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1 Cristian Tozzi Tesi di Laurea Triennale in Tecnologie Agrarie “I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli” Alma Mater Studiorum - Università di Bologna Facoltà di Agraria Corso di Laurea Triennale in “Tecnologie Agrarie” Tesi di Laurea “I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli” Laureando: Relatore: Cristian Tozzi Prof. Agostino Brunelli .......................................... ...................................... ______________________ Anno Accademico 2010/2011

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1 Cristian Tozzi

Tesi di Laurea Triennale in Tecnologie Agrarie

“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”

Alma Mater Studiorum - Università di Bologna

Facoltà di Agraria

Corso di Laurea Triennale in “Tecnologie Agrarie”

Tesi di Laurea

“I Residui di Agrofarmaci

nei prodotti Ortofrutticoli”

Laureando: Relatore:

Cristian Tozzi Prof. Agostino Brunelli

.......................................... …......................................

______________________

Anno Accademico 2010/2011

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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”

Indice generale

Introduzione pag.5

Capitolo 1

Evoluzione dei modelli di difesa fitosanitaria

1.1 Difesa Convenzionale pag.7

1.2 Difesa Guidata pag.8

1.3 Difesa Integrata pag.9

1.4 Difesa Biologica pag.11

Capitolo 2

Gli Agrofarmaci

2.1 Cos’è un agrofarmaco pag.13

2.2 Classificazione degli agrofarmaci pag.14

2.2.1 Classificazione in base all’organismo bersaglio pag.14

2.2.2 Classificazione chimica degli agro farmaci pag.15

2.3 Classificazione dei fungicidi pag.16

2.3.1 I Composti inorganici pag.17

2.3.2 I Composti organici tradizionali pag.17

2.3.3 I Composti organici moderni pag.19

2.3.3.1 Prodotti ad ampio spettro d’azione pag.19

2.3.3.2 Prodotti impiegati contro agenti di marciume pag.22

2.3.3.3 Prodotti specifici per gli Oomiceti pag.23

2.3.3.4 Prodotti specifici per gli agenti di oidio pag.24

2.4 Classificazione degli Insetticidi pag.25

2.4.1 Insetticidi agenti sul sistema nervoso pag.25

2.4.1.1 Insetticidi ad azione sull’assone pag.26

2.4.1.2 Insetticidi ad azione sulle sinapsi pag.27

2.4.2 Insetticidi regolatori della crescita pag.29

2.4.2.1 Inibitori della biosintesi di chitina pag.30

2.4.3 Insetticidi attivi sulla catena di trasporto degli elettroni pag.30

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2.5 Insetticidi di origine naturale pag.31

2.5.1 Nicotina pag.32

2.5.2 Rotenone pag.32

2.5.3 Le piretrine pag.33

2.5.4 Azadirachtin pag.33

2.5.5 Ryanodina pag.34

2.5.6 Sabadilla pag.35

2.5.7 Osservazioni sugli Insetticidi naturali pag.35

2.6 Resistenza dei parassiti agli agrofarmaci pag.36

2.6.1 Strategie antiresistenza per gli Insetticidi pag.37

2.6.2 Strategie antiresistenza per i fungicidi pag.37

Capitolo 3

Registrazione degli agrofarmaci

3.1 Registrazione degli agro farmaci pag.39

3. 2 Procedura Europea di autorizzazione pag.41

3.2.1 Criteri di valutazione pag.42

3.3 Modalità di valutazione del rischio pag.44

3.3.1 Valutazione tossicologica pag.44

3.3.2 Rischio da ingestione a carico del consumatore pag.47

3.4 Decreto di registrazione ed etichetta pag.50

Capitolo 4

Residui di Agrofarmaci negli alimenti

4.1 Origine e definizione di residuo pag.51

4.2 Limite massimo di residuo (LMR) pag.53

4.3 Regolamento CE 396/2005 pag.55

4.4 Fissazione del Limite Massimo dei Residui (LMR) pag.57

4.4.1 Determinazione della Dose Giornaliera Accettabile

e del Limite di assunzione da parte del consumatore pag.58

4.4.2 Valutazione dei residui su base agronomica

e fissazione del LMR pag.60

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4.5 Monitoraggio dei residui e sicurezza alimentare pag.62

4.5.1 Controlli Ufficiali pag.62

4.5.1.1 Controlli ufficiali in Italia anno 2009 pag.66

4.5.1.2 Controlli ufficiali in Italia anno 2010 pag.72

4.5.2 Controlli non fiscali pag.73

4.5.3 Osservatorio Nazionale Residui pag.75

4.6 Precisazioni pag.77

Capitolo 5

Residui di Agrofarmaci e GDO

5.1 Multiresiduo pag.79 5.2 Valutazione del rischio cumulativo pag.81 5.3 Aspetti scientifici pag.82

5.4 I disciplinari di produzione della GDO pag.84

5.4.1 Analisi delle richieste della GDO pag.87

5.4.2 Vincolo del numero di residui ammessi pag.89

Conclusioni pag.95

Rigraziamenti pag.99

Bibliografia pag.100

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Introduzione

Quando migliaia di anni fa l’uomo smise di essere solo cacciatore e raccoglitore e

cominciò a coltivare le piante per soddisfare le proprie esigenze nutritive, ecco che

cominciò ad avere a che fare con tutte le problematiche legate alla difesa delle colture

agrarie dalle malattie e nacque così la difesa delle produzioni vegetali.

Nei secoli l’uomo ha rivolto i suoi sforzi nel combattere le avversità che minacciano

le sue fonti di cibo e la sua salute con i soli mezzi agronomici, meccanici, fisici e

biologici. Non avendo i mezzi oggi a disposizione, l’uomo dovette arrendersi di

fronte ad alcune malattie dei vegetali che furono a volte causa di gravi carestie. Ad

esempio tra il 1845 e 1849 fu un attacco della peronospora della patata in Irlanda a

provocare la “Grande carestia” che decimò la popolazione irlandese da 8 milioni ad

un solo 1 milione di persone. Sebbene la conoscenza e l’impiego di sostanze quali zolfo, rame e arsenico risalga

all’antichità, l’introduzione dei mezzi chimici di sintesi, come mezzi di difesa

sistematica dalle avversità, avvenne solo a metà del secolo scorso, appena terminata

la seconda guerra mondiale.

Da un lato, l’introduzione di queste molecole assieme alla meccanizzazione hanno

permesso l’evoluzione di un’agricoltura e una frutticoltura specializzata ed intensiva

e un incremento, oltre che qualitativo, anche quantitativo delle produzioni agricole

del 20 - 40% (secondo la FAO). L’aumento delle produzioni e il ruolo avuto,

particolarmente in passato, dagli insetticidi nella soluzione a problemi di carattere

sanitario, quali epidemie di tifo e malaria sono aspetti che hanno contribuito anche

alla costante crescita demografica dei giorni nostri.

Dall’altro lato però l’uso degli agrofarmaci espone la popolazione a dosi minime di

fitofarmaci, presenti come residui negli alimenti o come contaminanti nelle acque.

Dosi infinitesimali e irrilevanti in confronto alle esposizioni cui sono sottoposti per

motivi professionali, quel limitato settore della popolazione che si occupa della

produzione, trasporto e applicazione in campo degli agrofarmaci. Ma che tuttavia

sollevano preoccupazioni nei consumatori, ed in particolare di quelli dei paesi

sviluppati.

Sebbene queste preoccupazioni siano assai comprensibili e condivisibili, sono spesso

sovrastimate e strumentalizzate soprattutto da parte di chi informa l’opinione

pubblica. Preoccupazioni che sono fomentate in primo luogo dalla non conoscenza

dei principi e delle procedure che stanno alla base del rilascio della registrazione

degli agrofarmaci e che spiegano il grande divario esistente nella graduatoria tra

rischi reali e rischi percepiti legati agli effetti tossici connessi all’alimentazione ( vedi

Tabella 3.1).

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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”

In secondo luogo queste preoccupazioni sono amplificate dalla confusione generata

dall’emissione di disciplinari di produzione privati da parte della Grande

distribuzione Organizzata ed in particolare di quella europea.

È per questo motivo che con il presente elaborato, frutto di una profonda ricerca e

un’attenta analisi, si intende informare il lettore a proposito di una tematica di grande

interesse attuale e in costante evoluzione, quale quella dei residui di agrofarmaci nei

prodotti ortofrutticoli.

In questa sede si tenta di mettere a disposizione del lettore tutte quelle informazioni

necessarie a comprendere se l’attuale normativa in materia di agrofarmaci e dei

residui ad essi connessi, tutela a sufficienza la salute del consumatore. Inoltre si

tenterà di analizzare e comprendere se i disciplinari di produzione privati, emessi

dalla Grande Distribuzione Organizzata, contribuiscono ad apportare un contributo

significativo a tutelare il consumatore oppure no.

Nei primi due capitoli da considerarsi introduttivi, si riportano gli attuali modelli di

difesa fitosanitaria in base alla rispettiva evoluzione negli anni e l’ampia gamma dei

mezzi chimici a diposizione per controllare le avversità. Questi ultimi sono stati

classificati in base alle modalità d’azione nei confronti del patogeno e principalmente

per gli insetticidi, si è fatta particolare attenzione, più che ai campi d’impiego nella

difesa, ai possibili meccanismi di tossicità potenzialmente in grado di esplicare.

Al capitolo terzo si spiegherà dettagliatamente il complesso iter procedimentale che a

livello europeo, viene applicato agli agrofarmaci affinché siano autorizzati

all’immissione in commercio e al relativo impiego. Vedremo quali sono i parametri

di riferimento e quali sono gli studi tossicologici eseguiti sui formulati, che devono

essere presentati dall’ azienda richiedente l’autorizzazione. Ci renderemo conto

dell’entità dei fattori di sicurezza applicati alle informazioni ottenute nei test

sperimentali di laboratorio nell’ambito della valutazione del rischio.

Nel capitolo successivo dopo aver precisato l’origine e la definizione di residuo di un

agrofarmaco vedremo quali sono i procedimenti e gli ulteriori fattori di sicurezza

applicati nella fase di determinazione dei Limiti Massimi di residuo (LMR) fissati per

legge.

Vedremo inoltre com’è organizzato il sistema dei monitoraggi e dei controlli che

dovrebbero accertare la sicurezza degli alimenti ortofrutticoli a livello nazionale ed

europeo, e analizzeremo i dati e i grafici inerenti ai controlli ufficiali e non ufficiali,

degli ultimi anni con particolare approfondimento dei dati più recenti a disposizione.

Infine all’ultimo capitolo si affronterà una tematica al centro di tanti attuali dibattiti

che vedono protagonisti tutti gli attori della filiera agrochimica, ovvero il

multiresiduo e la preoccupazione che esista la possibilità di interazione tra i diversi

principi attivi presenti nella dieta del consumatore. Tematica molto a cuore delle

associazioni ambientaliste, le cui pressioni nei confronti della Grande Distribuzione

Organizzata hanno portato alla compilazione di disciplinari di produzione che

prevedono restrizioni, in materia di residui di agrofarmaci, molto più severe

dell’attuale normativa europea che si tenterà di analizzare per verificarne la

compatibilità con le problematiche fitosanitarie e fitopatologiche.

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Capitolo1

Evoluzione dei modelli

di Difesa Fitosanitaria

1.1 Difesa convenzionale

Detta anche difesa a calendario, fu la prima metodologia di lotta applicata nel primo

dopoguerra con l’avvento dei primi prodotti chimici di sintesi. Coerente con un

agricoltura di tipo convenzionale è basata su interventi cautelativi programmati su

base prevalentemente fenologica, ripetuti a determinati intervalli senza tenere conto

della presenza del parassita, dell’entità della popolazione e del rischio reale di

sviluppo della malattia. Questa difesa è quindi di tipo preventivo - cautelativo e i

trattamenti successivi al primo vengono ripetuti ad intervalli regolari a seconda della

persistenza dei prodotti e spesso indipendentemente dalla sua necessità.

Con questo metodo di lotta la coltura è sempre protetta dai parassiti e dai patogeni. È

di facile acquisizione e realizzazione in quanto non necessita della conoscenza del

ciclo biologico dei patogeni.

La lotta cautelativa però impone spese aziendali non necessarie oltre che una serie di

effetti collaterali negativi come:

l’insorgere di fenomeni di resistenza da parte degli insetti fitofagi a numerosi

insetticidi. Fenomeno dovuto all’indiscriminato utilizzo di principi attivi con

analogo meccanismo d’azione che permette a gli organismi patogeni la mutazione

e la successiva selezione di ceppi resistenti alla molecola, che anche a seguito di

incrementi dei dosaggi diventano inefficaci.

La creazione di una forte interferenza con gli equilibri biologici con conseguente

trasformazione di specie fitofaghe di secondaria importanza in specie dannose.

La scomparsa o la riduzione di specie utili come antagonisti e pronubi.

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Rischio igienico-sanitario elevato per la salute dell’operatore o degli operatori.

Infine determina maggior inquinamento ambientale dovuto alle levato numero di

trattamenti chimici.

Sebbene ai giorni nostri questo metodo di lotta sia oramai superato, questa

metodologia di lotta è ancora utilizzata nei confronti di alcuni patogeni policiclici i

quali in determinate fasi fenologiche con condizioni ambientali favorevoli possono

provocare danni qualitativi e quantitativi di irrimediabile entità. Tra gli esempi più

significativi citiamo la bolla del pesco che aggredisce piante in fase di allevamento

compromettendone la crescita. La ticchiolatura del melo, la peronospora della vite in

fase di produzione compromettono l’intero raccolto. Ed inoltre tutte quelle malattie

infettive le quali una volta manifestate è troppo tardi per ridurre l’entità del danno,

ragion per cui vengono giustificati trattamenti di tipo preventivo.

Questo tipo di lotta, non proprio ecosostenibile, potrebbe tornare ad essere impiegata

dagli agricoltori per necessità, a seguito dei disciplinari di produzione privati stilati

dalla Grande Distribuzione Organizzata. Ma di questo argomento parleremo a tempo

debito.

1.2 Difesa Guidata

La difesa guidata viene applicata per la prima volta a partire dagli anni 60-70

quando, dopo decenni di difesa di tipo esclusivamente calendarizzato, si prende

coscienza degli effetti secondari dovuti all’applicazione della lotta convenzionale e

all’uso indiscriminato dei prodotti fitosanitari.

Questa metodologia di difesa rispetto quella convenzionale differisce per la diversa

impostazione concettuale che fonda i suoi presupposti non più nel concepire la difesa

fitosanitaria come “distruzione” degli agenti dannosi ma come “controllo” degli

stessi.

Con l’attuazione della lotta chimica guidata si introducono più razionali criteri

decisionali per l’effettuazione degli interventi. Peculiare è l’introduzione della soglia

di intervento o soglia economica d’intervento; questo concetto prevede di

intervenire con un intervento fitoiatrico solo se il danno economico alla produzione

supera il costo del trattamento. Se invece il costo del trattamento è maggiore del

danno si eviterà l’intervento chimico tollerando la presenza del parassita.

Quindi il trattamento va eseguito solo quando le avversità raggiungono una

pericolosità tale da giustificare il costo dell'intervento, che si dovrà constatare grazie

ad una perfetta conoscenza dei cicli biologici dei parassiti e delle piante coltivate.

Affiìnchè questa metodologia di lotta venga applicata è necessario l’impiego di

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sofisticate tecniche di riconoscimento, monitoraggio della popolazione di fitofagi o

campionamento del danno diretto sulla coltura.

In lotta guidata si interviene quindi chimicamente solo in caso di effettiva necessità e

soprattutto nel momento in cui il parassita è più vulnerabile. Permette quindi di

effettuare un minor numero di interventi con benefici di tipo economico, ambientale e

sanitario.

Nonostante ciò fu solo il primo passo verso un’agricoltura più ecosostenibile.

1.3 Difesa integrata

La naturale evoluzione della lotta guidata evolve, negli anni 70-80, nella difesa

integrata che consiste nel controllo degli organismi dannosi utilizzando tutti i mezzi e

le tecniche di lotta disponibili.

Si tratta quindi di un metodo che prevede l’applicazione razionale di tutte le risorse a

disposizione, siano esse di natura biologica, biotecnologica, legislativa, agronomica,

chimica, fisica o meccanica. L’impiego di prodotti fitosanitari contenenti sostanze

chimiche è limitato al minimo indispensabile in quanto applicazione deve rispondere

ad una reale esigenza e necessità di protezione della coltura.

Questo concetto di difesa si è affermato in seguito alla constatazione che l’impiego

ripetuto e quasi esclusivo del mezzo chimico - ed in particolare degli stessi principi

attivi o col medesimo meccanismo d’azione - non solo poteva portare a una graduale

perdita di efficacia del principio attivo per l’instaurarsi nella popolazione di patogeni

di ceppi resistenti, ma determinava anche gravi problemi di inquinamento ambientale,

di residui negli alimenti e di rischio sanitario per chi eseguiva i trattamenti.

Nel decennio che va dal 80-90 la difesa integrata si evolve nel termine più

appropriato di “Produzione integrata”. In questo decennio vengono perfezionate le

strategie per la razionalizzazione degli interventi e i criteri da seguire nell’

applicazione della difesa.

Ai giorni nostri, con le conoscenze e i mezzi tecnici a disposizione, la difesa

integrata è un ottimo criterio per produrre in quantità e qualità. Inoltre se ben

applicata può permettere di ridurre al minimo il livello di residui di agrofarmaci nei

prodotti ortofrutticoli e nell’ambiente.

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Ciò può avvenire attraverso:

Priorità ai mezzi di difesa alternativi, in particolare mezzi agronomici, meccanici,

e biotecnologici come ad esempio la confusione sessuale che ha avuto grande

successo con alcuni insetti.

Riduzione al minimo indispensabile dell’uso di sostanze chimiche, con interventi

solo in caso di estrema necessità e previo constatazione attraverso

campionamento e monitoraggio della popolazione dei parassiti e/o patogeni.

Un uso razionale dei prodotti chimici. Gli interventi vengono effettuati solo nel

caso di superamento della soglia economica di danno e nelle fasi biologiche della

pianta e del patogeno nelle quali è consentita la maggior efficacia della sostanza

attiva impiegata.

Scelta di sostanze chimiche dando la priorità per quelle a basso impatto

tossicologico ed eco-tossicologico.

Scelta di sostanze chimiche caratterizzate da buona selettività nei confronti degli

organismi non bersaglio e che siano facilmente degradabili nell’ambiente.

Scelta della dose appropriata di un agrofarmaco in funzione della pressione della

malattia, dell’intensità dell’attacco o del grado di infestazione.

Ottimizzazione del numero di applicazioni.

Eventuale allungamento dell’intervallo tra ultimo trattamento e raccolta, anche se

il rispetto del periodo di carenza riportato in etichetta sarà sufficiente.

impiegare in maniera alternata nel corso della stagione, o in miscela tra loro, i

diversi agrofarmaci per evitare il manifestarsi di fenomeni di resistenza che

determinerebbero una perdita d’efficacia del principio attivo.

La riduzione dei residui può essere ottenuta quindi attraverso l’integrazione di tutti i

mezzi e metodi di lotta con la valorizzazione dei mezzi alternativi a quelli chimici.

Con un’assistenza tecnica che metta a disposizione le conoscenze necessarie e i

mezzi biotecnologici e biologici adeguati come ad esempio la confusione sessuale

con l’impiego di feromoni.

Inoltre occorrerà utilizzare attrezzature di moderna concezione ed elevata precisione

al fine di effettuare una distribuzione uniforme degli agrofarmaci.

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Con la disciplina e la professionalità degli operatori che verifichino periodicamente

l’efficienza delle attrezzature per l’irrorazione.

L’agricoltura integrata se praticata con professionalità può permettere di produrre

alimenti sani e sicuri con un residuo minimo negli alimenti, tale da non pregiudicare

la salute del consumatore. Ma affinché questo possa continuare a realizzarsi occorre

che i prodotti chimici utilizzati mantengano appieno la loro efficienza. Fatto tutt’altro

che scontato dato che i moderni agro farmaci sono caratterizzati da principi attivi

dotati di meccanismo d’azione specifico, così che se non utilizzati limitatamente e

con criterio perdono piuttosto velocemente la loro efficacia. Soprattutto se impiegati

in maniera ripetuta senza alternanza tra principi attivi dotati di modalità d’azione

diversa.

1.4 Difesa in Agricoltura Biologica

La difesa in agricoltura biologica è praticata da lungo tempo e ha avuto nei primi anni

90 un forte rilancio in quanto considerata una valida alternativa ai metodi di

coltivazione convenzionali e all’impiego degli agrofarmaci. Essa prevede la difesa

fitosanitaria esclusivamente con mezzi biologici, agronomici, biotecnologici,

meccanici e di mezzi chimici esclusivamente di origine naturale.

Gli obiettivi sono complessivamente analoghi a quelli dell’agricoltura integrata che

prevedono la salvaguardia delle risorse e la tutela dell’ecosistema. Differisce quindi

dalla difesa integrata non tanto per i concetti ma per l’approccio operativo e per

mezzi utilizzati.

La difesa è basata prioritariamente sulle misure di prevenzione come ad esempio la

scelta di portainnesti resistenti o varietà tolleranti.

Prevede interventi diretti contro gli insetti e le malattie come soluzione eccezionale

ed esclusivamente con prodotti di origine naturale prevedendo la totale esclusione

dei prodotti chimici di sintesi e prediligendo, quando è possibile, il controllo

biologico delle specie dannose con l’impiego di specie antagoniste.

Gli interventi contro le piante infestanti sono effettuati solo con lavorazioni

superficiali del terreno e con bruciature.

La lotta biologica tuttavia non è un mezzo tempestivo e in grado di controllare ogni

organismo dannoso pertanto è applicabile solo in determinate aree che non

presentano problematiche fitopatologiche particolari e non su tutte le specie

ortofrutticole.

Inoltre alcuni interventi, come quello di introdurre organismi utili, svolge la sua

azione con successo solo se si opera in coltura protetta, altrimenti in pieno campo ha

successo solo se l’intervento ha dimensioni almeno comprensoriali più che aziendali.

Questa pratica deve sostenere maggiori costi dovuti al fatto che la produzione di

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organismi utili è una produzione limitata e quasi artigianale, oltre al fatto che la

maggior parte dei prodotti utilizzabili in lotta biologica sono poco conservabili nel

tempo e da utilizzare con tempestività.

Il controllo delle popolazioni di fitofagi inoltre non è mai immediato al contrario dei

mezzi chimici, tuttavia se l’intervento è ben strutturato è più duraturo nel tempo.

Nonostante negli ultimi anni l’interesse per l’agricoltura biologica e la richiesta di

prodotti biologici da parte dei consumatori siano enormemente aumentati, essi

rappresentano comunque solo una piccola parte dei prodotti freschi commercializzati

in quanto l’entità dei raccolti è molto minore rispetto l’agricoltura integrata. Basti

pensare che la superficie coltivabile necessaria per nutrire la popolazione europea

tramite l’agricoltura biologica dovrebbe aumentare di 28 milioni di ettari, equivalenti

alla copertura forestale di Francia, Germania, Danimarca e Gran Bretagna. Senza

dimenticare che non tutte le specie ortofrutticole si prestano a questo metodo di

coltivazione.

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Capitolo 2

Gli Agrofarmaci

2.1 Cos’è un agrofarmaco

Gli agrofarmaci, chiamati anche antiparassitari, fitofarmaci o pesticidi, sono una

categoria di sostanze a composizione chimica molto diversa, che hanno la capacità di

combattere prevenire e/o curare le infezioni causate ai vegetali da organismi nocivi

quali funghi, batteri, insetti, acari, nematodi, virus, micoplasmi, ecc.,nonché a

contrastare o eliminare le specie vegetali indesiderate.

Essi possono essere inorganici, oppure organici naturali e di sintesi e possono venir

utilizzati in pieno campo, nella fase di conservazione dei prodotti vegetali e anche

come fisiofarmaci per influire sui processi vitali dei vegetali come fitoregolatori e

biostimolanti.

