89

Cfr. supra, par. 1.1.1, note n. 8 e 9.

90

Cfr. Consiglio di Amministrazione dell ILO, Tripartire Declaration of Principles concerning Multinational Enterprises and Social Policy, Ginevra, 16 Novembre 1977, par. 2.

35

della UN Commission on Transnational Corporations organo sussidiario dellECOSOC e lausilio dell UN Centre on Transnational Corporations (UNCTC), i lavori per la predisposizione di un codice di condotta per le imprese multinazionali. Come vedremo pi approfonditamente in seguito, le negoziazioni incontrarono fin da subito significativi ostacoli sia di ordine definitorio - in relazione alla nozione di impresa multinazionale (nel Draft Code, Transnational Corporation) - che sostanziale; tanto che, nonostante la stesura nel 1988 di un Progetto di Codice di Condotta91, e gli ulteriori sforzi che si sono rinnovati nel tempo, non si pervenuti alla adozione di un testo definitivo. Non si tratta tuttavia dellunico esempio del fallimento di una iniziativa di codificazione in materia che si sia avuto in seno alle Nazioni Unite. Un altro importante sforzo che non si tradotto in un traguardo ufficiale quello per ladozione di un Codice sul Trasferimento della Tecnologia i cui lavori, iniziati nel 1975 in ambito UNCTAD, non hanno mai superato alcune discordanze di vedute su temi fondamentali, in particolare sui metodi da usare per la risoluzione delle controversie in materia92. Al contrario stata fruttuosa lesperienza che ha portato, nel 1980, alladozione da parte dellUNCTAD di un codice di condotta sulle pratiche commerciali restrittive , il Set of Multilaterally Agreed Equitable Principles and Rules for the Control of Restrictive Practices93, sinteticamente indicato come il Set RPB UNCTAD. Obiettivi di tale strumento , la promozione della concorrenza e dellinnovazione, ed il monitoraggio della concentrazione di potere economico, al fine di to improve efficiency in international trade and to accelerate development; to protect and promote social welfare in general and, in particular, the interests of consumers94.91

Cfr. UN Special Session and Secretary-General, Doc. E/1988/39/Add.1. del 1 Febbraio 1988.92

Cfr. WALLACE, The Role and Function of International Instruments, in Legal Control of the Multinational Enterprises, Nijhoff, 2002, The Hague, p. 1084. 93 Cfr. UN, Doc. TD/RBP/CONF/10 del 2 Maggio 1980.94

Cfr. UNCTAD, Competition and Consumer Policies, in Competition and Trade Related Issues, 2000, Geneva, disp. online:

36

Il dibattito sulla responsabilit delle imprese multinazionali ha conosciuto un ulteriore slancio a partire dalla fine degli anni 90. Nel 1999 infatti lallora Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan propone il Global Compact, una international initiative () universal environmental and social principles95. Tale progetto prospetta, attraverso la forza di unazione collettiva, di promuovere il comportamento responsabile delle imprese, per far s che il settore privato, in collaborazione con gli altri attori sociali, possa contribuire a realizzare la sfida di una economia globale pi sostenibile e partecipata. Come affermato sul sito del Global Compact96, si tratta di una iniziativa meramente volontaria, una piattaforma di confronto per le imprese che accettano spontaneamente di promuovere principi e buone prassi in relazione ai diritti umani, al lavoro e allambiente. Nel 2003, dopo unampia consultazione dei vari portatori di interesse, in particolare della comunit imprenditoriale, viene emanata, dalla Sottocommissione per la Promozione e per la Protezione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, quella che costituisce oggi la pi avanzata normativa in tema di comportamento responsabile dimpresa: la Risoluzione concernente le Norme sulle responsabilit delle compagnie transnazionali ed altre imprese riguardo ai diritti umani97 . Questo documento si presenta essenzialmente come unaffermazione degli obblighi imposti dal diritto internazionale alle imprese in materia di diritti umani; si basa infatti sullidea che anche sulle imprese multinazionali e gli altri operatori commerciale - non solo dunque sugli Stati e la comunit internazionale grava la responsabilit di that would bring companies together with UN agencies, labour and civil society to support

http://r0.unctad.org/en/subsites/cpolicy/english/aboutus.htm.95

Cfr. United Nations Global Compact, What is the Global Compact?, 2006, disp. online: http://www.unglobalcompact.org/AboutTheGC/index.html.96 97

Cfr. United Nations Global Compact, ibidem. Cfr. Sottocommissione per la Promozione e per la Protezione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, 2003, Ris. E/CN.4/Sub.2/2003/12/Rev.2.

