Teramani n. 93

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mensile di informazione in distribuzione gratuita Novembre 2013 n. 93 IL PASTORE RICAMATORE MINOSSE, DI VARANO: IO TU E GATTI pag. 6 BILL POMANTE SFIDA IL POTERE pag. 10 LA ZANZARA (ERA L’ANNO 1966) pag. 15

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Pubblicazione di novembre 2013

Transcript of Teramani n. 93

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mensile di informazione in distribuzione gratuita

Novembre 2013

n. 93

IL PASTORERICAMATORE

MINOSSE, DI VARANO:IO TU E GATTIpag. 6

BILL POMANTESFIDA IL POTEREpag. 10

LA ZANZARA(ERA L’ANNO 1966)pag. 15

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64021 Giulianova (Te) c.so Garibaldi, 6564100 Teramo (Te) via Vincenzo Irelli, 31 - c/o Obiettivo CasaTel: 085 8001111 - 085 8007651 Fax: 085 [email protected] - www.juliaservizi.it

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SOMM

ARIO 3 Lo champagne di Luigi De Fanis

4 Teramo Culturale - Sardella e Cancellieri 6 Minosse, Di Varano: io tu e Gatti 7 Movimento mentale 8 Il libro del mese 10 Bill Pomante sfida il potere 12 Marco e “Il Vaso di Pandora” 13 La nuova Liberia “Tempo Lib(e)ro 14 Bevi Napoli e poi muori 15 La Zanzara (era l’anno 1966) 16 I mosaici di Alfredo Paglione 18 A grigior di logica 19 Coldiretti informa 20 Il Pastore ricamatore 23 La Musica di Carbone 24 la Musica di Medori 25 Dura Lex sed Lex 25 Note Linguistiche 26 In giro 28 Calcio 30 Pallamano

Direttore Responsabile: Biagio TrimarelliRedattore Capo: Maurizio Di Biagio

Hanno collaborato: Mimmo Attanasii, Maurizio Carbone, Maria Gabriella Del Papa, Maurizio Di Biagio,Piergiorgio Greco, Maria Cristina Marroni, Fabrizio Medori, Silvio Paolini Merlo, Antonio Parnanzone,Sirio Maria Pomante, Sergio Scacchia, Alfio Scandurra,Massimiliano Volpone.

Gli articoli firmati sono da intendersi come libera espressionedi chi scrive e non impegnano in alcun modo né la Redazionené l’Editore. Non è consentita la riproduzione, anche soloparziale, sia degli articoli che delle foto.

Progetto grafico ed impaginazione: Antonio Campanella

Periodico Edito da “Teramani”, di Marisa Di MarcoVia Paladini, 41 - 64100 - Teramo - Tel 0861.250930per l’Associazione Culturale Project S. Gabriele

Organo Ufficiale di informazionedell’Associazione Culturale Project S. GabrieleVia Paladini, 41 - 64100 - Teramo - Tel 0861.250930

Registro stampa Tribunale di Teramo n. 1/04 del 8.1.2004Stampa: Gruppo Stampa Adriatico

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Teramani è distribuito in proprio

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n. 93

“Mi trovo un mariuolo che getta

un’ombra sull’immagine di tutto

il partito” riferì Bettino Craxi alla

conduttrice del Tg3 del tre Febbraio del 1992

tra un’immagine di Tomba che gigioneggia

vincente su Raiuno e la famiglia perfetta e

vomitevole della Barilla. Poi sappiamo tutti

com’è finita: le cento lire scagliate alla porta

dell’Hotel Raphael e il coro “Bettino vuoi

anche queste”, epilogo delle nefandezze

della prima repubblica. Quel mariuolo, che

rispondeva al nome di Mario Chiesa, fu

l’artefice del futuro tunisino di Gambadilegno

e dell’arrivo del presidente del Milan e del

Biscione sulle scene politiche italiane in un

Ventennio tutto da dimenticare. E facendo

le dovute proporzioni, cosa potrebbe far

prospettare la caduta “umana” di Luigi De

Fanis, l’assessore alla cultura della Regione

Abruzzo inciampato sullo champagne da

addebitare sulle spalle già indolenzite e

lacerate degli Abruzzesi? Chi potrebbe essere

colui che potrebbe chiamare mariuolo il

poveretto caduto in disgrazia? Chi sarà il

Craxi abruzzese? Anche perché “diversi

funzionari dell’ente erano a conoscenza del

sistema fraudolento che ruotava attorno ad

un’associazione culturale utilizzata come

schermo” così ha scritto il gip. Non vorrei

utilizzare la brutta espressione che di solito si

usa in taluni casi (il pesce puzza dalla testa),

però se le gerarchie apicali, come scrivono

i magistrati, fossero davvero, se non correi,

quantomeno aggiornati della condotta

dell’assessore alla cultura, allora sì veramente

il mariuolo Chiesa/De Fanis potrebbe far

saltare il tappo alla bottiglia…di champagne,

facendo venire alla luce altre gravi ed

importanti responsabilità. Nel frattempo,

dando una sbirciata alla legge regionale

n.43/73 scorriamo coloro che non sono

rientrati tra i beneficiari dei finanziamenti

predisposti per l’assessorato. Chissà? Forse

all’Associazione Culturale Borghi e dintorni

di Pescara, giunta 60a, quelle migliaia di euro

spesi dall’assessore un po’ qua un pò a Torino

avrebbero fatto comodo, molto comodo

per organizzare il suo video, bocciato per

mancanza di fondi. Stessa cosa si può dire per

la Società Orizzonte degli eventi, giunta 61a,

che non potrà più organizzare ad Avezzano il

mercatino di Natale. E così via. E così sia. n

3L’Editoriale

Lo champagnedi Luigi De Fanis

dallaRedazione

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Teramo culturale4diSilvioPaolini Merlo [email protected]

n.93

Sardella eCancellieri, o della teramanità vernacolareOsservazioni sui significatidi “poesia” e “memoria”

Mi ero proposto da tempo di parlare di

Alfonso Sardella, nominato cavaliere

della repubblica da Scalfaro nel 1995 e da

qualcuno indicato già come il più grande

poeta dialettale teramano. Parrà strano, ma è proprio

per scongiurare il facile equivoco snobistico di chi

predilige separare l’alto dal basso, il sublime dal vol-

gare, che ho esitato a lungo prima di decidermi. La

scomparsa quest’estate di un altro noto esponente

della Teramo vernacolare, Lucio Cancellieri, mi ha deciso a dar seguito

al proposito. Per dire in fondo poco, del molto che sui due si potrebbe.

Non dell’amore ardente, viscerale per la lingua di padri e antenati, al

quale non assegno il minimo sintomo subculturale. In toscano, ritenuto

per abituale convenzione glottologica il primo dialetto italico, sono scritti

i monumenti letterari danteschi. In dialetto friulano sono le prime poesie

di Pasolini. E di coloriture anche triviali provenienti dal linguaggio del

basso volgo sono pieni, fra l’altro, i sonetti shakespeariani. Ma forse, a

differenza di questi ultimi, in poeti come Sardella e Cancellieri, casi assai

frequenti nel Novecento italiano, accade qualcosa di non meno signifi-

cativo ma certo di molto differente. Versi, i loro, non di rado nostalgici,

aneddotici, sarcastici, non solo estemporanei ma compiaciutamente

bozzettistici, complici in modo persino disarmante di un agire e di un

sentire, popolari e popolani, propri di una stirpe contadina rievocata

nelle sue manie, nelle sue tipiche debolezze, nei suoi vizi più ricorrenti:

paternalismo, maschilismo, lassismo, vittimismo, fatalismo, dedizione

all’arte del pettegolezzo, alla commiserazione congenita, alla supersti-

zione più o meno sconsacrata. Versi spesso letti, per quanto nessuno

tra i teramani di ieri e di oggi oserebbe ammetterlo, con un pizzico di

spocchia, di pudica reticenza, di indulgente condiscendenza, persino di

sadica ironia.

Entrambi provenienti dal mondo dello sport e dell’impegno sociale: belle

metafore, poetiche anch’esse, di educazione dell’anima riflessa in quella

del corpo. Dei due, Cancellieri ha forse espresso in modo più compiuto

il senso della ricerca a tutto tondo sul ricco patrimonio dei canti e delle

espressioni folkloristiche abruzzesi. Sardella al contrario, malgrado un

dizionario dialettale e attitudini parallele per l’acquerello e la scultura, è

stato essenzialmente un poeta “puro”. L’uno e l’altro, come già Luigi Bri-

giotti e Guglielmo Cameli, investiti affettuosamente del ruolo di “custodi

della memoria”, impegnati in quell’opera di poesia votata all’esercizio

del ricordo, retaggio di quei nobili figuri che, come per gli chansonnier

medievali, assurgevano per naturale vocazione a paladini delle radici

comuni, poste quale nutrimento primario del vivere collettivo, del

mondo andato, di quanto si è perduto e che nessuno tra i vivi si direbbe

più intenzionato a preservare. Ma, vediamo meglio: la poesia equivale

a questo? All’essere ancella del ricordo? Del ricordo certo, anche. Ma

l’evocazione poetica si riduce al ricordo? Il poeta canta di motivi che

possono essere stati dell’ieri, o dell’altroieri, o dell’oggi, o del domani.

Il poeta canta di umori e di pensieri che attraversano il tempo in senso

spesso trasversale, percorrendolo in avanti e indietro. E la memoria, il

ricordo, strumenti a servizio del patrimonio culturale di un territorio, di

un’epoca, di una nazione, o del mondo intero, sono

l’equivalente di foto color seppia incollate assieme,

come in un album di famiglia riesumato dal baule?

Del «pensa un po’, eravamo così e ora non lo siamo

più»? Anche qui occorre articolare distinguo piutto-

sto netti.

Consapevolezza storica e intangibilità della memoria

sono, purtroppo (o per fortuna), due specie di me-

moria totalmente diverse. E Sardella apparteneva,

come Cancellieri, alla seconda specie. Nel primo

caso si distingue cosa da cosa, si ripensa alla parte

in ragione del tutto, e del tutto in ragione del tempo

e del fatto, ineludibile, che ogni cosa nel mondo è

destinata a consumarsi e finire. Questa esigenza,

meravigliosa, del rinnovamento senza fine, del divenire perenne che

permette al nuovo di innestarsi sull’antico e di tradurlo nella direzione

dell’altrove e dell’inaudito, non combacia in nessuna parte e in nessun

senso ma anzi stride violentemente con l’idea di “custode della memo-

ria”. Chi “custodisce” il tempo, ergendosi quale destriero in corazza di

fronte a tutto quanto possa in qualche misura alterarne l’immagine, o

comunque diminuirne il tono aulico ed autoreferente, scongiura l’idea

che ciò che cambia non può che minare alla base il senso che persiste

atavicamente a fondamento di ogni tradizionalismo: l’immutabilità, il

mito delle origini verginali e incorrotte, il tempo come logoramento e

perdizione. A sottintendere pertanto che l’antico è bene, e che l’attualità

è male. Lo storico agisce sulla base di criteri diametralmente opposti.

E se anche giudica, o pone scale di valori, non sentenzia né primati né

presunte originarietà. Al contrario, egli è il testimone consapevole del

fatto che è solo nel tempo e attraverso il tempo che una memoria si

rafforza e mantiene viva. Del fatto insomma che essa non la si preserva

da morta, imbalsamata e fatta oggetto di culto reverenziale, ma sot-

toponendola a nuove realtà e nuovi valori. Perché questo avvenga la

memoria non basta. E non basta neppure la volontà, per buona che sia.

Occorre solo un poco di lungimiranza mista a buon senso, primo passo

verso l’arte di vivere. n

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Quando ci si lascia in

una coppia spesso c’è

qualcuno di mezzo, il

terzo incomodo. Inutile

continuare ad insistere che…

no, questo è solo un momento

di riflessione, voglio i miei spa-

zi, oppure, ciliegina sulla torta:

tu mi tarpi le ali. No, assoluta-

mente. Se la coppia scoppia

qualche volta c’è di mezzo un

gatto. Anzi un Paolo Gatti.