Ogni agrofarmaco è immesso sul mercato sottoforma di formulato ed è composto da

tre componenti essenziali:

Il principio attivo, che è la sostanza che esplica l’azione diretta nei confronti del

patogeno, ed è pertanto dotato di tossicità intrinseca.

i coadiuvanti, che sono sostanze che vengono aggiunte al principio attivo al fine di

migliorare la sua azione e la sua persistenza.

le sostanze inerti, che sono sostanze prive di azione specifica ma con la funzione

di diluire il principio attivo favorendo la buona riuscita della formulazione.

Sebbene l’impiego di agrofarmaci inorganici quali zolfo, rame e arsenico risalga

all’antichità e che alcuni prodotti chimici di sintesi siano stati introdotti negli anni 30

del secolo scorso, la produzione industriale di agro farmaci è nata dopo la seconda

guerra mondiale.

Negli anni 40 vennero messi in commercio insetticidi clororganici come il DDT

brevettato nel 1944. Lo studio e la sperimentazione degli insetticidi organofosforati

era iniziato durante la seconda guerra mondiale a scopi bellici, così che sempre nel

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1944 si scoprì l’attività insetticida del Parathion. E sempre nei primi anni 40 vennero

scoperti i primi erbicidi ormono - simili come MCPA e 2,4-D.

Dal 1945 l’industria degli agrofarmaci si è costantemente sviluppata a livello

mondiale permettendo l’espansione della moderna agricoltura estensiva.

2.2 Classificazione degli Agrofarmaci Gli agrofarmaci possono essere classificati seguendo diversi criteri. Una

classificazione può essere formulata in base:

all’organismo bersaglio cui è rivolta l’azione del principio attivo

al meccanismo d’azione nei confronti del bersaglio

alla struttura o al gruppo chimico

agli effetti sulla salute umana

al rischio

2.2.1 Classificazione in base all’organismo bersaglio

In funzione dell’organismo bersaglio gli agrofarmaci possono essere divisi in :

1. Acaricidi : il principio attivo è diretto ad eliminare gli acari. Gli acaricidi sono

classificati a sua volta in funzione dello stadio di sviluppo dell’infestante che

colpiscono in : principi attivi

principi attivi ovicidi

principi attivi neacidi

principi attivi adulticidi

Generalmente gli acari sono presenti in diversi stadi di sviluppo, quindi per

effettuare un trattamento acaricida efficace è opportuno miscelare vari principi

attivi.

Questa classe di agrofarmaci è molto grande e comprende carbammati,

organofosfati, formamidine, regolatori di crescita e molti altri.

2. Anticrittogamici o Fungicidi: il principio attivo è diretto alla lotta contro i

funghi. Il fungicida può essere di tipo preventivo, curativo o antisporulante

(impedisce la riproduzione). L’azione del fungicida può essere specifica contro un

solo patogeno, o ad ampio spettro cioè rivolta a più patogeni. I fungicidi, in

funzione della loro capacità di penetrare nella pianta ed essere traslocati, possono

essere classificati in:

Fungicidi di contatto

Fungicidi sistemici

Fungicidi citotropici

Fungicidi traslaminari

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3. Diserbanti o erbicidi: utilizzati contro le erbe infestanti. In funzione della loro

capacità di colpire tutte o in parte le specie vegetali presenti, sono classificati in:

Totali

Selettivi

4. Fitormoni o Fitoregolatori: agiscono sulla fisiologia e morfologia dei vegetali

trattati.

5. Insetticidi: esplicano la loro azione tossica nei confronti degli insetti. Anch’essi

come i fungicidi possono essere classificati in relazione al loro comportamento

nella pianta in:

Insetticidi di contatto

Insetticidi sistemici

Insetticidi citotropici

Insetticidi translaminari

6. Nematocidi: utilizzati contro i nematodi.

7. Rodenticidi: utilizzati contro i roditori.

8. Molluschicidi o limacidi: utilizzati contro i limacidi.

2.2.2 Classificazione chimica degli agrofarmaci Dal punto di vista chimico è possibile suddividere gli agrofarmaci in 3 grandi gruppi:

Prodotti inorganici: sono molecole costituite dal elementi inorganici.

Prodotti organometallici: sono prodotti formati da metalli in coordinazione con

composti organici. I composti metallorganici presentano tossicità maggiore rispetto ai

corrispondenti prodotti non organometallici, in quanto negli organometallici sono in

grado di penetrare molto facilmente le pareti cellulari.

Prodotti organici naturali e di sintesi: sono tutti derivati del carbonio. Possono

essere monofunzionali o polifunzionali. I prodotti organici vengono raggruppati

secondo classi omogenee per:

Struttura chimica e proprietà chimico – fisiche: i composti appartenenti alla stessa

famiglia presentano uno o più gruppi funzionali caratteristici che possono

influenzare una serie di parametri di importanza fondamentale: proprietà chimico-

fisiche della molecola, stabilità chimica, meccanismo d’azione, metabolismo,

mobilità, tossicità e degradazione.

Attività Biologica: sono sostanze che hanno meccanismo d’azione uguale. Ad

esempio i composti organofosforati o esteri fosforici sono insetticidi che agiscono

tutti neutralizzando l’acetilcolinaesterasi, un enzima fondamentale per il

trasferimento degli stimoli nervosi da un neurone all’altro. Anche tra i fungicidi vi

sono alcune classi di prodotti che hanno attività biologica simile ma struttura

chimica molto diversa. Ad esempio gli inibitori della biosintesi degli steroli (IBS)

pur appartenendo a famiglie chimiche diverse (triazoli, morfoline, ecc.) hanno lo

stesso meccanismo d’azione inibendo la sintesi degli steroli.

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2.3 Classificazione dei fungicidi

I funghi condividono alcune caratteristiche con piante e animali, ma rispetto a questi

sono filogeneticamente distinti. Sono nucleati e possiedono pareti cellulari ben

definite ma non compiono fotosintesi. La loro riproduzione può essere sessuata o

asessuata.

L'assenza di clorofilla costringe i funghi ad un'esistenza saprofitica o parassitica,

oppure a una combinazione di entrambe, in funzione delle caratteristiche

dell’ambiente che colonizzano e della disponibilità di substrati alimentari.

Come patogeni, i funghi possono infettare animali, incluso l'uomo, insetti, nematodi e

piante.

Nella pianta i fungicidi possono essere mobili o immobili:

Fungicidi sistemici mobili: sono prodotti, capaci di penetrare attraverso lecuticole

fogliari e gli stomi e di raggiungere il simplasto e l'apoplasto. Questi composti

agiscono generalmente su un solo sito d'azione e sono molto efficaci già a bassissime

dosi di applicazione e rimangono attivi nella pianta controllando il patogeno fungino

per lunghi periodi.

Fungicidi di copertura: rimangono aderenti alla superficie della pianta e non sono in

grado di penetrare al suo interno. Una volta raggiunta la superficie della pianta non

possono muoversi se non in seguito ad eventi piovosi che, tuttavia causano una

perdita di prodotto per lisciviazione.

I fungicidi di copertura presentano ampio spettro d'azione e agiscono a livello di più

siti.

I fungicidi Possono essere classificati anche come:

Fungicidi eradicanti: attivi solo contro le strutture tardive del fungo, ossia le

strutture che caratterizzano gli stadi visibili del ciclo vitale fungino;

Fungicidi curativi: attivi contro le strutture di penetrazione tipiche delle prime fasi

dell'infezione fungina;

Fungicidi protettivi: attivi contro le spore di germinazione attraverso l'inibizione

dello sviluppo del tubo germinativo, la formazione e la crescita dell' appressorio.

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2.3.1 I Composti inorganici

Zolfo: L’attività fungicida dello zolfo era già nota ai tempi dei greci, ma la sua

progressiva diffusione per la difesa delle piante risale alla metà del 1800. Questo

fungicida, attivo solo nei confronti dell’oidio, rientra nella categoria dei non

classificati per quanto concerne gli effetti tossici. Ciò vale ovviamente se è stato

eliminato, attraverso opportuni processi di purificazione ogni traccia di selenio.

Prodotto multi sito consentito in agricoltura biologica è molto usato anche in difesa

integrata e convenzionale.

Rame: Il primo dato scientifico sull’efficacia del rame nei confronti di patogeni

fungini risale alla metà del 1700, ma il suo impiego sistematico nella difesa della vite,

sottoforma di poltiglia bordolese, cominciò verso il 1880. Attivo principalmente nei

confronti degli oomiceti e batteri, oggi il rame è utilizzato anche sottoforma di

ossicloruri rameici e idrossidi di rame. Nonostante sia consentito l’impiego anche in

lotta biologica, il rame presenta fenomeni di fitotossicità, ed ha effetti negativi anche

su diverse componenti ambientali: infatti è tossico per i pesci, provoca alterazioni

nella microflora del suolo e nelle popolazioni di lombrichi e carabidi, inoltre essendo

un metallo pesante tende ad accumularsi nelle acque di falda. A seguito di queste

osservazioni l’uso del rame è stato fortemente limitato.

2.3.2 Composti organici tradizionali

Tra i composti organici ad azione inibitoria multisito i gruppi più importanti sono i

ditiocarbammati e i ftalimicidi. Entrambi mostrano ampio spettro d’azione e vengono

utilizzati sia per applicazioni fogliari, sia per trattamenti al suolo e nella concia delle

sementi, in alberi da frutto, vite e colture orticole, specie nelle patate.

Ditiocarbammati: Brevettati come fungicidi nel 1934 sono stati ampliamente

utilizzati in agricoltura dal 1947 con la messa in commercio dello Zineb. È a partire

dalla commercializzazione dei ditiocarbammati che inizia l’era dei fungicidi di sintesi

che ha cambiato profondamente il modo di gestire la difesa fitosanitaria contro le

malattie fungine. Il loro largo impiego è da attribuire all’ampio spettro d’azione (ad

esclusione dell’oidio), alla particolare attività nei confronti degli agenti delle

peronospore, ed alla mancanza di effetti fitotossici sulle piante.

Col tempo, però, sono emersi gli aspetti negativi dell’uso incondizionato dei

ditiocarbammati: l’attività tossica nei confronti degli acari fitoseidi, i rischi

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ambientali e tossicologici hanno comportato una progressiva eliminazione di sostanze

attive appartenenti a questa famiglia chimica.

In Ziram, e Thiram fanno parte di una sottoclasse detta dimetiltiocarbammati nella

quale l'anione è alla base del meccanismo d'azione, mediato attraverso la formazione

di complessi con enzimi contenenti rame o gruppi solfidrici dei quali causano

l'inattivazione. Zineb, Maneb e Mancozeb appartengono ala sottoclasse

etilenbisditiocarbammati (EBDC) i quali esercitano la loro azione convertendosi in

etilene-diisocianato e reagendo in seguito con enzimi contenenti il gruppo

solfidrilico. La tossicità acuta è bassa tuttavia esplicano un effetto tossico per la loro

azione antitiroidea. Gli etilenbisditiocarbammati nei ratti causano tumori tiroidei,

tuttavia sembra che esposizioni basse e di breve durate, come si verificano nell’uomo

a causa dell’attività professionale non determinino questo effetto. I ditiocarbamati

sono in grado di potenziare gli effetti dell’alcool. L’esposizione cronica al Maneb,

che possiede un atomo di manganese nella sua struttura, è stata associata ad una

elevata incidenza di una sindrome parkinsoniana. (Fonte:Galli, 2008)

Ftalimidici o Tioftalimidici: utilizzati per la protezione delle piante a partire dagli

anni 50 sono cronologicamente la seconda famiglia di fungicidi di sintesi.

Appartenenti a questa famiglia, Captan, e Folpet reagiscono di preferenza con il

gruppo solfidrico degli enzimi, ma possono anche attaccare i gruppi amminici

inibendo anche enzimi privi del gruppo solfidrico. Caratterizzati da un ampio spettro

d’azione sono stati penalizzati dalla classificazione tossicologica per la loro

somiglianza al talidomide, un tranquillante noto per il potente effetto teratogeno.

Tuttavia per Captan e Folpet i recenti studi tossicologici escludono qualsiasi effetto

teratogeno e cancerogeno nell’uomo.

Chinoni: Dithianon è un prodotto dotato di una buona persistenza, ad ampio spettro,

oggi molto utilizzato per la ticchiolatura del melo.

Nitrili: Chlorothalonil è un prodotto a spettro molto ampio e dotato di una notevole

persistenza, molto utilizzato a livello mondiale, in Italia penalizzato dalla

classificazione tossicologica.

Dinitrofenoli: Dinocap sospeso in Italia per motivi tossicologici recentemente

sostituito da un suo derivato: Meptyldinocap. Unico prodotto della prima generazione

di fungicidi ad azione specifica contro il solo oidio. Primo concorrente sintetico dello

zolfo, come quest’ultimo oggi sopravanzato da molti recenti, più efficaci antioidici.

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2.3.3 Composti organici moderni

Hanno ormai interessato tutti i settori di difesa, affiancandosi e in parte sostituendo i

prodotti tradizionali per la loro maggiore efficacia complessiva ma sono

costantemente minacciati dal rischio di resistenza da parte dei patogeni a causa del

meccanismo d’azione specifico.

2.3.3.1 Prodotti ad ampio spettro d’azione

Guanidine: tra questi la Dodina. Introdotto all’inizio degli anni ’60 fu il primo

fungicida penetrante. È diventato un prodotto storico nella evoluzione della difesa

antiticchiolatura sul melo, oggi riposizionato principalmente sulla bolla del pesco.

Benzimidazoli: Messi a punto tra il 1964 e 1970 sono i primi fungicidi in grado di

penetrare all’interno della pianta. Ad ampio spettro d’azione ad esclusione degli

oomiceti, ebbero un rapido successo su cereali, vite, fruttiferi, ornamentali, ecc..

Successivamente la selezione di ceppi resistenti che ne ha compromesso l’efficacia e

gli aspetti tossicologici hanno provocato il declino dei benzimidazoli. Tra questi il

Benomyl (BENLATE), Carbendazim (BAVISTIN) oggi revocati, mentre l’unico

prodotto rimasto è Thiabendazole per il post raccolta di agrumi e pomacee.

Tiofanati: assimilabili ai benzimidazoli ma meno coinvolti nelle problematiche

tossicologiche. Unico prodotto di questo tipo disponibile per trattamenti in

vegetazione è il Thiofanate methyl (ENOVIT Metile).

Dicarbossimidici: Famiglia protagonista negli anni ‘80 e ‘90 nel settore della difesa

antibotritica e nel caso del Procymidone nella difesa alla maculatura bruna del pero.

Oggi fortemente ridimensionati dalla revisione europea per motivi tossicologici ne è

rimasto uno solo. È Iprodione utilizzato contro alternariosi.

Anilinopirimidine: Famiglia che ha affiancato a fine anni ‘90 i dicarbossimidici

nella difesa dagli agenti di marciume, sostituendoli progressivamente insieme ad altri

principi attivi.

Fenilamidi: commercializzate circa 20 anni dopo la comparsa dei benzimidazoli,

sono agenti delle peronospore. Attualmente ne sono rimaste 2 in commercio:

Metalaxil-M e benalaxil-M.

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Inibitori della biosintesi degli steroli (IBS): Gli steroli, derivati dei

terpeni, sono diffusi e molto numerosi nelle membrane cellulari degli Eucarioti, alla

quale conferiscono stabilità e permeabilità.

L'ergosterolo, sintetizzato a partire dall'acetil-CoA, è lo sterolo peculiare dei funghi e

ha un ruolo essenziale nel mantenimento della funzionalità della membrana cellulare

tanto che la riduzione della sua disponibilità porta alla formazione di membrane poco

stabili e facilmente rompibili. L'ergosterolo è sintetizzato da tutti i funghi ad

eccezione degli oomiceti in cui il percorso biosintetico è totalmente assente.

Questa caratteristica spiega il numero limitato di IBS efficaci contro gli oomiceti

quali la Plasmopara viticola e la Phytophtora infestans.

Tuttavia gli IBS - introdotti tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli 80 - sono

fungicidi ad ampio spettro d’azione molto efficaci sugli agenti di oidio ed attivi

contro le patologie causate da Ascomiceti e Deuteromiceti.

Sono generalmente mobili all'interno della pianta e, in alcuni casi, sono in grado di

raggiungere qualunque parte della pianta spostandosi in fase di vapore ed esplicando

azione curativa, eradicante e protettiva.

Sono suddivisi in 3 gruppi in funzione degli enzimi coinvolti:

Gruppo I

Le famiglie chimiche più importanti di questi fungicidi sono:

Pirimidine: Fenarimol

Imidazoli: Imazalil, Prochloraz

Triazoli: principale famiglia chimica degli IBS, oggi in parte ridimensionata dalla

scoperta di altri importanti gruppi di fungicidi, oltre che dallo sviluppo di resistenze.

Ad ampio spettro ma per la maggior parte ad attività antioidica. I principali sono

Ditertanol, Propiconazole , Penconazole (TOPAS), Tebuconazole (FOLICUR),

Fenbuconazole, Triticonazole, Difenoconazole e Tetraconazole.

Tanti altri p. a. sono stati ritirati nell’ambito della revisione europea.

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Gruppo II

Prima della comparsa di resistenze dei funghi nei confronti dei fungicidi Triazolici, i

fungicidi attivi a livello di inibizione della isomerasi e della reduttasi rivestivano un

ruolo di importanza marginale a causa del loro limitato spettro d'azione.

Sono rappresentati da tre gruppi di composti:

Morfoline: Dodemorph specifico per l’oidio della rosa;

Piperidine: Fenpropidin;

Spiroketalamine: Spiroxamina.

L'inibizione dell'azione degli enzimi isomerasi e reduttasi richiede un'interazione tra

la carica negativa presente sui siti attivi dei due enzimi e la carica positiva dell'atomo

di azoto del ciclo presente nelle morfoline e nelle piperidine.

Gruppo III

La famiglia più importante è quella degli idrossianilidi:

Idrossianilidi: fenhexamid (TELDOR) specifico per gli agenti di marciumi come

botritys e monilia.

Inibitori dell’ ubiquinolo ( QI )

Recente raggruppamento (di fine anni 90), chimicamente eterogeneo ma accomunato

dal meccanismo d’azione, diretto specificamente sul complesso III della catena

respiratoria (ubiquinolo = Q). Ciò conferisce loro una attività antigerminativa analoga

a quella dei fungicidi tradizionali, ma anche un elevato rischio di resistenza.

Hanno spettro d’azione tendenzialmente ampio e sono dotati generalmente di

capacità penetrante con traslocazione più o meno marcata, ma in grado di permanere

parzialmente in superficie per la loro affinità con le cere epicuticolari.

Sono suddivisi in due sottogruppi, in base al punto di attacco dell’enzima bersaglio:

parte esterna (outside) = QoI

parte interna (inside) = QiI

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QoI

Analoghi delle strobilurine: Comunemente chiamate strobilurine sono introdotte nel

mercato a fine anni 90. Hanno un profilo eco-tossicologico favorevole, in quanto la

tossicità nei confronti delle varie componenti biotiche dell’ambiente è ridotta e molto

rapida è la degradazione dei residui nel suolo e nelle acque. Purtroppo sono soggette

ad un rapido sviluppo di resistenze da parte dei patogeni che costringe ad una

notevole riduzione del numero di trattamenti durante l’anno e da somministrare in

miscela con altri prodotti. Possono essere a spettro d’azione molto ampio compresi

oomiceti: Azoxystrobin, Pyraclostrobin, Fluoxastrobin. Mentre a spettro d’azione

ampio ad esclusione degli oomiceti sono: Kresoxim-methyl, Trifloxystrobin.

Ossazolidinedioni: Famoxadone è un prodotto non penetrante contro peronospore e

alternarie.

Imidazolinoni: Fenamidone attivo nei confronti delle peronospore.

QiI

Cianoimidazoli: sono fungicidi attivi contro gli oomiceti: Cyazofamid.

Carbossamidi: Famiglia introdotta negli anni 60, con il Carboxin che storicamente

fu il primissimo sistemico. Introdotto invece nei primi anni del 2000 il Boscalid è

molto utilizzato contro gli agenti di marciume come botritys e monilia. Agisce

attraverso il blocco del complesso II della catena respiratoria: succinato. Anch’essi a

rischio di sviluppo di resistenza.

2.3.3.2 Prodotti impiegati contro agenti di marciume

Dicarbossimidici: Famiglia protagonista negli anni 80 e 90 nel settore della difesa

antibotritica e non solo. Molto impiegato era il Procymidone sulla maculatura bruna

del pero. Oggi eliminato il Procymidone è rimasto solo Iprodione.

Anilinopirimidine: Famiglia che ha affiancato a fine anni 90 i dicarbossimidici nella

difesa dagli agenti di marciume, sostituendoli progressivamente insieme ad altri p.a.

come: Pyrimethanil, Mepanipyrim, prevalentemente contro botrite. Cyprodinil anche

contro ticchiolatura del melo.

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Fenilpirroli: molecola di sintesi analoga alla pirrolnitrina che è prodotta da uno

streptomicete. Il Fludioxonil (SCHOLAR) è utilizzato contro marciumi post-raccolta

kiwi e lo SWITCH in miscela con cyprodinil contro botrite su varie colture.

2.3.3.3 Prodotti specifici per gli Oomiceti

Raggruppamento molto importante, costituitosi a partire dai primi anni 80 con le

prime tre famiglie sottoindicate, che ha rivoluzionato la lotta contro le peronospore ed

altre malattie da oomiceti.

Prodotti per la maggior parte in grado di penetrare e traslocare più o meno nei tessuti

e di persistere più a lungo dei tradizionali antiperonosporici di copertura come rame e

ditiocarbammati. A causa del meccanismo d’azione tendenzialmente specifico sono

più o meno coinvolti nel rischio resistenza e richiedono l’impiego secondo idonee

strategie per ridurre il rischio. Nella maggior parte dei casi utilizzati in miscela con

altri prodotti.

Acetammidi: Cymoxanil (CURZATE), unico prodotto a breve persistenza.

Etilfosfiti: Fosetyl-Aluminium o Fosetyl-Al (ALIETTE), unico fungicida sistemico

sia acropeto che basipeto, dotato di un duplice meccanismo d’azione diretto sul

patogeno e indiretto per stimolazione delle reazioni di autodifesa della pianta. Molto

utilizzato in viticoltura.

Fenilamidi: Metalaxyl, Metalaxyl M, Benalaxyl, Benalaxyl M .

Carbammati: Propamocarb molto utilizzato per i patogeni terricoli.

Benzamidi: Zoxamide non penetrante, buona persistenza grazie alla affinità con le

cere.

Acilpicolidi: Fluopicolide formulato in miscela con Fosetyl-al oppure miscela con

Propamocarb.

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CAA (Amidi dell’acido carbossilico):

Raggruppamento di recente costituzione, comprendente diverse famiglie chimiche

con analoghi spettro di efficacia, meccanismo d’azione e rischio di resistenza. Non

attivi sui patogeni terricoli sono dotati di capacità penetrante, con traslocazione

citotropica e trans laminare ma non sistemica.

Amidi acido cinnamico: Dimethomorph

Valinamide carbammati: Iprovalicarb (MELODY), Benthiavalicarb valifenalate

Mandelamidi: Mandipropamid

2.3.3.4 Prodotti specifici per gli agenti di oidio

Idrossipirimidine: Bupirimate usato su vite, fruttiferi e orticole.

Fenossiquinoline: Quinoxyfen utilizzato su vite, fruttiferi e orticole.

Quinazolinoni: Proquinazid impiegato su vite.

Benzofenoni: Metrafenone anch’esso impiegato su vite

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2.4 Classificazione degli Insetticidi

Gli insetticidi, così come gli altri agrofarmaci, possono seguire diversi schemi di

classificazione.

Dal punto di vista funzionale possiamo distinguere prodotti attivi :

per contatto;

per ingestione;

per inalazione.

Il meccanismo d’azione degli insetticidi può essere descritto dal punto di vista

anatomico, fisiologico e biochimico. Possiamo distinguere:

prodotti attivi sul sistema nervoso;

prodotti attivi sulla biosintesi della chitina e che controllano la muta degli insetti;

mediatori chimici, cioè molecole che mediano la comunicazione tra insetti e tra

piante;

prodotti agenti sulla catena di trasporto degli elettroni.