37

promuovere e far rispettare i diritti umani.98 Le Norme non hanno carattere legalmente vincolante; integrando uno strumento di soft law, tuttavia esse forniscono alle imprese un codice di condotta moralmente autorevole, il quale goes beyond the notion of voluntary99. Da questa sintetica rassegna si evince quale sia la direzione in cui si mosso e si muove limpegno degli attori internazionali nel campo del controllo della condotta delle imprese multinazionali. Gli strumenti di soft law sono stati individuati da alcune delle maggiori organizzazioni internazionali come gli unici in grado di fissare , o di tentare di fissare, delle linee di comportamento per i grandi operatori economici privati del nostro tempo: il fenomeno dei codici di condotta non vincolanti, se da un lato porta i segni inequivocabili del periodo.-che oggi pu dirsi concluso contrassegnato dalle pi integraliste rivendicazioni dei paesi in via di sviluppo, non manca di rivestire oggi un peso rilevante nello studio dei risvolti socio-economici della attivit delle imprese multinazionali.

In tale ottica deve essere inserita una trattazione che si prefigge di valutare quale siano, alla luce della moderna situazione giuridico-economica internazionale, la portata ed il ruolo che tali dispositivi sono ancora suscettibili di configurare. 1.4 La nozione di codice di condotta 1.4.1 I codici interni o corporate codes of conduct

98

Cfr. Sottocommissione per la Promozione e per la Protezione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, 2003, ibidem, Princ. 1.99

Cfr. KING, The United Nations Human Rights Norms for Business and the UN Global Compact, King Zollinger & Co. Advisory Services, 2004, Zurigo, disp. online: http://www.ohchr.org/english/issues/globalization/business/docs/kingzollinger.pdf.

38

I codici di condotta o linee guida per le imprese multinazionali non hanno una definizione precisa100. Codice di condotta, codice etico o guidelines sono espressioni indifferentemente usate per indicare documenti di natura volontaria, volti a disciplinare le azioni delle categorie di soggetti cui i codici stessi sono indirizzati101. Tuttavia necessario operare una fondamentale e preliminare distinzione tra le due principali categorie entro le quali il fenomeno dei codici di condotta suscettibile di differenziarsi. La prima categoria , che sar oggetto di analisi nel presente paragrafo, individua i codici interni o corporate codes of conduct; la seconda categoria definisce invece i codici di condotta esterni102, o codes of conduct for multinational corporation103. Cominciamo con laffrontare dunque il primo dei suddetti aspetti del fenomeno in esame. Lespressione codice di condotta interno tende ad evidenziare quello che un tratto saliente di questa categoria: lelaborazione del codice da soggetti interni allimpresa. Si tratta quindi in definitiva di strumenti di cui l impresa si dota spontaneamente, e che vengono predisposti dalla stessa per definire gli standards etici che si propone di rispettare e seguire. E necessario operare a questo punto per una ulteriore precisazione, per evitare di confondere il fenomeno in esame con un altro, che presenta col primo taluni punti di contatto: il fenomeno dei codici etici aziendali. Questi ultimi sono piuttosto degli strumenti di gestione aziendale con cui l'impresa tende a esplicitare i tratti essenziali della propria identit attuale e futura, imprimere e consolidare i propri valori, le idee, le priorit, chiarire i100

Cfr. ILO, Bureau for workers activities, Codes of Conduct for Multinationals, disp. online: http://www.itcilo.it/english/actrav/telearn/global/ilo/guide/main.htm.101

Cfr. PERULLI, op. cit., pag. 264.

102

La bipartizione tra codici interni ed esterni viene proposta da COMPADARRICARRERE, Private Labour Rights Enforcement Through Corporate Codes of Conduct, in Human Rights, Labour Rights, and International Trade, University of Pennsylvania Press, 1996, Philadelphia, pagg. 183 ss.103

Per quanto attiene alluso della distinzione terminologica tra corporate codes of conduct e codes of conduct for multinational corporations cfr. ILO, Concept, ibidem.