Le recenti esternazioni del sin-

daco Democratico di Isola del

Gran Sasso, Alfredo Di Varano,

possono essere lette sotto

questa luce. Dopo un’alle-

anza strategica attraverso

l’esperienza di una lista civica

proprio con l’esponente dei Fratelli d’Italia che l’ha portato alla guida

del municipio isolano, Di Varano è colto da improvviso mal di pancia:

Pd troppo spostato sull’asse Verticelli-Ginoble, un fatidico duo che

creerebbe volontariamente liste troppo deboli, con “gli utili idioti”, di

Giuliano Amato memoria, buoni per tutte le stagioni e con il centrode-

stra che in queste condizioni continuerebbe a perdere sine die, un po’

la sindrome di Tafazzi. Questo in sintesi il j’accuse di Alfredo Di Varano

che però, per far chiarezza e per smentire personali salti della quaglia

verso la fazione gattiana, continua a dichiararsi di sinistra da una vita,

“dalla Fgci nel 1988”. “Sono stato tra i fondatori della Sinistra Giovanile

– prosegue - da allora ho militato ininterrottamente nel Pci, nel Pds,

nei Ds ed oggi nel Partito Democratico”.

Un timbro che dovrebbe tenerlo al riparo da rumors e maldicenze che

lo vogliono ormai alla corte di mister 100 mila voti. Nella lettera che ha

scritto al mondo ha comunicato di aver rinunciato con rammarico alla

tessera e alla militanza nel Pd. “Abbiamo assistito – scrive e ribadisce

al telefono - con crescente sconcerto, alle sconfitte in serie in comuni

di grande tradizione di centrosinistra, sconfitte spesso dovute alla

cacciata dal partito di soggetti che avevano peso elettorale ma che,

evidentemente, facevano troppa ombra. Basterà, a mero titolo di

esempio, citare i casi di Roseto ed Atri. Abbiamo assistito, in occasione

delle primarie per i parlamentari, a casi di comuni dove gli elettori del

Partito Democratico erano più numerosi alle primarie che alle elezioni

politiche, senza che alcuno si chiedesse il motivo di tale anomalia”.

Di Varano parte da lontano per la sua insofferenza piddina: dalla fusio-

ne fredda che ha unito contronatura due partiti politici che fino a poco

tempo prima erano come l’olio e l’acqua, come tesi e antitesi hegelia-

na, come il diavolo e l’acquasanta. Per non parlare delle batoste subite

a livello locale, a cominciare dalla

manciata di voti dei liberalsocia-

listi che in Provincia di Teramo

decretarono l’insperata vittoria di

Valter Catarra. “Si deve cambiare

registro – prosegue il sindaco di

Isola - si presentano i candidati

alla deriva in luoghi importanti

come Teramo, Giulianova, alle

regionali, senza che si discuta

all’interno del partito, invece

questi dovrebbe esprimere le

forze migliori con i curricula a

testimoniare la validità degli

uomini e non espressione del

duo Verticelli-Ginoble che sta

emarginando le forze migliori:

in questo modo il centrodestra

continuerà inevitabilmente ad

inanellare vittorie su vittorie”.

Di Varano si sarebbe aspettato dal neo segretario ben altro, “invece di

smentirmi con i fatti mi ha detto che avrei dovuto dimettermi prima”.

“Fa brutti sogni la notte”: così compendia lo sfogo amaro Gabriele

Minosse, segretario provinciale da pochi giorni. “Mi preoccupo per lui

perché continua sempre con la solita solfa, con un’insensata mania di

persecuzione nei confronti di Verticelli e Ginoble ma gli devo ricordare

che sono proprio loro che hanno vinto all’ultimo congresso”.

Sul versante Gatti, Minosse consiglia a Di Varano di chiarire la sua

posizione direttamente con l’assessore regionale, non c’è nessun

retro pensiero nella mia affermazione” tiene a precisare. Anche se

gli rinfaccia la sua elezione a sindaco con l’aiuto proprio con Gatti e

dunque di dialogare con il centrodestra. “E poi, in tutta sincerità, avrò

visto Di Varano in qualche riunione del partito forse solo due volte, non

di più, non è una persona che ha frequentato spesso i nostri circoli”.

Infine c’è chi vince e c’è chi perde, gli fa leggere tra le note il neo

segretario. “Lui forse qualche colpa ce l’ha”. E in conclusione gli ripete

a mo’ di ammonimento: “Prima di attaccare il partito, chiarisca la sua

situazione con Paolo Gatti”. n

Politica teramana6n.93

Minosse,Di Varano:io tu e Gatti

diMaurizioDi Biagio www.mauriziodibiagio.blogspot.com

Di Varano lancia il suo j’accuse al Pd.Minosse: Di Varano chiarisca il suo rappor-to con l’assessore regionale.

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7Satira

diMimmoAttanasii [email protected]

Ci sono idee sbagliate sulla

satira, che sono frutto dei

nostri tempi. Da qualche

parte si è scritto che con

l’Olocausto e l’11 settembre

sarebbe dovuta finire la lettura

sarcastica delle apocalissi. L’in-

terpretazione ironica dell’otte-

nebramento rimuovendo le ini-

bizioni parodistiche del passato,

dei cantori dell’assurdo. Forse

sì, forse no. Chissà. Di certo, per

qualcuno, questa è stata una

fine calcolata come unica cosa

buona uscita fuori dagli orrori

dei nostri ultimi cent’anni. E

così, non si dovrebbe insistere

nell’esagerare con la “cattive-

ria”, in strategie e strumenti

linguistici, architettati dalla nostra mente, per distrarre quella altrui.

La tecnica è di fingere ignoranza e di dare credito a ciò che si

ascolta da parte di chi ha una posizione non condivisa. Perse-

verare con pazienza e intelligenza nel dissimulare disinteresse,

fino a quando non la si spara grossa. Ed è proprio in quel preciso

movimento mentale che si riassumono ogni spunto, i più ridicoli,

infilandosi in una prospettiva di assoluta ignoranza immeritata.

Un esempio dell’esercizio intellettivo nella gestione delle ipocrisie

sociali. L’azione “piena di rabbia”, mai interpretata come “satira”. La

rabbia, l’esuberanza di giovani che non hanno alternative se non le

effimere manifestazioni anticipate da locandine multicolori e segui-

te poi da rare rappresentazioni rispondenti alle aspettative evocate

da brochure esagerate nei contenuti. Nulla di insostenibile, se non

la leggerezza dell’essere.

La consapevolezza di una falsa supremazia culturale da parte di chi

si arrabatta inutilmente a mettere insieme le tessere di un puzzle

da sfasciarsi puntualmente a settembre, per ricomporlo maldestra-

mente l’estate seguente. Dopo l’arresto dell’assessore regionale

alla Cultura, Luigi De Fanis, al quale sono stati contestati reati come

n.93

la concussione, truffa aggravata e peculato, resta oggi più che mai

in forse la calendarizzazione invernale degli eventi in terra d’Abruz-

zo. Verosimilmente, saremo costretti a campare di ricordi. Delle

esibizioni degli “Attacca l’asino dove vuole il padrone” piuttosto

che canticchiare mnemonicamente le immarcescibili liriche della

“Rosina, dammela...”, magistralmente interpretata da “Vittorio il

Fenomeno and The Guest Star Stellina”. Nulla è perduto. D’altron-

de, come fecero gli antichi a districarsi tra Parmenide e la sua tesi

“Tutto è, nulla diviene” e di Eraclito l’antitesi “Tutto diviene, nulla

è”, per cercare la sintesi che solo nella relatività di Platone poteva

essere trovata? Secondo quanto veicolato nei secoli attraverso la

crudezza semantica lessicale di un detto popolare, è noto che gli

antichi “...se fice da ‘ngule”; d’altro canto, per gli indagati moderni,

da non confonderli con gli “indagatori sapienti dei fenomeni del

pensiero”, c’è sempre bell’e pronto il solito chiarimento dinanzi

ai giudici, con addebito a soggetti mossi da finalità immorali, che

avrebbero allestito una perdu-

rante e pressante campagna

denigratoria portata avanti

con violenza da alcuni mass

media atti a strumentalizzare

vicende giudiziarie da parte di

una magistratura politicizzata

e deviata.

Movimenti mentali e niente

altro. L’agitarsi di indizi cere-

brali nel ventre di leader in

fuga dalla cuccagna che li ha

sorretti nella loro “paraculata”

partitica. Un po’ di qua con

il Berlusca e un po’ di là con

l’Angelino, che già il nome ti

avvicina a Dio. Così si sta divi-

dendo la politica nelle province

italiane dell’accattonaggio del-

le preferenze. E se nella mente

di chi si propaganda alle folle con due enzimi d’ingegno insiste

comunque la convinzione della propria presentabilità morale, come

mai ce ne stiamo lì a fissare la foto di una macchina parcheggiata

davanti al portoncino di una chiesa?

“Bussate e vi sarà aperto”. (Lc 11,1-13) n

Movimento mentaleÈ mezz’ora che suono,volete aprire questa benedetta porta?

Page 8: Teramani n. 93

Con Nigel Warburton, Senior lecturer

presso la Open University di Oxford, la

filosofia è finalmente uscita dalle aule

universitarie per incontrare la vita. Se-

condo un’opinione comune (e ingannevole allo

stesso tempo) i filosofi parlano solo di “aria frit-

ta” e continuano da secoli a speculare sempre

sugli stessi problemi, senza aver contribuito

minimamente a risolverli.

«Si dice talvolta che studiare la filosofia non è

di nessuna utilità, perché tutto ciò che i filosofi

fanno è di starsene lì a cavillare sul significato

delle parole. Sembra che essi non raggiungano

mai nessuna conclusione importante».

Con i Philosophical ed Ethical bites di

Warburton, file audio con interviste a grandi

intellettuali contemporanei, la filosofia ha

invaso la rete ed è diventata accessibile a

quanti siano interessati a conoscerla, perché

spesso il pensiero dei filosofi è trascritto con

un linguaggio artificioso e incomprensibile. «If

you can’t say it clearly, you don’t understand it

yourself», «Se non posso esporre qualcosa con

chiarezza, non posso nemmeno comprenderla

io stesso» (John Searle).

La filosofia non è una materia passiva, ma

stimolo a conoscere se stessi e gli altri, a

rispondere a interrogativi essenziali dell’esi-

stenza anche attraverso il confronto con il

passato. “Senza la conoscenza della storia,

non ci sarebbero progressi: si continuerebbe a

commettere gli stessi errori”.

Warburton è convinto che Internet rappresenti

“il futuro della riflessione teoretica”, perché an-

che l’ascolto, come la lettura, contribuisce alla

crescita interiore. Con il caratteristico sense

of humor inglese, Warburton nella sua Breve

storia della filosofia, appena tradotta dalla casa

editrice Salani, pone una curiosa domanda:

“Non sarebbe fantastico se fossimo in grado di

sapere quando qualcuno dice delle stupidaggi-

ni?”. Più che bello, sarebbe fondamentale per-

ché tutti noi abitualmente incappiamo in cose

stupide e senza senso, comprese le persone

colte. Anzi queste ultime, forse in maniera

volontaria e mirata, ricorrono spesso a frasi

vuote, compiacendo se stesse e introducendo

nell’ascoltatore il dubbio di essere incapace di

comprendere contenuti così elevati.

Qual è, dunque, il criterio per discernere i con-

tenuti concreti da quelli vuoti e senza senso?

