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- 1 - Dicembre 2002. “TENDENZE EVOLUTIVE DELLA POPOLAZIONE ITALIANA PER SESSO, ETÀ E REGIONE (1994-2044)” (1) Sintesi dei criteri metodologici a cura di Luciano Petrioli ed Andrea Menchiari dell’Università di Siena(Facoltà di Scienze Economiche), che elaborarono il modello di proiezione. 1. INTRODUZIONE . La disponibilità di previsioni demografiche che forniscano una stima attendibile del futuro ammontare della popolazione italiana e della sua struttura per età e sesso costituisce, senza dubbio, uno dei presupposti irrinunciabili per poter effettuare una corretta programmazione in campo socio-economico. Si pensi, ad esempio, ai problemi ed alle difficoltà che già oggi si incontrano nella gestione della sanità, della scuola, dell'assistenza e previdenza agli anziani, del patrimonio edilizio, e non ultimi quelli dell'industria e dei servizi, che potrebbero modificarsi in qualità e quantità in seguito ad una sostanziale variazione dell'ammontare della popolazione o della sua struttura. Da alcuni anni ormai l'Italia presenta tutte le caratteristiche demografiche tipiche dei paesi sviluppati: livelli di fertilità tali da non garantire il ricambio generazionale, mortalità molto bassa con un conseguente aumento della durata della vita, popolazione prossima alla crescita zero e sempre più "vecchia", consistenti flussi di immigrati provenienti dal Paesi del Terzo Mondo. Il quadro appena abbozzato, che nelle sue linee di fondo potrebbe adattarsi ad un qualsiasi paese europeo, è in realtà abbastanza complesso. Sia la componente naturale che quella migratoria, infatti, hanno seguito nel tempo ritmi di sviluppo diversi, in relazione soprattutto alla localizzazione geografica delle popolazioni interessate, favorendo con il passare degli anni la formazione di realtà locali tutt'altro che omogenee. Non si può escludere, poi, che la dinamica demografica della mortalità, fertilità e movimenti migratori, possa nel prossimo futuro variare intensità od al limite, invertire bruscamente tendenza in seguito a mutamenti congiunturali od anche a provvedimenti legislativi. _______________________________________________________________ (1) Ministero del Tesoro-Ragioneria Generale dello Stato (1995), Tendenze evolutive della popolazione italiana.Un’analisi per sesso, età e regione (1994-2044)”, Istituto poligrafico e zecca dello Stato – Roma. Per avere una copia del rapporto ed il pacchetto completo dei dati, occorre rivolgersi al suddetto Ministero.

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Dicembre 2002.

“TENDENZE EVOLUTIVE DELLA POPOLAZIONE ITALIANA PER SESSO, ETÀ E REGIONE (1994-2044)”(1) Sintesi dei criteri metodologici a cura di Luciano Petrioli ed Andrea Menchiari dell’Università di Siena(Facoltà di Scienze Economiche), che elaborarono il modello di proiezione.

1. INTRODUZIONE. La disponibilità di previsioni demografiche che forniscano una

stima attendibile del futuro ammontare della popolazione italiana e della sua struttura per età e sesso costituisce, senza dubbio, uno dei presupposti irrinunciabili per poter effettuare una corretta programmazione in campo socio-economico. Si pensi, ad esempio, ai problemi ed alle difficoltà che già

oggi si incontrano nella gestione della sanità, della scuola, dell'assistenza e previdenza agli anziani, del patrimonio edilizio, e non ultimi quelli dell'industria e dei servizi, che potrebbero modificarsi in qualità e quantità in seguito ad una sostanziale variazione dell'ammontare della popolazione o della sua struttura. Da alcuni anni ormai l'Italia presenta tutte le

caratteristiche demografiche tipiche dei paesi sviluppati: livelli di fertilità tali da non garantire il ricambio generazionale, mortalità molto bassa con un conseguente aumento della durata della vita, popolazione prossima alla crescita zero e sempre più "vecchia", consistenti flussi di immigrati provenienti dal Paesi del Terzo Mondo. Il quadro appena abbozzato, che nelle sue linee di fondo

potrebbe adattarsi ad un qualsiasi paese europeo, è in realtà abbastanza complesso. Sia la componente naturale che quella migratoria, infatti, hanno seguito nel tempo ritmi di sviluppo diversi, in relazione soprattutto alla localizzazione geografica delle popolazioni interessate, favorendo con il passare degli anni la formazione di realtà locali tutt'altro che omogenee. Non si può escludere, poi, che la dinamica demografica della mortalità, fertilità e movimenti migratori, possa nel prossimo futuro variare intensità od al limite, invertire bruscamente tendenza in seguito a mutamenti congiunturali od anche a provvedimenti legislativi. _______________________________________________________________ (1) Ministero del Tesoro-Ragioneria Generale dello Stato (1995), Tendenze evolutive della popolazione italiana.Un’analisi per sesso, età e regione (1994-2044)”, Istituto poligrafico e zecca dello Stato – Roma. Per avere una copia del rapporto ed il pacchetto completo dei dati, occorre rivolgersi al suddetto Ministero.

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Di fronte ad una situazione in continua evoluzione , come si presenta quella italiana, non è certo pensabile poter dare una risposta univoca e definitiva a quanti sono interessati a conoscere quale sarà, in un futuro più o meno lontano, l'ammontare e la struttura della popolazione, a livello nazionale o regionale. L'unico modo sensato di procedere è quello di ipotizzare

alcuni plausibili scenari di sviluppo della componente naturale e migratoria, così da determinare un intervallo di variazione entro il quale, presumibilmente, si collocherà la popolazione considerata durante ed alla fine del periodo di previsione. Basandoci su tali considerazioni, viene qui presa in esame una

serie di proiezioni (i cui aspetti metodologici saranno illustrati nelle pagine che seguono), mediante le quali sono state esaminate alcune possibili evoluzioni della popolazione italiana per sesso, età e regione, a partire dal 1994 sino al 2044, nel caso in cui le componenti demografiche fondamentali: fertilità, mortalità e movimenti migratori, seguano degli sviluppi temporali ritenuti ammissibili. 2. FERTILITÀ. 2.1. Quadro di riferimento. La forte diminuzione della natalità che ha caratterizzato la

dinamica demografica dei Paesi europei nell'ultimo trentennio, si è manifestata in modo consistente anche in Italia. Il numero delle nascite (Tab.1, Fig.1) che era 863661 nel 1952 è aumentato fino al 1964, anno in cui è stato raggiunto il milione di unità (già osservato tra il 1926 ed il 1931, tra il 1938 ed il 1940 e nel dopoguerra tra il 1946 ed il 1948), per poi discendere progressivamente fino a quasi dimezzarsi nel 1993 (soltanto 538168 nascite), ed essere superata dal numero di decessi nello stesso anno (pari a 543433), facendo conseguire, per la prima volta nella storia demografica italiana, una riduzione della popolazione quale effetto dei soli fattori naturali. Il decremento sostanziale del numero delle nascite può essere

imputato a due ordini di fattori: da un lato il diverso atteggiamento assunto dalla donna, e più in generale dalla coppia, nei confronti della procreazione, dall'altro una variazione nella struttura per età della popolazione femminile.

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TABELLA 1 - Bilancio demografico. Italia, 1952-1993.

ANNO NATI-VIVI MORTI ANNO NATI-VIVI MORTI

1952 863661 488470 1973 887953 544461 1953 860345 484527 1974 886310 532753 1954 881845 445902 1975 841858 556019 1955 879130 449058 1976 806358 556143 1956 884043 499504 1977 757281 547011 1957 885812 483812 1978 720545 539685 1958 888361 459366 1979 682742 541825 1959 910628 454547 1980 657278 559376 1960 923004 480848 1981 628113 540764 1961 924203 460009 1982 634794 537784 1962 945842 503106 1983 612936 563807 1963 978143 514000 1984 597560 535661 1964 1035207 488601 1985 589233 549529 1965 1017944 516922 1986 561972 545189 1966 999316 493562 1987 560265 534993 1967 962197 507845 1988 577856 537545 1968 944837 530738 1989 567268 531557 1969 949155 530348 1990 580761 544397 1970 917496 528622 1991 556175 547131 1971 911084 515318 1992 560768 541418 1972 893061 518020 1993 538168 543433

FIGURA 1 - Nascite e decessi in Italia dal 1952 al 1993

Anno

Nas

cite

e d

eces

si

0

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400000

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1950 1955 1960 1965 1970 1975 1980 1985 1990 1995

NasciteDecessi

Il primo è sicuramente quello che ha pesato di più. Nel corso

degli ultimi trent'anni, infatti, sotto la spinta di profondi mutamenti socio-culturali, abbiamo assistito ad un progressivo cambiamento del ruolo della donna sia all'interno della famiglia che della società. In sostanza, la donna sempre più inserita nel mondo del lavoro, e quindi sempre più autosufficiente ed indipendente, ha dovuto trovare un compromesso fra esigenze

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familiari ed aspirazioni sociali, decidendo di non procreare o limitando fortemente il numero dei figli. Il secondo, sino a questo momento, ha svolto un ruolo non meno

importante, agendo però in senso opposto, in quanto il calo delle nascite ha trovato un freno nella presenza nel tempo di un numero sempre più elevato di potenziali madri, conseguenza del "baby-boom" degli anni sessanta. Purtroppo, in futuro anche questa componente giocherà un ruolo pesantemente negativo. Nel corso dei prossimi anni, infatti, assisteremo ad una inevitabile riduzione del numero di donne in età feconda, dovuta alla progressiva diminuzione delle nascite avvenuta in questo ultimo ventennio. L’attuale basso livello di natalità non deve tuttavia

sorprendere in quanto l'Italia, se confrontata ad esempio con gli altri paesi della comunità europea, mostra che anche nei passati 30 anni non aveva una posizione di rilievo (Tab.2). Dalla Tab.2 e dalla Fig.2 risulta infatti che il TFT dell'Italia (o "Tasso di Fertilità Totale", che indica il numero complessivo di figli avuti da una donna dall'inizio alla fine del periodo di vita feconda), nell’intervallo di tempo considerato, non solo è stato sempre inferiore alla media europea, ma dalla nona posizione in ordine decrescente che occupava nel 1960, pur risalendo alla settima posizione nel 1970 e nel 1980, è crollato nuovamente al penultimo posto della graduatoria nel 1992, seguito solo dalla Spagna che, tra i paesi europei, nel periodo 1960-92, ha fatto registrare la più forte diminuzione del TFT. TABELLA 2 - Tasso di fertilità totale nei paesi della Comunità Europea (1960-1992).

Paese 1960 1970 1980 1992 Var.% 1960-92

Belgio 2.58 2.20 1.67 1.56 -39.5 Danimarca 2.54 1.95 1.55 1.76 -30.7 Francia 2.73 2.48 1.95 1.73 -36.6 Germania (RF) 2.37 2.02 1.45 1.30 -45.1 Grecia 2.28 2.34 2.23 1.39 -39.0 Irlanda 3.76 3.87 3.23 2.03 -46.0 Italia 2.41 2.43 1.69 1.25 -48.1 Lussemburgo 2.28 1.97 1.51 1.64 -28.1 Olanda 3.11 2.58 1.60 1.59 -48.9 Portogallo 3.01 2.76 2.19 1.55 -48.5 Regno Unito 2.69 2.44 1.89 1.79 -33.5 Spagna 2.86 2.84 2.22 1.23 -57.0

Europa 2.61 2.40 1.82 1.48 -43.3

Fonte:1)EUROSTAT, Demographic Statistics 1989 e 1994. 2)World Tables 1993. The World Bank, Washington, USA.

