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Avventura M.te Palabione raccontata da pagina 18 EDIZIONE ITALIANA DI RADIO WORLD & TV TECHNOLOGY Anno XIV - Numero 3 - Giugno/Luglio 2012 Sommario DAL 1999 AD OGGI Questa è la nostra 100 a pubblicazione 88 Broadcast&Production, 5 “Best of Made in Italy”, 5 “Anteprima RTVF” e 2 “speciali”: un traguardo che è stato raggiunto con voi, lettori affezionati, partner e inserzionisti. Che dire, se non: grazie!!! NEWS pag. 3 LE TELEVISIONI IMPOSSIBILI pag.18 WEB TV pag.26 RADIO WORLD ITALIA pag.30 FILMMAKERS pag.34 WEB RADIO pag.36 OSSERVATORIO SWITCH-OFF pag.38 REPORT EVENTI RTVF2012 pag.42 WebTv Technology Meeting pag.46 NAB2012 pag.50 DVB WORLD2012 pag.64 GUIDA RADIO pag. 74 Produzione in Esterna

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Avventura M.te Palabioneraccontata dapagina 18

EDIZ IONE ITAL IANA DI RADIO WORLD & TV TECHNOLOGY

Anno XIV - Numero 3 - Giugno/Luglio 2012

SommarioDAL 1999 AD OGGI

Questa è la nostra100a pubblicazione88 Broadcast&Production, 5 “Best of Made in Italy”, 5 “Anteprima

RTVF” e 2 “speciali”: un traguardo che è stato raggiunto con voi,

lettori affezionati, partner e inserzionisti. Che dire, se non: grazie!!!

NEWS pag. 3

LE TELEVISIONIIMPOSSIBILI pag.18

WEB TV pag.26

RADIO WORLDITALIA pag.30

FILMMAKERS pag.34

WEB RADIO pag.36

OSSERVATORIOSWITCH-OFF pag.38

REPORT EVENTIRTVF2012 pag.42

WebTv TechnologyMeeting pag.46

NAB2012 pag.50

DVB WORLD2012 pag.64

GUIDA RADIO pag. 74Produzione in Esterna

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Le TV Impossibili in cima al PalabioneUn appoggio che sembrava solido, ma non lo era. Mezzo secondo, forse meno. Sai che prima o poi lascivolata a candela finirà, e gli scarponi incontreranno qualcosa di consistente su cui poggiarsi. Saianche che fra te e il vuoto assoluto c’è una fune. Ma, nonostante questo, sono momenti che possonosembrare molto più lunghi di quanto non siano in realtà.

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a cura dell’Ing. Davide Moro*

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Come spesso accade alle avventure migliori, anche questa è cominciataper caso. Era la fine dello scorso mese di febbraio, chiacchierata conuna delle persone che la televisione l’hanno “fatta” davvero: l’ingegnerFranco Visintin. Nota la copertina del numero 1 di B&P, quella con lafoto della prima puntata delle “Televisioni Impossibili”, treppiedeantenna strumento a quasi tremila metri sulla neve, sullo sfondo delMonte Bianco. E ci racconta un episodio delizioso, una storia dimontagna, di neve, di televisione. E di passione per il proprio lavoro,quella vera, quella che risolve tutto, quella che smuove i sassi.Andrea Rivetta (il nostro direttore) ed io la ascoltiamo quasi tenendo ilfiato. A tutti e due sta venendo la stessa idea...

La storia che ritornaQuaranta anni fa, in Valtellina (una valle alpina lunga 120 km che correparallela alle Alpi del confine italo-svizzero e coincide grosso modo conla Provincia di Sondrio) si svolgeva una gara nazionale di sci alpino.L’arrivo di questa gara era previsto al Passo dell’Aprica, a circa 1.200metri di quota: dove però mancava la neve. A quei tempi nonesistevano i sistemi per l’innevamento artificiale, per cuil’organizzazione decise di spostare più in alto il traguardo della