Secondo Alfred Ayer, filosofo inglese morto nel

1989, di fronte a una qualsiasi proposizione

ci si deve chiedere: “È vera per definizione?”,

oppure “È verificabile empiricamente?”. Se

non risponde affermativamente ad almeno

una delle domande, la proposizione non ha

senso. Ayer sosteneva che gli scritti di Hegel

non superassero in informazioni date le fila-

strocche dei bambini. Anche Hume indicava un

criterio similare: “Se ci viene alle mani qualche

volume, per esempio di teologia o di metafisica

scolastica, domandiamoci: contiene qualche

ragionamento astratto sulla quantità o sui

numeri? No. Contiene qualche ragionamento

sperimentale su questioni di fatto e di senten-

za? No. E allora gettiamolo nel fuoco perché

non contiene altro che sofisticherie e inganni”.

Questo è il criterio generale che dovrebbe

essere adottato nella morale e nella politica

per distinguere quegli studiosi che si muovono

su basi razionali da quelli che usano le parole

a proprio piacimento per incartare i lettori con

insulsaggini, all’apparenza convincenti.

Il filo conduttore del libro è sempre l’uomo

nella sua articolata fenomenologia. Le doman-

de cruciali sulla vita devono essere svolte non

in astratto, ma a partire dalla concretezza.

L’uomo appartiene alla storia, quindi non può

credere di “porsi in una prospettiva sub specie

aeternitatis”. Perciò la filosofia non può allon-

tanarsi dalla vita e non deve restare chiusa

nelle aule universitarie, ma deve fluire libera.

Per il filosofo Bernard Williams “il mondo

umano va capito nelle sue logiche immanenti;

e la stessa moralità, che per lui coincide con

l’idea liberale di tolleranza, se non vuole essere

flatus vocis, deve inserirsi nei rapporti di forza

esistenti”.

Breve storia della filosofia

di Nigel Warburton casa editrice Salani, 2013.

Il libro del mese8 [email protected]

Come difendersidalla stupidità

n.93

diMaria Cristina Marroni

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Lo chiamano già Bill de Blasio. Forse per la sua corpulenza bona-

ria, per la moglie e figli spesso accanto nei suoi incontri politici

- accade raramente da noi e solo alla messa della domenica per

la gioia di qualche paparazzo - oppure per quell’idea che qualche

idiota chiama ancora comunista di una strenua difesa dei più deboli,

degli ultimi, in un mondo per la verità senza nemmeno più i primi. Bill

Pomante, candidato sindaco per i movimenti civici, è sceso nell’ago-

ne politico con la rabbia in corpo, con quella lucida determinazione

di dover raddrizzare molti torti nella nostra martoriata città. In pochi

giorni ha compreso già molte cose delle untuose logiche che gover-

nano la politica locale e delle resistenze del potere consolidato, tanto

che sono partiti subito gli attacchi agli alti papaveri. Il primo a Paolo

Gatti che aveva accusato l’avvocato teramano di essere una scatola

vuota: “Gestisce formazione e lavoro dal 2009 – lo ha rimbeccato -

ma ha portato solo briciole sul territorio, poca roba per persone che

hanno famiglia a carico, questa è la politica del bluff” affondò in una

conferenza stampa. “Ma è finita; c’è gente che deve vivere con 500,

1000 euro, quando qualcuno becca 10 mila euro senza capire che gli

succede attorno”.

Pomante incarna la gentilezza a suo modo, garbatamente, con fiducia

e tenacia, ma al momento giusto sa mostrare gli artigli. “Ci mettiamo

la faccia”- fu il suo esordio in conferenza stampa quando presentò la

sua candidatura alla stampa. “Dobbiamo ripartire dai nostri sogni” il

suo motto, enunciato a voce ferma tra l’idealismo di un avvocato di

provincia che vuole cambiare gli asset e il we have a dream che è in

tutti noi. “Stop dunque alla politica che viene dall’alto”, forse anche

cominciando con poco, con l’idea del mercatino di Natale in aiuto

all’economia del territorio, fu allora la sua proposta che spiazzò la pla-

tea. Anche perché poi le grandi idee si enunciano ma inevitabilmente

non si compiono mai. “Tutt’insieme possiamo cambiare la nostra città

perché questo territorio ha le idee giuste e non dobbiamo pendere

dalle labbra di qualcuno: il sindaco, i dirigenti, gli assessori, sono nostri

dipendenti, non scordiamocelo, ogni cittadino ha dunque il diritto di

proporre le proprie idee ed essere valutate”.

Pomante vuole ravviare il sistema che si è inceppato con il cuore.

“Cuore per tornare a giocare in piazza, liberi come tanti bambini, con

l’educazione ritrovata. Cuore per non fuggire all’estero e per essere

talenti a Teramo. Ed infine cuore per abbattere gli inutili e aridi tecni-

cismi di questa politica che sta uscendo bocciata dai cuori teramani

grondanti di sangue per incapacità e sterilità altrui”.

Questo riferì all’Hotel Abruzzi con moglie e figli al seguito, ufficializzare

la sua candidatura a sindaco di Teramo a capo del movimentismo

civico (Teramo 3.0, Il popolo di Teramo, Movimento 139).

In attesa di un programma, l’informatico ha già sviluppato il suo

decalogo: dieci punti dove trovano spazio onestà, sorriso (“vedo gente

infuriata in giro, una volta anche lo spazzino fischiettava”), solidarietà

(“nel pianerottolo non ci conosce più”), educazione (“basta parcheg-

giare nei marciapiedi”). Poi ancora: partecipazione, esempio, prudenza,

dinamicità, attenzione ai consumi e amore, amore, amore. Il candidato

sindaco istituirà un centro d’interesse dove i Teramani potranno dire

la loro, al contempo denuncia il digital divide (“il 37% dei Teramani

non ha la linea adsl”) e promuove il sano lobbysmo all’americana

“trasparente e utile, e non centro di interessi”. Dobbiamo ripartire dal

sentimento e dobbiamo ravviare il Rinascimento teramano” chiuse il

suo intervento all’Hotel Abruzzi.

Pizzetto alla Sperandio, come buon viatico per le prossime ammi-

nistrative, l’avvocato raggruma nel suo volto accigliato i pensieri e

numeri della crisi, una risposta che fa male al potere consolidato, a chi

ci ha portato sulla soglia del baratro.Lui si scioglie in una litania infinita:

“Disoccupazione giovanile al 27%; reddito medio delle famiglie 1000

euro; 9.724 cassaintegrati; 1,4 milioni di ore di Cigo a settembre 2013;

18.900 sono le famiglie in stato di privazione”. Numeri che fanno male,

che sono indigesti. “La componente gattiana del centrodestra – ripeté

ancora – ha gestito direttamente per cinque anni le strategie in mate-

ria di finanziamenti europei. Dopo cinque anni dovrebbero spiegarci

per quale ragione sono stati pagati con soldi pubblici e quali risultati

hanno ottenuto gestendo soldi pubblici. Se l’Abruzzo e Teramo fossero

imprese private, questi manager sarebbero già stati licenziati dai pro-

prietari. Se fossero liberi professionisti avrebbero già perso tutti i loro

clienti”. Ogni politico di razza sceglie il proprio nemico. Bill Pomante ha

scelto mister cento mila voti. n

Politica teramana10n.93

Bill Pomante sfida il potere

diMaurizioDi Biagio www.mauriziodibiagio.blogspot.com

Gianluca Pomante,candidato Sindaco di Teramodelle liste Teramo 3.0, il Popolo di Teramo, Movimento 139

Gianluca Pomante e la moglie Licia Cecchini

Page 11: Teramani n. 93

FISSATO IL TERMINE UNICO PER LA PRESENTAZIONEDELLE DOMANDE ALLA FONDAZIONE TERCAS

MARTEDÌ 7 GENNAIO 2014è il termine unico per la presentazione di tutte le domande di contributo

per progetti da realizzarsi o avviarsi nell’anno 2014.

Le istanze dovranno pervenire inderogabilmente entro

il suddetto termine al seguente indirizzo di posta elettronica:

[email protected].

Il mancato rispetto dei termini e delle modalità di invio di cui sopra comporterà

l’automatica esclusione delle relative istanze.

Gli uffici della Fondazione sono a disposizione

per chiarimenti e informazioni ai numeri:

0861-241883 e 0861-252881.

Per leggere gli Avvisi, scaricare i Modelli di Domanda

e conoscere le Modalità di Presentazione di ogni tipo di richiesta e/o progetto

visitare il sito della Fondazione all’indirizzo:

www.fondazionetercas.it

Page 12: Teramani n. 93

La storia12n.93

A tredici anni non è così comune mettersi ad un computer e

buttare giù un libro. Ancora di più se questo ha già le forme

compiute del romanzo. “Il vaso di Pandora” (2012, pp. 278) è

la prima opera di Marco Esposito che di anni oggi ne ha sedici

e frequenta il Liceo Scientifico di Teramo. Grazie ai suoi genitori, la

passione per la lettura ha segnato la vita di Marco fin dall’infanzia

e ciò gli ha permesso di coltivare moltissimi interessi, anche nel

campo scientifico e non esclusivamente letterario come verrebbe da

pensare. Vincitore del premio “I have a dream – Sogni nel cassetto”

per la sezione “Narrativa – Romanzi”, “Il vaso di Pandora” è il numero

uno di una trilogia fantasy che vedrà la luce nei prossimi mesi. Il

critico Simone Gambacorta dalle pagine del quotidiano “La Città”

lancia così il romanzo: “L’enfant prodige teramano ha messo i piedi

in un fantasy ambientato ai giorni nostri, tra l’America e l’Europa,

che racconta l’eterna lotta tra il bene e il male. La scrittura funziona

alla grande e la storia, tempo cinque minuti, fa capire d’essere una di

quelle da leggere d’un fiato”. In occasione di una delle ultime presen-

tazioni di Marco, in un incontro affollato tenutosi nella sala centrale

della Biblioteca Civica di Giulianova, a Palazzo Bindi, abbiamo appro-

fittato dell’iniziativa per porre al giovane autore qualche domanda.

Marco, ci racconti com’è nata l’idea di pubblicare la tua storia e

di mettere in piedi una trilogia?

Il libro in realtà non è nato come un progetto editoriale. All’inizio

scrivevo per me, per il piacere di scrivere, poi ho cominciato a

pensare che avrei potuto proporre il mio lavoro per una pubbli-

cazione. Per questo devo ringraziare i miei genitori che mi hanno

incoraggiato e, chiaramente, la mia casa editrice. Una creatura di

quattrocento pagine dattiloscritte – ed ecco che si spiega la scelta

della trilogia - che ho proposto alla casa editrice tramite mio zio che

è anche stato uno dei miei primi lettori. L’Artemia, a sua volta, lo ha

fatto leggere e analizzare ad alcuni specialisti. Questi, per la verità, si

sono inizialmente divisi tra gli increduli e gli entusiasti e, dopo avermi

incontrato, hanno spinto finalmente la casa editrice a portare avanti,

stavolta sì, il progetto.

La casa editrice Artemia, come ha accolto il tuo romanzo e

com’è stata l’avventura dell’editing?

E’ stata una bellissima esperienza e la casa editrice mi ha accompa-

gnato passo dopo passo. Un’intera estate trascorsa a revisionare il

lavoro, perché in ottobre dovevamo uscire nelle librerie. Il materiale

era molto e in realtà ho sofferto un po’ nel dover rimettere le mani

sul testo, nel dover tagliare alcuni brani che, certamente, ho messo

da parte. Questa è anche la testimonianza che la storia è tutta

farina del mio sacco. Chissà, se non riutilizzerò i tagli per un nuovo

racconto.

Nel tuo libro vivono molti personaggi e tenerli insieme appare

veramente difficile. Mostri una grande padronanza delle tecni-

che di scrittura, del modo in cui si padroneggia una storia che

appare già sceneggiata per un film. Quali sono state le fonti che

ti hanno guidato

nel comporre il

tuo libro?

Per quanto riguar-

da i dialoghi, aldilà

di qualche nozione

di storytelling, ho

preso spunto, ad

esempio, dai fu-

metti. Poi ci sono

i fantasy: dal più

classico Tolkien

alla saga di Harry

Potter della Row-

ling, come anche i

libri di Dan Brown.

