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.'temZ.< ih-M. - t"; 21,;. 3 li ;4 Per oltre tre secoli ha messo in imbarazzo !e-' menti migliori; dopo dieci anni di lavoro, però, uno sttffitt4é;: j Og i tzu cf,a di uno dei più celenr i Pi-Me fg&Trì di Simon Singh e Kenneth A. La dimostrazione 3„, dell'ultimo teorema di Fermat r -",-,T•10,•"" < C> c.C. . 0 N1° 3 .."-<-Co 1\ I el giugno scorso, 500 matemati- 1 ci erano riuniti nell'Aula Ma- . gna dell'Università di Geittin- gen per assistere alla consegna del pre- stigioso premio Wolfskehl ad Andrew J. Wiles. Il riconoscimento - istituito nel 1908 per chi avesse trovato una di- mostrazione del famigerato ultimo teo- rema di Pierre de Fermat - aveva in ori- gine un valore in marchi corrisponden- te a due milioni di dollari. Nell'estate 1997, le vicissitudini economiche di un secolo attraversato da due guerre mon- diali lo avevano ridotto a soli 50 000 dollari. Ma nessuno se ne preoccupava. Per Wiles, la dimostrazione del proble- ma posto da Fermat nel XVII secolo costituiva il coronamento di un sogno covato fin dall'infanzia e metteva fine a un decennio di intenso lavoro. Per gli ospiti accorsi all'evento, la dimostra- zione di Wiles prometteva di rivoluzio- nare il futuro della matematica. Per completare il suo calcolo, lungo 100 pagine, Wiles aveva dovuto formu- lare e sviluppare molte idee nuove in matematica. In particolare aveva dovu- to affrontare la congettura di Shimu- ra-Taniyama, un'importante intuizione del nostro secolo che riguarda la geo- metria algebrica e l'analisi complessa. Con i suoi procedimenti, Wiles ha isti- tuito un collegamento tra questi impor- tanti settori della matematica. D'ora in avanti, le scoperte in uno dei due cam- pi saranno certamente un'ispirazione per nuovi risultati nell'altro. Inoltre, ora che è stato gettato questo ponte, potran- no emergere altre connessioni tra settori matematici in apparenza distanti. p ierre de Fermat nacque il 20 ago- sto 1601 a Beaumont-de-Loma- gne, una cittadina della Francia sud- occidentale. Fece carriera nell'ammini- strazione locale e in magistratura. Per garantire la loro imparzialità, ai giudici si sconsigliava di avere un'intensa vita sociale, e perciò Fermat si ritirava tutti i pomeriggi nel suo studio e si concen- trava sul suo svago preferito, la mate- matica. Pur essendo un dilettante, ave- va una profonda preparazione, e a lui si devono in buona parte la teoria delle probabilità e i fondamenti del calco- lo. Isaac Newton, il padre del calcolo differenziale, affermò che il suo lavoro si basava sul «metodo di Monsieur Fer- mat per tracciare le tangenti». In particolare, Fermat aveva un'e- strema padronanza della teoria dei nu- meri (ovvero lo studio dei numeri interi e delle loro relazioni). Spesso scriveva ad altri matematici chiedendo, a propo- sito di un determinato problema, se fos- sero in grado di rivaleggiare con la sua soluzione. Queste sfide, assieme al fat- to che non rivelava mai i suoi calcoli, erano fonte di grandi frustrazioni. René Pierre de Fermat, grande teorico dei numeri del XVII secolo, scriveva spesso ad altri ma- tematici sfidandoli a trovare soluzioni che rivaleggiassero con le sue. Formulò la sua sfida più famosa, il cosiddetto ultimo teore- ma, mentre studiava l'Arithmetica di Dio- fanto di Alessandria. Secondo Fermat, non esistono soluzioni non banali per l'equazio- ne + fr = c^, dove n è un numero intero maggiore di 2. Sul margine dell'Arithmetica, Fermat scarabocchiò un commento destina- to a tormentare i matematici per tre secoli: «Ho una dimostrazione veramente meravi- gliosa di questa proposizione, ma il margine è troppo piccolo per contenerla». Descartes, celebre per l'invenzione del- la geometria analitica, lo considerava uno sbruffone, e il matematico inglese John Wallis lo definì una volta «quel dannato francese». Fermat formulò la sua sfida più fa- mosa, il cosiddetto ultimo teorema, mentre studiava un antico testo mate- matico greco, l' Arahmetica di Diofanto di Alessandria. Il libro parlava delle soluzioni intere positive all'equazione a 2 + b2 = c2 , la formula di Pitagora che descrive la relazione tra i lati di un triangolo rettangolo. Questa equazione ha infiniti insiemi di soluzioni intere - come, per esempio, a = 3, b = 4, c = 5 - 44 • Andrew J. Wiles della Princeton Universi- ty dimostrò il famigerato ultimo teorema nel 1994, dopo un decennio di lavoro inces- sante. Per portare a termine il suo calcolo, che occupa 100 pagine, Wiles dovette svi- luppare ulteriormente molte moderne idee matematiche; in particolare, dovette dimo- strare la congettura di Shimura-Taniyama per un sottoinsieme delle curve ellittiche, oggetti descritti da equazioni cubiche del ti- po y2 = x3 + ax 2 + bx + c. conosciute come terne pitagoriche. Fer- mat spinse la formula ben oltre, conclu- dendo che non esistono soluzioni non banali per un'intera