competizione. Le squadre di ripresa esterna RAI, giunte sul posto perriprendere e trasmettere l’evento in diretta, si trovarono davanti ad unproblema: dal Passo dell’Aprica non c’erano strade che permettesserodi raggiungere il “nuovo” traguardo col pullman attrezzato (gli OB-vanallora si chiamavano così): l’unico mezzo di trasporto era infatti unaseggiovia monoposto.Non si diedero per vinti. Si fecero mandare da Milano tutte le matassedi cavi che c’erano in magazzino. Smontarono tutte le attrezzaturepresenti sul pullman e le assicurarono una alla volta agli strapuntini(monoposto) della seggiovia. Telecamere, ottiche, controlli camere,monitor, mixer, … Tutto quello che serviva per riprendere l’evento, perallestire la regia, per trasmettere il segnale a Milano via ponte radio (isatelliti con accesso nomadico tipo SNG non erano ancora disponibili)venne trasportato fino alla nuova linea del traguardo: furonoposizionate le camere, e tutte le attrezzature di regia e controllofurono ri-assemblate all’interno di una baita per produrre l’evento.Restava poi da trovare il posizionamento per il ponte radio. “Avevoricercato la possibilità di collegare quei luoghi mediante ponti radiomobili (allora esistevano solo quelli), con un centro trasmittente RAIalla sommità del lago di Como, quello di Stazzona (alle spalle di

Gravedona), trovando uno spiraglio nella gola diDazio (fra Talamona e Ardenno) che stringe la bassaValtellina nel tratto fra Morbegno e Sondrio. Conmolta pazienza ed attenzione, col sussidio dellecarte dell'Istituto Geografico Militare e con un buonbinocolo, avevo trovato lungo le pendici delPalabione, sia al Passo dell'Aprica (1.200 m) che inlocalità Malga Palabione (1.700 m), più spiragli divisibilità con Stazzona. Il collegamento via pontifunzionò benissimo e la gara andò regolarmente inonda in diretta.”. Le parole dell’ingegner FrancoVisintin, artefice di quella impresa, ci fecerosembrare di essere accanto a lui, con la custodia delbinocolo in mano. E decidemmo che le “TelevisioniImpossibili” dovevano tornare lì. La seggiovia di allora non c’è più, l’hannotrasformata in una moderna funivia; ci piace dimeno, ma tutto sommato si può fare. In ogni caso amaggio l’impianto è fermo per manutenzione.Cerchiamo allora un’alternativa. Chiamiamo l’ufficiodel turismo di Aprica. Non si sa come e perché nasca un’idea. Sta di fatto che…

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Il grande pick-up è un fuoristrada di quelli veri; dopo un breve percorsosu asfalto arriva uno sterrato leggero, ma ben presto il gioco si fa serioe allora vai con le ridotte. Arriviamo fino a dove la mulattiera èpraticabile. Quando i prati si coprono di neve lasciamo il fuoristrada eproseguiamo a piedi. Siamo intorno ai 1.900 metri. Mettiamo leracchette da neve, e cominciamo a salire. È molto ripido, ed il pesodegli zaini si fa sentire. Passa il tempo. Per i primi due centimetri la neve

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Se solo l’avessi saputo…Pomeriggio di metà maggio, interno di una autovettura diretta versoMilano. Dialogo tra chi scrive, Vincenzo Potertì di DeloInstruments/Sefram e Agostino Bolzoni di EI-Towers: “Ma tu tel’aspettavi una cosa così?”. Si, me l’aspettavo. “Accidenti, ma se avessisaputo che andavamo a fare una cosa di questo tipo avrei pensato chenon ce l’avrei mai fatta”. Lo so, per questo non vi avevo detto niente.“Mica so se ci sarei venuto”. Appunto, vedi cheho fatto bene? “E chi se l’immaginavaun’avventura del genere?”. Proprio “così”,nemmeno io. Ma che fosse una cosa tosta, beh,questo si. Sennò mica ci avrebbero affidato ad un“esperto di montagna, membro del SoccorsoAlpino ed esperto cinofilo”. Vi pare?

Avventura al viaVi risparmio la prosa sulla levataccia all’alba,ormai è un fatto acquisito. Diciamo solo che il piùlontano di noi alle quattro e mezza era giàoperativo. Arriviamo ad Aprica alle otto. Conl’entusiasmo di sempre, ha accettato di venirecon noi anche l’ingegner Visintin, vero ispiratoredi questa avventura. Giorgio Polatti arriva con ilfuoristrada giallo del Soccorso Alpino. Ha lagiubba rossa dei soccorritori, ma avremmo capitolo stesso che era lui. Con un inconfondibilephisique du rôle, era davvero impossibile pensareche potesse fare un qualsiasi altro lavoro.Presentazioni. Qualcosa di caldo. Partenza.

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aggiungere nulla alle immagini di queste pagine.