2.4.1 Insetticidi agenti sul sistema nervoso

Le unità fondamentali del sistema nervoso animale sono le cellule nervose o neuroni ,

composte da un corpo cellulare fornito di nucleo che presenta fitte e corte

ramificazioni perimetrali riceventi, i dendriti, che si prolungano con un filamento

trasmittente detto assone. L'insieme degli assoni formano i nervi.

Il sistema nervoso è costituito da una successione di neuroni contigui, in rapporto tra

loro mediante delle terminazioni. Il punto di connessione di un assone con il dendrite

o con l'assone del neurone successivo si chiama sinapsi.

La trasmissione dell'impulso nervoso lungo l'assone è elettrica e diviene chimica solo

a livello delle sinapsi. In alcune sinapsi il neurotrasmettitore è costituito

dall'acetilcolina mentre in altre è la noradrenalina.

Molte famiglie di insetticidi agiscono sul sistema nervoso interferendo con la

trasmissione dell'impulso nervoso lungo l'assone o a livello delle sinapsi.

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2.4.1.1 Insetticidi ad azione sull’assone

La trasmissione dell'impulso nervoso lungo l'assone del neurone avviene in seguito

alla variazione di potenziale elettrico. Questo fenomeno elettrochimico è dovuto alla

temporanea depolarizzazione della membrana sotto una soglia critica, la cui

permeabilità consente il trasferimento di ioni Na e K dall'interno verso l'esterno e

viceversa, con conseguente modifica del potenziale di membrana.

Piretroidi: sono una classe di composti di sintesi analoghi alle piretrine, costituenti

naturali dei fiori di Tanacetum cinerariifolium. Come le piretrine naturali, agiscono a

livello della membrana dell'assone determinando l'apertura permanente dei canali del

sodio e la depolarizzazione permanente della membrana, creando scariche successive

su una stessa ipopolarizzazione. La loro caratteristica principale è la ridotta tossicità

nell'uomo e nei mammiferi in genere, contrapposta all'elevata tossicità nei confronti

degli insetti. L'esposizione professionale ai piretroidi causa solitamente una dermatite

da contatto ed una sensazione temporanea di bruciore alla pelle, sintomi che

scompaiono velocemente una volta che il contatto con essi viene interrotto.

Fenvalerate il primo piretroide di sintesi, immesso nel mercato nel 1978, oggi

revocato.

Organoclorurati: Gli organoclorurati si possono dividere in 3 gruppi:

Fenilparaffine

Cicloparaffine

Fenilpentadieni.

I prodotti appartenenti al gruppi delle fenilparaffine (DDT, Metoxychlor, ecc.)

agiscono per contatto attraverso il tegumento, i pulvilli e gli organi sensoriali posti su

tarsi e pretarsi dell’insetto, impedendo la formazione dell'epicuticola.

I prodotti agenti sul sistema nervoso centrale appartenenti ai gruppi delle

cicloparaffine (Endosulphan, BHC, ecc.) e dei fenilpentadieni (Aldrin, Dieldrin,

Endrin, ecc.) agiscono invece sulla trasmissione dell'impulso elettrico: riducono la

velocità di estrusione degli ioni potassio causando un aumento del potenziale di

membrana con una continua trasmissione di impulsi nervosi fasulli lungo l'assone.

L'insetto presenta in un primo momento una fase di eccitazione che si manifesta

dapprima con movimenti coordinati a cui seguono movimenti scoordinati, spesso con

rovesciamento dell'insetto sul dorso e incapacità di riprendere la posizione normale.

Si osservano anche casi di autotomia e, nella fase finale, si sviluppano contrazioni

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tetaniche e spasmi seguiti da paralisi e morte per asfissia. Negli insetti agiscono sia

per ingestione che per contatto, ma sempre a livello delle fibre nervose sensoriali.

Da studi effettuati su roditori si è visto che alcuni insetticidi organo clorurati sono

sospetti cancerogeni, queste evidenze, otre al fatto che sono molto persistenti

nell'ambiente, hanno contribuito a vietarne l'uso di quasi tutti questi composti (ultimo

tra questi l’Endosulfan nel 2011). Il DDT è il primo ad essere stato inventato e il

primo ad essere stato eliminato per l’elevata persistenza nell’ambiente e per gli effetti

mutageni e cancerogeni sui ratti da laboratorio. Tuttavia non è mai stato dimostrato di

essere mutageno e cancerogeno per altre specie animali e comunque vi è mai stata

evidenza di un suo potenziale cancerogeno nell'uomo. Studi più recenti dimostrano

però che questi composti siano dei “distruttori endocrini” e a certe dosi possono

quindi interferire con la fertilità.

2.4.1.2 Insetticidi ad azione sulle sinapsi

La trasmissione dell'impulso nervoso a livello delle sinapsi è legata all'attività di

neurotrasmettitori chimici. Nelle terminazioni pre-sinaptiche esistono delle vescicole

contenenti acetilcolina che, liberata nello spazio intersinaptico, stimola i recettori

proteici collocati nella membrana delle terminazioni post-sinaptiche, permettendo la

trasmissione dell'impulso nervoso.

Le molecole di acetilcolina si fissano in tempi molto rapidi sui recettori stimolando

l'apertura del canale e il passaggio nei due sensi degli ioni Na e K con conseguente

variazione del potenziale della membrana post-sinaptica.

L'eccitazione dell'acetilcolina cessa molto rapidamente per azione dell'enzima

acetilcolinaesterasi che idrolizza le due molecole di acetilcolina fissate su ciascun

recettore, determinando la chiusura del canale ionico.

Insetticidi organofosforati: Derivano dai gas nervini e furono scoperti e sintetizzati

per la prima volta nel 1937 dalla Bayer in Germania nel corso di ricerche volte

all'ottenimento di nuove armi chimiche. La notevole efficacia, l'ampio spettro

d'azione e l'elevata tossicità acuta favorirono la loro rapida diffusione. La

degradazione nell'ambiente è in funzione della temperatura e del pH. Elevate

temperature (che si realizzano in campagna nei mesi estivi) ed elevati pH rendono gli

oganofosforici assai labili, ciò vale specialmente per le molecole relativamente

nuove.

Agiscono a livello sinaptico legandosi con l'enzima acetilcolinaesterasi e svolgono

un'azione inibitoria dell’ acetilcolina impedendo cioè l'idrolisi dell'acetilcolina che,

accumulandosi nello spazio intersinaptico, blocca la trasmissione dell’ impulso

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nervoso e di conseguenza non permette l'interruzione dello stato di eccitazione della

membrana post-sinaptica. Sono insetticidi che agiscono per contatto.

Essendo fortemente lipofili i fosforganici agiscono sia per contatto che per inalazione

che per ingestione. Sono quindi sostanze che facilmente permeano la barriera cutanea

anche nell'uomo quindi il rischio di intossicazioni per esposizioni professionali è

molto elevato. Diversi sistemi enzimatici propriamente epatici, sono implicati nel

metabolismo di detossificazione degli organofosforici. Oltre agli enzimi del

citocromo P-450 esistono altre importanti vie di detossificazione quali quella della

glutatione transferasi, della carbossiesterasi, e della paraoxonasi. Tuttavia sebbene il

fegato eserciti un ruolo primario nel metabolismo degli organofosforici, non si deve

trascurare che l'attivazione metabolica in alcuni organi bersaglio (polmone e cervello)

può contribuire alla tossicità di questi composti. Fortemente ridimensionati dalle

recenti normative, i fosforganici storici come Parathion, Dichlorvos, Mevinphos,

ecc.sono stati revocati. Tra i pochi ancora ammessi ci sono Malathion, Clorpirifos e

Clorpirifos-metil.

Carbammati: La loro azione sulla trasmissione degli implusi nervosi si esplica con

l'inibizione dell'attività dell' acetilconaesterasi con meccanismi diversi da quelli dei

fosforganici. I carbammati infatti non reagiscono chimicamente con l'enzima, ma lo

inibiscono per sostituzione, agendo in competizione con esso a causa di un'analogia

strutturale. I carbammati interagiscono con il sito esterasico dell'acetilcolinaesterasi

in modo simile al substrato naturale: nel sito esterasico l'ossigeno della serina

reagisce con il gruppo carbonilico del principio attivo dando luogo a un intermedio di

reazione carbamilico invece che acetilico, con la formazione di un legame covalente.

L'intermedio enzimatico carbamilato così formato si dissocia molto più lentamente di

quanto accade a quello acetilato, causando un accumulo di acetilcolina nello spazio

intersinaptico.

Gli studi tossicologici confermano che i carbammati non causano neurotossicità

ritardata sull'uomo e non si hanno evidenze definitive di effetti genotossici o

cancerogeni, sebbene il carbaryl in presenza di acido nitroso possa formare

nitrosocarbaryl, che è cancerogeno. (Fonte: chiesara 2008). Tanti altri sono i revocati

oltre Carbaryl . Tra quelli ancora impiegabili il Pirimicarb.

Formammidine: Questi insetticidi come ad esempio il Chlordimeform e Amitraz,

inibiscono la monoammino-ossidasi, l’enzima responsabile della degradazione della

noradrenalina. Entrambi revocati.

Nicotine: Rappresentano un gruppo recente di insetticidi che si è iniziato a studiare

negli anni 80. Pur agendo a livello delle sinapsi, non svolgono un'azione anti-

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acetilcolinesterasica, ma si comportano come mimetici o antagonisti dell'acetilcolina.

Si tratta dei composti neonicotinoidi o cloro nicotinici come ad esempio

l’Imidacloprid e Acetamiprid che sostituendosi all'acetilcolina, si legano in maniera

permanente con i recettori proteici, provocando l'apertura permanente dei canali

ionici e, anche in questo caso, determinando una condizione di eccitazione

permanente della membrana post-sinaptica, bloccando di fatto il passaggio degli

impulsi nervosi. Attualmente sotto osservazione per i probabili effetti negativi nei

confronti delle api bottinatrici

2.4.2 Insetticidi regolatori della crescita

Gli insetti attraversano numerosi stadi di crescita nel passaggio da uova ad adulti,

molto spesso, la lotta alle uova o alle forme larvali risulta favorita rispetto alla lotta

agli adulti.

Gli insetticidi attivi sulla biosintesi di chitina, detti anche regolatori di crescita, sono

attivi verso un ampio numero di insetti e acari tuttavia, le specie più sensibili sono

quelle che crescono molto rapidamente e che sono soggette a frequenti mute come i

lepidotteri.

Dal momento che questi composti presentano scarsa attività per contatto e devono

essere ingeriti per poter esplicare il loro effetto, sono relativamente sicuri per gli

insetti utili e largamente raccomandabili nell'ambito di strategie di lotta integrata.

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2.4.2.1 Inibitori della biosintesi di chitina

La chitina è un polimero di N-acetilglucosamina. Si conosce ancora molto poco sulla

biosintesi della chitina, sui meccanismi d'azione degli insetticidi che perturbano

questa sintesi e sui meccanismi ormonali che la regolano.

Dal punto di vista chimico, gli ormoni che controllano lo sviluppo degli insetti si

dividono in tre gruppi:

Peptidi;

Steroidi;

Isoprenoidi.

I neurormoni peptidici controllano la produzione di ecdisone mentre gli ormoni

steroidei controllano le ghiandole protoraciche che danno inizio alla muta.

I primi composti conosciuti inibenti la sintesi della chitina sono stati due insetticidi:

la Polyoxina D, un antibiotico che inibisce l'enzima chitinasintetasi e la Chitazina che

modifica la permeabilità delle membrane citoplasmatiche all' UDP-N-

acetilglucosammina impedendogli di raggiungere l'enzima intracellulare che controlla

la sua incorporazione nella chitina.

Aciluree: Agiscono per inibizione della sintesi della chitina e manifestano la loro

attività su uova e stadi immaturi degli insetti fitofagi. Il loro meccanismo d'azione

non è ancora del tutto chiaro ma si sa per certo che agiscono a concentrazioni

bassissime. Molto noti il Diflubenzuron e Teflubenzuron.

2.4.3 Insetticidi attivi sulla catena di trasporto degli elettroni

Molti dei primi insetticidi di sintesi scoperti esplicano la loro azione come

disaccoppianti attraverso l'inibizione della fotofosforilazione ossidativa.

Questo significa che agiscono come disaccoppianti della catena di trasporto degli

elettroni per la produzione di ATP. Uno di questi è il Rotenone.

Dinitrofenoli: Sugli insetti esplicano un'azione caustica per contatto a carico dei

tegumenti cuticolari e interferenze nella respirazione.

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2.5 Insetticidi di origine naturale

Come sappiamo bene la scoperta del DDT segnò l'inizio dell'utilizzo dei prodotti di

sintesi nel campo del controllo dei parassiti in agricoltura e in ambito civile. In pochi

anni la facilità d'uso, la persistenza e l'efficacia dei prodotti di sintesi misero

completamente fuori mercato i pesticidi naturali usati fino ad allora.

A partire dagli anni 1980 hanno incominciato a diffondersi le produzioni biologiche

che avevano come obiettivo principale la difesa delle colture con mezzi unicamente

naturali, quindi con l'esclusione di concimi e pesticidi di sintesi. In questo modo

venivano fortemente rivalutati i vecchi pesticidi naturali utilizzati prima dell'avvento

della chimica di sintesi. In pochi anni le produzioni biologiche si sono diffuse

notevolmente in Italia raggiungendo nel 2006 una superficie di quasi un milione e

centomila ettari pari a circa il 7 % della superficie agraria utilizzabile ( SAU ) .

La difesa biologica è considerata da molti l’unica alternativa per una agricoltura più

sostenibile e in grado di ridurre il livello di residui negli alimenti di origine vegetale.

Tuttavia pochi consumatori sono pienamente a conoscenza che il sistema di

produzione biologico prevede comunque il ricorso a trattamenti con alcune sostanze

chimiche di sintesi, con l’unico vincolo che siano di origine naturale. Ad esempio il

rame, che è un metallo pesante ampliamente utilizzato in lotta biologica come

battericida e fungicida, recentemente è stato fortemente limitato per la constatazione

che tende ad accumularsi nell’ambiente. Tra gli insetticidi di origine naturale presenti

nel mercato mondiale si annoverano i prodotti riportati in tabella insieme ai relativi

dati tossicologici (DL 50 orale).

Insetticida Tossicità

(DL50 orale, mg/kg)

Nicotina 50 – 60

Rotenone 60 – 150

Ryania 750 – 1200

Piretro 1200 – 1500

Linalolo 2400 – 3180

Sabadilla 4000 – 5000

Limonene >5000

Azadirachtin >5000

Tabella 2.1: Dati tossicologici di alcuni insetticidi di origine naturale

(Fonte: Trevisan e Gennari 2008)

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2.5.1 Nicotina

La nicotina è un’ alcaloide naturale presente principalmente nella pianta del tabacco.

Presente anche in amarantacee e solanacee come pomodoro, melanzane, peperone e

patata è uno dei più tossici alcaloidi che si conoscano. Oltre ad essere una sostanza

stupefacente, è un potente veleno che ha trovato largo impiego anche in agricoltura

biologica come insetticida. Quando è inalato a piccole dosi attraverso la sigaretta

( tenendo in considerazione che durante la combustione la maggior parte è distrutta

dal calore ) la nicotina può avere un’ effetto stimolante e rilassante sull’organismo.

Ma l’assunzione orale della nicotina può avere effetti sconvolgenti: la DL 50 per il

ratto è 50- 60 mg/kg, questo significa che la dose letale per l’uomo è considerata 0,5

– 0,6 mg/kg. Quindi 10 mg possono provocare la morte in un bambino e 60-65 mg

possono provocare la morte di un soggetto adulto. (Fonte: G. Arnao, La droga

perfetta 1983). Attualmente in Italia e in Europa la nicotina, per uso insetticida, non è

autorizzata.

2.5.2 Rotenone

Il Rotenone è un insetticida non sistemico che viene estratto con i suoi derivati dalle

radici o rizomi delle piante tropicali Derris e Lonchocarpus e dalle foglie e dai semi

della pianta Tephrosia della famiglia delle Fabaceae. La maggior parte del Rotenone

utilizzato in agricoltura viene estratto dalla radice di cubè coltivata in Venezuela e

Perù. Negli estratti sono presenti altri flavanoidi come la Deguelina, la Tefrosina, e il

Rotenolone che mostrano una tossicità inferiore se confrontati con il Rotenone, ma

inducono effetti comportamentali e fisiologici negli insetti paragonabili a quelli del

Rotenone. L'estrazione delle radici avviene con solventi organici, il tricloroetilene.

Sia il Rotenone che la Deguelina sono insetticidi attivi sia per contatto che per

ingestione. Queste sostanze agiscono sugli insetti inibendo il trasporto di elettroni a

livello mitocondriale. Il Rotenone è considerato un insetticida molto tossico nei

confronti dei mammiferi con una dose letale acuta orale nei ratti di 132 mg/kg.

Impiegato in agricoltura biologica per oltre 150 anni per il controllo di afidi, tripidi,

insetti succhiatori e altri insetti sia su colture ortive che frutticole è stato recentemente

revocato (solo alla fine del 2011), in quanto si è osservato che può causare

l’insorgenza nei ratti di una sindrome analoga al morbo di Parkinson. Inoltre è

fortemente tossico per i pesci e in acqua la sua persistenza è di circa 6-8 mesi.

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2.5.3 Le Piretrine

Il Piretro viene estratto dai fiori del Chrysanthemum cinerariaefolium (Asteraceae).

Il crisantemo è una pianta erbacea perenne originaria dell'Iran, successivamente

diffusa in diverse parti del mondo a diverse latitudini. Le piretrine agiscono

attaccando il sistema nervoso degli insetti a livello dei gangli nervosi e delle sinapsi,

bloccando i canali del sodio. L'effetto sugli insetti è: rapida mancanza di

coordinazione dei movimenti, convulsioni e conseguente paralisi. L'azione tossica è

comunque di breve durata e spesso insufficiente a provocare la morte dell'insetto, in

quanto il principio attivo viene rapidamente metabolizzato. Quando le piretrine non

sono presenti ad una concentrazione letale mostrano un effetto repellente. Per

aumentare la stabilità dei formulati, il Piretro viene comunemente miscelato con il

Piperonyl butossido, un estratto dall'olio di sassofrasso. Questo esercita un'azione

sinergizzante bloccando il sistema di detossificazione degli insetti. Lo spettro di

attività del Piretro è molto ampio e risulta effìcace contro un'ampia gamma di insetti.

I settori di impiego di questo insetticida naturale sono molteplici e vanno dalla frutta

ai vegetali, dalle piante ornamentali e forestali, alla disinfestazione delle sementi e

all'impiego domestico.

Le piretrine risultano essere moderatamente tossiche per i mammiferi, la dose letale

acuta orale nei ratti (DL 50) è compresa tra 350 e 500 mg/kg, mentre il prodotto

tecnico è considerevolmente meno tossico (vedi tabella 2.1). Nonostante questo

principio attivo sia estremamente fotodegradabile e quindi poco persistente alla luce

del sole, in alcune colture mostra una certa persistenza probabilmente perché le

piretrine penetrando nelle cere epicuticolari vengono protette dalla fotodegradazione.

Inoltre le piretrine vengono anche utilizzate per proteggere le granaglie durante la

conservazione nei silos. Uno studio condotto su grano duro ha mostrato che nelle

normali condizioni di conservazione questi composti sono molto stabili, infatti i

tempi di semivita delle piretrine erano rispettivamente di 46 e 72 giorni. Questo

dipende probabilmente dal fatto che le piretrine, durante la fase di conservazione, non

subiscono gli effetti degradativi legati alla radiazione solare.

2.5.4 Azadirachtin

Dai semi dell'albero del neem (Azadirachta indica) originario del sud-Est Asiatico, si

ottiene l'olio di neem e un estratto chiamato Azadirachtin A. Per secoli la pianta è

stata coltivata dalle popolazioni dell'Asia per le sue caratteristiche insetticide e

medicinali. L'olio di neem si ottiene dai semi mediante estrazione con esano. Il

residuo viene successivamente utilizzato per ottenere gli estratti. L'India è il

principale produttore mondiale con circa 700.000 tonnellate l'anno di olio di neem.

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A concentrazioni fisiologiche l'Azadirachtin A blocca la sintesi e il rilascio degli

ormoni della muta (ecdisteroidi) dalla ghiandola protoracica, determinando la muta

degli insetti immaturi. Negli insetti femmina un meccanismo simile al primo induce

invece sterilità. Altri composti presenti negli estratti dei semi del neem, come la

Salannina e la Nimbina, possono indurre repellenza all'ovoposizione, sterilità delle

uova, longevità e inibizione della sintesi della chitina. Per queste ragioni è

estremamente improbabile la possibilità che si sviluppino negli insetti fenomeni di

resistenza.

Le formulazioni commerciali degli estratti di neem sono attive contro: afidi, tripidi e

minatrici, agendo sia per contatto che per ingestione. Sembra che l'attività insetticida

dipenda da diversi composti che mostrano effetto sinergico. L'olio di neem e l'estratto

esercitano anche una modesta attività fungicida e nematocida. L'Azadirachtin è

considerato un insetticida non tossico verso i mammiferi. Nei ratti la dose letale acuta

orale (DL50) è maggiore di 5000 mg/kg. Le informazioni sul metabolismo

dell'Azadirachtin sono tuttavia scarse. L’uso in pieno campo dei formulati a base di

estratti di neem non hanno sempre mostrato una buona efficacia contro le specie

bersaglio. La principale causa è da ascrivere alla bassa foto stabilità dei formulati

commerciali disponibili.

2.5.5 Ryanodina

Dalle radici e dalla corteccia della Ryania speciosa, appartenente alla famiglia delle

Flacourtiaceae, originaria dell'America centrale, è stata isolata la Ryanodina, un

alcaloide naturale ad azione insetticida. Le proprietà insetticide della Ryania furono

scoperte a seguito di una ricerca sistematica per l'individuazione di nuovi insetticidi

naturali. In particolare, la scoperta dell'attività insetticida di questa pianta fu suggerita

dall'osservazione di popolazioni dell'America centrale che la utilizzano per praticare

l'eutanasia o come veleno per topi.

I formulati di Ryania rientrano nella classe di tossicità III dell'EPA e la dose orale

acuta nei ratti è di 1.200 mg,/kg. La Ryanodina e la Diidroryanodina (altro alcaloide

presente nella medesima pianta), assieme ad altri alcaloidi presenti nella polvere della

Ryania, agiscono direttamente sui tessuti muscolari degli insetti legandosi ai canali

del calcio nel reticolo sarcoplasmatico. Questo determina un flusso di ioni calcio

nelle cellule e la conseguente morte dell'insetto. L'azione della Ryanodina è

sinergizzata dal Piperonil butossido. La Ryanodina agisce efficacemente contro le

specie bersaglio ma nonostante ciò ha un utilizzo limitato come insetticida. Ulteriori

fattori che ne limitano l'uso in agricoltura sono legati al suo modo d'azione e i suoi

alti costi di applicazione. Registrata negli Stati uniti d'America già dal 1997,

attualmente non è registrata in Italia. I formulati di Ryania vengono impiegati sulle

colture di mais, mele, pere e limoni per controllare specie di insetti come la

carpocapsa, la piralide del mais e i tripidi del limone.

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2.5.6 Sabadilla

I semi macinati di Veratrum sabadilla, che cresce principalmente in America

centrale, sono conosciuti come polvere di Sabadilla e utilizzati sino dal periodo pre-

colombiano dalle popolazioni degli Indiani d'America come sostanze ad azione

insetticida. I semi contengono una miscela di alcaloidi attivi appartenenti alla

famiglia Ceveratrum attivano i canali sodio dipendenti delle cellule nervose, delle

membrane cellulari del muscolo scheletrico con lo stesso meccanismo delle piretrine,

ma su un sito d'azione diverso da quello del piretro.

Nel 1940 venivano commercializzati formulati a base di radici di Elleboro bianco

(Veratrum album) per il controllo degli insetti della frutta e dei vegetati. I formulati di

Sabadilla , grazie alla loro scarsa persistenza ed elevata compatibilità con le specie di

insetti utili, riappaiono sul mercato mondiale alla fine degli anni 1970 e vengono

tuttora utilizzati contro tripidi su colture frutticole.