famiglia di equa- zioni analoghe, a^ + b^ c", dove n sia un intero qualsiasi maggiore di 2. Sembra veramente strano che, men- tre ci sono infinite terne pitagoriche, non esistano teme di Fermat. Eppure, Fermat era convinto di poter conferma- re la sua affermazione con una dimo- strazione rigorosa. Sul margine dell'A- rithmetica, il genio maligno scaraboc- chiò un commento che si sarebbe fatto beffe di intere generazioni di matemati- ci: «Ho una dimostrazione veramente meravigliosa di questa proposizione, ma il margine è troppo piccolo per con- tenerla». Queste annotazioni esasperan- ti erano abituali per Fermat, e alla sua morte il figlio pubblicò un'edizione dell'A rithmetica in cui erano riportati questi rompicapo. Tutti i teoremi ven- nero dimostrati, uno per uno, finché ri- mase solo quest'ultimo. Molti matematici lottarono invano con l'ultimo teorema. Nel 1742 Leon- hard Euler (Eulero), il massimo teorico dei numeri del XVIII secolo, era così sconfortato dalla propria incapacità di ri- solverlo che chiese a un amico di fruga- re nella casa di Fermai, nel caso fosse ri- masto qualche foglietto abbandonato. Nel XIX secolo Sophie Germain - che per i pregiudizi contro le donne matema- tiche condusse i suoi studi sotto lo pseu- donimo di Monsieur Leblanc - aprì la prima breccia significativa, dimostrando un teorema generale che metteva sulla buona strada per risolvere l'equazione di Fermat per valori di n che siano numeri primi maggiori di 2 e per i quali 2n + I sia anch'esso primo. (Si ricordi che un numero primo è un intero divisibile solo per 1 e per se stesso.) Ma una dimostra- zione completa per questi esponenti, o per qualsiasi altro, restava fuori portata. Agli inizi del nostro secolo Paul Wolfskehl, un industriale tedesco, la- sciò in eredità 100 000 marchi da de- volvere a chi fosse riuscito a vincere la sfida di Fermai. Secondo alcuni storici, in un certo momento della sua vita Wolfskehl si trovava sull'orlo del suici- dio, ma l'ansia di dimostrare l'ultimo teorema lo ossessionò al punto da farlo recedere da ogni pensiero di morte. L'accaduto lo spinse a riscrivere il pro- prio testamento: il premio era il modo con cui voleva ripianare il debito da lui contratto con il rompicapo che gli ave- va salvato la vita. Per ironia della sorte, proprio nel momento in cui il premio Wolfskehl spingeva un gran numero di dilettanti entusiasti a cercare una dimostrazione, i matematici professionisti stavano ab- bandonando ogni speranza. A chi gli chiedeva perché non avesse mai tentato di risolvere l'ultimo teorema di Fermat, il grande logico tedesco David Hilbert rispose: «Prima di cominciare dovrei dedicare al problema tre anni di studio intenso, e non ho tanto tempo da spre- care in un tentativo che si risolverebbe probabilmente in un fallimento». In ve- rità, il problema conservava ancora un posto speciale nel cuore dei teorici dei numeri, i quali però lo consideravano un po' allo stesso modo in cui i chimici consideravano l'alchimia: un insensato sogno romantico del passato. bambini, naturalmente, amano i so- . gni romantici. Nel 1963, all'età di 10 anni, Wiles si innamorò dell'ultimo teorema di Fermai. Ne aveva letto qual- cosa in una biblioteca di Cambridge, e promise a se stesso che avrebbe trova- to una dimostrazione. I suoi insegnan- ti della scuola superiore cercarono di convincerlo a non perdere tempo con l'impossibile, e lo stesso fecero i do- centi universitari. Infine, dopo la laurea all'Università di Cambridge, cercarono di avviarlo verso settori più tradizionali della matematica, in particolare verso quella feconda area di ricerca che ha a che fare con oggetti chiamati curve el- littiche. Gli antichi greci furono i primi a studiare le curve ellittiche, che com- paiono anche nell'Arahmetica. Difficil- mente Wiles poteva immaginare che questa ricerca lo avrebbe riportato al- l'ultimo teorema di Fermat. Le curve ellittiche non sono ellissi. Il loro nome deriva dal fatto che sono descritte da equazioni cubiche, come quelle usate per calcolare il perimetro di un'ellisse. In generale, le equazioni cubiche per curve ellittiche hanno la forma y 2 = X3 + ax2 + bx + c, dove a, b e c sono interi che soddisfano alcune semplici condizioni. Queste equazioni sono di terzo grado, perché l'esponente maggiore che contengono è un cubo. In teoria dei numeri si cerca sempre di stabilire il numero delle cosiddet- te soluzioni razionali di un'equazione, quelle costituite da numeri interi o fra- zionari. Le equazioni lineari o quadrati- che, cioè le equazioni di primo o secon- do grado, o non hanno alcuna soluzione razionale o ne hanno infinite, ed è faci- le stabilire se si tratti di un caso o del- l'altro. Per le equazioni di grado 4 o su- periore il numero di soluzioni è sempre infinito, secondo quella che è chiamata ;;;•,, ,IbP" 74 LE SCIENZE n. 353, gennaio 1998 LE SCIENZE n. 353, gennaio 1998 75

