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CONSERVATORIO di MUSICA “G. VERDI" – COMO Corso di diploma accademico di secondo livello in discipline musicali Musica elettronica e Tecnologie del suono IMPROVVISAZIONE E AMBIENTE ACUSTICO NATURALE: ALLE RADICI DEL PAESAGGIO SONORO Relatore M° Andrea VIGANI Tesi finale di: Emanuele MAGNI Matr. 3309 Anno accademico 2014-2015

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CONSERVATORIO di MUSICA “G. VERDI" – COMO

Corso di diploma accademico

di secondo livello in discipline musicali

Musica elettronica e Tecnologie del suono

IMPROVVISAZIONE E AMBIENTE ACUSTICO NATURALE:

ALLE RADICI DEL PAESAGGIO SONORO

Relatore

M° Andrea VIGANI

Tesi finale di:

Emanuele MAGNI

Matr. 3309

Anno accademico 2014-2015

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Indice

RIASSUNTO..............................................................................................................................1

PARTE TEORICA: il concetto di Paesaggio Sonoro.................................................................2

Capitolo 1: NASCITA DEL CONCETTO DI PAESAGGIO SONORO..............................4

1.1 Ecologia Acustica........................................................................................................6

1.1.1 Il Paesaggio Sonoro Hi-Fi....................................................................................7

1.1.2 Il Paesaggio Sonoro Lo-Fi...................................................................................7

Capitolo 2: EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI PAESAGGIO SONORO....................11

2.1 Elementi del Paesaggio Sonoro.................................................................................11

2.2 Niche Hipothesys.......................................................................................................10

2.3 Stato di salute di un Paesaggio Sonoro......................................................................12

Capitolo 3: CORRENTI MUSICALI...................................................................................15

3.1 Documentario............................................................................................................17

3.2 Ricostruzione.............................................................................................................17

3.3 Trasformazione..........................................................................................................18

3.4 Integrazione...............................................................................................................19

Capitolo 4: ARTE E SCIENZA...........................................................................................21

4.1 Ecologia del Paesaggio Sonoro.................................................................................21

4.2 Composizione del Paesaggio Sonoro........................................................................22

PARTE PRATICA: la composizione di un Paesaggio Sonoro.................................................25

Capitolo 5: RACCOLTA MATERIALE.............................................................................26

5.1 Analisi del Paesaggio Sonoro....................................................................................26

5.1.1 Lo Spazio...........................................................................................................26

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5.1.2 Il Sassofono........................................................................................................28

5.2 La registrazione ........................................................................................................31

5.2.1 Scelta microfoni.................................................................................................32

5.2.2 Posizionamento microfoni.................................................................................33

Capitolo 7: LA COMPOSIZIONE.......................................................................................36

7.1 Spazializzazione........................................................................................................36

7.2 Elaborazione del suono .............................................................................................40

7.3 Montaggio..................................................................................................................41

Appendice A: analisi del brano e considerazioni compositive.............................................43

Appendice B: criticità incontrate nella composizione..........................................................46

Therefore, isn't the musician's relation to nature the same as the hypnotist's relation to a fortune teller?

E. T. A. Hoffman

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RIASSUNTO

Questo lavoro di tesi è diviso in due parti: nella prima mi occupo di descrivere l'evoluzione

del significato del termine Soundscape partendo dalla definizione del suo coniatore Murray

Schafer. La mia analisi evidenzia un po' di confusione circa questo significato, in particolare

dovuta al fatto che che il termine è stato utilizzato - e lo è tuttora - per descrivere un ambito

che spazia tra scienza ed arte.

Oltre a ciò mi sono cimentato nel comporre una brano che potesse essere ricondotto alla

definizione “artistica” di Soundscape: la seconda parte di questo scritto si occupa quindi di

descrivere il processo compositivo che ho seguito, le tecniche utilizzate ed il paesaggio

sonoro con cui mi sono trovato ad avere a che fare.

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PARTE TEORICA: il concetto di Paesaggio Sonoro

Il termine paesaggio sonoro, traduzione dell'inglese Soundscape, è ormai quasi

universalmente conosciuto, o almeno riconosciuto come stile musicale. Da una banale ricerca

del termine in internet troviamo infatti diversi risultati che propongono questo tipo di

composizioni, oltre ad altri numerosi risultati che invece con il mio personale concetto di

paesaggio sonoro hanno poco a che fare. Questa consapevolezza mi ha portato a cercare di

approfondire l'argomento per chiarire a me stesso innanzitutto cosa significhi comporre un

paesaggio sonoro, e in fin dei conti se è possibile farlo. Dico questo perché affrontando la

questione mi sono reso conto che forse l'unico vero paesaggio sonoro è ciò che possiamo

sentire in diretta quando siamo immersi in un ambiente, e di conseguenza l'atto di comporre

un paesaggio sonoro dovrebbe considerarsi esclusivamente la scelta del luogo in cui

registrare. Più si cerca di manipolare queste registrazioni e più ci stiamo forse allontanando

dalla purezza di un paesaggio sonoro, così la mia curiosità è spinta proprio dal cercare di

identificare il limite che rende una composizione non più definibile come paesaggio sonoro.

Con questo non voglio entrare nell'ambito delle definizioni di genere, attività spesso fine a se

stessa che cerca di categorizzare forme di espressione che dovrebbero godere di libertà

massima (se si escludono determinati generi ormai affermati ed identificati da caratteristiche

ben precise). Ma effettuando diversi ascolti mi accorgo che inconsapevolmente identifico

come Paesaggio Sonoro alcune composizioni che per esempio non fanno uso di

registrazioni ambientali, e viceversa non ritengo paesaggi sonori composizioni che ne fanno

uso esclusivo.

Quello che cerco di fare è quindi razionalizzare questa mia percezione appigliandomi a quello

che è la letteratura del settore. In fondo il paesaggio sonoro è stato per millenni l'unico

concerto a disposizione dell'essere umano, e forse il termine di riferimento ultimo per dare

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giudizi estetici di qualcosa è la natura.

Il compositore ha così un ruolo molto importante, soprattutto oggi dove il paesaggio sonoro in

cui siamo immersi è profondamente alterato dai rumori del progresso: il ruolo è quello di

utilizzare gli strumenti del progresso per almeno conservare la bellezza sonora della natura.

Affermando ciò incontriamo però il paradosso della tecnologia che viene utilizzata per

simulare ciò che la tecnologia ci ha tolto. Situazione che mette così il compositore di Paesaggi

Sonori in una posizione di incoerenza, quando ad esempio prende un mezzo a motore come

l'aereo per andare a registrare paesaggi sonori in luoghi remoti, utilizzando una tecnologia che

per esistere ha bisogno di generare rumore, per poi lamentarsi dei paesaggi sonori che

vengono inquinati da rumori di mezzi elettromeccanici; ma questa forse è una speculazione

fine a se stessa, e di sicuro non è oggetto di questo scritto.

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Capitolo 1: NASCITA DEL CONCETTO DI PAESAGGIO

SONORO

“L'ambiente sonoro con enfasi nella maniera in cui è percepito e interpretato dagli individui.

Tecnicamente, qualsiasi parte dell'ambiente dei suoni considerata come campo di studio e

ricerca. Il termine può applicarsi tanto ad ambienti reali, quanto a costruzioni astratte, quali le

composizioni musicali o i montaggi e missaggi di nastri magnetici, in particolare quando

vengono considerati come ambienti.”

Così R. Murray Schafer definisce il neologismo Soundscape da lui coniato nel 1969. Il

termine trae origine dal parallelismo con il mondo delle immagini, dove Landscape (in

italiano “paesaggio”) è composto dai termini Land (terra) e Scape (veduta). Sostituendo il

termine Land con Sound ci troviamo così il termine composto Soundscape che in italiano

viene comunemente tradotto con “Paesaggio sonoro”.

Shafer suddivide le principali caratteristiche per l'analisi di un paesaggio sonoro in tre

categorie:

– Toniche: in ambito musicale la tonica è la nota che identifica la chiave o la tonalità di

una particolare composizione; è in riferimento a questa nota che ogni altro momento

della composizione acquista il proprio particolare significato, anche quando il

materiale ruota intorno ad essa, mascherandone spesso l'importanza. Parallelamente, in

un paesaggio sonoro le toniche sono quei suoni che vengono percepiti di continuo o

con tale frequenza da costituire uno sfondo sul quale vengono poi percepiti gli altri

suoni. Ad esempio: il rumore del mare per una comunità che vive accanto ad esso, o il

rumore dei motori a combustione per le città moderne. Prosegueno il parallelismo con

il mondo delle immagini, le Toniche possono essere considerate come lo sfondo del

paesaggio.

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– Segnali: sono suoni verso cui si rivolga l'attenzione in modo particolare, solitamente in

primo piano ed uditi coscientemente; si distinguono dalle Toniche nello stesso modo

in cui nel campo delle immagini si contrappongono figura in primo piano e sfondo.

– Impronte sonore: queste sono in realtà un sottoinsieme dei Segnali. Sempre facendo

riferimento al mondo delle immagini, il termine in inglese è Soundmark, che deriva

da Landmark il cui significato è: “punto di riferimento, pietra miliare”; quindi con

impronta sonora si intendono quei suoni con peculiarità tali da far sì che gli abitanti di

una comunità abbiano nei loro confronti un atteggiamento ed una capacità di

riconoscimento particolari. Un suono di questo genere, sempre secondo Schafer,

dovrebbe essere tutelato per il suo valore storico-culturale.