Dalle prove di campo su limone risulta che i formulati di Sabadilla perdono

facilmente efficacia. Il 60% dei principi attivi scompaiono dopo 20 ore

dall'applicazione del formulato.

2.5.7 Osservazioni sugli Insetticidi naturali

Le conoscenze scientifiche acquisite sugli insetticidi naturali ottenuti da piante sono

insufficienti sia sotto l'aspetto tossicologico che da quello ambientale. Non sono stati

completamente individuati, infatti, tutti i principi attivi presenti, la relativa efficacia e

i singoli livelli tossicologici. A livello di formulazioni, il titolo viene definito solo su

un principio attivo senza tener conto degli altri componenti ad attività insetticida.

Poiché la loro composizione varia in funzione dell'origine dell'estratto si possono

ottenere formulati ad uguale titolo legale ma con differente attività insetticida.

Nonostante questi insetticidi siano propagandati come composti poco tossici e

facilmente degradabili, valutando i valori di tossicità riportati si evince che non si

differenziano molto dai pesticidi di sintesi.

Molti valori riguardanti la loro degradabilità ambientale non sono documentati così

come quelli riguardanti i residui negli alimenti. Carenti sono anche gli studi sui

rapporti dose/efficacia per cui non si è in grado di documentarne la reale efficacia sui

diversi insetti; questo è riconducibile al fatto che le formulazioni non sono

adeguatamente studiate.

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2.6 Resistenza dei parassiti agli agrofarmaci

In fitoiatria il termine resistenza viene usato quando nella popolazione di un parassita

(funghi, insetti, malerbe, ecc.) compaiono e si diffondono individui che risultano

essere poco sensibili o insensibili ad un principio attivo, che di norma è efficace

contro quel parassita. Questo fenomeno è frutto della selezione naturale che avviene a

seguito dell’uso ripetuto dello stesso principio attivo, deriva da una mutazione

genetica ed è quindi ereditabile. La conseguenza è la perdita di efficacia del principio

attivo.

Il primo fenomeno di resistenza si verificò all’inizio del secolo scorso quando, negli

USA, i Polisolfuri di calcio non avevano più effetti sulla cocciniglia di S.Josè. Più

tardi fenomeni di resistenza si ebbero anche per il DDT e fosforganici . Oggi si pensa

che tra gli artropodi siano più di 500 le specie che manifestano resistenza. Per quanto

riguarda i fungicidi, i casi più significativi sono stati segnalati negli anni 60-70 dopo

l’introduzione dei moderni principi attivi a meccanismo d’azione specifico ( i prodotti

multisito delle prime generazioni ne sono esenti). Negli erbicidi il fenomeno di

resistenza ha livelli di intensità minori avendo, rispetto insetti e funghi , ritmi di

riproduzione e quindi probabilità di mutazione inferiori.

In termini generali i meccanismi di formazione della resistenza sono molteplici, ma

possono essere raggruppate in 3 categorie:

Riduzione dell’assorbimento del principio attivo.

Detossificazione del principio attivo.

Modificazione del sito d’azione del principio attivo.

La resistenza può essere di diversi tipi: può essere di tipo qualitativa ed essere legata

ad un singolo gene che determina una resistenza che si sviluppa in tempi brevi e che

determina una discontinuità nei livelli di resistenza nella popolazione (individui

sensibili o resistenti).

Oppure una resistenza di tipo quantitativo ed essere collegata a tanti geni che

agiscono in maniera additiva determinando una continuità nella distribuzione dei

livelli di sensibilità delle popolazioni, cioè dalle completamente sensibili a quelle

insensibili con una serie di passaggi graduali. Quest’ultima si sviluppa in tempi

lunghi e in maniera progressiva.

La resistenza può definirsi incrociata, se coinvolge 2 o più fungicidi appartenenti a

una stessa famiglia chimica oppure aventi analogo meccanismo d’azione ( esempio i

Carbossimidici, Fenilammidi e le Strobilurine). Oppure può definirsi multipla se

interessa 2 o più p.a. appartenenti a famiglie chimiche diverse e con meccanismi

d’azione diverso( esempio Botrytis cinerea resistente ai Benzimidazolici può essere

resistente anche ai Dicarbossimidici).

Qualunque sia l’origine della resistenza ad un principio attivo, il continuo uso dello

stesso nell’ambiente, determina una selezione di individui resistenti che

colonizzeranno l’ecosistema sostituendosi a quelli non resistenti. Ecco perché si sono

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affermate, dopo anni di esperienza, strategie antiresistenza nelle linee di difesa

fitosanitaria. Queste linee di difesa fanno riferimento ad alcuni principi basilari della

difesa integrata le quali, permettendo un elevata efficienza dei p.a utilizzati, fanno si

che l’impatto tossicologico ed eco-tossicologico relativo all’impiego di agrofarmaci

sia il più basso possibile.

2.6.1 Strategie antiresistenza per gli Insetticidi

Tra le cause che determinano l’insorgere della resistenza, nelle popolazioni di insetti,

si riducono alle modalità della difesa, in particolare quella con mezzi chimici. Infatti

la lotta chimica praticata da decenni nell’agroecosistema è la causa principale della

pressione selettiva chimica che ha modificato il genoma delle popolazioni,

accelerando la selezione di individui resistenti. Per quanto riguarda il principio attivo

si ritiene di particolare importanza la persistenza: più il prodotto è persistente

nell’ambiente, più a lungo esercita la pressione selettiva sulle popolazioni e maggiore

è la possibilità di insorgenza di resistenze. Inoltre l’effetto knock-down ( effetto

rapido ed abbattente del fitofarmaco) maggiore è questo effetto minore sembra essere

il rischio di insorgenza di resistenza.

Le strategie previste per ridurre la comparsa di resistenze sono:

Moderazioni dei trattamenti evitando trattamenti a tappeto e introducendo “soglie

economiche di danno” più alte possibili.

Saturazione dei meccanismi di resistenza dell’insetto impiegando prodotti

sinergizzanti l’effetto del principio attivo.

Rispettare sempre le dosi consigliate in etichetta, mai ridurle a proprio piacimento

per non rischiare di somministrare alla popolazione di patogeni dosi sub-letali che

sottoporrebbero gli individui a sviluppare resistenze.

Utilizzo di più principi attivi distribuiti con metodologie e momenti diversi, con

l’uso di miscele di p.a. o rotazione degli stessi, in modo evitare che si formi

pressione selettiva.

2.6.2 Strategie antiresistenza per i fungicidi

La resistenza dei patogeni fungini, pur rientrando nelle modalità di resistenza

generali di cui si è già detto, si manifesta con diverse modalità:

Modificazioni a livello del sito d’azione bersaglio del patogeno (resistenza di tipo

qualitativo).

Mancato raggiungimento del sito d’azione dovuto alla riduzione del grado di

assorbimento del p.a. e per detossificazione metabolica (resistenza di tipo

quantitativo).

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Modificazioni nel metabolismo del patogeno che aumenta la produzione

dell’enzima bersaglio o attiva processi alternativi a quelli bersaglio (resistenza di

tipo quantitativo).

Tra i fattori alla base del fenomeno della resistenza sono:

Il p.a presenta un meccanismo d’azione unisito;

Il principio attivo presenta la predisposizione all’attacco da parte di processi

metabolici del patogeno.

Modalità d’impiego del principio attivo : l’uso ripetuto, utilizzo da solo, impiego

curativo ed eradicante, impiego a dosi ridotte.

Elevato numero di generazioni l’anno del patogeno e l’elevata capacità di

sporulazione.

Le strategie previste per ridurre il rischio di resistenza nei fungicidi sono:

Limitare l’uso dei fungicidi ad alto rischio di resistenze (tutti o quasi i fungicidi

moderni);

Impiegare i fungicidi in miscela con prodotti a diverso meccanismo d’azione

(possibilmente con persistenza analoga) oppure in alternanza tra loro;

Non utilizzare per molto tempo lo stesso prodotto o la stessa miscela;

Non utilizzare i prodotti ad alto o medio rischio in modo curativo o eradicante;

Utilizzare i prodotti a rischio sempre a dose piena per evitare concentrazioni sub-

letali che permetterebbero lo sviluppo di resistenze.

La resistenza degli agenti di malattie e dei fitofagi ai p.a. impiegati per il loro

controllo è sicuramente uno dei problemi principali della difesa fitosanitaria.

L’aumento di questo fenomeno che ha caratterizzato soprattutto la fitoiatria degli anni

60-70 è stato il frutto dell’uso euforico e poco controllato dei prodotti di sintesi in

agricoltura di quegli anni. Solo recentemente il diffondersi delle tecniche di difesa

integrata, affiancata alla conoscenza dei meccanismi d’azione dei p.a. ha fatto si che

lo sviluppo esponenziale di questi fenomeni rallentasse.

L’obiettivo di scongiurare il manifestarsi di fenomeni di resistenza dei patogeni deve

ritenersi una priorità della difesa fitosanitaria del 21esimo secolo. In quanto

l’instaurarsi di fenomeni di resistenza si tradurrebbe inevitabilmente non solo in una

indesiderata lievitazione dei costi economici e sociali ma anche nell’aumento dei

rischi tossicologici ed ecologici della difesa fitosanitaria stessa.

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39 Cristian Tozzi

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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”

Capitolo 3

Registrazione

degli Agrofarmaci

3.1 Registrazione degli Agrofarmaci

Gli agrofarmaci non sono di libera commercializzazione, per essere immessi sul

mercato deve essere richiesta la registrazione del formulato previo autorizzazione

della sostanza attiva.

L 'autorizzazione è rilasciata dal Ministero della Salute. Procedure e criteri di

autorizzazione sono stabiliti da norme emanate dall’Unione Europea secondo

procedure basate su criteri comuni di valutazione.

Un agrofarmaco per poter essere autorizzato deve possedere le seguenti

caratteristiche:

deve essere efficace contro gli organismi bersaglio;

deve essere selettivo, cioè non deve provocare danni alle colture da proteggere;

non deve provocare effetti dannosi alla salute dell'uomo e agli animali

direttamente o indirettamente;

non deve provocare effetti inaccettabili all'ambiente.

Solamente se le condizioni d'uso soddisfano questi requisiti viene rilasciata la

registrazione. Per far questo però è necessaria un'attenta valutazione, basata su

un'enorme serie di studi previsti dalle normative per indagare tutti i potenziali rischi

per la salute dell'uomo e dell'ambiente.

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40 Cristian Tozzi

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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”

Il processo di valutazione del rischio seguito dalle autorità regolatorie per

determinare se l'impiego di un agrofarmaco è sicuro, consiste di varie fasi:

1. Identificazione del pericolo: individuazione della pericolosità intrinseca della

sostanza.

2. Caratterizzazione del pericolo: valutazione della rilevanza degli effetti tossici

(relazione effetto-dose) e identificazione della dose senza effetto (NOAEL)

cioè il livello di sicurezza.

3. Valutazione dell'esposizione: tempo e quantità di sostanza a cui si è esposti.

4. Caratterizzazione del rischio: è in funzione dell'esposizione e identifica la

probabilità che un certo effetto si manifesti alla luce di tutte le evidenze

scientifiche considerate.

Al termine di tale valutazione, che viene fatta per pochi altri comparti chimici,

l'autorizzazione viene concessa solamente in assenza di rischio apprezzabile.

Per le aziende produttrici di agrofarmaci questo è un difficile percorso da superare e

rende necessaria un'intensa ricerca di molecole con caratteristiche sempre migliori,

una massiccia sperimentazione e produzione di studi, un iter impegnativo di pre-

valutazione interna prima della procedura di valutazione attraverso gli organismi di

valutazione europei e italiani. La complessità, severità e durata di questo processo,

che va dai sette ai dieci anni dalla scoperta alla commercializzazione, fornisce elevate

garanzie di sicurezza per l'operatore, il consumatore e l'ambiente.

La non conoscenza del principio e della procedura che sta alla base del rilascio della

registrazione, soprattutto da parte di chi informa l'opinione pubblica, spiega, ad

esempio per gli effetti tossici connessi all'alimentazione, il grande divario esistente

nella graduatoria tra rischi reali e rischi percepiti.

Rischi reali Rischi percepiti

1 Deficenze o eccessi nutrizionali 1 Residui di agrofarmaci

2 Intossicazione di origine batterica 2 Additivi alimentari

3 Tossine di origine biologica 3 Deficenze nutrizionali

4 Residui di agrofarmaci 4 Intossicazioni di origine batterica

5 Additivi alimentari 5 Tossine di origine biologica

Tabella 3.1 (Fonte: Galli 2004)

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41 Cristian Tozzi

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3.2 Procedura Europea di autorizzazione

La Direttiva del Consiglio Europeo 91/ 414 CEE è stata la misura comunitaria di

riferimento degli ultimi 20 anni stabilendo le regole comuni riguardanti le condizioni

e le procedure per l’ autorizzazione di un agrofarmaco all'immissione sul mercato.

Questa direttiva è stata abrogata dal Regolamento CE n.1107/2009, entrato in vigore

il 14 dicembre 2009 ed applicato dalla data del 14 giugno 2011.

Il procedimento di inserimento di una sostanza attiva nuova in Allegato I (lista

positiva) consiste in una serie di passaggi:

A partire dal dossier preparato dal notificante, viene seguito un iter di valutazioni,

elaborate in varie fasi dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), che

emetterà infine delle conclusioni. Tenendo conto delle conclusioni dell'EFSA, la

commissione Europea e gli stati membri decidono se includere o meno una sostanza

attiva nell'elenco positivo della Comunità.

In sequenza i passaggi per il rilascio dell’autorizzazione sono:

1. L'azienda prepara e invia il dossier ad uno Stato Membro indicato come Relatore

(SMR).

2. L'SMR verifica la completezza del dossier a nome degli altri stati membri (SM).

3. Valutazione della sostanza attiva da parte dell' SMR e preparazione di una bozza

del report di valutazione (DAR) elaborato dall’EFSA.

4. Discussione scientifica del report di valutazione (DAR) in Peer Rewiev meetings.

5. Discussione preliminare a livello di Commissione Europea per valutare

l'inclusione in Allegato I.

6. Decisione sull'inclusione in Allegato I da parte della commissione Europea e degli

stati membri.

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42 Cristian Tozzi

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3.2.1 Criteri di valutazione

Affinché un agrofarmaco venga autorizzato occorre che la casa produttrice presenti

un dossier di registrazione contenente tutte le documentazioni relative agli studi e alle

valutazioni del rischio per la salute umana e per l’ambiente, richiesti appunto per la

valutazione.

I criteri comuni di decisione per valutare le sostanze attive al fine dell’inclusione in

Allegato I (lista positiva) e per la registrazione dei relativi formulati, sono

principalmente:

Efficacia biologica:

gli effetti devono essere reali, simili o migliori del prodotto di riferimento

(standard);

gli effetti non devono essere dannosi per la qualità delle piante trattate, per le

colture in successione o adiacenti a meno che rilevanti precauzioni siano

menzionate sull'etichetta;

le miscele e i prodotti coadiuvanti devono seguire gli stessi vincoli.

Impatto sulla salute umana e degli animali:

l'entità dell'esposizione dell'operatore non deve eccedere i livelli accettabili

(AOEL = Accettable Operator Exposure Level);

i prodotti molto tossici devono essere impiegati solamente dagli utilizzatori

professionali;

i periodi di attesa e di rientro dopo il trattamento devono essere tali da rispettare il

livello accettabile di esposizione per l'operatore (AOEL). Per gli animali non ci

devono essere impatti avversi;

i residui devono essere entro i limiti di tolleranza europea; la dose giornaliera

ingerita (EDI = Estimated Daily Intake) non deve superare la dose giornaliera

accettabile (ADI = Accettable Daily Intake).

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43 Cristian Tozzi

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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”

Metodi analitici:

devono essere in linea con lo stato dell'arte e devono essere validati.

Destino ambientale:

non ci deve essere accumulo nel suolo che porti a residui inaccettabili;

le concentrazioni previste nelle acque di falda per la produzione di acqua potabile

non devono superare lo 0,1 ppb;

le concentrazioni attese nell'acqua di superficie, quando utilizzata come acqua

potabile, non devono eccedere i livelli indicati nelle direttive sulle acque

profonde;

la concentrazione attesa nelle acque di superficie non deve avere un effetto

inaccettabile sulle specie non bersaglio;

la concentrazione nell'aria non deve superare i livelli accettabili (AOBL).

Impatto sulle specie non bersaglio:

le concentrazioni ambientali previste devono risultare con margini

sufficientemente sicuri per le specie non bersaglio o devono essere disponibili

studi che dimostrino assenza di impatti inaccettabili;

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44 Cristian Tozzi

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3.3 Modalità di Valutazione del rischio

Come già indicato all’inizio del capitolo, la sequenza della caratterizzazione del

rischio prevede la valutazione della pericolosità intrinseca della

sostanza(identificazione del pericolo), la valutazione della rilevanza degli effetti

tossici con l'individuazione della relazione dose - effetto e dell'esposizione senza

effetto(caratterizzazione del pericolo), il calcolo dell'esposizione legata all'impiego

per arrivare a stabilire il rischio reale: infatti il rischio è funzione (f) di quanto un

organismo è esposto ad un identificato pericolo potenziale.

Nella valutazione si fa riferimento a scenari standard che rappresentano il caso

peggiore (worst case) per poi passare in caso di esito negativo a scenari più reali. Si

valuta sia la sicurezza per l'uomo che per l'ambiente.

Per quanto riguarda gli aspetti relativi alla sicurezza dell’ambiente vengono effettuati

studi eco tossicologici riguardanti la degradabilità della molecola nei vari comparti

ambientali e gli effetti sugli organismi non bersaglio.

Per quanto concerne invece l’aspetto relativo alla sicurezza per l’uomo vengono

effettuati studi tossicologici relativamente al rischio da esposizione diretta a cui è

esposto l’operatore, e il rischio da ingestione a cui è esposto il consumatore. Sarà

proprio su questi ultimi che concentreremo la nostra attenzione.

3.3.1 Valutazione tossicologica

Gli studi previsti per l'esame tossicologico e presentati con il dossier servono a

conoscere innanzitutto gli effetti potenzialmente pericolosi della sostanza allo scopo

poi di valutarne il possibile rischio per il consumatore e per l'operatore.

Attraverso gli studi eseguiti su animali cavie da laboratorio vengono studiati, come

possiamo vedere dalla tabella 3.2, effetti sul metabolismo, somministrazione acuta e

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cronica, mutagenicità, cancerogenicità, riproduzione, teratogenicità, neurotossicità,

assorbimento cutaneo ed effetti endocrini.

Effetti Tossicologici

studiati

Parametri valutati

Metabolismo Assorbimento, distribuzione, metabolizzazione ed

escrezione degli agrofarmaci.

Somministrazione acuta Effetto dell'esposizione ad una unica dose elevata,

somministrata per via orale.

Somministrazione cronica Effetti dell'esposizione prolungata, di breve durata e

cronica; incluse modificazioni biochimiche ed

effetti avversi sugli organi.

Neurotossicità Effetti sulle funzioni neurologiche.

Assorbimento cutaneo Percentuale ed entità dell'assorbimento cutaneo.

Mutagenicità Effetti sui cromosomi e sul DNA.

Cancerogenicità Potenziale cancerogeno per tutta la vita dell'animale.

Riproduzione Effetti sulla riproduzione e sulla fertilità.

Teratogenicità Effetti sullo sviluppo del feto.

Endocrini Possibili effetti sulle ghiandole.

Tabella 3.2 : Effetti tossicologici studiati (Fonte: Trevisan e Gennari 2008)

Le informazioni che si ottengono da questi studi di valutazione della pericolosità

sono:

La capacità o meno di un agrofarmaco di determinare l'insorgenza di effetti

nocivi.

Il tipo di effetto nocivo che un agrofarmaco può causare e la dose e il periodo in

cui si manifesta.

Il livello di esposizione in corrispondenza del quale non si verifica alcun effetto

avverso.

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Il livello di esposizione in corrispondenza del quale non si è verificato alcun effetto

viene chiamato NOAEL (No Observed Adverse Effect Level).

Viene inoltre identificato il livello più basso di dose che produce effetto tossico detto

LOAEL (Lowest Observed Adverse Effect Level).

Figura 3.1: studi sulla relazione dose/effetto eseguiti sulle cavie di laboratorio.

In base agli studi sugli effetti tossicologici (riportati in tabella 3.2) eseguiti su animali

cavie da laboratorio, si determina per ciascuno studio il NOAEL, grazie al quale

viene costruito il profilo tossicologico della sostanza. Il NOAEL viene considerato

come valore di riferimento per stabilire il livello accettabile di esposizione per l'uomo

sia per la somministrazione attraverso la dieta (consumatore) sia per l'utilizzo in

campo (operatore).

A volte possono essere determinati più NOAEL, in quel caso viene scelto il valore

più basso (sempre nella logica del worst case). È possibile che si verifichino casi in

cui gli studi siano insufficienti e anziché disporre del NOAEL sia rilevato solo il

LOAEL. In quel caso sarà quest’ultimo ad essere considerato come valore di

riferimento, con gli opportuni fattori di sicurezza del caso, come vedremo nei

paragrafi seguenti.

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47 Cristian Tozzi

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3.3.2 Rischio da ingestione a carico del consumatore

Il processo di registrazione degli agrofarmaci richiede la fissazione di livelli

accettabili, da un punto di vista sanitario, di assunzione con la dieta in seguito ad

esposizione acuta e cronica a protezione del consumatore.

Questi livelli vengono definiti rispettivamente Dose Acuta di Riferimento (ARfD =

Acute Reference Dose) e Assunzione Giornaliera Accettabile (ADI = Acceptable

Daily Intake).

La ARfD, detta dose acuta di riferimento, rappresenta la quantità di sostanza

presente negli alimenti, espressa in mg/kg di peso corporeo (60 kg di peso

corporeo) che può essere ingerita nel corso di un pasto o di una giornata (24 ore),

senza apprezzabili rischi per la salute del consumatore, tenendo conto dei gruppi

di popolazioni più sensibili quali bambini e nascituri, in base a tutti i fatti

conosciuti al tempo della valutazione.

L’ADI, ovvero la dose giornaliera accettabile, rappresenta invece la quantità di

sostanza che può essere ingerita ogni giorno tramite la dieta, per tutta la durata

della vita di un individuo, senza apprezzabili rischi per la salute del consumatore,

in base a tutti i fatti conosciuti al tempo della valutazione.

La determinazione di ARfD e ADI avviene attraverso un calcolo analitico che

consiste nella conversione delle informazioni ottenute attraverso gli studi sugli

animali, all’uomo.

Questi parametri tossicologici vengono ottenuti applicando al NOAEL, dei fattori di

sicurezza: si tiene pertanto conto che l’uomo sia 10 volte più sensibile agli effetti

avversi di una sostanza chimica degli animali da laboratorio (variabilità

interspecifica) e si assume inoltre che alcuni individui possano essere fino a 10 volte

più sensibili di altri( variabilità intraspecifica) (quindi 10 x 10 = 100).

Il fattore di sicurezza pari a 100 è quello generalmente impiegato ma vi possono

essere casi in cui il fattore di sicurezza è 200 o 1000 e oltre in presenza di effetti

ritenuti particolarmente gravi o per carenze di dati tossicologici, come nel caso non si

conosca il NOAEL e si impieghi il LOAEL.

È importante considerare l’ampio margine di sicurezza legato a questo procedimento.

Pensiamo ad un’automobile che viaggia in autostrada a 140 km/h. La distanza di

sicurezza, pari allo spazio di arresto, è stata calcolata in 195 metri. Questa distanza

può essere considerata come un “No effect Level”. Applicando un fattore di sicurezza

100 a questa misura, la nuova distanza di sicurezza diventerebbe circa 19500 metri

ovvero 19 km e mezzo, l’intera lunghezza della tangenziale di Bologna.

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Esposizione senza effetto: Calcolo dell’ADI e ARfD

Figura 3.2 Schema per la determinazione di ADI e ARfD stabiliti ad un livello 100 volte inferiore

(fattore di sicurezza)alla dose senza effetto (NOAEL).