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Per oltre tre secoli ha messo in imbarazzo !e-'menti migliori; dopo dieci anni di lavoro,

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La dimostrazione 3„,dell'ultimo teorema

di Fermat

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1\I el giugno scorso, 500 matemati-1 ci erano riuniti nell'Aula Ma-

. gna dell'Università di Geittin-gen per assistere alla consegna del pre-stigioso premio Wolfskehl ad AndrewJ. Wiles. Il riconoscimento - istituitonel 1908 per chi avesse trovato una di-mostrazione del famigerato ultimo teo-rema di Pierre de Fermat - aveva in ori-gine un valore in marchi corrisponden-te a due milioni di dollari. Nell'estate1997, le vicissitudini economiche di unsecolo attraversato da due guerre mon-diali lo avevano ridotto a soli 50 000dollari. Ma nessuno se ne preoccupava.Per Wiles, la dimostrazione del proble-ma posto da Fermat nel XVII secolocostituiva il coronamento di un sognocovato fin dall'infanzia e metteva fine aun decennio di intenso lavoro. Per gliospiti accorsi all'evento, la dimostra-zione di Wiles prometteva di rivoluzio-nare il futuro della matematica.

Per completare il suo calcolo, lungo100 pagine, Wiles aveva dovuto formu-lare e sviluppare molte idee nuove inmatematica. In particolare aveva dovu-to affrontare la congettura di Shimu-ra-Taniyama, un'importante intuizionedel nostro secolo che riguarda la geo-metria algebrica e l'analisi complessa.Con i suoi procedimenti, Wiles ha isti-tuito un collegamento tra questi impor-tanti settori della matematica. D'ora inavanti, le scoperte in uno dei due cam-pi saranno certamente un'ispirazioneper nuovi risultati nell'altro. Inoltre, orache è stato gettato questo ponte, potran-no emergere altre connessioni tra settorimatematici in apparenza distanti.

pierre de Fermat nacque il 20 ago-sto 1601 a Beaumont-de-Loma-

gne, una cittadina della Francia sud-occidentale. Fece carriera nell'ammini-strazione locale e in magistratura. Pergarantire la loro imparzialità, ai giudicisi sconsigliava di avere un'intensa vitasociale, e perciò Fermat si ritirava tuttii pomeriggi nel suo studio e si concen-trava sul suo svago preferito, la mate-matica. Pur essendo un dilettante, ave-va una profonda preparazione, e a luisi devono in buona parte la teoria delleprobabilità e i fondamenti del calco-lo. Isaac Newton, il padre del calcolodifferenziale, affermò che il suo lavorosi basava sul «metodo di Monsieur Fer-mat per tracciare le tangenti».

In particolare, Fermat aveva un'e-strema padronanza della teoria dei nu-meri (ovvero lo studio dei numeri interie delle loro relazioni). Spesso scrivevaad altri matematici chiedendo, a propo-sito di un determinato problema, se fos-sero in grado di rivaleggiare con la suasoluzione. Queste sfide, assieme al fat-to che non rivelava mai i suoi calcoli,erano fonte di grandi frustrazioni. René

Pierre de Fermat, grande teorico dei numeridel XVII secolo, scriveva spesso ad altri ma-tematici sfidandoli a trovare soluzioni cherivaleggiassero con le sue. Formulò la suasfida più famosa, il cosiddetto ultimo teore-ma, mentre studiava l'Arithmetica di Dio-fanto di Alessandria. Secondo Fermat, nonesistono soluzioni non banali per l'equazio-ne + fr = c^, dove n è un numero interomaggiore di 2. Sul margine dell'Arithmetica,Fermat scarabocchiò un commento destina-to a tormentare i matematici per tre secoli:«Ho una dimostrazione veramente meravi-gliosa di questa proposizione, ma il margineè troppo piccolo per contenerla».

Descartes, celebre per l'invenzione del-la geometria analitica, lo consideravauno sbruffone, e il matematico ingleseJohn Wallis lo definì una volta «queldannato francese».

Fermat formulò la sua sfida più fa-mosa, il cosiddetto ultimo teorema,mentre studiava un antico testo mate-matico greco, l' Arahmetica di Diofantodi Alessandria. Il libro parlava dellesoluzioni intere positive all'equazionea 2 + b2 = c2 , la formula di Pitagora chedescrive la relazione tra i lati di untriangolo rettangolo. Questa equazioneha infiniti insiemi di soluzioni intere -come, per esempio, a = 3, b = 4, c = 5 -

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Andrew J. Wiles della Princeton Universi-ty dimostrò il famigerato ultimo teoremanel 1994, dopo un decennio di lavoro inces-sante. Per portare a termine il suo calcolo,che occupa 100 pagine, Wiles dovette svi-luppare ulteriormente molte moderne ideematematiche; in particolare, dovette dimo-strare la congettura di Shimura-Taniyamaper un sottoinsieme delle curve ellittiche,oggetti descritti da equazioni cubiche del ti-po y2 = x3 + ax2 + bx + c.

conosciute come terne pitagoriche. Fer-mat spinse la formula ben oltre, conclu-dendo che non esistono soluzioni nonbanali per un'intera famiglia di equa-zioni analoghe, a^ + b^ c", dove n siaun intero qualsiasi maggiore di 2.