Ho scelto i perso-

naggi attingendo

alle leggende

popolari di alcune

parti d’Europa.

Uno per tutti è il

Golem di Praga. I

dialoghi poi sono

importantissimi

per rivelare la personalità di un personaggio. Farlo parlare significa

sorpassare le descrizioni e costruire la sua psicologia.

Ti rivedi in uno dei tuoi personaggi?

Credo che ognuno di loro abbia una parte di me. Anzi, aggiungerei

che ogni protagonista della narrazione rispecchia un particolare

stato d’animo che fa parte di quell’insieme di sfaccettature che pos-

siede un adolescente, soprattutto quando ci si sente reietti o diversi

dalla maggioranza. Spesso il fantasy viene visto solo come un genere

letterario destinato al puro divertimento. Ho cercato invece di far

passare l’idea che seppure considerato minore può permettere inve-

ce di trasmettere aspetti che altrove passerebbero inosservati. n

Marco e “Il vasodi Pandora”

diSirio MariaPomante [email protected]

Il caso editorialedi un giovanissimo scrittore teramano

Page 13: Teramani n. 93

13

D a tempo Teramo sognava una

libreria di spessore e di catalogo,

soprattutto dopo la sofferta chiusu-

ra di “Ipotesi” del professor Bruni,

dove trovare, per intenderci, oltre a libri

commerciali e testi scolastici per le scuole

di ogni ordine e grado, compresa l’univer-

sità, anche libri “specializzati” per bambini

ed adulti volti a soddisfare tutti i gusti e a

spaziare nelle varie discipline dello scibile

umano: arte, letteratura, storia, filosofia,

matematica, medicina, geografia, informa-

tica, edilizia, cucina, sport, concorsi ecc...

Ora, finalmente, questo sogno si è realiz-

zato, grazie alle capacità di un giovane

teramano, Christian Simonella che, cresciu-

to sin da piccolo in un ambiente familiare,

dove “il libro era il pane quotidiano”, ha

voluto investire nella cultura, nonostante le

difficoltà del settore e della vita economica

in genere, consapevole del fatto che solo

la cultura può dare significato alla vita, im-

pulso ai più nobili ideali, elevare ed affinare

lo spirito, rendere liberi e vincenti.

La libreria chiamata non a caso, Tempo Lib(e)ro, situata in Corso Cerulli, presso

Palazzo Savini, uno degli edifici più antichi

e prestigiosi della città, è stata inaugu-

rata il 23 Novembre ed è organizzata e

diretta in modo innovativo. In essa, infatti,

gli amanti del sapere potranno incontrare

gli scrittori dei best-sellers del momen-

to e dissertare sulle tematiche da loro

affrontate. In ambito scolastico verranno

organizzati corsi di ortoepia e dizione, di

grammatica e scrittura creativa, laboratori

di vario genere e visite guidate in libreria,

su richiesta degli stessi docenti e discenti.

Non resta che complimentarsi con questo

giovane coraggioso e ringraziarlo dal più

profondo del cuore, perché con la sua li-

breria innovativa e di tendenza concorrerà

a diffondere e ad accrescere notevolmente

la cultura della nostra città.

Ad maiora, Christian, capitano di questa

difficile ma straordinaria avventura. n

n.93

CulturadallaRedazione [email protected]

Tempo Lib(e)roAperta una nuova libreria innovativa

Ai lettori di Teramani che si

recheranno in libreria con il

nostro periodico, sarà praticato

uno sconto del 10%sul prezzo di copertina

Page 14: Teramani n. 93

In caso di pericolo non indagare, ma

blocca: questo sembra essere il motto

che si ribadisce ormai in Italia. Quando

c’è un problema, non si trova la

risposta, non si cercano le cause, si mette

tutto a tacere, meglio non sapere. Proprio

seguendo questa logica, qualche giorno fa

il sindaco di Napoli De Magistris ha quere-

lato il settimanale L’Espresso e chiederà un

miliardo di danni per la copertina dedicata

agli effetti delle discariche tossiche sulla

salute dei cittadini campani. Dopo aver

tentato di bloccare l’uscita del giornale,

ora arrivano le azioni legali.

Nel mirino c’è l’inchiesta del settimanale

che riporta le parole di Carmine Schiavone,

cugino del padrino Sandokan; la camorra

ha sistematicamente inquinato le falde ac-

quifere della Campania con milioni di ton-

nellate di rifiuti tossici: «Non solo Casal di

Principe, ma anche i paesi vicini sono stati

avvelenati. Gli abitanti rischiano di morire

tutti di cancro, avranno forse vent’anni di

vita». Ma le parole nefaste del camorri-

sta trovano più di un riscontro nell’unico

grande studio esistente sugli effetti delle

discariche clandestine.

Lo ha realizzato il comando dell’Us Navy di

Napoli: oltre due anni di esami, costati 30

Italia14n.93

BeviNapolie poi muori

diMaria Gabriella Del Papa [email protected]

L’inchiesta chocdel settimanale l’Espresso

milioni di dollari, per capire quanto fosse

pericoloso vivere in Campania per i militari

americani e le loro famiglie. Dal 2009 al

2011 è stata scandagliata un’area di oltre

mille chilometri quadrati, analizzando aria,

acqua, terreno di 543 case e dieci basi

statunitensi alla ricerca di 214 sostanze

nocive. Le conclusioni sono state rese note

da diversi mesi e sostanzialmente ignorate

dalle autorità italiane. L’analisi del dossier

completo di questa ricerca però offre la

sola diagnosi completa dei mali, con risul-

tati sconvolgenti.

La diagnosi più inquietante riguarda

l’acqua: il 92 per cento dei pozzi privati

che riforniscono le case costituiscono “un

rischio inaccettabile per la salute”, ma

ci sono minacce anche negli acquedotti

cittadini: esce acqua pericolosa dal 57 per

cento dei rubinetti esaminati nel centro di

Napoli e dal 16 per cento a Bagnoli. Come

è possibile che pure la rete idrica pubblica

sia inquinata? Gli americani scoprono

che l’acqua dei pozzi clandestini riesce a

entrare nelle condotte urbane, soprattutto

in provincia. In oltre la metà dei pozzi, gli

esperti trovano una sostanza usata come

solvente industriale - il Pce o tetracloro-

etene - considerato a rischio cancro. La

diossina invece è concentrata nel territorio

tra Casal di Principe e Villa Literno, ma pur

essendo alta non costituisce una minaccia.

Tra tanti dati inquietanti, si fa strada un

incubo che finora non si era mai materia-

lizzato: l’uranio.Gli esami lo individuano in

quantità alte ma sotto la soglia di pericolo

nel 31 per cento delle case servite da

acquedotti: ben 131 su 458.

Quando si procede con l’analizzare i pozzi,

il mistero aumenta: è rilevante nell’88 per

cento dei casi, mentre nel 5 per cento il

livello diventa “inaccettabile”.Questo signi-

fica che in un pozzo su venti si riscontra

una quantità di uranio che mette a rischio

la salute.

Tutti i campioni che superano il livello di

allarme però sono stati scoperti nell’area

di Casal di Principe e Villa Literno. Proprio

lì dove il pentito Carmine Schiavone ha

descritto processioni di «camion dalla Ger-

mania che trasportavano fanghi nucleari

gettati nelle discariche».

Il rapporto conclusivo è stato trasmesso di-

versi mesi fa alle autorità italiane, ma sino

ad ora mai reso pubblico.

Certo, tutto questo non ci fa onore, anzi

dovrebbe spingerci a pensare che con

l’omertà non si andrà lontano.

L’inchiesta non riporta dati provvisori, but-

tati giù per denigrare, idee, opinioni di un

singolo individuo, di una corrente politica,

bensì un dossier con certezze, analisi,

prove scientifiche operate sul posto.

E’ inutile far finta di niente e prendersela

con chi fa informazione, invece che con

chi dovrebbe impedire il traffico di rifiuti

tossici gestito dalla criminalità organizzata.

Questa situazione, questo voler ignorare

può solo peggiorare la vita di chi vive in

quelle zone e da anni sopporta le terribili

conseguenze dell’inquinamento. n

Page 15: Teramani n. 93

Articolo tratto da “La Zanzara”,

periodico dell’Istituto Tecnico Com-

merciale e per Geometri “Vincenzo

Comi” di Teramo, Direttore Editoriale

de “La Zanzara”: il Prof. Gennaro Valeri, Pre-

side dell’Istituto: il Prof. Lorenzo Di Poppa

Volture.

Era l’anno 1966 e l’autore scriveva:

“In questo articolo ho cercato di esprimere i

miei pensieri su quella che dovrebbe essere

l’opera dei professori, vedendone da alunno

i lati buoni e pure quelli negativi. Non se ne

abbiano a male dunque quei professori che

non condividono il mio punto di vista: giudi-

chino il mio, come un tentativo di esternare

quello che è, quasi certamente, il pensiero

di altri studenti”.

Il Professorenella scuolaIl professore nella scuola ha un’importanza

vitale. È diffi cilissimo, secondo me, essere

un buon professore perché infi nite sono

le diffi coltà che questo deve superare

nell’espletamento delle sue funzioni. Un

uomo famoso, Raffaello Lambruschini, dice:

”l’Autorità sui cuori ci è consentita, non la

si estorce; e chi la pretende, non l’ottiene”.

Infatti, il professore che sa conquistarsi col

sapere e col prestigio personale l’anima

dei suoi alunni, non ne intacca né ne

offende l’autonomia. Il professore deve,

secondo me, portare rispetto verso la sua

scolaresca, tenendo sempre presente che

ciascuno dei suoi alunni è un’anima che ha

diritto nel suo pieno sviluppo.

Se il professore si limitasse ad imporre

solamente la sua volontà, soffocherebbe

i germi spirituali degli alunni a lui affi dati

e tradirebbe il suo compito enormemente

La scuola [email protected]

delicato. È il professore infatti che vaglia o

dovrebbe vagliare i sentimenti e gli istinti

giovanili plasmandoli nell’uomo di domani.

Ma l’eccessivo attivismo degli alunni, la

troppa libertà priva dell’intervento dell’edu-

catore degenerano nella diseducazione.

Gli alunni da soli improvvisano, fanno e di-

sfanno senza una meta, senza un concreto

e positivo risultato, così facendo corrono il

rischio di autolesionismo.

Non si devono confondere le sbagliate

estrosità con le attitudini specifi che di ogni

individuo, queste attitudini sono molte ed è

compito del professore scoprirle, suscitar-

le, valorizzarle. Scoperte poi queste varie

tendenze ed attitudini, egli deve intervenire

non senza prudenza e saggezza. Egli non

deve comprimere ed opprimere e nemme-

no permettere che un alunno faccia ciò che

vuole.

Deve, secondo me, cercare di adottare il

metodo della “scuola su misura”, facendosi

guida degli alunni a lui affi dati, obbedire

alla natura assecondandola ma nello stesso

tempo deve piegarla, senza che essa provi

disgusti o ribellioni, verso quelle mete for-

mative e ideali che sono proprie della vera

educazione.

Secondo me, l’eccessiva autorità crea

degli automi, dei timidi, degli animi passivi,

non uomini ma schiavi, anime deteriori.

Nella scuola, alunno e professore devono

integrarsi a vicenda per un sano equilibrio

di concezioni e realizzazioni educative.

Solo nella libertà crescono uomini liberi ma

questa libertà non deve essere anarchia ma

deve conciliarsi con la autorità. Secondo

me, l’educatore abbassandosi al livello dei

suoi educandi non depaupera se stesso,

anzi arricchisce e potenzia la sua attività

spirituale.

