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Teoria e pratica della valutazione Laboratorio – Lezione IV L’’analisi monovariata L’analisi Monovariata «…l’analisi monovariata è un passaggio obbligato per chi voglia porre in relazione queste variabili tra loro […] è una condizione per impostare ed eseguire efficacemente le successive analisi più complesse» Marradi, 1993, L’analisi Monovariata, FrancoAngeli, p. 11 . Preparazione ad analisi più approfondite Calcolo di nuove variabili Costruzione di indici (lez. 5-6 aprile) unzioni dell’analisi monovariata 1. Controllare la plausibilità dei valori Individuazione di dati anomali (wild codes) (già vista nella lez. 3 di lab.) alare squilibri nella distribuzione e valutare opportunità di aggre azione di squilibrio nella distribuzione azione modalità da aggregare (che vedremo nell’ultima parte della lezione) azione in classi (solo per variabili cardinali) (“)

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Teoria e pratica della valutazioneLaboratorio – Lezione IVL’’analisi monovariata

L’analisi Monovariata

«…l’analisi monovariata è un passaggio obbligato per chi voglia porre in relazione queste variabili tra loro […] è una condizione per impostare ed eseguire efficacemente le successive analisi più complesse»

Marradi, 1993, L’analisi Monovariata, FrancoAngeli, p. 11

3. Preparazione ad analisi più approfondite•Calcolo di nuove variabili•Costruzione di indici (lez. 5-6 aprile)

Funzioni dell’analisi monovariata1. Controllare la plausibilità dei valori• Individuazione di dati anomali (wild codes) (già vista nella lez. 3 di lab.)

2. Segnalare squilibri nella distribuzione e valutare opportunità di aggregazione• Individuazione di squilibrio nella distribuzione • Individuazione modalità da aggregare (che vedremo nell’ultima parte della lezione)• Organizzazione in classi (solo per variabili cardinali) (“)

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Funzioni dell’analisi monovariata

4. Garantire la possibilità di leggere criticamente i rapporti di ricerca

Marradi (1993) definisce questa funzione come «democratica», permettendo in tal modo al lettore di recepire criticamente, anziché passivamente, le considerazione e le conclusioni di chi ha analizzato i dati» (p. 27)

La distribuzione di frequenza rappresenta il primo risultato empirico del lavoro di ricerca, «le fondamenta elementari dell’intero edificio analitico» (ibidem).

«..il momento della lettura delle distribuzioni di frequenza è paragonabile alla raccolta die primi frutti dopo la semina avvenuta tempo addietro»Corbetta, 1999, Metodologia e tecniche della ricerca sociale , il Mulino, p. 487

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L’analisi monovariata è un’analisi puramente descrittiva. Attraverso le distribuzioni di frequenza il ricercatore può vedere come i fenomeni si presentano nel campione studiato e rispondere ai suoi primi interrogativi circa la popolazione oggetto di indagine.

Inciso: diverso è il caso dei sondaggi d’opinione in cui le distribuzioni di frequenza costituiscono l’obiettivo stesso dell’indagine

L’analisi monovariata fornisce già di per se risultati interessanti che saranno poi inseriti e commentati nel rapporto di ricerca. Un’attenta lettura dei dati permetterà anche la nascita di nuove ipotesi, non prese in considerazione dal ricercatore durante le fasi iniziali della ricerca. Tali ipotesi potranno essere successivamente controllate con le analisi successive maggiormente approfondite (bi-tri e multivariate)

Non bisogna pertanto sottovalutare (o dimenticare) l’importanza di tali analisi preliminari.

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Come si presenta l’output di Spss

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Valori caratteristici della distribuzione L’analisi monovariata è dunque un analisi puramente descrittiva (e completa) di come una variabile si distribuisce all’interno di una popolazione. Le distribuzioni delle variabili possono essere riportate integralmente (come nelle tabelle appena presentate e/o sotto forma di grafici) o attraverso misure sintetiche.

I valori caratteristici della distribuzione non sono altro che indici, espressi in forma numerica, utili ad una rappresentazione sintetica della distribuzione stessa di una variabile

Le principali caratteristiche che descrivono una distribuzione di dati sono due:

• Le misure di tendenza centrale• Le misure di variabilità

Tali misure differiscono in relazione al “tipo” di variabile che si sta descrivendo

Mentre le misure di tendenza centrale mirano ad individuare quale numero sintetizza meglio la distribuzione, le misure di variabilità ci dicono il modo in cui le altre modalità si collocano attorno a questo valore “sintetico”

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Variabili nominaliMisura di tendenza centrale