Sembra veramente strano che, men-tre ci sono infinite terne pitagoriche,non esistano teme di Fermat. Eppure,Fermat era convinto di poter conferma-re la sua affermazione con una dimo-strazione rigorosa. Sul margine dell'A-rithmetica, il genio maligno scaraboc-chiò un commento che si sarebbe fattobeffe di intere generazioni di matemati-ci: «Ho una dimostrazione veramentemeravigliosa di questa proposizione,ma il margine è troppo piccolo per con-tenerla». Queste annotazioni esasperan-ti erano abituali per Fermat, e alla suamorte il figlio pubblicò un'edizionedell'A rithmetica in cui erano riportatiquesti rompicapo. Tutti i teoremi ven-nero dimostrati, uno per uno, finché ri-mase solo quest'ultimo.

Molti matematici lottarono invanocon l'ultimo teorema. Nel 1742 Leon-hard Euler (Eulero), il massimo teoricodei numeri del XVIII secolo, era cosìsconfortato dalla propria incapacità di ri-solverlo che chiese a un amico di fruga-re nella casa di Fermai, nel caso fosse ri-masto qualche foglietto abbandonato.Nel XIX secolo Sophie Germain - cheper i pregiudizi contro le donne matema-tiche condusse i suoi studi sotto lo pseu-donimo di Monsieur Leblanc - aprì laprima breccia significativa, dimostrandoun teorema generale che metteva sullabuona strada per risolvere l'equazione diFermat per valori di n che siano numeriprimi maggiori di 2 e per i quali 2n + Isia anch'esso primo. (Si ricordi che unnumero primo è un intero divisibile soloper 1 e per se stesso.) Ma una dimostra-zione completa per questi esponenti, oper qualsiasi altro, restava fuori portata.

Agli inizi del nostro secolo PaulWolfskehl, un industriale tedesco, la-sciò in eredità 100 000 marchi da de-volvere a chi fosse riuscito a vincere lasfida di Fermai. Secondo alcuni storici,in un certo momento della sua vitaWolfskehl si trovava sull'orlo del suici-dio, ma l'ansia di dimostrare l'ultimoteorema lo ossessionò al punto da farlorecedere da ogni pensiero di morte.L'accaduto lo spinse a riscrivere il pro-prio testamento: il premio era il modocon cui voleva ripianare il debito da lui

contratto con il rompicapo che gli ave-va salvato la vita.

Per ironia della sorte, proprio nelmomento in cui il premio Wolfskehlspingeva un gran numero di dilettantientusiasti a cercare una dimostrazione,i matematici professionisti stavano ab-bandonando ogni speranza. A chi glichiedeva perché non avesse mai tentatodi risolvere l'ultimo teorema di Fermat,il grande logico tedesco David Hilbertrispose: «Prima di cominciare dovreidedicare al problema tre anni di studiointenso, e non ho tanto tempo da spre-care in un tentativo che si risolverebbeprobabilmente in un fallimento». In ve-rità, il problema conservava ancora unposto speciale nel cuore dei teorici deinumeri, i quali però lo consideravanoun po' allo stesso modo in cui i chimiciconsideravano l'alchimia: un insensatosogno romantico del passato.

bambini, naturalmente, amano i so-. gni romantici. Nel 1963, all'età di10 anni, Wiles si innamorò dell'ultimoteorema di Fermai. Ne aveva letto qual-cosa in una biblioteca di Cambridge, epromise a se stesso che avrebbe trova-to una dimostrazione. I suoi insegnan-ti della scuola superiore cercarono diconvincerlo a non perdere tempo conl'impossibile, e lo stesso fecero i do-centi universitari. Infine, dopo la laureaall'Università di Cambridge, cercaronodi avviarlo verso settori più tradizionalidella matematica, in particolare versoquella feconda area di ricerca che ha ache fare con oggetti chiamati curve el-littiche. Gli antichi greci furono i primia studiare le curve ellittiche, che com-paiono anche nell'Arahmetica. Difficil-mente Wiles poteva immaginare chequesta ricerca lo avrebbe riportato al-l'ultimo teorema di Fermat.

Le curve ellittiche non sono ellissi. Illoro nome deriva dal fatto che sonodescritte da equazioni cubiche, comequelle usate per calcolare il perimetrodi un'ellisse. In generale, le equazionicubiche per curve ellittiche hanno laforma y 2 = X3 + ax2 + bx + c, dove a, be c sono interi che soddisfano alcunesemplici condizioni. Queste equazionisono di terzo grado, perché l'esponentemaggiore che contengono è un cubo.

In teoria dei numeri si cerca sempredi stabilire il numero delle cosiddet-te soluzioni razionali di un'equazione,quelle costituite da numeri interi o fra-zionari. Le equazioni lineari o quadrati-che, cioè le equazioni di primo o secon-do grado, o non hanno alcuna soluzionerazionale o ne hanno infinite, ed è faci-le stabilire se si tratti di un caso o del-l'altro. Per le equazioni di grado 4 o su-periore il numero di soluzioni è sempreinfinito, secondo quella che è chiamata

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74 LE SCIENZE n. 353, gennaio 1998 LE SCIENZE n. 353, gennaio 1998 75

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Eulero, il più grande teorico dei numeri del XVIII se-colo, era così frustrato dall'incapacità di risolvere l'ul-timo teorema di Fermat che nel 1742 chiese a un ami-co di frugare nella casa di Fermat alla ricerca di even-tuali foglietti nascosti.