Nel rapporto tra la libertà del fanciullo e

l’autorità del professore sta la essenza di

una vera e propria educazione in cui l’au-

torità benevola del professore rappresenta

la condizione essenziale del crescere e del

prosperare dell’alunno verso una meta a

cui arriva mediante la cooperazione di chi,

già consapevole, lo aiuta a raggiungere un

traguardo più alto. n

La Zanzara15n.93

Ieri...

dallaRedazione

Page 16: Teramani n. 93

Arte16n.93

Giovanni Paolo II benedice ancora una volta l’Abruzzo. E lo fa

dall’alto dei 2600 metri di Campo Imperatore, ma anche dal livel-

lo del mare, a Pescara: proprio in queste due località lo scorso

mese di ottobre, alla presenza di tante autorità, sono stati instal-

lati due splendidi mosaici raffiguranti il papa beato, che sarà dichiarato

santo il prossimo 27 aprile insieme al predecessore Giovanni XXIII.

Si tratta di due opere donate da Alfredo Paglione, mecenate abruzzese

(nativo di Tornareccio, in provincia di Chieti), in onore di un pontefice cui

è sempre stato molto legato.

Eseguiti magistralmente dal Gruppo Mosaicisti di Ravenna, i due mosaici

raffigurano bozzetti realizzati da due artisti di fama internazionale:

Paolo Borghi, quello di Campo Imperatore, e Stefano De Stasio, quello

di Pescara. Il primo è stato installato sulla facciata dell’ostello all’arrivo

della cabinovia di Campo Imperatore a cura del Centro Turistico del

Gran Sasso di Assergi, il secondo in una bella stele in pietra della Maiella

collocata a cura di Sante e Sandro Aceto di Lettomanoppello (Pe) per

conto della Fondazione Pescarabruzzo davanti alla chiesa di Sant’An-

drea Apostolo, vera e propria chiesa d’arte che già custodisce mosaici e

dipinti di Aligi Sassu e Gigino Falconi.

Il capolavoro installato sul Gran Sasso reca l’inscrizione “Giovanni Paolo

II benedici l’Abruzzo”, anche a memoria dell’amore di Karol Wojtyla

per le nostre vette. “Proprio sulla montagna che lo ha visto tante volte

protagonista - ricorda Alfredo Paglione - ho voluto collocare questo

splendido mosaico che è l’ennesimo omaggio ad un papa che ha fatto

la storia, ma anche un atto di affidamento della nostra amata terra, l’A-

bruzzo, all’intercessione di un pontefice che sin dalla sua morte è stato

invocato come santo, e che ben presto salirà agli onori degli altari”.

Il mosaico del capoluogo adriatico, invece, è stato dedicato da Alfredo

Paglione alla memoria della compianta consorte Teresita Olivares: “In

questa chiesa - racconta Alfredo Paglione - ci siamo sposati nel 1967, e

sempre qui nel 2008 sono state celebrate le esequie di mia moglie. Que-

sto dono, allora, è un omaggio a Giovanni Paolo II “Roccia della Chiesa”

come lo definì il successore Benedetto XVI, ma anche alla memoria di

Teresita, donna dolce e silenziosa che con il suo sorriso mi ha accom-

pagnato instancabilmente nel mio lungo viaggio nell’arte. Un’opera che

arricchisce ancora di più la chiesa pescarese che già ospita i pregiati

mosaici dedicati alla Vergine e a San Giuseppe e il grandioso affresco sul

Concilio, nell’apposita cappella. Tutte meravigliose opere di mio cognato

Aligi Sassu”.

Queste due donazioni si inseriscono in una serie di mosaici dedicati

a Giovanni Paolo II che Paglione ha commissionato ad artisti di fama

internazionale e che, trasformate in mosaico dai maestri ravennati, ha

donato negli ultimi due anni al Santuario del Divino Amore a Roma (il di-

pinto è opera

di Luca Verniz-

zi), al museo

a cielo aperto

di Tornareccio

in provincia di

Chieti (opera

di Maurizio

Bottoni), alla

chiesa di

Sant’Anna a

Chieti (opera

di Renato

Balsamo), alla

chiesa del Sa-

cro Cuore di Chieti (opera di Maurizio Bottoni), e alla chiesa parrocchiale

di Fara San Martino (opera di Piero Vignozzi).

“Quando nel 2011 decisi di far realizzare un mosaico dedicato a Wojtyla

da donare al Divino Amore di Roma - conclude Alfredo Paglione - inter-

pellai vari artisti, che mi mandarono le loro splendide realizzazioni, tra

le quali avrei scelto quella per la donazione di Roma. Vista la bellezza

delle tante opere ricevute, ho deciso invece di farle trasformare tutte in

mosaico, e donarle a varie comunità cui sono legato nella nostra terra.

Voglio ringraziare di cuore quanti hanno collaborato per la realizzazione

di queste donazioni, che arricchiscono ancora di più l’Abruzzo di arte,

bellezza e spiritualità, in un’epoca in cui c’è tanto bisogno di questa

dimensione spirituale da riconquistare”. n

e la memoria di Teresita

diPiergiorgio Greco [email protected]

I Mosaici di AlfredoPaglione

Page 17: Teramani n. 93

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Page 18: Teramani n. 93

L’ipogeo18n.93

[email protected]

Senza dubbio, allo Stato va riconosciuto il potere legittimo di proteg-

gere i bambini dal male. Un potere che non dovrebbe includere il

libero fluttuare delle opinioni di governanti spesso sprovvisti degli

strumenti pedagogici necessari a confinare gli archetipi di eroi

immaginari, attraverso i quali i ragazzi potrebbero essere orientati sotto

la lente d’ingrandimento di una falsa e inopportuna morale di facciata.

Sarebbe da sottolineare che tanti dei libri scritti per i bambini non hanno

mai avuta alcuna

carenza di sangue.

Le fiabe dei fratelli

Grimm sono davve-

ro tristi. L’attentato

a Biancaneve da

parte della regina

malvagia rimanda

tutt’altro che a

fatti di cronaca

rosa, piuttosto al

polonio usato per

il presunto assassinio di Arafat. Molti dei video in questione sono stati

definiti come raffiguranti l’uccidere, mutilare, smembrare o sessual-

mente aggredire l’immagine virtuale di un essere umano. Il cervello di

un minore non è in grado di gestire il controllo del comportamento e di

conto ecco qua che la violenza nei giochi mentali si trasforma nell’imma-

ginario collettivo in un effetto negativo più duraturo di quanto potrebbe

esserlo per un adulto. Spetta ai genitori proteggere i propri figli. Questo,

sì. Ma della libertà di espressione va ribadito che mai dovrebbe esserci

nessuno argomento a sottrarre diritti osservati scrupolosamente riguar-

do la creatività intellettuale e riservati legittimamente alla protezione di

libri, film, musica e altri intrattenimenti di varia natura e nobiltà culturale.

E qui il racconto inizia a vedere sfilare signore dell’alta società, parvenu o

cafone è uguale, preti e artisti ché tanto hanno le stesse visioni e intellet-

tuali presunti intenti a tessere trame di rapporti inconsistenti tra gli ado-

lescenti di ieri, rigorosamente degli anni 70, e quelli di oggi disimpegnati

a grigior di logica sessantottina. La spocchia del genitore illuminante si

cela fra i denti stretti quando al centro commerciale l’addetto del reparto

giocattoli porge di scatto l’orecchio sinistro al cliente venuto dal passato,

che gli chiede una scatola del LEGO.

“Deve fare un regalo a suo nonno?”.

“No, sarà un gesto intelligente e creativo per giovani disabituati a

pensare”.

L’addetto l’ha detto, ma il cliente è determinato a procurarsi ciò che è

già diventato per i suoi occhi lo scrigno dei desideri del figlio. Incartato,

nell’accezione più vaga del termine, l’uomo del trapasso porta a casa il

pacco; anche quest’ultima parola va letta in ogni sua accezione. E pacco

si rivela, ma non per il figlio che si aspettava almeno uno smartphone

in offerta. La fregatura generazionale se la becca tutta intera il padre

inconsapevole della contaminazione di uno studio futuristico svedese

sulla storica casa di mattoncini da incastrare. T & V è il nome del nuovo

LEGO prodotto per “Tham & Videgård Arkitekter”. Una confezione con

una guida, le interviste, l’ispirazione, gli esempi di lavoro e di esercitazioni

pratiche degli architetti geniali, Tham & Videgård. Dai mattoncini a Goo-

gle, il passo è breve. Il bambino scopre così che due stralunati disegna-

tori sono riusciti a trasfigurare dalla Play Station figure geometriche in

edifici e costruzioni indefinibili quanto la bizzarria dell’installazione che si

trova all’Università di Linköping, per ospitare un microscopio elettronico

del Dipartimento di Fisica, Chimica e Biologia. Un lavoro realizzato in set-

te settimane. Il cilindro inclinato è uno spettacolare spaccato orientato

verso il futuro, come le

inconsuete proiezioni evo-

cative del nostro “dolmen”

che, fino a poco tempo, se

ne stava lì, tranquillo, nel

Piazzale San Francesco, a

dialogare con Porta Mela-

tina, sotto le inferriate del

manicomio. Una straziante

prolusione del genitore

giunto da lontano a risve-

gliare il figlio assopito sul letto immerso nella ricerca di App su iTunes e

steso sul fianco come la “culona inchiavabile” (raffinata citazione di uno

statista) riemersa agli inizi del ‘900, nella camera principale dell’Ipogeo

millenario di Hal-Saflieni a Malta. E come da sempre avviene nella stanza

dell’Oracolo, quella accanto alla culona, che se un uomo infila la testa

in un buco nel muro può fare sentire la propria voce per tutto l’ipogeo -

virtù preclusa alle donne da indissolubili leggi fisiche, ma non misteriose

millenni fa - il padre sessantottino attacca una pippa su catacombe e

necropoli. Sul più grande tempio sotterraneo, unico al mondo.

“Sarà... ma a me, o pa’, mi sa che l’ipo(g)geo su alla Villa l’hanno

copiato dagli svedesi”. n

A grigiordi logicaNon è l’Hypogeum di Hal Saflieni

diMimmoAttanasii

Page 19: Teramani n. 93

Saranno molti gli studenti, i pensionati ed i cassa integrati che trove-

ranno un impiego, se pur temporaneo e occasionale, raccogliendo

uva e olive nelle nostre campagne. A renderlo possibile lo strumen-

to dei “voucher”, molto utilizzato dalle imprese agricole durante le

attività di raccolta di uva, olive, frutta, tabacco, vivaismo. Per sapere se

sarà un’ottima annata non dovremo aspettare ancora molto (le previsioni

sono più che positive con +5% di produzione rispetto al 2012), quel che

è certo che la vendemmia che partirà nei prossimi giorni così come la

raccolta delle olive il prossimo ottobre, rappresentano una opportunità

di lavoro in questi tempi da “non scartare”. Se prima della crisi, attività

come la raccolta di frutta, della verdura, dei fiori, del pomodoro e del

tabacco, dell’olio e del vino non erano in cima alla lista dei lavori stagionali

e temporanei da prendere in considerazione, oggi non è affatto più cosi:

19Coldiretti informa

saranno molti i soggetti che attraverso i “voucher” introdotti nel 2008

troveranno un impiego nelle nostre campagne tra settembre, ottobre e

novembre. Ad usufruire dei “voucher” pensionati, studenti da 16 fino a

25 anni regolarmente iscritti a un ciclo di studi e per la prima volta anche

cassaintegrati che lavoreranno tra filari e oliveti tra un minimo di 20 giorni

ad un massimo di 40 giorni per 8 ore al giorno consumando mediamente

240 buoni lavoro a testa. Le aziende che ricorreranno in questi mesi ai

“voucher” sono centinaia, di piccole e medie dimensioni, e principalmen-

te concentrate nelle aree di produzione di vino. Il consiglio per chi vuole

sfruttare questa occasione è quello di individuare le aziende, ed il periodo

di raccolta, inviare il proprio curriculum o consegnarlo direttamente a

mano specificando la disponibilità al lavoro occasionale. Ampiamente dif-

fuso dove un buono lavoro su tre è impiegato in agricoltura, il “voucher”

rappresenta un sistema di pagamento del lavoro occasionale accesso-

rio, cioè di quelle prestazioni di lavoro svolte al di fuori di un normale

contratto di lavoro in modo discontinuo e saltuario. Ciascun “voucher”

ha un taglio di 10 euro che corrisponde a un’ora di lavoro secondo una

media calcolata sulla base del contratto agricolo. Al lavoratore vanno 7,50

euro per ogni ora lavorata, i restanti 2,50 sono destinati all’assicurazione

dell’Inail. Con i “voucher” sono garantite la copertura previdenziale presso

l’INPS e quella assicurativa presso l’INAIL. Per riscuotere i “voucher” sarà

sufficiente recarsi agli uffici postali. Il sistema dei voucher garantisce

tutele assicurative e previdenziali a tutti quei lavoratori occasionali che

trovano nella campagna un’opportunità di guadagnare qualcosa per

integrare il proprio reddito, evitando la piaga del lavoro nero. Allo stesso

tempo porta una semplificazione degli adempimenti burocratici a carico

delle imprese agricole, facilitando anche la lotta al lavoro illegale. n

n.93

Lavoro con i “voucher”