In vetta: a quota 2.361Arriviamo in cima al Palabione, 2.361 metri. La vista, da sola, merita lafatica che abbiamo fatto per arrivare quassù. Sotto c’è la Valtellina,appena più in là le Alpi Retiche (quelle dove corre il “trenino rosso” delBernina), dietro la valle di Campovecchio e, poi, l’Adamello. Attimi disilenzio. Ilposto lomerita. C’è unagrande crocedi metallorivolta versoAprica e,appena dietro,un minuscolospazio

pianeggiante (tipo tre metri per tre)dove poggiare il treppiede. Sì,perché insieme a noi sono arrivatifin quassù anche il nostroanalizzatore Sefram 7866 HDT2, il treppiede, l’antenna AldenaAlp1847710, e un computercollegato ad una Dektec DTU-245 per catturare i flussi ASI. C’èun vento forte, e per evitare guai ciassicuriamo con la corda ad un

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è farinosa, ma sotto è un blocco di ghiaccio.La salita è più dura di quanto il tono leggerodel racconto faccia immaginare. Inutilefingere: emergono in pieno i postumi di unarecente contrattura, e per due volte sono sulpunto di abbandonare l’impresa e lasciarecontinuare gli altri. Un po’ di riposo e gliaffettuosi incitamenti di tutti mi aiutano aproseguire. Si, ma per dove? Semplice: perla cima del monte Palabione. Potevamoseguire il percorso della funivia, per arrivarefino a dove avevano ri-assemblato la regiamobile. Oppure un poco più su, fino al lagoPalabione, o magari allo spartiacque, conuna splendida vista sulle due valli. No, no,no. Se neve deve essere, che neve sia:vogliamo vedere cosa arriva proprio in cimaal monte Palabione. Il problema è chel’unico sentiero che vi ci porta è inagibile inquanto (guarda un po’) coperto di neve.Arrivati intorno ai 2.100 metri lasciamo leracchette. Giorgio Polatti ci aiuta ad indossare gli imbraghi. Ciarrampichiamo per vari metri su un pendio quasi verticale scavandouna scaletta nella neve con gli scarponi. Sotto c’è terra soffice, qua e làspuntano ciuffi d’erba, fiorellini di campo e rododendri. Arriviamo allospartiacque, e la vista è da togliere il fiato: dovunque ci voltiamo, cisono montagne coperte di neve e nuvole bianche che ne compendianoalcune, come fossero stole. Siamo all’inizio della ferrata che ci porterà sulla cima del Palabione.Giorgio Polatti ci da le ultime raccomandazioni, e inizia a salire.Comincia la danza dei moschettoni: sono poco più di 100 metri didislivello, da coprire con circa 400 metri di fune di acciaio. Fate ilrapporto e vi farete un’idea della pendenza media. Novanta chiodi diancoraggio, riporta il manuale dei sentieri, e per centottanta volteognuno di noi infila e sfila un moschettone sulla fune. La salita ècompletamente esposta, siamo costantemente sullo spigolo sud-ovestdel cono. Qui è difficile guardarsi intorno, molto meglio guardare dovesi mettono i piedi e le mani, ma qualche foto riesco a farla, e non saprei

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chiodo piantato nella roccia. Assicuriamoanche gli zaini, e cominciamo il nostrolavoro. Il vento non ci permette di alzare ilpaletto del treppiede per intero, volerebbevia tutto. Fissiamo l’antenna sul segmentoin materiale dielettrico, che innestiamo allabase del supporto. Tutto intorno non c’ènulla di più alto di noi.