Stabilite così la assunzione accettabile, per valutare il rischio occorre conoscere i

livelli di residui che si trovano sulle derrate trattate e che possono essere ingerite

attraverso la dieta.

Per conoscere i residui che rimangono sulla coltura a seguito dei trattamenti alle

piante si svolgono specifiche “prove residui": tali prove sono impostate in modo

cautelativo (ovvero tenendo conto delle condizioni d'impiego con maggior carico di

sostanza attiva impiegata) e servono a stabilire il LMR, espresso in mg/kg,

rispettando il periodo di carenza che risulta compatibile con le pratiche agronomiche

raccomandate (BPA). Conoscendo i residui ammessi e il consumo di derrate con la

dieta si può calcolare il valore dell'assunzione massima teorica giornaliera (TMDI =

Tolerable Maximum Daily Intake). A questo punto il valore del TMDI viene

confrontato all'ADI e non ci si accontenta che non lo superi , ma precauzionalmente

ne deve essere di molto inferiore ( generalmente il 10-20% dell’ ADI).

Quindi se TMDI risulta molto inferiore all’ ADI non ci sono rischi accettabili per

il consumatore e l’agrofarmaco viene autorizzato.

Se il TMDI invece supera il valore di ADI il rischio non è accettabile e la richiesta

di registrazione dell’agrofarmaco verrebbe respinta.

Studi

Tossicologici

NOAEL acuto

Fattore di sicurezza

100

ARfD

NOAEL cronico

Fattore di sicurezza

100

ADI

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49 Cristian Tozzi

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Rischio per il consumatore

Prove Residui Studi Tossicologici

LMR

(Livello Massimo di Residui)

TMDI ADI

(Assunzione Massima (Dose Giornaliera Accettabile)

Teorica Giornaliera)

TMDI << ADI

(Figura 3.3: Sicurezza per il consumatore)

Nel caso che all’azienda produttrice venisse respinta la domanda di autorizzazione,

essa si troverà costretta o a rinunciare all’agrofarmaco o a provare ad abbattere la

quantità di residuo allungando il periodo di carenza, o abbassando le dosi d’impiego.

Tuttavia il TMDI rappresenta il worst case, ovvero il caso peggiore, implica cioè che

tutte le colture da autorizzare siano trattate con il p.a. in questione e che il

consumatore assuma contemporaneamente prodotti contenenti residui dei p.a. pari

all'LMR. Condizione ipotetica che nella realtà non dovrebbero trovare riscontro.

((Queste ulteriori precauzioni per la sicurezza del consumatore viene presa per

evitare che la presenza di residui di altri fitofarmaci con simile meccanismo d'azione

possa contribuire a saturare la ADI del fitofarmaco in approvazione)).

Le attuali linee guida prevedono si possa passare a stime più realistiche, tenendo

conto dei residui effettivamente presenti nella porzione edibile e dei fattori di

riduzione: ad esempio lavando e sbucciando la frutta, lavando e cuocendo verdure;

così si passa dal calcolo dell'TMDI al calcolo dell'EDI (Estimated Daily Intake) ed

esso diventa il termine di confronto.

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3.4 Decreto di registrazione ed etichetta

Una volta conclusa con esito positivo la procedura di valutazione del dossier

presentato da un'azienda per richiedere l'autorizzazione di un agrofarmaco, il

Ministero della Salute rilascia il decreto di registrazione. Parte integrante del decreto

stesso è l’etichetta che dovrà essere riportata sulle confezioni dei prodotti in vendita.

Il testo dell'etichetta riassume in modo vincolante quanto finalizzato con la procedura

di autorizzazione, per questo non può essere in alcun modo modificato senza

l'autorizzazione del Ministero della Salute.

Le principali informazioni riportate sul testo dell'etichetta sono:

Descrizione del prodotto, tipo di formulazione, contenuto di sostanza attiva;

classificazione del prodotto, simboli e indicazioni di pericolo, frasi di rischio e

consigli di prudenza;

numero di autorizzazione, data del suo rilascio da parte del Ministero della Salute,

nome e indirizzo del titolare dell' autorizzazione;

informazioni per il medico e ulteriori norme precauzionali per la tutela dell'uomo,

dell'ambiente e degli animali;

colture autorizzate e relative dosi e modalità di impiego;

intervallo di sicurezza (periodo di tempo espresso in giorni che deve intercorrere

tra l'ultimo trattamento e la raccolta).

ulteriori norme precauzionali (frasi speciali) per la corretta conservazione

dell’agrofarmaco, per la preparazione delle miscele e loro distribuzione, per lo

smaltimento dei contenitori vuoti.

L'etichetta deve quindi riportare in modo vincolante tutte le indicazioni di pericolo

che derivano dalla classificazione della sostanza e da tutti i componenti del

formulato. Tali indicazioni di pericolo possono per esempio variare in modo

meccanico in funzione della percentuale di presenza della sostanza attiva (la sua

concentrazione nel formulato) e dei coformulanti e del tipo di coformulante stesso.

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51 Cristian Tozzi

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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”

Capitolo 4

Residui di Agrofarmaci

4.1 Origine e definizione di residuo

Il concetto di residuo di un agrofarmaco ha origine con l'introduzione dei prodotti

chimici di sintesi nella difesa delle piante dai parassiti animali e vegetali nel primo

dopoguerra e diviene oggetto di controllo negli alimenti a seguito della diffusione

d'impiego di tali prodotti.

L’ art.2 del D.M. del 27 agosto 2004 della legislazione italiana, definisce i residui

degli agrofarmaci come "… residui delle sostanze attive contenute nei prodotti

fitosanitari, dei loro metaboliti e dei loro prodotti di degradazione o di reazione

presenti nei o sui prodotti destinati all'alimentazione umana e a quella degli

animali…”.

Dal punto di vista scientifico il significato del termine "residuo" è chiarito in modo

appropriato agli inizi degli anni '50 (Gunther e Blinn; 1955 e 1956), attraverso il

concetto di curva di degradazione di un agrofarmaco. Si dimostra che la scomparsa di

un principio attivo può essere rappresentata, in funzione del tempo, attraverso tre

differenti stadi evolutivi (Figura 4.1), contraddistinti come X, Y e Z e riguardanti

rispettivamente, una fase iniziale e attiva del processo, detta di "degradazione" (curve

X e Y) e una fase finale passiva, definita di persistenza (curva Z). È a quest'ultima

che si associa il concetto di residuo, mentre alle prime, spesso non nettamente

distinguibili tra loro, si associa il significato di deposito dell'agrofarmaco, ovvero di

quantità di prodotto presente nei primi giorni (o nelle prime ore) dalla sua

applicazione.

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52 Cristian Tozzi

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mg/kg o ppm

10

5,0

- - - -

X

1,0

0,5

Y

- - - - - - - - - - - - - - - - - - Z

0,1

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25

Tempo (giorni)

Figura 4.1 Rappresentazione e definizione delle fasi di scomparsa di un agrofarmaco.

Curva di degradazione (da: Gunter e Blinn, 1955 e 1956).

I residui di agrofarmaci nei prodotti vegetali sono normalmente espressi in mg/kg,

cioè in milligrammi di principio attivo per chilogrammo di prodotto vegetale,

equivalenti a parti per milione (ppm). I metodi per la determinazione dei residui sono

molto complessi: sono utilizzate tecniche di separazione quali la gascromatografia o

la cromatografia liquida ad alta prestazione abbinate alla spettrometria di massa.

Grazie a queste tecniche, chimici analitici specializzati, con l’aiuto di strumentazioni

di recente concezione estremamente sensibili sono in grado di determinare i bassi

livelli di residui che possono essere presenti nelle colture e nei loro prodotti di

trasformazione, molto più bassi di quanto fosse possibile in passato. Il più basso

livello di residui che può essere misurato in modo affidabile è detto Limite di

Quantificazione o limite inferiore di determinazione analitica, e siamo nell’ordine

di 0,01 mg/kg o ppm. Vengono tuttavia rilevate presenze di residui non quantificabili,

le quali sono espresse in parti per bilione (ppb) e sono chiamate tracce. 1 ppm è la

milionesima parte di un kilogrammo, quindi si sta parlando di quantità infinitesimali.

X = Tratto di curva corrispondente alla fase iniziale di scomparsa del

principio attivo, ad esempio per volatilizzazione dalla superficie vegetale

(curva di degradazione).

Y = Tratto di curva corrispondente principalmente alla fase di

metabolizzazione del principio attivo (curva di degradazione).

Z = Tratto di curva corrispondente alla fase di persistenza del residuo

del principio attivo e/o dei suoi metaboliti (curva di persistenza).

a = valori di "deposito"

b = valori di residuo

b = valori di "residuo"

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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”

Per visualizzare l’entità di un residuo pari a 0,01 mg/kg si possono fare i seguenti

paragoni:

Un secondo in tre anni.

Una persona su una popolazione di 100 milioni.

La superficie di mezzo campo da calcio rispetto alla superficie dell’Italia.

Lo spessore di un foglio di carta rispetto all’altezza dell’Everest.

4.2 Limite Massimo di Residuo (LMR)

Per le implicazioni di carattere tossicologico a lungo termine che i residui possono

esercitare nei confronti del consumatore (tossicologia cronica), ma soprattutto per

regolamentare gli scambi internazionali dei prodotti alimentari, sono fissati limiti

legali alla presenza dei residui negli alimenti, indicati come limiti di tolleranza o più

propriamente come Limiti Massimi dei Residui (LMR) (internazionalmente

Maximum Residue Limits o MRL), espressi in mg di principio attivo per kg

d'alimento (mg/kg o ppm). I LMR quindi non rappresentano una soglia di sicurezza

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tossicologica, ma sono dei limiti legali oltre i quali il prodotto vegetale non può

essere commercializzabile. Pertanto se il residuo di un agrofarmaco risulta superiore

al LMR, significa che esso è stato probabilmente impiegato in modo non corretto e

non conforme alle raccomandazioni in etichetta, ad esempio potrebbe non essere stato

rispettato il periodo di sicurezza. Ciò rappresenta un reato ma non è necessariamente

motivo di preoccupazione sanitaria.

In merito ai residui già nel 1959 la FAO (Food and Agriculture Organization)

recepiva la complessità e le implicazioni internazionali del problema riconoscendo,

attraverso la creazione di un gruppo d'esperti, la necessità che FAO e OMS

(Organizzazione Mondiale della Sanità) congiuntamente, valutassero le implicazioni

concernenti 1'uso di tali prodotti e s'interessassero della definizione:

del rischio dovuto alla presenza dei residui nei prodotti utilizzati per

l'alimentazione umana e animale;

della fissazione di limiti di tolleranza o sicurezza (LMR);

dell'istituzione di un codice internazionale riguardante le informazioni

tossicologiche e residuali dell'agrofarmaco.

A seguito di questa decisione fu istituito un comitato congiunto d'esperti FAO/OMS,

definito Joint Meeting for pesticide Residues (JMPR); dedito allo studio dei criteri

per la valutazione dei rischi per il consumatore e all'esame delle informazioni

tossicologiche relative agli agrofarmaci.

Unitamente al JMPR va ricordata la Commissione del Codex Alimentarius, che opera

in ambito ONU e ha l’incarico di proporre standard di qualità per gli alimenti. Questa

fu istituita nel 1962 sotto l’egida congiunta di FAO e OMS ed è un organo ausiliario

che annovera 165 Stati membri. Il suo compito consiste nell'emanare norme

internazionali in materia di derrate alimentari e ha l'obiettivo di tutelare la salute del

consumatore garantendo la lealtà delle pratiche nel commercio degli alimenti. Queste

norme, pur non avendo carattere vincolante, costituiscono un punto di riferimento in

seno all'organizzazione Mondiale per il commercio (OMC), che considera le norme e

le raccomandazioni del Codex in tutti i casi di controversia internazionale.

Nell'ambito del Codex il problema dei residui è affrontato dal Comitato del codice sui

Residui dei prodotti fitosanitari (CCPR), il quale ha come scopo quello di trovare

l'accordo, a livello internazionale, sui Limiti Massimi accettabili da parte dei diversi

Paesi. Il CCPR, in base alle valutazioni del JMPR e tenendo conto delle diversità

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d'impiego degli agrofarmaci nei paesi del mondo, per effetto delle differenti Buone

pratiche Agricole (BPA), raccomanda Limiti Massimi dei Residui (codex LMR) che

hanno l'obbiettivo di facilitare il commercio internazionale dei prodotti

agroalimentari.

Attualmente tutti i paesi ad agricoltura avanzata sono dotati di proprie normative di

regolamentazione dei residui sugli alimenti, mentre nei casi di carenza normativa,

viene fatto riferimento ai LMR fissati dal Codex Alimentarius.

4.3 Regolamento 396/2005 CE

Prima dell’entrata in vigore del regolamento n 396/2005 in data 1° settembre 2008 il

LMR, per circa il 50% delle sostanze in commercio veniva fissato da ogni paese

Europeo a seguito della autorizzazione dei prodotti dopo la valutazione del dossier

registrativo. Il restante 50% erano invece armonizzati a livello Europeo.

Per molte sostanze quindi i limiti potevano presentare valori diversi nei vari paesi e

questo poteva creare problemi commerciali al libero scambio di prodotti

ortofrutticoli.

Tale situazione di disomogeneità ha indotto la Commissione Europea a elaborare

il nuovo Regolamento 396/2005, per stabilire LMR europei armonizzati.

Lo scopo di questo Regolamento è stato quello di far convergere tutte le norme in

materia di residui in un unico riferimento legislativo che prevede:

Armonizzazione dei LMR in tutta l’unione Europea.

Un nuovo procedimento per la fissazione di LMR a livello comunitario. I singoli

stati membri non possono più emanare provvedimenti.

Ha incaricato un organismo terzo - l’EFSA - a supervisionare la valutazione del

rischio per il consumatore e a dare opinioni riguardo il LMR.

Un formulato può essere autorizzato solo se è già stato stabilito a livello dell’UE il

valore di LMR .

Valori di LMR che considerano prioritariamente la salute pubblica rispetto alle

esigenze di difesa delle colture.

Fissazione LMR al livello più basso possibile compatibilmente con la buona

pratica agricola.

Il regolamento copre i fitofarmaci correntemente usati in agricoltura sia all’interno

che all’ esterno dell’UE.

Ha applicato la soglia dello 0,01 mg/kg o ppm per i principi attivi non

espressamente menzionati.

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Fissa la tipologia e il numero di campioni da monitorare in maniera proporzionale

alla quantità di commercializzazione dell’alimento.

Infine il regolamento tiene in considerazione e tutela tutti i gruppi di consumatori

inclusi i bambini ed i vegetariani.

Il Regolamento 396/2005 consta di sette allegati:

Allegato I: (Lista dei prodotti alimentari) È stato completato e pubblicato nel

febbraio 2006. Contiene 150 nuovi prodotti alimentari (ad esempio frutti esotici,

caffè, lupino, piante da zucchero, ecc.) mentre altre hanno cambiato raggruppamento

(ad esempio l'olivo che fornisce frutti edibili oppure frutti da olio, ecc.).

Allegato II: contiene gli LMR comunitari già fissati. Dopo l'implementazione del

regolamento i residui di tali sostanze verranno rivalutati.

Allegato III: contiene gli LMR provvisori (t MRL) definiti a partire dai più alti LMR

nazionali, applicando opportune valutazioni del rischio.

Allegato IV: Sostanze attive per le quali nessun LMR è richiesto (in base alla

91/414).

Allegato V: Valori di default diversi da 0,01 mg/kg.

Allegato VI: Fattori specifici di concentrazione/ diluizione.

Allegato VII: Combinazione sostanze/derrate con LMR superiori a quanto

stabilito negli Allegati II e III.

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4.4 Fissazione del Limite Massimo dei Residui (LMR)

Preso atto del fatto che l'applicazione degli agrofarmaci può determinare la presenza

di residui nell'alimento fresco e/o trasformato, si è sviluppato nei decenni un processo

decisionale che su base scientifica e sperimentale presiede alla fissazione, da parte

delle autorità preposte, del valore del residuo tollerabile sull'alimento (in mg/kg o

ppm). Questo valore, fissato obbligatoriamente al momento della registrazione

dell'agrofarmaco, non è un valore di soglia tossicologica, ma ha un significato

prettamente normativo e risulta strettamente connesso alla BPA che lo origina.

Il processo di fissazione del Limite Massimo dei Residui di un agrofarmaco, consta di

una serie di fasi distinte di acquisizione e valutazione dei più aggiornati dati

scientifici e sperimentali, che in successione possono essere così sintetizzati:

A. Determinazione dell’ ADI o della Dose Giornaliera Accettabile (DGA). Calcolata

sulla base dei test tossicologici preventivamente condotti dalla società produttrice e

viene determinata, applicando un appropriato "fattore di sicurezza", (generalmente

100 e a volte 200 o 1000), a partire dalla NOAEL o dose più elevata in grado di non

produrre effetti evidenti nei Test tossicologici a lungo termine sulle cavie da

laboratorio. Per una maggiore sicurezza del consumatore e data l'evidenza che taluni

residui possono risultare tossici nell'esposizione a breve termine (tossicità acuta), la

Commissione Europea ha di recente ritenuto giustificata anche la valutazione della

Dose Acuta di Riferimento (ARfD) e l'introduzione di nuovi modelli di assunzione

dei residui per una elaborazione ancora più appropriata dei LMR;

B. Determinazione dell'assunzione giornaliera dei residui attraverso l'uso di modelli

alimentari e di consumo. Tali stime vengono eseguite per situazioni di consumo

normali e particolari, per le diverse popolazioni europee e per sotto - popolazioni

quali ad esempio i neonati e gli adolescenti;

C. Determinazione del livello residuale riscontrabile sulla coltura o sull'alimento

tramite prove sperimentali in Buona Pratica Agricola. Queste prove sono condotte

presso i Centri di Saggio appositamente autorizzati dal Ministero delle Politiche

Agricole e Forestali (MIPAF) e prevedono l'utilizzo dell'agrofarmaco nelle

condizioni specifiche d'uso previste dalle pratiche fitoiatriche. Le analisi per la

determinazione dei residui sulla coltura è previsto siano condotte secondo la Buona

Pratica di Laboratorio (BPL);

D. Confronto finale dell' assunzione giornaliera da parte del consumatore con i valori

di ADI determinati su base tossicologica. Se l’assunzione giornaliera è inferiore all’

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ADI, allora i dati residuali sperimentali vanno a costituire il LMR dell'agrofarmaco,

mentre se l'assunzione giornaliera è maggiore all’ ADI risulta necessario ridurre il

livello dei residui attraverso la modifica delle condizioni di utilizzo dell'agrofarmaco

(dose d'impiego, periodo di sicurezza, numero dei trattamenti, ecc.). Se ciò non è

realizzabile l' uso dell'agrofarmaco non è tollerabile e il suo LMR è fissato al Limite

della Determinazione analitica (0,01 ppm).

Volendo esemplificare i criteri e le fasi di valutazione sopra esposte per la

determinazione del LMR di un agrofarmaco, possiamo riassumere il processo

decisionale sulla base dell'esempio riportato in fìgura 4.2 e delle valutazioni

schematizzate nel grafico 4.1.

4.4.1 Determinazione della Dose Giornaliera Accettabile e

del Limite di Assunzione da parte del consumatore

La fissazione di un limite di assunzione dei residui attraverso la dieta, schematizza il

processo decisionale che giunge a definire un valore residuale sicuro per il

consumatore. Il processo ha origine dalle prove di tossicità a lungo termine (1) e

tramite queste si determina la dose senza effetto dell'agrofarmaco (2) detto NOAEL.

Ipotizzando che questa risulti di 5 mg per kg di peso corporeo/animale/giorno e

applicando a tale valore un opportuno coefficiente di sicurezza (3) (nell'esempio =

100 (ma vi sono casi in cui il fattore di sicurezza è 200 o 1000), si ottiene la Dose

Giornaliera Accettabile (DGA), nota anche come ADI (Accettable Daily Intake) .

Tale valore rappresenta l'estrapolazione all'uomo della quantità d' agrofarmaco (in

mg) quotidianamente ingeribile per chilogrammo di peso corporeo (0,05 mg/kg) e

rappresenta la quantità di principio attivo che può essere giornalmente ingerita senza

determinare alcun rischio sensibile per la salute del consumatore.

Se questo valore è rapportato al peso corporeo medio di un uomo (5), il dato che ne

deriva (0,05 x 60 = 3 mg/uomo/giorno) rappresenta la quantità di agrofarmaco,

teoricamente ingeribile, estrapolata all'uomo medio (6). La correzione di tale valore

con il coefficiente alimentare (7), ovvero con la quantità media di vegetali

giornalmente ingeriti (0,4 kg), consente di definire il limite massimo d'assunzione dei

residui di un agrofarmaco riferiti ad 1 kg di alimento (8) (nell'esempio 7,5 mg/kg o

ppm).

Il valore così ottenuto, definito sulla base dell’ ADI rappresenta il valore di

riferimento al quale rapportare il valore dei residui sperimentalmente verificabili in

campo durante lo sviluppo dell'agrofarmaco e conseguenti alle pratiche fitoiatriche di

utilizzo del prodotto.

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Determinazione dell’ADI e fissazione del Limite Max di

assunzione giornaliera tollerabile (LA)

(1) Prove di tossicità a lungo termine

(2) Valutazione della “Dose senza effetto”(NOAEL)

(3) Scelta del “coefficiente di sicurezza”

(4) Calcolo dell’ADI (estrapolazione all’uomo)

(5) Scelta del peso corporeo medio

(6) Estrapolazione all’uomo medio

(7) Valutazione del “coefficiente alimentare”

(8) Limite max di Assunzione negli alimenti (LA)

5 mg/kg peso corporeo/giorno (animale)

100

0,05 mg/kg peso corporeo/giorno (uomo)

60 kg

3 mg/uomo/giorno

0,4 kg (ortofrutticoli)

Figura 4.2: Determinazione della Dose Giornaliera Accettabile (ADI) e del Limite di Assunzione dei residui

(LA) da parte del consumatore.

Somministrazione con la dieta per almeno 2 anni

7,5 ppm (mg/kg di alimento)

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4.4.2 Valutazione dei residui su base agronomica e fissazione

del LMR

Nella fase di sviluppo dell'agrofarmaco sono sperimentati e definiti quelli che

risultano essere i criteri d'impiego del prodotto ai fini fitoiatrici, ovvero i criteri

d'impiego per la protezione della coltura da patogeni o parassiti.

È in questa fase che si definiscono i criteri ottimali d’utilizzo dell'agrofarmaco ed è

da questi che dipende, parzialmente, il comportamento residuale del prodotto.

Tali criteri riguardano principalmente:

i patogeni o parassiti controllati;

le condizioni agronomiche e colturali del vegetale;

il tipo di formulazione dell'agrofarmaco;

la concentrazione del principio attivo;

il tipo d'applicazione (fogliare, al terreno, altro);

il numero massimo di trattamenti;

il tempo d'intervallo tra applicazioni successive;

la dose applicata (per epoca e per coltura);

l'intervallo di sicurezza tra l'ultimo trattamento e la raccolta del vegetale.

Nel corso delle prove sperimentali di messa a punto dei criteri d'utilizzo

dell'agrofarmaco, svolte presso Centri di Saggio appositamente autorizzati dal

MIPAF, vengono effettuate anche prove di determinazione dei residui che gli

interventi fitoiatrici provocano sulla coltura. Si tratta di analizzare il vegetale (o la

sua parte edule) a diversi intervalli di tempo e di definire in tal modo quale sia la

curva di degradazione dell'agrofarmaco per quella coltura e in quelle condizioni

agronomiche.

Valutando il decadimento dell'agrofarmaco considerato nell'esempio e ipotizzando tre

diversi decadimenti su altrettante colture (Fig. 3), si può osservare come il LMR per

ciascun vegetale venga fissato ben al di sotto del limite massimo d'assunzione (7,5

ppm) , sulla base dei valori sperimentali riscontrati nella pratica agricola e

appartenenti alla curva di decadimento.

I valori di LMR sono inoltre accompagnati dall’ indicazione di un preciso intervallo

di tempo tra l'ultimo trattamento e la raccolta del vegetale, definito intervallo di

sicurezza e che consente il rispetto dei LMR fissati a patto che l'utilizzo

dell'agrofarmaco avvenga secondo la BPA e sulla base delle indicazioni prescritte in

etichetta.