Notiamo che la definizione data da Schafer si riferisce sia ad ambienti reali che a

composizioni musicali, quindi evidentemente anche a combinazioni delle due cose. E forse è

proprio la combinazione delle due cose che interessava maggiormente al compositore. O forse

mi azzardo a dire che il riferimento a composizioni musicali è stato inserito nella definizione

per questioni contingenti, ma che il fulcro della questione fosse il paesaggio sonoro naturale,

dato che all'epoca (fin degli anni '60) Schafer fondava il World Soundscape Project (WSP),

progetto di ricerca internazionale con l'obiettivo di trovare soluzioni per avere un paesaggio

sonoro equilibrato, dove quindi il rapporto tra essere umano e ambiente acustico fosse in

armonia.

Le attività del WSP si fondano quindi particolarmente sullo studio del rapporto esistente tra

esseri umani ed ambiente, disciplina che prende il nome di Ecologia Acustica, disciplina

intrinseca in tutti gli ambiti dell'attività umana che comportano una generazione di rumore. “Il

rumore, infatti, rappresenta uno spreco energetico. La macchina perfetta sarà una macchina

silenziosa, e tutta l'energia verrà utilizzata.”

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1.1 Ecologia Acustica

Nell'essere traghettati nel mondo utopico dove le macchine non genereranno rumore, per

Schafer diventa necessaria la figura del Designer Acustico, figura con competenze

scientifiche, sociali e musicali con il ruolo di migliorare la qualità estetica del paesaggio

sonoro in cui vive l'essere umano.

“Solo una concezione d'insieme dell'ambiente acustico può darci i mezzi necessari a

migliorare l'orchestrazione del paesaggio sonoro. Il design acustico non riguarda soltanto gli

ingegneri acustici, ma richiede al contrario la collaborazione di moltissime persone:

professionisti, dilettanti, giovani, e di chiunque abbia buone orecchie. Perché il concerto

dell'universo è un concerto permanente e i posti in sala sono gratuiti.”

Il compositore di soundscape non compone quindi in termini assoluti, bensì relativamente

all'ambiente e per il pubblico in questione, poiché spazio sonoro e contesto sociale dovrebbero

essere stati presi in considerazione dall'autore. “La padronanza del proprio mestiere consiste

nel sapere tutto del materiale con il quale si lavora. […] Un vero designer acustico deve

cercare di comprendere alla perfezione l'ambiente che gli sta di fronte, deve possedere

conoscenze in campo acustico, in psicologia, in sociologia, in musica e in altre discipline

ancora, a seconda delle esigenze e delle necessità”.

Un designer acustico deve insomma essere un esperto di Ecologia Acustica. Come l'ecologia è

lo studio dei rapporti tra gli organismi viventi e il loro ambiente, così l'ecologia acustica è lo

studio degli effetti prodotti dall'ambiente acustico (o paesaggio sonoro) sulle caratteristiche

fisiche e sui modelli di comportamento degli esseri che vi abitano. Tra i suoi specifici

obiettivi, quello di segnalare gli squilibri che potrebbero rivelarsi malsani o dannosi.

La disciplina prende vita dalla consapevolezza che a partire dalla rivoluzione industriale un

numero sempre crescente di paesaggi sonori è andato estinguendosi, sommerso nella nuvola

di rumore della civiltà, la cui tonica è diventata il rumore (pensiamo al traffico nelle città).

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Il contrasto tra gli ambienti acustici pre-industriali e post-industriali è espresso da Schafer con

il termine hi-fi (alta fedeltà) contro lo-fi (bassa fedeltà).

1.1.1 Il Paesaggio Sonoro Hi-Fi

Un sistema hi-fi è caratterizzato da un rapporto segnale / rumore soddisfacente. Il paesaggio

sonoro hi-fi è quindi quello in cui il basso livello del rumore ambientale permette di udire con

chiarezza i singoli suoni. In genere la campagna è un ambiente a maggiore alta fedeltà rispetto

alla città, e così è per la notte rispetto al giorno, per i tempi antichi rispetto a quelli moderni.

Un paesaggio sonoro hi-fi è un ambiente dove i suoni si sovrappongono non di frequente,

dove c'è prospettiva e si riconoscono figure e sfondo. In questo tipo di ambiente non c'è

mascheramento e tutti i suoni possono essere uditi indistintamente e nessuno è anonimo; i

suoni inoltre generalmente si alternano in maniera ciclica. In un paesaggio di questo tipo,

l'orizzonte sonoro si estende per diversi chilometri.

1.1.2 Il Paesaggio Sonoro Lo-Fi

Al contrario, in un paesaggio sonoro lo-fi abbiamo l'impressione di un muro sonoro più o

meno costante che di fatto isola l'ascoltatore dall'ambiente. Molti suoni rimangono

mascherati, riducendo lo spazio sonico dell'individuo. L'estremo è la situazione in cui non si

possono udire nemmeno i suoni propri, trovandosi così in una situazione di vero e proprio

isolamento acustico. Nella nostra società il paesaggio sonoro lo-fi è determinato dai rumori a

bassa frequenza originati da macchine elettromeccaniche. I rumori a bassa frequenza, inoltre

possiedono una caratteristica particolare: poiché la loro lunghezza d'onda possiede un

maggior potere di trasporto e poiché vengono influenzati in misura minore dalla diffrazione, i

suoni a bassa frequenza sono in grado di aggirare un ostacolo e di riempire uno spazio con

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una maggiore completezza. E' quindi più difficile localizzare la sorgente sonora di un suono a

bassa frequenza. Sebbene questa caratteristica non sia negativa in termini assoluti, nel

contesto di un paesaggio sonoro lo-fi introduce un'ulteriore dimensione di alienazione sonora.

Riporto a questo proposito il frammento di un articolo scritto nel 1974 da Philippot:

“Secondo le testimonianze in nostro possesso, il rumore a Parigi nel XVII secolo pare fosse

letteralmente insopportabile. La stessa fonte ci documenta sulla natura di questi rumori: grida,

carri e carrozze, cavalli, campane, artigiani al lavoro, ecc. Possiamo quindi inferire che il

livello sonoro medio presentasse marcate fluttuazioni e che il suo profilo fosse ricco di picchi

e di flessioni, fosse in realtà a “denti di sega”. Inoltre, lo spettro doveva essere molto povero

di basse frequenze, dal momento che i rumori citati fanno parte della gamma di frequenza

media e medio-alta. Nell'epoca della meccanica e – parlando del rumore delle grandi città –

con l'invenzione dell'automobile, il rumore divenne più continuo e le frequenze più basse si

moltiplicarono considerevolmente (il brontolio sordo del traffico urbano, il rumorio continuo

delle automobili, l'ampio spettro e l'estesa copertura del rumore degli aerei). Il rumore

ambientale “moderno” potrebbe essere brevemente definito come pesante e continuo, con

fluttuazioni lente di difficile identificazione e localizzazione. Un rumore avvolgente,

penetrante.”

Questa analisi ci aiuta a comprendere che lo stato lo-fi non è un naturale corollario di una più

alta densità di popolazione o dell'incremento demografico. La Parigi del XVII secolo, pur

rumorosa che fosse, non era infatti definibile lo-fi.

Il suono è in tal modo diventato qualcosa non da ascoltare ma da escludere, o piuttosto da

sostituire con qualcos'altro – la musica generalmente.

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Capitolo 2: EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI PAESAGGIO

SONORO

Mentre le intenzioni del WSP erano prettamente focalizzate sul rapporto tra ambiente ed

essere umano, negli anni successivi sono nate correnti che si sono portate in maniera esplicita

sul più ampio rapporto tra organismi viventi e paesaggio sonoro. Una delle persone che

maggiormente ha contribuito a questo settore è Bernie Krause. Krause nasce come musicista,

ma una serie di circostanze lo portarono ad essere uno dei primi nella seconda metà degli anni

'60 ad intraprendere la strada del Field Recording (la cui traduzione letterale in italiano

potrebbe essere “Registrazione sul campo”; il termine è usato per qualsiasi forma di

registrazione prodotta la di fuori di uno studio di registrazione, e principalmente si riferisce

alla registrazione di ambienti). Krause cerca una prospettiva più ampia considerando gli effetti

del paesaggio sonoro relativamente a tutti gli essere viventi, differenziando la sua ricerca da

ciò che era l'ambito della bioacustica per il fatto di non concentrarsi sullo studio di singole

specie animali ma piuttosto sul paesaggio sonoro nel suo complesso e sulle sue interazioni.

2.1 Elementi del Paesaggio Sonoro

Krause ha quindi ridefinito gli elementi del paesaggio sonoro in termini di origine del suono,

ricavando tre macro categorie descritte di seguito:

– Geofonia: dai prefissi greci geo che significa “relativo alla terra” e phon che significa

suono, definisce i suoni naturali con origini non biologiche, quindi i suoni prodotti dai

quattro elementi vento, acqua, terra e fuoco e tutte le loro combinazioni. Temporali,

terremoti, eruzioni vulcaniche, la neve che cade, sono tutti suoni ascrivibili a questa

categoria. Sono i suoni con cui ogni organismo vivente deve avere a che fare quando

cerca lo spazio sonoro in cui collocarsi.

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– Biofonia: dai prefissi greci bio che significa vita e phon che significa suono, si

riferisce al suono degli organismi viventi, essere umano escluso. Lo studio della

biofonia si focalizza sull'impatto di tutti i suoni biologici di un determinato ambiente

naturale e sulle relazioni reciproche, a differenza della biocaustica che tende invece a

focalizzarsi sullo studio della comunicazione sonora di una determinata specie.