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Nella Tab.3 si riportano i TFT osservati nelle singole regioni

dal 1976 al 1990. Durante tale periodo il TFT, che era già al di sotto del valore di sostituzione tra generazioni (circa 2.08) nel 1976, è diminuito in media in tutte le regioni del 36.5%, con punte superiori al 40% in Sardegna, Puglia, Campania, Friuli Venezia-Giulia. Il tasso totale di fertilità, che nel 1990 è risultato per

l'Italia pari ad 1.30, ha fatto registrare valori che appena qualche anno fa sarebbero stati inimmaginabili, come lo 0.98 della Liguria, l'unità dell'Emilia-Romagna e del Friuli Venezia-Giulia, ed in generale quelli dell'Italia Centrale e Settentrionale. Valori di TFT più alti, ma sempre ben al di sotto del tasso di sostituzione si trovano in Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia.(Tab.3, Fig.3). Tutte le regioni, escluse Molise, Campania e Calabria,

tuttavia, mostrano che negli ultimi 5 anni dal 1986 al 1990 il TFT è rimasto costante o è addirittura aumentato come in Piemonte, Veneto, Liguria, Emilia Romagna. Si tratta, però, di incrementi lievi, di scarsa incidenza sull'andamento della natalità in Italia che, considerata globalmente, mostra una fase di rallentamento della fase rapidamente decrescente osservata fino al 1987.

Belg. Dan. Fra. Ger. Gre. Irl. Ita. Lus. Ola, Por, R.U. Spa.

Paese

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2

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ità (T

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Belg. Dan. Fra. Ger. Gre. Irl. Ita. Lus. Ola, Por, R.U. Spa.

Paese

FIGURA 2 - Tasso totale di fertilità per i Paesi della Comunità Europea (1993)

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TABELLA 3 - Tassi di fertilità totale per regione. Italia: 1976, 1983 e 1990.

Regione Anno Variazione % 1976 1983 1990 1976/90 1976/83 1983/90

Piemonte 1.77 1.22 1.11 -37.3 -31.1 - 9.01 Lombardia 1.83 1.29 1.16 -36.6 -29.5 -10.07 Liguria 1.49 1.04 0.98 -34.2 -30.2 - 5.77 Trentino Alto-Adige 1.90 1.54 1.39 -26.8 -18.9 - 9.74 Veneto 1.88 1.29 1.14 -39.4 -31.4 -11.62 Friuli Venezia-Giulia 1.67 1.11 1.00 -40.1 -33.5 - 9.90 Emilia-Romagna 1.61 1.06 1.00 -37.9 -34.1 - 5.66 Toscana 1.69 1.17 1.05 -37.8 -30.7 -10.25 Umbria 1.81 1.43 1.11 -38.6 -21.0 -22.38 Marche 1.85 1.37 1.18 -36.3 -25.9 -13.87 Lazio 1.94 1.45 1.25 -35.5 -25.2 -13.79 Abruzzi 2.07 1.60 1.30 -37.2 -22.7 -18.75 Molise 2.07 1.68 1.34 -35.2 -18.8 -20.24 Campania 2.91 2.12 1.71 -41.2 -27.1 -19.34 Puglia 2.68 1.91 1.57 -47.3 -28.7 -17.80 Basilicata 2.55 1.89 1.60 -37.2 -25.9 -15.34 Calabria 2.62 2.02 1.63 -37.8 -22.9 -19.30 Sicilia 2.50 1.93 1.71 -31.6 -22.8 -11.40 Sardegna 2.49 1.72 1.41 -43.4 -30.9 -18.02

ITALIA 2.08 1.52 1.30 -36.5 -26.9 -13.16

PI VA LO LI TA VE FV ER TO UM MA LA AB MO CA PU BA CL SI SA

Regioni

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FT)

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Regioni

FIGURA 3 - Tasso totale di fertilità. Italia, 1990.

Che questa fase di rallentamento o di debole crescita prosegua

ancora o evolva sia verso una ulteriore diminuzione (per le ragioni dove TFT è alto in confronto alla media nazionale), sia verso una fase di crescita decisa, è questione veramente

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problematica, anche se sembra di poter rilevare che, sulla base di specifiche inchieste di opinione, la fertilità potrebbe andare verso una fase di ripresa se venissero rimossi o fortemente ridotti gli ostacoli che impediscono alla donna od alla coppia di avere la prole desiderata. 2.2. Ipotesi di sviluppo. La breve analisi sulla fertilità femminile italiana

precedentemente effettuata, sia a livello nazionale che regionale, mette in evidenza una situazione piuttosto complessa, della quale risulta estremamente difficile prevedere lo sviluppo. Partendo dalla condizione attuale, infatti, nei prossimi anni

può ritenersi possibile sia un mantenimento dei livelli di fertilità raggiunti, sia una continuazione del trend decrescente (margini per un'ulteriore diminuzione esistono ancora nelle regioni del Mezzogiorno), sia una inversione di tendenza (con una eventuale ripresa soprattutto per le regioni del Centro-Nord). Ognuno di questi andamenti è possibile, tenendo presente che

la fertilità ed il suo andamento nel tempo dipende da un insieme di fattori (economici, sociale, culturali, ecc.) tra di loro interagenti e fortemente variabili, che influenzano i comportamenti della donna e della coppia, e che possono condurre anche a repentini cambiamenti di tendenza (ricordiamo a questo proposito l'inversione avvenuta nel 1965 dopo un periodo di trend crescente sia del numero assoluto di nascite che del TFT). Una previsione sul futuro andamento della fertilità in Italia

nei prossimi 50 anni è pertanto una impresa di una certa difficoltà che può essere però superata assumendo, com'è consuetudine nelle metodologie impiegate per le proiezioni della popolazione [1], alcune ipotesi che risultino sufficientemente diversificate ma allo stesso verosimili. Si intende così fornire un ventaglio di possibili evoluzioni

della fertilità totale per donna all'interno delle quali si ritiene che debba collocarsi quella effettiva. Da un punto di vista operativo, i vari scenari sul futuro

sviluppo della fertilità femminile italiana possono essere definiti formulando opportune ipotesi sul tasso di fertilità totale (TFT), sia per quanto si riferisce al valore "limite" che al tempo in cui esso verrà raggiunto. Nonostante le proiezioni inizino con l’anno 1994, si è

ritenuto dover anteporre alla caratterizzazione propria di ogni ipotesi una fase di attesa (sino al 1997), prima che la natalità mostri il nuovo andamento che dovrebbe essere determinato dal grado della ripresa economica, dalla incisività dei provvedimenti diretti o indiretti in favore della famiglia, ecc., oppure dal consolidamento delle tendenze in atto.

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Poiché le informazioni ufficiali che permettono di quantificare il fenomeno in scala regionale sono ferme all'anno 1990, nel periodo 1991-96 si è provveduto a stimare i tassi totali di fertilità (TFT) assecondando le singole tendenze regionali osservate per gli anni immediatamente precedenti. In sostanza, partendo dai tassi totali di fertilità regionali

osservati nell'intervallo di tempo dal 1986 al 1990 compresi, se ne è ricercata la tendenza di andamento mediante l'adattamento di una retta ai dati stessi. Per il Piemonte, ad esempio, abbiamo ottenuto: TFT(t) = 1.08742 + 0.00316·t

od anche: TFT(t) = 1.08742·( 1 + 0.002906·t)

dove: 0.002906 rappresenta il tasso annuale di crescita tendenziale, mentre il valore iniziale del TFT realmente usato è quello osservato al 1990 (ossia 1.109 anziché 1.08742). La relazione utilizzata per il Piemonte è, dunque, la

seguente: TFT(t) = 1.109·(1 + 0.002906·t)

dalla quale ponendo t=1,2,..,6 si hanno le stime del TFT per gli anni 1991,92,..,96. TABELLA 4 - Valori dei TFT regionali osservati e stimati.

Regione Tasso di fertilità totale (TFT) Tassi variaz. 1990 1994 1996 TFT (x 100)

Piemonte 1.109 1.122 1.128 0.2906 Valle d'Aosta 1.109 1.122 1.128 0.2906 Lombardia 1.160 1.185 1.197 0.5403 Veneto 1.139 1.153 1.160 0.3200 Trentino Alto Adige 1.391 1.401 1.405 0.1665 Friuli Venezia Giulia 1.001 1.032 1.048 0.7864 Liguria 0.983 1.025 1.047 1.0814 Emilia Romagna 0.997 1.064 1.097 1.6767 Toscana 1.051 1.061 1.065 0.2305 Umbria 1.110 1.070 1.051 -0.8789 Marche 1.182 1.167 1.160 -0.3111 Lazio 1.254 1.258 1.261 0.0938 Abruzzi 1.301 1.252 1.227 -0.9484 Molise 1.341 1.234 1.181 -1.9886 Campania 1.715 1.581 1.513 -1.9569 Puglia 1.574 1.495 1.455 -1.2580 Basilicata 1.603 1.562 1.541 -0.6395 Calabria 1.627 1.555 1.519 -1.1054 Sicilia 1.709 1.689 1.679 -0.2862 Sardegna 1.409 1.420 1.426 0.2021

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Una sintesi dei risultati ottenuti è riportata nella Tab.4. Una volta stimati i valori regionali del TFT sino al 1996, a

partire dal 1997 sono state considerate le seguenti ipotesi di sviluppo della fertilità: •••• IPOTESI 1 - FERTILITÀ TENDENZIALE. Dalla Tab.4 risulta che vi sono regioni con tendenza all'aumento del TFT (specie quelle con TFT molto basso) e regioni con TFT in diminuzione (specie quelle con TFT alto). In base a tale ipotesi, non si può far percorrere al TFT di ogni regione la tendenza manifestata fino al termine del periodo di studio (2044), perché ciò condurrebbe ad un capovolgimento della situazione attuale, ossia alla contraddizione di ottenere, nel lungo periodo e per le regioni che oggi sono ad alta fertilità, valori di TFT inferiori a quelli relativi a regioni che attualmente presentano una fertilità molto bassa. Per superare questo inconveniente, è stata operata una prima discriminazione delle regioni rispetto al TFT medio regionale (TFTM del 1996 arrotondato ad 1.25), separando quelle con valori inferiori a TFTM da quelle che presentano valori superiori, ed impiegando i seguenti criteri:

a)per le regioni che hanno TFT>TFTM e tendenza all'aumento, con il tasso di crescita positivo, si suppone il raggiungimento del limite superiore di 1.5 e poi la permanenza su tale livello (questo vale per Trentino Alto-Adige, Lazio e Sardegna);

b)per le regioni che hanno TFT>TFTM e tendenza alla diminuzione, con il tasso di crescita negativo, si suppone un limite inferiore di 1.5 (media delle regioni che nel 1996 presentano un TFT superiore ad 1.4) e poi la permanenza su tale livello (questo vale per Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia), oppure di 1.25, se 1.25<TFT<1.5 (come nel caso della Puglia);

c)per le regioni che hanno TFT<TFTM e tendenza all'aumento, con il tasso di crescita positivo, si suppone il raggiungimento del limite superiore di 1.25 e poi la permanenza su tale livello (ciò si verifica per Piemonte, Valle d'Aosta, Lombardia, Liguria, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna e Toscana);

d)per le regioni che hanno TFT<TFTM e tendenza alla diminuzione, con il tasso di crescita negativo, si suppone prima una fase decrescente fino al limite inferiore di 1 (media delle regioni che nel 1990 avevano TFT più bassi) seguita da una inversione di tendenza fino a raggiungere la quota di 1.25 (questo vale per Umbria, Marche, Abruzzi e Molise).