Vendemmiae olive

diMassimilianoVolpone Direttore Coldiretti Teramo

Page 20: Teramani n. 93

Certe prerogative legate al

cosiddetto sesso “forte”,

da tempo non fanno più

parte del costume delle

società occidentali. Sono ve-

nuti meno anche alcuni luoghi

comuni, un tempo monopolio

degli uomini. Le donne hanno

conquistato la loro autonomia

e con essa la pari opportunità in ogni campo della vita sociale. La

tradizione vuole che ricamare e fare di uncinetto sia legato al mondo

femminile. Qualcuno sostiene che nel Medioevo erano gli uomini a

dedicarsi maggiormente alla preziosa arte manuale. Nei secoli più re-

centi l’esclusiva è passata nelle mani delle nobildonne di Corte, delle

religiose di clausura e in quelle più grezze delle popolane costrette

a preparare il corredo delle figlie alla tenue luce del lume intorno

al camino dei casolari di campagna. Negli ultimi tempi, le ragazze

preferiscono il prodotto industriale e poche sono quelle che si dedi-

cano personalmente alla paziente lavorazione dell’uncinetto. In virtù

dell’acclarata parità c’è chi ha pensato di imitare le donne nell’arte

del ricamo eseguito a mano, tutt’ora una prerogativa femminile e

non ancora scalfita dagli uomini, mentre per il prodotto industria-

le non sembra esserci differenza di sesso. Per la verità è un caso

isolato per cui le donne non devono temere più di tanto la passione

di Luigi De Angelis, pastore dei nostri monti. La solitudine e le lunghe

giornate sui pascoli dei monti della Laga, al seguito del suo gregge, lo

ha indotto a manipolare il piccolo arnese intrecciando fili in svariati

modi per trarne piccoli capolavori. La passione di Luigi è singolare

in quanto uomo perché, al contrario, se fosse donna rientrerebbe

nella normalità. Nel suo inconscio ha voluto percorrere l’iter seguito

dalle donne per conquistare la loro emancipazione, e così facendo

si è cimentato con l’arte dell’uncinetto suscitando un po’ d’ilarità

tra gli uomini e meraviglia tra le donne. Il pastore artista si esprime

in varie forme di artigianato e soprattutto utilizza materiali di riciclo

come carta di elenchi telefonici e plastica morbida di buste, oltre

naturalmente al più comune filo di cotone. Con fantasia e ingegno

produce fili grezzi piuttosto spessi con i quali confeziona cestini ed

altri oggetti utilizzando uncinetti di legno che costruisce apposita-

mente lui stesso. Ma non finisce qui perché il pastore fa anche altro.

Scolpisce bastoni

di legno trovati

lungo i sentieri

dei monti dove

abitualmente pa-

scola il suo gregge

raffiguranti visi sti-

lizzati vagamente

somiglianti all’arte

africana. Modella

e compone figure

da semplici pezzi

di legno, tronchi

o pietre che la

sua fantasia vede

percorrendo le

pendici dei Monti

della Laga. Non manca la passione per la musica ed anche se autodi-

datta suona lu ddu botte. La destrezza e l’abilità di Luigi nel lavorare

tanti materiali denotano una innata vocazione per l’arte o artigia-

nato, labile confine non facile da tracciare. Il fiore all’occhiello della

sua poliedrica attività è l’uncinetto nella forma classica raffigurante

oggetti comuni ed altri piuttosto bizzarri, figure sacre (S.Giorgio a

cavallo patrono del suo paese, Padre Pio e S. Gabriele i santi più

venerati dalle nostre parti), animali al lavoro, centri da tavolo. Sulle

pareti di casa conserva i lavori più rappresentativi e forse quelli più

ispirati dalla sua genialità, mentre in ogni angolo trovano posto tante

piccole sue creature: bottiglie rivestite, cesti colorati, bastoni scolpiti

in molteplici modi, oggetti utili ed altri meno, frutto della sua abilità

nel dare forma a ciò che trova sul percorso della vita quotidiana.

In precedenza l’incontro si era svolto nelle stalle dove custodisce

il suo gregge situato a poca distanza dalla sua abitazione. In quella

20n.93

diAntonio Parnanzone [email protected]

Luigi De Angelis

La storia

Il Pastore Ricamatore

continua a pag. 22

Page 21: Teramani n. 93
Page 22: Teramani n. 93

La storia22n.93

segue da pag. 20

occasione aveva voluto far vedere il duro

lavoro di pastore, la mungitura delle pecore

e le condizioni di disagio nelle quali deve

districarsi per portare avanti la sua attività.

Nella sua abitazione,

invece, il personaggio

è diverso, rilassato e

disposto a mostrare la

sua abilità nel fare cose

che non hanno niente a

che vedere con il lavoro

di pastore, anche se

dentro di se ama le

sue pecore e le sue

capre. Nell’intrecciare

il grosso filo ricavato

dalla carta di elenchi

telefonici con un altret-

tanto spesso uncinetto

di legno, sfoggiando

un vistoso cappello di

paglia, racconta com’ è

nata la sua passione.

“Non ho avuto alcun maestro e tutto ciò

che faccio è frutto della mia iniziativa e

della mia invenzione. L’idea di fare l’unci-

netto me la offri tanti anni fa i militari di

leva che rivestivano penne e costruivano

altri oggetti variopinti. Iniziai da ragazzino

quando portavo a pascolare le pecore per

sopportare la inevitabile noia nel mentre gli

animali brucavano l’erba. Dai primi anni del

nuovo millennio ho cominciato a lavorare

legno ed altri materiali. Concilio il lavoro di

pastore con la mia passione artistica sfrut-

tando gli intervalli di tempo. La sera rinuncio

alle lusinghe della TV per dedicarmi molto

volentieri ad intrecciare fili con l’uncinetto

o a scolpire piccoli tronchi di legno o pezzi

di pietra. Spesso invece di ascoltare musica,

suono lu ddu botte e così facendo gratifico

il mio animo”.

La visita al singolare personaggio nella casa

di S. Giorgio, frazione del Comune di Mon-

torio al Vomano, dove vive con la sorella, si

avvia alla conclusione in allegria al ritmo di

musica. Seduto su una cassapanca, davanti

casa, da dimostrazione della sua abilità

di musicista con il variopinto ddu botte

suonando il più classico dei brani del nostro

folklore, il saltarello.

Poi una stretta di mano e un arrivederci

pone fine all’incontro con Luigi, personaggio

semplice che tuttavia ha avuto il coraggio di

andare controcorrente. n

Page 23: Teramani n. 93

23

“Lascia il tuo sonno”! Questa volta, racconto una bella storia,

quasi una ...favola. Di NATALIE MERCHANT, gli appassionati,

seguaci, cultori della vera musica, sapranno che la ragazza

(oggi affascinante signora), ha origini familiari nel vecchio

continente: irlandesi e...italiane, non a caso il cognome originario era

Mercante! Mrs. Natalie vanta trascorsi musicali non da poco: cantante-

compositrice-frontwoman dei 10.000 MANIACS, formazione titolare

di discreta discografia (The Wishing Chair - 1985, Elektra; In My Tribe

- 1987, Elektra...).

Come sempre accade, quando nei gruppi vi sono delle forti persona-

lità, queste, intraprendono la carriera solista, il minimo per chi, come

lei, possiede un background musicale ragguardevole. Primo requisito,

la voce: melodiosa, duttile, timbrica inconsueta, nel corso degli anni,

acquisisce coloriture e sfumature insolite (anche la maternità recente).

L’escursus artistico in continua ascesa, da Tigerlily (1994), a quest’ul-

tima fatica discografica, sempre più autorevole, impegno sociale,

abnegazione totale, non male il riscontro commerciale, non stratosfe-

rico ma, dignitoso. Questo percorso si è tradotto in progetti ambiziosi,

Ophelia (1997, Elektra), Motherland (2002, Elektra-Asylum, stupendo!)

e, The House Carpenter’s Daughter (2003, Myth America, di più!). La

serenità familiare probabilmente avrà conferito ulteriore sensibilità e

consapevolezza, intraprende un’impresa quasi impossibile: un concept

album, 5 anni di ricerche, 2 di registrazione, per licenziare Leave Your

Sleep appunto, corposo doppio CD, 26 songs (18 nella versione ‘light’),

come scrive lei stessa “This collection of songs represents parts of a

long conversation”. Brevi composizioni, poesie, poemi, storie e scritti di

provenienza ‘british-american’, suggestione, intensità, totale full immer-

sion, commozione. Prima della consueta analisi, un cenno alla confe-

zione del CD, elegante booklet di 50 pagine(!), curatissimo, testi, foto

d’epoca (b/n) dei personaggi-autori, commento ‘song to song’, note

tecniche, credits & others. La Merchant si è avvalsa di oltre 100-dico

100 musicisti di vaglia, qualche nome?: Wynton Marsalis, Medesky,

Martin &Wood, Eric Della Penna, The Lunasa, Gabriel Gordon...

Un respiro musicale eterogeneo e unitario al contempo, suggestione e

intensità, senza fare a meno di archi, fiati e cori.

Come detto, la corposità del progetto non consente il dettaglio, 105

minuti e 4 secondi di creatività, arie traditional, up tempo, lullabye,

gospel (The Peppery Man), soul, folk, jazz (Bleezer’s Ice-Cream, It Makes

a Change), chinese song (The King of China’s Daughter), indian song

(Indian Names), Klezmer song (The Dancing Bear), chamber music (The

Man in the Wilderness, fantastica), reggae, celtic-song (Nursery Rhyme

of Innocence, qui i Lunasa suonano divinamente). La mia ‘prefer song’

del 1° CD è Calico Pie (n° 3, ci risiamo con il ...numero perfetto), stile

country & western, irresistibile mix voce-chitarra-fiddle-banjo, upright

bass & hammer dulcimer. Come dicevo, il CD è doppio, il secondo un

gradino ‘sotto’, il primo è i-r-r-e-s-i-s-t-i-b-i-l-e, The Man in the Wilder-

ness (n° 8) e The Peppery Man (n° 12), brani nei quali, agli strumenti

classici, si uniscono violoncello, clarinetto, archi e fiati. Anche le com-

posizioni più scarne come arrangiamento, non sono da meno, vedi If

no One Ever Marries Me (n°10), internsa suggestione. L’incanto si ripete

nel 2° CD: si ricomincia con Adventures of Isabella, il ritmo in levare di

Topsyturvey World,

passando attra-

verso ‘gemme’

come Griselda (con

tanto di fiati from

Menphis Boys, r’n

b’ perfetto. Al n°

20, Vain & Careless,

con liuto e viola da

gamba e, la solita

grandissima voce!

Poteva mancare un

riferimento seppur

indiretto all’Italia,

anzi all’...Abruzzo?