– Antropofonia: dai prefissi greci anthro che significa umano e phon che significa

suono. In questa categoria troviamo tutti i suoni generati dall'essere umano, sia quelli

correlati quali musica e linguaggi che quelli incoerenti come i suoni generati da

macchine elettromeccaniche.

Notiamo come questa categorizzazione sia compatibile con quella originariamente proposta

da Schafer, soltanto analizza il paesaggio sonora da un punto di vista differente. Soprattutto,

Krause divide gli elementi in termini scientifici, mentre quanto descritto da Schafer prevede

un aspetto di analisi, di conoscenza profonda del contesto in esame; e soprattutto introduce un

aspetto di soggettività, dato che la differenza tra Segnale ed Impronta sonora può risultare

ambigua o addirittura cambiare nel tempo. Prendiamo ad esempio i rintocchi di una campana,

Impronta per una comunità religiosa, segnale per un ascoltatore non religioso o con un credo

differente.

2.2 Niche Hipothesys

Gli studi di Krause si sono concentrati sull'analisi dei paesaggi sonori naturali. Riporto le sue

parole relativamente ad una registrazione effettuata in Kenya nei primi anni 80: “Una volta

tornato a San Francisco, una delle prime cose che ho fatto è stata trasformare le registrazioni

in spettrogrammi (rappresentazioni grafiche del suono che mostrano tempo e frequenza, dove

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il tempo è rappresentato sull'asse X da sinistra a destra e la frequenza sull'asse Y, dal basso

verso l'alto). Quando ho riascoltato le registrazioni guardando il relativo spettrogramma ho

notato che le immagini rappresentavano forme distinte simili alle moderne rappresentazioni di

notazione musicale: i pipistrelli vocalizzavano nella parte più acuta di frequenze, gli insetti

nella parte media, le iene un po' più in basso mentre gli elefanti la parte più grave […].

Prima di stampare questi spettrogrammi consideravo i suoni naturali come qualcosa di caotico

e casuale. La stessa analisi dei suoni emessi dagli animali effettuata dai biologi si occupava di

studiare le voci isolate fuori dal loro contesto. Ma dopo il Kenya, proseguendo con l'ananlisi

degli spettrogrammi delle mie registrazioni (anche grazie allo sviluppo di nuovi software con

cui lavorare), i pattern che suggerivano strutture musicali nei paesaggi sonori naturali sono

diventati troppo evidenti per essere ignorati.”

La teoria di Krause, detta Niche Hypothesis, sostiene quindi che “i segnali acustici degli

animali vengono modificati a seconda dell'ambiente in cui sono inseriti con l'obiettivo di

massimizzare la loro propagazione all'interno dell'habitat”, minimizzando di conseguenza

eventuali sovrapposizioni di frequenze. Ovviamente questo meccanismo implica l'avere a che

fare anche con i suoni geofonici, e questo giustifica ad esempio il comportamento di alcune

specie di rane che hanno sviluppato un linguaggio di comunicazione che occupa le frequenze

ultrasoniche, presumibilmente per diventare udibili in contesti dove lo scorrere dell'acqua

produce un suono costante a frequenze medio-basse.

E' opportuno sottolineare come già Schafer negli anni '70 aveva intuito questa situazione,

quando trascrivendo le registrazioni di ambienti naturali aveva notato che i suoni si

alternavano in cicli ripetitivi, concludendo che questo comportamento fosse una caratteristica

dei paesaggi sonori naturali; questa ciclicità può essere spiegata con la tendenza degli esseri

viventi ad emettere suoni minimizzando la sovrapposizione di frequenze, una sorta di

alternarsi organizzato per fare in modo che tutto sia udibile.

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Questa scoperta di Krause ci può quindi aiutare a dare una definizione più puntuale di cosa

significhi comporre un paesaggio sonoro: il modello a cui fare riferimento è il paesaggio

sonoro naturale, e svelare le sue leggi un compito del compositore.

2.3 Stato di salute di un Paesaggio Sonoro

Krause ha proseguito la sua ricerca, portando alla luce il fatto che non solo l'inquinamento

acustico attuale provoca un mascheramento del paesaggio sonoro, ma ne causa una vera e

propria alterazione. Un ambiente acustico malsano non è fecondo per gli esseri viventi, poiché

vengono a mancare le possibilità di comunicazione, o più in generale vengono a rompersi

equilibri fondamentali per un biosistema.

Riporto ora l'esempio di un anfibio del Nord America: la vocalizzazione del rospo maschio in

questione svolge due funzioni principali:

– attrarre una potenziale compagna,

– proteggere il territorio;

Ascoltando una comunità di questi animali nel loro habitat naturale emerge una caratteristica

particolare: il gracchiare dei singoli individui avviene in modalità sincrona, in modo che i

predatori che fanno uso dell'udito per individuare le prede (volpe, coyote e gufo per citare i

principali) abbiano difficoltà ad individuare il singolo, la cui anonimità e protezione rimane

garantita dal canto collettivo. Anonimità che convive con il fatto che all'interno della

comunità stessa i singoli rospi riescono ad udire la propria voce in maniera indistinta

(rendendo altrimenti impossibile anche l'individuazione di potenziali partner..).

Ora veniamo al dunque: quando un aereo militare sorvola la zona può creare un rumore a 110

dBA, più che sufficiente a mascherare la vocalizzazione dei rospi. Questa mancanza di

contatto sonoro tra gli individui provoca quindi la perdita del sincronismo, che ha bisogno di

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un tempo poco minore di un'ora per essere completamente ristabilito. Tempo che rimane a

disposizione dei predatori per individuare e catturare la preda.

Un'altro aspetto emerso dalle ricerche di Krause è relativo all'ascolto del paesaggio sonoro di

un luogo come termometro della sua condizione di salute. Ciò che evidenzia Krause è che

l'aspetto incontaminato di un luogo non necessariamente si riflette in una condizione di salute

del luogo stesso, ma questa condizione può essere evidenziata da un'attenta analisi acustica.

Riporto di seguito a questo proposito gli spettrogrammi effettuati da Krause a distanza di un

anno nello stesso luogo, prima e dopo un intervento di deforestazione controllata che aveva

lasciato il luogo intatto all'apparenza della vista.

Krause ha registrato il paesaggio sonoro dell'ambiente prima e dopo l'intervento, nella stessa

stagione ed in condizioni climatiche simili. L'ascolto, e di conseguenza gli spettrogrammi che

vediamo di seguito, hanno evidenziato che l'habitat del luogo ha subito un importante disagio

nonostante apparentemente il paesaggio sia rimasto il medesimo. Ovviamente la ragione è che

in questo caso l'intervento di deforestazione è avvenuto in una zona poco accessibile e

lontana dagli occhi della gente.

Figura: Spettrogramma prima della deforestazione controllata.

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Figura: Spettrogramma dopo la deforestazione controllata.

Ricordiamo che uno spettrogramma è una rappresentazione grafica del suono che mostra

tempo e frequenza, dove il tempo è rappresentato sull'asse X e la frequenza sull'asse Y. Il

ruolo di uno spettrogramma è di rappresentare graficamente la distribuzione delle frequenze

di un suono nel tempo con le relative intensità. Le intensità sono rappresentate dai colori, in

particolare nei grafici qui rappresentati abbiamo la seguente legenda:

– viola: nessun suono;

– rosso: suono di media intensità;

– giallo: suono di alta intensità.

Questi spettrogrammi si riferiscono ad un arco di tempo di circa 15 secondi. Possiamo

facilmente notare come nel primo grafico ci sia una forte attività sonora quasi costante tra i

2000 e gli 8000 Hz, mentre nel secondo grafico troviamo un intensità forte in una fascia di

frequenze più basse e solamente per un frammento di tempo, suono che si riferisce al battere

di un picchio contro un albero. E' evidente come l'habitat del luogo abbia subito un forte

impoverimento, ma soprattutto notiamo come questo impoverimento acustico non sia stato

preso in considerazione dagli obiettivi di conservazione del progetto.

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Capitolo 3: CORRENTI MUSICALI

Ci siamo finora occupati dei paesaggi sonori intesi come ambienti reali. Cerchiamo ora di

definire invece i paesaggi sonori composti, intesi come genere musicale e comunemente

chiamati Soundscape.

Inizieri citando le parole di Hildegard Westerkamp in un articolo del 2002 a proposito del

termine Soundscape: “Il termine Soundscape non esisteva quando ho iniziato a comporre

utilizzando registrazioni ambientali. […] Ora il termine Soundscape esiste, ma nessuno

sembra veramente conoscere il suo significato, me inclusa. […] Due sono le esperienze

recenti che mi hanno portato a questa riflessione.

La prima quando sono stata invitata ad essere in una giuria per un concorso di composizioni

Soundscape. La giuria si trovò di fronte una tale varietà di composizioni che evidenziarono la

profonda confusione circa il significato di Soundscape. […] I compositori partecipanti

sembravano avere l'impressione che fosse l'utilizzo di registrazioni ambientali a determinare

l'essere Soundscape della loro composizione. […]

La seconda esperienza si riferisce a quando un compositore mio collega mi disse con

convinzione che il Soundscape è un sottoinsieme della musica concreta. Questo mi allarmò

come mi allarmò la precedente esperienza. Una tale definizione infatti slega il termine dalla

questione fondamentale che lo ha portato a nascere: l'ascolto dell'ambiente e l'impegno attivo

nel suo miglioramento.”