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TABELLA 5 - Valori dei TFT regionali. Italia 1990-2040. Ipotesi 1 (fertilità tendenziale).

Regione 1990 2000 2010 2020 2030 2040

Piemonte 1.109 1.141 1.173 1.205 1.238 1.250 Valle d’Aosta 1.109 1.141 1.173 1.205 1.238 1.250 Lombardia 1.160 1.222 1.250 1.250 1.250 1.250 Veneto 1.139 1.175 1.211 1.247 1.250 1.250 Trentino Alto-Adige 1.391 1.415 1.438 1.461 1.484 1.500 Friuli Venezia-Giulia 1.001 1.079 1.158 1.236 1.250 1.250 Liguria 0.983 1.089 1.196 1.250 1.250 1.250 Emilia-Romagna 0.997 1.164 1.250 1.250 1.250 1.250 Toscana 1.051 1.075 1.099 1.124 1.148 1.172 Umbria 1.110 1.011 1.185 1.248 1.250 1.250 Marche 1.182 1.146 1.109 1.072 1.035 1.000 Lazio 1.254 1.265 1.277 1.289 1.300 1.312 Abruzzi 1.301 1.177 1.054 1.100 1.245 1.250 Molise 1.341 1.074 1.162 1.248 1.250 1.250 Campania 1.715 1.500 1.500 1.500 1.500 1.500 Puglia 1.574 1.376 1.250 1.250 1.250 1.250 Basilicata 1.603 1.500 1.500 1.500 1.500 1.500 Calabria 1.627 1.500 1.500 1.500 1.500 1.500 Sicilia 1.709 1.660 1.611 1.562 1.513 1.500 Sardegna 1.409 1.438 1.466 1.495 1.500 1.500

Italia 1.298 1.324 1.332 1.328 1.345 1.357

•••• IPOTESI 2 - FERTILITÀ COSTANTE. Si suppone che i TFT delle varie regioni convergano al valore di 1.25 (media nazionale raggiunta nel 1993) impiegando un intervallo di tempo diverso (secondo il TFT di partenza al 1996), proporzionale a quello della Sicilia (che al 1996 presenta il TFT più alto, pari a 1.679 - Tab.4) stabilito in 30 anni.

•••• IPOTESI 3 e 4 - FERTILITÀ CRESCENTE SENZA FISSARE UN LIMITE SUPERIORE DEL TFT. Queste ipotesi sono state sviluppate impiegando la retta di regressione fra valore medio del TFT e valore medio del suo tasso di crescita (TC percentuale), stimata per l’Italia sui dati del periodo dal 1956 al 1963, in cui la fertilità ha manifestato una fase di aumento, ossia: TC = 6.62633 - 1.98158 · TFT Si fa presente che tale legame lineare, pur con lievi differenze nel valore dei parametri, è stato osservato anche in altri Paesi (ad esempio in Svizzera, Canada, USA, Inghilterra-Galles e Norvegia), con riferimento a periodi storici molto diversi. Determinato il tasso di crescita TC, questo si fa intervenire non in modo costante,ma con una “accelerazione”, corrispondente alla sua distribuzione secondo una funzione campanulare avente asimmetria positiva, di 15 anni(IPOTESI 3) o di 30 anni (IPOTESI 4). I TFT del 1996 crescono così senza

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un limite superiore fino al termine della proiezione. Con tali ipotesi, la Sicilia, tra le venti regioni considerate, raggiungerebbe il valore massimo del TFT, pari a 2.23 nel 2044. TABELLA 6 - Valori dei TFT regionali.Italia 1990-2040.Ipotesi 3(fertilità crescente-accelerazione in 15 anni).

Regione 1990 2000 2010 2020 2030 2040

Piemonte 1.109 1.498 1.871 1.871 1.871 1.871 Valle d’Aosta 1.109 1.498 1.871 1.871 1.871 1.871 Lombardia 1.160 1.578 1.960 1.962 1.962 1.962 Veneto 1.139 1.535 1.912 1.913 1.913 1.913 Trentino Alto-Adige 1.391 1.809 2.214 2.215 2.215 2.215 Friuli Venezia-Giulia 1.008 1.404 1.762 1.763 1.763 1.763 Liguria 0.983 1.403 1.760 1.761 1.761 1.761 Emilia-Romagna 0.997 1.462 1.828 1.829 1.829 1.829 Toscana 1.051 1.425 1.786 1.787 1.787 1.787 Umbria 1.110 1.407 1.765 1.767 1.767 1.767 Marche 1.182 1.525 1.912 1.913 1.913 1.913 Lazio 1.254 1.649 2.040 2.041 2.041 2.041 Abruzzi 1.301 1.612 1.998 2.000 2.000 2.000 Molise 1.341 1.559 1.939 1.940 1.940 1.940 Campania 1.715 1.924 2.336 2.337 2.337 2.337 Puglia 1.574 1.862 2.270 2.272 2.272 2.272 Basilicata 1.603 1.953 2.366 2.367 2.367 2.367 Calabria 1.627 1.929 2.342 2.343 2.343 2.343 Sicilia 1.709 2.093 2.509 2.510 2.510 2.510 Sardegna 1.409 1.831 2.238 2.239 2.239 2.239

Italia 1.298 1.716 2.117 2.105 2.126 2.148

•••• IPOTESI 5 e 6 - FERTILITÀ CRESCENTE CON LIMITE PREFISSATO DEL TFT. In questo caso il tasso di crescita del TFT di ogni regione risulta dalla relazione tra il TFT del 1996 ed il suo limite massimo di 1.6 (IPOTESI 5) o di 1.8 (IPOTESI 6), raggiunto dopo 40 anni. I TFT del 1996 si fanno aumentare non a tasso costante ma in modo “accelerato”, utilizzando una funzione campanulare con asimmetria positiva, fino a raggiungere il valore di 1.6 o di 1.8, e poi rimanere costanti (Tab.7). I sei scenari proposti per ogni regione od anche a livello

nazionale, partono da uno stesso valore del TFT, conducendo via via con il passare degli anni a situazioni di fertilità sempre più diversificate. Nel caso dell'Italia, per esempio, si passa da un valore di 1.31 (relativo al 1994) a 1.35 (stimato al 2044) nell'ipotesi di fertilità "tendenziale" od a 2.15 (sempre al 2044) nel caso di fertilità "crescente" (ipotesi 3).

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TABELLA 7 - Valori dei TFT regionali. Italia, 1990-2040. Ipotesi 6 (fertilità crescente - accelerazione in 40 anni).

Regione 1990 2000 2010 2020 2030 2040

Piemonte 1.109 1.153 1.498 1.733 1.791 1.800 Valle d’Aosta 1.109 1.153 1.498 1.733 1.791 1.800 Lombardia 1.160 1.220 1.529 1.740 1.792 1.800 Veneto 1.139 1.184 1.512 1.736 1.791 1.800 Trentino Alto-Adige 1.391 1.420 1.623 1.761 1.795 1.800 Friuli Venezia-Giulia 1.008 1.076 1.462 1.725 1.790 1.800 Liguria 0.983 1.075 1.461 1.725 1.790 1.800 Emilia-Romagna 0.997 1.123 1.484 1.730 1.791 1.800 Toscana 1.051 1.093 1.470 1.727 1.790 1.800 Umbria 1.110 1.078 1.463 1.725 1.790 1.800 Marche 1.182 1.184 1.512 1.736 1.791 1.800 Lazio 1.254 1.280 1.557 1.746 1.793 1.800 Abruzzi 1.301 1.248 1.542 1.743 1.792 1.800 Molise 1.341 1.204 1.522 1.738 1.792 1.800 Campania 1.715 1.524 1.671 1.771 1.796 1.800 Puglia 1.574 1.468 1.645 1.766 1.795 1.800 Basilicata 1.603 1.551 1.684 1.774 1.796 1.800 Calabria 1.627 1.530 1.674 1.772 1.796 1.800 Sicilia 1.709 1.684 1.746 1.788 1.798 1.800 Sardegna 1.409 1.440 1.632 1.763 1.795 1.800

Italia 1.298 1.342 1.594 1.748 1.795 1.800

FIGURA 4 - Distribuzioni dei tassi specifici di fertilità. Italia, Ipotesi 6.

0.000

0.020

0.040

0.060

0.080

0.100

0.120

0.140

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50

Età x

Tass

o sp

ecifi

co d

i fer

tilità

f(x)

1994 1999 2004 2009 2014 2019 2024 2029 2034 2039 2044

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FIGURA 5 - Italia, tasso di fertilità totale (TFT) previsto secondo varie ipotesi.

1.0

1.2

1.4

1.6

1.8

2.0

2.2

2.4

1990 1995 2000 2005 2010 2015 2020 2025 2030 2035 2040 2045

Anno

TFT

Ipotesi 1Ipotesi 2Ipotesi 3Ipotesi 4Ipotesi 5Ipotesi 6

A livelli di fertilità così diversi è logico supporre che

corrispondano comportamenti riproduttivi differenziati, che si riflettono in un diverso calendario delle nascite e quindi in diverse distribuzioni dei tassi specifici di fertilità. Per ogni ipotesi, ed in corrispondenza di ogni anno di previsione, è stato quindi necessario individuare lo schema di fertilità più idoneo da associare al livello di fertilità previsto, rappresentato dal TFT. A questo proposito, per ogni regione e per ogni ipotesi,

abbiamo impiegato un procedimento "relazionale" [2] mediante il quale è stato possibile ricostruire le distribuzioni “normalizzate” dei tassi specifici di fertilità. Nell’ambito di tale procedimento i parametri di collegamento sono stati individuati tenendo conto delle variazioni dell'età media al parto e della deviazione standard che caratterizzano la distribuzione dei tassi di fertilità per età. Nella Fig.4, ad esempio, è riportata la sequenza delle tavole

di fertilità, derivanti dall’applicazione dell’Ipotesi 6 (fertilità crescente) alle singole regioni. Nella Fig.5, invece, è riportato, sempre per l’Italia, l’andamento previsto del TFT secondo varie ipotesi. 3. MORTALITÀ. 3.1. Quadro di riferimento. Uno degli aspetti più interessanti che si riferisce allo

studio quantitativo e qualitativo della popolazione è quello che

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ne riguarda la componente negativa, ossia la diminuzione per effetto della mortalità. Se consideriamo l'andamento del numero annuo di decessi

avvenuti in Italia nell'ultimo ventennio osserviamo che questo è rimasto pressoché costante (Tab.1 - Fig.1), con un ammontare di poco superiore alle 500.000 unità/anno, corrispondenti ad un tasso generico di mortalità compreso tra 9 e 10 morti ogni mille residenti. La sostanziale costanza del numero complessivo di decessi,