Al lavoroAlmeno sei canali si ricevono senzaproblemi. Pronti all’appello i due multiplexRAI sui canali 23 e 30. Lo spettro del 23 èpiuttosto “pulito” (Fig. A1), e anche laqualità di ricezione è ottimale. Sono diversigli impianti in zona che trasmettono suquesta frequenza, come è normale che siaper una valle montana: dal profilo degliechi (Fig. A2) se ne vedono chiaramentealmeno quattro, e con ogni probabilitàanche il segnale a -35 dB che arriva circa 80µs “prima” del segnale con il livellomaggiore è un trasmettitore e non unariflessione: lo si nota perché quel “picco”interrompe il profilo monotonodecrescente della “coda” generata dalprimo segnale in assoluto che arriva. Dal nostro punto di vista è più interessantela situazione del canale 30. Il livello èeccellente (Fig. B1), come purel’andamento dello spettro; effettuando ilpuntamento fine per trovare le miglioricondizioni di ricezione abbiamo perònotato che in presenza di variazioni diMER davvero notevoli (Fig. B2: 16,8 dB,Fig. B3: 21,9 dB) il BER rimane pressochécostante, e sempre su valori eccellenti: ladecade di differenza fra le due rilevazioninon deve trarre in inganno, a questi valori(<10-8) il decoder è in condizioni diassoluto confort. Ulteriore conferma che,quando si parla di segnali terrestri, il MERnon è un valore da considerare: una misuradi MER pari a 16,8 (Fig. B2) è sotto illimite teorico di aggancio del ricevitoremedio, pertanto a dar retta al MER quelsegnale non sarebbe ricevibile. Con unvalore di BER pre-Viterbi pari a 2.9 x 10-4siamo invece in condizioni di buonmargine. Anche il fatto che la decodifica diViterbi permetta di “recuperare” quattrodecadi di tasso di errore nella primamisurazione (da 10-4 a 10-8, Fig. B2) eaddirittura cinque decadi (da 10-4 a 10-9,Fig. B3) nella seconda dimostra che ilsegnale in arrivo è sì un po’ acciaccato, magli errori sono distribuiti in modo piuttostoomogeneo: a parità di tasso di erroremedio, l’efficacia di una codificaconvoluzionale è tanto migliore quanto piùdistribuiti sono i singoli errori. E questo èun ulteriore elemento a vantaggio del

margine di ricevibilità del segnale: se il miotasso di errore complessivo fosse dovutoad una singola porzione di spettromartoriata da specifiche condizioni dipropagazione, un rumore impulsivolocalizzato che andasse ad “infierire” suquella porzione di spettro porterebbe confacilità a microinterruzioni della ricezione.Se invece gli errori sono ben distribuitisull’intero spettro del canale, la probabilitàche un rumore impulsivo localizzato possaportare il ricevitore in condizioni disgancio è decisamente minore. Anche qui,in ogni caso, si vedono gli effetti dell’SFN:si riconoscono chiaramente i segnali dialmeno cinque trasmettitori (Fig. B4)

Chi c’è e chi no (per scelta)Con Mediaset, invece, niente da fare. E direche con noi c’era proprio uno dei tecnici diEI-Towers, Agostino Bolzoni: il segnalericevuto aveva un buon livello, ma con ogniprobabilità l’aggancio non riusciva per viadi echi che arrivavano “fuori”dall’intervallo di guardia. Però, quello che aprima vista sembra un problema, potrebbeinvece essere la spia di un lavoro fattoparticolarmente bene. Quando si pianificauna rete SFN, per ogni trasmettitore sidefiniscono inizialmente i ritardi “di rete”(il tempo che impiega il segnale perviaggiare dall’head-end al singolo impiantotrasmittente); questi ritardi dipendonoesclusivamente dalla topologia della retedi distribuzione del segnale. Con unapposito software di pianificazione siverifica poi l’effetto sulla coperturadell’area desiderata dei diversi contributiprovenienti dagli impianti che operano inSFN sull’area stessa. In questa fasetipicamente si riscontra che in certi puntialcuni segnali arrivano al di fuoridell’intervallo di guardia, rendendo quindiproblematica la ricezione. Si vanno allora amodificare i ritardi dei singoli trasmettitori(impostando un ritardo “intenzionale”) inmodo da far cadere i punti problematici aldi fuori delle aree abitate. Attenzione: nonsono “buchi” di copertura, ma punti dovela modalità SFN non consente di ricevere.Spegnendo ad uno ad uno gli impianti siarriverebbe prima o poi in condizione diricezione ottimale. In ogni caso, dove sicerca tipicamente di “spingere” questipunti critici? In cima alle montagne.Appunto. Se è andata così, complimenti aitecnici di EI-Towers: obiettivo centrato inpieno!