Nel corso degli anni cinquanta Coro Shimura e Yutaka Taniyama svilup-parono un'idea che finì poi per essere utile alla dimostrazione di Wiles. Laloro congettura riguardava le forme modulari, una classe di funzioni cheriguardano numeri complessi (numeri della forma x + iy, dove x e y sononumeri reali e i è l'unità immaginaria). I due avanzarono l'ipotesi che ognicurva ellittica possa essere associata a una forma modulare, così che le lo-ro successioni L corrispondano. Tragicamente, Taniyama non poté vedereil successo di Wiles: il 17 novembre 1958 si suicidò.

«congettura di Mordell», dimostrata nel1983 dal matematico tedesco Gerd Fal-tings. Le curve ellittiche, invece, sonoun caso a parte: possono avere un nu-mero di soluzioni finito o infinito, e nonvi è alcun modo semplice per stabilirlo.

Per semplificare i problemi relativialle curve ellittiche, i matematici le a-nalizzano spesso con la cosiddetta arit-metica modulare. Dividono le incognitedell'equazione cubica per un numeroprimo p e conservano solo il resto. Que-sta versione modificata dell'equazione èla sua equivalente «modulo p». Ripeto-no poi la divisione con un altro numeroprimo, poi con un altro, e via via cheprocedono in questo modo annotano ilnumero di soluzioni per ciascun moduloprimo. Alla fine questi calcoli generanouna serie di problemi più semplici cherisultano analoghi all'originale.

Il grande vantaggio in questo caso èche i valori massimi di x e y sono limi-tati a p: quindi il problema è ridotto aqualcosa di finito. Per capire qualcosadell'originario problema infinito, i ma-tematici osservano il modo in cui va-ria il numero di soluzioni al variare di pe usando questa informazione genera-no una cosiddetta successione L per lacurva ellittica: questa è una successioneinfinita di potenze, dove il valore delcoefficiente per ciascuna potenza p èdeterminato dal numero di soluzioniper il modulo p.

Esistono altri oggetti matematici, leforme modulari, che hanno successioni

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L. Le forme modulari non vanno con-fuse con l'aritmetica modulare. Si trattadi un certo tipo di funzione che ha ache fare con i numeri complessi, dellaforma (x + iy) dove x e y sono numerireali e i è l'unità immaginaria (ugualealla radice quadrata di — 1).

Ciò che rende speciali le forme mo-dulari è che, trasformando in vario mo-do un numero complesso, la funzioneconserva lo stesso risultato. Per questoaspetto, le forme modulari sono davve-ro notevoli. Un comportamento analo-go si osserva nelle funzioni trigonome-triche: aggiungendo n a un angolo q, ilrisultato è costante: sin q = sin (q + n).Questa proprietà è chiamata simmetria,e le funzioni trigonometriche la possie-dono in misura limitata. Le forme mo-dulari, invece, hanno un livello di sim-metria eccezionale; tanto che quando ilmatematico francese Henri Poincaréscoprì le prime forme modulari, alla fi-ne del secolo scorso, cercò in tutti imodi di venire a patti con la loro sim-metria. Raccontò ai colleghi che tutti igiorni, per due settimane, si era alzatodi notte per cercare un errore nei calco-li. Al quindicesimo giorno, infine, si ar-rese e accettò il fatto che le forme mo-dulari sono estremamente simmetriche.

Circa dieci anni prima che Wiles siimbattesse in Fermat due giovani mate-matici giapponesi, Goro Shimura e Yu-taka Taniyama, svilupparono un'idearelativa alle forme modulari che sarebbepoi stata la pietra angolare della dimo-

strazione di Wiles. Essi si erano convin-ti che vi fosse una relazione di fondo frale forme modulari e le curve ellittiche,benché esse rientrassero in apparenza insettori del tutto diversi della matemati-ca. In particolare - dato che le formemodulari hanno una successione L, perquanto di origine diversa da quella dellecurve ellittiche - avanzarono l'ipotesiche ogni curva ellittica possa essere as-sociata a una forma modulare, in modoche le due successioni L corrispondano.

Shimura e Taniyama sapevano che,se erano nel giusto, le conseguenze sa-rebbero state straordinarie. Innanzitut-to, in genere i matematici conoscevanomeglio la successione L di una formamodulare di quella di una curva ellitti-ca. A questo punto sarebbe stato inutilecompilare la successione L di una cur-va ellittica, visto che era identica aquella della corrispondente forma mo-dulare. Più in generale, gettare un pontetra due branche della matematica finoad allora prive di connessione potevaessere di beneficio a entrambe: ciascu-na delle due discipline poteva arricchir-si con le conoscenze raccolte nell'altra.

La congettura di Shirmura-Taniyama,nella sua formulazione fatta da Shimuranei primi anni sessanta, afferma che tut-te le curve ellittiche possono essere as-sociate a una forma modulare: in altritermini, tutte le curve ellittiche sonomodulari. Sebbene nessuno riuscisse adimostrarla, con il passare degli annil'ipotesi parve sempre più persuasiva. Apartire dagli anni settanta, per esempio,i matematici partivano spesso dal pre-supposto che la congettura di Shimura-Taniyama fosse vera per derivarne qual-che nuovo risultato. Col tempo, moltescoperte importanti vennero a poggiaresulla congettura, anche se ben pochistudiosi si aspettavano che essa venis-se dimostrata in questo secolo. Tragica-mente, uno dei due uomini che ne era-no stati ispiratori non poté vederne rico-nosciuta l'importanza: il 17 novembre1958 Yutaka Taniyama si tolse la vita.