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Curve di decadimento di un agrofarmaco su colture diverse

A; B; C; = Curve di decadimento del medesimo agrofamaco su colture diverse.

mg/kg o ppm LA (7,5 ppm): Limite di Assunzione

Esempi: LMR A = 0,05 ppm ( PHI:21 giorni)

LMR B = 0,5 ppm ( PHI: 14 giorni)

10 A LMR c = 0,1 ppm ( PHI:6 giorni)

B

LA 7,5

C

1

LMR B LMR c LMR A 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18

PHI di C Tempo (giorni) PHI di B

PHI di A

Grafico 4.1 Valutazione del LMR di un agrofarmaco in base alla sperimentazione agronomica

condotta in Buona Pratica Agricola, su colture per le quali è richiesta la sua registrazione.

Qualora i residui riscontrabili nella pratica agricola risultino essere superiori al limite

di assunzione stimato, diviene indispensabile ridurre il loro livello, attraverso la

modifica delle condizioni d'uso (dose d'impiego, tempo di attesa tra trattamento e

raccolta, numero dei trattamenti) od optando, se ciò non è possibile, per un LMR

uguale al Limite di Determinazione analitica del prodotto (0,01 ppm).

La logica e le valutazioni riportate esemplificano il processo di stima che presiede

alla fissazione dei LMR di un agrofarmaco e rende ragione del fatto che i valori

fissati dipendono dalla pratica agricola che li origina (BPA), tale per cui pratiche

agricole differenti possono determinare differenti residui e quindi differenti LMR.

Inoltre dal grafico è bene evidente quanto il LMR per ciascun vegetale sia fissato ben

al di sotto del limite massimo d'assunzione (LA). Ribadendo ancora una volta che il

LMR non è un valore di soglia tossicologica bensì commerciale.

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4.5 Monitoraggio dei residui e sicurezza alimentare

Il controllo dei residui negli alimenti di natura vegetale è stato regolamentato negli

anni sia a livello nazionale che internazionale. Tali controlli definiti di monitoraggio,

sono svolti ai fini della sicurezza alimentare e sono condotti a due diversi livelli

(nazionale ed europeo) in conformità a criteri e metodologie d'indagine armonizzate

che fanno riferimento a laboratori, strutture ed enti caratteristici per ciascun paese

membro dell'Unione Europea.

In Italia si sono affermate diverse autorità per il monitoraggio dei residui negli

alimenti, le quali, tra loro complementari nelle finalità e nell'approccio metodologico

utilizzato, risultano avere ciascuna differenti ricadute sul sistema nazionale di

controllo della sicurezza alimentare.

Tali monitoraggi fanno capo a tre diverse istituzioni, che sono:

Ministero della Salute: ad esso competono i controlli ufficiali aventi carattere

fiscale e rappresenta l'istituzione di riferimento dell'Unione Europea per quanto

concerne il monitoraggio dei residui. Svolge il controllo presso mercati

ortofrutticoli, aziende di deposito e commercializzazione all'ingrosso degli

alimenti, piattaforme logistiche che forniscono la grande distribuzione

(supermercati, ipermercati) e pertanto rivolge la propria attenzione all'alimento

pronto per il consumo e la commercializzazione.

Ministero per le Politiche Agricole e Forestali (MiPAF): attraverso l'attuazione

di un proprio "Programma Inter-regionale Qualità" e tramite una propria rete di

laboratori privati o pubblici, conduce monitoraggi, a carattere non fiscale, mirati

sulle produzioni agricole. Esso preleva i campioni vegetali direttamente in campo

e persegue il fine di valutare le strategie di difesa fitosanitaria adottate e di

individuare e correggere eventuali irregolarità.

Osservatorio Nazionale sui Residui (ONR): ha sede presso l'Università

Cattolica di Piacenza e raccoglie ed elabora, attraverso una propria banca dati, i

risultati delle analisi condotte nell'ambito del controllo interno, di cooperative,

società, industrie, e operatori privati del settore agroalimentare, interessati al

controllo della propria produzione prima dell’ immissione sul mercato.

4.5.1 Controlli Ufficiali

In base alla normativa vigente relativa ai limiti massimi di residui di sostanze attive,

tollerate sui e nei prodotti alimentari, ciascun Stato Membro dell’Unione Europea

deve organizzare annualmente un Piano di controllo dei Residui degli Agrofarmaci, e

ha l'obbligo di stilare un Rapporto Annuale che deve essere inviato alla Commissione

Europea.

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In Italia il Piano Nazionale di controllo dei Residui è coordinato dal Ministero della

Salute, che raccoglie per via telematica i dati prodotti dalle strutture periferiche

regionali e dalle province autonome con il supporto tecnico-scientifico dell'Istituto

Superiore della Sanità (ISS). Il numero minimo e il tipo di campioni da analizzare

sono fissati dal D.M. 23 Dicembre 1992 che definisce inoltre la ripartizione dei

campioni per Regione, che è calcolata in base ai dati di consumo di Agrofarmaci,

rapportata alla produzione degli alimenti interessati.

Nell’ambito dei controlli ufficiali il Ministero della Salute monitora gli alimenti

d'origine nazionale e di provenienza estera, destinati:

ad essere commercializzati sul territorio nazionale;

ad essere esportati verso Paesi dell'UE;

ad essere esportati verso Paesi terzi.

Gli scopi e i criteri d'indirizzo del controllo sono armonizzati con quelli degli altri

Paesi dell'UE, così come i metodi, i criteri e le procedure adottate per il

campionamento degli alimenti.

I controlli sono eseguiti da laboratori pubblici specializzati, costituenti vere e proprie

reti Regionali appartenenti a tre diverse strutture operative locali, quali:

PMP (Presidio Multizonale di Prevenzione);

ARPA (Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente);

IZS (Istituto Zooprofilattico Sperimentale).

Ad esse si affiancano altre importanti strutture ufficiali tra le quali in particolare

l'Istituto Superiore di Sanità (ISS), che è il laboratorio nazionale di riferimento per

l'attuazione del piano nazionale sui residui e che è centro comunitario di riferimento

per i prodotti medicinali veterinari e per vari gruppi d'agrofarmaci (carbammati,

piretroidi, organoclorurati compresi i policlorobifenili (PCB), organofosforati).

Nell'ambito dell'organizzazione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) i laboratori

del PMP e dell'ARPA eseguono i controlli sugli alimenti d'origine vegetale, mentre i

laboratori dell'IZS eseguono il controllo dei residui sugli alimenti d'origine animale.

I requisiti richiesti ai laboratori preposti al monitoraggio prevedono che questi siano

conformi, alle procedure standard previste dalle Buone Pratiche di Laboratorio o

BPL.

L'Istituto Superiore di Sanità è l'organismo responsabile della valutazione e del

riconoscimento di tali laboratori, i cui risultati sono inviati per via telematica al

Ministero della Salute per essere raccolti ed elaborati ogni anno per la stesura del

rapporto che riassume lo stato della situazione nazionale e che è inoltrato alla

Commissione dell'UE per documentare i risultati ottenuti (Pesticides Residues in

Vegetable Products).

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Confrontando i risultati dei controlli ufficiali sui residui di prodotti fitosanitari nei

prodotti ortofrutticoli a partire dal 1993, (primo anno di attuazione del programma),

risulta evidente come il numero di campioni analizzati sia considerevolmente

aumentato fino al 2001, passando da un numero di 6.072 campioni analizzati nel

1993 a 8.857 nel 2001, per poi subire un assestamento ad un livello standard nel

quinquennio 2003-2008.

Grafico 4.2: campioni analizzati nell’ambito dei controlli ufficiali in Italia

(Fonte : Ministero della Salute)

Il quadro della situazione che emerge dai monitoraggi è positivo. Per quanto riguarda

l’Italia, dai risultati del monitoraggio del Ministero della Salute emerge che la

percentuale di campioni irregolari è diminuita nel corso degli ultimi anni.

Confrontando i dati relativi al 2009 - 2010 con quelli degli anni precedenti, risulta

evidente come la percentuale di irregolarità negli ortofrutticoli abbia subito un

progressivo decremento passando dal 5,6% del 1993 allo 0,8% del 2009 e 0,9 del

2010. Decisamente inferiore a quello riscontrato in ambito europeo, che tuttavia dopo

aver toccato il tetto massimo del 5,5 % di irregolarità nelle annate 2002 e 2003, si è

avviato ad avere un trend positivo scendendo a quota 2,6%.

Entità campioni Controlli Ufficiali Italia 1993 - 2010

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65 Cristian Tozzi

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Grafico 4.3: irregolarità riscontrate nei controlli ufficiali in Italia e nell’Unione Europea

(Fonte: EFSA).

Per l’anno 2009 i livelli massimi residui in Europa, si legge in una nota dell’EFSA,

sono stati superati più frequentemente nei campioni provenienti da Paesi esterni allo

spazio economico europeo che in quelli provenienti dai Paesi UE.

Mettendo a confronto i risultati dei controlli ufficiali ottenuti in altri paesi europei

nell’anno 2009 (Grafico 4.4) si evince l’elevata performance di tutto il sistema

italiano.

Controlli Ufficiali Europei 2009

Grafico 4.4: Risultati dei controlli ufficiali europei 2009

(Fonte : EFSA)

Irregolarità riscontrate nell’Unione Europea e Italia 1993 - 2010

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66 Cristian Tozzi

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4.5.1.1 Controlli ufficiali in Italia anno 2009

Approfondendo i dati che riguardano l’Italia per l’anno 2009 il numero di campioni

ortofrutticoli analizzati in Italia è di 4595, di cui: 2444 per la frutta e 2151 per gli

ortaggi. Il numero di campioni di frutta e ortaggi irregolari è risultato pari a 38

(0.8%), di cui: 21 per la frutta (0.9%) e 17 per gli ortaggi (0.8%). Pertanto, come si

vede dal grafico 4.5 i campioni globali regolari sono risultati in percentuale molto

elevata, pari al 99.2% e nell’ ambito dei campioni regolari il numero di campioni

privi di residui è pari al 70 %, ed il numero di campioni con residuo entro il limite

legale è pari al 29,2 %.

Risultati analitici frutta e ortaggi anno 2009

Grafico 4.5: Risultati analitici frutta e ortaggi anno 2009

(Fonte: Ministero della Salute)

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Per quanto riguarda la distribuzione dei residui per matrici alimentari per l’anno

2009 è interessante notare lo 0 % dei campioni irregolari di kiwi, pesche e nettarine.

Distribuzione dei residui 2009

FRUTTA

Alimento

Totale

Campioni

Analizzati

Campioni

con

Residui

Superiori

al Limite

di Legge

(LMR)

Campioni

con

Residui

Superiori

al Limite

di Legge

(%)

Campioni

con

Residui

Inferiori

al limite

di Legge

(LMR)

Campioni

con

Residui

Inferiori

al Limite

di Legge

(%)

Campioni

Privi di

Residui

Rilevabili

Campioni

Privi di

Residui

Rilevabili

(%)

Mele 444 3 0,7 277 62,4 164 36,9

Pesche e

Nettarine

314 0 0,0 185 58,9 129 41,1

Pere 250 2 0,8 167 66,8 81 32,4

Arance 186 1 0,5 93 50,0 92 49,5

Kiwi 193 0 0,0 51 26,4 142 73,6

Fragole 165 2 1,2 94 57,0 69 41,8

Uva da

Tavola

123 1 0,8 71 57,7 51 41,5

Banane 119 0 0,0 53 44,5 66 55,5

Limoni 102 0 0,0, 54 52,9 48 47,1

Albicocche 82 5 6,1 34 41,5 43 52,4

Prugne 73 2 2,8 29 39,7 42 57,5

Clementino 70 0 0,0 46 65,7 24 34,3

Ciliegie 68 3 4,4 30 44,1 35 51,5

Mandarini 48 0 0,0 25 52,1 23 47,9

Uva da

Vino

29 0 0,0 17 58,6 12 41,4

Ananassi 25 0 0,0 6 24,0 19 76,0

Pompelmi 22 0 0,0 18 81,8 4 18,2

Nocciole 16 0 0,0 0 0,0 16 100,0

Caco 13 1 7,7 0 0,0 12 92,3

Olive da

Tavola

9 0 0,0 2 22,2 17 77,8

Pinolo 9 0 0,0 0 0,0 9 100,0

Manghi 8 0 0,0 4 50,0 4 50,0

Altre Olive 7 0 0,0 0 0,0 7 100,0

Bacche 7 0 0,0 0 0,0 7 100,0

Datteri 7 0 0,0 0 0,0 7 100,0

Tabella 4.1: distribuzione dei residui nella frutta 2009

(Fonte: Ministero della Salute)

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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”

Ed è interessante notare l’elevata regolarità riscontrata negli ortaggi.

Distribuzione dei residui 2009

ORTAGGI

Alimento

Totali

Campioni

Analizzati

Campioni

con

Residui

Superiori

al Limite

di Legge

(LMR)

Campioni

con

Residui

Superiori

al Limite

di Legge

(%)

Campioni

con

Residui

Inferiori

al Limite

di Legge

(LMR)

Campioni

con

Residui

Inferiori

al

Limite

di Legge

(%)

Campioni

Privi di

Residui

Rilevabili

Campioni

Privi di

Residui

Rilevabili

(%)

Pomodoro 284 1 0,3 67 23,6 216 76,1

Patata 185 0 0,0 61 33,0 124 67,0

Zucchino 149 0 0,0 17 11,4 132 88,6

Lattuga 133 1 0,7 50 37,6 82 61,7

Peperone 122 2 1,6 31 25,4 89 73,0

Carote 121 0 0,0 20 16,5 101 83,5

Melanzana 89 0 0,0 14 15,7 75 84,3

Finocchio 72 0 0,0 12 16,7 60 83,3

Cipolla 71 0 0,0 7 9,9 64 90,1

Fagiolo 67 0 0,0 7 10,4 60 89,6

Cavolfiori 66 0 0,0 3 4,5 63 95,5

Cetriolo 60 1 1,6 13 21,7 46 76,7

Pisello 54 1 1,9 2 3,7 51 94,4

Radicchio 50 0 0,0 6 12,0 44 88,0

Fagiolino 45 3 6,7 6 13,3 36 80,0

Sedano 44 2 4,5 27 61,4 15 34,1

Cavoli 39 1 2,6 4 10,3 34 87,1

Melone 39 0 0,0 8 20,5 31 79,5

Carciofi 37 1 2,7 4 10,8 32 86,5

Spinacio 37 1 2,7 6 16,2 30 81,1

Bietola

da costa

34 1 3,0 8 23,5 25 73,5

Asparagi 30 0 0,0 0 0,0 30 100,0

Aglio 22 0 0,0 6 27,3 16 72,7

Altri

ortaggi

22 0 0,0 0 0,0 22 100,0

Legumi 22 0 0,0 0 0,0 22 100,0

Cece 19 1 5,3 3 15,8 15 78,9

Tabella 4.2: distribuzione dei residui negli ortaggi, controlli ufficiali 2009

(Fonte: Ministero della Salute)

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Le sostanze maggiormente ricercate durante le analisi dei controlli ufficiali del 2009

sono:

Sostanze attive maggiormente ricercate 2009

Frutta Ortaggi Sostanza Attiva N. analisi Sostanza Attiva N. analisi

Dimetoato 2359 Dimetoato 2048

Clorpirifos 2350 Procimidone 2036

Procimidone 2349 Diazinone 2016

Diazinone 2331 Clorpirifos 2013

Clorpirifos metile 2265 Clortalonil 1911

Bromopropilato 2227 Clorpirifos metile 1909

Clorotalonil 2205 Iprodione 1876

Fosalone 2198 Endosulfan 1871

Malation 2181 Fenarimol 1867

Endosulfan 2162 Bromopropilato 1858

Iprodione 2148 Malation 1845

Fenarimol 2130 Pirimifos- metile 1842

Fenitrotion 2108 Fosalone 1799

Pirimifos- metile 2048 Tolclofos metile 1787

Deltametrina 2044 Deltametrina 1777

Dicono 2007 Cipermetrina 1757

Metalaxil 1968 Dicofol 1751

Cipermetrina 1958 Fenitrotion 1749

Metidation 1951 Metalaxil 1734

Tolclofos-metile 1947 Penconazolo 1638

Triadimefon 1929 Triadimefon 1629

Imazalil 1929 Imazalil 1627

Penconazolo 1927 Metidation 1606

Cialotrina 1920 Azinfos metile 1588

Miclobutanil 1915 Cialotrina 1530

Azinfos metile 1913 Miclobutanil 1510

Pirimicarb 1788 Vinclozolin 1508

Buprofezin 1752 Azoxistrobin 1494

Acrinatrina 1752 Pirimicarb 1481

Azoxistrobin 1746 Benalaxil 1472

Propiconazolo 1713 Propiconazolo 1446

Benalaxil 1707 Pendimetalin 1446

Cyprodinil 1694 Diclorvos 1404

Fosmet 1673 Buprofezin 1367

Triadimenol 1615 Fenvalerate 1332

Bupimirate 1612 Bupirimate 1291

Bifentrin 1594 Acrinatrina 1284

Fludioxonil 1567 Triadimenol 1273

Tabella 4.3: sostanze attive maggiormente ricercate, controlli ufficiali 2009

(Fonte: Ministero della Salute)

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Tra le sostanze attive maggiormente riscontrate nelle varie matrici sono:

Sostanze attive maggiormente riscontrate 2009

FRUTTA

Sostanze Attive

Determinazioni con residuo > LMR

Determinazioni con

residuo < LMR Triflumuron albicocche (4) – prugne (2) 956

Captano Ciliegie (1)- mele (2) 1537

Clorpirifos Caco (1)- ciliegie (1)-ribes (1) 2347

Cyprodinil Ciliegie (1)- mele (2) 1691

Acefate Ribes (1) 1461

Clorprofam Pere (1) 968

Dimetoato Caco (1) 2358

Etion Fragole (1) 1119

Etossichina Mele(1) 426

Folpet Uva da tavola (1) 1065

Fosmet Albicocche (1) 1672

Kresoxim Metil Fragole (1) 1266

Metiocarb Arance (1) 854

Metomil Pere (1) 1162

Procimidone Ciliegie (1) 2348

Acetamiprid 300

Acrinatrina 1752

Alacor 128

Aldicarb 537

Aldrin 892

Alfametrina 1039

Ametrina 158

Amitraz 122

Anilazina 13

Antrachinone 173

Atrazina 769

Azinfos-Metil 1913

Azinfos- Etil 1338

Azoxistrobin 1746

Benalaxil 1707

Bendiocarb 120

Benfluralin 639

Tabella 4.4: sostanze attive maggiormente riscontrate nella frutta, controlli ufficiali 2009

(Fonte: Ministero della Salute)

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Sostanze attive maggiormente riscontrate 2009

ORTAGGI Sostanze attive Determinazioni con

residuo > LMR

Determinazioni con

residuo < LMR Clorpirifos Bietola da costa (1) - cavoli

(1) - peperone (1)

2010

Dimetoato Bietola da costa (1) -

fagiolino (1)

2046

Indoxicarb Sedano (2) 681

Clofentezine Peperone (1) 554

Clorpirifos-Metil Prezzemolo (1) 1908

Dicloran Pomodoro (1) 1251

Etion Fagiolino (1) 956

Etofenprox Fagiolino (1) 962

Fenitrotion Cece (1) 1748

Fenpropatin Fagiolino (1) 1011

Fludioxonil Spinacio (1) 1217

Lambda cialotrina Carciofi (1) 1529

Mepanipyrin Lattuga (1) 833

Oxamil Cetriolo (1) 522

Tebuconazolo Pisello (1) 1243

Acefate 1139

Acetamiprid 286

Acrinatrina 1284

Alaclor 351

Aldicarb 454

Aldrin 883

Alfametrina 737

Ametrina 196

Amitraz 187

Anilazina 6

Antrachinone 181

Atrazina 695

Azinfos-Metil 1588

Azinfos-etil 1229

Azoxistrobin 1494

Benalaxil 1472

Tabella 4.5: sostanze attive maggiormente riscontrate negli ortaggi, controlli ufficiali 2009.

(Fonte: Ministero della Salute)

Tale risultato positivo è attribuibile in parte alle attività delle strutture sia centrali sia

territoriali ormai permanentemente impegnate nel controllo ufficiale in materia di

prodotti fitosanitari in Italia, in parte alla costante revisione in senso restrittivo

operata dal Ministero su alcuni impieghi ammessi, nonché ad una sempre maggiore

consapevolezza degli operatori agricoli nell’impiego dei prodotti fitosanitari.

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4.5.1.2 Controlli ufficiali in Italia anno 2010

I risultati dei controlli ufficiali sugli ortofrutticoli dell’anno 2010 non sono ancora

stati forniti definitivamente. Ciò significa che sono ancora in corso di elaborazione,

pertanto qui di seguito riporto i soli dati ufficiali estrapolati dalla mia ricerca.

Riepilogo risultati analitici frutta e ortaggi anno 2010

Campioni Regolari Irregolari

Campioni

Totale

Campioni

Campioni

privi di

residui

rilevabili

Campioni

privi di

Residui

rilevabili

%

Campioni

con

Residui

Inferiori

al Limite

di Legge

(LMR)

Campioni

con

Residui

Inferiori

al Limite

di Legge

(%)

Campioni

con

Residui

Superiori

al limite

di Legge

(LMR)

Campioni

con

Residui

Superiori

al limite

di Legge

(%)

Frutta 2.811 1.325 47,1 1.469 52,3 17 0,6

Ortaggi 2.519 1.901 75,4 589 23,4 29 1,2

Totale 5.330 3.226 60,5 2.058 38,6 46 0,9

Tabella 4.6: Riepilogo risultati analitici frutta e ortaggi controlli ufficiali 2010

(Fonte: Ministero della Salute)

Grafico risultati analitici frutta e ortaggi anno 2010

Grafico 4.6: risultati dei controlli ufficiali in Italia nel 2010

(Fonte: Ministero della Salute)

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73 Cristian Tozzi

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Come possiamo evincere dalla tabella 4.6 e dal grafico, viene confermato il trend

positivo dei controlli ufficiali italiani su frutta e vegetali, confermando il totale delle

irregolarità al di sotto dell’1%, per un totale di 46 campioni irregolari su 5330

campioni analizzati.

Dai grafici sottostanti vediamo nel dettaglio i risultati per frutta e ortaggi.

Grafico 4.7: risultati su frutta e ortaggi controlli ufficiali 2010

(Fonte: Ministero della Salute)

4.5.2 Controlli non fiscali

Parallelamente ai monitoraggi svolti dal Ministero della Salute sono condotti dal

MiPAF controlli sistematici, su tutto il territorio nazionale, sulla presenza di residui

su colture, terreno e acque.

Questo piano nazionale di monitoraggio, operante nell'ambito del "Programma

Interregionale per il Miglioramento delle Produzioni Agricole", è finalizzato al

controllo non fiscale dei residui e si prefigge di:

Controllare l'impiego degli agrofarmaci in agricoltura, sia in campo che in fase di

conservazione;

Perseguire un riscontro oggettivo delle esigenze poste dalle tecniche di protezione

delle colture, allo scopo di migliorare l'applicazione degli agro farmaci e ridurre i

casi d'irregolarità dei residui;

Individuare le situazioni anomale e/o illegali (usi impropri dell'agrofarmaco,

carenze legislative, principi attivi a rischio), proponendo appropriati rimedi.

Il Piano nazionale di monitoraggio e la rete di laboratori di controllo che il MiPAF ha

istituito per la prima volta nel 1992, risultano avere peculiarità che li rendono unici

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rispetto ai monitoraggi di tipo tradizionale e nascono sulla base delle competenze che

il ministero ha nei confronti dell'indirizzo e della tutela dell'agricoltura nazionale.

La rete dei laboratori di controllo, costantemente aggiornata e ispezionata, è costituita

da 5 centri nazionali di riferimento, cui fanno capo più regioni. Essi sono:

AREA NORD (Valle d'Aosta, Piemonte, Lombardia, Liguria, Trentino, Friuli,

Emilia Romagna, Marche);

AREA CENTRO (Toscana, Lazio, Umbria, Campania, Abruzzo);

AREA SUD (Basilicata, Puglia, Molise, Calabria);

AREA SICILIA;

AREA SARDEGNA.

