Tendine Sonoro - Piccole Poesie di Federica Galetto
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Transcript of Tendine Sonoro - Piccole Poesie di Federica Galetto
Cuore, oh cuore immacolato
senza percorso da mostrare
ritorna a me
in pura visione d'occhio
e sali
nel cielo di uccelli piumati
a rinverdire occhi e paludi
ristoro e casa per beccacce e usignoli
Che brama tema
ogni mia sola sdrucciola remora
nel volo
accogli nei rami del tendine sonoro
le voci dei pettirossi nel vento
Oh cuore, cuore immacolato
*
Non ho memoria di libri letti, di nomi o luoghi. Non ho memoria se non dimenticando. Le case si rivoltano nell'ombra dei muri e io non ricordo più se ho visto il sole un giorno, o era solo l'accento di una parola incontrata su un libro.
*
Credi forse che non veda
l'allontanarsi del suono dal labbro
l'impavida morsa del tuono nel ciglio
Che fai con me se storpia è la parola,
l'intelletto rumoroso di nebbie
E poi, dimmi se mai
mi condurrai a casa,
nel cortile aperto dove gocce e luna
s'appartengono la notte
Dimmi se mai avrai per me un sospiro,
uno solo da nutrirmi a lungo
*
Poi mi dissero che non avevo il passo,
al ritorno dalle coltri rette dal sonno
Invano tentavo,
di capire l'emblematica rottura
Che percorso ebbe a mancare
(Se si)
E quando, l'eco ridondante appena
assumeva
le tue sembianze
*
E se passassi su te, come onda traboccante
e avessi un solo grido per lacerare il cuore
E se annegassi me in te come i flutti
e spiegassi al cielo che solo desidero
spuma
E se ti avessi
come pezzetti di sale
nello scrosciar di un'alba
*
Inciampai nel camminare,
così lento era quell'incedere
ma distratto prese a barcollare
dentro il fuoco della vergogna
che non sopportava pesi di perso equilibrio
Rividi le rotte sbagliate della vita nel cadere
bocconi sui marmi della cucina
e un occhio lagrimava di stenti
come acqua rotta di vento in burrasca
e tedio, inevitabilmente.
*
Confuse erano le voci del mondo,
da sotto le gobbe della terra sgusciavano
a prendersi
le pieghe del suolo che agitavano il vento passante
di là
in echi e monumenti di riflessi
Testuggini alate
*
A volte si passa trapassando
vetri e pareti
nella lungaggine pietosa dell'immobile gesto
ancora
netto il tiepido pulviscolo s'allinea
fuori lepri e corvi pregustano geli
le deteriorate spinte all'agire
molestano
credevo d'averti preso
ma era solo un soffio di vento
*
Istrioni bugiardi correvano nel cortile
per la coda li afferravo, premendone
la testa al suolo
laddove non c'erano servi a raccoglierli
né padroni a comandarli
*
Avresti mai pensato alle comete riarse
di reminiscenze esplose
nei fiati più bassi
d'un immenso cielo
come sarabande esfoliate di mestizia
come farfalle punte da spilli alle ali
Rimetto ancora al cieco rimorso
un debito insoluto
se foglia copre il mio silenzio d'ombra
e in incognita rimembranza s'alza
*
Mi hanno detto che non sono nessuno
e che non valgo niente
nemmeno quel tanto che basta per crederci
mi hanno detto che non farò mai nulla
e che non avrò mai reti colme di pesci da issare
nemmeno quel tanto che basta per sopravvivere
Ho pianto di rabbia
Con le dita dolenti e gli occhi in fiamme
ho ripercorso le strenuità del mio destino
percuotendomi con cilici
e ho inteso una flebile voce trovarsi contraria
ma piano piano parlava
come brezza nell’erba
e come tormenta di un blizzard notturno
s’inchiodava nel gelo del nulla
Mi hanno detto che la mia occasione
era fortuna di principiante
che non aveva mezzo né forma né sostanza
Ho pestato piedi e pugni
Il gomito duro nello stomaco come una percossa
Ma piano piano una voce remava contro
E diceva che il sole sorge e la luna cala
Ogni giorno
Che il tempo frutta nella perseveranza laboriosa
Nell’intento puro di un tentato sforzo
Nelle logiche presenti in attimi sfruttati
E aperti come melograni
Piano piano ho inteso la voce crescere in grande luce
e andare nelle viscere
pressando il vessare dei triboli
che miei erano e sarebbero stati
ma senza giogo di scherno alcuno
Non v’era parvenza di fiducia e ciò m’asserviva
al dolore
proprio quando in ogni piccola parte di me s’era
espresso il vero desiderio di essere
Allora pensando ai millenari atavici cerchi
d’un eterno ritorno
rilessi le volte che ancora
avrei dovuto spremere lacrime per ciò che ero
per ciò che non riuscivo ad essere
per le volte infinite che pregando avevo domandato
per quelle in cui avevo sofferto e amato
Nessuno era chi diceva che non ero nessuno
Nessuno era chi non mi aveva conosciuta prima
in vite circolari e remote
Nessuno era morto con chi decideva che io lo fossi
La vita era forte in me quanto l’anima antica
Le gighe dei passi falsi inasprite dal torto
si levavano ardite
Ero ancora sul podio dei primi senza essere prima
ma sapevo che un giorno avrei alzato la coppa dal centro
e nessuno
nessuno avrebbe mai potuto fermarmi
Piano piano
S’era spenta la voce
Ora i gatti s'azzuffavano per strada
ma io sapevo il vero
Di nuovo
*
Hai visto cosa è rimasto del languore nei nervi
delle cospirazioni dimesse al salto del cuore
hai visto, che non c'è tempo di rimanere silente
fra braci spente
sui fiori di ieri solo polvere estinta e croci divelte di
occhi ardenti
*
Saranno mie le estensioni,
le corde di arpe antiche
Mie saranno ancora
le bocche socchiuse
nel chiudersi del giorno solo
e caos d’infinito
In furie disfatte cadranno petali
e morranno insidie
Di te vorrei credere un istante
senza resa
Portarmi in alto vorrei
Con te
ai miei piedi
Non visto
*
Ho vissuto giorni di lungo respiro
Se ora m’accade d’intender male il Tempo
lascio andare via il nodo
Di tanto in tanto temo che non torni più
quel fuoco che m’infiamma in un secondo
In un robusto perdurare ardente
Federica Galetto 2011 – Tutti i diritti riservati ©
http://lastanzadinightingale.blogspot.com/
Immagine: Federica Galetto ©