Tecnologie Ricombinanti - webalice.it · grosse molecole di DNA ricombinante. La cellula si dice...

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Tecnologie Ricombinanti Dr. Giulio Piluso Dipartimento di Biochimica, Biofisica e Patologia Generale Tel. 081-5665685 Email [email protected] http://www.webalice.it/giulio.piluso

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Tecnologie

Ricombinanti

Dr. Giulio Piluso

Dipartimento di Biochimica, Biofisica e Patologia Generale

Tel. 081-5665685

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Di cosa parleremo?

Le tecnologie ricombinanti sono l’insieme delle metodiche, sviluppatesi all’incirca negli ultimi 20-25 anni, che consentono l’analisi, lo studio e la manipolazione di specifiche sequenze all’interno di una popolazione complessa di molecole di DNA.

Esse trovano applicazione in moltissimi campi della biologia molecolare: Identificazione e caratterizzazione di nuovi geni

Diagnostica molecolare

Analisi di espressione

Studi funzionali

Produzione di modelli animali

Terapia genica

Applicazioni industriali

Clonaggio del DNA (1)

Un frammento di DNA d’interesse rappresenta solo

una piccolissima parte di un genoma complesso.

Il gene della -globina corrisponde al 0.00005%

dell’intero genoma umano

Il gene della distrofina corrisponde al 0.08%

dell’intero genoma umano.

La tecnologia del clonaggio del DNA consente

l’amplificazione selettiva dei frammenti di DNA

desiderati, producendo un forte aumento

programmato del numero di copie della sequenza di

DNA selezionato.

Clonaggio del DNA (2)

Le metodiche normalmente utilizzate si basano sulla

replicazione ciclica del DNA, catalizzata da DNA

polimerasi specifiche.

Si distinguono:

Sistemi di clonaggio che utilizzano cellule (in vivo),

in cui molecole di DNA ricombinante sono trasferite

in cellule adatte, di cui si sfruttano i sistemi

biosintetici per amplificare selettivamente il

frammento di DNA d’interesse.

Sistemi di clonaggio senza cellule (in vitro), in cui la

tecnica di elezione è sicuramente la Polymerase

Chain Reaction (PCR).

Clonaggio del DNA

utilizzando cellule (1) Le tecniche di clonaggio che utilizzano cellule prevedono

quattro passaggi principali:

1. Costruzione di molecole di DNA ricombinante,

mediante saldatura dei frammenti di DNA

d’interesse ad un replicone (una qualsiasi

sequenza di DNA capace di replicarsi

autonomamente)

2. Trasformazione, con cui le molecole di DNA

ricombinante vengono trasferite in cellule ospiti

(batteri o lieviti) in cui i repliconi siano in grado di

compiere la replicazione del DNA

indipendentemente dal genoma della cellula ospite.

Clonaggio del DNA

utilizzando cellule (2) 3. Propagazione selettiva dei cloni cellulari.

• Le cellule trasformate vengono piastrate

distribuendole su di una superficie di agar per

favorire la crescita di colonie isolate

• Le colonie isolate possono essere recuperate

per essere cresciute in mezzo di coltura

liquido

4. Isolamento dei cloni cellulari ed estrazione del

DNA ricombinate.

Repliconi extracromosomici

come molecole vettrici I frammenti di DNA estraneo per potersi replicare

all’interno di una cellula devono contenere un’origine di

replicazione capace di funzionare in quel tipo cellulare.

I vettori di clonaggio sono appunto molecole di DNA

opportunamente ingegnerizzate così da assolvere a

questa funzione in cellule specifiche.

Le cellule batteriche sono le più utilizzate per la loro

velocità di replicazione. I vettori più comuni sono:

I plasmidi: piccole molecole di DNA circolare a

doppio filamento.

I batteriofagi: virus che infettano cellule batteriche.

Endonucleasi di Restrizione

L’avvento della tecnologia del DNA ricombinante è strettamente legato alla scoperta delle nucleasi di restrizione di tipo II, enzimi che tagliano il DNA in tutti i punti che contengono specifiche sequenze di riconoscimento.

Questi enzimi proteggono il batterio dall’infezione da parte dei virus (batteriofagi) il cui DNA, non specificamente metilato, è tagliato da queste nucleasi di restrizione.

Metilasi del DNA, con specificità di sequenza, metilano il DNA batterico.

Endonucleasi di restrizione, con specificità di sequenza, agiscono sul DNA del virus, non metilato, ma non sul DNA genomico della cellula batterica.

Caratteristiche degli enzimi

di restrizione

La sequenza riconosciuta dalla maggior parte degli E.R. è palindromica (uguale su entrambi i filamenti quando letta in direzione 5’→3’).

In genere i punti di taglio non coincidono con l’asse di simmetria della palindrome, generando estremità coesive (sticky ends), sporgenti al 5’ o 3’ (5’ or 3’ overhang)

I punti di taglio possono anche cadere sull’asse di simmetria della palindrome, generando estremità tronche (blunt ends).

E.R. diversi che riconoscono la stessa sequenza bersaglio sono detti isoschizomeri.