39

tratti fondamentali del rapporto tra esponenti della propriet e management, prevenire comportamenti illeciti esponendo le norme di comportamento alle quali i lavoratori devono attenersi, chiarire le proprie responsabilit e i comportamenti attesi dagli interlocutori esterni (fornitori, concorrenti, Stato/comunit locale/internazionale, partiti politici ed altri portatori di interesse)104. In tal senso, questo tipo di documenti si avvicinano ai c.d. credo aziendali, quali strumenti di esplicitazione della filosofia aziendale e di diffusione della cultura aziendale di una multinazionale verso le sue filiali estere, nellambito della autonomia necessaria per fronteggiare le diverse caratteristiche socio-ambientali105. Si tratta dunque, in buona sostanza, di strumenti che integrano il prodotto di una autonoma volont di regolamentazione manifestata dalle imprese, laddove invece i codici di comportamento interni sono elaborati - pur se comunque dallinterno e quindi da un soggetto privato - in esecuzione o nelladesione ad una volont o comunque di taluni principi guida, indicati da un soggetto esterno106, che pu essere il legislatore nazionale o internazionale, od una organizzazione variamente configurabile di portatori di interesse. I codici di condotta interni concretano dunque dei codici di condotta privati di impresa multinazionale. Lattributo privato segna una netta linea di demarcazione con il limitrofo concetto di codice di condotta esterno. Se come vedremo nel prossimo paragrafo questultimo tipo rimanda ad unorigine dallalto della disciplina del fenomeno multinazionale, il carattere privato mette, invece, in luce la possibilit di unemergenza dal basso della stessa. Nellun caso a farsi promotori della regolamentazione delle imprese multinazionali sono dei soggetti altri rispetto alle stesse; nellaltro sono dei soggetti privati a configurarsi, ad un tempo, come creatori e destinatari di norme.104

Cfr. ISVI - Istituto per i Valori dImpresa, Il Codice di Comportamento Aziendale, 2006, disp. online: http://www.isvi.org.105

Cfr. BERTOLINI-CASTALDI-LAGO, I Codici Etici nella Gestione Aziendale , Il Sole 24Ore Libri, 1996, Milano, pag. 116.106

Cfr. RIOLO, Etica degli Affari e Codici Etici Aziendali, Edibank, 1995, Milano, pag. 82.

40

I codici in questione si caratterizzano inoltre, come accennato, per la spontaneit della loro iniziativa. N il diritto interno n quello internazionale esibiscono infatti norme imponenti alle imprese multinazionali di autodisciplinarsi dotandosi di un proprio codice di condotta interno: perci corretto parlare di carattere volontario dei codici interni. La volontariet inoltre non circoscritta, come si vedr, alla loro adozione, ma si estende anche alla loro applicazione. Caratteristica strettamente connessa alla volontariet del codice la non vincolativit delle sue norme: sul piano formale, nulla obbliga limpresa multinazionale ad adempiere agli impegni etici assunti. In definitiva con lespressione codice di condotta interno dovr intendersi un documento volontariamente sottoscritto da unimpresa multinazionale e raggruppante norme e principi non vincolanti, adottati in rispondenza ad esigenze provenienti da gruppi di interesse esterni dallimpresa, e tesi a disciplinare la condotta sul mercato della stessa impresa sottoscrittrice in un prodotto privato. Le considerazioni sulla volontariet e la non vincolativit degli strumenti di cui si discute impongono una breve analisi in relazione allambito di applicazione degli stessi.

1.4.1.1 Lambito di applicazione dei codici di condotta interni Il concetto di ambito di applicazione assume, con riferimento alla nozione di codice di condotta interno, una valenza semantica solo in parte coincidente con quella normalmente valida per un qualsivoglia corpus di regole afferenti allordinamento interno o internazionale. Tanto la materia quanto le personae rispetto ai quali un codice di condotta interno dichiara la propria competenza non sono, il pi delle volte, suscettibili di essere chiaramente individuate. Lindeterminazione nella quale sono lasciate chiaro indizio, per taluni commentatori, dellintenzione delle imprese multinazionali