Crying My Little

One, breve composizione di Christina Georgiana ROSSETTI, sorella del

più famoso Dante Gabriel, fondatore del movimento/Confraternita dei

Preraffaelliti, Londra, 2^ metà dell’800, grande famiglia di patrioti, artisti

e letterati, originaria di Vasto (Chieti), riparata appunto nel Regno Unito,

Christina, a 29 anni si dedicò come volontaria, all’assistenza delle me-

retrici nella capitale britannica, doverosa citazione. Con la ninnananna

autunnale (Autumn Lullabye), dolcissima, ci avviamo alla conclusione,

melodie a far da padrone: Spring and Fall: To a Young Child, si chiude

in bellezza con Indian Names, epico tributo ai nativi americani, grande

intensità del cantato, con tanto di flauto. Francamente mi riesce diffici-

le ‘capire’ come abbia fatto a concepire questo tributo alla letteratura,

cucendo letteralmente arrangiamenti e musiche ad hoc, una sfida

difficile, titanica, entusiasmante, a distanza di qualche anno, (2010),

la sfida andrebbe (va) premiata, un bel 9 pieno di valutazione! Ultima

annotazione, l’impegnativa produzione del progetto è di Andres Levin,

marito di Natalie (tutto in famiglia) e, della stessa cantante.

Leave Your Singer, Leave Your Sleep! n

n.93

Write about... the records!

diMaurizio Carbone [email protected]

Leave your sleep NatalieMerchant 2CD - de luxe editionNonesuch distributors Warner music, 2010

Page 24: Teramani n. 93

Quando ho visto il video degli Artisti

per l’Emilia, che insieme propone-

vano un’emozionante versione di

uno dei più significativi brani del

mio maestro Pierangelo Bertoli, “A muso

duro”, mi è tornato in mente un discorso

che lui mi fece durante uno dei nostri viaggi

in giro per l’Italia, in uno spostamento fra

una tappa e l’altra di una sua tournee. Si

parlava delle influenze musicali che noi

italiani abbiamo incamerato negli ultimi

sessant’anni e mi faceva notare l’anomalia

di una regione, la sua, che dagli anni ‘60

ha espresso una serie di grandi musicisti

Rock. Questa bellissima terra ha espresso

una straordinaria serie di artisti che hanno

trasformato il beat, il pop e la canzone d’au-

tore, dandogli una veste molto più ruvida,

con accenti anglosassoni molto marcati. Se

i ragazzi modenesi dell’Equipe 84 possono

essere considerati i Beatles italiani, il loro

quasi concittadino Francesco Guccini è

sicuramente il cantautore che più si è avvi-

cinato, in Italia, allo spirito di Bob Dylan, e

se Caterina Caselli ha avuto, fatte le dovute

proporzioni, la stessa forza dirompente che

negli Stati Uniti aveva avuto Janis Joplin, i

Nomadi ancora oggi hanno un seguito pa-

ragonabile agli Headbangers, storici seguaci

dei Grateful Dead, e Vasco Rossi e Luciano

Ligabue si contendono il titolo di Bruce

Springsteen nostrano.

E’ ovvio che il paragone artistico fra i

musicisti anglo-americani e i loro epigoni

emiliani non regge neanche sforzandosi

molto, ma quello che mi interessa è porre

l’accento su una anomalia culturale, che ha

concentrato, in un ristretto spazio geografi-

co, una serie di talenti straordinari. Bologna,

capoluogo della regione, ha sfornato una

serie di personaggi non meno importanti, a

partire dal grandissimo clarinettista e diret-

tore d’orchestra Hengel Gualdi. Si narra che

durante una serata in una grossa balera,

nei primi anni ’70, ad una signora che con

accento bolognese gli chiedeva se la sua or-

chestra facesse anche del Jazz, musica che

all’epoca stava diventando di gran moda,

rispose “Quando esce…”. Dal jazz proveniva

pure un altro clarinettista, Lucio Dalla, che

per circa quarant’anni ha distribuito dosi

massicce di talento e simpatia, oltre a “pro-

durre” una serie di talenti che vanno dagli

Stadio a Luca Carboni a Samuele Bersani,

così come bolognese è l’alfiere del funk ita-

liano, Andrea Mingardi. Se a buona ragione

si può parlare di scuola bolognese, spesso,

per semplificare, in questo calderone sono

stati inseriti nomi che bolognesi non sono.

A metà degli anni ’60, da Sassuolo, una

ragazzina con molta voce ed altrettanta

personalità, iniziò la scalata alle vette della

Hit-Parade, come si diceva allora. Era Cateri-

na Caselli, presto soprannominata “Casco

d’oro”, che travolse la sonnolenta Italia

con la sua figura dinamica e la sua musica

potentemente influenzata dal rock. La cosa

più straordinaria è che la Caselli, terminata

la sua carriera di cantante, ha dedicato il

suo talento alla valorizzazione di nuove

realtà musicali, portando alla ribalta nomi

come Pierangelo Bertoli (fratello del suo

primo batterista), gli Area, Mauro Pagani,

Paolo Conte, Giuni Russo, Gerardina Trovato,

Avion Travel, Elisa e Andrea Bocelli, fino ad

arrivare alle più recenti scoperte, Negrama-

ro, Malika Ayane e Raphael Gualazzi. Nello

stesso periodo Maurizio Vandelli creava

l’Equipe 84, il gruppo italiano che più ha

cercato, nel bene e nel male, di imitare le

innovazioni artistiche, ma anche lo stile di

vita dei favolosi Beatles, con tanto di bouti-

que aperta dai quattro modenesi a Milano.

In una vecchia intervista, Vandelli racconta

l’imbarazzo provato quando, durante una

festa a Milano, nella quale era riuscito a

conoscere Paul McCartney, fu presentato

alla grande star come il leader del più noto

“complesso” italiano, si sentì – dice – come

un indigeno di fronte ad una persona con la

quale stava amabilmente chiacchierando.

Arrivarono poi i cantautori, e con essi il

Guccini adottato prima da Modena e poi

da Bologna, armato di chitarra e fiasco

di vino, rivoluzionò del tutto l’immagine

della star italiana, imponendo un abbiglia-

mento dimesso e poco appariscente ad

un pubblico abituato a paillettes e lustrini.

Spesso gli si sono affiancati i Nomadi, che

da quasi 50 anni riempiono piazze in tutta

Italia con una proposta unica ed inimitabile,

che unisce rock, pop, musica popolare e

canzone d’autore. Da Sassuolo proveniva

anche Pierangelo Bertoli, grande poeta

Rock, troppo presto dimenticato, anche

quando era ancora vivo, forse a causa della

sua scarsa inclinazione alla diplomazia e al

sentimentalismo.

Fra i maggiori meriti di Pierangelo Bertoli

c’è quello di aver “inventato” Luciano

Ligabue, cantautore straordinario, ma anche

notevole romanziere e bravissimo autore e

regista cinematografico. Ligabue, scoperto

da Bertoli negli anni ’80, è l’unico, oggi, in

grado di rivaleggiare con il rocker italiano

per antonomasia, Vasco Rossi, che spesso,

da giovane promessa, ha aperto i concerti

di Bertoli. Uno sguardo al futuro viene dal

figlio di Pierangelo, Alberto Bertoli, che,

dotato di una voce personale e potente, sta

iniziando a ripercorrere le strade tracciate

dal padre con una proposta matura e molto

interessante. n

Musica24 [email protected]

n.93

diFabrizio Medori

La viaitalianaal rock passa perl’Emilia

Page 25: Teramani n. 93

R iprendiamo da questo numero la nostra rubrica “Dura Lex sed

Lex” interrotta con il numero 81 del nostro periodico Teramani,

all’epoca curata dagli Avvocati Elvio Fortuna ed Amilcare Lauria.

La riprendiamo grazie alla collaborazione autorevole del Dottor

Alfio Scandurra, del quale riteniamo superfluo ricordare la più che

prestigiosa e luminosa carriera.

Nell’attuale assetto costituzionale italiano, è comunemente indicato

come Capo dello Stato l’organo posto al vertice dell’ordinamento stata-

le e cioè il Presidente della Repubblica, che rappresenta l’unità naziona-

le (nei regimi monarchici il Capo dello Stato è il Re). Vari sistemi indicano

quale tipo di indirizzo viene dato ai regimi democratici relativamente

alla scelta dell’organo che più rappresenti la Nazione, cosicché esistono

repubbliche a carattere parlamentare (ad es. l’Italia) od a carattere pre-

sidenziale (USA). In questo caso, il potere di indicare le direttive generali

di governo spetta al Presidente della Repubblica, che racchiude in sé le

funzioni di Presidente del Consiglio dei Ministri.

Nei regimi parlamentari è invece il Governo che emana le direttive

generali di azione statale ed è organo distinto dal Presidente della

25Dura Lex Sed Lex

diAlfioScandurra

Riflessioni Giuridichesul Presidentedella Repubblica

n.93

Repubblica. A quest’ultimo appartengono, nel nostro Paese, funzioni

molto importanti, a volte sottovalutate, ma senza meno sempre ispirate

al concetto di unità e quasi sempre di indirizzo politico generale.

In questa sede, è bene elencare soltanto le prerogative più salienti,

non trovando posto una elencazione generale dei molteplici compiti

demandati al Presidente della Repubblica, rinviando l’argomento in altro

spazio. Comunque, le funzioni sono:

• ha il comando delle Forze Armate e presiede il Consiglio Supremo di Difesa;

• dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere;

• presiede il Consiglio Superiore della Magistratura;

• promulga le leggi, approvate dalle Camere;

• può concedere grazia e commutare la pena;

• può indire nuove elezioni delle Camere (o di una delle due);

• nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri;

• può sciogliere le Camere, tranne negli ultimi 6 mesi del mandato.

Quanto sopra detto rappresenta soltanto una parte delle molteplici

attribuzioni devolute al Presidente della Repubblica, in forza di disposizio-

ni dettate dalla Costituzione repubblicana; in ogni caso non può essere

sottaciuta “l’influenza“ che egli può espletare durante i suoi interventi

(pubblici o privati), su fatti od atti che spetterebbero ad altri organi

costituzionali, senza peraltro esulare dalla opportunità di limitazione su

argomenti che concernano obiettivi di indirizzo specifico, versante su

problematiche di ampio respiro politico, quando si creano vuoti di potere.

In sostanza, le facoltà di intervento presidenziale sono quelle relative a

stimolo per suscitare eventuali impegni legislativi (od altro), indirizzati

soprattutto a promuovere condizioni di sviluppo sociale. Per finire questo

breve “excursus” sulla figura giuridica del Capo dello Stato - ribadendo

che non sono state esaurite tutte le sue attribuzioni - va sottolineato il

“potere di controllo”, sebbene affievolito, nei confronti del Parlamento,

ai sensi dell’art. 74 della Costituzione, in base al quale ad esempio può

“invitare” con messaggio scritto le stesse Camere a rivedere il testo delle

leggi, per ragioni di opportunità o di legittimità, anziché promulgare ipso

facto le leggi approvate dalle Camere; in seguito può promulgare le leggi

nuovamente approvate. n

Gli o loro?

Si osservino i seguenti esempi:

•Mihannooffeso,perciògli ho risposto

(invece di ho risposto loro)

• Le mie cugine sono in gamba: gli manca

solo la laurea (invece di: manca loro solo

la laurea)

L’uso di gli (singolare) con significato plurale

(a loro) va sempre più diffondendosi; ciò non

toglie che si tratti di una sgrammaticatura (so-

prattutto al femminile), sebbene non manchino

antecedenti nella storia della lingua (G. Villani

XIV Sec.), Dalla Casa (XVI sec.), Galileo (XVII

sec.), Cesari (XVIII sec.). Tra gli scrittori recenti:

Brunetti e Pavese (XX sec.)

Questo uso non è da incoraggiarsi, soprattutto:

• Se c’è la possibilità di equivoco: Ero infuriato

perciò gli ho risposto con durezza (a una o

più persone? Se erano più , è meglio…ho

risposto loro)

• Se il riferimento è a nomi femminili: Le mie

cugine sono in gamba, gli manca solo la

laurea (è più corretto: Le mie cugine sono

in gamba, manca loro solo la laurea)

• A me mi piace o a me piace/mi piace?