Tutti i campioni sottoposti a controllo sono accompagnati da una scheda dei

trattamenti che consente un monitoraggio mirato dei residui e conseguentemente,

sulla base delle informazioni raccolte, di comprendere le ragioni delle eventuali

irregolarità rilevate.

Il Piano nazionale di monitoraggio del MiPAF oltre ad essere caratterizzato da

peculiarità proprie quali:

- il conferimento di campioni a storia nota;

- il conferimento di tipo volontario;

- la non fiscalità del controllo;

- l'anonimità del campione;

- la rapidità della risposta analitica;

persegue anche alcuni obiettivi particolari quali: la verifica dell'effettivo impiego del

prodotto, lo studio delle curve di degradazione, il controllo dei prodotti su acque e

terreni.

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4.5.3 Osservatorio Nazionale Residui (ONR)

L’Osservatorio Nazionale Residui è una Struttura dell’Associazione Nazionale di

Agricoltura Integrata (ANSAI), nata nel 1996. Nel 2001 ha stipulato una

convenzione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore della Facoltà di Agraria di

Piacenza, con la quale si è presa la responsabilità di raccogliere i risultati delle analisi

pervenute volontariamente da cooperative di produttori, singole aziende agricole,

aziende agroalimentari o da controlli effettuati sulla catena alimentare (ad esempio

supermercati).

Lo scopo è quello di far conoscere agli interessati, l'effettiva situazione igienico-

sanitaria degli alimenti prima della loro immissione sul mercato. Questo obbiettivo è

raggiunto grazie ai controlli eseguiti da 25 laboratori sparsi sul territorio nazionale e

accreditati o dal SINAL (Sistema Nazionale d'Accreditamento Laboratori), o dal

Ministero della Salute attraverso la buona pratica di laboratorio (BPL).

Di seguito riporto alcuni dati elaborati dall’ONR riguardanti i controlli sui residui nel

decennio 2001 – 2010.

Entità dei controlli ONR 2001-2010

Grafico 4.8: entità dei controlli dal 2001-2010

(Fonte: ONR Piacenza)

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Entità dei controlli ONR 2001 – 2010

Grafico 4.9: entità dei controlli dal 2001-2010

(Fonte: ONR Piacenza)

Presenza di residui nei campioni (ONR) 2001 – 2010

Grafico 4.10: presenza dei residui nei campioni 2001- 2010

(Fonte: ONR Piacenza)

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77 Cristian Tozzi

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4.6 Precisazioni

I residui risultati in alcuni casi superiori ai limiti ammessi possono ingenerare

preoccupazione nei consumatori.

Occorre tuttavia considerare che:

I residui si ritrovano a livelli superiori ai LMR quando gli agrofarmaci sono stati

impiegati in disaccordo alle indicazioni riportate in etichetta o su colture non

autorizzate.

I livelli di residui superiori ai LMR non riguardano sempre la stessa combinazione

prodotto/coltura.

In caso di frequente superamento dei limiti, l’impiego del prodotto su quella

coltura viene revocato.

Inoltre il superamento dei LMR o la presenza di residui su colture non autorizzate

non comporta automaticamente un rischio per la salute.

È importante ribadire ancora una volta che i LMR non rappresentano una soglia di

sicurezza tossicologica ma una soglia legale. Il loro scopo principale è consentire la

commercializzazione delle derrate ed il controllo del corretto impiego degli agro

farmaci. Pertanto alla luce dei dati appena riportati si può concludere con assoluta

certezza che, per quanto riguarda la presenza di residui, la frutta e la verdura che

giunge nelle tavole dei cittadini italiani ed europei è assolutamente sicura.

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79 Cristian Tozzi

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Capitolo 5

Residui di Agrofarmaci e GDO

5.1 Multiresiduo

La maggior parte delle colture, durante il loro sviluppo, è soggetta ad attacchi di

molteplici avversità tra insetti e patogeni. Di conseguenza molte colture vengono

trattate con più di un agrofarmaco, ed è questo il motivo per cui spesso negli alimenti

destinati al consumo, sono presenti più di un unico residuo, come osservato dai dati

riportati nei grafici 4.10 - 5.1 – 5.2.

Numerosità dei residui nei campioni ONR 2009

Grafico 5.1 : numerosità dei residui nei campioni

(Fonte: ONR Piacenza)

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80 Cristian Tozzi

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Tuttavia in base all’unico studio disponibile a livello comparativo ed Europeo circa la

presenza congiunta di due o più residui fitosanitari è interessante notare come la

multiresidualità in frutta e verdura sono passate - secondo EFSA- dal 15, 4% nel 1997

al 25,1% nel 2009. L’aumento di residui fitosanitari abbinati sarebbe dovuto anche al

miglioramento dei metodi analitici nei loro livelli di soglia che permettono di rilevare

un numero maggiore di sostanze analizzate anche grazie al fatto che riescono a

riscontrare residui nell'ordine delle parti per bilione (ppb). Non a caso nel

Programma Europeo di Controllo nel 1997 erano indagate e monitorate 71 sostanze,

diventate ben 834 nel 2009. (Fonte: EFSA)

Entità dei residui Controlli Ufficiali Italia 2009

Grafico 5.2: risultati sull’incidenza dei residui in frutta e ortaggi controlli ufficiali 2009

(Fonte: Ministero della salute)

Ciò nonostante la presenza di multiresidui negli alimenti vegetali ha portato alla

preoccupazione che la combinazione di svariate sostanze chimiche possa determinare

effetti sinergici sull’organismo; cioè che l’effetto complessivo di una serie di

agrofarmaci possa essere superiore alla somma dei singoli effetti, il cosiddetto

“effetto cocktail”.

Questa tematica è molto dibattuta da tempo da tutti gli attori della filiera agrochimica.

Da un lato le associazioni agrochimiche tendono a sdrammatizzare con eccessiva

superficialità e dall’altro le associazioni ambientaliste tendono a fare inutili

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81 Cristian Tozzi

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allarmismi le cui pressioni nei confronti della GDO hanno portato alla compilazione

di disciplinari che prevedono, tra le altre cose anche una riduzione del numero dei

principi attivi.

La realtà è che oggi, nel mondo, non esiste nemmeno un modello valido di

valutazione del rischio cumulativo dei diversi pesticidi. Allo stesso tempo però non

esiste, sulla base delle informazioni oggi a disposizione, nemmeno un’evidenza

scientifica che dimostri una possibile interazione, ne di tipo sinergico ne di tipo

antagonistico, tra i vari residui contenuti negli alimenti.

Tuttavia questa è una problematica ancora aperta che negli ultimi anni sta evolvendo

nella direzione di ricercare un metodo di valutazione del rischio cumulativo che tenga

in considerazione non solo il singolo principio attivo ma una miscela di principi attivi

con modalità d’azione simili e differenti.

5.2 Valutazione del rischio cumulativo

Nel quadro del più ampio lavoro dell’EFSA sulla valutazione del rischio cumulativo,

nel 2006 si è tenuto un convegno dal titolo “Colloquio scientifico sulla valutazione

del rischio cumulativo” che ha contribuito a orientare verso ulteriori sviluppi nel

settore. Nel 2008 il gruppo di esperti scientifici sui prodotti fitosanitari e loro residui

(PPR), nominato dall’EFSA, ha emanato un parere su tutti i tipi di tossicità combinata

dei pesticidi, compresa l’interazione tra sostanze chimiche diverse, in cui si

concludeva che soltanto gli effetti cumulativi derivanti dall’esposizione concomitante

a sostanze che hanno comuni modalità di azione davano adito a timori e richiedevano

pertanto ulteriori approfondimenti.

A settembre del 2009, facendo seguito a tali raccomandazioni, il gruppo di esperti ha

selezionato alcuni pesticidi del gruppo dei fungicidi triazolici per testare le

metodologie proposte, e ha convenuto sulla necessità di raggiungere un consenso a

livello internazionale in merito ai gruppi di pesticidi che potevano essere esaminati

congiuntamente mediante un approccio alla valutazione del rischio cumulativo. Il

gruppo ha anche concluso che l’applicazione di una nuova metodologia di

valutazione del rischio cumulativo richiedeva lavoro supplementare e che si

rendevano necessarie anche ulteriori linee direttrici sulle metodologie appropriate alla

valutazione dell’esposizione.

C’è quindi da aspettarsi una rivoluzione per quanto riguarda le valutazioni del rischio

per la messa in commercio degli agrofarmaci, i quali dovranno tener conto non solo

del singolo principio attivo, ma di una miscela di principi attivi.

Tuttavia in attesa di un modello affidabile per valutare l'esposizione a gruppi di

sostanze aventi il medesimo meccanismo d'azione, ad oggi non esiste alcuna evidenza

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scientifica che dimostri l'esistenza di un effetto sinergico dei residui multipli, quando

questi sono presenti ai livelli riscontrati negli alimenti, quindi non c'è motivo di

supporre che essi rappresentino una minaccia per la salute dell'uomo, se non si

considerano residui di gruppi chimici aventi meccanismi d’azione simile.

5.3 Aspetti scientifici

Nel corso dell’approfondimento di questa tematica ho trovato la relazione di un test

eseguito nel 1998 dal “Gruppo di Tossicologia Sperimentale del Dipartimento di

Farmacologia di Firenze”. Il test fu eseguito su una miscela di sostanze attive più

rappresentanti della dieta di un uomo del centro Italia di quegli anni.

Si costruì per questo esperimento un Mix, dalla quantità stimata di 0,716 mg/d, di 15

principi attivi. Nella tabella 5.1 vengono riportati i principi attivi e le relative

proporzioni giudicate verosimili in base alla stima eseguita sulla dieta.

Sostanza Attiva Percentuale Sostanza Attiva Percentuale

Ditiocarbammato 20,7% Fenarimolo 1,9%

Benomil 19,6% Paration metile 1%

Tiabendazolo 14,9% Clorprofam 0,7%

Difenilammina 14,4% Parathion 0,7%

Clortalonil 13,1% Vinclozolin 0,3%

Procimidone 8% Clorfenvifos 0,3%

Metidathion 2,3% Pirimifos etile 0,1%

Clorpirifos etile 2%

Tabella 5.1: Rappresentazione quantitativa % dei più comuni pesticidi presenti in una dieta media

del centro Italia e impiegati nel Test dal“Gruppo di Tossicologia Sperimentale del Dipartimento di

Farmacologia di Firenze”. (Fonte: Dolara 1998)

Lo studio, eseguito su ratti, batteri e linfociti umani, dimostrava che la

somministrazione della miscela di 15 s.a. comunemente riscontrate nella dieta di un

uomo del centro Italia e in quantità proporzionali alla dieta considerata al tempo non

avevano alcun effetto avverso sulle cavie da laboratorio.

Si aumentarono così le dosi fino al raggiungimento di una concentrazione della

miscela di principi attivi, tale per le quali si manifestarono effetti avversi sulle cavie

da laboratorio. Effetti negativi traducibili ad un aumento di tossicità e

cancerogenicità.

Tuttavia esami più approfonditi dimostrarono che tali effetti avversi erano

riconducibili alle singole sostanze attive che in quel caso erano Benomil, Clortalonil,

Difenilammina.

Il test ha quindi dimostrato ancora una volta la dipendenza dose/effetto delle sostanze

potenzialmente tossiche, le quali esplicano il loro potenziale al raggiungimento di una

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soglia di concentrazione tale da permettere il superamento della soglia di tossicità.

Inoltre, implicitamente, ha dimostrato l’assenza di un effetto interattivo tra le diverse

sostanze impiegate, in poche parole non ha evidenziato nessun effetto cocktail.

Occorre infine precisare che la maggior parte delle sostanze attive impiegate in tal

esperimento, a seguito dell’applicazione della direttiva 91/414, sono oggi revocate. In

particolare Benomil e Difenilammina, due delle tre sostanze responsabili degli effetti

avversi non sono più impiegabili da tempo, mentre per l’unica delle tre ancora

approvata (il Chlortalonil che tuttavia dai risultati dei monitoraggi 2009 non risulta

nemmeno una presenza in tracce nonostante sia uno dei p.a. maggiormente ricercati

come si evince dalle tabelle 4.3 – 4.4 – 4.5) il LMR è fissato, per la maggior parte

delle colture al limite di determinazione analitica fissato a 0,01 ppm.

Un’altra testimonianza autorevole in merito alla tematica dei residui multipli

contenuti negli alimenti è espressa dalla nota tossicologa e ricercatrice Sara Visentin

che in un convegno organizzato da Gowan ad inizio 2010, afferma di aver

recentemente compiuto un monitoraggio in Lombardia per valutare il rischio legato

all’esposizione degli agrofarmaci nell’alimentazione. Oltre mille campioni per

calcolare l’effetto cumulativo di carbammati e fosforganici, gli unici per cui - dice la

ricercatrice - l’effetto sinergico avrebbe senso, avendo entrambi un meccanismo

d’azione anticolinesterasico.

La conclusione è che “non esiste un rischio acuto per il consumatore, e nemmeno

cronico, visto che l’effetto dei carbammati è reversibile. In più molti dei prodotti

testati sono destinati ad essere presto sospesi (fatto che ad oggi dovrebbe già essere

avvenuto) per effetto della revisione comunitaria. Il calcolo della dose giornaliera

accettabile, dice la ricercatrice, tiene già conto con ampio margine di sicurezza dei

rischi d’esposizione. Ed alla domanda esplicita: “Ma il timore sull’effetto sinergico

dei residui di agrofarmaci ha una base scientifica?” risponde “Assolutamente no”.

Infine la ricercatrice si lascia scappare un commento riguardo ad un vincolo imposto

dai recenti disciplinari di produzione della Grande Distribuzione Organizzata:

“Personalmente penso che il criterio del numero dei residui non abbia senso: meglio

tanti residui ampiamente sotto il limite, che pochi residui più vicini al limite

tollerabile, per la presumibile difficoltà nelle strategie di difesa innescata dalla

limitazione degli agrofarmaci utilizzabili”. (Fonte : Terra e Vita n. 5/2010)

Ma questo è argomento dei prossimi paragrafi trattati in questo elaborato.

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5.4 I disciplinari di produzione della GDO

Nell’autunno del 2005 associazioni afferenti al PAN (Pesticide Action Network) e a

Greenpeace condussero un’indagine su frutta e verdura posta in commercio sugli

scaffali dei supermercati di 5 paesi europei: Germania, Francia, Italia, Olanda e

Ungheria. Gli autori di questa indagine sulla base della numerosità delle sostanze

attive trovate in ogni campione stilarono una classifica dei diversi punti vendita della

Grande Distribuzione Organizzata.

Sulla spinta delle polemiche innescate dalle associazioni ambientaliste a seguito di

quest’indagine la grande distribuzione organizzata ha scelto una linea molto severa in

materia di residui di agrofarmaci, giungendo all'elaborazione di disciplinari di

produzione talmente vincolanti da risultare ben più restrittivi rispetto alla stessa

normativa europea vigente. Tali iniziative, frutto di contratti privati, non sono solo

una prerogativa della GDO italiana, ma soprattutto di grandi catene distributrici

europee che rappresentano un importante mercato di sbocco per i prodotti

ortofrutticoli italiani.

Possiamo di seguito riassumere alcune delle richieste fatte da una parte della Grande

Distribuzione Organizzata:

Divieto di impiego di alcune sostanze appartenenti ad una lista negativa, ed

esclusivo impiego di agrofarmaci appartenenti ad una lista positiva fornita dal

distributore.

Il livello di RMA, per singolo principio attivo, non deve eccedere una quota

variabile che va dal 30% all’ 80% del livello di LMR di legge vigente in Europa.

La sommatoria della percentuale di residui dei vari principi attivi presenti sul

prodotto, deve essere inferiore ad una quota che varia da 50 a 100. Per tutti o per

gruppi omogenei di classi di fitofarmaci (insetticidi, fungicidi, acaricidi, ecc….)

Lo sfruttamento massimo della dose acuta di riferimento (ARfD) non deve essere

superiore del 33% per ogni singola sostanza attiva. In certi casi la somma delle

ARfD delle singole sostanze non deve essere superiore al 70%.

È ammesso un numero massimo di principi attivi presenti contemporaneamente in

un campione. Il numero massimo di residui ammessi varia in funzione della

coltura e va da 1 a 5.

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La Grande Distribuzione Italiana, è tra le più moderate rispetto le colleghe europee.

Per la precisione; Crai, Selex, Metro, CONAD, richiedono prodotti ortofrutticoli con

un limite massimo residuale del 50% rispetto quello stabilito dalla legge, Carrefour

del 40% e Esselunga, COOP e Despar solo un 30% del Limite Massimo Residuale

(LMR) stabilito dalla normativa vigente.

Residui Massimi Ammessi da GDO italiana

Grafico 5.3: requisiti di rispetto del limite residuale massimo da parte

delle catene commerciali italiane. (Fonte: “Frutta e vite” 2009)

Nella Grande Distribuzione tedesca, come si evince dalla tabella 5.5, la Dole ritira

frutta che contiene al massimo l’80% del LMR. Tengelmann e Edeka il 70 %,

Kaufland il 33 %. LIDL, ALDI, Norma, Plus, Rewe e la olandese Super de boer

basano il loro limite di residuo su una percentuale variabile dell’ARfD che va da un

33% a un 100% e la sommatoria della percentuale di residui dei vari principi attivi

presenti sul prodotto deve essere inferiore ad una quota che va dal 50% al 80 %.

Ma non è finita qui e non la riduzione del quantitativo di residuo rilevabile nei

prodotti destinati al consumo che preoccupa i produttori, in quanto l’impiego corretto

degli agrofarmaci nel rispetto delle norme poste in etichetta, permette di mantenere il

residuo di principio attivo molto al di sotto del LMR fissato per legge.

È invece preoccupante il fatto che alcune catene di supermercati tedesche tra quelle

menzionate pretendono una limitazione del numero di residui rilevabili nei prodotti

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ortofrutticoli. Questa parte della GDO consente la rilevazione di un numero variabile

di sostanze attive che va da 1 a 5 a seconda della coltura. Ad esempio per la

produzione di pere sono ammesse al massimo 4 sostanze attive, per pesche e nettarine

le sostanze attive sono limitate a 3, mentre invece per il kiwi è ammessa al massimo

una sola sostanza attiva.

Le catene distributrici inglesi sono ancora più rigorose delle colleghe tedesche.

Sainsbury’s richiede a partire dall’anno 2009, di non rilevare la presenza di

insetticidi, mentre a far capo dal 2012 la merce fornita dovrà essere completamente

esente da residui. Marks & Spencer, The co-operative e Waitrose dispongono di una

propria lista di sostanze attive che non possono essere impiegate, o soltanto molto

limitatamente. Inoltre anch’esse pongono come obiettivo il raggiungimento del

“Residuo zero”.

Vincoli imposti da una parte della GDO europea

Riferimento

%

LMR

ARfD

% sommatoria

del LMR

N° sostanze

attive

Altro DOLE (D) 80 % - - - - Tengelmann (D) 70 % - - - - Kaufland (D) 33 % - - - - LIDL (D-NL) - < 33% - 1-5 - ALDI (D-NL) - < 80 % 80 % 1-5 - Norma (D) - < 80 % 80 % 5 - Edeka (D) 70 % - 70 % - - Plus (D) - < 70 % 70 % 1-5 - Rewe (D) - < ARfD 70 % - - Super de boer(NL) - < ARfD 50 % - Lista nera di 12

s.a.

Tabella 5.2: Vincoli imposti da una parte della GDO europea

(Fonte : PAN 2009 )

Marks

&

Spencer (UK)

Obiettivo futuro è di avere prodotti a “residuo zero” in

percentuale dal 60 – 90%

Lista nera di 60

s.a ( 29 delle

quali ammesse

in UE)

The

co-operative(UK)

Schema di supporto finalizzato affinchè gli agricoltori

evitino l’uso di pesticidi considerati pericolosi

Lista di s.a

proibite di cui

23 ammesse in

UE

Sainsbury’s (UK) Obiettivo di avere frutta e verdura a residuo zero dal 2012.

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5.4.1 Analisi delle richieste della GDO

È recentemente conclusa la revisione europea dei prodotti fitosanitari. Questa corposa

attività, avviata nel lontano 1993 ha preso in esame circa 1000 sostanze ed ha

determinato il progressivo ritiro dal mercato di circa 700 molecole chimiche. Vi è

stata quindi una significativa riduzione delle sostanze attive, come possiamo vedere

in termini percentuali dal grafico sottostante.

Effetto Dir. 91/414 sui p.a. disponibili a luglio 1993

Grafico 5.4: effetto direttiva 91/414 sui p.a. disponibili a luglio 1993

(Fonte:Mipaf)

In particolare gli insetticidi: sono usciti dal mercato numerosi fosforganici ( es.

Azinfos metile, Paration, acefate, ecc.), carbammati ( es. Carbaril, carbofuran, ecc.),

piretroidi (es. Bifentrin, Permetrina, ecc.) e regolatori della crescita ( es. Triflumuron,

Esaflumuron, ecc.). Tra i fungicidi sono stati fortemente ridimensionati i triazoli

(Esaconazolo, Triadimefon, ecc.) ed i benzimidazolici ( es. Benomil e Carbendazim,

ecc.) oltre che tanti erbicidi appartenenti ai gruppi chimici delle triazine e derivati

dell’urea.

I disciplinari di produzione di una parte della GDO che richiedono non vengano

impiegate le sostanze attive appartenenti ad una lista cosiddetta “nera” riduce

ulteriormente il panorama agrofarmacologico a disposizione dell’agricoltore per

contrastare le avversità. Fatto che non sembra necessario a fronte della già

restrittiva attività eseguita nell’ applicazione della direttiva 91/414, e dell’attuale

regolamento CE 1107/2009 che, già recepito, seguirà la suddetta direttiva.

Questa richiesta della GDO oltre che contraddire la Buona Pratica Agricola (BPA)

e la produzione integrata si tradurrebbe, nel medio periodo in un ulteriore aggravio

dei costi di produzione per via della diminuzione della concorrenza di mercato del

prezzo dei formulati dovuto alla forte diminuzione del numero di principi attivi.

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La richiesta di portare il residuo di fitofarmaci al tanto discusso limite del 80% o

addirittura del 33% di quello massimo ammesso per legge, ha tuttavia stimolato i

produttori e tutta l’organizzazione che li assiste verso un livello di attenzione al

problema dei residui maggiore ed in questo senso le garanzie per i consumatori

sono effettivamente migliorate. Inoltre non rappresenta un problema, in quanto

l’impiego corretto degli agrofarmaci nel rispetto delle norme poste in etichetta e

con le tecniche di difesa integrata, permette di mantenere il residuo di principio

attivo molto al di sotto del LMR fissato per legge. Sempre per lo stesso motivo

non risulta essere un grosso problema nemmeno il fatto che la sommatoria dei

singoli residui non debba superare il valore di riferimento pari a 50% - 80%,

sebbene resterebbe da capire quali siano i criteri d’impiego che dovrebbero

applicare gli agricoltori per essere certi di rispettare tali livelli di residuo.

Più discutibile è la richiesta del rispetto di una quota percentuale dell’ARfD o

della ARfD stessa. Tale parametro, ovvero la dose acuta di riferimento, è stato

introdotto di recente e rappresenta la quantità di sostanza presente negli alimenti

che può essere ingerita nel corso di 24 ore, senza apprezzabili rischi per la salute

del consumatore, tenendo conto dei gruppi di popolazioni più sensibili quali

bambini e nascituri.

Questo parametro non esiste per tutte le sostanze attive, ma sono determinate solo

per quelle sostanze che potenzialmente possono nuocere la salute solo con

un'unica esposizione.

Ad esempio in una ricerca nel “Pesicides Data Base” dell’unione europea non

trovo riscontro della ARfD per Azoxistrobin, Picoxistrobin, Metiram, e tantissimi

altri. Questo non farebbe che creare confusione negli agricoltori che nonostante

l’impegno nel rispettare tale vincolo, non troverebbero a disposizione le

informazioni necessarie per rispettarlo.