tuttavia, non deve far pensare che le condizioni di mortalità siano rimaste anch'esse invariate, essendo tale andamento imputabile soltanto alle variazioni nella struttura della popolazione, che nel corso degli anni ha subito un progressivo invecchiamento. Al contrario, anzi, in questi ultimi decenni si è avuto un

continuo e sostanziale abbassamento dei livelli di mortalità, diretta conseguenza del generalizzato miglioramento delle condizioni di vita, nonché dei notevoli progressi compiuti in campo medico. Quest'ultima considerazione può essere facilmente verificata

esaminando l'andamento di indicatori demografici (vita media alla nascita, quozienti specifici di mortalità, ecc.) derivanti dalle tavole di sopravvivenza [3] e quindi non dipendenti dalla struttura per età della popolazione, i quali nel corso degli anni, seppure con intensità diversa in relazione al sesso, l'età, la localizzazione geografica, ecc., hanno mostrato una chiara convergenza verso valori più favorevoli. A questo proposito, dall'analisi della TABELLA 8, emerge

chiaramente che: � la vita media alla nascita in quest'ultimo trentennio (1961-90) è aumentata di 6.35 anni per i maschi e di ben 7.93 anni per le femmine, partendo, rispettivamente, da 67.24 e 72.27 anni per raggiungere le ragguardevoli età di 73.59 e 80.20 anni; � le disparità tra i due sessi sono aumentate a tutto vantaggio del sesso femminile, passando da una differenza di 5.03 anni nel 1961, tra i valori della vita media alla nascita femminile e maschile, a 6.61 anni nel 1990, anche se nell'ultimo decennio si è osservata una certa stabilizzazione (la differenza massima si è infatti avuta nel 1981 ed è stata di 6.78 anni); •••• le divergenze territoriali sono andate progressivamente diminuendo; l'ampiezza dell'intervallo di variazione all' interno del quale sono comprese le vite medie regionali, nel periodo 1961-90, è passato da 4.29 a 2.92 anni per i maschi e da 4.07 a 2.49 anni per le femmine. Nonostante, in seguito a tale processo di omogeneizzazione, si siano ridotte notevolmente le differenze interregionali, ancora oggi per quanto riguarda il sesso maschile si nota una certa differenziazione geografica che vede le regioni del Nord caratterizzate da livelli di mortalità leggermente superiori, rispetto a quelli riscontrati al Centro ed al Sud.

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TABELLA 8 - Speranza di vita alla nascita (eo) per regione e sesso: valori osservati e variazioni percentuali. Italia (1961, 1971, 1981 e 1990).

eo - valori osservati eo - variaz. media annua %

REGIONE 1961 1971 1981 1990 61/90 61/71 71/81 81/90 SESSO

Piemonte - V.d'Aosta 66.62 67.99 70.50 73.46 0.34 0.20 0.36 0.46 Maschi 72.47 74.15 77.51 80.05 0.34 0.23 0.44 0.36 Femmine

Lombardia 65.36 67.31 69.50 72.83 0.37 0.29 0.32 0.52 Maschi 71.96 74.46 77.61 80.39 0.38 0.34 0.42 0.39 Femmine

Trentino - A.Adige 65.15 67.29 69.55 73.23 0.40 0.32 0.33 0.57 Maschi 71.98 74.63 78.14 81.05 0.41 0.36 0.46 0.41 Femmine

Veneto 66.81 67.94 69.68 73.25 0.32 0.17 0.25 0.56 Maschi 72.92 75.51 78.13 81.09 0.37 0.35 0.34 0.41 Femmine

Friuli - V.Giulia 66.85 66.89 69.29 72.43 0.28 0.01 0.35 0.49 Maschi 73.21 75.07 77.65 80.45 0.33 0.25 0.34 0.39 Femmine

Liguria 69.02 69.10 71.28 73.71 0.23 0.01 0.31 0.37 Maschi 74.30 75.57 78.39 80.74 0.29 0.17 0.37 0.33 Femmine

Emilia - Romagna 68.09 69.33 71.61 74.31 0.30 0.18 0.32 0.41 Maschi 74.21 75.74 78.72 80.96 0.30 0.20 0.39 0.31 Femmine

Toscana 69.08 70.55 72.14 74.80 0.27 0.21 0.22 0.40 Maschi 74.22 76.71 79.08 81.30 0.31 0.33 0.30 0.31 Femmine

Umbria 69.44 70.14 72.60 74.99 0.27 0.10 0.35 0.36 Maschi 73.46 75.35 78.80 80.90 0.33 0.25 0.45 0.29 Femmine

Marche 69.19 70.59 73.02 75.35 0.29 0.20 0.34 0.35 Maschi 74.00 76.12 79.26 81.61 0.34 0.28 0.41 0.32 Femmine

Lazio 68.58 70.06 71.56 74.41 0.28 0.21 0.21 0.43 Maschi 73.49 75.75 78.06 80.44 0.31 0.30 0.30 0.33 Femmine

Abruzzi - Molise 68.87 70.67 72.57 74.95 0.29 0.26 0.27 0.36 Maschi 72.27 75.19 78.14 80.71 0.38 0.40 0.39 0.36 Femmine

Campania 66.18 68.06 70.08 73.77 0.38 0.28 0.29 0.57 Maschi 70.23 72.98 75.72 79.12 0.41 0.38 0.37 0.49 Femmine

Puglia 67.06 70.71 72.04 74.74 0.37 0.53 0.19 0.41 Maschi 70.57 74.47 77.41 80.39 0.45 0.54 0.39 0.42 Femmine

Basilicata 67.54 70.65 72.77 74.53 0.34 0.45 0.30 0.27 Maschi 70.25 74.07 77.41 80.62 0.48 0.53 0.44 0.45 Femmine

Calabria 68.98 70.96 72.36 74.73 0.28 0.28 0.20 0.36 Maschi 71.55 74.84 77.72 80.45 0.40 0.45 0.38 0.38 Femmine

Sicilia 68.48 70.01 72.12 74.01 0.27 0.22 0.30 0.29 Maschi 71.29 73.89 76.79 79.23 0.36 0.36 0.39 0.35 Femmine

Sardegna 69.37 70.33 71.86 73.71 0.21 0.14 0.22 0.28 Maschi 73.39 75.24 78.39 80.32 0.31 0.25 0.41 0.27 Femmine ITALIA 67.24 68.97 70.95 73.59 0.31 0.25 0.28 0.41 Maschi 72.27 74.88 77.73 80.20 0.36 0.36 0.37 0.35 Femmine

•••• le divergenze territoriali sono andate progressivamente diminuendo; l'ampiezza dell'intervallo di variazione all' interno del quale sono comprese le vite medie regionali, nel periodo 1961-90, è passato da 4.29 a 2.92 anni per i maschi e da 4.07 a 2.49 anni per le femmine. Nonostante, in seguito a tale processo di omogeneizzazione, si siano ridotte notevolmente le differenze interregionali, ancora oggi per quanto riguarda il sesso maschile si nota una certa differenziazione geografica che vede le regioni del Nord

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caratterizzate da livelli di mortalità leggermente superiori, rispetto a quelli riscontrati al Centro ed al Sud.Per quanto riguarda le femmine, invece, i valori della vita media risultano meno dipendenti dalla localizzazione geografica; in questo caso sono due regioni del Sud (Campania e Sicilia) che presentano le peggiori situazioni di mortalità, anche se il valore corrispondente della vita media risulta non molto diverso (circa un anno inferiore) rispetto a quello rilevato in alcune regioni del Nord (Piemonte e Lombardia).

TABELLA 9 - Quoziente di mortalità infantile (qo) per regione e sesso: valori osservati e variazioni percentuali. Italia (1961, 1971, 1981 e 1990).

qo x 1000 - valori osservati qo - variaz. media annua %

REGIONE 1961 1971 1981 1990 61/90 61/71 71/81 81/90 SESSO

Piemonte - V.d'Aosta 41.24 32.46 15.14 8.03 -5.49 -2.37 -7.34 -6.80 Maschi 34.53 26.50 12.55 6.52 -5.59 -2.61 -7.20 -7.02 Femmine

Lombardia 40.44 26.88 12.89 7.24 -5.76 -4.00 -7.09 -6.21 Maschi 32.62 21.51 10.10 5.82 -5.77 -4.08 -7.28 -5.94 Femmine

Trentino - A. Adige 40.00 28.06 11.14 8.23 -5.31 -3.48 -8.82 -3.31 Maschi 29.33 18.83 7.54 6.61 -5.01 -4.33 -8.75 -1.45 Femmine

Veneto 34.77 22.68 12.03 7.04 -5.36 -4.18 -6.14 -5.78 Maschi 27.72 17.16 10.04 5.69 -5.31 -4.68 -5.22 -6.11 Femmine

Friuli - V. Giulia 32.66 24.04 9.66 5.38 -6.03 -3.02 -8.71 -6.30 Maschi 25.16 16.87 7.66 4.18 -6.00 -3.92 -7.59 -6.51 Femmine

Liguria 33.04 27.79 12.75 6.90 -5.26 -1.72 -7.50 -6.59 Maschi 27.93 21.37 10.33 5.69 -5.34 -2.64 -7.01 -6.41 Femmine

Emilia - Romagna 35.48 27.17 13.35 7.81 -5.09 -2.63 -6.86 -5.78 Maschi 26.27 21.20 9.41 6.60 -4.65 -2.12 -7.80 -3.86 Femmine

Toscana 30.17 24.19 13.90 7.86 -4.53 -2.18 -5.39 -6.14 Maschi 24.03 18.54 10.62 6.32 -4.50 -2.56 -5.42 -5.60 Femmine

Umbria 32.99 27.02 12.49 9.11 -4.34 -1.98 -7.43 -3.45 Maschi 26.60 22.15 10.27 7.43 -4.30 -1.81 -7.40 -3.53 Femmine

Marche 33.19 20.98 12.44 9.30 -4.29 -4.48 -5.09 -3.18 Maschi 23.98 16.93 9.23 7.30 -4.02 -3.42 -5.89 -2.57 Femmine

Lazio 39.03 25.75 14.11 8.12 -5.27 -4.07 -5.84 -5.95 Maschi 31.45 20.64 10.59 6.67 -5.21 -4.12 -6.46 -5.01 Femmine

Abruzzi - Molise 47.84 26.46 14.70 10.27 -5.17 -5.75 -5.71 -3.91 Maschi 37.30 19.42 11.82 8.38 -5.02 -6.32 -4.84 -3.75 Femmine

Campania 60.76 43.35 17.80 10.09 -6.00 -3.32 -8.52 -6.11 Maschi 50.81 36.90 14.08 8.33 -6.04 -3.15 -9.18 -5.67 Femmine

Puglia 61.32 33.19 18.21 9.78 -6.13 -5.95 -5.83 -6.67 Maschi 52.17 27.63 14.76 8.06 -6.24 -6.16 -6.08 -6.50 Femmine

Basilicata 66.91 35.75 17.29 9.63 -6.47 -6.08 -7.01 -6.30 Maschi 54.28 29.77 13.48 7.88 -6.44 -5.83 -7.62 -5.79 Femmine

Calabria 54.56 34.26 16.52 9.77 -5.76 -4.55 -7.03 -5.67 Maschi 49.46 28.29 13.54 8.32 -5.96 -5.43 -7.10 -5.27 Femmine

Sicilia 49.50 35.97 18.91 10.24 -5.29 -3.14 -6.23 -6.59 Maschi 44.01 29.74 14.89 8.37 -5.56 -3.84 -6.68 -6.20 Femmine

Sardegna 47.18 28.74 13.87 10.35 -5.10 -4.84 -7.03 -3.20 Maschi 38.26 24.60 9.73 8.40 -5.09 -4.32 -8.86 -1.62 Femmine ITALIA 45.73 30.80 15.26 8.77 -5.54 -3.88 -6.78 -5.97 Maschi 37.91 24.75 12.00 7.11 -5.61 -4.17 -6.98 -5.65 Femmine

- 17 -

FIGURA 6 - Rapporto di supermortalità maschile osservato e previsto, Italia 1931-2050.