Enzyme Source Sequence cut Average expected fragment

size (kb) in human DNAa

AluI Arthrobacter luteus AGCT 0.3

HaeIII Hemophilus aegyptus GGCC 0.6

TaqI Thermus aquaticus TCGA 1.4

MnlI Moraxella nonliquefaciens CCTC/GAGG 0.4

HindIII Hemophilus influenzae Rd AAGCTT 3.1

EcoRI Escherichia coli R factor GAATTC 3.1

BamHI Bacillus amyloliquefaciens H GGATCC 7.0

PstI Providencia stuartii CTGCAG 7.0

MstI Microcoleus species CCTNAGGc 7.0

SmaI Serratia marcescens CCCGGG 78

BssHII Bacillus stearothermophilus GCGCGC 390b

NotI Norcadia otitidis-caviarum GCGGCCGC 9766b

a Assuming 40% G + C, and a CpG frequency 20% of that expected. b Observed average sizes are often lower than these estimates. c N = A, C, G or T.

Note: Names are normally derived from the first letter of the genus and the first two letters of the species name, e.g. PstI is the first restriction nuclease to have been

isolated from Providenciastuartii. MnlI is an example of an enzyme whose recognition sequence is not palindromic. So-called rare-cutters often have recognition

sequences containing one or more CpG dinucleotides and cut vertebrate DNA comparatively infrequently.

Alcuni esempi di Enzimi di

Restrizione

DNA Ligasi

I frammenti di DNA ottenuti per digestione con un E.R. possono essere riuniti insieme per azione di una DNA Ligasi che catalizza la formazione di ponti fosfodiesterici tra i nucleotidi di due frammenti di DNA.

La reazione richiede ATP come fonte di energia.

La più comune DNA Ligasi utilizzata è la T4 DNA Ligasi.

Clonaggio di un frammento di

DNA esogeno in un vettore

plasmidico.

Come favorire la formazione

di molecole ricombinati utili

E’ utile linearizzare il plasmide (vettore) con E.R. le cui

estremità coesive siano compatibili con quelle del

frammento di DNA da clonare.

E’ utile defosforilare il vettore. Il trattamento con una

fosfatasi (Fosfatasi alcalina) rimuovendo i gruppi

fosfato alle estremità del vettore linearizzato, impedisce

al plasmide di richiudersi su se stesso nella reazione

ligazione.

Il frammento di DNA da clonare ed il vettore sono

utilizzati nella reazione di ligazione in rapporto

equimolare o in leggero eccesso dell’inserto.

Come trasferire il DNA

ricombinante nella cellula

ospite La membrana cellulare è permeabile in modo selettivo e,

normalmente, non lascia transitare grosse molecole come

frammenti di DNA.

Opportuni trattamenti possono rendere la membrana

plasmatica permeabile consentendo l’ingresso anche di

grosse molecole di DNA ricombinante. La cellula si dice

allora competente.

Trattamenti con Sali ad elevata forza ionica (CaCl)

Brevi shock elettrici (elettroporazione)

L’introduzione di DNA ricombinante in una cellula resa

competente (es. cellula batterica) è detta trasformazione.

Come selezionare le cellule che

contengono le molecole di DNA

ricombinante Un problema rilevante è selezionare le cellule che, dopo la trasformazione, contengono la molecola di DNA ricombinante e che, poste in coltura, consentiranno di ottenere da esse una notevole quantità del frammento di DNA d’interesse.

Questo avviene comunemente in due modi:

Geni per la resistenza ad antibiotici (AmpR, KanR, TetR)

Le cellule batteriche contenenti il plasmide sono selezionate per la loro capacità di crescere su terreni contenenti uno specifico antibiotico.

Complementazione del gene per la -galattosidasi.

Consente alle cellule contenenti il vettore di produrre la -galattosidasi e di convertire una sostanza incolore, X-

gal (5-bromo-4-chloro-3-indolyl- -D-galactopyranoside) in un composto che colora di blu le colonie.

Come è fatto un vettore

plasmidico

La selezione dei cloni

contenenti l’inserto di DNA

Altri tipi di vettori: il

batteriofago

Il principale limite dei vettori plasmidici è che

non si possono clonare frammenti superiori a

5-10 Kb.

Vettori virali basati sul batteriofago

consentono in parte di superare questo limite

arrivando a 20 Kb.

In questi vettori parte del genoma virale, non

essenziale per la replicazione del

batteriofago, viene sostituito dall’inserto di

DNA che deve essere clonato.

Modalità di replicazione del

batteriofago in E. Coli

Il genoma del batteriofago

Clonaggio nel batteriofago

Limiti dei diversi vettori di

clonaggio oggi disponibili

Cloning vector Size of insert

Standard high copy number plasmid vectors 0-10 kb

Bacteriophage insertion vectors 0-10 kb

Bacteriophage replacement vectors 9-23 kb

Cosmid vectors 30-44 kb

Bacteriophage P1 70-100 kb

PAC (P1 artificial chromosome) vectors 130-150 kb

BAC (bacterial artificial chromosome) vectors up to 300 kb

YAC (yeast artificial chromosome) vectors 0.2-2.0 Mb

Librerie di DNA

I moderni metodi di clonaggio consentono di creare vaste collezioni di cloni di DNA (DNA libraries), rappresentative di una complessa popolazione di DNA. Principalmente si distinguono:

Librerie di DNA genomico, rappresentative dell’intero genoma di una determinata specie.