Vediamo quindi che il termine Soundscape, stando a quanto detto da Westerkamp, non è un

vero e proprio genere musicale, ma per assurdo la stessa composizione potrebbe essere

considerata Soundscape o meno in base all'impegno attivo del compositore nel miglioramento

dell'ambiente acustico.

Aggiungo un'altra differenza fondamentale tra musica concreta e paesaggio sonoro, e per fare

ciò introduco il termine “schizofonia”, coniato sempre da Schafer, e che significa “la frattura

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esistente tra un suono originale e la sua trasmissione o riproduzione elettroacustica” (Schafer,

The New Soundscape, 1969). Con questo termine Schafer vuole quindi evidenziare che i

suoni originali sono strettamente legati al meccanismo che li produce (il suono è infatti

descrivibile come la sensazione data dalla vibrazione di un corpo in oscillazione); i suoni

elettroacustici sono invece delle copie che possono essere riprodotte in momenti e luoghi

diversi dal contesto originale, creando potenziali situazioni di alienazione sensoriale. Al

contrario, nella musica concreta la riproduzione di suoni al di fuori del loro contesto originale

è ciò che determina la percezione dell'oggetto sonoro come componente musicale.

Tirando le somme, quindi, ciò che per la musica concreta è la base concettuale, per l'ecologia

acustica è sintomo di alienazione sensoriale. Come conciliare quindi questa situazione con le

composizioni di Soundscape?

Schafer sostiene che per mantenere le registrazioni in connessione con il contesto originale

sono necessari una serie di descrizioni non sonore, come data, momento della giornata e luogo

della registrazione, fotografie, mappe sonore.

Truax un paio di decadi più tardi rimane sul vago dicendo che i criteri per una composizione

soundscape buona sono “eloquenza, stimolo all'ascolto attivo, piacere sonoro”. Escludendo

“eloquenza” e “piacere sonoro”, che hanno intrinsecamente dei caratteri di soggettività,

rimane lo “stimolo all'ascolto attivo” che costituisce quindi per Truax la caratteristica

fondamentale di una composizione Soudscape.

In questo senso, l'accanirsi di Schafer nei confronti dell'alienazione a cui porta l'ascolto di

suoni al di fuori del proprio contesto diventa forse eccessivo in ottica compositiva, nel senso

che forse è proprio l'assenza del contesto che è in grado di risvegliare l'attenzione

dell'ascoltatore nei confronti del paesaggio sonoro, come sostenuto da Pierre Schaffer.

Con il tempo all'interno di queste regole, pur vaghe che siano, si sono comunque affermati

alcuni approcci compositivi, che elenco e descrivo di seguito.

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3.1 Documentario

Il documentario è l'approccio purista, che consiste essenzialmente nel proporre la

registrazione pura ed incontaminata. Ovviamente sono consentiti interventi di equalizzazione

e pulizia del materiale sonoro, a condizione che la registrazione non venga snaturata. Questo

tipo di paesaggio sonoro promuove quindi i suoni del pianeta nella maniera in cui avvengono.

Nonostante ciò queste composizione non sono da considerarsi come banali fotografie sonore,

ma piuttosto come ricerca delle più intense immagini sonore fissate su supporto grazie ad

un'attento piazzamento dei microfoni. La combinazione delle registrazioni tramite cross-fade

riveste l'altro aspetto creativo di questo tipo di composizione. Ricapitolando, quindi, il ruolo

del compositore consiste in:

– scelta dello spazio acustico da registrare

– piazzamento dei microfoni

– sequenza di assemblaggio delle registrazioni

Questo è l'approccio seguito da Bernie Krause, purista dei paesaggi sonori che cerca la

bellezza e l'equilibrio in natura per poi riproporlo tale quale.

3.2 Ricostruzione

In questa categoria troviamo i paesaggi sonori composti assemblando diverse registrazioni per

creare un paesaggio sonoro nuovo. In questo modo possiamo ritrovarci in due situazioni

tipiche:

– Paesaggio sonoro verosimile: si tratta di combinare insieme materiale sonoro coerente

con quanto può avvenire nella realtà; ad esempio, combinando insieme il suono di

onde del mare e di bambini che giocano ottengo un paesaggio sonoro verosimile ma

che di fatto è costruito in fase di montaggio. In questo modo può risultare difficile

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distinguere questo tipo di composizioni da quelle in stile documentario

– Paesaggio sonoro non realistico: in questo caso le registrazioni che vengono

combinate possono avere origini più disparate. Immaginiamo di combinare il suono

del vento tra le fronde di alberi ripreso in una foresta con una registrazione effettuata

all'interno di un centro commerciale; il risultato, ammesso pure che sia gradevole

all'ascolto, porterebbe a creare una situazione surreale.

Esempi:

– John Cage – Roaratorio (1979): pur non essendo una composizione annoverata tra il

genere soundscape, Cage, crea di fatto un paesaggio sonoro (inverosimile) con

l'utilizzo di registrazioni ambientali di diversa origine montate insieme. Troviamo

anche una componente musicale importante nel brano, nonostante ciò preferisco

inserire il brano in questa categoria poiché l'intenzione della musica è puramente

ambientale.

– Eric La Casa – S'ombre (1999): il brano ripropone varie registrazioni ambientali

sovrapposte in maniera da mantenere la percezione di un paesaggio sonoro verosimile.

3.3 Trasformazione

Il materiale sonoro registrato viene qui utilizzato come base per trasformazioni e

manipolazioni elettroniche. Tipicamente questo comprende:

– rallentamenti o velocizzazioni dei campioni,

– fiiltraggi o equalizzazioni che vanno a snaturare la registrazione originale.

– Tecniche di looping;

– sintesi granulare

– passaggi repentini da un campione ad un altro (tipicamente utilizzato nella creazione

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di paesaggi sonori urbani)

Esempi:

– Hildegard Westerkamp – At the edge of Wilderness (2000): si tratta di un'installazione

dove la Westerkamp compone la colonna sonora facendo utilizzo esclusivo di

registrazioni che vengono montate e trattate con tecniche di time stretching e

filtraggio.

– Islands di Barry Truax (2000), dove le registrazioni di ambienti sono trattate con

tecniche di sintesi granulare.

3.4 Integrazione

Alcuni compositori integrano le registrazioni di ambienti con quelle di strumenti musicali.

Possiamo suddividere questo tipo di composizione in due categorie:

– Strumenti musicali suonati direttamente nel paesaggio sonoro di interesse

– Strumenti musicali e paesaggi sonori registrati in maniera indipendente e montati in un

momento successivo

Diciamo che questo tipo di approccio è il più pericoloso, nel senso che l'utilizzo di uno

strumento musicale porta facilmente fuori dal terreno del soundscape.

Come esempio di composizione soundscape con strumenti musicale si possono citare:

– Truax si ispira al commento e compone .Aerial (1979) di Barry Truax, per corno e

sintesi, che oltretutto non contiene nessun materiale sonoro registrato ma è di fatto

definibile come soundscape. Il corno, infatti, nella composizione non è inteso come

voce solista, ma piuttosto come parte dell'ambiente generato dai suoni di sintesi. Truax

ha composto il pezzo ispirato ad un'affermazione di Cage che dice ““In landscape

there are no inherent contraddictions”.

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– David Monacchi – Integrated ecosystems: in questa composizione Monacchi concilia

la Niche Hipotesys di Krause, proponendo delle registrazioni ambientali pure ed

effettuando degli interventi di sintesi mirati negli spazi di frequenza lasciati liberi dal

paesaggio sonoro.

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Capitolo 4: ARTE E SCIENZA

Il WSP ha creato il concetto di Paesaggio Sonoro con l'intenzione di portare avanti un

progetto di ricerca con un forte impronta ambientalista: ha mischiato arte e scienza. Credo

quindi che sia innanzitutto necessaria una separazione tra il concetto ecologico di Paesaggio

Sonoro e la composizione di un Paesaggio Sonoro, poiché sono due cose profondamente

diverse:

– Ecologia del paesaggio sonoro: scienza

– Composizione di un paesaggio sonoro: arte

4.1 Ecologia del Paesaggio Sonoro

Il Paesaggio Sonoro in cui siamo immersi è l'oggetto di studio della disciplina chiamata

Ecologia Acustica; tale disciplina può educare a riconoscere gli elementi che compongono un

paesaggio sonoro. La definizione del termine Ecologia è però spesso utilizzata

impropriamente per definire un ambito che ha come obiettivo la conservazione della natura,

quando invece è una scienza che studia gli ecosistemi. L'ecologia deve quindi prescindere da

intenzioni ambientaliste. Un ambito scientifico ha così il dovere di allontanarsi da concetti

soggettivi come l'estetica (e qui si potrebbe iniziare un lungo discorso sul fatto se l'estetica sia

o meno un concetto oggettivo, ma non è questo il contesto).

Vorrei quindi, dal mio piccolo, muovere una critica al movimento del WSP, che ha trattato

l'argomento con una matrice fortemente ambientalista. Sottolineo che mi trovo d'accordo con

la matrice ambientalista, pur romantica ed utopica che sia, ma la trovo al contempo

applicabile al ramo dell'arte, non della scienza.

La soggettività delle dichiarazioni di Schafer è testimoniata dalle sue stesse parole, quando

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nella parte introduttiva del libro “Il paesaggio sonoro” dice: “Per un certo periodo di tempo ho

ritenuto che l'ambiente acustico di una società potesse essere letto come un indicatore delle

condizioni sociali che l'avevano prodotto, e potesse quindi fornirci delle informazioni sulle

linee di sviluppo e di evoluzione di quella stessa società. Nel presente libro farò spesso

allusione a questo rapporto. Nonostante faccia forse parte del mio carattere sostenere queste

tesi con una certa enfasi e una certa irruenza, mi auguro che il lettore continui a ritenere utile

questo metodo di analisi, anche quando taluni parallelismi da me proposti potessero risultare

fastidiosi o discutibili. Ogni affermazione, del resto, è aperta a successive verifiche e ricerche,

che potranno contribuire a modificarla.”