0.00

1.00

2.00

3.00

4.00

5.00

6.00

7.00

8.00

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

Età x

Rap

porto

sup

erm

orta

lità

mas

chile

qm

(x)/q

f(x) 1931

1952 1956 1961 1966 1971 1976 1981 1984 1987 1989 1990 2050

3.2. Ipotesi di sviluppo. Dall'analisi della situazione italiana riguardante gli ultimi

trenta anni è emerso un quadro abbastanza complesso dal quale, tuttavia, possono essere estrapolate alcune tendenze di fondo sulle quali saranno successivamente basate opportune ipotesi previsive. In particolare, nei prossimi decenni, riteniamo si possa verificare: •••• una variazione lenta e graduale verso livelli di sopravvivenza sempre più favorevoli, con una conseguente riduzione delle probabilità di morte a tutte le età; • • • • il perdurare di una condizione di supermortalità maschile, nonostante la crescente uniformità degli stili di vita caratterizzanti i due sessi; • • • • una progressiva omogeneizzazione delle condizioni di mortalità, con una conseguente riduzione delle diversità regionali. Sulla base di queste considerazioni,e con riferimento al sesso

femminile, è stata effettuata un'analisi preliminare, tendente ad individuare una tavola di mortalità "limite", alla quale, secondo le tendenze osservate in Italia ed in altri Paesi dovrebbero convergere nel lungo periodo (approssimativamente entro la metà del prossimo secolo) le probabilità di morte della popolazione italiana. Da un punto di vista operativo, non essendo conveniente

proiettare i singoli quozienti specifici di mortalità [4], abbiamo preferito ottenere la tavola "limite", per via indiretta, ossia, effettuando inizialmente previsioni sull' andamento di alcuni indicatori demografici (vita media alla nascita, quoziente di mortalità infantile, età e valore di

- 18 -

massima resistenza) e, successivamente, avvalendosi di un insieme di modelli di mortalità [5], andando a ricercare tra questi la tavola-tipo con le caratteristiche ipotizzate. A questo proposito, dopo aver effettuato un'accurata analisi

delle tendenze passate, tenendo in debita considerazione anche le esperienze di altri Paesi assimilabili al nostro per sviluppo sociale, economico, ecc., nei prossimi 60 anni (1990-2050), per

FIGURA 7 - Curve di sopravvivenza osservate e previste, Italia, maschi, 1931-2044.Mortalità "tendenziale"

0

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50000

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100000

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

Età x

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)

19311952195619611966197119761981198419871989199019941999200420092014201920242029203420392044

FIGURA 8 - Probabilità di morte osservate e previste, Italia, 1931-2044.Mortalità "tendenziale"

0.000010

0.000100

0.001000

0.010000

0.100000

1.000000

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

Età x

Pro

babi

lità

annu

ali d

i mor

te q

(x,x

+1)

1931 1952 1956 1961 1966 1971 1976 1981 1984 1987 1989 1990 1994 1999 2004 2009 2014 2019 2024 2029 2034 2039 2044

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il sesso femminile, abbiamo ritenuto possibile, una riduzione del quoziente di mortalità infantile da 7.13 (morti nel primo anno di vita su mille nati vivi) a 3.50; analogamente, per la vita media alla nascita nello stesso periodo abbiamo ritenuto ammissibile un incremento di 5.5 anni, passando dagli attuali 80.2 (1990) ad 85.7 (2050). Come precedentemente accennato, i valori ipotizzati del

quoziente di mortalità infantile e della vita media alla nascita, insieme ad altri come l'età ed il valore di massima resistenza, sono stati utilizzati quali "ingressi" per individuare, nell'insieme dei modelli Petrioli-Berti [6], la tavola-tipo che presentava tali caratteristiche. Partendo da quest'ultima, inoltre, è stata ottenuta la corrispondente tavola per l'altro sesso, moltiplicando i quozienti specifici di mortalità per dei coefficienti di supermortalità maschile, precedentemente stimati basandosi sull'evoluzione delle tendenze passate (FIGURA 6). Tale accorgimento si è reso necessario per mantenere nel corso del tempo quella differenziazione tra la mortalità maschile e femminile (molto elevata in alcune fasce d'età ed a tutto vantaggio delle donne), che altrimenti non poteva essere considerata effettuando le previsioni separatamente per i due sessi. Utilizzando il metodo sopra esposto è stata ottenuta per il 2050 una tavola "limite" di mortalità maschile con un quoziente di mortalità infantile (x 1000) pari a 4.29 (contro 8.77 del 1990) ed una vita media alla nascita di 79.5 anni, con un incremento di circa 6 anni rispetto al 1990. Accanto a questa ipotesi di sviluppo, che chiameremo

"tendenziale", perché ritenuta la più plausibile, abbiamo voluto formularne un'altra, denominata a "bassa" mortalità, che preveda condizioni più favorevoli e basata sul presupposto che nei prossimi 15-20 anni venga mantenuto l'attuale ritmo di progresso nell'aumento della durata media della vita. In questo caso, si suppone di raggiungere al 2050 un quoziente di mortalità infantile (x 1000) pari a 2.0 per le femmine e 2.4 per i maschi, ed una vita media alla nascita rispettivamente di 87.6 e 81.7 anni, con un incremento per i due sessi di 7-8 anni rispetto al 1990. A questo proposito si tenga presente che l'O.N.U. stesso,

effettuando una serie di proiezioni sulla popolazione mondiale [7], ha stimato il valore "limite" della vita media alla nascita nella misura di 87.5 anni per le femmine e di 82.5 anni per i maschi. Le tavole-tipo così individuate forniscono, per ognuna delle

due ipotesi, i valori "limite" verso i quali dovrebbero convergere le probabilità di morte delle singole regioni, coerentemente con la tendenza osservata di una progressiva omogeneizzazione dei livelli di mortalità. Da un punto di vista operativo, relativamente ad ogni regione

e per ciascun sesso, con riferimento agli anni 1961, 1978, 1989

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e 2050, sono stati inizialmente proiettati i singoli quozienti quinquennali di mortalità (caratterizzati da una minore variabilità rispetto a quelli annuali), impiegando un modello matematico [8] passante per i valori osservati ed asintoticamente decrescente verso il corrispondente quoziente della tavola "limite" corrispondente all’ipotesi di sviluppo “tendenziale”. Successivamente, per ogni anno di calendario dal 1990 al 2030, utilizzando la funzione teorica di sopravvivenza proposta da Petrioli [9], è stata ricostruita la sequenza annuale delle probabilità di morte. Le tavole-tipo così ottenute sono state infine impiegate nell'ambito del processo previsivo. Un procedimento analogo è stato adottato per l’ipotesi di

“bassa” mortalità; differenziando rispetto all’ipotesi di sviluppo “tendenziale” a partire dall’anno 1995. Un esempio dei risultati ottenuti, con riferimento alle

funzioni di sopravvivenza ed alle probabilità di morte, è mostrato nelle Fig. 7 ed 8.

4. MOVIMENTI MIGRATORI. 4.1. Quadro di riferimento. Come abbiamo visto precedentemente, la variabilità delle

componenti naturali (natalità e mortalità) richiede l'adozione di ipotesi differenziate ma sempre compatibili con le possibilità di evoluzione dei fenomeni studiati. Così, ad esempio, se il tasso di fertilità totale della

popolazione italiana è giunto ad un valore di 1.21 nel 1993 dopo essere diminuito sensibilmente negli ultimi venticinque anni, risulta abbastanza plausibile che esso possa scendere ancora fino a livelli che, pur apparendo al momento difficilmente raggiungibili, non possono essere considerati impossibili. Allo stesso modo non si può escludere a priori che la

fertilità italiana inizi nella seconda metà degli anni novanta una fase di ripresa che riporti, sia pure lentamente, il numero medio di figli per donna al valore di 2.2-2.3 che, visto il recente passato, rientra nelle potenzialità di questa popolazione. Per quanto riguarda i movimenti migratori, sia interni che con

i paesi stranieri, invece, le possibilità di formulare ipotesi ragionevoli sono del tutto limitate. La mobilità interna, che è stata consistente tra il 1955 ed i

primi anni settanta con tassi fino al 31 per mille, ha raggiunto attualmente una fase più contenuta, portando ad un aumento delle migrazioni che avvengono all'interno di una stessa regione e ad una diminuzione della mobilità interregionale, sia a lunga che a breve distanza. Tra le ripartizioni italiane, specialmente nel mezzogiorno, si

sono ridotti i flussi migratori (in maggioranza formati da

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giovani in età lavorativa da 15 a 35 anni) verso il centro-nord a causa della diminuita attrazione delle aree di maggiore sviluppo economico. Certamente, considerando che tra le ripartizioni italiane del centro-nord e quelle del sud e delle isole probabilmente si presenteranno nei prossimi decenni situazioni demografiche ed economiche differenziate, non si può escludere una ripresa significativa della mobilità interna nella direttrice sud-nord. Allo stato attuale, tuttavia, anche in considerazione dei ben

noti limiti di questa fonte di dati, abbiamo ritenuto opportuno effettuare le proiezioni della popolazione italiana senza tener conto della mobilità interna mentre, al contrario, sono stati presi in esame i movimenti migratori con l'estero (soffermando la nostra attenzione soprattutto sulla presenza straniera nel nostro paese). In Italia, dal 1911 al 1971 si è avuto costantemente un saldo

migratorio negativo, il cui ammontare è risultato mediamente pari a 117480 persone/anno; a partire dal 1972 c'è stata una inversione di tendenza, con il manifestarsi di un saldo positivo, anche se di entità più limitata rispetto al precedente, che nel periodo dal 1972 al 1991 è risultato mediamente uguale 42300 individui/anno. Non c'è dubbio, quindi, che l'Italia sta progressivamente perdendo il suo ruolo storico di Paese di "emigranti" per trasformarsi in Paese di "immigrazione". Per l'immediato futuro la crescita della popolazione italiana

dipenderà non solo dai fattori naturali propri, influenzati in modo più o meno determinante dalle scelte politiche, ma anche dai flussi di immigrazione le cui caratteristiche quantitative e qualitative dipenderanno esclusivamente dagli orientamenti e dalle decisioni politiche che verranno prese in proposito. Situazioni molto diversificate nella numerosità e nella

struttura della popolazione italiana si potranno verificare nei prossimi decenni a seconda che sia perseguita una politica di tollerata ed indiscriminata presenza "straniera" con ammissioni senza limiti e controlli, oppure si giunga alla regolamentazione dei flussi mediante l'ammissione di quote/annue di immigrati o si neghi del tutto l'ingresso di stranieri in Italia in vista della acquisizione di una residenza definitiva. Inserire il fenomeno immigratorio (che pure è divenuto una

realtà dalla quale non si può prescindere) tra le componenti delle proiezioni della popolazione, anche a causa delle caratteristiche che esso ha assunto negli ultimi anni, diviene quindi una operazione complessa che rende le possibilità di formulare ipotesi ragionevoli del tutto limitate. Tale fenomeno, infatti, sembra diventare sempre più

consistente sia per quanto riguarda l'espandersi della presenza straniera "stabile" (ossia regolarmente iscritta nelle anagrafi comunali), sia di quella "temporanea" (ossia di coloro che risiedono nel nostro Paese in base ai permessi di soggiorno o