Nell'autunno 1984, in un simposiotenuto a Oberwolfach, in Germa-

nia, Gerhard Frey dell'Università dellaSaar propose una nuova strategia per at-taccare l'ultimo teorema di Fermat. Ilteorema afferma che l'equazione di Fer-mat non ha soluzioni intere positive. Perverificare un enunciato di questo tipo,i matematici assumono spesso che siafalso, per poi esplorarne le conseguen-

ze. Dire che l'ultimo teorema di Fermatè falso equivale a dire che esistono duepotenze n-esime perfette la cui sommasia una terza potenza n-esima.

L'idea di Frey si sviluppava così:supponiamo che A e B siano potenze n-esime di due numeri tali per cui A + Bsia di nuovo una potenza n-esima; ov-vero che siano una soluzione dell'equa-zione di Fermat. A e B possono essereusati come coefficienti di una particola-re curva ellittica: y2 = x(x — A)(x + B).Una grandezza che viene abitualmentecalcolata quando si studiano le curveellittiche è la «discriminante» della cur-va ellittica, A 2B2(A + B)2 . Dato che A eB sono soluzioni dell'equazione di Fer-mat, la discriminante è una potenza n--esima perfetta.

Il punto cruciale della tattica di Freyè che, se l'ultimo teorema di Fermat èfalso, allora soluzioni intere come A e

B possono essere usate percostruire una curva ellitti-ca la cui discriminante siauna potenza n-esima per-fetta. Come conseguen-za di ciò, dimostrandoche la discriminantedi una curva ellitticanon può mai essereuna potenza n-esima,si sarebbe dimostratoimplicitamente l'ultimoteorema di Fermai. Freynon aveva la più pallidaidea di come ottenere quelladimostrazione, ma sospettava cheuna curva ellittica che avesse avutoper discriminante una potenza n-esimaperfetta - se fosse esistita - non avrebbepotuto essere modulare. In altri termini,una simile curva ellittica avrebbe sfida-to la congettura di Shimura-Taniyama.Ripercorrendo la propria argomentazio-ne, Frey rilevò che se qualcuno avessedimostrato che la congettura di Shimu-ra-Taniyama è vera e che l'equazio-

ne ellittica y2 = x(x — A)(x + B) non èmodulare, avrebbe anche dimostra-

to che l'equazione ellittica non puòesistere. In quel caso, non vi sonosoluzioni all'equazione di Fer-

mai, e quindi l'ultimo teoremadi Fermat risulta dimostrato.

Molti matematici stu-diarono il collegamentotra Fermat e Shimura--Taniyama. Il loro pri-mo obiettivo era di-mostrare che la cur-va ellittica di Frey -322= x(x — A)(x + B) -effettivamente non è

dimostrazione completa della proposi-zione. È impossibile descrivere l'interaargomentazione in questo articolo, madaremo qualche indicazione in merito.

Per cominciare, la dimostrazione diRibet dipende da un metodo geometricoper «sommare» due punti su una curvaellittica (si veda l'illustrazione a pagina78). In termini visivi, l'idea è che se siproietta una linea attraverso una coppiadi soluzioni distinte P1 e P2, la linea in-terseca la curva in un terzo punto, chepotremmo chiamare provvisoriamentesomma di P, e P2 . Una versione un po'più complessa ma più valida di questasomma è la seguente: innanzitutto sisommano due punti e si deriva un nuo-vo punto P, nel modo descritto, poi siriflette questo punto lungo l'asse x perottenere la somma finale, Q.

Questa forma particolare di addizio-ne può essere applicata a qualsiasi cop-pia di punti nell'infinito insieme di tuttii punti di una curva ellittica, ma questaoperazione è particolarmente interes-sante in quanto esistono insiemi finitidi punti dotati della cruciale proprie-tà per cui la somma di due punti qual-siasi dell'insieme appartiene anch'essaa quell'insieme. Questi insiemi finiti dipunti formano un gruppo: un insieme di

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A causa dei pregiudizi nei confronti delle donne matematiche, Sophie Germainpubblicò i suoi studi sotto lo pseudonimo di Monsieur Leblanc. Nel XIX secolo riu-scì ad aprire la prima breccia nel teorema di Fermat, dimostrando un teoremamolto utile per risolvere l'equazione di Fermat per valori di n che siano numeriprimi maggiori di 2 e per i quali 2n + 1 sia anch'esso primo.

modulare. Jean-PierreSerre del Collège de

France e Barry Mazurdella Harvard Univer-

sity fornirono contributiimportanti in questa dire-

zione. Nel giugno 1986,ne, uno di noi (Ribet) diede una

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LE SCIENZE n. 353, gennaio 1998 77

Page 3: .'temZ.< ih-M.-• La dimostrazione 3„, dell'ultimo teorema ...download.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1998_353_6.pdf · a2 + b2 = c2 , la formula di Pitagora che descrive

«L'ureka!» diceva un titolo del «New York Times» dopo che Wiles ebbe rivelato lasua dimostrazione dell'ultimo teorema di Fermat durante una conferenza nel giu-gno 1993. Poco dopo, però, i revisori trovarono una grave pecca. Wiles discussel'errore solo con il suo ex studente Richard Taylor. Insieme cercarono di rabber-ciare il metodo utilizzato da Wiles e di applicare altri strumenti in precedenza re-spinti. Infine, il 19 settembre 1994, trovarono la strada giusta.