Abbiamo ad esempio, 50 anni prima di Schafer, il futurista Luigi Russolo che dichiarara:

“il suono puro (inteso come quello della natura incontaminata), nella sua esiguità e nella sua

monotonia, non solleva più emozioni”, riferendosi all'invenzione delle macchine nel XIX

secolo con cui era nato il rumore. O ancora: “all'inizio l'arte della musica ricercava purezza,

limpidezza e dolcezza del suono. Successivamente i diversi suoni sono stati amalgamati,

assicurando che potevano, tuttavia, accarezzare l'orecchio con dolci armonie. Oggi la musica,

in quanto diventa sempre più complicata, si sforza nell'amalgamare i suoni più dissonanti,

strani e duri. In questo modo si arriva sempre di più al suono-rumore”.

Riporto ora le parole di Murray Schafer a proposito di quanto scritto da Luigi Russolo: “Gli

esperimenti di Russolo rappresentano un punto nodale nella storia della percezione acustica,

un capovolgimento dei ruoli tra figura e sfondo, con l'immondizia al posto della bellezza”.

Schafer ci fornisce un suo parere, una sua visione relativa all'evoluzione del mondo dei suoni

che con l'oggettività ha poco a che fare.

4.2 Composizione del Paesaggio Sonoro

L'arte è l'espressione estetica dell'interiorità umana, che rispecchia la visione dell'artista in

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ambito sociale, morale, culturale e etico nel suo periodo storico. L'arte quindi riflette, nel bene

e nel male, il contesto sociale in cui nasce.

Nell'arte ognuno è libero e forse ha il dovere di offrire il suo punto di vista, utilizzando enfasi

e irruenza se lo ritiene necessario. Questo è ciò che ha fatto Schafer, proponendo la sua

visione estetica del mondo dal punto di vista sonoro.

A questo proposito nel libro “Gioco delle perle di vetro” Herman Hesse dice, rifacendosi ad

un'antica fonte cinese: “la musica di un'epoca ordinata è calma e serena e il governo è

equilibrato. La musica di un'epoca irrequieta è agitata e truce e il governo è stolto. La musica

di uno stato decadente è sentimentale e triste e il governo è in pericolo”.

Questo frammento è citato nel libro di Schafer, che dichiara come per un certo periodo di

tempo abbia ritenuto che l'ambiente acustico di una società potesse essere letto come un

indicatore delle condizioni sociali che l'avevano prodotto.

Io lo cito a mia volta mettendo in luce il fatto che al giorno d'oggi l'ambiente acustico può

essere registrato ed utilizzato per comporre musica, quindi di fatto diviene la materia prima

con cui l'artista compone. Sta all'artista scegliere il paesaggio sonoro da registrare, sta

all'artista la possibilità di mettere in evidenza “bellezza” in via di estinzione (come ha fatto

Murray Schafer) piuttosto che “bellezza” in evoluzione (come fece Luigi Russolo).

Tirando le somme, a prescindere dal gusto personale personalmente ritengo che una

composizione di un Paesaggio Sonoro debba avere una caratteristica essenziale, ovvero:

– applicare il concetto di Niche Hypothesis definito da Krause: creare cioè una

composizione dove ogni suono sia udibile distintamente, e dove la sovrapposizione di

frequenze sia evitata a favore della loro alternanza.

Ovviamente questa tecnica può essere applicata anche a composizioni musicali strumentali;

penso ad esempio, per citarne uno, a “La mèr” di Debussy, famoso più per la sua atmosfera

che per le sue melodie. Eviterei di considerare però tali composizioni come Paesaggi Sonori, a

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causa della loro forte componente tonale che, escludendo l'immaginario, li allontana dalla

somiglianza con un qualsiasi paesaggio sonoro reale. Per definire una composizione come

Paesaggio Sonoro introdurrei quindi un'altra caratteristica:

– utilizzare suoni registrati dal mondo reale senza snaturarli al punto di renderli non più

riconoscibili, oppure utilizzare suoni sintetici ma che abbiano però un riferimento

esplicito a suoni reali (esempio: posso simulare il suono del vento utilizzando white

noise modulato da un filtro).

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PARTE PRATICA: la composizione di un Paesaggio

Sonoro

In questa seconda parte dello scritto mi occupo di descrivere come ho messo in pratica il

concetto di Paesaggio Sonoro effettuando una composizione. Per descrivere la modalità di

lavoro ho suddiviso il mio flusso di lavoro in quattro parti secondo lo schema seguente:

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Analisi

Registrazione

Elaborazione del suono

Spazializzazione

Montaggio

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Capitolo 5: RACCOLTA MATERIALE

Con “raccolta materiale” intendo tutte le attività comprese tra la scelta del Paesaggio Sonoro

da registrare e la registrazione dello stesso. Nel mio caso ho iniziato con una fase di

esplorazione dei luoghi, per trovare quello che andasse incontro alle mie esigenze. Nei

capitoli che seguono spigherò quindi che tipo di ambiente ho scelto e come ho deciso di

integrare questo ambiente sonoro con un suono estraneo, quello del sassofono, strumento che

non è stato inserito successivamente nella composizione ma che ha partecipato attivamente

nel paesaggio sonoro in cui è stato inserito e di conseguenza registrato.

5.1 Analisi del Paesaggio Sonoro

Un Paesaggio Sonoro è determinato dalle sorgenti sonore che lo compongono; con sorgenti

sonore intendo i diversi attori che partecipano al Paesaggio Sonoro. Ho preso quindi in esame

separatamente le componenti sonore che sono comparse nel mio Paesaggio Sonoro:

– lo spazio: che comprende tutti i suoni dell'ambiente naturale in cui ho effettuato la

registrazione, cioè il Paesaggio Sonoro puro;

– il sassofono: l'elemento estraneo che si è dovuto inserire ed integrare nello Spazio

5.1.1 Lo Spazio

Per scegliere lo spazio da suonare era per me importante trovare un luogo naturale con due

caratteristiche fondamentali:

– Rumore di mezzi elettromeccanici assente o nullo;

– Riverberazione dell'ambiente con un tempo di decadimento lungo

Queste due caratteristiche non sono ovviamente obbligatorie per registrare un Paesaggio

Sonoro, ma piuttosto vincoli che mi ero imposto per andare incontro al mio gusto. Sentiremo

poi come, ad esempio, i mezzi elettromeccanici abbiano invece contribuito in maniera

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positiva alla creazione del paesaggio sonoro.

Considerato che per minimizzare i rumori elettromeccanici bisogna allontanarsi dalle città,

che per avere un riverbero presente servono pareti riflettenti e che abito a Lecco, il primo

pensiero sono ovviamente state le montagne. In particolare ho scelto di esplorare i canali della

Grigna, montagna famosa per le sue formazioni rocciose. La ricerca si è svolta in maniera

empirica esplorando luoghi, sia ascoltandoli nel silenzio che eccitandoli con dei battiti di mani

per valutarne la risposta acustica.

Durante l'esplorazione, è emersa inoltre la necessità di avere il luogo che fosse non troppo

lontano da raggiungere a piedi: il trasporto dell'attrezzatura, il coinvolgimento di persone non

pratiche di montagna e la possibilità di sfruttare nel migliore dei modi il tempo a disposizione

sono infatti aspetti da tenere presenti.

Tenuto conto di queste considerazioni, dopo un paio di giorni di sopraluoghi due sono stati i

luoghi scelti, indicati in rosso con 1 e 2 nella foto aerea che segue, che rappresenta una veduta

del monte in questione.

Figura: veduta aerea Grigna

– CANALE (1): Questo dei due è stato il luogo più suggestivo. Il canale è infatti un

luogo esclusivamente roccioso, stretto, lungo e con le pareti molto alte. Una

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conformazione di questo tipo favorisce una riverberazione molto presente con tempi di

decadimento lunghi; nello stesso tempo garantisce un buon livello di isolamento

acustico dall'ambiente esterno.

– PRATO (2): Questo luogo rispetto al precedente è stato meno suggestivo e meno

“protetto” dai rumori esterni, ma di sicuro più accomodante; ci siamo infatti

posizionati in mezzo ad un prato di fronte ad alcune guglie rocciose e ad un piccolo

canale. Per quanto riguarda l'acustica era presente, al posto del riverbero come della

situazione precedente, un eco multiplo dovuto alla riflessione del suono sulle pareti

delle guglie rocciose.

5.1.2 Il Sassofono

Inizialmente l'idea compositiva era di utilizzare esclusivamente registrazioni di un paesaggio

sonoro naturale ed incontaminato. Le teorie di Krause mi avevano infatti motivato a cercare

paesaggi sonori ricchi – e quindi in salute – nel mio territorio. Ben presto però mi sono reso

conto che non è così facile, soprattutto in un ambito montuoso dove, per natura, spesso è il

silenzio ad accompagnare l'ascoltatore, se si escludono sporadici interventi di biofonia (uccelli

di solito) e geofonia (rocce che cadono, per fortuna meno frequenti).