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clandestinamente). Ma proprio la presenza di quest'ultima componente, che è estremamente difficile controllare sia dal punto di vista numerico che di durata della presenza sul territorio, rende praticamente impossibile effettuare previsioni attendibili. D'altra parte, mentre può sembrare accettabile considerare

nelle proiezioni della popolazione nazionale residente i flussi migratori che si sono risolti con regolarizzazioni anagrafiche, non sembrerebbe corretto porre allo stesso livello anche le presenze temporanee (siano queste "regolari" o "clandestine"). La permanenza di tali immigrati sul territorio nazionale,

infatti, è spesso limitata a brevi o medi periodi ed anche la loro partecipazione al processo produttivo ed alla vita sociale del Paese è del tutto marginale. Da un punto di vista operativo, anche supponendo che gli

stranieri temporaneamente presenti in Italia, compresi i "clandestini", facciano parte integrante della popolazione e rientrino pertanto tra i fattori del suo sviluppo, introducendo l'ipotesi che in seguito le loro posizioni possano essere sanate, resta comunque il problema di conoscere la loro numerosità attuale e la loro composizione strutturale oltre che, naturalmente, riuscire a stimare con buona approssimazione i flussi futuri. Date le difficoltà che oggettivamente esistono, l'unico modo ragionevole di procedere per effettuare delle previsioni che tengano conto dei movimenti migratori, è quello di introdurre delle ipotesi semplificatrici, eseguendo "simulazioni" più o meno attendibili con "quote" costanti (ma che possono anche essere supposte variabili) di immigrati/anno in ingresso nel nostro Paese, come sarà fatto più avanti in questo lavoro. Passando all'analisi della situazione italiana, secondo alcune

fonti ufficiali (Istat e Ministero dell'Interno), gli stranieri forniti di permesso di soggiorno (ossia del documento che autorizza il cittadino straniero a risiedere in Italia per lavoro, studio, turismo, ecc.) erano: 331665 al 31 dicembre del 1981, 572103 alla fine del 1987, 781138 nel 1990 e 987405 nel 1993, con un incremento medio annuo di circa 69000 presenze negli ultimi tre anni. I permessi di soggiorno si riferiscono a tutte le persone che

hanno regolarizzato la loro presenza in Italia delle quali, una parte, ha chiesto ed ottenuto la residenza anagrafica. Ciò è avvenuto principalmente a seguito delle leggi 30/12/1986 e 30/12/1989 che hanno riguardato le norme in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato. Tali leggi hanno avuto quale immediata conseguenza un aumento sostanziale delle regolarizzazioni nel 1987 e nel 1990. Nell'analisi dei dati al 31/12/1993 (come per gli anni precedenti) occorre tuttavia osservare che questi non rappresentano l'esatta quantificazione

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dei flussi annui d'entrata dal momento che la situazione a fine anno non tiene conto dei permessi concessi e poi scaduti durante l'anno stesso, come può darsi che nel totale vi siano ancora compresi individui che, pur avendo ottenuto il permesso di soggiorno, hanno lasciato il Paese prima della scadenza. Altro fattore di sovradimensionamento del totale alla fine del 1993 può essere rappresentato da possibili duplicazioni del permesso in province diverse, o rilascio di un ulteriore documento con motivazioni di soggiorno diverse dal permesso precedente. Pur con i molti limiti che presentano, i permessi di soggiorno

costituiscono una delle principali fonti ufficiali sugli stranieri che hanno “regolarizzato” la loro presenza nel nostro Paese, fornendo significative indicazioni sulle caratteristiche strutturali e dinamiche del fenomeno. Secondo i dati del 1993, la regione nella quale si è

concentrato il maggior numero di permessi è sicuramente il Lazio (244067), seguito dalla Lombardia (196509) e dall'Emilia-Romagna (81627), mentre nel Molise (1649) e nella Basilicata (1938) si hanno valori irrilevanti rispetto al totale.(Tab.10, Fig.9). Tra le motivazioni del soggiorno il 68% è da collegare

direttamente allo svolgimento o alla ricerca di lavoro autonomo o dipendente, o per ricongiungimento dei componenti la famiglia.

TABELLA 10 - Stranieri soggiornanti per regione. Italia, 1990 e 1993.

Regione 1990 Valori % 1993 Valori %

Piemonte 49607 6.3 55203 5.6 Lombardia 116000 14.9 196509 19.8 Trentino-Alto Adige 13380 1.7 20038 2.0 Veneto 40965 5.2 61105 6.2 Friuli-Venezia Giulia 16873 2.2 26574 2.7 Liguria 22869 2.9 34200 3.5 Emilia-Romagna 43830 5.6 81627 8.3 Toscana 61346 7.9 66905 6.8 Umbria 50060 6.4 17200 1.7 Marche 11215 1.4 15260 1.5 Lazio 197465 25.3 244067 24.7 Abruzzi 9712 1.2 14967 1.5 Molise 1284 0.2 1649 0.2 Campania 47719 6.1 54226 5.5 Puglia 17293 2.2 19930 2.1 Basilicata 1853 0.2 1938 0.2 Calabria 8724 1.1 10989 1.1 Sicilia 61523 7.9 57653 5.8 Sardegna 8801 1.1 7365 0.8

Nord-Centro 624219 79.9 818688 82.8 Mezzogiorno 156919 20.1 168717 17.2

ITALIA 781138 100.0 987405 100.0

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Per impostare alcune ipotesi di previsione per la popolazione immigrata è importante conoscere la distribuzione della popolazione esaminata per sesso ed età, nonché secondo il Paese o il continente di provenienza.

PI LO TA VE FV LI ER TO UM M A LA AB M O CA PU BA CL SI SA

Regioni

0

5

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15

20

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30

Per

mes

si d

i sog

gior

no (%

)

PI LO TA VE FV LI ER TO UM M A LA AB M O CA PU BA CL SI SA

Regioni

FIGURA 9 - Distribuzione dei permessi di soggiorno per regione. Italia, 31/12/1993.

TABELLA 11 - Distribuzione per sesso ed età dei permessi di soggiorno. Italia, situazione al 31/12/1993.

Classi Femmine Maschi d’età Val.ass. Val. % Val.ass. Val. %

0-4 3220 0.7 3109 0.6 5-9 3039 0.7 2796 0.5 10-14 2417 0.6 2327 0.4 15-19 11238 2.6 11741 2.1 20-24 59864 13.7 54708 10.0 25-29 90560 20.8 120845 22.0 30-34 79429 18.2 120662 22.0 35-39 54089 12.4 85889 15.6 40-44 35640 8.2 50338 9.2 45-49 24902 5.7 28156 5.1 50-54 17298 4.0 18835 3.4 55-59 13788 3.2 13828 2.5 60-64 10468 2.4 10232 1.9 65-69 8984 2.1 8109 1.5 70-74 7014 1.6 6389 1.2 75-79 4403 1.0 3852 0.7 80-w 9114 2.1 7693 1.4

Totale 435467 100.0 549509 100.0

Sempre con riferimento all'anno 1993, vediamo che i permessi sono stati rilasciati per il 55.8% a maschi ed il 44.25% a

- 25 -

femmine, con una distribuzione per classi d'età riportata nella Tab.11 e nella Fig.10. Su queste percentuali non si può, tuttavia, fare pieno assegnamento in vista della ripartizione dei flussi tra i due sessi, in quanto la situazione appare in evoluzione e difficilmente se ne possono quantificare i parametri.

0-4 O-4 1O-14 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74

Classi d'età

0

5

10

15

20

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Per

mes

si d

i sog

gior

no (%

)

0-4 O-4 1O-14 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74

Classi d'età

FIGURA 10 - Permessi di soggiorno per sesso e classi d'età. Italia, 31/12/1993.

MaschiFemmine

TABELLA 12 - Permessi di soggiorno al 31/12/1993 per continente o regione di cittadinanza.

Continente o regione Maschi Val. % Femmine Val. %

Africa Sub-Sahariana 148098 26.9 28805 5.9 Africa del nord 68168 12.4 45530 10.4 America del nord 28657 5.2 44535 10.2 America del sud 28776 5.2 55479 12.7 Asia 92293 16.8 74859 17.1 Australia 2157 0.4 2165 0.5 Europa CEE 72806 13.2 99495 22.8 Europa non-CEE 108819 19.8 88225 20.2 Oceania 272 0.0 356 0.1 Apolidi od altro 568 0.1 342 0.1

Totale 550614 100.0 436791 100.0

Si tenga presente, infatti, che al 16 ottobre 1991, i permessi

di soggiorno risultavano suddivisi tra maschi e femmine rispettivamente in misura del 62.3% e del 37.3%, con una differenza pari al 25%. Alla fine del 1993 tale differenza si è ridotta all’11.5% per

una maggiore presenza femminile, che potrebbe ancora aumentare

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per le maggiori possibilità di inserimento offerte a questo sesso nel settore terziario e dei servizi.

AFR.SS AFR.NO AMER.NO AMER.SU ASIA AUSTR. EUR.CEE EUR.NCEE ALTRI

Continente o regione

0

5

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20

25

30

Per

mes

si d

i sog

gior

no (%

)

AFR.SS AFR.NO AMER.NO AMER.SU ASIA AUSTR. EUR.CEE EUR.NCEE ALTRI

Continente o regione

FIGURA 11 - Permessi di soggiorno per continente o regione di provenienza. Italia, 31/12/1993.