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Gerhard Frey suggerì nel 1984 una nuova strategia per affrontare l'ultimo teoremadi Fermat: supponiamo che A e B siano potenze n-esime perfette tali per cui ancheA + B sia una potenza n-esima, cioè che siano una soluzione dell'equazione di Fer-mat. A e B si possono allora usare come coefficienti in una particolare curva ellitti-ca: y2 = x(x — A)(x + B); la «discriminante» di questa curva ellittica, A 2B 2(.4 + B) 2, èanch'essa una potenza n-esima perfetta. Frey sospettava che una simile curva ellitti-ca non potesse essere modulare. In altri termini, egli rilevava che, se qualcuno aves-se dimostrato che la congettura di Shimura-Taniy ama è sera, cioè che tutte le curveellittiche sono modulari, allora avrebbe potuto dimostrare che l'equazione ellitticay2 = x(x — A)(x + B) non può esistere; in questo caso non vi sono soluzioni all'equa-zione di Fermat, e l'ultimo teorema di Fermat è dimostrato vero.

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greto. Non solo voleva evitare la pres-sione dell'attenzione pubblica, ma spe-rava anche di impedire che altri copias-sero le sue idee. In questo periodo, solosua moglie venne a sapere della sua os-sessione, durante la luna di miele...

iles dovette mettere in gioco si-multaneamente molte delle più

importanti scoperte della teoria dei nu-meri del XX secolo. Quando risultava-no inadeguate, era costretto a creare al-tri strumenti e altre tecniche. Egli de-scrive la sua esperienza paragonandolaa un viaggio attraverso un oscuro edifi-cio inesplorato: «Entri nella prima stan-za ed è completamente buia. Procedi atentoni urtando i mobili, ma a poco apoco localizzi ciascun mobile. Infine,dopo sei mesi o giù di lì, trovi l'interrut-tore della luce. Lo premi e all'improvvi-so tutto è illuminato. Sai esattamentedove ti trovi. Allora ti sposti nella stan-za successiva e passi altri sei mesi albuio. Ogni illuminazione, che a volte èmomentanea e a volte dura un giorno odue, è solo il culmine dei molti mesi ditentennamenti nel buio che la precedo-no, senza i quali non potrebbe esistere».

Risultò che non era necessario dimo-

strare l'intera congettura di Shimura--Taniyama; bastava dimostrare che unparticolare sottoinsieme di curve ellitti-che - che includesse l'ipotetica curvaellittica di Frey, se mai essa fosse esi-stita - è modulare. In realtà, non si trat-tava poi di una grande semplificazione.Questo sottoinsieme è ancora di dimen-sione infinita e include la maggior partedei casi interessanti. La strategia di Wi-les utilizzava le stesse tecniche impie-gate da Ribet, e molte altre. Come perl'argomentazione di Ribet, in questa se-de possiamo dare solo qualche indica-zione sui punti principali.

La difficoltà stava nel dimostrare cheogni curva ellittica del sottoinsieme diWiles è modulare. A questo scopo, Wi-les sfruttò la natura di gruppo dei puntidelle curve ellittiche e applicò un teore-ma di Robert P. Langlands dell'Institutefor Advanced Study di Princeton e diJerrold Tunnell della Rutgers Univer-sity. Il teorema dimostra, per ogni curvaellittica dell'insieme di Wiles, che unparticolare gruppo di punti all'internodella curva ellittica è modulare. Questorequisito è necessario ma non sufficien-te per dimostrare che l'intera curva ellit-

tica è modulare. Il gruppo in questioneha solo nove elementi, ed è facile vede-re come la sua modularità rappresentiun passo minuscolo verso la completamodularità. Per colmare questo baratro,Wiles intendeva esaminare gruppi sem-pre più grandi, passando dalla dimensio-ne 9 a 92, ossia 81, poi a 93, ossia 729, ecosì via. Se fosse riuscito a raggiungereun gruppo di dimensione infinita e a di-mostrare che anch'esso è modulare,questo sarebbe stato equivalente a di-mostrare che l'intera curva è modulare.

Wiles si servì di un procedimento li-beramente basato sull'induzione. Dove-va dimostrare che, se un gruppo è mo-dulare, allora deve esserlo anche quellosuccessivo per dimensione. Il metodo èsimile a quello necessario per abbatterele tessere del domino: per far cadere unnumero infinito di tessere, basta assicu-rarsi che colpendone una qualsiasi sifaccia cadere la successiva. FinalmenteWiles si sentì sicuro di aver completatola sua dimostrazione, e il 23 giugno1993 ne fece l'annuncio all'Isaac New-ton Mathematical Sciences Institute diCambridge. Il suo programma segretodi ricerca aveva avuto successo, e la di-mostrazione fu fonte di sorpresa e digioia per la comunità matematica, cosìcome per la stampa internazionale. Inprima pagina, il «New York Times»esclamava: «Eureka!, infine, per un an-tico mistero matematico».