41

di mantenere incerti i margini della propria responsabilit, per cos dire, morale107. La vaghezza non la sola peculiarit della sfera di applicazione dei codici di condotta interni. Esiste almeno un secondo aspetto meritevole di nota, il quale concerne in modo specifico lambito di applicazione ratione personarum. Va precisato che le personae cui un codice volontario indirizza le proprie disposizioni non si configurano quali titolari di formali obblighi e/o diritti. I comportamenti etici che un codice pretende da taluni soggetti non costituiscono degli obblighi in senso stretto, non esistendo, di fronte ad unipotesi di devianza, alcuna autorit terza garante del perseguimento della violazione. In modo analogo, le garanzie che un codice accorda a taluni soggetti non possono essere assimilati a veri e propri diritti; per assurgere a tale rango queste dovrebbero poter essere fatte valere di fronte ad un organo indipendente, abilitato, in caso di accertata violazione, a fornire alla vittima una adeguata tutela giurisdizionale ed eventualmente patrimoniale. Le personae rispetto alle quali un codice etico si dichiara competente rilevano, pertanto, quali destinatarie di norme che limpresa multinazionale interessata pu applicare. Siamo quindi di fronte ad una mera facolt: limpresa non formalmente obbligata verso alcuno dei soggetti rispetto ai quali ha dichiarato di assumere impegni etici. Pi esplicitamente: limpresa multinazionale non obbligata a perseguire le personae inadempienti di fronte alle richieste delproprio codice etico, n obbligata a tutelare quelle cui detto codice accorda garanzie. I codici, in conclusione, non creano formali posizioni giuridiche negative e/o positive n consolidano o potenziano quelle gi create dagli ordinamenti interno e/o internazionale. Lunica vera soggettivit cui essi tautologicamente si connettono resta, di fatto, quella delle imprese che li pongono in essere e dalla cui volont dipendono sin dal momento genetico.

107

Cfr. ZELDENRUST-ASCOLY, Codes of Conduct for Transnational Corporation. An Overview, IRENE (International Restructuring in Industries and Services), Giugno 1998, disp. online: www.cleanclothes.org/codes/overvieuw.htm

42

1.4.2

I codici esterni o codes of conduct for multinational enterprises I codici di condotta esterni sono, come premesso, creati e to some

degree, imposed108 alle imprese multinazionali da parte di soggetti esterni alle stesse. Essi rappresentano in sostanza un tentativo esogeno di regolamentazione indirizzato allimpresa: non sono predisposti dalle imprese, n sono frutto di accordi tra le imprese stesse e le entit che creano i codici; anche se, in alcuni casi, le imprese multinazionali possono essere a vario titolo coinvolte nel procedimento di stesura degli stessi109. I codici in esame devono essere distinti dai framework agreements, accordi conclusi tra organizzazioni sindacali e singole compagnie, con riferimento alle attivit internazionali delle imprese. Questi accordi possono essere di due tipi. In primo luogo, vi sono gli accordi scritti tra imprese multinazionali e organizzazioni sindacali internazionali, che possono avere riguardo potenzialmente a qualsiasi oggetto. Esempi di tali accordi possono essere le intese che stabiliscono doveri di informazione e consultazione a carico delle imprese. In secondo luogo, si individuano i framework agreements tra sindacati ed imprese riguardanti le prassi,in materia di lavoro, seguite dalle imprese, o dalle loro affiliate, succursali o imprese subappaltatrici, in altri paesi. I framework agreements possono essere inclusi nei contratti collettivi e recepiti dagli ordinamenti nazionali. I codici esterni, o codes of conduct for multinational enterprises, possono a loro volta essere suddivisi in sottocategorie, con riferimento ai soggetti che li redigono: avremo cos codici formulati da organizzazioni

108

Cfr. ILO, Bureau for workers activities, Codes of Conduct for Multinationals, disp. online: http://www.itcilo.it/english/actrav/telearn/global/ilo/guide/main.htm.109

Cfr. ILO, Bureau for workers activities, ibidem.

43

internazionali, codici redatti dalle autorit governative nazionali, e codici elaborati da soggetti privati110. La prima di tali sottocategorie comprende documenti applicabili alla generalit delle imprese che presentino determinate caratteristiche, e che abbiano sede legale in uno dei Paesi membri dellorganizzazione che ha adottato il codice. Esempi di tali strumenti sono la Dichiarazione Tripartita dellILO e le Guidelines for Multinational Enterprises dellOCSE. Nella seconda categoria, e quindi nellambito dei codici di condotta redatti da autorit governative , possiamo invece collocare i Model Business Principles, predisposti nel 1995 dallAmministrazione Clinton con lo scopo di fornire un codice di comportamento volontario alle imprese multinazionali degli Stati Uniti che operano allestero, in particolare per quelle che svolgono attivit produttive in Cina. Questo codice, di contenuto piuttosto scarno ed approssimativo111, fu adottato con lo scopo di mettere a tacere le scottanti polemiche che circondano il rapporto fra affari ed etica, tra commercio e rispetto dei diritti112. I codici adottati da soggetti privati organizzazioni o persone fisiche sono quindi innanzitutto, per quanto attiene la prima categoria di soggetti citata, i codici etici di ordini professionali, di categorie di operatori economici, i codici di settore; mentre nellambito dei codici esterni adottati da persone fisiche, si fa riferimento ai documenti predisposti da personalit eminenti, autorit morali, soggetti che si sono impegnati in campagne civili e sociali. Anche in questo caso, e dunque nellambito dei codici esterni o eteronomi, siamo di fronte a strumenti non vincolanti. Codes of conduct for multinational enterprises are recommendations113, afferma il Bureau for Workers Activities dellILO, lorganizzazione che, come abbiamo avuto gi occasione di notare, si fatta promotrice di uno dei pi importanti codici di110