MaschiFemmine

4.2. Ipotesi di sviluppo. Nel trattare della possibile evoluzione dell'immigrazione

straniera in Italia e delle possibili conseguenze sulla popolazione italiana nei prossimi 50 anni, verranno considerate quattro ipotesi sull'ammontare numerico dei futuri flussi in entrata nel nostro Paese. Considerata l'insufficienza e la qualità dei dati disponibili,

la consistenza di tali flussi annui è stata fissata in 50000 unità (inferiore a 69000 che rappresenta la media annua dei nuovi permessi di soggiorno rilasciati tra il 1990 ed il 1993), 150000, 300000 e 400000 (limite "superiore" che oggi può sembrare notevole, ma che potrebbe anche essere oltrepassato in mancanza di controlli sugli ingressi di immigrati, se si tiene specialmente conto della spinta verso il loro incremento che è legato all'inarrestabile crescita demografica dei paesi sottosviluppati. Si tenga presente, ad esempio, che nel periodo dal 1990 al 2025 la popolazione africana passerà da 627 a 1467 milioni di individui, prevalentemente giovani, mentre la popolazione europea, nello stesso intervallo di tempo, salirà da 703 a 894 milioni di persone, che saranno in maggioranza anziane. Il numero complessivo di immigrati/anno in ciascuna ipotesi

viene assunto costante nel tempo, benché i valori netti dei

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flussi migratori in alcuni Paesi di immigrazione siano stati, negli ultimi decenni, molto variabili[10]. Il procedimento adottato, che può apparire del tutto

arbitrario, risulta in realtà molto utile in quanto, tra l'altro, permette di esaminare l'effetto che una diversificazione dei flussi di immigrati, per dimensione e caratteristiche strutturali, potrebbe avere sul futuro equilibrio demografico della popolazione italiana [11]. L'esame critico delle varie ipotesi e delle conseguenze

derivanti dalla loro realizzazione, consentirà inoltre di perseguire appropriate politiche correttive, non solo sulla regolamentazione dei flussi di immigrati (stabilendo delle "quote" annue), ma anche di tipo più generale quali, ad esempio, dei provvedimenti a sostegno della famiglia e della donna che, al di là degli aspetti etico-sociali, possono facilitare la ripresa della natalità nella popolazione italiana residente. Da un punto di vista operativo, in sede di previsione della

popolazione interessa definire sia l'entità dei futuri flussi di immigrati, sia le loro caratteristiche strutturali. In mancanza di informazioni attendibili sulle tendenze passate ed a causa dell'elevato grado di incertezza che presenta il fenomeno, relativamente alle ipotesi adottate (quote di immigrati/anno da 50000 a 400000 persone), abbiamo deciso di utilizzare, mantenendola costante nel tempo, la distribuzione per età delle persone in possesso di regolare permesso di soggiorno al 31/12/1993. Poiché in presenza di quote di immigrati, ammessi regolarmente

nel Paese, esistono meno difficoltà tra i sessi sul trasferimento della propria residenza a causa della minore incertezza sull'esito del tentativo di emigrazione, abbiamo ripartito le quote annue tra i sessi al 50%. Il contingente di immigrati che ogni anno, secondo le ipotesi

adottate, si suppone entrerà nel nostro Paese andrà a sommarsi alla popolazione complessiva, composta sia dalle persone da sempre residenti in Italia, sia dalle persone immigrate negli anni precedenti. Nella metodologia seguita per le previsioni della popolazione, abbiamo ritenuto opportuno trattare separatamente questi due gruppi, in quanto caratterizzati da comportamenti demografici diversi. In sostanza, la popolazione italiana, pur con le dovute

differenziazioni territoriali, presumibilmente presenterà anche in futuro livelli di fertilità e mortalità piuttosto bassi ed assimilabili a quelli degli altri Paesi evoluti, mentre gli immigrati, provenienti in genere da Paesi in via di sviluppo, anche ammettendo una progressiva integrazione nella società ospitante, tenderanno a conservare per un certo tempo i loro modelli comportamentali, che in termini demografici si tradurranno in livelli di fertilità e di mortalità più elevati. Tenendo conto di tali considerazioni la "sottopopolazione"

degli immigrati è stata proiettata a parte, basandosi su ipotesi

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di andamento della fertilità e della mortalità che vengono di seguito esposte. ♦♦♦♦ Ipotesi sulla fertilità. Trattandosi di una immigrazione eterogenea, con flussi

provenienti da vari Paesi (in misura che abbiamo supposto proporzionale a quella osservata per i permessi di soggiorno), è stato necessario individuare un valore medio del TFT, che fosse rappresentativo dell'intero contingente di donne immigrate. A questo proposito, basandosi sui livelli di fertilità

osservati nei singoli Paesi d'origine e sull’entità dei flussi migratori, è stata calcolata la media ponderata dei TFT, ottenendo un valore pari a 3.00. Non potendo, tuttavia, utilizzare quest'ultimo valore come rappresentativo del livello medio di fertilità del contingente di donne che faranno parte dei flussi annui in ingresso, è stata fatta un'unica ipotesi di fertilità costante per il periodo 1994-2044. Si ritiene cioè che sia al momento dell’ingresso, che negli anni successivi per effetto sia di una progressiva integrazione delle donne immigrate (e successivamente delle loro figlie) nella società italiana, è molto probabile che non vengano mantenuti i valori di fertilità dei paesi d’origine. Negli anni futuri poi anche i possibili flussi di popolazione straniera saranno caratterizzati da livelli medi di fertilità più bassi di quelli attuali per la tendenza che in questo senso si va manifestando specie nei Paesi in via di sviluppo [12]. In sostanza il modo più appropriato di procedere è sembrato quello di considerare un TFT costante sul livello di 2.2 figli per donna al quale viene sottoposto ogni flusso annuale di ingressi femminili. Tale livello differenzia inoltre la fertilità della popolazione italiana e di quella straniera così come si verifica anche in altri Paesi europei [13]. Per l'individuazione della distribuzione dei tassi di

fertilità relativa al TFT assunto quale base di partenza della fertilità femminile al 1994, abbiamo fatto ricorso ad un modello di fertilità “normalizzato” [14] avente come caratteristiche una età media al parto di 26 anni ed una deviazione standard pari a 5 anni. Il passaggio dalla distribuzione dei tassi di fertilità per

classi annuali d'età dal 1994 al 2044 è stato effettuato impiegando il metodo “relazionale” [2], con i parametri di collegamento A=-0.002 e B=1.005 che, pur mantenendo costante il TFT, assicurano una lenta modifica sia dell'età media al parto (in aumento) che dello scarto quadratico medio dei tassi (in diminuzione), avvicinandosi agli standards della popolazione italiana.

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♦♦♦♦ Ipotesi sulla mortalità

Gli immigrati nel nostro Paese, pur vivendo nella maggior parte dei casi in condizioni disagiate ed ai margini della società, si trovano spesso in una situazione migliore (almeno per quanto riguarda la sussistenza e la possibilità di accesso alle strutture sanitarie) di quelle dei Paesi di provenienza. TABELLA 13 - Proiezione della popolazione immigrata per sesso e classi d’età dal 1994 al 2044. Ipotesi con quota costante di 150000 e di 300000 immigrati per anno.

MASCHI (Quota 150000) MASCHI (Quota 300000) Anno Classi d’età Anno Classi d’età

0-14 15-64 65-w 0-W 0-14 15-64 65-W 0-W

1994 1127 70534 3339 75000 1994 2256 141069 6675 150000 2004 114526 753212 37549 905287 2004 229065 1506443 75071 1810579 2014 268587 1407530 84497 1760614 2014 537210 2815114 168957 3521281 2024 355172 2045341 186248 2586761 2024 710348 4090778 372467 5173593 2034 509630 2461677 419134 3390441 2034 1019244 4923483 838229 6780956 2044 640586 2788130 657225 4085941 2044 1281142 5576394 1314414 8171950

FEMMINE (Quota 150000) FEMMINE (Quota 300000) Anno Classi d’età Anno Classi d’età

0-14 15-64 65-w 0-W 0-14 15-64 65-W 0-W

1994 1502 68673 4825 75000 1994 3001 137356 9643 150000 2004 112601 734363 58335 905299 2004 225151 1468821 116653 1810625 2014 260055 1375985 133371 1769411 2014 520063 2752080 266776 3538918 2024 342824 2018164 266729 2627717 2024 685574 4036435 533528 5255537 2034 490478 2472716 536602 3499796 2034 980854 4945506 1073309 6999669 2044 615677 2802541 877020 4295238 2044 1231245 5605093 1754161 8590499

TOTALE (Quota 150000) TOTALE (Quota 300000) Anno Classi d’età Anno Classi d’età

0-14 15-64 65-w 0-W 0-14 15-64 65-W 0-W

1994 2629 139207 8164 150000 1994 5257 278425 16318 300000 2004 227127 1487575 95884 1810586 2004 454216 2975264 191724 3621204 2014 528642 2783515 217868 3530025 2014 1057273 5567194 435733 7060200 2024 697996 4063505 452977 5214478 2024 1395922 8127213 905995 10429130 2034 1000108 4934393 955736 6890237 2034 2000098 9868989 1911538 13780625 2044 1256263 5590671 1534245 8381179 2044 2512387 11181487 3068575 16762449

D’altra parte, di fronte alla carenza di studi sulla mortalità

degli stranieri residenti in Italia, si suppone che la loro mortalità si mantenga costante nel periodo di previsione ed uguale a quella verificatasi nel nostro Paese nel quinquennio 1979-83. Sulla base di queste ipotesi la “sottopopolazione” degli

immigrati è stata proiettata fino al 2044 ottenendo, nei due casi estremi considerati (50000 e 400000 ingressi/anno), un numero complessivo di individui immigrati o da essi derivati (nascite) pari, rispettivamente, a 2793563 e 22350093. Se invece ci limitiamo a considerare i casi intermedi (150000

e 300000 ingressi/anno) abbiamo i risultati della Tab.13. In ambedue i casi il nucleo principale della popolazione è

formato dagli individui che si trovano nelle classi d'età da 15 a 64 anni, ossia nella popolazione "attiva"; al 2044, ad

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esempio, la popolazione del gruppo centrale risulta pari al 66.7% del totale.

NOTE E RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] Ad esempio, nelle proiezioni della popolazione italiana elaborate

dall’ONU (1990-2025) e dalla World Bank (1990-2030) il tasso totale di fertilità viene assunto nelle misure che seguono:

Fonte 1990 1995 2000 2005 2010 2015 2020 2025 2030

World Bank 1.32 1.32 1.32 1.46 1.59 1.71 1.83 1.94 2.03

ONU - Ipot. alta 1.33 1.38 1.55 1.80 2.00 2.15 2.20 2.10 - ONU - Ipot. media 1.33 1.31 1.38 1.60 1.75 1.83 1.85 1.70 - ONU - Ipot. bassa 1.33 1.28 1.28 1.28 1.28 1.28 1.28 1.28 -

• World Bank (1992),”World Population Projections-1992-93 Edition”, The Johns Hopkins University Press-Baltimore and London.

• ONU (1993), ”World Population Prospects - The 1992 Revision”, United Nations, New York.