A me mi è purtroppo una forma non rara,

perfino giustificata da qualche studioso. È una

espressione goffa, consistente nella ripetizio-

ne ingiustificata di due forme equivalenti di

pronome personale:

• A me mi piace = a me a me piace (mi = a me)

Lo stesso ragionamento vale per a Te Ti …,

ecc.

Affinché le espressioni diventino corrette

basta eliminare la forma superflua. Quindi!:

• A me piace, oppure Mi piace.

• A Te piace, oppure Ti piace. n

Osservazionisui pronomi personali

Note linguistichedi Maria Gabriella

Di Flaviano

[email protected]

Page 26: Teramani n. 93

In giro26diSergioScacchia [email protected]

n.93

Perché no una green way?

Da Teramo ai Monti della Laga

Il 16 novembre scorso a Teramo è stata presentata la nuova map-

pa sentieristica dei monti della Laga, realizzata dal C.A.I. sezione

di Teramo.

Da anni la massima associazione ambientalista delle montagne

italiane stava lavorando a questo importante progetto.

Tra i vari interventi c’è stato anche quello del prof. Filippo Di Donato,

già esponente del Consiglio Direttivo Federparchi, il quale ha sottoli-

neato l’importanza turistica e culturale di avere una rete di percorsi

facilmente fruibili e ben tenuti, in grado di condurre turisti e amanti

della natura alla

scoperta delle

infinite meraviglie

che la nostra terra

è capace di dare.

La sentieristi-

ca principale,

insieme all’ormai

noto e collaudato

Sentiero Italia,

deve avere la precisa peculiarità di poter collegare i centri abitati tra

loro, con i borghi a rappresentare le porte di accesso alla montagna.

Da tempo il Coordinamento Ciclabili Abruzzo Teramano, l’insieme

di oltre sessanta associazioni ambientaliste https://www.facebook.

com/groups/60138206525/

predica la necessità di realizzare una Teramo mare ciclo pedonale e

si dice convinto che Teramo meriti anche una via escursionistica che

colleghi la città alla Laga risalendo il Tordino.

Si potrebbero riscoprire antichi tracciati (come le vie di transuman-

za, le mulattiere dei carbonai, le vie dei pellegrini, i vecchi tratturi,

ecc.), come pure realizzare luoghi di sosta presso rifugi, bivacchi,

agriturismo, alla continua scoperta di piccoli paesi, chiesette, castelli,

tabernacoli, antiche poste per cavalli, seccatoi.

Il comune di Teramo sta intanto realizzando in queste settimane un

breve tratto di ciclopedonale lungo il Tordino, accanto alla scuola per

i Geometri; il percorso poi proseguirà affiancando gli scavi archeolo-

gici di Ponte Messato per poi avanzare verso monte lungo un nuovo

tratto il cui progetto è al vaglio della Regione Abruzzo.

Il desiderio di camminare è tanto e si denota anche dalle centinaia di

escursionisti notturni che due volte la settimana si riunisce, alle nove

di sera, sotto la guida del dott. Piero Sinigaglia, per camminare nelle

vie della città e nei parchi fluviali.

Numerosi sono anche chi vuole pedalare su percorsi naturali parten-

do dai centri abitati, senza dover per forza trasferirsi in montagna o

nella ciclabile costiera.

Una via verde che colleghi ai monti della Laga riscoprirebbe anche

un patrimonio storico, artistico e culturale della nostra provincia, ma-

nufatti antichi che hanno rappresentato le radici sociali della nostra

gente: i mulini e i frantoi.

Basta, infatti, salire a monte di Teramo, anche solo pochi chilome-

tri, per riscoprire resti di attività che per più di duemila anni hanno

accompagnato la vita dell’uomo.

Ruderi di architettura d’artigianato locale che hanno funzionato fino

Valle San Giovanni Miano

Page 27: Teramani n. 93

27n.93

agli inizi degli anni ’70.

I mulini sono stati per lungo tempo il

centro della vita economica e sociale, luogo

d’incontri, d’intrecci culturali e scambi di

esperienze.

Questi tesori che costellano le valli del Tor-

dino e del Vezzola, a volte sono mimetizzati

tra impervi sentieri lungo le sponde dei due

fi umi, a volte stanno morendo tra querceti e

scampanii di pecore, oppure in qualche caso

sono stati ristrutturati e adibiti ad abitazioni

private.

I mulini dell’alto Tordino sono poco meno di

una ventina.

Si trovano a Padula, Caiano, Elce, Casano-

va, Servillo, Faiete e Lame, nel territorio di

Cortino, a Fioli, Fiume e Castiglione di Rocca

Santa Maria e, nelle vicinanze di Teramo,

a Varano e Travazzano di Valle S. Giovanni,

Villa Tordinia e Villa Ripa.

Sono luoghi di sconfi nata bellezza, oggi

spesso persi tra sterpaglie, ma un tempo

pieni di vita e di uomini. n

Val Tordino in fondo Travazzano

Mulino Casanova

Page 28: Teramani n. 93

Tre anni sempre in prima fila. Arrivato a Teramo con l’obiettivo

dichiarato di portare il Teramo nei professionisti, Marcello Di

Giuseppe non delude le attese dei tifosi e della Società. A Teramo

è uomo vincente, prima come calciatore (vice cannoniere con

18 reti nella indimenticabile stagione di Ammazzalorso 1993/94), poi

come Direttore Sportivo nelle ultime tre annate costantemente nelle

zone alte della classifica tra le grandi del girone. Non c’è dubbio che il

D.S. biancorosso ha svolto un gran lavoro, cogliendo importanti risultati,

dimostrando

competenza e ca-

pacità in un mondo

non facile come

quello del calcio. In

quest’ultimo anno

ha operato scelte

mirate in ruoli

chiave, quasi in

maniera chirurgica

inserendo pedine

in un mosaico già

costruito nelle

passate stagioni. Gli è stato chiesto di traghettare il Teramo nella terza

serie nazionale senza patemi d’animo e puntualmente le aspettative

iniziali sembrano essere rispettate. Il personaggio è di quelli che i galloni

se li è guadagnati sul campo ed è

giusto “dare a Cesare quello che è di Cesare” ad un professionista prag-

matico il cui credo è il campo, esattamente come la pensa il Presidente

Campitelli. I giovani, la gestione del tecnico della squadra da Cappellacci

a Vivarini, le problematiche dello strano campionato attuale ed altri

argomenti sono oggetto di esame del loquace D. S. biancorosso.

Il Teramo è squadra piuttosto giovane. È stata una scelta mirata?

Fin dall’inizio abbiamo aderito al progetto federale legato all’impiego

dei giovani comunemente chiamato minutaggio. L’adesione comporta

rischi maggiori rispetto ad altre società che sono andate sul sicuro con

organici più maturi. Lavorare sui giovani è certamente più problematico

dovendo affrontare un stato psicologico ancora in formazione, specie se

inserito in un ambiente esigente.

Si aspettava un inizio così brillante?

Penso di essere riuscito a costruire una squadra competitiva, giovane

come voleva la Società, e soprattutto proiettata nel futuro sulla quale

si può lavorare se, come spero, l’esito del campionato sarà positivo con

l’ingresso nel prossimo campionato unico di serie C. Già dalla prima

fase dell’attività ufficiale della Coppa Italia si è capito che le scelte erano

state indovinate. Con tutta sincerità mi aspettavo un avvio di campio-

nato più lento e forse anche più sofferto, con qualche punto in meno

ma ugualmente posizionato nelle zone alte della classifica. Tutto ciò mi

dà fiducia per quanto riguarda il finale di stagione e credo che ci siamo

avviati sulla strada giusta per raggiungere i nostri obiettivi.

Da Cappellacci a Vivarini, un passaggio indolore?

Il cambio della guida tecnica poteva esser una incognita, visto che

Cappellacci aveva conseguito grossi risultati ed era molto amato dai

tifosi. E’ un tecnico che costruisce giuoco e guarda molto alla fase

di possesso palla e allo spettacolo. Tende ad ottenere risultati anche

attraverso il bel giuoco. Non potevamo disperdere un patrimonio con

tanti giocatori temprati da tale mentalità. Si doveva quindi prendere un

tecnico che avesse dato seguito al lavoro di Cappellacci. Siamo stati

anche fortunati trovare un tecnico come Vivarini, serio e preparato che

ha dimostrato, con

il lavoro e la fiducia

nei programmi che

gli sono stati propo-

sti, di aver saputo

creare una squadra

propositiva. Una

squadra che giuoca

bene e che tenden-

zialmente pensa a

vincere le partite

senza speculare sui

risultati degli altri.

Qual è l’obiettivo del Teramo in questo strano campionato?

L’obiettivo prioritario della la Società per la corrente annata è quello di

entrare tra le prime otto in maniera tale da poter accedere nella serie

unica nazionale di serie C. Ci si è posto l’interrogativo come arrivarci,

se con sofferenza cercando di agganciare le ultime posizioni oppure

facendo un campionato di vertice. Il campionato della scorsa stagione,

culminato con la finale play-off, non sarebbe bastato per entrare in

tranquillità nelle otto elette. Gli innesti operati sono stati indovinati ed

hanno elevato la qualità portandoci nelle primissime posizioni. E’ un

campionato che rimarrà nella storia perché riforme del genere possono

capitare ogni trent’anni. Quello attuale sarà l’anno zero e chissà se

un’altra riforma ci sarà fra trenta o quarant’anni. n

Calcio28n.93

diAntonio Parnanzone [email protected]

MarcelloDi Giuseppe

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O nori alla Teknoelettronica Teramo

che sovvertendo tutti i pronostici

della vigilia del campionato di

Serie A1 Maschile ha perso un solo

incontro contro il Carpi, favorita del girone,

tra tutti quelli disputati fin d’ora . Risultati

che le hanno permesso anche di qualifi-

carsi in netto anticipo per la Final Eight

di Coppa Italia. Tutto ciò grazie al lavoro

del tecnico Marcello Fonti e dei giocatori

che traducono nella pratica dell’incontro,

quanto preparato negli allenamenti. Ottime

le prestazioni dei giocatori tutti ed in par-

ticolar modo dei nuovi Nikocevic, Gabriele,

Pagano e del solito Vito Vaccaro. Senza

ovviamente trascurare l’apporto dato

dai teramani Andrea Leodori ed Alessio

Collevecchio, tornato a Teramo dopo le

esperienze di Città S. Angelo ed Ascoli.

La nota dolente viene dalla squadra

femminile Artrò – Globo – Allianz che a

fronte del nome roboante sta tenendo un

comportamento a dir poco risibile. Fino a

questo momento infatti ha collezionato

solo sconfitte, nonostante possa godere

dell’apporto del tecnico federale Franco

Chionchio che non riesce a risvegliare dal

lungo sonno le componenti della squa-

dra che ha un organigramma che poche

società si possono permettere. La squadra

Sport30 dallaRedazione [email protected]

n.93

infatti è infarcita di elementi con doppio

passaporto, tra le quali quattro giocatrici

che nella passata stagione hanno militato

nel Sassari disputando la finale scudetto

e che avrebbero dovuto, nelle intenzioni

della Società e ovviamente del General

Manager Roberto Canzio, garantire un

campionato più che tranquillo. C’è da dire

che le prestazioni della squadra hanno

risentito, negli ultimi turni, delle avventate

ed inopportune dichiarazioni della società

che ha minacciato esclusioni in mancanza

di risultati, coinvolgendo in questa ipotesi

anche la conduzione tecnica, minandone la

credibilità nei confronti delle giocatrici.

A voler stare alle dichiarazioni della Socie-

tà che ha preteso almeno tre punti in tre

partite, la squadra deve vincere con il Ca-

salgrande a Teramo, nella penultima partita

di andata. Ce la farà? Speriamo di sì! n

Maschile e femminile

Pallamano

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