Cfr. PERULLI, op. cit., pag. 265. Cfr. PERULLI, ibidem.

111

112

Cfr. VALSANIA, Norme di Condotta per le Aziende allEstero USA, un Codice Etico per le Multinazionali, in Il Sole 24 Ore del 7 Giugno 1995. 113 Cfr. ILO, Bureau for workers activities, ibidem.

44

condotta esterni per le imprese multinazionali, la succitata Tripartite Declaration of Principles Concerning Multinational Enterprises del 1977114. Anche laddove un codice sia stato sottoscritto da un numero di Stati sovrani, o comunque da entit cui gli Stati abbiano attribuito personalit internazionale, esso non assurge a norma di diritto internazionale, idonea quindi a configurare un effetto vincolante sulle imprese multinazionali che operano in quegli Stati che hanno adottato o ratificato il codice stesso. Dunque, e sempre nelle parole del Bureau for Workers Activities dellILO: codes of conduct for multinational impose no legal, but only moral, obligations on companies, and they are not capable of enforcement by the application of external sanctions. For multinationals, the commitment to the codes is voluntary115.

CAPITOLO 2

ASPETTI

STORICI

E

GIURIDICI

DEL

FENOMENO DEI CODICI DI CONDOTTA PER LE IMPRESE MULTINAZIONALI 2.1 Motivi per un delimitazione del campo di interesse La storia degli sforzi sostenuti, nel corso dei decenni, dai vari soggetti interessati alla tematica del controllo dellattivit delle imprese multinazionali Stati, organizzazioni internazionali, privati per ladozione eteronoma116 di strumenti di soft law capaci quantomeno di indirizzare le suddette imprese verso una condotta etica, sarebbe a dire verso una maggiore attenzione allimpatto sociale ed ambientale del proprio operato, caratterizzata da una evoluzione che ha conosciuto alterne fortune.114

Cfr. ILO, Dichiarazione Tripartita di Principi sulle Imprese Multinazionali e la Politica Sociale adottata dal Consiglio di Amministrazione. dellILO nel Novembre 1977 ed emendata nel 2001.115 116

Cfr. ILO, Bureau for workers activities, ibidem. Cfr. supra, Cap. 1, par. 1.4.2.

45

Tale evoluzione si mossa coprendo uno spettro di pareri ed atteggiamenti ampio come il percorso di un pendolo tra le sue due estreme posizioni di stallo117. Non difficile intuire quali siano le due estreme posizioni cui si fa riferimento. Come stato in precedenza accennato118, lattitudine di quelli che sono stati originariamente i due gruppi di interesse principali nellambito del dibattito sulla regolamentazione delle imprese multinazionali, in particolar modo con riferimento ai vantaggi ed ai rischi degli investimenti diretti allestero i paesi di nuova indipendenza e gli Stati industrializzati esportatori di capitale, o anche: gli Stati ospiti e gli Stati dorigine di tali investimenti passata da posizioni estremamente conflittuali, o meglio di radicale contrapposizione, ad una visione possibilista sulla ipotesi di un confronto reciprocamente costruttivo, fino a conoscere, in epoche pi attuali, una convergenza di vedute. Ci avvenuto anche in seguito allaffievolirsi della in precedenza netta distinzione tra Stati esclusivamente ospiti di investimenti stranieri e Stati che mirano a dislocare nei paesi in via di sviluppo le fasi dei processi produttivi delle proprie imprese. Questo processo di avvicinamento e di ammorbidimento nelle posizioni degli attori del movimento dei codici di condotta per le imprese multinazionali si pu agevolmente ricostruire attraverso lo studio dell evoluzione dei contenuti degli stessi strumenti di soft law adottati, p