Librerie di cDNA, rappresentative dei geni espressi da un tessuto o in un particolare momento funzionale.

Librerie di DNA genomico

Il materiale di partenza è il DNA genomico estratto dai nuclei di cellule facilmente accessibili (es. cellule del sangue).

Il DNA è frammentato in genere per digestione con un E.R.

Per limitare la frammentazione del DNA si ricorre spesso a digestioni parziali (riducendo la quantità di enzima o i tempi di digestione).

Questo tipo di trattamento rende la frammentazione casuale e i frammenti possono sovrapporsi rendendo possibile il riordino dei cloni.

Il numero di cloni indipendenti è definito in termini di genoma-equivalenti (GE).

Un GE è il num. dei cloni indipendenti pari al rapporto tra dimensione del genoma e dimensione media dei cloni.

Per una libreria genomica umana con cloni di circa 40 Kb GE=3000Mb/40Kb= 75.000 cloni

Esistono anche librerie sub-genomiche, ottenute da specifici cromosomi od anche porzioni di essi.

Preparazione di una libreria

genomica

Librerie di cDNA

Il materiale di partenza è l’RNA totale estratto da uno specifico tessuto o stadio di sviluppo di cui la libreria deve essere rappresentativa.

E’ possibile selezionare gli mRNA poli (A) mediante cromatografia su colonne che legano oligo(dT)

L’RNA è retrotrascritto (RNA→DNA) utilizzando specifiche DNA-polimerasi RNA dipendendenti. Si ottiene così il cDNA (una molecola di DNA complementare ad un RNA).

Per facilitare il clonaggio del cDNA vengono aggiunti degli specifici linkers, contenenti siti di restrizione che favoriscono il clonaggio.

Preparazione di una libreria

di cDNA

Saggi d’ibridazione con gli

acidi nucleici

L’ibridazione degli acidi nucleici è una tecnica largamente utilizzata in biologia molecolare per il riconoscimento di specifiche sequenze in una miscela complessa di frammenti di DNA o RNA, sfruttando la specifica complementarietà delle basi.

Le sonde utilizzate sono molecole di DNA o RNA che devono essere opportunamente marcate.

Le sonde più comunemente utilizzate possono essere a singolo/doppio filamento e di DNA o RNA.

Modalità di marcatura delle

sonde

Per la marcatura delle sonde si utilizzano prevalentemente tecniche di polimerizzazione in vitro, durante le quali le molecole di DNA/RNA neosintetizzato incorporano nucleotidi opportunamente marcati (normalmente mediante radioisotopi).

Per la marcatura di sonde a DNA a doppio filamento le tecniche prevalentemente utilizzate sono:

Nick- translation

Random priming

Per la marcatura di sonde a RNA si utilizzano tecniche di trascrizione in vitro.

Per la marcatura di sonde oligonucleotidiche si utilizzano tecniche di marcatura terminale.

Marcatura di una sonda a

RNA (ribosonda)

La preparazione di una sonda a RNA si ottiene per trascrizione in vitro a partire da un frammento di DNA clonato in un vettore plasmidico.

Il vettore deve contenere, in genere a monte del MCS la sequenza di un promotore fagico. Quelle più utilizzate sono:

SP6

T3

T7

L’RNA polimerasi dello specifico batteriofago (es. SP6 RNA polimerasi) è utilizzata in presenza di nucleotidi di cui almeno uno opportunamente marcato.

E’ possibile ottenere sonde senso e antisenso

Schema per sonde a RNA

Isotopi radioattivi utilizzati

Nella marcatura di sonde a DNA/RNA si possono

utilizzare diversi isotopi radioattivi.

L’intensità del segnale autoradiografico dipende da:

Intensità della radiazione emessa dal radioisotopo.

Dal tempo di esposizione (ore, giorni, settimane).

R adioisotope H alf-life D ecay type E nergy of em ission

3H 12.4 years

- 0 .019 M eV

32P 14.3 days

- 1 .710 M eV

33P 25.5 days

- 0 .248 M eV

35S 87.4 days

- 0 .167 M eV

Marcatura non isotopica

Esistono tecniche di marcatura delle sonde che non prevedono l’utilizzo di radioisotopi.

Questi sistemi di marcatura possono essere:

Diretti – In cui sono incorporati nucleotidi opportunamente modificati (es. contenenti fluorofori).

Indiretti – In cui nucleotidi modificati incorporano indicatori che hanno elevata affinità con molecole complessate a marcatori evidenziabili con uno specifico saggio.

• Sistema Biotina-streptavidina, in cui la sonda biotinilata lega ad elevata affinità la streptavidina marcata con un saggio colorimetrico

• Sistema della digossigenina, che sfrutta un anticorpo specifico per questa molecola