PrimizieAncora un po’ di tempo per due primizie:sul canale 22 abbiamo trovato il segnale di

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una emittente locale modulato in 16QAM(Fig. C1) con intervallo di guardia 1/8:ottima scelta quando la priorità è garantirela massima qualità ed estensione dellacopertura, e ancora più saggia se in terminidi capacità effettiva il passare da 64 a16QAM comporta solo di rinuncia aicosiddetti canali “+1”. Nel multiplex sonopresenti tre segnali TV e uno radiofonico. Larisposta all’impulso è molto “pulita” (Fig.C2) e l’andamento del MER per portante vadi conseguenza (Fig. C3). Piccolo “giallo” poi sul canale 28. Riceviamouna emittente che diffonde un segnaletotalmente criptato. Dall’elenco deiprogrammi trasmessi, rileviamo che è unmix fra i canali nazionali RAI, canali dellaSvizzera tedesca, e Radio Engadina. Nonriusciamo a visualizzarne alcuno, visto ilcriptaggio attivo, per cui possiamo soloriferire i nomi che abbiamo letto sul display.Cosa abbiamo sintonizzato? Il canale 28sarebbe teoricamente assegnato a RAI, mada quanto ci ha raccontato un esperto delluogo pare che una emittente della vicinaSvizzera, Paese dove la TV via cavo èparticolarmente diffusa, in alcune zonemolto difficili (o antieconomiche) daraggiungere con il cavo ri-trasmetta viaetere alcuni dei programmi checompongono il bouquet via cavo.Ovviamente criptati in moda da esserericevibili con la medesima “tessera” che siimpiega per il decoder via cavo. Data laquota a cui ci trovavamo, non è impossibileche abbiamo “agganciato” il segnale di untrasmettitore in terra elvetica. In ogni caso,il segnale non è male (Fig. D1), i livellidi BER pure (Fig. D2), l’intervallo diguardia pari a 1/16 (Fig. D3) dimostrache non stiamo parlando di un segnaletrasmesso in SFN e la risposta adimpulso non può che confermarlo(Fig. D4).

Per finireQuello che le foto non riescono arendere è il freddo. Il freddo che faceva

lassù. La cima del Palabione, in quanto tale, ècompletamente esposta, Appena siamoarrivati, spessi nuvoloni si sono frapposti franoi ed il sole. E il vento faceva il resto.Terminiamo le misure, smontiamo la nostrapiccola attrezzatura e riponiamo il tuttonegli zaini. Adesso si tratta di scendere.Prima la ferrata: a marcia indietro, peso avalle e tenendosi con due mani alla fune.Anche grazie alle dita ancora gelide dallacima, qualche volta si scivola. Arriviamo allospartiacque: il pendio quasi verticale cheavevamo salito scavandoci una scaletta congli scarponi è praticamente impossibile dafare in discesa. Giorgio Polatti ci cala uno aduno con la fune. Leviamo gli imbraghi erimettiamo le racchette da neve. Scendiamolungo un percorso più lungo rispettoall’andata, ma con una pendenza menoaggressiva: inutile girarci intorno, siamostanchi e sono quasi le tre del pomeriggio.Eravamo partiti alle otto e mezza.Il fuoristrada giallo fluo è la nostra bandiera ascacchi: riponiamo zaini ed attrezzature varienel cassone, e torniamo all’Aprica. Il pranzo èmeritato, le chiacchiere rilassano estemperano la tensione. Abbiamo lasensazione di avere combinato qualcosa diveramente originale: due giorni dopo lanostra avventura verrà ripresa da moltissimisiti web, e finisce addirittura sul quotidiano“La Repubblica”, con alcune delle foto chevedete in queste pagine. Poi il viaggio diritorno. “Però! Mica ce l’avevi detto cheavremmo fatto…”. No ragazzi, non ve loavevo detto. Ma ormai l’abbiamo fatta. Èquesto che conta, no?

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“Televisioni Impossibili" è un progetto di Davide Moro, realizzato in colla-borazione con Delo Instruments/Sefram e Aldena Telecomunicazioni.Ringraziamo l’Ufficio Informazione e Accoglienza Turistica (IAT) di Aprica(www.apricaonline.com), che ci ha assistito con una attenzione, una corte-sia ed una competenza davvero eccezionali. Ringraziamo Giorgio Polatti,del Soccorso Alpino di Aprica: è stato una guida splendida da ogni puntodi vista. Senza di lui non se ne parlava nemmeno di arrivare fin lassù.Ringraziamo l’Ing. Franco Visintin, oggi Presidente della Sezione Italianadella SMPTE (Society of Motion Pictures and Television Engineers): questa

avventura è nata per rendere merito a lui ed ai suoi uomini di quella gara di sci trasmessa indiretta dalla baita di legno. Siamo sicuri che, domani, lo rifarebbero ancora.

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