[2] In sintesi, utilizzando la funzione di Gompertz per rappresentare la

distribuzione "normalizzata" (ossia con TFT=1) dei tassi specifici di fertilità, avremo:

( ) ( ) ( ) xbx abbaxf ⋅⋅⋅= lnln (2.1)

o analogamente:

( ) xbaxF = (2.2)

se vogliamo considerare la funzione di ripartizione della fertilità, che com'è noto indica la riproduzione di ogni donna sino all'età x. Dalle relazioni precedenti, è possibile ottenere anche l'espressione analitica del tasso istantaneo di riproduzione, essendo:

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) xbbaxFxfxm ⋅⋅== lnln (2.3)

Quest'ultima può essere facilmente ricondotta ad una forma lineare. Di conseguenza, con riferimento a due possibili situazioni supposte note (i,s), delle quali la seconda sarà presa come "base" o "standard" di riferimento, potremo scrivere:

( )[ ] ( ) ( )[ ] ( )( )[ ] ( ) ( )[ ] ( )�

��

⋅+⋅=⋅+⋅=

xbbaxm

xbbaxm

ssss

iiii

lnlnlnlnln

lnlnlnlnln (2.4)

da cui:

( )[ ] ( )[ ]xmBAxm siii lnln ⋅+= (2.5)

con:

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( ) ( )[ ] ( ) ( )[ ] ( ) ( )[ ]( ) ( )�

��

=⋅⋅−⋅=

sii

sssiiii

bbB

babbbaA

lnln

lnlnlnlnlnlnlnln 2.6)

Dalla (2.6), inoltre, risolvendo rispetto ai parametri ai e bi, avremo:

( ) ( )[ ] ( ) ]( )si

Bsi

ii bBba

Aai

lnlnln

exp⋅⋅

=

Bisi bb = (2.7)

Da un punto di vista operativo, disponendo di una serie storica sufficientemente lunga di distribuzioni di tassi di fertilità, relative ad una stessa regione o ripartizione geografica, è possibile stimare mediante la (2.5) i parametri di collegamento Ai, Bi (i=1,2,..,n) di ognuna di queste con una distribuzione "standard", posta generalmente all'inizio del periodo. L'analisi dell'andamento dei parametri così ottenuti, consentirà di effettuarne delle proiezioni, ottenendo dei valori teorici che, successivamente, tramite la (2.7) potranno essere impiegati per ottenere una sequenza di modelli da utilizzare a scopi previsivi. Per una descrizione più approfondita del metodo si rimanda a:

• Petrioli L. (1975), "Relazione fra distribuzioni di fertilità mediante la funzione di Gompertz", Quaderno n. 19, Istituto di Statistica, Università di Siena, Siena.

• Petrioli L. (1984), "An analysis of finnish fertility in the last two centuries", IUFO Scientific Conference on Family and Population, Hanasaari, Finlandia.

• Petrioli L., Menchiari A.(1986), "Model Fertility Tables", Istituto di Statistica, Università di Siena, Siena.

• Menchiari A.(1988), "Sviluppo di tecniche relazionali mediante la funzione Log-logistica", Quaderno n. 69, Istituto di Statistica, Università di Siena, Siena.

[3] Le tavole alle quali si fa riferimento sono quelle regionali pubblicate periodicamente dall'ISTAT a partire dal 1960, tranne le più recenti, relative all'anno 1990, che non essendo ancora disponibili, sono state riprese da:

• De Simoni A. (1991), "Una stima al 1990 delle tavole di mortalità regionali", Working Paper, IRP-CNR, Roma.

[4] Tale metodo, infatti, data la lunghezza del periodo di previsione ed in virtù dei diversi ritmi di diminuzione della mortalità alle varie età, avrebbe condotto a risultati scarsamente attendibili od in alcuni casi persino impossibili a meno che non vengano impiegate funzioni asintotiche le quali, però, presentano l'inconveniente di dover fissare a priori ed in modo arbitrario i "limiti" ai quali presumibilmente tenderanno le singole probabilità di morte.

[5] Naturalmente, è possibile impiegare uno qualsiasi tra i set di modelli di mortalità proposti negli ultimi anni, per esempio:

• O.N.U., "Model Life Tables for Developing Countries", United Nations, New York, 1982.

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• A. J. Coale, P. Demeny, "Regional Model Life Tables and Stable Popolations", Academic Press, New York, 1983.

• Petrioli e M. Berti, "Modelli di Mortalità", Franco Angeli, Milano, 1979

In ogni caso, vale la pena osservare che la tavola ricercata non si troverà tra quelle pubblicate (queste ultime generalmente non rappresentano situazioni così estreme), ma andrà ricavata di volta in volta fissando opportuni valori limite degli "ingressi" ed utilizzando la metodologia ed i dati di base impiegati da ciascun Autore per la costruzione dei modelli.

[6] Nei modelli di mortalità Petrioli-Berti i sopravviventi all'età x (x=0,1,2,...,110), sono ottenuti impiegando la funzione:

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )[ ]1exp1100 211 +−⋅−⋅−⋅−⋅= +−− CxBxAxxlxl NM (6.1)

dove l(0) è la radice della tavola e M,N,A,B,C sono parametri i cui valori vengono fissati seguendo una particolare metodologia, orientata non tanto ad l(x) quanto alla funzione di resistenza r(x). Quest'ultima, legata alla precedente dalla relazione:

( ) ( )[ ] ( ) ( ) ( )[ ]{ }xllxxlxxr −⋅−⋅= 0110 (6.2)

indica ad ogni età x, il numero di decessi che in media si verificano nell'intervallo [x;110] per ogni decesso avvenuto dalla nascita ad x. Sostituendo la (6.1) nella (6.2) si ha:

( ) ( ) ( )CxBxAxxxr NM +⋅+⋅⋅−⋅= 2exp110 (6.3)

in cui viene specificata la forma analitica della curva di resistenza, impiegando gli stessi parametri caratterizzanti la funzione di sopravvivenza l(x). Sulla base di quanto sopra, ogni modello viene individuato imponendo cinque condizioni, così da poter determinare in modo univoco i parametri M,N,A,B,C della curva r(x) e quindi la corrispondente funzione-modello di sopravvivenza l(x). A questo proposito, considerate le caratteristiche morfometriche della funzione di resistenza (tra le quali ricordiamo l'andamento tipicamente campanulare), per la costruzione di ogni modello di mortalità, sono stati imposti l'età modale xmo ed i valori assunti in corrispondenza delle età 1, 10, xm, 75, ossia: ro(1), ro(10), ro(xmo), ro(75). L'imposizione di tali vincoli conduce al sistema:

( ) ( )( ) ( )

( )[ ]( ) ( ) ( )( ) ( )CBAr

CxmBxmAxmxmxmr

xmBxmAxmxmNM

CBAr

CBAr

NM

NM

NM

N

+⋅+⋅⋅⋅=

+⋅+⋅⋅−⋅=

⋅+⋅+−−=

+⋅+⋅⋅⋅=

++⋅=

753625exp357575

exp110

2110/0

10100exp1001010

exp1091

0

0200000

02000

0

0

perfettamente risolvibile, la cui soluzione, indicata con il vettore (Mo,No,Ao,Bo,Co), fornirà una ben determinata funzione-modello di resistenza e di sopravvivenza. Un'ultima puntualizzazione riguarda i criteri in base ai quali vengono scelti i valori: xmo, ro(1), ro(10), ro(xmo), ro(75). E' evidente, infatti, che se questi fossero fissati in modo arbitrario, si otterrebbero

(6.4)

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delle curve che solo casualmente rappresenterebbero delle funzioni di mortalità umana. Per questo motivo gli Autori consigliano di fissare inizialmente l'età modale xmo e la resistenza la primo anno di vita ro(1) (valore direttamente dipendente dal quoziente di mortalità infantile), quindi ottenere i restanti tre ingressi ro(10), ro(xmo), ro(75) utilizzando apposite funzioni di correlazione, stimate su un gran numero di tavole di mortalità osservate, così da poter stabilire delle oggettive dipendenze tra i valori che la resistenza presenta alle varie età. Per un'analisi più approfondita sulle modalità di costruzione e di impiego dei modelli Petrioli-Berti si rimanda a:

• Petrioli L., Berti M. (1979), "Modelli di Mortalità", Franco Angeli, Milano.

• Petrioli L. (1981), "A new set of models of mortality", Seminar on Methodology and Data Collection in Mortality Studies, IUSSP, Dakar, Senegal.

• Petrioli L. (1991), "Modelli di Mortalità e Popolazione Stabile", Facoltà di Scienze Economiche e Bancarie, Università di Siena, Siena.

[7] O.N.U. (1989), "World Population Prospects 1988", Population Studies, n.106, New York.

[8] La funzione è la seguente:

( ) ( ) ( )[ ]{ }324, exp1 oooxxt ttdttcttbaMq −⋅+−⋅+−⋅++=+ (8.1)

con to=1960, dove tqx,x+4 è il quoziente quinquennale di mortalità stimato al tempo t (espresso in anni di calendario) mentre M è il valore "limite" verso il quale la funzione converge e che si ritiene praticamente raggiunto al 2050.

[9] La forma analitica della funzione di sopravvivenza è quella riportata nella nota 6 al punto (6.1)

[10] Il materiale bibliografico su tale argomento è molto vasto. Tra questo, un'analisi dei trends migratori in alcuni Paesi sviluppati è svolta in:

• Livi Bacci M. (1991), "Migrazione Nord-Sud: Approccio comparato dell'esperienza Europea e Nord-Americana", Atti della Conferenza Internazionale sulle Migrazioni, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Roma.

• Zlotnik H. (1990), "Trends in South to North Migration: The Perspective from the North", Ninth IOM Seminar on Migration, Geneva.

[11] Tale procedimento di simulazione di ipotetici flussi di immigrati è stato analizzato da autorevoli studiosi (Coale 1972, Espenshade 1986, Kuijsten 1990, Wattelar e Roumans 1990 e 1991) in lavori relativi alla popolazione degli Stati Uniti, Belgio, Olanda, Svizzera, ipotizzando quote annue fisse di "ingressi" nei vari Paesi. In particolare, Kuijsten esamina il caso in cui si verifichi lo stesso livello di mortalità tra la popolazione locale e quella immigrata e la fertilità degli immigrati sia superiore e proporzionale a quella dei locali, mentre Wattelar e Roumans suppongono che la fertilità degli immigrati, dopo due anni e mezzo di

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"adeguamento", diventi uguale a quella della popolazione ospitante, e la mortalità sia la stessa per locali ed immigrati. Un'analisi sintetica dei principali lavori pubblicati in questi ultimi anni si può trovare in:

• Zlotnik H. (1991), "Il ruolo dei movimenti migratori internazionali nell'equilibrio demografico", Atti della Conferenza Internazionale sulle Migrazioni, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Roma.

Le pubblicazioni alle quali, precedentemente, è stato fatto riferimento sono:

• Coale A.J. (1972), "Alternative paths to a stationary population", in "Demographic and Social Aspects of Population Growth", US Commission on Population Growth and the American Future, Vol.I of Commission Research Reports, Washington D.C.

• Espenshade T.J., Bouvier L.F., Arthur W.B. (1982),"Immigration and the stable population model", in Demography, n. 19 (1).

• Espenshade T.J. (1986), "Population dynamics with immigration and low fertility", in Population and Development Review, Supplement to Vol. 12.

• Kuijsten A. (1990), "The impact of migration streams on the size and structure of Dutch population", Symposium on The Demographic Consequences of International Migration, Wassenaar.

• Wattelar C., Roumans G. (1990), "L'immigration, facteur d'équilibre démographique? Quelques simulations", in Futuribles, n. 145.

• Wattelar C., Roumans G. (1991), "Simulations of demographic objective and migration", in OECD, "Migration: The Demographic Aspects", Parigi.

[12] Secondo le proiezioni della Banca Mondiale (World Population Projections 1992-93. Edizione del 1992) per le regioni meno sviluppate del mondo è prevista una diminuzione del TFT da 3.903 del 1990 a 2.406 del 2030, pari a circa il 60%.

[13] Ad esempio, sulla base di dati del 1986, risultava che in Germania le donne tedesche presentavano un TFT di 1.308, mentre le donne turche viventi in Germania avevano un TFT pari a 2.580.

[14] Tale distribuzione teorica dei tassi specifici di fertilità è stata selezionata tra quelle pubblicate in:

• Petrioli L. e Menchiari A. (1986), "Model Fertility Tables", Facoltà di Scienze Economiche e Bancarie, Università di Siena, Siena.