Da qui è emersa la necessità di trovare una sorgente sonora estranea da inserire nel paesaggio

sonoro, che fosse in grado di integrarsi con discrezione ed allo stesso tempo capace di

enfatizzarne le caratteristiche acustiche. In sostanza mi sarebbe servito uno strumento con le

seguenti specifiche:

– acustico: il luogo remoto implicava assenza di corrente elettrica;

– facilmente trasportabile: per motivi pratici;

– potente: per permettere all'ambiente di risuonare se opportunamente sollecitato;

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Dopo averci pensato un po' e soprattutto dopo aver sondato le eventuali persone che sarebbero

state disponibili a partecipare al progetto, ho scelto come strumento il sassofono; o meglio, ho

scelto Frans come sassofonista.

Figura: Frans

Il sassofono è uno strumento relativamente recente, inventato dal belga Adolphe Sax nel 1840

(coincidenza, anche il sassofonista che ha collaborato è di origine Belga). E' uno strumento

acustico leggero da trasportare. Inoltre presenta un attacco molto ripido del suono,

caratteristica che ben si presta alla sollecitazione di un ambiente riverberante.

Frans è un sassofonista jazz diplomato al conservatorio di Bruxelles, che coltiva da diverso

tempo un approccio allo strumento “rumoristico”, inteso come una maniera di suonarlo

capace di metterne in risalto tutte le potenzialità sonore, comprese quelle meno musicali – nel

senso classico del termine.

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E' importante sottolineare come il coinvolgimento di un musicista non abbia comportato la

scrittura di una nuova partitura o l'esecuzione di un pezzo precedentemente preparato. Il

sassofonista era quindi libero di improvvisare alternando ed integrando i suoi suoni con quelli

dell'ambiente. Di fatto poi, due sono le componenti con cui Frans si è dovuto relazionare

durante la sua performance:

– La risposta dell'ambiente al suo suono: i due ambienti scelti erano caratterizzati uno da

un tempo di riverbero molto lungo, mentre l'altro da echi multipli. In questo modo il

sassofonista ha potuto instaurare un dialogo con le riflessioni sonore create da lui

stesso.

– L'interazione con gli altri attori del paesaggio: nel silenzio dei luoghi in cui ha

suonato, Frans ha dovuto comunque relazionarsi con gli sporadici interventi di voci in

lontananza, campane di chiese, motori; a proposito di motori, uno in particolare si è

rivelato molto dominante quando presente: l'aereo. Come sentiremo la scelta del

sassofonista in sua presenza è stata quella di accondiscenderlo.

Come già detto nella parte teorica di questo scritto, l'utilizzo di uno strumento musicale porta

facilmente a percepire un lavoro non più come paesaggio sonoro ma piuttosto come brano per

strumento, pur registrato che sia in un contesto naturale. Per minimizzare questo rischio Frans

ha scelto di suonare lo strumento non in chiave melodica ma piuttosto “rumoristica”, con gli

ovvi limiti dovuti al fatto che il sassofono è uno strumento melodico.

Un'altro aspetto importante è stato quello di dare carta bianca allo strumentista. Sebbene possa

sembrare una scelta di comodo ciò comporta, in fase di post-produzione, l'avere a che fare con

materiale su cui non si ha avuto controllo, e ciò è di fatto una caratteristica della registrazione

di un paesaggio sonoro naturale, ovvero il voler avere poco o per nulla controllo sull'insieme

degli eventi acustici.

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5.2 La registrazione

Una volta definiti gli attori ho dovuto pensare alle modalità di registrazione. Questo aspetto

nel mio caso è stato fortemente legato alla modalità di diffusione, come vedremo poi.

La scelta di come registrare lo spazio è forse la più critica in un contesto all'aperto. Se si vuole

infatti mantenere la fedeltà dell'acustica del luogo, è fondamentale che la registrazione sia di

per se in grado di rappresentarla. In particolare tre erano le componenti coinvolte che volevo

fossero almeno parzialmente controllabili in fase di post produzione:

– strumento: suono dry;

– strumento: suono wet (ovvero risposta dell'ambiente alla sollecitazione dello

strumento, cioè echi e riverbero);

– paesaggio sonoro;

E' necessario a questo punto fare un'analisi dei suoni presenti in un paesaggio sonoro,

dividendoli in due categorie in base alla modalità con cui si diffondono:

– sorgenti localizzate: pensiamo ad esempio ai versi di un animale, alla voce di una

persona, ad un passo in mezzo alle foglie secche; oppure ancora un aereo che passa.

Tutti questi suoni hanno un origine che potremmo assumere puntiforme, o comunque

localizzata in un punto dello spazio. Suoni di questo tipo possono essere posizionati a

piacere nello spazio sonoro che si vuole creare.

– sorgenti diffuse: mi riferisco a suoni quali il vento, l'acqua di un ruscello. E in questa

categoria inserirei anche tutto ciò che è il suono dello spazio, ovvero riverberi ed echi

eventuali generati da sorgenti sonore anche puntiformi. Questo tipo di suoni non ha

una localizzazione esatta da cui si diffonde il suono, ma piuttosto un infinità di

sorgenti sonore quindi con densità tale da non poter essere considerate autonome.

Questo tipo di suoni per essere riprodotto fedelmente ha bisogno di moltepliciQuesto tipo di suoni per essere riprodotto fedelmente ha bisogno di molteplici

diffusori, idealmente di un numero infinito e dimensione infinitesima. Una coppia didiffusori, idealmente di un numero infinito e dimensione infinitesima. Una coppia di

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altoparlanti sono però di solito sufficienti a simularle, poiché il fronte sonoro chealtoparlanti sono però di solito sufficienti a simularle, poiché il fronte sonoro che

viene percepito a parità di ampiezza in uscita dagli altoparlanti corrisponde a tutto loviene percepito a parità di ampiezza in uscita dagli altoparlanti corrisponde a tutto lo

spazio compreso tra i due altoparlanti stessi.spazio compreso tra i due altoparlanti stessi.

Sebbene queste caratteristiche siano proprie di un suono in sé, in ottica compositiva diventano

caratteristiche della registrazione. Di norma, un suono su cui si vuole avere massima

possibilità di posizionamento nello spazio viene registrato con le seguenti accortezze:

– microfono mono: un microfono mono, a differenza di uno stereo, non contiene

informazioni di movimento date dalle differenze di ampiezza tra le due capsule.

– registrazione pura: con registrazione pura intendo che la traccia deve contenere

solamente l'informazione di interesse non inquinata da altri suoni. Questo comporta

spesso l'utilizzo di microfoni direzionali.

Viceversa, un suono diffuso è più efficace se registrato con un microfono stereo, che è in

grado di registrare fronti sonori con maggior efficacia. Il microfono stereo è infatti in grado di

catturare:

– dinamiche di movimento,

– prospettiva.

5.2.1 Scelta microfoni

Fatte le considerazioni precedenti, la scelta è stata quella di utilizzare un microfono

monofonico molto vicino allo strumento per il suono dry, più due coppie di microfoni posti a

diverse distanze dallo strumento in modo da prendere:

– con quello più vicino una maggiore componente di strumento,

– con quello più lontano una componente più presente di paesaggio sonoro.

In particolare ho utilizzato i seguenti microfoni:

– Rode NT2000 (mono): è un microfono monofonico a diaframma largo, con pattern

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polare variabile. In particolare io ho utilizzato il pattern polare cardioide, perché mi

interessava che il microfono registrasse il suono diretto del sassofono minimizzando i

suoni dell'ambiente.

– Audio Technica BP4025 (stereo_1): è un microfono stereo a diaframma largo, con le

due capsule montate in configurazione X/Y (quindi coincidenti) con un'inclinazione di

120°. E' quindi in grado di riprendere, nonostante le capsule coincidenti, uno spazio

sonoro abbastanza ampio.

– Rode NT4 (stereo_2): è un microfono stereo a diaframma piccolo, con le capsule

montate in configurazione X/Y con un inclinazione di 90°. L'immagine stereo offerta

da questo microfono è quindi meno ampia rispetto al BP4025.

5.2.2 Posizionamento microfoni

Di seguito una foto che raffigura il canale con indicato dove sono stati posizionati i microfoni:

Immagine: il canale

– MONO: è il microfono dedicato a registrare il suono diretto del sassofono. Nonostante

ciò il musicista era libero di muoversi in un raggio di 3 metri circa intorno a questo

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microfono, in modo da poter cercare risposte acustiche diverse. Questo fattore ha

ovviamente penalizzato in qualche modo la registrazione di questo microfono

(cardiode, quindi con un raggio di azione definito), ma a favore di un vincolo più lasco

a carico dello strumentista. Un'ottima alternativa sarebbe stata avere un microfono a

clip posizionato sullo strumento, ma purtroppo non è stato possibile per motivi tecnici.

– STEREO_1: Il primo dei due microfoni stereo è stato posizionato poco sopra il

sassofono, dietro una roccia per schermare il suono diretto dello strumento e orientato

verso l'alto (quindi in direzione opposta rispetto alla sorgente sonora). L'obiettivo era

infatti quello di avere minimizzato il suono diretto dello strumento a favore delle

riflessioni dovute alle pareti rocciose.

– STEREO_2: Il secondo microfono stereo è stato posizionato con gli stessi criteri del

microfono STEREO_2 (dietro una roccia e orientato verso l'alto) ma circa 20 metri più

in su. L'intenzione è stata quella di fargli registrare un riverbero più lontano, quindi

con meno prime riflessioni e più densità.