Mentre cresceva il clamore sui mezzid'informazione, aveva inizio il processoufficiale di revisione da parte dei colle-ghi matematici. Quasi subito NicholasM. Katz di Princeton scopri un errorefondamentale e devastante nell'argo-mentazione di Wiles. Nel suo procedi-mento induttivo, questi aveva utilizzatoun metodo inventato da Victor A. Koly-vagin della Johns Hopkins University eda Matthias Flach del California Institu-te of Technology per dimostrare che ilgruppo è modulare. Ma ora pareva chequesto metodo non potesse servire inquesto particolare caso. Il sogno di Wi-les si era trasformato in un incubo.

per i successivi 14 mesi Wiles sparì

dalla circolazione, limitandosi a di-scutere l'errore con il suo ex studenteRichard Taylor. Insieme affrontarono ilproblema, cercando di rattoppare il me-todo utilizzato da Wiles e applicando al-tri strumenti in precedenza respinti. Era-no ormai sul punto di dichiararsi sconfit-ti e di rendere nota la dimostrazione fal-lace perché altri potessero tentare di cor-reggerla quando, il 19 settembre 1994,ebbero l'intuizione vitale. Anni prima,Wiles aveva preso in considerazione lapossibilità di usare un diverso approcciobasato sulla cosiddetta teoria di Iwa-sawa, ma poi la strada si era ingarbu-

punti che obbedisce a pochi, sempliciassiomi. Risulta che se la curva ellitticaè modulare, lo sono anche i punti diciascun gruppo finito della curva ellitti-ca. Ribet dimostrò che un particolaregruppo finito della curva di Frey nonpuò essere modulare, escludendo cosìla modularità dell'intera curva.

Per tre secoli e mezzo, l'ultimo teore-ma era rimasto un problema isola-to, un curioso e impossibile enigma aimargini della matematica. Nel 1986 Ri-bet, partendo dal lavoro di Frey, l'avevaportato al centro dell'arena. Era possibi-le dimostrare l'ultimo teorema di Fer-mat dimostrando la congettura di Shi-mura-Taniyama. Wiles, diventato intan-to professore a Princeton, non persetempo. Per sette anni lavorò in totale se-

Kenneth A. Ribet seguì la strada indicata da Frey e nel giugno1986 dimostrò che una curva ellittica non può essere modularese la sua discriminante è una potenza n-esima perfetta. La di-mostrazione di Ribet si fonda su un metodo geometrico per«sommare» punti su una curva ellittica. In termini visivi, l'ideaè che sia possibile proiettare una linea passante per una coppiadi punti sulla curva ellittica, P, e P„ in modo da ottenere un ter-zo punto, P. Questo nuovo punto viene poi riflesso sull'asse xper ottenere Q, che è detto somma di P, e P„ Mentre l'insiemedi tutti i punti su una curva ellittica è infinito, esistono insiemifiniti con la cruciale proprietà che la somma di due punti qual-siasi dell'insieme appartiene anch'essa all'insieme. Questi insie-mi finiti obbediscono ad alcuni assiomi parti-colari e formano quindi «gruppi fini-ti». Se una curva ellittica è modu-lare, lo sono anche i punti di o-gni gruppo finito. Ribet di-mostrò che un certo gruppofinito della curva di Freynon può essere modulare,facendo così cadere la mo-dularità dell'intera curva.

gliata ed egli aveva rinunciato. Ora si re-se conto che ciò che rendeva inefficaceil metodo di Kolyvagin-Flach era pro-prio ciò che garantiva il successo delmetodo fondato sulla teoria di Iwasawa.

Wiles ricorda la sua reazione alla sco-perta: «Era di una bellezza indescrivibi-le: semplice ed elegante. La prima serame ne andai a casa e ci dormii sopra. limattino dopo tornai a fare una verifica,poi scesi e dissi a mia moglie: "Ce l'hofatta. Credo di esserci riuscito". Era cosìinatteso che lei pensò che stessi parlan-do di un giocattolo dei bambini o diqualcosa del genere, e chiese: "Ce l'haifatta, cosa?". Io dissi: "Ho sistemato ladimostrazione. Ci sono riuscito"».

Per Wiles, il riconoscimento del pre-

mio Wolfskehl segna la fine di un'osses-sione durata più di 30 anni: «Aver risol-to questo problema mi dà un senso di li-bertà. Ero così ossessionato che per ottoanni non sono riuscito a pensare ad al-tro, da mattina a sera. Quella particolareodissea ora è finita. La mia mente si ri-posa». Per altri matematici, invece, re-stano in sospeso alcune importanti que-stioni. In particolare, tutti concordanosul fatto che la dimostrazione di Wiles èdecisamente troppo complessa e moder-na per essere ciò che aveva in menteFermat quando scrisse la sua nota a mar-gine. I casi sono due: o Fermat avevapreso un abbaglio, oppure esiste una di-mostrazione semplice e brillante che a-spetta ancora di essere scoperta.

SIMON SINGH e KENNETH A. RIBET condividono un profondo interesse per ilteorema di Fermat. Singh è un fisico delle particelle attivo nella divulgazionescientifica; fra l'altro ha coprodotto un documentario sulla soluzione del celebreenigma. Ribet è docente di matematica all'Università della California a Berkeley;per la dimostrazione che dalla congettura di Shimura-Taniyama discende l'ultimoteorema di Fermat, Ribet ha ricevuto, insieme con Abbas Bahri, il premio Fermat.

SHIMURA GORO, Yutaka Taniyama and His Time: Very Personal Recollections fromShimura in «Bulletin of the London Mathematical Society», 21, pp. 186-196, 1989.

R1BET KENNETH A., From the Taniyama-Shimura Conjecture to Fermat's Theoremin «Annales de la Faculté des Sciences de l'Université de Toulouse», 11, n. 1, 1990.

WILES ANDREW, Modular Elliptic Curves and Fermat's Last Theorem in «Annalsof Mathematics», 141, n. 3, maggio 1995.

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