Inoltre, pur impiegando gli agrofarmaci nel pieno rispetto delle norme e delle

indicazioni poste in etichetta vedrebbero la merce respinta perché non conforme ai

disciplinari della GDO. E questo sappiamo bene che con i tempi che corrono per

gli agricoltori, è tutt’altro che sostenibile.

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5.4.2 Vincolo del numero di residui ammessi

La richiesta di una parte della GDO di ridurre la quantità di residui rilevabili in frutta

e verdura, è un parametro non soltanto del tutto arbitrario, ma potenzialmente foriero

di maggiori rischi per la salute umana e per l'ambiente di quelli che intenderebbe

prevenire. Infatti oltre che da un punto di vista strettamente tossicologico sarebbe

opportuno valutare questo vincolo anche da quello fitosanitario, verificando ciò che

tali richieste determinano nella fase produttiva e in particolare nella definizione delle

strategie di difesa.

Di seguito vedremo alcuni aspetti negativi dovuti a questo vincolo riscontrati in

questi anni di applicazione e a seguito di un’attenta analisi.

Una problematica è rappresentata nella fase del confezionamento quando viene

riunita, da privati o da cooperative, frutta o verdura di produttori differenti,

ottenuta mettendo in pratica linee di difesa diverse e quindi anche con l’utilizzo di

agrofarmaci differenti. Può capitare quindi, che pur producendo frutta o verdura

utilizzando gli agrofarmaci nel rispetto delle norme e delle indicazioni riportate in

etichetta e pure rispettando il vincolo del numero di 4, 3 o 1 residuo, la merce

venga respinta ugualmente. Ad esempio, se i 4 agrofarmaci utilizzati dal signor

Rossi per produrre la partita A di pere, non sono gli stessi 4 agrofarmaci utilizzati

dal signor Bianchi per la produzione della partita B, al momento del confezionato

quando vengono raccolte partite di produttori differenti si manifesta il problema.

Perché, se il campione analizzato risulterà composto da entrambe le partite esso

risulterà irregolare (secondo le norme imposte dalla GDO). La merce verrà quindi

respinta perché la totalità dei principi attivi riscontrati sarà ovviamente maggiore a

4 pur essendo un prodotto ottenuto nel tentativo di rispettare i disciplinari di

produzione della GDO, ma soprattutto nel pieno rispetto delle normative europee

e nazionali.

Pertanto una riduzione dei residui potrà avverarsi solo se tutti i frutticoltori si

atterranno strettamente, in caso di bisogno e a partire da un dato momento, alla

sola guida di difesa proposta.

Tuttavia questa soluzione manifesterebbe a sua volta un altro problema: mettiamo

il caso che i produttori siano riuniti in consorzi o associazioni di produttori (OP) e

siano costretti a rispettare tutti un numero chiuso di principi attivi

precedentemente stabilito per adempiere al disciplinare imposto da queste catene

distributrici.

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Problema Confezionamento

Azoxistrobin Azoxistrobin

Boscalid Boscalid

Clorpirifos Clorpirifos

Abamectina Emamectina benzoato

Partita A Partita B

Figura 5.1:Problema confezionamento in seguito alla riduzione del numero di p.a

Nel caso in cui la distribuzione di una delle sostanze attive prestabilite non risulti

necessaria, ad esempio per mancanza del superamento della soglia economica di

danno o per mancanza dell’avversità (dato che nell’ambiente agrario le variabili

sono molteplici), ecco che la sostanza attiva non potrà nemmeno essere

rimpiazzata utilizzandone un’altra per contrastare un’ulteriore eventuale ed

imprevedibile avversità. (non dimentichiamo che le problematiche fitopatologiche

non sono omogenee e uniformi da zona a zona e di anno in anno, anzi spesso

sorge una nuova incontrollabile avversità, un esempio attuale è la PSA del kiwi).

Quindi anche se ci fosse a monte una buona organizzazione e collaborazione di

tecnici, fitoiatri e di produttori, resta comunque il fatto che una difesa fitosanitaria

impostata su un vincolo simile, quale quella del numero di principi attivi ammessi

è impraticabile.

Inoltre il vincolo al numero di residui, così com’è impostato, contraddice alcuni

dei principi basilari sulla quale la difesa integrata ha posto le proprie fondamenta.

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Sappiamo bene che la difesa integrata mira ad effettuare trattamenti chimici solo

quando è strettamente necessario e sempre, previo pratiche di monitoraggio, al

superamento delle soglie economiche di danno.

La necessità di produrre un prodotto ortofrutticolo sano e commercializzabile,

nonostante il vincolo al numero di residui rilevabili, obbligherà l’agricoltore ad

effettuare un elevato numero di trattamenti cautelativi nelle fasi iniziali della

produzione frutticola senza alcuna valutazione circa l'effettiva necessità degli

interventi.

Trattare in fase fenologica così precoce e soprattutto a notevole distanza dalla

raccolta e commercializzazione del prodotto permetterà, oltre che a difendere le

colture dalle avversità, la completa degradazione del principio attivo nell’alimento

che comporterà, Sì una riduzione della quantità e del numero di residui

riscontrabili nell’alimento, ma determinerebbe però un aumento del residuo

nell’ambiente con conseguenze negative riguardo i rischi a carico dell’ambiente

stesso e della salute umana non solo dell’operatore ma indirettamente anche dei

consumatori, in quanto abitanti di questo pianeta.

Quindi, il rispetto di questo vincolo impone un ritorno ad una metodologia di lotta

convenzionale e all’impiego ripetuto dei soliti principi attivi. Questo oltre a

determinare l’instaurarsi di fenomeni di resistenza (come vedremo in seguito)

causerebbe anche l’insorgenza di avversità che altrimenti non ci sarebbero. Un

esempio è dato dall’impiego di quegli insetticidi detti “acari – insorgenti”, uno tra

questi è il Thiacloprid. Trattamenti ripetuti di questa sostanza attiva (sono

sufficienti 2 trattamenti) causa l’insorgenza di acari.

Conseguente si avrà un danno che, dovendo rispettare i disciplinari della GDO, il

produttore non può ripristinare, quindi un danno economico di notevole entità.

Perché, i prodotti acaricidi, oltre ad avere periodi di carenza più lunghi in quanto

residuano più a lungo nella coltura e nell’ambiente, hanno particolari

caratteristiche;

Gli acaricidi sono divisi in 3 categorie (come riportato al punto 2.2.1 di questo

elaborato): ovicidi, larvicidi e adulticidi a seconda dello stadio biologico

dell’acaro nella quale esplicano la loro azione tossica. Quindi un trattamento

acaricida efficace necessita di più di un principio attivo somministrato

contemporaneamente.

Un ritorno al convenzionale non è quindi auspicabile in quanto porterebbe a

vanificare tutti i progressi tecnici fatti negli ultimi 30-40 anni di esperienza

applicando le più moderne tecnologie e metodologie della produzione integrata.

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Inoltre un altro punto fondamentale della difesa integrata è quello di preservare la

massima efficacia dei principi attivi nei confronti del target, attraverso l’impiego

alternato degli stessi, oppure in miscela tra loro.

Infatti gli agrofarmaci di moderna concezione mirano ad essere più selettivi

possibile nei confronti delle specie non bersaglio al fine di avere un basso impatto

eco-tossicologico. Ciò è reso possibile grazie all’utilizzo di molecole con

meccanismi d’azione molto specifici che permettono di eliminare una specie

dannosa all’agricoltura preservando invece le specie utili all’ecosistema. Unica

problematica che questi principi attivi presentano è quella di essere facilmente

soggetti alla perdita di efficacia a causa dell’insorgenza, all’interno della

popolazione delle specie dannose, di organismi resistenti che moltiplicandosi

creano una popolazione meno sensibile o addirittura insensibile ai principi attivi

che presentano quello specifico meccanismo d’azione.

L’unica possibilità di mantenere l’efficienza della sostanza attiva è appunto quella

di impiegare in miscela tra loro o in maniera alternata i diversi principi attivi con

differenti modalità d’azione. Questa strategia, consolidata dopo decenni di

osservazioni ed esperienza, non è attuabile a seguito del vincolo imposto da una

parte della GDO tedesca. Infatti se l’agricoltore si troverà costretto a produrre

impiegando un numero limitato di principi attivi, impiegherà sempre gli stessi

principi attivi in maniera ripetuta. Il risultato sarebbe proprio il contrario dello

scopo che si intenderebbe raggiungere, infatti probabilmente si rileverà un

principio attivo in meno , ma in quantità superiori.

Per meglio comprendere pongo un esempio pratico: mettiamo che l’agricoltore

per produrre pere Abate fetel necessita di difendere la propria coltura da avversità

quali psilla, cocciniglia, carpocapsa, ticchiolatura e maculatura bruna( avversità

costantemente presenti in pereti situati nella zona Emiliano – Romagnola). Per

contrastare la psilla impiega nel corso della stagione Emamectina benzoato

(prodotto microbiologico che non presenta problemi di resistenza). E contrasta le

infestazioni da cocciniglie e carpocapsa con l’impiego di Clorpirifos. Restano

quindi 2 principi attivi per combattere le malattie fungine Maculatura bruna e

Ticchiolatura. La soluzione ottimale sarebbe quella di mettere in pratica una

strategia antiresistenza che preveda l’impiego di 3-4 molecole fungicide con

meccanismo d’azione differente, in alternanza tra loro o in miscela: ad esempio il

Tebuconazolo (Inibitore della Biosintesi degli Steroli) in alternanza ad una

miscela di Boscalid (Carbossamide) e Azoxistrobin (Strobilurina di sintesi)

entrambi principi attivi a basso impatto tossicologico ed eco-tossicologico, ma che

presentano un elevato rischio di perdita d’efficacia a causa di sviluppo di

resistenza dei parassiti. Questa strategia, frutto di progressi tecnici di difesa

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integrata evoluti dai migliori addetti al settore, permette di ottenere produzioni con

un basso livello di residui di principi attivi a basso impatto sull’ambiente e sulla

salute umana.

L’agricoltore che aderisce ai disciplinari di produzione della GDO tedesca, e che è

soggetto al vincolo dei 4 residui non può mettere in pratica questa strategia e

dovrà combattere le malattie fungine con l’impiego di sole 2 molecole. Sarà

quindi obbligato a trattare la coltura con un principio attivo in meno. Non potendo

mettere in pratica la strategia antiresistenza può avvenire presto una perdita di

efficacia delle sostanze attive, che costringe l’agricoltore ad aumentare le dosi

ottenendo, Sì un prodotto con un residuo in meno ma a conti fatti la quantità di

residuo nella pera sarà maggiore. Ma non è finita qui. Il produttore soggetto al

vincolo baserà la scelta dei principi attivi da utilizzare non sulle molecole a più

basso impatto tossicologico ed eco-tossicologico, ma sulle molecole più efficaci

che ha a disposizione (e non necessariamente le meno tossiche).

Quantità di residuo con 2 differenti linee di difesa

Figura 5.2: se vincolati a produrre con un numero inferiore di residui rilevabili, la

quantità totale di residui presenti nella matrice è superiore.

(NB: questo è solo un esempio finalizzato ad una miglior rappresentazione e comprensione,

quindi i valori riportati sono rappresentativi ma non reali)

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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”

La perdita d’efficacia del principio attivo, dovuto all’insorgenza di resistenza nelle

popolazioni di fitofagi o parassiti possono quindi portare ad aumentare i dosaggi

d’applicazioni e il numero di applicazioni determinando così un’ aumento dei residui

e nel lungo periodo ad una totale perdita d’efficacia della molecola con ulteriore

riduzione (in questo caso tecnica) degli agrofarmaci impiegabili.

Inoltre le sempre più evolute e precise tecniche di determinazione analitica, capaci di

riscontrare la presenza di residui a quantità inferiori allo 0,01 ppm , fanno si che

risulti sempre più difficile rispettare questo conteggio. Senza poi tenere conto che

oggi il limite è 0,01ppm, ma domani sarà ancora più basso perché deve garantire di

più il solo consumatore con l’illusione di “zero fitofarmaci”, tralasciando però la

sicurezza dell’operatore agricolo che li impiega comunque in campo per necessità.

Infine la proliferazione dei disciplinari da parte della GDO non fa che generare ancor

più confusione nel consumatore che in questo modo è portato ad associare

l’agrofarmaco a fattori negativi, con ripercussioni sui consumi dell’ortofrutta, che

invece dovrebbe essere incrementata nella vita quotidiana proprio perché si associa

ad uno stile di vita salutare.

Pertanto i principi fissati dai disciplinari privati elaborati da alcune catene della GDO,

ed in particolare il vincolo di ridurre il numero di residui rilevabili, è una scelta che

risponde esclusivamente a logiche di carattere commerciale che lasciano trasparire

ancora una volta un certo squilibrio tra la forza contrattuale dei produttori agricoli e

quella della Grande Distribuzione Organizzata. Si tratta perciò di una presa di

posizione unilaterale che non tiene conto delle problematiche di campo che sono

differenti da zona a zona anche in funzione della pressione delle avversità che non è

certamente omogenea e neppure uniforme negli anni. Sono quindi ricette scritte a

tavolino, al limite della praticabilità e che non risolvono ne i problemi fitopatologici

ne offrono un contributo in più per la sicurezza alimentare.

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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”

Conclusioni

Con il presente elaborato, frutto di una profonda ricerca e un’attenta analisi si è

tentato di mettere a disposizione del lettore tutte le informazioni necessarie a

comprendere se l’attuale normativa in materia di residui di agrofarmaci tutela

sufficientemente il consumatore. Inoltre se i disciplinari di produzione privati, emessi

dalla Grande Distribuzione Organizzata, contribuiscono ad apportare un contributo

significativo a tale scopo.

Nel tentativo di raggiungere tale obiettivo sono stati riportati i punti salienti che

caratterizzano la registrazione degli agrofarmaci. Abbiamo osservato che un prodotto

fitosanitario per poter essere autorizzato non deve solo essere efficace contro gli

organismi bersaglio, ma deve allo stesso tempo essere selettivo. Inoltre non deve

provocare effetti dannosi alla salute dell'uomo e agli animali e non deve provocare

effetti inaccettabili all'ambiente. Per verificare che vengano soddisfatti tali requisiti

sono effettuati studi alquanto minuziosi che prevedono la sperimentazione su animali

cavie da laboratorio al fine di costruire il profilo tossicologico della sostanza. Dopo

aver analizzato nel dettaglio la complessità, severità e durata di questo processo, che

può variare da 6 a 8 anni, possiamo concludere che se un agrofarmaco è autorizzato

all’impiego è perché ha fornito elevate garanzie di sicurezza per l'operatore, il

consumatore e l'ambiente.

In seguito si è analizzato il procedimento parallelo a quello di autorizzazione, ovvero

la fissazione del Limite Massimo di Residuo attraverso le “prove residui” e lo studio

delle curve di degradazione dell’agrofarmaco. Questo valore, fissato

obbligatoriamente al momento della registrazione dell'agrofarmaco, non rappresenta

una soglia di sicurezza tossicologica, ma rappresenta un limite legale oltre i quali il

prodotto vegetale non può essere commercializzabile. Pertanto se il residuo di un

agrofarmaco risulta superiore al LMR, significa che esso è stato probabilmente

impiegato in modo non corretto e non conforme alle raccomandazioni in etichetta.

Ciò rappresenta un reato ma non è necessariamente motivo di preoccupazione

sanitaria. Anzi, osservando i grafici è ben evidente quanto il LMR per ciascun

vegetale sia fissato ben al di sotto del limite massimo d'assunzione. Quindi il

superamento occasionale di questo valore rappresenta un reato punibile dalla legge,

ma non rappresenta un rischio per il consumatore.

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96 Cristian Tozzi

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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”

Successivamente abbiamo osservato i risultati dei monitoraggi fatti nell’ambito dei

controlli ufficiali, e quelli non ufficiali elaborati dall’ONR (Osservatorio Nazionale

dei Residui), sui prodotti ortofrutticoli e sono emersi risultati decisamente rassicuranti

in materia di sicurezza alimentare. Successi che secondo l’EFSA sono stati raggiunti

grazie alla restrittiva direttiva 91/414 e al recente regolamento 396/2005 che ha

armonizzato i LMR in tutta l’unione europea.

All’ultimo capitolo si è presa in considerazione la preoccupazione sollevata dalla

presenza di multiresidui sulla coltura ovvero che i diversi residui presenti negli

alimenti possano in qualche modo interagire in maniera sinergica.

La tematica, molto dibattuta negli ultimi tempi, non è supportata a sufficienza ne

dalla letteratura ne dalla scienza. Tuttavia ho provato a colmare queste lacune

riportando il risultato di un test eseguito dal “Gruppo di Tossicologia Sperimentale

del Dipartimento di Farmacologia di Firenze”, su una miscela di 15 principi attivi più

rappresentativi della dieta di un italiano del centro Italia. Il Test ha dato esito

negativo.

Inoltre Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, preso coscienza che dai

monitoraggi risulta un incremento della multi residualità ha affermato che “l’aumento

di residui fitosanitari abbinati sarebbe dovuto anche al miglioramento dei metodi

analitici nei loro livelli di soglia che permettono di rilevare un numero maggiore di

sostanze analizzate. Non a caso nel Programma Europeo di Controllo nel 1997 erano

indagate e monitorate 71 sostanze, diventate ben 834 nel 2009.”

Sempre l’EFSA qualche anno fa ha nominato un gruppo di esperti scientifici, che nel

2008 ha emanato un parere su tutti i tipi di tossicità combinata dei pesticidi, compresa

l’interazione tra sostanze chimiche diverse, in cui si concludeva che soltanto gli

effetti cumulativi derivanti dall’esposizione concomitante a sostanze che hanno

comuni modalità di azione davano adito a timori e richiedevano pertanto ulteriori

approfondimenti. Quindi la tematica è tutt’altro che chiusa.

Il gruppo di esperti ora sta ricercando un modello di valutazione del rischio

cumulativo che tenga in considerazione non più un singolo principio attivo, ma una

miscela di sostanze attive aventi meccanismi d’azione e di tossicità simili.

Comunque, in attesa di un modello affidabile per valutare l'esposizione a gruppi di

sostanze aventi il medesimo meccanismo d'azione, ad oggi non esiste alcuna evidenza

scientifica che dimostri l'esistenza di un effetto sinergico dei residui multipli, quando

questi sono presenti ai livelli riscontrati negli alimenti, quindi non c'è motivo di

supporre che essi rappresentino una minaccia per la salute dell'uomo, se non si

considerano residui di gruppi chimici aventi meccanismi d’azione simile.

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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”

Solo a questo punto abbiamo affrontato l’argomento inerente ai disciplinari di

produzione della Grande Distribuzione Organizzata. Dopo un’attenta e dettagliata

analisi delle richieste fatte da una parte di essa, si è venuto a conclusione che sebbene

alcune richieste hanno stimolato i produttori e tutta l’organizzazione che li assiste

verso un livello di attenzione al problema dei residui maggiore (ed in questo senso le

garanzie per i consumatori sono effettivamente migliorate) la limitazione di utilizzo

di agrofarmaci, se non opportunamente studiata in funzione delle patologie da

controllare attraverso organi competenti come ad esempio le università ecc., potrebbe

rivelarsi foriera di ulteriori problematiche di carattere non solo commerciale,

economico e fitopatologico, ma anche sanitario con un aggravio dell’ impatto

tossicologico ed eco tossicologico della difesa fitosanitaria stessa.

Pertanto possiamo concludere che, da quanto elaborato in questa ricerca, sia

l’ambiente, gli operatori del settore e il consumatore sono sufficientemente tutelati

dalla normativa vigente in materia di residui. Mentre l’applicazione dei disciplinari di

produzione emessi da una parte della Grande Distribuzione Organizzata (in

particolare quella europea), sono una presa di posizione unilaterale che non tiene

conto delle problematiche di campo, e fanno emergere un certo squilibrio tra la tutela

dell’ecosistema e degli operatori che da un lato vengono penalizzati, e quella dei

consumatori dall’altro lato, ai quali tuttavia non offre quel contributo in più alla

sicurezza alimentare che si intenderebbe apportare.

Mi appello pertanto alla stessa GDO affinché faccia un passo in dietro e consideri

la problematica dei residui in collaborazione con esperti del mondo scientifico ed

universitario, in modo tale da tenere conto anche delle problematiche fitopatologiche

di campo.

Mi appello inoltre agli organismi nazionali ed internazionali competenti, che fino ad

ora hanno dimostrato passività ed indifferenza, affinché sia presa una posizione

trasparente ed univoca e diano, nel caso non sia fatto un passo indietro, una

ridimensionata alle pretese avanzate dalla GDO, tornando così ad essere un punto di

riferimento per i consumatori e i produttori.

Mi appello infine al mondo scientifico affinché esegua un’ulteriore approfondimento

delle tematiche affrontate in questa tesi al fine di rimediare alle lacune tecniche e

scientifiche emerse, allo scopo principale di non demandare ad altri l’informazione.

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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”

Ringraziamenti

Desidero innanzitutto ringraziare il professor Agostino Brunelli per la disponibilità e

il sostegno offerto per la creazione di questo lavoro. Inoltre ringrazio la

professoressa Roberta Roberti per avermi fornito dati e materiale utile per la

realizzazione della tesi. Vorrei esprimere la mia gratitudine anche all’ ICPS di

Milano, e in particolare il Dr Christian Schlitt per il materiale che mi ha fornito.

Ringrazio inoltre il tecnico Maurizio Fiorini del CESAC e il coltivatore diretto

Stefano Tozzi per le numerose informazioni date durante la ricerca. Infine ringrazio

tutti i miei familiari per il sostegno ed in particolare mia moglie Margherita per la

pazienza avuta nel corso dei miei studi.

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Tesi di Laurea Triennale in Tecnologie Agrarie

“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”

Bibliografia Libri:

1) Trevisan e Gennari, “Agrofarmaci”, OASI, Bologna , 2008;

2) Ferrari, Marcon, Menta, “Fitopatologia, Entomologia agraria e Biologia applicata”

EDAGRICOLE, Bologna , 2000;

3) Belli, “Elementi di patologia vegetale”, PICCIN, Padova, 2007;

4) Galli, Corsini e Marinovich , “Tossicologia” , PICCIN, Padova 2008;

5) Derache, “Tossicologia e sicurezza degli alimenti”, Tecniche nuove, 1988;

6) Dolara, “Tossicologia: generale e ambientale”, PICCIN, 1998;

Articoli:

7) F. Mazzini, in “Agricoltura”,n.2 Febbraio, 2012, pag.10-12;

8) “Residui pesticidi, l'Italia ancora in testa alle classifiche Europee per sicurezza”

9) “Residui dei prodotti fitosanitari nelle derrate alimentari”, n.186, 2008

Agronotizie;

10) Waldner, “Le catene alimentari e la riduzione numerica dei residui di

agrofarmaci”, frutta e vite, 4/2009;

11) L. Tosi, “L’armonizzazione non mette fine alla guerra dei residui”, Terra e Vita,

n.39/2008;

12) “Posizione sulla fissazione di requisiti non-legislativi sui residui di agrofarmaci”

Agrofarma;

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101 Cristian Tozzi

Tesi di Laurea Triennale in Tecnologie Agrarie

“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”

13) R. Gigli, “Quali rischi dal vincolo dei 4 residui imposto dalla GDO tedesca sui

prodotti ortofrutticoli?”, www.freshplaza.it , 2010

14) R. Bartolini, “I disciplinari della GDO allarmano i produttori”, Terra e Vita,

n.23/2011

Siti Internet:

15) http://www.sicurezzaalimentare.it/sicurezza

produttiva/Pagine/Residuipesticidi,l'ItaliaancoraintestaalleclassificheEuropee.aspx

16) EU Pesticides Data Base – European Commission

17) www. Efsa.europa.eu/

18) www. Salute.gov.it/sicurezza alimentare

19) www.Ermesagricoltura.it

Altro:

20) materiale didattico del prof. Agostino Brunelli

21) materiale didattico del prof. Roberta Roberti

22) materiale didattico del prof. Stefano Maini

23) grafici ONR a cura del prof. Gian Pietro Molinari