Di seguito una foto che raffigura il canale con indicato dove sono stati posizionati i microfoni:

Immagine: il prato

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– MONO: Il microfono dedicato al sassofono è stato piazzato in un punto comodo del

prato, in modo che lo strumentista potesse mettersi in posizione frontale rispetto alle

pareti rocciose; anche qui, come nel caso precedente, lo strumentista è stato lasciato

libero di muoversi di qualche metro rispetto alla posizione del microfono.

– STEREO_1: il microfono è stato piazzato cinque metri sopra il microfono dedicato

allo strumento, dietro una roccia grande abbastanza da evitare che il suono diretto

dello strumento andasse ad impattarlo. Anche in questo caso, come nel precedente , il

microfono è stato piazzato rivolto in direzione opposta rispetto alla sorgente sonora in

modo da minimizzare ulteriormente il suono diretto dello strumento e per fare in modo

di ricevere direttamente le riflessioni delle guglie rocciose.

– STEREO_2: questo microfono è stato posizionato 25 metri circa più a destra del

microfono STEREO_2. La motivazione è stata empirica, nel senso che la posizione è

stata scelta esplorando con l'ascolto diverse posizione per poi scegliere quella che

appariva più interessante dal punto di vista sonoro. Durante questa ricerca è stato

interessante notare come spostandosi solo di pochi metri si avesse una percezione

sonora spesso molto diversa delle riflessioni sonore.

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Capitolo 7: LA COMPOSIZIONE

Descrivo ora le scelte che ho fatto dal punto di vista compositivo. Queste scelte riguardano gli

aspetti di processamento del segnale e di spazializzazione. In realtà già la modalità di

registrazione può essere considerata parte della composizione, poiché il tipo e la quantità di

tracce audio a disposizione influenza le possibilità successive, e soprattutto il posizionamento

dei microfoni in fase di registrazione determina i livelli relativi che avranno i singoli suoni

nella fase di riascolto visto che solitamente in un paesaggio sonoro abbiamo i suoni che

concorrono a comporlo tutti registrati su una stessa traccia.

7.1 Spazializzazione

Prima di descrivere la mia scelta di come spazializzare la composizione descrivo lo stato

dell'arte dei metodi di spazializzazione:

– Riproduzione binaurale

– Riproduzione multicanale

RIPRODUZIONE BINAURALE

Questo tipo di riproduzione fa uso delle tecniche di HRTF (Head Related Transfer Function),

ovvero introduzione di variazioni di ampiezza, ritardi e spettrali tra due soli canali per

“ingannare” l'ascoltatore simulando spazi sonori tridimensionali. Un eventuale segnale

monofonico può quindi essere trattato con questa tecnica e posizionato nello spazio a piacere.

Nell'ambito del field recording questa tecnica può essere utilizzata non in fase di post-

produzione (perderebbe infatti di senso in un contesto dove ho più sorgenti sonore

indipendenti in un unico campionamento), bensì in fase di registrazione utilizzando coppie di

microfoni binaurali. La tecnica prevede l'utilizzo di due microfoni posti su un sostegno in

direzione reciprocamente divergente, a circa 18 cm di distanza l'uno dall'altro, in modo da

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simulare con i due microfoni il ruolo svolto dall'apparato uditivo dell'essere umano. Questo

metodo, pur simulando la posizione nello spazio delle orecchie umane, non consente una

registrazione binaurale vera e propria, in quanto non tiene conto dell'effetto fisico che la testa

dell'ascoltatore ha sulla propagazione del suono. In alternativa è quindi possibile posizionare i

microfoni direttamente nelle proprie orecchie, con risultati ancora più realistici ma con più

rischio di avere la propria “presenza sonora” all'interno della registrazione (respiro,

movimenti, ecc..).

Questo sistema risulta però efficace per un ascolto in cuffia, mentre risulta meno efficace in

ascolti con coppie di diffusori; in questo caso infatti la qualità della percezione spaziale del

suono risulta penalizzata dal fatto che l'informazione fornita da un altoparlante, per esempio il

sinistro, viene percepita anche dell'orecchio destro e viceversa.

RIPRODUZIONE MULTICANALE

Un sistema multicanale prevede un numero di altoparlanti maggiore o uguale a due, e a sua

volta si può suddividere in due categorie che si distinguono per la modalità con cui il suono

viene distribuito nei diffusori:

– Stereofonia: è un sistema di diffusione, dove l'ascoltatore fruisce il suono da un

numero di altoparlanti maggiore o uguale a due e in cui la dimensione spaziale viene

fornita all'ascoltatore utilizzando differenze di fase e di ampiezza tra i diversi

diffusori. Con due altoparlanti ci troviamo di fronte alla modalità di ascolto che

ritroviamo ormai in tutti gli impianti audio domestici e nelle cuffie stesse, quindi con

due canali a disposizione che idealmente simulano l'ascolto dalle due orecchie

dell'apparto uditivo umano.

Aumentando i diffusori a disposizione abbiamo i sistemi multicanale, oggi sempre più

diffusi grazie agli impianti home teather come il surround, sistemi che si avvalgono di

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molteplici diffusori per dare la sensazione all'ascoltatore di un immersione più

realistica nello spazio acustico.

– Wave Field Synthesis: è attualmente la più avanzata tecnica di diffusione del suono

3D e si basa, per distribuire il suono tra i diffusori, sul principio di Huygens – Fresnel,

che sostiene che un fronte sonoro può essere considerato come una somma di onde

sferiche. L'informazione sonora viene quindi distribuita nei vari diffusori solo dopo

essere stata elaborata e scomposta nelle sue componenti sferiche.

Questo sistema offre la possibilità di localizzare le fonti sonore nella loro reale

posizione di provenienza e di sonorizzare uno spazio tridimensionale, e soprattutto lo

spazio acustico che viene creato prescinde dalla posizione dell'ascoltatore. Nella

stereofonia, infatti, la combinazione dei vari diffusori crea un’illusione psicoacustica

che fa percepire il suono come proveniente da un punto situato dietro una linea

immaginaria che congiunge gli altoparlanti. L’illusione funziona in una zona molto

ristretta, chiamata “sweet spot”: basta spostarsi anche solo di un metro da questa zona

e l’immagine sonora ne risulta alterata. Questo non avviene invece con i sistemi WFS,

che sono in grado di creare uno spazio diffuso ed uniforme.

Purtroppo però questa tecnica è attualmente molto costosa sia in termini di materiale

(servono decine di altoparlanti per avere una buona resa) che in termini

computazionali (serve molta potenza di calcolo per elaborare l'informazione).

Leggendo sulla carta le tecniche di spazializzazione a disposizione e dovendo scegliere in

funzione dei risultati, indubbiamente le tecniche WFS finirebbero al primo posto. Ci sono

però due motivi principali per cui ho scartato questa scelta:

– Attrezzatura: questo tecnica di spazializzazione necessità di una tecnologia dedicata e

costosa per essere implementata.

– Fruibilità: impianti di diffusione di questo tipo sono molto rari. Una composizione di

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questo tipo andrebbe quindi a ridurre notevolmente le possibilità di ascolto di un brano

musicale che appartiene già di suo ad una corrente di nicchia.

Per quanto riguarda le tecniche HRTF invece, pur non richiedendo mezzi particolari per

essere utilizzate hanno lo svantaggio che si dimostrano efficaci prettamente con un ascolto in

cuffia.

La scelta quindi è ricaduta sulla riproduzione stereofonica; il passo successivo è stato

decidere quanti altoparlanti utilizzare, e per farlo mi sono chiesto innanzitutto quale fosse il

numero minimo di altoparlanti necessario per ricreare un orizzonte sonoro avvolgente. La

risposta è immediata: considerato che dati due altoparlanti siamo in grado di posizionare un

suono in modo che sia percepito dall'ascoltatore in qualsiasi punto compreso tra gli

altoparlanti stessi, ne consegue che avendo a disposizione quattro altoparlanti disposti a

quadrato intorno all'ascoltatore possiamo idealmente collocare suoni in uno spazio piano di

360 gradi. Conoscendo la distanza tra questi quattro diffusori e la posizione dell'ascoltatore,

ed avendo a disposizione i suoni di un paesaggio sonoro in tracce separate, si potrebbe con

buona approssimazione posizionare un suono in qualsiasi posizione e fornire così la

sensazione acustica di essere realmente immersi in questo paesaggio. Ovviamente quattro è il

numero minimo, aumentando la quantità si possono ottenere situazioni più realistiche o

comunque con un controllo della posizione del suono più efficace.

Viste le finalità della composizione non è stato però di mio interesse avere la possibilità di

distribuire il suono tra più di quattro altoparlanti. E soprattutto la quadrifonia in questo caso si

è prestata al tipo di microfonaggio realizzato, che è stato scelto proprio in funzione della

modalità di diffusione. Per chiarire cosa intendo, di seguito un disegno mostra come ho

distribuito le tracce dei microfono sui quattro altoparlanti.

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Le tracce sono distribuite in questo modo per tutta la durata del brano. L'intento è quello di

non fornire informazioni spaziali ulteriori rispetto a quelle registrate direttamente nel

Paesaggio Sonoro originale. La scelta si può sintetizzare nel modo seguente:

– la registrazione del microfono stereo_2 (cioè quello con la maggior componente di

paesaggio sonoro) in posizione frontale, insieme al microfono mono per rinforzare la

voce dello strumento;

– nella coppia di altoparlanti posteriori ho invece inserito il suono del microfono

stereo_1, che già di suo contiene una componente di sassofono importante, ben

bilanciata con il Paesaggio Sonoro circostante.

In questo modo ho cercato di mantenere una distribuzione del suono del sassofono distribuita

in maniera equilibrata in ogni diffusore, con il paesaggio sonoro a fare da contorno.