Misura di variabilità

Moda

Indici di omogeneità/eterogeneità

p = frequenze relative al totale a 1 (proporzioni)k = modalità

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Variabili ordinali

Misura di tendenza centrale

Misura di variabilità

Mediana

Le differenza interquartile

e

È una misura analoga al campo di variazione ma tiene conto solo dell'ampiezza della fascia di "centrale" dei valori osservati, non essendo influenzata dai valori estremi. 1 1005025 75

Q1 Q2 Q3 Q4

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Variabili cardinali - 1Misura di tendenza centrale

Media aritmetica

Poiché in una distribuzione di frequenza abbiamo per ogni valore di X i della variabile la frequenza con la quale esso si presenta, possiamo calcolare la media sommando prodotti fra valori e le rispettive frequenze

Con k =modalitàXi = valorifi = frequenza

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Misura di variabilità

Deviazione standard e varianza

Scostamento semplice medio

Variabili cardinali - 2

È la misura di variabilità più semplice per le variabili cardinali. Il valore assoluto serve ad evitare che il risultato dell’operazione sia zero in quanto è caratteristica propria della media aritmetica il fatto che la somma degli scarti dei singoli valori dalla media dia come risultato zero

Procedura alternativa alla precedente. L’elevare al quadrato gli scarti dalla media dei singoli valori permette di conferire un peso maggiore agli scarti maggiori, oltre che l’annullamento dei valori negativi

Quadrato della deviazione standard, più utilizzata in analisi bi e multivariate, quando cioè l’analisi dei dati ruota attorno al concetto di varianza spiegata, e in campo probabilistico (es. legge della varianza totale)

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Rappresentazioni graficheUtilizzabili sia per quanto riguarda le frequenze assolute che le frequenze relative

Non aggiungono ulteriori informazioni rispetto alle rappresentazioni tabellari ma sono sicuramente di maggiore efficacia comunicativa

Diagramma a settori circolari (o diagramma a torta o pie chart)

Molto utilizzato soprattutto per la sua forte comunicatività, è spesso criticato per il fatto che, se non accompagnato da espliciti valori (assoluti o percentuali) è difficile distinguere archi di dimensioni simili tra loro

È costituito da un cerchio i cui settori (archi) sono proporzionali alle frequenze (assolute e relative)

Più adatto per le variabili nominali, spesso viene utilizzato anche per le variabili ordinali proprio per la sua efficacia comunicativa

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Diagrammi a barre (bar chart)

Ancora un modo semplice (ed efficace dal punto di vista comunicativo) di rappresentare graficamente una distribuzione di frequenzaLa creazione del grafico consiste nell’inserire i valori di ciascuna modalità della variabile in un piano cartesiano la cui asse delle ordinate (y) rappresenti la frequenza (o la percentuale) di tale modalità e sull’asse delle ascisse (x) le modalità della variabile.

Accorgimento: poiché le variabili sono nominali o ordinali, per non suggerire continuità le barre del diagramma devono essere separate ed equidistanti fra loro

Variante: diagramma a nastri. Vengono invertiti gli assi cartesiani

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Istogramma

Qualora la variabile da rappresentare graficamente sia cardinale

Come per il grafico a barre si utilizza il piano cartesianoSe la variabile è raggruppata in classi (es. classi di età sull’asse delle ascisse), le frequenze saranno costituite da rettangoli di area (non altezza) proporzionali

Diagramma a linee

Utilizzati per rappresentare grandezze continue, è utilizzato maggiormente quando si deve raffigurare una serie storica. Sull’asse orizzontate si troverà la variabile temporale (giorni, mesi, anni) e sull’asse delle ordinate i valori che rappresentano la misura della grandezza oggetto di studio

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La trasformazione del datasetOperazioni di ricodifica

Possono essere seguite due strategie operative:1.La modifica delle variabili già esistenti, alterando i valori ad esse assegnati2.La creazione di nuove variabili compiuta mediante la manipolazione di quelle esistenti

Ci occuperemo oggi del primo punto, rimandando la creazione di nuove variabili alle lezioni sugli indici matematici (lezione 5) e tipologici (lezione 6)

Tutte e due le procedure possono essere effettuate:•Modificando la variabile originaria•Creando una nuova variabile

Le operazioni di ricodifica delle variabili possono essere volte a:•Modificare i valori di una variabile•Aggregare le modalità in categorie più ampie

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Esercitazione in classe

a. Descrivere il campione in base alle variabili di base (sesso, tipo di scuola, titolo di studio ed occupazione dei genitori) con l’ausilio di grafici

a. Descrivere le caratteristiche delle distribuzioni dei punteggi assegnati agli item della domanda 24 (percezione pericolosità)

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