7.2 Elaborazione del suono

Sebbene diverse tecniche vengano utilizzate abitualmente dai compositori di paesaggi sonori,

in questo caso era mio obiettivo ricreare il paesaggio sonoro nella maniera più fedele

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STEREO_2

STEREO_1

MONO

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possibile. Gli interventi con cui ho agito sulle registrazioni sono stati quindi effettuati con lo

scopo di:

– togliere il rumore di fondo dalle registrazioni: in particolare nella registrazione

effettuata con il microfono stereo_2, cioè quello più lontano dal suono dello

strumento, era presente una forte componente di rumore di fondo. Questo è dovuto al

fatto che per registrare sorgenti sonore a bassa intensità è necessario utilizzare

un'amplificazione del segnale elevata, che porta con se rumore di fondo. Per

eliminarlo ho effettuato un campionamento del rumore di fondo del preamplificatore

per poi sottrarlo dalla registrazione originale;

– equalizzare: sebbene interventi di equalizzazione possano portare a snaturare una

registrazione, è vero anche che già il microfono in fase di registrazione applica

un'equalizzazione propria al segnale che registra. Gli interventi di equalizzazione nel

mio caso sono stati quindi volti a rendere più naturale l'ascolto oppure ad enfatizzare

alcune componenti del paesaggio sonoro che ritenevo più importanti.

7.3 Montaggio

Sistemati questi aspetti prettamente tecnici mi sono occupato della fase finale di montaggio,

che consiste nella ricomposizione del materiale secondo le proprie esigenze compositive. In

fase di montaggio due sono gli estremi tra i quali ci si può muovere:

– Ripresa unica: consiste nell'utilizzo di un'unica ripresa audio, che quindi di fatto non è

montata ma scelta e riproposta nella sua interezza. Questa modalità è propria dello

stile documentario, poiché permette all'ascoltatore di immergersi nel paesaggio sonoro

originale.

– Granulazione del suono: in questo caso le tracce vengono suddivise in frammenti

estremamente brevi (da 1 a 50 millisecondi), che vengono poi montati sia per

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successione che per sovrapposizione per ottenere delle nuvole sonore. Questo

approccio snatura il suono in maniera radicale.

Nel mio caso non mi interessava ottenere artefatti con tecniche di granulazione, mentre dal

lato opposto una ripresa unica non l'ho ritenuta appropriata perché il paesaggio sonoro in

questione non aveva una densità e varietà tale di eventi acustici da permettergli di essere

proposto tale quale (N.B.: questa resta comunque una mia opinione personale). Ho deciso

quindi di selezionare alcune parti che ho ritenuto più interessanti e di assemblarle utilizzando

l'idea del morphing.

Il morphing consiste nel passaggio fluido e graduale da un frammento sonoro ad un altro. La

tecnica è spesso usata (e forse abusata) quando si tratta di combinare due frammenti audio

diversi. Nel mio caso ho voluto però utilizzare la tecnica in maniera più radicale e meno

evidente, sovrapponendo eventi sonori improvvisi e con ampiezza e inviluppo simili

utilizzando tempi di cross-fade molto brevi. Per fare un esempio che chiarisca, immaginiamo

un battito di mani prodotto in due ambienti diversi, e di combinare l'attacco del battito nel

primo ambiente con il decadimento del battito nel secondo ambiente; in questo modo il battito

stesso viene percepito come evento sonoro unico che nasce e muore in un istante ma in due

ambienti diversi. L'ascoltatore è in tal modo virtualmente immerso nello spazio acustico

originale, solo spostato nello spazio e nel tempo in maniera rapida ed inconsapevole.

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Appendice A: analisi del brano e considerazioni compositive

In questo paragrafo mi occupo di analizzare la composizione dal punto di vista morfologico e

del significato. Per fare ciò presento innanzitutto il brano in veste grafica, utilizzandone la

forma d'onda e lo spettrogramma visibili di seguito.

Osservando la figura, possiamo notare a livello visivo una suddivisione del brano in tre parti

principali, riconoscibili anche dal punto di vista sonoro e con caratteristiche morfologiche e

significati differenti:

– Parte 1: questa parte consiste in un'unica fascia sonora il cui colore dominante è

determinato dal suono di due aerei di passaggio; il sassofono in questa situazione cerca

di integrarsi imitando la matrice sonora degli apparecchi, ovvero producendo suoni

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Parte 1 Parte 2 Parte 3

Spettrogramma

Forma d'onda

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lunghi e continui; osservando lo spettrogramma, questa parte risulta quella con

maggior contenuto armonico, poiché il suono degli aerei copre un ampio spettro

sonoro e maschera totalmente il paesaggio sonoro naturale.

– Parte 2: è la parte dove la forma d'onda risulta più frastagliata, le cui creste

rappresentano gli interventi del sassofono, che infatti si trova ad interagire con un

paesaggio sonoro debole e soprattutto in assenza di suoni continui. I suoni che produce

lo strumento sono brevi e caratterizzati da un attacco ripido; in questo modo si

vogliono mettere in risalto le caratteristiche sonore del luogo, che viene eccitato in

maniera improvvisa e subito abbandonato, in modo da permettere ad echi e risonanze

di emergere. I momenti di silenzio lasciano inoltre spazio a quei suoi del paesaggio

sonoro che sono lontani, deboli e per loro natura radi: esseri umani nei dintorni,

campane, animali. Questi suoni, per riprendere la classificazione di Krause,

corrispondono a Antropofonia (esseri umani, campane) e Biofonia (animali). In questa

situazione sono assenti i suoni di Geofonia, dato che non c'era vento e nemmeno corsi

d'acqua nelle vicinanze.

– Parte 3: questa parte presenta due fasce sonore intervallate da suoni frastagliati. E' la

parte conclusiva in cui viene lasciato più spazio alla figura del sassofono, che è

presentato in maniera polifonica, ovvero sovrapponendo più parti in modo da creare

fasce sonore più dense. A ciò vengono alternati momenti di fusione tra il suono

impulsivo del sassofono e quello morfologicamente simile emesso da alcuni pastori di

passaggio che cercano di comunicare a distanza.

Idealmente questa è la parte di fusione tra la figura estranea al paesaggio – il sax – ed

il paesaggio sonoro stesso, che si risolve però con la presa di coscienza da parte

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dell'intruso del proprio ingombro in un ambiente senza mezze misure acustiche: il

silenzio è infatti caratteristica propria di questo luogo (in cui tra l'altro i cellulari non

prendono), e quindi utilizzato dagli esseri umani autoctoni per comunicare a distanza;

le loro voci però si quietano per lasciare spazio all'invadenza dei motori di passaggio,

veloci o invisibili e quindi sacri.

Questa composizione, a parte l'aspetto estetico, si è rivelata un percorso di esplorazione

sonora di un paesaggio da parte di uno straniero. Dalla timidezza iniziale, al tentativo di

protagonismo fino ad un principio di disagio. Il suono si conferma un elemento difficile da

circostanziare, la cui invadenza viene però accettata purché di origine remota.

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Appendice B: criticità incontrate nella composizione

In tutto il processo che ha portato alla composizione la parte più critica è stata senza dubbio

registrazione, principalmente per i seguenti motivi:

– Gestione materiale: con tre microfoni indipendenti posizionati ad una certa distanza

l'uno dall'altro, il monitoraggio di tutti e tre contemporaneamente è impossibile. In un

contesto dove non si ha controllo sugli eventi acustici che potrebbero accadere ciò

comporta la presenza di un minimo di imprevedibilità e la mancanza di possibilità di

aggiustare i volumi di registrazione durante la performance. Questo ha portato, nel

mio caso, ad avere in alcune situazioni volumi troppo bassi dovuti ad un'eccessiva

cautela nell'impostare il volume di registrazione. D'altra parte questo è il minore dei

mali, nel senso che un errore in direzione opposta (volume di registrazione troppo

alto) porterebbe ad un audio distorto e quindi inutilizzabile, mentre un volume troppo

basso al massimo implica un rumore di fondo più elevato.

– Imprevedibilità degli eventi: le aspettative che una persona si crea in una situazione

del genere possono creare frustrazione. Un paesaggio sonoro assolutamente

incontaminato (ovvero non inquinato da rumori di natura elettromeccanica) è infatti

praticamente impossibile da ascoltare in qualsiasi luogo che sia prossimo alla civiltà e

nonostante ciò io speravo di averlo a disposizione per alcuni minuti di seguito.

Invece durante le registrazioni eventi sonori di origine umana hanno di continuo

alternato la loro presenza, in particolare nelle seguenti forme:

– aerei,

– motoseghe,

– motociclette,

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– automobili,

– passaggio di persone.

Benché non continui, questi suoni si sono alternati con una frequenza tale da impedire

di avere parti di registrazione di almeno qualche minuto senza la loro presenza.

Nonostante il mio momentaneo dispiacere, mi sono ben presto reso conto in fase di

riascolto delle registrazioni che questi interventi sonori che ritenevo intrusi in fin dei

conti sono parte del paesaggio sonoro attuale, e anzi mi hanno messo a disposizione

una paletta di timbri ed eventi sonori maggiore, che ho utilizzato in alcuni casi a mio

favore nella composizione.

Con questo non voglio prendere le parti del progresso e della sua invadenza sonora, e

tuttora proseguo nell'imprecare contro le moto di grossa cilindrata che mi sfrecciano a

fianco quando cammino in città, o contro un aereo che disturba la mia quiete in un

luogo remoto, ma in un certo senso il mio integralismo si è fatto un po' più piccolo.

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